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Edoardo AmaldiGiovanni Battimelli e Luciano Maiani

Dipartimento di Fisica Università La Sapienza - Roma

Amaldi è stato una delle figure di puntadella scienza italiana del ventesimo secolonel campo della fisica sperimentale fonda-mentale; egli ha portato contributi di granderilevanza nel campo della fisica nuclearenegli anni fra il 1930 e il 1940, nel campodella fisica dei raggi cosmici e delle particel-le negli anni successivi alla guerra e ed èstato, sin dall’inizio degli anni ’70, uno deipionieri nella ricerca sperimentale delle ondegravitazionali. Ancora più importante deisuoi contributi diretti alla conoscenza, tutta-via, è stato il suo ruolo di vero promotoredella scienza. È soprattutto grazie alla suaguida e alla sua iniziativa che la fisica italia-na è potuta riemergere dal collasso successi-vo alla seconda guerra mondiale, quando riu-scì a trovare adeguati finanziamenti e acostruire solide istituzioni; egli è stato unodegli attori principali del processo che ha tra-sformato in realtà i sogni di grandi progettiscientifici transnazionali fra i paesi europei,primo e più importante tra tutti il CERN.

A Roma con FermiDa ragazzo Edoardo Amaldi crebbe in un

ambiente scientifico ed accademico. Suopadre, Ugo, era professore universitario ematematico di grande valore; la sua carrieraaccademica lo portò da Modena a Padova,dove il giovane Amaldi frequentò le scuole

secondarie, e finalmente, nel 1924, all’Uni-versità di Roma, in stretto contatto con alcu-ni dei matematici italiani più importanti del-l’epoca, quali Vito Volterra, Tullio Levi-Civita,Guido Castelnuovo e Federico Enriques. Nel1925 Amaldi si iscrisse alla facoltà di inge-gneria dell’Università di Roma; dopo dueanni, tuttavia, passò a fisica, attratto, al paridi altri brillanti studenti quali Emilio Segrè edEttore Majorana, dalla presenza di EnricoFermi, che era stato appena chiamato daldirettore dell’Istituto di Fisica, Orso MarioCorbino, alla prima cattedra di fisica teoricamai esistita in Italia. Egli si laureò in fisica nelluglio del 1929, con una tesi sullo spettroRaman della molecola del benzene; relatoredella sua tesi fu Franco Rasetti, che si eraunito al gruppo di Fermi muovendosi daFirenze a Roma, prima come assistente diCorbino e, a partire dal 1930, come profes-sore di spettroscopia.

Alla fine degli anni ’20 un validissimogruppo di giovani fisici fu costituito così nel-l’istituto di via Panisperna, e gli sforzi dellaricerca furono deliberatamente spostati dallaspettroscopia alle nuove frontiere della fisicanucleare. Sotto la guida di Fermi, l’invio perlunghi periodi di giovani fisici per migliorarnela preparazione presso accreditati centri diricerca all’estero divenne una consuetudineconsolidata. Nel 1931 Amaldi trascorse diecimesi a Lipsia, presso il laboratorio di PeterDebye, per apprendere le tecniche di diffra-zione dei raggi X nei liquidi; successivamen-te, egli passò periodi simili, dapprima, nell’e-state del 1934, presso il Laboratorio Caven-

Edoardo Amaldi, del quale ricorre que-st’anno il centenario della nascita, è stato unodei Padri della fisica nucleare e una figura distraordinario rilievo per la rinascita e lo svi-luppo della fisica italiana dopo la guerra.

Affinché anche le generazioni più giovanine conoscano le straordinarie doti scientifichee umane, abbiamo chiesto a due personaggieminenti, i professori Giovanni Battimelli eLuciano Maiani, di scrivere un articolo per lanostra Rivista; siamo loro grati per averci con-cesso di affidare a Giampiero Tosi la traduzio-ne in italiano della loro commemorazione diAmaldi, pubblicata in inglese sulla Rivistadel CERN

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dish di Cambridge e successivamente, nell’e-state del 1936, presso la Columbia Universitye il Dipartimento di Magnetismo Terrestredella Carnegie Institution.

Subito dopo la scoperta della radioattivitàartificiale, nel marzo del 1934 Fermi, al qualesi associò subito l’intero gruppo, avviò unaricerca metodica, bombardando campioni ditutti gli elementi conosciuti con i neutroniemessi da una sorgente di radio-berillio inve-ce che con particelle alfa, come era avvenu-to nei primi esperimenti compiuti da FrédericJioliot e Irène Curie. I risultati della lungaserie di esperimenti furono di importanzafondamentale per la comprensione delle pro-prietà nucleari, e culminarono nell’ottobre del1934 con la scoperta dell’efficienza dei neu-troni rallentati nell’attivare trasformazioninucleari. Si trattava di un modo veramentenuovo di fare un lavoro di gruppo nella fisicasperimentale; i lavori pubblicati portavano lafirma di tutti i componenti del gruppo (Fermi,Rasetti, Amaldi, Segrè e il chimico OscarD’Agostino e successivamente il più giovane,Bruno Pontecorvo). Chiaramente, Fermi erail leader intellettuale e la forza motrice; per irisultati ottenuti, gli sarebbe stato assegnatonel 1938 il Premio Nobel per la fisica.

I ragazzi di Via Panisperna: al centroEdoardo Amaldi, a destra Enrico Fermi

Nei successivi due anni, la maggior partedel lavoro fu compiuto da Fermi e Amaldi(Rasetti e Pontecorvo si trovavano quasisempre fuori Roma e Segrè aveva vinto unacattedra a Palermo). In questi anni, Amaldiacquistò nell’ambito della fisica nucleare,

soprattutto per quanto riguarda le proprietàdei neutroni una grande competenza, che loportò ad essere uno dei massimi esperti nelcampo. Nel 1937 egli vinse una cattedrapresso l’università di Cagliari, ma fu imme-diatamente chiamato alla cattedra di fisicasperimentale a Roma, resa vacante dall’im-provvisa morte di Corbino; egli mantennequesta posizione sino al suo ritiro. Amaldi,con Fermi e Rasetti, continuò a lavorare allafisica dei neutroni; insieme essi progettaronoe iniziarono a costruire un acceleratore diCockroft-Walton, che fu completato nel 1939e installato nel palazzo dell’Istituto di SanitàPubblica.

Verso la fine degli anni ’30, tuttavia, lasituazione in Italia andava rapidamente dete-riorandosi; la mancanza di fondi e di soste-gno per mantenere la ricerca competitiva,l’allineamento definitivo del fascismo con laGermania di Hitler e le leggi razziali promul-gate nel 1938, portarono all’emigrazione for-zata o volontaria di un gran numero di fisiciitaliani. Quando iniziò la guerra, Amaldi eral’unico componente del gruppo originale diVia Panisperna rimasto nel Paese.

Gli anni della guerraLasciato solo a Roma con un piccolo

gruppo di ricercatori più giovani, Amaldiconcentrò per un breve periodo i suoi sforzi diricerca sulla fissione nucleare, lavorando conun gruppo misto di fisici provenienti dall’isti-tuto di fisica e dall’Istituto di Sanità, mentre il

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lavoro teorico veniva portato avanti in colla-borazione con Gian Carlo Wick, che avevasostituito Fermi. Questa attività fu interrottanel 1940, quando Amaldi fu inviato per alcu-ni mesi sul fronte africano. Tornato a Roma,le ricerche sulla fissione continuarono ancoraper un certo periodo, ma nel 1941 si fecestrada il dubbio che le ricerche sulla fissionepotessero esporre il gruppo al pericolo diessere reclutato per compiere ricerche confini bellici. Fu quindi deciso di abbandonarele ricerche sulla fissione, e il lavoro speri-mentale venne indirizzato sui problemi delloscattering protone-neutrone, mentre alcunidei laureati più giovani avviarono una pro-mettente attività di ricerca sui raggi cosmici.Sebbene durante la guerra le condizioni dellaricerca fossero difficili, la situazione a Romaera migliore che in altri centri del nord, spe-cialmente dopo la liberazione, nel giugno del1944. La maggior parte di ciò che era rima-sto della attività in Italia, sia in termini diesperienze consolidate che di uomini, fu,dopo la fine della guerra, concentrata aRoma. In collaborazione con Wick e con Gil-berto Bernardini, che veniva dalla scuola difisica di Firenze, Amaldi si caricò consape-volmente del compito della ricostruzionedella fisica nel paese, partendo dalla posizio-ne di vantaggio offerta dalla sua presenzanella capitale. Il primo atto, completato consuccesso nell’ottobre del 1945, fu quello diottenere dal ricostituito Consiglio Nazionaledelle Ricerche la collocazione nell’Istituto difisica di Roma di un centro di ricerca per lafisica nucleare e delle particelle elementari.

Gli anni della ricostruzioneDurante un viaggio negli Stati Uniti nel

1946, ad Amaldi fu offerta da Fermi una cat-tedra presso l’università di Chicago. Eglideclinò tale offerta, avendo ormai deciso cheil suo dovere era quello di prendersi curadello sviluppo scientifico nel proprio paese.In tale occasione Amaldi si trovò a confron-tarsi con un carattere acquisito dalla “sua”fisica durate la guerra, e cioè con le restrizio-ni imposte, per ragioni di sicurezza, su alcunirisultati e su alcune tematiche, di interessemilitare reale o anche solo ipotizzato; dovet-te quindi accorgersi che, oltre certi limiti, eraimpossibile per lui di parlare liberamente diproblemi nucleari persino con Fermi. Egligiudicò questa situazione inaccettabile permotivi etici e pericolosa per il progresso

scientifico. Tale esperienza rafforzò in lui laconvinzione che qualsiasi collaborazionescientifica genuina dovrebbe essere pianifi-cata in totale libertà dal controllo militare,secondo una visione della scienza alla qualerimase fedele per tutta la vita.

Il contatto diretto con la nuova dimensio-ne acquisita dalla fisica nucleare e dalla fisi-ca delle particelle negli Stati Uniti dopo laguerra convinse Amaldi che la scelta miglio-re per la fisica italiana fosse quella di abban-donare programmi ambiziosi in campi cherichiedono una strumentazione costosa e diconcentrarsi su quei settori di ricerca dovesarebbe stato ragionevolmente possibileottenere buoni risultati con i modesti mezzi adisposizione. Di conseguenza, l’attenzione fufocalizzata sulla ricerca relativa ai raggicosmici, un campo poco costoso nel quale ifisici italiani potevano contare su una solidatradizione. Un primo passo significativo fu lacostruzione nel 1947 di un laboratorio ad altaquota sulle Alpi, mentre nuovi centri di ricer-ca venivano creati sulle orme del centro diRoma: Padova nel 1948, poi Torino nel 1951e Milano nel 1952. Nel frattempo Amaldisosteneva le prime iniziative finalizzate allosviluppo della ricerca nucleare applicata,addestrando giovani ingegneri e fisici e tro-vando sostegno fra i politici interessati allosfruttamento dell’energia nucleare per scopicivili, un programma che portò pochi annipiù tardi alla costruzione dei primi reattori dipotenza in Italia.

Basandosi sulla forza di questa rete assaiattiva e sul sostegno del presidente del CNR,Gustavo Colonnetti, Amaldi e Gilberto Ber-nardini riuscirono ad ottenere un risultatosignificativo nella ristrutturazione del panora-ma istituzionale della fisica italiana; nel 1951fu fondato l’Istituto Nazionale di FisicaNucleare, finanziato dal CNR attraverso ilcanale del CNRN (Comitato Nazionale per eRicerche Nucleari), un organismo ancora piùgrande istituito per occuparsi sia della ricer-ca nucleare fondamentale, sia di quella appli-cata. Bernardini fu il primo presidente delnuovo Istituto: Amaldi gli succedette nelperiodo dal marzo 1960 al gennaio 1966. Laprima attività importante dei fisici dell’INFNfu la partecipazione a tre differenti collabora-zioni internazionali, che fra il 1952 e il 1954lanciarono ad alta quota palloni che traspor-tavano emulsioni fotografiche per lo studiodei raggi cosmici; il gruppo di Roma, guidato

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da Amaldi, fu attivamente presente nellaprima e nella seconda collaborazione.

Subito dopo, fu lanciato un programmapiù ambizioso, per la creazione di un labora-torio nazionale per la fisica delle alte energie,dotato di un acceleratore competitivo. Natonel 1954, in meno di cinque anni il progettodivenne realtà: l’elettrosincrotrone dei Labo-ratori Nazionali di Frascati, vicino a Roma,cominciò a funzionare nel febbraio 1959. Ilruolo estremamente attivo di Amaldi, sia nel-l’ambito della comunità dei fisici che nei con-fronti di politici e amministratori a Romarisultò alla fine decisivo nel far realizzare illaboratorio in una località vicina a Roma, inaccordo con un disegno di carattere genera-le che assegnava alle aree del nord del paeselo sviluppo di impianti nucleari per scopi civi-li e concentrava invece la ricerca fondamen-tale in prossimità della capitale.

La costruzione della scienza europeaSubito dopo la fine della guerra, i fisici di

tutta l’Europa si convinsero che soltantoattraverso uno sforzo di collaborazione fradiversi paesi sarebbe stato possibile garanti-re all’Europa un ruolo competitivo nellenuove condizioni degli anni post-bellici. Pianiper un grande laboratorio europeo per la fisi-ca fondamentale furono avanzati per la primavolta, in diverse occasioni, nel 1950. Amaldifu sin dall’inizio uno strenuo sostenitore del-l’idea, favorito anche dal suo ruolo di Vice-Presidente dell’IUPAP (International Union ofPure and Applied Physics). Questo pianoambizioso prese rapidamente forma, utiliz-zando il supporto istituzionale offerto dal-l’UNSCO. Insieme con il fisico francese Pier-re Auger, direttore della sezione scientificadell’UNESCO, Amaldi fu la vera forza motri-ce di un progetto che aveva un grande pote-re di attrazione nei confronti delle generazio-ni più giovani di fisici europei, ma dovetteanche far fronte a difficoltà e opposizioni, alivello sia scientifico che governativo. Già nelmaggio 1951 un piano dettagliato venneapprovato da un team selezionato di espertidi otto paesi, e all’inizio del 1952 una confe-renza intergovernativa costituì un’organizza-zione provvisoria, che prese il nome di Con-seil Européen pour la Recherche Nucléaire.Amaldi fu eletto Segretario Generale delCERN provvisorio; come tale, egli supervi-sionò tutte le fasi cruciali dell’infanzia dellanuova istituzione, compreso lo stadio iniziale

del lavoro sulla scelta del sito del laboratorio,che venne infine costruito su terreni messi adisposizione dalla città di Ginevra, in Svizze-ra. Egli lasciò la posizione quando il CERN,nel settembre del 1954, entrò nella sua esi-stenza ufficiale, rifiutando l’offerta di diven-tarne il primo Direttore Generale, motivandola sua decisione anche con il desiderio diritornare a un lavoro più attivo di ricerca nellafisica.

Di pari passo con lo sviluppo del labora-torio di Frascati, il grande protosincrotronedel CERN fu completato con successo nel1959, raggiungendo l’energia record di 28GeV. Amaldi mantenne sempre stretti legamicon il CERN, conservando sempre un postonegli organismi scientifici che ne decidevanola politica. Nel 1963 egli creò, e ne fu Presi-dente sino al 1969, lo European Committe forFuture Accelerators (ECFA), una strutturaindipendente preposta a definire i progettidelle nuove macchine da costruire in Europaal CERN, e altrove. Alla fine degli anni ’60egli fu nominato Presidente del gruppo cheprogettò per il CERN il nuovo protosincrotro-ne da 300 GeV, progetto che fu finalmenteapprovato dagli Stati membri nel 1971,quando Amaldi ricopriva la carica di Presi-dente del Consiglio.

Il fatto di occupare contemporaneamenteposizioni importanti sia nell’INFN che nelCERN pose spesso Amaldi nelle condizioni dioperare scelte delicate di bilanciamento dellerisorse fra gli sviluppi domestici e la coope-razione internazionale, come quando si trattòdi decidere se dare il supporto dell’Italia alprogetto della macchina da 300 GeV di Gine-vra, oppure di concentrare gli sforzi sulla rea-lizzazione di un nuovo protosincrotrone in Ita-lia; in tale occasione egli si espresse vigoro-samente in favore del progetto del CERN,anche se ciò comportava l’abbandono di unprogramma interessante in Italia, essendosempre convinto che la priorità doveva esse-re data all’Europa.

Una rete di politici e di scienziati simile aquella che aveva contribuito al successo delCERN si formò e crebbe all’inizio degli anni’60, quando venne discusso il progetto di unosforzo comune europeo nell’ambito dellaricerca spaziale. Anche questa volta, Amaldiebbe un ruolo di primo piano nel lanciare l’i-dea e di introdurla nei circoli scientifici e poli-tici. Il risultato fu, nel 1964, la creazione dellaEuropean Space Research Organisation

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(ESRO), che successivamente promosse lanascita dell’ESA (European Space Agency).Un carattere distintivo della nuova istituzione,sul qual Amaldi insisté ripetutamente, fu l’as-senza di qualsiasi connessione con interessimilitari; nella sua visione, tali progetti dove-vano coniugare un genuino carattere interna-zionale con un’indipendenza totale da scopidi carattere militare, che avrebbero compro-messo la libertà della ricerca, imponendo lasegretezza, a scapito di una genuina collabo-razione transnazionale.

Ricerca nella fisica dei raggi cosmici edelle particelleNel tempo lasciato libero dai compiti

accademici e amministrativi e dalla sua fre-netica attività di organizzatore e pianificatoredella scienza, Amaldi continuò ad occuparsiattivamente di ricerca e a guidare gruppi dicollaboratori più giovani, spostando i propriinteressi nel campo della fisica dei raggicosmici. Un punto elevato di questo lavoro siebbe alla metà degli anni ’50, quando in unadelle emulsioni esposte alla radiazionecosmica durante la collocazione nel 1953 dipalloni ad alta quota, venne trovata una trac-cia che poteva essere interpretata come l’e-videnza del processo di annichilazione di unantiprotone, una particella la cui esistenzaveniva data per certa su basi teoriche, mache non era mai stata osservata. Al fine didare miglior supporto alla scarsa evidenzaofferta da tale singola traccia, Amaldi si rivol-se al suo vecchio amico Emilio Segrè, chelavorava a Berkeley, proponendogli un pro-gramma comune di ricerca, finalizzato allarivelazione di eventi analoghi in emulsioniesposte al fascio di protoni prodotti dal Beva-tron, a quell’epoca l’acceleratore più potentedel mondo, l’unico in grado di raggiungereuna prima conferma di tale processo, inquanto l’energia era superiore alla soglia perla produzione di una coppia protone-antipro-tone. La collaborazione Roma-Berkely duròper un paio d’anni, fornendo un certo nume-ro di risultati importanti sugli antiprotoni esulle loro proprietà di annichilazione; tutta-via, la prima conferma dell’esistenza di untale processo, chiaramente visibile nelle trac-ce delle emulsioni, avvenne soltanto pochesettimane dopo che Segrè e il suo gruppoavevano rivelato indipendentemente l’anti-protone mediante un esperimento differente,basato sull’uso di contatori anziché di emul-

sioni. Per questa scoperta, Segrè e Chamber-lain furono insigniti nel 1959 del premioNobel per la fisica. Il gruppo di Roma avevamancato di poco questo riconoscimento. Fuquesta per Amaldi un’ulteriore conferma del-l’assoluta necessità per i fisici europei di con-centrarsi sui programmi del CERN e di inve-stire su larga scala per realizzare impiantisperimentali competitivi.

Onde gravitazionali e storia della fisicaUn campo completamente nuovo di ricer-

ca fu aperto da Amaldi negli anni ’70. Il suointeresse per il problema della rivelazionesperimentale delle onde gravitazionali risalivaa un corso tenuto nel 1962 alla scuola estivadi Varenna da Joe Weber, un pioniere nelcampo di tale tipo di strumentazione. Nel1970, a Roma venne costituito con GuidoPizzella un gruppo guidato da Amaldi, con ilfine di costruire rivelatori criogenici per leonde gravitazionali. All’inizio, vennero realiz-zate e rese operative alcune piccole antenne.Nel corso degli anni, vennero affrontati erisolti numerosi problemi costruttivi, legati aldisegno e al corretto funzionamento di questistrumenti, arrivando a una miglior compren-sione della fisica che sta alla loro base. Rive-latori di dimensioni maggiori furono costruiti,in successione, a Roma e a Frascati, e poi alCERN: qui, l’antenna criogenica “Explorer”fu installata negli anni ’80 e raggiunse nel1989 la sensibilità più elevata mai uguaglia-ta per lungo tempo. Durante questo periodoAmaldi, pur lasciando ad altri la responsabi-lità diretta della direzione, svolse un ruoloattivo, non solo nella progettazione e nell’e-secuzione degli esperimenti, ma anche nelreclutamento di giovani studenti da avviare aquesto tipo di ricerca. La rivelazione delleonde gravitazionali, a vent’anni dalla scom-parsa di Amaldi, è ancora un problema aper-to; grandi impianti sono stati realizzati perquesto scopo sulla base di grandi coopera-zioni internazionali, con un’importante pre-senza di fisici italiani, che hanno raccolto l’e-redità di una tradizione che risale all’intuizio-ne iniziale di Amaldi.

Negli anni della maturità Amaldi, purproseguendo un’intensa attività di ricerca, hadedicato una parte sempre più importantedel suo tempo a raccogliere le su memorie ea scrivere quei momenti della storia della fisi-ca nei quali aveva avuto un ruolo di primopiano. Partendo dalla commemorazione di

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amici e di colleghi e dalla rielaborazione dieventi importanti, questa ricostruzione di unamemoria personale e collettiva è lentamenteevoluta nella produzione di scritti più detta-gliati, con un’analisi sempre più approfonditadei contesti storici più generali e una cura perla ricerca di fonti e di documentazione nonusuale in lavori simili compiuti da altri scien-ziati. Nel compiere questo lavoro, egli è statomolto aiutato dalla sua abitudine, sviluppatasin dagli inizi del suo ruolo di leader dellacomunità dei fisici italiani, di conservarequalsiasi documentazione importante corre-lata con il suo lavoro e con le istituzioni nellequali operava. Il suo archivio personale, chelo ha aiutato a produrre lavori che si colloca-no a metà strada fra la ricostruzione tradizio-nale degli scienziati e la ricerca accademicadegli storici indipendenti, costituirà per l’av-venire una fonte incalcolabile per ulterioristudi sulla storia della scienza del ventesimosecolo.

Il lavoro per la pace e il controllo degliarmamentiL’attenzione per la pace e la forte consa-

pevolezza del ruolo di grande responsabilitàche la comunità scientifica dovrebbe svolge-re al riguardo hanno sempre rappresentatoper Amaldi un complemento naturale del suopieno convincimento del carattere apertodella scienza e della necessità di una coope-razione internazionale. Al pari di suoi colle-ghi, che rimasero in Italia durante la guerra,egli si trovò spesso a prendere la difficiledecisione se aderire a progetti correlati con ilpossibile uso della scienza per scopi militari,sebbene più tardi egli ammise onestamenteche, se questo fosse stato il caso, egli avreb-be alla fine accettato di porre la propria com-petenza al servizio di quella che, al di là diogni ragionevole dubbio, gli apparisse laparte giusta a fianco della quale combattere.

Dopo la guerra, egli seguì con grandeinteresse i tentativi dei fisici americani dicostituire una qualche sorta di organizzazio-ne finalizzata al controllo della corsa agli

armamenti. Quando nel 1957, a seguito del-l’appello di Einstein-Russel del 1955, vennecreato il movimento Pugwash, egli fu coin-volto sin dall’inizio. In occasione del secondomeeting Pugwash egli accettò di diventare unmembro del Comitato Direttivo, e mantennequesta posizione sino al 1973. Insieme con ilcollega fisico Carlo Schaerf egli fu il fondato-re dell’ISODARCO (International School onDisarmament And Research on Conflicts) ene fu anche il Presidente, dalla fondazione nel1966 sino alla sua morte. Nel 1982 egli guidòuna delegazione di fisici italiani che presentòal Presidente della Repubblica una risoluzio-ne relativa alla corsa agli armamenti e alpericolo creato in Europa dall’installazionedei missili cruise. A seguito di questo docu-mento, fu fondata l’USPID (Unione ScienziatiPer Il Disarmo), un gruppo assai attivo chemantenne viva in Italia la discussione suiroblemi del disarmo, organizzando incontri dicarattere internazionale e diffondendo docu-mentazione informata. Amaldi tenne uno deisuoi ultimi discorsi ufficiali nel 1987, quandoguidò una delegazione di scienziati italiani alForum Internazionale organizzato a Moscadal Segretario Generale del PCUS, MichailGorbatchev, nel clima della nuova distensio-ne che si stava aprendo in quel periodo.

Amaldi era sposato con Ginestra Giovene,una delle poche donne fra gli studenti di fisi-ca a Roma negli anni ’30. Essi ebbero trefigli, Ugo, Francesco e Daniela; fra di essi,Ugo ha seguito le orme del padre come fisi-co delle alte energie, che ha svolto la propriacarriera al CERN.

Amaldi fu membro di numerose accade-mie e società scientifiche. Dal 1988 al 1989fu Presidente dell’Accademia dei Lincei e fusempre membro molto attivo dell’AccademiaNazionale delle Scienze detta dei Quaranta.Fu alla fine di una giornata di lavoro, nel suoufficio ai Lincei che all’età di 81 anni, ancoranel pieno delle sue capacità, un ictus poserepentinamente termine alla sua vita.