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Giornale italiano di tricologia - anno 15 - n° 26 - Aprile 2011 La “Tricologia” fra somatopsichica e psicosomatica - pag. 5 Aspetti psicosomatici nelle alopecie - pag. 9 La psicosomatica come strumento necessario - pag. 17 Lo stress e i capelli - pag. 21 Alopecia Psicogena - pag. 27 La dismorfofobia - pag. 35 Tricotillomania - pag. 38 Un caso di... - pag. 40 SOMMARIO EDIZIONI TricoItalia (Firenze) Direttore scientifico: Andrea Marliani Giornale Italiano di Tricologia anno 15 - n° 26 - Aprile 2011 Proprietà letteraria ed artistica riservata. ©

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La “Tricologia” fra somatopsichica e psicosomatica - pag. 5Aspetti psicosomatici nelle alopecie - pag. 9La psicosomatica come strumento necessario - pag. 17Lo stress e i capelli - pag. 21Alopecia Psicogena - pag. 27La dismorfofobia - pag. 35Tricotillomania - pag. 38Un caso di... - pag. 40

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze)Direttore scientifico: Andrea Marliani

Giornale Italiano di Tricologia

anno 15 - n° 26 - Aprile 2011

Proprietà letteraria ed artistica riservata.©

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EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

Giornale Italiano di Tricologiaanno no 15 - n° 26 - Aprile 2011

Direttore Responsabile: Guido Vido TrotterDirettore Scientifico: Andrea Marliani

Tutti i diritti riservati©

Collaboratori:

Paolo GigliFiorella BiniTorello LottiCarlo GrassiMarino SalinFabio RinaldiPiero Tesauro

Fabrizio FantiniDaniele Campo

Roberto D’OvidioGuido Vido TrotterVincenzo Gambino

Gaetano Agostinacchio

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SOMMARIO:

La “Tricologia” fra somatopsichica e psicosomatica - pag. 5

Aspetti psicosomatici nelle alopecie - pag. 9

La psicosomatica come strumento necessario - pag. 17

Lo stress e i capelli - pag. 21

Alopecia Psicogena - pag. 27

La dismorfofobia - pag. 35

Tricotillomania - pag. 38

Un caso di... - pag. 40

"La pelle ... costituisce la superficie del nostro corpo, l'involucro visibile e tangibile cheha massimo significato ontologico nella formazione e nella evoluzione di un individuo enella strutturazione della sua identità … Teniamo conto solo del fatto che la pelle è ilprimo organo di comunicazione col mondo, il luogo dove si iscriverà il confine tra Sé eNon-Sé, (dove) si forma la propria immagine corporea, il primo senso di identità”

Emiliano Panconesi ed Alberto Cossidente

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Aprile 2011 - N° 26 - Giornale Italiano di Tricologia

La “Tricologia”fra somatopsichica e psicosomatica

Guido Vido Trotter

La possibilità che fattori psicologici possanoinfluenzare il modo di reagire dell’organismo,associarsi fra di loro, slatentizzare una patolo-gia e diventare essi stessi causa di malattia èormai considerato più un dato di fatto cheuna ipotesi.

Quest’asse integrata della medicina, che portadalla somatopsichica alla psicosomatica, dasempre e da tanti ipotizzata ed in qualchemodo “desiderata”, esiste: il sistema neuroen-docrino ed il sistema immunitario dialogano.

La fisiologia dello stress, come disciplina, ini-zia nel 1936 con un ricercatore canadese,Hans Selye, che adottò il termine “stress”,

usato fino ad allora solo in ingegneria adescrivere la fatica dei metalli, per indicareuna risposta aspecifica dell’organismo a unostimolo forte ed in qualche modo, ma nonnecessariamente, negativo.

- A livello dell’organismo in toto le più sempli-ci risposte da stress sono indotte da un qual-siasi cambiamento fisico (evento induttore)come un eccesso di freddo o un eccessivocaldo, da una aspettativa disillusa o anchesolo da una faticosa iperattività anche solopsichica (evento induttore psicologico).La risposta allo stress coinvolge la secrezionedi ormoni e l’inibizione di altri. Riportiamoalcuni fra i fatti salienti.a) Alterazioni qualitative e quantitative dei Tlinfociti e delle cellule Natural Killer sonostate messe in relazione con lesioni ipotalami-che ed ippocampali.b) La funzionalità delle cellule linfoidi èinfluenzata da ormoni e neurotrasmettitoririlasciati a seguito della attivazione del siste-ma ipotalamo-ipofisi-surrene.c) I linfociti, tramite il rilascio di citochine,(interleuchina 1, interleuchina 2, interferonalfa) influenzano il sistema neuroendocrino.d) Effetti neuroendocrini ben noti della inter-leuchina 1 sono: febbre, aumento del livellodei glicocorticoidi, stimolo della secrezioneipotalamica di CRH, stimolo di secrezioneipotalamica di ACTH ed endorfine.e) Il timo secerne almeno quattro sostanze(fattore timico umorale, timopoietina, timuli-na, timusina) che hanno azione sulle celluleimmunocompetenti e, inoltre, influenze sulsistema neuroendocrino.f) Peptidi del Sistema Nervoso Centrale e delSistema Nervoso Periferico sono in grado diesaltare o di inibire funzioni immunitarie.g) Esistono precisi rapporti tra rilascio diACTH e reazioni timiche, linfocitiche e linfo-nodali.

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I meccanismi attraverso cui dallo stress (soma-topsichico) si passa alla malattia psicosomati-ca sono molteplici: in estrema sintesi risulta-no ridotte le capacità di comunicazione fra itre grandi sistemi omeostatici (nervoso, endo-crino, immunitario) e fra cellule di ogni sin-golo sistema.- La produzione fisiologica di anticorpi èridotta, mentre aumenta la produzione diautoanticorpi.- I livelli serici di glicocorticoidi, tipici ormo-ni da stress, sono permanentemente aumenta-ti e questi sono neurotossici quando in croni-co eccesso e danneggiano soprattutto, oltrealle cellule in rapida moltiplicazione, la regio-ne dell’ippocampo, importante centro per iprocessi di memorizzazione.Si accelerano così tutti i fenomeni di involu-zione somatopsichica caratteristici dell’invec-chiamento.I circoli viziosi tra meccanismo di stress e pro-cessi di invecchiamento fanno sì che l’interoorganismo vada incontro ad un declino antici-pato rispetto al programma genetico.

La risposta fisiologica allo stress permetteall’organismo sano di fronteggiare minacceimmediate al proprio equilibro psicofisico.Essenzialmente la risposta allo stress preparal’organismo a “combattere o fuggire”.Studi clinici ormai classici hanno dimostratoche la cronica attivazione o la cronica repres-sione della normale risposta allo stress puòcompromettere lo stato di salute con “malat-tie psicosomatiche da stress”.La positività o la negatività della risposta allostress è condizionata da caratteristiche perso-nali, psicologiche e sociali, che possono influi-re profondamente determinando una rispostafisiologica o patologica.Alcune persone sono più vulnerabili di altre amalattie da stress poiché quotidianamente ecronicamente esposte ad una fatica superiore

alle loro capacità fisiologiche.Durante lo stress il glucosio, fonte principaledi energia dell’organismo, è mobilitato daisuoi siti di normale deposito. Il sangue, chetrasporta glucosio e ossigeno, è sottratto agliorgani non essenziali allo sforzo di quelmomento, come la cute e l’intestino, invece ètrasportato rapidamente ad organi essenzialia fronteggiare l’emergenza: al cuore, aimuscoli, al cervello. La variazione del flussosanguigno si attua in parte tramite la costri-zione di alcuni vasi sanguigni, la dilatazionedi altri e l’aumento della frequenza cardiaca.Contemporaneamente vengono accentuati iprocessi cognitivi (il che facilita l’elaborazio-ne delle informazioni) e la percezione deldolore è attenuata dalla secrezione di endorfi-ne. Tutte le attività fisiologiche che non sonodi immediato beneficio vengono ritardate;perciò la crescita, la riproduzione, l’infiam-mazione e la digestione, che sono tutti proces-si che richiedono molta energia e sono riman-dabili, vengono inibiti.Quando lo stress è cronico il glucosio, invecedi essere immagazzinato, è costantementemobilitato dalla secrezione di glicocorticoidie, nel lungo periodo, si ha catabolismo conatrofia di tessuti sani e affaticamento genera-le da glicosilazione (in tanti lo verificano condisturbi “psicosomatici” vari specie gastroin-testinali, come la stipsi). Oltre a ciò, quando i processi costruttivi ven-gono ritardati a tempo indeterminato, l’orga-nismo paga un caro prezzo con compromissio-ne di tutte le mitosi cellulari e quindi dellacrescita e della riparazione e del ricambio deitessuti.- A livello cellulare, in condizioni di stress, neimicrosomi vengono sintetizzate “proteine dastress”, la cui funzione fisiologica è quella diripararne i danni. Questa risposta generale acambiamenti avversi, rappresenta un fonda-mentale meccanismo di difesa cellulare che

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viene attivato soltanto in momenti di “diffi-coltà”.

Tornano chiare in mente le teorie di Filatovche nel 1945 enunciava: “Ogni tessutoumano, animale o vegetale, mantenuto instato di sopravvivenza, messo però in condi-zioni di sofferenza, reagisce difendendosi conla produzione di speciali sostanze di resisten-za (stimolatori biogeni o biostimoline) che,introdotti a loro volta in un organismo viven-te umano, animale o vegetale, ne riattivano iprocessi organici vitali migliorandone lapotenzialità difensiva verso le alterazioni mor-bose”.

Le proteine da stress sono state dapprimadimostrate immediatamente dopo un improv-viso aumento di temperatura, in questa condi-zione tutte le cellule di un organismo incre-mentano la produzione di questa classe dimolecole proteiche allo scopo di “tamponare”i danni subiti. La stessa reazione si è poi vista,sempre a livello cellulare, in risposta a unagrande varietà di attacchi ambientali, esternio interni, chimici o fisici tra cui freddo, infe-zioni, intossicazioni ecc.Dato che stimoli dalla natura assai diversaattivano un medesimo meccanismo di difesacellulare, questo viene oggi genericamenteindicato come “risposta cellulare allo stress” ele proteine che in esso vengono espresse sonodefinite “proteine da stress”.Questo ruolo attivo di difesa cellulare ha ini-zio quando molti agenti che inducono rispo-sta allo stress portano a dei denaturati protei-ci, ossia a sostanze che fanno perdere alle pro-teine la loro configurazione.Una proteina consiste in lunghe catene diamminoacidi avvolte in modo da assumereuna ben precisa conformazione.Un’alterazione della struttura può portare aduna perdita della funzionalità biologica della

proteina stessa.Sembra che la proteina da stress agisca comesupervisore molecolare del controllo di quali-tà, consentendo alle proteine avvolte nellamaniera corretta di accedere alla secrezione etrattenendo invece quelle proteine che sonoincapaci di avvolgersi correttamente. In con-dizione di stress metabolico le proteine appe-na sintetizzate hanno difficoltà a maturarenormalmente, si forma un legame stabile traesse differenziando la forma finale.Se a tutto ciò si aggiungono anche variabilipersonali, emotive e socioculturali ci introdu-ciamo in una impostazione di cause psicologi-che che integrano la medicina psicosomatica.

- Nel bulbo del capello vi sono cellule germi-native che geneticamente e ciclicamentevanno in ricambio con periodi di mitosi edapoptosi. Questo ricambio se non ottimale pervarie “incidenze” (stress molecolare) porta adinvecchiamento per l’azione distruttiva dimolecole normalmente prodotte nel corsodella vita, tra cui i radicali liberi dell’ossige-no. I radicali liberi (02+, H-), così chiamatiperché hanno un elettrone spaiato, possonoossidare, e quindi danneggiare, le proteine, ilipidi e altre molecole biologiche del bulbo.Possono anche formare altri radicali e agentiossidanti, come il perossido d’idrogeno(H2O2); di conseguenza possono innescareuna lunga catena di reazioni dall’effettodistruttivo sul follicolo del capello.È dimostrato che il glucosio modifica lenta-mente le proteine destinate alle mitosi glicosi-landole e così quelle destinate alla formazio-ne di cheratine, favorendo la formazione dilegami crociati, indebolendo e rallentando losviluppo in diametro e velocità di crescita delcapello. Chi sta attraversando il periodo dievoluzione di una alopecia vive comunementequeste fasi.

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Proteine ossidate e inattive si accumulanonelle cellule germinative dove progressiva-mente diminuisce la capacità di degradarle.Molti enzimi subiscono danni ossidativi e per-ciò si inattivano. La regolare ciclicità dellamitosi e della apoptosi viene compromessa.Nell’evoluzione della alopecia androgeneticale cellule germinative del bulbo vanno incon-tro precocemente alla apoptosi e ad un cata-gen fisiologicamente imperfetto perché i radi-cali liberi non vengono inattivati adeguata-mente e non solo perché nel loro patrimoniogenetico sono contenute le istruzioni per larealizzazione della calvizie.

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Aspetti psicosomatici nelle alopecieEmiliano Panconesi

Firenze

Introduzione:

Avrei tanto desiderato al Master di Tricologiadell’Università di Firenze una lezione diTricologia Psicosomatica del prof. EmilianoPanconesi ma questo non è stato possibile permotivi di salute. Ho pertanto voluto quiripubblicare due vecchi articolo del Maestro.Articoli che, a suo tempo, tanti anni fa, noncompresi affatto. Solo oggi ne afferro la lungi-miranza e profondità.

Andrea Marliani

P r em e ssa“Infiniti sono i mali, oltre quelli de’nervi, checol disordinare questi cagiona lo studio. Uncelebre matematico soggetto ad una eredita-ria gotta, e la cui condotta era sempre statairreprensibile, ne accellerò l’accesso per latroppo grande applicazione nel sciogliere undifficile problema. È noto l’accidente accadu-to al Cavaliere d’Epernay: questi dopo un assi-duo studio di quattro mesi perdette senz’al-cun altro sintoma di malattia la barba, leciglia, le sopracciglia, e finalmente i capelli, etutti i peli del corpo. Questo fenomeno facil-mente si deduce dalla mancanza del nutri-mento ai piccoli bulbi, che servono di radicea’ peli; per tre cagioni poteva cessare l’irrora-zione di questo sugo nutritizio: 1. Per lo scon-certo delle funzioni dello stomaco primo orga-no della nutrizione, e della digestione. 2. Perl’azione diminuita de’ nervi, che gran partehanno della nutrizione, poiché essendo dall’a-nima occupati non possono agire sul corpo. 3.Per quella piccola febbre, a cui vanno sogget-ti i Letterati, questa distruggendo la linfanutritizia, li rende pallidi, magri, ed a poco apoco li va consumando; talora questa febbredipende dall’accresciuta forza del cuore, cheda una forte contensione della mente solleci-tato viene a più frequenti battute”.

Così Monsieur Tissot “Dottore, e Professoredi Medicina in Mompelie” (dalla traduzioneitaliana a cura della “Stamperia ed a spese diGaetano Castellano in Napoli” della Salutede’ Letterati) nel 1773 cominciava, forse, lalunga serie di coloro, esperti e pazienti, checercavano di interpretare “scientificamente”il rapporto fra emozione e caduta di capelli.Molti anni dopo (1932), nel famosoHandbuch di Iadassohn, Galewsky (1) dedicaun capitolo alla “alopecia neurotica”; nel1956 una serie di test psicologici ci sembranosignificativi per proporre un’ipotesi psicoso-

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matica dell’alopecia areata (Panconesi: 2, 3);nel 1961 Albert Kligman (4) delinea il quadrodel telogen effluvium indicando gli stress psi-cosociali, fra le varie possibili, come la causapiù frequente. Quattro citazioni bibliografi-che, scelte arbitrariamente fra centinaia, peresemplificare il problema per quanto attienea “dermatologia psicosomatica” in senso tra-dizionale (sinonimi: dermatosi emozionali (5),psicodermatologia (6), psychocutaneous disea-ses (7)) e rapporti con le varie alopecie.Ma Sigmund Freud (8, 9) stesso pensava (1929)che le interpretazioni psicologiche, ipotizzatee verificate con i mezzi delle scienze psicolo-giche, fossero poste in attesa di precise corre-lazioni biologiche: “... gli psicoanalisti descri-vono la via che la mente percorre quando sisviluppa una psicosi, ma la forza che spingelungo quella via è nascosta ... quella forza èbiochimica ed è in questo che sta il futurodella psichiatria”.E aggiunge: “la speranza per il futuro è nellachimica organica o in un approccio alle psico-si (noi potremmo dire: alle dermatosi psicoso-matiche) attraverso l’endocrinologia: oggiquesto futuro è ancora lontano, ma noidovremmo studiare analiticamente ogni casodi psicosi perché la conoscenza acquisita indi-rizzerà un giorno la terapia chimica”.Questo futuro è già cominciato con le nuove enuovissime acquisizioni della psico-neuro-endocrino-immunologia (10, 11, 12, 13, 14) e dellapsicofarmacologia.Ci limiteremo a prendere brevemente inesame alcuni quadri di alopecia acquisita noncicatriziale (v. tabella 1) nei quali il rapportopsicogeno, psicosomatico o somatopsichico èprospettato. Infine, nelle conclusioni, accen-neremo ai problemi psicologici correlatiall’importanza dei capelli nel vissuto dell’uo-mo e, soprattutto, al valore attribuito allacapigliatura che si rende drammaticamenteevidente in caso di alopecia per alterazioni

dell’ordine (cosmos da cui cosmetologia) dellaimmagine di sé.

tabella 1- Classificazione delle alopecie acquisite noncicatriziali (reversibili e non reversibili) inrapporto a fattori psicosomatici.

“psicologiche psicopatologiche”- tricotillomania- (alopecia neurotica?)

“psicosomatiche”- telogen effluvium

- alopecia areata“somatopsichiche”

- tutte quelle indicate sopra- defluvio androgenetico

Tr ic o tillo m an ia (15)

Il termine coniato da Hallopeau nel 1889 èriferito a un tipo particolare di alopecia datrazione dovuto all’abitudine di tirare i propri(qualche volta perfino gli altrui) capelli (hairpulling tic) tanto da creare aree irregolari, piùo meno ampie, di alopecia (con monconi resi-dui) di solito al cuoio capelluto, più raramen-te in altre parti del corpo.Più frequente in bambini e adolescenti, la tri-cotillomania può iniziare con la tendenzacompulsiva a toccare i capelli, ad arrotolarliintorno alle dita, a metterli in bocca inmomenti di distrazione (leggendo, guardandola televisione ecc).La tricomalacia, la prevalenza di capelli cata-gen sui telogen, l’assenza di infiltrato cellula-re perifollicolare e perivascolare e, soprattut-to, la modalità causale “meccanica” da reperi-re nella storia del paziente “se ci si pensa”,permettono la diagnosi.Improprio, ma ormai consacrato dall’uso, è ilsuffisso terminologico “mania” (che dovrebbeessere limitato all’ambito delle forme mania-co-depressive) per questa sindrome che sem-

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bra avere proprie tipiche caratteristiche psico-logiche: una certa tendenza a “permettersicon indulgenza” cose che fanno piacere, laricerca di interrompere o attenuare una tem-poranea tensione psichica, la tendenza a porsiin posizioni “svantaggiose” o “di difetto”rispetto agli altri e la coazione a ripetere“gesti” che procurano piacere con evidentiimplicazioni sessuali.Lo “strano” tic di tirarsi i capelli viene avvici-nato a tutti i modi “perversi” di procurarsipiacere provocandosi dolore (ancora per atte-nuare la tensione nervosa) come mordersi ostuzzicarsi le unghie e le zone periunguealifino a farle sanguinare, scrocchiare le dita,stuzzicare le gengive con uno stecchino, striz-zare i punti neri o le pustole dell’acne fino aescoriarsi o, semplicemente, mordersi le lab-bra e tirarsi i lobi degli orecchi. In alcuni casitirare le ciglia, le sopracciglia e i peli del pubesembra associabile a una sindrome “nevroti-ca” mentre passare a tirare i capelli è propriodi soggetti “schizoidi” (16).La tricotillomania infantile può essere unmodo di esprimere rabbia contro genitori ina-deguati e “rejecting” (Obermayer, 17), special-mente contro una madre inadeguata e costi-tuire, addirittura, l’oggetto transizionale nelsenso di Winnicot * (18): i capelli morbidi efacili da raggiungere, oggetto auto-eroticotransizionale, possono riprodurre, nel nostroquadro sindromico, un contatto (per alcuniaddirittura una relazione masochistica) con lamadre o con i suoi indumenti.

* Secondo il noto psicanalista: qualsiasi ogget-to materiale, pezzetto di stoffa, angolo di unacopertina (la coperta di Linus), ma anche l’or-sacchiotto, il pollice da succhiare, l’orecchioda tirare... al quale “si aggrappa” o che tocca(o succhia) il bambino (fra i 4 e 12 mesi eoltre...) che segna il passaggio dello sviluppolibidico da una posizione narcisistica (espres-

sa, per esempio, dal succhiamento del pollice)all’identificazione dell’oggetto d’amore (peresempio, l’orsacchiotto).

Considerazioni analoghe permettono a C.Koblenzer (19) di classificare la forma nellasfera delle cosiddette “abitudini compulsive”(correlate a rapporti conflittuali con i genito-ri, scatenate da stress e accompagnate da altrisegni di regressione comportamentale: enure-si, pavor nocturnus ecc) e suggerire di fornire,ai più piccoli, oggetti di lana pelosi o “setelo-si” come espediente terapeutico. Nei bambinipiù grandi la tricotillomania ha implicazionidi auto-punizione, autoerotismo e rabbia “dis-placed”.

La nostra esperienza ha confermato quantogià riferito, sottolineando, in questi soggetti(ovviamente in un’età che permetteva uno stu-dio psicologico): tensione psichica, sentimen-ti di sfiducia, perdita di autostima con deside-ri inconsci di (auto) punizione, esperienze tra-scorse di conflittualità con le figure genitoria-li (spesso avare di dimostrazioni di affetto) cheriemergevano provocando aggressività che,nella impossibilità di essere etero-diretta, sicanalizzava sui pazienti stessi.Da questa stessa esperienza abbiamo trattoun insegnamento che vogliamo sottolineare:occorre grande prudenza nel comunicare unadiagnosi di causa psicogena spesso inaccetta-bile per il paziente già in grado di capire, colrischio di provocare un rifiuto ostinato aprenderne atto e con conseguenti reazioni diallarme. Il dermatologo esperto deve comin-ciare la sua opera insinuando l’idea che il“vizio di toccarsi i capelli” possa essere unadelle cause di questa alopecia. Almeno neicasi più difficili, e di solito le difficoltàaumentano con l’età, la liaison con psicologie psichiatri è obbligatoria. Non si può dimen-ticare che si tratta di una sindrome psichiatri-

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ca pura che “ha scelto” di esprimersi sulcuoio capelluto.

Te log en e f f luvium (20)

Questo quadro di alopecia diffusa descritto daAlbert Kligmann nel 1961 (4) può essere deter-minato da febbre alta, dal parto, da un inter-vento chirurgico, da un’emorragia, dall’uso dicontraccettivi o di anticoagulanti ma anche esoltanto da stress emozionali che si dimostra-no correlati, e in modo incontrovertibile, conil decorso di una alopecia che potrebbe essereinquadrata come forma “non areata” della A.areata (Rebora). In questo caso (che è poiquello del caso descritto da Kligmann del con-dannato a morte con il suo effluvium correla-to alle torturanti notizie relative alla data e airinvii della esecuzione della sentenza) l’alope-cia appare psicogena o psicosomatica pura eforse correlabile con la cosiddetta “alopecianeurotica” di Galewsky (1) e dei vecchi autori.Gli psicofarmaci per brevi periodi iniziali e lapsicoterapia, in un secondo momento, posso-no essere suggeriti; meglio se in liaison conpsichiatri e/o psicologi.

Alope c ia a r ea taÈ questa la forma di alopecia su cui si è mas-simamente rivolta l’attenzione della ricercapsicosomatica in epoca moderna, la nostrainclusa dal 1955 al 1963 (2, 3, 21).Nel 1984 ne abbiamo rivisto i termini in unamonografia di dermatologia psicosomatica (22)

alla quale rinviamo per l’inquadramento e l’e-stesa bibliografia; molto recentemente (1991,23), abbiamo proposto alcune linee di ricercaalle quali ci riferiamo brevemente in questasede.Dal punto di vista clinico-evolutivo il ricerca-tore, in ambito psicosomatico, parte dallenote caratteristiche, sempre riconfermate,della sindrome. Esse possono essere così rias-sunte:

1) insorgenza, caratteristiche cliniche, esten-sione, decorso, evoluzione (spontanea?) versola guarigione e risposta alla terapia varianoda soggetto a soggetto (responders e non-responders) e, se pur meno frequentemente,nello stesso soggetto da periodo a periodo;2) la reattività emozionale di base del sogget-to, le sue variazioni, e i life stress events(inclusi quelli correlati al vissuto relativo allapresenza e alla minaccia dell’alopecia) cheinfluiscono (modulano), ovviamente in misu-ra variabile, sulle prime.Ciò considerato, la ricerca - con le metodolo-gie clinico-biologiche ortodosse - può sembra-re impossibile o almeno molto difficile. Cosìle conclusioni sui gruppi di casi di alopeciaareata tratte in modo “trasversale” con levarie metodologie di indagine psicologica,appaiono, seppur suggestive per il riscontropercentuale di “implicazioni” psicologicherispetto a soggetti “sani” (?), spesso “discutibi-li” proprio per l’estrema variabilità nel tempodelle caratteristiche della casistica. E solo lostudio approfondito e globale (“verticale”) delsingolo caso da parte del dermatologo (infor-mato e con disponibilità di tempo) e in liaison(con lo psicologo e/o con lo psichiatra) a pre-cisarci connessioni patogenetiche suggestive esignificative; con conseguenze teoriche in pro-spettiva di ricerca psico-neuro-endocrino-immunologica e pratiche in prospettive tera-peutiche mirate.In quest’ultimo decennio la ricerca in questosettore interdisciplinare della medicina psico-somatica si sta sempre più orientando anchein senso biologico anche in ambito dermatolo-gico e l’alopecia areata sembra prospettare uncaso (di “precisazione biologica”) secondoquanto era auspicato da sempre. Le ricerchesui neuropeptidi tissutali (24) stanno portandocontributi interessanti, un promettenteintreccio patogenetico, forse collegabileappunto con le ricerche proprie di questa

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nuova “dermatologia psicosomatica biologi-ca”.Riprendendo le vecchie osservazioni (2, 3, 21)

che indicavano nella vasocostrizione stress-dipendente (per ipotizzata mancata inattiva-zione enzimatica di sostanze adrenergiche nelcontesto della peculiare responsività del cuoiocapelluto alle sostanze vasoattive) abbiamorecentemente affacciato un’ipotesi basata sualcuni preliminari reperti (25) di storage dineuropeptidi all’interno di fibre nervose dellacute alopecica (e peri-lesionale). Con tecnicheimmunoistochimiche si è notata una deplezio-ne di fibre VIP-SP-GGRP-ergiche vasodilatato-rie e, contemporaneamente, una integrità diquelle NPY-ergiche, vasocostrittrici.Questi reperti, se confermati, potrebbero giu-stificare una ridotta capacità vasodilatatoriadel microcircolo cutaneo peribulbare, giàsegnalata in passato (21), e confermata dallasemplice osservazione del ridotto tempo disanguinamento nelle chiazze di alopecia area-ta in fase attiva, su cui potrebbe agire un ulte-riore stimolo vasocostrittivo adrenergico perazioni, più o meno ripetute nel tempo, distressors emozionali.Alcune ricerche (26) condotte su aree alopeci-che di soggetti responders e non-respondercon la flussimetria (Laser Blood PerfusionMonitor) confermano significativamente ildiminuito afflusso di sangue. Altre esperienzemettevano in evidenza:1) un ridotto passaggiodi 02 transcutaneo (27), 2) una ridotta attivitàfibrinolitica endoteliale TPA-dipendente,associata a un aumento dell’attività peribul-bare urochinasi-dipendente (28) e, infine, 3)una ridotta degranulazione mastocitaria peri-bulbare (29) verosimilmente per la stessa deple-zione delle fibre SP-ergiche) con ridotta biodi-sponibilità di istamina ed eparina, sostanzefondamentali per la neoangiogenesi (la“espansione” microvascolare peribulbare è,infatti, fattore essenziale nella fase anagen

propria della maggioranza dei peli nellaAlopecia areata).Tale riduzione critica dell’afflusso di sangue,con le alterazioni descritte in gran parte adesso collegate, correlato a fattori emozionali(adrenergici, neuropeptidergici) che colpisceil delicato organo bulbare nella sua fase dimassima richiesta metabolica (Anagen III)potrebbe provocare la lesione alopecizzante.Né si può escludere un rapporto fra gli stessireperti (variazioni dello storage neuropeptidi-co, con particolare riferimento alle fibre NPY-ergiche, ridotto passaggio di 02, variata biodi-sponibilità di eparina e istamina e di attivato-ri del plasminogeno ecc) sui protagonisti delleimmunoreazioni, in particolare sui linfociti,che, notoriamente, sembrano coinvolti nellapatogenesi dell’Alopecia areata.

Alop ec ia andr o g ene tica (22).Se la comune (precoce!) calvizie è più difficil-mente inquadrabile fra le alopecie “psicoso-matiche”, il capitolo dei rapporti fra questaforma e gli aspetti psicologici e “psicosociali”potrebbe essere molto ampio.Valgano riassuntivamente le seguenti conside-razioni. L’impatto psicologico, somato-psichi-co del constatato (perfino solo “minacciato”)difetto della capigliatura, pur variabile da sog-getto a soggetto, è spesso molto disturbante.Né i malcapitati (prevalentemente giovanimaschi) si sentono consolati con la perditadella crowning glory da implicazioni, ovvia-mente false, di maggiore “virilità” ormono-dipendente (androgenicità), di maggiore intel-ligenza (le “teste d’uovo” dirigono il mondo!)né, tanto meno, dal fatto che lo scimpanzé(anche l’homo sapiens?) diviene più attraenteper le femmine del branco quando, invec-chiando, diviene più spelacchiato... Da sem-pre infatti i capelli (per alcuni una sorta diprolungarsi dell’ “Io”...) sono simbolo di gio-vinezza, bellezza, forza, virilità/attrattività

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femminile e, in rapporto a tipi estremamentevariabili di taglio e di acconciatura e secondomode e tempi, indicano religiosità, purezza,eleganza o trasgressione, sex e status symbol,appartenenza a élites di guerrieri, artisti emusicisti, conformisti e ribelli.Si pensi a Sansone, alla tonsura monastica e aquella punitiva delle “collaborazioniste”, aimarines, agli Skin-heads, e ai Beatles...Tutto questo si riferisce a un “valore” espres-so dalla capigliatura (o da libere scelte di“acconciature”) che spiega (se non sempregiustifica) la “tragedia della calvizie” che, purnota nella sua frequenza “fisiologica”, sem-bra colpire (vera “malattia somato-psichica”),specialmente se precoce, il giovane maschio,molto più raramente la giovane donna, e laloro famiglia (in particolare, non di radocome segno di difettoso equilibrio psichico, lamadre!). Da uno stato di generica insoddisfa-zione, di infelicità più o meno temporanea (difronte allo specchio... o di fronte a “incontri”importanti coi quali specchiarsi... confrontar-si/essere confrontati) o costante, con cambia-menti di comportamento e di abitudini di vitanell’ambito delle relazioni, delle amicizie, dellavoro ecc., si può passare a stati di francaangoscia e “disperazione” con note psicopato-logiche di depressione reattiva e, comunque,di competenza psichiatrica.Grande responsabilità del dermatologo nonsottovalutare la richiesta psicologica (più omeno esplicita) del paziente che perde i capel-li o del paziente che teme di perdere i capelli.L’abilità professionale dello specialista nelgestire il colloquio durante la visita di un alo-pecico (in particolare in caso di calvizie preco-ce in qualunque stadio) è di saperla trasfor-mare in una prima fase di counselling psico-terapeutico.Lo scopo è quello di rassicurare il paziente(spesso giovane, allarmato, sfiduciato ecc) cheviene preso in carico, per il suo problema che

esiste (anche se non è grave...) e per il qualedeve evitare le speculazioni commerciali lega-te alle “lozioni miracolose” o ad altrettantomiracolosi sedicenti “centri tricologici checurano la calvizie”, nati appunto per manipo-lare e sfruttare la sofferenza psicologica deifragili portatori di questo inestetismo.Il paziente sarà opportunamente consigliato aseguire le terapie locali e generali disponibili,assicurando la possibilità di un miglioramen-to. Fornendo con ottimistica pazienza, e nonfrettolosamente, tutte le informazioni incluse,finché professionalmente possibili, quelle psi-cologiche e psico-farmacologiche (brevi perio-di di trattamento con farmaci ansiolitici sirendono spesso necessari...). Ove il counsel-ling del solo dermatologo non sia sufficiente,si dovrà passare (come in tutta la dermatolo-gia psicosomatica) alla liaison con psicologie/o psichiatri; nei casi più delicati, un collo-quio a tre, i due professionisti con il paziente,è preferibile alla telefonata o alla lettera dispiegazioni, anche se dettagliate. Il bruscoinvio allo psichiatra anche di casi con altera-zione “mentale” clinicamente strutturato puòessere pericoloso: sono descritti in letteraturasuicidi di pazienti che “non accettavano ilcambio di specialista”.

C onc lusion iLe alopecie, nelle loro varie sindromi clini-che, possono essere prese ad esempio del dis-corso epistemologico e metodologico psicoso-matico. Considerato, come si è fatto nella pre-messa, che è storica (aneddotica) osservazionesia il rilievo dell’importanza psicologica del“valore” della capigliatura per l’essere umanosia il sospetto che esista un rapporto di causa-effetto fra sommovimento emozionale (stress,disagio psichico) e perdita di capelli, ne deri-va: 1) un incentivo a studi psico-sociali per ilchiarimento di quel “valore”, 2) l’opportunitàdi ricerche psico-biologiche nel tentativo di

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convalidare o meno, nelle singole forme, quelrapporto patogenetico ipotizzato, 3) l’oppor-tunità di un approccio psicosomatico alpaziente (che tenga presente l’inscindibilecoinvolgimento mente/corpo nel singolo casoclinico nella sua specifica e originale “unici-tà”) durante una visita che sia sufficientemen-te lunga e soddisfacente.Non potendo sviluppare oltre, per i limiti dispazio consentiti dalla monografia, il nostrotema, abbiamo trattato con più ampiezza delpiù psicogeno dei quadri, la tricotillomania,di aspetti psicopatologici e della necessità fre-quente di operare in liaison multidisciplinarecon psicologi e psichiatri; tale considerazionesembra analoga per un altro prototipo, il telo-gen effluvium, che può essere psicogeno. Perambedue queste forme la psicoterapia (dalsemplice counselling, che può condurre o ini-ziare lo stesso dermatologo, a tecniche psico-terapeutiche più sofisticate quali terapie aorientamento psicoanalitico, brevi o lun-ghe,... tecniche di rilassamento, training auto-geno incluso, biofeedback ecc) e/o l’uso, perperiodi relativamente brevi, di psicofarmaci(ansiolitici, antidepressivi, neurolettici...),devono essere presi in considerazione.L’alopecia areata, affezione a causa tuttorasconosciuta (immunologica? psicosomatica?)ci ha offerto l’occasione di esemplificare, rife-rendo brevemente un iter investigativo, l’at-tuale tendenza delle ricerche di psicosomatica“biologica”.Infine, con le nostre note sull’alopecia andro-genetica, la “famigerata” calvizie precoce,abbiamo sottolineato l’aspetto somato-psichi-co e cioè la ripercussione che quella alopeciapiù frequentemente, e altre meno frequente-mente ma spesso in modo più rapido e dram-matico, hanno sull’animo umano, sul com-portamento e sulla vita del paziente, forse,spesso, ingiustificatamente (ingiustamente,dice qualcuno...) ma sicuramente tanto da

farne un problema sociale, verso il quale ilmedico deve porsi in posizione tecnicamenteed eticamente corretta.

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La psicosomaticacome strumento necessario

Emiliano PanconesiFirenze

“If the human brain was so simple that wecould understand it we would be so simplethat we couldn’t.”

Emerson Pugh

La riflessione culturale attuale ha uno deisuoi noti epicentri nella considerazione che lascienza sembra essersi fatta meno “scientifi-ca” per contraddizioni e sconferme, mentrehanno acquisito diritto di cittadinanza nel“mondo della scienza” intuizioni e ... fanta-sie. Il medico a contatto del malato “sente”, gli sipassi la scelta del verbo, di aver di fronte un’u-nità inscindibile, l’uomo appunto: mal scom-ponibile - per ora? - in sangue, tessuti et alia etanto meno nei pur utilissimi, mai “rinuncia-ti” e irrinunciabili, vetrini e provette. E se èattratto da intelligenti critiche al “mind-bodyproblem in medicine” quali quelle di VonScheele e Nordgreen [1] che piovono gelidedalla Svezia (e come potrebbe essere diversa-mente?) duplice (multiplo?) com’è, è attrattodi più (o ugualmente) dal continuo riproporsidel (e dal doveroso considerare il) malato enon della (la) malattia, dell’emozione, non dirado apparente/evidente fattore condizionan-te di disfunzioni e morbi (come fare altrimen-ti per capire e curare l’orticaria cronica spes-so di insistente oscurità laboratoristica) nel“curare quotidiano”, tirando fuori dal cilin-dro e per forza ... e subito o quasi subito ...insieme a immuno-soppressori quando servo-no, ad antibiotici quando servono, anche ben-zodiazepine o triciclici, o sé stesso come pillo-la o come simple counseling Man, o indiriz-zando a una psicoterapia o ... infine con il piùarchitettato o il più semplice placebo.

Le cose di cui vi abbiamo parlato … sono statestudiate, pensate, riflettute ma anche messein opera, esercitate, provate con attenzione econ amore ... così come i farmaci della scien-za sperimentale. Non c’è ormai in molti di noireticenza nel dare (dopo aver profondamentestudiato/intuito/ introiettato il caso da soli oin gruppi liaison e con tutte le tecniche dispo-nibili e attendibili *) un antistaminico con-temporaneamente a un consiglio perché, adesempio, “si fugga il cielo dove si divenneammalati” (spesso il cielo in una stanza) percorrere in palestra ... o in una “stanza/uterocon dottore” tentando di ristabilire o rianno-dare sottili fili perduti.

(*) Siamo ad esempio molto interessati allaTecnica Patobiografica dell’argentino LuisChiozza che sembra offrire con relativa rapi-dità informazioni di “marca psicoanalitica “coinvolgendo operatori e paziente in una bat-taglia “entusiasta” di comprensione di luiuomo-intero-malato nel tentativo di aiutarlo,perfino in quello vetero-romantico, ma nonripugnante, di salvarlo!

Le lacune … sono enormi e giustificate e non... Così per assenza di altre malattie cutaneedi cui non si è detto o di quelle che accendo-no feed back somato-psichici, per esempio. Siè parlato dell’acne e del suo intuitivo reboundantidromico dalla pelle alla mente ma tutte lealterazioni “visibili” in quanto tali possonoinnescare questo meccanismo e questo puòessere provocatore di danno e sofferenza. Unangioma deturpante (le “voglie” come si disseper penalizzare/colpevolizzare il passato ontoe filogenetico!), un nevo gigante esteso e pelo-so, un lupus cicatrizzante del viso e così via. Ma come negare poi quello che tutti sanno:che un herpes, da virus 1 labiale e “innocen-te” o un herpes da virus 2 genitale e “colpevo-le” (con possibilità di invertire sedi e ruoli!)

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sono, o possono essere, stress-dipendenti?

Lo stress (così come il sole) può tirar fuori daisantuari gangliari il virus neuro e dermotro-po: “ectodermosi “ dunque queste affezioni,con correlazioni sessuologiche e ... , non raris-simamente, a rischio di patofobia. Lo sconfinamento nei problemi di tutte leaffezioni sessualmente trasmissibili è intuibi-le: dalla “erpetofobia “, alla sifilofobia, allaAIDS-fobia con caratteristiche non perfetta-mente uguali e comunque tali da esigere laliaison dermato-venereologo/psichiatra. Il prurito sine-materia … è affezione frequen-te e con frequenti intuitive implicazioni psico-somatiche. Ne sembrano intuitive testimo-nianze note metafore (“mi prudono le mani “,“itching for a fight” ma anche ... certi “pruri-ti” che alludono a voglie sessuali ... o identifi-cazioni fra grattamento e masturbazione),aneddoti e riferimenti anamnestico-clinici einfine i successi di psicoterapie dopo il falli-mento dei farmaci. Dell’ orticaria come possibile “emotionalallergy “, allergia emotiva, almeno in certicasi, è stato detto. Intuitivamente (l’avverbio può essere scelto apiacere come “difetto” o “pregio” professio-nale!) l’equazione orticaria - emozione sem-bra una sorta di possibile modello grafico conil foglio della pelle disponibile davanti a noi,malati e osservatori, dove si può disegnare l’e-mozionale della mente con un segno o piùsegni degni di Joan Mirò. Lichen planus,lichen simplex, lichenificazione, eczemalichenoide e lichenificato (la “neurodermite “degli antichi autori!) sono da tempo nell’oc-chio del ciclone psicosomatico: nelle nostremani la ricerca se ha confermato col girovizioso del prurito (the rub and scratchsyndrome) la frequente genesi psicogena dellichen simplex non ha fornito altrettante“prove” per il pur indiziato lichen planus.

Della dermatite atopica … : pensiamo chequesta sindrome con il suo iniziare nellaprima infanzia e con le sue possibilità (50%)di guarire prestissimo, costituisca un veromodello “sperimentale” per la ricerca psico-somatica, in particolare per quella psicodina-micamente orientata. Così legata com’è que-sta pelle infantile (malata o no) alla pelle dellamadre (“peau de la mer-mère, peau de pan-there et chlamide trouée “ ... abbiamo cosìparafrasato - mère ... è nostro - Paul Valery inun’altra occasione) così legata com’è la “magi-ca” guarigione al cessare del prurito, il solitosintomo sospetto di intelligenza col nemico, lamente ... La psoriasi , così stress-dipendente nel suo fol-low-up sarà forse chiarita - dice qualcuno -sulla tortuosa strada della sostanza P o di altripeptidi cerebrali. La nostra antica ipotesi della multifattorialitàdella sindrome rosacea con protagonismo psi-cosomatico regge ancora: “blush is no langua-ge - ha detto George Eliot - but only a dubiousflat signal which may meall either of two con-tradictories “. Di alopecie è stato detto: sembra certo undefluvio telogen psicogeno e un verosimilepsicosomatico co-fattore rimane ancora perl’alopecia areata (o per qualche alopecia area-ta) indiziata di compromessi immunologici (eperché non insieme operanti per i sottili tra-miti della psiconeuro-immunologia?). “Che cos’è la “macchia nera”, capitano? Unavvertimento, camerata!” Così come nell’Isoladel tesoro di R.L. Stevenson, le macchie sullapelle sono sempre state vissute con intensa epreoccupata attenzione, ancor più quelle pur-puree di sangue ... di cui tutti conoscono le“incredibili” implicazioni. “Come si ersedavanti a Lui vide che aveva figura umana eche era un Serafino con sei ali e che le suebraccia erano allargate e i piedi uniti insiemee che il suo corpo era fissato alla croce. Il suo

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volto era bellissimo oltre tutte le bellezze ter-restri, e sorrideva dolcemente versoFrancesco. Contrastanti emozioni riempironoil suo cuore: perché se la visione dava unagioia immensa, la figura sofferente e crocifis-sa lo addolorava profondamente. Riflettendosul significato di quella visione capì alla fineche la Divina Provvidenza avrebbe agito su dilui come sul Cristo, non già per il martirio delcorpo ma della mente e del cuore. Quando lavisione scomparve Egli rimase, non solo alsuo interno con un più grande fuoco diamore, ma all’esterno non meno meravigliosa-mente marcato dalle stimmate delCrocifisso”. Questa secondo S. Bonaventurafu la visione di S. Francesco d’ Assisi la matti-na del 14 settembre 1224. Più di trecento casi “controllati” di porporadei mistici sono stati descritti, e “comprova-ta” la possibilità che intense e profonde emo-zioni influenzino i meccanismi che presiedo-no alla coagulazione del sangue. Se in molte forme purpuriche i dermatologisospettano una influenza psicogena, unaforma rara di porpora la sindrome di Gardnere Diamond o porpora psicogena costituisceun vero experimentum naturae. Si tratta sem-pre di donne che presentano “ecchimosi dolo-rose” la prima volta a seguito di un trauma e,successivamente, dopo stress emozionali. Lacasistica via via studiata mostrò che si trattavaper lo più di pazienti con problemi psicopato-logici (tratti isterici, ansia, depressione).Questi problemi caratterologici vennero sotto-valutati quando si mise in evidenza una auto-sensibilizzazione verso i propri eritrociti diquesti soggetti, che veniva instaurata secondoquesti ricercatori, con il primo trauma. Unaventina di anni dopo le prime osservazioni,una équipe di dermatologi e ematologi delNew Hampshire a una donna con questamalattia iniettarono intradermicamente 1/10di cc. del suo proprio sangue in tre diversi

punti dell’avambraccio. Prima delle intradermiche l’avevano informa-ta che era “allergica” al suo stesso sangue eche questo sangue le sarebbe stato introdottonelle pelle solo con la iniezione centrale men-tre le altre due sarebbero state di sangue diun donatore. Ebbene: l’ecchimosi dolorosa sisviluppò soltanto nell’area della iniezionecentrale, quella che la paziente pensava (atorto, ingannata dallo sperimentatore) avesse,essa sola, ricevuto il suo sangue. Un esperi-mento fortunato e significativo per il rappor-to mente/corpo. Tutte (tante) malattie cutanee a genesi immu-nologica (basti pensare al lupus eritematoso),gli stessi tumori cutanei (così vari, così nume-rosi, così visibili ... ) sono state, con argomen-tazioni più o meno soddisfacenti, suppostepsico-dipendenti e non solo per il loro decor-so ma anche per la loro insorgenza. Esiste un’ampia letteratura in tema di psicoso-matica oncologica: se noi medici del corpo,per la nostra cultura scientifica (e filosofica),non siamo ancora pronti per accettare le ipo-tesi più ardite, molte delle quali di marca psi-coanalitica, è forse comunque opportuno chele conosciamo meglio e senza pregiudizi. Essese non altro hanno portato, come sempre fa laricerca, acquisizioni “utilizzabili” per il mala-to: per un migliore approccio e una miglioreconduzione psicologica del difficile malato dicancro ... di cui sembra almeno influenzabileil decorso, gestibile il rebound somatopsichi-co, dominabile - anche per questa via - la sof-ferenza. Alopecie, acne, rosacea ci hanno già fattoaffacciare sul mondo dell’estetica, un mondoche è parte integrante dell’attività professio-nale del dermatologo e del suo rapporto colmalato. La cute è il primo e più importante vestitodell’uomo: una sua alterazione, l’abbiamo giàdetto all’inizio di questo capitolo, un cambia-

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mento - peggio se immutabile -, una macchia- peggio se indelebile - una “smagliatura”(sempre di tessuti si parla), una irregolarità dilinea, di disegno, di taglio si ripercuote subito(massimamente in una donna ... così stimola-ta da lontane e vicine culture, da riti/miti emass media) sulla mente. Il disordine (cosmosè ordine) colpisce la self e la body-Image ... leinterdipendenti immagini del corpo e del sé... così turbative e che possono divenire psico-logicamente devastanti. È un abito questo, che fa il monaco ... e spes-so noi siamo quello che si sembra ... o quelloche si vuole (o si vorrebbe) sembrare. Di qui l’importanza della medicina estetica,della cosmetologia, del trucco (per essere, otentare di essere, quello che si vuole essere) ...operazioni tutte che non devono sfuggire almedico, in particolare al dermatologo, chepuò offrire, se ce l’ha, una competenza anchein questo campo. La cultura psicologico-psicosomatica si rivelaanche qui fondamentale e, al solito, soprattut-to nell’approccio e nella conduzione del caso.E mentre tutti sanno delle difficoltà “legitti-me” poste dal malato di cancro non tuttisanno delle difficoltà (non “illegittime” ...causa la loro stessa esistenza e, non di rado, laloro gravità) delle malattie della “bellezza”. Tre possibilità esemplari possono forse rende-re conto del problema: 1) la presenza di un grave inestetismo, 2) la presenza di un lieve inestetismo vissutocome grave, 3) l’idea errata di un inestetismo inesistente(dismorfofobia di Morselli o dermatologicalnon-disease di Cotterill). Questi pazienti hanno bisogno di un medicopsicologicamente preparato e non di rado sideve ricorrere e molto cautamente (difficileinsegnare il “garbo tutto psicosomatico” concui condurre l’impresa) alla liaison fra derma-tologo e psicologo/psichiatra. L’invio tout

court allo psichiatra suona almeno disinteres-se e punizione, quando non dà l’avvio a feno-meni di psicopatologia reattiva anche grave ...di cui, malgrado tutto, siamo responsabili.Sono stati riferiti suicidi a seguito di “manca-ta presa in carico” da parte del dermatologo -il medico scelto dal paziente! - di individuiconvinti a torto di avere una alterazione delvolto, ingravescente e inestetizzante, e incau-tamente etichettati come “nervosi” o “fissati”e quindi mandati dallo psichiatra, addiritturaal manicomio ... quando ancora esisteva edove esiste ancora. Anche questa è dermatologia psicosomatica ...e altro ancora.

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Lo stress e i capelliPerché lo stress fa perdere i capelli

Fabrizio Fantini Bologna

Nella nostra “lotta” per contrastare la calviziecomune bisogna affrontare e cercare di risol-vere lo stress fisico e psichico. Si è visto che ilpiù delle volte è possibile fermare la cadutadei capelli con l’utilizzo di finasteride e dialtre sostanze naturali o farmacologiche. Mabloccare il DHT non è sufficiente, bisognaoccuparsi anche di eventuali dermatite sebor-roica ed infiammazione, utilizzando farmaciantifungini e antinfiammatori (ad esempioketoconazolo). Con una dieta adeguata è pos-sibile controllare il delicato e complesso equi-librio ormonale del nostro corpo, evitandoanche alcune condizioni fisiologiche che pos-sono favorire la perdita dei capelli.Lo stress può provocare telogen effluvium siaacuto, sia cronico, fattori che mandano all’a-

ria l’efficacia delle nostre strategie anticalvi-zie e compromettono tutti i nostri sforzi.Di solito lo stress è un fattore positivo che cipermette di affrontare le avversità in manieraefficiente, ci consente di reagire agli eventiquotidiani con equilibrio e mantiene vitali lenostre capacità d’apprendimento, di memo-ria, d’attenzione, permettendoci di risolvere ipiccoli e grandi problemi della vita quotidia-na. Quando però gli stimoli stressori prendo-no il sopravvento e l’organismo non è più ingrado di reagire in maniera positiva, comin-ciano i problemi. Lo stress diventa una condi-zione fisica e psicologica di malessere, di stan-chezza, che ci tiene spesso in tensione e chenon ci permette di vivere in maniera serena etranquilla. Hans Seyle, uno dei pionieri dellostudio sullo stress, definì la risposta dell’orga-nismo ad una condizione avversa “sindromeda stress biologico”. L’organismo sottoposto acondizioni nocive opera una serie di risposteorganiche che gli permettono di affrontare esuperare il momento di difficoltà. Vediamo cosa succede nel nostro corpo quan-do lo stress prende il sopravvento anche per-ché lo stress non agisce solo sulla mente maanche sull’organismo causando alcune malat-tie. Abbiamo già parlato del sistema nervoso edel sistema endocrino e come essi regolino lefunzioni del nostro organismo. Il sistema ner-voso ha anche una sua parte autonoma, checontrolla automaticamente la regolazionedelle attività viscerali non sottoposte diretta-mente alla nostra volontà. Si divide in sistemaortosimpatico e parasimpatico ed è collegatoalle midollari del surrene con delle fibre ner-vose.Quando siamo sottoposti a uno stress acuto lazona midollare del surrene viene stimolata aprodurre adrenalina e noradrenalina, gliormoni del “attacca o fuggi”, che permettonoall’organismo di affrontare un pericolo immi-nente. La pressione sanguigna e i battiti car-

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diaci aumentano d’intensità, il cuore pompapiù sangue e quindi si ha una maggior irrora-zione sanguigna di muscoli e cervello.Crescono eccitazione e concentrazione, men-tre sono inibite altre funzioni come la dige-stione, la riproduzione cellulare e la rispostaall’infiammazione, meno importanti in quelmomento. Una volta finito il pericolo la con-centrazione di questi due ormoni dovrebbecalare fino a tornare a livelli normali.Nella nostra vita quotidiana accade spessoche tratteniamo questi istinti di reazione permotivi relazionali e sociali. Certo, non siamopiù attaccati da micidiali predatori comepoteva capitare all’uomo del paleolitico, ma ilnon risolvere una futile lite o degli importan-ti contrasti a livello della propria vita socialee familiare può portare a liberare costante-mente troppa adrenalina e troppo spesso.L’ipertensione essenziale, di fatto il tipo d’i-pertensione più frequente ha motivazioni nonancora ben definite e lo stress può essere unodei fattori che contribuiscono a farla insorge-re.L’adrenalina ha un’azione anche a livello delfollicolo pilifero, il suo aumento nei momentidi forte stress provoca un telogen effluviumacuto. L’altra risposta dell’organismo allostress è il rilascio da parte della corticale delsurrene di cortisolo. Il cortisolo stimola ilfegato a rilasciare glucosio nel sangue per per-mettere all’organismo di affrontare il momen-to di bisogno con maggiori risorse energeti-che. Ma se lo stress diventa continuo neltempo il cortisolo da utile baluardo dei nostribisogni diventa sostanza dannosa capace di“corrodere” le funzioni più importanti delnostro organismo. L’eccesso di glucosio, come abbiamo visto nelcapitolo precedente, provoca alterazioni nellaproduzione d’insulina e manda in tilt l’equili-brio ormonale. Un’alterazione della produzio-ne di glucosio, insulina, glucagone porta

all’intolleranza al glucosio e all’insulino resi-stenza, condizioni che possono portare al dia-bete. Vengono rilasciate nel sangue maggioriquantità di grassi che a lungo andare provoca-no un aumento di colesterolo e trigliceridi eun conseguente incremento del rischio car-diovascolare.Si ha poi un maggior utilizzo da parte dell’or-ganismo degli aminoacidi dei tessuti muscola-ri, riducendo così le risorse proteiche deinostri muscoli. La pelle diventa più sottile emeno elastica e si indeboliscono i tessuti lin-foidi, deputati a modulare le difese immunita-rie del nostro organismo. Inoltre la liberazio-ne eccessiva e costante di cortisolo è anche ingrado di danneggiare la mucosa gastrica.Gastriti, esofagite da reflusso, lesioni ulcerosesono spesso correlate alle alterazioni di que-st’ormone.Lo stress fa anche cadere i capelli, ed è diffi-cile capire i meccanismi per cui un eventostressante possa influire così tanto sulla salu-te e sull’equilibrio della nostra capigliatura.Sappiamo come lo stress è causa d’alopeciatemporanea (telogen effluvium) acuta e croni-ca e come sia uno dei fattori che può far peg-giorare in breve tempo la calvizie comune.Uno stress forte e improvviso spesso è dovutoa un evento emotivo molto importante e puòfar cadere centinaia di capelli in fase di ripo-so (telogen effluvium acuto). I capelli si rifu-giano nella fase di telogen e bloccano ogniattività, dopo tre mesi saranno perduti, manon sarà danneggiata la struttura del follicoloche, finito il momento di stress, sarà prontoper un nuovo ciclo.Se lo stress è meno intenso e più costante neltempo avremo invece un telogen effluviumcronico, la perdita sarà meno importante, masarà anche più difficile risolvere il problema.Questi due tipi di telogen effluvium contri-buiscono non poco a velocizzare l’evoluzionedella calvizie comune. Il follicolo tende ad

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accelerare ulteriormente il suo ciclo e i capel-li nella fase di telogen aumentano notevol-mente. Spesso non riescono neanche a passa-re alla fase di riposo e cadono nella fase dicrescita diventando sempre più piccoli e sotti-li.Come precedentemente detto adrenalina ecortisolo sono i due ormoni dello “stress”capaci di risolverci un sacco di problemi sesecreti nelle giuste quantità, ma nemici dellasalute se prodotti in eccesso.Per capire come lo stress possa influire sul“blocco” delle attività del capello bisogna tor-nare un po’ indietro, e soffermarsi sull’azionedell’AMP ciclico. All’interno delle celluledeputate alla formazione del capello (matrice)l’AMP ciclico è quella molecola che manda ilmessaggio ormonale per attivare i processimetabolici che permettono di produrrecostantemente energia per costruire le protei-ne del capello. In molte cellule del nostroorganismo l’ormone non entra direttamentenella cellula ma si lega ad un recettore dimembrana, che interagisce con un enzima,l’adenilato ciclasi, che a sua volta permette laproduzione della giusta quantità di AMP cicli-co. L’AMP ciclico se non “disturbato” adem-pie costantemente ai suoi compiti e consentealle cellule di produrre energia con la glicoli-si e di compiere in maniera normale le lorofunzioni.Nelle cellule del follicolo l’AMP ciclico per-mette alle cellule della matrice di produrrecheratina e ai melanociti di secernere i pig-menti necessari. Le cellule della matricehanno sulla membrana anche dei recettorialfa per l’adrenalina e la noradrenalina. Lostress scatena la produzione di questi ormonie si ipotizza che legandosi al recettore alfaprovochino inibizione dell’attività dell’AMPciclico, inibizione della glicolisi, riduzionedell’attività delle cellule del follicolo e perditadei capelli.

In qualche maniera l’adrenalina e la noradre-nalina prodotte in eccesso a causa di unostress fisico o psichico, contribuiscono assie-me al DHT all’azione di “disturbo” delle atti-vità metaboliche del follicolo pilifero.Non per niente sono stati riferiti casi in cui aseguito di un forte spavento o stress anchel’attività dei melanociti veniva bruscamentefermata. Ricorderò sempre un mio collega dilavoro che a seguito di un grave lutto in fami-glia vide i propri capelli diventare bianchi nelgiro di pochi mesi. Egli ripeteva spesso chedopo la morte del padre il processo di incanu-timento, prima quasi assente, si era accelera-to in maniera esponenziale. La quantità deisuoi capelli non era cambiata, dato che nonsoffriva di calvizie comune. In questo casoprobabilmente l’adrenalina prodotta in ecces-so e lo stress ossidativo avevano impedito allamaggior parte dei melanociti di produrre lamelanina.Individuare il telogen effluvium cronico è unpo’ più complicato, perché non si manifestasolo con una diffusa caduta dei capelli sututta la testa, ma anche con una caduta menograve e più costante che si può spesso“nascondere” dietro a una calvizie. Anche inquesto caso è indispensabile rivolgersi a unmedico qualificato che vi farà un esame detta-gliato per risolvere la calvizie e capire i moti-vi del telogen effluvium.E il cortisolo? Si è osservato come il cortisolosia fondamentale per riequilibrare gli squili-bri glucidici nel sangue. In seguito ad uneccesso d’insulina nel sangue, il cortisolo èspesso costretto ad intervenire per sostituire ilglucagone nello stimolare la liberazione delglucosio nel sangue.Anche lo stress cronico aumenta il cortisolonel sangue, provocando nel corso degli annidisturbi e malattie. L’aumento di cortisolo ini-bisce la produzione di tutti gli eicosanoidi(ormoni locali), sia quelli dannosi che provo-

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cano infiammazione, sia quelli benefici chepermettono una comunicazione ormonaleperfetta dei sistemi cardiovascolare, nervoso eimmunitario.Di fatto il cortisolo, bloccando l’azione di que-sti eicosanoidi “buoni”, altera l’azione dell’ef-fettore del messaggio, cioè l’AMP ciclico.Anche le cellule della matrice del follicolo,deputate a produrre il capello, hanno bisognodi un eicosanoide che mantenga costante ilmessaggio per poi “passarlo” all’AMP ciclico.La prostaglandina PG2 ha come precursorigli omega 6 ed è stata isolata a livello delle cel-lule germinative della matrice del follicolo. Ilcortisolo in eccesso potrebbe bloccare la pro-duzione di eicosanoidi buoni con un eccessodi produzione di PG2 e una conseguente alte-razione nella produzione di cheratina.Il cortisolo in eccesso mobilita continuamen-te glucosio nel sangue. L’eccesso di glucosio èin grado di alterare (glicosilare) la strutturamolecolare delle proteine destinate ai proces-si rigenerativi del nostro organismo, come adesempio quelle coinvolte nella formazionedella cheratina dei capelli.In seguito ad uno stress il follicolo piliferosubisce quindi dei disordini metabolici e delleinterferenze nei messaggi ormonali, si hainoltre la formazione di radicali liberi chesono la conseguenza di questi danni metabo-lici più o meno transitori.I radicali liberi possono ossidare grassi, pro-teine, DNA, danneggiando la struttura di que-ste molecole. Le cellule “operaie” della matri-ce del capello, deputate alla continua produ-zione di cheratina sono in costante attivitàmitotica (divisione cellulare) e possono essereinfluenzate dallo stress ossidativo dei radicaliliberi. I radicali liberi danneggiano gli enzimie le molecole del bulbo pilifero, scatenandouna reazione a catena che negli anni provocaun accelerato invecchiamento della strutturadel capello. Il follicolo pilifero subisce una

parziale alterazione del ciclo e le cellule ger-minative (cellule della matrice) anticipano laloro temporanea “morte” cellulare (apoptosi).Il periodo catagen, che prepara il follicolopilifero alla nascita di un nuovo capello risul-ta alterato e imperfetto (Arck e al. 2002). Lecellule del bulbo reagiscono a questa “minac-cia” producendo enzimi che hanno il compi-to di disattivarne l’azione dannosa.Lo stress incide sulla salute dei nostri capellied è anche una delle cause d’invecchiamentodei distretti corporei principali.Potenzialmente siamo tutti soggetti allo stress,anche perché esso si manifesta in maniera dif-ferente in ognuno di noi. Ogni singolo indivi-duo risponde allo stesso tipo di stress inmaniera differente. E qui subentra il nostrostile di vita e l’atteggiamento mentale datoche non sempre è importante cosa ci accade,ma come lo affrontiamo e lo interpretiamo.Le cause dello stress spesso sono difficili daindividuare e codificare, inoltre sottoposticostantemente ad eventi stressanti non siamopiù sensibili ai segnali di stress. Come fare peraffrontare questo stato di disagio? La rispostaallo stress è un fatto individuale, così come irimedi giusti per una persona possono nonesserlo per un’altra.Spesso il primo consiglio che viene dato èquello di “rilassarsi”, ma se sono stressatocome faccio a rilassarmi? Sarebbe troppo faci-le e semplicistico.Veniamo alle cause dello stress fisico e psico-logico: numerosi autori hanno codificatodegli “stressori”, vale a dire delle cause scate-nanti lo stress, che incidono sulla nostra salu-te e diventano delle perturbazioni più o menocostanti della nostra serenità. Questi inconve-nienti ambientali di varia natura, che si pos-sono dividere in biologici e psicosociali, dis-turbano l’equilibrio e l’armonia tra mente ecorpo. Lo stress dovuto a fattori fisici si accompagna

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ad un altro stress di tipo psicologico che puòessere dovuto sì a un dispiacere familiare o aun faticoso trasloco, ma anche a una serie diseccature di tutti i giorni che dobbiamo impa-rare ad affrontare con un atteggiamento posi-tivo e costruttivo. Se valutiamo gli stressori ele cause del telogen effluvium troviamonumerosi fattori in comune che confermano,se ce ne fosse ancora bisogno, la stretta con-nessione tra perdita di capelli e stress.In definitiva tutto quello che provoca stresspotrebbe provocare anche la perdita dei capel-li, perché l’organismo reagisce ad uno stimoloesterno in maniera aspecifica. Qualunque siail fattore stressante i meccanismi fisiologici dirisposta dell’organismo vengono controllatidal sistema nervoso autonomo e dalle ghian-dole surrenali con produzione di adrenalina ecortisolo.Il primo passo è affrontare gli eventi negativiin maniera positiva, o almeno essere consape-voli che l’ottimismo è una delle basi indispen-sabili che ci permetterà di superare gli ostaco-li della nostra vita. Ci deve essere sempre unaragione per vivere con fiducia e ottimismo lostraordinario percorso della nostra vita chedobbiamo trovare in noi stessi anche neimomenti di grande difficoltà. L’ottimista pia-nifica una strategia per agire sulle cause dellostress, tralascia le attività meno importantifinché non risolve la situazione e si avvale del-l’appoggio e dei consigli di chi gli sta vicino.Forse l’antica massima latina “Festina lente”,affrettati lentamente, potrebbe fare al casonostro. Bisogna affrontare la vita quotidianae le possibili difficoltà con intenso e costanteimpegno, con un atteggiamento mentale posi-tivo che potrà essere elaborato solo da noistessi in quanto siamo gli unici a conosceretutte le variabili. Ricercatori e i psicoanalistihanno codificato alcune strategie generali peraffrontare nella maniera corretta lo stressnegativo.

Per aiutare il benessere fisico e contrastare lostress l’attività fisica e la meditazione possonoessere strategie vincenti. La nostra mente habisogno di trovare dei momenti di relax e diriposo e ognuno troverà l’attività fisica piùadatta alle sue caratteristiche. L’esercizio fisi-co moderato è utile per contrastare lo stressnegativo ed è benefico sia a livello organicoche psichico. Bisognerà scegliere un’attivitàfisica aerobica che preferiamo, come la bici-cletta, la corsa, il nuoto o una camminata apasso veloce.I benefici che avremo da questa attività saran-no un aumento della massa magra (muscoli) euna diminuzione di quella grassa (tessuto adi-poso). I livelli di colesterolo nel sangue siabbassano e una attività moderata contribui-sce anche a controllare i livelli di cortisolo eadrenalina. Attenzione! è anche assodato chel’attività fisica troppo pesante, affrontatasenza un carico di lavoro graduale porta adun aumento di radicali liberi e di cortisolo. Ineffetti, uno stress fisico eccessivo porta a libe-rare un eccesso dei due ormoni dello stress,adrenalina e cortisolo per aumentare la rispo-sta di adattamento fisiologico dell’organismo.A questa attività aerobica moderata correlataalla corsa o alla bicicletta bisognerebbeaccompagnare un po’ di attività anaerobica,vale a dire un leggero potenziamento musco-lare, 10 - 15 minuti al giorno, tramite esercizicon pesi leggeri e flessioni sulle braccia esulle gambe a seconda del proprio stato diallenamento. Questa attività permette di man-tenere costante la quantità e la qualità dellanostra massa muscolare.Bastano anche 20 minuti al giorno di pesi leg-geri per tre volte alla settimana per avererisultati buoni anche solo dopo pochi mesi.La massa grassa si riduce in maniera signifi-cativa, mentre la massa muscolare mantienela sua integrità o aumenta leggermente. Unbravo allenatore vi consiglierà anche 15 minu-

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ti al giorno di allungamento muscolare permantenere i muscoli elastici.È importante che l’attività fisica sia adattaalle nostre caratteristiche, quindi bisogna sce-gliere uno sport che ci gratifichi anche men-talmente. La meditazione e le tecniche di rilassamentocontribuiscono anch’esse a combattere lostress. Numerosi studi in questi ultimi annihanno confermato come gli esercizi di medi-tazione e di rilassamento, se effettuati costan-temente, possano dare un beneficio e ridurrealcuni tra i parametri fisiologici correlati allostress. I test erano stati eseguiti su monacizen, su chi praticava tecniche trascendentali,yoga e training autogeno. I cambiamenti fisio-logici più importanti sono stati:- riduzione della frequenza cardiaca, respira-toria e riduzione del consumo di ossigeno;- regolazione della produzione del cortisolo;- riduzione del rilascio di noradrenalina daparte delle ghiandole surrenali ;- rimodulazione della serotonina, neurotra-smettitore importante per mantenere l’umo-re,- modulazione della produzione del deidroe-piandrosterone e del testosterone,- è stato anche riscontrato un aumento dell’e-lasticità e resistenza dell’epidermide con unmiglioramento generale dello stato dellapelle.Le tecniche di rilassamento possono esserequindi utili per contrastare lo stress e contri-buire a migliorare il nostro stato di salute fisi-co e mentale.Quante volte quando ci sentiamo in tensioneo stressati, sbuffiamo aria, quasi con un attoliberatorio. Probabilmente è anche in parteun gesto inconscio per terminare l’apnea eregolare il ritmo del respiro. Non è questo illuogo per sviluppare in maniera completa unargomento così importante, sappiate comun-que che non bisogna per forza diventare dei

monaci buddisti per ritrovare un buon equili-brio, esistono infatti delle strategie semplici epratiche che derivano dai dettami di alcunearti orientali che potranno fare al caso vostro.È importante respirare bene per la nostrasalute spirituale e fisica. Un esercizio utile esemplice da eseguire quotidianamente puòessere quello della respirazione profonda chepermetterà di ridurre le tensioni e aiutare arilassarci.

Riassumendo

Oltre l’ereditarietà, abbiamo visto che nellacalvizie comune sono coinvolti altri fattori dif-ficili da quantificare, come lo stress, l’alimen-tazione e lo stile di vita. Lo stress e un’alimen-tazione scorretta alterano la produzione nor-male e ciclica del cortisolo, dell’adrenalina,del testosterone, dell’insulina ecc., sfasando ilritmo biologico giornaliero del nostro organi-smo e accelerando l’invecchiamento delnostro corpo, compresi la pelle e i capelli.Non è ancora possibile sapere esattamente inche percentuale queste variabili possonoinfluire sulla perdita dei capelli anche perchéognuno di noi ha un profilo metabolico egenetico personale. Una cosa è certa però, l’at-tività fisica regolare e le tecniche di rilassa-mento contribuiscono a mantenere efficienteil ritmo biologico del nostro organismo,modulando la produzione ritmica degli ormo-ni e contrastando la formazione dei radicaliliberi e l’invecchiamento.

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Alopecia PsicogenaDaniele Campo

Roma

introduzione:

Da molto tempo si sa che lo stress è una pos-sibile causa di caduta di capelli sebbene nonsia mai esistita una chiara evidenza. La rispo-sta biologica dell’organismo allo stress inclu-de classicamente l’attivazione dell’asse ipota-lamo-ipofisi-corticale del surrene. Esiste unavia alternativa nella risposta allo stress rispet-to a questa classica: un’ampia catena di neu-ropeptidi, neurotrasmettitori, e ormoni(Nerve Growth Factor, Ormone Stimolante laCorticotropina, Sostanza P , catecolamine)che, liberati dai pressi nervosi amielinici cuta-nei, media e modula il sistema di risposta aglistimoli con un’azione diretta a livello periferi-co. La maggioranza dei componenti molecola-

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ri che mediano lo stress ambientale come neu-rotrasmettitori e citochine sono presentianche nella pelle. Lo stress psicofisico attivauna catena di eventi molecolari che passa peril NGF, la sostanza P e le catecolamine chesono mediatori chiave degli effetti inibitorisulla crescita dei capelli indotta dallo stress.

Bisogna ipotizzare una condizione diAlopecia Psicogena ogni qualvolta siamodavanti a soggetti senza una familiarità peralopecia androgenetica, che manifestano undiradamento diffuso e più visibile nell’areapost frontale fin quasi al vertice.Utilizzando il videomicroscopio, si rileva facil-mente un piccolo alone eritematoso che cir-conda gli infundibuli dei capelli.

Alla base di tale condizione si rileva uno statodepressivo, di cui il soggetto è solo parzial-mente consapevole e che pertanto utilizza lavia somatica come canale preferenziale diespressione.

Andrea Marliani

P r e m essaÈ noto, da tempo, che la perdita dei capelli,nella specie umana, è associata ad un signifi-cato che va oltre quello di una realtà fisicaimmediatamente percepibile; esiste un rap-porto stretto tra i capelli e la sfera psichica alivello personale e ci sono implicazioni socialiche devono essere considerate. Tuttavia, pro-prio per questo, si è soliti ritenere che il cor-relato psichico dell’alopecia sia secondarioalla condizione di stress associata al cambia-mento della propria immagine e alla riduzio-ne dell’autostima ad essa conseguente. Taleaspetto è maggiormente indagato nel sessomaschile, a causa della maggiore frequenza di

questo problema (1). In particolare, si è osser-vato che la caduta dei capelli comporta la per-cezione della riduzione della propria attratti-va personale, la paura di invecchiare e presen-ta una ripercussione negativa sulla vita socia-le, associata ad una frequente riduzione deltono dell’umore. Addirittura, si è osservatauna peggior qualità di vita in pazienti affettida questo problema (2). Altri studi, tuttavia,mettono in dubbio un legame causa-effettocosì impostato, suggerendo la possibilità chela perdita dei capelli sia secondaria ad unacondizione psicologica di disagio personale(3). Inquadrata in tale ottica, l’alopecia costi-tuirebbe una malattia psicosomatica in pienaregola.Si è anche tentato di operare delle distinzionia seconda dei diversi aspetti patogenetici del-l’alopecia: uno studio retrospettivo condottosu 100 pazienti affetti da alopecia androgene-tica avrebbe evidenziato una condizionedepressiva strutturata su tratti di personalitàdi tipo evitante e postulerebbe una difficilegestione degli impulsi aggressivi espressa conmodalità indirette (4).Per quanto riguarda l’alopecia areata, sebbe-ne l’insorgenza di tale malattia sia stata corre-lata molto spesso a stress emotivi, i risultatiottenuti dai diversi studi non sembrano univo-ci. Infatti, esistono evidenze indicative di unamaggior frequenza della condizione ansioso-depressiva in tali soggetti, oltre ad un aumen-tato riscontro di strutture di personalitàdipendente o antisociale o di un disturbo del-l’adattamento con umore depresso (5).L’alopecia areata risulterebbe inoltre associa-ta con una maggiore incidenza di modalitàevitanti nelle relazioni sociali, alessitimia escarso supporto sociale (6). Tale comorbiditàcostituirebbe la base per trattamenti sia far-macologici che psicoterapeutici di vario gene-re, che si potrebbero dimostrare efficacianche sull’alopecia in senso stretto (7, 8), sup-

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portando in tal modo l’ipotesi di una genesicausale da parte dell’aspetto psicologico. Unostudio recente in proposito ha dimostrato,infatti, che l’ipnosi ha determinato la ricresci-ta dei capelli in circa la metà dei soggetti trat-tati, affetti da alopecia areata refrattaria adaltre terapie (9).D’altro canto, anche evidenze contrarieappaiono aperte alla possibilità che eventi divita stressanti possano agire come agenti sca-tenanti della comparsa o della riesacerbazio-ne della malattia (10).

Per quanto riguarda i modelli animali, Arck ecolleghi, proseguendo i loro precedenti lavoriforniscono ulteriori evidenze sulla esistenzadi un “asse cervello-follicolo pilifero”. Essidimostrano che lo stress sonico induce signifi-cative modificazioni nella crescita del follico-lo pilifero promuovendone la transizioneverso la fase involutiva. L’arresto prematurodella crescita del follicolo pilifero indottadagli stressors è associata ad apoptosi dei che-ratinociti, aumentata degranulazione deimastociti ed evidenza di infiltrato infiamma-torio perifollicolare provocato da macrofagiattivati. Inoltre, gli autori mostrano che moltidi questi effetti inibitori sulla crescita deicapelli, provocati dallo stress, possono essereriprodotti, in topi non colpiti dallo stimolo,con somministrazione di sostanza P, mentreantagonisti recettoriali della sostanza P ridu-cono l’effetto inibizione sulla crescita dei peliindotta dallo stress (11). La sostanza P rilascia-ta localmente potrebbe inibire direttamentela crescita dei cheratinociti del follicolo pilife-ro o indurre apoptosi attraverso un’induzioneal rilascio di citochine inibitrici la crescita delcapello come il Tumor Necrosis Factor alfa(TNF alfa) e l’Interleuchina 1 (IL 1) daimacrofagi e dai mastociti (12).I dati ottenuti negli ultimi quindici anni cisuggeriscono che i più importanti componen-

ti molecolari che mediano la risposta sistemi-ca agli stressors ambientali: CRH(Corticotropin Releasing Hormone ) e peptididerivati dalla pro-opiomelanocortina, comeanche, neurotrasmettitori e citochine sonoespressi anche sulla cute (13).Un tale schema è stato descritto e può produr-si nella cute umana, nelle ghiandole sebacee,in virtù del fatto che queste esprimono i recet-tori neuropeptidici complementari. IlCorticotropin Releasing Hormone (CRH) èl’elemento più prossimo dell’asse HPA, edesso agisce come coordinatore centrale per larisposta neuroendocrina e comportamentaleallo stress.Le conclusioni a cui si è arrivati indicano ilCRH come responsabile dello sviluppo clinicodi iperseborrea, alopecia androgenetica,invecchiamento cutaneo xerosi ed altri disor-dini cutanei associati ad alterazioni nella for-mazione dei lipidi di origine sebacea (14).

Ver so una po ssib ile pa to lo g iap sico som a ticaÈ ampiamente diffusa la conoscenza che ilquadro clinico delle sindromi depressiveincluda sia sintomi fisici che psichici.Tuttavia, nonostante sin dai tempi diIppocrate le descrizioni del fenotipo clinicodella depressione abbiano sottolineato la fre-quente presenza di astenia, dolori diffusi evaghi, disturbi gastrointestinali, cefalea, dima-grimento e perdita dei capelli, solo di recentequeste osservazioni cliniche sono state sup-portate da studi sistematici e strutturati (15,

20).Uno studio internazionale condotto da Simonet al. (21) su 1146 persone affette da depressio-ne maggiore e visitate in ambulatori di medi-cina generale ha riscontrato che la causa cheaveva motivato i pazienti a rivolgersi ad unsanitario era nel 69% dei casi un sintomo fisi-

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co. L’11% dei pazienti negava la presenza deisintomi psichici associati al quadro depressi-vo.La presentazione del quadro depressivo in ter-mini di sintomi fisici spesso ostacola o ritardala diagnosi, in quanto i medici tendono adidentificare il disturbo affettivo esclusivamen-te con i sintomi psichici (22, 24). Uno studiocondotto su 75 pazienti depressi o affetti dadisturbo d’ansia con sintomi fisici ha riscon-trato che la presentazione del quadro psichia-trico attraverso sintomi fisici si associa aduna diagnosi corretta solo nel 22% dei casi(25).Negli ultimi anni, l’interesse per i sintomi fisi-ci della depressione è stato stimolato dall’ac-quisizione di nuovi dati di carattere progno-stico e terapeutico. È stato, infatti, dimostratoche la persistenza di sintomi fisici è preditto-re significativo di ricaduta (26-28). In terminiterapeutici, la dimostrazione del coinvolgi-mento dei trasmettitori associati alla media-zione del dolore ha stabilito un razionale perl’uso di farmaci antidepressivi anche per iltrattamento dei sintomi fisici coinvolti nelquadro depressivo (29,31).Il diradamento dei capelli dei capelli nellaspecie umana, ad esclusione delle alopeciecicatriziali, della alopecia areata e di evidenticasi di telogen effluvium, si presenta, secondolo schema di Hamilton oppure secondo loschema di Ludwig. Il primo viene universal-mente indicato come paradigmatico della alo-pecia androgenetica di tipo maschile, la qualeè dovuta alla presenza di un livello di ormoniandrogeni compatibile con il sesso maschileed è caratterizzato da un arretramento dellalinea frontale, più marcato nei recessi fronto-temporali, e da un diradamento progressivodel vertice. Il secondo schema è invece laforma di diradamento di capelli che più fre-quentemente colpisce le donne (cosiddetta“alopecia androgenetica femminile”), dove il

livello degli ormoni androgeni è fortementeinferiore rispetto al sesso maschile. In que-st’ultima forma di diradamento assistiamo,invece, ad un diradamento più marcato nell’a-rea medio-anteriore. Le alopecie che si mani-festano secondo questo schema, possono esse-re visibili anche nel sesso maschile, dovesecondo la nostra esperienza sono spesso cli-nicamente rilevabili in associazione ad iperse-borrea in pazienti con personalità nei quali sinota uno stato d’ansia diffusa e la tendenzaad una riduzione del tono dell’umore.

Alla luce di tali premesse, scopo del nostrolavoro è stato, dunque, quello di valutare lapossibilità che aspetti psicologici possano rive-stire un ruolo causale nella genesi e nel man-tenimento della perdita dei capelli in soggetticolpiti da un diradamento di capelli di tipodiffuso, più marcato nell’area media-anterio-re senza recessione della linea frontotempora-le e con associata iperseborrea.

M a te r ia li e m e to diSono stati arruolati di 29 pazienti con dirada-mento diffuso, più marcato nell’area mediaanteriore (13 maschi e 16 femmine), di etàcompresa tra i 18 e i 61 anni. L’età media deipazienti era di 29 anni. Tutti i pazienti pre-sentavano diradamento di capelli ed iperse-borrea.Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valuta-zione psicodiagnostica con i seguenti reattivimentali: Bender Visual Motor Gestalt Test(BVMGT), Disegno di Figura Umana (DFU),Minnesota Multiphasic Personality Inventory(MMPI), test di Rorschach. L’MMPI è statoscelto nella forma 1 in quanto risulta di piùsemplice esecuzione e valutazione dellaforma 2. Essendo poi stato inserito in una bat-teria completa di test, le scale cliniche in esso

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contenute costituivano il nostro principaleoggetto di ricerca.Sulla base del quadro clinico riscontrato, atali pazienti è stata proposta una terapia ditipo farmacologico o psicoterapeutico adorientamento dinamico. I farmaci prescrittirientravano principalmente in tre classi diantidepressivi: inibitori della ricaptazionedella serotonina (SSRI), inibitori della ricap-tazione della serotonina e della noradrenali-na (SNRI) ed antidepressivi triciclici (TCA).Circa il 50% dei casi ha assunto benzodiazepi-ne (BDZ) in aggiunta alla terapia antidepres-siva. Tra i pazienti, 14 hanno accettato di assume-re farmaci, 6 di associarli ad una psicoterapia. La media di osservazione nel tempo è stata di4 mesi, durante e al termine dei quali ipazienti sono stati valutati clinicamente.

R isulta tiDei 29 pazienti sottoposti a valutazione psico-diagnostica, 27 hanno mostrato la presenza diun quadro depressivo, riscontrabile attraversoalmeno due dei seguenti indici testologici:1) BVGT: dimensioni, uso dello spazio tra idisegni e modificazioni della curvatura.2) DFU: livello grafico: scarsa pressione neltratto; livello formale: ridotta dimensionedella figura, collocazione a ridosso dei margi-ni; livello contenutistico: braccia corte, omis-sione delle mani, disegno di cintura o eviden-za e separazione del punto vita.3) MMPI: elevati punteggi alla scala D (t-score>75)4) Rorschach: presenza di contenuti depressi-vi; presenza di fenomeni particolari di tipoMOR.La componente di ansia è stata evidenziata in16 soggetti del nostro campione, ed è stataespressa attraverso i seguenti indici:1) BVGT:sequenza irregolare, qualità della

linea2) DFU: livello grafico: pressione o tratto di-scontinuo; livello formale e contenutistico:distorsione o ombreggiature di parti dellafigura; 3) MMPI: elevati punteggi alle scale Hy, Pt, Sc(t-score > 75), in varia combinazione tra diloro4) Rorschach: elevati valori di F% (>85%),contenuti, fenomeni particolari quali DV,risposte oppure, autoriferimenti.Per quanto riguarda la struttura di personali-tà, essa è risultata piuttosto variabile. La pre-valenza (19 soggetti) ha mostrato aspetti ditipo isteriforme, evitante e/o dipendente. Unaparte minore, secondo noi molto significativa,ha presentato tratti narcisistici di personalità(6 soggetti). Gli altri 4 hanno presentato aspet-ti predominanti di ritiro sociale.Il contatto con la realtà è stato valutatosoprattutto attraverso MMPI e Rorschach(scale di psicosi; percentuale di P, qualità for-male, contenuti, fenomeni particolari). I risul-tati sono stati a favore di un mantenimentodel rapporto con la realtà, tranne che in duecasi, in cui è risultato fragile (strutture bor-derline di personalità).Per quanto riguarda i risultati del trattamen-to farmacologico, 8 pazienti hanno mostratoun miglioramento clinicamente significativonella caduta dei capelli, indipendentementedal tipo di terapia (farmacologia o psicotera-peutica).

Disc ussio neDall’esame della letteratura da noi effettuato,sembra che il rapporto tra alopecia ed aspettipsicologici sia piuttosto assodato. Tuttavia,rimane incerto se tale rapporto sia di causa odi effetto, dal momento che la maggioranzadegli studi considera lo stress una conseguen-za della caduta dei capelli e della svalutazione

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della propria immagine da essa derivata. In realtà, il nostro lavoro indica che, nellaquasi totalità dei pazienti da noi esaminati,era presente una condizione depressiva, nonsempre associata ad ansia. Tale osservazionefa pensare che un tratto depressivo fosse pree-sistente e determinante nella caduta dei capel-li e, pertanto, che l’alopecia stessa possa esse-re considerata una malattia psicosomatica inpiena regola. Si intende, infatti, per malattia psicosomaticaqualunque manifestazione patologica organi-ca dimostrabile, causata o aggravata da fatto-ri psicologici. Fanno parte di questo gruppomalattie quali la cardiopatia ischemica, l’a-sma, l’ulcera peptica ed altre. Tra le affezionidermatologiche, oltre alle connettivopatie,rientrano in tale definizione anche l’orticariae l’angioedema. Pertanto, la cute è già dimo-strata essere un possibile organo bersaglio dimanifestazioni e aspetti psichici o la spia diquesti.La condizione psichica più comune nei nostripazienti è risultata la depressione, di cui i sog-getti si sono dimostrati non sempre consape-voli: è, quindi, possibile che, attraverso media-tori immunoistochimici, tale condizione psi-chica abbia utilizzato un canale somatico enon psichico di espressione. Questo meccani-smo psichico è alla base di tutte le malattiepsicosomatiche ed è possibile che ne rappre-senti la via finale comune.Inoltre, soggetti con tratti caratteriali di iper-allerta ed ipercontrollo, hanno mostrato unamaggiore vulnerabilità nella perdita dei capel-li. Dalle nostre osservazioni risulta, infatti,che in un sottogruppo di pazienti 65% in cuisi osservano aspetti caratteriali di perfezioni-smo, ordine e metodicità in cui l’ansia rag-giunge livelli più elevati, le manifestazioni tri-cologiche sono più evidenti.Dal punto di vista della struttura di personali-tà, come era prevedibile, la maggior parte dei

nostri pazienti ha presentato tratti che rien-trano nel gruppo indicato nel DSM IV- TRquale “drammatico, emotivo ed erratico”oppure nel gruppo “ansioso e timoroso”.Infatti, i meccanismi di difesa che rientranoin questi aspetti riguardano principalmente larimozione e conversione sul soma e l’evita-mento e concorrono a motivare il ripiegamen-to di sentimenti o impulsi sulla via somatica.Un sottogruppo rilevante (20,6%) ha poimostrato un nucleo narcisistico, inteso comericerca costante di attenzione ed ammirazio-ne e strutturato su un’idea svalutata di sé.Considerato che anche in tali soggetti si èriscontrata una sintomatologia depressiva,ipotizziamo che l’aggressività che accompa-gna la depressione sia stata negata e rivoltacontro se stessi. Sarebbe, insomma, unamodalità di “autopunizione” volta a colpirsiin una componente molto importante, consi-derato che l’aspetto fisico costituisce la viapiù immediata e diretta di rapportarsi aglialtri.Per quanto riguarda il rapporto con la realtà,non ci sembra che esso sia risultato alterato,anche se una piccola parte ha mostrato diappartenere alle strutture borderline, in cui ilcontatto è fragile. Nell’insieme, quindi, si trat-ta di pazienti con un buon funzionamentosociale, relazioni stabili e un’attività lavorati-va.Infine, i risultati del trattamento farmacologi-co e psicoterapeutico si sono dimostratibuoni. Sottolineiamo, comunque, che unaparte dei pazienti, ovviamente non inclusinello studio, cui è stata proposta l’opportuni-tà di un trattamento anche sul versante psico-logico, ha preferito non aderire. Ciò sembralogico, in quanto la negazione del problemapsicologico costituisce un cardine dei disturbipsicosomatici.

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Co nc lusioniNonostante i recenti progressi e le nuoveconoscenze riguardanti gli stati alopecizzanti,ci sembra che ancora molto rimanga da spie-gare riguardo le modalità di connessione traaspetto somatico e psicologico, soprattuttoper quanto attiene una componente attual-mente così importante dell’immagine di séquale l’aspetto fisico. Il nostro studio sottoli-nea, comunque, come aspetti psichici possanoavere un ruolo determinante nella genesi enel mantenimento della perdita dei capelli,mettendoci nelle condizioni di ipotizzare unanuova entità nosografia che si presenta concaratteristiche cliniche ben distinte e chepotremmo denominare Alopecia Psicogena.Va da se che ulteriori studi con un maggiorenumero di pazienti serviranno ad inquadraremeglio tale condizione.

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La dismorfofobia(ovvero la “non-malattia”)

Andrea MarlianiFirenze

La pelle e i capelli rivestono un ruolo impor-tante quali organi di comunicazione: l’aspettoesteriore di un individuo, sia sano che malato,non solo rispecchia i suoi sentimenti, maevoca allo stesso modo sentimenti e giudizinelle persone che lo circondano.

I capelli hanno rappresentato, sin dai periodipiù remoti della storia, uno dei punti debolidel corpo umano, fonte di grande sofferenza. L’immagine di sé viene fortemente alterata, inun numero altissimo di persone, quando lacapigliatura si dirada e perde volume e lucen-tezza.La perdita dei capelli, o la convinzione di per-dere i capelli, rappresentano la motivazionerazionale di forme di ansia e depressione piùo meno gravi o di disturbi della personalità inun numero preoccupante di persone.

Sebbene l’opinione prevalente tra la gente siache la calvizie sia molto meno importante nel-l’uomo che nella donna, anche gli uominiriconoscono con sempre maggiore frequenzache il mantenimento di una folta capigliaturarivesta una grande importanza.La paura di restare calvi colpisce entrambi isessi e induce i pazienti a consultare non soloil dermatologo (e spesso più d’uno) ma, pur-troppo, anche numerosissimi “esperti”, cheesperti non lo sono praticamente mai, abiliperò a far leva sulla labilità psicologica di que-sti pazienti. Lo scopo dell’opera di questi individui, sem-pre più numerosi, è evidentemente solo spe-culativo e frequentemente oltre i limiti dellalegalità.Un problema psicologico particolare che col-pisce sia uomini che donne è rappresentatoda una caduta di capelli immaginaria, dellaquale cioè non esiste alcun segno obiettivo eche spesso si manifesta come espressione didepressione mascherata o di dismorfofobia,cioè timore della deturpazione.L’attività clinica e l’esperienza quotidiana diogni dermatologo sono testimonianza dellaparticolarità di certe situazioni psicologicheche affliggono un gran numero di pazientiche si presentano allo specialista per un pro-blema di capelli.Questo dato consente di evidenziare, nel quo-tidiano rapporto medico-paziente, tre ordinidi difficoltà:1- assenza di rilievo clinico ed obiettivo dellapatologia tricologica riferita dal paziente2- presenza di patologie tricologiche specifi-che (ad esempio alopecia androgenetica),accompagnate dal rifiuto del paziente diaccettare tale diagnosi con conseguente frene-tica ricerca di una diagnosi alternativa.3- evidenza clinica di una patologia tricologi-ca accompagnata da una scarsa disponibilitàdel paziente ad intraprendere la terapia.

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Tali considerazioni, se molto spesso sorpren-dono psicologi e psichiatri, non stupiscono inrealtà noi dermatologi: infatti, l’esperienzaquotidiana di visitare numerosi soggetti chelamentano un problema di capelli, ci ha abi-tuati a sapere che spesso ci si trova davanti apazienti psicologicamente instabili.Le frasi “se avessi i capelli sarei felice, conuna vita di relazione normale”, “se avessi icapelli potrei avere un lavoro di successo eprestigio” o “preferirei avere un tumore piut-tosto che perdere i capelli” sono purtroppoben note al dermatologo che si occupa di tri-cologia.Il disagio psicologico di un numero così altodi pazienti tricologici motiva anche la altret-tanta facilità con cui queste persone cadonovittime dei presunti esperti, dei “tricologi” (ifamigerati personaggi “diplomati” in tricolo-gia ed organizzazioni non ben definibili, chediffondono notizie scientificamente ridicole,avversano con decisione l’operato e la cono-scenza dermatologica, pur di commercializza-re prodotti di dubbia qualità, nulla efficacia,naturalmente a costi sbalorditivi) che “opera-no “ in centri pseudo-specializzati, quandonon semplicemente a domicilio.È evidente come sia più attraente la raziona-lizzazione di una causa certa della caduta deicapelli (normalmente l’ “effetto soffocante delsebo che non permette ai bulbi di respirare eche farà cadere tutti i capelli nel giro di unmese al massimo” è il ritornello per lo piùrecitato o prestampato sui “referti”) con con-seguente sicurezza dell’intervento terapeutico(lo shampoo unico nel suo effetto - la lozionenaturale che fa “respirare” i bulbi), rispettoad una diagnosi eziologica reale di una alope-cia androgenetica e i possibili rimedi terapeu-tici che la medicina ufficiale propone, purcon tutti i suoi limiti.Ed è appunto fra le pieghe di questi limiti chesi infilano più o meno abilmente coorti di

individui “depositari” delle soluzioni piùmiracolose.

Sono sempre più frequenti pazienti dermato-logici e segnatamente tricologici che si vedo-no affetti da alopecia o da disturbi cutaneiimportanti e gravi ma che obiettivamente nonci sono!Una volta si sarebbe parlato di una “fissazio-ne”.Questo è il quadro clinico della dismorfofo-bia, descritto, più di cento anni fa , dallo psi-chiatra italiano Enrico Morselli (1886).La dismorfofobia è definita come “ossessioneper un difetto immaginario dell’aspetto este-riore”. Gli americani parlano oggi di “BodyDismorphic Disorder”.I dismorfofobici sono pazienti di solito intelli-genti, istruiti, spesso di classe alta e spessocon alte responsabilità sociali ma che appenaparlano di capelli allargano gli occhi, fissanola pupilla, perdono di raziocinio e razionalitàe sembrano persone diverse.La dismorfofobia è da considerare unadepressione schizzoide, con problemi di par-cellizzazione del corpo. La comparsa del di-sturbo avviene generalmente durante l’adole-scenza ma la patologia può diventare cronicae riscontrarsi anche in età avanzata.La cultura attuale sta facendo crescere questapatologia, da problema di pochi a malattia dimoltissimi, esasperata dalle immagini diffusedai media, con le quali i giovani sono inevita-bilmente costretti a confrontarsi con il risulta-to, pressoché scontato, di risultare perdenti.La preoccupazione di questo “difetto” com-porta una significativa tensione emotiva,senso di disperazione, isolamento sociale emancata vita di relazione.I pazienti pensano sempre e solo al loro pro-blema, sviluppano comportamenti ritualisticiripetitivi e ossessivi, come il guardarsi allaspecchio, l’acconciarsi in modo eccessivo e il

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porre frequenti domande per ottenere rassi-curazioni dalla famiglia, dagli amici e daimedici. All’anamnesi si possono spesso riscon-trare l’isolamento sociale e mancata vita direlazione: una famiglia ossessiva ed amicistressanti.Il disturbo psichico più frequentemente asso-ciato alla dismorfofobia è la depressione,che si sviluppa però nella maggior parte deipazienti in seguito alla comparsa della di-smorfofobia e la depressione, è spesso di persé causa di un Effluvio Cronico che mantieneed aggrava lo stato depressivo. La consapevolezza del vero problema è varia-bile ... può essere di grado elevato, inesistenteo diversa nel tempo.La non-malattia dermatologica “dismorfofo-bia” comprende spesso anche disturbi sensiti-vi, sempre soggettivi, come dolore, bruciore oprurito nella sede corporea “affetta” semprein assenza di patologia cutanea. Si arriva asituazioni di vero delirio... situazioni da con-siderare come:psicosi schizoidi ipocondriache monosinto-matiche.Il trattamento dei pazienti con dismorfofobiaè sempre difficile, lungo e anche delicato peril comportamento spesso irascibile, talvoltaaggressivo e talora… suicida… ed il suicidioo il tentato suicidio in questi pazienti è unaemergenza sociale, una epidemia silenziosa.Questi soggetti richiedono una costante rassi-curazione, telefonano frequentemente, preno-tano visite da tutti gli specialisti di cui sonosempre insoddisfatti.Per il medico non preparato a questo, i dis-morfofobici possono essere causa di forte dis-agio, ad esempio quando il paziente dice diessere calvo e magari ha più capelli del medi-co, che, a sua volta, non e calvo. Queste situa-zioni spesso inducono il medico ad erroriterapeutici anche gravi, come l’eccesso diterapia o la sottovalutazione del paziente.

Che fare allora di fronte ad un paziente che sidefinisce calvo ma non lo è, che magari giàvisitato da un collega, sta assumendo finaste-ride, usando minoxidil e facendo già tutte leterapie possibili ed anche quelle improbabili? Le terapie psicologiche e comportamentali sisono dimostrate deludenti! Anche perché que-sti pazienti le rifiutano perché certi di nonaverne alcun bisogno. Si ritiene che la terapiadi scelta consista nel somministrare a lungotermine un inibitore selettivo della ricaptazio-ne della serotonina ad un dosaggio maggiorerispetto a quello usato per il trattamento delladepressione. Questi pazienti però quasi sem-pre rifiutano anche una terapia farmacologi-ca e così occorrerà trovare il modo di farlaaccettare a dosaggi di compromesso, talvoltaanche molto ridotti; a questi la grande mag-gioranza presenterà una risposta parziale condiminuzione dell’ansia, della depressione, del-l’ossessione e dei comportamenti ritualistici.A questo punto, comunemente i pazienti sonoperò disposti ad adeguare la terapia a dosaggipiù idonei.Per fare accettare a questi pazienti una siapur blanda iniziale terapia farmacologiaoccorrerà spesso ricorrere anche ad una pic-cola “astuzia”psicologica: dopo l’esposizioneda parte del paziente, il medico non deve mainegare l’esistenza del suo problema ma devemandare messaggi verbali e non verbali diaccettazione e condivisione. Negare il proble-ma non porterebbe ad un dialogo ma farebbefuggire il paziente senza risolvere la sua osses-sione e lo indurrebbe a cercare inutilmenteun altro specialista. In sostanza il medicodeve ragione al paziente, però una ragionecon riserva, del tipo: “è vero che lei perde icapelli, ma …” e qui in base alla personalitàdel paziente si verbalizzano considerazionicollaterali, come: “vediamo di cercare insie-me una soluzione… non deve però essere cosìansioso perché l’ansia porta a perdere ancora

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più capelli, e deve essere curata”... così il pro-blema si sposta su un piano diverso e il farma-co diventa necessario contro la caduta deicapelli.In questa sorta di partita a scacchi è indispen-sabile sempre fare la prima mossa dandoragione al paziente.

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TricotillomaniaAndrea Marliani

Firenze

La tricotillomania è una comune dermatiteartefatta. È una forma di alopecia da trazionenon cicatriziale legata all’impulso di strappar-si i capelli. A torto è considerata una patolo-gia poco comune. L’alopecia da tricotilloma-nia può essere indefinita o nettamente demar-cata, con peli assenti, fusti spezzati e peli chericrescono di diverse lunghezze. Il danno este-tico è variabile. Più frequentemente coinvoltaè la regione frontotemporale e parietotempo-rale nei bambini, ma possono essere interessa-te anche le ciglia, le sopracciglia e la barba.La tricocriptomania rappresenta una variantein cui l’alopecia è dovuta allo sfregamento edalla rottura dei peli più che allo strappamen-to. Alcuni soggetti masticano e deglutiscono ipeli rimossi, evento che può determinare lacomparsa di tricobezoari ed ostruzionegastrointestinale, ittero ostruttivo, pancreatiteacuta o emorragia gastroenterica. La diagnosidi tricotillomania non sempre è facile. La cli-nica comunque è di solito dirimente. Si trattapiù spesso di bambini ma anche di adulti che,più o meno coscientemente, attorcigliano,tirano e strappano ciocche di capelli con ledita. Si osserva con più frequenza in chiazzedi forma irregolare e bizzarra nelle quali icapelli sono assenti o spezzati, come barbaispida. Se si asportano i capelli presenti nellechiazze alopeciche e si osservano al microsco-pio o anche con una semplice lente, si potràfacilmente notare che sono tutti anagen. Neicasi di diagnosi dubbia si potrà radere unapiccola area di cuoio capelluto interessatodalla pseudo-alopecia: osservando la normalericrescita dei capelli, avremo la certezza dia-gnostica. La diagnosi differenziale compren-de, tra le altre, l’alopecia areata, l’alopeciaandrogenetica, la tinea capitis, l’ipotiroidismo

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e la sifilide secondaria ma queste formedovrebbero essere facilmente escluse graziead una attenta osservazione ed ad una buonaanamnesi. Più di un terzo dei pazienti negache l’alopecia sia autoindotta. La diagnosispesso viene posta grazie al tipico quadro dialopecia ma, per fornire dati obiettivi, puòessere anche richiesta una biopsia del cuoiocapelluto. Alterazioni istologiche caratteristi-che si osservano con maggiore probabilità incampioni bioptici di 4 o 5 mm prelevati daun’area alopecica datante non più di 8 setti-mane. Sezioni istologiche tipiche mostranopeli in catagen, raccolte di pigmento e osti fol-licolari dilatati e zaffati di cheratina. La pre-senza di bulbi piliferi traumatizzati è diagno-stica ma questo reperto non è di frequenteriscontro. Si osserva inoltre un’assenza signi-ficativa di flogosi attorno al bulbo pilifero, adifferenza dell’alopecia areata che è caratte-rizzata dalla presenza di bulbi infiammati epeli atrofici in anagen. La tricotillomania èattualmente classificata come un “disturbodel controllo degli impulsi”. Un senso diaumentata tensione prima dello strappamen-to dei peli, la sensazione di gratificazione e ladiminuzione della tensione in seguito a taleatto sono componenti diagnostiche che spessoperò non si riscontrano, soprattutto nei bam-bini. Non è chiara la causa di questa affezio-ne che in genere è cronica, resistente alla tera-pia e soggetta a recidive. I bambini tendono astrapparsi i capelli durante la lettura, lo stu-dio o il riposo a letto. Questo atteggiamentodovrebbe essere differenziato da altri disturbidel comportamento come la suzione del polli-ce o la morsicatura delle unghie, che sonopatologie di solito benigne e autolimitanti.Sia nei bambini sia negli adulti è stata descrit-ta un’associazione significativa tra ansia, di-sturbi comportamentali e tricotillomania.Con minore frequenza si riscontrano contem-poraneamente disturbi dell’alimentazione,

abuso di sostanze, disturbi della personalità,intelligenza subnormale, schizofrenia o undisturbo dissociativo. Si è ipotizzato che lostrappamento cronico dei peli rappresentiuna variante di disturbo ossessivo-compulsivo,tuttavia un disturbo ossessivo-compulsivocompare più frequentemente nel sessomaschile e le due affezioni presentano carat-teristiche differenti alla tomografia ad emis-sione di positroni (PET). Nei preadolescenti iproblemi emozionali tendono a essere menogravi e più spesso associati a rapporti conflit-tuali genitore-figlio od ad eventi carichi ditensione come la nascita di un fratellino o laperdita di una persona cara. La terapia sibaserà sulla “parola del medico”, sul collo-quio con il paziente, sull’uso di ansiolitici eantidepressivi (di solito benzodiazepine e tri-ciclici), dovrà essere personalizzata e talvoltaaffidata alla competenza del medico-psichia-tra. Il trattamento della tricotillomania si èavvalso di terapie comportamentali, ipnosi,psicanalisi, psicoterapia intensiva, antipsicoti-ci e antidepressivi. Uno studio di 10 settimanein doppio cieco ha rilevato che la clomiprami-na (un bloccante parzialmente selettivo dellaricaptazione della serotonina) risulta più effi-cace della desipramina (un bloccante dellaricaptazione della noradrenalina) nel miglio-rare i sintomi probabilmente per via delle sueproprietà antiossessive. Uno studio successivo,tuttavia, ha mostrato che i pazienti in tratta-mento a lungo termine con clomipraminapossono recidivare.

Bibliografia

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Panconesi E: “Manuale di Dermatologia” USES,Firenze, 1981, 265.

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Da: Introduzione alla DermatologiaPsicosomaticaUn caso di...Roberto Bassi

Venezia

In un caso seguito personalmente (risoltosi intempi brevi) un bambino di quattro anni giàda qualche mese presenta una rarefazione deicapelli localizzata, che induce i genitori a ipo-tizzare una malattia del cuoio capelluto. Igenitori sono persone di buona intelligenza,benestanti: al piccolo nulla manca, all'infuoridella presenza dei genitori, entrambi occupa-ti nella conduzione di un ristorante. La tricotillomania, di primo acchito, appareuna manifestazione di protesta, analoga all'e-nuresi notturna di cui il Piccolo ha soffertoper alcuni periodi.

L’interpretazione che della tricotillomania dàSoavi è suggestiva. Egli ritiene che i capellipossano costituire in alcuni soggetti un ogget-to transizionale. Winnicott ha definito «ogget-to transizionale» * quel lembi di tessuto (lacoperta, il lenzuolo, il tovagliolo) che spesso ibimbi tengono stretti a sé e senza i quali nonriescono ad addormentarsi.

* L’oggetto transizionale è stato reso celebredai fumetti di Charles M. Schulz, i notissimiPeanuts. In questi il piccolo Linus rifiuta dilasciare anche per un solo istante la propriavecchia coperta, ed è oggetto delle pesanti iro-nie dei compagni.

L’oggetto transizionale si colloca « tra il polli-ce e l’orso di péluche »; non è ancora il futu-ro giocattolo, ma è il primo « possesso di qual-che cosa che non è 1’I0 ».

Il ricorso ad oggetti di questo tipo, secondo

Winnicott, è un fenomeno normale che con-sente al bambino di effettuare la transizionetra la prima relazione orale con la madre e lavera relazione oggettuale. Spesso il bambino nutre sentimenti ambiva-lenti verso l’oggetto transizionale e scarica sudi esso non solo l’amore, ma anche le propriepulsioni aggressive. Nello strapparsi i capelliil bimbo può all’inizio sfogare la propriaaggressività anche se ciò gli provoca dolore. Se il bambino di fronte a particolari situazio-ni tenderà ad investire di connotati piacevolianche le sofferenze che gli provengono dallamadre, ecco che l’oggetto transizionale auto-erotico (in questo caso la ciocca di capelli)potrà divenire oggetto masochistico.La tricotillomania può quindi rappresentare,secondo Soavi, un tentativo di riprodurre unarelazione masochistica con la madre. Vale lapena di riferire il caso descritto da P.F.Durham Seitz, (cit. da Montagu). Una bimba, cresciuta bene senza problemiparticolari, viene svezzata verso l’anno. A 18 mesi le si impone di tenersi pulita, e dichiedere il vasino al momento opportuno: larichiesta è perentoria, e non mancano lepunizioni e qualche sculaccione. La piccolareagisce rifiutando i cibi solidi e l’uso dellatazza. La mamma, preoccupata, ridà la tettarellaalla piccola. Mentre succhia dal biberon chetiene con la mano sinistra, con la destra sistrappa i capelli e se li passa più volte sotto ilnaso. La piccola, tenuta in osservazione,mostra che lo stimolo a strappare i capelli esi-ste solo durante il pasto, mai in altri momen-ti della giornata. Un’indagine rivela che la madre, che ha allat-tato regolarmente la figlia al seno ha un note-vole irsutismo dei capezzoli, per cui il labbrosuperiore e il naso della bimba erano stimola-ti dai peli durante la suzione. Un primo intervento, consistente nell’applica-

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re un anello peloso alla tettarella fà cessareimmediatamente la tricotillomania! Seitz si chiede a ragione quali altri comporta-menti nevrotici o malattie psicosomatichepossano insorgere in seguito a un condiziona-mento qual’è quello descritto. Potrà insorgereuna dermatite del naso? O una semplice abi-tudine a mettere le dita nel naso? O una rini-te allergica? L’esame della letteratura dimostra che nellatricotillomania le situazioni psicopatologicheche determinano la sintomatologia sonomolto diverse da caso a caso. Ancora una volta non vi sono malattie, mamalati.

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