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271/1 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI EDIZIONI E IMON S Gruppo Editoriale Simone ELEMENTI di VI Edizione CONTABILITÀ e FINANZA degli ENTI LOCALI Autonomia finanziaria e federalismo fiscale Documenti di bilancio e rendiconto della gestione Attività contrattuale

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271/1COLLANA TIMONE

ESAMI e CONCORSI

EDIZIONIEIMONSGruppo Editoriale Simone

ELEMENTI di

VI Edizione

CONTABILITÀe FINANZAdegli ENTI LOCALI

Autonomia finanziariae federalismo fiscaleDocumenti di bilancioe rendiconto della gestioneAttività contrattuale

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Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla simone s.p.a.(art. 64, d.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo:

13 - Contabilità di stato e degli enti pubblici25 - diritto degli enti locali25/4 - Contabilità e finanza degli enti locali171 - il nuovo ordinamento degli enti locali271 - elementi di contabilità di stato e degli enti pubblicie/10 - Testo unico degli enti locali esplicato328/1 - Collaboratore professionale e istruttore negli enti locali (area amministrativa)328/2 - istruttore direttivo e funzionario negli enti locali (area amministrativa)

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Volume a cura di Claudia De Rosa e Giuseppe Milano

Finito di stampare nel mese di giugno 2012dalla «Officina Grafica iride» - via Prov.le arzano-Casandrino, vii Trav., 24 - arzano (Na)

per conto della siMONe s.p.a. - via F. russo, 33/d - 80123 - Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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Premessa

Il testo traccia una panoramica, sintetica ma esaustiva, dei principali temi riguardanti l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, con par-ticolare riferimento al sistema delle entrate, tributarie ed extratributarie, e al processo di programmazione, gestione e rendicontazione di bilancio.

ampio spazio è dedicato, inoltre, ad aspetti di grande interesse quali, ad esempio, il federalismo fiscale, il finanziamento degli investimenti, il con-trollo di gestione e l’attività contrattuale.

Tutti gli argomenti sono analizzati alla luce delle più recenti novità le-gislative, fra le quali segnaliamo: — la L. cost. 1/2012, che, modificando gli artt. 81 e 119 della Costituzione,

ha introdotto, a decorrere dal 2014, il principio del pareggio di bilancio per lo stato e ha esteso tale vincolo anche alle regioni e agli enti locali;

— il D.L. 52/2012 (cd. spending review), contenente misure volte al con-tenimento della spesa pubblica;

— il D.L. 16/2012 (cd. decreto fiscale), conv. in L. 44/2012, che ha inciso, fra le altre cose, sul sistema delle entrate tributarie dei Comuni e sulle sanzioni a carico degli enti inadempienti al patto di stabilità interno;

— il D.L. 1/2012 (cd. decreto liberalizzazioni), conv. in L. 27/2012, che ha disposto la sospensione, fino al 31 dicembre 2014, del regime di tesore-ria di cui al D.Lgs. 279/1997.

Come tutti i volumi della collana LastMinute, il testo si caratterizza per la chiarezza espositiva e per la presenza, in ogni capitolo, di brevi glossari e di risposte ai quesiti più ricorrenti in sede di esame o di concorso, ri-sultando un utile strumento per coloro che devono sostenere esami univer-sitari o partecipare a concorsi banditi dagli enti locali nell’area economico-finanziaria.

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Vol. 266/1 - Ordinamento degli enti localiII Edizione • 2011 • pp. 192 • e 9,00

Il testo, aggiornato ai più recenti provvedimenti legisla-tivi, illustra l’ordinamento degli enti locali, materia in continua evoluzione e sempre più spesso richiesta nelle prove concorsuali. Grazie ad un’agevole tecnica espositiva vengono illustra-ti, in un numero contenuto di pagine, tutti gli aspetti di questa disciplina, ovvero: le principali tappe normative che hanno segnato l’evoluzione degli enti locali in Italia; la struttura e l’autonomia di cui godono gli stessi a se-guito della L. cost. 3/2001; l’ordinamento contabile nell’ottica del «federalismo fiscale» cui si sta progressi-vamente dando luogo mediante provvedimenti quali il D.Lgs. 85/2010 («federalismo demaniale») e il D.Lgs. 23/2011 («federalismo municipale»); i nuovi enti locali

(come le «Città metropolitane» e «Roma Capitale») che il legislatore tende a delineare al fine di adattarsi alle più diverse specificità; la gestione dei servizi pubblici locali ed i servizi gesti-ti dai Comuni per conto dello Stato.

Vol. 506/4 - Codice degli enti localiEditio minor • pp. 960 • e 19,00

Il Codice degli Enti Locali è indirizzato a quanti, studen-ti universitari, partecipanti a pubblici concorsi e opera-tori del diritto, abbiano la necessità di reperire in manie-ra pratica ed efficace le norme fondamentali dell’ordina-mento degli enti locali.Il volume riporta il TUEL (D.Lgs. 267/2000) in versione integrale, nonché una selezione di leggi complementari concernenti gli aspetti più importanti nella pratica e le materie più richieste ai pubblici concorsi.Completa l’opera un corredo di indici sistematico, ana-litico e cronologico che consentono un immediato repe-rimento delle norme.

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CaPiTOLO PriMO

L’autonomia finanziaria, La potestà regoLamentare

e iL patto di stabiLità

sommario: 1. L’autonomia finanziaria di Comuni e Province. - 2. La potestà regola-mentare. - 3. il patto di stabilità interno.

1. L’autonomia finanziaria di Comuni e provinCe

a) La Costituzione: le modifiche all’art. 119Prima della riforma operata con la L. cost. 3/2001, la Costituzione non

riconosceva espressamente autonomia finanziaria e tributaria a Comuni e Province: l’art. 119, affermando l’autonomia finanziaria delle regioni, si limitava a stabilire che le leggi della repubblica coordinavano la finanza regionale con la finanza dello stato, delle Province e dei Comuni.

Ora, il nuovo testo dell’art. 119 Cost. attribuisce a Comuni, Province, Città metropolitane e regioni una piena e completa autonomia finanziaria in tema di entrate e di spese, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilan-ci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici finanzia-ri derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea (comma 1). il riferimen-to all’equilibrio dei bilanci è stato recentemente introdotto dalla L. cost. 20 aprile 2012, n. 1, che, sulla scia di quanto sta avvenendo anche in altri paesi europei, ha introdotto nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio per lo stato, al fine di porre un freno alla crescita del debito pub-blico e di arginare gli effetti della grave crisi economica e finanziaria che sta interessando in questi ultimi anni l’intera economia mondiale.

Modificando l’art. 81 della Costituzione, la legge costituzionale menzionata prevede, infat-ti, che lo stato deve assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico, e che il ricorso all’indebita-mento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali (previa autorizzazione delle Camere da adottarsi a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti). Tale vincolo è stato quindi esteso, attraverso la modifica dell’art. 119, anche alle regioni e agli enti locali. si noti, tuttavia, che le modifiche introdotte dalla L. cost. 1/2012 si applicheranno solo a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014.

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Capitolo Primo6

Per finanziare le funzioni pubbliche che sono loro attribuite (comma 4), gli enti citati dispongono di proprie risorse, stabiliscono e applicano tributi ed altre forme di entrate proprie, ed inoltre dispongono di compartecipazio-ni del gettito di tributi erariali che provengono dal loro territorio (comma 2). Quanto detto è previsto compatibilmente con i principi costituzionali, con i principi di coordinamento della finanza pubblica e col sistema tribu-tario nazionale. Tale riserva costituzionale, si noti, mira a dettare un minimo di coordinamento indispensabile per la disciplina delle grandi linee dell’at-tività di entrata e di spesa delle autonomie locali, soprattutto in un contesto in cui il sistema Paese deve sempre più rapportarsi alla dimensione europea ed evitare squilibri e scompensi nella gestione del debito pubblico.

L’intervento riequilibratore centrale è comunque assicurato, in quanto per singoli specifici obiettivi lo stato può destinare risorse aggiuntive ed interventi speciali in favore di singoli enti (comma 5). inoltre, lo stato prevede e finanzia un fondo perequativo per le necessità degli enti con mi-nore capacità contributiva (fiscale) per abitante; detto fondo è utilizzabile con margini di manovra abbastanza liberi per lo stato, in quanto non è sot-toposto ad alcun vincolo di destinazione (comma 3).

Le risorse degli enti locali, comunque, possono derivare anche dalla gestione e dallo sfruttamento del loro patrimonio, attribuito secondo i prin-cipi generali fissati con legge dello stato, nonché dal ricorso all’indebita-mento, che tuttavia è possibile solo per finanziare le spese di investimento, e che va effettuato senza garanzie dello stato sui prestiti stipulati (comma 6).

La citata L. cost. 1/2012, modificando anche il sesto comma dell’art. 119, dispone, tuttavia, che il ricorso all’indebitamento debba avvenire con la contestuale definizione di piani di am-mortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio, secondo modalità che dovranno essere definite, entro il 28 febbraio 2013, con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. anche tale disposizione si applicherà a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014.

La riforma così delineata vorrebbe istituire un sistema di federalismo cooperativo o solidale che riprende e perfeziona la riforma iniziata col d.Lgs. 267/2000 e che, se da un lato promuove maggiore autonomia di regioni ed enti locali (responsabilizzandoli in tale compito), non li abban-dona a se stessi, soprattutto per consentire alle comunità locali di poter usufruire di uno standard di servizi uniforme su tutto il territorio nazionale, pur con le dovute differenze e nel rispetto delle autonomie riconosciute.

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7L’autonomia finanziaria, la potestà regolamentare e il patto di stabilità

si noti che il d.L. 7 maggio 2012, n. 52 (Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica) impone un limite sostanziale all’effettiva autonomia finanziaria degli enti locali laddove, nel definire una serie di misure volte a ridurre l’incidenza della spesa pubblica (cd. spending review), attribuisce ad un Commissario straordinario il potere di de-finire, per voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, ledendo in modo sostanziale l’autonomia di spesa degli enti loca-li sancita dal 1° comma dell’art. 119 della Costituzione. va detto, tuttavia, che il decreto citato è tuttora in attesa di conversione ed è, dunque, suscettibile di modifiche anche rilevanti.

b) La L. 5 maggio 2009, n. 42Come anticipato, l’art. 119 Cost., nella nuova formulazione introdotta

dalla L. Cost. 3/2001, attribuisce a regioni ed enti locali autonomia finan-ziaria di entrata e di spesa, partendo dal presupposto che, in un sistema pubblico articolato, ogni livello di governo deve poter disporre di risorse finanziarie sottoposte al proprio autonomo controllo e necessarie allo svol-gimento delle funzioni che sono di sua esclusiva competenza (cosiddetto principio del parallelismo tra le funzioni esercitate dall’ente e le risorse di cui dispone per esercitare tali funzioni).

al fine di favorire la piena attuazione di tali principi, con L. 5 maggio 2009, n. 42 il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare una serie di decreti legislativi in materia di federalismo fiscale, indicando nel contempo i principi fondamentali a cui tali decreti devono attenersi.

in tale ottica, la L. 42/2009 introduce un’importante novità stabilendo (art. 11) che il finanziamento delle spese relative alle funzioni fondamenta-li degli enti locali deve essere assicurato:— dai tributi propri;— da compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e da addi-

zionali a tali tributi;— dal fondo perequativo.

Conseguentemente, è prevista la soppressione dei trasferimenti stata-li diretti al finanziamento di tali spese, ad eccezione degli stanziamenti destinati ai fondi perequativi. il medesimo articolo prevede, inoltre, che nella definizione delle spese relative a tali funzioni il criterio della spesa storica venga sostituito dal criterio del fabbisogno standard (in pratica, per ogni servizio erogato dagli enti locali verrà stabilito un costo standard), al fine di eliminare il meccanismo perverso che finora, facendo riferimento alla spesa storica, finiva con il premiare con maggiori risorse gli enti che spendevano di più.

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Capitolo Primo8

un primo passo in tale direzione è stato compiuto con l’approvazione del d.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216, recante disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metro-politane e Province.

Tale decreto detta i principi per la determinazione dei fabbisogni standard, delineando un iter piuttosto articolato e complesso che prevede una lunga fase transitoria prima delle definitiva entrata a regime del nuovo sistema (art. 2); il processo inizierà, infatti, entro il 31 marzo 2013 (termine così fissato dal d.L. 216/2011, convertito in L. 14/2012) con la definizione dei fabbisogni standard, che entreranno in vigore nel 2013, relativi ad almeno due terzi delle funzioni fondamentali dei Comuni e delle Province, e si concluderà nel 2014 con l’en-trata in vigore dei fabbisogni relativi a tutte le funzioni fondamentali.

L’art. 12 della L. 42/2009 indica i principi e i criteri a cui i decreti dele-gati dovranno uniformarsi in tema di coordinamento e di autonomia tributa-ria degli enti locali. in particolare, è stabilito che dovrà essere la legge stata-le a individuare i tributi propri di Comuni e Province, definendo nel dettaglio i relativi presupposti, i soggetti passivi, le basi imponibili e le aliquote di riferimento. È prevista, inoltre, la possibilità per gli enti locali di modificare, nei limiti fissati dalla legge, le aliquote dei tributi loro attribuiti, nonchè di introdurre agevolazioni e di variare le modalità di calcolo delle basi imponi-bili (si rinvia al Cap. 2 per l’analisi del decreto legislativo che ha riformato il sistema impositivo dei Comuni, in attuazione della L. 42/2009).

un ulteriore elemento di novità in tema di autonomia riguarda la possi-bilità per le regioni di istituire, nell’ambito dei propri poteri legislativi in materia fiscale, nuovi tributi comunali, provinciali e metropolitani, chiaren-do gli ambiti di autonomia riconosciuti all’ente locale; inoltre, Comuni e Province dovranno disporre anche di piena autonomia nella fissazione delle tariffe per prestazioni o servizi offerti anche su richiesta di singoli cittadini.

viene, inoltre, prevista (art. 13) l’istituzione di due fondi perequativi (uno a favore dei Comuni, l’altro a favore di Province e Città metropolitane), inseriti nel bilancio regionale ma finanziati dallo stato, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte dagli enti locali.

Quanti e quali decreti attuativi della L. 42/2009 sono stati approvati fino ad ora?Finora sono stati approvati otto decreti legislativi attuativi della L. 42/2009:— il d.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane

e Regioni di un proprio patrimonio);

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9L’autonomia finanziaria, la potestà regolamentare e il patto di stabilità

— il d.Lgs. 17 settembre 2010, n. 156 (Disposizioni in materia di ordinamento transitorio di Roma capitale);

— il d.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province);

— il d.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale);— il d. Lgs. 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle

Regioni a Statuto ordinario e delle Province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario);

— il d.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive e di interventi speciali per la rimozioni di squilibri economici e sociali);

— il d.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi);

— il d.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a Regioni, Province e Comuni).

C) il t.u.e.L.È interessante notare che molti dei principi ispiratori della legge sul federa-

lismo fiscale erano già contenuti nel d.Lgs. 267/2000 (Testo unico enti Loca-li, d’ora in poi T.u.e.L.). L’art. 149 t.u.e.L., infatti, riconosce a Comuni e Province, nell’ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite. inoltre, la legge assicura agli enti locali potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente. Lo stesso articolo afferma che la finanza dei Comuni e delle Province è costituita da:— imposte proprie;— addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali;— trasferimenti erariali;— trasferimenti regionali;— tasse e diritti per servizi pubblici;— altre entrate proprie, anche patrimoniali;— risorse per investimenti;— altre entrate.

2. La potestà regoLamentare

in modo parallelo all’accresciuta autonomia finanziaria, è stata amplia-ta la potestà statutaria e regolamentare degli enti locali. L’art. 117, comma 6, Cost. riconosce a Comuni, Province e Città Metropolitane potestà rego-lamentare in ordine alla disciplina delle funzioni loro attribuite. Potere

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Capitolo Primo10

normativo, attraverso i regolamenti, è riconosciuto altresì alle unioni di Comuni ed alle Comunità Montane ed isolane dall’art. 4 L. 131/2003 (cd. Legge La Loggia), secondo cui i regolamenti disciplinano l’organizzazione, lo svolgimento e la gestione delle funzioni dell’ente, nel rispetto della le-gislazione dello stato e della regione.

Per quanto riguarda, in particolare, le finanze e la contabilità degli enti locali, già con il d.Lgs. 446/1997 il legislatore ha dato facoltà (art. 52) a Comuni e Province di disciplinare mediante regolamento le proprie entra-te, comprese quelle tributarie. sono però riservati alla legislazione nazio-nale l’istituzione di nuovi tributi (poiché l’art. 23 Cost. prevede una riserva di legge di materia) e gli elementi fondamentali dei singoli tributi:— individuazione e definizione delle fattispecie imponibili;— soggetti passivi;— aliquota massima.

Per ogni altro aspetto non disciplinato dal regolamento, troveranno ap-plicazione le disposizioni di legge vigenti.

i regolamenti sono approvati con deliberazione (del Consiglio) entro il termine di approvazione del bilancio di previsione ed hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento (art. 53, comma 16, L. 388/2000).

inoltre, devono essere comunicati, insieme alla relativa delibera, al ministero dell’economia e delle finanze entro 30 giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e devono essere resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta ufficiale. il Ministero può impugnare i regolamenti, per vizi di legittimità, davanti agli organi della giustizia amministrativa (il Tar).

L’art. 27 della L. 28/1999 (cd. legge fiscale omnibus) estende la potestà regolamentare degli enti locali anche all’esercizio del potere di annullamento e sospensione degli effetti degli atti tributari che appaiono illegittimi o infondati: secondo i rispettivi ordinamenti gli enti locali individuano gli organi competenti per l’esercizio dei poteri di sospensione ed annulla-mento relativamente ai tributi di loro competenza.

La nuova potestà regolamentare risulta evidente anche dall’art. 13 della L. 289/2002 che dà facoltà agli enti locali di prevedere un condono fiscale per i tributi locali (per tributi propri degli enti territoriali devono intendersi, ai sensi del comma 3, i tributi la cui titolarità giuridica ed il cui gettito siano integralmente attribuiti a tali enti, con esclusione delle compar-tecipazioni e addizionali a tributi erariali, nonché delle mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali).

regioni, Province e Comuni possono stabilire la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta

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11L’autonomia finanziaria, la potestà regolamentare e il patto di stabilità

giorni dalla data di pubblicazione dell’atto, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti.

3. iL patto di stabiLità interno

L’accresciuta autonomia finanziaria ha comportato anche una maggiore responsabilizzazione degli enti locali. a partire dalla Finanziaria 1999 (art. 28 L. 448/1998), le regioni e gli enti locali sono stati chiamati a concorre-re al risanamento della finanza pubblica e al rispetto del Patto di stabilità e crescita firmato in sede di unione europea. in particolare, il cd. patto di stabilità interno (le cui disposizioni costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica) ha il duplice obiettivo di:— ridurre il disavanzo finanziario;— concorrere alla riduzione del debito pubblico.

La disciplina attuale del patto di stabilità è stata disegnata congiunta-mente dal d.L. 78/2010, convertito in L. 122/2010, e dalla L. 220/2010 (legge di stabilità 2011) ed è stata in seguito sottoposta ad una serie di mo-difiche e di integrazioni principalmente ad opera del d.L. 98/2011, conver-tito in L. 111/2011, del d.L. 138/2011, convertito in L. 148/2011, e della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012). Fra gli enti locali, sono soggetti al patto di stabilità:— i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti;— le Province.

a partire dal 2013, tuttavia, la disciplina del patto si applicherà anche ai Comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti (art. 16, com-ma 31, d.L. 138/2011).

dal 2007 (L. 296/2006), per il rispetto del patto di stabilità interno sono imposti risultati sui saldi finanziari (e non più sui tetti di spesa, come av-veniva in precedenza), calcolati in termini di competenza mista, vale a dire pari alla somma algebrica degli importi derivanti:— per la parte corrente, dalla differenza tra accertamenti di entrata e impe-

gni di spesa;— per la parte in conto capitale, dalla differenza tra incassi e pagamenti.

La disciplina delineata dall’insieme dei provvedimenti normativi citati in precedenza prevede che, per la determinazione degli obiettivi in termini di saldo finanziario che gli enti devono perseguire, la base di calcolo sia

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Capitolo Primo12

rappresentata dalla spesa corrente media del triennio 2006-2008, alla quale vanno poi applicate le seguenti percentuali (art. 31, comma 2, L. 183/2011):— per le Province, il 16,5% per il 2012 e il 19,7% per il 2013 e per gli anni

successivi;— per i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, il 15,6% per il

2012 e il 15,4% per il 2013 e per gli anni successivi;— per i Comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, il

15,4% per il 2013 e per gli anni successivi.Per ottenere l’obiettivo finale, al valore così calcolato occorre sottrarre

l’importo corrispondente alla riduzione dei trasferimenti erariali pre-vista dall’art. 14, comma 2, del d.L. 78/2010.

Occorre sottolineare, tuttavia, che le modalità di calcolo degli obiettivi appena descritte saranno valide solo fino all’approvazione del decreto previsto dall’art. 20, comma 2, del d.L. 98/2011; tale decreto dovrà ripartire gli enti soggetti al patto in due classi di virtuosità, sulla base dei seguenti parametri:— rispetto del patto di stabilità interno;— autonomia finanziaria;— equilibrio di parte corrente;— rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e quelle accertate;— convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard (dal 2013);— incidenza della spesa per il personale sulla spesa corrente (dal 2013)— tasso di copertura dei costi dei servizi a domanda individuale (dal 2013);— partecipazione all’azione di contrasto all’evasione fiscale (dal 2013);— dismissioni di partecipazioni societarie (dal 2013);— adeguamento ai principi sulle liberalizzazioni delle attività economiche di cui al d.L.

1/2012, conv. in L. 27/2012 (dal 2013);— applicazione della procedura di affidamento dei servizi a evidenza pubblica (dal 2013).

Per gli enti che risulteranno collocati nella seconda fascia di virtuosità, le percentuali da applicare alla spesa corrente media del triennio 2006-2008 dovranno essere rideterminate in aumento dallo stesso decreto, entro un tetto massimo pari (art. 31, comma 6, L. 183/2011):— per le Province, al 16,9% per il 2012 e al 20,1% per il 2013 e per gli anni successivi;— per i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, al 16,0% per il 2012 e al 15,8%

per il 2013 e per gli anni successivi;— per i Comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, al 15,8% per il 2013 e

per gli anni successivi.

in caso di mancato rispetto del patto di stabilità per gli anni 2010 e suc-cessivi, l’ente locale inadempiente, nell’anno successivo a quello in cui si

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13L’autonomia finanziaria, la potestà regolamentare e il patto di stabilità

è verificata l’inadempienza (art. 7, commi 2 e 3, d.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149):— è assoggettato ad una riduzione del fondo perequativo o del fondo spe-

rimentale di riequilibrio (previsto dal d.Lgs. 23/2011 e disciplinato dal d.m. 21 giugno 2011) in misura pari alla differenza tra il risultato regi-strato e l’obiettivo programmatico;

— non può impegnare spese correnti in misura superiore alla media annua dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio;

— non può ricorrere all’indebitamento per effettuare investimenti;— non può assumere personale;— deve ridurre dal 30% le indennità di funzione di tutta una serie di sog-

getti (sindaco, Presidente della Provincia, Presidenti dei consigli comu-nali e provinciali etc.) in carica nell’esercizio in cui si è verificata l’inadempienza. al fine di favorire il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di

stabilità interno, i Comuni devono trasmettere semestralmente al Ministero dell’economia e delle Finanze le informazioni riguardanti il saldo finanziario in termini di competenza mista, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del suddetto Ministero. Tali informazioni devono essere inviate entro 30 giorni dalla fine del periodo di riferimento attraverso un si-stema web appositamente creato nel sito www.pattostabilita.rgs.tesoro.it.

i Comuni sono, inoltre, tenuti a inviare al Ministero dell’economia e delle Finanze, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimen-to, una certificazione del saldo finanziario in termini di competenza mista, sottoscritta dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanzia-rio e dall’organo di revisione economico-finanziaria. in entrambi i casi la mancata comunicazione nei termini previsti costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.

GlossarioCondono fiscale: provvedimento legislativo con cui vengono accordate particolari agevo-lazioni in favore di quanti vogliano definire il proprio rapporto tributario con l’ufficio impositore ovvero porre termine ad una vertenza di carattere fiscale. federalismo: modello di decentramento statale in cui il potere politico è costituzionalmen-te ripartito tra lo stato centrale (federale) e gli stati membri (Cantoni, Lander, etc.).

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CaPiTOLO seCONdO

Le entrate tributarie dei Comuni e deLLe provinCe

sommario: 1. La riforma del sistema impositivo dei Comuni: il d.Lgs. 23/2011. - 2. Le entrate tributarie dei Comuni: le imposte. - 3. Le entrate tributarie dei Comuni: le tasse. - 4. addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali e regionali. - 5. Le prin-cipali entrate tributarie delle Province.

1. La riforma deL sistema impositivo dei Comuni: iL d.Lgs. 23/2011

La revisione del sistema dei tributi comunali costituisce uno dei tasselli fondamentali della riforma federalista avviata dalla L. 42/2009, in quanto nelle intenzioni del legislatore dovrebbe consentire di attribuire ai Comuni un’effettiva autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

un passo importante in tale direzione è stato compiuto con l’approva-zione del d.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, sul cd. federalismo fiscale muni-cipale, in cui si dispone che, già a partire dal 2011, ai Comuni venga attri-buito, del tutto o in parte, il gettito relativo a una serie di imposte (imposte legate ai trasferimenti immobiliari, irPeF sui redditi fondiari, imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione di immobili) e venga istituita una nuova imposta, la cd. cedolare secca sugli affitti, che il proprietario di immobili locati ad uso abitativo può scegliere in sostituzione del regime attuale e il cui gettito sarà in parte devoluto ai Comuni.

in una seconda fase, a partire dal 2014, è prevista l’istituzione di un’im-posta municipale propria, in sostituzione dell’iCi (ma, come vedremo nel paragrafo seguente, il d.L. 201/2011 ha anticipato al 2012 l’applicazione in via sperimentale dell’imposta), e di un’imposta municipale secondaria, che potrà sostituire, ad esempio, la TOsaP e l’imposta comunale sulla pubblicità.

Tali novità andranno, dunque, ad innestarsi gradualmente nel sistema impositivo dei Comuni, descritto nel paragrafo seguente, modificandolo in modo rilevante.

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15Le entrate tributarie dei Comuni e delle Province

2. Le entrate tributarie dei Comuni: Le imposte

a) L’imposta municipale propria (imu)ai sensi del d.L. 201/2011, convertito in L. 214/2011, l’applicazione

dell’imposta municipale propria (iMu) viene anticipata in via sperimenta-le al 2012 ed estesa anche alle abitazioni principali. L’iMu entrerà in vigore a regime solo nel 2015 (art. 13).

il presupposto dell’imposta, identico a quello della vecchia iCi (impo-sta comunale sugli immobili), è dato dal possesso di fabbricati, aree fabbri-cabili e terreni agricoli.

Qual è la differenza tra fabbricato ed area fabbricabile?ai sensi dell’art. 2 d.Lgs. 504/1992, per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta, o che deve essere iscritta, in catasto edilizio urbano. Nel concetto di fabbricato è ricompresa l’area occupata dal fabbricato stesso e quella di pertinenza. restano esclusi i fabbricati rurali la cui capacità di reddito è ricompresa nel reddito dominicale dei terreni agricoli.L’area fabbricabile è definita come quella «utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione, determi-nate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità».L’esclusione della qualifica di area fabbricabile non significa, comunque, esenzione, bensì attribuzione dell’area stessa alla categoria dei terreni agricoli.Questi ultimi (terreni agricoli) costituiscono la terza categoria di immobili soggetti ad iMu e sono individuabili in quei terreni adibiti ad attività agraria (coltivazione, silvicoltura, fun-ghicoltura, allevamento di animali, attività di trasformazione) ex art. 2135 c.c. va osservato, in conclusione, che taluni immobili potrebbero risultare, per esclusione, non soggetti all’imposta.Tale sarebbe il caso di aree che risultano, per qualsiasi motivo, inedificabili e che non siano destinate ad attività agricole, in quanto comprese nel tessuto urbano. Per queste ultime dovrebbe parlarsi di assenza dei presupposti oggettivi per l’imposizione, a nulla rilevando che i terreni in questione producano temporaneamente un reddito.

Come per l’iCi, anche la base imponibile dell’iMu viene calcolata utilizzando una serie di coefficienti variabili in funzione del tipo di fabbri-cato e della categoria catastale di appartenenza.in particolare, essa è costituita:— per i fabbricati iscritti in catasto, dal valore della rendita catastale, riva-

lutato del 5% e moltiplicato per un coefficiente pari a:a) 160, se si tratta di abitazioni, alloggi collettivi e fabbricati a destina-

zione varia (gruppo catastale a, ad eccezione della categoria a/10, e categorie catastali C/2, C/6 e C/7);

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Capitolo secondo16

b) 140, in caso di collegi, scuole, case di cura etc. (gruppo catastale B e categorie catastali C/3, C/4 e C/5);

c) 80, in caso di uffici e studi privati (categorie catastali a/10 e d/5);d) 60 (65 dal 1° gennaio 2013), se si tratta di alberghi e pensioni, teatri,

cinema, sale da concerto etc. (gruppo catastale d, ad eccezione del-la categoria d/5);

e) 55, per negozi e botteghe (categoria catastale C/1).— per i terreni agricoli, dal reddito dominicale vigente al 1° gennaio

dell’anno di imposizione, rivalutato del 25% e moltiplicato per 135 (tale valore è ridotto a 110 per i terreni, agricoli e non, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.La base imponibile così calcolata è ridotta del 50% nel caso di fabbricati di interesse

storico e artistico e di fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati (art. 13, comma 3, d.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011).

L’imposta si calcola applicando alla base imponibile un’aliquota dello 0,76%, ma i Comuni hanno la possibilità di modificare tale aliquota, con deliberazione del Consiglio comunale, sino a 0,3 punti percentuali in au-mento o in diminuzione.

L’aliquota è ridotta allo 0,4% per le abitazioni principali (modifica-bile dai Comuni non oltre 0,2 punti percentuali in aumento o in diminuzio-ne) e allo 0,2% per i fabbricati rurali (modificabile non oltre 0,1 punti percentuali).si noti, inoltre, che i Comuni possono ridurre l’aliquota di base:— fino allo 0,4% nel caso di immobili non produttivi di reddito fondiario, di immobili pos-

seduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società e di immobili locati (art. 13, comma 9);

— fino allo 0,38% per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fin-tanto che permanga tale destinazione e non siano locati, fino ad un massimo di tre anni dall’ul-timazione dei lavori (art. 13, comma 9bis, introdotto dal d.L. 1/2012, conv. in L. 27/2012).

Nel caso delle abitazioni principali, dall’ammontare dell’imposta, cal-colato nel modo appena descritto, si detrae l’importo di 200 euro, al quale va aggiunto, solo per gli anni 2012 e 2013, l’ulteriore importo di 50 euro (fino ad un massimo di 400 euro) per ogni figlio di età non superiore a 26 anni che dimora abitualmente e risiede anagraficamente in quell’abitazione (art. 13, comma 10).

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17Le entrate tributarie dei Comuni e delle Province

sono esenti dal pagamento dell’iMu, oltre agli immobili posseduti dallo stato e a quelli posseduti, nel proprio territorio, da regioni, Provin-ce, Comuni, Comunità montane ed enti del servizio sanitario nazionale, anche:— gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assi-

stenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative e sportive, a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, utiliz-zati da enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

— gli immobili destinati esclusivamente alle attività di religione o di culto, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla cateche-si e all’educazione cristiana.

b) L’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affis-sioniil presupposto dell’imposta consiste, in via residuale rispetto al diritto

sulle pubbliche affissioni, nella diffusione di messaggi in qualsiasi modo effettuati in luoghi pubblici o in locali aperti al pubblico o che siano da tali luoghi percepibili (art. 5 d.Lgs. 507/1993).

sono esentate le insegne di esercizio di attività commerciali e di pro-duzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri qua-drati (art. 17 d.Lgs. 507/1993 come modificato dall’art. 10 della L. 448/2001). i Comuni possono, con proprio regolamento, prevedere l’esen-zione dal pagamento dell’imposta per insegne di superficie maggiore.

ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i soli messaggi diffusi nell’esercizio di un’attività economica allo scopo di promuovere le doman-de di beni e servizi, finalizzati a migliorare l’immagine del soggetto pubbli-cizzato. dunque condizione essenziale perché si realizzi il presupposto è l’esercizio dell’attività economica.

soggetto passivo è colui che dispone del mezzo attraverso il quale viene diffuso il messaggio pubblicitario; colui che produce o vende la mer-ce o fornisce i servizi oggetto della pubblicità, tuttavia, è solidalmente ob-bligato al pagamento dell’imposta.

in ordine alle modalità di applicazione, l’art. 7 del decreto citato stabi-

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Capitolo secondo18

lisce che l’imposta viene determinata in base alla superficie della minima figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario, indipendente-mente dal numero di messaggi in esso contenuti.

ai sensi dell’art. 3 il Consiglio comunale è tenuto ad adottare apposito regolamento per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effet-tuazione del servizio delle pubbliche affissioni.

Le tariffe sono deliberate entro il 31 marzo di ogni anno e, in deroga allo Statuto del contribuente, si applicano a decorrere dal 1° gennaio del medesimo anno (art. 10 L. 448/2001, Finanziaria 2002). in caso di mancata adozione della delibera di modificazione delle tariffe, queste si intendono automaticamente prorogate.

in base all’art. 62 del d.Lgs. 446/1997, i Comuni possono, con il proprio regolamento sulle entrate, escludere l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità (ma non quella del diritto sulle pubbliche affissioni) purché:— sottopongano le iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano

o sull’ambiente ad un regime autorizzatorio e le assoggettino al paga-mento di un canone in base a tariffa;

— il regolamento individui i mezzi pubblicitari sulla base del nuovo codice della strada, determinando la tariffa con criteri di ragionevolezza e gra-dualità, prevedendo le procedure per il rilascio e il rinnovo delle autoriz-zazioni e, con carattere di generalità, divieti, limitazioni e agevolazioni.diversi dall’imposta sulla pubblicità sono i diritti sulle pubbliche af-

fissioni, cioè quei diritti che devono essere versati da coloro che intendono diffondere un messaggio pubblicitario attraverso l’affissione di manifesti su impianti del Comune a ciò destinati. L’entità di tali diritti viene stabilita con regolamento comunale.

ai sensi del d.Lgs. 23/2011, a partire dal 2014 l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni potranno essere sostitu-iti, con deliberazione consiliare, dall’imposta municipale secondaria.

C) L’imposta di scopo per opere pubblichein base alla L. 296/2006 i Comuni possono istituire una imposta di sco-

po destinata alla parziale copertura (massimo 30%) delle spese per la rea-lizzazione di opere pubbliche. i Comuni che intendono introdurre questa imposta devono redigere un regolamento che indichi l’opera da realizzare, l’ammontare della spesa, l’aliquota e le modalità di versamento.

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19Le entrate tributarie dei Comuni e delle Province

Tra le opere pubbliche la cui realizzazione è finanziabile parzialmente con l’imposta di scopo troviamo:— opere per il trasporto pubblico;— opere viarie, con l’esclusione della manutenzione straordinaria e ordi-

naria delle opere esistenti;— opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior deco-

ro dei luoghi;— opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini;— opere di restauro;— opere di conservazione dei beni artistici e architettonici;— opere relative a nuovi spazi per eventi e attività culturali, allestimenti

museali e biblioteche;— opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell’edilizia scola-

stica.L’imposta, che è dovuta per un periodo massimo di cinque anni, è de-

terminata applicando alla base imponibile dell’iCi (equivalente, come si è visto in precedenza, a quella dell’attuale iMu) un’aliquota massima dello 0,5 per mille.

se, entro due anni dalla data prevista, l’opera non è stata iniziata, i con-tribuenti possono chiedere il rimborso dei versamenti effettuati.

il d.Lgs. 23/2011, come modificato dal d.L. 16/2012, conv. in L. 44/2012, ha disposto che i Comuni possano, con regolamento, ampliare la tipologia di opere pubbliche finanziabili, aumentare da 5 a 10 anni la dura-ta massima di applicazione dell’imposta e dare la possibilità di finanziare l’intero ammontare della spesa.

d) L’imposta di soggiorno e l’imposta di sbarcoi Comuni capoluogo di provincia, le unioni di Comuni e i Comuni in-

clusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del Consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate nel proprio territorio, da applicare, in proporzione al prezzo, sino a un massimo di 5 euro per notte. il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turi-smo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali loca-li e dei relativi servizi pubblici locali (art. 4, d.Lgs. 23/2011).

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Capitolo secondo20

si noti che, ai sensi del comma 3bis del medesimo art. 4, introdotto dal d.L. 16/2012, conv. in L. 44/2012, i Comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori o nel cui territorio insistono isole minori possono istituire con regolamento, in alternativa all’imposta di soggior-no, un’imposta di sbarco, fino ad un massimo di 1,50 euro, da riscuotere unitamente al prezzo del biglietto da parte delle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti marittimi di linea. sono esentati dal pagamento i residenti, i lavoratori, gli studenti pendolari e i componenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultano aver pagato l’imposta municipa-le propria e che, pertanto, sono parificati ai residenti.

3. Le entrate tributarie dei Comuni: Le tasse

a) La tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (tosap)Tale tributo si riferisce all’occupazione di spazi di qualsiasi natura, in

strade, piazze, mercati appartenenti al demanio o al patrimonio indisponi-bile dei Comuni; di spazi sottostanti o soprastanti il suolo pubblico ovvero di suolo privato gravato da servitù di pubblico passaggio (d.Lgs. 507/1993).

La tassa è dovuta al Comune dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante (anche abusivo) in propor-zione della superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico.

Le occupazioni di suolo pubblico si distinguono in permanenti e tempo-ranee: le prime riguardano l’occupazione del suolo per un periodo non in-feriore all’anno, le rimanenti sono, quindi, temporanee. Queste ultime sono tassate in relazione alle ore di effettiva occupazione.

agli effetti dell’applicazione della tassa i Comuni sono ripartiti in cinque classi in base alla popolazione residente al 31 dicembre del penul-timo anno precedente a quello per il quale si applica il tributo.Le classi sono così suddivise (art. 43, d.Lgs. 507/1993):— Classe i, cui appartengono i Comuni con oltre 500.000 abitanti;— Classe ii, cui appartengono i Comuni da 100.001 a 500.000 abitanti;— Classe iii, cui appartengono i Comuni da 30.001 a 100.000 abitanti;— Classe iv, cui appartengono i Comuni da 10.001 a 30.000 abitanti;— Classe v, cui appartengono i Comuni fino a 10.000 abitanti.

i Comuni capoluogo di Provincia non possono collocarsi al di sotto della terza classe.

Nell’applicare il tributo i Comuni devono suddividere il proprio territo-rio in almeno due categorie di strade a seconda dell’importanza dell’area sulla quale insiste l’occupazione. Le misure minime e massime contempla-te negli articoli da 44 a 48 del d.Lgs. 507/1993 fanno riferimento alla prima categoria.

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21Le entrate tributarie dei Comuni e delle Province

Per le occupazioni del soprassuolo e del sottosuolo la tassa viene deter-minata forfettariamente in base alla lunghezza delle strade comunali per la parte effettivamente occupata.

Con il regolamento sono disciplinati i criteri di applicazione della tassa e le modalità per la richiesta, il rilascio e la revoca delle concessioni.

L’art. 3 comma 63 della L. 549/1995 ha concesso facoltà ai Comuni e alle province previa delibera consiliare di:— non applicare la TOsaP sui passi carrabili;— esonerare le occupazioni permanenti dei taxi;— esonerare le occupazioni con condutture idriche necessarie per l’attività agricola nei co-

muni montani;— stabilire in regolamento un limite minimo, non superiore a 20.000 lire (10,33 euro), al di

sotto del quale il tributo non è dovuto;— applicare retroattivamente le agevolazioni sopraelencate, che potranno essere estese an-

che alle annualità per le quali la TOsaP non è stata applicata.

La TOsaP avrebbe dovuto essere abolita dal 1° gennaio 1999 (art. 51 d.Lgs. 446/1997) ma l’art. 31 della L. 448/1998 ha soppresso la disposizio-ne abrogativa. di conseguenza, Comuni e Province possono continuare ad applicare tale tributo oppure decidere di istituire, con apposito regolamento, un canone di natura corrispettiva (Cosap) e che presenta numerose analogie con la TOsaP. il pagamento è dovuto dal titolare della concessio-ne ed è determinato in base a tariffa nel medesimo atto di concessione. L’art. 63 d.Lgs. 446/1997 detta, inoltre, i criteri cui deve uniformarsi il regola-mento.

anche la TOsaP e il COsaP, a partire dal 2014, potranno essere sosti-tuiti dall’imposta municipale secondaria (d.Lgs. 23/2011).

b) La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (tarsu)il tributo in parola colpisce i soggetti che occupano o detengono locali

ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui è istituito e attivato o comunque reso in maniera continua-tiva il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (d.Lgs. 507/1993).

Le tariffe sono determinate dal Comune, secondo il rapporto di coper-tura del costo prescelto, entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualita-tiva.

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Capitolo secondo22

va segnalato che, per effetto dell’art. 49 del d.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto «ronchi») in materia di rifiuti e di imballaggi, emanato in at-tuazione di diverse direttive comunitarie, la tarsu avrebbe dovuto esse-re sostituita dal 1° gennaio 1999 da una tariffa, denominata tariffa d’igiene ambientale (cd. tia 1) composta:— da una quota fissa determinata in relazione alle componenti essenziali

del costo del servizio di gestione dei rifiuti;— da una quota variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al

servizio fornito e all’entità dei costi di gestione.Le istruzioni per il calcolo della tariffa normalizzata sono state dettate

con d.P.r. 158/1999, ma prima la L. 448/1998 (art. 31, comma 7) poi la L. 488/1999 (art. 33) hanno prorogato i criteri di calcolo della Tarsu. era stata comunque data facoltà ai Comuni di adottare in via sperimentale la nuova tariffa.

Nell’ambito di una più generale rivisitazione delle norme ambientali, il d.Lgs. 152/2006 (Testo unico ambiente), ha disposto la soppressione della tariffa di cui all’articolo 49 del d.Lgs. 22/1997, istituendo una tarif-fa integrata ambientale (cd. tia 2) la cui entrata in vigore era tuttavia subordinata all’approvazione di un apposito regolamento attuativo. Non essendo stato ancora emanato tale regolamento, dal 30 giugno 2010 i Co-muni possono comunque adottare la nuova tariffa ai sensi delle disposizio-ni legislative e regolamentari esistenti.

La tariffa prevista dal Testo unico ambiente colpisce tutti coloro che possiedono o deten-gono locali o aree scoperte ad uso privato o pubblico, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale, che producono rifiuti urbani (art. 238, comma 1). L’importo comprende una quota fissa, commisurata alle componenti essenziali del servizio, ed una quo-ta rapportata alle quantità e qualità medie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri che tengano conto anche delle fasce di utenza territoriali (comma 2).

in sede di determinazione della tariffa, possono essere previste agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo.

si noti, infine, che a decorrere dal 2013 sarà istituito il nuovo tributo comunale sui ri-fiuti e sui servizi, a copertura dei costi relativi al servizio gestione dei rifiuti urbani e di quelli relativi ai servizi indivisibili dei Comuni. i presupposti del tributo sono definiti dall’art. 14 del d.L. 201/2011, mentre i criteri per la determinazione della tariffa dovranno essere stabiliti con regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012 su proposta del Ministro dell’eco-nomia e delle Finanze e del Ministro dell’ambiente.

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23Le entrate tributarie dei Comuni e delle Province

4. addizionaLi e ComparteCipazioni ad imposte era-riaLi e regionaLi

a) L’addizionale irpefil d.Lgs. 360/1998 ha istituito un’addizionale comunale all’irPeF ca-

ratterizzata da due componenti:— una aliquota base (cd. aliquota di compartecipazione) definita con uno

o più decreti del Ministro dell’economia e delle Finanze di concerto con il Ministro dell’interno;

— un’aliquota facoltativa aggiuntiva, che i Comuni possono deliberare ogni anno e che non può superare lo 0,8% (art. 1, comma 142, L. 296/2006). dal 2011 le delibere di variazione dell’addizionale irPeF hanno effetto

dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione sul sito www.finanze.it, a condi-zione che detta pubblicazione avvenga entro il 20 dicembre dell’anno a cui la delibera afferisce (art. 14, comma 8, del d.Lgs. 23/2011, come modifica-to dal d.L. 16/2012, conv. in L. 44/2012).

b) La compartecipazione ivaai sensi del d.Lgs. 23/2011 (art. 2, comma 4), dal 2011 ai Comuni è

attribuita una compartecipazione all’iva, la cui aliquota deve essere defi-nita con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze e previa intesa in sede di Confe-renza unificata, in misura finanziariamente equivalente alla compartecipa-zione del 2% all’irPeF. a tale disposizione ha dato seguito il d.p.C.m. 17 giugno 2011, fissando l’aliquota al 2,58% del gettito iva.

C) L’addizionale sui diritti di imbarcoL’art. 2, comma 11 della Finanziaria 2004 (come modificato dal d.L.

80/2004) ha istituito un’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeg-geri sulle aeromobili. L’addizionale è pari a 5,50 euro per passeggero imbar-cato (valore così incrementato dall’art. 2, comma 5bis, del d.L. 134/2008, convertito in L. 166/2008) ed è versata all’entrata del bilancio dello stato, per la successiva riassegnazione per la parte eccedente 30 milioni di euro in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’interno e ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:a) il 40 per cento del totale a favore dei Comuni del sedime aeroportuale o

con lo stesso confinanti;

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Capitolo secondo24

b) il 60 per cento del totale per il finanziamento di misure volte alla pre-venzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicu-rezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie.

5. Le prinCipaLi entrate tributarie deLLe provinCe

a) premessail d.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, ha introdotto alcune importanti modifi-

che al sistema impositivo delle Province, al fine di assicurare anche a tali enti un’effettiva autonomia di entrata e di compensare la soppressione dei trasferimenti statali (dal 2012) e regionali (dal 2013). il suddetto decreto potenzia soprattutto i tributi connessi al trasporto su gomma (in coerenza con quanto previsto dalla L. 42/2009), stabilendo in particolare che, a par-tire dal 2012, l’imposta sulle assicurazioni rCa (il cui gettito è attribuito alla Province sin dal 1999) divenga tributo proprio delle Province, e che, dal 2013, venga istituita dalle regioni una compartecipazione provincia-le alla tassa automobilistica regionale, in misura da tale da garantire alle Province un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi.

b) il tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell’ambienteil gettito del tributo in esame è attribuito dall’art. 19 d.Lgs. 504/1992

alle Province a fronte delle funzioni amministrative assolte dalle stesse in tema di tutela ambientale e dei suoli, di smaltimento dei rifiuti e controllo degli scarichi ed emissioni.

il tributo è commisurato alle superfici soggette alla tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani dei Comuni. sono soggetti passivi di questo tributo quegli stessi che, sulla base delle vigenti disposizioni, sono tenuti al paga-mento della suddetta tassa di smaltimento.

il tributo in esame costituisce una sorta di soprattassa, rispetto alla tarif-fa comunale Tarsu, nella misura, fissata con delibera della Giunta provin-ciale, non inferiore all’1% e non superiore al 5%. si badi che l’art. 19 del suddetto decreto era stato abrogato dall’art. 264 del d.Lgs. 152/2006 recan-te «Norme in materia ambientale». Tuttavia, l’art. 2, comma 44, del d.Lgs. 4/2008 ha, a sua volta, abrogato il suddetto art. 264, facendo nuovamente salva l’applicazione del tributo a partire dall’entrata in vigore del decreto medesimo.