Effetto yo-yo · 2020-05-29 · 10643.5 - Codice Gruppo 1030.6 - Aderente al Codice di...

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Spot 4° Trim 2016 VIEW

Tassi di interesse f.p.

US Treasury 10Y 1,75% 1,7% Atteso un recupero dopo calo a novembre nella fase ipotizzata di risk off

Bund 10Y 0,03% 0,05% Vedi view sopra

Tassi di cambio f.p.

EUR/USD 1,0950 1,12 In deprezzamento su attese atteggiamento morbido Fed su prospettive future

USD/JPY 103 105 Atteso lieve deprezzamento dello yen su ipotesi di azione di BoJ e governo contro eccessivo apprezzamento

Commodity f.p.

Brent $/b 53 45 Stabilizzazione dei prezzi sotto quota 50, a meno di shock esterni

Oro ($/oncia) 1270 1275 Stabilizzazione delle quotazioni

f.p.= fine periodo ; (+) rischi al rialzo ; (-) rischi al ribasso; (*) media annua

Banche centrali Commenti

FED Atteso rialzo il 14 dicembre accompagnato da toni morbidi sulle future mosse

BCE Possibili aggiustamenti tecnici all’attuale piano di stimolo soprattutto a dicembre

BoJ Prosecuzione delle manovre in essere

BoE Ferma fino a fine anno, in attesa della conferma o meno del mandato a Carney

Prossima pubblicazione: report annuale a dicembre

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Contesto di mercato Volatilità e tassi provano ad alzare la testa

Superata la fase post Brexit, nel mese di settembre sono emerse alcune indicazioni tali da far temporaneamente realizzare,

in alcuni momenti, un rialzo sia delle volatilità sia dei tassi. Si tratta di fenomeni per ora abbastanza contenuti, ma che

hanno assunto una certa rilevanza, soprattutto in considerazione dell’abitudine al lungo trend in senso opposto,

manifestatosi nei precedenti mesi, una volta superate le turbolenze sul mercato del petrolio di inizio anno. Ad “animare” gli

operatori sono stati, in particolare, due fattori: 1) la percezione di modifica delle manovre espansive delle principali

banche centrali, dopo la decisione della BoJ di adottare un target sul tasso decennale, pur mantenendo in territorio

negativo il tasso di riferimento; 2) il marcato rialzo del greggio successivo all’incontro informale Opec di fine settembre.

L’effetto principale è stato un generale rialzo dei tassi concentrato, in modo particolare, sul segmento a lungo termine. Sul

fronte valutario, il recupero del dollaro ha seguito la crescente attesa di un rialzo Fed nella riunione del 14 dicembre.

Scenario Attesa temporanea fase di risk off

Come prima citato, l’attesa di modifica delle politiche delle banche centrali, al fine di aumentare il livello assoluto dei tassi

a lungo termine e/o la pendenza della curva dei tassi al fine di supportare il comparto finanziario, ha guidato i mercati

obbligazionari nelle ultime settimane. Tale andamento potrebbe ancora rappresentare il trend di fondo, in ottica primo

trimestre del 2017. Nel frattempo, i tassi potrebbero

temporaneamente interrompere la fase di rialzo negli

ultimi mesi dell’anno in vista di: 1) un

ridimensionamento del prezzo del greggio; 2) l’attesa di

una fase di risk-off determinata principalmente dal

denso calendario politico tra novembre (elezioni

presidenziali e politiche USA) e dicembre (referendum

Italia e ballottaggio presidenziale austriaco), insieme alle

possibili turbolenze in arrivo dal fronte cinese, in vista

della chiusura della trattativa con la UE sul tema

riconoscimento dello status di economia di mercato.

Sullo scenario di fine anno, probabilmente inciderà,

soprattutto, l’esito della riunione BCE dell’8 dicembre,

in cui alcune delle opzioni in discussione all’interno dei

comitati tecnici dell’istituto potrebbero essere rese operative. Le ultime indiscrezioni lasciano intendere che l’ipotesi

tapering del QE debba essere intesa più come una ricomposizione delle modalità di attuazione del piano (in modo da

renderlo prorogabile oltre il mese di marzo 2017), piuttosto che come riduzione effettiva dell’importo degli acquisti

mensili, pari attualmente a 80Mld€. Queste considerazioni potrebbero contribuire a far rientrare l’eventuale allargamento

dello spread, in corrispondenza delle importanti scadenze elettorali europee che si collocano pochi giorni prima della citata

riunione BCE di dicembre. Sul fronte valutario, è attesa la prosecuzione della fase di apprezzamento del dollaro, soprattutto

in caso di vittoria della Clinton. Il biglietto verde è atteso, però, deprezzarsi nel corso del 2017, in vista di un

atteggiamento Fed, comunque, molto accomodante.

Tassi di mercato Tassi governativi non solo al ribasso

In area Euro, il quarto trimestre (verosimilmente novembre-inizio dicembre) potrebbe essere interessato da una fase di

risk-off sui listini azionari, legati principalmente all’incertezza sull’esito delle elezioni in USA ed in Italia (4 dicembre),

oltre che all’esito delle consultazioni spagnole, il cui fallimento potrebbero portare a nuove elezioni a dicembre. Oltre alle

incertezze politiche sulle scelte degli operatori, pesaranno le attese sulle decisioni delle banche centrali, in primo piano le

riunioni di BCE e Fed di dicembre. Tutto questo potrebbe portare, nel periodo novembre-inizio dicembre a forti vendite sui

listini ed a cali sui tassi governativi. Tuttavia non escludiamo che, in prossimità delle elezioni italiane, si registri un

allargamento dello spread italiano, portandosi oltre i 140 pb. Per la fine del quarto trimestre è atteso, poi, un rialzo dei tassi,

che potrebbero tornare sui valori attuali. Sul tema BCE, ci attendiamo una revisione tecnica all’attuale piano di acquisto.

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La revisione, considerata l’attuale scarsità dei titoli acquistabili, dovrebbe permettere alla BCE di continuare con il piano di

acquisti e temporeggiare per poter poi, nel 2017, effettuare, laddove necessario, un cambiamento più sostanziale all’attuale

politica monetaria. Riteniamo plausibile, infatti, l’ipotesi che l’istituto possa mettere in campo misure atte a sostenere il

sistema bancario, che risulta gravato dai bassissimi tassi di interesse e presenta difficoltà nell’erogare il credito, ostacolando

così il processo di trasmissione della politica monetaria tante volte citato dalla BCE. I bassi tassi di interesse sulla parte a

lunghissimo termine della curva rappresentano, inoltre, un problema per le assicurazioni e per i fondi pensione, in

particolare per quelli a prestazione definita, una questione a cui la BCE non potrà ovviare per molto tempo. Non

escludiamo che l’aggiustamento tecnico venga deciso già nella riunione di ottobre e, comunque, non oltre quella di

dicembre. Tra le ipotesi in considerazione e riportate da alcune indiscrezioni Reuters, potrebbe esserci la rimozione del

floor sui tassi (che potrebbe essere parziale), l’innalzamento del limite per emissione ed emittente al 50% (attualmente al

33%), la sospensione temporanea delle capital key sostituendo tale criterio porporzionale di acquisti con un altro più

strettamente legato ai PIL dei singoli paesi, e, infine, l’inserimento di una forward guidance sull’attivo BCE. Sul fronte

macro, l’inflazione continua con il trend di crescita iniziato a giugno, pur rimanendo sotto l’1%. Livelli più elevati

potrebbero registrarsi nel trimestre in corso, grazie principalmente ad un effetto confronto positivo ed al rialzo del prezzo

del greggio. Sul fronte crescita, si intravedono segnali positivi per il terzo trimestre così come per i prossimi mesi. Sono

risultati in rialzo, infatti, gli ultimi dati su produzione industriale ed ordinativi, così come gli indici anticipatori PMI

manifatturiero e l’indice Zew tedesco.

Negli USA il recente rialzo dei tassi dimercato potrebbe registrare una temporanea fase di calo durante la fase di risk off

collocata prevalentemente nel mese di novembre. I tassi però potrenbbero nuovamente seguire uan fase di rialzo in coda

d’anno, pche potrebbe accentuarsi nei primi mesi del 2017 se la Fed accompagnerà l’atteso rialzo con toni molti

accomodanti sulle mosse future. In estrema sintesi, il rialzo dei tassi potrebbe esssere accompagnato da uan forward

guidance piuttosto morbida. In questo senso la Fed potrebeb eseguire un approccio a due velocità, uno per i tassi a breve ed

uno per i tassi a lungo termine, comportando potenzialmente un aumento della pendenza di curva.

Obbligazioni a spread Eventuali fasi di risk-off come occasioni di acquisto

Vai dove ti porta lo spread (più elevato). E così gli investitori, incuranti di una stagionalità avversa che tradizionalmente

vede i comparti ad elevato rendimento soffrire durante i mesi estivi (specialmente in agosto), hanno continuato a

privilegiare, all’interno dei portafogli, i

corporate, sia investment grade che high yield

(con quelli in $ che hanno sovraperfomato quelli

in €) e le emissioni emergenti (con quelle in

valuta locale che hanno sovraperfomato quelle in

$). A sorprendere maggiormente (anche chi

scrive) sono stati gli high yield US, trascinati dal

rialzo del prezzo del petrolio che rimette in gioco

buona parte dei produttori dello shale oil.

Tuttavia, agli attuali livelli di spread offerti (472

pb), gli HY US appaiono a leggero premio,

considerato un recovery rate a 23% (vs media

storica a 40%) e lo scenario di incremento del

tasso di fallimento fino al 6,5% entro l’estate del

2017, prima di tornare a descrescere. Sul fronte degli emittenti di elevata qualità, gli investment grade di entrambe le

sponde dell’atlantico se, da una parte, hanno continuato a beneficiare sia per via diretta che indiretta delle manovre

espansive delle Banche centrali (al piano di acquisti BCE si è aggiunto quello inaugurato dalla BoE pari a 10 Mld£ in 18

mesi), dall’altra, hanno subito il rialzo dei tassi governativi conseguente al rialzo del petrolio (e delle attese di inflazione)

così come della percezione di Banche centrali maggiormente focalizzate verso un irripidimento della curva dei rendimenti.

Infine, le obbligazioni governative dei Paesi Emergenti sono state ancora oggetto del riposizionamento sul comparto

degli investitori (quindicesima settimana consecutiva di flussi in entrata, secondo BofA ML) e hanno beneficiato fin qui di

una Fed attendista, così come delle migliorate prospettive economiche (in scia al recupero delle commodity) e di Banche

centrali locali (in Asia, ma anche in Brasile) dall’atteggiamento accomodante, dati i livelli di inflazione sotto controllo e/o

la minore necessità di difendersi dal rischio deprezzamento delle valute domestiche.

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In prospettiva, confermiamo quanto scritto nell’ultimo outlook. Le obbligazioni a spread rimangono a nostro avviso

interessanti nel medio termine, sebbene il forte rally degli ultimi mesi renda possibile, in ottica autunnale, un

consolidamento soprattutto su HY USA ed emergenti in valuta locale. I dubbi sulla solidità della crescita globale, i timori

relativi ad un minor supporto da parte delle Banche centrali (c.d. “liquidity peak”) e le incertezze legate all’articolato

calendario politico dall’esito non sempre scontato, rappresentano, infatti, venti contrari che potrebbero provocare un rialzo

accentuato degli spread. Se questa idea si dimostrerà corretta, tali fasi di risk-off possono rappresentare un’occasione per

avviare/incrementare il posizionamento su questi comparti in logica costruttiva (per la copertura o meno del cambio si

rimanda alla view sotto riportata).

Valute Possibili prese di profitto sugli emergenti

Il mercato valutario, dopo un periodo estivo caratterizzato da una relativa tranquillità, ha evidenziato nelle ultime settimane

un andamento piuttosto volatile, con il dollaro in apprezzamento generalizzato. L’incremento delle possibilità di un rialzo

dei tassi da parte della Fed, infatti, si è tradotto in un rafforzamento generalizzato del biglietto verde che si è manifestato

principalmente nei confronti della sterlina, su cui ha pesato l’atteggiamento duro della Premier May sul tema Brexit,

lasciando ipotizzare una propensionsione per una fuoriuscita dura dalla UE (cosiddetta Hard Brexit). Anche l’euro è stata

“vittima” della forza del dollaro con il cambio EurUsd che ha accelerato il movimento ribassista nelle ultime sedute,

spingendosi fin sotto quota 1,10.

Da segnalare, inoltre, l’andamento piuttosto particolare dello yuan che, se da una parte si è svalutato nei confronti del

dollaro (sui minimi dal 2010), dall’altro ha evidenziato una certa forza nei confronti delle altre valute. In prospettiva, il

mercato valutario, potrebbe continuare a manifestare da qui a fine anno un andamento piuttosto volatile, alla luce di una

serie di eventi (elezioni Usa e decisioni Fed e BCE) che potrebbero creare una maggiore incertezza tra gli operatori.

L'euro/dollaro potrebbe pertanto continuare a restare sotto pressione nel corso delle prossime settimane, con eventuale

tentativo di discesa verso area 1,08, che potrebbe

manifestarsi nel corso del mese di novembre. Il

recente rialzo dell’inflazione ed un quadro macro

tendenzialmente positivo, infatti, potrebbero

generare un clima favorevole per un rialzo Fed a

fine anno. Il movimento potrebbe essere

accompagnato da un incremento delle posizioni

speculative che, pur puntando già su un

apprezzamento del dollaro, si trovano su livelli

piuttosto lontani dai massimi storici. Tuttavia,

reputiamo limitato ad area 1,08 l'eventuale calo, in

quanto un dollaro eccessivamente forte rappresenta

esso stesso un freno ad un possibile atteggiamento aggressivo da parte della Fed. Proprio per questo motivo, ipotizziamo

per fine anno un ritorno del cambio verso quota 1,11/1,12, a cui si aggiunge, però, un atteggiamento ancora accomodante

della BCE, che dovrebbe limitare un apprezzamento eccessivo dell’euro. Guardando alla sterlina, il forte movimento di

deprezzamento, visto di recente, potrebbe consolidarsi nel corso delle prossime settimane con possibilità anche di un

potenziale recupero. Il mercato al momento è fortemente sbilanciato per un ulteriore deprezzamento (posizionamento

speculativo sul cross GbpUsd ai massimi storici) e, quindi, qualsiasi fattore, quali toni più morbidi del Premier, May, sul

tema Brexit e/o un atteggiamento meno accomodante da parte della BoE nella riunione del prossimo 3 novembre, potrebbe

portare a forti ricoperture. Il cambio EurGbp potrebbe, pertanto, riportarsi temporaneamente in prossimità di area 0,86/87

ed il cross vs dollaro potrebbe provare a rivedere i livelli precedenti al flash crash in area 1,26/28. Lo yen, invece, dovrebbe

tendenzialmente proseguire nella fase di indebolimento vista nelle ultime settimane, salvo potenziali fasi di apprezzamento

nel corso del mese di novembre. Il clima di risk-off che ci attendiamo sui mercati potrebbe portare ad un calo dei tassi

governativi sia negli USA sia in area Euro, con conseguente restringimento del differenziale dei tassi rispetto al Giappone,

ovvero il fattore che finora ha guidato l’andamento della valuta nipponica. Per fine anno, il cross vs dollaro potrebbe

posizionarsi in area 105 ed il cambio EurJpy ritornare verso area 118. Guardando, infine, al comparto emergente, il

marcato apprezzamento degli ultimi mesi potrebbe trovare un momento di pausa. Il possibile aggiustamento delle

aspettative sul rialzo Fed è il fattore principale alla base di questa idea. Ad esso si può aggiungere anche un movimento di

consolidamento del petrolio che dovrebbe penalizzare valute quali rublo e real, risultate tra le migliori da inizio anno. Da

monitorare l’andamento del peso messicano che, in caso di vittoria di Trump alle elezioni, potrebbe evidenziare un marcato

deprezzamento.

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Materie prime Possibile temporaneo risk off entro fine anno

Come previsto nel precedente outlook, nel corso dell’estate, il Brent si è mantenuto mediamente sotto i 50$/b, complici

l’offerta ancora elevata (produzione OPEC a livelli record a settembre), una domanda più debole del previsto ed un surplus

che potrebbe continuare per tutto il 2017 secondo l’IEA. Da fine settembre, le quotazioni sono, però, iniziate a salire grazie

all’inatteso accordo da parte dell’OPEC ad Algeri per un taglio della produzione. Negli ultimi giorni, il Brent è salito al

massimo da oltre un anno, grazie alla Russia che sembrerebbe predisposta a far fronte comune con l’OPEC per sostenere i

prezzi, anche se i messaggi inviati non sono stati univoci. Per fine anno, confermiamo quanto scritto nel recente report sul

petrolio. Nonostante il rischio di uno spike temporaneo, ma non sostenibile, verso i 60$/b (livello citato dall’Arabia come

possibile per fine anno), le quotazioni potrebbero tornare sotto i 50$/b nella fase di risk off sui mercati, che ci attendiamo

entro fine 2016. Inoltre l’industria dello shale oil potrebbe riprendere vigore a prezzi superiori ai 50$. Già adesso negli

USA stanno aumentando il numero di trivellazioni di nuovi pozzi, con l’ammontare al massimo da 8 mesi.

L’oro recentemente è stato al centro dell’attenzione, oggetto di forti vendite (non tramite ETF, ma via future) sulla scia

della forza del dollaro, dell’aumento dei tassi di

mercato mondiali e della maggiore probabilità

di rialzo tassi Fed a dicembre. Da notare come,

nonostante il calo dei prezzi al minimo da 4

mesi, l’ammontare detenuto dagli ETF sia

addirittura salito (massimo da oltre 3 anni Fig.),

dando così l’idea che molti investitori stiano

utilizzando la correzione come “buy

opportunity” ed il sell-off sia legato allo

smontaggio di posizioni speculative sui future

che avevano raggiunto livelli molto elevati al

rialzo. Per fine anno, le quotazioni dell’oro

potrebbero restare deboli, soffrendo il contesto

di tassi più alti, anche se il ribasso è limitato dal

contesto mondiale di tassi negativi. Nel caso di

sell-off causato da fattori terzi (vendite forzate

sugli asset più liquidi da parte di fondi in un contesto di risk-off sui mercati), il calo potrebbe arrivare fino area

1150$/oncia. I metalli industriali hanno avuto un’estate di consolidamento in prossimità dei massimi da 1 anno, in base

all’andamento dell’indice GSCI ER settoriale. Non sono mancati alcuni movimenti specifici come quello del nichel, salito

al massimo da 1 anno ad agosto, a causa del processo di auditing delle miniere nelle Filippine imposto dal presidente del

paese, con ripercussioni sulla produzione. A livello di indice settoriale, dopo una debolezza tra agosto e parte di settembre,

nelle ultime settimane si è assistito ad un recupero, grazie al maggiore ottimismo sull’economia mondiale/cinese, e di

conseguenza, sulla domanda. L’ultima parte dell’anno potrebbe, comunque, continuare a vedere un trend laterale, con fasi

di correzione, seguite da recuperi. Non ci aspettiamo significativi segnali di rafforzamento della domanda, rispetto i livelli

attuali nei prossimi 3 mesi. Sulle commodity agricole continuano le condizioni climatiche ideali per i raccolti globali di

cereali e soia, con la produzione a livelli elevatissimi. Il temuto evento climatico “La Niña” non si è ancora materializzato,

con il Dipartimento USA NOOA che ha rimosso l’alert per i prossimi mesi. Secondo l’istituto, i prossimi mesi saranno

caratterizzati da condizioni neutrali con probabilità del 55-60%. L’assenza della Niña potrebbe contribuire a tenere depresse

le quotazioni dei cereali, anche se non si possono escludere rimbalzi anche violenti. Ad esempio, il grano che quota poco

sopra i minimi da 10 anni, attualmente ha posizioni nette corte su livelli record, esponendolo così al rischio di rapide

ricoperture tecniche. Segnaliamo il rally dello zucchero, al massimo dal 2012, su deficit globale di produzione maggiore

del previsto.

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