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ELEMENTI DI DIRITTO DEGLI ENTI LOCALI ATTI E ORGANI DEL COMUNE CORSO PER ISTRUTTORE AMMINISTRATIVO CGIL Marzo 2018 Materiale ad uso esclusivo dei corsisti. Ai sensi della vigente normativa sul diritto d’autore è vietata la riproduzione. Dr.ssa Mariella Bergamini – Funzionario Delegato presso Corte dei Conti di Firenze – [email protected].

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ELEMENTI DI DIRITTO DEGLI ENTI LOCALI

ATTI E ORGANI DEL COMUNE

CORSO PER ISTRUTTORE AMMINISTRATIVO

CGIL

Marzo 2018

Materiale ad uso esclusivo dei corsisti. Ai sensi della vigente normativa sul diritto d’autore è vietata la riproduzione.

Dr.ssa Mariella Bergamini – Funzionario Delegato presso Corte dei Conti di Firenze – [email protected].

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A cura di Mariella Bergamini

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LA NORMATIVA DELLE AUTONOMIE LOCALI

1. L’EVOLUZIONE DAGLI ANNI ‘90

Le autonomie locali1 sono espressamente previste dalla Costituzione repubblicana che, già dal 1948,

ne sostiene la valorizzazione2. In realtà per un lunghissimo periodo di tempo è mancata una legge

che mettesse in atto i principi costituzionali, per cui fino alla fine degli anni ‘80 la normativa di

riferimento per comuni e province era costituita dai vecchi Testi Unici del 1915 e del 1934.

Per comprendere meglio la normativa attuale in materia di autonomie locali occorre fare un salto nel passato ad oltre 20

anni fa, quando ci fu proprio una profonda innovazione nel nostro ordinamento con l’introduzione della legge 142/90

“Ordinamento delle autonomie locali”, che segnò proprio una svolta epocale. Era una legge di principi che dava

attuazione, dopo quasi mezzo secolo, alle previsioni costituzionali, operando un profondo intervento sull’autonomia e

l’ordinamento delle autonomie locali. Con questa norma fu dato l’avvio alla elaborazione “ex novo” della disciplina

concernente gli enti locali3, improntando su nuove basi il rapporto istituzionale del Comune con lo Stato, con la

Regione e con gli altri enti. La L. 142/90, che costituì una pietra miliare nell’ordinamento in materia, delineò gli aspetti

fondamentali che tuttora caratterizzano comuni e province, è stata abrogata e ricompresa nel TUEL (D. Lgs.267/2000,

Testo Unico degli Enti Locali).

In particolare, fra le principali innovazioni introdotte dalla legge di riforma delle autonomie locali emergono:

- Riconoscimento della potestà, per comuni, province e comunità montane, di adottare un proprio Statuto e

propri regolamenti. Per l’autonomia statutaria degli enti locali si tratta del primo riconoscimento a livello

normativo

- Promozione e valorizzazione degli istituti di partecipazione popolare con la previsione, tra l’altro del

referendum consultivo

- Incentivazione dei processi di fusione tra piccoli comuni, allo scopo di razionalizzare i servizi comunali

- Sviluppo delle forme di associazione e collaborazione fra comuni attraverso convenzioni, consorzi, unioni e

gli accordi di programma

- Previsione delle circoscrizioni di decentramento comunale come organismi di partecipazione, di

consultazione e di gestione dei servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal Comune

- Individuazione di 9 Aree metropolitane - fra cui Firenze – destinate, nell’intenzione del legislatore, a

sostituire la Provincia

- Definizione del ruolo dei dirigenti, in relazione al principio della separazione delle competenze fra organi

politici e burocratici

- Previsione della gestione dei servizi pubblici locali, oltre che in economia ed in concessione a terzi, anche a

mezzo d’aziende speciali, istituzioni e società per azioni.

La legge 142/90 è stata abrogata nel 2000, in quanto è stata ricompresa nel Testo Unico degli Enti Locali (D. Lgs.

267/2000, abbreviato in TUEL).

Il 1990 costituisce senz’altro uno spartiacque, poiché a partire da lì ha preso l’avvio un processo di continua modifica

delle norme che disciplinano l’ordinamento degli enti locali che, a oltre venticinque anni di distanza, non si è ancora

concluso. Il passo immediatamente seguente alle innovazioni portate dalla legge 142/90 fu la L. 81/93, che disciplinò il

sistema elettorale del Comune, introducendo per la prima volta l’elezione diretta del Sindaco e rafforzandone così

1 Con questo temine si intendendo essenzialmente Regioni, Province e Comuni. Vi rientrano inoltre le comunità

montane ed isolane e le unioni di comuni. (art. 2 TUEL)

2 Art. 5 Cost. “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che

dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione

alle esigenze dell’autonomia e del decentramento” 3 Con questo temine si intendendo essenzialmente Province e Comuni. Vi rientrano inoltre le comunità montane ed

isolane e le unioni di comuni.

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notevolmente il ruolo. Anche questa legge, che ebbe un effetto dirompente rispetto all’ordinamento precedente, è

oggi quasi integralmente abrogata e ricompresa nel TUEL.

Per quel che riguarda la finanza locale, la norma di riferimento che innovò il sistema fu il D. Lgs. 77/95, col quale

venne riformato l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. Fra le novità più rilevanti ci fu l’istituzione del

PEG (Piano Esecutivo di Gestione) che - come approfondiremo nel capitolo sul bilancio - è lo strumento operativo di

programmazione economico-finanziaria che dà concreta attuazione al principio della separazione delle competenze

introdotto nella L. 142/90. Inoltre il decreto descriveva nel dettaglio le definizioni ed i principi contabili, ma lasciava

ampio spazio alle previsioni del Regolamento di Contabilità, obbligatorio. Anche questa legge è stata quasi

integralmente abrogata nel 2000 per essere ricompresa nel TUEL.

Ulteriori profonde innovazioni alla struttura ed al funzionamento degli enti locali, ed in particolare dei comuni, sono

dovute poi alle leggi 15 marzo 1997 n. 59 (la prima delle cosiddette “leggi Bassanini”4) e soprattutto la L. 15 maggio

1997 n. 127 (“Bassanini bis”), che hanno modificato alcuni punti importanti della L. 142/90. Bisogna innanzitutto

rilevare che, mentre le leggi precedentemente citate erano specificatamente riferite alle autonomie locali, le Bassanini

rientrano in un più ampio processo di riforma della PA riguardante la semplificazione che mira a:

- smantellare il gigantismo burocratico dell’amministrazione statale

- avvicinare la pubblica amministrazione ai cittadini

- rendere più efficiente e più semplice l’azione amministrativa

- ridurre le spese amministrative

- aumentare la responsabilità e controllo e quindi garantire un miglior andamento della P.A., come sancito

dall’art. 97 della Costituzione

Per quel che riguarda le autonomie locali, le innovazioni più significative introdotte dalle Bassanini sono:

- attribuzione agli enti locali di maggiori poteri in materia di potestà autoorganizzativa e di gestione del personale

- ulteriore riduzione dell’ambito di competenza dei Consigli comunali agli atti fondamentali, il cui ruolo si

circoscrive con maggiore chiarezza alle funzioni di indirizzo e di controllo politico, spogliandoli di ogni ingerenza nella

gestione burocratica dell’ente5;

- attribuzione di maggiori poteri al Sindaco rispetto alla Giunta6;

- piena attuazione del principio di separazione fra politica ed amministrazione, in forza del quale Consiglio, Giunta e

Sindaco stabiliscono gli obiettivi da raggiungere e stanziano le risorse necessarie, assegnando gli uni e le altre ai singoli

dirigenti, secondo le materie di loro competenza. I dirigenti pertanto si trovano ad avere una maggiore autonomia dagli

organi politici, una riduzione di garanzie ed un incremento di responsabilità manageriali: molte competenze operative

che fino agli anni ’90 erano state attribuite al Sindaco o alla Giunta spettano ora ai dirigenti7;

- previsione e definizione della figura del Direttore Generale (facoltativa), del quale possono dotarsi i Comuni con

popolazione superiore a 15.000 abitanti;

- riforma dei Segretari comunali e provinciali, i quali sono ora scelti dal Capo dell’amministrazione da un Albo

nazionale

- drastica riduzione dei controlli esterni, a favore di quelli interni.

A seguito alla legge 127/97 fu stato emanato il D.Lgs. 112 del 31/3/1998, che costituì la forma più avanzata del

sistema generale del decentramento e disciplinò il conferimento di numerose funzioni e compiti - in precedenza

spettanti allo Stato - alle Regioni, alle Province, ai Comuni, alle comunità montane o ad altri enti locali. Le Regioni e gli

enti locali esercitano le funzioni nelle materie oggetto di conferimento, secondo le proprie potestà (legislativa per le

Regioni e regolamentare per gli altri enti). Le funzioni sono attribuite agli enti locali in base al principio di sussidiarietà

della legge delega 59/97, ad eccezione delle sole funzioni che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale. Ogni

Regione, pertanto, stabilisce e determina con legge le funzioni amministrative che richiedono l’esercizio unitario a

livello regionale e provvede a conferire tutte le altre agli enti locali, favorendone l’esercizio associato da parte dei

comuni di minore dimensione demografica. Il D.Lgs. infine prevedeva forme di raccordo tra le P.A. statali e locali e il

trasferimento dei beni e delle risorse dal centro alle periferie per garantire l’effettivo esercizio dei compiti e delle

funzioni da parte degli enti locali. Il D.Lgs. 112/98 è strutturato in modo tale che per ogni materia enuncia le

competenze che sono riservate allo Stato, in quanto devono esser gestite centralmente e a livello nazionale (anche

perché talvolta in rapporto con gli organismi internazionali e in coordinamento con l’Unione Europea), dopo di che

sono menzionate le funzioni e competenze conferite agli enti locali. Una delle più importanti novità del decreto è il

4 Dal nome dell’allora Ministro della Funzione Pubblica, Franco Bassanini 5 Ad es. il regolamento di organizzazione degli uffici è ora di competenza della Giunta 6 Fra cui, ad esempio, il nuovo potere di scelta discrezionale del Segretario comunale, all’interno degli appositi albi, e

dell’eventuale Direttore Generale 7Es. rilascio concessioni edilizie, abbattimento di opere abusive, stipula di contratti, approvazione bandi di concorso,

presidenza di commissioni di concorso e di gara, etc.

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conferimento, con l’art. 21, ai Comuni delle funzioni relative alla realizzazione, ampliamento, cessazione, riattivazione,

ricollocazione di impianti produttivi e la conseguente creazione di sportello unico per le attività produttive (SUAP).

Alle Regioni rimane il coordinamento del miglioramento dei servizi e assistenza alle imprese. Emerge da ciò con

chiarezza l’intento di proseguire il cammino verso la semplificazione amministrativa, creando così un unico

interlocutore che si farà carico di seguire tutto l’iter procedimentale e farsi parte attiva per raggiungere un determinato

risultato: quello di consentire lo sviluppo delle attività produttive attraverso un percorso lineare e scevro da impicci

burocratici. Per il principio di sussidiarietà verticale non poteva che essere individuato nel Comune l’ente idoneo a

realizzare questo obiettivo, concentrando in esso tutte le miriadi di pratiche amministrative, in quanto il Comune

rappresenta l’ente locale più vicino al cittadino.

Questo assetto ha comportato una “fuga in avanti” degli enti locali, che hanno conquistato margini di autonomia sempre

maggiori. Ciò ha fatto sì che le previsioni costituzionali allora in vigore cominciassero ad essere eccessivamente

limitanti, realizzando di fatto quello che è stato da più parti definito come un “federalismo amministrativo a

Costituzione invariata”.

Soltanto nel 2001 la riforma delle Titolo V della Costituzione, avvenuta con Legge Cost. n. 3/2001, ha modificato gli

articoli dal 114 al 133, riguardanti le autonomie locali, adeguando così il dettato costituzionale ai cambiamenti che

si erano verificati nel decennio degli anni ‘90.

A parziale mitigazione del processo sopra riportato, indicativamente dal 2010 in poi si è avviato un processo di

riappropriazione di scelte decisionali a livello di stato centrale (cd. neo-centralismo) a scapito dell’autonomia degli enti

territoriali, che si è accentuato negli ultimi anni, sia per sfiducia nei confronti delle autonomie territoriali (anche alla

luce dei recenti scandali), sia per il contenimento della spesa della pubblica amministrazione in un contesto di crisi

economica.

2. IL TESTO UNICO DEGLI ENTI LOCALI (TUEL) – D. Lgs. 267/2000

L’impetuosa e continua evoluzione sopra descritta degli anni ‘90, che si è susseguita

incessantemente per dieci anni, ha indubbiamente complicato il panorama normativo, dato che

molte leggi sono state più volte modificate, integrate o parzialmente abrogate, creando spesso

problemi di interpretazione e coordinamento.

Per mettere ordine nella normativa nel 2000 è stato emanato un Testo Unico, ossia una

raccolta organica di disposizioni su una determinata materia. Tale norma, il D.Lgs. 267/2000

- Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), ha raccolto tutte le leggi

riguardanti l’ordinamento dei comuni e delle province (forme associative, sistema elettorale,

status giuridico amministratori, sistema finanziario e contabile, controlli, organizzazione uffici e

personale, segretari comunali, ecc. …).

Il TUEL quindi, in 275 articoli, riordina le norme che disciplinano gli enti locali, sia in materia

istituzionale che finanziaria e contabile, abrogando la maggior parte di quelle precedenti, ed

introduce ulteriori novità8, sempre nella direzione della valorizzazione dell’autonomia dei Comuni.

Viene superato il T.U. del 1915 e quello del 1934 e sono abrogate leggi come la L. 142/90

sull’ordinamento delle autonomie locali, la L. 81/93 sull’elezione diretta del Sindaco e del

Presidente della Provincia ed infine il D.Lgs. 77/95 sulla contabilità. Le relative previsioni, insieme

ad altre, sono confluite nel TUEL formando quasi un “Codice delle autonomie” che costituisce

oggi, seppur con le difficoltà derivanti dall’armonizzarlo con la successiva modifica costituzionale,

la legge fondamentale per chi opera nelle autonomie locali.

Il TUEL sconta però il fatto di essere stato approvato un anno prima della modifica costituzionale

del 2001 che, come abbiamo visto, ha cambiato radicalmente l’assetto delle autonomie locali.

Conseguentemente, alcuni articoli sono stati tacitamente abrogati dalla L. Cost. 3/2001, mentre altri

vanno letti alla luce degli avvenuti mutamenti costituzionali. Il nuovo ed auspicato “Codice delle

8 Quindi è un testo unico novativo, fonte primaria

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Autonomie”, che tenga conto delle novità normative intercorse, non ha mai visto la luce, benché se

ne parli da oltre dieci anni.

Inoltre, benché il TUEL, come già la L. 142/90, vieti, al comma 4 dell'art. 1, ogni deroga tacita alle

norme ivi contenute9, tale disposizione è stata sistematicamente violata dai legislatori che si sono

avvicendati negli anni. Conseguentemente, numerose norme del TUEL devono essere integrate con

successive disposizioni, talvolta contrastanti, contenute in normative di settore oppure in leggi

finanziarie, che ne rendono difficoltosa la lettura sistematica.

2. LA RIFORMA “DEL RIO” L. 56/2014

L’assetto degli Enti locali è stato profondamente innovato dalla riforma della Provincia operata con

la L. 56/2014 e le successive modificazioni. Tale normativa prevede che le province siano in parte

svuotate delle loro competenze ed in parte sostituite da città metropolitane. Entrambi questi enti

sono definiti come “Enti territoriali di area vasta. Comunque, per l’abolizione delle province si

renderà necessaria la modifica del Titolo V della Costituzione.

La recente attuazione della legge, la sua portata innovativa, ed il fatto che le modifiche esplicite al

TUEL siano state di ridottissima entità, rende non immediata la sua interpretazione. Di seguito si

evidenziano le principali novità:

a) Città Metropolitane

La norma individua 9 città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze,

Bari, Napoli e Reggio Calabria, cui si aggiunge la città metropolitana di Roma capitale. Il territorio

della città metropolitana coincide con quello della provincia omonima.

Possono essere costituite ulteriori città metropolitane, con le procedure di cui all’articolo 133, primo

comma, Cost., nelle province con popolazione superiore a un milione di abitanti, su iniziativa del

comune capoluogo e di altri comuni che complessivamente rappresentino almeno 500 mila abitanti.

Gli organi della città metropolitana sono il sindaco metropolitano, il consiglio metropolitano e la

conferenza metropolitana.

Il sindaco metropolitano è il sindaco del comune capoluogo. Rappresenta l'ente, convoca e presiede

il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, sovrintende al funzionamento dei servizi e

degli uffici e all'esecuzione degli atti; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto.

Il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri

variabile in base alla popolazione (da 24 a 14). È organo elettivo di secondo grado e dura in carica 5

anni; hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della città

metropolitana. Lo statuto può comunque prevedere l’elezione diretta a suffragio universale del

sindaco e del consiglio metropolitano, previa approvazione della legge statale sul sistema elettorale

e previa articolazione del comune capoluogo in più comuni o, nelle città metropolitane con

popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, in zone dotate di autonomia amministrativa. Il

consiglio è l’organo di indirizzo e controllo. Propone alla conferenza lo statuto e le sue modifiche,

approva regolamenti, piani e programmi; approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal

sindaco metropolitano; esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Su proposta del sindaco

9 Art. 1 c. 4 TUEL “Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre

deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”

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metropolitano, il consiglio adotta gli schemi di bilancio da sottoporre al parere della conferenza

metropolitana. A seguito del parere espresso dalla conferenza metropolitana con i voti che

rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella città metropolitana e la maggioranza della

popolazione complessivamente residente, il consiglio approva in via definitiva i bilanci dell'Ente.

La conferenza metropolitana è composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni della

città metropolitana. La conferenza metropolitana ha poteri propositivi e consultivi, secondo quanto

disposto dallo statuto. Adotta o respinge lo statuto e le sue modifiche proposti dal consiglio

metropolitano con i voti che rappresentino almeno un terzo dei comuni compresi nella città

metropolitana e la maggioranza della popolazione complessivamente residente.

L’incarico di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza

metropolitana è svolto a titolo gratuito.

Il sindaco metropolitano può nominare un vicesindaco, scelto tra i consiglieri metropolitani,

stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione al consiglio. Il

vicesindaco esercita le funzioni del sindaco in ogni caso in cui questi ne sia impedito. Il sindaco

metropolitano può altresì assegnare deleghe a consiglieri metropolitani, nel rispetto del principio di

collegialità, secondo le modalità e nei limiti stabiliti dallo statuto.

Sono altresì definiti i contenuti dello statuto, che disciplina, tra l’altro, i rapporti tra i comuni e la

città metropolitana per l’organizzazione e l’esercizio delle funzioni metropolitane e comunali,

prevedendo anche forme di organizzazione in comune.

Alle città metropolitane sono attribuite le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite

alla città metropolitana nell’ambito del processo di riordino delle funzioni delle province nonché le

seguenti funzioni fondamentali proprie: a) piano strategico del territorio metropolitano; b)

pianificazione territoriale generale; c) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di

ambito metropolitano; d) mobilità e viabilità; e) promozione e coordinamento dello sviluppo

economico e sociale; f) sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

Ad eccezione di Reggio Calabria, le città metropolitane sono state istituite con l’entrata in vigore

della legge. Dal 1º gennaio 2015 le città metropolitane sono subentrate alle province omonime, con

conseguente trasferimento di patrimonio, personale e risorse strumentali della provincia a cui

ciascuna città metropolitana succede.

b) Province

I nuovi organi della Provincia sono i seguenti: il presidente della provincia, il consiglio provinciale

e l’assemblea dei sindaci. Il riparto di competenze è analogo a quello fissato per gli organi della

città metropolitana.

Il presidente della provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia e resta

in carica quattro anni; sono eleggibili i sindaci il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data

delle elezioni.

Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri

variabile in base alla popolazione (da 16 a 10). Il consiglio provinciale è organo elettivo di secondo

grado e dura in carica 2 anni; hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei

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comuni della provincia.

L’assemblea dei sindaci è composta dai sindaci dei comuni della provincia. Anche in tal caso,

l’incarico di presidente della provincia, di consigliere provinciale e di componente dell’assemblea

dei sindaci è svolto a titolo gratuito.

Le funzioni fondamentali delle province sono le seguenti: a) pianificazione territoriale provinciale

di coordinamento, nonché valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; b)

pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di

trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali c) programmazione

provinciale della rete scolastica d) raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-

amministrativa agli enti locali e) gestione dell'edilizia scolastica;

f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari

opportunità sul territorio provinciale. La provincia può altresì, d’intesa con i comuni, esercitare le

funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei

contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

Viene dunque delineato un complesso procedimento per il riordino delle funzioni delle province,

cui lo Stato e le regioni provvedono sulla base dei seguenti principi: individuazione per ogni

funzione dell’ambito territoriale ottimale di esercizio; efficacia nello svolgimento delle funzioni

fondamentali da parte dei comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme

di avvalimento e deleghe di esercizio mediante intesa o convenzione.

Norme specifiche riguardano le province montane, cui le regioni riconoscono, nelle materie di loro

competenza, forme particolari di autonomia.

c) Unioni e fusioni di comuni

La norma in parola detta anche disposizioni sulle unioni e fusioni di comuni.

La disciplina delle unioni di comuni viene semplificata con l’abolizione dell’unione di comuni per

l’esercizio facoltativo di tutte le funzioni e servizi comunali. Restano ferme le altre due tipologie di

unione, quella per l’esercizio associato facoltativo di specifiche funzioni e quello per l’esercizio

obbligatorio delle funzioni fondamentali. Per quest’ultima viene confermato il limite demografico

ordinario pari ad almeno 10.000 abitanti, ma viene abbassato per i soli comuni montani a 3.000, e

viene previsto il termine del 31 dicembre 2014 per l’adeguamento dei comuni all’obbligo di

esercizio associato delle funzioni fondamentali.

Viene modificata l’organizzazione dell’ente come segue: viene demandata la definizione del

numero dei componenti il consiglio allo statuto dell’unione; è introdotta la figura del segretario

dell’unione, scelto tra i segretari dei comuni associati e viene rinnovato il contenuto e le modalità di

approvazione dello statuto dell’unione.

E’ prevista la gratuità delle cariche negli organi delle unioni di comuni ed è estesa l’applicabilità

delle disposizioni in materia di ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità relative ai comuni

con popolazione superiore a 5.000 abitanti al primo mandato degli amministratori del comune nato

dalla fusione o delle unioni di comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Sono, inoltre, previste diverse misure agevolative e organizzative per la fusione di comuni volte da

un lato a tutelare la specificità dei comuni che si sono fusi e dall’altro a mantenere anche nel nuovo

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comune le eventuali norme di maggior favore e gli incentivi di cui beneficiano i comuni oggetto

della fusione.

Viene introdotto un nuovo procedimento di fusione di comuni per incorporazione. Fermo restando

quanto previsto dall’articolo 15 del TUEL (fusione di comuni con legge regionale e referendum tra

le popolazioni interessate), il nuovo procedimento prevede che il comune incorporante mantenga la

propria personalità e i propri organi, mentre decadono gli organi del comune incorporato.

d) Disposizioni per gli organi dei comuni

Con riferimento alla disciplina generale dei comuni:

I Sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti possono candidarsi anche per un terzo mandato

consecutivo

Nelle Giunte dei comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi

può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento

Viene modificato il numero di consiglieri e assessori nei comuni con popolazione inferiore a

10.000 abitanti (10 consiglieri e numero massimo di 2 assessori nei comuni fino a 3.000

abitanti, 12 consiglieri e numero massimo di 4 assessori nei comuni con popolazione tra

3.001 e 10.000 abitanti), assicurando peraltro l’invarianza della spesa.

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LO STATUTO DEGLI ENTI LOCALI

1. IL FONDAMENTO GIURIDICO

Lo Statuto dei comuni è un atto normativo sub primario, avente per oggetto l’organizzazione

dell’ente e le linee fondamentali della sua attività. Infatti gli enti locali, oltre all’autonomia

organizzativa, amministrativa, finanziaria ed impositiva, godono anche dell’autonomia

normativa10, che si attua nell’autonomia statutaria e nell’autonomia regolamentare.

Lo Statuto costituisce proprio l’espressione primaria della potestà normativa del Comune. La

sua importanza è tale che alcuni autori lo definiscono come una sorta di “carta costituzionale

dell’Ente”.

Come abbiamo visto nell’excursus normativo, la potestà statutaria degli enti locali venne

riconosciuta per la prima volta con legge ordinaria, la legge 142/1990, che sancì l’obbligatorietà per

ogni Comune e Provincia di dotarsi di un proprio Statuto, compiendo così il primo decisivo passo

verso l’affrancamento degli enti locali dall’influenza statale. Infatti da allora non è più lo Stato che

regola in maniera autoritaria e uniforme la vita dell’Ente, ma è il Comune stesso che, nell’ambito

riconosciutogli dalla legge, adotta la propria struttura gestionale alle caratteristiche della realtà

locale.

Il TUEL ribadisce, all’art. 6 e seguenti, l’adozione, gli ambiti e le materie dello Statuto comunale e

provinciale, che diviene, a questo punto, la fonte base della regolamentazione della struttura e delle

attività locali. Il TUEL, inoltre, amplia l’autonomia normativa dei comuni, al punto che dalla sua

entrata in vigore la dottrina più avanzata inizia a classificare lo Statuto come fonte sub-primaria.

La Legge Costituzionale 3 del 2001, riformulando l’art. 114 Cost., ha previsto che i Comuni “sono

enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Per

la prima volta viene a trovarsi nella Costituzione il fondamento dell’autonomia statutaria ed in essa

vengono definiti i principi che costituiranno l’unico limite allo Statuto stesso. Inoltre la potestà

statutaria viene ampliata.

Gli statuti, in quanto atti normativi a carattere generale ed astratto, non vanno ad incidere

direttamente sulle situazioni soggettive dei destinatari e quindi è quasi impossibile impugnarli in via

giurisdizionale. Come vedremo per i regolamenti, l’oggetto dell’impugnazione non sarà lo Statuto

in sé, ma l’atto che va a ledere la sfera soggettiva e cioè l’atto di esecuzione dello Statuto.

2. L’ITER DI APPROVAZIONE

Lo Statuto rappresenta un atto necessario unico ed esclusivo (nel senso che ogni ente adotta un

proprio Statuto), ma è anche un atto normativo, cioè contenente norme aventi capacità di

innovare l’ordinamento giuridico.

Il procedimento di approvazione si configura come procedimento aggravato, data l’importanza

dell’atto e la necessità di garantire ampia discussione tra maggioranza e opposizione consiliare.

Pertanto secondo quanto previsto dal testo dell’art. 6 del TUEL – alla luce anche della revisione del

10 Ossia producono norme in grado di imporsi ai cittadini. Sulle forme di autonomia del Comune vedi oltre

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10

titolo V della Cost. che ha soppresso il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali da parte

della Regione – l’iter di approvazione risulta in sintesi il seguente:

deliberato dai consigli comunali o provinciali

approvato con il voto favorevole dei 2/3 dei consiglieri assegnati11. Se non viene raggiunta tale

maggioranza, la votazione è ripetuta in successive sedute entro 30 giorni e basta per due volte il

voto favorevole della maggioranza assoluta (metà più uno) dei consiglieri assegnati

pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione (BUR)

affisso (ora pubblicato) all’albo pretorio del Comune o della Provincia per 30 giorni

consecutivi

inviato al Ministero dell’Interno per essere inserito nella raccolta ufficiale degli statuti e

curarne le adeguate forme di pubblicità

entra in vigore dopo 30 giorni dalla sua affissione all’albo pretorio del Comune o della

Provincia.

Lo Statuto ha quindi tre forme diverse di pubblicità ma solo l’affissione all’Albo Pretorio assume

rilievo giuridico ai fini dell’entrata in vigore. Tutte le disposizioni sopra descritte si applicano anche

per le modifiche statutarie.

A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione è stato abolito il controllo del

CORECO sugli atti dei comuni e quindi anche sullo Statuto, previsto dall’art. 6 c. 5 del

TUEL.

3. IL CONTENUTO

Secondo il dettato del TUEL, si può distinguere nello Statuto dei comuni:

un contenuto vincolato = obbligatorio, la cui assenza comporta un vizio di legittimità (art.

6 c. 2), che si sostanzia in:

le norme fondamentali per l’organizzazione dell’Ente

le attribuzioni degli organi

le forme di garanzia e partecipazione delle minoranze

i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio

i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente

le forme di collaborazione fra Comuni e Province

gli istituti di partecipazione popolare

le forme di decentramento

le modalità di accesso dei cittadini alle informazioni ed ai procedimenti amministrativi

lo stemma e il gonfalone

le norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna, anche negli organi

collegiali non elettivi dell’Ente e delle sue partecipate (c. 3)

i principi su cui adottare i regolamenti (art. 7)

le forme di consultazione della popolazione (art.8)

le procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte e il loro esame (art. 8)

11 Maggioranza qualificata

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11

un contenuto facoltativo, che invece riguarda tutte quelle materie che lo Statuto può

disciplinare senza che gli sia imposto dalla legge, quali ad esempio:

le forme di referendum su materie di competenza locale e su richiesta dei cittadini (art. 8)

le forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell’U.E. e degli stranieri

regolarmente soggiornanti (art. 8)

i rapporti delle libere forme associative e degli organismi di partecipazione popolare

all’amministrazione locale (art. 8)

forme più accentrate di decentramento nei comuni con più di 300.000 abitanti (art. 17)

la costituzione di commissioni consiliari (art. 38)

la disciplina dell’ordinamento e funzionamento delle istituzioni (art. 114)

la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o

di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato (art. 110).

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12

I REGOLAMENTI

1. LE CARATTERISTICHE DEI REGOLAMENTI

Come abbiamo visto introducendo le fonti del diritto, i regolamenti sono fonti normative

secondarie. Sono quindi fonte subordinata alla legge e non possono essere messi con questa né allo

stesso pari né posti in relazione di competenza. Essi costituiscono un completamento o dettaglio

della disciplina normativa della legge, che interviene sempre per prima. Non esiste quindi nessuna

riserva di materie in favore dei regolamenti.

I regolamenti degli enti locali non possono contrastare con la Costituzione, con le leggi statali e

regionali, con i decreti legge o legislativi, con lo Statuto.

Dal punto di vista del diritto amministrativo, i regolamenti sono atti formalmente amministrativi

- in quanto sono adottati da una pubblica amministrazione - e sostanzialmente normativi - in

quanto, essendo fonti del diritto, contengono norme destinate ad innovare l’ordinamento

giuridico.

I caratteri essenziali dei regolamenti sono: la generalità, intesa come indeterminabilità dei

destinatari degli effetti dell'atto, l'astrattezza, vista come capacità di disciplinare una serie indefinita

di casi, e l'innovatività, considerata come attitudine ad immettere nuove norme nell’ordinamento12.

Il fatto che il regolamento sia caratterizzato dall’astrattezza e generalità fa sì che non possa incidere

direttamente sulle situazioni soggettive dei destinatari, né far nascere di conseguenza l’interesse alla

sua impugnazione. Questo può succedere solo nel caso che il regolamento contenga previsioni

destinate a immediata applicazione (caso raro). In generale il regolamento, per essere applicato in

modo concreto, necessita di un provvedimento di attuazione che andrà ad incidere sulle situazioni

soggettive. Chi intende quindi impugnare dovrà effettuare una doppia impugnativa: il regolamento

e il provvedimento di attuazione relativo. La pronuncia dell’autorità giudiziaria avrà per oggetto il

regolamento e i suoi effetti ricadranno anche sul provvedimento di attuazione. Per quel che riguarda

la “fuga dai regolamenti” che si è verificata negli ultimi anni si rimanda a quanto illustrato a

proposito delle fonti del diritto.

2. IL POTERE REGOLAMENTARE DEGLI ENTI LOCALI

La Costituzione riconosce agli enti locali la potestà normativa, che si esprime non solo

nell’emanazione dello Statuto dell’Ente, ma anche attraverso la potestà regolamentare, che consiste

nell’emanare, nel rispetto della legge e dello Statuto, norme giuridiche secondarie, vincolanti per

tutti i cittadini nell’ambito del territorio dell’Ente.

La potestà regolamentare può esercitarsi su tutta l’attività degli enti locali che, almeno per i comuni,

è estremamente ampia. Dal punto di vista delle competenze, i regolamenti degli enti sono l’atto

tipico delle assemblee rappresentative; infatti per legge vengono approvati, mediante delibera,

dai Consigli (comunali o provinciali). Unica eccezione importante è, a seguito delle riforme

“Bassanini”, il regolamento dell’ordinamento dei servizi e degli uffici, che è approvato dalla

Giunta.

12 Queste caratteristiche fanno sì che un singolo cittadino non sia direttamente danneggiato dal regolamento, bensì dai

successivi atti che da esso derivano (ordinanza, sanzione, multa, ecc…). Per questa ragione il cittadino, per tutelare la

propria posizione, impugnerà sia il regolamento che l’atto da esso derivante (cosiddetta “doppia impugnazione”).

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13

La L.Cost. 3/2001 ha rafforzato la fonte regolamentare ed ha “costituzionalizzato” questo potere,

che da allora è espressamente riconosciuto nella Costituzione, mentre fino al 1990 la potestà

regolamentare dei comuni era desumibile solo dal Codice Civile. Infatti il novellato testo del Titolo

V prevede all’art. 117 che “Comuni, Province e Città Metropolitane hanno potestà regolamentare

in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.

Evoluzione storica della normativa:

Codice Civile: I regolamenti traggono il loro fondamento dalle “Disposizioni sulla legge in generale”, ossia le

cosiddette preleggi del Codice Civile13.

L. 142/90: i regolamenti sono espressamente previsti quale strumento con cui gli enti disciplinano e dettagliano la

normativa della legge. Inoltre, per la prima volta, la legge individua due regolamenti di cui l’ente deve

obbligatoriamente dotarsi per la propria attività: quello di contabilità e quello sui contratti. Successivamente un’altra

norma, la L. 265/99, amplia la potestà regolamentare, introducendo la dicitura che gli enti “adottano regolamenti”,

sottolineando quindi questa loro capacità.

Art. 7 TUEL: amplia il concetto affermando che Comuni e Province, “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e

dallo Statuto, adottano regolamenti nelle materie di propria competenza”. Questi enti locali quindi, al fine di

esercitare le proprie funzioni, adottano regolamenti nelle materie di competenza ed in particolare per disciplinare:

organizzazione e funzionamento istituzioni

organizzazione e funzionamento organismi di partecipazione

funzionamento degli organi

funzionamento degli uffici.

Con il TUEL viene affermata la natura giuridica dei regolamenti, che sono una fonte normativa subordinata rispetto

agli Statuti. Infatti la caratteristica dei regolamenti è proprio quella di attuare, integrare e disciplinare in maniera

dettagliata quanto, nelle linee essenziali, è contenuto dello Statuto. Ne deriva che la potestà regolamentare può

esercitarsi su tutta l’attività degli enti locali che, come abbiamo visto, è estremamente ampia.

L. Cost. 3/2001: ad oggi il nuovo assetto delle autonomie locali, derivato dalla modifica del titolo V della

Costituzione, prevede un sistema in cui il legislatore statale e quello regionale si limitano reciprocamente a disporre

i principi normativi, lasciandone il completamento alla fonte regolamentare dell’ente locale (art. 117 c. 5).

3. I REGOLAMENTI COMUNALI

Come per gli altri enti locali, la potestà regolamentare dei comuni non è mai originaria, in

quanto deriva dalla Costituzione e dai principi generali della legge ordinaria.

Pertanto anche questi regolamenti non possono derogare alle leggi ed ai regolamenti dello

Stato, delle regioni, nonché allo Statuto dell’ente. Ricapitolando, i regolamenti degli enti locali

non possono contrastare:

con la Costituzione

con le leggi statali e regionali

con gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi)

con gli Statuti

Inoltre la loro efficacia è limitata al territorio del Comune che li emana. La potestà

regolamentare dei comuni investe moltissimi campi di attività, di cui di seguito riportiamo

qualche esempio:

Uffici e personale = organizzazione aree di intervento dei servizi e dotazioni organiche

Settori di attività = igiene e sanità, edilizia, polizia urbana e rurale, polizia mortuaria

Servizi pubblici = regolamenti per servizi tributari, smaltimento rifiuti, tesoreria, economato,

traffico, trasporti, erogazione acqua potabile

13 “Il potere regolamentare di altre autorità [che non siano il governo] è esercitato nei limiti delle rispettive

competenze, in conformità delle leggi particolari”

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14

Organi istituzionali = funzionamento consigli, giunte, commissioni consiliari, collegio revisori

dei conti

Circoscrizioni = disciplina l’organizzazione e il funzionamento delle circoscrizioni e municipi

Istituzioni14 = provvede il Comune con regolamento perché, a differenza delle aziende speciali,

non hanno autonomia statutaria e regolamentare

Istituti di partecipazione = per disciplinarne l’accesso ai documenti e alle fasi del procedimento

nell’ambito della L. 241/90 sul procedimento amministrativo

Contratti = per la fase della aggiudicazione e lo svolgimento del rapporto contrattuale (per gli

appalti di servizi e forniture la disciplina è di legge statale)

Contabilità = disciplina la contabilità secondo i principi del Testo Unico

Decoro urbano,…...

L’organo che ha la potestà regolamentare è tassativamente il Consiglio Comunale (art. 42 c. 2 lett.

a) del TUEL), ad eccezione per l’approvazione dei regolamenti degli uffici e dei servizi che è di

competenza alla Giunta, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio (art. 48 c. 3 TUEL).

Infine ricordiamo che, a seguito dell’entrata in vigore della riforma del Titolo V Cost. i regolamenti

comunali, come le altre delibere ed anche lo Statuto, non sono più soggetti al controllo di un organo

esterno all’Ente.

4. LA POTESTA’ SANZIONATORIA

Un accenno infine alla problematica della potestà sanzionatoria degli enti locali, ossia delle sanzioni

amministrative che sono previste per coloro che non rispettano le prescrizioni contenute nei

regolamenti.

Innanzitutto ricordiamo il fondamentale principio costituzionale dell’art. 23 Cost. “Nessuna

prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” e dell’art. 25

della Cost. “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima

del fatto commesso”.

L’applicazione di questo principio alle sanzioni amministrative, per comuni e province, era contenuta nell’art. 106 del

T.U. del 1934, che disponeva la generale sanzionabilità con l’ammenda delle contravvenzioni ai regolamenti. Il

legislatore del TUEL aveva abrogato, senza forse rendersi conto delle conseguenze, l’articolo del vecchio Testo Unico,

eliminando così il necessario fondamento al potere tradizionale degli enti locali di prevedere, nei propri atti, sanzioni

amministrative pecuniarie (in denaro). Infatti è impossibile sanzionare in via amministrativa una violazione ai

regolamenti se non esiste una disposizione di legge che lo preveda espressamente. Anche se la maggior parte delle

attività disciplinate dal Comune con regolamento sono riconducibili a leggi statali o regionali, nelle quali è possibile

rinvenire il fondamento giuridico della sanzione, per altri regolamenti dei comuni e delle province restavano privi della

potestà sanzionatoria, che è lo strumento necessario per l’effettività delle disposizioni che indicano dei precetti per i

cittadini. Con l’entrata in vigore del TUEL, nel 2000, si aprì così una sorta di vuoto normativo. In attesa dell’intervento

“riparatore” del legislatore, avvenuto dopo 3 anni, molti comuni, fra cui Firenze, pensarono di procedere attraverso lo

Statuto, introducendovi una disposizione analoga simile al decaduto art. 106. Questa soluzione però fu criticata da parte

della dottrina, che rilevò come non si possa regolare nello Statuto una materia che la Costituzione ha previsto debba

essere disciplinata dalla legge. La questione infine è stata risolta dalla legge collegata alla Finanziaria 2003 che ha

integrato il TUEL, introducendo l’art. 7 bis.

La declinazione di tale principio è contenuta nell’art. 7 bis del TUEL “Sanzioni Amministrative:

salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizione dei regolamenti comunali e

provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 a 500 euro….” Tale norma

quindi consente, in via generale, a comuni e province di corredare i propri regolamenti di sanzioni

amministrative, ma solo a carattere pecuniario (non accessorio). La sanzione amministrativa si

14 Istituzioni ed Aziende Speciali sono modalità di gestione dei servizi pubblici. Vedi capitolo dedicato.

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15

applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal Sindaco sulla base di disposizioni di legge,

ovvero di specifiche norme regolamentari. 2. L’organo competente a irrogare la sanzione

amministrativa è individuato ai sensi dell’art. 17 della L. 689/1981 (Legge di depenalizzazione).

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16

FORME ASSOCIATIVE

1. I PROBLEMI DELL’AGGREGAZIONE

Come abbiamo visto, il Comune è il più piccolo ente territoriale in cui è suddiviso il nostro paese.

L’Italia è formata da un elevatissimo numero di comuni (oltre 8.000), la maggior parte dei quali di

piccole dimensioni, sia territoriali che demografiche, e quindi con risorse assai scarse (i cosiddetti

“comuni-polvere”). D’altro canto anche questi enti sono chiamati a rispondere alle esigenze dei

cittadini, esercitando le funzioni ed erogando i servizi necessari alla collettività. Inoltre anche i

piccoli e piccolissimi comuni si troveranno sempre più impegnati a dover gestire le nuove funzioni

che via via vengono conferite agli enti locali in attuazione di quanto previsto nel D. Lgs. 112/98 in

tema di sussidiarietà verticale.

Anche prima dell’affermarsi del principio di sussidiarietà, questa problematica era ben presente.

Infatti uno degli scopi della L. 142/90 era proprio la riduzione del numero dei comuni attraverso

l’aggregazione di quelli piccoli, che veniva incentivata, anche con l’erogazione di contributi, fino a

giungere alla loro fusione. A distanza di 10 anni questo obiettivo risultava fallito, tanto che il

numero dei comuni italiani era addirittura aumentato. Il legislatore prese atto dell’oggettiva

impossibilità di superare il campanilismo dei comuni italiani, per cui nel TUEL, dove tale

normativa è ricompresa al titolo II capo V, ha riformulato le norme sulle forme associative fra

comuni puntando (e incentivando), più che sulla fusione degli stessi, sulle forme di collaborazione.

Queste ultime consentono di perseguire una maggiore efficienza nell’espletamento di servizi e

funzioni pubbliche e completano le forme di gestione dei servizi pubblici locali trattate al titolo III,

Capo V. Inoltre, come abbiamo visto, la materia è stata affrontata nuovamente dalla L. 56 2014. Gli

articoli 30 (Convenzioni), 31 (Consorzi) e 32 (Unioni) del TUEL delineano le varie forme di

aggregazione attraverso cui gli enti locali possono svolgere funzioni e servizi con un grado

associativo sempre maggiore, mentre l’art. 33 (Esercizio associato di funzioni e servizi) mette in

evidenza il ruolo di direzione e coordinamento delle regioni, alle quali spetta il compito di definire i

livelli ottimali di esercizio delle funzioni.

Le problematiche dell’aggregazione sono tornate prepotentemente alla ribalta negli ultimi anni, in

relazione al contenimento della spesa pubblica. Pertanto, come vedremo anche per la gestione dei

servizi pubblici locali, le previsioni del TUEL vanno integrate con le disposizioni della normativa di

settore, che è continuamente in evoluzione. L’ultimo tassello è costituito dalla L. 56/2014, cui si

rimanda per approfondimenti.

2. FORME DI AGGREGAZIONE

Gli articoli 30 (Convenzioni), 31 (Consorzi) e 32 (Unioni) del TUEL delineano le varie forme di

aggregazione attraverso cui gli enti locali possono svolgere funzioni e servizi con un grado

associativo via via crescente.

L’art. 33 (Esercizio associato di funzioni e servizi) mette in evidenza il ruolo di direzione e

coordinamento delle regioni. Il TUEL presuppone un’azione concertata per individuare gli ambiti

ottimali di gestione sovra comunale, nella prospettiva di un’eventuale unificazione, che è

ulteriormente incentivata. Il legislatore accomuna il ruolo delle regioni all’esercizio associato di

funzioni e servizi da parte dei comuni, ma non enumera le funzioni, proprio perché il Testo Unico è

stato concepito come una legge generale e non come una raccolta omnicomprensiva. La norma

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17

prevede che le regioni attuino il trasferimento delle funzioni ai comuni con leggi di conferimento

delle stesse, alla luce del D.Lgs. 112/98, che sancisce il principio generale in base al quale la

generalità dei compiti e delle funzioni amministrative che non richiedono l’esercizio unitario a

livello regionale sono attribuite agli enti locali; la Regione determina le funzioni da svolgersi a

livello unitario e conferisce contestualmente tutte le altre.

Si precisa che il termine “conferimento” deve intendersi, al momento della promulgazione della

legge regionale, come “trasferimento” il quale, diversamente dalla delega e dall’attribuzione, non

può essere soggetto a revoca ed implica l’emanazione di atti di indirizzo e coordinamento e non di

direttive. Il trasferimento non avviene a livello di singolo ente, ma di “sistema-comuni”, per cui la

funzione che non è esercitabile a livello unitario non può essere mantenuta in capo alla Regione per

ovviare alle ridotte dimensioni di alcuni enti locali. La ripartizione delle funzioni deve comunque

tenere conto della trasformazione delle Province in Città Metropolitane.

Infine, il c. 2 dell’art. 33 affronta il problema dell’esercizio delle funzioni trasferite da parte dei

piccoli comuni, la cui soglia di popolazione è determinata dalla Regione; quest’ultima,

nell’individuare i livelli ottimali di esercizio delle funzioni, automaticamente qualifica come

sottodimensionati quei comuni che non raggiungono tale livello. Di conseguenza, una volta che i

livelli ottimali sono stati individuati, i piccoli comuni sono sostanzialmente obbligati a promuovere

forme associative, mentre la gestione è da essi determinata autonomamente, entro un termine

stabilito dalla legge regionale, trascorso il quale la Regione esercita il potere sostitutivo.

Il legislatore quindi pone in capo alla Regione la potestà di prevedere l’esercizio associato delle

funzioni obbligatorie, analogamente a quella esercitata dallo Stato nei consorzi obbligatori (vedi art.

31).

3. FORME ASSOCIATIVE

L’integrazione delle funzioni e dei servizi svolti a livello locale può avvenire attraverso diversi

strumenti di cooperazione fra enti locali che, ad eccezione del consorzio, previsto quale forma

associativa fra enti pubblici fin dal TU del 1934, sono frutto della riforma degli anni ’90.

a) La convenzione (art. 30)

E’ la forma più semplice - di particolare utilità per i comuni di piccole dimensioni, che possono

trovarsi in difficoltà anche a provvedere ai servizi essenziali - con la quale non si attua

l’esternalizzazione delle funzioni e dei servizi (che devono essere determinati), ma solo il loro

svolgimento in forma coordinata per un periodo di tempo definito (limite temporale).

I contenuti inderogabili dell’accordo sono la durata, i fini, le forme di consultazione, i rapporti

finanziari, i rapporti reciproci e le garanzie.

Trattandosi di atto fondamentale, la delibera è di competenza consiliare (art. 42 TUEL).

Di norma le convenzioni sono facoltative, ma è prevista anche l’obbligatorietà, qualora lo Stato

o la Regione lo ritengano necessario per la gestione temporanea di un servizio specifico o la

realizzazione di un’opera, stabilendo in questo caso un disciplinare-tipo. Quindi, mentre la

convenzione facoltativa può avere per oggetto, oltre che servizi, anche funzioni, poiché gli enti

stabiliscono le modalità di esercizio di funzioni di cui sono titolari, quella obbligatoria è limitata

alla realizzazione di un’opera o alla gestione, a tempo determinato, di uno specifico servizio, di

competenza statale o regionale, ma non implica in alcun modo lo spostamento di funzioni statali o

regionali che, secondo quanto previsto dalla Costituzione, possono solo essere oggetto di

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trasferimento o delega. Dato che anche le convenzioni rientrano negli accordi fra amministrazioni,

si ipotizza che alle stesse si applichino i principi civilistici.

b) Il consorzio (art. 31)

Il consorzio è la più antica forma stabile di cooperazione fra enti pubblici. La riforma del ’90

mantiene questa figura, che permette l’esercizio associato di funzioni e la gestione più incisiva di

uno o più servizi. Il consorzio è un soggetto distinto ed autonomo rispetto agli enti che lo

costituiscono (infatti è dotato di personalità giuridica) per cui, a differenza di quanto avviene

con la convenzione, le funzioni vengono poste all’esterno dell’ente.

Gli atti fondamentali per la costituzione ed il funzionamento del consorzio sono lo statuto e la

convenzione. L’adesione al consorzio è di competenza del Consiglio comunale, che ne approva a

maggioranza assoluta sia la convenzione che lo statuto. La convenzione è l’atto costitutivo del

consorzio e deve indicare i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti, i loro rapporti

finanziari e i rispettivi obblighi e garanzie, nonché disciplinare le nomine e le competenze degli

organi del consorzio e prevedere la trasmissione agli enti aderenti degli atti fondamentali. Lo statuto

determina le regole per il funzionamento del consorzio: nei limiti della legge e della convenzione,

ne disciplina l’organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi.

Gli organi del consorzio sono l’assemblea, che è composta dai rappresentanti degli enti (Sindaco o

suo delegato), ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione. L’assemblea elegge il

Consiglio di Amministrazione (CDA) e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto. A

questi organi si aggiungono il Presidente, che rappresenta il consorzio, convoca e presiede il CDA

ed il Direttore, responsabile gestionale, delineando così un modello aziendale innovativo del

consorzio.

Lo Stato, solo in caso di rilevante interesse pubblico, può prevedere la costituzione di consorzi

obbligatori, demandandone l’attuazione alla regione ma, come già previsto nella L. 142/90, fra gli

stessi enti non può essere costituito più di un consorzio; questa preclusione stride con il favore

successivamente mostrato dal legislatore verso il consorzio.

Come vedremo, la struttura del consorzio si avvicina molto a quella delle aziende speciali, che

costituiscono una modalità di gestione dei servizi pubblici locali, disciplinati dagli articoli 113 e

seguenti del TUEL. L’ultimo comma dell’art. 31 prevede che ai consorzi che gestiscono attività non

a rilevanza economica si applichino le norme previste per le aziende speciali.

c) L’unione (art. 32)

Nel TUEL l’unione fra comuni non è vincolata alla successiva fusione. L’unione viene definita

come ente locale costituito da due o più comuni, di norma confinanti, finalizzato all’esercizio

congiunto di una pluralità di funzioni.

I consigli dei comuni partecipanti approvano l’atto costitutivo e lo statuto secondo le

maggioranze e le procedure stabilite per le modifiche statutarie. Lo statuto individua le funzioni

svolte dall’unione e le corrispondenti risorse. All’unione sono conferite dai comuni partecipanti le

risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni loro attribuite.

Gli organi dell’unione sono il Presidente, la Giunta ed il Consiglio e sono formati da

amministratori in carica dei comuni associati. A essi non possono essere attribuite retribuzioni,

gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma percepiti.

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Il Consiglio è composto da un numero di consiglieri definito nello statuto, eletti dai singoli consigli

dei comuni associati tra i propri componenti, garantendo la rappresentanza delle minoranze e

assicurando la rappresentanza di ogni comune.

Il presidente dell'unione di comuni si avvale del segretario di un comune facente parte dell'unione,

senza che ciò comporti l'erogazione di ulteriori indennità e, comunque, senza nuovi o maggiori

oneri per la finanza pubblica.

d) L’accordo di programma

E’ uno strumento di semplificazione e collaborazione disciplinato assai più dettagliatamente

delle altre forme di accordo, che è soggetto a limiti specifici per quel che riguarda il campo di

applicazione ed i soggetti pubblici coinvolti.

Data l’elevata dispersione delle competenze nel ns. ordinamento, l’accordo è la conclusione formale

di un procedimento che risponde ad una scelta di funzionalità condivisa dagli enti interessati, per la

definizione e l’attuazione di opere, interventi o programmi che richiedono per la loro realizzazione

l’azione integrata e coordinata di comuni, province, regioni ed altri enti pubblici.

L’accordo è promosso dal Sindaco (o Presidente Provincia o Regione, secondo la competenza

primaria sull’intervento) il quale convoca una conferenza di servizi15. L’accordo richiede

l’unanimità degli enti interessati e la sua validità è soggetta a vincoli precisi, quali l’approvazione

da parte del soggetto promotore e la pubblicazione sul BUR, che ne sottolineano la vincolatività.

Se l’accordo comporta la variazione di strumenti urbanistici deve essere ratificato dal Consiglio

entro 30 gg. pena decadenza, poiché la pianificazione urbanistica è per legge di competenza

consiliare (art. 42 TUEL). Inoltre l’approvazione dell’accordo relativamente ad opere pubbliche

comprese nei programmi dell’amministrazione e per le quali esistono già i finanziamenti disponibili

comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza - ponendo quindi le basi per

l’esproprio - che decade se tali opere non iniziano entro 3 anni.

Al fine di garantire l’efficacia dell’accordo, il TUEL elenca dettagliatamente una serie di strumenti:

► procedimenti di arbitrato per risolvere i conflitti,

► interventi surrogatori di enti inadempienti

► la vigilanza, che è affidata ad un apposito collegio, presieduto dal promotore dell’accordo e

composto dai rappresentanti degli enti locali interessati.

I privati non possono formalmente prendere parte agli accordi di programma, che sono uno

strumento pubblicistico con forti caratteristiche di autoritatività.

4. GLI ACCORDI FRA AMMINISTRAZIONI IN GENERALE

Gli accordi di programma, come le convenzioni, sono un caso specifico degli accordi fra

amministrazioni previsti dall’art. 15 della L. 241/90, che prevede un potere generale di tutte le

15 La conferenza di servizi è un istituto di semplificazione previsto dall’art. 14 della L. 241/90 “quando sia opportuno

effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, oppure sia

necessario acquisire intese, nulla osta, assensi, ….”

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pubbliche amministrazioni di concludere fra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in

collaborazione di ogni tipo di attività, purché di interesse comune.

Gli accordi sono di “tipo organizzativo” ed hanno “carattere normativo”, cioè disciplinano attività

destinate in futuro ad essere svolte dagli enti, per cui i successivi provvedimenti sono vincolati a

quanto deciso in sede di accordo. L’accordo deve avere la forma scritta e, secondo la dottrina

prevalente, vi si applicano i principi del codice civile in materia di contratti ed obbligazioni.

* * *

ASSOCIAZIONI RAPPRESENTATIVE DEGLI ENTI LOCALI

Per concludere il discorso sull’associazionismo, anche se in un ambito totalmente diverso dalla

gestione dei servizi, segnaliamo che il TUEL dedica tre articoli (270 e segg.) alla disciplina dei

rapporti tra gli enti locali e le loro associazioni rappresentative, evidenziandone e rafforzandone il

ruolo. Ciò evidenzia il crescente rilievo assunto da questi istituti nella concreta esperienza

amministrativa. L’organismo che raggruppa i comuni è l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni

d’Italia).

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IL COMUNE

1. LE CARATTERISTICHE

A seguito della riforma del Titolo V le autonomie locali, riconosciute e promosse dalla

Costituzione, sono gli elementi costitutivi della Repubblica. Per questi enti il territorio rappresenta

non solo il limite della sfera di competenza e di efficacia dei propri poteri, ma soprattutto, come

vedremo meglio a proposito del Comune, uno degli elementi costitutivi, tanto che spesso si parla

anche di enti pubblici territoriali.

Gli enti pubblici territoriali, e per quel che più ci interessa gli enti locali, sono:

Ad appartenenza necessaria, in quanto ne fanno parte tutti coloro che risiedono stabilmente

nel territorio e che hanno diritto di voto nelle elezioni amministrative;

Autonomi rispetto allo Stato, in quanto dotati di autonomia amministrativa, politica e

finanziaria. Infatti sono capaci di darsi proprie regole e governarsi da sé, mediante

amministratori eletti dai cittadini (autogoverno). Con la riforma del Titolo V l’autonomia

statutaria, normativa e organizzativa godono anche di una specifica copertura costituzionale;

Autarchici, poiché si amministrano da sé, attraverso l’emanazione di atti amministrativi che

hanno la stessa forza di quelli dello Stato.

Indubbiamente tra gli enti locali il Comune è il più piccolo, ma il più importante sia per le funzioni

che svolge che per le sue tradizioni storiche, che sono preesistenti allo Stato italiano.

Le sue origini infatti risalgono al Medioevo (intorno all’anno 1000), mentre le Province furono

istituite nel periodo napoleonico e le Regioni, previste nella Costituzione repubblicana, hanno avuto

piena attuazione soltanto a partire dagli anni ’70.

Il Comune è un ente territoriale dotato di autonomia, autarchia, autogoverno.

Inoltre:

o E’ ente elementare, in quanto a differenza delle regioni, delle province e dei consorzi, non

risulta dalla riunione di altri enti minori e non ne presuppone l’esistenza.

o E’ ente a fini generali, in quanto tende al soddisfacimento delle esigenze o degli interessi della

popolazione, fatte salve le attribuzioni che, per legge, sono devolute ad altri enti (articoli da 3 a

13 TUEL)

o E’ persona giuridica pubblica16, che l’ordinamento giuridico riconosce come soggetto di

diritto.

2. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI

Gli elementi costitutivi del Comune sono:

La popolazione, che è costituita da tutti coloro che hanno la residenza o il domicilio nel

territorio del Comune e che sono soggetti alla potestà dell’ente in quanto vi risiedono, vi

dimorano, o vi si trovano provvisoriamente. La popolazione viene censita ogni 10 anni.

16 Perché persegue fini pubblici, come gli altri enti territoriali

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Il territorio, che è quella parte del territorio statale in cui ha sede la popolazione comunale

(art 133 Cost.). Il territorio definisce l’ambito della competenza del Comune, l’area entro la

quale i suoi organi hanno il potere, ma anche il dovere, di esercitare le pubbliche funzioni; la

competenza e la potestà di intervento cessano oltre i limiti del confine del suo territorio. Il

territorio prima che elemento giuridico è elemento naturale e di fatto, poiché è inscindibile

dalla popolazione che in esso risiede e che con esso dà all’ente la sua fisionomia e struttura.

La potestà di imperio è la potestà di attuare comandi sul territorio comunale e di imporsi in

maniera coercitiva, ossia con la forza, sulla popolazione che vi risiede. Tale potestà per il

Comune non è originaria, ma deriva da quella statale, che ne fissa l’estensione e i limiti, e si

concretizza nell’emanazione di provvedimenti amministrativi.

Inoltre, come abbiamo visto, il Comune è dotato di potestà normativa, che gli consente di emanare

statuti e regolamenti, ossia norme generali ed astratte che vincolano le persone soggette alla sua

potestà di imperio.

3. LE MODIFICHE TERRITORIALI

Secondo quanto previsto dall’art. 133 della Costituzione, le regioni possono modificare le

circoscrizioni territoriali dei comuni, sentite le popolazioni interessate, nel rispetto dei principi

fondamentali stabiliti dalla legge dello Stato. La Regione quindi, che per legge deve regolare la

materia, definisce in via generale le forme e le modalità con cui operare le modifiche, che attua con

propria legge.

Questo della competenza regionale è un principio fondamentale, unitamente all’obbligo di

consultazione delle popolazioni.

L’obbligo di consultazione vale anche nel caso di distacco di comuni e province da una Regione

all’altra. Infatti il vigente art. 132 Cost. stabilisce che comuni e province, per essere staccati o

aggregati in altra Regione mediante referendum e legge dello Stato, devono ottenere l’approvazione

della maggioranza delle popolazioni, sentiti i consigli regionali.

L’istituzione di nuovi comuni è possibile con legge regionale, sia mediante la fusione di due o più

comuni confinanti, sia mediante la creazione di comuni ex-novo.

Secondo il TUEL (art. 15) non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai

10.000 abitanti o la cui costituzione comporti che altri comuni discendano sotto tale limite. La

denominazione di borgate e frazioni è attribuita ai comuni (c. 4).

Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per i dieci

anni successivi alla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei

trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.

La fusione di comuni si può rendere necessaria per le ridotte dimensioni demografiche e territoriali,

da cui discendono l’inadeguatezza dell’organico e dei mezzi finanziari, che impedisce l’erogazione

dei servizi. Nei comuni istituiti mediante fusione di 2 o più comuni contigui lo Statuto può

prevedere l’istituzione di municipi (art. 16 TUEL)17.

17 Ricordiamo che la L. 56/2014 prevede diverse misure agevolative e organizzative per la fusione di comuni volte da

un lato a tutelare la specificità dei comuni che si sono fusi e dall’altro a mantenere anche nel nuovo comune le eventuali

norme di maggior favore e gli incentivi di cui beneficiano i comuni oggetto della fusione. Viene introdotto un nuovo

procedimento di fusione di comuni per incorporazione, oltre a quanto previsto dall’articolo 15 del TUEL. Il nuovo

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Viceversa, per i comuni di media o grande dimensione il TUEL prevede l’articolazione in

circoscrizioni di decentramento amministrativo, che è obbligatoria nei comuni con popolazione

superiore a 250.000 abitanti, La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a

30.000 abitanti.

Inoltre, nei comuni con più di 300.000 abitanti, lo Statuto può prevedere particolari forme di

decentramento di funzioni (art. 17).

Invece, nei comuni al di sotto dei 250.000 abitanti le circoscrizioni di decentramento sono state

soppresse dal 2011 (Legge Finanziaria 2010, aggiornata alla L.42/2010) .

Il titolo di città, infine, può essere concesso con Decreto del Presidente della Repubblica, su

proposta del Ministro dell’Interno, ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l’attuale

importanza (art. 18 TUEL). E’ una semplice distinzione onorifica, che assieme ad altre affini (gli

stemmi dei comuni e delle province, il libro araldico degli enti morali) fu disciplinata nella

legislazione relativa ai titoli nobiliari.

4. CENNI SULLE FUNZIONI E SERVIZI

Il Comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, della quale cura gli interessi e

promuove lo sviluppo.

Per questo costituisce da sempre il primo livello di intervento nei confronti del cittadino, ponendosi

come l’interlocutore più importante nelle numerose e complesse esigenze della popolazione

interessata, che soddisfa erogando servizi ed esercitando funzioni.

La dottrina ha tradizionalmente distinto fra il concetto di funzione e quello di servizio.

Questo filone ritiene che le funzioni rientrino nella potestà autoritativa dell’ente pubblico, che ne è titolare e

non può rifiutarsi di svolgerle (es.: rilascio di certificati, fisco, difesa).

I servizi invece, ai quali viene riconosciuta una valenza economico-produttiva, possono essere erogati

indifferentemente sia da una pubblica amministrazione che da un privato, anche in concorrenza fra loro (es.:

asili nido, farmacie).

Negli ultimi anni però questa distinzione fra funzione e servizio si è andata sempre più affievolendo, tanto

che sono state esternalizzate (cioè affidate all’esterno, in certi casi anche a soggetti privati) attività che, per la

loro importanza, in precedenza erano considerate funzioni (es. acquedotto). Pertanto i due termini, funzione e

servizio, vengono talvolta usati come sinonimi.

Il Comune è titolare di funzioni proprie e di funzioni attribuite o conferite con legge dello Stato e/o

della Regione.

a) Proprie, espressamente ed originariamente poste in capo ai comuni, ossia le funzioni

amministrative relative alla popolazione e al territorio comunale (piano regolatore,

concessioni edilizie, fognature, tutela dell’ambiente, nettezza urbana, illuminazione, …)

come servizi sociali (assistenza sociale, asili nido, edilizia popolare, assistenza scolastica,

procedimento prevede che il comune incorporante mantenga la propria personalità e i propri organi, mentre decadono

gli organi del comune incorporato.

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trasporti urbani,…..) sviluppo economico (rilascio licenze commerciali, mercati e fiere, …)

(art. 13 TUEL)

b) Attribuite dallo Stato come quelle di anagrafe, stato civile, statistica, leva, elettorale (che,

come vedremo, sono esercitate dal Sindaco in qualità di ufficiale del Governo)

c) Conferite con legge dallo Stato o dalla Regione, secondo il principio di sussidiarietà, in

applicazione a quanto previsto dal D.Lgs. 112/98. Fra queste nuove funzioni amministrative,

che in precedenza erano di competenza di altri enti (ASL, Questura, Regione, ….) rientrano

ad esempio i compiti che il Comune è chiamato a svolgere in materia di catasto, sportello

unico per le attività produttive (SUAP), oltre che ulteriori funzioni in campo igienico-

sanitario.

Fin dall’unità d’Italia, il fatto che lo Stato espletasse alcune delle proprie funzioni amministrative (punto 2)

avvalendosi degli uffici dei comuni, aveva posto la questione delle risorse necessarie. Questo problema è

emerso con ancor più forza in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. 112/98, con il quale è stato previsto un

massiccio conferimento (trasferimento definitivo) di funzioni ai comuni, che ne divengono titolari (punto 3),

ampliando le competenze dell’ente locale in alcune materie, oppure conferendogliene altre ex-novo.

A tale proposito, la norma sancisce che unitamente alle funzioni vengano trasferite ai comuni, con legge

regionale, anche risorse - umane, finanziarie, organizzative e strumentali - adeguate a coprire i maggiori costi

derivanti dall’esercizio dei nuovi compiti.

All’atto pratico difficoltà e resistenze hanno rallentato il processo di trasferimento.

Per quel che riguarda invece le funzioni proprie (punto 1), ossia tradizionalmente di competenza del

Comune ed individuate anche nella L. 142/90, il TUEL, all’art. 13, individua tre ambiti di

intervento, qualificati come “settori organici”, nei quali si esplica l’azione dell’amministrazione

comunale, salvo che le relative funzioni non siano espressamente attribuite ad altri enti da leggi

statali o regionali, in quanto è necessario un esercizio unitario delle stesse:

► servizi alla persona e alla comunità (aperto alle trasformazioni dei bisogni sociali ed

assistenziali)

► assetto e utilizzazione del territorio (segnato dalle evoluzioni del contesto)

► sviluppo economico (che non comprende solo le attività produttive e il commercio, ma prevede

l’intervento dell’ente locale come regolatore e come promotore dell’iniziativa economica).

La legge quindi non elenca i compiti propri del Comune, ma delinea delle aree di intervento molto

ampie, all’interno delle quali l’ente individuerà quei servizi che maggiormente soddisfano le

esigenze della popolazione. Ecco perché in precedenza abbiamo definito il Comune come ente a

finalità generale. Per svolgere nella maniera migliore le funzioni ed i servizi il Comune può attuare

forme di decentramento e di cooperazione con altri comuni e con la Provincia.

Infine, come vedremo meglio in seguito, il Comune, essendo persona giuridica pubblica, si esprime

attraverso atti ed ha bisogno di persone che ne consentano il funzionamento e garantiscano

l’espletamento delle funzioni e dei servizi.

Alcune di queste persone formano e manifestano la volontà dell’ente e per questo sono definiti

organi; gli organi possono essere politici o burocratici.

Gli organi politici più importanti sono il Consiglio Comunale, la Giunta ed Sindaco, mentre gli

organi burocratici sono i dirigenti.

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GLI ORGANI

Abbiamo già detto che il Comune è persona giuridica pubblica, riconosciuta quindi

dall’ordinamento come soggetto di diritto.

Pertanto il Comune, così come lo Stato, la Regione, la Provincia, ecc. ha bisogno di persone che ne

consentano il funzionamento: uomini e donne che assumano decisioni di natura politica, che

mettano in atto tali decisioni dal punto di vista amministrativo, che garantiscano il normale e

quotidiano andamento dell’ente.

La stragrande maggioranza di queste persone è costituita da dipendenti, che hanno con l’ente un

rapporto di lavoro, regolato da un contratto individuale e da uno collettivo. L’ingresso dei

dipendenti in Comune avviene generalmente per concorso, secondo quanto previsto dall’art. 97

Cost18.

Altre persone invece sono legate al Comune da un diverso tipo di rapporto, perché per la funzione

che svolgono sono chiamati a formare e quindi manifestare, anche all’esterno, la volontà dell’ente.

Proprio per questa immedesimazione si parla di organi e di rapporto organico con l’ente.

1. CLASSIFICAZIONE

Una distinzione basilare è quella fra organi politici ed organi burocratici.

I primi – politici - (Consiglio Comunale, Giunta e Sindaco, ….) sono quelli che effettuano le scelte

politiche, ossia assumono quelle decisioni che dovrebbero garantire il benessere della collettività.

I secondi – burocratici - (i dirigenti) sono chiamati a mettere in pratica le decisioni assunte dagli

organi politici svolgendo la necessaria attività amministrativa. In altre parole, gli organi politici

stabiliscono gli obiettivi che, a loro avviso, garantiranno meglio il benessere della popolazione,

mentre i dirigenti hanno la responsabilità di raggiungere questi obiettivi con i mezzi loro assegnati.

Questa separazione di compiti e responsabilità fra organi politici e burocratici è un principio di

fondamentale importanza, frutto dell’evoluzione normativa su cui ci siamo soffermati nelle pagine

precedenti e sul quale non ci stancheremo mai di ritornare.

Gli organi politici sono legati all’ente da un rapporto organico. Gli organi burocratici (i dirigenti)

hanno una doppia veste, in quanto sono legati all’ente sia da un rapporto di lavoro (in quanto

dipendenti) che da un rapporto organico (perché ne formano ed esprimono la volontà). Vi sono poi

organi di incerta classificazione, come il Direttore Generale che, ove nominato, ha un ruolo

intermedio fra organi politici e burocratici. Infatti, come vedremo meglio in seguito, è nominato dal

Sindaco - quindi viene designato da un organo politico, di cui gode la fiducia - ma ha il compito di

coordinare gli organi burocratici (i dirigenti). Pertanto il Direttore Generale è una figura ibrida,

perché presenta alcune caratteristiche degli organi politici ed altre di quelli burocratici.

Un’altra distinzione è quella fra organi collegiali e monocratici.

Gli organi collegiali sono formati da più persone (Consiglio Comunale, Giunta, Collegio dei

Revisori, Consigli di Quartiere) e possono essere politici oppure non politici (es. commissioni di

concorso). Per quel che riguarda gli organi collegiali di tipo politico, in alcuni di essi sono presenti

solo rappresentanti della maggioranza (Giunta), in altri sia della maggioranza che dell’opposizione

18 ”Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”

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(Consiglio Comunale, commissioni consiliari)19. Gli atti tipici degli organi collegiali sono le

deliberazioni o delibere, su cui i componenti dell’organo esprimono il proprio voto - favorevole o

contrario - oppure si astengono. Naturalmente all’aumentare del numero dei componenti

dell’organo si accresce la democrazia delle decisioni assunte, ma anche i tempi di approvazione

degli atti. Ciò a maggior ragione se anche i rappresentanti dell’opposizione concorrono

all’approvazione della delibera.

Gli organi monocratici invece, come dice la parola stessa, (dal greco monos=1), sono formati da

una sola persona e possono essere anch’essi sia politici (es. Sindaco, Assessore) che non politici

(Prefetto, dirigente). L’atto tipico del Sindaco e del singolo Assessore è l’ordinanza, mentre quello

del dirigente è la determinazione. Qui vale, a maggior ragione, la stessa considerazione sopra

esposta: trattandosi di atti emanati da una sola persona, il processo di formazione della volontà

dell’ente è più veloce rispetto a quello degli organi collegiali20.

Infine si distingue fra organi elettivi e non elettivi.

Per i primi – elettivi -, il rapporto organico con l’ente si instaura a seguito di un’elezione. Come

vedremo meglio a proposito dei meccanismi elettorali, l’elezione può essere diretta o indiretta. Nel

primo caso, l’elettore dà il suo voto direttamente al candidato, di cui trova il nome sulla scheda (es.

per il Sindaco), oppure al partito (Consiglio Comunale).

Nel secondo caso – non elettivi - invece l’organo non viene eletto dal corpo elettorale, bensì da un

organo collegiale (es.: il Collegio dei Revisori, che viene eletto dal Consiglio Comunale). Gli organi

non elettivi invece non sono espressione del corpo elettorale; il rapporto organico con l’ente si

instaura mediante nomina da parte di un organo monocratico (ad esempio la Giunta, che è

nominata dal Sindaco).

2. I PRINCIPALI ORGANI DEL COMUNE

Concludiamo con una breve panoramica sui principali organi del Comune, che saranno oggetto di

approfondimento nel prosieguo.

Il Consiglio comunale è l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo. E’

composto da un numero di consiglieri stabilito dalla legge, che durano in carica 5 anni. Le

competenze del Consiglio sono tassativamente fissate dalla legge21. Si tratta di competenze

esclusive, per cui possono essere svolte solo dal Consiglio. Inoltre sono vietati interventi

sostitutivi d’urgenza da parte di altri organi, ad eccezione delle variazioni di bilancio, per le

quali la Giunta può adottare l’atto d’urgenza, salvo ratifica.

La Giunta comunale è nominata dal Sindaco (“la squadra del Sindaco”) ed è composta da un

numero di Assessori definito dallo Statuto entro limiti massimi stabiliti dalla legge. Oltre alle

competenze attribuitele dalla legge (ad esempio l’approvazione del PEG – Piano Esecutivo di

Gestione), ha soprattutto una competenza generale per tutto quanto non espressamente attribuito

dalla legge o dallo Statuto ad altri organi (la cosiddetta competenza “residuale”). La Giunta

collabora con il Sindaco nell’amministrazione del Comune e nell’attuazione degli indirizzi

generali del Consiglio. Inoltre funge da elemento propositivo e di impulso nei confronti del

Consiglio.

19 La stessa considerazione vale anche per Parlamento e governo 20 Infatti, come vedremo, le ordinanze contingibili ed urgenti sono emanate dal Sindaco 21 Art. 42 TUEL

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Il Sindaco, come il Consiglio, è un organo eletto a suffragio universale e diretto che dura in

carica 5 anni. Il Sindaco nomina gli assessori, dandone comunicazione al Consiglio, convoca e

presiede la Giunta. Nei comuni al di sotto dei 15.000 abitanti presiede anche il Consiglio (se

non diversamente disposto dallo Statuto), mentre nei comuni sopra i 15.000 abitanti è sempre

membro del Consiglio, ma non lo può presiedere. Il Sindaco ha la caratteristica di assommare su

di sé due ruoli: quello di responsabile dell’ente locale e quello di ufficiale di governo per le

funzioni di competenza statale attribuite al Comune. Questa duplicità si ripercuote anche sul

potere di ordinanza.

I dirigenti sono gli organi burocratici di vertice dell’ente locale. Hanno una competenza

gestionale ed operativa, che si sostanzia nel perseguimento degli obiettivi loro assegnati,

insieme alle necessarie risorse, dagli organi politici attraverso il PEG. I dirigenti hanno

l’obbligo di raggiungere gli obiettivi loro assegnati: il mancato conseguimento può dar luogo

alla revoca dell’incarico dirigenziale.

Il Segretario comunale svolge una funzione di consulente giuridico-amministrativo dell’ente

locale, assiste alle sedute di Giunta e Consiglio e ne cura la verbalizzazione, svolge funzioni

notarili. Il segretario comunale è posto in posizione di vertice nella gerarchia dell’ente locale, in

quanto sovrintende e coordina l’attività dei dirigenti (se non è stato nominato il Direttore

Generale, altrimenti le funzioni di coordinamento dei dirigenti sono esercitate da quest’ultimo).

Il Segretario comunale dipende funzionalmente dal Sindaco per cui, alla scadenza del mandato,

il successore può decidere se confermare il Segretario o sceglierne un altro dall’apposito albo.

Oltre a questi organi, ve ne sono altri quali il Collegio dei Revisori ed, eventualmente, il Difensore

Civico e il Direttore Generale.

3. L’ORIGINE DELLA SEPARAZIONE DELLE COMPETENZE

Per comprendere meglio la situazione attuale è necessario fare un breve excursus sulle modifiche operate negli ultimi 20

anni nel nostro ordinamento. Infatti, fino all’emanazione della L. 142/90, l’organo a competenza generale era il

Consiglio, mentre tutti i relativi atti a rilevanza esterna erano sottoscritti dagli organi politici (Assessori/Sindaco). Data

l’impossibilità, per un organo collegiale di quelle dimensioni, di poter emanare in tempo utile tutte le delibere

necessarie, era previsto che la Giunta potesse adottare in via d’urgenza tali atti, che venivano poi ratificati dal Consiglio.

La L. 142/90, per la prima volta, ridusse drasticamente le competenze del Consiglio, limitandole alle scelte politiche

fondamentali dell’ente. Tutte le altre competenze di tipo politico erano demandate alla Giunta, mentre veniva

espressamente vietato agli altri organi di esercitare, anche temporaneamente, le competenze del Consiglio, il cui ruolo

viene quindi rafforzato. Inoltre la medesima norma per la prima volta definì il ruolo dei dirigenti, attribuendo loro

l’adozione degli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la presidenza delle commissioni di gara e

di concorso, alle quali veniva espressamente vietato agli organi politici di far parte.

Il passo successivo fu la L. 81/93, che introdusse l’elezione diretta del Sindaco, il quale fino ad allora veniva eletto dal

Consiglio nel proprio seno. Come è facilmente intuibile, questa previsione rafforzò moltissimo i poteri del primo

cittadino che, alla pari del Consiglio, è ora eletto direttamente dal corpo elettorale. Si configura così il cosiddetto

“modello duale” fra due organi che godono entrambi della legittimazione popolare ed entrambi concorrono a formare

l’indirizzo politico dell’ente: il Consiglio da una parte e il Sindaco, con la sua Giunta, dall’altra.

Ulteriori sviluppi dei rapporti fra gli organi si hanno col D. Lgs. 77/95 che per la prima volta definì gli atti di spesa dei

dirigenti, chiamandoli determinazioni, e la L. 127/97 (Bassanini bis), che distinse nettamente fra il ruolo dei dirigenti,

cui spettano tutti i compiti di natura gestionale, e quello degli organi politici, che svolgono un’attività di

programmazione e controllo.

Si conclude così il processo che ha portato alla separazione di competenze e responsabilità fra organi politici e

burocratici disciplinato nel TUEL.

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L’ELEZIONE E LO STATUS DEGLI AMMINISTRATORI

1. CRITERI E DEFINIZIONI

Per garantire l’effettività della democrazia è necessario che al popolo sia riconosciuta la possibilità

di manifestare la propria sovranità. Il corpo elettorale è un organo costituzionale, in quanto è

previsto e regolato dalla Costituzione.

L’art 48 Cost. riconosce il diritto di elettorato, ossia il diritto dei cittadini di:

partecipare alle elezioni degli organi dello stato (elettorato attivo o diritto di voto)

essere eletti a ricoprire cariche pubbliche (elettorato passivo).

Hanno diritto al voto tutti coloro che abbiano compiuto 18 anni, senza distinzione di sesso, censo,

istruzione. Tutti possono esercitare questo diritto tranne coloro che si trovino in condizione di

indegnità morale, o di condanna penale definitiva, o per incapacità civile per sentenza di

interdizione o di inabilitazione.

Non si può escludere il voto per motivi politici. Il voto è un dovere civico, inteso come dovere di

ogni cittadino in quanto membro di uno stato democratico. In Italia i cittadini eleggono direttamente

i propri rappresentati per il Parlamento, i componenti dei consigli regionali e comunali, i sindaci e i

rappresentanti al Parlamenti europeo.

Per esercitare il diritto di voto occorre essere iscritti in apposite liste elettorali presso il Comune di

residenza. I cittadini dell’U.E. residenti in Italia possono richiedere presso il Comune di residenza

l’iscrizione in apposite liste elettorali per l’elezioni del Parlamento europeo. Inoltre gli stessi

possono chiedere l’iscrizione in apposite liste elettorali per l’elezione degli organi comunali.

I limiti all’elettorato passivo possono essere di tre tipi:

Ineleggibilità = impossibilità di essere eletti. Alla base della norma c’è l’idea che certe

figure professionali/sociali, per loro natura e posizione, possano influenzare e distorcere le

scelte dell’elettorato. Soprattutto nei piccoli centri, queste persone potrebbero

potenzialmente orientare il voto su di sé, esercitando la cosiddetta “captatio benevolantiae”.

L’ineleggibilità, laddove possibile, deve essere rimossa prima delle elezioni, in quanto

l’eventuale elezione risulterebbe nulla. Infatti i candidati che si trovano in questa situazione

tornano ad essere eleggibili se prima del giorno fissato per la presentazione delle

candidature cessano dalle funzioni che causano l’ineleggibilità

Incompatibilità = in contrasto o conflitto e se non risolta, rende impossibile l’assunzione

della carica. Non è possibile perseguire il pubblico interesse cumulando due cariche fra loro

potenzialmente in conflitto o che configurino una situazione di controllante/controllato,

oppure eccessivamente gravose. In questo caso l’interessato si presenta alle elezioni ma, se

viene eletto, prima di assumere la carica deve optare fra una delle due.

Incandidabilità = impossibilità di candidarsi è stata istituita in tempi più recenti nel

quadro della lotta alla mafia e non consente neppure di porre la propria candidatura.

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Candidato colui che chiede di essere eletto.

Eleggibile il candidato e in senso generale tutti coloro che hanno diritto ad essere

eletti e quindi a presentare la candidatura.

Eligendi insieme numerico di coloro che gli elettori debbono eleggere

Eletti coloro che a seguito delle elezioni , risultano eletti.

I sistemi elettorali sono i meccanismi con cui vengono eletti i rappresentanti del popolo nel

numero e secondo le modalità richieste. Ogni sistema elettorale deve stabilire i criteri in base al

quale i voti si traducono in seggi, cioè quanti voti sono necessari per eleggere un candidato.

Esistono due sistemi principali, che posso dare vita a sistemi misti, ossia contenenti varianti sia

dell’uno che dell’altro:

Sistema Maggioritario: quando il meccanismo è congegnato in modo che un partito possa

ottenere, sul totale dei seggi, più seggi della percentuale di voti raccolta. Permette di conseguire

una maggiore omogeneità politica, ma porta al sacrificio dei partiti minori. Si distribuiscono i

seggi solo a coloro che hanno vinto le elezioni, mentre gli altri non hanno diritto ad alcun

seggio. L’effetto è la semplificazione del numero dei partiti e il moderatismo e quindi una

maggiore stabilità di governo, a scapito della democrazia.

Sistema Proporzionale: il numero dei seggi ottenuti è proporzionale al numero dei voti e

quindi riproduce fedelmente le preferenze espresse dagli elettori. E’ un sistema che dà più

possibilità di partecipare a tutte le forze pubbliche e quindi tiene conto delle minoranze, anche

se favorisce lo spezzettamento dello schieramento politico ed è causa di incertezza. Infatti mira

non a premiare il vincitore delle elezioni, ma a rispecchiare i partiti proporzionalmente al loro

consenso popolare: ogni partito otterrà in seggi quanto ha ottenuto in voti. Gli effetti negativi

sono il multipartitismo e una maggioranza debole ed instabile, che causano una scarsa

governabilità.

Infine anche le maggioranze possono essere di diverso tipo:

Maggioranza relativa: il numero più alto di voti raggiunti

Maggioranza assoluta : maggioranza dei voti calcolata sul totale degli aventi diritto al

voto (la metà + uno)

Maggioranza semplice: la maggioranza dei voti calcolata sul totale dei votanti

Maggioranza qualificata: quando la si vuole opporre a quella semplice. Tutte le

maggioranze superiori a quella semplice sono qualificate.

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2. LE PREVISIONI DEL TUEL

Eleggibilità (art. 55 TUEL)

Possono essere eletti a Sindaco, Consigliere comunale e circoscrizionale:

Tutti gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il 18° anno di

età entro il giorno fissato per la votazione.

I cittadini dell’UE residenti in un qualunque Comune, secondo le procedure previste dal D. Lgs.

n. 197 del 1996, che ne regola l’elettorato attivo e passivo, possono essere eletti Consiglieri ma

non Sindaco. Possono essere nominati Assessori nel comune in cui sono stati eletti consiglieri,

con esclusione della carica di Vice Sindaco. (Nei comuni sopra i 15.000 abitanti le due cariche

sono incompatibili).

Requisiti per la candidatura (artt. 56 e 57)

Nessuno può essere candidato a Sindaco in più di un comune.

Nessuno può presentarsi come candidato a consigliere in più di 2 enti quando le elezioni si

svolgono nella stessa data. Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in 2

consigli, deve optare per una delle 2 cariche entro 5 giorni dall’ultima deliberazione di

convalida. Nel caso che non effettui la scelta, rimane eletto nel consiglio in cui ha riportato

il maggior numero di voti, mentre nell’altro consiglio viene surrogato22.

I consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali in carica non possono candidarsi in altro

consiglio (comunale o circoscrizionale).

Ineleggibilità (art. 60)

Non sono eleggibili a Sindaco, consigliere comunale e circoscrizionale quelle persone che

ricoprono già cariche importanti nel territorio di elezione quali ad esempio:

Capo della Polizia, vice e ispettori di polizia

Dipendenti civili dello stato con funzioni di direttore generale

Capi di gabinetto dei ministri

Prefetto e vice, commissario di governo, funzionari di PS nel territorio in cui esercitano le loro

funzioni

Ecclesiastici, generali ufficiali, …., magistrati e giudici di pace, …. nel territorio in cui

ricoprono le cariche

Il direttore generale, amministrativo e sanitario delle ASL sanitarie e ospedaliere

Legali rappresentanti o dirigenti di aziende convenzionate con le ASL il cui territorio coincide

in tutto o in parte con il Comune per il cui consiglio dovrebbero essere eletti23

Legali rappresentanti e dirigenti di S.p.A. con capitale maggioritario del Comune o Provincia

Amministratori o dipendenti di alto livello di consorzi, aziende o istituti dipendenti dal comune

o provincia

I sindaci, consiglieri comunali e circoscrizionali che sono in carica in altro comune, provincia o

circoscrizione

22 Sostituito dal primo dei non eletti 23 Tale disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 27 del

2009, nella parte in cui prevede l’ineleggibilità dei direttori sanitari delle strutture convenzionate per i consigli del

comune il cui territorio coincide con il territorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate

o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono

convenzionate

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I dipendenti del comune per il rispettivo consiglio.

Tutte queste figure (a parte quelle dell’azienda sanitaria per cui vi è una disciplina specifica),

diventano eleggibili se prima del giorno fissato per la presentazione delle candidature cessano dalle

loro funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico, oppure collocamento in aspettativa

non retribuita.

Ineleggibilità a Sindaco (art. 61) Non può essere eletto a Sindaco:

il ministro di un culto

coloro che hanno ascendenti, discendenti, affini o parenti fino al 2° grado che ricoprano in

quella amministrazione il posto di segretario comunale o provinciale.

coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che

coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali o

provinciali o in qualunque modo loro fideiussore

Decadenza dalla carica di Sindaco (art. 62) Se un sindaco in carica in un comune con più di 20.000 abitanti si candida per la carica di senatore

o deputato, decade dalla carica elettiva ricoperta.

Incompatibilità (art. 63) L’incompatibilità riguarda: Sindaco, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale. Non

può ricoprire la carica chi:

E’ amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o coordinamento di Enti istituti o

aziende soggette a vigilanza da parte del Comune (provincia) o che riceva da Comune o

Provincia una sovvenzione di una certa consistenza [in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione

rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in

parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente] E’ amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o coordinamento di ditte che

abbiano rapporti con il Comune tipo servizi, esazioni di servizi, appalti ecc. e anche i consulenti

legali, amministrativi e tecnici di questi enti, istituti aziende e ditte di cui sopra [fatta eccezione per i

comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell'ente locale di appartenenza sia inferiore al

3 per cento].

Ha una lite pendente con comune o provincia, che non sia tributaria (fattispecie

specificatamente disciplinata) o a seguito di azione popolare o costituzione di parte civile in

processo penale

E’ stato dichiarato responsabile verso l’ente per fatti compiuti quando era amministratore del

Comune e non ha ancora estinto il debito

Ha un debito liquido ed esigibile con uno degli enti

Nel corso del mandato si è venuto a trovare in una condizione di ineleggibilità prevista dai

precedenti casi.

Incompatibilità tra consigliere comunale e provinciale e assessore della rispettiva Giunta (art.

64)

La carica di assessore è incompatibile con la carica di consigliere nei comuni con popolazione

superiore a 15.000 abitanti, per cui, qualora il sindaco nomini assessore uno dei consiglieri,

quest’ultimo cessa dalla carica di consigliere fin dall’atto di accettazione della nomina ed al suo

posto subentra il 1° dei non eletti (surroga).

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Non possono far parte della Giunta coniuge, genitori, figli, parenti e affini fino al 3° grado del

Sindaco. Queste persone non possono neanche essere nominate rappresentanti del comune.

Incompatibilità tra consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale (art. 65)

Sindaco e assessore sono incompatibili con la carica di consigliere regionale della propria

regione.

I consiglieri comunali e circoscrizionali sono incompatibili con le stesse cariche in altra

provincia, comune o circoscrizione

La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione

del comune.

Incompatibilità per gli organi delle ASL (art. 66)

La carica di direttore generale, amministrativo e sanitario della ASL è incompatibile con quella di

Sindaco o Assessore..

Contestazione delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità (art. 69)

L’organo competente a contestare all’amministratore la condizione di ineleggibilità o di

incompatibilità è il Consiglio Comunale che, dopo l’elezione, opera la verifica degli eletti.

Azione popolare (art. 70)

La decadenza dalla carica può essere promossa in prima istanza da qualsiasi elettore del comune, o

da chiunque altro vi abbia interesse, davanti al tribunale civile, con ricorso da notificare

all’amministratore interessato ed al Sindaco. L’azione può essere promossa anche dal Prefetto.

N.B.:

Lo status degli amministratori si applica anche agli organi delle città metropolitane, in

quanto compatibile

Per le ulteriori cause di incandidabilità a cariche elettive si rimanda al D. Lgs. 235/2012.

3. ELEZIONE DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE Il sistema elettorale degli enti locali era stato completamente innovato dalla L. 81/93, che aveva introdotto l’elezione

diretta del Sindaco. Il TUEL non ha operato modifiche sostanziali ad un sistema elettorale che, fin dalla metà degli anni

’90, ha dimostrato di essere in grado di assicurare la stabilità politica. Data l’espressa volontà del legislatore di redigere

un testo normativo di carattere generale, il TUEL - negli articoli dal 71 al 78 - raccoglie e chiarisce soltanto le norme

essenziali in materia elettorale, vale a dire il metodo di attribuzione dei seggi, la proclamazione degli eletti e le relative

procedure, abrogando i corrispondenti articoli della L. 81/93.

Lo scopo principale della L. 81/93 era stato quello di garantire agli enti locali una maggiore stabilità politica, mediante

l’avvicinamento ad un sistema maggioritario, anziché proporzionale.

Mentre nei comuni inferiori ai 15.000 abitanti è stato introdotto un sistema maggioritario a turno

unico, la stessa scelta non è stata fatta per i comuni di maggiore dimensione, dove vige un sistema

proporzionale con premio di maggioranza e secondo turno eventuale. Pertanto le due procedure di

voto (sotto o sopra i 15.000 abitanti) sono diverse.

3.1. ELEZIONE DEL SINDACO (ART. 72)

Il Sindaco è eletto a suffragio universale e diretto, contemporaneamente al Consiglio (c. 1) ed è

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collegato ad una o più liste di candidati a consiglieri (c. 2).

Nei comuni con più di 15.000 abitanti, l’elettore può votare in tre modi (c. 3):

- Solo per un candidato sindaco

- Un candidato sindaco ed una delle liste ad esso collegato

- Un candidato sindaco ed una lista che non sia ad esso collegata. (Voto disgiunto) 24

Nelle liste dei candidati deve essere assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. In particolare,

nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere

rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati nelle medesime liste. Sempre nei comuni

con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, ciascun elettore può esprimere, nelle apposite

righe stampate sotto il medesimo contrassegno, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome

di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco

prescelto. Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso

diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza.

Per essere eletto Sindaco al primo turno occorre che il candidato abbia ottenuto la maggioranza

assoluta dei voti validi (più del 50%) (c. 4), altrimenti si va al ballottaggio fra i due candidati che

hanno ottenuto più voti, da tenersi dopo due domeniche. In caso di parità, è ammesso al ballottaggio

il candidato più anziano d’età (c. 5). Entro 7 giorni dalla prima votazione è ammesso il

collegamento dei due candidati con ulteriori liste, che si aggiungono a quelle fissate al primo turno

(c. 7). Vince il ballottaggio il candidato che ha ottenuto la maggioranza dei voti validi. In caso di

parità, vince il candidato più anziano d’età (c. 9).

Nei comuni al di sotto dei 15.000 abitanti, invece, non è ammesso il voto disgiunto. Per essere

eletto Sindaco occorre la maggioranza semplice dei voti, non la maggioranza qualificata del 50%+1.

Pertanto si va al ballottaggio soltanto nei rari casi di parità assoluta di voti fra i primi due candidati.

3.2. ELEZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE SOPRA I 15.000 ABITANTI (ART. 73)

Le liste devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da

eleggere e non inferiore ai 2/3 (c. 1). Ogni lista è collegata ad un candidato sindaco; più liste

possono sostenere il medesimo candidato (c. 2). Nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può

essere rappresentato in misura superiore a due terzi. L’elettore può votare per la lista ed esprimere

una o due preferenze (c. 3). Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare

candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza.

L’assegnazione dei seggi alle liste vincitrici avviene con il metodo d’Hondt (c. 8 e 9),

successivamente alla proclamazione del Sindaco (c. 4). E’ prevista una soglia di sbarramento del

3% (c. 7), ossia alle liste che non hanno ottenuto questa proporzione di voti non viene assegnato

alcun seggio. Sono proclamati eletti in primo luogo i candidati alla carica di sindaco non eletti,

purché la lista cui sono collegati abbia ottenuto almeno un seggio (c. 11).

Il meccanismo sopradescritto, di tipo proporzionale, viene rafforzato da un premio di maggioranza.

Infatti alla lista o al gruppo di liste collegato al candidato sindaco risultato vincitore viene assegnato

il 60% dei seggi, a patto che (c. 10):

- Se il Sindaco viene eletto al primo turno, la/e lista/e collegata/e abbiano ottenuto almeno il

40% dei voti validi e nessun’altra lista abbia superato il 50% dei voti validi.

24 Il voto disgiunto non è ammesso nei comuni inferiori ai 15.000 ab.

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- Se il Sindaco viene eletto al secondo turno, nessun’altra lista abbia superato il 50% dei voti

validi.

Naturalmente, al fine del conteggio dei voti validi, fa fede la proporzione di voti ottenuta dalla lista

al primo turno, in quanto in caso di ballottaggio si torna a votare solo per il Sindaco (art. 72 c. 8),

mentre non viene più espressa alcuna preferenza per il Consiglio.

E’ definito Consigliere anziano il consigliere che ha riportato il maggior numero di voti, sommando

le preferenze con i voti di lista, esclusi il Sindaco neoeletto e i candidati a Sindaco.

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ELEZIONE DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE

COMUNI OLTRE I 15.000 ABITANTI

(artt. 72 e 73 TUEL)

Comuni fino a 15.000 abitanti

(art. 71 TUEL)

Sistema elettorale Sistema proporzionale con premio di maggioranza ed eventuale secondo turno

Sistema maggioritario a turno unico

Elezione del sindaco

Elezione diretta contestuale a quella del Consiglio. Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco.

L'elettore può votare per un candidato sindaco anche non collegato alla lista prescelta (cosiddetto voto disgiunto)

Elezione diretta contestuale a quella del Consiglio. Ciascuna candidatura alla carica di Sindaco è collegata a una sola lista

Ballottaggio Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti validi. Entro 7 giorni dalla prima votazione è ammesso il collegamento con ulteriori liste

Solo in caso di parità tra i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti

Elezione dei consiglieri

Le liste devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai 2/3. L'elettore può esprimere max 2 voti di preferenza per candidati della lista votata

Le liste devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai 3/4. L'elettore può esprimere uno (<5.000 ab.) o max 2 voti di preferenza per candidati compreso nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto

Assegnazione dei seggi in Consiglio

Si divide la cifra elettorale (pari al numero dei voti validi) di ciascuna lista o gruppo di liste collegato per 1, 2, 3, 4... sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere. Tra i quozienti così ottenuti, si scelgono i più alti, in numero uguale a quello dei consiglieri da eleggere. Sono proclamati eletti in primo luogo i candidati alla carica di sindaco non eletti collegati a ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio e, successivamente, i candidati alla carica di consigliere secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali

Alla lista collegata al candidato eletto sindaco sono attribuiti 2/3 dei seggi. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente tra le altre liste. Nell'ambito di ogni lista, i candidati sono proclamati eletti consiglieri secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali (voti di lista + voti di preferenza). Il primo seggio spettante a ciascuna lista di minoranza è attribuito al candidato alla carica di sindaco della lista stessa

Premio di maggioranza

Alla lista o al gruppo di liste collegato al candidato sindaco eletto viene assegnato il 60% dei seggi, a condizione che nessuna altra lista o gruppo di liste abbia superato al primo

turno il 50% dei voti validi

Alla lista collegata al candidato proclamato eletto sindaco sono attribuiti 2/3 dei seggi

Soglia di sbarramento

Non sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessuna coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia

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4. STATUS DEGLI AMMINISTRATORI

Gli articoli 77-87 del TUEL disciplinano lo status degli amministratori, armonizzando la normativa

previgente senza apportare sostanziali modifiche. L’art. 77 ribadisce il diritto a ricoprire cariche

elettive ed espletare il mandato disponendo del tempo, delle risorse e dei servizi necessari e

definisce gli amministratori in maniera molto ampia (Sindaco, Assessori, Consiglieri comunali e

circoscrizionali, …...) e compiuta.

L’art. 78 enuncia i doveri degli amministratori:

tenere un comportamento corretto ed efficace

rispettare la distinzione fra funzione politica e gestionale

l’imparzialità e la buona amministrazione

astenersi dal discutere e votare delibere che li riguardano

astenersi (per gli Assessori) dall’esercitare attività professionale in materia urbanistica

divieto di assumere incarichi e consulenze presso enti controllati dal Comune.

Inoltre, in una logica di trasparenza legata alla prevenzione della corruzione, gli amministratori dei

comuni con più di 15.000 abitanti hanno l’obbligo di pubblicizzare la propria situazione economica

Linee guida ANAC approvate con Determinazione 241/2017 in attuazione dell’articolo 14 del

Decreto Trasparenza) nonché, quelli elettivi, le spese elettorali sostenute. Nel caso d’inadempienza,

l’interessato è soggetto a diffida ad adempiere. Le dichiarazioni sono soggette a pubblicazione e

tutti gli elettori hanno diritto a prenderne visione25.

Agli amministratori vengono poi riconosciuti una serie di diritti, al fine di consentire loro di

svolgere il mandato nel miglior modo possibile:

permessi e licenze

facoltà di richiedere l’aspettativa non retribuita per tutto il mandato

corresponsione dell’indennità di funzione

A tale proposito la legge, al fine di consentire un agevole espletamento del mandato da parte dei

lavoratori dipendenti, prevede in loro favore la possibilità di chiedere l’aspettativa non retribuita

(art. 81) e dei permessi, in parte retribuiti e in parte no, dei quali potrà usufruire chi non opta per

l’aspettativa (art. 80). Infatti l’amministratore ha diritto a permessi retribuiti per la partecipazione

alle sedute degli organi collegiali e per l’espletamento del mandato, a prescindere dalla

partecipazione alle sedute degli organi. Hanno diritto a tali permessi i lavoratori dipendenti che

rivestano la carica di Consigliere comunale, provinciale o metropolitano o circoscrizionale (questi

ultimi nei comuni con più di 500.000 abitanti), unioni di comuni o comunità montane. Inoltre detti

amministratori hanno diritto ad assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui è convocato il

Consiglio e anche il giorno successivo se il Consiglio termina oltre la mezzanotte. Per le riunioni

degli altri organi, l’amministratore ha diritto ad assentarsi per il tempo necessario per partecipare

alla riunione più il viaggio. Infine l’art. 79 prevede anche un monte ore di assenze giustificate dal

lavoro, differenziato a seconda della carica ricoperta, finalizzato all’espletamento del mandato, a

25 Secondo il Garante per la Privacy, non vi è alcuna incompatibilità tra le nuove disposizioni in materia di dati

personali e le norme in materia di trasparenza nella pubblica amministrazione che obbligano i parlamentari, i

componenti del Governo, i consiglieri regionali, provinciali e dei maggiori comuni, i manager pubblici e i magistrati a

rendere pubbliche periodicamente le loro situazioni patrimoniali.

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prescindere dalla partecipazione alle sedute. L’ente rimborserà al datore di lavoro, dietro sua

richiesta, la retribuzione corrisposta al lavoratore/amministratore.

Per quel che riguarda l’indennità di funzione, il TUEL (art. 82) distingue fra indennità di funzione e

gettoni di presenza. La prima viene corrisposta al Sindaco, agli Assessori ed ai Presidenti del

Consiglio comunale e circoscrizionali. Tale indennità prescinde dall’effettiva presenza alle sedute

degli organi collegiali ed è determinata dal singolo ente locale, sulla base di quanto stabilito dalla

legge (la misura varia con le dimensioni demografiche dell’ente). E’ dimezzata per gli

amministratori che non siano collocati in aspettativa.

I consiglieri hanno diritto ad un gettone di presenza per la partecipazione alle assemblee degli

organi consiliari. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere

può superare l'importo pari ad un quarto dell'indennità massima prevista per il rispettivo Sindaco o

Presidente. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva

partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e

modalità. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali, ad eccezione dei consiglieri

circoscrizionali delle città metropolitane, per i quali l’ammontare del gettone di presenza non può

superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente. Gli

amministratori hanno anche diritto ai rimborsi spese e indennità di missione per le trasferte

effettuate nell’interesse dell’ente. Ulteriori importanti diritti sono riconosciuti ai Consiglieri dall’art.

43, fra cui quello di accedere a tutte le notizie ed informazioni dell’ente utili all’espletamento del

loro mandato (c. 3).

Nel quadro del rafforzamento dell’autonomia del Consiglio si inserisce anche l’art. 90, relativo alla

possibilità di prevedere, nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, la costituzione

di uffici posti alle dirette dipendenze degli amministratori, per consentire loro l’esercizio delle

funzioni di indirizzo e controllo attribuite dalla legge.

Art. 90 - Uffici di supporto agli organi di direzione politica

1. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici

posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli

assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti

da dipendenti dell'ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da

collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica

amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni.

2. Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il

contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali.

3. Con provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento

economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento

comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità

della prestazione individuale.

3-bis. Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto

individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è

parametrato a quello dirigenziale (comma così sostituito dall'art. 11, comma 4, legge n. 114 del

2014).

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A cura di Mariella Bergamini

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IL SINDACO

1. LA DOPPIA VESTE

Il Sindaco è il più importante organo monocratico del Comune, a cui la legge riconosce la

responsabilità globale della direzione politica dell’ente. Come vedremo, il Sindaco esercita le

proprie funzioni attraverso svariate attività: nominando (gli Assessori, il Segretario ed

rappresentanti esterni del Comune), delegando (gli Assessori e talvolta i dirigenti e i dipendenti),

definendo (gli incarichi dirigenziali), sovrintendendo (al funzionamento degli uffici e dei servizi),

coordinando (gli orari della città). Il tutto mediante l’emanazione di atti (ordinanze) ed avvalendosi

della collaborazione della Giunta.

Inoltre il Sindaco – unico caso nel panorama degli enti locali - assomma su di sé due ruoli: quello di

responsabile dell’ente locale e quello di Ufficiale di Governo, per le funzioni di competenza statale

attribuite al Comune. Ciò è dovuto al fatto che i comuni sono sorti molto prima rispetto allo Stato. Quest’ultimo, al

momento dell’unificazione stabilì di decentrare alcune delle proprie funzioni che, per la loro natura, richiedono una

presenza capillare sul territorio, mantenendone sia la titolarità che la vigilanza, e di farle svolgere ai comuni ed ai loro

sindaci.

Questa doppia veste fa sì che ogni qualvolta ci troviamo di fronte ad una competenza o ad un atto

del Sindaco dobbiamo porci la questione se la stessa rientra nell’ambito delle funzioni come

responsabile dell’amministrazione oppure come Ufficiale di Governo. Infatti il Sindaco come

responsabile dell’ente non ha alcun superiore gerarchico, mentre come Ufficiale di Governo,

essendo un organo dello Stato, è sottoposto alla vigilanza del Prefetto26, che esercita nei suoi

confronti dei poteri non solo di controllo, ma anche sostitutivi in caso di inadempienza.

2. COMPETENZE COME RESPONSABILE DELL’AMMINISTRAZIONE

Le competenze del Sindaco come responsabile dell’ente sono disciplinate all’art. 50 del TUEL:

È l’organo responsabile dell’amministrazione del comune e ne dirige la politica (c. 1) La massima espressione di questa attività di direzione politica è il potere di nomina degli Assessori, del Segretario,

dell’eventuale Direttore Generale e dei responsabili degli uffici e dei servizi. Inoltre il Sindaco come responsabile

dell’amministrazione deve assicurare l’osservanza dei regolamenti e delle leggi.

Rappresenta il Comune (c. 2)

Si tratta di una rappresentanza di tipo politico, riferita alle funzioni di indirizzo e di direzione

attribuite al Sindaco. Infatti, nel nuovo contesto istituzionale, non può più essere il Sindaco a

rappresentare l’ente in tutti quegli atti, contratti ecc. che impegnano il Comune verso l’esterno e

che rientrano nelle attività di gestione proprie dei dirigenti. Rimangono invece di competenza del

Sindaco la partecipazione alle assemblee dei consorzi (art. 31 del TUEL) e la costituzione in

giudizio per tutelare gli interessi del Comune27.

Convoca e presiede la Giunta (c. 2)

26 Organo del Ministero dell’Interno 27 Generalmente è delegata ai dirigenti: sul punto confrontare lo Statuto dell’Ente

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Nei comuni con meno di 15.000 abitanti presiede anche il Consiglio, quando non è previsto il

Presidente del Consiglio28.

Sovrintende al funzionamento degli uffici e dei servizi e all’esecuzione degli atti (c. 2)

Compete al Sindaco un generale potere di vigilanza per verificare se, ed in che modo, l’attività

svolta dalla struttura burocratica persegua gli obiettivi determinati. Inoltre il Sindaco può

delegare al singolo Assessore l’incarico di collaborare per settori di attività e progetti.

Sovrintende all’espletamento delle funzioni statali o regionali attribuite o delegate al

Comune ed esercita le funzioni (c. 3) attribuitegli dalle leggi, dallo Statuto e dai

regolamenti (salvo quelle stabilite dell’art. 107 TUEL, che la legge attribuisce ai dirigenti).

La legge dello stato, quella regionale e lo Statuto possono ampliare le competenze del Sindaco,

ma sempre nel rispetto del principio della separazione delle competenze fra organi politici e

burocratici.

Esercita le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da

specifiche disposizioni di legge (c. 4)

Ad esempio il Sindaco è autorità sanitaria locale, autorità di protezione civile, ecc..

Ha competenza, come rappresentante della comunità locale, per l’adozione di

provvedimenti di urgenza nei casi di emergenze sanitarie o di igiene pubblica (c. 5). Inoltre

il Sindaco, sempre in tale veste, può adottare ordinanze contingibili ed urgenti, per fronteggiare

situazioni di grave incuria o degrado del territorio o pregiudizio del decoro e della vivibilità

urbana, che richiedono un intervento urgente, con particolare riferimento alle esigenze di tutela

della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita,

anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcooliche e superalcoliche. Al di fuori di

questi casi, l’adozione dei provvedimenti d’urgenza spetta allo Stato o alla Regione, a seconda

della dimensione dell’emergenza e dell’ambito territoriale interessato. [art. 8 comma 1 lettera a)

D.L. 14/2017, convertito con L. 48 del 18 Aprile 2017, “Disposizioni urgenti in materia di

sicurezza della città”, che ha modificato l’art. 50 c. 5 TUEL]

Ha la competenza (nell’ambito della disciplina regionale e sulla base degli indirizzi espressi

dal Consiglio comunale) di coordinare e riorganizzare gli orari degli esercizi commerciali, dei

pubblici esercizi e dei servizi pubblici, di apertura al pubblico, nonché degli uffici periferici delle

Amministrazioni pubbliche per armonizzare i servizi con le esigenze degli utenti (c. 7). Il Sindaco,

al fine di assicurare le esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti in determinate

aree della città interessate da afflusso di persone particolarmente rilevante, anche in relazione a

specifici eventi, può disporre, per un periodo comunque non superiore a 60 gg., con ordinanza

ordinaria (non contingibile e urgente) limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto,

e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. [art. 8 comma 1 lettera a) D.L.

14/2017, convertito con L. 48 del 18 Aprile 2017, “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza

della città”, che ha modificato l’art. 50 c. 5 TUEL]

Con questa previsione viene riconosciuto al Comune il potere di rappresentare e regolare tutti gli

interessi della comunità locale, anche con riferimento ad aspetti ed ambiti che interessano sia i

soggetti pubblici che privati. Il potere attribuito al Sindaco, e la conseguente responsabilità, è

quindi collegato a questa funzione di rappresentanza e tutela degli interessi che si manifestano

28 Infatti l’obbligatorietà del Presidente del Consiglio, diverso dal Sindaco, è prevista nei comuni con più di 15.000

abitanti

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nella comunità. L’attività di coordinamento è subordinata dalla legge alla disciplina regionale e

agli indirizzi del Consiglio.

“Il «decreto Minniti» (DL 14/2017 in vigore dal 21/2/2017) rimette in mano ai sindaci la penna

per firmare ordinanze - sia contingibili e urgenti che no - per limitare gli orari di vendita, anche

per asporto, e di somministrazione di alimenti e bevande per negozi, attività artigianali di

gastronomia con connesso commercio di bevande, pubblici esercizi di somministrazione di

alimenti e bevande. Di fatto, facendo in parte rientrare dalla finestra quello che il «decreto Monti»

- e per la precisione l'articolo 31, comma 2, del D.L. 201/2011 convertito nella legge 214/2011 -

aveva fatto uscire dalla porta cancellando il vincolo del nastro orario giornaliero di apertura e di

chiusura settimanale. Tuttavia il nuovo potere affidato ai Sindaci non è ad libitum, in quanto

confrontandosi con il principio comunitario e costituzionale della tutela della concorrenza è

legittimo solo in casi ben precisi. E cioè in quelli individuabili nei nuovi articoli 50 e 54 del Tuel

e riconducibili ad una precisa matrice quale la tutela della sicurezza delle città e del decoro e della

vivibilità urbana. Fra le novità si segnalano, appunto, la riscrittura degli articoli del D.Lgs. 267/00

che descrivono i poteri del Sindaco rispettivamente in qualità di capo dell'Amministrazione Locale

e di Ufficiale del Governo. Sono ampliate le fattispecie in cui il Sindaco, a termini del comma 5,

può adottare ordinanze contingibili ed urgenti (nei casi di assoluta straordinarietà e

imprevedibilità), finora limitate ad emergenze sanitarie e di igiene pubblica. Per effetto della

novella, le stesse ordinanze, disciplinando e limitando gli orari di vendita, anche per asporto, e di

somministrazione di alimenti e bevande, sono adottabili dal Sindaco per l'urgente necessità di

interventi volti ad eliminare situazioni di grave incuria, degrado del territorio o pericolo per la

vivibilità urbana, al fine di garantire la tranquillità ed il riposo dei residenti. Modificato anche il

comma 7 dello stesso articolo in virtù del quale il sindaco, questa volta con ordinanza non extra

ordinem e sulla base di indirizzi espressi dal Consiglio Comunale, sempre al fine di preservare la

tranquillità dei residenti in aree del territorio caratterizzate da notevole afflusso di persone, per

esempio i centri storici di maggior richiamo, può disporre limitazioni agli orari di vendita e

somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche per un periodo massimo di sessanta

giorni. In ogni caso, non è sufficiente che il potere del sindaco di adottare ordinanze di ordinaria

amministrazione sia genericamente orientato alla tutela del bene da preservare, ma piuttosto che il

suo esercizio sia precisamente determinato nel contenuto e nelle modalità.

Significative modifiche del decreto Minniti anche all'articolo 54, comma 4 bis, del Tuel, che

radica la competenza del sindaco ad adottare ordinanze contingibili ed urgenti questa volta nelle

vesti di Ufficiale di Governo, per prevenire gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e

la sicurezza urbana. A tal proposito, la novella circoscrive il potere di ordinanza ad evitare

situazioni che favoriscono l'insorgenza di fenomeni criminosi quali lo spaccio di stupefacenti,

l'accattonaggio e lo sfruttamento della prostituzione o fenomeni di abusivismo come l'illecita

occupazione di spazi pubblici o di violenza anche legati all'abuso di alcool o sostanze stupefacenti,

trattandosi in questi due casi di situazioni che sono considerate naturalmente più contigue alla

necessità di garantire la sicurezza primaria. Il decreto prevede ancora: all'articolo 12, comma 1,

che nei casi di reiterata inosservanza delle ordinanze ex articolo 50, commi 5 e 7, del Tuel, in tema

di orari di vendita e somministrazione di bevande alcoliche, il questore avvalendosi del potere di

cui all'articolo 100 del Tulps (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) dispone la sospensione

dell'attività fino a 15 giorni; all'articolo12, comma 2, che è vietata non solo la vendita (come nel

previgente testo dell'articolo 14 ter della legge 125/2001) ma anche la somministrazione di

bevande alcoliche ai minori di anni 18.”

Fonte: Quotidiano Enti Locali

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Provvede alla nomina, designazione e revoca dei rappresentanti del Comune presso Enti,

Aziende e Istituzioni in base agli indirizzi stabiliti dal Consiglio provvede (c. 8).

Tale compito deve essere assolto entro 45 gg. dalla nomina o in caso di rielezione entro il

termine di scadenza dell’incarico (c. 9). Se ciò non avviene provvede il Difensore Civico

Regionale, se nominato, che adotta i provvedimenti sostitutivi, inviando un commissario ad acta

(art. 136 TUEL). Il Sindaco ha il potere esclusivo di procedere alla nomina, designazione e revoca dei detti

rappresentanti, sulla base degli indirizzi del Consiglio. Infatti queste nomine, come quelle dei responsabili degli

uffici, sono uno degli strumenti con cui il Sindaco attua il programma sulla base del quale è stato eletto dai cittadini.

Nomina i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuisce e definisce gli incarichi

dirigenziali e anche quelli di collaborazione esterna (c. 10)29. Con queste nomine si instaura un rapporto fiduciario con la struttura burocratica alla quale è affidata l’attività di

gestione. Lo Statuto ed il regolamento di organizzazione definiscono dati obiettivi di capacità, esperienza e idoneità

alla funzione per effettuare la scelta dei responsabili, al fine di individuare soggetti idonei a realizzare i programmi

dell’ente, assumendosene la relativa responsabilità.

Nella seduta di insediamento presta davanti al Consiglio il giuramento di osservare lealmente la

Costituzione Italiana (c. 11).

Il distintivo del Sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e quello del

Comune da portarsi a tracolla (c. 12).

Oltre a quelle elencate all’articolo 50, il TUEL prevede ulteriori competenze del Sindaco come

responsabile dell’amministrazione.

Convoca la prima seduta del Consiglio Comunale neoeletto (art. 40).

Nomina i componenti della Giunta, che convoca e presiede - tra cui un Vice Sindaco, figura

obbligatoria, che lo sostituisce in caso di assenza o impedimento - e ne dà comunicazione al

Consiglio nella prima seduta successiva alla elezione. Può revocare gli assessori dandone

comunicazione motivata al Consiglio (art. 46).

Entro il termine fissato dallo Statuto dall’insediamento del Consiglio Comunale, dopo aver

sentito la nuova Giunta, presenta al Consiglio per l’approvazione le linee programmatiche

relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del suo mandato.

Nomina, conferma e revoca il Segretario comunale, che è il suo principale e diretto

collaboratore (artt. 99 e 100) ed eventualmente il Direttore Generale, cui è attribuita la funzione

di sovrintendenza alla gestione dell’ente (art. 108) 30.

Inoltre, come abbiamo visto a proposito delle forme associative, il Sindaco:

Rappresenta il Comune nell’assemblea dei consorzi fra Comuni, e fra Comuni e Province (art.

31 c. 4).

Promuove la conclusione di un accordo di programma per definizione e attuazione di opere o

programmi ove la competenza primaria sia del Comune (art. 34 c. 1) e lo approva (c. 4).

In estrema sintesi quindi il Sindaco esercita la responsabilità globale della direzione politica

dell’ente:

29 Confronta articoli 109 e 110 TUEL, Statuto e regolamenti di organizzazione 30 Vedi capitolo dedicato

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Nominando Assessori Appena notificata l’elezione

Segretario Fra 60 e 120 gg. dall’insediamento

Direttore Generale In qualunque momento (facoltativo)

Rappresentanti esterni del Comune Entro 45 gg. dall’insediamento

Attribuendo gli incarichi dirigenziali

Sovrintendendo al funzionamento degli uffici e dei servizi

Coordinando gli orari della città.

A queste competenze vanno aggiunte quelle eventualmente previste dallo Statuto.

3. COMPETENZE COME UFFICIALE DI GOVERNO

Le attribuzioni del Sindaco nei servizi di competenza statale in qualità di Ufficiale di Governo sono

disciplinate dall’art. 54 TUEL. Si esplicano nei seguenti ambiti (comma 1):

sovrintende all’emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in

materia di ordine e sicurezza pubblica

sovrintende alle funzioni attribuitigli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e polizia

giudiziaria

vigila su tutto ciò che riguarda la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone preventivamente

il Prefetto, il quale è competente ad adottare gli atti indispensabili per la relativa tutela

Il Sindaco nell’esercizio delle funzioni di cui sopra concorre ad assicurare anche la cooperazione

della polizia locale con le Forze di polizia statali secondo le direttive impartite dal Ministero

dell’Interno (c. 2).

Al Sindaco sono altresì attribuiti compiti nei servizi di competenza statale in qualità di Ufficiale di

Governo si esplicano nei seguenti ambiti (c. 3 e art. 14 TUEL):

1) Stato Civile

2) Servizio Elettorale

3) Servizio di Leva militare

4) Servizio di Statistica

5) Servizio Anagrafe

In questa veste il Sindaco sovrintende alla tenuta dei registri e agli adempimenti demandatigli dalle

leggi in materia elettorale, di leva e statistica.

Nell’ambito dei servizi di competenza statale il Sindaco ha, quale superiore gerarchico, il Prefetto.

A quest’ultimo sono attribuiti poteri di carattere ispettivo per accertare il regolare svolgimento dei

compiti affidati , nonché l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale

(c. 9).

Per le materie in cui è competente quale Ufficiale di Governo (art. 54 c. 1 e 3 e art. 14 per le

competenze statali), il Sindaco può delegare le funzioni al Presidente del Consiglio

Circoscrizionale, dove esiste, oppure ad un Consigliere Comunale (c. 10). La delega deve essere

prima comunicata al Prefetto.

Sempre nella sua veste di Ufficiale di Governo, il Sindaco, in casi di emergenza, connessi con il

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traffico o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze

straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza o per motivi di sicurezza urbana, può

modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché,

d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di

apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando ordinanze contingibili e

urgenti (c. 6).

Inoltre il Sindaco, quale ufficiale del Governo, (comma 4) adotta, con atto motivato provvedimenti

contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di

eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Questi

provvedimenti sono preventivamente comunicati al Prefetto anche ai fini della predisposizione

degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.

L’art. 8, comma 1, lettera b) del D.L. introduce altresì modifiche all’art. 54 del T.U.E.L. in materia

di ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco nelle funzioni di competenza statale, sostituendo

l’art. 4-bis e precisando che le ordinanze contingibili e urgenti adottate per prevenire ed eliminare

gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana “sono diretti a prevenire e

contrastare le situazioni che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo

spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e

disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l’illecita occupazione di spazi pubblici, o

di violenza, anche legati all’abuso di alcool o all’uso di sostanze stupefacenti”.

L’originaria versione dell’art. 54 del TUEL era stata interamente sostituita dal D.L. 93/08,

convertito con la Legge 125/2008, nell’ambito del cosiddetto “pacchetto sicurezza”. La norma

aveva introdotto un’importante ulteriore attribuzione al Sindaco, apportando al testo previgente

numerose e sostanziali modifiche, destinate ad incidere in modo significativo sul rapporto tra

cittadini ed amministrazioni locali.

Con tale norma infatti il legislatore aveva cercato di dare una risposta ai problemi della sicurezza

pubblica, coinvolgendo il Sindaco ed il Prefetto, ampliando le competenze del primo, ma sotto la

vigilanza del secondo. Nel 2008 quindi viene conferito maggior rilievo alle funzioni relative

all’ordine e alla sicurezza pubblica di spettanza del Sindaco, attribuendo a quest’ultimo la

possibilità di adottare provvedimenti, anche31 contingibili e urgenti, al fine di prevenire e di

eliminare gravi pericoli che minacciano non solo l’incolumità pubblica, come già previsto dal testo

previgente, ma anche la “sicurezza urbana”. L’introduzione di un’ulteriore materia, che

ricomprende un ampio e discrezionale settore di intervento, ha dato origine a numerose critiche a

proposito della discrezionalità riconosciuta ai sindaci nell’adozione di provvedimenti contingibili ed

urgenti, ritenuta da alcuni eccessiva (“sindaco-sceriffo”).

Secondo l’attuale formulazione dell’art. 54 TUEL il Sindaco, quale ufficiale del Governo, (comma

4) adotta, con atto motivato provvedimenti, contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali

dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità

pubblica e la sicurezza urbana. Questi provvedimenti sono preventivamente (e non più

tempestivamente, come nella previdente stesura) comunicati al Prefetto anche ai fini della

predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione, rafforzando così quella

sinergia fra istituzioni che rappresenta uno dei principali obiettivi perseguiti dalla riforma.

Nella stesura del 2008, la norma demandava (c. 4 bis) ad un decreto del Ministro dell'Interno la

disciplina dell'ambito di applicazione anche con riferimento alle definizioni relative alla incolumità

31 La locuzione “anche” è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con Sent. 115/2011 della Corte Costituzionale

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pubblica e alla sicurezza urbana (cfr. D.M. 5 Agosto 2008). La recentissima modifica del 2017

riporta in ambito legislativo l’ambito di applicazione, mutuandolo sostanzialmente dal D. M. del

200832.

Proseguendo con l’analisi dell’art. 54, la norma in parola prevede che (c. 5) qualora i provvedimenti

adottati dal Sindaco come ufficiale di governo comportino conseguenze sull'ordinata convivenza

delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il Prefetto indice un'apposita conferenza alla

quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno,

soggetti pubblici e privati dell'ambito territoriale interessato dall'intervento.

Il successivo comma 5-bis, così come novellato nel 2008, attribuisce ai sindaci anche una nuova

funzione di collaborazione con le competenti autorità giudiziarie o di pubblica sicurezza, al fine di

realizzare un più efficace contrasto dell’immigrazione irregolare. Infatti pone in capo al Sindaco

quale ufficiale di governo l’obbligo di segnalare alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica

sicurezza, la condizione irregolare dello straniero o del cittadino comunitario, per l’eventuale

adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.

4. IL POTERE D’ORDINANZA – LE ORDINANZE CONTINGIBILI ED URGENTI

Il Sindaco, sia come rappresentante dell’amministrazione che come Ufficiale di Governo, ha il

potere di emanare ordinanze, che sono gli atti amministrativi con cui fa sorgere verso un soggetto, o

una pluralità di soggetti, un obbligo di comportamento positivo (ordine di fare) o negativo (divieto

di fare), la cui inosservanza determina l’applicazione di una sanzione. Le ordinanze si distinguono

in normali (ordinarie), oppure contingibili ed urgenti. Le ordinanze contingibili ed urgenti sono

delegabili solo se emanate in qualità di capo dell’amministrazione. Infatti, quelle come Ufficiale di

Governo possono essere emanate solo dal Vice-Sindaco quando sostituisce il Sindaco (art. 54 c. 8).

32 La paventata eccessiva discrezionalità attribuita ai sindaci risultò, almeno in parte, mitigata proprio dal D.M. del 5

agosto 2008 (“Incolumità pubblica e sicurezza urbana: definizioni e ambiti di applicazione”), con il quale si specificò

ulteriormente l’ambito oggettivo dell’intervento sindacale, chiarendo come per “incolumità pubblica” si debba intendere

“l’integrità fisica della popolazione” e per “sicurezza urbana” un “bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a

difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le

condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.

Nel decreto ministeriale vengono inoltre elencati analiticamente i campi di intervento del Sindaco, che interviene per

prevenire e contrastare le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni

criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e

disabili e i fenomeni di violenza legati anche all'abuso di alcool; le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il

danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della

qualità urbana. Il sindaco interviene inoltre in situazioni di incuria, degrado e di occupazione abusiva di immobili tali da

favorire le situazioni indicate ai punti precedenti, nonché in tutte quelle situazioni che costituiscano intralcio alla

pubblica viabilità o che alterino il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita

occupazione di suolo pubblico. Infine il potere di intervento dei sindaci si estende a tutti quei comportamenti che, come

la prostituzione su strada o l'accattonaggio molesto, possano offendere la pubblica decenza anche per le modalità con

cui si manifestino, ovvero siano in grado di turbare gravemente il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui

sono destinati o che rendano difficoltoso o pericoloso l'accesso ad essi. I sindaci potranno utilizzare questi nuovi poteri

per difendere l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana.

Gli ambiziosi obiettivi perseguiti dal “pacchetto sicurezza” non potevano essere realisticamente perseguiti senza una

interazione ed un raccordo operativo tra le varie forze dell’ordine. Pertanto nel decreto sono previsti rapporti di

collaborazione tra polizia municipale, polizia provinciale e polizia statale in tema di sicurezza pubblica e con riguardo

alle procedure da seguire per assicurare un più efficace raccordo nell’attività investigativa, anche attraverso il ricorso a

piani coordinati di controllo del territorio.

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I presupposti previsti per l’adozione di tali atti consistono quindi nell'urgenza e nella contingibilità.

L’urgenza è collegata alla necessità di provvedere con immediatezza a tutela del pubblico

interesse per far fronte ad una situazione eccezionale, senza attendere i tempi necessari

connessi all’utilizzazione di strumenti ordinari.

La contingibilità si riferisce a situazioni imprevedibili, accidentali e temporanee che esigono

l’adozione di un atto di imperio per ovviare al danno che possono provocare.

Il potere di ordinanza attribuito al Sindaco è di natura straordinaria, in quanto permette di

disciplinare situazioni non previste dall’ordinamento e può impartire anche disposizioni contrarie a

legge, purché nel rispetto dei principi costituzionali e di quelli generali dell’ordinamento giuridico.

Il suo potere è quindi stra-ordinario (“extra ordinem”), ma non assoluto; inoltre non può esercitarsi

oltre il momentaneo rimedio alla situazione contingente verificatasi e non può, quindi, estendersi a

dettare una disciplina definitiva che richiede altri tipi di interventi. Infine, data la natura e finalità

dell’ordinanza contingibile e urgente, ad essa non si possono applicare le norme sulla

partecipazione al procedimento amministrativo previste dalla L. 241/90 (es.: comunicazione di

avvio del procedimento).

Ricapitolando, il Sindaco, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, può

emanare, con atto motivato, provvedimenti contingibili ed urgenti:

Nella veste di Ufficiale di Governo, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che

minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana (art. 54 c.4), che devono essere

preventivamente comunicati al Prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti

ritenuti necessari alla loro attuazione ;

Se il Sindaco non adotta detti provvedimenti obbligatori, il Prefetto può provvedere con

propria ordinanza (c. 11).

Se l’ordinanza è rivolta a persone ben precise e queste non ottemperano agli ordini impartiti,

il Sindaco può provvedere d’ufficio addebitando poi le spese agli interessati senza

pregiudizio dell’azione penale per i reati in cui siano incorsi (c. 7).

Nella veste di rappresentante della comunità:

in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica

per fronteggiare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o pregiudizio del decoro

e della vivibilità urbana

entrambe a carattere esclusivamente locale (art. 50 c. 5);

L’art. 12 del D.L. 14/2017convertito con L. 48/2017, prevede espressamente che in caso di

reiterata inosservanza delle ordinanze adottate, nella stessa materia, dal Sindaco ai sensi

dell’art. 50, commi 5 e 7 del T.U.E.L., il Questore può disporre a carico dei locali la

sospensione dell’attività per un massimo di 15 giorni ai sensi dell’art. 100 del TULPS (Testo

Unico Leggi Pubblica Sicurezza R.D. 773/1931).

Per concludere sull’aspetto sanzionatorio delle ordinanze contingibili ed urgenti, precisiamo che:

L’ordinanza indica un congruo (adeguato) termine per eseguire quanto viene ingiunto.

Per coloro che non ottemperano agli ordini sono previste sanzioni penali.

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A cura di Mariella Bergamini

46

In caso di resistenza da parte dei soggetti obbligati, il Comune ha il potere di eseguire con la

forza i propri atti (esecutorietà). Ciò consente l’esecuzione coattiva delle ordinanze, se

necessario con la forza pubblica.

5. ELEZIONE E DECADENZA

Secondo l’art. 46 del TUEL il Sindaco:

Viene eletto dai cittadini a suffragio universale e diretto.

E’ membro del consiglio comunale.

Dalle riforme che si sono succedute dagli anni ’90 in poi, emerge una figura di Sindaco che ricorda, per alcuni aspetti, il

modello presidenziale: il candidato stipula un patto con gli elettori ed è responsabile dell’attuazione del proprio

programma, che avviene mediante forti poteri di governo.

Il nuovo sistema elettorale, previsto per la prima volta nella L. 81/9333, delinea un modello duale concorrente,

all’interno del quale Consiglio e Sindaco ricevono l’investitura direttamente dal popolo ed entrambi concorrono alla

formazione dell’indirizzo politico del Comune.

All’epoca l’elezione del Sindaco a suffragio universale diretto e il suo potere di nomina della “squadra” (la Giunta)

costituirono una grande novità.

Durata del Mandato

Il Sindaco (e di conseguenza la Giunta, ma anche il Consiglio Comunale) resta in carica per 5 anni.

Chi ha ricoperto la carica per 2 mandati consecutivi non è immediatamente rieleggibile allo scadere

del 2° mandato. E’ consentito un terzo mandato, ma solo se uno dei due precedenti ha avuto durata

inferiore a 2 anni 6 mesi e 1 gg., per cause diverse dalle dimissioni volontarie. (Art. 51 TUEL).

ATTENZIONE: secondo quanto previsto dall’art. 138 della L. 56/14, ai comuni con popolazione

fino a 3.000 abitanti non si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 51 del

TUEL. A sindaci dei medesimi comuni è comunque consentito un numero massimo di tre mandati.

Cessazione dalla carica Nell’attuale assetto delle autonomie locali, Consiglio e Sindaco insieme vengono eletti ed insieme

cadono (“simul stabunt aut simul cadent”). Il risvolto di questo dualismo è che le cause che

provocano la cessazione dalla carica del Sindaco comportano automaticamente lo scioglimento del

Consiglio – e quindi il ricorso a nuove elezioni - e viceversa. Ad esempio, il decesso e le dimissioni

del Sindaco (art. 53 c. 1 e 3) o l’approvazione di una mozione di sfiducia (c. 2), provocano lo

scioglimento del Consiglio. Se, per qualunque motivo, il Consiglio viene sciolto, decade anche il

Sindaco (art. 53 c. 4). Col Sindaco decade sempre anche la “sua” Giunta.

Una conseguenza di questo “doppio filo” che lega Sindaco e Consiglio è che viene di fatto ad essere inapplicato uno dei

meccanismi di controllo del Consiglio sul Sindaco. Infatti l’approvazione, da parte del Consiglio Comunale, di una

mozione di sfiducia nei confronti del Sindaco (art. 52 TUEL), comporta non solo la cessazione dalla carica del Sindaco

e quindi la decadenza della Giunta, ma anche lo scioglimento del Consiglio che l’ha votata.

Di seguito sono schematizzate le previsioni dell’art. 53 TUEL (dimissioni, impedimento, rimozione,

decadenza, sospensione o decesso del Sindaco) e l’art. 52 (mozione di sfiducia).

33 Ora ricompresa nel TUEL. Per il meccanismo elettorale vedi capitolo sui sistemi elettorali

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47

CASI DI MANCANZA DEL SINDACO

Art. 53 TUEL 1° caso (c. 1) impedimento permanente - rimozione - decadenza - decesso

La Giunta decade, il Consiglio viene sciolto.

Il Consiglio e la Giunta rimangono in carica fino alle nuove elezioni, il Sindaco invece è decaduto.

Le sue funzioni vengono svolte dal Vice Sindaco, che lo sostituisce permanentemente fino al

rinnovo di tutti gli organi comunali.

Rimozione: quando Sindaco o Amministratori compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti

violazioni di legge o gravi motivi di ordine pubblico

Decadenza: dato che il Sindaco è anche consigliere decade per sopraggiunte cause di ineleggibilità o

incompatibilità, o per scioglimento del Consiglio Comunale per una delle cause previste dalla legge.

2° caso (c. 2) sostituzione temporanea

Il Vice Sindaco sostituisce il Sindaco:

- in caso di assenza o impedimento temporaneo

- nel caso di sospensione dell’esercizio della funzione ai sensi dell’art. 59 (per sopraggiunte cause

che sarebbero le stesse per l’ineleggibilità e cioè: condanne per traffico di stupefacenti, concussione, peculato

ecc., non definitive o condanne definitive ma non superiori a 2 anni per delitto non colposo o per associazione

mafiosa con provvedimento non definitivo).

3° caso (c. 3) dimissioni

Il Sindaco si può anche dimettere: in questo caso le dimissioni vengono presentate al Consiglio e

diventano efficaci e irrevocabili dopo 20 gg., senza che sia necessaria la presa d’atto.

Il Consiglio si scioglie e viene nominato un commissario.

4° caso (c. 4) scioglimento del Consiglio comunale

Decadenza del Sindaco e della rispettiva Giunta.

5° caso (Art. 52 TUEL) Mozione di sfiducia

Il Sindaco e di conseguenza la Giunta, cessano dalla carica per approvazione di una mozione di

sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei consiglieri che compongono il

Consiglio. La mozione deve avere una motivazione, deve essere sottoscritta da almeno 2/5 dei

consiglieri assegnati (senza contare il Sindaco) e viene messa in discussione dopo 10 gg. e non oltre

30 gg. dalla presentazione.

Se viene approvata si scioglie il Consiglio e viene nominato un commissario.

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48

IL SINDACO

Nomina - elezione a suffragio universale e diretto - membro del Consiglio __________________________________________________________________________________________

Competenze - responsabile dell'amministrazione del Comune; - rappresenta l'ente; - convoca e presiede la Giunta, nonché il Consiglio (nei comuni inferiori ai 15.000 abitanti) quando non è previsto dal presidente del Consiglio; - sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti; - esercita le funzioni attribuitegli dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti; - sovrintende all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al Comune; - sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio, provvede alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende e istituzioni (entro quarantacinque giorni dall'insediamento); - nomina il segretario e il direttore generale, nonché i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna - esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge; - in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere locale adotta le relative ordinanze contingibili e urgenti, quale rappresentante della comunità locale; - in caso di gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana adotta le relative ordinanze contingibili e urgenti, quale ufficiale di governo;

- coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio. __________________________________________________________________________________________

Giuramento e segni distintivi - presta davanti al Consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana; - distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del Comune, da portarsi a tracolla; __________________________________________________________________________________________

Durata del mandato - cinque anni; - chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alla medesima carica; - è consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie. - Ai sindaci dei Comuni fino a 3.000 abitanti è consentito un massimo di tre mandati. ________________________________________________________________________________

Mozione di sfiducia

- comporta la cessazione dalla carica di sindaco e delle relativa Giunta e lo scioglimento del Consiglio e la nomina di un commissario; - deve essere votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio; - deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco; viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. __________________________________________________________________________________________

Impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso - la Giunta decade e si procede allo scioglimento del Consiglio; - il Consiglio e la Giunta rimangono in carica sino all'elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco; - sino alle elezioni, le funzioni del sindaco sono svolte dal vicesindaco; - il vicesindaco sostituisce il sindaco in caso di assenza o di impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall'esercizio della funzione. __________________________________________________________________________________________

Dimissioni - efficaci e irrevocabili trascorso il termine di venti giorni dalla loro presentazione al Consiglio - la Giunta decade e si procede allo scioglimento del Consiglio e alla nomina di un commissario;

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A cura di Mariella Bergamini

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LA DOPPIA VESTE DEL SINDACO

RESPONSABILE DEL COMUNE

(Art. 50 TUEL)

Rappresenta il Comune

Sovrintende al funzionamento della

macchina comunale

Presiede e convoca la Giunta

Esercita le funzioni attribuitegli

dalla legge

Nomina gli Assessori

“ il Direttore Generale

“ il Segretario

“ i Dirigenti

“ i rappresentanti esterni del

Comune, sulla base degli indirizzi

del Consiglio

coordina gli orari della città

può emanare ordinanze temporanee

(max 60 gg) per limitare la vendita

di alcolici in caso di eventi

emana le ordinanze contingibili e

urgenti

per emergenze di SANITA’ e

IGIENE

per emergenze dovute al

DEGRADO, a tutela del

DECORO e della VIVIBILITÀ

URBANA

non esiste alcun organo superiore al

Sindaco ricorso solo al TAR

UFFICIALE DI GOVERNO

(Art. 54 TUEL)

o Rappresenta il governo a livello

locale

o Sovrintende all’espletamento dei

servizi che sono di competenza dello

Stato, ma vengono gestiti dal

Comune:

o anagrafe

o stato civile

o leva

o statistica

o servizi elettorali

o segnala la condizione irregolare

dello straniero, anche UE, ai fini

dell’espulsione/allontanamento

o emana le ordinanze contingibili e

urgenti

per INCOLUMITA’ CITTADINI,

SICUREZZA URBANA e

INQUINAMENTO DA TRAFFICO

esiste un organo superiore al Sindaco

(Prefetto) ricorso sia gerarchico

che al TAR

i rappresentanti dello stato sono:

Comune Sindaco

Provincia Prefetto

Stato Ministro degli Interni

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A cura di Mariella Bergamini 50

IL CONSIGLIO COMUNALE

1. L’EVOLUZIONE STORICA

Come abbiamo più volte sottolineato, la normativa degli anni ’90 ha distinto nettamente fra organi

di direzione politica ed organi di direzione amministrativa degli enti locali.

Questa evoluzione è particolarmente chiara nel caso del Consiglio Comunale, che è l’organo

politico collegiale elettivo in cui sono presenti sia la maggioranza che l’opposizione.

Il Consiglio svolge una funzione di programmazione, di indirizzo e controllo politico-

amministrativo, che si concretizza con la scelta degli obiettivi strategici dell’ente e che esercita

approvando gli atti fondamentali di normazione, di programmazione e di indirizzo elencati dall’art.

42 del TUEL.

Questo assetto è frutto della L. 142/90, che rafforzò il ruolo del Consiglio, spogliandolo di tutte le competenze che non

fossero gli atti di alta amministrazione. Infatti fino ad allora al Consiglio era attribuita una competenza di carattere

generale, quindi su un elevatissimo numero di atti. Stante l’impossibilità di far fronte ad una tale mole di attività, buona

parte di queste delibere venivano adottate dalla Giunta e successivamente ratificate dal Consiglio. La L. 142/90 ribaltò

del tutto la prospettiva, perché attribuì alla Giunta la competenza residuale generale, concentrò l’attività del Consiglio

solo sugli atti particolarmente significativi e qualificanti la vita dell’ente - soprattutto quelli di programmazione e

pianificazione economico-finanziaria e territoriale – ed infine sancì l’inammissibilità di delega di funzioni ad altri

organi, per cui né la Giunta né nessun altro organo possono normare al posto del Consiglio. L’unica eccezione a questa

regola è costituita dalle variazioni di bilancio, che possono essere assunte in via d’urgenza dalla Giunta, ma che il

Consiglio deve ratificare entro 60 gg.

Il ruolo centrale del Consiglio nel sistema delle autonomie è stato poi ulteriormente rafforzato dalla L. 81/93 che,

prevedendo per il Consiglio un proprio Presidente autonomo (in precedenza era il Sindaco), ne ha garantito ed

accentuato l’autonomia dalla Giunta.

Infine il TUEL ha completato questo processo, confermando al Consiglio il ruolo primario assegnatogli dalla

precedente legislazione ed introducendo ben poche novità:

l’individuazione del criterio per determinare la popolazione del Comune per definire il numero dei consiglieri

assegnati (art. 37 c. 4: il censimento),

la possibilità che il regolamento possa stabilire un’autonoma disciplina delle modalità di convocazione e

funzionamento della prima seduta (art. 40 c. 6), entro i termini perentori di convocazione e di svolgimento stabiliti

dalla legge, trasferendo inoltre al regolamento tutta la disciplina relativa al funzionamento del Consiglio (art. 38).

2. LE COMPETENZE

Secondo quanto previsto dall’art. 42 TUEL, il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo

politico – amministrativo (c. 1) ed ha competenza tassativa ed esclusiva limitatamente ai seguenti

atti fondamentali (c. 2):

Statuti dell’ente e delle aziende speciali, regolamenti (escluso quello sull’organizzazione degli

uffici e dei servizi, di competenza della Giunta e di cui il Consiglio determina a monte i criteri

generali) attività normativa

Criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi attività d’indirizzo

Programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e

elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto,

piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione,

eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie è un’attività di programmazione

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A cura di Mariella Bergamini 51

amministrativa, economica, finanziaria e territoriale volutamente molto ampia e di carattere generale, che si

suddivide essenzialmente in tre campi:

Attività ECONOMICO FINANZIARIA, cioè bilancio di previsione finanziario, documento unico di

programmazione, conto consuntivo, programmi attività, e approvazione del piano economico e finanziario per

le nuove opere di importo ai 500.00 Euro e destinate all’esercizio di un pubblico servizio (art. 201 c.2 TUEL).

Attività relative ai LAVORI PUBBLICI (cfr. Codice dei Contratti) sia per la programmazione che per la

progettazione.

Attività relative alla GESTIONE E ASSETTO DEL TERRITORIO per l’urbanistica la competenza del

Consiglio è complessiva e generale sia per la pianificazione generale (piani territoriali ed urbanistici) sia quelli

settoriali.

Accordi tra enti locali tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e

modificazione di forme associative: convenzioni dell’art. 30 del TUEL e forme associative

come consorzi e unioni di comuni dell’art. 31 e 32. Tra le forme di cooperazione rientrano anche gli

accordi di programma (in caso di variazione di strumenti urbanistici occorre la ratifica del Consiglio, pena la

decadenza dell’accordo, secondo il dettato dell’art. 34 del TUEL) attività di organizzazione

Istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di

partecipazione: si tratta sia degli organismi di decentramento dell’art. 17 del TUEL che degli organismi di

partecipazione previsti agli artt. 8, 9 e 10 del TUEL: referendum, azione popolare e difensore civico attività

istituzionale

Organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione

dei pubblici servizi, partecipazione dell’ente locale a società di capitali, affidamento di attività

o servizi mediante convenzione - cioè tutta l’attività che riguarda i pubblici servizi locali e

tutte le possibilità di gestione di un pubblico servizio. Il Consiglio delibera le modalità di gestione,

mentre Giunta e Dirigenti devono attuare concretamente le scelte, cioè spetta a loro espletare le procedure

concorsuali fino all’affidamento del servizio, o gli affidamenti di incarichi per analisi fattibilità, progettazioni,

consulenze, perizie di stima… attività di organizzazione

Istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative

aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi. E’ competenza del

Consiglio istituire e ordinare i tributi in quanto rientra in un atto generale di indirizzo e programmazione, mentre la

politica tariffaria è competenza della Giunta attività finanziaria/impositiva

Indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o

sottoposti a vigilanza. Il Consiglio ha potere di indirizzo per la creazione di aziende ed enti, mentre Giunta e

Dirigenti hanno competenza per l’ordinaria amministrazione dei rapporti fra aziende e Comune attività

d’indirizzo

Contrazione dei mutui e delle aperture di credito non previsti espressamente in atti

fondamentali del Consiglio ed emissione dei prestiti obbligazionari. E’ il ricorso al credito per

reperire i mezzi finanziari per gli investimenti. Sono atti fondamentali che modificano la situazione patrimoniale

anche in bilanci futuri. La stipula del contratto di mutuo è atto di gestione e quindi competenza dei dirigenti

Spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi. Sono gli impegni di spesa a carattere

pluriennale, escluse le spese relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e

servizi a carattere continuativo; si tratta di stanziamenti che non siano stati previsti nel bilancio pluriennale o

superino il triennio di riferimento, altrimenti la competenza riguarda Giunta e Dirigenti.

Acquisti, alienazioni e permute di beni immobili. Sono atti straordinari di amministrazione del

patrimonio e pertanto sono attribuiti alla competenza del Consiglio, mentre la successiva esecuzione e ordinaria

amministrazione sulla gestione del patrimonio rientra nelle competenze della Giunta o dei Dirigenti

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A cura di Mariella Bergamini 52

Appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio

o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria

amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del Segretario o di altri

funzionari, in quanto sono funzioni generali di indirizzo e controllo

Definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del Comune

presso enti, aziende ed istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del Consiglio presso enti,

aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge. La competenza del Consiglio è

solo per gli indirizzi, mentre la nomina è del Sindaco attività d’indirizzo

Il Consiglio, nei modi disciplinati dallo Statuto, partecipa alla definizione, all’adeguamento e alla

verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco e dei singoli

Assessori (c. 3) attività di programmazione

Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui sopra non possono essere adottate in via d’urgenza

dagli altri organi, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta, da

sottoporre a ratifica del Consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza. (c. 4)

Da rilevare la competenza del Consiglio in materia di tributi locali, che è limitata all’istituzione ed

all’ordinamento degli stessi, mentre spetta alla Giunta la determinazione delle aliquote.

Da quanto sopra emerge che il Consiglio Comunale ha la competenza esclusiva, tassativa e

inderogabile per l’adozione degli atti fondamentali indicati dal TUEL.

Esclusiva, perché gli atti fondamentali di cui all’art. 42 possono essere approvati solo dal

Consiglio: non è ammessa la delega o l’attribuzione ad atri organi.

Tassativa, perché le funzioni sono solo quelle previste dalla legge: lo Statuto non può

assolutamente introdurre competenze aggiuntive al Consiglio Comunale.

Inderogabile, perché non sono ammesse eccezioni ai primi due punti.

Inoltre, dall’interpretazione dell’art. 42 si evince che i provvedimenti del Consiglio devono

rispondere alla funzione di indirizzo e controllo politico – amministrativo. È esclusa la competenza

del Consiglio in provvedimenti già previsti in atti fondamentali, che diventano così solo atti di

esecuzione da parte di altri organi (Giunta o dirigenti) su direttive del Consiglio. A maggior

ragione, il Consiglio non è pertanto competente su adozione di atti che sono mera esecuzione di altri

atti. Infine si rileva che nel TUEL sono rinvenibili ulteriori competenze del Consiglio, non

espressamente elencate nell’art. 42: la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni

esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa

statutaria, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati (art. 17), la verifica equilibri di bilancio

(art. 193), il riconoscimento di debiti fuori bilancio (art. 194), la convenzione di tesoreria (art. 210),

la nomina dell’organo di revisione (art. 234).

3. IL FUNZIONAMENTO

Composizione dei consigli (artt. 37 e 38)

Il TUEL regola:

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A cura di Mariella Bergamini 53

l’elezione dei consigli comunali e provinciali

la loro durata in carica

il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica.

Il funzionamento del Consiglio, nel quadro dei principi stabiliti dallo Statuto, è disciplinato da un

apposito regolamento, approvato a maggioranza assoluta dei consiglieri stessi, che prevede, in

particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte

(art. 38 c. 2).

Il consiglio comunale è composto dal Sindaco e da un numero di componenti stabilito dalla legge,

in base alla popolazione risultante dall’ultimo censimento (art. 37). La durata del mandato è 5 anni

(art. 51). I consigli durano in carica sino all’elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione

del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili (art. 38 c.

5). Norme successive al TUEL hanno previsto la riduzione del numero degli amministratori

comunali, come sintetizzato nella tabella sotto riportata, alla luce delle modifiche operate dal D.L.

138/2011, convertito in legge n. 148/2011, e dalla L. 56/14:

CONSIGLIO

Comuni per fasce demografiche Numero dei consiglieri comunali (escluso il Sindaco)

più di 1 milione 48

da 500.001 a 1 milione 40

da 250.001 a 500.000 36

da 100.001 a 250.000 e comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore

32

da 30.001 a 100.000 24

da 10.001 a 30.000 16

da 3.001 a 10.000 12 (con L. 56/14)

fino a 3.000 abitanti 10 (con L. 56/14)

GIUNTA

Comuni per fasce demografiche Numero degli assessori comunali

più di 1 milione 12

da 500.001 a 1 milione 11

da 250.001 a 500.000 10

da 100.001 a 250.000 e comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore

9

da 30.001 a 100.000 7

da 10.001 a 30.000 5

da 1.001 a 10.000 4 (con L. 56/14)

fino a 1.000 2 (con L. 56/14)

Convocazione e adempimenti della prima seduta del Consiglio (artt. 40 e 41) La prima seduta del consiglio comunale deve essere convocata entro il termine perentorio di dieci

giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione (art. 40

c. 1). Questi termini sono inderogabili. Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti la

prima seduta è convocata dal Sindaco ed è presieduta dal consigliere anziano fino alla elezione del

Presidente del consiglio.

E’ consigliere anziano colui che ha ottenuto il maggior numero di voti, sommando i voti di

preferenza a quelli individuali, con esclusione del Sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di

sindaco eletti consiglieri (c. 2).

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A cura di Mariella Bergamini 54

Nella prima seduta il consiglio comunale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorché

non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti (se ci sono cause di

ineleggibilità, incompatibilità ecc.) e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle

cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall’articolo 69 del TUEL (art. 41 c.

1). Gli adempimenti obbligatori della prima seduta, definiti dalla legge, sono la convalida degli

eletti, l’elezione del Presidente, il ricevimento del giuramento del Sindaco e della comunicazione

sulla composizione della Giunta, la nomina della Commissione Elettorale Comunale (c. 2)34.

Le sedute (art. 38 c. 7) Le sedute del Consiglio e delle commissioni sono pubbliche, salvi i casi previsti dal regolamento35.

Nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, si tengono preferibilmente in un arco temporale

non coincidente con l’orario di lavoro dei partecipanti.

Il regolamento indica anche il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute,

prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati

per legge all’ente, senza computare a tal fine il Sindaco.

Convocazione del Consiglio (art. 39) Il Presidente è tenuto a riunire il Consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo

richiedano un quinto dei consiglieri o il Sindaco, inserendo all’ordine del giorno le questioni

richieste (c. 2). In caso di inadempienza provvede il Prefetto, previa diffida. (c. 5)

La Presidenza (art. 39) Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti il Consiglio è presieduto da un Presidente,

eletto tra i consiglieri nella prima seduta, escluso il Sindaco. Nei comuni con popolazione sino a

15.000 abitanti lo Statuto può prevedere la figura del Presidente del Consiglio (c. 1). Al Presidente

sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di convocazione e direzione dei lavori e delle attività del

Consiglio. Quando lo Statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di Presidente del

Consiglio sono esercitate dal Consigliere anziano.

Il Presidente convoca e dirige i lavori e le attività dell’organo secondo le regole statutarie e

regolamentari garantendo, sotto la propria responsabilità, un’adeguata e preventiva informazione ai

consiglieri e ai gruppi (art. 39 c. 4). Il TUEL infine tutela la minoranza, sia imponendo che lo

Statuto garantisca forme di autonomia e partecipazione, che attribuendo alle opposizioni la

presidenza delle commissioni consiliari di controllo o di garanzia (art. 44).

L’ufficio del Consiglio (art. 38 c. 3) I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Questa autonomia si esprime nel

regolamento, che ne regola il funzionamento e fissa le modalità per fornire al Consiglio servizi,

attrezzature e risorse finanziarie. Inoltre nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti

possono essere previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli.

34 Dal 1° gennaio 2002 la commissione elettorale, nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, è l’ufficio

elettorale, che provvede alla tenuta e all’aggiornamento delle liste elettorali. Nei comuni con popolazione inferiore,

l’ufficio elettorale è il Sindaco: in questo caso egli può delegare e revocare, previa approvazione del Prefetto, le

funzioni di Ufficiale elettorale al Segretario comunale o ad un funzionario del Comune. (La commissione elettorale è un

organismo anacronistico, ma obbligatorio, per cui, secondo quanto previsto dall’art. 96 del TUEL, non può essere

soppressa). 35 Quando si tratta di tutelare la riservatezza delle persone

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A cura di Mariella Bergamini 55

4. I CONSIGLIERI

I consiglieri entrano in carica:

1. All’atto della proclamazione (art. 38 c. 4)

2. In caso di surroga, non appena adottata dal Consiglio la relativa deliberazione.

Le dimissioni dalla carica di consigliere (c. 8), indirizzate al rispettivo Consiglio per iscritto,

devono essere presentate personalmente (o autenticate e presentate tramite delegato) e

immediatamente protocollate nell’ordine temporale di presentazione e:

sono irrevocabili,

non necessitano di presa d’atto

sono immediatamente efficaci.

Il Consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari,

con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni. Non si fa luogo alla

surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del Consiglio nei

casi previsti dall’articolo 14136.

Durante il quinquennio il seggio che, per qualunque causa, rimanga vacante nei consigli comunali e

circoscrizionali è attribuito al primo dei non eletti nella medesima lista (art. 45 c. 1). Nel caso di

sospensione di un consigliere il Consiglio, nella prima adunanza utile, procede alla temporanea

sostituzione, affidando la supplenza al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il

maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della sospensione. Se

sopravviene la decadenza si fa luogo alla surroga (art. 45 c. 2).

Diritti dei consiglieri (art. 43)

I consiglieri hanno il diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del

Consiglio, di chiedere la convocazione del Consiglio (1/5) e di presentare interrogazioni e mozioni

(c. 1). Inoltre hanno diritto di ottenere dagli uffici del Comune e dalle aziende ed enti dipendenti

tutte le notizie e le informazioni in loro possesso utili all’espletamento del proprio mandato; sono

tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge (c. 2). Il Sindaco o l’Assessore

delegato rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni altra istanza presentata dai

consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate

dallo Statuto e dal regolamento consiliare (c. 3). Lo Statuto stabilisce anche i casi di decadenza per

la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del consigliere a

far valere le cause giustificative (c. 4).

5. LE COMMISSIONI E I GRUPPI CONSILIARI

Le commissioni sono una modalità con cui il Consiglio, organo collegiale, può organizzare la

propria attività. Secondo il TUEL (art. 38 c. 6) lo Statuto può prevedere che il Consiglio si avvalga

di commissioni, costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Se vengono costituite delle

commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, la presidenza spetta

all’opposizione (art. 44 c. 1). Inoltre il Consiglio, a maggioranza assoluta dei propri membri, può

istituire al proprio interno commissioni di indagine sull'attività dell'amministrazione (c. 2).

36 Per lo scioglimento del Consiglio vedi capitolo dedicato

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A cura di Mariella Bergamini 56

LA GIUNTA

1. LE COMPETENZE

La Giunta è la cosiddetta “squadra di governo”, ossia l’organo politico che collabora collegialmente

col Sindaco nell’attuazione degli indirizzi del Consiglio.

Dalla lettura dell’art. 48 del TUEL emerge immediatamente che, a differenza di quanto avviene per

il Consiglio, la legge non elenca affatto le competenze della Giunta, ma stabilisce che questo organo

compie tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo che non siano riservati - dalla

legge - al Consiglio oppure non siano compresi nelle competenze - stabilite dalla legge o dallo

Statuto - del Sindaco o degli organi di decentramento.

Infatti la Giunta ha una competenza residuale generale di tipo politico, mentre i dirigenti, come

vedremo, hanno una competenza residuale gestionale.

Di conseguenza spetta allo Statuto equilibrare queste due competenze residuali col principio di

separazione stabilendo, per tutte le materie che la legge non riserva espressamente ai dirigenti, il

confine fra le competenze dell’organo esecutivo (la Giunta) e quelle degli organi burocratici (i

dirigenti).

La Giunta ha una duplice funzione:

attuativa degli indirizzi del Consiglio, esprimendo scelte politiche mediante l’adozione di atti

programmatori che sono essenziali per la vita dell’ente, quali ad esempio il PEG (Piano

Esecutivo di gestione)37, il piano occupazionale - con cui, sulla base delle indicazioni fornite dai

dirigenti, si pianificano le dotazioni di personale - i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e

dei servizi. E’ un’attività di indirizzo politico sulla gestione, che consentirà poi ai dirigenti di

svolgere le proprie funzioni in modo autonomo e responsabile.

propositiva e di impulso nei confronti del Consiglio. La Giunta adotta la stragrande

maggioranza degli atti fondamentali, attivandone così l’approvazione da parte del Consiglio. Un

esempio per tutti, propone al Consiglio il bilancio ed i suoi allegati.

Come per gli altri organi, l’attuale assetto della Giunta è frutto dell’evoluzione normativa degli anni ’90, durante i quali

la Giunta è stata oggetto di profonda revisione con la L. 142/90 (per le competenze), la L. 81/93 (per la nomina) e la L.

127/97 (“Bassanini bis”), mentre il TUEL non ha apportato variazioni rilevanti.

In particolare, l’elezione diretta del Sindaco ha fatto sì che sia il Sindaco a nominare la Giunta (e non più il Consiglio),

per cui l’attuazione del programma è assicurato dalla collaborazione degli Assessori.

Fino agli anni ’90 invece sia la Giunta che i singoli Assessori espletavano tutta una serie di attività non politiche, ma

operative e gestionali che attualmente, alla luce del principio di separazione delle competenze, rientrano nella

competenza dei dirigenti38.

Con la distinzione dei ruoli tra attività politica e attività di gestione si è recuperato un ruolo politico dell’Assessore.

Pur non essendo possibile, trattandosi di una competenza residuale, elencare tutte le funzioni della

Giunta, ricaviamo le più importanti dalla lettura del TUEL.

Collabora con il Sindaco nel governo dell’Ente, nell’attuazione cioè del programma di governo

e degli indirizzi politico-amministrativi generali stabiliti dal Consiglio (art. 48 c.1)

37 E’, per certi versi, il “budget” dell’ente locale, che individua i responsabili dei servizi e attribuisce loro le dotazioni

per raggiungere gli obiettivi assegnati. Vedi capitolo sul bilancio 38 Per esempio la firma dei mandati di pagamento, la sottoscrizione dei contratti, l’approvazione di spese già decise, …..

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A cura di Mariella Bergamini 57

Opera con deliberazioni collegiali, che sono gli unici atti a rilevanza esterna della Giunta

rientranti nell’attività di indirizzo (art. 48 c. 1)

Compie tutti gli atti non rientranti nelle funzioni degli organi di governo (poteri di indirizzo e di

controllo politico-amministrativo), che non siano riservati dalla legge al Consiglio e che non

ricadano nelle competenze previste del Sindaco o degli organi di decentramento

Competenza residuale generale (art. 48 c. 2)

Riferisce annualmente al Consiglio sulla propria attività (art. 48 c. 2)

Svolge attività di proposta e di impulso nei confronti del Consiglio (art. 48 c. 2)

Delibera i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, sempre nel rispetto dei criteri

generali che stabilisce il Consiglio (art. 89)

Attua gli indirizzi generali del Consiglio (art. 48 c. 2)

Approva la programmazione triennale del fabbisogno personale ed il piano assunzioni (art. 91 c.

1)

Delibera la nomina e la revoca del Direttore Generale su disposizione del Sindaco (art. 108) e la

revoca del Segretario (art.100)

Predispone e propone al Consiglio il bilancio, il DUP e i suoi allegati (art. 174 c. 1)

Presenta una relazione illustrativa, da allegare al conto consuntivo, sulla valutazione di

efficacia dei risultati conseguiti in base a raffronti fra obiettivi e costi sostenuti (art. 151 c. 6)

Effettua i prelevamenti dal fondo di riserva (art. 166 c. 2)

Approva il PEG e le variazioni di sua competenza (art. 169 c. 1 e 175 c. 9)

Adotta in via d’urgenza le variazioni di bilancio, salvo ratifica del Consiglio entro 60 gg. e

comunque entro il 31/12 (art. 175 c. 4)

Modifica le dotazioni assegnate ai singoli servizi (art. 177 c. 2)

Delibera le richieste di anticipazione di tesoreria (art. 222 c. 1)

Delibera la contrazione di mutui previsti in atti fondamentali del Consiglio.

Per quel che riguarda le funzioni relative all’ordinamento degli uffici e dei servizi e le dotazioni di personale, è stata la

legge 127/97 a trasferirle alla Giunta, sottraendole al Consiglio.

Questa scelta si basa sul presupposto che l’organo che approva il PEG, individua i responsabili dei servizi e attribuisce

loro le dotazioni debba essere anche quello che disciplina operativamente l’organizzazione interna del Comune.

Quest’ultima deve diventare più flessibile per adeguarsi alla rapida evoluzione dell’ente.

Infatti i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi non solo comprendono il tradizionale ruolo

organizzativo, di assunzione e accesso all’impiego, ma contengono anche gli strumenti operativi per nuove forme di

organizzazione e per l’applicazione di nuovi istituti (Direttore Generale, uffici di staff, Posizioni Organizzative, …) e

nuove modalità di reclutamento del personale (lavoro interinale, collaborazioni, …..).

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A cura di Mariella Bergamini 58

2. LA COMPOSIZIONE ED IL FUNZIONAMENTO

La Giunta (art. 47 TUEL) è composta dal Sindaco, che la presiede, e da un numero di Assessori,

fissato dallo Statuto, che non può essere superiore ad 1/3 dei consiglieri assegnati arrotondato

aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali, computando a tale fine il sindaco, e

comunque non superiore a dodici unità.

Lo Statuto, nell’ambito di quanto stabilito dalla legge, può fissare il numero preciso degli Assessori,

oppure il numero massimo, lasciando in tal caso alla discrezionalità del Sindaco di stabilirne il

numero esatto.

Norme successive al TUEL hanno previsto la riduzione del numero degli assessori comunali. Sul

tema è intervenuta anche la L. 56/14 che, oltre a disciplinare nuovamente il numero degli

amministratori, ha sancito che “ Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000

abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con

arrotondamento aritmetico” (c. 137).

La nomina degli Assessori è effettuata dal Sindaco, che deve garantire la presenza di entrambi i

sessi, dopo la sua elezione ed è comunicata al Consiglio nella prima adunanza. E’ il primo atto che

il Sindaco compie in veste di responsabile dell’amministrazione dell’ente. Le previsioni sulle

incompatibilità cambiano al variare delle dimensioni dell’Ente (art. 64 TUEL):

Comuni sopra 15.000 abitanti: gli Assessori sono nominati dal Sindaco che li può scegliere

all’interno o al di fuori del Consiglio, purché, in quest’ultimo caso, siano in possesso dei requisiti

di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. Nel caso un consigliere

comunale venga nominato Assessore, al momento dell’accettazione decade dalla carica di

consigliere, in quanto le due cariche sono incompatibili.

Comuni sotto i 15.000 abitanti: il Sindaco può nominare Assessori cittadini anche al di fuori

del Consiglio, purché in possesso dei requisiti come sopra. Non vi è incompatibilità fra la carica

di Assessore e quella di Consigliere.

Gli Assessori sono legati al Sindaco da un rapporto fiduciario e pertanto in qualunque momento

possono essere revocati e sostituiti dal Sindaco, che ne deve dare motivata comunicazione al

Consiglio. Il Sindaco nomina anche un Vice, che lo sostituisce in caso di assenza o impedimento

temporaneo.

Inoltre, proprio per questo legame inscindibile, in caso di cessazione dell’incarico del Sindaco (per

mozione di sfiducia del Consiglio, decadenza, impedimento permanente, decesso, dimissioni o

rimozione) la Giunta decade ma, nei casi in cui non è prevista la nomina di un commissario, rimane

in carica sino alla elezione del nuovo Consiglio e del nuovo Sindaco.

Questo è dovuto al dualismo elettorale che collega direttamente le sorti della Giunta e del Consiglio

a quelle del Sindaco. Gli Assessori svolgono i compiti affidati loro dal Sindaco, ossia sovrintendono

a settori dell’attività dell’ente e hanno competenza di emanare direttive, di indirizzo e controllo e di

coordinamento. Mediante la delega il Sindaco può attribuire al singolo Assessore, con le connesse

responsabilità, l’incarico di collaborare all’esercizio delle funzioni di sovrintendenza per settori di

attività e progetti.

Ciò può anche implicare l’emanazione di atti a rilevanza esterna, purché rientrino nell’attività di

indirizzo e non in quella di gestione, che è invece di competenza dei dirigenti.

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A cura di Mariella Bergamini 59

IL CONTROLLO SUGLI ORGANI

1. DEFINIZIONE DI CONTROLLO

In linea generale l’attività di controllo indica una verifica da parte di un organo distinto, che

solitamente si trova in posizione di supremazia rispetto al controllato. Le diverse tipologie di

controllo possono essere classificate in vario modo:

per il luogo

- controlli esterni: sono quelli tradizionali, di derivazione giuridica, e si esercitano sia sugli

organi che sugli atti. Sono effettuati da organi esterni all’ente.

- controlli interni: di derivazione economica, sono stati introdotti a partire dagli anni ’90. Si

riferiscono principalmente all’attività dell’ente e sono destinati ad assumere un’importanza

sempre maggiore, sia per la crescente autonomia acquisita dagli enti locali, sia per

l’attenzione che la pubblica opinione rivolge all’utilizzo delle risorse. Sono una forma di

autocontrollo.

per l’oggetto

- controllo sugli atti

- controllo sugli organi

- controllo sulla attività

per il tempo

preventivi: prima che l’atto diventi efficace (cioè abbia effetti giuridici)

successivi: dopo che l’atto è divenuto efficace39.

per gli effetti

- sostitutivi semplici: si attuano in caso di omissione o ritardo di emanazione di atti

- sostitutivi repressivi: comportano lo scioglimento dell’organo

- ispettivi: precedono di solito altre e diverse forme di controllo; non hanno una propria

autonomia

A seguito dell’evoluzione normativa degli ultimi venti anni i controlli esterni sugli atti, che erano

quelli tradizionali della pubblica amministrazione, previsti fin dalla Costituzione, si sono

gradualmente ridotti, a favore di nuove forme di controllo, interne, sulle attività e sulla qualità.

Questo vale in particolar modo per gli enti locali poiché, con la riforma del Titolo V della

Costituzione, è stato abrogato l’art. 130 Cost., che disponeva il controllo preventivo sugli atti degli

enti locali e, di conseguenza, è stato soppresso l’organo che li effettuava (il Co.Re.Co.). Pertanto i

controlli sugli atti sono oggi ridotti a pochissimi casi eccezionali, che verranno accennati al termine

del capitolo riguardante gli atti amministrativi.

I controlli interni, ed in particolare il controllo di gestione, verranno trattati successivamente. Di

seguito invece, quale completamento dell’analisi dell’ordinamento istituzionale, affrontiamo il

controllo sugli organi.

39 Es.: controllo della Corte dei Conti sul bilancio

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A cura di Mariella Bergamini 60

2. SCIOGLIMENTO E SOSPENSIONE DEL CONSIGLIO

L’organo preposto al controllo sugli organi degli enti locali è il Prefetto, cui compete altresì il

controllo sostitutivo ed ispettivo sui comuni nelle materie attribuite al Sindaco nella sua qualità di

ufficiale di Governo (leva, anagrafe, stato civile etc.).

Il controllo sugli organi (art. 141 TUEL) è un controllo esterno, di tipo repressivo (perché porta allo

scioglimento dell’organo collegiale), la cui procedura è puntualmente disciplinata dalla legge dello

stato, in quanto è un tipo di controllo che incide pesantemente su un organo che è espressione

diretta della volontà del corpo elettorale.

I casi di scioglimento del consiglio sono riconducibili a 3 motivazioni principali:

violazione di legge,

impossibilità di funzionamento,

mancata approvazione del bilancio.

Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro

dell’Interno:

quando i Consigli compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni

di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per

le seguenti cause:

impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del Sindaco;

dimissioni del Sindaco;

cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, oppure rese anche con atti

separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della

metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il Sindaco;

riduzione alla metà dei componenti per impossibilità di surroga;

approvazione mozione di sfiducia (art. 52 TUEL)

mancata approvazione degli strumenti urbanistici generali nei comuni oltre i mille abitanti,

previa diffida del Prefetto, secondo la procedura di cui all’art. 141 c. 2bis

quando non sia approvato nei termini il bilancio40.

Nel caso il bilancio non venga approvato, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere

approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, il PREFETTO41 (non più

il Co.Re.Co.), previa diffida, nomina un commissario affinché lo predisponga d’ufficio per

sottoporlo al Consiglio. In questo caso, oppure anche nel caso in cui la Giunta abbia predisposto lo

schema e il Consiglio non lo abbia approvato nei termini di legge, il PREFETTO (non più il

Co.Re.Co.) assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non

superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito

40 Altri casi di scioglimento sono l’omissione della delibera di dissesto finanziario, oppure l’inosservanza del termine

per formulazione bilancio riequilibrato (artt. 247 e 262 TUEL). Inoltre la medesima procedura sopra descritta si applica

per la mancata adozione della delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio (art. 193 del TUEL) e del rendiconto

(art. 227). 41 Art. 1 D.L. 13/2002 e ss. mm.

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A cura di Mariella Bergamini 61

commissario, all’amministrazione inadempiente (commissario ad acta). Nel frattempo il Prefetto

inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

In tutti i casi diversi dalla rimozione o impedimento o decadenza o decesso del Sindaco, con il

decreto di scioglimento del Consiglio viene nominato un commissario, che esercita le attribuzioni

conferitegli con il decreto stesso. Il rinnovo del Consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve

coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge. I consiglieri cessati dalla carica

per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi

esterni loro eventualmente attribuiti. Al decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro

contenente i motivi del provvedimento; dell’adozione del decreto di scioglimento è data immediata

comunicazione al Parlamento. Il decreto è pubblicato nella "Gazzetta Ufficiale" della Repubblica

italiana. In attesa del decreto di scioglimento, il Prefetto, per motivi di grave e urgente necessità,

può sospendere, per un periodo comunque non superiore a 90 giorni, il Consiglio e nominare un

commissario per la provvisoria amministrazione dell’ente, che esercita le funzioni di tutti gli organi.

3. RIMOZIONE E SOSPENSIONE DI AMMINISTRATORI LOCALI (art. 142)

Mentre lo scioglimento riguarda un organo collegiale, la rimozione è un provvedimento repressivo

rivolto ad un organo monocratico (singolo amministratore) ed è anch’esso disciplinato

dettagliatamente dalla legge, in quanto gli amministratori, al fine di svolgere il proprio mandato,

godono di un particolare status e prerogative legate alla loro funzione.

Il Sindaco, il Presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i

componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere

rimossi con decreto del Ministro dell’Interno:

quando compiano atti contrari alla Costituzione

per gravi e persistenti violazioni di legge

per gravi motivi di ordine pubblico.

In attesa del decreto, il Prefetto può sospendere gli amministratori qualora sussistano motivi di

grave e urgente necessità.

Nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti in caso di

grave inosservanza degli obblighi posti a carico delle province ovvero in caso di grave inosservanza

di specifici obblighi posti a carico dei comuni inerenti alla disciplina delle modalità del servizio di

raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, della raccolta differenziata, della promozione del recupero

delle diverse frazioni di rifiuti, della raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio anche

come precisati dalle ordinanze di protezione civile, il Sottosegretario di Stato delegato alla

gestione dell'emergenza assegna all'ente interessato un congruo termine perentorio per

adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, su proposta

motivata del medesimo Sottosegretario, con decreto del Ministro dell'interno possono essere

rimossi il sindaco, il presidente della provincia o i componenti dei consigli e delle giunte.

4. SCIOGLIMENTO DEI CONSIGLI COMUNALI PER INFILTRAZIONE MAFIOSA

Al di là dei casi previsti al primo punto, i Consigli comunali sono sciolti quando emergono elementi

su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di

condizionamento degli amministratori stessi. Tali infiltrazioni mafiose compromettono la libera

determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni locali, nonché il

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A cura di Mariella Bergamini 62

regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati, ovvero che risultano tali da arrecare grave e

perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.

Al fine di verificare la sussistenza degli elementi relativi all’infiltrazione mafiosa, anche con

riferimento al Segretario comunale (o provinciale), al Direttore Generale, ove nominato, ai dirigenti

ed ai dipendenti dell’Ente locale, il Prefetto dispone ogni opportuno accertamento, di norma

promuovendo l’accesso presso l’ente interessato. Pertanto il Prefetto nomina una commissione

d’indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i

poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell’Interno. Entro tre

mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la

commissione termina gli accertamenti e rassegna le proprie conclusioni al Prefetto, che le riporta in

apposita relazione da presentare al Ministro dell’Interno.

Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro

dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il decreto di scioglimento, con allegata

la relazione, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e comunicato al Parlamento. Lo scioglimento del

Consiglio comporta la cessazione dalla carica di Consigliere, di Sindaco, di Presidente della

Provincia e di componente delle rispettive Giunte nonché di ogni altro incarico comunque connesso

alle cariche ricoperte. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il Prefetto, in attesa del decreto

di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa

connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente mediante invio di commissari. La

sospensione non può eccedere la durata di 60 giorni. Provvedimenti cautelari devono essere presi

anche nei confronti dei dipendenti collusi.

Questa procedura è dettata dall’art. 143 del TUEL. Gli articoli successivi dal 144 al 146, dettagliano

le modalità di gestione dell’ente per assicurare il regolare funzionamento dei servizi.

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A cura di Mariella Bergamini 63

I DIRIGENTI

1. L’EVOLUZIONE STORICA

I dirigenti costituiscono gli organi burocratici del Comune. La qualifica di organo va riconosciuta

anche ai dirigenti in quanto a loro è attribuito il complesso di competenze gestionali attinenti

l’attività amministrativa dell’ente, compresa l’adozione di atti a rilevanza esterna. Indubbiamente i

dirigenti costituiscono oggi il “motore” della macchina comunale ma, come per gli altri organi,

questo assetto è frutto di una progressiva evoluzione di compiti e funzioni.

Infatti la figura del dirigente assume effettiva valenza solo con la legge 142/90, che riformò radicalmente la dirigenza

ridefinendo i rapporti fra politica e gestione, affermando per la prima volta il principio cardine della distinzione fra

indirizzo politico amministrativo - affidato agli organi elettivi - e gestione amministrativa - di competenza dei dirigenti.

La distinzione fra competenze politiche e burocratiche diventerà poi un principio generale del

nostro ordinamento. In particolare, agli organi politici compete l’attività di indirizzo (definizione

degli obiettivi per la cura degli interessi della propria comunità: cosa fare) e controllo (sull’efficacia

dell’azione amministrativa e sull’attuazione degli stessi: cosa è stato fatto), mentre spetta ai

dirigenti tutta l’attività gestionale (complesso di atti necessari a conseguire l’interesse pubblico ed i

fini individuati nell’azione di governo: come fare), inclusa l’adozione di atti che impegnano

l’amministrazione verso l’esterno.

Nel ’95, col D. Lgs. 77, ora ricompreso nel TUEL, la riforma viene completata con l’istituzione del

PEG, che è lo strumento operativo di programmazione economico-finanziaria che dà concreta

attuazione al principio della separazione delle competenze. Con il PEG la Giunta, basandosi sul

bilancio approvato dal Consiglio ed attraverso una negoziazione coi dirigenti - sui quali ricadrà la

responsabilità di risultato - fissa gli obiettivi ed assegna le risorse ai dirigenti, i quali assumono

effettivamente sia la responsabilità della gestione che la titolarità della funzione di spesa e saranno

valutati sui risultati raggiunti con le risorse loro assegnate.

2. LA NOMINA DEI RESPONSABILI DI FUNZIONI DIRIGENZIALI

La “funzione dirigenziale” comporta sia la responsabilità gestionale che il potere di emanare atti che

impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché quello di gestire il personale, ossia

organizzare il lavoro ed irrogare le sanzioni disciplinari. I requisiti della funzione dirigenziale sono:

Autonomia: originaria capacità di scelte organizzative e gestionali

Responsabilità: correlata assunzione di oneri dipendenti dalle scelte effettuate.

La funzione di direzione è propria di ogni soggetto titolare di una struttura organizzativa che

comporti l’utilizzo di risorse umane e materiali e la responsabilità di risultato, anche se non riveste

la qualifica di dirigente. Espletano quindi funzione di direzione anche coloro che, pur non essendo

dirigenti, sono titolari di Posizione Organizzativa, oppure responsabili di servizi. Ciò vale a maggior

ragione nei piccoli comuni, dove spesso non vi sono in dotazione organica figure dirigenziali ed i

dipendenti di massimo livello (gli “apicali”) sono inquadrati in fascia D.

La scelta delle persone (dirigenti o apicali) cui attribuire la responsabilità delle varie unità

organizzative spetta al Sindaco (art. 50 c. 10 TUEL): si tratta di un incarico a tempo determinato,

basato sulla fiducia, la cui durata non può oltrepassare quella del mandato. Gli incarichi sono

conferiti con atto motivato e con le modalità fissate dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e

dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel

programma amministrativo e alla luce dei precedenti risultati gestionali (art. 109 TUEL).

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A cura di Mariella Bergamini 64

Il rapporto fra amministratori e dirigenti è marcatamente fiduciario, tanto che il Sindaco può

nominare i suoi più stretti collaboratori sul piano gestionale: Direttore Generale, Segretario,

dirigenti a contratto e figure di alta specializzazione, collaboratori di staff alle strette dipendenze

degli organi politici.

Nei comuni privi di dirigenti, le funzioni gestionali possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del

Sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi a prescindere dalla loro qualifica (art. 109 c. 2 TUEL). Inoltre il

Sindaco, se il posto apicale è vacante o se mancano comunque figure professionali idonee tra i dipendenti, previa

adeguata motivazione basata sugli specifici parametri di competenza professionale, può nominare:

soltanto in via transitoria, il dipendente di livello sub-apicale, con diritto alla percezione dei compensi riservati alle

Posizioni Organizzative (art. 8 c. 6 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 14 settembre 2000);

una figura professionale esterna con contratto di lavoro a tempo determinato, se previsto dallo Statuto (art. 110

TUEL);

il Segretario (art. 97, c. 4, lettera d), del TUEL, opportunamente richiamato dall'articolo 109, comma 2), o il

Direttore Generale, se nominato.

L’art. 109 del TUEL disciplina quindi il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali (a

tempo determinato e con incarico motivato), secondo quanto previsto dallo Statuto e dal contratto

della Dirigenza.

L’art. 110 disciplina le assunzioni a tempo determinato dei dirigenti e del personale altamente

specializzato al fine di garantire la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici.

Se previste dallo Statuto, queste assunzioni possono avvenire secondo le modalità previste dal

regolamento sull’ordinamento degli uffici e non possono superare il 30% dei dirigenti previsti in

dotazione organica, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, e il 5% per

contratti fuori dotazione organica.

La durata massima del rapporto coincide col mandato elettivo ed il trattamento economico previsto

dal contratto collettivo nazionale può essere integrato con un’indennità ad personam.

3. LE PREVISIONI DEL TUEL

Le competenze

Il TUEL disciplina la dirigenza locale al capo III del tit. IV (artt. 107-111).

L’art. 107 ribadisce la separazione dei compiti di indirizzo politico da quelli di gestione. Questi

ultimi sono assegnati ai dirigenti, ai quali spetta la direzione degli uffici e dei servizi secondo

quanto previsto dallo Statuto e dai regolamenti.

Il corretto rapporto fra politica e amministrazione è basato sull’interconnessione fra gli indirizzi -

che competono agli organi politici - e la gestione - che spetta ai dirigenti – e, per evitare la che i due

ambiti si sovrappongano, si applica il riparto delle competenze.

Infatti i dirigenti partecipano all’elaborazione dei programmi attraverso un processo di negoziazione

che si riflette nel PEG, mentre gli organi politici mantengono forti poteri di controllo e valutazione

dell’attività dei dirigenti.

Lo scopo della norma è proprio quello di evitare che, mediante lo Statuto o i regolamenti dell’ente,

avvengano sconfinamenti degli organi politici nelle attribuzioni degli organi burocratici.

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A cura di Mariella Bergamini 65

Il rispetto del principio di separazione è tutelato dall’art. 78 c. 1 del TUEL, che impone agli

amministratori di improntare il loro comportamento alla distinzione tra le proprie funzioni,

competenze, responsabilità e quelle dei dirigenti.

I dirigenti sono comunque garantiti soprattutto dalle previsioni dell’art. 107 TUEL in due modi:

Dalla possibilità di derogare alle competenze dirigenziali solo espressamente e con specifiche

disposizioni di legge (c. 4)

Dall’attribuzione per legge di tutti gli atti di gestione, anche quelli precedentemente di

competenza degli organi politici, con l’unica eccezione della sovraintendenza alle funzioni

statali/regionali attribuite/delegate al Comune, che viene esercitata dal Sindaco, e delle

attribuzioni di quest’ultimo nei servizi di competenza statale (c. 5).

Il comma 5 dell’art. 107 è di fondamentale importanza, perché fa sì che tutte le volte in cui una

legge anteriore al TUEL attribuisce agli organi politici (in particolare al Sindaco) una competenza

che richiede una discrezionalità gestionale e non politica, questa competenza rientri

automaticamente fra quelle del dirigente, che è legittimato ad emanare i relativi atti.

Passando ad esaminare le norme più in dettaglio, l’art. 107, al comma 1, definisce in maniera molto

ampia la gestione attribuita ai dirigenti (amministrativa, finanziaria, tecnica, mediante autonomi

poteri di spesa, di organizzazione delle risorse e di controllo).

Il TUEL evidenzia così il fatto che spettano ai dirigenti tutti gli atti che la legge e lo Statuto non

riservino agli organi di governo o non rientrino nelle funzioni di Segretario o Direttore Generale.

Tale formulazione evidenzia la mancanza di limiti al potere gestionale dei dirigenti, cui sono

attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi stabiliti dagli organi politici di

governo.

Il comma 2 definisce in maniera più puntuale i compiti dei dirigenti, ivi inclusa l’adozione di atti

che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, e conferisce loro una competenza residuale

generale di tipo amministrativo su tutti gli atti non espressamente attribuiti, dalla legge o dallo

Statuto, agli organi di governo, al Direttore o al Segretario.

Come abbiamo visto, la Giunta ha invece una competenza residuale generale di tipo politico, per cui

spetta allo Statuto contemperare queste due competenze residuali col principio di separazione,

stabilendo la ripartizione fra le competenze degli organi elettivi e quelle dei dirigenti per tutte le

materie non espressamente riservate dalla legge a questi ultimi.

Il comma 3 enumera, rafforzandole rispetto alla normativa previgente, le competenze riservate in

via esclusiva ai dirigenti, le cui modalità di esercizio saranno stabilite dallo Statuto.

Tale elencazione, che esemplifica ma non esaurisce le competenze dirigenziali, impedisce di fatto il

“ritaglio” di competenze a favore degli organi politici (Sindaco e soprattutto la Giunta) ad opera

degli Statuti e dei regolamenti dell’ente:

Presidenza commissioni gara e concorso

Responsabilità procedure appalto e concorso

Stipula contratti

Atti di gestione finanziaria ed impegni di spesa

Atti di amministrazione e gestione del personale

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A cura di Mariella Bergamini 66

Provvedimenti di autorizzazione (anche edilizia ed attività produttive), concessione ed analoghi,

con accertamenti anche discrezionali

Provvedimenti di sospensione lavori, abbattimento e riduzione in pristino, di vigilanza edilizia

ed irrogazione sanzioni amministrative repressive dell’abusivismo edilizio

Attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autentiche, legalizzazioni ed ogni

atto di giudizio o conoscenza

Atti attribuiti dallo Statuto e dai Regolamenti o delegati dal Sindaco.

Da questo elenco si evince che la demarcazione tra le funzioni degli organi politici e quelle

dirigenziali non è data dalla discrezionalità dei provvedimenti, ma dalla distinzione fra scelte di

indirizzo e compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti dagli organi di governo,

che comprendono l’adozione sia di provvedimenti vincolati che discrezionali.

Infine abbiamo già analizzato il c. 4, che sancisce che le attribuzioni dirigenziali possono essere

derogate solo espressamente e con specifiche disposizioni legislative, ed il c. 5, l’importante “norma

di chiusura”, che trasferisce ai dirigenti anche tutti i compiti di gestione che eventuali normative

previgenti avessero assegnato agli organi di governo.

Le determinazioni ed i pareri

Le numerose competenze gestionali dei dirigenti si articolano in diverse tipologie di atti:

Le determinazioni sono l’atto tipico dell’attività dirigenziale. Le più comuni sono quelle con cui

il dirigente decide di effettuare una spesa (determinazioni d’impegno - art. 183 c. 9), oppure di

pagare il fornitore dopo che l’attività è stata svolta (determinazioni di liquidazione). Esistono

poi determinazioni che non hanno una valenza contabile, ossia non riguardano né un’entrata né

una spesa, ma che possono avere il contenuto più vario, ad esempio le autorizzazioni. Fra le

determinazioni dirigenziali particolare importanza riveste la determinazione a contrattare,

prevista dall’art. 192 del TUEL, che deve precedere la stipula dei contratti.

I pareri42 possono essere facoltativi o obbligatori. Fra questi ultimi figurano il parere di

regolarità tecnica e quello di regolarità contabile, che devono essere apposti sulle proposte di

deliberazione di Giunta o di Consiglio prima della loro approvazione. Infatti l’art. 49 del TUEL

sancisce che su tutte le proposte di deliberazione, che non siano mero atto di indirizzo, devono

essere apposti il parere di regolarità tecnica, espresso dal responsabile del servizio e, qualora vi

siano riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'Ente, quello di regolarità contabile, rilasciato dal responsabile del servizio finanziario. Sono pareri

obbligatori ma non vincolanti, devono essere espressi per iscritto e motivati, soprattutto se di

contenuto negativo, poiché i dirigenti rispondono del loro contenuto in via amministrativa e

contabile. Nei comuni privi di responsabili dei servizi, questi pareri sono espressi dal Segretario

(art. 97 c. 4).

Le certificazioni in materia di atti, che costituiscono manifestazione di giudizio e di conoscenza,

e le autorizzazioni, concessioni, licenze, nulla osta, il cui rilascio presupponga accertamenti e

valutazioni, anche discrezionali, di natura tecnica e gestionale.

A questi atti si aggiungono le disposizioni, di contenuto vario, con cui il dirigente manifesta la

propria volontà (es. articolazione organizzativa della propria struttura, ordini di servizio per

l’organizzazione e gestione del personale assegnato, …..) e le proposte avanzate agli organi politici

42 In diritto amministrativo un parere, quando richiesto, è uno degli elementi che concorrono a formare l’atto

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A cura di Mariella Bergamini 67

per consentire loro di formulare meglio i piani e i programmi, definire obiettivi coerenti e adeguati e

soprattutto individuare le priorità (proposte di deliberazione, proposte di PEG….. Vedi art. 177

TUEL).

La legislazione non prevede alcun tipo di controllo successivo sulle determinazioni dirigenziali,

come del resto per tutti gli altri atti degli organi monocratici. Gli atti dei dirigenti hanno efficacia al

momento stesso della loro assunzione, con la sola eccezione di quelli che comportano impegni di

spesa e che quindi divengono esecutivi (cioè hanno effetti giuridici) solo con l’apposizione del visto

di regolarità contabile da parte del responsabile del Servizio Finanziario, che attesta anche la

copertura finanziaria.

Le responsabilità

La sempre maggiore responsabilizzazione dei dirigenti fa da contrappeso al fatto che il potere del

dirigente non incontra più alcun limite per quel che riguarda gli aspetti gestionali. Le figure apicali

assumono un ruolo che si rifà alla logica d’impresa della gestione per obiettivi, di cui il vertice

burocratico si assume la piena responsabilità della realizzazione o del fallimento degli stessi (art.

107 c. 6). Infatti la distinzione delle competenze comporta anche diversità di responsabilità: mentre

gli amministratori incorrono nella responsabilità politica di fronte al corpo elettorale, i dirigenti

incorrono in una responsabilità di nuovo tipo, che si aggiunge a quelle tradizionali in capo al

pubblico dipendente43: la responsabilità gestionale o dirigenziale.

Questa responsabilità si ricollega ai risultati complessivi della struttura a cui il dirigente è preposto

e nasce non dalla violazione delle norme giuridiche, bensì dal mancato raggiungimento degli

obiettivi definiti nel PEG se44:

1) gli organi politici hanno fissato gli obiettivi

2) al dirigente sono state assegnate le risorse finanziarie, umane e strumentali per il loro

conseguimento

3) sono stati determinati i parametri di valutazione dei risultati.

La responsabilità gestionale è censurabile solo in sede di conferimento, conferma e revoca

dell’incarico (art. 109) ed al momento della verifica annuale per l’attribuzione della retribuzione di

risultato. La sanzione può essere applicata solo mediante un procedimento articolato, che inizia con

la contestazione dell’addebito e termina con un giudizio motivato di negatività del risultato.

L’art. 109 disciplina, oltre il conferimento, anche la revoca degli incarichi dirigenziali, secondo

quanto previsto dallo Statuto e dal contratto della Dirigenza. La revoca è di competenza del Sindaco

(con atto scritto e motivato, previo contraddittorio con l’interessato) e comporta la perdita della

retribuzione di posizione e di risultato. I presupposti della revoca sono:

1) l’inosservanza delle direttive del Sindaco, dell’Assessore o della Giunta

2) il mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati dalla Giunta col PEG

3) una responsabilità grave e reiterata

4) gli altri casi previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro: cessazione anticipata

dell’incarico sia per motivate ragioni organizzative che per negatività dei risultati di gestione

(rilevata tramite verifica dei risultati e valutazione delle prestazione).

43 Civile, penale e amministrativa - vedi art. 28 Cost. 44 I punti 2 e 3 sono oggetto di negoziazione fra amministratori e dirigenti

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A cura di Mariella Bergamini 68

Il SEGRETARIO COMUNALE

1. L’EVOLUZIONE STORICA

Anche per il Segretario riproponiamo la medesima chiave di lettura che abbiamo utilizzato nei

capitoli precedenti, in quanto la normativa ha più volte modificato profondamente questa figura ed

il suo ruolo nell’ente locale.

Infatti tradizionalmente il Segretario Comunale era un funzionario dello Stato che svolgeva

principalmente compiti di consulenza ed assistenza giuridico-amministrativa, nonché funzioni

notarili. Il motivo di questa presenza era da ricercarsi nella necessità di offrire agli organi politici

una consulenza giuridica molto qualificata, che però costituiva indubbiamente un’ingerenza dello

stato nelle autonomie locali. Un assetto di questo tipo strideva sempre più con la crescente

autonomia raggiunta dagli enti locali negli ultimi dieci anni, per cui la legge 127/97 (“Bassanini

bis”) ha rinnovato radicalmente la materia, ridefinendo la figura del Segretario. La riforma ha

ridotto considerevolmente le funzioni obbligatoriamente attribuite dalla legge al Segretario, che

sono di natura giuridica, mentre lascia ampio spazio all’autonomia dell’Ente di assegnargliene altre,

anche di tipo gestionale.

Ulteriori importanti novità sono state apportate dalla L. 122/2010 che ha soppresso l’Agenzia

Autonoma dei Segretari, che era stata creata dalla Bassanini, riportandone le funzioni nell’ambito

del Ministero degli Interni.

Successivamente, il DL 174/2012 ha fortemente potenziato il ruolo del Segretario,

responsabilizzandolo direttamente nella direzione del controllo di regolarità amministrativa e

contabile nella fase successiva allo svolgimento dell’attività amministrativa, mentre la normativa

anticorruzione (l. 190/2012) gli ha attribuito il ruolo di Responsabile della prevenzione della

corruzione.

Infine, si segnala che la sentenza n. 251/2016 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità

di norme di delega contenute nella L. 124/2015 (“Legge Madia”), fra cui quella sulla dirigenza

pubblica che prevedeva, tra l’altro, l’abolizione della figura del segretario comunale e provinciale,

con la conseguente soppressione del relativo albo. Al posto del segretario comunale, gli enti locali

avrebbero dovuto incaricare, come figura obbligatoria, il «dirigente apicale», selezionandolo con le

ordinarie procedure per l'incarico dei dirigenti appartenenti ai ruoli, che avrebbe svolto alcune delle

funzioni tipiche del segretario. Nel ruolo dei dirigenti locali, una volta istituito, sarebbero dovuti

confluire i segretari comunali e provinciali già iscritti nell'albo nazionale e collocati nelle fasce

professionali A e B, mentre i segretari di fascia C e i vincitori dei concorsi da segretario sarebbero

stati inseriti in servizio per due anni come funzionari. A seguito della sentenza di cui sopra lo

schema di decreto attuativo approvato dal CDM è stato ritirato ed è scaduto il termine per

l’esercizio della delega.

2. LE FUNZIONI ED IL RAPPORTO CON L’ENTE

La figura del Segretario è disciplinata dagli articoli 97 e seguenti del TUEL, che ha riassorbito i

corrispondenti articoli della L. 127/97. L’articolo 97 ne ribadisce l’obbligatorietà (c. 1) ed il ruolo di

consulente giuridico-amministrativo nei confronti degli organi dell’ente sulla conformità

dell’azione amministrativa alle leggi, allo Statuto ed ai regolamenti (c. 2).

La nomina compete al Sindaco, che lo sceglie fra gli iscritti in un apposito albo (art. 99 c. 1).

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A cura di Mariella Bergamini 69

La durata dell’incarico è pari a quella del mandato del Sindaco.

Il Segretario cessa le sue funzioni automaticamente con il concludersi del mandato del

Sindaco, ma continua ad esercitare fino alla nomina del nuovo Segretario (c. 2)45, la quale

deve avvenire non prima di 60 giorni e non oltre 120 dall’insediamento del Sindaco.

Il Segretario si intende confermato se il Sindaco non ne nomina un altro entro questi termini

(c. 3).

Il Segretario dipende funzionalmente dal Sindaco, di cui è il principale collaboratore per gli

aspetti giuridico-amministrativi. Può essere revocato con provvedimento motivato del

Sindaco, previa deliberazione della Giunta, esclusivamente per violazione dei doveri

d’ufficio (art. 100).

Per quel che riguarda le funzioni, la legge individua una serie di attività, di natura giuridico-

amministrativa, che possono essere svolte esclusivamente dal Segretario. Lo Statuto ed i

regolamenti, ma soprattutto il Sindaco, possono ampliare le competenze del Segretario,

aggiungendo ulteriori funzioni a questo nucleo minimo (art. 97 c. 4 lett. d), a seconda dell’assetto

istituzionale e delle esigenze dell’ente locale ed in particolare dal fatto che sia stato nominato o

meno il Direttore Generale. I compiti tassativamente riconosciuti dalla legge al Segretario rinviano

a competenze legali e normative e sono elencati all’art. 97 del TUEL. Sono attività che derivano dal

tradizionale ruolo di garanzia e connotano la figura del Segretario, in quanto non possono essere

svolte da nessun altro.

FUNZIONI INDEFETTIBILI

Collaborazione ed assistenza giuridico – amministrativa nei confronti degli organi dell’ente (c.

2). Questa funzione presuppone un’attività continua che il Segretario deve svolgere per assicurare la legittimità, la

regolarità e la correttezza dell’attività dell’ente. Può trattarsi di consulenza, ossia esprimere pareri e consigli, oppure

di assistenza giuridico amministrativa, in ordine sempre alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo

Statuto ed ai regolamenti. La collaborazione e consulenza si svolge anche quando il Segretario esprime i pareri di

cui all’art. 49 TUEL, nel caso in cui manchino i dirigenti, e comunque sempre quando partecipa alle sedute della

Giunta e del Consiglio con funzioni consultive, referenti e verbalizzanti. Funzione giuridica

Partecipazione alle sedute del Consiglio e della Giunta con competenze consultive, referenti, di

assistenza, di documentazione e ne cura la verbalizzazione (c. 4 lett. a). L’utilizzo del verbo

partecipare indica che il Segretario non si limita ad assistere alle sedute, ma vi prende parte svolgendo, anche in

quella sede, attività di consulenza agli organi politici. Funzione giuridica

Funzioni notarili, in quanto ufficiale rogante nei contratti nei quali l’ente è parte; può anche autenticare scritture

private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente (c. 4 lett. c) Funzione giuridica

Altre funzioni previste dalla legge. Ad esempio l’art. 158 del TUEL prevede che la rendicontazione dei

contributi straordinari avvenga a cura del Segretario e del responsabile del servizio finanziario; l’art. 153 prevede

che il Segretario sia destinatario, unitamente al Consiglio e all’organo di revisione, delle segnalazioni sugli squilibri

di bilancio effettuate dal responsabile del servizio finanziario46.

45 Infatti, essendo una figura obbligatoria, il Comune non può rimanerne privo 46 Altri esempi: Levata protesti cambiari, competenze in materia elettorale, potestà certificativa sull’attività dell’ente e

dei singoli organi….

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A cura di Mariella Bergamini 70

A tale proposito, rileviamo in particolare che il DL 174/2012 pone in capo al Segretario importanti

competenze in materia di controlli (vedi capitolo dedicato), mentre la L. 190/2012 individua il

Segretario quale responsabile della prevenzione della corruzione nell’Ente.

Vi sono poi funzioni eventuali, ossia che il Segretario esercita in mancanza di altre figure, oppure se

riveste anche il ruolo di Direttore Generale, che sono previste al comma 4 dell’art. 97:

FUNZIONI EVENTUALI

Esprime i pareri di regolarità tecnico e contabile in mancanza dei responsabili dei servizi (lett. c)

Sovrintende e coordina i dirigenti se non è stato nominato il Direttore Generale.

Espleta funzioni di direzione, se è stato nominato Direttore Generale (lett. e)

Infine vi possono essere degli ulteriori compiti previsti dallo Statuto o dai regolamenti dell’Ente;

oppure il Sindaco può affidare al Segretario, con provvedimento motivato, una molteplicità di

funzioni, sottraendole ad altri soggetti47.

FUNZIONI MOBILI

Esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo Statuto o dai regolamenti, oppure conferitagli dal

Sindaco (lett. d) funzioni gestionali

Le funzioni ed il ruolo del Segretario quindi dipendono in parte anche dal fatto che sia stato

nominato o meno del Direttore Generale. Si possono avere i seguenti casi:

Esistono sia il Segretario che il Direttore Generale. Il Sindaco, all’atto della nomina del

Direttore, disciplina i rapporti e i ruoli tra i due (art. 97 c. 3)

Il Segretario viene nominato Direttore Generale e quindi i due ruoli si identificano nella stessa

persona (art. 108 c. 4)

Non viene nominato il Direttore Generale e le funzioni in materia di coordinamento attività dei

dirigenti sono esercitate dal Segretario (art. 97 c. 4).

Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere un Vice Segretario per

coadiuvare il Segretario e sostituirlo in caso di assenza (art. 97 c. 5).

3. L’ALBO

L’albo nazionale (art. 98) è suddiviso in fasce a seconda della consistenza demografica dei comuni

ed articolato in sezioni regionali. Vi si accede con apposito concorso per i laureati in

giurisprudenza, scienze politiche e economia.

L’albo ha le seguenti caratteristiche:

► Articolato in sezioni regionali sotto il profilo territoriale. Ogni segretario è iscritto in una sessione regionale la cui

assegnazione avviene sulla base dell’ordine di graduatoria tenuto conto delle esigenze delle sezioni e delle

preferenze degli interessati.

47 Ad esempio le funzioni dirigenziali in comuni privi di personale con adeguata qualifica (art. 109 c. 2 TUEL)

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A cura di Mariella Bergamini 71

► Numero chiuso iscritti in quanto il numero è predeterminato e non può essere superiore al numero dei Comuni e

delle Province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni 2 anni

► Iscrizione all’albo subordinata al possesso dell’abilitazione concessa:

dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della P.A.

dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell’amministrazione dell’Interno

L’accesso alla carriera di segretario coincide con l’accesso all’Albo, mentre l’assegnazione di una sede è

subordinata all’atto di nomina del Sindaco o del Presidente della Provincia. L’accesso all’Albo avviene in via

ordinaria attraverso il conseguimento di un’abilitazione presso la Scuola superiore per la formazione e la

specializzazione dei dirigenti della P.A. o la sezione autonoma della Scuola superiore dell’amministrazione

dell’Interno. Detta abilitazione si ottiene previo superamento di un corso – concorso

► Corso – concorso per abilitazione si accede al relativo corso mediante concorso nazionale cui possono partecipare i

laureti in giurisprudenza, scienze politiche o economia e commercio. Il corso ha durata di 18 mesi e prevede anche

un tirocinio pratico della durata di altri 6 mesi con verifica finale.

► Articolazione in fasce professionali in relazione all’idoneità all’esercizio delle funzioni nelle diverse sedi.

L’individuazione delle fasce è materia rimessa alla contrattazione collettiva nazionale con la possibilità di

prevedere ulteriori articolazioni interne delle fasce professionali. Il superamento del corso-concorso determina

l’iscrizione all’Albo nella fascia iniziale, cioè quella abilitante all’esercizio delle funzioni.

Convenzioni fra Comuni (art. 98) Alcuni Comuni possono stipulare una convenzione per l’Ufficio di Segretario Comunale.

Disponibilità e mobilità del segretario (art. 101)

Il Segretario comunale o Provinciale che è non confermato, revocato o privo di incarico è collocato in posizione di

disponibilità per la durata massima di 2 anni. Rimane iscritto all’Albo a disposizione per consulenze o supplenze e gli

compete il trattamento economico in relazione agli incarichi che gli sono conferiti. Se passano 2 anni senza che abbia

preso servizio come titolare in altra sede, il Segretario viene collocato d’ufficio in mobilità presso altre P.A.

Scuola superiore della Pubblica Amministrazione locale e scuole regionali e interregionali (art. 104) Un regolamento disciplina anche l’organizzazione, il funzionamento e l’ordinamento contabile della Scuola superiore

della Pubblica Amministrazione locale e le scuole regionali e interregionali cioè per la formazione e specializzazione

dei dirigenti della P.A.

L’intento è di creare una figura professionale di altissima qualificazione professionale per affidargli il compito di

reggere le sorti della P.A. locale.

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A cura di Mariella Bergamini 72

Il DIRETTORE GENERALE

1. L’EVOLUZIONE STORICA

Il Direttore Generale, unitamente alle nuove modalità di nomina del Segretario Generale, è senza

dubbio una delle grandi novità della L. 127/97, legge che lo ha introdotto per la prima volta

nell’ordinamento italiano. Nell’intenzione del legislatore, con la previsione del Direttore Generale

si cerca di svecchiare la burocrazia italiana, di formazione tradizionalmente giuridica, ed importarvi

figure con competenze economico-gestionali che abbiano maturato esperienze lavorativi in altri

campi, soprattutto nel settore privato.

Infatti si tratta di una figura dotata di reali poteri decisionali e capacità, che comanda e risolve i

problemi come un manager (“il city manager”), laddove il Segretario consiglia e dà pareri,

affrontando così i problemi sotto un profilo giuridico.

Mentre il Segretario comunale è obbligatorio, il Direttore Generale è facoltativo.

Inoltre, a differenza del Segretario, il Direttore Generale è una figura non contrattualizzata, ossia il

suo compenso non è regolato da un contratto nazionale, bensì viene concordato direttamente con

l’Amministrazione.

Come il Segretario anche il Direttore viene scelto dal Sindaco, che in questo caso si basa sulla

selezione di curricula per la valutazione della professionalità più adeguata al ruolo.

Infatti Segretario e Direttore sono entrambe figure di altissima professionalità.

La Finanziaria 2010, aggiornata alla Legge n. 42/2010, prevede nei comuni con meno di 100mila

abitanti, la soppressione della figura del Direttore Generale dalla data di scadenza dell´incarico.

2. LA NOMINA

Il Direttore Generale è disciplinato all’art. 108 del TUEL che prevede che i comuni con popolazione

superiore a 15.000 abitanti possano dotarsi di un Direttore Generale seguendo le seguenti regole:

Nominato dal Sindaco previa deliberazione delle rispettive Giunte, e secondo i criteri stabiliti

dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi (c. 1)

Individuato al di fuori della dotazione organica (c. 1)

Incaricato con contratto a tempo determinato che non può eccedere la durata del mandato del

Sindaco (c. 2)

Revocato nell’incarico dal Sindaco previa deliberazione delle rispettive Giunte (c. 2).

Da quanto sopra si evince che il Direttore come il Segretario, è nominato dal Sindaco, ma in questo

caso è richiesta la delibera di Giunta.

Come per il Segretario, per la revoca occorre una deliberazione di Giunta, ma la legge non prevede

una specifica motivazione.

Infatti il rapporto che lega il Direttore Generale al Sindaco è strettamente fiduciario: se questo

rapporto fiduciario si interrompe, ne consegue la cessazione dell’incarico.

Da ciò deriva chiaramente che l’armonia fra Sindaco, Assessori e Direttore Generale è garanzia del

buon andamento dell’Amministrazione.

Ricapitolando, il Sindaco può:

Nominare un Direttore Generale

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A cura di Mariella Bergamini 73

L’atto di nomina deve disciplinare i rapporti col Segretario (art. 97 c. 3) Il Direttore coordina i dirigenti (art. 108

c. 1)

Non nominare un Direttore Generale Il Segretario coordina i dirigenti (art. 97 c. 4)

Attribuire le funzioni di Direttore al Segretario Il Segretario mantiene anche le sue originarie funzioni (art. 97 c. 4 lett. e). Le funzioni di Direttore, che vanno ad

aggiungersi alle precedenti e proprie del Segretario, devono essere conferite con apposito atto (art. 108 c. 4).

3. LE FUNZIONI

Il Direttore Generale costituisce il punto di snodo fra organi politici ed organi burocratici, poiché

assicura che la macchina comunale persegua gli obiettivi strategici dell’ente. Infatti è il soggetto che

provvede ad attuare gli indirizzi e obiettivi stabiliti dagli organi di governo, coordinando l’attività

dei dirigenti, che a lui rispondono nell’esercizio delle proprie funzioni48, ad eccezione del

Segretario. Proprio per questo ruolo intermedio del Direttore Generale, con in più la possibilità che

la carica sia rivestita dal Segretario, è un organo di difficile classificazione, un ibrido che assomma

su di sé sia alcuni tratti degli organi politici che altri di quelli burocratici.

In conclusione il Direttore Generale :

Sovrintende alla gestione dell’ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia e efficienza

Coordina tutti i dirigenti, che a lui rispondono del loro operato

Collabora con la parte politica

Attua gli indirizzi e gli obiettivi degli organi di governo

SEGRETARIO DIRETTORE

Obbligatorio Facoltativo (+ 100.000 ab.)

NOMINA Sindaco Sindaco previa delibera di Giunta

Fra il 60° e il 120° giorno dall’insediamento In qualunque momento

REVOCA Sindaco previa delibera di Giunta per violazione doveri d’ufficio

Sindaco previa delibera di Giunta

DURATA Mandato del Sindaco. Rimane in carica fino alla nuova nomina. Può essere confermato

Mandato del Sindaco. Cessa subito

COMPENSO Come da contratto nazionale collettivo Concordato con l’ente

CONOSCENZE Giuridico-amministrative Economico-gestionali

48 Con i dirigenti non ci può essere un rapporto gerarchico in senso stretto, in quanto ciò ridurrebbe l’autonomia dei

dirigenti che, come abbiamo visto, rispondono direttamente del raggiungimento dei propri obiettivi (art. 107 c. 6). Le

funzioni del Direttore si sostanziano quindi nell’attività di coordinamento e verifica del conseguimento dei risultati.

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GLI ATTI DEL COMUNE

1. CARATTERISTICHE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Gli atti amministrativi sono gli atti giuridici compiuti dalla Pubblica Amministrazione nello

svolgimento delle proprie funzioni.

Una categoria molto importante di atti sono i provvedimenti, ossia atti amministrativi attraverso i

quali l’amministrazione mette in opera la propria supremazia e consistono nella modifica d’autorità

delle situazioni giuridiche soggettive di coloro a cui sono diretti.

.

2. LE TIPOLOGIE DI ATTI COMUNALI

L’attività posta in essere dal Comune si attua attraverso l’adozione di atti amministrativi avente

diversa forma e sostanza e si può riassumere in:

Delibere del Consiglio, della Giunta, dei Consigli di Quartiere

Determinazioni dei Dirigenti

Ordinanze del Sindaco

Ai nostri fini, gli organi monocratici adottano:

Ordinanze

Determinazioni

Gli organi collegiali adottano:

Deliberazioni

Tutti gli atti degli enti hanno una propria numerazione progressiva e catalogazione, attribuite con un

programma informatico.

Ricordiamo che l’art. 49 del TUEL sancisce che su tutte le proposte di deliberazione che non

siano mero atto di indirizzo devono essere apposti il parere di regolarità tecnica, espresso dal

responsabile del servizio che propone l’atto e, in caso di valenza contabile - ossia se l’atto

prevede una spesa oppure un’entrata, anche futura, o comunque comporti riflessi, diretti o

indiretti, sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'Ente, - quello di regolarità

contabile, rilasciato dal responsabile del servizio finanziario. Sono pareri obbligatori ma non

vincolanti, devono essere espressi per iscritto e motivati, soprattutto se sono negativi, poiché i

dirigenti rispondono del loro contenuto in via amministrativa e contabile. Nei comuni privi di

responsabili dei servizi questi pareri sono espressi dal Segretario.

Sulle determinazioni aventi valenza contabile deve essere apposto, da parte del dirigente del

servizio finanziario, il visto di regolarità contabile, che attesta la copertura finanziaria dell’atto

(ossia che in bilancio sono stanziati fondi per svolgere quell’attività/acquistare quel bene, …..) (art.

153 c. 5 TUEL). E’ questo visto che rende l’atto esecutivo49.

Nel rispetto della vigente disciplina in merito di accesso agli atti e di privacy, tutti gli atti del

Comune sono pubblici, ad esclusione di quelli riservati (art. 10 TUEL) e l’ente deve favorirne la

diffusione e la raccolta per l’accesso al pubblico, anche attraverso la rete civica. In quest’ultima si

trova l’Albo Pretorio on-line, dove sono pubblicati gli atti e provvedimenti.

49 Mentre il parere sulle delibere serve a formare un atto che verrà successivamente approvato dalla Giunta o dal

Consiglio, il visto viene posto alla fine del procedimento e rende l’atto esecutivo

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3. LE DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO E DELLA GIUNTA

Le deliberazioni (o delibere) sia di Giunta che di Consiglio comunale e di Consiglio di Quartiere

sono atti emanati da organi collegiali, che prevedono diverse fasi di un unico procedimento

deliberativo50.

La deliberazione di Consiglio comunale viene prima adottata dalla Giunta, poi sottoposta al parere

obbligatorio della competente commissione consiliare ed infine approvata dal Consiglio. Anche nel

procedimento di approvazione possono essere distinte diverse fasi.

La prima è la convocazione del Consiglio o della Giunta51, a cui segue la seduta52, in cui avviene la

discussione e la votazione. Gli argomenti all’ordine del giorno (l’elenco degli argomenti da trattare)

sono discussi secondo il loro ordine di iscrizione. Chiusa la discussione si passa alla votazione, che

è l’atto con cui l’organo collegiale esprime la propria volontà.

Le deliberazioni sono approvate se raggiungono la maggioranza dei voti di coloro che sono presenti

alla seduta (maggioranza semplice) salvo i casi in cui la legge, lo Statuto o il regolamento

prevedano maggioranze più ampie (le cosiddette maggioranze qualificate). In caso di parità di voti

si procede ad un’altra votazione, nella stessa seduta o nella successiva. Il Segretario Generale cura

la redazione dei verbali delle deliberazioni, che sottoscrive 53.

Dopo che l’atto è stato approvato, affinché diventi esecutivo (ossia possa avere effetti giuridici e

quindi modificare l’ordinamento) è indispensabile che venga pubblicizzato (art. 124 TUEL).

Pertanto tutte le deliberazioni comunali sono pubblicate per 15 giorni consecutivi all’albo pretorio

dell’Ente (ora in formato elettronico), salvo specifiche disposizioni di legge.

Nei casi di urgenza il Consiglio o la Giunta possono dichiarare il provvedimento immediatamente

eseguibile con il voto espresso54 della maggioranza dei componenti (art. 134 c. 4 TUEL ). Se non

dichiarate immediatamente eseguibili, le delibere diventano esecutive dopo il 10° giorno di

pubblicazione (c. 3). Anche le deliberazioni dichiarate immediatamente eseguibili devono essere

pubblicate.

Le deliberazioni di Giunta, dopo l’approvazione devono essere inviate, contemporaneamente alla

pubblicazione sull’Albo, ai Capigruppo consiliari [art. 125 TUEL].

4. LE ORDINANZE

Data l’importanza dell’argomento, di seguito proponiamo una sintesi sulle ordinanze.

Sono provvedimenti con cui il Sindaco, in forza della potestà connessa alla sua carica, impone,

ordina, ad un soggetto o ad una pluralità di soggetti, un determinato comportamento che è previsto

dalla norma di legge o di regolamento solo in astratto, trasformandolo così da un obbligo generico

in un obbligo specifico e diretto. Quindi le ordinanza di solito contengono un dovere di condotta

positiva (comando) o negativo (divieto) e possono essere diretti a più soggetti indeterminati o ad un

50 Serie di atti e di operazioni, fra loro collegati, il cui scopo è far sì che la delibera venga approvata 51 Convocata dal Sindaco che stabilisce l’ordine del giorno 52 Per la legalità della seduta ci deve essere un numero minimo di componenti (numero legale). 53 Nel verbale sono riportati, la data, il luogo, i nomi dei presenti al momento della votazione, i punti principali della

discussione, il testo integrale delle delibere, le modalità e l’esito delle votazioni (i voti espressi pro e contro la proposta)

con l’indicazione degli astenuti e la proclamazione. L’importanza del verbale sta nel fatto che è l’unico mezzo

attraverso il quale la deliberazione collegiale può essere riconosciuta all’esterno. I verbali del Consiglio Comunale sono

pubblici, quelli di Giunta riservati 54 L’esecutività è quella stabilita dalla legge, l’eseguibilità dagli organi deliberanti; voto espresso vuol dire che si vota

una prima volta per approvare l’atto ed una seconda volta per dichiararlo immediatamente eseguibile

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singolo cittadino. In quest’ultimo caso le ordinanze vanno notificate alla persona o alle persone cui

sono dirette.

Caratteristiche delle ordinanze:

Forma scritta

Contenuto che è un ordine che può essere rivolto ad un singolo o a tutta la cittadinanza

Immediatamente esecutiva

Pubblicata sull’albo pretorio

Deve essere sempre motivata

La legge ha previsto tipi diversi di ordinanze che si possono raggruppare in:

Ordinanze ordinarie = emanate in seguito alle ordinarie funzioni.

Sono adottate dal Sindaco quale rappresentante dell’amministrazione comunale per dare attuazione

a regolamenti o leggi. Il Sindaco quale rappresentante dell’amministrazione comunale deve

assicurare l’osservanza dei regolamenti e delle leggi che disciplinano la funzione del Comune

mediante l’adozione di atti che possono avere contenuto autorizzativo o impositivo.

Ordinanze contingibili e urgenti = possono essere emanate dal Sindaco sia in veste di

rappresentante della comunità locale che di Ufficiale di Governo, per motivi d’urgenza, e devono

avere determinati presupposti. Quelle emesse come Ufficiale di Governo non sono delegabili; per la

loro esecuzione, il Sindaco può richiedere al Prefetto, ove occorra, l’assistenza della forza pubblica.

Ferme restando le ordinanze per emergenze di carattere sanitario e per combattere il degrado,

emanate come responsabile dell’Amministrazione (art. 50 TUEL), come Ufficiale di Governo (art.

54 TUEL) il Sindaco, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità

dei cittadini e che richiedono un intervento immediato può adottare, con atto motivato,

provvedimenti contingibili ed urgenti, senza limiti di materia. Per gli aspetti riguardanti la sicurezza

urbana si rimanda al comma 4 bis.

Il potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti presuppone che la situazione si

concretizzi in un pericolo di danno imminente in determinati settori di pubblico interesse (di qui

l’urgenza di provvedere), non fronteggiabile con i mezzi ordinari. I provvedimenti contingibili ed

urgenti, per questo loro speciale carattere, debbono limitarsi alle finalità del momento e non

possono avere effetti di durata indefinita. Il termine assegnato per adempiere da parte del

destinatario deve essere adeguato rispetto al tempo effettivamente necessario a tal fine. La

motivazione deve contenere tutti gli elementi necessari a far evidenziare la contingibilità, l’urgenza

e l’interesse pubblico che ne hanno reso necessaria l’emanazione.

Caratteristiche:

Necessità e contingibilità = si riferisce ad eventi di carattere eccezionale ed accidentale che si

siano verificati improvvisamente e che determino condizioni di pericolo per i cittadini

Urgenza = in quanto la sua applicazione deve avvenire immediatamente per rimuovere pericoli

o porvi rimedio

Interesse pubblico = deve sempre essere emessa per la salvaguardia dell’interesse pubblico e

non di quello privato

Proporzione fra l’ordine impartito e il pericolo che si intende evitare = ad es. è assurdo chiudere

uno stabile solo perché in parte inagibile.

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A cura di Mariella Bergamini 77

L’ordinanza del Sindaco è immediatamente esecutiva, ma viene comunque pubblicata sull’Albo

Pretorio ai fini della conoscenza. Il Sindaco la può sospendere in ogni momento, così come può

sospendere quelle delegate agli Assessori.

5. LE DETERMINAZIONI

Le determinazioni sono gli atti amministrativi con i quali i Dirigenti adottano le decisioni

nell’esercizio delle loro funzioni, impegnando l’amministrazione verso l’esterno.

Le determinazioni che hanno valenza contabile diventano esecutive con il visto del Responsabile

del Servizio Finanziario, che ne attesta la copertura finanziaria ed assume il relativo impegno di

spesa. Fra le determinazioni dirigenziali, particolare importanza riveste la determinazione a

contrattare, prevista dall’art. 192 del TUEL, che deve precedere la stipula dei contratti.

6. I CONTROLLI SUGLI ATTI ANCORA VIGENTI

La riforma del Titolo V della Costituzione ha abolito del tutto il controllo sugli atti precedentemente effettuato dal

CO.RE.CO. Attualmente sono ancora in vigore i seguenti controlli sugli atti previsti nel TUEL.

Controllo EVENTUALE su richiesta del Prefetto art. 135 TUEL

Negli anni ’90, al fine di contrastare le infiltrazioni mafiose, la legge ha rafforzato i poteri di controllo del Prefetto55

sugli enti locali per ciò che riguarda sia gli organi che gli atti. Infatti il Prefetto, in caso di sospetta infiltrazione mafiosa,

può richiedere ai competenti organi regionali (Difensore Civico Regionale) o statali (Min. Interno) interventi di

controllo e sostitutivi: (c. 1)

a) nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi o contratti simili per la realizzazione di opere e di

lavori pubblici

b) quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività.

Per consentire questo controllo le deliberazioni che riguardano tali materie devono essere trasmesse dai comuni alle

Prefetture, contestualmente alla pubblicazione nell’albo pretorio. Si rileva però che per l’adozione di tali atti la

competenza non è più dell’organo collegiale, bensì dirigenziale. Trattandosi quindi di determinazioni, anziché di

delibere, non sono in alcun modo sottoponibili al controllo di legittimità. Per questo motivo parte della dottrina ritiene

che anche questo articolo del TUEL sia stato implicitamente abrogato, in quanto inapplicabile.

Annullamento straordinario art. 138 TUEL

Questo articolo prevede che il governo, a tutela dell’unità dell’ordinamento giuridico, con decreto del Presidente della

Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, ha facoltà, in

qualunque momento, di annullare, d’ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da

illegittimità. E’ una previsione anacronistica molto penetrante, di difficilissima applicazione, che stride fortemente con

l’autonomia degli enti locali.

Potere sostitutivo a mezzo di un commissario

Se gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardano od omettono di

compiere atti obbligatori per legge, l’organo di controllo (di norma il Prefetto) provvede a mezzo di

commissario ad acta. Alcuni esempi di questo tipo di controllo sono la mancata approvazione del

bilancio nei termini, oppure le nomine dei rappresentanti dell’ente non effettuate del Sindaco entro

45 gg. dall’insediamento.

55 Organo del Ministero degli Interni – superiore gerarchico del Sindaco come Ufficiale di Governo

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A cura di Mariella Bergamini 78

INDICE

LA NORMATIVA DELLE AUTONOMIE LOCALI ................................................................................................... 2

1. L’EVOLUZIONE DAGLI ANNI ‘90 ........................................................................................................................ 2 2. IL TESTO UNICO DEGLI ENTI LOCALI (TUEL) – D. LGS. 267/2000 .................................................................. 4 2. LA RIFORMA “DEL RIO” L. 56/2014 ...................................................................................................................... 5

LO STATUTO DEGLI ENTI LOCALI ......................................................................................................................... 9

1. IL FONDAMENTO GIURIDICO .............................................................................................................................. 9 2. L’ITER DI APPROVAZIONE ................................................................................................................................... 9 3. IL CONTENUTO ..................................................................................................................................................... 10

I REGOLAMENTI ......................................................................................................................................................... 12

1. LE CARATTERISTICHE DEI REGOLAMENTI ................................................................................................... 12 2. IL POTERE REGOLAMENTARE DEGLI ENTI LOCALI .................................................................................... 12 3. I REGOLAMENTI COMUNALI ............................................................................................................................. 13 4. LA POTESTA’ SANZIONATORIA ....................................................................................................................... 14

FORME ASSOCIATIVE ............................................................................................................................................... 16

1. I PROBLEMI DELL’AGGREGAZIONE ................................................................................................................ 16 2. FORME DI AGGREGAZIONE ............................................................................................................................... 16 3. FORME ASSOCIATIVE ......................................................................................................................................... 17 4. GLI ACCORDI FRA AMMINISTRAZIONI IN GENERALE ............................................................................... 19

ASSOCIAZIONI RAPPRESENTATIVE DEGLI ENTI LOCALI ........................................................................... 20

IL COMUNE ................................................................................................................................................................... 21

1. LE CARATTERISTICHE ........................................................................................................................................ 21 2. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI ............................................................................................................................. 21 3. LE MODIFICHE TERRITORIALI .......................................................................................................................... 22 4. CENNI SULLE FUNZIONI E SERVIZI ................................................................................................................. 23

GLI ORGANI ................................................................................................................................................................. 25

1. CLASSIFICAZIONE ............................................................................................................................................... 25 2. I PRINCIPALI ORGANI DEL COMUNE ............................................................................................................... 26 3. L’ORIGINE DELLA SEPARAZIONE DELLE COMPETENZE ........................................................................... 27

L’ELEZIONE E LO STATUS DEGLI AMMINISTRATORI ................................................................................... 28

1. CRITERI E DEFINIZIONI ...................................................................................................................................... 28 2. LE PREVISIONI DEL TUEL .................................................................................................................................. 30 3. ELEZIONE DEL SINDACO E DEL CONSIGLIO COMUNALE .......................................................................... 32

3.1. ELEZIONE DEL SINDACO (ART. 72) ............................................................................................................ 32 3.2. ELEZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE SOPRA I 15.000 ABITANTI (ART. 73)..................................... 33

4. STATUS DEGLI AMMINISTRATORI .................................................................................................................. 36

IL SINDACO ................................................................................................................................................................... 38

1. LA DOPPIA VESTE ................................................................................................................................................ 38 2. COMPETENZE COME RESPONSABILE DELL’AMMINISTRAZIONE ........................................................... 38 3. COMPETENZE COME UFFICIALE DI GOVERNO ............................................................................................. 42 4. IL POTERE D’ORDINANZA – LE ORDINANZE CONTINGIBILI ED URGENTI ............................................. 44 5. ELEZIONE E DECADENZA .................................................................................................................................. 46

LA DOPPIA VESTE DEL SINDACO .......................................................................................................................... 49

IL CONSIGLIO COMUNALE ..................................................................................................................................... 50

1. L’EVOLUZIONE STORICA ................................................................................................................................... 50 2. LE COMPETENZE .................................................................................................................................................. 50 3. IL FUNZIONAMENTO ........................................................................................................................................... 52

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A cura di Mariella Bergamini 79

4. I CONSIGLIERI ...................................................................................................................................................... 55 5. LE COMMISSIONI E I GRUPPI CONSILIARI ...................................................................................................... 55

LA GIUNTA .................................................................................................................................................................... 56

1. LE COMPETENZE .................................................................................................................................................. 56 2. LA COMPOSIZIONE ED IL FUNZIONAMENTO ................................................................................................ 58

IL CONTROLLO SUGLI ORGANI ............................................................................................................................ 59

1. DEFINIZIONE DI CONTROLLO ........................................................................................................................... 59 2. SCIOGLIMENTO E SOSPENSIONE DEL CONSIGLIO ....................................................................................... 60 3. RIMOZIONE E SOSPENSIONE DI AMMINISTRATORI LOCALI (ART. 142) ................................................... 61 4. SCIOGLIMENTO DEI CONSIGLI COMUNALI PER INFILTRAZIONE MAFIOSA ......................................... 61

I DIRIGENTI .................................................................................................................................................................. 63

1. L’EVOLUZIONE STORICA ................................................................................................................................... 63 2. LA NOMINA DEI RESPONSABILI DI FUNZIONI DIRIGENZIALI ................................................................... 63 3. LE PREVISIONI DEL TUEL .................................................................................................................................. 64

IL SEGRETARIO COMUNALE .................................................................................................................................. 68

1. L’EVOLUZIONE STORICA ................................................................................................................................... 68 2. LE FUNZIONI ED IL RAPPORTO CON L’ENTE ................................................................................................. 68 3. L’ALBO ................................................................................................................................................................... 70

IL DIRETTORE GENERALE ...................................................................................................................................... 72

1. L’EVOLUZIONE STORICA ................................................................................................................................... 72 2. LA NOMINA ........................................................................................................................................................... 72 3. LE FUNZIONI ......................................................................................................................................................... 73

GLI ATTI DEL COMUNE ............................................................................................................................................ 74

1. CARATTERISTICHE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI..................................................................................... 74 2. LE TIPOLOGIE DI ATTI COMUNALI .................................................................................................................. 74 3. LE DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO E DELLA GIUNTA .............................................................................. 75 4. LE ORDINANZE ..................................................................................................................................................... 75 5. LE DETERMINAZIONI .......................................................................................................................................... 77 6. I CONTROLLI SUGLI ATTI ANCORA VIGENTI ................................................................................................ 77

Ultimo aggiornamento: 15.03.2018