EDIZIONI FORME LIBERE · 7 Fashion in Paper è un progetto dove la creatività diventa il mezzo...

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EDIZIONI FORME LIBERE A cura di Bianca Cappello

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EDIZIONI FORME LIBERE

A cura di Bianca Cappello

A cura di Bianca Cappello

Triennale di Milano26 maggio – 5 giugno 2011

Progetto promosso da:

In collaborazione con:

Fondazione

Con il Patrocinio di:

Copyright© 2011 Edizioni Forme LibereGruppo Editoriale Tangram Srl – Via Verdi, 9/A – 38122 Trentowww.forme-libere.it – [email protected]

Prima edizione: maggio 2011 – Printed in Italy – ISBN 978-88-6459-023-3

Progetto Grafico: Verena Fischer

Progetto Allestimento: Edoardo Malagigi, Angela Nocentini

Coordinamento Progetto Studenti:Bruna Marchesan, Luisa Scarpini, Anna Cardani – Afol MilanoMaria Teresa Illuminato – Accademia di Belle Arti BreraAngela Nocentini, Edoardo Malagigi – Accademia di Belle Arti di FirenzeRoberto Zanon – Accademia Albertina di Belle Arti di TorinoGuido Fiorato – Accademia Ligustica di Belle Arti di GenovaAlessandro Scilipoti – Accademia di Belle Arti di FrosinoneAnna Majorano, Cristina Reggio – Accademia di Belle Arti de L’AquilaGiovanna Salis – Accademia di Belle Arti di UrbinoKuno Prey – Libera Università di BolzanoLucia Masina – Sapienza Università di RomaVincenzo Legnante – Università degli Studi di FirenzeFrancesco Bagnato – Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Scheda Bibliografica a cura di: Bianca Cappello, Elena Masia

Referenze Fotografiche:Annalisa Mazzoli – Afol MilanoMauro Pellegrini e Michel Mandurino – Accademia di Belle Arti di FirenzeIstituto Albe Steiner e Mauro Minozzi – Accademia Albertina Belle Arti di TorinoStefano Cesaroni – Accademia di Belle Arti di FrosinoneClaudio Cerasoli – Sapienza Università di RomaSara Riguccini – Università degli Studi di FirenzeElisa Navacchi – Accademia Ligustica Belle Arti GenovaAlberto Raviglione, Vito Giacummo e Francesca Erba – Accademia di Belle Arti di BreraLuca Rotando

Si ringrazia il Bauer e il Vigorelli di Afol MilanoIlluminazione: Martinelli Luce

Comunicazione web:EnFo Consulting di Enrico FotiGiorgia Cappello

fashion-in.it Fashion-In Fashion-In

Stampa su carta con fibre di pura cellulosa vergine ECF (Elementary Chlorine Free), provenienti da fonti gestite in maniera responsabile. Riserva alcalina > 2%, completamente riciclabile e biodegradabile, pH neutro, assenza di metalli pesanti

Sponsor e Advisor Media Partner

La Provincia di Milano promuove Fashion in PaperSilvia GarneroPaolo Giovanni Del Nero

La carta come gioiello & gioielli di cartaBianca Cappello

La sostenibile leggerezza della cartaAngela Nocentini

La carta: il più popolare dei materiali artificialiEdoardo Malagigi

La carta, strumento didattico per il designRoberto Zanon

Carta e cartone nel pensare e progettare contemporaneo Irene Ivoi

Breve storia dell’abito di cartaArianna Piazza

OpereAfol Moda Milano, 23Accademia di Belle Arti di Brera, 39Libera Università di Bolzano, 49Accademia di Belle Arti di Firenze, 55Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, 75Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, 85Accademia di Belle Arti di Urbino, 91Sapienza Università di Roma, 99Accademia di Belle Arti de l’Aquila, 105Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, 113Accademia di Belle Arti di Frosinone, 119Università degli Studi di Firenze, 127

Schede scuole

Bibliografia

Indice degli autori

La Provincia di Milano promuove Fashion in Paper 7Silvia GarneroPaolo Giovanni Del Nero

La carta come gioiello & gioielli di carta 9Bianca Cappello

La sostenibile leggerezza della carta 11Angela Nocentini

La carta: il più popolare dei materiali artificiali 13Edoardo Malagigi

La carta, strumento didattico per il design 15Roberto Zanon

Carta e cartone nel pensare e progettare contemporaneo 17Irene Ivoi

Breve storia dell’abito di carta 19Arianna Piazza

Opere 21Afol Moda MilanoAccademia di Belle Arti di BreraLibera Università di BolzanoAccademia di Belle Arti di FirenzeAccademia Albertina di Belle Arti di TorinoAccademia Ligustica di Belle Arti di GenovaAccademia di Belle Arti di UrbinoSapienza Università di RomaAccademia di Belle Arti de l’AquilaUniversità degli Studi Mediterranea di Reggio CalabriaAccademia di Belle Arti di FrosinoneUniversità degli Studi di Firenze

Schede scuole 133

Bibliografia 139

Indice degli autori 141

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Fashion in Paper è un progetto dove la creatività diventa il mezzo colorato e affascinante che sensibilizza i giovani sulle tematiche at-tuali e permette di sviluppare la loro inventiva; conoscere e applicare tecniche e strumenti che possano stimolare il proprio potenziale è un passo fondamentale per far nascere nuove idee e valorizzare il lavoro dei docenti e la stessa Formazione in generale.

Fashion in Paper colloca al centro l’eccellenza del mondo del Design e della Moda attraverso uno dei materiali più comuni della nostra vita quotidiana, la carta, e rappresenta un approccio nuovo e originale ai temi dell’ecosostenibilità e della tutela del pianeta. La carta da strumento dell’informazione diventa oggetto della comunicazione e riesce a stupire per la qualità artistica dei modelli realizzati: un esem-plare connubio di talento, sperimentazione, ricerca e genialità.

Fashion in Paper offre agli studenti la possibilità di rendere vive le loro idee e diventa importante opportunità di promozione avviando una particolare collaborazione tra le Scuole, le Accademie, le Università e le Imprese. La nascita di questa piattaforma di scambio consente ai giovani una più ampia visibilità e presenta loro delle opportunità occupazionali perché avere una buona idea, alle volte, non è poi così

difficile, quel che è più complesso è riuscire a trovare l’interlocutore giusto e l’occasione per vederla realizzata e premiata, se merita.

I lavori esposti, tra abiti, gioielli e accessori di moda, sono l’esempio dello studio attento, del lavoro costante, dell’impeccabile manualità e di una fantasia degna del più nobile “Made in Italy”.

L’arte irrompe nel dibattito sociale e politico sulla compatibilità am-bientale e lo fa premiando gli elaborati migliori, educando le nuove generazioni al merito e alla collaborazione.

Fashion in Paper è anche potenziale vivaio di giovani talenti dove le aziende possono accedere per scegliere eccellenti campioni della creatività italiana. Un perfetto scambio tra i luoghi della formazione e della cultura e i luoghi della produzione e del lavoro.

Silvia GarneroAssessore Moda, Eventi, Expo

Paolo Giovanni Del NeroAssessore Sviluppo economico, Formazione e Lavoro

LA PROVINCIA DI MILANO PROMUOVE FASHION IN PAPERLA PROVINCIA DI MILANO PROMUOVE “FASHION IN PAPER”

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A partire dall’invenzione della carta – nell’Antico Egitto con la fibra di papiro e in Cina con quelle del gelso – l’uomo ha sempre speri-mentato nuove tecniche per incrementare le potenzialità di questo materiale.Fino alla moderna scoperta della cellulosa, la carta veniva realizza-ta, a seconda dei luoghi e delle potenzialità del territorio, con fibre vegetali di varia origine: dai cereali alle piante acquatiche, dalle fibre legnose degli alberi a quelle degli arbusti, dai fiocchi di cotone ai tes-suti, alle foglie di banana e talvolta, in Cina, anche con i preziosissimi e segretissimi filamenti del baco da seta.Prima di divenire un materiale a produzione massificata, la carta era utilizzata per gli scopi più nobili: dagli abiti dei monaci nei rituali shin-toisti ai preziosi volumi a stampa degli intellettuali del Cinquecen-to, dai ricami paperoles pazientemente arrotolati dalle monache di clausura francesi del Settecento, alle sculture e bassorilievi di grandi botteghe di artisti come Domenico Ghirlandaio nel XV secolo e Lo-renzo Bernini nel XVII secolo, fino a tutto il Settecento e Ottocento con sculture votive e reliquiari. Anche in Oriente la carta ha da sempre un forte legame con la spiri-tualità e la religione: in Giappone l’antica tecnica dell’origami, ovvero l’arte di piegare la carta, è usata tutt’oggi per confezionare ghirlande o particolari figure simboliche durante le festività sacre; a Shangai vengono ancora oggi realizzati interi corredi funerari di carta per ac-compagnare i defunti nel loro viaggio dopo la morte.Dal Medioevo fino ancora a qualche decennio fa, il lavoro degli strac-ciaroli consisteva nel raccogliere gli stracci di tessuto per poi riven-

derli ai fabbricanti di carta. La carta era una risorsa importante e niente doveva andare perduto.La diffusione della carta va di pari passo con la diffusione della cul-tura e con la lotta all’analfabetismo grazie alla stampa di romanzi, di libri scolastici, di giornali quotidiani e di riviste che hanno cominciato a diffondersi in Europa già dalla fine del XVIII secolo.Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’economia ha visto l’immissione nel mercato di prodotti realizzati con materiali definiti “usa e getta” spesso associati a uno standard igienico indice di valutazione per definire il grado di civilizzazione di una nazione. Tra questi materiali ha avuto un ruolo dominante la carta, base fon-damentale per la produzione di fazzoletti, carta igienica, tovaglioli, tovaglie, piatti, ecc. Già negli anni ’60 il consumismo esasperato ha portato con sé, oltre all’indice di benessere, anche una sostanziale svalutazione del ma-teriale cartaceo che dalla fabbrica di produzione finiva (e finisce), spesso dopo un brevissimo ciclo di vita, nel cestino della spazzatura.Questo stile di vita ha presto condotto intellettuali e artisti verso una profonda riflessione volta a riscoprire la carta come materiale per esprimere la propria arte e per denunciare il consumismo imperante come elemento acceleratore verso l’impoverimento delle risorse na-turali. L’Arte Povera e la Pop Art si sono imposte come nuovi messag-gi etici, estetici e culturali.In questo clima di contestazione e di nuove proposte, ovvero in seno alla cultura rivoluzionaria e pacifista inglese degli anni ’60, nasce il Gioiello di Carta.

LA CARTA COME GIOIELLO & GIOIELLI DI CARTALA CARTA COME GIOIELLO & GIOIELLI DI CARTA

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I pionieri di questo nuovo modo di concepire il gioiello sono stati Wendy Ramshaw e David Watkins con la linea Something Special, orecchini realizzati in fogli fustellati di cartoncino, montabili ad inca-stro e caratterizzati da vivacissimi colori fluo che si potevano acqui-stare nei supermercati. Il gioiello di carta ha subito avuto un impatto folgorante sul grande pubblico perché, per la prima volta, ha introdotto un concetto di democraticità dell’ornamento, dove a valere non è il materiale ma piuttosto il design e il messaggio con cui il gioiello viene realiz-zato. I gioielli di carta affascinano tutti perché costano poco, pesano poco, sono coloratissimi e spesso riconducono a una sfera emo-tiva direttamente collegata all’infanzia piuttosto che alla spiritualità (Oriente). Negli anni, artisti e designer si sono cimentati nella realizzazione di gioielli in carta con sempre nuovi esiti per sperimentare e crea-re opere diverse, dagli ipnotici volumi di Nel Linssen alle morbide onde di Yanna Syvanoja degli anni ’70, alle forme forti e inquietan-ti di Andrea Halmschlager negli anni ’80 fino all’ultima decade del Novecento con i monumentali ornamenti di Marjorie Schick. E poi ancora, dal Giappone con i gioielli-scultura realizzati in preziose car-te e cartoncini da Ritzuko Ogura, all’Africa centrale con le collane realizzate dalle donne della tribù Gulu con gli scarti della carta dei paesi occidentali. In Italia negli ultimi anni le designer Sandra di Giacinto e Angela Simone hanno contribuito alla diffusione di questo genere nel Nostro

Paese con linee semplici ed essenziali e tuttavia colorate ed ele-ganti. Le nuove generazioni di artisti e designer hanno continuato con entusiasmo lo studio e la sperimentazione attorno al gioiello e all’ornamento per il corpo in materiali alternativi rispetto all’oro e ai materiali preziosi, e questo sicuramente perché i materiali “poveri” si prestano a più ardite forme di sperimentazione e si ricollegano a un nuovo modo di sentire e di concepire il mondo che ci circonda: una sorta di necessità etica nei confronti della società e dell’ambiente. Le sperimentazioni materiche legate al gioiello contemporaneo di ricerca, ma anche al gioiello di scena utilizzato per il teatro e per la Hollywood degli anni d’oro, hanno in qualche modo assottigliato sempre di più la linea di confine tra Gioiello inteso in senso canoni-co (se di canonico si può parlare in rapporto ad una definizione di Gioiello), e Bijou concepito come “gioiello di classe B” realizzato in maniera pretenziosa con materiali appunto poco costosi. Il desiderio di riscoprire i valori della persona al di là dell’apparte-nenza sociale è in certo senso legato alla democratizzazione della concezione di Gioiello nella sua evoluzione: non è più importante se è di oro puro o di carta riciclata, l’importante è che esprima l’anima di chi lo indossa, che si faccia ammirare da chi lo guarda e che riesca a generare stupore in chi lo ammira per le caratteristiche che il suo creatore ha saputo infondergli.

Bianca CappelloStorico del Gioiello

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«L’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono. Entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione». Italo Calvino, “Una pietra sopra”

AttraentiSostenibile e leggerezza sono due parole belle e stanno bene insie-me. E stanno benissimo insieme alla parola carta. Sostenibile è una parola giovane, nata nel 1980 quando l’“Unione Internazionale per la Conservazione della Natura” pubblicò “Strategie per la Conservazio-ne del Mondo”, seguito nel 1982 dalla “Carta per la Natura”. La Com-missione mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (la Commissione Brundtland) scrisse in quel documento che l’approccio allo sviluppo avrebbe dovuto divenire sostenibile: dando così vita alla definizione di sostenibilità. La leggerezza è un valore che viene dal passato, ambìto nel presente e sperato per il futuro. Alla base della ricerca della leggerezza come reazione al peso di vivere sembra esserci un bisogno antropologico. La leggerezza può essere altresì attribuita a un’idea, uno stile di vita, un modo di produrre. Corrisponde all’esiguità di peso. È una qualità di alcuni materiali e la scienza l’attribuisce a tutta la materia. Carta è una parola antichissima, ha circa duemila anni. L’etimologia di carta non è certa: dovrebbe derivare dal latino “chàrta”, dal gre-co “chàrtes”, che deriverebbe da “chàrasso”, cioè incido, scolpisco, come a significare un antico gesto dell’incidere le lettere nella cera. La carta invece viene dalla Cina. In Cina la tecnologia di fabbricazio-ne della carta, che è un foglio ottenuto dalla feltratura di un impasto

di fibre di varia natura, fu descritta per la prima volta nell’anno 105. La diffusione della tecnica al di fuori del paese fu poi rallentata dalla riluttanza dei cinesi a diffonderne il segreto. Carta è quindi un termine che contiene tutta la storia del mondo, che abbraccia tutti i popoli. Evocativa, ecologica, pulita, la carta è il ma-teriale con cui abbiamo pensato e realizzato abiti, gioielli e accessori.

VirtuosiCon Fashion in Paper abbiamo sperimentato il rapporto tra design, arte e sostenibilità toccando anche aspetti quali l’etica del progetto e dei comportamenti. Abbiamo approfondito gli approcci progettuali per i prodotti sostenibili pensandoli sempre come parte di insiemi complessi, illustrandoli con esempi concreti di oggetti e prototipi pre-sentati da artisti e designer.Possiamo parlare di Fashion in Paper come di un progetto di eco-design e ecoarte, consapevoli del fatto che associare a qualunque attività creativa, ma anche non creativa, il prefisso eco, significa in-trodurre delle responsabilità del tutto nuove rispetto ai consueti orien-tamenti di analoghe professioni. La scelta di un ecodesigner o di un ecoartista appare estremamente impegnativa, in quanto così facen-do si rende responsabile di tutte le possibili conseguenze (anche le più remote) dei suoi progetti e delle sue azioni. Scegliendo la carta abbiamo enfatizzato il ruolo del design e dell’arte nello sviluppo so-stenibile, rinforzando la consapevolezza che il design e quindi de-signer, imprenditori, comunicatori, distributori e utenti finali possono avere un ruolo importante per uno sviluppo sano.

LA SOSTENIBILE LEGGEREZZADELLA CARTALA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA CARTA

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Poeti e scienziatiL’Anatomia ha come campo di indagine il corpo, infinitamente ogget-to e soggetto di analisi, unico mezzo per esserci, identità manipola-ta, misteriosamente sottomesso a leggi planetarie che più vengono scandagliate meno ci rivelano il senso e l’origine della sua nascita, della sua vita e del suo morire. Il corpo familiare e sconosciuto sembra non cessare mai di interro-gare gli artisti e gli scienziati. Il corpo carne, materia, sensi. Il corpo macchina organica, recettore, trasmettitore.L’Anatomia artistica è una disciplina che può sperimentare molto nel-la didattica avendo da confrontarsi con un materiale tanto comples-so e pregnante come il corpo e le sue conseguenze.Fashion in Paper è entrato in un laboratorio di Anatomia artistica che pone l’enfasi sul corpo vestito, sulle forme che il soggetto sceglie di dare al suo corpo a partire da quelle naturali di partenza. Il vestito e il gioiello come accessori fisiologici dell’identità e protesi immediate del corpo, diventano punto di partenza e chiave estetica di una nuo-va ricerca sul corpo. La proposta fatta allo studente è quella di un percorso articolato in-torno all’esperienza di ideazione, progettazione e creazione di abiti e accessori. A monte c’è la volontà di sviluppare innovazione, valorizzando meto-di consapevoli e strutturati come stimoli per la ricerca, l’utilizzo e la capitalizzazione di ogni idea e di ogni intuizione utile alla realizzazio-ne di un nuovo punto di vista sulle cose.

Attraverso la propria creatività, ognuno ha interpretato il materiale proposto con fantasia e con il desiderio di trasferire personali sugge-stioni visive. Il contributo di ciascuno (studente e docente) ha realiz-zato il progetto e tutti siamo responsabili dei risultati.

DelicatiHo aperto queste riflessioni con una citazione di Calvino e vorrei chiudere con lui, quando dice: “È venuta l’ora che io cerchi una de-finizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia ope-razione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città”.

La scarsità di peso della carta è reale e simbolica insieme, le crea-zioni di Fashion in Paper sono per lo più oggetti delicati oltre che leggerissimi e suggeriscono il bisogno di rispetto e di cautela nel maneggiare ambiente e esseri umani. Tutta la mostra itinerante, compreso l’allestimento, è forse la più leg-gera al mondo (sarebbe bello calcolarne il peso effettivo) e l’impat-to ambientale è quasi nullo. Le nostre invenzioni di carta veicolano valori e emozioni e sospingono tutte le immaginazioni in direzione di quella sottrazione di peso che chiede la complessità dello scenario del terzo millennio. Benvenuti nell’etereo, sofisticato, dolce mondo di carta!

Angela NocentiniDesigner, docente Accademia di Belle Arti di Firenze

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La popolazione dei giovani che operano nella Accademia di Firenze vive, nella maggior parte, in paesi non italiani, si può così scoprire con loro che questo materiale è sicuramente il più popolare della terra.

La carta è un legno trattato, non è più naturale, non è più una pianta e nemmeno un vegetale, è artificialissima. Come materia seconda è riciclabilissima, ha paura dell’acqua (ma si può asciugare facilmente), e del fuoco (ma mischiata alla cera natu-rale non brucia), quando è cellulosa si impasta benissimo coi fram-menti di altre essenze, tutte. È leggera ma può esprimere pesantezza, è opaca ma può diventare lucidissima, è un materiale economico ma può comunicare ricchez-za.

La carta è anche il materiale che assorbe lo sporco del mondo, lo sporco umido dei corpi umani, della gente dei paesi definiti in via di sviluppo come tutti gli altri, avvolge anche le merci di ogni genere e grandezza. Nessun altro materiale è così umano come la carta, una qualsiasi lama tagliente o forbice domestica la lavora e la trasforma, e un pae-se che ha costruito la propria vocazione culturale nell’estetica (come l’Italia) non poteva evitare di sperimentare forme estetiche di carta (e derivati come il cartone). Dal punto di vista estetico è estremamente versatile e sa interfacciar-si con le più differenti sensibilità umane, oltre a essere stata nei secoli

supporto delle storie dei popoli e linguaggio visivo delle culture del pianeta.

È sempre stata fino a pochi anni fa il supporto per disegnare e proiet-tare nel futuro propositi di ogni genere, costruzioni e cultura materiale di ogni genere.

Adesso sperimentiamo la carta per disegnare senza disegno, per dare forma, paradossalmente fare del design senza disegnare, sol-tanto fare con le mani, soltanto come sanno fare le espressioni pla-stiche della scultura o della tridimensionalità. Sia che quest’ultima abbia una funzione pratica oppure no.

La virtuosa manualità quindi è l’elemento conduttore che unisce espressioni d’arte e di design, si può dire anche che la carta ci è stata prestata dalla terra (attraverso gli alberi) e può ritornarci senza drammi ecologici.

I giovani creativi, con la loro inevitabile capacità di assorbire ogni cosa (come fa la carta) si sono impossessati di questi valori, hanno trasformato la cellulosa in messaggi e oggetti e con tanta genero-sità li hanno depositati nel contenitore di un ottimistico universo da sogno.

Edoardo MalagigiDesigner, docente Accademia di Belle Arti di Firenze

LA CARTA: IL PIU POPOLARE DEI MATERIALI ARTIFICIALILA CARTA: IL PIù POPOLARE DEI MATERIALI ARTIFICIALI

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La carta è un materiale ideale per le sperimentazioni didattiche lega-te alla progettazione di artefatti. Offerta dal mercato in una gamma indeterminata di tipologie, diventa poliedrica nella sua struttura con l’inserimento all’interno di elementi che ne modificano le sue variabili performanti, permettendo così delle sperimentazioni sulle caratteri-stiche meccaniche degli oggetti in fase di progettazione. L’immedia-tezza di tale indagine consente di configurare dei volumi che inglo-bano lo spazio e al contempo diventano interfaccia strutturale come auto supporto di se stessi o di altre forme ed elementi. Questo processo, che parte dalle due dimensioni del foglio e arriva a una tridimensionalità, si identifica storicamente nel modello di carta da ritagliare. Tale procedimento, che ha visto origine in Europa alla fine del XVII secolo, era inizialmente rivolto al mondo dei bambini con finalità ludico-didattiche. Una tappa imprescindibile nel favorire, attraverso la carta, l’appren-dimento delle forme nello spazio, l’abbiamo con Josef Albers (1888-1976) durante i suoi anni di docenza (1923-1933) nella scuola del Bauhaus. Per lui «la carta è il materiale più importante: attraverso piegature e deformazioni vengono raggiunti gradi di resistenza im-pensabili e soprattutto lo studente apprende, da questi esperimenti, l’importanza dei rapporti tra forma e materia e può sperimentare in quale misura una modifica formale può influire sul comportamento della materia, e conoscere i limiti entro cui un materiale può essere sottoposto a sollecitazioni prima di cedere». Le innovative visioni di Albers nell’uso della carta come elemento strutturale, possono gravitare attorno anche alla sola fase di speri-mentazione, senza necessariamente arrivare a un prodotto definito. «Fuori dal Bauhaus, ossia nell’industria e nell’artigianato, la carta vie-ne usata per lo più in posizione orizzontale, e piatta, incollata. Un lato della carta perde perciò di solito la sua espressione. L’orlo non viene usato quasi mai. Questo stato di cose ci induce a utilizzare la carta verticalmente, non piana, plasticamente mossa, sui due lati e accentuando la funzione

del margine. Invece di incollarla la legheremo, inseriremo un foglio nell’altro, la cuciremo, la fisseremo con bottoni, con chiodi, ossia in modi diversi. Indagheremo le sue proprietà sottoponendola a solle-citazioni di trazione e di pressione. Non sempre questo studio del materiale conduce a “opere”, ma anzi a tentativi; non è comunque nostra ambizione quella di riempire musei, ma ci limitiamo a fare “esperienze”. Il trattamento dei materiali persegue quindi al Bauhaus intenzioni diverse da quelle che si riscontrano nel mondo esterno […] per non imitare gli altri, ma cercare in modo autonomo le soluzioni e per imparare a trovarle in modo autonomo: è questo il pensiero costruttivo». Per Albers il gioco/sperimentazione è uno strumento di-dattico di indagine per arrivare a soluzioni inedite: il suo fine infatti era l’invenzione e la carta era, allora, un espediente ideale, come può esserlo oggi nella contemporaneità. Ai fini dell’insegnamento è apprezzabile la sperimentazione struttura-le, ma non solo; può essere considerevole anche il valore di superfi-cie tattile, la texture esteriore. Se interpretiamo la carta come uno dei materiali che più vengono “maneggiati” nella quotidianità, è interes-sante riflettere sulle potenzialità di esaltare le sensazioni al tatto, oltre che visive, quando con essa si entra in contatto fisico. La caratteriz-zazione superficiale, anche se solo materica e non necessariamente grafica, è qualità talvolta decisiva nella lettura tattile percettiva di una forma anche dalla stereometria semplice. Valore di superficie che può addirittura essere gestito, con poca e basilare strumentazione, creando la carta artigianalmente. La possibilità quindi di dare origine a degli “oggetti” coordinati fin dalla creazione del materiale stesso, amplificando e accentuando tutto il processo creativo alla base delle ricerche che si possono mettere in opera e che, nell’iter formativo, trovano possibilità di piena espressione.

Roberto ZanonDesigner, docente Accademia Albertina di Belle Arti di Torino

LA CARTA, STRUMENTO DIDATTICO PER IL DESIGNLA CARTA, STRUMENTO DIDATTICO PER IL DESIGN

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Erano gli anni 90 quando chi si occupava di ecologia e design in Italia, e anche all’estero, era davvero un pioniere e l’attenzione ver-so tutto ciò sembrava davvero una moda, magari non destinata a vaporizzarsi in poco tempo (perché comunque dettata da minacce reali nell’agenda internazionale delle emergenze), ma pur sempre una moda.

Il tempo trascorso ci permette di dire che quella “moda” un po’ sug-gestiva non solo non ha vanificato la propria importanza dagli anni ’90 in poi ma si è rafforzata andando a pervadere tanti territori del progetto e del vivere.È dovuta però passare anche tant’acqua sotto i ponti…Il design sostenibile non è diventato patrimonio diffuso con uno schiocco di dita. E tuttora è noto nei suoi principi e nelle sue applicazioni in determi-nati ambiti, ma non dappertutto.

Carta e cartone hanno tentato di interpretare la “moda sostenibile” negli anni ’90 attraverso timide e costose linee di cartoleria ricicla-ta un po’ trendy, per poi passare dalle prime sedute e lampade di impronta giapponese, e solo a seguire accessori e complementi di arredo, prodotti mass market, ecc., che nell’ultimo decennio sono cresciuti in quantità e qualità. D’altronde i designer, specie italiani, che hanno fatto la storia del design nel mondo negli anni ‘50 e ‘60 non hanno scelto di lavorare con carta e cartone. Le speranze applicative erano deboli, veniva (e viene tuttora) spes-so considerato inadeguato per le nostre case e nell’immaginario collettivo coincideva al massimo con una scatola di fiammiferi o un quaderno. Sicuramente quindi qualcosa è cambiato negli ultimissimi anni e questo qualcosa sta alle radici del tanto proliferare di oggetti, gioiel-li, allestimenti e suppellettili in carta e cartone.

Elenchiamo una non esaustiva serie di ragioni che stanno alla base di tutto ciò.

La sua accessibilità economica, il suo costituire una sfida perché precario almeno in apparenza, il suo essere sintesi di democrazia ed ecologia, la sua duttilità e facile lavorabilità in fase di progetto e poi di produzione, la sua resistenza se collocato nelle direzioni giuste, la sua capacità di assumere funzioni e forme industriali e artigianali.

Carta e cartone riescono a diventare cioè artefatti di serie e fuori serie, a seconda del metodo e del procedimento con cui si sceglie di lavorarli.Carta e cartone sono diventati materiali contemporanei perché ca-paci di interpretare il presente e riproporlo in una dimensione esplo-rativa e nuova.Molti prodotti in carta e cartone rispondono a un’idea democratica del vivere e del pensare, che riesce a mettere d’accordo soggetti di diverso colore. Aldilà di quelli che copiano, perché non sanno e non sapranno mai farsi copiare, si coglie oggi una modernità formale negli oggetti di-segnati in carta e cartone che ci si augura sia davvero sintesi di democrazia, sentimento e maturità. Alcuni casi sono particolarmente riusciti e recentemente Comieco ne ha selezionato una summa, ai fini della mostra al museo diocesa-no “Tra arte e design: Vivere e Pensare in Carta e Cartone”, che ben si attaglia ad alcuni imperanti trend del nostro presente. In sostanza abbiamo creato una mappa che individua 4 aree con-cettuali del vivere, in cui si collocano alcuni prodotti in carta partico-larmente riusciti.Sono stati scelti anche per la loro significatività storica (quando, come e perché sono nati), per la qualità dei designer che li hanno pensati, per le varie lavorazioni di carta e cartone che incarnano.

CARTA E CARTONE NEL PENSARE E PROGETTARE CONTEMPORANEOCARTA E CARTONE NEL PENSARE E PROGETTARE CONTEMPORANEO

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Le aree si possono così sintetizzare:

1. area del design sociale: caratterizzato da prodotti che si misurano non solo sul profitto che generano ma soprattutto sul grado di cambiamento che apportano nel sociale, inducendo nuovi comportamenti e modi d’uso degli og-getti. Alcuni prodotti in carta e cartone di successo come gli oggetti per bambini degli A4aDesign, le invenzioni dei Molo Design, la prima seduta di Marco Giunta per Disegni di fatto generano socialità diver-se, nascono da visioni alternative della domesticità, inducono verso comportamenti “altri” e costituiscono in sé fenomeni d’uso originali. Non necessariamente apprezzabili e utilizzabili da tutti ma vicini a una società liquida e parecchio e spesso individualista quale quella contemporanea.

2. area dell’eco-minimalismo: trattasi di un trend che vede oggi sempre più aziende e designer operare sotto questa insegna per forme e funzioni. Non è un feno-meno nuovissimo, ciò che lo rende più nuovo è il prefisso eco: non hanno una durata di vita discutibile, possono esistere nel tempo qua-si quanto un mobile robusto e di qualità, non si identificano mai con l’usa e getta. E comunque dopo gli iperdecorativismi e lo zapping di stili che hanno imperversato (e a nostro avviso imperversano tuttora), oggi la ricerca di identità e di qualità estetiche cerca maggiore seve-rità che non sempre si traduce in sobrietà, ma sicuramente prevale più disciplina di linee, forme e colori. In sostanza non è una rinuncia, è solo una opportunità per vivere e celebrare il mondo in un modo diverso. Qui si collocano le sedute di Shigeru Ban per Cappellini, le librerie modulari di Caporaso Design, gli oggetti per bambini di P. Nigro per Skitsch, le creazioni di Laboratori di Lambrate.

3. area del nomadismo: questo ambito è tangente i primi due e di loro in qualche modo si nutre. È una tendenza che ha come protagonista un target giovane e

aperto verso le sperimentazioni. Rappresenta un tentativo di stilizza-re la provvisorietà del vivere, che è una sfida non solo tutta contem-poranea ma anche non semplice poiché a maggior ragione richiede cura e capacità di elaborare i dettagli. La carta e il cartone in quanto economici ma resistenti si prestano ad incarnare i valori low-cost, al servizio del moderno nomade che abita più case o solo delle stanze ma a diverse latitudini. Ne fanno parte la bookstack degli A4aDesign, la collezione Essent-ial di AGC, la Sweet Home disegnata dai GumDesign, il paravento Cartoon di Cerruti Baleri.

4. area del prodotto emozionale: in quest’area si collocano prodotti in carta e cartone più colorati, più ricchi nella forma, forse meno sobri in apparenza. Potrebbero essere lo specchio di un target di persone più capace di acquisire informa-zioni, di navigare fra i saperi, di percepire e desiderare nuovi modi di essere e di esistere, quindi più capace di disegnarsi un mondo su misura. Qui possiamo inserire le allegre invenzioni di Kube Design di-segnate da Giacomucci, le elegantissime borse Momaboma, alcune creazioni moderne in cartapesta quali quelle di Francesca Carallo.Insomma carta e cartone sono anche oggetti eleganti e desiderabili.

Aldilà delle interpretazioni più o meno condivisibili sugli scenari at-tuali, l’unica verità che probabilmente emerge da questo quadro è che comunque la carta da materiale di supporto e servizio (packa-ging o tissue paper) ha saputo sinceramente, onestamente e demo-craticamente mutuare funzioni non di servizio, ritagliandosi un futuro nelle nostre case.

Irene IvoiIrene Ivoi in collaborazione con Eliana Farotto, responsabile “Ricerca & Sviluppo Comieco”

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BREVE STORIA DELL’ABITO DI CARTABREVE STORIA DELL’ABITO DI CARTA

L’origine dell’uso della carta per realizzare materiali vestimentari ri-sale alle antiche dinastie cinesi e giapponesi. La carta, inventata in Cina, venne poi importata in Giappone intorno al VII secolo. Qui trovò un largo uso e ben presto i giapponesi ne divennero raffinati produt-tori, con tecniche all’avanguardia. L’abbigliamento giapponese, come quello Occidentale del resto, ve-niva regolato da norme ascrittive legate al ceto e al censo. Materiali, colori, accessori e addirittura numero dei capi indossati erano rigida-mente disciplinati da leggi e usi consolidati, scossi di tanto in tanto da un certo dinamismo e da una diffusa tendenza al consumismo.Durante il regno della fiorente dinastia giapponese Heian (794-1185), mentre dignitari e nobili usavano vestire seta e cotone, la carta Washi iniziò a essere utilizzata dai ceti poveri come sostituto dei materiali tessili più pregiati. Questa carta veniva sottoposta a un trattamento a base di una so-stanza ricavata dal frutto del kaki, ricco di tannini, che ne aumentava resistenza e impermeabilità, e la rendeva adatta a realizzare i co-siddetti Kamiko, abiti confortevoli dal taglio semplice, in uso anche presso monaci e samurai. Al Kimiko si affiancava una seconda tipo-logia di abito di carta, questa volta realizzato con un filato cartaceo, detto Shifu. Lo Shifu era ricavato a partire da sottili strisce di carta Washi, ritorte e filate con arcolaio e poi tessute su telaio manuale. Mentre gli abiti di

carta Washi erano destinati alle stagioni più fredde, quelli in tessuto Shifu risultavano più leggeri e traspiranti e quindi adatti ai periodi con temperature elevate.

Se la tradizione di realizzare capi di abbigliamento in carta è antichis-sima presso i popoli dell’Estremo Oriente, in Occidente dobbiamo attendere il XX secolo per vedere questo materiale impiegato nella creazione di abiti. Dapprima utilizzata perché mezzo a buon mercato per creare costu-mi teatrali negli anni Venti, in alcune zone particolarmente povere la carta divenne un’alternativa ai tessuti nei periodi di crisi economica. Si trattava di un abbigliamento fai da te, lungi dal diventare fenomeno di costume.Negli anni Sessanta, con l’affermarsi del prêt-à-porter, gli stilisti ini-ziarono a rivolgersi ad un pubblico sempre più ampio e più giovane. L’arte pop di Andy Warhol esplodeva su scala internazionale e i deli-ranti, drammatici e violenti schizzi di colore con cui Jackson Pollock aggrediva le tele negli anni Cinquanta erano ormai eclissati da Zup-pe Campbell e volti di Marylin Monroe multicolore. Il mercato era cambiato e il diffuso benessere aumentava esponen-zialmente la domanda del consumatore: le campagne pubblicitarie divennero sempre più fantasiose per sbaragliare una concorrenza spietata. Nel 1966, un’azienda produttrice di carta del Winsconsin, la

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Scott Paper Company, lanciò una linea di prodotti di carta per la casa chiamata “Color Explosion”, attraverso un’operazione di marketing davvero sorprendente. Vennero stampati due abiti di carta con motivi decorativi di ispirazione Pop Art e Paisley, con colori molto accesi a contrasto. Alcuni esemplari sono tutt’ora conservati presso il Win-sconsin Historical Museum.Questi abiti, chiamati Paper Caper, di un materiale costituito di carta per tovaglioli rinforzata con rayon, che l’azienda chiamava Scott Dura Weve, vennero proposti in due stampe, quattro taglie e un unico mo-dello con linea ad A, senza maniche e con tasca laterale. Acquistandone uno per $1,25 si ricevevano coupon per carta igie-nica, tovaglioli e asciugamani di carta Scott Paper! Fu un successo imprevisto che costrinse la Scott Paper a ritirare la campagna pubbli-citaria per un eccesso di ordini. Tuttavia la linea era stata tracciata e presto moltissime aziende segui-rono l’esempio pionieristico della Paper Scott. Le sperimentazioni si spinsero a creare nuovi e preziosi materiali a base cartacea, dall’a-spetto metallizzato, dorato e scintillante mentre i giornali parlavano di “Eleganza Usa e Getta”, convinti di trovarsi di fronte ad una rivoluzio-ne e a una nuova frontiera del fashion, apprezzata persino da icone come Jakie Kennedy.Si trattò in realtà di un fenomeno circoscritto ma senza dubbio rappre-sentativo degli ultimi momenti di un decennio che volgeva al termine,

con tutta la sua smania di possedere, con tutta l’ansia di una genera-zione che non considerava più la durata come un valore, bensì come un limite al cambiamento, all’evoluzione, alla sperimentazione.L’abbigliamento di carta venne dunque concepito per un mercato di massa, rispondendo a esigenze tanto estetiche quanto economiche, in armonia con il design contemporaneo e lo stile di vita diffuso. Sebbene la moda degli abiti di carta scomparve rapidamente, la cul-tura tessile ne fu straordinariamente arricchita. Grazie alle numerose sperimentazioni dell’industria del fashion la carta ha trovato nuovi e straordinari impieghi, in campo medico e sanitario ad esempio, men-tre la ricerca in ambito tessile è stata stimolata a creare materiali in-novativi ispirati alla carta, sia nell’estetica che nelle caratteristiche morfologiche e funzionali.Dagli anni Sessanta a oggi numerosi fashion designer hanno appli-cato la propria creatività alla carta, da Hussein Chalayan, a John Gal-liano, fino a Issey Miyake. Alcune delle più ingegnose prove di questi stilisti-artisti sono con-servate nelle collezioni dei più grandi musei del mondo, a testimo-nianza di una tradizione che si rinnova e di una cultura che si sta radicando.

Arianna PiazzaStorico del Costume, docente di Afol Moda Milano

OPERE

AFOL MODA

MILANO

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Gli studenti hanno ideato e realizzato abiti e accessori in carta rici-clata e carta Cordenons, seguendo la metodologia di progettazione tipica di uno studio stilistico. A partire dalle tendenze moda più attuali, i designer hanno sviluppa-to l’ispirazione in un disegno e in un mood. L’inusuale materiale, la carta, ha imposto una lunga sperimentazione ed elaborazione creati-va delle tecniche. La fase di realizzazione ha richiesto competenze di modellistica e confezione, l’uso della macchina da cucire, dei punti a mano, dell’uncinetto, del ricamo e di tecniche artistiche. Un prodotto moda a tutti gli effetti, ispirato al principio del riciclo, del riuso, della creatività manuale. Gioielli, accessori e abiti sono scaturiti da una profonda riflessione sull’importanza dei materiali e sulla necessità di conoscerne carat-teristiche e comportamenti. La mano del designer è in questo caso guidata dalla materia che influenza, forgia e delinea la forma.

Bruna Marchesan, Luisa Scarpini, Anna Cardani

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Abito “Marajoara”Paula BrasilBrasil Paula

Afol Moda

Carta crespa nera, carta di giornale, strisce di carta arrotolate a mano e intrecciata a uncinetto, papier mâché.

Abito e mantella “Gràfia”Debora CasatiCasati Debora

Afol Moda

Carta di riso bianca e nera, carta da spolvero riciclata.Frottage con sanguigna e grafite.

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Abito “Aeki”Isabella TionvilleTionville Isabella

Afol Moda

Cartoncino Cordenons, metri di carta Ikea.Intreccio a spina di pesce e moduli a incastro.

Pelliccia e abitoEgle ZanettiZanetti Egle

Afol Moda

Carta di un giornale indiano, carta da “Il sole 24 ore”, carta di riso, strisce di carta arrotolate a mano, cucite su carta di riso.