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Periodico della Comunità Pastorale San Giovanni Evangelista - Opera/Noverasco Tel . 02/57600310 , [email protected], www.comunitasangiovanniopera.it Anno XXVII, numero 254 25 gennaio 2019 TRA PERCEZIONE E VERITA’ P er diverso tempo si è trasmessa la nozione che la nostra fosse la società dell’immagi- ne. La realtà, quindi, non era più un dato ogget- tivo ma solamente ciò che si poteva vedere. Dato che l’evoluzione, o involuzione, è un pro- cesso continuo, il passaggio successivo è stato l’ingresso nella società della percezione. Non conta più il dato oggettivo, ma il modo in cui la realtà può esser veicolata per venire compresa dalla massa, andando in un certo qual modo a pilotarne le rea- zioni. Parlare di fake news e di bufale è fin troppo facile: l’insi- dia si nasconde principalmente in quella manipolazione sottile che si sviluppa partendo da una base di verità e poi strumenta- lizzandola a seconda delle fazioni per privilegiare un aspetto o un altro, a scapito del fatto. Ormai, ogni evento può diventare un’accusa o una difesa di una certa politica, la notizia di un’aggressione può essere per- cepita come un reato di razzismo o venire ridotta alla semplice lotta politica. Dove sta la verità? Sepolta tra le mille parole di tweet e post, annaspando in cerca di un po’ di ossigeno che le consenta di far sentire la sua voce. Ammesso che interessi an- cora a qualcuno, sia ben chiaro. Noi non dobbiamo dire la verità per convincere quelli che non la conoscono, ma per difendere quelli che la conoscono. Parla- re di verità non è utile, attualmente. La verità non ha colore politico, è nuda e netta, non si piega a questa o quell’esigenza, si presenta brutalmente senza possibilità di interpretazione. Una verità semplice, senza fronzoli o che non sia appetibile al popolo della rissa verbale, ha un grosso difetto: l’inutilità. Non si vende. Non genera traffico online. È un fatto piatto e bidi- mensionale, manca della profondità del dialogo sociale dietro cui si nasconde, sorniona, la voglia di violenza da tastiera, in cui si fa a gara a convincere l’altro di aver la verità assoluta. Manca l’umiltà di informarsi, di ammettere che certe volte non cono- scere un argomento può portare ad una mancata visione og- gettiva di ciò di cui si parla. La grande bugia della libertà di pa- rola è che non è necessario usarla sempre, quando mancano le basi su cui ragionare il silenzio diventa la più alta forma di intel- ligenza. Oggi, invece, alcune frasi sono diventate una sorta di presenza costante nella vita sociale, specialmente digitale, di tutti noi. Dal ‘Non so se è vero, ma condivido nel caso lo sia’ al ‘Non devo per forza conoscere questo argomento per dire la mia’ , stiamo assistendo ad un lento imbarbarimento del con- fronto, basato su un’apparente legittimazione dell’ignoranza spicciola. Ecco che improvvisamente sono tutti giuristi affermati, immu- nologi luminari, capaci di vanificare anni di studi e dati scientifi- ci appellandosi a misconosciuti enti e ricercatori di dubbia fama che hanno un valore incredibilmente vincente: supportano ciò che pensiamo! Siamo improvvisamente tuttologi, un giro su Wikipedia o la lettura di un articolo e siamo esperti in materia. Questa degenerazione è una colpa che va condivisa tra tutti, sarebbe troppo facile attribuire a una fazione la respon- sabilità di avere trascinato così in basso il confronto. Quello che viviamo è il frutto di una lenta ma costante guerra fatta di slogan, antipatia trasformata in odio per essere ancora più radicata, in cui tutto viene ridotto non al fare il meglio che possiamo, bensì al valorizzare le mancaze degli altri. Non siamo più spinti ad essere la migliore versione possibile di noi stessi, ci basta dimostrare come gli altri siano peggio di noi. Sfortunatamente questo clima di bassezza è una manna per chi prende le decisioni, conscio che basta accendere qualche mic- cia ogni tanto per lasciare che l’esplosione seguente animi le discussioni con toni sempre più violenti, perpetrando un siste- ma che allontana sempre più le posizioni anziché trovare un punto d’incontro. A farne le spese, amaramente, è la società stessa. In quest’otti- ca si perde il contatto con l’altro, che diventa il nemico, l’infe- riore che non comprende la nostra superiorità, morale, etica, totale. E ci si allontana ulteriormente, creando fratture ideolo- giche che investono la vita comune su così tanti aspetti che nemmeno ce ne rendiamo conto. Fare un passo indietro, non è consigliabile ma necessario. Non si deve rinunciare al confron- to, perché è il motore essenziale del progresso e della crescita di una società sana, bisogna ricondurre il tutto ad un ambito più sereno e, soprattutto, rispettoso. Quel valore illuminista di rispetto e protezione dell’opinione altrui è stato ormai abolito implicitamente, creando un percorso di distruzione che ha infi- ne colpito la Verità, rendendola né più né meno che uno stru- mento da usare a nostro vantaggio, dandole la forma che più ci aggrada. Nell’ opera teatrale Vita di Galileo Bertolt Brecht, drammatur- go tedesco costretto ad espatriare nel 1933 a causa della sua opposizione al nazismo, racconta la vita dello scienziato pisano Galileo Galilei, soffermandosi in particolar modo sul periodo delle sue più importanti scoperte, il processo e l'abiura. Due dialoghi sono molto attuali: Fra Fulgenzio (Monacello): - Ma non credete che la verità, se è verità, si farà strada anche senza di noi? Galileo: - No, no, no! La verità riesce ad imporsi solo nella misu- ra in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. [...] E infine Galileo, ormai anziano, temette la morte e il dolore davanti alla minaccia di tortura da parte dell'inquisizione ma non si arrese mai. Nella sconfitta riuscì a trovare la vittoria. Do- po l'abiura, nonostante i controlli da parte della Chiesa, Galileo, diventato quasi completamente cieco, riuscì a scrivere i Discorsi sopra due nuove scienze , la meccanica e la dinamica. Andrea Sarti , allievo prediletto dello scienziato, un ragazzo attento e appassionato, dice a Galileo: - Statemi a sentire: chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un criminale! Ancora “autorizzati a pensare”. don Olinto EDITORIALE

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Periodico della Comunità Pastorale San Giovanni Evangelista - Opera/Noverasco

Tel. 02/57600310 , [email protected], www.comunitasangiovanniopera.it

Anno XXVII, numero 254 25 gennaio 2019

TRA PERCEZIONE E VERITA’

P er diverso tempo si è trasmessa la nozione che la nostra fosse la società dell’immagi-

ne. La realtà, quindi, non era più un dato ogget-tivo ma solamente ciò che si poteva vedere. Dato che l’evoluzione, o involuzione, è un pro-cesso continuo, il passaggio successivo è stato l’ingresso nella società della percezione. Non conta più il dato oggettivo, ma il modo in cui la realtà può esser veicolata per venire compresa dalla massa, andando in un certo qual modo a pilotarne le rea-zioni. Parlare di fake news e di bufale è fin troppo facile: l’insi-dia si nasconde principalmente in quella manipolazione sottile che si sviluppa partendo da una base di verità e poi strumenta-lizzandola a seconda delle fazioni per privilegiare un aspetto o un altro, a scapito del fatto. Ormai, ogni evento può diventare un’accusa o una difesa di una certa politica, la notizia di un’aggressione può essere per-cepita come un reato di razzismo o venire ridotta alla semplice lotta politica. Dove sta la verità? Sepolta tra le mille parole di tweet e post, annaspando in cerca di un po’ di ossigeno che le consenta di far sentire la sua voce. Ammesso che interessi an-cora a qualcuno, sia ben chiaro. Noi non dobbiamo dire la verità per convincere quelli che non la conoscono, ma per difendere quelli che la conoscono. Parla-re di verità non è utile, attualmente. La verità non ha colore politico, è nuda e netta, non si piega a questa o quell’esigenza, si presenta brutalmente senza possibilità di interpretazione. Una verità semplice, senza fronzoli o che non sia appetibile al popolo della rissa verbale, ha un grosso difetto: l’inutilità. Non si vende. Non genera traffico online. È un fatto piatto e bidi-mensionale, manca della profondità del dialogo sociale dietro cui si nasconde, sorniona, la voglia di violenza da tastiera, in cui si fa a gara a convincere l’altro di aver la verità assoluta. Manca l’umiltà di informarsi, di ammettere che certe volte non cono-scere un argomento può portare ad una mancata visione og-gettiva di ciò di cui si parla. La grande bugia della libertà di pa-rola è che non è necessario usarla sempre, quando mancano le basi su cui ragionare il silenzio diventa la più alta forma di intel-ligenza. Oggi, invece, alcune frasi sono diventate una sorta di presenza costante nella vita sociale, specialmente digitale, di tutti noi. Dal ‘Non so se è vero, ma condivido nel caso lo sia’ al ‘Non devo per forza conoscere questo argomento per dire la mia’, stiamo assistendo ad un lento imbarbarimento del con-fronto, basato su un’apparente legittimazione dell’ignoranza spicciola. Ecco che improvvisamente sono tutti giuristi affermati, immu-nologi luminari, capaci di vanificare anni di studi e dati scientifi-ci appellandosi a misconosciuti enti e ricercatori di dubbia fama che hanno un valore incredibilmente vincente: supportano ciò che pensiamo! Siamo improvvisamente tuttologi, un giro su Wikipedia o la lettura di un articolo e siamo esperti in materia.

Questa degenerazione è una colpa che va condivisa tra tutti, sarebbe troppo facile attribuire a una fazione la respon-sabilità di avere trascinato così in basso il confronto. Quello che viviamo è il frutto di una lenta ma costante guerra fatta di slogan, antipatia trasformata in odio per essere ancora più radicata, in cui tutto viene ridotto non al fare il meglio che

possiamo, bensì al valorizzare le mancaze degli altri. Non siamo più spinti ad essere la migliore versione possibile di noi stessi, ci basta dimostrare come gli altri siano peggio di noi. Sfortunatamente questo clima di bassezza è una manna per chi prende le decisioni, conscio che basta accendere qualche mic-cia ogni tanto per lasciare che l’esplosione seguente animi le discussioni con toni sempre più violenti, perpetrando un siste-ma che allontana sempre più le posizioni anziché trovare un punto d’incontro. A farne le spese, amaramente, è la società stessa. In quest’otti-ca si perde il contatto con l’altro, che diventa il nemico, l’infe-riore che non comprende la nostra superiorità, morale, etica, totale. E ci si allontana ulteriormente, creando fratture ideolo-giche che investono la vita comune su così tanti aspetti che nemmeno ce ne rendiamo conto. Fare un passo indietro, non è consigliabile ma necessario. Non si deve rinunciare al confron-to, perché è il motore essenziale del progresso e della crescita di una società sana, bisogna ricondurre il tutto ad un ambito più sereno e, soprattutto, rispettoso. Quel valore illuminista di rispetto e protezione dell’opinione altrui è stato ormai abolito implicitamente, creando un percorso di distruzione che ha infi-ne colpito la Verità, rendendola né più né meno che uno stru-mento da usare a nostro vantaggio, dandole la forma che più ci aggrada. Nell’ opera teatrale Vita di Galileo Bertolt Brecht, drammatur-go tedesco costretto ad espatriare nel 1933 a causa della sua opposizione al nazismo, racconta la vita dello scienziato pisano Galileo Galilei, soffermandosi in particolar modo sul periodo delle sue più importanti scoperte, il processo e l'abiura. Due dialoghi sono molto attuali: Fra Fulgenzio (Monacello): - Ma non credete che la verità, se è verità, si farà strada anche senza di noi? Galileo: - No, no, no! La verità riesce ad imporsi solo nella misu-ra in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. [...] E infine Galileo, ormai anziano, temette la morte e il dolore davanti alla minaccia di tortura da parte dell'inquisizione ma non si arrese mai. Nella sconfitta riuscì a trovare la vittoria. Do-po l'abiura, nonostante i controlli da parte della Chiesa, Galileo, diventato quasi completamente cieco, riuscì a scrivere i Discorsi sopra due nuove scienze, la meccanica e la dinamica. Andrea Sarti , allievo prediletto dello scienziato, un ragazzo attento e appassionato, dice a Galileo: - Statemi a sentire: chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un criminale! Ancora “autorizzati a pensare”. don Olinto

EDITORIALE

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Messaggio del 1° Gennaio per la pace alla città

L a pace che è «frutto di un grande

progetto politico», che è essa stessa

«un concetto politico», come scrive

papa Francesco nel suo Messaggio per la

52esima Giornata appunto della Pace con

parole che l’Arcivescovo ripete in Duomo

nella Messa del 1 gennaio. Tra i molti fedeli

anche i rappresentanti di tante etnie che hanno

preso parte alla Marcia della Pace promossa,

dalla Comunità di Sant’Egidio e conclusasi in

Cattedrale. Insomma, tutto parla di quella

fraternità, comunione e condivisione, alle

quali l’omelia dell’Arcivescovo, dà una voce

forte e chiara, perché tutti – in primis le diver-

se componenti della città – ascoltino. «Quelli

che pregano si rivolgono a Dio ogni giorno,

ricevono da Dio parole che sono come lampa-

de per il cammino, che sono come l’abbraccio

che consola, il rimprovero che corregge, la

forza che spinge oltre. È per questo che siamo

convenuti qui, in questo primo giorno dell’an-

no, per pregare l’unico Padre, per professare la

fraternità profonda che ci unisce nonostante le

nostre storie complicate, per rinnovare la fede

nella provvidenza del Padre che accompagna i

nostri giorni con la forza dello Spirito Santo e

ci persuade a essere così tenaci e fiduciosi nel

compiere le opere di Dio, da attraversare i

giorni di quest’anno come coloro che possono

essere detti figli di Dio perché operano per la

pace». Per questo, suggerisce il vescovo Ma-

rio, abbiamo qualche cosa da dire alla città in

cui viviamo. «Noi abbiamo la fierezza e la

responsabilità di non tacere negli spazi pubbli-

ci della città. Noi abbiamo rispetto di tutte le

Istituzioni legittime e per tutti i rappresentanti

delle Istituzioni e, anzi, proviamo simpatia per

tutti coloro che assumono la responsabilità per

le Istituzioni. Siamo cittadini italiani ed euro-

pei e ci troviamo come fratelli anche con citta-

dini di altri Paesi e insieme con loro e abbia-

mo qualche cosa da dire. Parliamo con discre-

zione e rispetto, non come chi vuole fare da

maestro o impancarsi a giudice, ma come

persone e comunità che hanno a cuore la città

e il Paese in cui si trovano a vivere».

Ma cosa dire? Anzitutto, la benedizione di

Dio. «La prima parola dell’anno è la benedi-

zione, la rivelazione dello sguardo paterno e

benevolo di Dio per tutti i suoi figli. Il volto

del Padre, che risplende per tutti, sia incorag-

giamento, consolazione, benedizione per colo-

ro che sono lieti e per coloro che, in questo

momento, piangono e sono soli, per coloro

che sono disperati, che sono spaventati della

vita e di quello che li aspetta, per coloro che

sono malati, per coloro che sono senza lavoro.

Benedizione che ci unisce in un popolo solo e

solidale». Da qui, la pace «che non può essere

interpretata soltanto in un senso personale e

intimistico. La pace che è un concetto politico;

che è il nome della convivenza buona, della

vita serena, del bene comune».

«La politica è proprio l’azione condivisa per

promuovere, custodire, difendere il bene co-

mune. Noi che preghiamo Dio sentiamo una

particolare responsabilità per rinnovare le

parole di benedizione e, insieme, per renderci

disponibili all’impresa comune», spiega l’Ar-

civescovo in riferimento al Messaggio papale,

quando Francesco dice: “Le Chiese non fanno

politica, ma benedicono con le Parole del

Signore ogni uomo, ogni donna che operano

per la pace”. «Siamo qui per ripetere la bene-

dizione alla città in cui viviamo, convocati da

diverse comunità cristiane e popoli della terra.

Benedetta sia questa società, questa città, per-

ché vogliamo essere alleati con Dio. Voglia-

mo stringere le mani, avviare dialoghi, risol-

vere i problemi. Beati gli operatori di pace

perché saranno chiamati figli di Dio».

L’incontro con i rappresentanti del Consiglio

delle Chiese Cristiane

«Ormai una storia che dura da più di 20 anni

per un’Istituzione che supera le singole perso-

ne che ne prendono parte». Definisce così il

Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano,

monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e

presidente della Commissione per l’Ecumeni-

smo e il Dialogo. È lui che introduce l’incon-

tro tra l’Arcivescovo e i rappresentanti delle

Chiese. A prendere la parola è la pastora an-

glicana, arcidiacona per l’Italia e Malta, Vic-

kie Sims, che fa parte del Consiglio di presi-

denza del CCCM e rappresenta il presidente,

l’archimandrita Teofilactos Vitsos, impossibi-

litato a partecipare per un’indisposizione.

Sono presenti anche il vicepresidente del Con-

siglio, don Lorenzo Maggioni e il responsabi-

le del Servizio per l’Ecumenismo e il Dialogo,

il diacono permanente Roberto Pagani.

Sottolinea Sims: «Ci fa molto piacere lavorare

insieme. Quest’anno abbiamo deciso di avere

più tempo per pregare uniti: 6 volte durante

l’anno ci troveremo per pregare nelle diverse

chiese, e dopo la Celebrazione liturgica si

svilupperà una riflessione teologica a tre voci

(cattolica, protestante e ortodossa) su un tema

condiviso, solitamente legato all’anno liturgi-

co». Altri 6 incontri nell’anno saranno dedicati

ai lavori di organizzazione e analisi delle sfide

da affrontare, in specifico, i giovani, la custo-

dia del Creato e la realizzazione di un luogo

per fare memoria ecumenica di tutti i martiri e

di coloro che hanno lavorato per la pace. Il

pensiero della Pastora è anche per l’imminen-

te Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cri-

stiani che verrà preceduta dalla consueta Gior-

nata per il Dialogo Ebraico-Cristiano in occa-

sione della quale, quest’anno, a Milano, vi

sarà un significativo commento a due voci

femminili sul Libro di Ester, affidato a Miriam

Camerini, per la parte ebraica, e alla pastora

valdese Daniela Di Carlo. «Siamo certi che

Dio gradisce la nostra preghiera perché cer-

chiamo la riconciliazione e la condividiamo»,

osserva, da parte sua, l’Arcivescovo, eviden-

ziando il tema della sensibilizzazione alla

preghiera come missione specifica del Consi-

glio. «Mi pare che abbiamo la responsabilità

di ricordare a questa società il riferimento a

Dio come necessario. Ho l’impressione che la

città non preghi, affidando la preghiera alle

Chiese, quasi fosse un adempimento privato.

In particolare, mi sembra che Milano, che

pure sta vivendo un momento di fierezza, non

consideri il riferimento a Dio. È un segnale

che mi inquieta. Stiamo vivendo una stagione

in cui il secolarismo è superato e, come dico-

no molti, il “sacro” è tornato, ma, forse, la

proposta delle Chiese non riesce a interpretare

tale bisogno di Dio. I temi del Creato e dei

giovani rappresentano sfide molto importanti,

così come il titolo della prossima Settimana di

Preghiera per l’Unità dei Cristiani, “Cercate di

essere veramente giusti (Dt 16)” che ha a che

fare con la giustizia. Ringrazio il Consiglio per

il lavoro su questi aspetti contemporanei e per

quello che avrete da dire alla città».

ABBIAMO QUALCOSA DA DIRE ALLA CITTÀ,

LAVORANDO PER IL BENE COMUNE E LA PACE Nel primo giorno dell’anno, l’Arcivescovo ha presieduto in Duomo la Messa per la Pace, presenti

Ministri e rappresentanti del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano di: Annamaria Braccini

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Terra Santa news

“Oggi siamo tutti chiamati a fare

politica nel senso alto della paro-

la, cioè a difendere la pace nei

confronti dei pericoli che sempre

la minacciano”. Così l’ammini-

stratore apostolico del Patriarca-

to latino di Gerusalemme, mons.

Pierbattista Pizzaballa, celebran-

do ieri a Gerusalemme, la solen-

nità di Maria, Madre di Dio, e la

Giornata mondiale della pace

“D obbiamo parlare

apertamente e libe-

ramente in difesa

della giustizia e della pace – ha

detto mons. Pierbattista Pizzabal-

la - e arrivare al cuore dei respon-

sabili delle nostre città e suscitare

in essi e in ogni cittadino il desi-

derio e la passione o forse la no-

stalgia per il Regno. L’azione per

la pace deve essere accompagnata

dall’annuncio esplicito del nostro

impegno per essa”. Nella sua

omelia l’arcivescovo si è soffer-

mato sul significato della Giorna-

ta mondiale della pace, alla luce

del messaggio di Papa Francesco,

e ha accennato al legame esisten-

te tra il Regno di Dio e l’azione

politica.

Terra Santa: progetti

di pace annunciati

e mai realizzati “Nel contesto particolare in cui ci

troviamo, nell’ambito della nostra

diocesi e attorno a noi – ha affer-

mato -, tutto questo sembra pro-

prio utopia e lontano anni luce da

ciò che realmente viviamo. Nel

nostro territorio continuiamo ad

assistere ad un lento e continuo e

non meno pericoloso degrado e

sgretolamento dei legami a tutti i

livelli della società, del legame

politico e della fiducia sociale.

Anni di trattative fallite, progetti

di pace annunciati e mai realizza-

ti, iniziative sociali avviate e mai

concluse, economia stagnante…

potremmo continuare a lungo con

la litania dei problemi irrisolti”.

Non rinunciare a

diventare veri

costruttori di pace “Il conflitto – ha sottolineato

mons. Pizzaballa – è diventato

parte del nostro sistema di vita e

del nostro modo di pensare: negli

spostamenti, nell’organizzazione

di qualsiasi iniziativa, in tutto ciò

che facciamo, insomma”.

“Situazioni immutabili da tempo”

che, ha ammesso il presule, “ci

hanno reso forse un po’ cinici e

increduli che qui, nella nostra cit-

tà, a Gerusalemme, in Terra San-

ta, sia ancora possibile costruire

il Regno”. Da qui l’esortazione a

non rinunciare “a diventare veri

politici, cioè artefici e costruttori

positivi della nostra città, a co-

minciare dagli ultimi, nelle nostre

case e nelle nostre comunità”.

Incoraggiare

quanti desiderano

dedicarsi alla

“politica alta” “Vogliamo continuare – ha detto

il presule - a credere nell’uomo,

sempre, nonostante i tanti falli-

menti. Bisogna incoraggiare

quanti desiderano dedicarsi alla

politica. Abbiamo, infatti, ancora

bisogno di politici, cioè di perso-

ne che vogliano ancora spendersi

per la vita della città, capaci di

creare aggregazione e sviluppo”.

Tuttavia, ha proseguito mons.

Pizzaballa, “i responsabili politici

potrebbero fare ben poco se tutti

noi non torniamo sul serio ad oc-

cuparci di politica alta. Ma non

possiamo farcela da soli. Abbia-

mo bisogno di rivolgere il nostro

sguardo al bimbo di Betlemme,

perché la forza e il coraggio per

diventare costruttori della nostra

città passa proprio dalla contem-

plazione di quel fragile bambino

di Betlemme, dall’amore ai pic-

coli”.

Il Patriarca di Gerusalemme Mons. Pizzaballa: «CHIAMATI A DIFENDERE LA PACE»

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Formazione Cristiana Permanente

L’ incontro è tenuto dall’Ar-

civescovo non come

esperto ma come condivi-

sione di motivi di gratitu-

dine, pensieri, aspettative, preoccupa-

zioni, con l’intento di rendere più inten-

sa e visibile, più lieta e “spirituale” la

Chiesa. La Chiesa Ambrosiana è una

Chiesa santa, benedetta, dotata di molte

risorse e disponibilità, animata da una

sorprendente e inesauribile genialità e

carità, talora forse si lascia prendere da

preoccupazioni e malumori che rendono

meno spedito il cammino: del resto il

deserto è aspro! Ma se siamo più cor-

dialmente concordi possiamo vedere

crescere il vigore che lo Spirito continua

a infondere anche nell’albero antico.

1. Dimorare nello stupore

L’evento di Pentecoste suscita stupore

(At 2,7.12.13): per alcuni è motivo di

scandalo, per altri è motivo di entusia-

smo e attrattiva che convince ad ascolta-

re le parole della Chiesa e a domandarsi:

“che cosa dobbiamo fare, fratelli?”(At

2,37). Perciò la Chiesa continua a dimo-

rare nello stupore. Come sarà la gente

che “dimora nello stupore”? Dimorare

nello stupore è una condizione spirituale

che rende leggeri, lieti, contenti: sugge-

risce che l’esperienza cristiana è una

grazia sorprendente. Prima dei doveri da

adempiere, prima delle verità da impara-

re, prima dei problemi da affrontare,

prima delle procedure da osservare, la

convocazione di tutti i popoli sul monte

del Signore è una festa da celebrare, una

sorpresa che commuove e trafigge il

cuore (cfr At 2,37). Il Sinodo che abbia-

mo celebrato è ancora

l’evento di Penteco-

ste. Invito tutta la

Chiesa diocesana a

disporsi a questa

esperienza che i Padri

antichi chiamano di-

morare nello stupore.

Quale gioia ci sor-

prenderà nel constata-

re che quella dispersione, che ha ferito

l’umanità e l’ha condannata all’incom-

prensione, al sospetto, all’ostilità, è stata

guarita dal dono dello Spirito che abilita

la Chiesa a farsi intendere in tutte le lin-

gue e ad essere la casa per tutti i popoli?

Quale gratitudine sarà la risposta all’an-

nuncio che “non siete più stranieri, né

ospiti, ma siete concittadini dei santi e

familiari di Dio? (Ef 2,19). Mentre le

letture politiche, sociologiche, storiche,

cronachistiche possono leggere il con-

vergere di molti popoli come un proble-

ma da affrontare, come una minaccia da

cui difendersi, come un fenomeno da

regolamentare, i discepoli di Gesù che

formano la Chiesa cattolica continuano

a dimorare nello stupore, ad essere fuori

di sé per la meraviglia, ad ascoltare la

parola degli Apostoli che danno testimo-

nianza della Pasqua del Signore con un

annuncio che risponde alle attese di tutti.

Il dimorare nello stupore può essere cu-

stodito chiedendo a Maria di condivide-

re con noi e con tutta la Chiesa la sua

stupefatta meraviglia che ha ispirato il

Magnificat, in particolare pregando i

misteri gaudiosi del Santo Rosario.

2. A proprio agio nella storia

La nostra tradizione cristiana vive con

una pacificata naturalezza la storia: non

ne soffre come di una prigione, non l’i-

dealizza come un paradiso, non vi si

perde come in una confusione inestrica-

bile. Vive i momenti di euforia con un

certo scetticismo, vive i momenti di de-

pressione senza rassegnarsi Si è speri-

mentato che l’intraprendenza e la creati-

vità, se vissute con costanza e saggezza,

permettono di affrontare i problemi, di

risolverne molti e di

convivere con quelli che

non si possono risolvere.

Ci ha sempre accompa-

gnato quel senso di re-

sponsabilità per i talenti

ricevuti che impedisce di

restare inoperosi e di

pensare solo a se stessi.

Si è sperimentato pure

che l’avidità e la prepotenza, la grettezza

e la presunzione assicurano solo succes-

si precari e la casa costruita sulla sabbia,

per quanto grandiosa e appariscente,

prima o poi va in rovina. Si intuisce che

la Chiesa sta cambiando perché cambia

il mondo, perché cambiano i cristiani,

perché la missione di sempre si confron-

ta con scenari nuovi, con interlocutori

diversi, con insidie per le quali siamo

impreparati. Continuiamo a fidarci di

Dio e ad essere attivi nel cambiamento.

Alcuni corrono con impazienza, altri

resistono con prudenza, alcuni dichiara-

no superata la tradizione, altri segnalano

gli aspetti problematici delle innovazio-

ni. Tutti, se sono onesti, si sentono in-

soddisfatti delle loro posizioni, per

quanto ne siano convinti. Infatti nessuno

presume di avere una formula risolutiva.

Perciò cercheremo insieme, ascolteremo

tutti, convocheremo gli esperti e ci dote-

remo di organismi per propiziare il con-

fronto e il discernimento comunitario. E

continueremo a trovarci a nostro agio

nella storia. Preghiamo i misteri della

luce del Santo Rosario per lasciarci ispi-

rare da Maria nel contemplare il modo

con cui il Figlio di Dio ha imparato a

diventare figlio dell’uomo.

3. Il forte grido

L’incarnazione del Verbo di Dio non è

stato un adattarsi alla storia: la rassegna-

zione non è una parola cristiana. Di

fronte alla morte Gesù ha gridato la sua

protesta, di fronte al soffrire innocente

Gesù ha espresso la sua compassione e

ha steso la mano per toccare il male ri-

pugnante e liberare il malato, di fronte

alla religione pervertita a mercato Gesù

Stupiti e impegnati. Nello stile di Gesù. L’intervento dell’Arcivescovo Mario Delpini all’incontro di formazione cristiana

che si è tenuto nella chiesa di Santa Barbara a San Donato Milanese il 22 gennaio scorso.

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ha reagito con rabbia e parola profetica.

I discepoli di Gesù continuano lo stile di

Gesù e protestano contro il male, reagi-

scono all’ingiustizia, si accostano con

solidale compassione al dolore innocen-

te, lottano per estirpare la povertà, la

fame, le malattie, denunciano i compor-

tamenti irresponsabili che creano emar-

ginazione, sfruttamento, inquinamento.

La vocazione a dare forma alla Chiesa di

domani, vissuta nella docilità allo Spirito

di Dio, impegna a percorsi di sobrietà, a

forme pratiche di solidarietà, a una sen-

sibilità cattolica che non tollera discrimi-

nazioni. Siamo chiamati a una lettura più

critica della storia che non nasconde le

responsabilità dei “paesi ricchi” nei con-

fronti dei “paesi poveri”, che non chiude

gli occhi di fronte alla corruzione, ai

guadagni illeciti accumulati con la pre-

varicazione e con le forme illegali di

produzione e di commercio. Continuia-

mo a domandarci: “perché i poveri sono

poveri?” e sentiamo di dover dar voce a

tutte le Chiese del mondo La meditazio-

ne e la preghiera dei misteri dolorosi del

santo rosario tiene viva la compassione

per il Giusto ingiustamente condannato e

incoraggia a continuare la testimonianza

e la parola profetica, che non può man-

care nella Chiesa di oggi e di domani.

4. Vieni, ti mostrerò la promessa sposa,

la sposa dell’Agnello (Apc 21,9)

La certezza che le profezie della convo-

cazione universale si realizzano nella

nuova Gerusalemme alimenta una sim-

patia per tutte le nazioni, per tutti gli

uomini e le donne, perché in tutti legge

la vocazione alla fraternità. Nel tempo

del pellegrinaggio terreno la Chiesa già

si pone come casa della fraternità uni-

versale e celebra la dignità di tutti i figli

di Dio: noi fin d’ora siamo figli di Dio

(1Gv 3,2). La recezione del Sinodo è un

processo che in nome della vocazione

universale alla partecipazione alla vita di

Dio propone la Chiesa cattolica come un

segno che offra a tutti i popoli e a tutto il

mondo la speranza e come una anticipa-

zione del compimento. […] Maria, Ma-

dre della Chiesa, ci viene proposta come

modello della Madre che tutti i popoli

possono invocare e che per tutti interce-

de. La preghiera dei misteri gloriosi del

Santo Rosario può essere un aiuto a con-

dividere la speranza della gloria.

VACANZE COMUNITARIE

Sauze D’Oulx (To) 1510 s.l.m.

Presso l’ Hotel Sauze

1° TURNO dal 29 Giugno al 6 Luglio 2019 per i ragazzi dalla 3^ alla 5^ Elementare

2 ° TURNO – dal 6 al 13 Luglio per i ragazzi delle Medie

Inizio iscrizioni DOMENICA 3 FEBBRAIO (fino ad esaurimento posti)

Quota di partecipazione: € 280 a persona.

Caparra € 100

La vacanza estiva insieme è il momento dell’anno apprez-zato dai bambini e dai ragazzi. Una settimana insieme in-fatti offre loro la possibilità di vivere un’esperienza di ami-cizia, di accoglienza reciproca e di divertimento indimenti-cabile! Rivolgiamo quindi l’invito a parteciparvi non solo a tutti i bambini e ragazzi che fanno parte dei gruppi del ca-techismo ma anche a quelli che desiderano partecipare con lo stile che l’Oratorio propone. Sono presenti Angela e un equipe di educatori nella setti-mana delle Elementari, Don Nicola ed un equipe di educa-tori per la settimana Medie. Vivremo insieme momenti fra-terni, guidati da una proposta educativa, fatti di animazio-

ne, gioco, preghiera, gite,… a contatto con la natura. Sarà presente un ottimo team di cuochi che ci prepareran-no gustosi e prelibati piatti, merende, colazioni.

Domenica 15 Giugno, alle ore 17, presso l’Oratorio terremo l’incontro per genitori e figli.

Carnevale con l’oratorio

Quest'anno il Carnevale dei ragazzi è tutt'un'inven-zione! Ricordando il 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci, i ragazzi degli oratori e di tutte le altre associazioni di Opera saranno impegnati nel realizzare e presentare le invenzioni più bizzarre.

Sabato 9 Marzo 2019: ore 14.00: Sfilata con il corteo

per le vie del Comune

Per prepararci: prepariamo il carro (invitiamo nonni,

papà, giovani… a prepararlo collaborando con gli incari-

cati)prepariamo i costumi per i bambini e i ragazzi che

lo desiderano (invitiamo nonne, mamme, persone varie

a lavorare con noi)

Chi desidera collaborare si rivolga alle Catechiste

o al Sig. Giulio Franchi: 333.3220467

SARA’ UNA LEONARDITE PER TUTTI!

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L’intervista

“La paura dei migranti?

Ci fa tornare a fortini e ponti levatoi” Intervista con il cardinale Montenegro, arcivescovo di Agrigento, sul tema sicurezza.

«Sì all’obiezione di coscienza, non è detto che una legge sia per forza buona»

di Domenico Agasso JR - Città del Vaticano

A ffrontare i problemi dell’immi-

grazione «con l’occhiale della

sicurezza» non è corretto. È

«parziale». E la paura dei migranti ri-

schia di riportare al tempo di fortezze e

ponti levatoi. Lo afferma con forza il

cardinale Francesco Montenegro, arci-

vescovo di Agrigento, la cui diocesi

comprende anche Lampedusa. […]

Eminenza, quali sono le Sue conside-

razioni generali sul tema sicurezza? «È un problema di cui bisogna tenere

conto, però occorre essere attenti a non

schiacciare troppo l’acceleratore facen-

dolo diventare una motivazione di scelte

non sempre condivisibili. Perché affron-

tare il problema dell’immigrazione con

l’occhiale della sicurezza diventa parzia-

le: è vero che l’immigrazione presuppo-

ne dei rischi, ma offre anche possibilità.

Il problema della sicurezza non deve

farci diventare una fortezza: non è nean-

che attuale in un mondo che guarda al

futuro globalizzandosi».

Che cosa pensa dell’obiezione di co-

scienza evocata dai sindaci contro il

decreto sicurezza? «Premesso che la legge va rispettata, non

è però detto che una legge sia sempre per

forza buona. A volte può contrastare la

sensibilità e la coscienza di una persona.

Ecco perché uno spazio all’obiezione di

coscienza va riservato. […] Chi legifera,

quando davanti a certe scelte si accorge

che ci sono reazioni non indifferenti,

deve porsi il problema».

Come vanno interpretati i richiami di

papa Francesco all’accoglienza? «Il Vangelo va preso “di peso” com’è,

perché se “faccio sconti” secondo neces-

sità non è più Vangelo. La Parola di Dio

è il navigatore satellitare per poter andare

avanti, vivere la propria fede. Un cristia-

no non può non tenere conto del Vange-

lo. Si ha conferma anche nella storia del-

la Chiesa: i martiri per coerenza al Van-

gelo hanno disobbedito agli imperatori

sacrificando la propria vita. Ecco perché

deve esserci uno spazio anche per l’obie-

zione di coscienza: di fronte a una legge

ingiusta che cosa devo fare?».

Un cristiano può lasciare che gente

venga lasciata in strada o in mare?

«[…] mi sembra impossibile, con il Van-

gelo in mano, dire “io decido la sorte

degli uomini” lasciandoli in mare. Io sto

ricevendo molti insulti perché ho con-

frontato la scelta di lasciare in mare delle

persone con quella di abbandonare in

strada gli animali. In un’e-mail durissima

mi hanno scritto che gli animali non fan-

no i danni che potrebbe fare un uomo

che arriva da un’altra terra. Ho visto un

poster pubblicitario con il muso di un

cane che chiede: “Non mi abbandonare”;

mi domando: perché il cane ha diritto a

quella “richiesta” e non ce l’hanno uomi-

ni donne e bambini disperati. Io rispetto

gli animali e non voglio che il cane sia

abbandonato, però neanche accetto che

esseri umani vengano abbandonati al

rischio di morire in acqua in attesa che

altre persone finiscano di discutere sedu-

te attorno a un tavolo. Chi è su quei bar-

coni può non essere perseguitato, non

avere problemi politici, non essere profu-

go: ma allora i nostri emigranti che par-

tono da qui? C’è forse una persecuzione

in Italia? Hanno motivi religiosi? Un

giorno anche loro potrebbero essere re-

spinti: e noi come reagiremmo? Dal sud

in tanti partono perché qui non c’è lavoro

- io ho 153mila emigranti dalla mia dio-

cesi. Perché dunque pretendere che ven-

gano rispettati i diritti dei “nostri migran-

ti” e non comportarsi allo stesso modo di

chi arriva da noi? Ogni uomo ha diritto a

una vita dignitosa e rispettata».

Concretamente, come bisogna porsi

nei confronti dei migranti? «Se io penso che ogni persona che mi

viene incontro è un potenziale delinquen-

te, mi dovrei chiudere in casa e non usci-

re più. Gesù dà un consiglio: siate sem-

plici, ma anche furbi. Cioè camminate

con gli occhi aperti. Quando una persona

è pericolosa allora la politica è chiamata

a dare sicurezza. Ma non è detto che ogni

uomo che arriva, solo perché ha il colore

della pelle diverso, è un soggetto che fa

del male. Quando ho visto i bambini

morti nel naufragio di Lampedusa, le

loro bare bianche, e il volto di tanti im-

migrati, non ho notato potenziali terrori-

sti. Se in giro mi accogliessero dicendo-

mi “vieni dalla Sicilia allora sei un ma-

fioso”, io mi sentirei a disagio».

Che cosa La preoccupa di più sul tema

sicurezza-accoglienza-integrazione? «La sindrome della paura. E la reazione

di chiudere porte e finestre, creare muri.

Tutto ciò diventa rischioso, un ostacolo,

non permette di guardare al futuro: per-

ché se sbarro casa resto al buio, non so

quello che avviene fuori. C’è chi ha vo-

glia di cambiare, di costruire un futuro

aperto, accogliente e solidale. Però c’è

anche chi punta a realizzare un avvenire

basato sui muri simili al passato. Ma se

quei muri che in passato abbiamo co-

struito li abbiamo abbattuti, che senso ha

ricostruirne altri? Il mio appello è all’ac-

coglienza. Attenzione però: non è solo “ti

tolgo dal mare”, ma anche “ti permetto di

vivere dignitosamente”. E l’integrazione

non è “tu adesso devi pensare come me”,

significa mettersi uno accanto all’altro e

vedere cosa c’è in comune, e camminare

insieme. Noi riusciamo al massimo a

vivere la tolleranza: “Comportati bene

altrimenti…”, ma questa non è integra-

zione. Si parla di mondo moderno, vil-

laggio globale, globalizzazione, ma poi

ci si trova in situazioni di uno contro

l’altro: è questo il futuro che ci attende?

Ritorneremo ai castelli, al ponte levatoio

e all’acqua attorno in modo che nessuno

entri? Pensare al futuro con l’uomo sulla

luna e noi qui a costruirci corazze e forti-

ni e fortezze è davvero assurdo».

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La XXXIV GMG di Panama: seguila sui social

Attraverso la pagina Facebook della PGFOM e la pagina Instagram @pastoralegiovanilemilano

La Giornata Mondiale della Gioventù non è sempli-

cemente un grande evento ecclesiale. Si parte con

tanti desideri nel cuore: quello di condividere la propria

fede con centinaia di migliaia di altri coetanei prove-

nienti da ogni parte del mondo; quello di “incontrare”

il Papa, per porsi in ascolto delle sue parole; quello di

compiere insieme ai propri amici un’esperienza unica e

irripetibile in un Paese straniero alla scoperta di un mo-

do di vivere diverso dal nostro; quello di trovare una

risposta alle inquietudini del proprio cuore e all’anelito

alla felicità che alberga in esso e che è impellente in

questo particolare tempo della vita che è la gioventù.

“S entire con la Chiesa” era il motto

episcopale di sant’Oscar Arnulfo

Romero, l’arcivescovo di San Salvador

martirizzato dagli Squadroni della morte

mentre celebrava sull’altare. Ed è il filo

rosso dell’articolato discorso che Papa

Francesco ha tenuto ai vescovi centroame-

ricani nella chiesa S. Francisco de Asìs a

Ciudad de Panama, nella sua prima gior-

nata di impegni pubblici del viaggio per la

GMG 2019. Ancora una volta il Papa ha

tracciato una sorta di identikit del pastore,

offrendo chiavi per leggere la situazione

attuale della Chiesa.

Francesco ha sottolineato innanzitutto che

“sentire con la Chiesa” significa sperimen-

tare di aver ricevuto un dono totalmente

gratuito, che “non ci appartiene” e che ci

libera da ogni pretesa e tentazione “di

crederci suoi proprietari o gli unici inter-

preti”. In un’epoca in cui molti messaggi si

riducono a slogan, e dove accuse e pregiu-

dizi corrono sul web, ricordare - come fa il

Papa - che “non abbiamo inventato la

Chiesa, non è nata con noi e andrà avanti

senza di noi” aiuta a scendere dai piedi-

stalli dell’autosufficienza, dell’iperattivismo,

del funzionalismo e delle logiche aziendali-

stiche e manageriali. Per ricordare, con

sant’Ambrogio, che la Chiesa, come la

luna, non potrà mai brillare di luce pro-

pria, ma soltanto riflettere quella di Cristo.

Per Romero, ha spiegato ancora France-

sco, “sentire con la Chiesa” consiste nel

portare nel proprio intimo tutta la kènosis

di Cristo. La kènosis, cioè lo

“svuotamento” che il Figlio di Dio ha fatto

di sé stesso con l’incarnazione e la morte

in croce. È importante, ha detto il Papa,

“che non abbiamo paura di accostare e

toccare le ferite della nostra gente, che

sono anche le nostre ferite, e questo farlo

nello stile del Signore. Il pastore non può

stare lontano dalla sofferenza del suo

popolo; anzi potremmo dire che il cuore

del pastore si misura dalla sua capacità di

commuoversi di fronte a tante vite ferite e

minacciate”. Questo era lo stile di Rome-

ro, questa è l’indicazione che Francesco

dà oggi ai vescovi chiedendo loro di testi-

moniare una Chiesa umile e povera, fug-

gendo il rischio dell’orgoglio, dell’arrogan-

za, dell’autosufficienza. Questo è, in fon-

do, anche il modo più autentico di acco-

starsi al prossimo meeting per la protezio-

ne dei minori in Vaticano con i presidenti

delle Conferenze episcopali del mondo,

che sarà fortemente caratterizzato pro-

prio dall’ascolto delle vittime sopravvissute

agli abusi e dunque delle loro ferite dalle

quali lasciarci a nostra volta ferire.

Ma il Papa, nel suo discorso, ha voluto

anche sottolineare che la kènosis di Cristo

“esige di abbandonare la virtualità dell’esi-

stenza e dei discorsi per ascoltare il rumo-

re e il richiamo costante di persone reali

che ci provocano a creare legami”. Perché

le reti “servono a creare contatti ma non

radici, non sono in grado di darci apparte-

nenza, di farci sentire parte di uno stesso

popolo”. Un accenno ai mondi virtuali e

alle bolle autoreferenziali che spesso si

creano. L’antidoto a questo rischio è con-

tenuto nella frase di san Paolo “Siamo

membra gli uni degli altri”, significativa-

mente scelta per il titolo del Messaggio di

Francesco per la 53.ma Giornata Mondia-

le delle Comunicazioni Sociali, che invita a

riflettere sull’identità cristiana fondata

sulla comunione per passare “Dalle social

network communities alla comunità uma-

na”.

Di Andrea Tornielli

Una Chiesa umile che si lascia ferire Il discorso del Papa ai vescovi centroamericani ispirato a sant’Oscar Romero

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I l 26 dicembre scorso padre

Maurice Borrmans, dei padri

bianchi (Missionari d’Africa), è

stato chiamato alla casa del padre.

Per 60 anni egli ha occupato un po-

sto di primo piano nella realizzazio-

ne del dialogo islamo-cristiano in

Europa e in molti dei paesi musul-

mani del Maghreb e del Medio

Oriente. […] Egli ha operato soprat-

tutto a partire da Roma dove era do-

cente di Lingua araba e islamologia

presso il Pontificio istituto di

studi arabi e d’islamistica

(PISAI). È in particolare a lui

che si deve la pubblicazione

dell’edizione definitiva de-

gli Orientamenti per il dialogo

islamo-cristiano, di quello che

oggi è il Pontificio consiglio

per il dialogo interreligioso.

Per centinaia di missionari e di

studenti d’islamologia p. Borr-

mans rimane l’ineguagliabile

professore d’arabo impegnato,

con tutta la propria consapevo-

lezza professionale, a far entra-

re gli studenti nella lingua e nella

cultura araba. Questo sforzo prese

una dimensione nuova, di natura

diversa, a partire dal 1975, con la

creazione della rivista del PI-

SAI, Islamochristiana, di cui fu il

direttore per 30 anni. […] Con altri

docenti del PISAI p. Borrmans ani-

mava a Roma l’accoglienza dei tutte

le persone coinvolte nel dialogo isla-

mocristiano che trovavano così a

Roma, quindi al centro della Chiesa.

Io stesso ho approfittato a ogni mio

viaggio in Italia della sua accoglien-

za e competenza. L’importanza di

queste relazioni tra i protagonisti del

dialogo islamocristiano, veniva veri-

ficata, in modo molto particolare,

ogni due o tre anni, dal 1956 al

1990, attraverso la tenuta di incontri

chiamati «Giornate romane». […]

Egli chiariva e faceva riflettere i

suoi ascoltatori sui progressi e le

difficoltà del dialogo islamocristia-

no. Allora parlava, a seconda del

pubblico, in francese, in italiano, in

inglese o in arabo. Tra questi incon-

tri vi erano naturalmente i grandi

colloqui islamocristiani ai quali pre-

se parte p. Borrmans: Tripoli in Li-

bia (1976), Tunisi, Amman, Beirut,

Atene, Roma, Istanbul, Dakara, Al-

geri, Parigi, Rabat, Bruxelles ecc.,

senza parlare della sua presenza in

Bahrein per 4 anni.

Tra tutti gli incontri quello per lui

più commovente è stato quando ha

partecipato al lavoro di redazione

del discorso di Giovanni Paolo II

agli 80.000 giovani musulmani ma-

rocchini radunati da Hassan II, per

ascoltarlo a Casablanca il 19 agosto

1985 (cf. il testo in Regno-

doc.15,1985,465).

Quando l’età della pensione portò

nel 2004 p. Borrmans da Roma alla

casa dei padri bianchi a Lione, egli

continuò da quella città a partecipare

a molteplici incontri sul dialogo isla-

mocristiano, negli ambiti più diversi.

[…] Ed è così che mise a disposizio-

ne del pubblico impegnato nel dialo-

go, biografie preziosissime come

quella su padre Mohammed Abdel

Jalil, su Paul Memet Mulla-Zadè,

entrambi religiosi cristiani convertiti

all’islam dal cristianesimo, su Louis

Massignon, su Louis Gardet, su

Georges Anawati, su Roger Arnal-

dez, su p. Jacques Jomier dell’Istitu-

to domenicano di studi orientali del

Cairo e su p. Christian De Chergé,

priore di Tibhirine, in dialogo con p.

Bor- rmans, attraverso il loro episto-

lario.

[…]

I suoi Orientamenti sono stati pub-

blicati in italiano, tedesco, inglese,

olandese, arabo, turco…

Ma il cuore della vita di p. Borrmans

va ben oltre questa evocazione dei

suoi lavori: esso era la co-esistenza,

in lui, di questo febbrile lavoro,

di questa passione per il dialogo

islamocristiano e questa ric-

chezza di una vita spirituale che

animava e nutriva il dialogo.

L’ho conosciuto ad Algeri nel

1951, dov’era officiante festivo

nella parrocchia in cui facevo

un periodo di servizio. L’ho

rincontrato regolarmente per 60

anni fino alla mia ultima visita

all’ospedale di Lione dov’era

ricoverato per una operazione.

Ogni volta che l’ho rincontrato

mostrava lo stesso impegno nel-

la missione del dialogo e la stessa

adesione ai misteri di Cristo come

luce per rischiarare il dialogo con gli

altri credenti e in particolare i mu-

sulmani.

In una testimonianza scritta che ci

ha lasciato egli rivela gli orienta-

menti della sua meditazione quoti-

diana: «È nella doppia prospettiva

della testimonianza e del dialogo che

ho sempre posto le mie amicizie con

tanti musulmani e redatto i miei arti-

coli rivolti ai miei fratelli cristiani. È

evidente che gli uni e gli altri si tro-

vano a essere presenti alla mia pre-

ghiera quotidiana… e soprattutto in

questa eucaristia in cui Gesù raduna

tutti i suoi fratelli in umanità. Ho

cercato, sull’esempio di Louis Mas-

signon, di farli diventare miei ospiti

riprendendo “la triplice preghiera di

Abramo” nell’ambito dei tre Ange-

lus quotidiani della tradizione catto-

lica».

PREGO SEMPRE PER LORO Il dialogo con i musulmani nella testimonianza di padre Borrmans

Algeri, 6 gennaio 2018 Henri Teissier, arcivescovo emerito

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Caritas Ambrosiana

CENTRI DI ASCOLTO,

«GENERATORI DI COMUNITÀ»

Presentati a Milano i dati della ricerca con-

dotta da Aaster per le diocesi della Lombar-

dia. Aldo Bonomi: «La sfida di un nuovo

mutualismo parte dal compito di ricostruire

un intelletto collettivo sociale, che parta

dalla concretezza viva dei frammenti che

restano sul campo, che superi il lungo inver-

no del rancore e soprattutto la solidarietà

compassionevole e spettacolarizzata»

È stato presentato a fine novem-

bre a Milano il Rapporto sulle

povertà curato dalle Caritas

diocesane della Lombardia che

nel 2018 hanno scelto di riflettere sulle

modalità con cui le Caritas stesse, a

partire dall’incontro coi poveri, riescono

a incidere sulla vita delle comunità cri-

stiane. «Una ricerca più qualitativa che

quantitativa – ha sottolineato presentan-

dolo don Francesco Gipponi, direttore

della Caritas di Crema e coordinatore

del gruppo regionale degli Osservatori

delle Povertà e delle Risorse -. Una ri-

cerca che parte dai volontari dei nostri

Centri, dal loro rapporto con le diverse

forme di povertà, che guarda alla loro

fatica e sta in relazione con il concetto

di comunità».

Quasi 700 questionari somministrati ai

Centri di Ascolto della Lombardia e 14

focus group, consentono di tracciare un

quadro delle povertà visto dagli occhi di

chi ogni giorno lavora sul campo. «Una

ricerca – ha sottolineato Gusmeroli –

che restituisce lo sguardo dei volontari

nelle relazioni con le persone che incon-

trano». Ecco allora delinearsi nei Centri

di Ascolto l’aumento della domanda di

chi chiede aiuto, sia in tema di povertà

materiali sia in tema di povertà educati-

va e relazionale. Agli sportelli si rivol-

gono sempre più italiani, con un aumen-

to considerevole degli “impoveriti”,

persone strutturalmente non escluse. «È

la crisi della società dei consumi. Non

potendo più consumare ci si rivolge alla

Caritas, con il desiderio di poter tornare

a essere ciò che si era prima, ovvero

consumatori».

Qualche altro dato che emerge dalla

ricerca: i volontari dei Centri di Ascolto

sono soprattutto donne (più del 60 per

cento) con un’età superiore ai 60 anni.

La ricerca restituisce i dati dei volontari

che incontrano sul territorio le diverse

forme di povertà. Preoccupa l’impoveri-

mento delle famiglie (nella misura del

46% per cento delle risposte), la cre-

scente mancanza o precarietà del lavoro

(41,1%) la crisi dei legami familiari

(22,3%), la crescita di fenomeni di di-

pendenza dal gioco d’azzardo 18,6%),

la crisi abitativa (17,9%).

Preoccupazioni che si manifestano, se-

condo i dati dei Centri di Ascolto, a

causa dell’esasperazione della crisi eco-

nomica (66,2%) o a causa della man-

canza di fiducia nell’intervento delle

istituzioni (51,3%). Dai volontari dei

Centri di Ascolto emerge invece un qua-

dro con tinte meno fosche di quanto

solitamente tratteggiato, per quel che

riguarda il tema dell’immigrazione.

L’afflusso crescente di profughi stranie-

ri è considerato come fenomeno sociale

di rilevante disagio solo nella misura del

17% delle risposte fornite.

Commentando i dati della ricerca il so-

ciologo Aldo Bonomi nota che i Centri

di Ascolto si trovano oggi in una sorta

di terra di mezzo, con una grande sfida

davanti a loro: «La sfida di un nuovo

mutualismo parte dal compito di rico-

struire un intelletto collettivo sociale,

che parta dalla concretezza viva dei

frammenti che restano sul campo, che

superi il lungo inverno del rancore e

soprattutto la solidarietà compassione-

vole e spettacolarizzata. In questi fram-

menti ancora così ricchi di dignità, di

sapere e di senso, possiamo riporre le

nostre speranze all’interno di un conte-

sto nel quale il sociale, se non sgomita

per fare società, si ritrova schiacciato tra

economia dei flussi e politica del ranco-

re, rischiando di essere definito unica-

mente dall’essere marginale e di trovar-

si al margine senza più la visione di un

margine che si fa centro».

Per Bonomi viviamo in una società in

cui la paura sociale genera sentimenti

collettivi indocili come rancore, cini-

smo, violenze: «Da un lato abbiamo la

bolla della solidarietà da società dello

spettacolo, dall’altro il venir meno dei

meccanismi di inclusione vera. Il punto

è allora interrogarsi sul perché oggi que-

sto sentimento umanissimo tende a pie-

gare la voglia di comunità in rinserra-

mento ed esclusione. Perché dalla paura

possa generarsi comunità di cura occor-

re partire dal ribaltamento del paradig-

ma che ci vede vivere in una società dai

mezzi abbondanti e dai fini sempre più

indefiniti. Siamo di fronte ad un salto

d’epoca, o, se si preferisce, ad una fase

di metamorfosi e non di transizione ed

evoluzione. E i Centri di Ascolto in que-

sta fase storica sono una straordinaria

fonte di prossimità, di cristianesimo di

minoranza, di vicinato. Perché si occu-

pano dei volti e non dei voti».

Per Luciano Gualzetti, direttore di Cari-

tas Ambrosiana e delegato Regionale

Caritas delle Lombardia: «La ricerca

dimostra come i Centri di Ascolto ab-

biano tenuto sul piano sociale e cultura-

le, rispondendo ai bisogni non con solu-

zioni facili che tendono a forme di assi-

stenzialismo, ma mettendosi in gioco,

adottando strumenti complessi che ac-

compagnano le persone verso l’autono-

mia. I Centri di Ascolto hanno vissuto

l’incontro con i poveri non come una

minaccia, ma come una risorsa per poter

ripartire insieme come comunità. La

ricerca conferma come la rete dei Centri

di Ascolto abbia saputo, a partire dalla

comunità di cura, creare condizioni di

cambiamento in tutta la comunità, per

evitare la delega e separare le opere di

carità dalla vita pastorale. Ora ci aspetta

un grande lavoro formativo di amplia-

mento della rete di risposta al bisogno,

creando alleanze con le istituzioni pub-

bliche e gli altri soggetti del terzo setto-

re».

Il volume con i dati completi della ri-

cerca è disponibile presso le sedi dioce-

sane delle Caritas della Lombardia.

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Libertà religiosa via per la Pace

D opo il ’900 considerato il

secolo dei martiri (si sti-

mano a circa 1 milione e

mezzo), il fenomeno ha

ripreso vigore, non più su base ideolo-

gica (comunismo, nazismo, sicurezza

dello stato), ma su questioni etniche, di

fondamentalismo religioso, di fragilità

statuale, di nazionalismo rinnovato

oltre che dei tradizionali ceppi ateistici.

Non solo si sbriciolano le distinzioni

confessionali all’interno del cristianesi-

mo, ma le aggressioni alle fedi si impa-

stano sempre più con il disprezzo dei

diritti umani. La libertà della fede cala

ovunque quando le libertà essenziali

sono conculcate. La svolta è indicativa-

mente collocata nel 2007.

In un Rapporto delle Chiese tedesche

del 2013 si leggeva: «Studi dei più noti

centri di ricerca mostrano, dal 2007,

una chiara tendenza alla crescente co-

statazione delle violazioni del diritto

alla libertà religiosa e di pensiero».

Minacce e discriminazioni avvengono

sia sul versante degli stati e delle istitu-

zioni sia su quello dei comportamenti

sociali diffusi…

NAZIONALISMO OTTUSO

È la prima volta dal quarto secolo che

il fenomeno assume queste dimensioni.

Non è ancora entrato nella coscienza

cristiana diffusa anche se il magistero

(Chiese cristiane, papa ed episcopati)

lo sottolineano costantemente. 200 mi-

lioni di cristiani a rischio e si stimano

gli uccisi in 7-8.000 persone all’anno.

Oggi i numeri sono lievitati. I paesi in

cui il Rapporto citato registra gravi

violazioni della libertà religiosa sono

38.

21 paesi sono classificati come

di persecuzione: Afghanistan, Arabia

Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina,

Corea del Nord, Eritrea, India, Indone-

sia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Paki-

stan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan.

Turkmenistan, Uzbekistan e Yemen.

17 paesi sono invece classificati per

le significative discriminazioni verso i

credenti (e talora gli atei): Algeria,

Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto,

Russia, Iran, Kazakistan, Kirghizistan,

Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Ta-

gikistan, Turchia, Ucraina, Vietnam.

L’elemento relativamente nuovo del

periodo considerato (2016-2018) è

«l’aumento del nazionalismo aggressi-

vo ai danni delle minoranze, a tal punto

da poter essere definito ultra-

nazionalismo. Significativo il caso

dell’India, dove si evidenziano sempre

più atti di violenza ai danni delle mino-

ranze religiose». Un aumento che coin-

cide «con l’ascesa del Bharatiya Janata

Party e non registra battute di arresto.

Nel 2017 sono stati infatti compiuti

736 attacchi contro i cristiani».… C’è

un grave rischio di estinzione delle

comunità cristiane in alcune aree del

Medio Oriente e nel subcontinente in-

diano, l’Africa sub-sahariana, sembra-

no esaurirsi secolari e pacifiche forme

di multiculturalismo.

I maggiori pericoli vengono dal fonda-

mentalismo islamico (statale o di grup-

pi come Daesh e Boko Haram), dall’e-

stremismo religioso (buddismo e indui-

smo compresi), dall’ideologismo stata-

lista, dal confessionalismo (è il caso

della Russia e dell’Ucraina), dalla vio-

lenza endemica dei «non-stati» e dalla

corruzione pervasiva in altri (le decine

di preti uccisi in Messico).

LE TENDENZE MAGGIORI

L’impressionante crescita complessiva

delle persecuzioni ha una rilevante ali-

mentazione dal fondamentalismo isla-

mico che ha, come effetto, la radicaliz-

zazione della società musulmana. … Si

moltiplicano misure restrittive generali

su ogni forma di espressione religiosa.

Cresce il rifiuto della coesistenza con

le minoranze, cristiane e no.

L’intento di sterminare la Chiesa in

certi territori è senza precedenti: in

Nigeria (Nord, Nord-Est e cintura cen-

trale), in Siria, in Iraq, in Sudan (monti

Nuba), in Somalia, in Kenia (Nord-

Est). Permangono volontà statuali di

disciplinare le religioni (Cina, Vietnam

ecc.) o di etnicizzare gli stati (Myan-

mar).

I processi di persecuzione si poggia-

no su tre motori.

Il primo è il tribalismo esclusivo, in cui

gli “altri”, cioè le minoranze, sono

escluse. Oltre all’estremismo islamico,

si possono collocare qui il nazionali-

smo religioso, le rivalità etniche e

quando una denominazione cristiana

maggioritaria si impone come unica

espressione cristiana di un paese.

Il secondo motore è il laicismo estre-

mo, per esempio, della tradizione co-

munista o rivoluzionaria (Venezuela).

Il terzo sono i poteri abusivi, cioè il

totalitarismo e l’autoritarismo, ma an-

che la corruzione, la criminalità orga-

nizzata che occupa i territori, la violen-

za anarchica...

Il Rapporto dell’ACS sottolinea due

elementi particolari. Anzitutto, il consi-

stente ricorso degli stati a controllare,

limitare o rimuovere le informazioni e i

libri.

• In Azerbaigian si specifica il numero

PERSECUZIONI: BEATI E BEOTI I perseguitati per la loro fede sono in crescita. I più colpiti sono i cristiani. Su 2 miliardi e 100 milioni sono

immediatamente esposti alle violenze oltre 300 milioni. Uno su sette. È il primo dato del Rapporto 2018 sulla

libertà religiosa nel mondo, proposto dall’associazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS).

3 dicembre 2018 di: Lorenzo Prezzi

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Libertà religiosa via per la Pace

delle copie di libri religiosi. Nel 2016

sono state ispezionate 26 librerie di

argomento spirituale, multando diversi

librai.

• In Brunei si regola strettamente l’im-

portazione e la distribuzione della lette-

ratura religiosa.

• In Kazakistan si sequestra il materiale

religioso che non rispetta i regolamenti

stabiliti dal governo.

• In Libia si registrano attacchi ai mez-

zi di comunicazione e ai giornalisti. Più

inquietante è la violenza sulle donne: lo

stupro di gruppo per umiliare l’apparte-

nenza religiosa. È il caso delle donne

YAZIDE dell’Iraq e della Siria, della

facile denuncia di blasfemia alle donne

in Pakistan e Indonesia.

• In Pakistan ogni anno 1.000 ragazze

e giovani donne nella provincia del

Sindh sono costretta a convertirsi all’i-

slam e destinate ai matrimoni forzati.

• In Libia «lo stupro rappresenta un

arma usata ai fini di perseguitare le

donne e le ragazze cristiane».

I CASI NAZIONALI

• Afghanistan: «La missione di assi-

stenza delle Nazioni Unite nota che, se

in tutto il 2016 vi erano stati soltanto

due attacchi a leader religiosi, nella

sola prima metà del 2017 ve ne sono

stati 11. Questa tendenza al rialzo pro-

va il crescente scontro tra sunniti e scii-

ti e l’instabilità generale del paese. Un

quadro all’interno del quale le differen-

ze religiose costituiscono un fattore

chiave».

• Arabia Saudita: «I cittadini sauditi

devono essere musulmani. La libertà

religiosa non è né riconosciuta né pro-

tetta».

• Siria: «Vi sono principalmente due

gruppi che hanno violato la libertà reli-

giosa. Il governo di Assad e i suoi al-

leati militari come Hezbollah, la mili-

zia sciita del Libano, e i volontari sciiti

provenienti da Iraq e Iran. Alcuni rap-

porti suggeriscono che Assad e i suoi

alleati abbiano colpito intenzionalmen-

te le aree sunnite. Il secondo gruppo è

costituito da attori non statali che han-

no di fatto stabilito un controllo statale

su determinate aree», cioè jihadisti sun-

niti e milizie curde.

• Yemen: «La guerra civile in corso

hanno messo a rischio la coesione della

società yemenita..

Approfittando dell’instabilità sociale e

politica i gruppi islamici hanno trasfor-

mato lo Yemen in una base per le loro

operazioni. I continui scontri e le forti

tensioni rimangono motivo di preoccu-

pazione per quanto riguarda i diritti

umani e la libertà religiosa».

• Myanmar: «Circa 688.000 persone

hanno lasciato la Birmania per rifugiar-

si in Bangladesh nell’agosto 2017 a

seguito di quella che è ampiamente

riconosciuta come una campagna di

pulizia etnica anti-islamica da parte

dell’esercito birmano». «Finché i mili-

tari continueranno a detenere il potere

reale, i nazionalisti buddisti saranno in

grado di perseguire la loro campagna di

odio e i crimini contro l’umanità conti-

nueranno ad essere commessi impune-

mente».

• Maldive: «Per quanto riguarda una

possibile presenza cristiana all’interno

delle Maldive, l’unico dato che può

essere garantito e che non vi è alcuna

chiesa né luogo di culto cristiano nel

paese. I pochi cristiani maldiviani non

hanno nessun posto dove riunirsi e cer-

cano in tutti i modi di impedire che la

loro fede venga scoperta».

• Somalia: «Vi è poca speranza che la

situazione nel Corno d’Africa possa

migliorare. Non soltanto a causa delle

continue violenze, ma anche in ragione

della maggior violenza estremista che

si osserva in Somalia. Il governo cen-

trale è debole e la comunità internazio-

nale mostra meno disponibilità ad im-

pegnarsi in un coinvolgimento duraturo

nel paese».

CUBA E VENEZUELA

Arricchisce il Rapporto ACS la pubbli-

cazione della Conferenza episcopale

tedesca su Cuba e il Venezuela

(Arbeithilfen, n. 302) in cui si racconta

di una persecuzione di bassa intensità

nel primo caso e di acuta emergenza

nel secondo in cui le vessazioni contro

i poveri e i credenti vengono compiute

nonostante la significativa presenza dei

cristiani o la loro larga maggioranza.

Se a Cuba conta la tradizionale esclu-

sione della Chiesa da ogni terreno pub-

blico (scuole, amministrazioni, ospe-

dali, carceri) e il peso della “men-

zogna” che crea una resistente diffiden-

za nei rapporti personali e civili, in

Venezuela è il «terzo stadio» della ri-

voluzione chavista a creare enormi dif-

ficoltà. Sono oltre 3 milioni i profughi

che hanno cercato scampo fuori del

paese e l’assoluta emergenza economi-

ca, istituzionale e civile moltiplica le

vittime.

Fra queste 20.000 bambini morti in

parti non protetti. Meriterebbero uno

scavo più ampio i casi di Cina e Pale-

stina dove la violenza della persecuzio-

ne convive con una sapiente scelta del-

la Santa Sede di aprire un’interlocuzio-

ne politica e istituzionale. Il riconosci-

mento del potere locale ha una dimen-

sione di futuro che non esclude il rico-

noscimento delle difficoltà attuali.

Il Rapporto ACS sottolinea, infine, la

cortina di indifferenza rispetto alle per-

secuzioni da parte dell’Occidente seco-

larizzato.

«La maggior parte dei governi occiden-

tali non ha provveduto a fornire la ne-

cessaria e urgente assistenza ai gruppi

di fede minoritari».

Nei paesi occidentali, ed europei in

particolare, vi è un problema non risol-

to fra laicità inclusiva e laicità esclusi-

va, fra istituzioni religiose e sacralità

selvaggia dell’individualismo globaliz-

zato. Forme legislative penalizzanti le

appartenenze religiose o i valori morali

appaiono come cristianofobiche.

Le élites dimenticano che fra cristiane-

simo e democrazia, al di là delle vicis-

situdini storiche, vi è oggi una profon-

da sintonia. Senza laicità, le fedi corro-

no il rischio del settarismo e della vio-

lenza, ma, senza le fedi, la democrazia

non alimenta i valori morali su cui si

fonda.

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CORSO CRESIMA

ADULTI 2019 (10 incontri)

Mercoledì 6 Febbraio:

ore 21 Chiesa Ss Pietro e Paolo

CAMMINO

PREPARAZIONE

MATRIMONIO

CRISTIANO 2019 (10 incontri)

Inizio:

Giovedì 7 Febbraio:

ore 21 Chiesa Ss Pietro e Paolo

PREGARE CON I SALMI

ESERCIZI SPIRITUALI Due giorni di ascolto della Parola, silenzio, preghiera personale

e comunitaria, fraternità.

Da Venerdì 1 a Domenica 3 marzo 2019 al Monastero Canossiane San Gioachino al Castello Ballabio (Lc)

Le riflessioni guidate sul tema:

Innalziamo l’ Alleluja !

con i Salmi Ascensionali e Allelujatici

La sistemazione in camere singole/doppie con servizi.

Iscrizioni Ufficio Parrocchiale: quota € 100.00 Occorrente: Bibbia, materiale per appunti.

Partenza: Orario partenza ore 14.30 in parrocchia.

Domenica 10 Febbraio 2019

per sostenere i progetti di AVSI:

La Fondazione AVSI quest’anno propone una

campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi:

I PROGETTI FINANZIATI: 1. Siria. Ospedali Aperti, accesso gratuito alle cure mediche per i siriani poveri. 2. Brasile. Accoglienza dei migranti vene-zuelani. 3. Burundi e Kenya. Il lavoro per vincere la povertà. 4. Italia. Le Suore di Carità dell’Assunzione nell’attività di assistenza domiciliare.

“SOTTO LO STESSO CIELO.

OSIAMO LA SOLIDARIETÀ ATTRAVERSO I CONFINI”

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Calendario di Gennaio – Febbraio 2019

27 dom

Santa Famiglia di Nazareth

h: 18 Anniversari Matrimoni

h 15.30-17.30. Genitori-Bimbi IC1 17 dom

VI dopo l’Epifania

h 16.00-18.00: Genitori-Bimbi IC4

28 lun 18 lun

29 mar 19 mar

30 mer 20 mer

h 21: Cammino Cresima adulti

31 gio h 20.45: “PASSO IN AVANTI” a Rozzano S.

Angelo con don Stefano Guidi 21 gio h 21: Cammino Mtr. Crist.

h 21: Rosario Cenacolo della Famiglia

1 ven h 17.00: S. Messa - Adorazione 22 ven

2 sab h 15-18.30: Ritiro Catecumeni Viboldone 23 sab

3 dom

IV dopo l’Epifania - Giornata della vita

h 15.30: Celebrazione Battesimi

h 15.30-17.30: Genitori-Bimbi IC2 24 dom

Penultima dopo l’Epifania

h 15.30-17.30: Genitori-Bimbi IC1

4 lun h 20.30: Rosario perpetuo 25

lun

5 mar 26 mar

6 mer h 21: Cammino Cresima adulti 27 mer

7 gio h 21: Inizio cammino Matrimonio Cristiano 28 gio h 21: Cammino Mtr. Crist.

8 ven 1 ven Esercizi spirituali esterni a Ballabio

9 sab 2 sab Esercizi spirituali esterni a Ballabio

10 dom

V dopo l’Epifania Giornata del Malato

h 15: S. Messa con Unzione dei malati

h 16-19: Genitori-Bimbi IC3 3 dom

Ultima dopo l’Epifania

Esercizi Spirituali esterni

h: 15.30-17.30: Genitori-Bimbi IC2

11 lun h 21: C.P. a San Benedetto 4 lun h 20.30: Rosario Perpetuo

12 mar 5 mart h 21: “PASSO IN AVANTI” Rozzano S. Ange-

lo

13 mer 6 mer h 21: Cammino Cresima adulti

h 21: Cammino Mtr. Crist.

14 gio h 18: Commissione liturgica

h 21: Cammino Mtr. Crist. 7 gio h 21: Cammino Mtr. Crist.

15 ven 8 ven

16 sab 9 sab

h 14: Carnevale

h 15: Preparazione Battesimi

h 16-18:Elezione Catecumeni a Viboldone