Elvis ha lasciato l'edificio

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Fondazione Bevilacqua La Masa Palazzetto Tito (Venezia) Inaugurazione 28 gennaio 2014 Ore 18.00 dal 29 Gennaio al 9 Febbraio 2014 “Ladies and Gentlemen... Elvis has left the building, thank you and Goodnight.” Al Dovrin, speaker ufficiale ai concerti di Presley, invita l’audience a lasciare la sala: Elvis non tornerà, né per un bis, né per i saluti. È già sulla sua limousine diretta all’aeroporto, pronto per la prossima data. ELVIS HA LASCIATO L'EDIFICIO raccoglie i lavori di quindici artisti che, affiancati da tre curatori (Rachele Burgato, Valentina Lacinio, Giulia Morucchio), si sono confrontati con una dimensione condivisa carica di suggestioni. Artisti in mostra: Susanna Alberti, Edoardo Aruta, Marzia Avallone, Pietro Bonfanti, Gaia Ceresi, Lorenzo Commisso, Valentina Furian, Yulia Knish, Leonardo Mastromauro, Graziano Meneghin, Guido Modanese, Francesco Nordio, Serena Oliva, Fabio Valerio Tibollo, Laura Tinti.

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29 Gennaio - 9 Febbraio 2014

PALAZZETTO TITODorsoduro 282630123, Venezia

Opening:28 Gennaio – h. 18.30

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mostra a cura di:Rachele BurgatoValentina LacinioGiulia Morucchio

allestimento:Valentina LacinioGiulia Morucchio

uffi cio stampa ecomunicazione:

Valentina LacinioIlaria Gentilini

sito web:Giulia Morucchio

si ringrazia:Alberto Garutti

Caterina RossatoAngela Vettese

Fondazione Bevilacqua La MasaUniversità IUAV di Venezia

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scadere del tempo, cosa rimane? I rifl ettori sono spenti e sembra “non esserci altro da vedere”, ma non è così. Dietro il sipario restano i giovani artisti, le nuove generazioni pronte a sigillare un

nuovo patto con il pubblico, a offrire un ulteriore evento visivo, limitato ma denso.A partire dal linguaggio del paradosso costruito su giochi linguistici, visivi e di concetto (Lorenzo Commisso, Leonardo Mastromauro, Laura Tinti), si percorre la ricerca del limite, inteso come confi ne stabilito (Francesco Nordio) o come deriva (Graziano Meneghin), come tracciato liquido che dà spazio all’ubiquità (Edoardo Aruta) o come imprescindibile vocazione all’esaurimento (Valentina Furian), o ancora come fobia paralizzante (Guido Modanese) che richiede un rituale di espiazione (Serena Oliva). I concetti di limite e paradosso si intrecciano poi con l’eterno quesito dell’identità, che si rinnova continuamente (Susanna Alberti), che chiede di essere problematizzata (Pietro Bonfanti) e accudita (Marzia Avallone), reinventata (Yulia Knish), ridefi nita (Gaia Ceresi) o rievocata (Fabio Valerio Tibollo).

La mostra, ispirata dall’esperienza di Laboratorio di Arti Visive IUAV con la supervisione di Alberto Garutti e Caterina Rossato, viene ospitata nello spazio della Fondazione BLM che intende in questo modo rinnovare l’attenzione ai luoghi di formazione del territorio.

Al Dovrin, speaker uffi ciale ai concerti di Presley, invita l’audience a lasciare la sala: Elvis non tornerà, né per un bis, né per i saluti. È già sulla sua limousine diretta all’aeroporto, pronto per la prossima data.

ELVIS HA LASCIATO L’EDIFICIOraccoglie i lavori di quindici artisti che, affi ancati da tre curatori (Rachele Burgato, Valentina Lacinio, Giulia Morucchio), si sono confrontati con una dimensione condivisa carica di suggestioni.

Lo spettacolo dell’arte si articola come un trucco di magia, tra l’artista e il pubblico viene sigillato un patto, la condivisione di un momento preciso: è il tempo dello show, entro il quale l’audience chiede di essere meravigliato e alla fi ne del quale non resta che “andare a casa”.

Ultimo giorno della 55° Biennale di Venezia, la mostra chiude. E anche per quest’anno la città ha vissuto il suo momento: Venezia culla delle esposizioni. La cultura mette in scena se stessa, e l’Arte dei grandi artisti internazionali fa la sua comparsa come una star, come acclamata regina del palco. Ma allo

“Ladies and Gentlemen...Elvis has left the building,

thank you and Goodnight.”

2 9 . 0 1 - 0 9 . 0 2 . 2 0 1 4 // E L V I S H A L A S C I A T O L’ E D I F I C I O

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ARTISTI

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SUSANNA ALBERTI

MUTA PANICA

Il lavoro nasce dalla necessità di placare l’ansia di ottimizzare il tempo, un horror vacui del fare che crea confusione. La Muta Panica è una muta che viene a crearsi come residuo di un’operazione che costringe ad un momento di attenzione e cura verso sé stessi. La sua realizzazione avviene in tre momenti. Il primo, durante il quale per “indossare” la muta occorre ricoprire con estrema precisione la superfi cie del proprio corpo con della colla vinavil. Focalizzando l’attenzione su questo gesto apparentemente inutile, smettiamo di pensare alle mille cose

che intasano la nostra testa, le quali spontaneamente si depositano e riordinano. La seconda fase dell’azione consiste in un’attesa, una delle cose che forse più irritano l’uomo contemporaneo.L’essere costretti a questo stato porta lentamente il soggetto ad arrendersi allo scorrere del tempo, cominciando a usare quel tempo per sé. L’ultima fase di “svestimento” è un’ulteriore fase di rallentamento forzato. Il soggetto vorrebbe liberarsi velocemente dalla muta, ma l’aderenza al corpo della colla ormai solidifi cata, non permette gesti frettolosi, costringendo di nuovo ad arrendersi di fronte alla fretta e a compiere dei gesti dolci verso di sé.

“Ciononostante, ho capito che non ci poteva essere autentica guarigione se non si passava all’azione concreta.” (A. Jodorowsky)

A sinistra: dettaglio dell’operaSopra: Veduta dell’installazione

2013 - installazionemateriali: colla vinavildimensioni: variabili

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Tra cielo e terra è lo spazio di un’azione.Essa consiste nella richiesta a diversi Paesi nel mondo dell’emissione di un francobollo che rappresenti le nuvole. Questo francobollo viene però a collocarsi in uno spazio inteso come performativo più che della rappresentazione. Per cercare le nuvole con lo sguardo dobbiamo alzare gli occhi al cielo e guardare verso la dimensione infi nita dell’universo dove esse, viaggiando, mutano forma e cambiano il paesaggio. La loro “evoluzione” ci suggerisce quanto ciò che muta continuamente in fondo è duraturo mentre ciò che sembra solido e defi nitivo in realtà, è condannato a deteriorarsi.Perché le nuvole sono movimento e teatralità, universo cangiante di forme e colori, scenografi a sempre diversa, minaccia all’orizzonte ma anche rifugio e oggetto di fantasie infantili, da esse si può apprendere il senso della mutevolezza così intimamente connesso all’emergere di nuove identità. L’identità non saprebbe affermarsi né consolidarsi a partire da regole, prescrizioni o leggi che ne fondassero d’autorità la natura o ne garantissero a forza l’immutabilità. Per queste ragioni, Tra cielo e terra si pone come ritratto del nostro tempo. Tale proposta, individuale e collettiva, assume il valore di un atto poetico: la richiesta di usare l’immagine e il signifi cato mai univoci delle nuvole per rappresentare il proprio Stato-Nazione insiste, infatti, nel paradosso.

Sopra: francobolloA destra: lettera di richiesta d’emissione

Nella pagina successiva: stampa su francobolli e diapositiva

2013 - installazionemateriali: stampeinkjet su francobollidimensioni: variabili

EDOARDO ARUTA

TRA CIELOE TERRA

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In uno scorcio di presente futuribile, un’Entità pura ed evanescente, giunta da sponde remote, ritrova un reperto. Questo reperto è una scultura, una statuetta raffi gurante la Dea madre arcaica.Focalizzata l’attenzione sull’Entità arcana essa viene plasmata, prende forma fi sica. Un Essere

che rispecchia l’habitat da lui stesso creato, composto di codici della nostra epoca, un tempo usati e poi scartati, tornano alla vita. Frammenti in equilibrio precario anche se posizionati accuratamente l’uno accanto all’altro. L’Essere si appropria degli oggetti che ha creato e si nutre di loro: forme, materiali si animano in quest’Entità dove il fruitore scorge una componente di sè.La trasformazione degli oggetti dimenticati si confi gura come processo alchemico, l’armonia è ricreata, la dignità sottratta dal tempo e dall’uso ripristinata. Puro e sublime surrealismo senza tempo che ribadisce il potere trasfi gurante dell’arte, ma anche la capacità del genio umano di creare a seguito di ogni forma di distruzione; un essere, lì, con la sua realtà oggettiva, vuole comunicare e far rifl ettere.

Sopra: preparazione dell’operaA sinistra: dettaglio dell’opera

2013 - installazionemateriali: materiali di recuperoin ferro, alluminio, acciaio, mosaico, circuiti stampatidimensioni: cm. 60x60x200

MARZIA AVALLONE

REDIVIAĚE

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PIETRO BONFANTI

MONUMENTO AQUELL’ ANARCHICO

Due volte al giorno un incaricato colloca il secchio e l’asse di legno sorretta dai cavalletti a fi anco della massa d’argilla. Dopo esser stata posata sopra l’asse, l’argilla viene rivelata da sotto il panno ormai quasi asciutto che la riveste. Il panno viene immerso nell’acqua del secchio, strizzato, per poi essere avvolto nuovamente attorno alla massa di argilla, che verrà così riposizionata nello stesso punto da cui era stata prelevata. Al termine dell’operazione, l’incaricato ricolloca tavola, cavalletti e secchio contro la parete da cui erano stati prelevati.

Monumento a quell’anarchico si propone di tematizzare la critica al principio di autorità unitamente al concetto di potenza come possibilità. Da un lato minando l’idea stessa di monumento come affermazione di un’immagine unica e determinata, dall’altro accogliendo l’idea di libertà come materia priva di un volto. La procedura tradizionale all’interno del laboratorio di ceramica prevede di conservare l’argilla avvolta in un panno bagnato prima della lavorazione, al fi ne di mantenere la terra umida e malleabile, predisposta, cioè, ad assumere qualsiasi forma.

A destra: materiali

Nella pagina successiva: performance, allestimento

2013 – performance/installazionemateriali: argilla, panno, secchio,acqua, tavola di legno, cavallettidimensioni: variabili

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GAIA CERESI

CONCILIAZIONI

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Tre sculture composte da più risme di carta sovrapposte l’una sull’altra in modo leggermente imperfetto compresse a terra da lastre di marmo e pietra. L’opera si propone di rifl ettere sul valore dell’atto artigianale rispetto all’atto artistico, mira a dare forma ad una tecnica di rilegatura di libri in cuila pietra pesante viene utilizzata come pressa.La tecnica di rilegatura diviene simbolo della potenza del vecchio e della forza del lavoro manuale scevra da uno scopo estetico. Svuotata dal suo senso originario tale tecnica diviene forma scultorea minimale. Le tre colonne dalla struttura forte e

le linee essenziali sono in-mobili, pulite, frutto di un processo incompiuto e preludono il movimento impercettibile dei fogli che si comprimono lentamente, questo movimento evidenzia dei processi non-fi niti espressi nella loro potenzialità materiale.La pietra viene utilizzata come richiamo alla tradizione scultorea mentre i fogli di carta sono espressione di una scrittura in divenire.Tutto ciò nasce dalla ricerca del gesto autentico.

A sinistra: veduta dell’installazione

Nella pagina successiva: dettaglio

2013 - installazionemateriali: colonne dipietra, risme di cartadimensioni: variabili

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LORENZO COMMISSO

LA MISTERIOSITÀDELL’ EVENTO VISIVO

L’artista prosegue una ricerca iniziata nel 2012. Partendo da uno studio concettuale ed antropologico di artisti che incontrano il suo percorso, Lorenzo Commisso dà vita ad un ipotetico scontro, con lo scopo di appropriarsi della

loro immagine, del loro stile (nome/marchio d’artista). L’artista analizza e in seguito si appropria dei contenuti delle ricerche artistiche altrui, giocando con l’ambiguità di un’azione - tributo/plagio/furto d’identità. Attraverso azioni performative imposte riesce a creare un circuito di collaborazioni con fi gure dell’arte contemporanea che hanno sviluppato percorsi e poetiche in cui si riconosce. Si crea una rifl essione sull’autenticità e sull’autorialità del processo artistico, sull’apprendere per simulazione. Questo progetto per ora ha incluso fi gure come Cesare Pietroiusti o Antoni Muntadas. Il tributo ad Alberto Garutti si sviluppa attraverso una performance che vede protagonista il foglio bianco, oggetto che l’artista ha utilizzato nella sua Opera dedicata a chi guarda in alto, e supporto che ricorre anche nell’esperienza di Lorenzo Commisso.Partendo da questo terreno comune dell’opera si attua un processo fraintendibile.Copia o dedica?

A sinistra: proiezione,veduta dell’installazione

2013 – video digitale b/ndurata: 2’22” circa / loop

L’opera è dunque lo specchio sospeso dell’arte che non può dar luogo a nuovi

racconti, ma solo ripetere e ripetersi grazie a un destino circolare, dove immagini, fi gure, modelli, Muse e Dei ritornano,

seguendo come un fi ume sotterraneo che ogni tanto emerge in superfi cie.(C. Bertola, Il pescatore di perle

in A. Mattirolo, G. Paolini, L’ora X.Né prima né dopo.)

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VALENTINA FURIAN

R, G, B 128, 128, 128

Questo progetto è fi glio di un processo artistico che esamina il concetto di fi ne. L’usura vista come una vita vissuta dalla nascita fi no alla morte. Una storia narrata dall’incipit all’epilogo, dal suo inizio, fi no al suo esaurimento che diviene tale quando siamo noi ad assistervi.Si tratta di meccanismi che non sperimentano il concetto di vita comunemente inteso poiché prodotti industriali creati dall’uomo e dei quali non abbiamo la consapevolezza delle durate o dei percorsi, nessuna necessità, nessun bisogno di controllo o interesse di rilevamento.

R, G, B 128, 128, 128 si concretizza nel rilevamento di piccoli cambiamenti avvenuti durante il processo, mutazioni che hanno portato il nostro occhio verso una nuova scoperta, attraverso un nuovo colore. Le tonalità si creano con l’esaurimento progressivo delle tre gradazioni. Tecnicamente le stampanti dispongono di cartucce nere separate da quelle a colori. Questa particolarità non esiste in natura, il nero è il risultato della sintesi sottrattiva nel sistema dei colori RGB (rosso, giallo, blu), che riguarda la combinazione di pigmenti colorati, come per i colori per dipingere, ma che nei processi di stampa si serve di una miscela di tinta nera proiettata direttamente sul foglio ma non costituita da una mescolanza costante di particelle dei tre colori contenute nell’altro serbatoio cartuccia. Il grigio nella stampa, invece, è un pigmento costituito dalle stesse percentuali di tutti e tre i colori (rosso, giallo, blu) che danno vita ad un colore simile al grigio.

In R, G, B 128, 128, 128, l’intero processo viene tolto agli occhi dello spettatore per lasciare i quattro cambiamenti che sono avvenuti nel “naturale” corso “vitale” della stampante. Quattro fogli incorniciati che lasciano intendere il passato prossimo e il futuro del loro itinerario; mostrano una sfumatura raccontata poeticamente da un dosaggio natural-meccanico della macchina stampante. Il vuoto presente in quest’opera è un intero racconto celato alla vista. Le cornici sono, invece, dei nuovi capitoli.

A sinistra: veduta edettagli dell’installazione

2013 - installazione a paretemateriali: fogli A4dimensioni: variabili

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YULIA KNISH

44

Il lavoro nasce da un incontro casuale con un giovane ragazzo che ha messo in vendita in un mercatino delle fotografi e scattateda lui. Ne scelgo 44.Lo incontro per fare delle riprese. Dietro

ognuna di queste si cela una storia, il ricordo di chi ha catturato quei momenti. Successivamente ho realizzato altre riprese con persone dai diversi percorsi di vita, mestieri e provenienze, chiedendo di raccontarmi quelle foto come se appartenesseroa loro. La durata di questo video è in costante cambiamento,in quanto il lavoro si confi gura come work in progress.“La fotografi a mette a morte qualsiasi cosa che tocca”, in questo caso mi interessa il processo inverso e cercare di darle vite differenti con sguardi nuovi. L’oggetto viene riposizionato su una traccia di tempo, spazio e territorio diversi. Il lavoro é intorno all’oggetto e non su di esso. Delegare ad altri lo sguardo e il racconto e infi ne la creazione.

A sinistra: una delle fotografi e acquistate dall’artista

Sopra: still da video

2013 - video digitale a col. durata: 13’

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LEONARDO MASTROMAURO

SOTTERRARELA TERRA

L’intento scaturisce dall’esito.Un gesto quotidiano, e vano. Scavo con cura e frenesia. Non ci sono alternative, scavare è un gesto perpetuo, potenzialmente infi nito. Sotterro con altrettanta delicatezza, la terra sotto le mie mani cambia consistenza, si sgretola, si ammorbidisce per poi riassemblarsi, una rinvigorita forma compatta. Non sembra essere cambiato nulla laddove tutto è mutato. La terra risotterrata è una terra rinnovata, è materia trasformata poiché riposta dopo essere stata accudita. Le fasi di fi ne e principio sono rimescolate, i due fotogrammi di incipit e chiusura si fondono, tutto sembra rimasto immutato, eppure, in uno spazio infi nitesimale tutto è cambiato. Questo atto nudo è la dichiarazione di una poetica in cui un’azione minima può farsi portatrice di una rivoluzione, intesa come derivato di “revòlvere”, volgere indietro, voltare, volgere sottosopra.

A destra: still da video

Nella pagina successiva: Due still di riferimento tratti dal fi lm Il paese incantato di A. Jodorowsky (1968)

2013 - video digitale a col.durata: loop

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“Notre vie est un voyage Dans l’hiver et dans la Nuit.Nous cherchons notre passage Dans le Ciel où rien ne luit.”

(Beresinalied, Chanson des gardes suisses, 1812)

Mi approprio di questo breve verso tratto da una canzone composta dalle

guardie svizzere in ritirata dalla Russia, nella notte

del 28 novembre 1812, dopo la catastrofe della Beresina. La strofa, che trovò notorietà nel 1924

quando Louis Ferdinand Céline la pose come

esergo del suo celebre romanzo Voyage au

bout de la nuit, viene cantata in ripetizione, con

una nuova melodia, fi no a svuotarla del suo signifi cato originale. Compio questa azione bendato e con delle cuffi e che rimandano la mia stessa voce mentre vago per un’intera notte lungo le calli

di Venezia, in una sorta di atto monastico di svuotamento dai miei condizionamenti spaziali e temporali. In sede espositiva, la mattina

seguente, espongo la copia originale del libro in mio possesso di Céline, sotto il cui esergo annoto alcune frasi descrittive della

stessa performance, e il registratore vocale, documentativo dell’intero atto performativo.

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GRAZIANOMENEGHIN

NELLA NOTTE. QUEL CHE NON SFUGGE RIMANE

A sinistra: veduta dell’installazioneSopra: dettaglio dell’installazione

2013 - performance / installazionemateriali: registratore vocale, libro20

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GUIDOMODANESE

CLELIA

Video che testimonia la vita di un’anziana signora, Clelia, all’interno del suo appartamento, diventato da anni il suo guscio protettivo.

Sopra e a destra: still da video

2013 - video digitale a col.durata: 4’42’’

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FRANCESCO NORDIO

ZONA DI LIBERAZIONE

Vorrei provare a scrivere una poesia, sarà per forza bellissima, perché sarà fatta dei vostri corpi e delle vostre menti. L’opera si compone di due parti: la prima

è uno schema del percorso che ha portato alla versione fnale del lavoro, per rifettere sulle enormi potenzialità di sviluppo che può avere un’idea quando viene elaborata collettivamente e liberamente. L’intenzione è di sottolineare quanto lavoro intellettuale venga perduto quando un gruppo consiglia in merito ad un lavoro, perché viene considerato “troppo altrui” per essere integrato nel lavoro in questione e troppo legato a questo, oltre che lontano dalla loro produzione per essere utilizzato dagli altri.La seconda parte del lavoro è una zona per la sperimentazione con il comportamento. L’espediente è l’istituzionalizzazione della libertà di comportamento tramite l’attenuazione della pressione sociale: viene fatto frmare a tutti, all’ingresso della mostra, un documento legale dove ci si impegna a non denigrare, a non offendersi e a non giudicare negativamente il comportamento di chi entra nella zona. Chi entra nella zona dichiarerà invece, frmando un secondo foglio, di sforzarsi a sperimentare con il proprio comportamento. La libertà, in questo modo, emerge automaticamente come la possibilità di concepire e realizzare alternative, come una ricerca, un esercizio di elasticità mentale, un lavoro di critica dell’esistente ed un processo di produzione. Vi possono essere, infi ne, elementi accessori, come due frasi appese al muro affanco alla zona delimitata, per attirare ed ispirare gli spettatori, oggetti di vario tipo che possono essere utilizzati a supporto degli esperimenti, ed un quaderno nel quale chi partecipa è invitato a registrarne liberamente i risultati. Non si desidera proporre un’esperienza preconfezionata allo spettatore, ma costruire un contenitore adatto allo sviluppo di una sua personale attività di ricerca in collaborazione con gli altri. Il lavoro si costituisce pertanto come un laboratorio permanente.

A sinistra: schema

Nella pagina successiva:veduta dell’installazione

2013 - installazionemateriali: schema incorniciato e appeso al muro, rettangolo di nastro adesivo di carta, penna, dichiarazioni da fi rmare all’entrata dello spazio espositivo // dimensioni: variabili

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SERENA OLIVA

QUATTRO CERIMONIEPER DISINFETTARE

GLI OCCHI (MARTEDÌ)

La camera fi ssa assiste a quattro riti domestici eseguiti da un impasto di burro e zucchero. Venerdì si tuffa nel canale, sabato diventa polvere, domenica si appropria di un campo visivo, martedì de-lievita. Ogni azione segue un’istruzione e una posologia. Ogni azione è un farmaco che promette di purifi care l’immaginario.

Sopra: still da videoA destra: composizionedei frame totali del video

2013 - video digitale a col. durata: 21’11”

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FABIOVALERIOTIBOLLO

URTO CHI NONRIESCO A SCHIVARE

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Gli altoparlanti e il dispositivo di riproduzione sono agganciati sotto il piano di un tavolo di legno. La traccia è presentata in loop e ha una durata di due minuti, compresa una pausa di trenta secondi. I materiali selezionati durante le registrazioni sono stati utilizzati per sfregamento. La tensione prodotta dalla dissociazione di un dato sensoriale rispetto al contesto di appartenenza porta a riconsiderare le proprie leggi di misurazione. I visitatori sono invitati a chiudere gli occhi.

A sinistra: veduta dell’installazione

2013 - installazione sonoramateriali: traccia sonora,tavolo, impianto audiodurata: 2’ circa

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LAURA TINTI

GIOCOFORZA

La possibilità della duplicazione é la premessa ontologica per la trasformazione del mondo degli oggetti in mondo di segni: l’ immagine rifl essa della cosa è sottratta a rapporti pratici (di spazio, di contesto, di scopo) a essa connaturati, e perciò può essere facilmente inclusa nei rapporti modellizzanti della coscienza umana. Eppure a seguito di questo processo non fi nito di duplicazione, gli strumenti da stabili e accoglienti divengono corpi minacciosi, gli spazi liberi scoscesi ed infi di, e l’orizzonte si tramuta in un abisso.La durata del processo non è prevedibile.È bene stare in guardia: le regole conosciute non valgono nello spazio capovolto.

A sinistra: dettaglio dell’opera

Nella pagina successiva: opera

2013 - sculturamateriali: due piani inclinati,black cardboard, acciaio inossidabiledimensioni: base cm. 70x100x28,scivolo cm. 24x36x30,altalena cm. 18x26x20

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SUSANNA ALBERTISeriate (BG), 1988Nel 2011 consegue il Diploma Accademico di primo livello in Pittura all’Accademia di Belle Arti “G. Carrara” di Bergamo.Vive e lavora tra Venezia e Bergamo.Il lavoro dell’artista è recentemente diventato una pratica terapeutica, nascendo dalla necessità di rallentarei ritmi quotidiani e rimediare ad una sensazione di asincronia. Assecondandoil tempo necessario alla creazione della forma estetica, spesso attraverso una lavorazione lenta e minuziosa, Albertisi concede di immergersi in un tempo dilatato, di meditazione, all’interno del quale abbandonare ogni fretta, distendere la mente e lasciare che tutti i pensieri si depositino e leidee emergano spontanee.

EDOARDO ARUTARoma, 1981Nel 2006 consegue la laurea in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Vive e lavora tra Venezia e Roma. La pratica dell’artista è basata sulla disamina dei phenomena sottostanti la nostra esperienza di vita quotidiana, dall’interazione con i luoghi e dalla relazione tra persone e “oggetti” alle possibilità d’esplorazione di signifi cati reali e fi ttizi che li circondano. Aruta attraverso l’analisi delle sfumature di realtà, intende svelarla nei suoi livelli multipli e potenziali d’apparenze e d’interpretazioni.

MARZIA AVALLONEViggiano (PZ), 1985Diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Spirito itinerante, momentaneamente alberga a Venezia. Mutazioni, ibridazioni, infezioni/invasioni, Avallone scruta gli aspetti più reconditi del mondo che la circonda analizzando i segni lasciati dalla kosmopolis umana; scandagliare le visioni che l’attraversano per poi cercare di plasmarle sono il leitmotiv della sua ricerca.

PIETRO BONFANTIBergamo,1987Laureato in Scienze dell’Educazione indirizzo Socio-culturale presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Vive e lavora tra Venezia e Bergamo. La sua pratica nasce da processi di annullazione volti ad indagare differenti forme del non-fare o sfaccettature della potenza intesa come possibilità irrisolta di fare qualcosa. La critica al principio di autorità insieme all’esercizio sperimentale della libertà costituiscono i capisaldi della sua ricerca.

GAIA CERESISenigallia (AN), 1987Attualmente è scritta al corso di Laurea Triennale in Arti visive e dello Spettacolo all’università IUAV di Venezia. Vive e lavora a Venezia.I suoi lavori nascono da visioni e contemplazioni molto personali, quasi irrilevanti. Creando lo spazio necessario per una rifl essione silenziosa che suggerisca di osservare lo sfondo: in senso letterale, ma anche nel senso di ciò che è non appariscente. Fermarsi ad ascoltarlo. Constatarne la complessità.

BIOGRAFIE

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LORENZO COMMISSOPordenone, 1978Si laurea all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2006.Artista, fotografo, performer. Vive e lavora a Venezia.La sua ricerca tocca vari ambiti; lavorando con molteplici estetiche risulta diffi cile delineare i connotati specifi ci della sua ricerca. Ricorrono però punti fi ssi come l’utilizzo di metalinguaggi, rifl essioni sul doppio, sull’idea di rifl ettere, sul tempo e i numeri, sul percepire, sulle proprietà intrinseche della pratica utilizzata. Commisso vede il suo lavoro come un quantitativo di liquido che prende forma in base al contenitore in cui viene versato.

VALENTINA FURIANVenezia, 1989Nel 2010 si iscrive all’Università IUAV di Venezia.Vive e lavora a Venezia.L’indagine dell’artista si concentra sulla ricerca della meraviglia nelle piccole cose. Con operazioni volutamente semplici, e tramite l’utilizzo di medium eterogenei, si propone di creare un mosaico di opere sempre volte ad una resa trasparente dell’idea fondante originaria. Ripetitività di gesti, segni, immagini, sono tutti espedienti atti a creare un incanto, sincero come il gioco di un bambino. L’essenziale si compie nel cuore dell’infi nitesimale, e l’artista si fa portavoce della dimensione autentica del mondo, riabilitandone lo spessore e velandola di rinnovati signifi cati. La genuinità si perpetua nei progetti passati, presenti e futuri e la semplicità si impone come parola d’ordine, o quasi.

YULIA KNISHKirghyztan, 1979Laureata presso l’Ashkelon Art Schoolcon specializzazione in Fine Arts. Nel

1998 si sposta in Italia e si diploma presso l’Accademia Di Belle Arti di Firenze con specializzazione in pittura. Nel 2010 si iscrive presso l’Accademia Di Belle Arti di Firenze al master in Arti visive e Nuove espressione del linguaggio. Attualmente vive in Italia ma lavora tra l’Italia e Israle. Nel suo lavoro confl uiscono la memoria personale stratifi cata nei suoi vari spostamenti, dal Kyrgyzstan sovietico allo Stato di Israele e infi ne all’Italia, è un’estetica che risente dei modelli culturali dei vari territori da lei attraversati. Il risultato è la creazione di situazioni che concernono sia il passato, una storia fi ltrata da un’esperienza personale diretta, che un presente in cui la sua opera si inscrive aprendo all’Altro, che è il suo pubblico presente, con leggerezza e generosità tanto da far scordare la distanza dell’opera d’arte e favorire uno scambio di natura emozionale e spirituale ancor prima che strettamente artistica.

LEONARDO MASTROMAUROTrani (BA), 1988Nel 2011 si diploma pressol’Accademia di Belle arti diFirenze. Vive e lavora a Venezia.La poiesis è modus vivendi. Continuamente linee di fuga vivisezionano il soggetto.L’accento o baricentro viene posto su quelle pratiche apparentemente fallimentari, pleonastiche, inutiliove la dialettica soggetto-oggettoviene ad essere annullata, a sottolineare la transitorietà e ilsenso di fi nitudine di ogni singolo elemento nel suo stesso farsi.

GRAZIANO MENEGHINSacile (PN), 1982Nel 2012 si laurea in Arti Visive e dello Spettacolo allo IUAV di Venezia, città in cui vive e lavora. “Il mio interesse è legato a tutti quei processi che si danno di per sé come fallimentari. Credo che il fallimento rappresenti una sorta di

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allegoria dell’intero processo artistico, nel quale si mira ad una perfezione che ovviamente non può essere raggiunta ma solo avvicinata. Come artista sento l’esigenza di sfi dare continuamente i miei limiti attraverso l’esibizione di azioni che possono risultare inutili nella loro assurdità. In generale credo che il legame che si instaura tra il fallimento e l’assurdo sia il principio stesso della vita, in cui viviamo la nostra condizione di esseri fi niti in un tempo ed in uno spazio che si danno come infi niti. In maniera analoga nei miei ultimi lavori ho allargato il campo della mia ricerca a diversi processi di apprendimento legando questi alla mia stessa attività processuale e performativa. In tal modo intendo utilizzare l’atto artistico come esperienza esplorativa e conoscitiva del mio stesso io autoriale, esibendo in maniera plateale la mia incapacità di utilizzare un qualsivoglia media o mezzo artistico e installando così una relazione tra apprendimento e fallimento basata su un ironizzazione del mio ruolo artistico”.

GUIDO MODANESETreviso, 1987Nel 2010 si iscrive all’Università IUAV di Venezia. Vive e lavoratra Venezia e Treviso.Inizia a studiare pianoforte all’età di dieci anni, in seguito la passione per il disegno e la pittura lo portano a iscriversi al liceo artistico durante il quale scopre una nuova passione, quella per la musica elettronica e inizia a collezionare diversi sintetizzatori e drum-machine. A partire dal 2008 incomincia un progetto dedicato alle performace live, trasferendosi a Berlino per approfi ttare del panorama fi orente della città. Dal 2010 decide di iscriversi al corso di Laurea in Arti visive allo IUAV di Venezia, in mododa poter dare nuove linee guida alsuo percorso artistico.

FRANCESCO NORDIOMestre (VE), 1989Nel 2011 si laurea in Arti Visive e dello Spettacolo all’Università IUAV di Venezia. Vive, lavora e studia tra Mestre e Venezia. È interessato non tanto a produrre opere d’arte, quanto a compiere operazioni culturali che lavorino concretamente su e con la cultura e la realtà. Il valore di tali operazioni è nei loro effetti, considerati da un punto di vista più ampio possibile, o nella loro effettiva utilità come supporti per elaborare pensiero.

SERENA OLIVASanremo (IM), 1988Laureata in Cinema e Arti della Visione all’Università Roma Tre.Vive e lavora a Venezia.L’immaginario sedimenta, cresce in maniera autonoma e incontrollata.Non c’è luogo migliore in cui abitare. Oliva perlustra un territorio intricato misurandolo. Registra e cataloga, ma poi inventa. Consapevole di non poter sciogliere il groviglio, segue un fi lo, poi un altro, e insieme altri ancora. Vede con il video, spia con il suono, mescola le materie. Paradossalmente questo le insegna ad essere costante. Non eclettico, narrativo.

FABIO VALERIO TIBOLLORoma, 1989Nel 2011 si laurea in Cinema e Arti della Visione presso l’Università degli Studi Roma Tre. Vive e lavora tra Venezia e Roma.“La macchina fotografi ca è una protesi che mi invita a raccontare. Ogni scatto archivia un’esperienza, contestualizzandola. Il desiderio di un campo visivo amplifi cato si coniuga con quello di un occhio freddo e nitido, che analizzi nel dettaglio la situazione allestita. Le forze che legano l’organismo all’ambiente, la sinestesia e i prolungamenti corporei costituiscono il mio campo d’indagine”.

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LAURA TINTIDecimomannu (CA), 1979Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Cagliari, diplomata in Pittura all’Accademiadelle Belle Arti di Firenze.Attualmente vive e lavora a Venezia.La sua attività artistica si fonda sull’accostamento di aspetti grotteschi e drammatici della realtà sociale, stemperati da elementi ludici o destabilizzanti: l’oggetto della ricerca é uno status quo in crisi o prossimo al cambiamento.

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