Elementi Diritto Canonico

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    Jos T. Martn de Agar Jos T. Martn de Agar

    Elementi di Diritto Canonico

    SOMMARIOAbbreviazioni VIIPresentazione IXI. Il Diritto canonico 1

    1- Chiesa e diritto 12- Diritto divino e diritto umano 23- Storia del diritto canonico 3

    a) Il primo millennio 3b) Il diritto canonico classico 4c) Let moderna 5d) Let contemporanea 5

    II. Fonti del diritto canonico 11

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    1- Norme e atti giuridici 112- Norme canoniche 113- La legge 12

    a) Tipi di leggi 13b) Promulgazione 14c) Retroattivit 15

    4- La consuetudine 155- Norme amministrative 16

    a) Decreti generali esecutivi 16b) Istruzioni 16

    6- Statuti e regolamenti 16a) Statuti 16b) Regolamenti 17

    7- Atti amministrativi singolari 17a) Decreti singolari 17b) Precetti singolari 18c) Rescritti 18

    8- Atti giudiziali 199- Atti giuridici privati 19

    III. I soggetti nellordinamento canonico 211- La persona fisica 212- Persona giuridica 22

    a) Corporazioni e fondazioni (c. 115) 23b) Persone giuridiche pubbliche e private 23

    IV. Costituzione della Chiesa 251- I Principi costituzionali 25

    a) Il principio di uguaglianza 25

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    b) Il principio di variet 26c) Il principio gerarchico 26

    2- Diritti e doveri fondamentali dei fedeli 26V. Il Popolo di Dio. La sua struttura sociale 31

    1- Il Popolo di Dio 312- I fedeli laici 32

    Principali obblighi e diritti dei laici 333- Statuto personale dei ministri sacri 35

    a) La formazione dei chierici 35b) Lincardinazione dei chierici 37c) Diritti e doveri dei chierici 37d) Perdita dello stato clericale 39

    4- Associazioni di fedeli 40a) Tipi di associazioni 41b) Le associazioni pubbliche 41c) Le associazioni private di fedeli 42

    VI. Il popolo di Dio. la sua struttura gerarchica (Governo e Organizzazione della Chiesa) 451- Concetti di organizzazione ecclesiastica 45

    Lufficio ecclesiastico 452- Dimensione universale e particolare della Chiesa 473- La potest suprema della Chiesa 47

    a) Il Romano Pontefice 48b) Il Collegio episcopale. 49

    4- Istituzioni per il governo della Chiesa universale 505- Le Chiese Particolari 51

    a) La diocesi 52b) Altre circoscrizioni ecclesiastiche simili alle diocesi 52

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    c) Organismi sovradiocesani 536- Governo e organizzazione della diocesi 56

    a) Il Vescovo diocesano 56b) Istituzioni e uffici per il governo della diocesi. 57c) La parrocchia (cc. 515-552) 60d) I vicariati foranei (cc. 553-555) 62e) I rettori delle chiese (cc. 556-563) 62f) I cappellani (cc. 564-572) 62

    VII. La vita consacrata 65Gli istituti di vita consacrata 66

    a) Gli istituti religiosi 68b) Gli istituti secolari 70c) Le societ di vita apostolica (cc. 731-746) 71

    VIII. I mezzi della salvezza: la parola di Dio 73La funzione dinsegnare 73

    a) Il magistero ecclesiastico 74b) Lecumenismo 75c) Il ministero della parola divina 76d) Leducazione cattolica 79e) I mezzi di comunicazione, i libri 82

    IX. I mezzi della salvezza: il culto divino 851- La funzione di santificare della Chiesa 852- I sacramenti 86

    a) Il battesimo 86b) La confermazione 88c) La santissima Eucaristia 89d) La penitenza 93

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    e) Lunzione degli infermi 96f) Il sacramento dellordine 96

    3- Il matrimonio 98a) Concetti generali 100b) Il consenso matrimoniale 100c) Gli impedimenti 104d) La forma del matrimonio 107e) Effetti del matrimonio 108f) Scioglimento del vincolo matrimoniale 108g) La separazione dei coniugi 109h) Convalidazione del matrimonio 110i) Pastorale e preparazione del matrimonio 111

    4- Altri atti del culto divino 112a) I sacramentali (cc. 1166-1172) 112b) Liturgia delle ore (cc. 1173-1175) 113c) Le esequie ecclesiastiche (cc. 1176-1185) 113d) Il culto dei Santi, delle sacre immagini e delle reliquie (c. 1186-1190) 114e) Il voto e il giuramento 114

    5- Luoghi e tempi sacri 116a) Luoghi sacri 116b) I diversi luoghi sacri 116c) I tempi sacri 118

    X. I beni temporali della Chiesa. Diritto patrimoniale canonico 119a) I beni 119b) Lacquisto dei beni 120c) Amministrazione dei beni ecclesiastici 122d) Alienazione di beni ecclesiastici 124

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    d) Pie volont e pie fondazioni 125XI. Diritto penale canonico 127

    a) Il delitto 127b) Il delinquente 127c) Le pene ecclesiastiche 128d) Applicazione delle pene 129e) Cessazione delle pene 129f) I singoli delitti 130

    XII. Diritto processuale 1331- Organizzazione giudiziaria 1332- Il processo 135

    a) Le parti 136b) La competenza del tribunale 136

    3- Lo svolgimento del processo 137a) Fase introduttiva 137b) Fase istruttoria. Le prove 138c) Pubblicazione, conclusione e discussione della causa (cc. 1598-1606) 140d) La decisione giudiziale (cc. 1607-1618) 140

    4- Impugnazione della sentenza 141a) Lappello 141b) La querela di nullit 142c) La restitutio in integrum (cc. 1645-1648) 142

    5- Esecuzione della sentenza (cc. 1650-1655) 142

    6- Il processo contenzioso orale 1437- Processi speciali 143

    I processi penali (cc. 1717-1731) 1458- Giustizia amministrativa (cc. 1732-1739) 146

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    a) Il ricorso amministrativo 146b) Il ricorso contenzioso amministrativo 147

    XIII. Rapporti tra la Chiesa e la comunit politica 1491- Il dualismo cristiano 149

    2- Interpretazioni storiche del dualismo 1503- Il Concilio Vaticano II 154

    La libert religiosa 1574- Diversi aspetti della missione della Chiesa riguardo al mondo 158

    Abbreviazioni

    AAS Acta Apostolicae Sedis

    CCC Catechismo della Chiesa Cattolica

    CCEO Codice dei Canoni dell Chiese Orientali

    CIC Codice di Diritto Canonico

    EV Enchiridion Vaticanum

    Documenti del Concilio Vaticano II

    AA Decr. Apostolicam actuositatem

    CD Decr. Christus Dominus

    DH Dichiar. Dignitatis humanae

    GE Dichiar. Gravissimum educationis

    GS Cost. Gaudium et spes

    LG Cost. Lumen gentium

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    OE Decr. Orientalium Ecclesiarum

    OT Decr. Optatam totius

    PO Decr. Pesbyterorum ordinis

    SC Cost. Sacrosanctum concilium

    UR Decr. Unitatis redintegratio

    PresentazioneSi potrebbe pensare che il diritto sia alieno alla Chiesa, poich questa una comunit di natura spiritualebasata sulla fede e sulla carit, virt che dovrebbero bastare ad ordinare i rapporti tra i fratelli. Di fatto nonsono mancate nella storia ecclesiastica correnti di pensiero spiritualiste che hanno interpretato la disciplinacanonica come elemento di rigidit, ostacolo allo sviluppo dei carismi, o addirittura come strumento dioppressione in mano allautorit ecclesiastica.Non cos. Tali errori rispondono ad una visione deformata della natura sia della Chiesa che del diritto,talvolta confondono spiritualit e sentimento, e finiscono per opporre in maniera irriducibile istituzione ecarisma, legge e spirito, grazia e natura, pastorale e diritto; laddove invece queste sono dualit che,sebbene distinte, non si possono separare. Grazia e carit, pastorale e carisma non si possono realizzaresenza lordine della giustizia; questa come lalveo entro il quale la variet dei doni, dei compiti o dellesemplici qualit umane concorrono ad edificare la comunit ecclesiastica senza distruggerne lunit.La Chiesa stata costituita dal Signore non soltanto come una comunit di credenti che partecipano deglistessi beni spirituali invisibili, ma anche come il suo Popolo del quale Egli il Legislatore. Proprio daivincoli soprannaturali e dalla partecipazione agli stessi mezzi di salvezza (la Parola di Dio e i sacramenti)sorgono rapporti sociali e visibili che devono essere ordinati secondo giustizia. Essa societ visibile eorganizzata che ha una missione da compiere, nella quale tutti i fedeli sono chiamati a partecipare,ciascuno secondo la sua condizione. Compito del diritto determinare e assegnare i diversi ruoli e dicoordinarli al bene di tutti.Il diritto a sua volta non fine a se stesso, strumento che serve alla realizzazione della giustizia neirapporti sociali, la quale a sua volta una virt necessariamente ordinata alla carit, quindi integrata inuna pi alta Giustizia che la santit. Se non si tiene conto di questi collegamenti, allora il dirittodiverrebbe mero attaccamento alle norme come se da esse dipendesse tutta la vita, o al contrario andrebbevisto come limite arbitrario della libert. Due errori opposti ma che hanno la stessa radice.Certo, nella vita della Chiesa gli elementi di natura spirituale sono i pi importanti, giacch la missionedella Chiesa la salvezza delle anime; a questo fine devono concorrere tutte le attivit, modi di vita e ruolinella societ ecclesiale. Il Signore pu direttamente far partecipe ogni uomo della sua grazia, "tuttaviapiacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza nessun legame tra loro, ma licostitu in popolo" (LG 9), perci nelle condizioni di vita terrena Egli vuole servirsi della sua Chiesa,cosicch essa stata a ragione definita dal Concilio "sacramento universale di salvezza" (LG 48), cio

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    segno visibile ed efficace dei doni invisibili.In questa divina economia che la Chiesa, la Parola ha bisogno della predicazione, la grazia scorreattraverso i segni visibili della liturgia dei sacramenti, ed entrambe hanno bisogno di ministri validiconsacrati da Dio; i carismi, pur personali, sono sempre per il bene di tutti e la gerarchia anchessacarismatica (legata al sacramento dellordine); il ministero pastorale comprende anche la potest giuridicadi governo; la comunione di fede e dei sacramenti richiede quella di regime e di disciplina; le diversevocazioni e spiritualit sussistono in modi di vita istituzionali.Daltra parte, come potrebbero i fedeli raggiungere la santit e compiere il loro apostolato, senza ilsostegno di una pastorale adeguata ai loro bisogni che offra loro abbondanti i mezzi della salvezza? Comericonoscere la genuinit evangelica dei carismi senza il discernimento dei pastori? Quale seguitoavrebbero essi senza la possibilit di perpetuarsi attraverso adeguate istituzioni?La Chiesa dunque una unit carismatica e istituzionale; conoscerla a fondo richiede conoscere anche ilruolo del diritto nella sua vita. Questo libro ha come scopo dare una visione completa bench nonapprofondita del diritto canonico latino, che possa accompagnarsi alla lettura dei testi giuridici,principalmente del Codice di Diritto Canonico.Bibliografia di base a carattere generale in italiano:S. Berling, Diritto canonico, Giappichelli, Torino 1995.

    F. Bolognini, Lineamenti di Diritto Canonico, Giappichelli, Torino 1992.L Chiappetta, Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, (2 vol.), Edizioni Dehoniane,Napoli 1988.F. DOstilio, Prontuario del Codice di Diritto Canonico, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano1995.G. Feliciani, Le basi del diritto canonico, Il Mulino, Bologna 1990.P. Lombarda, Lezioni di diritto canonico, ed. italiana a cura di G. Lo Castro, Giuffr, Milano 1985.

    M. Petroncelli, Diritto canonico, Jovene, Napoli 1985.VV. AA., Codice di Diritto Canonico. Edizione bilingue commentata, (3 vol.), Logos, Roma 1987.VV. AA., Il diritto nel mistero della Chiesa, A cura del Gruppo Italiano docenti di Diritto Canonico, (3vol.), Pontificia Universit Lateranense, Roma 1986-1992.Riferimenti bibliografici specifici per ciascuna materia sono riportati nelle note a calce.

    I. Il Diritto canonicoLa parola diritto (ius) ha due significati diversi a seconda che si riferisca ad una realt oppure alla scienzache la studia. Come realt, diritto loggetto della giustizia. La giustizia la virt che comanda di dare aciascuno quel che suo (unicuique suum tribuere). Questo suo dovuto in giustizia ad un soggetto (che puconsistere in cose molto svariate, spirituali o materiali), si chiama diritto: bisogna dare a ciascuno il suodiritto (unicuique ius suum tribuere). Lo ius o diritto in realt la cosa giusta, il suo che la giustiziacomanda di dare a ciascuno, quel che gli dovuto.

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    Ma per potere dare ad ognuno quel che gli dovuto si rende necessario determinare in cosa consiste.Perci la scienza che studia e determina quel che giusto in concreto si chiama anche diritto. Il giurista luomo che sa o studia quel che giusto allo scopo che si compia la giustizia; il suo mestiere dire ildiritto (ius dicere). Si chiama quindi diritto sia quello che giusto (dovuto in giustizia) come anche lascienza pratica del giusto. Inoltre, siccome nella determinazione del giusto la legge ha spesso un ruoloimportante, si chiama anche diritto linsieme di leggi che reggono lordine giuridico di una societ; ma lalegge determina il diritto, non il diritto.In ogni societ o insieme organizzato di uomini, nascono rapporti, relativi ai fini e ai mezzi dellinsieme,che devono essere regolati dalla giustizia ovvero dando a ciascuno il suo. In ogni societ c un dirittointeso a stabilire in pratica quel che giusto in tale societ.1- Chiesa e dirittoLa Chiesa non una semplice societ umana, essa una realt misterica che pu essere definita in diversimodi ognuno dei quali mette in risalto un aspetto del suo essere: la Chiesa il Corpo mistico di Cristo, ilPopolo di Dio, lassemblea dei credenti in Ges Cristo, ecc. Essa anche la societ fondata da Cristo percontinuare nel mondo la Sua opera di salvezza.Il mistero della Chiesa immagine e riflesso del mistero del Verbo Incarnato: cos come in Lui la naturadivina e quella umana si uniscono misteriosamente nellunica Persona del Verbo, cos anche nella Chiesasi fondono il divino e lumano, di modo che, come dice il Concilio Vaticano II, "la societ costituita diorgani gerarchici e il Corpo mistico di Cristo, lassemblea visibile e la comunit spirituale, la Chiesa dellaterra e la Chiesa in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realt, ma formano unasola complessa realt risultante di un elemento umano e un elemento divino", cosicch "lorganismosociale della Chiesa a servizio dello Spirito di Cristo che lo vivifica per la crescita del corpo (cf. Ef 4,16)".Bisogna tener conto della natura misterica della Chiesa nello studio del diritto canonico, poich esso riflesso e espressione di tale natura (OT 16, CCC 770-780). Ci che giusto (o ingiusto) nella societecclesiale viene determinato principalmente in ragione dellorigine, struttura, finalit, beni e mezzi dati daDio alla sua Chiesa. In tutti questi elementi della societ ecclesiastica si rispecchia la complessa unit tradivino e umano che c nella Chiesa, e cos avviene anche nei rapporti giuridici che derivano da questielementi.2- Diritto divino e diritto umanoEssendo la Chiesa una societ di uomini fondata da Ges Cristo, le principali e prime attribuzioni di diritti(e doveri) in essa hanno il loro fondamento nella volont del suo Fondatore, sono di diritto divino. Adesempio, Cristo costitu il Collegio degli Apostoli, ne mise a Capo Pietro e affid loro la missione didiffondere, guidare e governare la Chiesa; ad essi succedono il Collegio episcopale ed il RomanoPontefice che ne il Capo, quindi sono di istituzione divina: i diritti e doveri che derivano da questo fattosono, nel loro nucleo essenziale, di diritto divino. Parimenti Ges Cristo istitu i sacramenti della NuovaLegge per il culto di Dio e la salvezza degli uomini, quindi le conseguenze giuridiche cheimmediatamente nascono da tale evento sono pure di diritto divino. Insomma: Cristo ha conferito alla suaChiesa certe caratteristiche, finalit, mezzi e regole di funzionamento che sono immutabili e checostituiscono il nocciolo fondamentale e perpetuo del diritto canonico: il diritto divino.Si deve tener conto che fanno parte di tale nucleo anche le conseguenze giuridiche che derivano dal fattoche la Chiesa stata fondata per gli uomini ed formata da uomini, pertanto sono anche di diritto divino(naturale) le esigenze di giustizia derivanti dalla condizione umana in quanto siano in rapporto con la vita

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    sociale della Chiesa. Cos, ad esempio, il diritto alla buona fama, alla propria intimit, alla libera elezionedi stato, che sono diritti naturali, devono anche essere riconosciuti nella Chiesa alla stregua di ogni altrasociet.Questo nucleo fondamentale del diritto canonico lo troviamo nella Rivelazione (la Parola di Dio, scritta otramandata per tradizione). "Tuttavia, anche se la Rivelazione compiuta, non per completamenteesplicitata; toccher alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli" (CCC66). Quindi anche la nostra conoscenza del diritto divino sempre perfettibile. In questo approfondimentosvolge un ruolo principale il Magistero ecclesiastico, il quale, con laiuto dello Spirito Santo, interpreta edespone autenticamente la Parola di Dio; ma anche contribuiscono allo sviluppo della sua comprensione iprogressi della teologia e della scienza canonica, la liturgia e la vita stessa della Chiesa lungo la storia.Mano mano che conosciamo meglio il disegno di Dio sul suo Popolo possiamo esprimere pi fedelmentele esigenze di giustizia che tale disegno comporta.Tuttavia il diritto divino ci indica quel che giusto nella Chiesa nei suoi tratti fondamentali, ma nonscioglie esplicitamente e direttamente tutti gli interrogativi su cosa sia giusto in ogni caso singolo; necessario formularlo, svilupparlo, interpretarlo e applicarlo tenendo anche conto delle circostanzeparticolari. Sono sorte cos risposte su quel che giusto che sono frutto dello sforzo umano, talvoltamutuate dalla cultura giuridica civile. Cos nel diritto canonico ci sono anche elementi di diritto umano iquali interpretano e applicano quello divino in ogni momento storico.

    Ad esempio il dovere di santificare le feste di diritto divino, un comandamento della Legge di Dio; lautoritecclesiastica ha poi precisato questo comandamento nel precetto di ascoltare la Messa, un comandamento dellaChiesa di diritto umano.

    Il diritto umano mutabile e sempre perfettibile: quello che la ragione umana giudica oggi come giusto,domani pu diventare ingiusto per un mutamento delle circostanze. Ma il diritto umano non pu andarecontro quello divino, in tal caso sarebbe certamente ingiusto. Al contrario deve cercare di interpretaresempre meglio le esigenze della legge divina ed estrarne tutte le conseguenze. Dunque il diritto divino principio ispiratore e limite del diritto umano.3- Storia del diritto canonico

    In questo quadro si forgiato lungo i secoli il diritto della Chiesa: attraverso atti legislativi e decisionidellautorit (Papi, concili, Vescovi, Sinodi, sentenze dei giudici), ma anche attraverso le consuetudini cheesprimono il senso di giustizia del popolo cristiano e le dottrine dei giuristi.Nella storia del diritto canonico si possono distinguere quattro periodi con caratteristiche proprie: il primomillennio, il periodo classico (1140-1325), lepoca moderna che arriva fino al Concilio Vaticano I e quellacontemporanea definita soprattutto dalla codificazione del diritto canonico, e pi di recente dal ConcilioVaticano II, le cui direttrici di ordine giuridico sono state recepite nella vigente legislazione canonicaspecie nei due Codici che attualmente reggono la Chiesa latina e le Chiese orientali.Non potendo in questo libro prolungare il discorso sullevoluzione storica del diritto della Chiesa,nemmeno nei seguenti capitoli quando verranno considerate le distinte istituzioni giuridiche, occorretuttavia fare presente che la comprensione dellordinamento attuale si trova in buona misura nella storia.Bench la codificazione abbia segnato una certa rottura con il passato, essa pi formale che sostanziale;la Chiesa si evolve nella tradizione e ci vale anche per il suo diritto.a) Il primo millennioLe prime comunit cristiane presero le regole della loro vita sociale dalla Sacra Scrittura (principalmente

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    dal Nuovo Testamento) e dagli insegnamenti degli Apostoli tramandati per tradizione. Anche i Vescoviemanavano norme e decisioni per le loro comunit, nelle quali nascevano pure delle consuetudini etradizioni particolari. Notizie di questo incipiente diritto canonico si trovano nei documenti di quel tempo,negli scritti dei Padri apostolici (la prima generazione di autori cristiani dopo gli Apostoli), e quelli deiPadri della Chiesa (dal sec. II allVIII); essi riflettono differenti modi di capire la vita cristiana, specie traoriente e occidente. Daltro canto non poche istituzioni giuridiche ebree e romane furono accolte dallaChiesa e cristianizzate.

    Una certa unit diedero al diritto delle comunit i concili, nei quali i Vescovi radunati fissavano delleregole comuni o canoni (da qui diritto canonico). Anche se i sinodi erano di ambito regionale, i lorocanoni venivano spesso accettati da altre chiese locali, e talvolta anche dal Vescovo di Roma, il Papa, ilquale li approvava per tutta la Chiesa considerando ecumenico il concilio che li aveva emanati.

    Da parte loro i Romani Pontefici, sia motu proprio sia per rispondere a quesiti concreti, si rivolgevano allevarie comunit cristiane attraverso lettere chiamate decretali; venivano cos stabiliti precedenti cheservivano a risolvere casi simili anche in altre comunit. In ogni Chiesa si facevano raccolte dei canoni edelle decretali che si ritenevano in vigore; le collezioni passavano talvolta ad altre Chiese. Le moltecollezioni antiche di cui oggi si ha notizia sono oggetto di studi che riguardano la loro data, lautore, laprovenienza dei loro elementi, lambito del loro influsso, ecc. In principio queste raccolte seguivanosemplicemente il criterio cronologico, ma gi nel VII sec. appaiono alcune di ordine sistematico.

    Man mano che cresce il prestigio del papato, anche di fronte al potere secolare, si afferma una tendenzacentralizzante che comporta laffermazione delle collezioni fatte sotto lauspicio dei Papi su quelleparticolari. Momento importante di questo processo sar la riforma gregoriana (sec. XII).

    b) Il diritto canonico classicoProprio verso la met del sec. XII inizia il periodo classico, nel quale avviene lelaborazione sistematica,scientifica del diritto canonico, auspicata in parte dai Romani Pontefici e fatta dai maestri delle primeuniversit; frutto di essa il Corpus iuris canonici, che costituir la principale fonte scritta del diritto dellaChiesa fino al primo Codice di diritto canonico (1917).

    Pietra basilare di questo processo il Decreto di Graziano (1140 circa): unampia compilazione portata atermine dal maestro bolognese Graziano, nella quale egli intese riportare in maniera coerente e unitariauna grande mole di testi canonici, spesso contrari fra loro, sulla base dei commenti dottrinali dellautore, ilquale appunto mise alla sua opera il titolo Concordantia canonum discordantium (Concordanza dei canonidiscordanti). Pur trattandosi di unopera privata, essa ebbe unampia diffusione, la sua universalit fece sche fosse considerata come il superamento delle compilazioni precedenti, le quali rimasero operativesoltanto nella misura in cui furono riassunte nel Decreto.

    Le collezioni susseguenti al Decreto raccolgono ormai soltanto lo ius novum, il diritto posteriore ad esso;riportiamo quelle che insieme al Decreto di Graziano finirono per formare il Corpus iuris canonici,ovvero: a) le Decretali di Gregorio IX (1234), chiamate anche Liber Extra, che sono una compilazione incinque libri fatta da S. Raimondo di Penyafort; b) il Liber Sextus (1298) promulgato da Bonifacio VIII acomplemento delle Decretali; e c) le Decretales Clementinas, una raccolta cominciata sotto Clemente V,ma promulgata da Giovanni XXII nel 1317.Queste collezioni, specie il Decreto di Graziano e le Decretali di Gregorio IX, furono glossate ecommentate da diversi giuristi e maestri di universit; nascono cos una letteratura e un metodo scientificoche sopravvivono anche dopo la codificazione del diritto canonico.c) Let moderna

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    Durante questo periodo il Corpus continua ad essere il nucleo centrale del diritto vigente; ad esso siaggiungono poi altri blocchi normativi e commenti dottrinali che lo sviluppano e adattano alle nuovecircostanze.Tra questi ampliamenti vanno annoverati in primo luogo i Decreti del Concilio di Trento (1545-1565) daiquali parte una profonda riforma della disciplina ecclesiastica. Si raccolgono inoltre gli atti dei Pontefici inserie cronologiche dette Bollari; ai quali si aggiungono le sempre pi numerose disposizioni e decisionidei dicasteri della Curia romana, organizzata da Sisto V nel 1588. Tra queste raccolte si possonomenzionare le Decisioni del Sacro Tribunale della Rota Romana e le Risoluzioni della SacraCongregazione del Concilio. Si sviluppa cos una crescente mole di norme scritte poco sistematica edifficile da adoperare.

    Daltro canto la fine del medioevo segna la frammentazione politica e religiosa della Cristianit, elaffermazione degli Stati nazionali cattolici e protestanti sotto il governo dei monarchi assoluti, i quali siconsiderano, per ragioni sia teologiche (i protestanti) che semplicemente storiche (i cattolici), competentiad intervenire nellorganizzazione e vita della Chiesa nazionale. Per fare fronte a questo interventismostatale la Santa Sede ricorre spesso agli accordi bilaterali o concordati, che vengono a creare un dirittocanonico particolare in ogni nazione.

    Lepoca rivoluzionaria che inizia alla fine del sec. XVIII porter allabolizione dellassolutismomonarchico e al trionfo del liberalismo illuminista. La commozione che i misfatti rivoluzionari e le nuoveidee producono nella vita della Chiesa grande: i liberali rifiutano la presenza della religione e dellaChiesa nella vita sociale, considerandole ostacoli alla liberazione delluomo e alla sovranit statale. I Papicondannano pi volte gli errori del liberalismo e gli eccessi rivoluzionari, che peraltro minacciavanoanche la sovranit temporale del Romano Pontefice negli stati pontifici.

    Nel campo giuridico il razionalismo e lugualitarismo danno origine al fenomeno del costituzionalismo ealla codificazione del diritto civile, come espressione della supremazia della legge, nei paesi europeicontinentali e in quelli dellAmerica latina, che in questo periodo acquistano la loro indipendenza.Nel Concilio Vaticano I, convocato da Pio IX, viene definito il dogma dellinfallibilit pontificia. Questofatto insieme alla debolezza delle chiese nazionali nei confronti dello Stato liberale giurisdizionalista,determina un rinforzarsi dellunit della Chiesa attorno al Papa. Gi nello stesso Concilio, interrotto poi inmaniera brusca dallassedio posto a Roma dalle truppe italiane nel 1870, furono avanzate proposte per unacodificazione del diritto canonico, sostenute da buon numero di Padri conciliari.d) Let contemporaneaLiniziativa non ebbe allora nessun seguito concreto, ma poco a poco si fece spazio lidea di riordinare inun codice lingente quantit di norme canoniche sparse in diverse fonti. Alcuni autori privati presentaronoprogetti in questo senso. Fu S. Pio X che, nel 1904, decise lelaborazione di un codice per la Chiesa latina,simile ai codici civili. Lattuazione del progetto ebbe come protagonista il Cardinale Gasparri, presidentedella Commissione incaricata della codificazione. Fu per Benedetto XV, successore di Pio X, che nel1917 promulg il Codex Iuris Canonici (CIC), che si sarebbe perci chiamato anche Codice piano-benedettino. La codificazione orientale avrebbe avuto inizio nel pontificato di Pio XI come vedremo allafine di questo paragrafo.

    In accordo con i postulati giuridici sottostanti, il Codice pretendeva di essere, perlomeno tendenzialmente,lunica fonte del diritto, capace di fornire risposte concrete sul giusto e lingiusto nei singoli casi: ilprogresso legislativo doveva procedere mediante successive riforme dello stesso Codice; linsegnamentodel diritto canonico doveva seguire, come prima, il metodo esegetico (glossa e commento), centrato

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    adesso sui canoni del Codice.Anche se la realt debord queste pretese, tuttavia certo che il CIC segna una svolta nel diritto dellaChiesa; esso fece diventare diritto vecchio il Corpus e la legislazione successiva nella misura in cui nonfossero stati recepiti nel Codice.Il Codice del 1917 rimasto teoricamente in vigore sino alla promulgazione di quello del 1983, ma giprima molti dei suoi precetti si consideravano modificati dal Concilio Vaticano II.

    1) Il Concilio Vaticano II

    Il Concilio fu convocato da Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959; nella stessa occasione il Papa annunci lariforma del Codice di diritto canonico. Le sedute conciliari ebbero luogo tra lottobre 1962 e il dicembre1965. Presto si vide che era necessario aspettare i risultati del Concilio per poter approntare la riformadella legislazione canonica: non bastava un semplice aggiornamento del diritto vigente.La dottrina conciliare costituisce, in effetti, la principale fonte dispirazione del Codice attuale promulgatoda Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983.Il Concilio Vaticano II ha affrontato una grande variet di argomenti, ma si pu dire che al centro della suariflessione si trova il mistero della Chiesa: in questa prospettiva sono stati messi in risalto aspettifondamentali, riguardanti la costituzione e la missione della Chiesa, che precedentemente erano rimastiocculti o considerati secondari. Lo stesso Concilio si occup di segnalare le pi importanti conseguenzepratiche di tale approfondimento, la cui piena applicazione alla vita ecclesiale ha segnato i tempi delpostconcilio. Per quanto riguarda il diritto canonico gli indirizzi fondamentali si possono riassumere comesegue:

    1) La considerazione della Chiesa come Popolo di Dio nel quale tutti i membri condividono lugualedignit e responsabilit di figli di Dio e la vocazione alla santit. Ci richiede uno statuto giuridico di basecomune a tutti i fedeli, nel quale vengano definiti e garantiti i loro diritti e doveri, le loro iniziative econtributi alledificazione della Chiesa; a partire da questa base che si dovranno poi costruire i differentistatuti che derivano dalla diversit di funzioni e modi di vita.2) La riflessione sul Collegio episcopale come soggetto della potest suprema della Chiesa accanto alRomano Pontefice, Pastore Supremo e Capo del Collegio. Il che ha portato alla ricerca di nuovi modi diesercizio della collegialit e delle relative conseguenze giuridiche.3) La dottrina sulla sacramentalit dellepiscopato e sul ministero dei Vescovi, che ha significato unchiarimento sulle diverse vie e modi di partecipazione alla potest ecclesiastica, ha messo in rilievo lanatura e ruolo della Chiesa particolare nelledificazione della Chiesa universale, e ha portato ad unamaggiore autonomia del Vescovo diocesano nel suo compito pastorale.

    4) L'approfondimento conciliare sulla Chiesa come comunit sacerdotale (ogni fedele gi col battesimopartecipa del sacerdozio di Cristo), la cui struttura organica si realizza a partire dai sacramenti, le virt ed icarismi, postula un diritto canonico imperniato su tali fondamenta che stabilisca i rapporti tra carismagerarchico e carismi personali, di modo che entrambi cooperino al bene di tutto il corpo ecclesiale.

    5) Laffermazione del ruolo che spetta ai laici nella missione della Chiesa, principalmente attraverso leloro iniziative apostoliche nel seno della societ civile, esige unadeguata organizzazione pastorale capacedi sostenere ed orientare la loro vita cristiana immersa nelle realt secolari.

    6) La dottrina del Concilio sui rapporti fra la Chiesa e la societ civile afferma la reciproca indipendenza

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    tra Stato e Chiesa e centra i loro rapporti nella dignit della persona e nella difesa dei suoi dirittifondamentali (specie quello di libert religiosa). Questa dottrina, inoltre, ha ripercussioni nei rapporti dellaChiesa con le altre comunit religiose, in maniera particolare con le cristiane ai cui membri vengonoriconosciuti certi diritti di comunione parziale con la Chiesa cattolica.

    2) Il Codice di Diritto Canonico del 1983

    Questi ed altri spunti sono stati presi in considerazione in fase di elaborazione della nuova codificazionecanonica. Un processo lungo, le cui fasi si possono riassumere cos:Come abbiamo visto, il 25 gennaio 1959 Giovanni XXIII convoca il Concilio e annunzia la revisione delCIC. Nel marzo 1963, poco prima di morire, egli costituisce la Commissione incaricata di tale revisione;ma presto si decise che era necessario attendere i risultati del Concilio per avviare un profonda riforma deldiritto canonico; cosicch il lavoro della Commissione inizia realmente nel novembre 1965, pochi giorniprima della chiusura dellassise conciliare.

    La Commissione era integrata da Cardinali e Vescovi che si radunavano per decidere i punti piimportanti; mentre lelaborazione dei successivi progetti fu affidata ad unampia quipe di consultoridivisa in gruppi di lavoro per argomenti. Paolo VI indic gli obiettivi e le linee da seguire.

    Al fine di unificare i criteri vennero elaborati i Principi direttivi della revisione del CIC, in dieci puntisottoposti allapprovazione del Sinodo dei Vescovi del 1967. In essi furono sintetizzate le principali lineeguida derivanti dalla dottrina del Concilio.

    Sulla base di questi principi e prendendo come punto di partenza i canoni del Codice del 1917, i gruppi dilavoro elaborarono, tra il 1972 e il 1977, dieci schemi parziali che dovevano integrare il nuovo Codice.Gli schemi furono inviati a tutti i Vescovi, ai Dicasteri della Curia romana e alle Facolt di dirittocanonico affinch potessero presentare le loro osservazioni e proposte.

    Le tante risposte ricevute furono ordinate e distribuite ai gruppi di consultori, i quali procedetteroallelaborazione di un nuovo progetto di Codice. Si tratta dello Schema del 1980, presentato al SommoPontefice, che lo sottopose allo studio dei membri della Commissione che allora erano 74.

    Gli emendamenti e suggerimenti dei singoli membri della Commissione furono discussi e vagliati dallaSegreteria della Commissione, la quale invi loro, nel 1981, una Relazione nella quale si dava un parereragionato sullaccettazione o rifiuto di ogni emendamento proposto.Questa Relazione del 1981 fu discussa nella seduta Plenaria della Commissione nellottobre dello stessoanno. In essa si decise sugli emendamenti e modifiche che si dovevano introdurre nel progetto del 1980. Ilrisultato fu lo Schema del 1982 presentato al Santo Padre nel mese di aprile.Giovanni Paolo II rivide lo Schema due volte, la prima con la collaborazione di un gruppo di esperti e conquella di tre Cardinali la seconda. Con le modifiche introdotte in questa sede si arriv al testo definitivodel Codex Iuris Canonici, promulgato il 25 gennaio 1983.

    Il CIC consta di 1752 canoni divisi in 7 Libri che trattano: il 1 delle norme generali, il 2 del Popolo diDio, il 3 della funzione dinsegnare della Chiesa, il 4 della funzione di santificare della Chiesa, il 5 deibeni temporali della Chiesa, il 6 delle sanzioni nella Chiesa e il 7 dei processi. Questo Codice vige nellaChiesa latina.

    3) Il Codice di Canoni delle Chiese Orientali (CCEO)

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    Le 21 Chiese cattoliche orientali hanno da sempre goduto di un diritto particolare che rispecchia letradizioni liturgiche e disciplinari di ciascuna di esse. La codificazione del loro diritto si vide convenientepoco dopo la promulgazione del CIC del 1917. Infatti, i lavori per lelaborazione di un Codice comune atutte queste Chiese ebbero inizio nel 1929; frutto di essi furono 4 testi parziali promulgati da Pio XII tra il1949 e il 1957, ma non si riusc a completare un Codice.Il Concilio Vaticano II ha ribadito la legittimit della disciplina propria delle Chiese orientali, facendoanche riferimento nel Decreto Orietalium Ecclesiarum a diverse istituzioni tipiche di esse, "di modo che lavariet nella Chiesa non solo non nuoce alla sua unit, ma anzi la manifesta" (OE 2).

    Nel 1972 Paolo VI istitu una Commissione alla quale affid lelaborazione del Codice di diritto canonicoorientale, anche questo alla luce del Concilio. Come per il Codice latino nei lavori intervenuta lagerarchia delle Chiese orientali, i dicasteri interessati e i centri di studi specializzati in teologia e dirittoorientale.I diversi gruppi di studio elaborarono uno Schema che fu inviato ai membri della Commissione nel 1986.Con gli emendamenti e correzioni proposti dalla Commissione si redasse lo Schema novissimum che fupresentato al Santo Padre. Egli, dopo averlo rivisto e introdotto le modifiche ritenute opportune hapromulgato il Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium (CCEO) in data 1 ottobre 1990.

    Il Codice orientale contiene regole di diritto (canoni) comuni alle 21 Chiese sui iuris (autonome) di ritoorientale che fanno parte della Chiesa cattolica. Esso diviso in 30 Titoli ordinati secondo limportanzadella materia con un totale di 1546 canoni. Entro questo quadro comune ogni Chiesa dovr poi sviluppareun suo diritto particolare rispondente alle proprie tradizioni.

    Bisogna infine aggiungere che parallelamente ai lavori di codificazione postconciliare, si mise in operaanche lelaborazione di una specie di Codice comune a tutte le Chiese (latina e orientali), che dovevaraccogliere le norme fondamentali del diritto canonico per tutta la Chiesa. Di questa Legge Fondamentaledella Chiesa si fecero due progetti successivi; ma i problemi di ordine teologico e di opportunit posti alriguardo di questa sorta di Costituzione della Chiesa, consigliarono di sospenderne lesecuzione. Gliarticoli che dovevano integrarla sono stati per lo pi introdotti nei due Codici promulgati, di conseguenzanelle materie fondamentali i canoni di entrambi i Codici coincidono, spesso anche nella redazione.Ai due Codici si deve poi aggiungere la Costituzione Apostolica Pastor Bonus, che la legge della Curiaromana, promulgata da Giovanni Paolo II nel giugno 1988. In diverse occasioni il Santo Padre ha ribaditoche le tre leggi (i due Codici e la Pastor Bonus) costituiscono un insieme unitario, un Corpus del dirittocanonico, ed ha espresso il suo desiderio che nelledizione di ciascuno dei codici venga sempre acclusa lalegge sulla Curia romana che lorganismo del quale si serve il Romano Pontefice nellesercizio del suoministero primaziale su tutta la Chiesa.

    Questo Corpus costituisce il nucleo centrale della legislazione ecclesiastica, ma non tutta la legislazioneecclesiastica: accanto ad esso ci sono molte altre leggi intente a regolare specifiche materie; ad esempiolelezione del Romano Pontefice, i Tribunali della Rota e della Segnatura Apostolica, il Sinodo deiVescovi, le cause di canonizzazione. Inoltre nellambito del diritto ecclesiale ci sono sempre state leggiparticolari per una determinata area geografica o per certe comunit di fedeli. Il Corpus costituiscepiuttosto il principale quadro di riferimento dellordinamento canonico, al quale ricorrere per chiarire lequestioni non regolate da una legge specifica.

    Non si deve, dunque, confondere diritto canonico con linsieme delle regole scritte della Chiesa, dellequali a sua volta il Corpus rappresenta soltanto il blocco centrale.

    II. Fonti del diritto canonico

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    Dicevamo allinizio del primo capitolo che per poter dare a ciascuno il suo diritto, secondo giustizia,bisogna che esso possa essere determinato. Il concetto di fonte giuridica fa riferimento appunto alladeterminazione di ci che giusto.Fonte del diritto sono in primo luogo le persone (individui o gruppi) che con i loro atti e comportamentideterminano in diversi modi ci che giusto in una data societ. In questo senso la prima Fonte del diritto Dio stesso, ordinatore della creazione e della Redenzione (diritto divino); e poi il legislatore umano, lastessa Chiesa e le sue comunit, i giudici, e in realt qualsiasi soggetto capace di esercitare diritti ecompiere doveri.Daltra parte si chiamano fonti giuridiche gli atti tipici a mezzo dei quali viene stabilito quel che giusto;in questo senso sono fonte del diritto una legge, un contratto, una sentenza, un decreto, ecc. Diciamo tipiciperch gli atti che possono definire il diritto sono assai svariati, ma noi ci occuperemo soltanto dei tipi ospecie in cui possono essere classificati. Delle fonti si occupa il primo Libro del Codice.1- Norme e atti giuridici

    Da quanto abbiamo appena detto bisogna distinguere le due principali tipi di fonti: le norme e gli attigiuridici.Norma in senso generico la regola (scritta o meno) che determina il diritto per uninsieme di casisomiglianti tra loro; atto giuridico invece quello che definisce ci che giusto in un caso concreto. Sicapisce bene perch abbiamo detto prima che il diritto non costituito soltanto dalle regole poich accantoad esse esistono altri elementi o fattori che servono a precisare il diritto. E ancor meno costituito dalcodice che soltanto uninsieme organico di norme scritte.2- Norme canoniche

    La norma pu essere definita seguendo S. Tommaso come una ordinazione razionale promulgatadallautorit per il bene comune. In questo concetto si riassumono le caratteristiche della norma:

    a) La razionalit, la nota principale della norma; vuol dire che innanzitutto essa deve essere congruente(non contraria almeno) al diritto divino, ovvero che non stabilisca qualcosa di avverso al dato rivelatosulla Chiesa, alla sua missione o alla natura delluomo. In questo senso la norma devessere possibile,necessaria o conveniente per il bene comune e comandare cose lecite. Una norma irrazionale sempreingiusta e quindi non obbliga di per s, anche se talvolta la si debba osservare per evitare un malemaggiore.

    Sarebbe irragionevole una norma che comandi o permetta limpossibile oppure limmorale, o che limiti senzasufficiente motivo la libert o favorisca iniquamente alcuni a scapito della comunit, oppure che sia confusa.

    b) Le norme devono essere emanate dallautorit competente, cio da chi abbia la potest sufficiente avincolare i destinatari. Ogni tipo poi di norma richiede una potest e competenza specifiche; il Papa, edanche il Collegio episcopale, possono emanare leggi per tutta la Chiesa, mentre il Vescovo diocesano pulegiferare solo per la sua diocesi, e una Conferenza episcopale pu dare norme soltanto su determinatematerie.

    Ci si potrebbe chiedere se chi emana una norma ne rimane egli pure vincolato. Nel diritto civile la risposta sarebbesenzaltro affermativa; ma nella Chiesa per la sua costituzione e il modo in cui in essa viene esercitato il potere, laquestione richiede delle sfumature: si pu dire che chi detta la norma pu anche modificarla, sospenderla oderogarla, ma finch non lo faccia si presume che anchegli sia tenuto ad osservarla.

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    c) La norma deve servire al bene comune, ovvero a quel fine specifico in vista del quale i membri di unasociet vi si radunano. Il fine della Chiesa e la sua legge suprema (c. 1752) si identificano con quello dellaRedenzione: la salvezza delle anime. Fine dellordinamento canonico stabilire le condizioni di vitaecclesiale giusta e pacifica in cui tutti gli individui (e i gruppi) possano meglio sviluppare le propriecapacit (i doni ricevuti) in ordine al fine della Chiesa, e ogni norma deve convenire a questo scopo e nonintralciarlo.

    Proprio perch il diritto canonico deve contribuire secondo la propria natura al bene comune ecclesiale, in esso nondevono trovare luogo attivit o enti che non siano congruenti con il fine della Chiesa (ancor meno se sianocontrari).

    Che le norme mirino a procurare il bene comune non significa per che debbano essere le stesse per tutti.La giustizia esige di dare a ciascuno quello che gli dovuto, non di dare a tutti lo stesso. Inoltre la Chiesa una realt di ordine soprannaturale, ed strumento di salvezza, perch in lei agisce lo Spirito Santo.Questo opera secondo il suo divino beneplacito e la sua azione multiforme sulle anime e istituzioni deveessere accolta e rispettata come un bene per tutto il corpo (bene comune). Per questo il diritto canonico simantiene sempre sensibile e aperto alla variet di situazioni e carismi particolari, attraverso particolariformule e meccanismi giuridici. Ci fa s che il diritto della Chiesa abbia maggiore flessibilit e ricchezzadi quanta ne ha il diritto civile.

    d) Promulgazione. Affinch possa essere obbedita, la norma deve poter essere conosciuta con esattezza.La promulgazione il modo in cui una norma si fa ufficialmente conoscere ai suoi destinatari. Per lenorme scritte la promulgazione avviene mediante la loro pubblicazione da parte dellautorit che leemana.3- La legge

    Il tipo pi comune di norma giuridica la legge, tanto che frequente nel linguaggio corrente chiamarelegge qualsiasi tipo di regola giuridica. In senso tecnico per legge la norma generale, scritta,promulgata da chi ha potere legislativo.

    Nella Chiesa si distinguono la potest legislativa, lesecutiva o amministrativa e quella giudiziaria (c. 135 1), anche se spesso le tre possono essere esercitate da uno stesso organo di potere (individuale ocollegiale): ad esempio il Papa, il Concilio, o il Vescovo diocesano possono emanare leggi, farle eseguiree sentenziare in base ad esse. Altri organi non hanno tutte tre le potest; comunque solo chi ha potestlegislativa pu dare leggi; a sua volta la legge costituisce lespressione tipica della potest legislativa.La legge la norma canonica pi importante che prevale di regola su tutte la altre. Il Codice si occupa deirequisiti e caratteristiche della legge canonica nei cc. 7-22.

    a) Tipi di leggi1) Legge divina e legge umana

    Abbiamo gi detto che il nucleo fondamentale del diritto canonico costituito dalle regole di diritto divino(naturale e positivo) che riguardano la Chiesa. Nella misura in cui una legge umana raccoglie e formula uncomando di origine divina, essa partecipa della superiore e universale forza vincolante di questo. Talvoltail legislatore dichiara il fondamento divino che ha la legge da lui emanata (ad esempio, il c. 207 1 indicache il clero esiste nella Chiesa "per istituzione divina", parimenti il c. 1084 1 dice che limpotenza incerti casi "rende nullo il matrimonio per sua stessa natura"); ma ci sono molti altri canoni che traducono inlegge un precetto divino anche se ci non viene espressamente indicato. In ogni caso la loro forzavincolante la stessa.

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    Invece le leggi che hanno origine nellautorit del legislatore umano si chiamano leggi puramenteecclesiastiche e hanno la forza obbligante che il legislatore gli abbia voluto dare (e sempre a patto che noncontraddicano il diritto divino).

    Perci il c. 11 stabilisce che sono tenuti alle leggi puramente ecclesiastiche:

    a) i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti dopo il battesimo,

    b) che godono di sufficiente uso di ragione,

    c) e hanno compiuto il settimo anno di et, a meno che il diritto non dica altro.

    Non sono quindi tenuti alle leggi ecclesiastiche i battezzati non cattolici.

    2) Leggi generali e leggi particolari

    A seconda di quanto sia estesa la loro applicazione, la legge generale (comune, universale) oppureparticolare (peculiare, speciale). Ci dipende in primo luogo da chi sia il legislatore. Soltanto il RomanoPontefice e il Collegio episcopale (Concilio ecumenico) possono dare leggi universali (per tutta la Chiesa),mentre il Concilio particolare, il Vescovo diocesano o la Conferenza episcopale possono soltanto dareleggi particolari (entro il loro territorio).

    Ma in altro senso le leggi sono generali o particolari a seconda di chi ne sia il destinatario. Se il legislatoreindirizza la legge a tutti i membri della comunit, essa generale o comune, se invece la rivolge solo adun gruppo entro la comunit, la legge particolare o speciale.

    Si deve anche distinguere tra destinatario di una legge e i soggetti effettivamente tenuti ad essa; questi sonosoltanto coloro che rientrano nella situazione prevista dalla stessa legge. Il precetto domenicale una normauniversale, per tutta la Chiesa, ma obbliga soltanto chi ha pi di 7 anni; le leggi sul matrimonio sono pureuniversali, ma effettivamente riguardano coloro che si vogliono sposare o si sono sposati. Che una legge sia pertutti non necessariamente vuol dire che sia per ciascuno, perlomeno non con la stessa intensit.

    Per quanto riguarda la relazione di supremazia tra legge comune o generale e quella particolare, occorreconsiderarne lautore: la legge particolare prevale su quella generale se ambedue procedono dalla stessaautorit (salvo disposto in contrario: c. 20); invece la legge comune data da un legislatore prevale suquella particolare fatta da un altro che sia inferiore, il quale "non pu dare validamente una legge che siacontraria al diritto superiore" (c. 135 2).

    3) Legge territoriale e legge personale

    Per il modo in cui si determinano i destinatari della legge essa pu essere territoriale o personale, aseconda che interessi coloro che risiedono in un dato luogo, oppure certe persone a motivo di un fattopersonale (militari, religiosi, emigranti, ecc.). Oggi il criterio pi comune quello territoriale, per cui leleggi si presumono territoriali (cc. 12 e 13).

    4) Leggi irritanti e leggi inabilitanti (c. 10)

    In diritto canonico gli atti contrari alla legge, anche se illeciti, non sono necessariamente nulli: bisognache la stessa legge lo dica espressamente. irritante la legge che stabilisce la nullit di certo atto (si vedaad esempio il c. 1087), inabilitante la legge che stabilisce lincapacit o inabilit di qualcuno a qualchecosa (si veda ad esempio il c. 842 1). Non di rado queste leggi sono fondate nel diritto divino.b) PromulgazioneLe forme in cui le leggi sono promulgate possono essere diverse; di solito, secondo il c. 8, le leggi

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    universali vengono promulgate tramite la loro pubblicazione "nella gazzetta ufficiale degli ActaApostolicae Sedis"; e le leggi particolari nel Bollettino ufficiale corrispondente (della diocesi, dellaConferenza episcopale). Ma si possono promulgare leggi anche in altri modi (per editto, ad esempio):limportante che siano fatte pubbliche in modo che i loro destinatari le possano conoscere conprecisione.

    Dal momento della pubblicazione ufficiale della legge fino allentrata in vigore solito trascorrere untempo di vacazione (vacatio legis): tre mesi per le leggi universali e uno per quelle particolari, salvaprevisione contraria. Quindi una la data della legge e altra quella della sua entrata in vigore.

    c) RetroattivitCome si dice nel c. 9 le leggi riguardano le cose future, non le passate, quindi di regola non hanno valoreretroattivo, ma lo possono avere se cos stabilito; ad esempio, la legge penale retroattiva se pifavorevole al delinquente. Daltro canto non si deve confondere la retroattivit con il fatto che la leggepretenda di modificare situazioni gi maturate, il che pu essere proprio il suo scopo.

    Infine stabilito che equivalgono alle leggi i decreti generali legislativi emanati da chi ha potestlegislativa (c. 29), oppure da chi senza averla di per s, lha ricevuta per delegazione espressa dellegislatore per un certo caso (cc. 30 e 135 2).4- La consuetudine

    una norma generale stabilita dallusanza in una comunit.Infatti, le consuetudini e le usanze fanno parte della vita degli uomini e delle comunit, stabilisconomodelli di condotta comunemente accettati come giusti e pertanto devono essere rispettate.

    In ogni ordinamento giuridico le regole stabilite dalla prassi abituale comune hanno una certa forzavincolante nata dalla generale convinzione che quello che si sempre fatto giusto, e manifesta il comunesenso su quello che si deve fare. La consuetudine quindi una norma che nasce dal popolo; proprio perquesto ha una grande importanza come veicolo di adattamento del diritto alla vita, alle circostanzeconcrete. Nella societ ecclesiale poi la consuetudine espressione normativa del senso comune deifedeli, chiamati tutti alledificazione della Chiesa; e pu acquistare forza legale alle condizioni dei cc. 23-28.

    La consuetudine si chiama secondo legge (secundum legem) quando determina il modo concreto elegittimo di compiere quanto stabilito dalla legge; in questo senso si dice che "la consuetudine ilmigliore interprete della legge" (c. 27).

    Si chiama al di fuori della legge (praeter legem: al di l della legge) la consuetudine che aggiunge cosenon comandate dalla legge, cosicch integra lordinamento.

    Consuetudine contro la legge (contra legem) quella che stabilisce qualcosa in contrasto con quantostatuito da una legge e quindi tende a sostituirla.

    Perch la consuetudine abbia valore di norma giuridica, occorre:a) che sia ragionevole (come ogni norma); secondo il c. 24 non lo la consuetudine contraria al dirittodivino n quella che espressamente riprovata dal diritto umano;

    b) che venga osservata in modo stabile da una comunit come norma di giustizia, cio che ci sia la

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    comune convinzione che vincolante (c. 25);

    c) che sia approvata dal legislatore, nel senso che labbia fatta salva oppure non labbia riprovataespressamente. Cos avviene ad esempio quando la legge dice salvo consuetudine contraria... (c. 23);

    d) che sia un uso osservato per il tempo stabilito (c. 26).

    La consuetudine viene derogata da una legge o unaltra consuetudine che le siano contrarie; "ma, se nonne fa espressa menzione, la legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, n la leggeuniversale revoca le consuetudini particolari" (c. 28).5- Norme amministrative

    Sono le norme generali, cio per una generalit di casi, emanate dagli organi amministrativi con potestesecutiva, al fine di precisare il disposto delle leggi. Sono quindi accessorie e inferiori alla legge; pertantonon possono cambiarla o contraddirla, e nella misura che lo facciano sono invalide (cc. 33 1 e 34 2).Possono essere decreti generali esecutivi o istruzioni.a) Decreti generali esecutiviVengono definiti nel c. 31 come quelli "con cui sono appunto determinati pi precisamente i modi daosservarsi nellapplicare la legge o con cui si urge losservanza delle leggi". Devono essere promulgati ecessano quando sono revocati dallautorit oppure quando cessa la legge alla quale si riferiscono (33 2).Pu dare questi decreti chi gode della potest esecutiva nei termini della sua competenza, ed in questoambito vincolano quelli che sono soggetti alla legge di riferimento (c. 32).

    Esistono pure decreti autonomi, non legati cio ad una legge, come quelli emanati dai dicasteri della Curia romanasulle materie di loro competenza. Neppure questi (e cio le Congregazioni, in primo luogo) possono contraddire omodificare le leggi.

    b) IstruzioniSono regole simili ai decreti ma rivolte a coloro che sono incaricati di eseguire la legge o farla eseguire, diregola i funzionari (c. 34).6- Statuti e regolamenti

    Sono due tipi di norme che si riferiscono alla vita e allo svolgimento delle attivit degli enti e delleriunioni o assemblee (un concilio, una associazione).

    a) StatutiGli statuti sono le norme che regolano la vita degli enti (associazioni, istituti, consigli, fondazioni), deiquali definiscono "il fine, la loro costituzione, il governo e i modi di agire" (c. 94 1); direttamentevincolano soltanto coloro che fanno parte dellente (membri, soci) o lo governano, ma indirettamenteinteressano pure quelli che si mettono in rapporto con tali enti (c. 94 2).

    Spesso gli statuti sono elaborati e approvati dalla stessa entit come espressione della propria autonomia ecostituiscono il loro diritto particolare interno nel quadro del diritto comune; ma nel caso degli enti chefanno parte dellorganizzazione della Chiesa pu darsi che sia la stessa autorit legislativa a dare ad unente i suoi statuti: in questo caso sono propriamente una legge particolare (c. 94 3).

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    b) RegolamentiSono le norme che regolano i convegni o raduni di persone (un sinodo, unelezione) e ne determinanolordine da seguire (chi presiede, chi deve essere convocato, lordine del giorno, come si prendono ledecisioni, ecc.). Coloro che prendono parte in un raduno sono tenuti al regolamento stabilito (c. 95).

    7- Atti amministrativi singolariAbbiamo gi visto che, diversamente dalle norme, gli atti giuridici sono fonte del diritto nei casi singoli.Gli atti amministrativi sono quegli atti giuridici destinati dallautorit esecutiva ad un concreto soggetto(c. 36 2). Sono cio le decisioni o risoluzioni prese dallautorit di fronte a casi particolari. Si devonoformulare per scritto (c. 37).

    Di regola hanno lo scopo di applicare la legge al caso singolo, e quindi non possono contraddirla, a menoche a darli non sia lo stesso legislatore (c. 38). Ma ci sono casi in cui latto emanato proprio perch lalegge non venga applicata in un caso concreto (ci riferiamo ad esempio alla dispensa, c. 85).

    Gli atti singolari sono spesso il risultato dellattivit di diversi soggetti, hanno cio un complesso processo diformazione, talvolta regolato dal diritto; ad esempio: che ci sia una petizione dellinteressato, che un collegio dia ilsuo parere (o il suo consenso), che vengano presentati certi documenti, ecc. La validit dellatto risultante pudipendere dal ripsetto della procedura stabilita.

    Contro gli atti singolari dellautorit si pu fare ricorso, eccetto per quelli direttamente emanati dalRomano Pontefice o dal Concilio ecumenico (c. 1732). Agli effetti del ricorso ha importanza il silenzioamministrativo: se trascorsi tre mesi dalla richiesta non c una risposta espressa dellautorit, essa sipresume negativa, e quindi linteressato pu inoltrare il ricorso contro il diniego (c. 57).Ci sono molti tipi di atti amministrativi a seconda del loro contenuto (nomine, grazie, mandati, licenze,concessioni, permessi, ecc.). Da un punto di vista formale il c. 35 ne distingue tre tipi: decreti, precetti erescritti.a) Decreti singolariIl decreto singolare viene definito nel c. 48 come quelatto che: a) dato dallautorit competente; b) perprovvedere o decidere un caso particolare (c. 52); c) secondo le norme del diritto; d) senza bisogno di unapetizione fatta da qualcuno. il tipo comune di atto amministrativo. Infatti, decidere o provvedere pu includere qualsiasi attuazione(dare, comandare, proibire, nominare, eleggere, autorizzare, ecc.). Per cui qualsiasi atto amministrativodeve avere gli stessi requisiti ed essere emanato in forma di un decreto. Il fatto che non si richiede unaprevia petizione di qualcuno non significa che non ci possa essere, e quindi sia possibile ricorrere contro ildiniego (c. 57).Il decreto deve essere notificato per scritto agli interessati, indicando lautorit che lo ha dato ed i motividella decisione (cc. 37 e 51): la notifica per gli atti singolari come la promulgazione per le normegenerali, quindi il decreto non efficace finche essa non si compia (c. 54). In casi eccezionali il decreto soltanto letto allinteressato in presenza di notaio o di due testimoni (cc. 55 e 56).

    b) Precetti singolariSono decreti che hanno carattere imperativo, ovvero che comandano o proibiscono direttamente ad unsingolo qualcosa stabilita nella legge (c. 49).

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    Particolare importanza hanno i precetti penali nei quali lautorit minaccia con una pena linadempienzadel precetto (c. 1319).

    c) RescrittiSono atti singolari, scritti tramite i quali lautorit amministrativa competente, su petizione di qualcuno,concede una grazia (privilegio, dispensa, licenza, ecc.) (c. 59). In principio chiunque ha il diritto dichiedere e pu ottenere una grazia (c. 60); il diritto di petizione infatti un diritto fondamentale (c. 212 2).

    Caratteristiche specifiche del rescritto sono:a) Che risponde ad una richiesta motivata dellinteressato (chiamata preces), per cui la validit dellaconcessione dipende di regola della veracit e bont dei motivi addotti. Infatti, la falsit delle motivazioni(orrezione) o la reticenza di elementi dovuti (surrezione) comporta linvalidit del rescritto, a meno chelautorit non labbia concesso Motu proprio, indipendentemente cio delle motivazioni espresse (c. 63).b) Che un atto di grazia in favore del richiedente o di un terzo, qualcosa cio che spetta allautoritgiudicare se si deve concedere o meno.

    La grazia denegata da unautorit non pu venire poi concessa da unaltra inferiore, ma s da una dello stesso rangoalle condizioni dei cc. 64 e 65. Con ci si desiderano evitare conflitti tra le autorit a danno della comunione.

    Ci sono due tipi particolari di grazia che solito concedere con un rescritto: il privilegio e la dispensa.1) Il privilegio

    la grazia concessa a particolari dal legislatore in forza della sua potest di legiferare: una specie di leggesingolare in favore di certe persone che prevale su quella generale (c. 76). Il privilegio personale seviene concesso direttamente a certe persone fisiche o giuridiche (parrocchia, confraternita, famiglia,individuo); reale se concesso ad un luogo (santuario, chiesa, cappella). Il privilegio in principioperpetuo, in quanto termina soltanto quando si estingue il soggetto o il luogo privilegiato.

    2) La dispensa

    "lesonero dallosservanza di una legge puramente ecclesiastica in un caso particolare" (c. 85).Infatti, il diritto divino inderogabile per cui possono essere soltanto dispensate norme di diritto umano, enon tutte poich secondo il c. 86 non possono essere dispensate le leggi "in quanto definiscono quelle coseche sono essenzialmente costitutive degli istituti o degli atti giuridici": elementi cio senza i quali nonpossono esistere veramente (cos, ad esempio, non pu essere dispensato il consenso delle parti di uncontratto o del matrimonio).

    Entro la propria competenza possono dispensare coloro che godono della potest esecutiva(amministrativa) e coloro ai quali stata concessa la potest di dispensare per delega o per legge (c. 85).

    Nei cc. 87-89 stabilita la competenza per dispensare. Come regola generale: il legislatore pu dispensare dalle sueleggi; il Vescovo diocesano pu dispensare anche dalle leggi emanate dalla suprema autorit della Chiesa, eccettoquelle penali e processuali e quelle la cui dispensa specialmente riservata alla Santa Sede o ad altra autorit (vedi,ad esempio, il c. 291); lOrdinario del luogo pu dispensare dalle leggi diocesane e da quelle dei Concili regionalio provinciali o della Conferenza episcopale; gli altri chierici possono soltanto dispensare nei casi specificideterminati dalla legge o per delega (vedi, ad esempio, i cc. 1079, 1080, 1196). In caso di urgente pericolo qualsiasiOrdinario pu dispensare da una legge che sia dispensabile, anche riservata alla Sede Apostolica "purch si tratti diuna dispensa che la stessa Santa Sede nelle medesime circostanze solitamente concede" (vedi in contrario c. 1078

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    3).

    Per la validit della dispensa occorre che ci sia "una causa giusta e ragionevole" proporzionale alla gravitdella legge dispensata, a meno che la dispensa non venga concessa dallo stesso legislatore o dal suosuperiore: in questo caso valida ma illecita (c. 90).La dispensa uno degli elementi che danno flessibilit al diritto canonico, evitando che in un casoconcreto la rigida applicazione della legge provochi un danno maggiore che il suo momentaneo esonero;ci esige il giudizio equilibrato dellautorit in vista del bene spirituale dei fedeli (gli interessati e glialtri).

    8- Atti giudizialiGli atti della potest giudiziaria sono anche fonte del diritto in quanto essi determinano quel che giustoin un caso controverso, sulla base di quanto disposto nelle norme generali. Di regola i processi finisconocon una sentenza oppure con un decreto del giudice nei quali si decide il quesito posto dalle parti. Ma cisono anche altri atti del giudice lungo il processo che creano o modificano il diritto, e sono quindi fontegiuridica (ad esempio, quando il giudice accetta la domanda dellattore nasce il diritto del convenuto adessere chiamato in giudizio come parte).9- Atti giuridici privati

    Fino ad ora abbiamo studiato come fonti del diritto le norme e gli atti dellautorit (legislativa, esecutiva egiudiziaria). Ma unaltra fonte di grande rilievo sono gli atti giuridici che compiono i singoli fedelinelluso della loro autonomia privata, al fine di stabilire e organizzare i loro rapporti con gli altri (uncontratto, la professione religiosa, il matrimonio). Questi atti che nascono dalla volont dei soggetti privatisi chiamano in generale atti o negozi giuridici (cc. 124-128).Si intuisce che possono essere molto vari, ma in questa sede non si tratta di esaminarli tutti, bens distudiare i loro elementi generali. Entro questi elementi si devono distinguere quelli che sono costitutivi(essenziali, sostanziali), necessari per la validit, da quelli che sono requisiti legali.Essenziale per qualsiasi atto giuridico che esso sia un atto veramente umano, ovvero venga realizzato daun soggetto capace che agisca con conoscenza e libera volont (c. 124 1). Latto compiuto da chi ne completamente incapace, oppure per ignoranza o errore sulla sostanza, o senza libero consenso assolutamente nullo. Oltre a questi elementi essenziali comuni, ogni atto pu avere specifici elementicostitutivi (ad esempio, il sacramento dellordine capace di riceverlo soltanto chi di sesso maschile). Siricordi che gli elementi costitutivi o essenziali non possono essere suppliti o dispensati dallautorit (c.86).

    Tuttavia pu accadere che manchi solo parzialmente un elemento essenziale, allora latto pu essere valido marescindibile o annullabile; il caso di chi compie un atto essendo relativamente incapace oppure per errore oignoranza non sostanziale (cc. 125 2 e 126). La nullit relativa o annullabilit di un atto significano che esso valido ed efficace ma che pu essere annullato per sentenza del giudice.

    I requisiti legali sono quelli stabiliti dalla legge. La loro mancanza sar causa o meno della nullit dellattoin base a quanto stabilito a riguardo dalla legge stessa, se cio essa sia o meno irritante o inabilitante (c.10). Questi requisiti sono di regola dispensabili (cos accade con la forma del matrimonio, che pu esseredispensata in certi casi).

    III. I soggetti nellordinamento canonicoSoggetto del diritto ogni essere capace di diritti e doveri e quindi di rapporti giuridici. Nellordinamento

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    canonico soggetto colui che capace di diritti e doveri nella Chiesa. Ma parlare di capacit esigedistinguere tra capacit di essere titolare di diritti e doveri (capacit giuridica), e capacit di esercitare idiritti e i doveri, cio di realizzare atti con valenza giuridica (capacit di agire).Soltanto la persona umana che gode del sufficiente uso di ragione capace di attivit giuridica, hacapacit di agire: abbiamo gi detto che latto giuridico deve essere prima di tutto atto umano, posto daun soggetto capace di intendere e di volere. Ma la capacit necessaria ad agire giuridicamente non sempre la stessa, dipendendo dalle caratteristiche dellatto: per sposarsi non si richiede la stessa maturitche per ricevere lEucaristia (di qui la rilevanza che hanno nel diritto let e la capacit psicologica).Invece il nascituro, il demente, la parrocchia o una associazione, bench non possano agire per se stessi,possono tuttavia essere soggetti titolari di diritti e doveri: hanno capacit giuridica, anche se possonoagire soltanto tramite un loro rappresentante che sia capace di attivit negoziale.

    Pertanto bench solo la persona umana con uso di ragione pu essere soggetto attivo del diritto, ognipersona umana e gli enti sociali possono essere soggetti del diritto in senso passivo, godere cio di diritti ecompiere doveri secondo le loro capacit. In questo senso ampio vengono distinti due tipi di soggettigiuridici: la persona fisica e la persona giuridica, come fa anche il CIC (cc. 96-123).1- La persona fisica

    Nella Chiesa, come in ogni societ di uomini, ogni persona umana capace di diritti e doveri; tuttaviasoltanto coloro che si sono incorporati alla Chiesa grazie al battesimo sono fedeli, e hanno i diritti e doveripropri dei cristiani (c. 96).

    La Redenzione essendo universale chiama tutti gli uomini alla Chiesa, la cui missione apostolica si rivolgead ognuno; i non battezzati nella misura in cui entrano in rapporto con la Chiesa hanno in essa diritti edoveri: basti pensare ai diritti e doveri dei catecumeni (cc. 206, 788, 1170, 1183 3), oppure al nonbattezzato sposato con un cattolico (c. 1135), o che acquista un bene di propriet ecclesiastica, e pi ingenerale al diritto che ogni uomo ha di essere evangelizzato e quindi battezzato (cc. 748 e 851).

    La differenza tra i fedeli e i non battezzati si pu paragonare a quella tra i cittadini di un paese e gli stranieri: tuttisono soggetti di diritti, ma i nazionali hanno i diritti e doveri dei cittadini. I non battezzati non appartengono allaChiesa n sono sottoposti alle sue leggi, ma ci non significa che non siano soggetti di diritti e doveri canonici inquanto allorch si rapportino con la societ ecclesiastica.

    Nei diritti e doveri delle persone influiscono diverse circostanze: let, il domicilio, la condizione(chierico, laico, religioso), il rito, ecc. Ad esempio, abbiamo visto che alle leggi puramente ecclesiastichesono tenuti solo i cattolici che hanno compiuto 7 anni e godono delluso di ragione (c. 11).

    Secondo let (cc. 97-98) la persona maggiorenne se ha compiuto i 18 anni. Fino ad allora minorenne,e prima dei 7 anni lo si chiama bambino. Soltanto i maggiorenni godono del pieno esercizio dei loro diritti(capacit di agire); i minori invece possono solo agire rappresentati dai genitori o tutori. Ma abbiamo dettoche la capacit relativa allatto di cui si tratta, quindi un minore pu compiere da s certi atti ai quali ammesso dal diritto divino o dalla legge canonica; cos pu ricevere i sacramenti (eccetto lordine), agirein certi processi, ecc.Il rito determina lappartenenza ad una Chiesa rituale (abbiamo visto che il CIC per la Chiesa latina). Diregola il fedele appartiene al rito nel quale riceve il battesimo, il quale, a sua volta, viene ricevuto nellaChiesa dei genitori, ma il battezzando che ha compiuto i 14 anni pu scegliere il proprio rito. Dopo ilbattesimo si pu cambiare di rito per concessione della Santa Sede, per il matrimonio contratto conpersona di altro rito o in certi casi per scelta (c. 112).

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    Il domicilio (cc. 100-107) determina la comunit o circoscrizione ecclesiastica alla quale uno appartiene,e quindi il suo Ordinario e parroco proprio (c. 107). Oltre al domicilio anche la dimora ha importanza perdeterminare i diritti e doveri della persona.2- Persona giuridicaMa non solo la persona fisica capace di diritti e obblighi. Ci sono enti di natura sociale che hanno unaloro vita indipendente da quella degli individui che ad un certo momento li integrano (la parrocchia,unassociazione, un istituto di vita consacrata, ecc.). Sono quindi soggetti giuridici e agiscono tramite iloro rappresentanti, come i minorenni.Questi enti, quando la loro soggettivit giuridica viene in qualche modo riconosciuta dal diritto sichiamano persone giuridiche. Ma anche se non ottengono tale riconoscimento possono avere certi diritti edoveri: sono enti di fatto o soggetti senza personalit giuridica. Dunque la soggettivit giuridica piampia e non sempre coincide con la personalit giuridica.

    Logicamente nel diritto canonico hanno senso solo enti e collettivit che si propongono finalit e operecongruenti con la missione e vita della Chiesa: "opere di piet, di apostolato o di carit sia spirituale siatemporale" (c. 114). Altri enti che hanno fini o svolgono attivit aliene alla natura e missione religiosadella Chiesa potranno avere soggettivit civile ma non canonica.Nella Chiesa poi gli enti possono avere quei diritti e doveri che siano congruenti con la loro natura, poichci sono diritti e obblighi di cui soltanto una persona fisica pu esserne titolare; infatti, solo una personafisica pu, ad esempio, ricevere i sacramenti, digiunare o ottenere titoli accademici (c. 113 2).La Chiesa cattolica e la Santa Sede in quanto sono di istituzione divina, sono soggetti del diritto: hannopersonalit giuridica per la loro origine indipendentemente da qualsiasi legge o autorit umana (c. 113 1). Invece gli altri enti ecclesiastici possono acquistare la personalit per legge o per decreto dellautoritcompetente (c. 114 1).Di regola le circoscrizioni ecclesiastiche (diocesi, parrocchie, ecc.) hanno la personalit per legge (cioper il fatto stesso di essere state costituite) e sono rette dalla legge; mentre gli altri enti la possonoacquisire per decreto singolare dellautorit e devono avere i loro propri statuti (c. 94) approvatidallautorit competente.

    Ci sono per alcune circoscrizioni ecclesiastiche di natura personale (non territoriale: diocesi, parrocchie,prelature) che hanno pure i loro statuti, cio un proprio diritto particolare. Inoltre, come abbiamo detto, ci sono entisenza statuti scritti, oppure non approvati, che agiscono come soggetti anche se non acquistano la personalitgiuridica.

    Gli statuti sono il diritto particolare proprio della persona giuridica. Servono cio a regolarespecificamente la sua vita, determinare la sua attivit e autonomia, tutelare la sua identit nel tempo.Perci il diritto statutario ha nella Chiesa limportanza particolare di adeguare norma e carisma, in modoche questo trovi in quella un adeguato riconoscimento della sua genuinit evangelica, una chiaraespressione sociale e la garanzia di continuit nel servizio di tutti.

    Le persone giuridiche sono in principio perpetue, ma si possono estinguere per decisione (motivata)dellautorit, per linattivit protratta per cento anni e per altre cause previste negli statuti (cc. 120 e 123).Le persone giuridiche si possono anche unire e dividere in diverse maniere (cc. 121 e 122).

    a) Corporazioni e fondazioni (c. 115)Gli enti canonici si distinguono in corporazioni e fondazioni. Quando il soggetto titolare dei diritti e

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    doveri una comunit di persone ci troviamo di fronte ad una corporazione; quando invece il soggetto uninsieme di cose, un patrimonio, lente una fondazione.

    La corporazione (comunit) deve essere integrata almeno da tre persone fisiche. collegiale (collegio) sei suoi membri partecipano nelle decisioni pi importanti, altrimenti non collegiale. Collegio , adesempio, il capitolo cattedrale, una associazione di fedeli, la Conferenza episcopale; non collegiali sono ladiocesi, il seminario o la parrocchia.Gli atti collegiali sono retti dal c. 119, salvo che il diritto particolare o gli statuti dispongano diversamente.

    La fondazione canonica costituita da beni o cose (spirituali o materiali). Quando ha propria personalitgiuridica si chiama fondazione autonoma, e agisce tramite i propri organi di governo (una o pi personefisiche od un collegio). Quando non ha propria personalit ma appartiene o collegata ad unacorporazione si chiama fondazione non autonoma (cfr. c. 1303).b) Persone giuridiche pubbliche e privateUna delle novit introdotte dal Codice del 1983 la possibilit che esistano nella Chiesa enti privati, comerisultato delliniziativa e responsabilit dei fedeli. Fino allentrata in vigore del nuovo codice tutti gli entiriconosciuti erano pubblici, cio costituiti dallautorit.

    Le persone giuridiche pubbliche e quelle private si distinguono principalmente perch le pubbliche"vengono costituite dalla competente autorit ecclesiastica" e agiscono "a nome della Chiesa" (c. 116 1),quindi dipendono maggiormente dalla gerarchia poich nella loro attivit coinvolgono ufficialmente laChiesa; le private invece nascono dalliniziativa dei fedeli, che le governano sotto la propriaresponsabilit. Le attivit e i fini possono spesso coincidere, tuttavia ci sono attivit che spettanoesclusivamente alla gerarchia, pertanto possono soltanto essere affidati ad una persona giuridica pubblica(c. 301 1).

    Le persone giuridiche agiscono tramite i loro rappresentanti, cio i loro organi di governo ai quali la leggeo gli statuti attribuiscono tale funzione di rappresentanza: ad esempio, il Vescovo diocesano per legge ilrappresentante della sua diocesi (c. 393), come lo il parroco per la parrocchia (c. 532). I rappresentantidelle persone private sono designati negli statuti (c. 118).

    IV. Costituzione della ChiesaNella Chiesa non esiste una costituzione scritta, una legge fondamentale, come avviene per la grandemaggioranza dei paesi. Ci non vuol dire che tutti gli elementi che fanno della Chiesa una societgiuridicamente organizzata si debbano mettere allo stesso livello o abbiano pari importanza. Abbiamovisto (nel primo capitolo) che il nucleo fondamentale del diritto canonico costituito dal diritto divino, alquale si devono adeguare tutte le altri fonti del diritto; che la legge suprema della Chiesa la salvezzadelle anime; che la condizione giuridica di fedele si acquista per il battesimo, cio che la stessa realtsoprannaturale che ci fa diventare figli di Dio ci conferisce anche diritti e doveri nella societ ecclesiale,ecc.Insomma se la Chiesa una societ che ha unidentit propria, con caratteristiche peculiari, gli elementigiuridici (norme, principi, istituzioni) che colgono ed esprimono tali tratti fondamentali in un datomomento storico sono quelli che integrano la costituzione della Chiesa.Il problema che non esistendo ancora oggi una Legge Fondamentale del Popolo di Dio che riunisca eformuli gli elementi fondamentali dellordinamento canonico, non facile da individuare il contenutodella costituzione della Chiesa poich si trova disperso e mescolato con altri elementi secondari e di

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    livello inferiore.

    Ad ogni modo possiamo affermare che fanno parte della costituzione della Chiesa quelle norme, principi eistituti che esprimono il disegno del suo Fondatore: il diritto divino. Di questi noi vedremo quibrevemente i principi costituzionali e i diritti fondamentali dei fedeli. Nel seguente capitolo esamineremolorganizzazione ecclesiastica i cui elementi principali sono anche di ordine costituzionale.1- I Principi costituzionali

    Sono quelli attorno ai quali si organizza la vita sociale della Chiesa, quelli cio che traducono inlinguaggio giuridico lessere della Chiesa cos come disegnata da Cristo suo Fondatore. Hervada ne elencatre: il principio di uguaglianza, il principio di variet e il principio gerarchico.a) Il principio di uguaglianzaSignifica che la Chiesa primariamente una societ di uguali. La condizione di cittadino del Popolo diDio si acquista mediante il battesimo, che ci incorpora a Cristo come membri del suo Corpo mistico che la Chiesa. Poich il battesimo uno (un solo battesimo, diciamo nel Credo), anche una la condizione chesi acquista ricevendolo, quella cio di figli adottivi di Dio; quindi "vige fra tutti una vera uguaglianzariguardo alla dignit e allazione comune a tutti i fedeli per ledificazione del Corpo di Cristo" (LG 32).In forza di questo principio tutti i fedeli:- sono ugualmente fedeli, senza che ci siano cristiani pi cristiani degli altri;

    - sono chiamati alla santit e allapostolato, senza che si possa distinguere tra membri attivi e membripassivi della Chiesa;- professano la stessa fede, partecipano degli stessi sacramenti e sono ugualmente vincolati allautoritecclesiastica;- hanno gli stessi diritti e doveri fondamentali: ci che spetta ad ogni fedele essenzialmente uguale pertutti e tutti sono parimenti tenuti a rispettarlo negli altri, senza che ci siano su questo punto privilegi edeccezioni. Ad es. tutti hanno lo stesso diritto-dovere di ricevere la dottrina e i sacramenti.

    b) Il principio di varietPur essendo una ed uguale la condizione di fedele acquisita per il battesimo, esistono modi differenti diattuarla: "la santa Chiesa , per divina istituzione, ordinata e retta con mirabile variet" (LG 32; cfr AA 2).Lo Spirito che guida la Chiesa e i suoi fedeli, elargisce a suo volere diversi doni, promuovendo svariateforme di vita e di apostolato ugualmente buone e legittime.

    Il principio di variet si manifesta a tutti i livelli della vita ecclesiale, dando luogo ad un ricco pluralismoche si manifesta, ad es., nei diversi riti o nelle differenti forme di spiritualit.

    c) Il principio gerarchicoIn rapporto col precedente, ma con una propria autonomia c il principio istituzionale o gerarchico, inforza del quale ci sono nella Chiesa funzioni e ministeri che si esercitano in nome e rappresentanza diCristo Capo della Chiesa, da Lui direttamente stabiliti ed attribuiti alla gerarchia. Cio, la organizzazioneistituzionale basilare della Chiesa stata costituita dal suo Fondatore quando costitu il Collegioapostolico e ne mise a capo Pietro, conferendo loro i poteri e le funzioni che, a nome Suo, dovevano

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    esercitare per diffondere e dirigere il Popolo di Dio. Il Collegio dei vescovi (successori degli Apostoli)con a capo il Papa (successore di Pietro) svolgono tali poteri e funzioni in rappresentanza di Cristo Capodella Chiesa. La Chiesa in questa prospettiva una societ gerarchica (cfr CCC 874-879).

    2- Diritti e doveri fondamentali dei fedeliAbbiamo visto che in virt del principio di uguaglianza tutti i battezzati hanno gli stessi diritti e doveri,che sono espressione giuridica della loro comune dignit e responsabilit di fedeli. Sono quindi doveri ediritti di rango costituzionale in quanto derivanti dal battesimo, fondati quindi sul diritto divino. Spettanoa ciascun fedele per il fatto di esserlo, non per concessione della comunit n dellautorit; sono uguali pertutti, perpetui, irrinunciabili, e prevalgono sulle norme di diritto umano; costituiscono lalveo comuneentro il quale ognuno, da solo o con altri, vive la sua vita cristiana e partecipa alla missione della Chiesa.Il CIC ha raccolto nei cc. 208-222 i principali di questi diritti e doveri, cosa che costituisce una novitnella legislazione ecclesiastica. Vediamoli brevemente.- Luguaglianza come diritto (c. 208), significa che dal relativo principio sopra studiato scaturisconoesigenze giuridiche concrete, come la non discriminazione, il diritto ad uguali mezzi di tutela e garanziegiuridiche, ecc.- Il dovere di comunione ecclesiastica (c. 209), comprende, secondo il c. 205 "i vincoli della professionedi fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico"; vincoli ai quali i fedeli devono conformare non solo illoro pensiero ma anche il comportamento, con la loro condotta coerente e con lubbidienza alle leggi e aiPastori della Chiesa.- Chiamata universale alla santit e allapostolato (c. 210), significa che tutti i fedeli devono ugualmenteimpegnarsi nella propria santificazione e promuovere quella degli altri. A questo dovere generico sicollegano altri doveri concreti: ricevere i sacramenti a tempo debito, la confessione e comunione almenouna volta lanno, il digiuno e lastinenza, ecc. Ne derivano anche diversi diritti: ai mezzi di santificazione,allapostolato, di promuovere iniziative apostoliche.- Diritto dovere di fare apostolato (c. 211). Poich tutti hanno lobbligo di diffondere il Vangelo, hannoanche il diritto di testimoniarlo e di trasmetterlo agli altri senza bisogno di permesso o mandato dellagerarchia ( una missione che si riceve col battesimo).- Dovere di obbidienza ai Pastori (c. 212 1). Conseguenza del principio gerarchico, la comunione coiPastori, che devono essere ascoltati ed obbediti come rappresentanti di Ges Cristo nelle cose cheriguardano la dottrina, il culto e il governo della Chiesa.- Il diritto di petizione (c. 212 2) anche uno strumento dato ai fedeli di cooperare alledificazione dellaChiesa, facendo presenti ai Pastori i propri bisogni e desideri. I Pastori devono ascoltare e rispondereragionevolmente, ma non hanno il dovere di acconsentire a tutto quanto gli viene richiesto dai fedeli,salvo che si tratti di un vero diritto di questi.- Libert di opinione e di espressione (c. 212 3). Questo diritto-dovere si estende alle cose che sono dilibera opinione nella Chiesa, non alle verit di fede e sul costume sancite dal magistero. Entro tali limiti ifedeli hanno il diritto di non vedersi imporre le opinioni altrui e di avere e manifestare le proprie, conresponsabilit e rispetto per gli altri, sempre mirando al bene comune.- Diritto ai mezzi di santificazione (c. 213). Per poter rispondere alla vocazione ricevuta (c. 210), i cristianihanno il diritto di ricevere dai Pastori i mezzi di salvezza, la Parola e i sacramenti. Lorganizzazionepastorale della Chiesa non fine a se stessa ma un mezzo per rendere effettivo questo diritto dei fedeli,.

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    Perci deve adeguarsi ai loro bisogni e possibilit in modo che ne possano usufruire con abbondanza. Iministri non devono assumere criteri pastorali arbitrari che siano di ostacolo a questo diritto dei fedeli.

    - Diritto al proprio rito e alla propria spiritualit (c. 214). Sono conseguenza del principio di variet, edhanno diverse manifestazioni concrete: diritto o facolt di scegliere, praticare, conservare o cambiare ritoa norma di legge (vedi cc. 111-112); allassistenza pastorale secondo il proprio rito; la libert di adottarequella spiritualit o forma di vita cristiana e di apostolato che si ritenga adeguata a s.- Diritto di associazione e di riunione (c. 215). Sono proiezioni della natura sociale della persona nellavita della Chiesa, che permettono ai credenti di attuare la loro vocazione in forma comunitaria, cumulandosforzi per promuovere attivit e raggiungere scopi compresi nella loro condizione di fedeli. In questi dirittisono inclusi quelli di fondare, dirigere o aderire ad una associazione, ed anche al riconoscimento e tuteladellautonomia di essa; questi diritti sono sviluppati nei cc. 298-329.

    - Diritto di iniziativa (c. 216). Collegato coi precedenti consiste nella libert di promuovere, sostenere,dirigere o collaborare opere apostoliche (scuole, ospedali, volontariato, ecc.), configurandole secondo ipropri statuti, nellambito del diritto canonico. Responsabili di queste imprese sono i loro promotori, percui perch possano chiamarsi cattoliche si deve ottenere il consenso dellautorit, la quale assume allorauna speciale competenza nei loro confronti. Non entrano in questo canone le iniziative dello stesso tipoche vengano per promosse e costituite come opere a carattere esclusivamente civile.- Diritto alla formazione cattolica (c. 217). Ciascun fedele ha la responsabilit di acquisire e migliorare lasua formazione cristiana al fine di compiere pi efficacemente la sua vocazione; a questo scopo ha ildiritto d