EDITORIALE - Ordine Avvocati Roma€¦ · alla storia come il maxiprocesso di Palermo che iniziò...

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3 INTERVISTE IMMAGINARIE: Giovanni FalconeIMAGINARY INTERVIEWS: Giovanni FalconeMario Scaffidi Abbate

7 EDITORIALEEDITORIALTemi Romana: una finestra sulla GiustiziaTemi Romana: a window on justiceAlessandro Cassiani

8 SAGGIESSAYSIl tortuoso cammino delle clausole Claims MadeThe controversial route of the Claims Maide clauses Marina Binda

17 Il percorso del sangue: dalla scena del crimine al processo penaleThe path of blood: from crime scene to criminal trialLaura Valentina Mascioli

38 Incertezze sul futuro del nuovo sistema europeo di tutela brevettuale: le ripercussioni del “Brexit”Uncertainties about the future of the new European patent protection system: the Brexit’s consequencesLeandro Moura da Silva

43 OSSERVATORIO LEGISLATIVOLEGISLATIVE OBSERVATORYLa disciplina dei rapporti di lavoro nel codice della crisi e dell’insolvenzaThe discipline of working relations in the code of the crisis and of the insolvencyAntonio Caiafa

51 Il nuovo Agente della riscossione. Il problema del subentro nei giudizi pendenti e del passaggio del personale da Equitalia all’Agenzia delle entrate-RiscossioneThe new collection Agent. The problem of taking over the pending judgments and the transfer of employees from Equitalia to revenue collection AgencyCarla Canale

53 La responsabilità medica. La riforma Gelli e la L. n. 24 dell’8 marzo 2017Medical responsibility. The Gelli reform and the law n. 24, 8 March 2017Pietro Di Tosto

57 Intangibilità del giudicato, principio in progressiva erosione. Brevi note circa i rapporti tra giudicato, sentenza patteggiata e declaratorie di illegittimità costituzionale di norme incriminatrici Intangibility of the judge, principle of progressive erosion. Short notes on the relationship between the judgment, the court sentence and the declaratory of constitutional illegitimacy of the offensesFrancesca Zignani

n° 1 Rassegna di dottrina e giurisprudenzaa cura dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Sommario Summary

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62 NOTE A SENTENZACOMMENTARY OF A JUDGEMENTI controlli del giudice sul sequestro di documenti digitali contenuti nel sistema informatico tra scienza e processo penaleThe judge’s controls on the seizure of digital documents contained in the computer system between science and criminal trialMario Antinucci

67 Le Sezioni Unite dirimono il contrasto interpretativo in ordine al nuovo art. 590 sexies c.p. in tema di “colpa medica”, ma creano i presupposti per la questione di legittimità costituzionale del vecchio “decreto Balduzzi”The Supreme Court solves the contrast in subject of “medical guilt” provided by the new art. 509 sexies c.p. but they create the conditions for the question of constitutional legitimacy of the old “Balduzzi decree”Andrea De Lia

73 Il licenziamento illegittimamente intimato dal curatore ed i diritti del lavoratoreDismissal illegitimately ordered by the trustee and the rights of the workerAndrea Petteruti

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“Allora, da dove cominciamo?”, ho detto aGiovanni Falcone non appena la sua sago-ma inconfondibile mi si è presentata

davanti dopo che m’ero concentrato su di lui sedutonella poltrona del mio studio.“Sono nato il 18 maggio 1939 a Palermo in viaCastrofilippo nel quartiere della Kalsa, dove abitavanoPaolo Borsellino e molti ragazzi che sarebbero diventa-ti mafiosi”.“In quell’anno anch’io risiedevo a Palermo, avevo quat-tordici anni e frequentavo il Ginnasio-Liceo VittorioEmanuele II”. “Due particolari accompagnarono la mia nascita: mipresentai coi pugni chiusi e senza gridare e nel momen-to in cui nacqui entrò dalla finestra una colomba. Lacosa fu interpretata come un presagio di pace per me”.“La mia nascita, invece (anch’io non piansi, perchéessendomi presentato alla rovescia stavo per morire sof-focato) ebbe a che fare con un’aquila”.“In che senso?”.“La mia casa era situata in via Aquileia, a Brescia, e ciòfu preso per me come un auspicio, nel senso ch’erodestinato ad alti voli”.“La mia era una famiglia benestante. Mio padre Arturodirigeva un laboratorio chimico di igiene e profilassi diPalermo e mia madre, Luisa Bentivegna, era figlia di unnoto ginecologo della stessa città. Sono il terzo figliodopo due sorelle, Anna e Maria. Nel 1940, a causa deibombardamenti, la mia famiglia si trasferì aSferracavallo”.“Anche la mia sfollò: a Villa Grazia. Ma guarda quantecoincidenze!”.“Fu il mio primo trasloco. Nel maggio del ’43, in segui-to al bombardamento della passeggiata e dei palazzi delporto, la mia famiglia si trasferì a Corleone, dai parentidi mia madre, finché, dopo l’armistizio, tornammo allaKalsa”.“I suoi primi studi?”.

“Frequentai le scuole elementari al Convitto Nazionaledi Palermo, le medie alla scuola ‘Giovanni Verga’ e lesuperiori al liceo classico ‘Umberto I’. Ero iscrittoall’Azione Cattolica e trascorrevo gran parte dei pome-riggi in parrocchia”.“Anch’io”.“Giocavo a ping-pong e con i soldatini di piombo. Ilmio libro preferito era I tre moschettieri, che mi facevoleggere da mia madre. Mi colpiva il suo significato: ilbene può sempre prevalere sul male”.“Sentiva già odore di mafia”.“Era inevitabile che da ragazzo, tanto più vivendo nellaKalsa, avessi contatti con figli di mafiosi. In parrocchia,giocando a ping-pong, conobbi Tommaso Spadaro, unpersonaggio di spicco della malavita locale impegnatonel traffico di stupefacenti”. “Terminato il liceo, suppongo, si iscrisse aGiurisprudenza”.“Non ancora: mi trasferii a Livorno per frequentarel’Accademia navale perché amavo il mare e volevo lau-rearmi in Ingegneria. Ma dopo quattro mesi mi convin-si che la vita militare non faceva per me. Così decisi ditornare a Palermo e di iscrivermi alla Facoltà diGiurisprudenza. Nel 1959, a causa degli avvenimentilegati al cosiddetto sacco di Palermo (il boom edilizioche stravolse la fisionomia architettonica della città), lamia famiglia si trasferì in via Notarbartolo”.“Ma no!”.“Perché, che cosa c’è di strano?”.

Interviste immaginarie a giuristi e legislatori:Giovanni FalconeMario Scaffidi AbbateDocente di Letteratura italiana

“Gli uomini passano, le ideerestano. Restano le loro ten-sioni morali e continuerannoa camminare sulle gambe dialtri uomini”.

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“Anch’io ho abitato in via Notarbartolo: che combina-zione! Sta a vedere che era lo stesso palazzo!”.“È probabile. Ho cambiato tre case in quella stessa via”.“Vedo che anche lei quanto a traslochi stava messobene: io nei miei primi vent’anni ho cambiato ben dodi-ci città e non so quante case, poiché mio padre era unmilitare e perciò soggetto a continui trasferimenti”. “Nel 1961 mi laureai, con una tesi sulla Istruzione pro-batoria in diritto amministrativo. 110 e lode. Dopodiché,nel ’64, vinsi il concorso ed entrai nella magistratura,l’anno dopo, a soli 26 anni, divenni pretore a Lentini,poi, dal ’66 fui per dodici anni al tribunale di Trapani,prima come sostituto procuratore e giudice istruttore”. “Già un traguardo notevole per lei, che da quel momentodiventerà un esponente di spicco nella lotta alla mafia”.“In quegli anni con la morte di mio padre subii una seriedi cambiamenti: cominciai con l’abbracciare i princìpidel comunismo di Enrico Berlinguer, sebbene i mieiavessero sempre votato per la Democrazia Cristiana, efu per questo che mi scontrai con loro”.“La pace annunciata dalla colomba cominciava ad incri-narsi”. “La mia scelta fu motivata dal fatto che da profondoamante della Giustizia qual ero mi ponevo il problemadi combattere le differenze sociali e nel comunismointravedevo la possibilità di eliminarle. Devo però direche nel mio lavoro non mi sono mai lasciato influenza-re dalle idee politiche”.“È vero, e ciò torna a suo onore”. “Salto alcuni anni e vengo al 1979 quando, dopo l’omi-cidio del giudice Cesare Terranova, passai all’Ufficioistruzione della sezione penale, che sotto la guida diChinnici divenne un esempio innovativo di organizza-zione giudiziaria. Accanto a me c’era anche PaoloBorsellino, che mi aiutò a sbrigare il lavoro arretrato dioltre cinquecento processi. Alla mia prima inchiesta – contro Rosario Spatola, un costruttore edile palermi-tano che aveva fatto fortuna col riciclaggio di denarofrutto del traffico di eroina – capii che per indagare consuccesso le associazioni mafiose era necessario basarsianche su indagini patrimoniali e bancarie, ricostruire ilpercorso del denaro che accompagnava i traffici e avereun quadro complessivo del fenomeno”.“L’eroina veniva venduta all’estero?”.“Sì, negli Stati Uniti. Perciò io chiesi a tutti i direttoridelle banche di Palermo e provincia di mandarmi le

distinte di cambio valuta estera dal 1975 in poi. Graziea un attento controllo di tutte le carte richieste, una voltasuperate le reticenze delle banche, e ‘seguendo i soldi’cominciai a vedere il quadro di una gigantesca organiz-zazione criminale: i confini di Cosa Nostra. Risalii cosìal rapporto fra gli amici di Spatola e la famigliaGambino, rivelando i collegamenti fra mafia americanae siciliana. Il 6 agosto dello stesso anno, essendo statoucciso il procuratore capo di Palermo Gaetano Costa,mi assegnarono la scorta”. “Come nacque il Pool antimafia?”.“Dall’idea di Rocco Chinnici, con cui oltre a me colla-boravano Paolo Borsellino e Giuseppe Di Lello. Masuccessivamente, quando Chinnici fu ucciso, il 29luglio 1983, a lui subentrò Caponnetto, che nel marzodel 1984 costituì un pool composto da quattro magistra-ti che avevano un sogno comune: restituire la città aipalermitani e la Sicilia ai siciliani onesti. Il pool dovevaoccuparsi dei processi di mafia, esclusivamente e atempo pieno, sia per favorire la condivisione delle infor-mazioni tra tutti i componenti e minimizzare i rischipersonali, sia per garantire in ogni momento una visio-ne più ampia ed esaustiva possibile di tutte le compo-nenti del fenomeno mafioso”.“Una vera e propria svolta nella lotta a Cosa Nostraavvenne con l’arresto di Tommaso Buscetta, quandodecise di collaborare con la giustizia italiana”. “Il suo interrogatorio, cominciato a Roma nel luglio1984, fu determinante per la conoscenza non solo dicerti fatti, ma della struttura e delle chiavi di lettura del-l’organizzazione. Cosa Nostra fece terra bruciata attor-no ai magistrati italiani: dopo l’omicidio di due nostricollaboratori nel 1985, si cominciò a temere per l’inco-lumità mia e di Borsellino talché entrambi fummoindotti per motivi di sicurezza a soggiornare per qualchetempo con le nostre famiglie presso il carceredell’Asinara. Qui iniziammo a preparare l’istruttoria; leinchieste avviate da Chinnici e portate avanti dalle inda-gini mie e di tutto il pool portarono così a costituire ilprimo grande processo contro la mafia in Italia; passatoalla storia come il maxiprocesso di Palermo che iniziò il10 febbraio 1986 e terminò il 16 dicembre 1987. La sen-tenza inflisse 360 condanne per complessivi 2.665 annidi carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe dapagare, segnando un grande successo per il lavoro svol-to da tutto il pool antimafia”.

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“All’interno della magistratura stessa c’era chi non lavedeva di buon occhio e le metteva il bastone fra le ruote”.“È vero. Quando si trattò di sostituire Caponnetto, chesi apprestava a lasciare l’incarico per ragioni di salute eraggiunti limiti di età, fummo candidati io e Meli. Fuscelto Meli per l’anzianità più che per la competenza ela cosa innescò amare polemiche, e venne interpretatacome una possibile rottura dell’azione investigativa,inoltre rese me un bersaglio molto più facile per lamafia, perché la mia sconfitta aveva dimostrato che inrealtà non ero stimato come si credeva; Borsellino stes-so aveva lanciato a più riprese l’allarme a mezzo stam-pa, rischiando conseguenze disciplinari; esternazioniche di fatto non sortirono alcun effetto”.“E Meli cosa fece dopo essersi insediato?”.“Finì con lo smantellare il metodo di lavoro intrapreso,riportandolo indietro di un decennio. Da qui in poi io ei miei collaboratori dovemmo fronteggiare un numerosempre crescente di ostacoli, tanto che io a un certopunto chiesi di essere destinato a un altro ufficio, e Meli,ormai in aperto contrasto con me, sciolse ufficialmenteil pool. Un mese dopo, ebbi l’ulteriore amarezza divedermi preferito Domenico Sica alla guida dell’AltoCommissariato per la lotta alla Mafia. Tuttavia, nono-stante gli avvenimenti, io portai avanti ancora una voltail mio lavoro, realizzando un’importante operazioneantidroga in collaborazione con Rudolph Giuliani, allo-ra procuratore distrettuale di New York”. “Il 21 giugno 1989 lei fu oggetto di un attentato pressola sua villa al mare, comunemente detto ‘attentatodell’Addaura’”.“Sì. Alcuni mafiosi piazzarono un borsone con cinquan-totto candelotti di tritolo in mezzo agli scogli, a pochimetri dalla villa. Il piano era probabilmente quello diassassinarmi quando fossi sceso sulla spiaggia per fareil bagno, ma l’attentato fallì. Inizialmente si ritenne chei killer non fossero riusciti a far esplodere l’ordigno acausa di un detonatore difettoso, dandosi quindi allafuga e abbandonando il borsone”.“Ma chi poteva volere la sua morte?”.“Forse qualcuno che sperava di poter bloccare la miainchiesta sul riciclaggio. Ma al Palazzo di Giustizia diPalermo aveva preso corpo anche la nota vicenda del‘corvo’: una serie di lettere anonime (di cui un paio addi-rittura composte su carta intestata della Criminalpol),che diffamarono me e alcuni miei colleghi”.

“La sua storia è così ricca e articolata, così piena diavvenimenti che non si riesce a starle dietro. In più allelodi che le venivano da una parte si mescolavano le cri-tiche e le accuse provenienti dall’altra. Per esempio lasua vicinanza al socialista Claudio Martelli le costò vio-lenti attacchi da diversi esponenti politici”. “Il sostegno datomi da Martelli fece destare sospetti daparte del Partito Comunista Italiano e di altri settori delmondo politico, Leoluca Orlando in primis, oltre a qual-che altro esponente della DC e diversi giudici aderenti aMagistratura Democratica, che fino ad allora avevanoappoggiato una mia possibile candidatura. Il timore chevolessero farmi fuori si materializzò quando il 10 ago-sto del 1991 ai funerali in Calabria di Antonio Scopellitisentii di essere in pericolo e confidai al fratello del miocollega: ‘Se hanno deciso così non si fermeranno più...ora il prossimo sarò io’”. “Se non sbaglio fu in quell’anno che lei venne convoca-to davanti al CSM in seguito a un esposto presentato daLeoluca Orlando”.“Quell’esposto era il punto di arrivo della serie di accu-se mossemi da Orlando, alle quali io ribattei definendo-le ‘eresie, insinuazioni’ e ‘un modo di far politica attra-verso il sistema giudiziario’. Sempre davanti al CSM,commentando il clima di sospetto creatosi a Palermo,affermai che ‘non si può investire nella cultura delsospetto tutto e tutti. La cultura del sospetto non è l’an-ticamera della verità, è l’anticamera del khomeini-smo’”.“Lei ha sempre risposto alle critiche con lucidità di ana-lisi e limpidezza di argomentazioni, intravedendo che ilcoronamento della sua esperienza professionale avrebbedefinito nuovi e più efficaci strumenti al servizio delloStato”. “Eppure, nonostante la mia determinazione, fui semprepiù solo all’interno delle istituzioni, condizione questa cheprefigurerà tristemente la mia fine. Emblematicamente,ottenni i numeri per essere eletto Superprocuratore il gior-no prima della mia morte. In una intervista concessa aMarcelle Padovani per ‘Cose di Cosa Nostra’ io stessoattestai la mia profezia: ‘Si muore generalmente perché siè soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Simuore spesso perché non si dispone delle necessarie alle-anze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia col-pisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito aproteggere’. E alcuni giorni prima dell’attentato dichiarai:

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‘Mi hanno delegittimato, stavolta i boss mi ammazzano’.Di lì a poco il 23 maggio 1992 la strage di Capaci”.

Con quell’immagine si è concluso il mio incontro conGiovanni Falcone, in una sequenza di scene allucinanti:Brusca che aziona il telecomando che fa esplodere1.000 kg di tritolo sistemati all’interno di fustini in uncunicolo di drenaggio sotto l’autostrada; la prima auto,la Croma marrone (con dentro gli agenti Montinaro,Schifani e Dicillo) investita in pieno e sbalzata dalmanto stradale in un giardino di olivi a più di dieci metridi distanza; la seconda auto, la Croma bianca guidata daFalcone che si schianta contro il muro di cemento edetriti improvvisamente innalzatosi per via dello scop-pio, proiettando violentemente il giudice e la mogliecontro il parabrezza. Finché sulla strada altro non restache un’immensa voragine in un clima irreale di indici-bile sbigottimento.

In un’intervista del 2008 al ‘Corriere della Sera’ l’exPresidente della Repubblica Francesco Cossiga imputòal CSM grosse responsabilità riguardo alla morte delmagistrato: “I primi mafiosi”, disse, “stanno al CSM.Sono loro che hanno ammazzato Giovanni Falcone”.Toccante la motivazione del conferimento dellaMedaglia d’Oro al Valor Civile: “Magistrato tenacemente impegnato nella lotta contro lacriminalità organizzata, consapevole dei rischi cui anda-va incontro quale componente del ‘pool antimafia’,dedicava ogni sua energia a respingere con rigorosacoerenza la sfida sempre più minacciosa lanciata dalleorganizzazioni mafiose allo Stato democratico.Proseguiva poi tale opera lucida, attenta e decisa comeDirettore degli Affari Penali del Ministero di Grazia eGiustizia ma veniva barbaramente trucidato in un vileagguato, tesogli con efferata ferocia, sacrificando lapropria esistenza, vissuta al servizio delle Istituzioni”.

“Giovanni sapeva di dovere morire. Ma gli è toccato morire con l’amarezza di essere lasciato solo. Io sonoforse l’unica amica che Giovanni ha avuto qui. Sabato sono andata a Palermo ma l’ho fatto alla chetichel-la, tardi, quando tutti se n’erano andati. E domenica mattina sono tornata presto all’obitorio, perché vole-vo essere sola come era stato solo Giovanni. Non volevo vedere lo scempio che si sta verificando oggi aPalermo, con i funerali di Stato. Voi avete fatto morire Giovanni Falcone, voi con la vostra indifferenza, levostre critiche. Non potrò mai dimenticare quel giorno a Palermo, due mesi fa, quando a un’assemblea del-l’associazione magistrati le parole più gentili per Giovanni, soprattutto da sinistra e da Magistratura demo-cratica, erano di essersi venduto al potere. Mario Almerighi lo disse, ‘Falcone è un nemico politico’. E unconto è criticare la superprocura, un conto è dire – come il Csm, i colleghi, gli intellettuali del fronte anti-mafia – che Falcone era un venduto, una persona non più libera dal potere politico. Giovanni aveva scel-to l’unica strada per continuare a aiutare i colleghi, andando al ministero per fare sì che si realizzasse quelprogetto rivoluzionario di una struttura unica per combattere la mafia. A quanti colleghi che sono qui ho cer-cato di fare aprire gli occhi, ma sono stata spazzata via anch’io perché ero amica di Falcone. I colleghi chestamattina sono a Palermo fino all’altro ieri dicevano di diffidare di Giovanni. Gherardo Colombo, tu diffida-vi di Falcone, perché sei andato ai funerali? E l’ultima ingiustizia Giovanni l’ha subita proprio dai giudici diMilano, la rogatoria per lo scandalo delle tangenti gliel’hanno mandata senza gli allegati. Mi telefonò e midisse: ‘Che amarezza, non si fidano del direttore generale degli affari penali’. C’è tra voi chi diceva che lebombe all’Addaura le aveva messe Giovanni o chi per lui. Abbiate il coraggio di dirlo adesso, e poi voltia-mo pagina. Se pensate che non era più autonomo, libero, indipendente, perché andate ai suoi funerali?Dalla Chiesa non può andare ai funerali, Orlando non può andare. Se i colleghi pensano che in questi dueanni Giovanni Falcone si sia venduto lo dicano adesso, vergogniamoci e voltiamo pagina. Ciao, Giovanni”.

Ilda Boccassini su Giovanni Falconedi Luca Fazzo, la Repubblica, 26 maggio 1992

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Cari Lettori,anche in questo numero Temi Romana assolve il compito che Le è congeniale: quello di affrontare tema-tiche giuridiche oppure connesse al mondo del diritto che presentino profili di attualità e di interesse.

Appartengono a questo ambito l’intervista immaginaria a Giovanni Falcone, gli articoli sulla misura e funzionedella pena e sul nuovo sistema europea di tutela del brevetto dopo Brexit e quelli sul rapporto di lavoro nel codi-ce della crisi e dell’insolvenza, sulla responsabilità medica e sulla “erosione” del principio della intangibilità delgiudicato.

Le note a sentenza sono pregevoli perché commentano ed approfondiscono temi di notevole importanza quali ilsequestro di documenti contenuti nel sistema informatico, il contrasto interpretativo sul nuovo art. 590 sexies c.p.e il licenziamento illecitamente adottato dal curatore.

Nel ringraziare gli Autori, auspico che altri articoli, note a sentenza, valutazioni ed approfondimenti, continuinoad arricchire la rivista e a garantirle la funzione di strumento utile ai giuristi e, in particolare, agli Avvocati.

Il futuro di Temi Romana è, infatti, nella mani di quanti vorranno considerarla quale è: una palestra nella qualeciascuno ha la possibilità di manifestare liberamente la propria opinione ed, eventualmente, il proprio dissenso.

Con affetto.

Alessandro CassianiVicepresidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Direttore Scientifico di Temi Romana

Temi Romana: una finestra sulla Giustizia

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PremessaLa questione relativa alla validità delle clausole claimsmade storicamente è sorta con specifico riferimentoalle assicurazioni della responsabilità civile, ove ilmomento in cui si verifica il fatto dannoso, rilevante aifini della responsabilità dell’assicurato, è determinanteai fini dell’efficacia della garanzia. L’art. 1917 c.c. sta-tuisce, infatti, che l’assicuratore è obbligato a tenereindenne l’assicurato di quanto questi deve pagare a unterzo “in conseguenza del fatto accaduto durante iltempo dell’assicurazione”.Peraltro, l’obbligo dell’assicuratore sorge solo all’esitodella richiesta di risarcimento (giudiziale o stragiudi-ziale) formulata dal danneggiato all’assicurato, comerisulta testualmente dall’art. 2952 che fa decorrere daquesto momento la prescrizione del diritto dell’assicu-rato all’indennità1.L’assicurazione della responsabilità civile è una garan-zia del patrimonio all’interno del ramo danni e nonimplica, di regola, un valore assicurabile. L’assicuratore, in questi casi, si obbliga a risarcire l’in-tero danno subito dall’assicurato nei limiti di unammontare previsto nel contratto (massimale) checostituisce, quindi, l’importo massimo del debito odella spesa che l’assicuratore s’impegna a risarcire;esso può essere unico per tutti i danni causati dal sini-stro o possono essere previsti più massimali (es. per idanni alle persone, per i danni alle cose, per i danni peranno, eccetera). Il rischio assicurato, si badi, non è il danno subito dalterzo danneggiato, ma il danno subito dal patrimoniodel danneggiante. Il terzo quindi, di regola – salvo alcu-ni specifici casi di assicurazioni obbligatorie tra cui,come si vedrà, proprio le assicurazioni “professionali” –non può agire direttamente nei confronti dell’assicura-tore, sia pur nei limiti del massimale. L’articolo 1917c.c. riconosce, è vero, la facoltà dell’assicuratore dipagare direttamente al terzo l’indennità dovuta all’assi-

curato (e lo obbliga a pagare al terzo se l’assicurato lorichiede) ma l’obbligo di versare l’indennizzo è previ-sto dalla legge nei confronti dell’assicurato, non delterzo. Nelle assicurazioni contro il patrimonio l’obbligo diavviso sorge, in primo luogo, nel momento in cui l’as-sicurato ha avuto conoscenza del sinistro, quale fontedi responsabilità per l’assicurato stesso per i danni arre-cati a terzi. L’assicurato deve poi comunicare all’assi-curatore la richiesta di risarcimento del terzo. In taluni casi di assicurazione della responsabilità civi-le, in effetti, può trascorrere un lungo periodo tra ilmomento in cui si verifica il fatto generatore del dannoe il momento in cui il danno si manifesta. Si pensi alleassicurazioni della responsabilità civile da inquinamen-to o da prodotti difettosi e a quelle della responsabilitàdei professionisti (avvocati, medici, eccetera). Non essendo sempre semplice identificare il momentodi verificazione del fatto generatore del danno (es. ladata di scarico delle sostanze inquinanti) nasce l’esi-genza di inserire clausole contrattuali che consentanodi determinare con certezza il momento del verificarsidel sinistro e correlativamente pongano limiti certi allarisarcibilità dei danni.Il problema viene risolto con le cosiddette clausoleclaims made.

Le clausole claims made. Principali tipologieL’art. 1917 c.c. delinea un modello contrattuale di tipoloss occurrence o “insorgenza del danno”, in quanto lacopertura assicurativa opera in relazione a tutte le con-dotte, generatrici di domande risarcitorie, insorte nelperiodo di efficacia del contratto. Con le clausole c.d.claims made viene introdotta una deroga al concetto di“fatto accaduto durante l’assicurazione” di cui all’art.1917 c.c.: qui l’assicurazione è considerata efficace perle richieste di risarcimento presentate all’assicurato perla prima volta durante il periodo di vigenza della poliz-

Il tortuoso cammino delle clausole Claims Made*

Marina BindaAvvocato del Foro di Roma, Elenco speciale avvocati enti pubblici

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Saggi

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za a prescindere dal tempo di verificazione del fattogeneratore del sinistro. Inoltre, nelle ipotesi di piùrichieste di risarcimento originate da un medesimofatto (si pensi, ad esempio, allo scarico di rifiuti tossi-ci) sono compresi nell’assicurazione anche i danni chesi sono verificati dopo la scadenza del contratto, se nelcorso del rapporto è stato chiesto il risarcimento delprimo danno della serie causata dall’illecito.Se il fatto generatore del danno (o il danno stesso) si ègià verificato al momento dell’inizio della copertura, laclausola claims made può risolversi in un’assicurazio-ne retroattiva, che si ha, appunto, quando l’assicurato-re assume l’impegno di risarcire anche i sinistri che sifossero verificati prima della stipulazione.Nella prassi del mercato sussiste una variegata tipolo-gia di clausole claims made, modello assai efficace nel-l’ambito delle sinistrosità c.d. lungotenenti e nel caso diassicurazioni professionali; ciononostante, volendoschematizzare, le stesse appaiono sussumibili in duegrandi categorie: a) clausole c.d. miste, o impure, che prevedono l’ope-ratività della copertura assicurativa solo quando tanto ilfatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervenga-no durante l’efficacia del contratto, con estensionedella garanzia, in via retroattiva, alle condotte poste inessere anteriormente; b) clausole c.d. pure, destinate alla manleva di tutte lerichieste risarcitorie inoltrate dal danneggiato e dall’as-sicurato nel periodo di efficacia della polizza, a pre-scindere dalla data di verificazione del fatto illecito.

Grande diffusione hanno poi avuto le polizze c.d. sun-set close, ove la garanzia copre altresì un arco di temposuccessivo al periodo di vigenza. I primi contratti assicurativi della responsabilità profes-sionale erano costruiti sulla formula loss occurance:essi garantivano cioè la copertura del rischio in relazio-ne ai fatti verificatisi durante la vigenza del contratto, aprescindere dal momento in cui il danneggiato, essen-dosi reso conto del danno, aveva presentato la richiestarisarcitoria.Tale formula indubbiamente garantiva una coperturacompleta anche nei confronti delle domande risarcito-rie presentate a contratto scaduto (c.d. late-reported).Però, le polizze di questo tipo risultavano davvero one-rose, in considerazione dell’importante rischio assunto

dall’assicuratore. Ne conseguiva, in concreto, la previ-sione di massimali bassi associati a premi esosi. Fuproprio per ovviare a tali enormi svantaggi che le com-pagnie assicuratrici costruirono la struttura dei contrat-ti per la responsabilità professionale sulle clausole c.d.claims made, il cui rischio, risultava più ragionevole,con conseguenti vantaggi, anche per il contraente, intermini di costi di polizza.Il rimedio contro l’uso fraudolento del contratto risiedenella disciplina delle dichiarazioni inesatte o reticenti:se in sede di conclusione del contratto la parte consape-volmente non ha dichiarato all’assicuratore l’esistenzadi fatti che potrebbero causare richieste risarcitorie (es.guasto dell’impianto di depurazione, nel caso di dannida rifiuti tossici o pericolosi) sussistono i presuppostiper l’applicabilità dell’art. 1892 c.c., con le conseguen-ze ivi previste. L’obbligo di avviso si applica a tutte le assicurazionicontro i danni e nel caso di clausole claims made deveessere reiterato ad ogni successiva richiesta di risarci-mento.

La posizione della dottrina e della giurisprudenzasulle clausole claims madePur essendo le clausole claims made normalmenteultizzate nella legislazione europea e, in particolare, inquella francese2, in Italia la relativa ammissibilità èstata sempre controversa. In particolare, una correntegiurisprudenziale3 ha propugnato la nullità della clau-sola in quanto fuorviante rispetto al modello causaledell’art. 1917, fondato, come è noto, sul c.d. act com-mitted4; altra corrente ha affermato la nullità della clau-sola riconducendola ad una sorta di una decadenza con-venzionale ex art. 2965 c.c.; altra ancora, ne ha affer-mato la vessatorietà5, considerandola limitativa dellagaranzia contrattualmente assunta dall’assicurato.Ulteriore autorevole opinione propugnata da MarcoRossetti6 ha sempre affermato la nullità della clausolain quanto violativa dell’art. 1895 poiché non rivolta adassicurare un rischio effettivo ma solo un rischio mera-mente putativo e perciò tesa a garantire in via retroatti-va, potenziali sinistri i cui antecedenti causali, non piùaleatori, si erano verificati prima della stipula. Se ne èdedotto che condizione imprescindibile per la validitàdel contratto di assicurazione è la permanenza delrischio anche dopo la conclusione dello stesso.

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L’irresolubile contrasto ha necessitato la rimessionedella questione alle Sezioni Unite.

La risposta delle Sezioni Unite: la sentenza del 6maggio 2016, n. 9140 e la giurisprudenza successivaCon la sentenza del 6 maggio 2016 n. 9140 le SezioniUnite della Corte di Cassazione hanno superato tutte leteorie relative all’invalidità della clausola claims made,rigettando in modo reciso ogni tesi sollevata a sostegnodella nullità.In particolare, il supremo consesso ha precisato che:- la clausola claims made non implica alcuna perdita didiritti per il mancato esercizio entro un termine stabi-lito e pertanto non è nulla ex art. 2965 codice civile.L’istituto della decadenza convenzionale, infatti, vainequivocabilmente riferito a situazioni soggettive giàesistenti nonché a condotte imposte a uno dei sogget-ti del rapporto nell’ambito del quale la decadenza èstata prevista. “La condizione racchiusa nella clauso-la in questione, all’opposto, consente o precludel’operatività della garanzia in dipendenza di un terzoestraneo al contratto, iniziativa che peraltro incidenon sulla sorte di un già insorto diritto all’indenniz-zo, quanto piuttosto sulla nascita del diritto stesso”;- la clausola claims made non costituisce, poi, unadeviazione dallo schema causale tipico dell’art. 1917c.c. (secondo cui, il modello loss occurrence assicurala copertura di tutti i sinistri occorsi durante il perio-do di efficacia dell’assicurazione) in quanto il codiceconsente alle parti di modulare, nella maniera per loropiù adeguata, l’obbligo del garante di tenere indenneil garantito di quanto questi, “in conseguenza di unfatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione”deve pagare ad un terzo. E se è vero che l’introduzio-ne di un periodo temporale aggiuntivo costituiscequalcosa di diverso rispetto alla previsione codicisti-ca, fondata sul modello act committed, è pur vero chetale previsione non rientra, ex art. 1932 c.c., tra quel-le inderogabili;- la clausola claims made non è nulla, ai sensi dell’art.1895 c.c. (per la pretesa inassicurabilità del rischiopregresso7) in quanto “l’estensione della coperturaassicurativa alle responsabilità dell’assicurato scatu-renti da fatti commessi prima della stipula del contrat-to non fa venir meno l’alea e, con essa, la validità delcontratto, se al momento del raggiungimento del con-

senso le parti (e in specie, l’assicurato) ne ignoravanol’esistenza, potendosi, in caso contrario, opporre laresponsabilità del contraente ex artt. 1892 e 1893 c.c.per le dichiarazioni inesatte o reticenti. Tanto più cheil rischio sotteso all’assicurazione sulla responsabilitànon si esaurisce nella sola condotta materiale cui purè riconducibile il danno, occorrendo anche la manife-stazione del danneggiato di esercitare il diritto alrisarcimento”. In altre parole, secondo i supremi giu-dici, la clausola claims made a garanzia pregressa èvalida perché riguarda un solo elemento del rischiogarantito (vale a dire la condotta colposa dell’assicu-rato che, senza saperlo, ha commesso il fatto), mentreresta impregiudicata l’alea dovuta alla possibilità omeno che il danneggiato agisca nei confronti dell’as-sicurato per ottenere il risarcimento. A ciò vieneaggiunto che il nostro ordinamento già conosce ilrischio putativo (art. 514 cod. nav.) e tanto mostra cheuna clausola siffatta è pienamente legittima; - la clausola claims made non è vessatoria in quantonon implica alcuna limitazione di responsabilità del-l’assicuratore rispetto agli impegni presi. Di talchél’inserimento nel contratto di un “fattore temporaleaggiuntivo, rispetto al dato costituito dall’epoca incui è stata realizzata la condotta lesiva, si iscrive, apieno titolo, nei modi e nei limiti stabiliti dal contrat-to, entro i quali, a norma dell’art. 19058 c.c., l’assi-curatore è tenuto a risarcire il danno sofferto dall’as-sicurato”. Tale clausola, mirando a circoscriverel’ambito della garanzia cui è rivolta, stabilisce, indefinitiva, quali siano, rispetto agli archetipi fissatidall’art. 1917 c.c., i sinistri indennizzabili, cosìvenendo a delimitare l’oggetto del contratto piuttostoche la responsabilità. “Per clausole limitative diresponsabilità si intendono quelle che limitano leconseguenze della colpa o dell’inadempimento o cheescludono il rischio garantito, mentre attengonoall’oggetto del contratto le clausole che riguardano ilcontenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, per-tanto, specificano il rischio garantito”.

Pur avendo escluso la vessatorietà della clausola ex art.1341 c.c., mediante la riconduzione della stessa tra lelimitazioni dell’oggetto del contratto piuttosto che trale limitazioni di responsabilità dell’assicuratore, leSezioni Unite si sono interrogate sulla meritevolezza di

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tutela della deroga al regime legale, stabilita in via con-trattuale, concludendo che trattasi di indagine sottopo-sta di volta in volta alla valutazione dell’interprete. Lavalutazione di meritevolezza viene ritenuta superfluacon riferimento alle clausole claims made pure, mentreè reputata necessaria nel caso delle clausole miste. Inparticolare, viene considerata potenzialmente penaliz-zante, per l’assicurato, la clausola che limiti la copertu-ra alla circostanza che sia il fatto che la richiesta sianoformulate durante la vigenza del contratto. Per contro,le claims made che ammettono una retrodatazione dellacopertura, coprendo anche eventi verificatisi al di fuoridella vigenza del contratto, tendono a circoscrivere losquilibrio (rectius, la mancanza di corrispettività trapagamento e premio9) tra il periodo finale di coperturadella polizza – in cui la tutela è affievolita – e quelloiniziale, in cui la tutela è estesa per effetto della, purlimitata, retroattività.I supremi giudici osservano, poi, che laddove nella fat-tispecie concreta dovesse risultare mancante, in dannodell’assicurato, il rapporto di corrispettività tra il paga-mento del premio e il diritto all’indennizzo, è possibileche risulti in concreto applicabile la disciplina di cui alD.Lgs., 6 settembre 2005, n. 206 con riferimento allapossibilità di “intercettare”, in danno del consumatore,quel “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighiderivanti dal contratto” presidiato dalla nullità di prote-zione di cui all’art. 36. E se è vero che il codice del con-sumo non è riferibile alle assicurazioni della responsa-bilità professionale, dovendosi ritenere escluso il con-sumatore-professionista dal relativo ambito di applica-zione10, anche vero, secondo le Sezioni Unite, che incasi siffatti il relativo scrutinio deve essere connotatodalla massiva incisività11. Sopravvivrebbero, perciò, taluni spazi di censura,anche di nullità delle clausole claims made, non in ter-mini generali ma da valutarsi caso per caso, secondo ilseguente principio di diritto: “nel contratto di assicura-zione della responsabilità civile la clausola che subor-dina l’operatività della copertura assicurativa alla cir-costanza che tanto il fatto illecito quanto la richiestarisarcitoria intervengano entro il periodo di efficaciadel contratto o, comunque, entro determinati periodi ditempo, preventivamente individuati (clausola c.d. mistao impura) non è vessatoria; essa, in presenza di deter-minate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla

per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia appli-cabile la disciplina del decreto legislativo n. 206 del2005, per il fatto di determinare, a carico del consuma-tore, un significativo squilibrio degli obblighi derivan-ti dal contratto; la relativa valutazione, da effettuarsidal giudice di merito, è incensurabile in sede di legitti-mità, ove congruamente motivata”. Il principio è stato ribadito dalla sentenza delle SezioniUnite della Corte di Cassazione 2 dicembre 2016, n.24645 che ha confermato la piena legittimità della clau-sola claims made, la quale, in definitiva, pur senza inci-dere sull’aleatorietà del contratto, determina, in favoredell’assicurato, un’estensione della copertura12.

Il monito delle Sezioni Unite sulle assicurazioniobbligatorie e sulla sanitàSignificativa è la conclusione cui sono pervenute leSezioni Unite nella sentenza n. 9140/2016 in meritoalla compatibilità del modello claims nell’ambito del-l’assicurazione obbligatoria della responsabilità profes-sionale stipulata anche nell’interesse del danneggiato.Si tratta di considerazioni esorbitanti dal thema decide-dum ma di rilevanza tale “da non poter essere ignora-te”13.Nel caso di polizza di responsabilità obbligatoria perattività professionale, “difficilmente il giudizio di ido-neità potrà aver esito positivo”, secondo le SezioniUnite, in presenza di una clausola claims made,“comunque articolata, che esponga il garantito a buchidi copertura”.“È di palmare evidenza che qui non sono più in giocosoltanto i rapporti tra società e assicurato, ma anche esoprattutto quelli tra professionista e terzo, essendostato quel dovere previsto nel preminente interesse deldanneggiato, esposto al pericolo che gli effetti dellacolpevole e dannosa attività della controparte restino,per incapienza del patrimonio della stessa, definitiva-mente a suo carico… di tanto dovrà necessariamentetenersi conto al momento della stipula delle convenzio-ni collettive negoziate dai consigli nazionali e daglienti previdenziali dei professionisti nonché in sede diredazione del decreto presidenziale”. La conclusione delle Sezioni Unite contiene quindi unsevero monito agli operatori del diritto e agli estensoridella normazione attuativa: occorre a questo puntoeffettuare una rapida analisi della normazione successi-

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va onde verificare se tale avviso sia stato tenuto inconto dal legislatore.

L’obbligo assicurativo per i professionisti. Le fonti e“lo stato dell’arte” dopo la sentenza n. 9140/2016L’assicurazione obbligatoria della responsabilità pro-fessionale è stata introdotta nell’ordinamento dall’art.3, comma 5, lett. e), del decreto legge 13 agosto 2011n. 138 convertito in legge n. 14 settembre 2011 n. 148che ha previsto l’obbligo, per tutti i professionisti, distipulare “idonea assicurazione per i rischi derivantidall’esercizio dell’attività professionale”, nonché direndere noti al cliente, al momento dell’assunzione del-l’incarico, gli estremi della polizza stipulata e il relati-vo massimale.Il successivo D.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, all’art. 5,nel prorogare di un anno il dovere di assicurarsi, haribadito che la violazione dell’obbligo costituisce unillecito disciplinare e che la stipula dei contratti puòavvenire anche “per il tramite di convenzioni collettivenegoziate dai consigli nazionali e dagli enti previden-ziali dei professionisti”. Per quanto concerne gli avvocati, è intervenuta la legge31 dicembre 2012, n. 247, che all’art. 12 ha impostol’obbligo di stipulare un’assicurazione per responsabi-lità civile per i danni derivanti dall’esercizio della pro-fessione. La polizza si estende anche ai danni derivan-ti dalla custodia di beni o documenti e copre anche idanni derivanti dall’operato dei collaboratori. Statuisce poi l’art. 12, all’ultimo comma, che Le condi-zioni essenziali e i massimali minimi delle polizze sonostabiliti e aggiornati ogni cinque anni dal Ministrodella giustizia, sentito il CNF.Con decreto del Ministero della Giustizia 22 settembre2016 sono state rese note le “condizioni essenziali emassimali minimi delle polizze assicurative a copertu-ra della responsabilità civile e degli infortuni derivan-ti dall’esercizio della professione di avvocato”.Il decreto entra in vigore dopo un anno dalla pubblica-zione e prevede l’obbligatorietà di due polizze: una perla responsabilità civile professionale e un’altra per gliinfortuni. La copertura della responsabilità civile dell’avvo-cato deve contemplare tutti i danni che il legale doves-se colposamente causare a terzi nello svolgimento del-l’attività professionale. E deve includere anche i danni,causati per colpa grave, oltre ai clienti, anche a terzi (ma

non possono essere considerati terzi i collaboratori e ifamiliari dell’assicurato).Interessanti, ai fini della presente indagine, sono ledisposizioni del decreto sull’efficacia temporale e sulrecesso. Viene, invero, imposto che le polizze preveda-no, anche a favore degli eredi, l’obbligatoria retroatti-vità illimitata e l’ultrattività almeno decennale (corri-spondente, cioè, al periodo di prescrizione del diritto)per gli avvocati che cessano l’attività nel periodo divigenza della polizza. Inoltre, la polizza deve esclude-re il diritto di recesso dell’assicuratore dal contratto aseguito della denuncia di un sinistro o del suo risarci-mento, nel corso di durata dello stesso o del periodo diultrattività.Con riferimento alle polizze obbligatorie per gli archi-tetti e per gli ingegneri, vale la normativa prevista ingenerale sull’obbligatorietà della polizza dei professio-nisti disposto dal decreto legge 13 agosto 2011 n. 138convertito in legge n. 14 settembre 2011 n.148. Inmateria è intervenuta una circolare del ConsiglioNazionale dell’ordine degli architetti (la n. 56/2012)che ha chiarito l’ambito di applicabilità della disposi-zione.Per quanto concerne gli esercenti delle professionisanitarie, il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158,convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189 (c.d. leggeBalduzzi) prevede, all’art. 1, comma 3, che conDecreto del Presidente della Repubblica vengano disci-plinate le procedure e i requisiti minimi e uniformi perl’idoneità dei relativi contratti. Con la legge 8 marzo 2017 n. 24, recante “Disposizioniin materia di sicurezza delle cure e della persona assi-stita, nonché in materia di responsabilità professionaledegli esercenti le professioni sanitarie” (c.d. leggeGelli) si è tentato di mettere ordine in uno dei settoripiù problematici della responsabilità civile e penale, dasempre oggetto di produzione giurisprudenziale e dot-trinale, sovente non univoca.Prima di affrontare lo specifico dell’efficacia temporaledella copertura assicurativa obbligatoria, appare utileaccennare sinteticamente ai punti principali della riforma:• è attribuita al difensore civico regionale la funzione diGarante per il diritto alla salute (art. 2) ed è istituitol’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sullasicurezza nella sanità, presso l’Agenzia nazionale peri servizi sanitari regionali (art. 3);

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• nel codice penale è introdotta la nuova fattispecie del-l’art. 590 sexies, intitolato “Responsabilità colposaper morte o lesioni personali in ambito sanitario”14con contestuale abrogazione dell’art. 3, comma 1,della legge n. 189/2012 (c.d. legge Balduzzi) (art. 6);• è di tipo contrattuale la responsabilità della struttura(pubblica o privata) che si avvalga dell’opera di eser-centi la professione sanitaria, anche se scelti dalpaziente e ancorché non dipendenti della strutturastessa. Risponde, infatti, la struttura, delle condottedolose o colpose di costoro, ai sensi degli artt. 1218 e1228 c.c. e ciò vale anche per le prestazioni sanitariesvolte in regime di libera professione intramuraria, odi convenzione, o nell’ambito di attività di sperimen-tazione. Per contro, la responsabilità del sanitarioviene attratta nell’alveo quale dell’illecito aquiliano(art. 7). Il legislatore fa quindi chiarezza, finalmente,circa la natura della responsabilità medica, mostrandodi voler recepire le più assennate opinioni giurispru-denziali15. Tale definizione porta con sé le note con-seguenze di tipo sostanziale (es. prescrizione) e pro-cedurale (es. onere della prova); • l’azione civile di risarcimento danni da responsabilitàsanitaria deve essere preceduta, a pena di improcedi-bilità, dal ricorso per consulenza tecnica preventiva dicui all’art. 696 bis c.p.c. o, in alternativa, dal procedi-mento di mediazione ai sensi del D.Lgs. n. 28/2010(art. 8); • sono fissati limiti all’esercizio dell’azione di rivalsanei confronti del sanitario (art. 9) ed è introdottal’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’im-presa di assicurazione che presta copertura alla strut-tura e al sanitario (art. 12);• è prevista l’istituzione, presso il Ministero dellaSalute di un Fondo di Garanzia per i danni derivantida responsabilità sanitaria, gestito dalla CONSAP ealimentato dal versamento di un contributo annualeda parte delle imprese autorizzate all’esercizio delleassicurazioni per la responsabilità civile per i dannicausati da responsabilità sanitaria.

Passando ora a trattare l’obbligo di assicurazione pro-fessionale sotto il profilo dell’efficacia temporale, vaosservato che l’art. 10 della legge n. 24/2017 imponealle strutture sanitarie, pubbliche e private, l’obbligo dicopertura assicurativa per la responsabilità civile verso

terzi e per la responsabilità civile verso i prestatorid’opera; la copertura si estende anche ai danni cagiona-ti dal personale a qualunque titolo operante presso lestrutture stesse, compresi coloro che svolgono attivitàdi formazione, aggiornamento, sperimentazione ericerca clinica. L’obbligo assicurativo riguarda anche leprestazioni svolte in regime di libera professione intra-muraria o in regime di convenzione con il servizio sani-tario nazionale o attraverso la telemedicina.Resta fermo l’obbligo di copertura assicurativa (giàprevisto, come si è detto, dal D.L. n. 138/2011) per ilsanitario che eserciti al di fuori di una delle dette strut-ture, o che presti la propria opera all’interno della stes-sa in regime libero-professionale, o ne utilizzi gli spazinell’adempimento della propria obbligazione contrat-tuale assunta con il paziente.Per garantire efficacia all’eventuale azione di rivalsa odi responsabilità amministrativa, ogni sanitario cheoperi, a qualunque titolo, in strutture sanitarie, pubbli-che o private, deve provvedere alla stipula, con oneri aproprio carico, di un’adeguata polizza di assicurazioneper colpa grave.Le strutture sanitarie devono pubblicare sui rispettivisiti internet i dati riguardanti l’impresa assicuratrice, lepolizze e le relative clausole contrattuali.Un apposito decreto del Ministero dello SviluppoEconomico, di concerto con il Ministro della salute,sentito l’IVASS e le associazioni di categoria interessa-te, da emanare entro 120 giorni dall’entrata in vigoredella legge, dovrà fissare i requisiti minimi di garanziadelle polizze assicurative.Per quanto concerne l’efficacia temporale della garan-zia, l’art. 11 della citata legge n. 24/2017 prevedel’estensione della garanzia anche agli eventi accadutinei dieci anni antecedenti la conclusione del contrattoassicurativo, purché denunciati all’impresa di assicura-zione durante la vigenza temporale della polizza. Incaso di cessazione definitiva dell’attività professionale,per qualsiasi causa, la polizza deve prevedere un perio-do di ultrattività della copertura per le richieste di risar-cimento presentate per la prima volta entro i dieci annisuccessivi e riferite a fatti generatori della responsabi-lità verificatisi nel periodo di efficacia della polizzastessa, incluso il periodo di retroattività della copertu-ra. L’ultrattività è estesa agli eredi e non è assoggetta-bile a disdetta.

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Dalle disposizioni esaminate, aventi ad oggetto lepolizze obbligatorie dei professionisti emerge la preoc-cupazione del legislatore – che mostra di aver tenuto indebito conto del monito della Cassazione – di nonlasciar scoperti ambiti di garanzia che dovrebbero esse-re cautelati. A tal uopo è stata imposta una coperturarisarcitoria postuma, perdurante nel tempo, attivabilelungo l’arco del termine prescrizionale previsto per larelativa azione. Un modello così congegnato sembraadeguato ai fini della protezione del cliente.Al riguardo, non va dimenticato che oggi il rischio di“sorprese” per l’assicurato sembrerebbe scongiurato,visto che la legge, come si è detto, ha previsto retroat-tività e ultrattività decennale della polizza per respon-sabilità professionale. È presumibile, quindi, che neicontratti assicurativi non si annidino più insidie perl’assicurato, come accadeva in passato, ove in sede dirinnovo annuale della copertura veniva capitava chevenisse fatta avanzare la “retroactive date”, ossia ladata iniziale della copertura. Peraltro, se si vanno ad esaminare in concreto le poliz-ze di r.c. professionale in, offerte in convenzione congli ordini di appartenenza, dalle compagnie ai profes-sionisti, si può osservare come talune imprese offranouna garanzia postuma decennale per i sinistri denuncia-ti entro dieci anni dalla conclusione del contratto odalla cessazione dell’attività, a un prezzo prenegoziatoe suppletivo rispetto al premio ordinario (per gli archi-tetti); altre imprese offrono una garanzia retroattiva illi-mitata e una postuma successiva decennale (per gliavvocati) senza previsioni di supplementi di premio.È evidente, peraltro, che tali coperture dovrebberoessere correttamente tarate in concreto: a voler esem-plificare, un medico neolaureato non ha alcun interessead un lungo periodo di retroattività della polizza pro-fessionale e quindi non necessita di lievitazioni ingiu-stificate del premio connesse alla retroattività; di con-seguenza, dovrebbe essere escluso alcun aumento tec-nico del premio per un’ipotesi siffatta, attesa l’impossi-bilità della verificazione del sinistro negli anni prece-denti alla laurea. Analogo ragionamento potrebbe vale-re, ad esempio, per un anziano avvocato di lunga espe-rienza, mai destinatario di richieste di risarcimento percolpa professionale, il quale non necessita, per eviden-ti ragioni anagrafiche, di costose coperture a ultrattivi-tà illimitata16. In tal senso, si ritiene, possono residuare

spazi di giudizio sull’immeritevolezza del contratto daeffettuare caso per caso, come precisato dalle SezioniUnite, tenuto altresì conto che il codice del consumonon sarebbe applicabile al consumatore-professionista. Resta, nella legislazione vigente, la significativa lacunacostituita dalla previsione dell’obbligatorietà di assicura-zione per il professionista o per la struttura sanitaria, nonaccompagnata dal corrispondente obbligo ad assicurarein capo alle imprese assicuratrici. Tale difetto può gene-rare conseguenze aberranti soprattutto con riferimentoalla tutela della salute: si consideri che a tutt’oggi leimprese possono richiedere premi particolarmente eleva-ti o addirittura rifiutarsi, in linea teorica, di contrarre conclienti particolarmente sinistrosi quali possono essere, adesempio, alcuni ospedali particolarmente sinistrosi. Intuitive appaiono le ricadute sociali ed economiche.

La sentenza della Corte di Cassazione, III Sez., 28aprile 2017 n. 1056Con sentenza n. 1056 del 28 aprile 2017, la III Sezionedella Corte di Cassazione è ritornata sull’annosa que-stione della legittimità delle clausole claims made per-venendo a risultati in parte contrastanti con le statuizio-ni delle Sezioni Unite.Valga un rapido esame delle più rilevanti statuizionidella decisione.Nella decisione, resa dalla terza sezione, la clausolaclaims made è definita come “patto atipico” che, secon-do l’insegnamento delle Sezioni Unite, può essere con-siderato, in concreto, immeritevole di tutela, “allorchérisulti contrario ai principi di solidarietà, parità e nonprevaricazione che il nostro ordinamento pone a fonda-mento dei rapporti privati”.Va premesso che, nel caso di specie, la Corte ha esclu-so la meritevolezza di una clausola di un contratto (sti-pulato nel 2003) che non contemplava la garanziapostuma, per eventi dannosi percepiti successivamentealla cessazione dell’efficacia dell’assicurazione. Al riguardo va subito chiarito, onde riportare la contro-versia nei giusti confini, che il problema oggi apparesuperato, in quanto, proprio all’esito del monito dellesezioni Unite del 2016, appena commentata, è interve-nuto il legislatore che ha imposto la retroattività e laultrattività decennale delle polizze di responsabilitàcivile in materia sanitaria17 e nelle professioni legali(ove la retroattività è addirittura illimitata)18.

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Sicché, a personale avviso di chi scrive, lo scrutinio diimmeritevolezza, enunciato dalla terza sezione dellaCorte di Cassazione, può valere solo per quei contratti,escludenti la garanzia postuma, che siano stati conclusiantecedentemente alle novelle legislative costituite dalD.M. 22 settembre 2016 (art. 2) e dalla legge n. 24/2017(art. 11). Giammai a quelli stipulati successivamente, inottemperanza alle relative disposizioni. Del resto, da unrapido esame delle polizze oggi in convenzione con lecategorie professionali, non sembrerebbero essere pro-posti contratti con clausole a ultrattività esclusa. Sarà piuttosto necessario, si ritiene, che prescrizionianaloghe a quelle previste nel campo legale e dellasanità vengano imposte in sede di emanazione deidecreti attuativi delle polizze a copertura dei professio-nisti diversi da quelli sanitari e legali (es. polizze peringegneri e architetti), al fine rendere armonico l’interosistema della r.c. professionale. Tornando alla sentenza della Corte, dopo una dotta edesaustiva elencazione dei casi in cui, in passato, deter-minati contratti erano stati ritenuti immeritevoli di tute-la, la terza sezione perviene alla conclusione che i con-tratti ritenuti rilevanti ex art. 1322 c.c. comma 2, sianoquei patti che, pur formalmente rispettosi della leggehanno per scopo l’effetto di:a) attribuire ad una delle parti un vantaggio ingiusto esproporzionato senza contropartita per l’altra;

b) porre una delle parti in una posizione di indetermi-nata soggezione nei confronti dell’altra;

c) costringere una delle parti a tenere condotte contra-stanti con i superiori doveri di solidarietà costituzio-nalmente imposti.

Una clausola che escluda le richieste postume, precisala terza sezione della Cassazione, non persegue interes-si meritevoli di tutela in quanto attribuisce un vantag-gio ingiusto e sproporzionato per l’assicuratore, senzacontropartita. In effetti, nel caso di specie, la polizza valutata dallaCorte, non prevedeva copertura per danni manifestatisie richiesti nel periodo successivo a quello di efficaciadella polizza. Attualmente, una clausola che esclude larisarcibilità dei danni rivelatisi (e quindi richiesti) suc-cessivamente al periodo di efficacia della polizza,almeno nel campo sanitario e legale, contrasterebbecon precise indicazioni normative.

Oggi non si porrebbe una questione di immeritevolez-za, bensì di illegalità. Fin qui, dunque, il ragionamento della Corte è inecce-pibile. La clausola claim’s made – prosegue la Corte – fadipendere la prestazione dell’assicuratore non solo daun evento futuro e incerto ascrivibile a colpa dell’assi-curato, ma altresì da un ulteriore evento, futuro e incer-to dipendente dalla volontà del terzo danneggiato: larichiesta di risarcimento. L’avveramento di tale condi-zione – secondo la terza sezione – esula del tutto dallasfera di volontà dell’assicurato, e, in caso di esclusionedi richieste postume, gli impedisce di ottemperare aquei doveri di solidarietà, costituzionalmente tutelati,che imporrebbero di risarcire spontaneamente e pronta-mente il danno a prescindere dalla richiesta del terzo. Qui il ragionamento della III Sezione pare contrastarecon quanto statuito dalle Sezioni Unite nel 2016, alme-no con riferimento alle clausole a garanzia retroattiva. Si riporta per esteso il passo di interesse della nota sen-tenza n. 9140/2016: “il rischio dell’aggressione delpatrimonio in dipendenza di un sinistro verificatosi nelperiodo contemplato dalla polizza, si concretizza pro-gressivamente, perché esso non si esaurisce nella solacondotta materiale, cui pur è riconducibile causalmen-te il danno, occorrendo anche la manifestazione deldanneggiato di esercitare il diritto al risarcimento: nederiva che la clausola claims made con garanzia pre-gressa è lecita purché afferisce a un solo elemento delrischio garantito, la condotta colposa posta già inessere e pertanto ignorata, restando invece impregiudi-cata l’alea dell’avveramento progressivo degli altrielementi costitutivi dell’impoverimento patrimonialedel danneggiante-assicurato”.A ciò va aggiunto che è la struttura stessa dell’assicura-zione della responsabilità civile che presuppone, qualecondizione per la risarcibilità, la richiesta del terzo dan-neggiato, senza la quale la quale l’obbligo dell’assicu-ratore non può sorgere, come risulta anche dall’art.2952 c.c., comma terzo.In definitiva, se il ragionamento della terza sezione puòtrovare condivisione con riferimento alle clausole cheescludono le richieste postume, non può valere perquelle retroattive, in verità non considerate nella deci-sione in commento, che aveva ad oggetto, è bene notar-lo, un modello claims privo di ultrattività, oggi vietato,

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almeno per le polizze r.c. sanitaria e legale.Resta il nodo, irrisolto, del principio di diritto redatto inmaniera sì generale da far dubitare della meritevolezzadi qualsiasi clausola claims made, ivi comprese quelleretroattive: “La clausola claim’s made, inserita in uncontratto di assicurazione della responsabilità civilestipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto dellaquale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto ildanno causato dall’assicurato, quanto la richiesta dirisarcimento formulata dal terzo, avvengano nel perio-do di durata dell’assicurazione, è un patto atipicoimmeritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322, comma

secondo, c.c. in quanto realizza un ingiusto e spropor-zionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicura-to in una condizione di indeterminata e non controlla-bile soggezione”.Nulla quaestio se tale principio viene riferito a unaclausola che esclude una copertura postuma19. Se inve-ce si volesse intendere il principio come applicabile aqualsiasi clausola claims made (comprese quelle acopertura retroattiva che, in definitiva, estendono lagaranzia in favore del garantito), tale interpretazione siporrebbe in insanabile contrasto con il dictat delleSezioni Unite e con la legge.

* Le opinioni espresse nel presente lavorovengono rese a titolo personale e non impe-gnano né sono riferibili all’ente pubblico diappartenenza.

1 Il terzo comma dell’articolo 2952 c.c. statui-sce testualmente che: “Nell’assicurazionedella responsabilità civile, il termine decorredal giorno in cui il terzo ha richiesto il risarci-mento all’assicurato o ha promosso contro diquesto l’azione”.

2 Loi n. 2002-1577 du 30 décembre 2002, c.d.Loi About.

3 Si veda ad es.: Corte di Cassazione, n.5624/2005; Tribunale di Roma n. 17197/07.

4 Letteralmente: il momento in cui si è verifi-cato l’evento che ha determinato il danno.

5 Si veda ad es. Corte Cassazione n.562/2005.

6 Si veda Corte di Cassazione n. 5791/2014.

7 Tesi patrocinata da autorevole dottrina:ROSSETTI, La claims made è vessatoria? No, ènulla, in D&G 2005, 37, p. 17, nota a Corte diCassazione 15 marzo 2005 n. 5624, ivi, p. 20.

8 Art. 1905 Limiti del risarcimento.L’assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi enei limiti stabiliti dal contratto, il danno sof-ferto dall’assicurato in conseguenza del sini-stro. L’assicuratore risponde del profitto spe-rato solo se si è espressamente obbligato.

9 In tal senso: Cass. Civ., 17 febbraio 2014, n.3622.

10 Cass. Civ., 12 marzo 2014, n. 5705.

11 Può essere superflua la necessità di effet-tuare uno “scrutinio incisivo” sulla ricorrenzadel significativo squilibrio nelle ipotesi in cuila relativa disciplina viene ritenuta inapplica-bile.

12 In passato, il principio era stato già deli-neato da Tribunale di Milano, 18 marzo 2010,n. 3527, secondo cui: “La clausola claimsmade non incide sugli elementi tipici del con-tratto di assicurazione, perché non elimina némodifica la natura aleatoria del contratto.Tanto più che la clausola in questione nonmodifica l’oggetto della garanzia, che conti-nua ad essere rappresentato dal fatto illecitodedotto in polizza, limitandosi semplicementea condizionarne l’operatività alla circostanzache il danneggiato avanzi la relativa richiestadi risarcimento”.

13 Così, testualmente, nel capo 21 della deci-sione in commento.

14 Art. 590 sexies c.p. Responsabilità colposaper morte o lesioni personali in ambito sanita-rio. Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sonocommessi nell’esercizio della professionesanitaria, si applicano le pene ivi previstesalvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa diimperizia, la punibilità è esclusa quando sonorispettate le raccomandazioni previste dallelinee guida come definite e pubblicate ai sensidi legge ovvero, in mancanza di queste, lebuone pratiche clinico-assistenziali, sempreche le raccomandazioni previste dalle predet-te linee guida risultino adeguate alle specifici-tà del caso concreto.15 Valga, quale modello davvero paradigma-

tico, Tribunale di Milano 17 luglio 2014, n.9693, emessa in un momento in cui moltiautorevoli giuristi affermavano la natura con-trattuale della responsabilità del medico ospe-daliero, evocando il “contatto sociale” o la“responsabilità senza prestazione”. La senten-za, in un obiter a taluni sfuggito, si segnalaanche per un sobrio tentativo di ripristinare ladistinzione tra obbligazione di mezzi e obbli-gazioni di risultato, di lontana memoria.

16 Gli esempi potrebbero essere infiniti. Sipensi al caso di un medico chirurgo il qualeprevede di terminare a breve la propriarischiosa attività per svolgere successivamen-te la sola attività di visite ambulatoriali. Inquesto caso è evidente che la polizza diresponsabilità per le visite ambulatoriali,anche se con garanzia pregressa (assai menocostosa, ovviamente, per l’esclusione degliinterventi), non coprirà eventuali richiesterelative alla precedente attività medico-chi-rurgica. Occorrerà pertanto verificare che lapolizza r.c. acquistata durante l’ultimo anno diesercizio dell’attività chirurgica, contengaun’adeguata copertura postuma per accoglie-re richieste di risarcimento che dovessero pre-venire in un momento posteriore.

17 Ci si riferisce all’art. 11 della legge 8marzo 2017 n. 24. Si veda nota n. 66.

18 Ci si riferisce all’art. 2 D.M. Giustizia 22settembre 2016. Si veda nota n. 61.

19 In effetti, nel caso concreto consideratodalla Corte di Cassazione non viene effettua-to alcun vaglio di meritevolezza sulle clauso-le a copertura retroattiva.

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1. Rilevazioni medico legali Non infrequentemente le rilevazioni medico legali indeterminate tipologie di reati (ex plurimis: omicidi,stragi, rapine, violenze sessuali, abusi su minori) con-sentono di ottenere imprescindibili informazioni voltealla adeguata ricostruzione della genesi e della dinami-ca del delitto. In primis, certamente, non può non farsi riferimentoalla autopsia, alla stregua di accertamento medico lega-le per antonomasia: Autos-oψis Vedere se stesso – inda-gare l’essere.Le origini di questo genere di attività sembrano risalireproprio ai Greci che pure non vedevano di buon occhiola dissezione dei corpi, attribuendo agli stessi unaforma di sacralità1.Ma anche nell’Antico Egitto v’e traccia di svolgimentodi accertamenti autoptici e di forme di “sopralluoghi”medico legali; sono stati oggetto di rinvenimento alcu-ni papiri datati II e III secolo che riportavano di ispe-zioni sul luogo di delitti da parte dello stratego, di duetestimoni, di un funzionario pubblico, di uno scriba infunzione di nomografo e di un medico che, evidente-mente, si occupava dell’accertamento fisico2. V’è traccia di svolgimenti di autopsie financhenell’Antica Roma; ne parla lo stesso Svetonio nelleVite dei Cesari, proprio con riferimento a Giulio Cesareper stabilire le cause della morte dello stesso. Anche nel tardo periodo romano v’ è traccia di svolgi-mento di sopralluoghi giudiziari in caso di morti vio-lente, incidenti o lesioni personali.Non vi sono, invece, riferimenti in epoca medioevale.Riappare l’accertamento medico legale solamente intesti del 1500.

Morgagni, che è certamente uno dei padri della medici-na legale, effettuò numerosissime autopsie su cadaveripresenti presso l’ospedale di Padova al fine di approc-ciare a progressi scientifici; ancora vanno annoveratitra illustri padri della medicina legale italiana PaoloZacchia e Marco Ezechia Lombroso. Gli studi di Lombroso, come è noto, si collocano tra ilfinire dell’800 ed i primissimi anni del ’900. Molti dei suoi approfondimenti, nascenti da una enormecasistica analitica, prendevano le mosse dalla conforma-zione fisica dell’individuo per analizzarne le tendenze. Numerosi accertamenti riguardavano gli atavismiovvero i tratti dell’individuo ed i possibili collegamen-ti degli stessi con la tendenza umana (si pensi alla fos-setta occipitale) ma non vanno neppure dimenticati glistudi effettuati dallo stesso sui tratti fisici dell’indivi-duo e perfino sui tatuaggi dei detenuti3.Nell’ultima parte della sua vita, Lombroso ebbe a daremaggiore interesse all’aspetto psico-sociale dell’indivi-duo, passando da un approccio meramente antropologi-co ad un analisi psico-antropologico-sociale.Non possono, poi, non ricordarsi, versando in tema discena del crimine, i lavori svolti da Salvatoreottolenghi, seguace della scuola lombrosiana di antro-pologia criminale e Alfonse Bertillon il quale sviluppòun vero e proprio sistema di segnalamento antropome-trico, basato sull’analisi di una serie di misurazioni(statura, altezza tronco, dimensione cranio ed arti etc);il così detto ritratto parlato del delinquente altrimentidetto “bertillonage”.ottollenghi ebbe ad applicare ed estendere detto princi-pio di contrassegno ed analisi dei tratti personali allascena del crimine; nel corso di ogni sopralluogo di poli-

Il percorso del sangue:dalla scena del crimine al processo penaleLaura Valentina MascioliAvvocato del Foro di Tivoli, Docente in Criminologia e Cyber Security presso la “Fondazione Universitaria Inuit Tor Vergata” MasterExecutive di 2° livello

SoMMARIo: 1. Rilevazioni medico legali – 2. Bloodstain Pattern Analysis (BPA) – 3. Dalle tecniche di identifica-zione personale all’accertamento genetico

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zia, infatti, secondo ottolenghi dovevano essere segna-late le specificità che lo caratterizzavano. Ma tornando al concreto e, quindi, alle rilevazioni medi-co legale alla scena del crimine va ricordato, alla stre-gua di una suggestiva espressione di WilliamSchakspere, come “la morte non ha lingua ma parla”;l’analisi del cadavere unitamente alla scena del delitto cioffrono delle risposte importanti, anzi essenziali, per laadeguata ricostruzione e risoluzione di casi giudiziari. Il livor, il frigor, il vigor, la presenza di ipostasi, dipetecchie, di tracce subungleari; tutto consente di com-prendere come siano andati in effetti i fatti: l’ora dellamorte, le modalità con cui essa si è realizzata, nonchénotevolissimi ulteriori elementi che caratterizzano ilgesto omicidiario. Se si possa, ad oggi, discutere di evidenze scientifichein ambito medico legale non è quesito di facile néimmediata soluzione, essendo la patologia forense unascienza in continua e costante evoluzione. Ma ciò che ècerto è che più minuziosa ed attenta sarà la analisi svol-ta maggiore sarà la possibilità di pervenire a delle veree proprie evidenze. La prima analisi del locus commissi delicti è, comedetto, di particolare pregnanza; nel nostro ordinamen-to non esiste la figura del coroner che è un medicolegale d’oltre-oceano che interviene sulla scena del cri-mine ma, nel nostro paese, sono, frequentemente, i con-sulenti del Pm o i medici legali della polizia scientificaad intervenire in loco.La importanza di tale primo accertamento, come detto,è di particolare pregnanza per il prosieguo. Si pensi, per svolgere una esemplificazione pratica, alcaso di una giovane donna che nel 2010 venne uccisa inuna stanza di albergo del frusinate. La fanciulla vennetrovata nella stanza da bagno con la schiena appoggiataal muro; tracce di trascinamento sopra la testa che con-ducevano alla finestrella; tracce di trascinamento sulpavimento che collegava la stanza di albergo alla came-ra da bagno. La lingua della giovane era serrata tra identi; gli occhi semi-aperti. Sulle gambe un piccolo col-tello. Asciugamani, imbibiti di sostanza ematica, furonotrovati nel piccolo secchio della stanza da bagno. Laragazza presentava finanche una ferita lacero contusasulla fronte, all’altezza del sopracciglio sinistro e deisegni tondeggianti all’altezza del collo. I capelli eranoimbibiti di sostanza ematica.

Ebbene, come detto, già un prima e rapida visione delcadavere e della scena in cui esso si trovava ebbe a con-sentire di capire molte cose in merito all’accertamentodei fatti delittuosi; permise di comprendere lo sposta-mento del corpo, la avvenuta colluttazione, la realizza-zione del tentativo di depistaggio, nonché di stabilire ilperiodo temporale in cui ebbe a verificarsi la morte. Il primo approccio è, quindi, fondamentale ed è neces-sario svolgere una adeguata cristallizzazione di dettomomento di verifica medico legale. I segni sul corpo del cadavere sono, infatti, soggetti arapida modificazione. E tutto si fa ancora più compli-cato quando il cadavere è in via di decomposizione opeggio è già del tutto decomposto. Il sopralluogo giudiziario sotto il profilo medicolegale rappresenta, in vero, il punto di partenza diogni indagine finalizzato all’acquisizione di oggetti etracce dotate di attitudine probatoria e costituiteprima del processo, le c.d. prove reali che prescindo-no dalla rappresentazione; esso si fonda sull’attentaosservazione e documentazione della situazioneambientale per consentire la fissazione dello stato deiluoghi; prosegue poi, con la ricerca e la raccolta delletracce e degli elementi presenti sulla scena del crimine.In questa delicata attività di primo accertamento, allor-quando si concretizzano delitti contro la persona, sia lapolizia giudiziaria che il pubblico ministero possonoavvalersi della collaborazione di un medico legale4.L’intervento del medico legale direttamente sullascena del delitto è, come anzidetto, un momento diimprescindibile rilevanza, sia per quanto concernegli accertamenti di diretta competenza e legati alcadavere nell’ambiente in cui viene rinvenuto, sia inrelazione alle diverse tracce, specialmente quelle diorigine biologica, che si possono rilevare nello stes-so contesto. Preziose sono tutte le informazioni che il medico lega-le potrà trarre dai dati raccolti, circa il periodo e le cir-costanze della morte, circa la causa della morte e imezzi adoperati. Infatti, detti elementi possono fornire una importanteindicazione per i primi accertamenti da compiersi e perorientare le investigazioni e le indagini.Nel corso del sopralluogo, il medico legale dovrebbeprestare particolare attenzione dapprima a tutto l’am-biente in cui si è consumato il reato, concentrando l’in-

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teresse su macchie, schizzi ed impronte visibili per poidedicarsi alla analisi del cadavere. Anche in materia di sopraluogo giudiziario in rap-porto alle rilevazioni medico legali, tuttavia, deveessere oggetto di considerazione la assenza di proto-colli di settore (e ancor più di statuizioni legislative).La valutazione dei rilievi effettuati sui singoli elemen-ti, che devono essere sempre armonicamente e rigoro-samente correlati, dovrebbe astrattamente consentire dirisolvere il classico quesito medico-legale riguardanteuna diagnosi differenziale tra omicidio, suicidio emorte accidentale, e poi permettere di orientarsi sulladinamica del fatto come, per esempio, sulla posizionereciproca della vittima e dell’aggressore, sull’epocadella morte e sulle circostanze che l’hanno preceduta oseguita. La memoria torna certamente, in detto frangente piùche in altri, al principio di interscambio di Locard percui il contatto tra più soggetti lascerà degli elementidegli stessi anche sulla scena. Delle macchie è di grande importanza rilevare l’ubica-zione, il colore e la forma. L’ubicazione fornisce indicazioni ai fini della ricostru-zione della dinamica del fatto; il colore delle stesse,invece, nelle relative variazioni cromatiche può fornireindicazioni circa l’epoca di produzione delle stesse,come finanche la conformazione delle macchie (pozze,spruzzi, sgocciolature, schizzi, ecc.). La forma consentirà, poi, di capire se ad esempio essaè stata generata da un gocciolamento o da un urto; daltaglio di una vena o di una arteria.La presenza di macchie di sangue sul luogo ove è avve-nuto un delitto può aiutare nella ricostruzione di alcunemodalità del fatto, con riscontri utili per l’indagine. Si possono infatti stabilire, con un sufficiente grado diapprossimazione, alla stregua di quanto già detto inprecedenza, in base alle quantità di sangue presente sulluogo, i movimenti compiuti dalla vittima, la posizionereciproca di vittima e aggressore, l’altezza della feritadalla quale il sangue è provenuto, l’epoca a cui risale lamacchia. Si può, altresì, giungere alla diagnosi di appartenenzaindividuale, all’identificazione del soggetto cui il san-gue appartiene, sia con la risultanza indicativa dell’esa-me del gruppo sanguigno sia attraverso l’accertamentodel DNA.

Per distinguere poi le macchie di sostanza ematica daaltre tipologie di imbrattamenti potrà essere utilizzato illuminol che è un composto liquido che si asperge sullezone interessate ed è curioso sottolineare come alcuniliquidi (succhi di frutta) reagiscano al luminol alla stre-gua del sangue. Ciò fa comprendere, con immediatezza di percezione,sia come ogni accertamento abbia una sua pregnanza maanche come esso da solo non basti per profilare ipotesi dicertezza, in assenza di una adeguata attività di sintesi. Le operazioni e i rilievi che vanno compiuti sul cada-vere nel luogo dell’evento riguardano i caratteri e glielementi di riscontro immediato, primi tra essi il rilie-vo dei fenomeni tanatologici: macchie ipostatiche, rigi-dità cadaverica e temperatura corporea (livor, vigor efrigor). La tanatologia, come è noto, studia le modificazioniche avvengono nelle fasi immediatamente precedenti lamorte e nel corso dei successivi processi trasformativi5

e permette di risalire, sempre con una certa approssi-mazione e mai con certezza assoluta, alla soluzione delquesito circa l’epoca dell’evento morte.

FRIGORIn termini pratici, il medico legale procede inizialmen-te alla misurazione della temperatura corporea delcadavere ma questa può essere notevolmente influen-zata dalla temperatura esterna e dalla ventilazioneambientale, nonché dalle condizioni individuali delcadavere stesso; inoltre, più trascorre tempo tra ildecesso e il rinvenimento del corpo, più aumenta l’in-certezza diagnostica circa la determinazione dell’epocadella morte6. Con la cessazione della vita vengonomeno le reazioni di produzione di calore ma continua ladispersione e dunque la temperatura interna dell’orga-nismo, sino ad allora stabile mediamente sui 37°C,diminuisce sino a mettersi gradualmente in equilibriocon la temperatura esterna.Si possono distinguere tre fasi:

1. nel corso della prima la perdita di calore è lenta,essendo pari a 0,5-0,7°C circa all’ora per 3-4 ore;

2. nella seconda fase la perdita di calore è più rapida,circa 1°C all’ora per 6-8 ore;

3. infine, nella terza fase, la diminuzione di temperatu-ra è sempre meno sensibile, da 1/2 a 1/4 di gradoall’ora fino all’equilibrio termico.

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La lentezza del degrado di temperatura della prima fasedipende dal metabolismo cellulare residuo, che cessadopo tre/quattro ore e permette un raffreddamento piùrapido nella seconda fase. Nella terza fase, invece, ilcorpo ha già ceduto gran parte del suo calore all’am-biente esterno, in quanto ha cominciato a sussistere ilfenomeno putrefattivo7.

VIGOR L’altro rilievo fondamentale ad opera del medico lega-le in sede di sopralluogo riguarda la ricerca della pre-senza o meno della rigidità cadaverica. Nel momento della morte vi è perdita di tono muscola-re, cui fa seguito uno stato di flaccidità del cadavere; inseguito, in un periodo variabile da pochi minuti a 2-3ore, si determina una contrazione delle fibre muscolaried entro la dodicesima ora la rigidità è generalizzata. Anche tale fenomeno tanatologico è influenzato dadiverse condizioni e fattori. Ad esempio uno sforzo fisico intenso prima della mortepuò determinate una precoce rigidità delle membramentre, al contrario, malattie debilitanti ritardano laformazione del rigor mortis. Tra i fattori estrinseci che intervengono nella formazio-ne del fenomeno va ricordato che una bassa temperatu-ra ambientale ritarda la comparsa della rigidità, mentrele alte temperature la accelerano. Il medico legale esamina dunque la rigidità, comincian-do a saggiare l’articolazione temporo-mandibolare (simuove la mandibola forzando il movimento di apertu-ra della bocca) per valutare la resistenza che essa offrealla pressione esercitata. Lo stesso prosegue poi con la valutazione delle grandiarticolazioni (spalla, gomito, polso, anca, ginocchio,piede) e continua con le piccole articolazioni (dita dellemani e dei piedi). In termini tecnici-operativi si parlerà dunque, secondoil periodo in cui si esamina il cadavere, di rigidità pre-sente e generalizzata alle grandi e piccole articolazioni,grado di validità intenso o moderato, rigidità facilmen-te o difficilmente risolvibile, rigidità completamenterisolta8.Si pensi al caso della giovane donna rinvenuta nellastanza di albergo del frosinate. La stessa venne rinve-nuta dai primi soggetti pervenuti sul posto con le brac-cia poste parallelamente rispetto alle gambe ma solle-

vate e distaccate di alcuni centimetri rispetto alle stes-se. Ciò dimostrava, con ogni evidenza, come fossesopraggiunto il rigor mortis.

LIVOR oltre alle rigidità cadaveriche, vanno individuate lemacchie ipostatiche; esse offrono importanti informa-zioni sia sul tempo trascorso dalla morte sia sulla posi-zione tenuta dal cadavere dopo la morte. Le ipostasi, infatti, cominciano a formarsi a distanza dipochi minuti dal decesso, risultano visibili a distanza di2-3 ore dalla morte e raggiungono il massimo dellaintensità entro 6-8 ore.In sede di sopralluogo si deve sempre rilevare la“migrabilità, la modificabilità e/o la fissità ipostatica”9.La valutazione della modificazione cromatica o di sede diuna macchia ipostatica è rilevante ai fini della determina-zione dell’epoca e del luogo ove la morte è avvenuta.Se, infatti, un cadavere è stato spostato a distanza dipoche ore dalla morte, è possibile vedere ipostasi piùmarcate e altre più sfumate, in sedi diverse. Anche l’assenza di ipostasi in zone declivi può indicareuno spostamento, ovvero una simulazione: si pensi a uncadavere impiccato in assenza di macchie ipostatichesugli arti superiori e inferiori, presenti invece sul dorso. Un caso giudiziario anni orsono riguardò proprio unaipotesi di impiccamento che poi venne smentita, anche,grazie alla attenta analisi del quadro ipostatico. In vero, il fatto omicidiario si era svolto in altro luogoe, poi, il cadavere era stato spostato e ne era stato simu-lato il suicidio. Le ipostasi sul dorso, incompatibili conla posizione in cui il cadavere fu rinvenuto, consentiro-no proprio di dimostrare la reale esegesi dei fatti.

LESIVITÀ ESTERNAInfine, compete sempre al medico legale il rilievo e ladescrizione delle lesioni presenti sul cadavere.Di esse va indicata la natura (escoriazioni, ecchimosi,ferite da taglio, punta e taglio, ferite da arma da fuoco,solchi cutanei da strangolamento, impiccagione, ecc.),la sede, il numero, la direzione, le dimensioni, la forma,i caratteri, l’aspetto dei margini e del fondo nonché lostato dei tessuti circostanti. L’esame più approfondito delle lesioni sarà eseguito insala autoptica nel corso del primo momento di descri-zione del corpo10.

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L’accertamento autoptico vero e proprio è costitui-to di tre momenti: esame esterno; esame interno eesame tossicologico ed istologico.Gli organi vanno estratti dal corpo, pesati ne va valuta-to il colore, la consistenza, la corrispondenza alla lesi-vità esterna etc. La regola non scritta che tuttavia domina l’accerta-mento autoptico è la seguente: ciò che viene descrit-to esiste e ciò che non viene descritto non esiste.Le conclusioni che verranno svolte dal medico legalevariano da caso in caso, dipendendo anche dai quesitiche gli vengono posti dal soggetto che lo incarica.Normalmente, però, esse, in ipotesi omicidiarie, atten-dono principalmente alle cause di morte.Si può trattare di morte asfittica, di morte derivante daurto meccanico violento, da colpo da arma bianca, dacolpo da arma da fuoco etc.Si osservi come nel caso sopra evocato della ragazzauccisa nella stanza di albergo non fu facile stabilire lacausa di morte e varie furono le querelle, finanche giu-diziarie, che si realizzarono sulla vexata questio. Urto e lesione celebrale? Soffocamento? Arresto car-diaco? Da tali prime interpretazioni dipese la successionedelle ipotesi delittuose: omicidio preterintenzionale eomicidio volontario. La tecnica autoptica trova il suo primo regolamento ita-liano nella Circolare del 30 giugno 1910 del Ministro diGrazia e Giustizia e dei Culti. In detta circolare è con-tenuta la procedura attraverso cui si espleta l’autopsia;essa, come detto, si compone di tre fasi consequenzialiche consistono nell’esame esterno del cadavere, nel-l’esame interno e nella sintesi dei rilievi autoptici11. Nell’ordinamento giuridico italiano l’autopsia trova rego-lamentazione nell’art. 116 delle norme di attuazione delcodice di procedura penale che stabilisce: “Se per la mortedi una persona sorge il sospetto di reato, il procuratoredella Repubblica accerta la causa della morte e, se lo rav-visa necessario, ordina l’autopsia secondo le modalitàpreviste dall’articolo 360 del codice ovvero fa richiesta diincidente probatorio, dopo aver compiuto le indaginioccorrenti per la identificazione”. Pertanto l’autopsia puòassumere all’interno del procedimento penale una diversaconfigurazione giuridica: può essere una consulenza tec-nica disposta dal Pubblico Ministero oppure una periziaordinata dal Giudice per le indagini preliminari.

Nel primo caso, l’autopsia potrà svolgersi sotto la vestedell’accertamento tecnico non ripetibile vale a dire diun accertamento del Pubblico Ministero avente adoggetto, il cadavere appunto, il cui stato è soggetto amodificazione (modificazione dovuta ai fenomeniputrefattivi post mortem). In questo caso, ai sensi del-l’art. 360 del codice di procedura penale il PubblicoMinistero avviserà senza ritardo l’indagato, la personaoffesa dal reato e i loro difensori del giorno, dell’orafissati per il conferimento dell’incarico e della facoltàdi nominare consulenti tecnici. Ciò è molto importantein quanto i summenzionati soggetti processuali potran-no fin da quel momento avere voce nel procedimento,avere consapevolezza dei dati medico legali attinenti alfatto di reato (ed anche di tutti gli altri elementi) non-ché, eventualmente, rassegnare delle osservazioni amezzo dei consulenti tecnici. L’indagato potrà, peral-tro, prima del conferimento dell’incarico, formulareriserva di incidente probatorio. In tal caso il PubblicoMinistero disporrà che non si proceda agli accertamen-ti, salvo che questi, se differiti, non possano essere piùcompiuti. Le summenzionate disposizioni assicuranoun ampio esercizio del diritto alla difesa, sia dell’inda-gato che della persona offesa, in contraddittorio e pari-tà fra le parti. L’autopsia costituisce, come detto, senz’altro unmomento di assoluta pregnanza ai fini della ricostru-zione della verità; le risultanze dell’esame cadavericoeffettuato dal medico legale forniscono, in vero un con-tributo essenziale al lavoro di indagine. E’, dunque,necessario ed ovvio che lo svolgimento di detto accer-tamento non venga rinviato a lungo12 e che venga effet-tuato correttamente dal momento che non sarà eviden-temente più ripetibile nelle medesime condizioni. L’analisi autoptica de qua viene effettuata nei reparti dianatomia patologica o di medicina legale da un medicochirurgo abilitato all’esercizio della professione medi-ca, coadiuvato dal tecnico forense13; dispone in talsenso l’art. 45 del Regolamento di Polizia MortuariaD.P.R. 285 del 10 settembre 1990: “Le autopsie, anchese ordinate dall’autorità giudiziaria, devono essereeseguite da medici legalmente abilitati all’esercizioprofessionale”.

ACCERTAMENTO IN CONCRETOIn sede autoptica il patologo forense deve:

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- dopo aver rimosso gli indumenti dal cadavere, anno-tarne l’età apparente, la lunghezza e il peso nonché lacomplessità corporea;

- effettuare rilievi fotografici sul cadavere, sia primache dopo la pulizia del corpo e la rimozione delleincrostazioni ematiche;

- rivalutare l’evoluzione dei fenomeni putrefattivi, aifini di compararne i valori con quelli rilevati in sededi sopralluogo;

- procedere ad un accurato esame esterno del cadavere,preliminare e propedeutico all’esame autoptico inter-no, attraverso l’attenta osservazione delle ferite, rile-vandone la natura, i tratti morfologici, le caratteristi-che di lunghezza, larghezza, profondità;

- rilevare e descrivere tutti i segni caratteristici delcorpo anche ai fini identificativi, come le pregressecicatrici, le mutilazioni, le anomalie anatomiche,itatuaggi, e quant’altro utile ai fini suddetti potrebbe divolta in volta rappresentarsi nelle diverse fattispecie.

Non è certamente questa la sede per approfondire, neldettaglio, la descrizione delle singole operazioniautoptiche ma basti solo ricordare che il patologoforense deve adattare la tecnica autoptica alle esigenzedel caso concreto teleologicamente volta ad individua-re le caratteristiche delle lesioni causative della morte ealla evidenziazione degli ulteriori elementi utili a rico-struire il fatto giudiziario. Particolare attenzione va pre-stata alla natura, caratteristiche, forma e colore delleecchimosi presenti sul cadavere; esse possono, in vero,fornire indicazioni, talvolta determinanti, circa l’epocadella loro produzione rispetto alla morte del soggetto,circa la natura dell’evento lesivo e, finanche, circa lecaratteristiche del mezzo utilizzato per produrre lelesioni. Vanno accuratamente seguiti e descritti i tramiti intra-somatici delle lesioni nonché particolare attenzione ecura deve essere messa nella ricerca di corpi estraneiall’interno del cadavere, in particolare di proiettili d’ar-ma da fuoco che devono essere tutti recuperati unavolta calcolato, mediante valutazione comparata deifori di ingresso e dei fori di uscita, il numero dei pro-iettili ritenuti. Una delle esigenze che può presentarsi al patologoforense nella indagine criminalistica è, infatti, quelladella diagnosi differenziale tra lesioni inferte in vita elesioni post-mortali; per questo è necessario riscontrare

e dimostrare la avvenuta reazione vitale delle feriteconseguente la produzione della lesione traumatica.Tale analisi si rende maggiormente difficoltosa in casodi corpi scheletrificati e/o in via di decomposizione.In mancanza di tessuti molli, la analisi infatti, potràvertere unicamente sulle ossa ed è evidente come siaparticolarmente difficoltoso stabilire, in detti casi, se sitratti di lesioni pre o post mortali. Il medico legale nellosvolgimento della propria attività deve mantenersi ilpiù possibile aderente alla realtà dei fatti sul pianonaturalistico e biologico, fornendo risposte aderenti adette emergenze oggettive. Il principio di obiettivitàimpone, in vero, al medico legale di essere rigorosa-mente aderente alla oggettività dei dati clinici o tanato-logici o di laboratorio o strumentali rilevati. La valuta-zione empirica dei dati stessi e la formulazione dei giu-dizi definitivi dovranno, infatti, fondarsi su motivazio-ni logiche e plausibili, che tengano conto dei reperti,segni e dati obiettivi riscontrati. Il medico legale dovrà basare, altresì, la propria analisisul rapporto di causalità14 da intendersi alla stregua diuna catena in cui ciascun anello trasmette a quello chesegue un impulso verso un fine determinato, impulsoche a sua volta ha ricevuto dall’anello che precede15.Gli anelli più importanti di detta catena sono in generel’ultimo, che costituisce l’evento finale di danno(l’evento morte), e il primo, che rappresenta l’eventolesivo iniziale (il delitto). Ciò che va, tuttavia, evidenziato è come nella valutazio-ne medico legale abbiano rilievo anche tutti gli anellimediani, poiché in realtà ognuno di essi può, in astratto,contribuire alla ricostruzione del caso giudiziario. Lavalutazione del nesso causale, in quanto ricerca chemira all’identificazione di cause imputabili all’uomo, èsempre fondata sull’analisi di un duplice ordine di rap-porto: rapporto di causalità giuridico-materiale (cheattiene all’attività medico legale, e consta della ricercadelle cause imputabili sotto il profilo degli accadimentifisici, naturalistici e biologici prodotti) ed un rapportodi causalità psichica (che si manifesta sotto il profilodella intenzione del soggetto, dei suoi propositi, dellasua effettiva volontà di produrre quel dato evento, comeeffetto specifico della condotta tenuta)16.Il rapporto di causalità giuridico-materiale, in relazionead un dato evento di interesse giuridico, condurrà ilmedico legale a dimostrare scientificamente il nesso

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che lega, ad esempio, il colpo d’arma da fuoco e lelesioni prodotte con l’evento morte. In seguito all’accu-rata attività di sopralluogo medico legale, caratterizza-ta dal compimento di rilievi sul cadavere, dallo studiodelle tracce biologiche e dei reperti extrabiologici rin-venuti sulla scena del crimine, e ancor più, con l’anali-si autoptica del cadavere, il medico legale potrà addive-nire ad una valutazione, ispirata ad una serie di princi-pi che vedremo nel prosieguo, di causalità tra l’eventodannoso della morte e determinati antecedenti causali(può trattarsi ad esempio, di un colpo d’arma da fuoco,di una ferita da taglio o da punta, di una lacerazione odi una ferita da arma contundente), tale per cui la morteè la conseguenza scientifica di quelle specifiche causee/o concause. Per accertare tale rapporto di causalità tra l’evento fina-le di danno, ed il primo (che rappresenta l’antecedentecausale che ha innescato o direttamente prodotto lamodificazione peggiorativa dello stato anteriore), ilmedico legale dovrà, quindi, svolgere un’attività com-parativa laddove dovrà finanche valutare eventualiconcause, antecedenti giuridicamente e biologicamenterilevanti e necessari, ma da soli non sufficienti alla pro-duzione dell’evento lesivo. Infatti, a norma dell’art. 41c.p.: “il concorso di cause preesistenti o simultanee osopravvenute, anche se indipendenti dall’azione odomissione del colpevole, non esclude il rapporto dicausalità fra l’azione o l’omissione e l’evento”.Si pensi, ad esempio, ad un colpo di pistola che puòcausare non solo una ferita lacerocontusa ma, altresì,può generare sulla persona della vittima una malattiainfettiva causata dagli agenti microbici introdotti nel-l’organismo dalla pallottola. Il nesso di causalitàpotrebbe non considerarsi mai interrotto. Possonoescluderlo, invece, le cause sopravvenute, ma soloquando si dimostri che esse siano state da sole suffi-cienti a cagionare l’evento dannoso. Si pensi al caso della giovane fanciulla trovata mortanella stanza di albergo per cui si ritenne, all’inizio, cheera morta per un trauma accidentale con frattura delcranio; causa idonea da sola a generare la morte. Poi fustabilito, anche a livello medico legale che le cose stes-sero diversamente. Si pensi anche ad un altro caso giudiziario, questa voltadi responsabilità medica per lesioni gravissime. Una giovane donna, nell’essere stata sottoposta a taglio

cesareo, subì delle lesione al colon, all’utero, all’ovaioed alla arteria epigastrica. A seguito di dette lesioni,della carente emostasi e dei seguenti sanguinamenti, lastessa contrasse emofilia acquisita e le venne praticatauna isterectomia. Con tutta evidenza il fatto che siastata contratta in itinere emofilia acquisita non puòconsiderarsi causa idonea a produrre l’evento, rectius laisterectomia ma finanche le ulteriori lesioni, peraltro,nel caso di queste ultime, precedenti al contrarsi dellaemofilia. Il subentro della malattia de qua non inter-rompe quindi il nesso di causalità ma fu, tuttalpiù, con-causa dell’evento lesivo gravissimo ovvero la amputa-zione dell’utero.L’indagine causale è fondata, dunque, il più delle volte,sulla comparazione dei vari antecedenti che di volta involta sono chiamati in discussione nella produzione diun dato evento di danno, e sulla diversa modalità concui essi esplicano la loro azione. Il medico legale, in tale operazione valutativa, si avva-le dell’applicazione di vari criteri di giudizio:1) criterio cronologico perché deve esserci un nesso

temporale adeguato tra l’antecedente lesivo el’evento dannoso considerato;

2) criterio qualitativo poiché la natura dell’anteceden-te condiziona la diversa natura dell’evento lesivo;

3) criterio quantitativo, poiché è intuitivo che l’entitàdi un trauma fisico e delle lesioni prodotte condizio-na la gravità dell’esito dannoso;

4) criterio modale, poiché è anche il modo in cui l’an-tecedente considerato agisce a condizionare la natu-ra e l’entità del danno;

5) criterio di continuità fenomenologica, si tratta diverificare la continuità delle manifestazioni lesiveche si sono via via succedute dal primo momentodell’azione lesiva sino agli esiti conclusivi;

6) criterio di esclusione, dovendosi in ogni caso esclu-dere che l’evento dannoso sia riconducibile ad altriantecedenti diversi da quello in esame;

7) criterio statistico, quando a seguito dell’osservazio-ne o dell’esperimento si dimostri che fra determina-ti antecedenti e determinati susseguenti vi è un rap-porto costante e statisticamente significativo, sicchéad ogni modificazione dei primi corrisponde unamodificazione dei secondi;

8) criterio di sussunzione sotto leggi scientifiche: perstabilire un rapporto di causa-effetto tra due fenome-

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ni di interesse medico, è necessario riferirsi ad unenunciato generale, cioè ad una legge scientifica cheasserisca una regolarità precisa nella successione frai due eventi considerati;

9) criterio di alta probabilità logica. Ciò significa che icriteri di tipo statistico o gli enunciati scientificidovranno essere corroborati dalle evidenze processuali.

Alla fine dell’indagine comparativa, nella quale comun-que è sempre fondamentale la precisa ricostruzionedello stato anteriore della persona lesa, si potrà ricono-scere quale o quali fattori o antecedenti causali, perimportanza ed efficienza causale, sovrastino i restanti. Ma gli accertamenti medico legali non vengono svolti,come detto in precedenza, solo in ambito di ipotesiomicidiarie; essi rivestono un ruolo importante anchein casi di fatti di responsabilità medica, lesioni colposeo dolose, omicidi stradali, violenze sessuali ed abusisessuali sui minori etc. In particolare, si pensi agli studi medico legali suiminori che però risentono della ridotta casistica inmateria. Se ne è occupato Zacchia. Pochi autori se nesono interessati dopo di lui. Solo nel XIX e all’iniziodel XX secolo vengono descritte con precisioni alcunelesioni da penetrazione sui minori in Casper, Maschka,Hofmann, Devergie e Vibert. Nel 1859 il Casper, nel Manuale Pratico di MedicinaLegale, indicava la presenza di ragadi nel fatto acuto,segnalava il funnelling e l’appianamento delle plicheradiate negli eventi cronici. Hofmann, nell’anno 1881,confermava il funnelling e le “fissures superficielles”nell’evento acuto, mentre il Devergie, nel suo testo“Medicina Legale” del 1839 parlava solo della violen-za sulla donna.Vibert, nel suo testo Précis de MédecineLègale descriveva con precisione le lesioni del minore,determinate da un abuso sessuale, sia in fase acuta(escoriazioni, ragadi, ecchimosi) che nella fase cronica(funnelling, dilatazione anale riflessa, appianamentodelle pliche radiate e marische). Da tale momento in poi, ovvero dopo i primi decennidel 1900, l’interesse degli autori sembra scemare, tantoche molti testi di Cazzaniga, Gerin, Machiavelli ePuccini non ne parlano affatto o non approfondisconol’argomento, limitandosi a riconoscere “difficoltà” perlo studio medico legale degli abusi sui minori. Unicaeccezione è il testo del Prof. Giusti, “Trattato di

Medicina Legale e Scienze Affini”, dove la parte sugliabusi sessuali sui minori è curata dal Dott. MaurizioBruni17. Le pubblicazioni scientifiche internazionalisono similmente carenti fino alla fine degli anni ’80,quando compaiono alcuni scritti (Paul, Muram,McCann) generalmente del tipo case-report. Di quegli anni sono i primi lavori del gruppo inglese, dicui Hobbs è rappresentante, che culmineranno nel 2008con un testo di particolare pregnanza ed accuratezza alivello tecnico scientifico. All’inizio degli anni ’90vedono la luce anche alcune pubblicazioni di JoyceAdams, che propone alcune serie classificazioni (1992,1994), oggetto di successive modificazioni. Sotto ilprofilo medico legale può distinguersi un abuso acutoed un abuso cronico (inteso sia come ripetuto che lon-tano nel tempo). Altra necessaria distinzione è tra inte-ressamento, anche non esclusivo, di: apparato genitalefemminile, apparato genitale maschile e regione anale.Per comprendere bene quali sono i problemi da affron-tare nell’approccio di tale difficile analisi bisogna farsiuna domanda primigenia a cui non è sempre facilerispondere per carenza di una adeguata classificazione:qual è l’anatomia reale di un minore?Il primo, e non più semplice, problema affrontato èstata la puntualizzazione dell’anatomia dell’apparatogenitale femminile nelle varie fasi di età di vita dellaminore, e l’anatomia anale. In questi anni, in effetti, si sono create, non infrequen-temente, false credenze prive di valide basi scientifi-che, che hanno condotto ad affermazioni come “le cica-trici di queste regioni scompaiono sempre e subito” – leanomalie anali sono dovute alla “diastasis ani”, la teo-rica pluralità etiologica dei segni riscontrabili a livelloanale determina l’assenza di elementi di apprezzamen-to tecnico per stabilire quale delle alternative rispondaalla realtà dei fatti. Quindi, seguendo tale tesi la scienza medico legale nonavrebbe possibilità di addivenire ad alcuna conclusio-ne, né di certezza né di graduata probabilità, al contra-rio di quanto capita, ad esempio, nella responsabilitàprofessionale medica. Un’altra corrente di pensieroritiene, invece, che la scienza medicolegale sia in con-dizioni di essere dirimente e che sia possibile indivi-duare la causale dei segni, sulla base di un’attenta edadeguata analisi degli stessi e del minore offeso, fino asuggerirne l’attribuzione ad una lesività esterna.

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Ma per analizzare adeguatamente e correttamente valu-tare i segni sul corpo di un fanciullo, bisogna conoscerela “normalità” del corpo dello stesso. Ad esempio: qualè la forma “normale” di un imene di bambina (anulare,semilunare, a manica, fimbriato, setto, bilabiato, cribri-forme, imperforato)? Qual è la normalità dell’ano di unminore: perinatale, prepubere, circapuberale.Ciò che va tenuto in massima considerazione è, inoltre,la modalità della visita che va effettuata sempre nellostesso modo affinché possa essere compreso da coloroche la dovranno leggere in futuro come essa sia stataeffettuata. Le posizioni di visita del minore possonoessere quella supina (o ginecologica), genupettorale o indecubito laterale sinistro. Quest’ultima è preferibile perla visita alla regione anale. I segni clinici devono esse-re, poi, documentati fotograficamente. La descrizionedelle eventuali lesioni deve avvenire sempre come se ilminore fosse osservato supino. L’area genitale e quellaanale vanno costantemente osservate e descritte. Anchenel caso delle violenze sessuali su minori, se appropria-ti per tempi e modalità lesive, andranno eseguiti prelie-vi per DNA ed i prelievi per valutare la presenza dimalattie sessualmente trasmesse (STD). Andrà, altresì, effettuata la diagnosi macroscopica dellalesività: presenza di eritemi, escoriazioni, edemi, ecchi-mosi, soluzioni di continuo, lesività imenale e incisureimenali. Tali segni vengono classificati in modo diffe-rente se l’osservazione è svolta in acuto o in tempi suc-cessivi. In acuto ogni discontinuazione del bordo ime-nale viene chiamata lacerazione ma deve essere spiega-to se si tratti di sezione a tutto spessore ovvero sezioneparziale. ogni lacerazione è fortemente sospetta, inassenza di chiara evidenza alternativa, per abuso ses-suale. Se l’incisura non è vista in acuto, deve esseredefinita “notch” se è parziale, e “transezione” se arrivaalla base d’impianto. Il significato di transezione èovvio, essendo dovuta solo ad atti penetrativi, mentre inotch superficiali possono costituire presenza normalenell’imene della minore. La sede della lacerazione, inpassato, era stata enfatizzata come sospetta solo seposta nei quadranti posteriori, e indifferente negli altri.In realtà, ogni quadrante può essere interessato da lace-razioni a seconda delle modalità lesive praticate sulminore. Il diametro imenale non ha alcun significato, ecosì la presenza di piccoli rilievi (bump) sul bordo ime-nale. Possono essere presenti cicatrici imenali come

esiti riparativi di lesioni traumatiche ma la causale vachiaramente identificata. Per la regione anale, oltre aisegni generici di lesività acuta, esistono alcuni segnipeculiari: riflesso di dilatazione anale, congestionevenosa, ragadi, lacerazioni, tag, cicatrici, anomalie delmargine, recessi del margine, irregolarità delle plicheperianali e condilomatosi. Nell’ambito della diagnosi differenziale particolareattenzione deve essere prestata a:varianti anatomiche eanomalie congenite o acquisite dell’area genito-anale:traumi accidentali; sanguinamenti genito-urinari e analida causa non traumatica; vulvo-vaginiti e uretriti noncorrelabili all’abuso, patologie dermatologiche e malat-tie sistemiche. Deve essere effettuata una raccolta minuziosa dei datianamnestici, dell’obbiettività, dei reperti eventualmentedisponibili, con corretta documentazione iconografica.Va ricordato che solo in una modesta percentuale deicasi si riscontrano segni fisici, nei minori sottoposti adabuso sessuale, e che questi, anche se presenti in acuto,possono scomparire completamente col tempo (escoria-zioni, ad esempio). Il riscontro fisico dovrebbe, quandopossibile, essere sempre effettuato (qualunque sia iltempo di distanza dall’abuso) e rispettato nelle sue con-clusioni, ma esige che sia effettuato da persone realmen-te competenti, preparate, e che conoscono la materia. I primi protocolli pratici sono timidamente apparsi inmateria solo nel 2011 e vari casi giudiziari sono statiinfluenzati negativamente proprio dalla assenza dilinee guida. Basti pensare al procedimento che ha visto come perso-ne offese vari minori di Rignano Falminio. In quel pro-cedimento molti piccoli presentavano lesioni anali(TAG), una bimba presentava imene setto ed un mino-re riflesso anale. Ciò nonostante la vaghezza degliaccertamenti e la assenza di una perizia ebbe a compor-tare la svalutazione processuale dei dati medico legaliraccolti.Anche in ambito di procedimenti giudiziari inerenticasi di responsabilità medica, le problematiche sononumerose e non possono sottacersi. In particolare esseriguardano la assenza di linee guida di settore accredi-tate anche in ambito giudiziario. Sarebbe, dunque, opportuno procedere all’armonizza-zione dei vari protocolli in materia medico legale inmodo da individuare delle regole valide nei diversi

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Paesi della comunità europea18 e sarebbe, inoltre,auspicabile introdurre procedure di controllo di qualitàin ambito medico forense, gestite da organi di control-lo che siano emanazione di società scientifiche concomponenti di comprovato riconoscimento nazionaleed internazionale che effettuino una verifica del realegrado di esperienza acquisita in campo medico legale.

2. Bloodstain pattern analysis (BPA)Il primo processo di interesse mediatico che in Italia havisto protagonista l’accertamento della BPA è stato,certamente, quello celebrato a carico di Anna MariaFranzoni. Per stabilire come si fosse realizzato l’omicidio del pic-colo Samuele vennero messe in pista varie tecniche dianalisi tecnico-scientifiche fra cui la c.d. BloodstainPattern Analysis. Il primo problema da risolvere fu quello di stabilire sesi versasse in ipotesi di prova tipica o atipica. Come è noto, il Legislatore ha inteso prevedere la statui-zione di cui all’art. 189 c.p.p. alla stregua di un paraca-dute nelle ipotesi in cui si versi in situazioni probatorielimite che esorbitino la normalità, che vadano fuori inprecedenza previsti dalla legge. In materia di prove, invero, non vige nel nostro ordinamento il principio di tas-satività e quindi al di là dei mezzi di prova specificata-mente disciplinati (testimonianza, confronti, eccetera)l’ordinamento consente la acquisizione delle c.d. proveatipiche o innominate. Si tratta di prove che esorbitinogli schemi previsti dalla legge, tanto è che non avendo illegislatore previsto alcuna disciplina, dovrà essere il giu-dice a fissare e stabilire le modalità di assunzione, senti-te le parti in contraddittorio. La acquisizione di dettaprova è ammessa allorquando ricorrano due condizioni: 1) che la prova sia idonea ad assicurare l’accertamento

dei fatti; 2) che la acquisizione della stessa non pregiudichi la

libertà morale della persona. orquindi, la prova in questione deve avere – almeno inastratto – capacità dimostrativa e non deve porsi inrotta di collisione con la previsione dell’art. 188 c.p.p.e quindi non deve pregiudicare la libertà morale dellapersona cui essa possa applicarsi. La BPA venne, come detto, praticata nell’ambito delprocesso Franzoni e la Prima Sezione della Corte diCassazione ebbe a statuire con la sentenza emessa in

data 29 luglio 2008 come non si trattasse di prova ati-pica, bensì di una tecnica di indagine riconducibile algenus delle perizia e, pertanto, non fu necessaria allasua ammissione né acquisizione l’ascolto delle parti. La Suprema Corte ebbe, in vero, a stabilire al riguardocome la BPA non si basasse su nuove o autonome leggiscientifiche ma sulla applicazione di quelle già accredi-tate ed utilizzate provenienti da varie scienze, univer-salmente riconosciute e quindi non richiedenti specifi-ci ed ulteriori vagli di ammissibilità. Ciò dimostracome la analisi dei pattern ematici provenienti dallascena del crimine non crei (anzi, non abbia creato) unanuova tipologia di prova esorbitante i contenitori giàprevisti dal Legislatore (accertamento, consulenza eperzia) ma si collochi ontologicamente in essi. Se attraverso l’analisi del Dna è possibile risalire a chiappartenga il sangue rinvenuto sulla scena del crimine,mediante la BPA, è possibile, in presenza di alcunecondizioni, ricostruire la dinamica delittuosa ovvero“come” essa si sia svolta19.Oggetto di analisi è la morfologia, la distribuzione ela posizione sulla scena del crimine delle varie trac-ce ematiche. Il termine pattern evoca proprio ciòovvero la riproduzione costante di determinatemacchie in presenza di determinate condizioni. Ilsangue può essere invece individuato come una tex-ture da contenersi nei suddetti pattern. La Bloodstain Pattern Analysis studia proprio i vari mec-canismi fisici con cui si generano le macchie di sangue(traiettorie, proiezioni, gocciolamenti, strofinii, lavaggi,eccetera) e proprio in ragione di ciò, essa è in grado difornire informazioni sulla presunta dinamica delittuosa.Si tratta, in vero, di una disciplina forense trasversale incui si interseca l’utilizzo di varie scienze quali: 1) la biologia, per l’esame del Dna ricavabile dalle

tracce di sangue; 2) la fisica, per lo studio delle forze in gioco (viscosità,

tensione superficiale, gravità, ecc.) e per la dinami-ca dei fluidi (sangue);

3) la matematica per la modellizzazione dei vari mec-canismi di formazione delle macchie ematiche;

4) la chimica per i metodi di rivelazione delle traccelatenti.

Uno dei primi studi sulla BPA risale al 1894 con untrattato di Eduard Piotrowski concernente l’origine, la

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forma, la direzione e la distribuzione delle macchie disangue formatesi in conseguenza alle ferite prodottedai vari colpi inferti. Però, già nel 1863 John Beck eTheodric Beck pubblicarono un articolo dal titolo“Elements of Medical Jurisprudence”, trattando di varicasi in cui la BPA fu utilizzata in rapporto alla analisidell’arma utilizzata e dei pattern conseguentementeprodotti20. Successivamente furono molto importanti gli studi con-dotti dall’équipe di Victor Balthazard riguardo la traiet-toria delle gocce di sangue (1939). A partire dal 1950una trattazione organica di natura teorica-pratica sullaBPA si è avuta grazie a Herbert Leon McDonnel, chenel 1983 ha fondato la IABPA (InternationalAssociation for BPA)21. Dalla fondazione della IABPAsi è assistito ad un sempre maggiore utilizzo della BPAnel contesto dei processi penali anglosassoni, garanten-do a tale metodica di indagine una dignità scientificaed un ruolo di rilievo nell’ambito della varie disciplinecriminalistiche. Tuttavia, come accennato in preceden-za, l’accertamento della BPA riveste ancora ad oggi unruolo di non primissimo piano nello svolgimento delleinvestigazioni tecnico scientifiche in Italia, ma è fuor didubbio che essa sia entrata tra gli strumenti di approfon-dimento interpretativo della scena del crimine22. Dunque, ogni volta che la morfologia delle tracce e piùin generale l’imbrattamento ematico si riveli di chiarainterpretazione, grazie all’applicazione delle regoledella fisica, chimica e delle altre leggi scientifiche, nonè possibile escludere la decisività della BloodstainPattern Analysis23.Le tracce ematiche che è possibile rinvenire sulla scenadel crimine si presentano con caratteristiche molto dif-ferenti tra loro, e se, per un verso, esse sono strettamen-te legate alle proprietà fisiche del sangue, quali laviscosità (corrisponde alla quantità di frizione internadel fluido e descrive la resistenza di scorrimento) e latensione superficiale (è la forza che determina la formadelle tracce), dall’altra dipendono dalle forze esternecui le tracce risultano sottoposte. Tra le due proprietà fisiche del sangue, la tensionesuperficiale è da considerarsi sicuramente la più impor-tante; essa permette di comprendere l’atteggiarsi delsangue, una volta che è fuoriuscito dal sistema circola-torio. Schizzi, chiazze o macchie di sangue, anche invi-sibili e quindi evidenziabili attraverso il trattamento

con il luminol, possono costituire informazioni di fon-damentale importanza per ricostruire in maniera virtua-le lo scenario delittuoso e le diverse fasi in cui un deter-minato crimine è stato consumato. Dallo studio degliimbrattamenti ematici è possibile dedurre la direzionedelle proiezioni ematiche e l’area di origine delle mac-chie; il tipo di forza che ha generato quel gruppo diimbrattamenti, ma anche l’area in cui il sangue haimpattato o, viceversa, in cui un corpo, o un oggetto èvenuto a contatto con il sangue. Si può, altresì, deter-minare la posizione delle persone durante il sanguina-mento, la sequenza degli eventi, il movimento di coseo persone mentre si sta compiendo il crimine o subitodopo il compimento dello stesso; le modalità dell’azio-ne, il tipo di arma e le attività compiute durante lo spar-gimento di sangue. La sequenza dei pattern che siforma sulla scena del delitto, come detto, risponde aleggi fisiche, biologiche e matematiche e disegna sep-pur in astratto la dinamica di un delitto. Si pensi pro-prio all’evocato caso dell’omicidio del piccoloSamuele laddove anche l’utilizzo dell’accerta dellablood ebbe a consentire di stabilire che la donna siavvicinò molto al minore tanto da macchiarsi il pigia-ma con varie tracce ematiche. Si ipotizzò quindi la tra-iettoria dei colpi ed il volume dell’arma contundenteanche se essa non fu mai trovata.Allorquando attraverso un coltello si attinga la venaepigastrica di un soggetto, posizionato in un determina-to luogo, i pattern che si formeranno saranno sempreuguali a sé stessi. La logica è proprio questa: rispetto asoggetti fermi è possibile stabilire la traiettoria, la pro-iezione e la provenienza delle macchie. Ecco perchél’utilizzo di termine pattern, alla stregua di quanto si èdetto in precedenza; l’utilizzo di tale termine sta pro-prio ad indicare la realizzazione di immagini sempreuguali a se stesse in presenza di medesime condizioni.Come la forza di gravità governa inevitabilmente lacaduta di un corpo, questo fenomeno è perfettamentevisibile rispetto alle tracce ematiche: infatti, quandouna goccia di sangue impatta una superficie perpendi-colarmente, designerà una macchia rotondeggiante; sel’angolo tra la traiettoria di volo della goccia di sanguee la superficie diminuisce, la forma degli schizzi di san-gue non sarà più rotondeggiante ma tenderà ad allun-garsi. In altri termini la macchia di sangue diventeràsempre più lunga e stretta con il diminuire dell’angolo

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di impatto e comincerà a delinearsi una sorta di sbafo24.Tuttavia, possono evidenziarsi elementi di disturbo rec-tius contaminazione della attendibilità del risultato, comenel caso di gocciolamento da uno strumento in movimen-to (si pensi ad un’impronta essenzialmente rotondeggian-te ma contornata da un’asola posteriore la quale potràdesignare la provenienza da uno strumento, come un col-tello, tenuto in mano da una persona in movimento)ovvero dalle caratteristiche della superficie con cui siverifica l’impatto (è il caso di una traccia ematica roton-deggiante che presenti irregolarità dipendenti dalle carat-teristiche della superficie di appoggio). Qualora l’imbrat-tamento ematico presenti un’obliquità verso destra overso sinistra esso indicherà una fonte omologa: ad esem-pio, l’utilizzo di un coltello determina obliquità diverseda quelle scaturenti dall’uso di altri corpi contundenti, lacui conformazione comporta differenze qualitative equantitative della morfologia della traccia. Come detto, lecaratteristiche di migrabilità del sangue rispondono alleproprietà fisiche del sangue stesso: 1) viscosità; 2) densità relativa; 3) tensione superficiale.

La viscosità è la misura della resistenza di un liquido alcambiamento di forma e di flusso rectius esso puòimmaginarsi come lo spessore di un liquido: la densitàrelativa è la misura del suo peso per unità di volume; latensione superficiale è una forma di energia potenzialeche nel sangue è di 50 dyne/cm a 20 gradi. Una gocciadi sangue, a cagione di detta tensione, rimane presso-ché sferica finché non impatta una superficie. Vari fattori vanno comunque e sempre valutati: 1) la tipologia della superficie di impatto; 2) la modalità di produzione della goccia (un colpo

inferto con un sasso o con un coltello); 3) l’altezza dell’angolo di caduta; 4) la energia di proiezione.

La distinzione delle macchie di sangue può essere rias-sunta come segue: 1) macchie passive: generate unicamente dalla forza di

gravità e dal contatto; 2) imbrattamenti a spruzzo: generate a seguito di una

forza esterna, oltre a quella di gravità e del contatto; 3) macchie alterate: generate a seguito di alterazioni.

Ancora esistono tra le macchie passive: macchie dagocciolamento (Drop, Drip pattern, Drip Trail), mac-chie ad ampio volume (pool), macchie a flusso conti-nuo (flow-swipe), transfer, spatter bllodstains, forwardspatter pattern; impact spatter, spatter associati a mec-canismi di proiezione, pattern associati a rotture vasiarteriosi (arterial bllodstain patterns),expirated blood-stain patterns, cast-off bloodstain patterns, eccetera.Ulteriore valutazione va operata poi sulla possibile tra-sformazione delle tracce ematiche: se vi sia stata coa-gulazione, essiccazione e diffusione delle stesse. Affinché, poi, l’analisi della traccia ematica possa rive-stire un effettivo significato dal punto di vista dellaricostruzione della dinamica delittuosa, devono sussi-stere diverse condizioni. In primis, l’imbrattamento ematico dovrà aver interes-sato una superficie, un oggetto, una persona che non siain movimento, poiché il moto imprime alla traccia unaforma non corrispondente a quella reale. Inoltre, la fisi-ca consente di ricostruire adeguatamente il punto di ori-gine dei colpi e le traiettorie solo in presenza di corpifermi. ogni calcolo, altrimenti, sconterebbe di ampimargini di incertezza. Questo aspetto è spesso ignoratoin ambito giudiziario e ciò comporta il pericolo frequen-te di errori.In secondo luogo, per effettuare una valuta-zione scevra di incertezze, si richiede che l’accertamen-to venga esperito su di una traccia ematica che abbiaimpattato una superficie, di qualunque genere, ma chesia liscia o piana. È chiaramente possibile studiare lamorfologia dell’imbrattamento ematico verificatosifinanche su superfici irregolari, ma il rischio di valuta-zioni pressappochiste è molto alto e non può essereignorato il margine di erroneità della valutazione.Il rischio più frequente nell’applicazione pratica dellatecnica della BPA è, in vero, quello di offrire diagnosi dicertezza per ciò che attiene la dinamica dell’evento delit-tuoso quando come detto tale valutazione sarà effettua-bile solo qualorano ricorrano le condizioni sopra enun-ziate. Non di minore importanza è la fase della preserva-zione e cristallizzazione della traccia ematica alla qualedeve dedicarsi l’operatore di polizia giuridica in sede disopralluogo, anche in relazione alle modificazioni che letracce potrebbero subire per il decorso del tempo.Molteplici possono essere i fattori comportanti modifi-cazioni; ad esempio le alterazioni dovute ad agentiatmosferici, ad interventi umani dolosi o colposi o

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anche all’evolvere stesso della traccia che può assume-re forme diverse per gocciolamento ovvero per scorri-mento su superfici discendenti.Un ultimo ma significativo aspetto della BloodstainPattern Analysis è quello costituito dalla void area. Lapresenza di una zona indenne da imbrattamenti emati-ci, in una superficie insanguinata, fornisce importantiindicazioni per la ricostruzione della posizione o deimovimenti delle persone coinvolte o per rivelare lospostamento di mobili o oggetti nel tentativo di altera-re la scena del crimine. Le aree vuote potrebbero, infatti, indicare la posizioneassunta dall’aggressore durante l’evento criminoso ogli spostamenti dei soggetti che ebbero a prendere partealla dinamica delittuosa. Si pensi al caso della giovane donna uccisa nella stan-za d’albergo.In quel procedimento non venne effettuato l’accerta-mento della blood ma esso avrebbe certamente consen-tito di acquisire elementi ultili alla ricostruzione delcaso. Infatti, la blood avrebbe consentito di stabilire laprovenienza del sanguinamento, lo spostamento deisoggetti pre e post mortem, i tentativi di depistaggio,eccetera, e probabilmente avrebbe evitato che si accre-ditasse, almeno nei primi momenti di investigazione edi indagine, una ipotesi di morte accidentale. Ciò che va, altresì, evidenziato è che la blood si confi-gura come accertamento che può essere svolto anche susupporti documentali; quindi, ad esempio analizzandogli allegati fotografici e video al verbale di sopralluo-go, sui materiali sequestrati o repertati. La BPA non è una indagine distruttiva, ovvero lo svolgi-mento della stessa non compromette la traccia; ciò com-porta nel versante del procedimento penale che possasvolgersi sotto qualunque veste: accertamento ripetibile,consulenza o perizia (diversa è la situazione con cui con-frontarsi, come diremo di qui a breve nel caso di analisidi una traccia ematica da cui estrarre il DNA).

3. Dalle tecniche di identificazione personale all’ac-certamento geneticoLa scienza è in continua ed inarrestabile prosecuzione,tanto che oggi si discute di processi pressoché totalmen-te fondati sulle c.d. prove scientifiche o (per megliodire) su accertamenti basati su metodi scientifici. Anche la analisi della scena del crimine che fino ad un

centinaio di anni orsono era basata su dei metodi tradi-zionali, primariamente legati all’intuito ed alla valuta-zione dell’investigatore, oggi ha lasciato il passo,soprattutto in presenza di delitti di un certo interessemediatico, ad una visione sempre più futuristica dovela c.d. prova scientifica regna incontrastata. Tutto mira all’accertamento di verità a-letheia magiova ricordare come essa non possa essere provata senon attraverso il dubbio la a-foria, ovvero il percorso difalsificazione che è imprescindibile per rivelare il vero.Dubbio ragionevole; quindi frutto di razionalità e logi-ca. Un dubbio per così dire scientifico!occorre sempre tenere presente la circostanza che lascienza è fallibile ed anche il percorso tecnologico ed ilmetodo scientifico più accreditato possono offrirerisposte al procedimento solo in termini di probabilitàe mai di certezza25.Certamente si tratta di una probabilità che è in costan-te evoluzione e che va di pari passo con il progressoscientifico; cento anni fa si sarebbe facilmente compre-sa la necessità di una perizia sulle impronte digitali.All’attualità le cose non stanno così. Laddove la valutazione si rende sovrapponibile all’ac-certamento stesso, senza creare particolari problemi,allora non si ricorre più all’ausilio della perizia. Tuttoresta nella logica dell’accertamento. La perizia ha necessità di esistere quando esiste il fortedubbio, l’a-poria, l’assenza di certezza e quindi lanecessità di valutazione. Nel presente paragrafo si èinteso analizzare congiuntamente le impronte digitali edil DNA proprio per guardare dall’esterno la evoluzionedegli accertamenti in due branche di sapere che hanno,via via, fortemente riguardato il procedimento penale.Un tempo, ad esempio, si discuteva unicamente diimpronte digitali.oggi le cose non stanno più così, o almeno non più sol-tanto così. Si analizzano le impronte dell’orecchio, del-l’arcata dentaria (es. a partire dalla traccia di un morsosulla vittima), impronte della pelle e delle labbra (ana-lisi pieghe dermiche), impronte del piede e delle calza-ture, le impronte degli strumenti effrattori, le improntedelle armi da fuoco, eccetera. Ciò va detto da subito al fine di avere immediata perce-zione di come la materia in questione, nel corso deglianni, abbia attraversato nuovi scenari ed aperto nuoveporte all’approfondimento scientifico.

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Ma, per restare alla analisi delle impronte digitali,occorre evidenziare come dalla seconda metàdell’ottocento vari lavori scientifici, dedicati allo studiodei tracciati papillari e alla loro possibile catalogazionein un numero limitato di tipologie, posero le basi dellamoderna identificazione dattiloscopica creando i pre-supposti per un concreto utilizzo delle stesse a fini giu-diziari e permettendo la formazione dei primi archivisegnaletici, fino ad arrivare alle moderne banche dati.Il lavoro scientifico principale volto alla identificazio-ne dei recidivi fu l’opera del francese AlphonseBertillon (1853-1914), direttore del Servizio di IdentitàGiudiziaria di Parigi, che propose un metodo di ricono-scimento basato su misure antropometriche e sulla pre-cisa descrizione dei connotati e contrassegni dei sog-getti. Mentre il sistema antropometrico di Bertillon tro-vava diffusione al di fuori della Francia, in InghilterraFrancis Galton (1822-1911), naturalista, antropologo,geografo, meteorologo, cominciò ad occuparsi alleimpronte digitali. Furono gli studi di Galton, che esa-minò in dettaglio le caratteristiche generali e particola-ri delle impronte digitali, a porre le basi per le succes-sive classificazioni, presupposto indispensabile perpoter costruire veri e propri archivi dove poter ritrova-re una eventuale precedente segnalazione26.Anche l’Italia ha posto delle pietre miliari in materiadattiloscopica. La scuola di Polizia Scientifica, nata nel1902, favorì l’elaborazione di un vero e proprio docu-mento d’identità per il criminale: il cartellino segnale-tico, sul quale si annotavano i caratteri principali neces-sari all’identificazione personale e la cui archiviazioneera soggetta a precise regole. Se ne interessò in ItaliaGiovanni Gasti, il quale consentì l’elaborazione di unasemplice (e allo stesso tempo pratica), classificazionedelle impronte digitali che prese le mosse nel 1904 evenne utilizzata per quasi cento anni27.La dattiloscopia si articola in due branche denominaterispettivamente “dattiloscopia preventiva” e “dattilo-scopia giudiziaria”28.La prima branca è finalizzata all’identificazione intesacome ricerca dell’identità “esatta” di una persona ed èvolta al riconoscimento del soggetto e dei suoi eventua-li trascorsi (basti pensare all’assunzione delle improntedigitali e palmari dello straniero per il rilascio del per-messo di soggiorno)29. La seconda branca, ovvero la dattiloscopia giudiziaria,

riguarda lo studio delle impronte digitali evidenziatesulla scena del crimine a seguito, quindi, della commis-sione di un reato; ne valuta l’utilizzabilità e, laddovequesta sia accertata, ne cura ogni possibile indaginetecnica così da giungere al riconoscimento di colui chele ha lasciate. L’impronta papillare non è altro che il segno lasciato dairilievi presenti sui polpastrelli, sul palmo della mani esulla pianta dei piedi, corrispondenti alle creste dermichedelle papille, separati tra loro da solchi, e sulla cui som-mità si aprono gli orifici delle ghiandole sudoripare. Idisegni papillari cutanei, che a seconda della regionecorporea di origine, sono definiti impronte digitali, pal-mari o plantari, sono regolati da tre giorni principi fon-damentali, teorizzati originariamente da Galton ed oggiuniversalmente accolti, sui quali si basa la dattiloscopia:1) immutabilità rectitus persistenzadelle impronte in

quanto esse non subiscono variazioni morfologichenaturali durante la vita di un soggetto; esse si forma-no alla 25a settimana di gestazione e si mantengonoinvariate anche dopo la morte.

2) variabilità ovvero individualità poiché sono semprediverse. Non è possibile trovare la stessa impronta,sia pur parzialmente riprodotta, in due o più sogget-ti diversi. Neppure i gemelli omozigoti possiedono imedesimi disegni papillari.

3) classificabilità: in base a tale carattere le impronte,pur nella loro infinità variabilità, possono esserecatalogate sulla base delle loro caratteristiche genera-li, in quanto riconducibili a quattro tipi fondamentalidi figura: adelta, monodelta, bidelta, composta, aseconda dei “sistemi” di linee che le compongono30.Questi sistemi di linee costituiscono i caratteri gene-rali di un’impronta digitale, mentre un’analisi ancorapiù approfondita permetterà di cogliere nel corsodello sviluppo delle singole creste alcune particolari-tà o accidentalità molto significative dette minutiae31

o particolarità papillari. Queste caratteristiche morfo-logiche delle impronte papillari sono considerate ele-menti di significativa pregnanza e su di esse si fondal’ apparato dell’identificazione dattiloscopica.

Le impronte possono definirsi:1) Latenti se la traccia è composta in parte di realtà

invisibili;2) Visibili se sono percettibili alla vista;

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3) Negative se al contatto viene asportato del materiale;4) Positive se al contatto viene lasciato materiale.

Diverse sono le metodiche utili a consentire la analisidelle impronte de quibus; l’utilizzo dei metodi dipendeanche dalle superfici e dalla natura delle tracce. Si pos-sono utilizzare luci forensi, reagenti chimici, calchi,eccetera. Ad esempio su una superficie porosa si utiliz-zerà dapprima la luce bianca e poi la ninidrina.Su una superficie non porosa si utilizzerà prima la lucebianca e poi il coanocrilato.Ciò che va tenuto a mente è che anche in tale primafase di rilevazione la capacità dell’operatore entrerà apieno nella operazione investigativa.In Italia è utilizzato il sistema AFIS (acronimo diAutomated Fingerprint Identification System), al finedi raccogliere non solo tutte le informazioni contenutenelle schede segnaletiche, ma anche tutti i frammenti diimpronte papillari, utili per confronti, rilevati sui luo-ghi di reato32.L’ AFIS è, quindi, una sorta di enorme banca dati ovve-ro una “biblioteca” di impronte digitali33.Perfeziona e completa la funzionalità del sistema AFIS, lagestione e il riconoscimento delle impronte palmari: APIS(Automated Palmprint Identification System) che archiviale tracce di natura palmare rinvenute in sede di sopralluo-go o a seguito di accertamenti su reperti attinenti al fatto,e ricercandole su un archivio di schede palmari. oggi, AFIS e APIS sono integrati in un unico sistemadenominato “APFIS” (Automated Palmprint andFingerprint Identification System) che costituisce unostrumento estremamente efficace al servizio delle inda-gini scientifiche. Il metodo per effettuare l’analisi delleimpronte è, come d’abitudine, quello scientifico. Primasi effettua il prelievo, poi l’analisi, quindi il confrontoe, in ultimo, la valutazione. Inspicere: guardare dentro, dal generale al particolare!1) Eseguire fotografia della scena del crimine;2) Eseguire documentazione fotografica delle impronte

evidenti;3) Rimuovere le impronte che si possono asportare per

analizzarle e compararle in laboratorio;4) Procedere alla esaltazione delle impronte, presenti

su superfici amovibili;5) In caso di impronte sul terreno procedere a docu-

mentazione fotografica e calco;

6) In ultimo si effettuerà il trasferimento in laboratorioe l’inizio della fase accertativa.

Per eseguire una corretta comparazione delle improntepapillari, rilevate sulla scena del crimine, conservate erepertate secondo una rigorosa osservazione della cate-na di custodia e legittime procedure d’acquisizione, dicui abbiamo detto in precedenza, è necessario verifica-re che si tratti poi di “impronte utilizzabili”.Si pensi a un piccolo frammento di guanto di latticeevidenziato sul luogo del reato: una traccia troppominuta non consente di eseguire un confronto in termi-ni di certezza. Come, ad esempio, una impronta palma-re che in ambiente esterno è stata oggetto di contami-nazione ad opera di agenti atmosferici. Al fine di effettuare una corretta analisi e comparazio-ne occorre poi tenere presente:1. l’estensione del frammento;2. l’assenza di irregolarità dovute a fattori estranei;3. l’omogeneità e la presenza di un determinato nume-

ro di particolarità identificative.

Il criterio utilizzato per stabilire la sufficienza dellecaratteristiche particolari (minuzie), è fornito dall’indi-rizzo della giurisprudenza della Corte di Cassazione, laquale ritiene che i principi dattiloscopici siano da rite-nersi probanti ai fini dell’identificazione personale solose sono riscontrate un certo numero di particolaritàcomuni, uguali per forma e posizione, in assenza di dis-somiglianze.A tal proposito la Corte Suprema di Cassazione, Sez. II,sentenza n. 2559 del 14.11.1959; Cass. Sez. IV, sent. n.4254 del 02.02.1989 e Cass. Sez. V, sent. n. 24341 del23.5.2005, ritiene che le risultanze delle indagini dat-tiloscopiche offrano senz’altro piena garanzia di atten-dibilità, anche quando esse concernano solo una por-zione di dito, sempre che dalle indagini risulti la sicu-rezza delle identificazioni dell’impronta attraversol’esistenza di almeno 16-17 punti caratteristici ugualiper forma e posizione.Ancora Cass. Pen., Sez. II, sentenza n. 9051 del29.3.1982, riguardo il valore probatorio dei risultatidelle indagini dattiloscopiche ha stabilito che i risultatidi un’indagine dattiloscopica possono essere assuntidal giudice come prova dell’identificazione della per-sona cui l’indagine si riferisce se non vi siano dubbi

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sulla correttezza dei metodi di rilevazione, se la rileva-zione stessa e il confronto siano stati eseguiti con crite-ri scientifici e se sia stata rilevata una corrispondenza dialmeno quattordici-quindici punti di identità.In relazione alle impronte parziali, la Suprema Corte haaffermato, altresì , che esse offrono piena garanzia diattendibilità, senza bisogno di ulteriori elementi sussi-diari di conferma, anche quando riflettano una solaimpronta, sia pure parziale, purché evidenzino la sussi-stenza di almeno sedici o diciassette punti caratteristiciuguali per forma e posizione34. Certamente anche leimpronte palmari hanno piena validità identificativa pur-ché il confronto avvenga con metodo scientifico e non visiano dubbi sulla correttezza dei metodi di rilevazione, diesame e di studio35. Anche per le impronte palmari visono sentenze che ne confermano la validità36. Al proposito, si sottolinea che la giurisprudenza, inItalia, si rifà ad una valutazione quantitativa, basata suun certo numero di minuzie comuni; all’estero, invece,esistono sentenze che incriminano secondo una valuta-zione qualitativa cioè sulla rarità delle minuzie37.La querelle sul numero minimo di minuzie, che si eviden-zia nel nostro ordinamento giuridico, ha dato vita a nume-rosi lavori scientifici sull’argomento, che in un certo sensoprendono le distanze da un approccio completamentenumerico e che, quindi, trascurano l’aspetto qualitativo. Tra i diversi studiosi che si occuparono del numerominimo di punti necessario ad avvalorare una identifi-cazione dattiloscopica in termini di certezza, il più cita-to è Victor Balthazard (1872-1950), professore dimedicina legale all’Università di Parigi, che nel 1911,in una seduta dell’Accademia delle Scienze, proposeun calcolo statistico che permetteva di stabilire, allaluce della popolazione mondiale, che 17 particolaritàcomuni tra due impronte erano ampiamente sufficientiper esprimere un giudizio di identità. Altre teorie pre-vedono la coincidenza di un minimo di 10-12 punti perpoter affermare la identificazione.In vero, la valutazio-ne dell’impronta parziale dovrebbe essere comunque ilpiù ampia possibile, contestualizzata in luoghi ben pre-cisi e riguardante un numero ridotto di persone al finedi offrire elementi di alta probabilità processuale poi-ché se è vero come è vero che non esistono in naturadue impronte uguali è altrettanto vero che, in ambitoprobatorio non possono esistere diagnosi di certezza edogni elemento è sempre oggetto di valutazione.

Quindi, anche in questo settore dove sembrerebbenon esservi più necessità di valutazione, l’adegua-tezza dell’accertameno deve essere in ogni caso ele-vata. Si pensi agli errori del passato, anche nelleesperienze d’oltreoceano, allorquando a cagione diparziali accertamenti sulle impronte, numerosi pro-cessi dovettero essere revisionati. Ciò dimostra viep-più come ogni alta probabilità probatoria passinecessariamente per una attenta analisi dei logicidubbi, sussistenti prima ontologicamente in naturae poi nelle aule di giustizia.Come la dattiloscopia anche la genetica forense ha fattonegli ultimi decenni straordinari passi avanti ed hasempre più preso piede, attraverso lo svolgimento diaccertamenti per investigare il DNA di soggetti all’in-terno del processo penale.Ciò che si deve tenere presente e da cui si deve partireper ogni corretta valutazione, è comunque e sempre lafalsificabilità dell’accertamento e la possibilità diincorrere in erroneità. Si pensi ai difetti riscontrati nei test di DNA aWashington (trattati nel laboratorio Patrol nel 2004), aquelli dimostratisi errati nel nord Carolina o ai vari casidi insulti forensi (si veda, sul punto, J. Jackman pater-nity suit raises doubts about DNA tests: va judgerejects results, questions lab work in case of de hairsalon owner in Washington post august 21, 2005, coi). Ciò non fa altro che dimostrare ulteriormente come delle“male practice” possano sempre annidarsi dietro lo svol-gimento di un accertamento scientifico e come la affida-bilità del risultato non sia legata solo al metodo utilizza-to ma anche alla corretta realizzazione della catena diconservazione dei reperti e, finanche, alla capacità deisoggetti che dovranno svolgere l’accertamento.Ciò doverosamente premesso, alla stregua di quantodetto in precedenza, lo studio del DNA negli ultimianni ha fatto enormi avanzamenti. Se, infatti, il rinvenimento di una impronta digitale puòconsentire di stabilire a chi essa appartenga, rinveniredelle tracce di liquido seminale, un capello oppure unframmento ungleare può consentire, attraverso la anali-si del DNA, di stabilire la identità del soggetto diappartenenza.Prendiamo, quindi, le mosse dalla scienza per perveni-re all’analisi delle problematiche giuridiche che atten-gono alla materia. Il DNA è una macromolecola costi-

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tuita da quattro elementi fondamentali chiamati basiazotate:1) Adenina (a);2) Citofona (c);3) Guanina (g);4) Timina (t).

In ogni individuo una singola molecola di DNA conte-nuta all’interno del nucleo di ogni cellula è costituita ditre miliardi di paia di basi. La sequenza di queste quat-tro lettere sopra indicate contiene tutte le informazioninecessarie a formare il complesso biologico dell’indi-viduo (si veda Ilaria Carboni, Lineamenti di geneticaforense, in Scienza e processo penale, Giuffre 2011). Il metodo identificativo che, dopo quello dattiloscopi-co, ha assunto da ormai una quindicina d’anni unavasta applicazione nel campo della criminalisticaforense, è quello che si fonda sulla ricerca della cdimpronta genetica ovvero del DNA; esso è identico inogni cellula di un medesimo organismo, indipendente-mente dalle funzioni alle quali essa è finalizzata.La possibilità di individuare, classificare e riconoscerel’impronta genetica di una persona si basa sul fatto diriuscire ad individuare quelle caratteristiche geneticheassolutamente individuali, contenute nella macromole-cola di Dna e che riguardano appunto i caratteri eredi-tari di una persona.In ambito giudiziario, le problematiche principali diun’analisi genetica sono legate sostanzialmente allaquantità ed alla qualità del materiale proveniente dallarepertazione e dalla relativa conservazione. occorre ab initio rilevare che il codice di procedurapenale non contiene alcuna disposizione in relazionealle fasi di rilevazione, prelievo, analisi ed estrazionedel Dna; questa assenza di previsioni relativa a ciascu-no dei passaggi necessari ad una corretta identificazio-ne, si contrappone alla elaborazione, oggi molto perfe-zionata, di protocolli di cui fare applicazione ondegarantire linearità, controllo, validazione e precisionedel risultato, ma non v’è spazio per la elevazione diquesti protocolli ad elementi che condizionino la vali-dità o l’efficacia del risultato, non essendo essi annessial codice di rito38.È da escludere dunque, che l’inosservanza di quei pro-tocolli possa dar luogo alla configurabilità di un tertiumgenus di nullità o di inutilizzabilità del dato raccolto.

L’unica conseguenza alla quale si potrebbe pervenire,in presenza di un Dna ottenuto senza il rispetto dellecautele minime imposte dai protocolli scientifici, è unanon attendibilità del risultato in forza del fatto che unoo tutti i passaggi che integrano il procedimento di estra-zione risultino non correttamente consumati. Illogica sarebbe, poi, una valutazione in rotta di colli-sione con la erronea acquizione scientifica. Sul piano generale, infatti, l’espletamento delle fasifunzionali all’estrazione del Dna, pur in presenza diprotocolli scientifici dotati di alta precisione, non èassistita da un regime sanzionatorio in caso di violazio-ne ma può solo porsi un problema di attendibilità deldato e quindi, a livello di rilevanza probatoria, di frut-tuosità dell’indagine.Non ossequiare i protocolli, significa tuttavia non ris-pondere adeguatamente ai percorsi scientifici ed illo-gica sarebbe una motivazione che si scontri con leemergenze scientifiche e con le buone pratiche di qual-sivoglia settore. Il dato scientifico raccolto andrà poi contestaualizzato.Svolto l’accertamento il risultato dello stesso andrà,infatti, calato nel contesto e valutato congiuntamenteagli altri elementi emersi nell’ambito del procedimento.Molteplici sono infatti, le situazioni nelle quali l’analisidel DNA non può essere presa in considerazione39.Altra problematica significativa inerente alla ricerca delprofilo genetico è il pericolo, sempre più ricorrente, dellacontaminazione che grava sulla totalità della procedura.Dall’attività di rilevazione che richiede una meticolosadocumentazione a quella del prelievo della traccia,rispetto cui il pericolo di inquinamento è elevato all’en-nesima potenza, sino alla fase delle analisi di laboratorio. In questa sede i pericoli di contaminazione sono nume-rosi e riguardano l’ambiente in cui le analisi devonoessere effettuate, si tratti dei gabinetti delle forze del-l’ordine ovvero di quelli di volta in volta indicati dal-l’autorità giudiziaria.In ogni caso dovrebbe comunque trattarsi di strutturecertificate secondo precisi parametri; il personaledovrebbe operare in condizioni di assoluta prudenza,evitando in qualsiasi momento distrazioni o leggerezzeche, potrebbero compromettere l’esito dell’analisi,generando commistioni40.Per quanto concerne poi la metodica dell’analisi di labo-ratorio, è da dire, che, in via preliminare, vengono nor-

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malmente eseguite le diagnosi di genere e specie.Attraverso le prime si determina l’origine biologica di uncampione organico (se una macchia contiene sostanzaematica, tracce di saliva o di sperma, o se un pelo è diorigine animale o vegetale); attraverso la diagnosi dispecie si stabilisce la specie dalla quale provengono letracce organiche. Dopo le analisi diagnostiche di generee di specie, una porzione del reperto viene destinato alladeterminazione del profilo del Dna: a tal proposito, èbuona norma utilizzare quantitativi ridotti di campione,al fine di consentire eventuali, ulteriori controanalisi41.L’analisi deve riguardare sia il Dna nucleare che quellomitocondriale42, riconducibili il primo alla linea geneti-ca maschile ed il secondo a quella femminile. Dallatraccia viene, quindi, estratto il profilo del Dna, ossiauna sequenza alfa numerica da questo ricavata e carat-terizzante ogni singolo individuo43; l’esito viene, infine,paragonato con altri profili, custoditi in databases (il piùimportante dei quali è la banca dati nazionale del DNA,regolata dall’art. 7 della legge n. 85 del 2009 che peròad oggi in Italia non è ancora entrata in funzione), oppu-re ottenuti prelevando appositamente materiale organi-co da un individuo. La fase dell’estrazione e della con-seguente comparazione44 condurrà a quella identifica-zione dei caratteri genetici del soggetto da cui provieneil materiale organico che lo rendono diverso da qualsia-si altro soggetto. Una sola differenza è sufficiente adescludere che due profili vengano dalla stessa persona.Se, invece, le sequenze sono sovrapponibili, si puòconcludere che i due soggetti siano la medesima perso-na e si potrà pervenire ad una conclusione di positivitàdella comparazione45. Diversamente da quanto accade nell’ambito delle impron-te digitali, dove si è pervenuti all’affermazione dellanecessità di un certo numero di punti in comune, le minu-zie, per l’affermazione dell’identità giudiziaria, lo stessonon può dirsi nella disciplina della genetica forense.Questo parametro di sicurezza non esiste per gli “alle-

li”. La determinazione del numero di alleli sovrapponi-bili al fine di affermare il rapporto di identità dipendedall’analista il quale potrà aver ritenuto la sufficienzadi sei o sette positività, altre volte di dieci o quindici,senza che si possa conoscere quanti altri alleli si sareb-bero potuti comparare. A ciò si aggiunge l’inconsape-volezza delle ragioni e dei criteri per i quali gli allelisono stati ritenuti non sovrapponibili e che hanno fon-

dato la diagnosi dell’esclusione.L’opera dell’analista è, quindi, largamente presentenell’individuazione e soprattutto nella comparazionedelle sequenze genetiche46.Il profilo di Dna che si estrae dalla traccia è riproduci-bile ma qualora il profilo sia contaminato sarà riprodot-ta, ovviamente, la relativa alterazione.Contestualmente occorre fare i conti con le gravi lacu-ne (presenti nel nostro sistema processuale) nella rego-lamentazione della procedura di estrazione e conserva-zione del Dna.Invero, solo nel 2009 si è disciplinato l’ingresso delDNA profile nel circuito probatorio penale. In particolare, la Legge de qua ha disposto l’istituzionedella Banca Dati Nazionale del DNA e del LaboratorioCentrale per la Banca Dati; istituzioni che ancora risul-tano in fase di “svezzamento” a causa delle attualicarenze finanziarie. La istituzione della Banca Dati è stata imposta dalTrattato di Prum, accordo firmato da alcuni paesi mem-bri dell’Unione europea (Austria, Belgio, Francia,Germania, Lussemburgo, Spagna e Paesi Bassi) la cuifinalità è quella di aumentare le misure di coordina-mento in materia di indagini giudiziarie e prevenzionedei reati. La Banca dati ed il Laboratorio hanno come finalità diconsentire di pervenire alla identificazione di personeper fini di giustizia: la loro utilità investigativa è basa-ta su alcune acquisizioni scientifiche di importanzafondamentale, infatti, si è accertato che il Dna è immo-dificabile in qualsiasi individuo nonostante il passaggiodel tempo; inoltre consentirà agli Stati aderenti alTrattato di scambiare le informazioni in proprio posses-so relative ai profili genetici47.

Conclusivamente, i problemi a livello logico-giuridico,in materia, restano molteplici quantomeno in un tripli-ce ordine di direzioni. Da una parte, la catena di conservazione e reperta-zione delle tracce che come detto in precedenza nonè scandita da protocolli normativi; neppure la leggedel 2009 dice nulla sul punto. La sequenza in astratto dovrebbe poter essere riassuntacome segue:A) Repertamento;B) Documentazione e catalogazione;

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C) Diagnosi di natura;D) Estrazione del DNA;E) Amplificazione del DNA;F) Determinazione del profilo genetico;G) Interpretazione e comparazione dei profili genetici.

Tuttavia deve essere oggetto di considerazione come lamancata normativizzazione dei protocolli crei un prîmoproblema non indifferente anche in ambito di valuta-zione della prova. La censurabilità della procedura, infatti, non potrà chepassare per la critica del procedimento acquisitivo deldato che potrebbe emergere ad un certo punto del pro-cedimento, ad esempio tramite un confronto tra consu-lenti, o potrebbe non emergere mai (o come spessoaccade potrebbe semplicemente emergere quando ilprocesso è già concluso). Giova, poi, porre in rilievo come la legge del 2009sopra citata sia stata introdotta proprio con l’intento diporre rimedio alla insufficienza dei dati normativi inmateria di impiego processuale della indagine genetica.In vero, il D.L. 144 del 2005, come è noto, aveva attri-buito alla PG il potere di prelevare coattivamente salivae capelli per l’identificazione dell’indagato durante ilsopralluogo (art. 349 comma 2 bis) ovvero prelievo dimateriale biologico all’indagato e a terzi sempre in sededi sopralluogo previa autorizzazione scritta del PM. La novella del 2009 ha soppresso tale disposizione e, dicontro, ha attribuito al giudice il potere di disporre insede di perizia dibattimentale o in incidente probatorioil prelievo coatto in presenza di due presupposti:1) Delitto colposo con pena superiore ai tre anni;2) Richiesta di perizia con atti idonei ad incidere sulla

libera determinazione.La Legge de qua con l’art. 40 ha poi stabilito un collega-mento tra la banca dati ed il processo penale, pretenden-do che nella banca confluiscano i profili genetici tratti danoti e ignoti, ma va evidenziato come il Legislatore abbiaomesso di stabilire la sorte di detti materiali biologici. Ulteriore problematica che non può essere sotta-ciuta in materia è quella che attiene alla naturadell’accertamento da svolgersi nel processo penale.Si tratta di accertamento ripetibile o irripetibile?La risposta a questa domanda non è totalmente pacifica

come si potrebbe pensare.Spesso si è affermato, purtroppo anche in ambiti giudi-ziari, che se la traccia è di particolare entità, non sus-siste problema di irripetibilità dell’accertamento perchéesso può essere svolto in loci diversi più volte. Ad esempio una macchia molto estesa su una camiciao su un pigiama.Invero, ai fini della valutazione che interessa non signi-fica nulla il fatto che essa sia molto estesa.Il problema non considerato da molti è che la ripeti-zione deve essere garantita sullo stesso frammento pro-batorio, non su altro frammento del medesimo oggettopreso in considerazione.Infatti, ad esempio, mentre sulla manica della camiciain questione si potrebbe trovare un DNA univoco, sulcolletto della medesima camicia si potrebbe rinvenireun profilo misto. Avere effettuato l’accertamento delDNA sulla manica, alla stregua di accertamento ripeti-bile, quindi senza le garanzie del contraddittorio signi-fica avere cômpromesso la validità dell’analisi stessa.In vero, anche in presenza di tracce di particolare entitàin termini di estensione occorre tenere a mente la fina-lità probatoria dell’accertamento. Esso ha carattere distruttivo, quindi ha in se la naturadella irripetibilità.Ciò come detto non dipende dalla estensione della trac-cia dacché non è detto che sullo stesso reperto gliimbrattamenti ematici conducano alla stessa persona.Si tratta, quindi, sempre di accertamento irripetibile. Si rifletta, poi, alla terza questione problematicariguardante la natura delle tracce. Si è detto in pre-cedenza che una attenta ed adeguata analisi delDNA può portare alla identificazione certa di unindividuo. Tale petizione di principio, tuttavia, valesolo il presenza di un unico rilevamento di DNA(esempio: sangue appartenente ad un unico sog-getto) ma già quando la traccia ematica appartienea due persone il problema si conplica anche in temadi affidabilità dell’accertamento. In vero, non può essere sottaciuto come l’analisi diprofili misti rechi sempre al suo interno delle grossedubitative di riferibilità soggettiva che avranno cer-tamente conseguenze in termini di valutazione nelcorso del processo penale.

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1 Alcmeone di Crotone (V secolo a.C.) acui si deve la scoperta del nervo ottico.

2 Manuale delle investigazioni sulla scenadel crimine, Norme, tecniche, scienze, (acura di) DoNATELLA CURToTTI E LUIGISARAVo, Cap. IV, Il Cadavere e la scena delcrimine: un binomio inscindibile, G.ARCUDI-G. L. MARELLA.

3 MARCo EZECHIA LoMBRoSo, L’uomodelinquente, Torino, 1987.

4 La competenza del medico legale è previ-sta esplicitamente dall’ultimo comma del-l’art. 348 c.p.p. laddove si autorizza laPolizia giudiziaria, che procede ad indaginidi sopralluogo e che si trovi a dover risolve-re problematiche scientifiche per le qualinon può avere adeguata competenza, a farsiassistere da persone idonee che non posso-no rifiutare la propria opera (ausiliari dipolizia giudiziaria), e dall’art. 359 c.p.p..

5 V. LIVIERo, Il sopralluogo medico legale,in M. PICoZZI-A. INTINI, Scienze forensi:teoria e prassi dell’investigazione scientifi-ca.

6 L’equilibrio termico si raggiunge attornoalle 22-24 ore, con una oscillazione fra le10 e le 30 ore per la molteplicità dei fattoriinfluenzanti (tipo di morte, età, temperatu-ra, condizioni climatiche).

7 G. ARCUDI, Medicina legale, Universitalia,2008.

8 G. ARCUDI, “Medicina legale”, op. cit..

9 Più precisamente entro le prime 10-12 oredal decesso si osserva la fase di migrabilità:se il cadavere viene spostato e viene cam-biata la zona declive le macchie possonoscomparire dalla zona iniziale di accumuloe manifestarsi nella nuova sede, divenutadeclive. La modificabilità ipostatica è unrilievo facilmente operabile mediante unadigitopressione sulla macchia ipostaticastessa. Dopo il suddetto periodo di migrabi-lità e sino alla 48a-72a ora si è in presenzadella fase di fissità relativa, nella qualedopo una azione pressoria locale, come ladigitopressione (si pigia con forza un ditosulla macchia) o il massaggio prolungato,l’ipostasi si attenua pur restando parzial-mente visibile, in termini tecnici è modifi-cabile. Dopo la 48a-72a ora le macchie ipo-statiche non sono più modificabili, neancheal massaggio prolungato, e ci troviamo

nella fase di fissità assoluta. (V. LIVIERo, Ilsopralluogo medico legale, in M. PICoZZI,-A. INTINI, Scienze forensi: teoria e prassidell’investigazione scientifica, op cit.).

10 o. CARELLA PRADA-D.M. TANCREDI, Ilsopralluogo giudiziario medico legale, Seu,2006. Assai diversa è la lesività che puòobiettivarsi sul cadavere per la natura deimezzi offensivi: frequente è quella prodottada corpi contundenti, privi di caratteristichepenetranti, e che producono la lesioneesclusivamente per l’effetto dell’energiacinetica posseduta; l’azione di tipo contusi-vo può essere esercitata da qualunquemezzo di diversa forma e natura, anche damezzi di offesa naturali. Primaria rilevanzaassumono le lesioni da armi da fuoco, con-siderato il loro frequente uso sia a scopoomicidiario sia suicidiario. Le caratteristi-che connotanti le lesioni d’arma da fuocosono rappresentate essenzialmente dal forod’entrata, dal tramite, dal foro d’uscita; traquesti, particolare interesse assume ilprimo, sul quale e in prossimità del qualevanno sempre ricercati i segni secondaridell’esplosione (ustione, affumicatura,tatuaggio), utili per l’accertamento delladistanza di sparo.

11 L’autopsia giudiziaria è un interventolesivo del cadavere reso lecito da precisaprevisione legislativa

12 Tuttavia è importante ranmmentare che“nessun cadavere può essere sottoposto adautopsia prima che siano trascorse 24 oredalla dichiarazione di morte” (art. 8Regolamento di Polizia Mortuaria D.P.R.285 del 10 settembre 1990).

13 A tal proposito non va confusa, come giàdetto, la figura e la funzione del medico(anatomo patologo o medico legale) conquella del coroner, una figura non esistentein Italia ma operante nei Paesi anglosasso-ni, che solitamente si occupa solamente delsopralluogo giudiziario e solo in alcuni casie in alcuni stati si occupa di espletare l’au-topsia.

14 Art. 40 c.p., “nessuno può essere punitoper un fatto non previsto dalla legge comereato, se l’evento dannoso o pericoloso, dacui dipende la esistenza del reato, non èconseguenza della sua azione od omissio-ne”.

15 T. FEoLA-M. ARCANGELI-E. NARDECCHIA,

Appunti di medicina legale, EdizioniMinerva Medica, Torino, 2014.

16 T. FEoLA-M. ARCANGELI-E. NARDECCHIA,Appunti di medicina legale, op. cit..

17 Prof. MAURIZIo BRUNI, La medicinalegale e l’abuso sessuale su minori, incon-tro di studio tenutosi presso la Università diTor Vergata in Roma.

18 A. CIANI, L’autopsia giudiziaria e quel-la a scopo diagnostico, 2010, www.associa-zioneitalianatecniciautoptici.it.

19 C. BRoNDoNI-L. GARoFANo, Il soccorri-tore sulla scena del crimine, EdizioniGiuridiche Simone, 2015.

20 PAoLo FRATINI, in Scienze e ProcessoPenale, Nuove frontiere e vecchi pregiudizi,Giuffrè, 2011.

21 Tra i numerosi corsi didattici tenuti daMcDonnel e dalla sua scuola, vi è quellobasico di BPA effettuato nel 2007 a Parmain collaborazione con il Reparto CarabinieriInvestigazioni Scientifiche (R.I.S.) diParma e con l’Università degli Studi diParma, ripetuto nel novembre del 2008 acura di T. Paulette Sutton.

22 Dott. Federico Boffi della PoliziaScientifica di Roma. Seminari svolti pressol'Università di Tor Vergata in Roma nel-l'ambito della Cattedra di Criminologia epresso la Polizia Scientifica di Roma.

23 C. TAoRMINA, Criminologia e provapenale, cit., p. 162.

24 C. BRoNDoNI-L. GARoFANo, Il soccorri-tore sulla scena del crimine, cit., p. 156.

25 Si veda al riguardo F.M. PAGANo,Principi del codice penale e logica dei pro-babili, Napoli, 1824.

26 N. CIMINo-L. RINALDI-A. GIULIANo,Impronte digitali, in M. PICoZZI-A. INTINI,Scienze Forensi, teoria e prassi dell’inve-stigazione scientifica, Utet giuridica,Torino, 2009.

27 R. CAMPoSANo, L’evoluzione dellaPolizia Scientifica in Italia, in Rivista diPolizia, III-IV, 2004.

28 N. CIMINo-L. RINALDI-A. GIULIANo,Impronte digitali, in M. PICoZZI-A. INTINI,Scienze Forensi, teoria e prassi dell’inve-stigazione scientifica, op cit..

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29 La disciplina italiana del fotosegnala-mento è contenuta nel “Testo unico delledisposizioni concernenti la disciplina del-l’immigrazione e norme sulla condizionedello straniero” del Decreto Legislativo 25luglio 1998, in cui all’art. 5 è stabilito chelo straniero che richiede il permesso di sog-giorno oppure la rinnovazione dello stessoè sottoposto a rilievi fotodattiloscopici.L’art. 6 comma 4 del D.Lgs. 286/1998 sta-bilisce, inoltre, che “qualora vi sia motivodi dubitare dell’identità personale dellostraniero, questi è sottoposto a rilievi foto-dattiloscopici e segnaletici”. La disciplina,pertanto, non si limita a prevedere una pos-sibilità, ma introduce una sorta di fotose-gnalazione obbligatoria, diretta a consentirela corretta identificazione del migrante.

30 Nell’impronta “adelta” il sistema centra-le è costituito da linee che vanno da un latoall’altro della figura descrivendo un arco;nella “monodelta” il sistema centrale ècostituito da un fascio di linee, chiamatelacci o anse, che fuoriescono da un latodella figura al lato opposto formando undelta; nella “bidelta” il sistema centrale sipresenta come un complesso di linee che sichiudono in cerchi o spirali o in altri dise-gni, creando ai due lati un delta; nella figu-ra “composta” il sistema centrale è caratte-rizzato da linee a forma di anse che si acca-vallano ad altre o ad archi, creando ai duelati un delta (S. LoPEZ, Le impronte papilla-ri latenti, in Scienze Forensi, 2008,www.studiobalisticolopez.net).

31 Si tratta di: biforcazioni, termini di linee,interruzioni, deviazioni, tratti di linee, unci-ni, occhielli, isolotti, in poche parole tuttoquello che è “proprio” di un individuo.Inoltre qualsiasi cicatrice, taglio, “difetto”concorre, assieme ai punti caratteristici, adivenire peculiarità discriminante in unfuturo confronto forense.

32 Dispense del corso tenutosi presso laDirezione Centrale Anticrimine dellaPolizia di Stato nel periodo di gennaio-maggio 2016.

33 N. CIMINo-L. RINALDI-A. GIULIANo,Impronte digitali, in M. PICoZZI-A. INTINI,Scienze Forensi, teoria e prassi dell’inve-stigazione scientifica, cit., p. 320.

34 Cass. Pen., Sez. IV, sent. del 21 febbraio1986, n. 6769, Rv 173281.

35 Cass. Pen., Sez. II, n. 2122/1966.

36 Cass. Pen., Sez II, n.13771/1978; Cass.Pen., Sez. I, n. 7434/1982.

37 C. CHAMPoD-C. J. LENNARD-P. MARGoT,M. SToILoVIC, Fingerprints and OtherRidge Skin Impressions, 2004, First Edition.

38 C. TAoRMINA, Criminologia e provapenale, cit., p. 176.

39 C. TAoRMINA, Criminologia e provapenale, op. cit..

40 A. E. VENTo, L’indagine biologica, in A.VENTo-A. DI ToMMASo, Il sopralluogo nelprocesso penale.

41 F. DoNATo, Criminalistica e tecnicheinvestigative.

42 Il Dna mitocondriale (mtDNA) a diffe-renza del Dna nucleare, è presente in copieil cui numero non è fisso ma varia a secon-da del tipo di cellula. Per questa sua pecu-liarità, la molecola di mtDNA si è rilevataparticolarmente utile in ambito forense, inquanto da essa è possibile ottenere Dna inquantità sufficiente per poter effettuare unatipizzazione. Va inoltre considerato che lastruttura circolare e chiusa rende questamolecola più resistente del Dna nucleare aifattori di degradazione ai quali spesso ireperti biologici sono esposti (A. E. VENTo,L’indagine biologica in A. VENTo-A. DIToMMASo, Il sopralluogo nel processopenale, cit., p. 110).

43 In base a quanto previsto dall’art. 6, lett.b) della legge n. 85 del 30 giugno 2009: aifini della presente legge si intendono per:a) «DNA»: acido desossiribonucleico,

depositario della informazione genetica,sotto forma di una sequenza lineare dinucleotidi, portatore dell’informazioneereditaria;

b) «profilo del DNA»: sequenza alfa nume-rica ricavata dal DNA e caratterizzanteogni singolo individuo;

c) «campione biologico»: quantità disostanza biologica prelevata sulla perso-na sottoposta a tipizzazione del profilodel DNA;

d) «reperto biologico»: materiale biologicoacquisito sulla scena di un delitto ocomunque su cose pertinenti al reato;

e) «trattamento»: qualunque operazione ocomplesso di operazioni effettuate anchesenza l’ausilio di strumenti elettronici,

concernenti la raccolta, la registrazione,l’organizzazione, la conservazione, laconsultazione, l’elaborazione, la modifi-cazione, la selezione, la tipizzazione, ilraffronto, l’utilizzo, l’interconnessione,il blocco, la comunicazione, la diffusio-ne, la cancellazione e la distruzione didati;

f) «accesso»: consultazione, anche infor-matica, dei dati e delle informazioni con-tenute nella banca dati;

g) «dati identificativi»: dati personali chepermettono l’identificazione diretta del-l’interessato;

h) «tipizzazione»: complesso delle opera-zioni tecniche di laboratorio che condu-cono alla produzione

44 La comparazione si basa sulla individua-zione della corrispondenza tra gli alleli,cioè gli elementi di diversificazione checiascuno di noi ha rispetto al 99% di patri-monio genetico comune a tutti gli esseriumani.

45 L’individuazione di un soggetto (ovverol’esclusione o meno dell’identità di un indi-viduo come quella a cui appartiene la trac-cia biologica analizzata dalla quale si èestratto il DNA) è certa pressoché al 100%sebbene il DNA umano sia uguale al 99,5%per tutti gli individui e la percentuale di dif-ferenza sia dello 0,5% per ognuno di noi, laquale è responsabile delle caratteristicheche rendono proprio ciascun individuo eche, di fatto, ne consentono l’identificazio-ne (G. Novelli-I. Pietrangeli, Nuove frontie-re delle tecniche di analisi del Dna, in M.Picozzi-A. Intini, Scienze Forensi: teoria eprassi dell’investigazione scientifica).

46 C. TAoRMINA, Criminologia e provapenale, cit..

47 Le modalità di consultazione e scambiodelle informazioni contenute nelle banchedati nazionali per la raccolta di profili gene-tici sono disciplinate nel titolo II del docu-mento internazionale. L’art. 3 riguarda laprocedura di consultazione; si tratta di unamodalità di ricerca automatica delle infor-mazioni archiviate nei database di ogniStato contraente con una procedura avviatasolo in riferimento a singoli casi concreti eaventi ad oggetto profili di Dna di personegià identificate.

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Quando gli elettori britannici hanno espresso illoro voto (in referendum popolare indetto il 23giugno 2016 dall’allora Premier David

Cameron) a favore dell’uscita dell’Ue sicuramente nonhanno considerato, valutato, riflettuto e ponderato l’ef-fettiva portata di tale scelta, le reali dimensione delleconseguenze e tutte le ricadute che l’esito di tale inizia-tiva avrebbe avuto. Di fatto, il distacco del Regno Unito dall’Ue non hasoltanto gli evidenti effetti economici e sull’immigra-zione (che è stato usato come principale argomento deipolitici schierati a favore del c.d. “Brexit”), già ogget-to di molti dibattiti e di diversi articoli giornalistici, maanche e sopratutto delle ripercussioni giuridiche (alivello nazionale ed internazionale) non trascurabili enon indifferenti.Uno di questi effetti “collaterali” apparentemente nonconsiderati (e mai menzionati in sede dei dovuti chiari-menti agli elettori) è quello dell’impatto del Brexit sul-l’entrata in vigore del sistema di brevetto unificato, cheavrebbe potuto portare tanti benefici alle aziende bri-tanniche (nonché a quelle europee) e agli investitoristranieri.Infatti, l’entrata in vigore del suddetto sistema dipendedella ratifica dell’accordo della Corte Unificata daparte di almeno 13 Stati membri (attualmente 14 Paesihanno già depositato gli strumenti di ratifica1), compre-si i tre con il maggior numero di brevetti europei con-cessi (ovvero, la Germania5, la Francia e il RegnoUnito)3.Prima di analizzare le ripercussioni del referendum bri-

tannico occorre illustrare brevemente cos’è il sistemadi brevetti unificati. La cornice giuridica di questo auspicabile nuovo siste-ma di brevetto si basa su due Regolamenti Ue(1257/2012 e 1260/20124) e un accordo intergoverna-tivo (che istituisce il Tribunale Unificato dei Brevetti-TUB e che forma, con i suddetti Regolamenti il c.d.“Pacchetto Brevetti” o “patent package”) firmato da 25Stati membri dell’Ue (a parte la Spagna, che ha propo-sto, senza successo, un ricorso di annullamento allaCorte di Giustizia5, la Polonia e la Croazia) che, nono-stante lo stretto legame al diritto comunitario, ha, for-malmente, una natura di diritto pubblico internaziona-le. Tali accordi sono stati negoziati alla luce della coo-perazione rafforzata, uno strumento giuridico che èstato istituzionalizzato con il Trattato di Amsterdam epoi modificato dal Trattato di Nizza, e la cui disciplinagenerale è ora contenuta negli articoli 20 del TUE enegli articoli 326-334 del TFUE, nella versione conso-lidata con il Trattato di Lisbona.Tali previsioni normative comunitarie sono state conce-pite per superare la paralisi che si possono verificarequando una proposta è bloccata da un singolo paese oda un piccolo gruppo di paesi che non vogliono farparte di una qualche iniziativa e consentono ad unminimo di nove Stati-membri dell’Ue di avviare unaprocedura volta a stabilire un’integrazione o una coo-perazione più stretta e più approfondita (rispetto a quel-la contenuta nei trattati comunitari) in una determinataarea all’interno dell’Ue6.L’Italia, che inizialmente si è allineata (insieme alla

Incertezze sul futuro del nuovo sistema europeo di tutela brevettuale: le ripercussioni del “Brexit”Leandro Moura da SilvaAttaché dell’Ambasciata del Brasile a Roma (Ufficio Economico-finanziario, di Energia, Ambiente, Difesa e Cooperazione Tecnica) eDottore di Ricerca in Diritto Internazionale ed Europeo, Università Tor Vergata di Roma

A seguito del referendum del Regno Unito a favore dell’uscita dell’Ue sono emerse diverse questioni giuridichetra cui quella sullo status di quel Paese nel sistema unificato di brevetti che si mostra come una nuova sfida agliStati-membri dell’Ue che sono desiderosi di avanzare con la cooperazione rafforzata verso la piena implementa-zione di quel sistema che porterà notevoli vantaggi alle imprese del mercato unico

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Spagna) contro l’adesione al nuovo sistema di brevet-to7, e dal quale si era, perciò, tenuta fuori per circa treanni, ha contestato dinnanzi alla Corte di Giustiziadell’Unione europea l’uso della cooperazione rafforza-ta e il regime linguistico previsto per il brevetto unifi-cato (cause riunite C-274/11 e C-295/11, le cui motiva-zioni sono state respinte dalla Corte Ue il 16 aprile2013).Dopo che la Corte di giustizia dell’Unione europea(CGUE) si è formalmente espressa, con decisione (del5 maggio 2015) che ha giudicato la cooperazione raf-forzata compatibile con il diritto dell’UE, l’Italia hacambiato la sua posizione ufficiale e, nel 13 maggio2015, con il parere favorevole del Comitato intermini-steriale per gli Affari Europei (CIAE) si è aperta final-mente la strada verso la ratifica dell’Italia al sistema dibrevetto unificato. Nonostante l’opposizione italiana è doveroso riferireche quel Paese ha firmato, il 19 febbraio 2013, l’accor-do sulla Corte Unitaria dei Brevetti ma, e come conse-guenza del contenzioso aperto, soltanto il 30 settembre2015, e dopo l’adesione al sistema del Brevetto unita-rio europeo, l’Italia ha aderito, diventando il 26º Statomembro a far parte del sistema di cooperazione raffor-zata, che gli ha conferito il potere di voto nei negoziatiin corso.La situazione dell’Italia ed il suo peculiare percorso diadesione è stato, quindi, un po’ inusuale o inconsueto,essendo stato l’unico Stato membro che ha sottoscrittol’accordo sulla giurisdizione senza aver, tuttavia, accet-tato l’istituto giuridico che gli serve di base, ovvero ilsistema di brevetto unitario.Per quanto riguarda il processo di adesione dell’Italia,il 29 aprile 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvatoil disegno di legge per la ratifica dell’accordo sulTribunale unificato dei brevetti che è stato trasmessoalla Camera dei Deputati (presentato ufficialmente indata 26 maggio 2016, al quale è stato attribuito ilnumero 38678 e assegnato alla 3ª Commissione perma-nente ovvero, di Affari esteri e comunitari) dove ha poiricevuto i pareri delle Commissioni permanenti e tra-smesso al Senato nel settembre 20169.Nel frattempo, l’Italia ha fatto i primi passi per l’indi-viduazione del luogo della sede locale della sezionelocale italiana del tribunale unificato dei brevetti(Milano)10, e nel novembre 2016 è stata finalmente

approvata la legge di ratifica italiana11.Visto gli imprevisti che hanno fatto slittare la data diinizio del sistema di brevetti, il 1° ottobre 2015 gli Statiche ne fanno parte hanno deciso – in modo autonomo eparallelamente alle singole procedure di ratifica alsistema dei brevetti – di aprire la possibilità di adesio-ne (su base volontaria) al Protocollo sull’applicazioneprovvisoria dell’accordo. Per quanto riguarda i costi delle annualità da pagare peril brevetto unitario, il valore si basa sulla media ponde-rata (c.d. “forfetario”) dei quattro Stati con maggiornumero di brevetti (ovvero la Germania, la Francia, ilRegno Unito e l’Olanda, visto che al momento dell’ac-cordo l’Italia non ne faceva parte) che significa uncosto di circa 5 mila euro nei primi 10 anni di tutela(considerando le tasse di rinnovo annuali)12.Inoltre, con il brevetto unitario non sarà più necessarioconvalidare il brevetto in ogni singola nazione d’inte-resse, come invece avviene ora per il brevetto europeo.Un altro grande vantaggio alle imprese che optino perla domanda di brevetto con effetti unificati è quella deitempi certi e piuttosto ridotti nel caso sia eventualmen-te necessario ricorrere ad un contenzioso, che, per leaziende italiane rappresenta un notevole vantaggio vistii cronici problemi di lentezza della giustizia italiana (ic.d. “processi lumaca”, che nel processo civile hannodurata media di 367 giorni soltanto per la sentenza diprimo grado) assolutamente incompatibili con le esi-genze di immediatezza del mondo degli affari13. Inoltre, con il nuovo regime di tassazione “True Top 4”associato al brevetto unitario, le aziende vedrannoridurre notevolmente i costi per il rinnovo dei brevetti.Secondo i calcoli dell’Epo, la spesa per il rinnovo dellatutela del marchio si ridurrà del 78% rispetto alla situa-zione attuale14. Benoît Battistelli, attuale presidente del UfficioEuropeo dei Brevetti (EPO) ha pubblicato nel blog uffi-ciale dell’organo15 un articolo nel quale condivide alcu-ne delle sue considerazioni sui possibili scenari futuridel brevetto unitario. Secondo lui, nella migliore delleipotesi, il Regno Unito potrebbe andare avanti per con-cludere al più presto (e prima di formalizzare la richie-sta di uscita dell’Ue) la ratifica (che è ad uno statoavanzato) dell’accordo UPC, che permetterebbe alsistema di entrare in vigore nel 2017 e consentirebbe alPaese di concordare, nei successivi negoziati di uscita

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dell’Ue, la sua eventuale permanenza sia nel tribunaleunificato dei brevetti sia nel sistema brevettuale unita-rio. Tuttavia, alcuni esperti sostengono che lo status dimembro effettivo dell’Ue sarebbe una condizione sinequa non non solo per poter aderire al sistema unificato,ma anche per poter rimanere a fare parte del sistema.Inoltre, in questo caso il Regno Unito avrebbe comun-que molta difficoltà di vedere nella Corte Unificata giu-dici di nazionalità britannica, visto che l’accordo attua-le richiede specificamente che i magistrati abbiano lanazionalità di uno Stato-membro dell’Ue (e sarebbedifficile precludere tale requisito).Qualora non fosse possibile tale opzione, l’alternativaconsiderata da Battistelli sarebbe quella di modificarel’accordo e di proseguire perciò senza il Regno Unito,e ciò vale a dire che sarebbe in quel caso necessario tro-vare un altro meccanismo politico che permettessi lasua entrata in vigore.Tuttavia, sarebbe questionabile se il diritto internazio-nale e quello comunitario permettono la esclusione diuna delle Parti che ha già firmato l’accordo. (infatti, neldiritto internazionale come in quello comunitario,come si è visto per il processo di uscita del RegnoUnito dall’Ue, vige il principio per cui non è possibilela espulsione di uno Stato membro, che fa dipenderel’avvio del processo dall’iniziativa dell’interessato).E così, dinnanzi alle incertezze politiche e giuridiche,era da aspettarsi il verificarsi dello slittamento delleprevisioni riguardo alla data dell’inizio (anche se prov-visorio) del sistema di brevetti unificati.Infatti, e considerando quanto sopra riferito, il presi-dente dell’Ufficio europei dei brevetti (EPO) BenoitBattistelli aveva dichiarato che il nuovo sistemapotrebbe scattare dal primo dicembre 2017 mentre uncomunicato del Presidente del Comitato PreparatorioTUB, Dott. Alexander Ramsay, del 27 giugno, ipotiz-zava che l’applicazione provvisoria del TribunaleUnificato dei Brevetti potessi esser già pronta entrol’autunno del 2017 e che nel inizio del 2018 si potreb-be dare inizio al l’esercizio della procedura di “opt-out” (facoltà che si offre agli richiedenti di domanda dibrevetto, per un periodo di transizione di sette anni, disottrarre i brevetti europei concessi, o in via di conces-sione, dalla giurisdizione del Tribunale unificato deibrevetti, tramite il deposito di un’apposita richiesta diopt-out all’ufficio dei brevetti europei EPO)16.

Per quanto riguarda la situazione britannica, nonostan-te il ministro britannico per la Proprietà Intellettuale,Baronessa Lucy Neville-Rolfe abbia dichiarato, nelnovembre 2016, l’intenzione del suo governo di aderi-re al brevetto comunitario (con la con conseguenza cheabbia sede a Londra uno dei tribunali per i brevetti),molte sono, tuttora, le incognite e le ponderazioni, dalpunto di vista giuridico, riguardo l’effettiva adesionedel Regno Unito.Il governo di Londra sembra di, apparentemente, nonvedere nessun tipo di ostacolo formale tra il c.d.“Brexit” e il sistema di brevetto unitario, sostenendo lapiena compatibilità che uno Stato fuori dall’Ue possapartecipare a pieno titolo alla disciplina dei brevetti(basata su un trattato intergovernativo di diritto pubbli-co internazionale).Di fatto, quel Paese continua a dare seguito all’iter par-lamentare dei disegni di leggi associati alla adesionedel Paese al sistema di brevetto unificato.E così, lo scorso mese di dicembre la Camera deiDeputati del Regno Unito (“House of Commons”) haapprovato la bozza di legge per l’adesione al TribunaleUnificato dei Brevetti (Unified Patent Court/Immunitiesand Privileges Order 2017)17 che, a seguito della appro-vazione da parte del Parlamento scozzese (che dovreb-be avvenire il gennaio 2018), apre la strada per la ratifi-ca da parte del Regno Unito.Durante i lavori di audizioni nelle commissioni parla-mentare, il Ministro della Pubblica Istruzione, leScienze, la Ricerca e l’Innovazione britannico, JoJohnson ha confermato l’intenzione del Regno Unito dipartecipare del sistema di brevetto unificato (ratifican-do il trattato prima dell’uscita definitiva dell’Ue, previ-sta per marzo 2019) ed ha sottolineato i notevoli van-taggi dell’esistenza di un unico tribunale in materia dibrevetti e dell’importanza per la reputazione del Paese,che ospiterebbe una divisione della Corte per i conten-ziosi nel campo chimico-farmaceutico, delle biotecno-logie e delle scienze della vita (un fatto non indifferen-te e non trascurabile visto che il suddetto Paese haperso recentemente l’Agenzia europea per il farma-co18).Alla luce delle dichiarazioni ufficiali dalle autorità bri-tanniche sembra ormai chiaro che il Regno Unito abbial’intenzione di partecipare del sistema unificato deibrevetti come un membro a pieno titolo, a prescindere

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della sua futura condizione dei Stato europeo extra-Uee senza rinunciare che Londra sia la terza sede del Tub. Tuttavia, dopo l’uscita definitiva del Regno Unitodell’Ue possono facilmente sorgere contestazioni eanche contenziosi in base ai legittimi questionamentigiuridici riguardo la permanenza di quello Stato alsistema di brevetto unificato, così come dello status diquel paese.Infatti, le ripercussioni del Brexit nello status delRegno Unito all’interno del sistema unificato di brevet-ti iniziano ad emergere e già sono oggetto di discussio-ne, in particolare per quanto riguarda la scelta dellacittà di Londra come sede della terza sede della direzio-ne centrale del Tribunale Unificato dei Brevetti (Tub).E l’Italia sembra di avere delle legittime aspettative che

Milano possa prendere il posto di Londra19, dopo cheha perso la gara per la sede dell’Agenzia Europea per ilFarmaco. In questo modo, è molto probabile che leParti accordino eventualmente una nuova sede del Tuballa luce dei negoziati con il Regno Unito per la suauscita dell’Ue, che dipende, tuttavia, della revisionedell’accordo firmato a Bruxelles il 19 febbraio del2013. In questo modo, come si è potuto osservare, il percorsoverso l’avvio del sistema unificato dei brevetti dipende,tuttora, da delicati negoziati politici nonché della riso-luzione da alcune questione giuridiche e pratiche. Ciononostante, non ci sono elementi che indichino chein un futuro non molto lontano tale sistema di brevettinon entrerà effettivamente in vigore.

1 Gli ultimi Stati a ratificare sono stati ilRegno dei Paesi Bassi (14/09/2016), l’Italia(10/02/2017), l’Estonia (1/08/2017) e laLituania (24/08/2017). La Croazia è dive-nuta membro EU il 1° luglio 2013 ma nonè chiaro se prenderà parte, o meno, al nuovosistema di brevetti.

2 Che è in attesa della pronuncia della Cortecostituzionale per poter procedere con ilprocesso di ratifica (prevista per la prima-vera del 2018).

3 Cfr. La consultazione sullo stato del pro-cesso di ratifica è disponibile nel link:http://www.consilium.europa.eu/en/docu-ments-publications/agreements-conven-tions/agreement/?aid=2013001.

4 Regolamento (UE) n. 1257/2012 delParlamento europeo e del Consiglio, del 17dicembre 2012 , relativo all’attuazione diuna cooperazione rafforzata nel settore del-l’istituzione di una tutela brevettuale unita-ria, consultabile nel link: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32012R1257 e Rego-

lamento (UE) n. 1260/2012 del Consiglio,del 17 dicembre 2012 , relativo all’attuazio-ne di una cooperazione rafforzata nel setto-re dell’istituzione di una tutela brevettualeunitaria con riferimento al regime di tradu-zione applicabile, consultabile nel link:h t t p : / / e u r - l e x . e u r o p a . e u / l e g a l -content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32012R126.

5 Infatti, gli Stati membri hanno fatto ricorso– per costruire questo nuovo sistema di bre-vetto – allo strumento della “cooperazionerafforzata”, previsto dall’art. 20 del Trattatosull’Ue e dagli articoli 326 a 328 del Trattatosul Funzionamento dell’Unione Europea(TFUE).

6 Al febbraio 2013, questa procedura è statautilizzata anche nel campo della legge suldivorzio.

7 Opponendosi alla scelta del trilinguismoinglese, francese, tedesco come lingue ufficia-li. Il ricorso di annullamento è stato presenta-to contro i due regolamenti che fanno partedel pacchetto (causa C-146/13 e causa C-147/13, le cui sentenze sono state pubblicate

sul sito CURIA - http://curia.europa.eu/).

8 Disegno di legge: “Ratifica ed esecuzionedell’Accordo su un tribunale unificato dei brevet-ti, con Allegati, fatto a Bruxelles il 19 febbraio2013” (3867), iter legislativo disponibile nel link:http://www.camera.it/leg17/126?tab=&leg=17&idDocumento=3867-A&sede=&tipo=.

9 http://www.senato.it/leg/17/BGT/ Schede/Ddliter/47248.htm.

10 Nel febbraio 2013 si concordò che laCorte di Prima Istanza del nuovo tribunaleunificato avesse una direzione centrale tri-partita, con la sede principale a Parigi conuna sezione a Monaco di Baviera (dove c’ègià la sede dell’Ufficio BrevettiEuropeo/European Patent Office-Epo) e aLondra, mentre per la Corte d’Appello siscelse il Lussemburgo. Nel 2016 il Ministrodella Giustizia Andrea Orlando ha indivi-duato in via San Barnaba 50 lo stabile dovecollocare la sede da destinare alla sezionelocale del Tribunale Unificato dei Brevettiin Milano.

11 Legge 3 novembre 2016, n. 214 Ratifica

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ed esecuzione dell’Accordo su un tribunaleunificato dei brevetti, con Allegati, fatto aBruxelles il 19 febbraio 2013 (pubblicata inGU n. 275 del 24-11-2016 e in vigore dal25-11-2016).

12 Secondo calcoli del Ministero delloSviluppo economico basandosi sulle tabelleEpo, un brevetto europeo tradizionale didurata ventennale per l’area a 26 costa inmedia circa 180mila euro l’anno, contro icirca 35.500 dell’unitario.

13 Gravato dalla elevata incidenza, in Italia,degli inadimpimenti contratuali. Di fatto, lostudio “Doing Business” della Banca mon-diale aggiornato al giugno 2017 ha classifi-cato l’Italia al 108° posto (dopo Gambia ele Maldive) nel rispettare l’esecuzione dei

contratti commerciali mentre per risolvereuna causa giudiziale in Italia occorrono, inmedia, 1120 giorni, più del doppio di quan-to non sia necessario in Germania (499) o inSpagna (510).

14 Per i primi dieci anni, pari alla duratamedia di un brevetto europeo, il costo dirinnovo per un brevetto unitario sarà di5.000 euro contro i 29.500 previsti dalsistema attualmente in vigore. Per mantene-re una protezione del marchio ventennale,serviranno invece 35.500 euro, molto menodei quasi 159.000 euro richiesti oggi.

15 http://blog.epo.org/unitary-patent-2/futu-re-unitary-patent-package/.

16 Informazioni complete e aggiornate sul

brevetto unitario e il Tribunale Unificato deiBrevetti sono disponibili anche nella nuovasezione sul sito EPO: http://www.epo.org/law-practice/unitary.html.

17 https://www.legislation.gov.uk/ ukdsi/2017/9780111158555/contents.

18 European Medicines Agency-EMA, sitoufficiale: www.ema.europa.eu/.

19 Nel 2017 il consiglio regionale dellaLombardia ha approvato una risoluzione asostegno della candidatura di Milano per ilTribunale Unificato dei Brevetti mente ilMinistero degli Affari Esteri si è pronuncia-to a favore di una eventuale candidatura,che è dell’interesse del Paese.

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1. PremessaCon decreto del Ministero della Giustizia del 24 febbraio20151 è stata istituita la Commissione per il riordino delleprocedure concorsuali, in ragione della avvertita esigen-za di individuare un coerente percorso nei ripetuti inter-venuti normativi che si sono susseguiti in maniera nonstrutturale ed organica dopo il primo significativo attuatocon l’art. 2 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 – poi converti-to con modificazione nella legge 14 maggio 2005 n. 80 –attraverso il quale è stata operata una prima rivisitazionedel Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 mediante l’in-serimento di alcune disposizioni in materia di revocatoriae concordato preventivo.La Commissione ha presentato lo schema di disegno dilegge delega per la riforma organica che ha dato luogoalla emanazione della legge 19 ottobre 2017 n. 155, didelega al Governo, per la riforma della disciplina dellacrisi e dell’insolvenza2.

La legge si compone di quindici articoli ed il capo I èriservato alle disposizioni generali, ovvero alla indicazio-ne dell’oggetto e dei principi, mentre il capo II individuai criteri direttivi per la disciplina della procedura di crisi,ed il successivo contiene le disposizioni finanziarie.

I primi nove articoli ed il dodicesimo sono effettivamen-te inerenti le procedure concorsuali, essendo la liquida-zione coatta amministrativa vista come una proceduravolta alla eliminazione delle gravi irregolarità.

Nell’ambito dei principi generali possono distinguersiquelli sostanziali, per quel che attiene la distinzione trainsolvenza e crisi, intesa come probabilità di futurainsolvenza, attraverso una nozione aziendalistica della

stessa, e processuali, mediante l’individuazione di ununico contenitore per l’accertamento dei presupposti diaccesso alla procedura sia di crisi o di insolvenza, propriodi una cognizione ordinaria semplificata, ovvero came-rale arricchita3.

Per quanto concerne, in particolare, i rapporti di lavoro lariforma ne fa menzione, in modo non difforme dall’attua-le regolamentazione, nel concordato preventivo, ribaden-do il principio che non possono essere sciolti o sospesi, inconseguenza della presentazione della domanda diammissione alla procedura con una disciplina dunque,non diversa dall’attuale art. 169 bis l.f., mentre con rife-rimento alla liquidazione giudiziale, la legge delegaall’art. 7 ne fa cenno, al settimo comma, prevedendo ilcoordinamento con la legislazione in materia di lavoroper quel che attiene, partitamente, il licenziamento, iltrattamento contributivo e gli ammortizzatori sociali,mentre il decreto legislativo delegato se ne occupa agliartt. 194, 195 e 196.

Ulteriori importanti modifiche riguardano il trasferimen-to dell’azienda nelle soluzioni concordate di crisi, attua-to attraverso una rivisitazione dell’art. 47, quarto commabis, della legge n. 428 del 1990, già modificato a seguitodella legge n. 166 del 2009, mediante l’inserimento nel-l’ambito delle disposizioni per l’attuazione del codicedella crisi e dell’insolvenza che, al capo IV, riguarda, inmodo specifico, il diritto del lavoro, e all’art. 29 opera uncoordinamento dalla relativa disciplina, con una rivisita-zione delle regole procedimentali per i licenziamenti col-lettivi, già disciplinati all’art. 194, comma sei, del codicedella crisi e dell’insolvenza, mediante l’inserimento dialcune rilevanti modifiche, che appare opportuno analiz-

La disciplina dei rapporti di lavoro nel codice della crisi e dell’insolvenzaAntonio CaiafaAvvocato del Foro di Roma, Professore di Diritto Fallimentare Università L.U.M. “Jean Monnet” di Bari

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Ricostruzione dei principali interventi a sostegno dell’occupazione – 3. La regola-mentazione normativa relativa agli incentivi all’esodo – 4. Conclusioni

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Osservatorio Legislativo

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zare separatamente, riferite ai trasferimenti di azienda(art. 29, quarto comma, lettere a, b, b1 e b2).

Per poter procedere ad una disamina delle significativenovità apportate in termini di tutela del reddito e, quindi,sulla sorte dei rapporti di lavoro è necessario operare unaricostruzione sistematica delle diverse norme che, neltempo, sono state emanate a sostegno dell’occupazione,al fine di verificare lo stato attuale e, attraverso questo, sele innovazioni inserite nel codice della crisi dell’impresae nelle disposizioni correlate per un coordinamento con ladisciplina del diritto del lavoro consentano di formulareun giudizio positivo.

2. Ricostruzione dei principali interventi a sostegnodell’occupazioneDi seguito le norme che hanno regolamentato nel tempolo specifico tema: - Art. 21 Legge 12 agosto 1977, n. 175: sulla mobilitàinteraziendale;- Art. 2 Legge 27 luglio 1979 n. 301, di modifica del set-timo comma dell’art. 25 della legge 675 del 1977;- Art. 1 della Legge 23 luglio 1991 n. 223 relativo allacrisi aziendale, per ristrutturazione, riorganizzazione econversione;- Art. 3 della Legge 23 luglio 1991 n. 223 relativo al trat-tamento di integrazione salariale concorsuale; - Art. 2, comma settanta, Legge 22 giugno 2012, n. 92(Fornero), che ha previsto la scadenza del trattamentointegrativo a far data dal 31 dicembre 2015;- Art. 46 bis, primo comma, della Legge 7 agosto 2012,n. 132 che ha apportato significative modifiche preve-dendo la necessaria sussistenza delle condizioni perchél’attività potesse essere proseguita, o ripresa, attraversoi parametri individuati dal D.M. 4 dicembre 2012:- all’art. 2, in tre distinti parametri oggettivi, anchealternativi individuati:- nelle misure “…volte all’attivazione di azionimiranti alla prosecuzione dell’attività aziendale oalla ripresa dell’attività medesima” (lettera a);- nella esistenza di “…manifestazioni di interesse daparte di terzi, anche conseguenti a proposte di ces-sione, anche parziale dell’azienda, ovvero a propo-ste di affitto a terzi dell’azienda o di rami di essa”(lettera b);- nella esistenza di “...tavoli, in sede governativa o

regionale, finalizzate all’individuazione di soluzionioperative tese alla continuazione o alla ripresa del-l’attività, anche mediante la cessione, totale o par-ziale, ovvero l’affitto a terzi dell’azienda o di ramidi essa” (lettera c).

- all’art. 3, mediante la elencazione degli ulterioriparametri oggettivi, da indicarsi, sempre in via alter-nativa, nell’istanza di concessione del trattamentostraordinario di integrazione salariale, per quel cheatteneva la “...sussistenza della salvaguardia, ancheparziale dei livelli di occupazione”, che ancòrava:- nella esistenza di “…piani volti al distacco dei lavo-ratori presso imprese terze” (lettera a);- nella “…stipula di contratti a tempo determinatocon datori di lavoro terzi” (lettera b);- nella esistenza di “…piani di ricollocazione deisoggetti interessati, programmi di riqualificazionedelle competenze, di formazione e di politiche atti-ve” dai soggetti a ciò autorizzati, ovvero accreditati(lettera c).

Successivamente il comma tre bis, aggiunto all’art. 12della legge n. 223 del 1991, ha esteso la disciplina in mate-ria di trattamento straordinario integrativo salariale alle:- imprese esercenti attività commerciali con più di cin-quanta dipendenti;- agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatorituristici, con più di cinquanta dipendenti;

- imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;- imprese del trasporto aereo e del sistema aero-portuale,a prescindere dal numero dei dipendenti.

Lo “stato dell’arte”4, vigente la legislazione intermedia,può così essere sinteticamente ricostruito:- l’art. 2119 secondo comma cod. civ., nel disporre che ilfallimento non è giusta causa di risoluzione del rappor-to di lavoro subordinato, andava coordinato con il siste-ma delineato dalla legge fallimentare, che non fa conse-guire alla dichiarazione di fallimento la disgregazionedell’azienda e l’impossibilità di prosecuzione dell’atti-vità di impresa, attesa la possibilità per il tribunale didisporre l’esercizio provvisorio quante volte fosse deri-vato dalla interruzione un danno grave ed irreparabile,ovvero in ragione della possibilità per il curatore di pro-cedere alla stipula di un contratto avente ad oggetto la

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concessione in godimento dell’azienda, con il ricono-scimento del diritto di prelazione nell’ipotesi di succes-sivo acquisto (art. 3, comma quarto legge n. 223 del1991);- l’art. 2119 cod. civ. oltre a trovare fondamento nel-l’eventuale autorizzazione dell’esercizio provvisorio,nella cessione dell’azienda, ovvero nella ripresa del-l’attività da parte del fallito, a seguito di concordato fal-limentare, non escludeva, difatti, che il rapporto potesseessere proseguito nell’ambito di una gestione liquidato-ria, quante volte il curatore, però, avesse manifestato lavolontà di subentrarvi;- l’art. 72 l.f., nel testo ante riforma, riconosceva allacuratela il potere di verificare la coerenza dell’oggettodel contratto con il fine della liquidazione, proprio dellaprocedura concorsuale e, nel testo ratione temporis,prevedeva la sospensione dell’esecuzione sino a quan-do non fosse stato autorizzato dal comitato dei credito-ri5 il subentro;- la legge n. 223 del 1991 e, in particolare, l’art. 3 nelregolare il trattamento di integrazione salariale delpersonale in esubero consentiva, nella ricorrenza deipresupposti soggettivi ed oggettivi, l’accesso all’am-mortizzatore sociale per permettere agli organi dellaprocedura di verificare la possibilità di proseguire l’atti-vità, ovvero di cedere la stessa, assicurando, al tempostesso, al lavoratore il mantenimento della “condizionedi occupato”;- l’esame sistematico delle disposizioni normative, sinqui richiamate, permetteva di ritenere che, essendo ilcontratto di lavoro “...caratterizzato dal nesso sinallag-matico…”, la sospensione degli effetti comportava chenel corso del periodo il lavoratore non maturava il dirit-to alla retribuzione6.

Prima di affrontare il relativo tema ed i riflessi inevitabi-li derivanti dall’attuale disciplina della c.i.g.s., e, in parti-colare, dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 148 del2015, è opportuno soffermarsi ad analizzare ciò che pote-va verificarsi al termine del periodo di integrazione sala-riale concorsuale, a seguito della modifica operata dal-l’art. 46 bis del D.L. n. 83 del 2012, per la concessionedella c.i.g.s., ricordando che:- nell’impresa sottoposta ad una procedura concorsuale,ove non fosse stata disposta la prosecuzione dell’attivi-tà e, comunque, questa fosse cessata e non continuata

al momento dell’apertura della stessa, dovevano sussi-stere le condizioni di ripresa e di salvaguardia, ancheparziale, dei livelli di occupazione;- l’impresa doveva occupare – come descritto dall’art. 1della medesima norma – più di quindici dipendenti (set-tore merceologico industriale), ovvero oltre i cinquan-ta (commercio, agenzie di viaggio; appaltatrici di servi-zi mensa ovvero di pulizia, imprese di vigilanza);- il trattamento di integrazione salariale “concorsuale”non operava più automaticamente e, difatti, il responsa-bile della procedura doveva inoltrare la domanda, per ilprimo periodo di dodici mesi, attraverso un programmache indicasse l’esistenza di quelle fondate prospettive diripresa o continuazione, senza l’autorizzazione del giu-dice delegato, richiesta per la proroga;- per le imprese assoggettate alle procedure concorsua-li il D.P.R. 218/2000 (regolamento recante norme per lasemplificazione del procedimento per la concessionedel trattamento di cassa integrazione guadagni straor-dinaria), all’art. 6 stabiliva l’obbligo di eseguire, pre-ventivamente, lo “svolgimento dell’esame congiunto”,secondo le modalità di cui all’art. 2 della medesimanorma, ed a tal fine:- il responsabile della procedura, che intendeva richie-dere l’intervento straordinario di integrazione salariale,doveva darne tempestiva comunicazione alle rappresen-tanze sindacali unitarie o, in mancanza di queste, alleorganizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori com-parativamente più rappresentative operanti nellaProvincia;

- entro tre giorni dalla comunicazione doveva essere pre-sentata, dal responsabile della procedura (fallimento,liquidazione coatta amministrativa, amministrazionestraordinaria) o, comunque, dal legale rappresentantedella società proponente il concordato, o anche dagliorganismi rappresentativi dei lavoratori, domanda diesame congiunto della situazione aziendale7 “…a) alcompetente ufficio individuato dalla Regione nel cui ter-ritorio sono ubicate le unità aziendali interessate dal-l’intervento straordinario di integrazione salariale, qua-lora l’intervento riguardi unità aziendali ubicate in unasola regione; b) al Ministero del lavoro e della previden-za sociale – Direzione generale dei rapporti di lavoro,qualora l’intervento” ove la richiesta avesse riguardatounità aziendali ubicate in più Regioni mediante richiestadel “parere delle Regioni interessate”8;

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- l’esame congiunto non prescindeva, nell’ipotesi di pro-cedure concorsuali, dall’analisi del programma, dalmomento che l’organo interessato (curatore), era onera-to della presentazione e di riferire sulla sussistenza difondate prospettive di salvaguardia dei posti di lavoroattraverso la ripresa dell’attività;- l’intera procedura di consultazione si esauriva entro iventicinque giorni successivi a quello in cui era stataavanzata la richiesta, ridotti a dieci per le aziende fino acinquanta dipendenti;- una volta esperite le previste consultazioni e l’esamecongiunto, secondo le modalità illustrate, il responsabi-le della procedura poteva presentare o inviare, all’uffi-cio competente, la domanda per ottenere il trattamentostraordinario di integrazione salariale, redatta in confor-mità al modello predisposto dal Ministero e corredatadalla documentazione richiesta;- il decreto di concessione del trattamento straordinariodi integrazione salariale era emanato, nei casi di cuiall’art. 6 D.P.R. 218/2000, entro trenta giorni dalla datadi ricezione della domanda da parte dell’Ufficio.

Lo stesso D.M. all’art. 2 ha delineato i criteri per l’appro-vazione dei programmi di crisi aziendale, ai sensi del-l’art. 21, comma terzo, del D.Lgs. n. 148 del 2015, preci-sando essere indispensabile che:- gli indicatori economico-finanziari di bilancio, relati-vi al biennio precedente, devono evidenziare un fattura-to, un risultato operativo o di impresa o un indebita-mento tali da lasciar emergere “…un andamento acarattere negativo ovvero involutivo”, del qualedovrà essere data chiara motivazione in una appositarelazione tecnica, recante le motivazioni a supportodella critica situazione economico-finanziaria;

- l’assenza di nuove assunzioni nel biennio precedentela richiesta di intervento del trattamento integrativo,ciò al fine di permettere la verifica della stabilità del-l’organico aziendale con un preciso onere, per l’impre-sa, laddove abbia intenzione di assumere altro persona-le, durante il periodo di c.i.g.s., di motivare la necessi-tà e, al tempo stesso, la compatibilità con la disciplinanormativa e la finalità del trattamento integrativo;

- la indispensabile definizione degli interventi correttiviintrapresi, o da intraprendere, con riferimento allecause che hanno determinato la situazione di crisiaziendale, ed in grado di fronteggiare gli squilibri di

natura produttiva, finanziaria o gestionale e, altresì,finalizzati a garantire la continuazione dell’attività e lasalvaguardia, seppure parziale, dell’occupazione.

Viene previsto che il trattamento straordinario può essereconcesso anche quando la crisi sia determinata da un“evento improvviso ed imprevisto, esterno alla gestioneaziendale”, alla condizione che ciò venga dimostrato e, inparticolare, ai fini della concessione, è richiesto vengaeffettuata una valutazione della:- rapidità con la quale l’evento ha prodotto gli effettinegativi;

- completa autonomia di esso rispetto alle politiche digestione aziendale.

Sono escluse dal trattamento integrativo straordinarioquelle imprese che:- abbiano iniziato l’attività produttiva nel biennioantecedente l’inoltro della domanda;

- non abbiano avviato l’attività produttiva;- abbiano subito trasformazioni societarie, nel biennioantecedente la richiesta, “...salvo che tali trasforma-zioni siano avvenute tra imprese che presentanoassetti proprietari sostanzialmente coincidenti”,ovvero qualora gli assetti proprietari risultino non esse-re coincidente, tuttavia, sia lecito prevedere che le tra-sformazioni lascino reputare possibile, per le impresesubentranti, la realizzazione del risanamento aziendalee della salvaguardia occupazionale.

Con D.M. n. 98189, del 29 dicembre 2016, sono statiindividuati i criteri per autorizzare la prosecuzione deitrattamenti di integrazione salariale straordinaria, oltre ilimiti previsti dagli artt. 4, comma primo e 22 commaprimo, terzo e quarto del D.Lgs. n. 148 del 2015 attraver-so il congiunto possesso, da parte delle imprese interessa-te, dei seguenti requisiti individuati partitamente:- nell’avere l’impresa “…rilevante interesse strategicoper l’economia nazionale, per l’attività svolta, per ilnumero dei lavoratori occupati o per le caratteristi-che del territorio in cui ha la sede”, sì da condiziona-re la possibilità di sviluppo economico dello stesso;

- nella presenza di un accordo, sottoscritto in sedegovernativa, con riferimento ad un piano industrialeche abbia previsto l’utilizzo del trattamento oltre i termi-ni nei limiti individuati dalla disciplina normativa di

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riferimento e presenti le condizioni per un rapido rias-sorbimento del personale sospeso o impiegato a orarioridotto e, contestualmente, contenga l’impegno a realiz-zare, durante il periodo di integrazione, interventi voltialla formazione e riqualificazione del personale sospe-so, tali da assicurare la rioccupazione dello stesso.

È stato, da un lato, considerato che le imprese che svol-gono importanti funzioni sociali e per le quali la tuteladell’occupazione ha rilievo, attesa la necessità di ridurrele tensioni sociali e perseguire il mantenimento delle con-dizioni di corretta concorrenza, non costituendo quelleora tratteggiate le finalità proprie dirette dell’impresa, ilcui obiettivo è di svilupparsi e di durare a lungo neltempo, mediante la creazione di un valore economicoaggiunto, la proroga del trattamento integrativo, potràessere giustificata quante volte sia possibile, attraversoesso, realizzare gli obiettivi individuati dalla disciplinanormativa rivisitata ed integrata9.

3. La regolamentazione normativa relativa agli incen-tivi all’esodoLe principali norme di legge che prevedono o disciplina-no le forme di incentivazione sono:- l’art. 7, legge 15 luglio 1966, n. 60410 che, al commadue, prevede l’obbligo del datore di lavoro di indicare,nella comunicazione preventiva del licenziamento indi-viduale per giustificato motivo oggettivo, anche “leeventuali misure di assistenza alla ricollocazione dellavoratore interessato”11;

- l’art. 12, legge 30 aprile 1969, n. 15312 che, al commaquarto, lettera b) esclude, dalla base imponibile ai finicontributivi, le somme corrisposte in occasione della ces-sazione del rapporto ed esodo dei lavoratori, nonché quel-le la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione,fatta salva l’impossibilità dell’indennità sostitutiva delpreavviso;- l’art. 17, Decreto del Presidente della Repubblica 22dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte suiredditi) che, al comma primo, lett. a), prevede una tas-sazione ridotta per “altre indennità e somme percepiteuna volta tanto in dipendenza della cessazione dei rap-porti di lavoro…nonché le somme e i valori comunquepercepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche sea titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecuti-ve, a seguito di provvedimenti dell’autorità giudiziaria

o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto dilavoro”;

- l’art. 4, legge 23 luglio 1991, n. 223, che, al commaterzo, prevede espressamente l‘obbligo del datore dilavoro di indicare, nella comunicazione che attiva laprocedura di licenziamento collettivo, il “metodo di cal-colo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quel-le già previste dalla legislazione vigente e dalla contrat-tazione collettiva”;

- l’art. 4, legge 28 giugno 2012, n. 92 che, al commaprimo, indica la possibilità di accordi sindacali che, incaso di eccedenza di personale, prevedono che “al finedi incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani, il dato-re di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratoriuna prestazione di importo pari al trattamento di pen-sione che spetterebbe in base alle regole vigenti”.

Per quanto concerne le conseguenze prima della riformadel mercato del lavoro (legge 28 giugno 2012, n. 92, c.d.riforma Fornero e del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, c.d.Jobs Act), la legge prevedeva tre tipi di intervento a favo-re dei lavoratori messi in mobilità ovvero:- il diritto di precedenza nelle assunzioni effettuate dal-l’azienda di provenienza entro sei mesi;- l’iscrizione nelle c.d. liste di mobilità, con attribuzioneal lavoratore di una peculiare posizione giuridica, voltaa favorirne in tempi brevi il reimpiego;- la c.d. indennità di mobilità, corrisposta ai soli lavora-tori in possesso di un contratto continuativo, a tempoindeterminato, e con un’anzianità aziendale pari, osuperiore, a dodicimesi, di cui almeno sei effettivamen-te lavorati.

L’insieme degli strumenti previdenziali a sostegno delreddito dei lavoratori, in caso di disoccupazione, è statooggetto di profonde modifiche nell’ultimo quinquenniodal momento che:- la riforma Fornero ha disposto l’abrogazione, a decorre-re dal 1° gennaio 2017, delle norme disciplinanti le liste dimobilità, l’indennità di mobilità e il collocamento deilavoratori in mobilità, attraverso la previsione, in partico-lare, che i lavoratori licenziati a partire dal 31 dicembre2016 non avrebbero più potuto essere collocati in mobili-tà ordinaria, mentre avrebbero beneficiato, esclusivamen-te, di due nuove prestazioni di disoccupazione introdottedalla stessa legge n. 92/2012 (ASpI e la mini ASpI);

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- il D.Lgs. n. 22 del 4 marzo 2015, adottato per dareattuazione al Jobs Act (legge delega n. 183 del 10dicembre 2014), ha confermato il superamento dell’in-dennità di mobilità, a decorrere dal 1 gennaio 2017, maha sostituito l’ASpI e la mini ASpI con un nuovo stru-mento previdenziale, la Nuova assicurazione sociale perl’impiego (c.d. NASpI), che per espressa indicazionedel legislatore ha trovato applicazione “agli eventi didisoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015”.

4. ConclusioniLa situazione attuale è caratterizzata dalla assenza diuna disciplina che regoli la sospensione del rapporto nelcaso di procedure liquidatorie, attesa la possibilità perl’organo della procedura di poter richiedere la proroga deltrattamento integrativo per crisi alla condizione che sia ingrado di assicurare la realizzazione del programma giàpresentato dall’imprenditore; e ciò sia per il concordatopreventivo che per la liquidazione giudiziale.

L’aspetto positivo è rappresentato da quanto previstoall’art. 195 che ha introdotto la NASpILG, con equipara-zione dello stato di sospensione e riconoscimento di untrattamento equivalente alla NASpI con una durata mas-sima rappresentata dalla sommatoria dei due periodi. checonsente ai lavoratori dipendenti di mantenere la “condi-zione di occupati”, si da poter essere loro assicurata lacontinuazione giuridica del rapporto quante volte sia pos-sibile realizzare una vicenda circolatoria dell’azienda odel ramo.

L’aspetto negativo è rappresentato dall’essere stato:- considerato (art. 194, settimo comma), che il contributo(tichet di licenziamento), previsto dall’art. 2, commatrentuno, legge n. 92/2012, viene ammesso al passivocome credito anteriore con la collocazione privilegiata dicui all’art. 2778 cod. civ., laddove si consideri, da unlato, che tale viene riconosciuto seppur in conseguenzadi una risoluzione del rapporto successiva all’aperturadella procedura concorsuale e, dall’altro, perché l’art. 1,comma centotrentasette, della legge n. 205 del 2017(legge di bilancio 2018), ha determinato questo in unamisura pari all’82% del massimale NASpI, per ognidodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni,con un costo che viene ad incidere fortemente sulla stes-sa possibilità per i creditori concorrenti di poter realizza-

re le proprie ragioni, per la natura privilegiata ricono-sciuta al ticket sui licenziamenti dai quali, in precedenza,erano esonerate le procedure concorsuali liquidatorie;- previsto (art. 194, quarto comma), nel caso di prorogadel termine di quattro mesi di cui al terzo comma, inassenza dello scioglimento del rapporto, una ulterioreproroga, in presenza delle prospettive di ripresa dell’at-tività o trasferimento dell’azienda, con riconoscimento,nel caso di inerzia del curatore, di una indennità, nonassoggettata a contribuzione previdenziale, pari a duemensilità per ogni anno di servizio, non inferiori a duee non superiori a dodici, ammessa al passivo come cre-dito prededuttivo.

Valutazione moderatamente positiva può essere espressacon riferimento alle disposizioni per l’attuazione delcodice della crisi e dell’insolvenza, in conseguenza delnecessario coordinamento con la disciplina del diritto dellavoro, realizzata attraverso l’art. 29 del relativo decretolegislativo, che ha apportato all’art. 47 della legge n. 428del 1990, comma quarto bis e quinto, specifiche modi-fiche che possono, in estrema sintesi, così essere rico-struite:

• inserimento del comma 1 bis, con la previsione che neicasi di trasferimento di aziende la comunicazione di cuial primo comma può essere effettuata anche da chiintenda formulare, nel caso di concordato preventivo,un’offerta di acquisto o una proposta concorrentecon quella dell’imprenditore, e che la conclusione degliaccordi deve ritenersi subordinata alla successiva attri-buzione dell’azienda;• sostituzione (lettera b1) dei commi 4 bis e 5 con la pre-visione che l’art. 4 bis regola in maniera uniforme il tra-sferimento d’azienda, nei casi di:

- a) concordato preventivo in regime di continuitàindiretta (art. 89, comma due) con trasferimento suc-cessivo all’apertura;

- b) omologazione dell’accordo di ristrutturazione;- c) trasferimento nell’ambito della liquidazione giudi-ziale, qualora sia stato disposto l’esercizio provvisorioe questo non sia cessato al momento della conclusione; • previsione della continuità giuridica dei rapporti dilavoro con possibile flessibilizzazione delle condizionieconomiche e giuridiche, attraverso specifico accordo ocontratto collettivo (art. 51 D.Lgs. n. 81/2015), fatta

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salva la possibilità di accordi individuali in caso diesodo incentivato;• inserimento del comma 4 ter (lettera b2) volto a rego-lare le vicende circolatorie di imprese assoggettate aliquidazione giudiziale, concordato preventivo liqui-datorio, liquidazione coatta amministrativa, con laprevisione che anche nell’ipotesi in cui l’attività nonsia stata disposta o cessata i rapporti di lavoro conti-nuano con il cessionario, ferma la possibilità di stipu-lare contratti collettivi (art. 51 D.Lgs. n. 81/2015) inderoga all’art. 2112, comma primo, terzo e quarto,ovvero accordi individuali in sede protetta;• inserimento del comma 4 quater (lettera b3) diretto aconsentire, nell’ipotesi di trasferimento nel concordatopreventivo in continuità, nella liquidazione giudizia-le con esercizio provvisorio, di considerare il tfrimmediatamente esigibile nei confronti del cedente enel caso della liquidazione giudiziale o liquidazionecoatta amministrativa di ammettere lo stesso alla statopassivo al fine di permettere l’intervento del Fondo digaranzia anche a favore dei lavoratori il cui rapportodovesse proseguire con l’acquirente, facendo coincide-re la cessazione del rapporto con il trasferimento per ilcalcolo del tfr e delle retribuzioni garantite (D.Lgs. n.80/1992), ponendo il relativo credito integralmente acarico dal Fondo, indipendentemente dalla percen-tuale di soddisfazione nel caso di concordato (art. 90,comma tre);• modifica dell’art. 5 (lettera b4) volto a regolare il feno-meno circolatorio nell’amministrazione straordina-ria, in caso di continuazione o mancata cessazionedell’attività, mediante riconoscimento di regolare attra-verso l’accordo il mantenimento anche parziale del-l’occupazione nei limiti da esso previsti;• modifica dell’art. 5 bis (lettera b5) che nel regolare iltrasferimento nell’amministrazione straordinaria, nelcaso in cui l’attività sia cessata o non sia stata dispo-sta, consente il mantenimento anche parziale dell’oc-cupazione e la disapplicazione degli obblighi discen-denti dall’art. 2112, con possibilità di escludere il per-sonale eccedentario a carico dell’alienante.

Risulta altresì previsto che le dimissioni rassegnate,decorsi quattro mesi dall’apertura della procedura, siintendono determinate da giusta causa ed hanno effettodalla apertura della liquidazione con le correlate conse-

guenze economiche.Minuziosa è poi la regolamentazione del licenziamentocollettivo che non sarebbe stata neppur necessaria se siconsidera che, invero, l’iter procedimentale risulta scan-dito attraverso una previsione non difforme da quellaregolata dagli art. 4, primo comma, della legge n. 223 del1991, se non per i termini di presentazione dell’istanzaall’Ispettorato territoriale (sette giorni) e quello di previ-sione di esaurimento della procedura (quaranta giorni) e,ancora, della proroga per il raggiungimento di un accor-do sindacale (dieci giorni dall’inizio), con la conseguen-za di doversi intendere conclusa la fase di consultazione.

Non diversa, difatti, è la indicazione dei motivi di ecce-denza, ovvero, tecnici, organizzativi impeditivi, nonchél’obbligo di specificare il numero degli interessati, con lacollocazione aziendale, e dei profili professionali delpersonale eccedente, nonché di quello abitualmenteimpiegato, congiuntamente ai tempi di attuazione delprogramma di riduzione.

Al contrario, desta significative perplessità l’aver previ-sto l’obbligo di specificare le misure programmate ed ilmetodo di calcolo delle attribuzioni patrimoniali, diver-se da quelle previste dalla legislazione, lasciando intende-re possibile l’utilizzazione del personale anche mediantecontratti di solidarietà, forme flessibili di gestione,misure sociali di accompagnamento per la riqualifica-zione e riconversione dei lavoratori, quando ben difficil-mente può ipotizzarsi una siffatta soluzione, sia nell’ipo-tesi della riduzione del personale che nell’altra di licen-ziamento che riguardi l’intero organico.

Non costituisce una novità la previsione del riconosci-mento dell’indennità di mancato preavviso, a seguito dellicenziamento, non avendo mai dubitato la dottrina e lagiurisprudenza dell’esistenza di un tale diritto, quanto,piuttosto, della sua collocazione, concorrente o prede-duttiva, mentre certamente è utile, come sopra evidenzia-to, l’aver previsto che il tfr è considerato credito anterio-re, ciò al fine di consentire agli interessati di richiedere,una volta ammesso lo stesso al passivo, immediatamentel’intervento del Fondo di garanzia, anche quando si rea-lizzi la continuità giuridica del rapporto, a seguito dellaconclusione di una vicenda traslativa dell’azienda o delsingolo ramo [art. 5 lettera b4) e b5)].

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1 CAIAFA A., La legge fallimentare. Primeriflessioni su una riforma non annunciata,Roma, 2015, con riferimento in particolarealle novità introdotte con la legge 6 agosto2015, n. 132.2 Per i primi commenti alla legge delega siveda LO CASCIO, La nuova legge delegasulle procedure concorsuali tra diritto edeconomia, in Il fallimento, 2017, p. 1253,ove, svolta una breve analisi, evidenzia ladifficoltà di attuazione in relazione ad alcuniprincipi normativi non considerati e che, dicontro, avrebbero dovuto avere una colloca-zione per il risanamento delle imprese incrisi; ROSSI, La legge delega per la riformadelle discipline della crisi di impresa: unaprima lettura, in Le società, 2017, p. 1375,che, nel commentare la prossima riforma,sottolinea la mancanza di organicità, pur sesi prospetta di considerevole impatto su unordinamento scosso, nell’ultimo decennio,da plurimi interventi di cui è stato difficilecomprendere la ragione; DE MATTEIS, I prin-cipi generali della legge delega di riformadelle procedure concorsuali, in Dir.fall.,2017, I, p. 1291, che, nel sottolineare l’inten-to del legislatore di programmare un inter-vento sistematico ed organico, in materia dicrisi di impresa, evidenzia come alcune dellesoluzioni adottate sono condivisibili, in par-ticolare per quel che attiene all’introduzionedelle misura di allerta, alla definizione dellostato di crisi, al favore indiscusso per il con-cordato con continuità aziendale ed allastessa disciplina del sovraindebitamento edei gruppi di impresa, mentre manifesta per-plessità in ordine alla previsione del migliorsoddisfacimento dei creditori, quale condi-zione di ammissibilità del concordato concontinuità aziendale; Id., L’emersione antici-

pata della crisi di impresa. Modelli attuali eprospettive di sviluppo, Milano, 2017, peruna associazione tra valore etico ed attivitàdi impresa; D’ATTORRE, Prime riflessionisulla delega al Governo per la riforma delladisciplina della crisi di impresa e dell’insol-venza, in Riv.soc., 2017, p. 519; RANALLI, Leprocedure di allerta e di composizione assi-stita della crisi: insidie ed opportunità, inwww.ilfallimentarista.it3 FABIANI M., La legge delega di riformaorganica delle procedure concorsuali, inForo it., 2017, V, p. 318.4 Per una analisi sistematica del campo diapplicazione delle cause di intervento, ordi-nario e straordinario, con particolare riferi-mento al procedimento amministrativo edagli effetti sui rapporti di lavoro, si vedano icontributi di: COSIO, La cassa integrazioneguadagni, in Il diritto del lavoro, I, a cura diAMOROSO-DI CERBO-MARESCA, Milano,2007, p. 1786; TIRABOSCHI, Il sistema degliammortizzatori sociali: spunti per un proget-to di riforma, in La riforma Biagi nel merca-to del lavoro, a cura di TIRABOSCHI, Milano,2004, p. 1043; SANTORO-PASSARELLI G.,Diritto del lavoro e della previdenza sociale,Milano, 1996, p. 257; GALLO, Nuove regoleper la concessione della Cgis, inDir.prat.lav., 2003, p. 1018; GREMINI, Gliammortizzatori sociali nella finanziaria2006, in Guida al Lavoro, 2006, n. 2, p. 35;ROSATO-STRANO, Crisi aziendali: nuovestrategie e strumenti gestionali, ivi, 2004, p.25.5 CAIAFA A., Trattamento di integrazioneconcorsuale e rapporti tra organi della pro-cedura, in Strumentario Avvocati, marzo2008, p. 32, ove si sottolinea che, invero, a

seguito del mutato assetto dei compiti rico-nosciuti ai diversi organi, sarebbe più logicoe coerente ritenere destinatario della relazio-ne il comitato dei creditori.6 Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2003, n. 1732;Cass., 8 dicembre 2002, n. 14381; Cass., 21dicembre 1998, n. 12752; Cass., Sez. Un., 5marzo 1991, n. 2334.7 Art. 2, comma tre, del D.P.R. 218/2000.8 Agli incontri per l’esame congiunto dellasituazione aziendale in sede regionale parte-cipano anche funzionari della Direzione pro-vinciale del lavoro o della Direzione regio-nale del lavoro, a seconda che l’intervento diintegrazione salariale straordinaria riguardiunità produttive ubicate in una solaProvincia o in più Province della medesimaRegione, ed in alcune Regioni, peraltro, èpossibile che la competenza sia demandatadirettamente – per i fenomeni che interessa-no singole realtà locali – alle Province.9 CORRADO-CORRADO, L’abrogazione dellac.i.g.s. e le procedure concorsuali: tra rischidi disparità di trattamento ed inefficienza delpunto di equilibrio, in wwwilfallimentarist.it,2016; BELLÈ, Il lavoro come variabile e risa-namento concordatario, in Il Fallimento,2017, p. 1081.10 Come sostituito dall’art. 1, comma qua-ranta, legge 28 giugno 2012, n. 92.11 Indirettamente collegato al tema di cuistiamo trattando, va citato anche l’art. 4,D.Lgs. 10 settembre 2003, che indica le con-dizioni per lo svolgimento dell’attività disupporto alla ricollocazione professionale daparte di società specializzate.12 Come sostituito dall’art. 6, comma primo,D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314.

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Equitalia SpA venne istituita così nel 2005 con la pri-maria caratteristica di essere una società a totalecapitale pubblico (51% Agenzia delle Entrate e 49%

INPS) segnando una netta inversione di marcia rispetto alpassato.Il sistema della riscossione prima del 2005, infatti, era statodelegato dallo Stato in concessione a circa 40 aziende diproprietà di istituti bancari e soggetti privati. Ognuno deipredetti concessionari agiva ed operava nella propria areageografica di competenza svolgendo, anche con modalitàoperative diverse, il proprio ruolo. La totale disomogenei-tà dell’attività di riscossione non aveva, infatti, prodottorisultati positivi creando situazioni di efficienza e di ineffi-cienza distribuite, a macchia di leopardo, sia all’internodelle singole regioni sia a livello nazionale.Il gruppo Equitalia veniva in essere, nell’intento delLegislatore del periodo, con il chiaro obiettivo di raggiun-gere una maggiore efficacia del sistema della riscossioneattraverso una riduzione dei costi a carico dello Stato eduna maggiore omogeneità nell’azione di recupero e nellostesso approccio con i contribuenti. Dal 1.07.2017 le fun-zioni relative alla riscossione nazionale sono state attribui-te all’Agenzia delle entrate-Riscossione che è un Ente pub-blico economico istituito ai sensi dell’articolo 1 delDecreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito conmodificazioni dalla Legge 1 dicembre 2016 n. 225.L’Ente è sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza delMinistro dell’Economia e delle Finanze ed è strumentaledell’Agenzia delle entrate a cui è attribuita la titolarità dellariscossione nazionale ai sensi dell’articolo 3, comma 1, delDecreto Legge 30 settembre 2005 n. 203, convertito conmodificazioni dalla Legge 2 dicembre 2005, n. 248.

Agenzia delle entrate-Riscossione è subentrata, a titolouniversale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche pro-cessuali, delle società del Gruppo Equitalia sciolte a decor-rere dal 1° luglio 2017 (a eccezione di Equitalia Giustizia).Infatti, come recitato dall’art. 1 D.L. 193/2016 “a decorre-re dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sonosciolte. Le stesse sono cancellate d’ufficio dal registro delleimprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna proceduradi liquidazione”. Ed ancora, al comma terzo dello stesso articolo: “Al fine digarantire la continuità e la funzionalità delle attività diriscossione, è istituito un ente pubblico economico, deno-minato «Agenzia delle entrate-Riscossione» sottopostoall’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia edelle finanze. L’Agenzia delle entrate provvede a monito-rare costantemente l’attività dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicità.L’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridiciattivi e passivi, anche processuali, delle società delGruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualificadi agente della riscossione con i poteri e secondo le dispo-sizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decretodel Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabi-le e di gestione”.Concetto ribadito anche dall’art. 19 dello Statuto del nuovoEnte approvato con Decreto del Presidente del Consigliodei Ministri del 5 giugno 2017.La volontà di portare avanti un processo di pura e sempli-ce successione tra la vecchia Equitalia ed il nuovo Ente diRiscossione è palesemente evidente dalla mera lettura dellenorme emanate al momento dell’istituzione dell’Agenzia

Il nuovo Agente della riscossione. Il problema del subentro nei giudizi pendentie del passaggio del personale da Equitaliaall’Agenzia delle entrate-RiscossioneCarla CanaleConseigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma

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delle Entrate Riscossione.Infatti, oltre al citato art. 1, in base all’art. 3 dello statuto delnuovo Ente, il patrimonio dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, in sede di costituzione, è rappresentato “da unfondo di dotazione costituito dal patrimonio netto consoli-dato del Gruppo Equitalia al 30 giugno 2017”.Ancora in tema di personale, l’art. 10 dello stesso statuto,stabilisce che “L’Agenzia subentra a titolo universale neirapporti di lavoro dei dipendenti di Equitalia S.p.a. e diEquitalia Servizi di riscossione S.p.a. Tale personale è tra-sferito all’Agenzia senza soluzione di continuità e mantie-ne la posizione giuridica, economica e previdenziale alladata del trasferimento, ai sensi dell’art. 2112 del Codicecivile, così come richiamato dall’art. 1, comma 9 deldecreto-legge n. 193 del 2016, convertito, con modificazio-ni, dalla legge n. 225 del 2016”.In favore di quest’interpretazione milita, da ultimo, l’ulte-riore circostanza che il codice fiscale dei due soggetti coin-cidono, segno evidente che trattasi di “un’evoluzione”dello stesso soggetto.Nell’applicazione concreta del “passaggio” si sono verifi-cate diverse soluzioni a seconda dell’interpretazione datadal singolo giudice alle modalità con cui effettuare ilsubentro.In particolare alcuni Uffici (i casi più numerosi si sonoverificati alla sezione Lavoro) hanno ritenuto che fossenecessario procedere ad una nuova costituzione da partedel nuovo Ente, in alcuni casi pronunciando addirittural’interruzione del processo. Una lettura normativamenteorientata delle disposizioni in commento suggerirebbel’applicazione nel caso di specie degli artt. 299 e 300 c.p.c.secondo i quali, se sopravviene la morte oppure la perditadella capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suorappresentante legale o la cessazione di tale rappresentan-za, il processo è interrotto.Altri uffici hanno, invece, optato per il subentro pure esemplice con piena continuità processuale delle posizioni(in particolare la giurisdizione tributaria ed i giudici dipace).L’opinione preferibile appare la seconda soprattutto allaluce della nota del Ministero della Giustizia del 7.06.2017,indirizzata ai Presidenti delle Corti d’Appello ed alPresidente della Corte di Cassazione nonché al procurato-re generale presso la Suprema Corte ed ai procuratori gene-rali presso le Corti d’Appello, con cui nel ribadire il conte-nuto del citato art. 1 si chiedeva di prendere atto del suben-

tro anche ai fini delle comunicazioni e notificazioni diCancelleria e dell’allineamento del Registro PP.AA..Un problema non meno rilevante che si è generato riguar-da il personale che da Equitalia è passato in ADER e su cuipesa un’incognita costituzionale, legata al fatto che di rego-la “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si acce-de mediante concorso” (articolo 97 della Costituzione).Il Consiglio di Stato ha sostenuto proprio questo concettonell’ordinanza (la n. 3213/2017) pronunciandosi sul ricor-so presentato da Dirpubblica, uno dei sindacati dei dirigen-ti del pubblico impiego. Ordinanza attesa ma non decisiva,perché i giudici amministrativi non hanno concesso lasospensiva chiesta nell’appello cautelare.I giudici, però, hanno detto che non può applicarsi lasospensiva in quanto la controversia appare di “evidenterilievo pubblico” e che “investe l’esercizio di una funzioneessenziale per lo Stato”. Tradotto vuol dire che se l’ente èpubblico e raccoglie tasse, anche se c’è qualche problemadi costituzionalità, non può essere fermato. Per capire la gravità della situazione dobbiamo sapere chequi non sono in ballo tutte le cartelle di pagamento, ipote-che, pignoramenti e fermi che, dal 1° luglio 2017, sono esaranno notificati ai contribuenti. Qui è in ballo una cosaancora più grande: l’esistenza in vita del nuovo soggettoriscossore perché incostituzionale. Il Consiglio di Stato, comunque, ha citato due delle piùrecenti sentenze con cui la Corte Costituzionale ha ribadi-to il principio della indefettibilità del concorso pubblicocome canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli dellepubbliche amministrazioni (cfr. da ultimo le sentenze 17marzo 2015, n. 37, e 25 novembre 2016, n. 248).Proprio la sentenza Corte Cost. n. 37 del 2015 aveva adoggetto la questione dei 767 funzionari dell’Agenzia delleEntrate elevati “motu proprio” al rango di dirigenti senzabandi o gare. In quel caso la Consulta dichiarò l’illegittimi-tà delle proroghe, aprendo un contenzioso infinito fra ten-tativi di sanatoria e nuove bocciature amministrative. Il Consiglio di Stato in conclusione, tenuto conto dell’evi-dente rilievo pubblico della controversia, che investel’esercizio di una funzionale essenziale per lo Stato, e lacorrelata esigenza che essa trovi una soluzione definitiva, enon solo interinale, nei tempi più brevi, ha statuito che ilT.A.R., a norma dell’art. 55, comma 10, c.p.a., provveda afissare con carattere di priorità l’udienza pubblica didiscussione.Vedremo quindi presto l’esito della vicenda.

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La legge 8 marzo 2017, n. 24, recante “Disposizioniin materia di sicurezza delle cure e della personaassistita, nonché in materia di responsabilità pro-

fessionale degli esercenti le professioni sanitarie”, pubbli-cata in Gazzetta Ufficiale, serie Generale, n. 64, del 17marzo 2017, ed entrata in vigore il giorno 1° aprile 2017,ha come ratio il superamento delle lacune emerse a segui-to della legge n. 189/2012 (la c.d. legge Balduzzi).Partendo dal diritto alla salute quale principio costituzio-nalmente garantito ex art. 32, nonché diritto fondamen-tale del singolo individuo ed interesse della collettività,la L. n. 24/2017, detta anche riforma Gelli-Bianco, sipropone di standardizzare il concetto di responsabilitàmedica. Passando ad esaminare i punti salienti della nuova nor-mativa, ci si soffermerà sulle novità principali dellariforma.

Risarcimento del dannoScelta importante operata dalla Legge Gelli, già oggettodella legge Balduzzi, è stata l’applicazione, anche per laliquidazione del danno derivante da responsabilità sani-taria, delle tabelle per il risarcimento del danno, di cuiagli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni priva-te di cui al D.Lgs. 209/2005.Nei casi di percentuali di invalidità superiore al 9%, pos-sono essere adottati criteri tabellari ordinari in uso per laliquidazione del danno alla salute; invece, nei casi dimacrolesioni, disciplinate dall’art. 138 cod. ass., per iquali non risulta attualmente emanata una tabella nazio-nale, deve concludersi per l’utilizzabilità delle tabelle diliquidazione del danno biologico adottate dai Tribunali.Giova però richiamare i principi affermati dallaCassazione Civile, con la sentenza n. 12408/2011: al finedi fornire ai giudici di merito l’indicazione di un unicovalore medio di riferimento da porre a base del risarci-

mento del danno alla persona, fermo restando il poteredel giudice di adattare in via equitativa la misura delrisarcimento alle circostanze del caso concreto, la supre-ma corte ha optato per la generale applicabilità delletabelle milanesi quale valido criterio per la liquidazioneequitativa del danno non patrimoniale, riconoscendoneuna vocazione nazionale, con la possibilità per iTribunali, in attesa di adottare i comuni criteri risarcitori.

La responsabilità penale del medico: il nuovo art. 590sexies c.p. (Artt. 5-6)Interessanti sono i cambiamenti relativi alla responsabi-lità penale dei medici.L’art. 6 introduce il nuovo art. 590 sexies nel codicepenale e, superando la tanto contestata distinzione tracolpa grave e colpa lieve contenuta nella legge Balduzzi,introduce una nuova causa di non punibilità per l’eser-cente la professione sanitaria che si uniforma integral-mente alle raccomandazioni previste dalle linee guidaovvero, in mancanza di queste, alle buone pratiche clini-co-assistenziali, “sempre che le raccomandazioni previ-ste dalle predette linee guida risultino adeguate alle spe-cificità del caso concreto”.Dubbi residuano circa la valutazione dell’adeguatezzadel comportamento “perito” tenuto dal medico, il qualepur essendosi uniformato alle regole tecniche, ha di fattoadottato una condotta non idonea a scongiurare quelrischio prevenibile e, dunque, evitabile qualora lo stessoesercente si fosse conformato a canoni di diligenza. Siripropone, quindi, la dicotomia imperizia/perizia e negli-genza/diligenza nella valutazione dell’adeguatezza alcaso concreto della condotta sanitaria, rilevante ai finidella sopravvivenza della responsabilità penale.Con riferimento alle linee guida, l’art. 5 ha stabilito chequeste siano elaborate, e costantemente aggiornate, daenti e istituzioni pubbliche e private nonché dalle socie-

La responsabilità medica.La riforma Gelli e la L. n. 24 dell’8 marzo 2017Pietro Di TostoConsigliere Segretario dell’Ordine degli Avvocati di Roma

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tà scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifichedelle professioni sanitarie iscritte in un apposito elencoistituito e regolamentato con decreto del Ministro dellaSalute. Tutti gli aggiornamenti saranno di volta in voltainseriti nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG),anch’esso disciplinato nei compiti e nelle funzioni condecreto del Ministro della Salute, e pubblicatidall’Istituto superiore di sanità nel proprio sitointernet, previa verifica della conformità della metodolo-gia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stes-so Istituto, nonché della rilevanza delle evidenze scienti-fiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni.

La responsabilità civile della struttura e del medico(Art. 7)Anche con riguardo alla responsabilità civile vi sononotevoli novità.L’art. 7 prevede una ripartizione della responsabilitàcivile, differenziando la posizione della struttura sanita-ria da quella dell’esercente la professione sanitaria. In particolare la struttura sanitaria o sociosanitaria pub-blica o privata che, nell’adempimento della propriaobbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la pro-fessione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorchénon dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensidegli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle lorocondotte dolose o colpose. La stessa disciplina si appli-ca anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime dilibera professione intramuraria ovvero nell’ambito diattività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero inregime di convenzione con il Servizio sanitario naziona-le nonché attraverso la telemedicina. Quindi, la struttura sanitaria risponderà dei fatti illeciticompiuti dagli esercenti la professione sanitaria secondole regole della responsabilità contrattuale, e pertanto, ildiritto si prescriverà in dieci anni, con onere per il dan-neggiato di provare esclusivamente il titolo da cui deri-va l’obbligazione, rimanendo in capo alla struttura sani-taria la prova dell’esatto adempimento ovvero dell’ina-dempimento non imputabile, e sarà risarcibile il solodanno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l’ob-bligazione, salvo che in caso di dolo.L’esercente la professione sanitaria, invece, sarà chiama-to a rispondere del proprio operato secondo le normesulla responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’art.2043 del codice civile, a meno che non abbia agito nel-

l’adempimento di obbligazione contrattuale assunta conil paziente. In tale caso, il termine prescrizionale sarà dicinque anni, ed in capo al danneggiato graverà un oneredella prova complesso, in quanto egli dovrà non soloallegare ma provare il fatto illecito, il danno, l’elementosoggettivo ed il nesso eziologico tra condotta ed evento.Nella valutazione ai fini del risarcimento del danno, ilGiudice terrà conto della condotta tenuta dall’esercentela professione sanitaria, ai sensi del suddetto art. 5 e del-l’art. 590 sexies codice penale.Quanto contenuto nell’art. 7 della legge Gelli-Biancocostituisce norma imperativa ai sensi del codice civile.

Profili processuali: ricorso ex art. 696 bis c.p.c. o pro-cedimento di mediazione ai sensi dell’art. 5, comma 1bis, del D.Lgs. n. 20/2010 (Art. 8)L’art. 8 della legge di riforma prevede un doppio binarioper azionare la richiesta di risarcimento delle lesioni pati-te: una consulenza tecnica preventiva ai fini della compo-sizione della lite, ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c., ovvero ilprocedimento di mediazione di cui al D.Lgs. n. 28/2010.Dall’altro lato, abolisce l’obbligo di avvalersi della pro-cedura di negoziazione assistita prevista dall’art. 3,comma 1, del D.L. n. 132/2014.La presentazione del ricorso ex art. 696 bis c.p.c., voltaad ottenere una consulenza tecnica preventiva, è condi-zione di procedibilità della domanda di risarcimento, el’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, apena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, nonoltre la prima udienza.Il giudice, qualora rilevi che il procedimento suddettonon sia stato espletato, o non si sia concluso entro il ter-mine perentorio di sei mesi, assegna alle parti un termi-ne di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sédell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva,ovvero di completamento del procedimento entro seimesi dal deposito del ricorso.Trascorsi sei mesi con inattività delle parti, la domandadiviene improcedibile; diversamente, gli effetti delladomanda sono salvi se entro novanta giorni dal depositodella relazione o dalla scadenza del termine perentorio èdepositato presso il giudice che ha trattato il procedi-mento di CTU preventiva il ricorso di cui all’art. 702 bisc.p.c.. In tal caso, il giudice fissa l’udienza di compari-zione delle parti, e si applicano le norme di cui all’art.702 bis codice procedura civile.

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Al procedimento di consulenza tecnica preventiva devo-no partecipare tutte le parti obbligatoriamente, compresele compagnie assicurative di cui all’art. 10 della leggeGelli-Bianco, che hanno l’obbligo di formulare un’offer-ta di risarcimento del danno ovvero di comunicare imotivi per i quali non ritengono di formularla, pena lacomunicazione della sentenza favorevole al danneggiatoall’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS),che emetterà le sanzioni del caso.In caso di mancata partecipazione alla conciliazione, ilgiudice condanna le parti non intervenute al pagamentodelle spese di consulenza e di lite, indipendentementedall’esito del giudizio, oltre ad una pena pecuniariadeterminata equitativamente in favore della parte com-parsa.

Azione di rivalsa e azione di responsabilità ammini-strativa (Art. 9)L’art. 9 disciplina l’azione di rivalsa o di responsabilitàamministrativa della struttura sanitaria nei confronti del-l’esercente la professione sanitaria, sul presupposto deldolo o della colpa grave di quest’ultimo. Tale azione può essere esperita, a pena di decadenza,entro un anno dall’avvenuto pagamento, qualora il sani-tario non sia stato parte del giudizio o della procedurastragiudiziale di risarcimento del danno.Nel giudizio di rivalsa ed in quello di responsabilitàamministrativa il giudice può desumere argomenti diprova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal dan-neggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosa-nitaria o dell’impresa di assicurazione, ma ciò solo sel’esercente la professione sanitaria ne sia stato parte.

Obbligo di assicurazione e la clausola claims made(Artt. 10-11)L’innovazione della nuova previsione normativa preve-de in capo alle strutture sanitarie e sociosanitarie, sianoesse pubbliche che private, l’obbligo di stipulare unapolizza assicurativa che garantisca per i rischi di respon-sabilità medica con adeguata polizza di assicurazione percolpa grave. Tale obbligo si estende a tutti i professioni-sti che entrano in rapporto con un paziente, anche se ciòavviene in modalità intramoenia nonché attraverso latelemedicina.Il nominativo dell’impresa assicurativa prescelta deveessere resa nota mediante pubblicazione nel sito internet

della struttura indicando per esteso i contratti, le clauso-le assicurative ovvero le altre analoghe misure che deter-minano la copertura assicurativa.La garanzia assicurativa deve prevedere una coperturatemporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anniantecedenti la conclusione del contratti assicurativo ed incaso di cessazione definitiva dell’attività professionale, aqualsiasi titolo, deve essere previsto un periodo di ultrat-tività della copertura per le richieste di risarcimento deldanno presentate per la prima volta entro i dieci annisuccessivi alle richieste riferite a fatti determinatesi nelperiodo di efficacia della polizza. Si tratta di clausola claims made con la quale i contraen-ti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, pattui-scono una nozione di fatto diversa da quella espressa-mente chiarita dall’art. 1917 comma 1°, c.c., riferendosi,non già semplicemente al fatto causativo di responsabi-lità verso terzi, bensì al momento della richiesta di risar-cimento avanzata dal terzo danneggiato nei confrontidell’assicurato (cfr. ex multis, Cass. Civ., Sez. III, 22marzo 2013, 7273).

Azione diretta del soggetto danneggiato (Art. 12)In questo quadro novativo, una delle peculiari novità siravvisa nell’introduzione dell’azione diretta del danneg-giato nei confronti dell’impresa di assicurazione, garan-te sia della struttura sanitaria sia del medico, contenutanell’art. 12, con previsione di un termine di prescrizionepari a quello dell’azione verso la struttura sanitaria osociosanitaria pubblica o privata o l’esercente la profes-sione sanitariaPertanto i pazienti hanno la facoltà di esercitare il dirit-to all’indennizzo anche direttamente alle imprese diassicurazione e entro i limiti delle somme per le quali èstato stipulato il contratto di assicurazione, e se questesono insolventi, sono garantiti da un apposito fondo digaranzia.Il coinvolgimento diretto dell’impresa di assicurazionecostituisce un’eccezione rispetto allo schema dell’assi-curazione per la responsabilità civile, presente da anninell’ambito della responsabilità nascente da circolazionestradale e, al pari di tale disciplina, mira a precostituireun modulo risarcitorio rafforzato per il danneggiato con-sentendo l’instaurarsi di una relazione, stragiudiziale egiudiziale privilegiata anche per la gestione della lite,nell’obiettivo di consentire una definizione anche più

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rapida del contenzioso e una maggior garanzia per ilpaziente.Tale nuova ratio trova puntuale riscontro dal coinvolgi-mento della stessa impresa anche nel procedimento diconsulenza preventiva, ove la società non solo è obbliga-ta ad intervenire, ma è anche tenuta a formulare offertadi risarcimento del danno ovvero a comunicare i motividi eventuale diniego con le sanzioni di cui all’art. 8.Anche in questo caso nei giudizi promossi nei confrontidella struttura sanitaria e/o dell’esercente la professionesanitaria è previsto il litisconsorzio necessario con lamedesima struttura e/o con il medico (art. 12). Le disposizioni di cui all’azione diretta nei confronti del-l’assicurazione si applicano a decorrere dall’entrata invigore del decreto ministeriale che dovrà essere emana-to (entro 120 giorni) a norma dell’art. 10, comma 6 (ovedevono essere dettati requisiti minimi sulle polizze assi-curative)Ancora di particolare interesse è la previsione dell’inop-ponibilità al danneggiato delle eccezioni derivanti dalcontratto diverse da quelle che verranno stabilite coldecreto ministeriale in questione.Tale azione diretta è soggetta, come in precedenza osser-vato, allo stesso termine di prescrizione pari a quello del-l’azione verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pub-blica o privata o verso l’esercente la professione sanitaria.

Fondo di garanzia per i danni da responsabilità sani-taria (Art. 14)Si segnala infine l’istituzione di un fondo in favore delle vit-time di malasanità, fondo che risulta operativo in tre casi:1) qualora il danno sia di importo eccedente rispetto aimassimali previsti dai contratti di assicurazione stipu-lati dalla struttura ovvero dall’esercente la professio-ne sanitaria;

2) qualora la struttura ovvero il sanitario risultino assicu-rati presso un’impresa che al momento del sinistro sitrovi in stato di insolvenza o di liquidazione coattaamministrativa o vi venga posta successivamente;

3) qualora la struttura sanitaria o socio-sanitaria pubbli-ca o privata ovvero l’esercente la professione sanita-ria siano sprovvisti di copertura assicurativa pereccesso unilaterale dell’impresa assicuratrice ovveroper la sopravvenuta inesistenza o cancellazione dal-l’albo dell’impresa assicuratrice stessa.

Tale Fondo sarà formato da contributi annuali prove-nienti da parte delle imprese autorizzate all’eserciziodelle assicurazioni per la responsabilità civile per i dannicausati da responsabilità sanitaria.Un apposito regolamento del Ministro della Salute dovràdisciplinare in dettaglio la misura e le modalità di versa-mento del contributo e le forme di intervento del fondo.

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Nel sistema processuale il valore del giudicatoassolve ad una duplice funzione: attribuisce effi-cacia vincolante rispetto all’accertamento giudi-

ziario definitivo e determina l’irrevocabilità della pro-nuncia giurisdizionale, non più soggetta ad impugnazio-ne. Nel processo penale, l’efficacia vincolante del giudi-cato vale quale preclusione a qualsiasi nuovo giudizio deeadem re (art. 649, comma 1, c.p.p.): la res iudicataobbliga i giudici dei futuri processi a non pronunciarsinuovamente sullo stesso fatto e nei confronti della stes-sa persona, sottraendo il singolo alla possibilità illimita-ta di persecuzione penale. Il principio, dunque, assolvein primis ad una funzione di certezza in senso soggettivoe, cioè, è posto a garanzia della sicurezza dei diritti, inparticolare, di quello di libertà. L’irrevocabilità della sentenza discende dalla sua inop-pugnabilità, conseguente alla consumazione del poteredi accertamento del giudice in ordine alla responsabili-tà dell’imputato (art. 648 c.p.p.). Tale carattere rispon-de ad una esigenza di certezza e stabilità delle situazio-ni giuridiche, a sua volta costituente valore fondamen-tale proprio di ogni ordinamento statale.In tal senso, il principio di intangibilità del giudicatopuò dirsi espressione dei superiori principi di libertà edi legalità, di cui agli artt. 13 e 25 Cost., in quanto stru-mento preordinato a garantire il valore fondamentaledella certezza del diritto e della stabilità dei rapportigiuridici.Il giudicato è valore che trova riconoscimento, in formedifferenziate, anche a livello sovranazionale. La Cortedi Giustizia dell’Unione Europea attribuisce rilevanzaal principio al punto di ritenere prevalente l’interesse

alla stabilità e certezza del diritto rispetto all’esigenzadi corretta applicazione della normativa europea. Inparticolare, è stato affermato che il giudice nazionalenon è tenuto a disapplicare le norme processuali inter-ne che riconoscono forza di giudicato ad una pronunciagiurisdizionale anche ove ciò consenta di rimediare aduna violazione del diritto dell’Unione, commessa dallastessa sentenza passata in giudicato (C.G.U.E. Kobler2003; Fallimento Olimpiclub 2009; CommissioneEuropea c/Rep. Slovacca 2010).La Corte Europea dei diritti dell’Uomo riconosce nelgiudicato l’approdo definitivo della vicenda giudiziariae un limite invalicabile a taluni principi fondamentali,come la retroattività della lex mitior, ma non lo consi-dera di per sé un limite insuperabile. Laddove la CorteEDU riscontrasse la violazione dei diritti convenziona-li, il giudicato nazionale andrebbe comunque rimossoper realizzare la restitutio in integrum, conformementealle indicazioni della Convenzione.Per lungo tempo, nel nostro ordinamento, ha dominatouna concezione “assolutistica” del giudicato, in basealla quale esso rileva come dato assiologico e insupera-bile, in quanto strumento fondamentale per salvaguar-dare la tenuta, la coerenza e la saldezza dell’ordina-mento giuridico. Tale concezione, entrata in crisi conl’avvento della Costituzione e la correlata necessità diapprestare adeguata tutela ai diritti fondamentali dellapersona, oggi può dirsi sostanzialmente superata.Alla progressiva erosione del dogma dell’immutabilitàdel giudicato hanno contribuito fenomeni diversi: illegislatore, la dottrina e la giurisprudenza, tanto dilegittimità che costituzionale.

Intangibilità del giudicato, principio in progressivaerosione. Brevi note circa i rapporti tra giudicato,sentenza patteggiata e declaratorie di illegittimitàcostituzionale di norme penali Francesca ZignaniAvvocato

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Il riferimento è anzitutto a quella dottrina che già a par-tire dagli anni Cinquanta del secolo scorso ha promos-so un ripensamento della tradizionale interpretazionegiurisprudenziale in tema di rapporti tra giudicato eistituto della continuazione e tra giudicato e sospensio-ne condizionale della pena. Si è osservato che l’immo-dificabilità della sentenza irrevocabile riguarda unica-mente il fatto costituente reato, precludendo un nuovoprocedimento penale a carico del reo; non concerne,invece, il trattamento sanzionatorio, che può subire lemodifiche necessarie imposte dal sistema. Da qui il riconoscimento, da parte della giurisprudenza,della possibilità per il giudice di valutare l’identità deldisegno criminoso ai fini dell’unificazione fittiziaquoad poenam, a prescindere dall’intervento del giudi-cato di condanna per uno dei reati (Cass., SezioniUnite, 1986 e Corte Cost. 1987); e ancora la possibili-tà per il giudice dell’esecuzione di infrangere il giudi-cato al fine di concedere la sospensione condizionaledella pena, in caso di abolitio del reato che ha impedi-to la concessione del beneficio.Il legislatore del codice di rito nel 1988 ha poi previstouna serie di strumenti di tutela correttiva e reintegrati-va del giudicato (c.d. strumenti revocatori), finalizzatia porre rimedio a vizi patologici del giudizio di cogni-zione (revisione, ricorso straordinario per errore mate-riale o di fatto ex art. 625 bis c.p.p., rescissione del giu-dicato) o che comunque consentono al giudice dell’ese-cuzione di incidere sul giudicato (artt. 667-669 c.p.p.). Anche in mancanza di vizi patologici della sentenza l’or-dinamento penale ammette la possibilità di superare ilvincolo del giudicato di condanna per salvaguardarevalori e diritti in tutto o in parte con esso collidenti: sipensi all’art. 2, comma 3, c.p. che consente in caso disopravvenuta mutatio della pena detentiva in pena pecu-niaria di modificare la sentenza di condanna, anche sedivenuta irrevocabile; alle cause di estinzione del reato edella pena applicate in fase esecutiva e che intaccano lacogenza della condanna, vanificandone in tutto o in partele statuizioni punitive; alla normativa penitenziaria, inmateria di misure alternative alla detenzione e, in gene-re, di benefici penitenziari (es. permessi premio e libera-zione anticipata) che incide sulla cogenza e vincolativitàdel giudicato, dal momento che la pena inflitta dal giudi-ce di merito viene in concreto espiata in forme diverse daquelle stabilite in sentenza e per un tempo inferiore.

Il nostro ordinamento risulta tutt’altro che orientato aidealizzare l’intangibilità del giudicato, ove da essopossa derivare un sacrificio a opposti valori di rangocostituzionale. Si tratta allora di capire se nell’ottica del favor liberta-tis l’efficacia del giudicato possa cedere anche a frontedi sentenze di incostituzionalità incidenti in bonampartem sul solo trattamento sanzionatorio del reato.Il problema evidentemente non si pone se la normapenale riconosciuta incostituzionale è quella incrimina-trice, perché in questo caso il legislatore prevedeespressamente la revoca del giudicato, con cessazionedell’esecuzione della condanna e di tutti gli effettipenali (art. 673 c.p.p. e art. 30, comma 4, legge n.87/1953).Difetta, per contro, una disciplina degli effetti dellesentenze d’incostituzionalità concernenti norme penalisostanziali di natura diversa da quella incriminatrice: sipensi alle norme che prevedono l’applicazione di unapena accessoria o che introducono circostanze aggra-vanti. In tali casi, il fatto continua a costituire illecitopenale, ma a seguito dell’intervento del giudice costitu-zionale, risulta modificato il quadro sanzionatorio intermini più favorevoli al condannato.È quanto avvenuto a seguito delle due sentenze chehanno dichiarato l’incostituzionalità della pena acces-soria della perdita della potestà genitoriale, quale auto-matica conseguenza della condanna per i delitti di sop-pressione e alterazione di stato ex art. 569 c.p. (CorteCost. n. 31/12 e 7/13); nonché della pronuncia di inco-stituzionalità che ha investito l’art. 630 c.p., nella partein cui non prevede che la pena sia diminuita quando ilfatto risulti di lieve entità (Corte Cost. n. 68/12); eancora a fronte della sentenza di incostituzionalità del-l’aggravante di clandestinità (art. 69 c.p.).In tale contesto merita una peculiare menzione la pro-nuncia della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 che,nel dichiarare illegittime alcune norme introdotte dallalegge n. 49 del 2006 (c.d. legge Fini-Giovanardi), hacomportato il ripristino della precedente distinzione tra“droghe leggere” e “droghe pesanti” determinandoun’attenuazione del trattamento sanzionatorio previstoper le droghe leggere rispetto alla disciplina dichiarataincostituzionale.La questione è di particolare attualità tenuto conto dellasempre più accentuata tendenza del legislatore a ricorre-

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re ad automatismi sanzionatori spesso censurati dalGiudice delle leggi perché contrari ai principi di ugua-glianza, ragionevolezza e di proporzionalità (artt. 3 e 27,comma 3, Cost.). Sul punto meritano menzione le senten-ze di incostituzionalità che hanno investito l’art. 62 bis,comma 2, c.p. [divieto di riconoscere le attenuanti gene-riche in favore del recidivo reiterato dichiarato colpevoleper un grave delitto ex art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p.] el’art. 69, comma 4, c.p. (divieto di subvalenza della reci-diva reiterata ex art. 99, comma 4), rispetto alle circostan-te attenuanti del fatto di lieve entità in materia di stupefa-centi, del fatto di particolare tenuità in materia di ricetta-zione e della violenza sessuale di minore gravità. Sul tema sono emersi due indirizzi contrapposti, l’unocontrario alla modifica della sentenza irrevocabile dicondanna in nome dell’intangibilità del giudicato, l’al-tro, invece, favorevole alla revoca della sentenza inexecutivis per la parte di pena riconosciuta incostituzio-nale, non completamente eseguita.La prima tesi ferma nel sostenere l’immutabilità dellapena inflitta all’esito del giudizio di cognizione, si basasu due fondamentali asserzioni.Innanzitutto si afferma che il giudicato penale costitui-sce fondamento ragionevole per distinguere tra situa-zioni analoghe. Tanto può desumersi dalla disciplinadettata in tema di retroattività della lex mitior: l’art. 2c.p. prevede, infatti, che la sopravvenuta modificafavorevole della norma penale non sia in grado di intac-care il giudicato (salvo che nel caso di cui al comma 3),con conseguente applicazione di pena anche superioreal massimo edittale fissato dalla norma incriminatricesuccessiva. Perciò non sarebbe irragionevole conclude-re che la sentenza di incostituzionalità dell’aggravantepossa esplicare effetti favorevoli per il reo solo se lacondanna non è ancora divenuta irrevocabile. In talmodo si equiparano gli effetti della sentenza di incosti-tuzionalità dell’aggravante a quelli derivanti da unasuccessione meramente modificativa di leggi penali exart. 2, comma 4, con conseguente preclusione dell’ap-plicazione retroattiva dell’effetto favorevole oltre illimite del giudicato.Inoltre, l’impossibilità per il giudice dell’esecuzione diintervenire sul giudicato di condanna per modificare iltrattamento sanzionatorio dipenderebbe dalla mancan-za di appositi strumenti processuali. Non è difatti pos-sibile fare applicazione dell’art. 673 c.p.p. che letteral-

mente riguarda le sole ipotesi di radicale eliminazionedella fattispecie penale (per abrogazione o per dichiara-zione di incostituzionalità); né è utile il richiamoall’art. 30, comma 4, legge 87/53 che nel prevedere lacessazione di tutti gli effetti penali della sentenza dicondanna sembra riferirsi ai soli casi di depenalizzazio-ne o di incostituzionalità di una norma incriminatrice.Al di fuori di essi, la naturale efficacia retroattiva dellapronuncia di incostituzionalità incontrerebbe il limitedei rapporti esauriti e tali sono considerati quelli defi-niti con sentenza passata in giudicato.L’opposto orientamento interpretativo, che afferma lanon eseguibilità del quantum di pena riconosciuta inco-stituzionale, muove da una diversa interpretazione dellalettera dell’art. 30, comma 4, legge 87/53. In particola-re, il citato comma 4 nel sancire che quando in applica-zione della norma dichiarata incostituzionale è statapronunciata sentenza irrevocabile di condanna ne cessa-no l’esecuzione e tutti gli effetti penali, non dovrebbeessere interpretato in senso riduttivo, cioè riferito allesole norme penali incriminatrici. Invero la formulazio-ne della norma si presterebbe ad essere letta nel senso diimpedire anche solamente una parte dell’esecuzionedella pena, quella derivante dall’applicazione dellanorma sanzionatoria riconosciuta illegittima. Tra i sostenitori di questa seconda tesi non vi è peròuniformità di vedute circa l’individuazione dello stru-mento processuale utilizzabile dal giudice per rimuove-re gli effetti ancora perduranti della norma dichiarataincostituzionale: taluni ammettono la possibilità diapplicare analogicamente o estensivamente l’art. 673c.p.p., altri, invece, fanno leva sul combinato dispostodegli artt. 139 Cost. e 30, commi 3 e 4, legge 87/53 chericonosce efficacia retroattiva al principio statuito dallasentenza di accoglimento del giudice costituzionale.A fronte del contrasto interpretativo così delineato,emerso in termini chiari in due pronunce del 2011 e del2012 della Prima sezione della Corte di Cassazione, laquestione è stata rimessa alle Sezioni Unite nel 2014. Il caso concreto sottoposto al vaglio del SupremoCollegio riguardava gli effetti della sentenza di incosti-tuzionalità dell’art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cuiprevede il divieto di subvalenza della recidiva reiteratarispetto alla circostanza attenuante del “fatto di lieveentità” in materia di stupefacenti ex art. 73, comma 5,T.U. stup. (Corte Cost. n. 251/12).

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Le Sezioni Unite dichiarano di condividere l’orienta-mento favorevole alla modifica del giudicato di con-danna per la parte di pena inflitta in applicazione dellanorma incostituzionale (sent. Gatto, n. 42858/2014).La Corte, nel respingere le argomentazioni addotte asostegno della tesi opposta, ritiene che non sia giuridica-mente corretto equiparare la sopravvenuta incostituzio-nalità della norma penale non incriminatrice alla succes-sione di leggi penali ex art. 2, comma 4, codice penale. Invero, il fenomeno della dichiarazione di incostituzio-nalità e quello della successione di leggi penali neltempo, pur se talora accomunati in materia penale (adesempio ai fini di cui all’art. 673 c.p.p.), sono tra lorosostanzialmente diversi, in quanto si muovono su pianidifferenti e producono effetti diversi. L’abrogazionenon estingue la norma, ma ne delimita temporalmentel’efficacia, consentendone l’applicazione ai fatti verifi-catisi fino ad un certo momento, di regola coincidentecon l’entrata in vigore di una nuova norma. Quindi,l’abrogazione legislativa opera di regola solo pro futu-ro, con effetti ex nunc, fatto salvo in materia penale ilprincipio, di rango legislativo, di retroattività della lexmitior ex art. 2, commi 2, 3 e 4 codice penale.La dichiarazione di incostituzionalità, invece, inficiasin dall’origine la disposizione impugnata, comportan-done la cessazione di efficacia e l’espunzione dall’ordi-namento. Perciò dopo la pubblicazione della sentenza,la norma dichiarata incostituzionale non può essereapplicata neppure a fattispecie alle quali, invece, sareb-be stata applicabile in base alla disciplina della succes-sione di norme penali nel tempo.La differenza tra i due istituti giustifica la diversa inci-denza rispetto ai rapporti giuridici pregressi: mentrel’applicazione della legge penale più favorevole trovaun limite invalicabile nella sentenza passata in giudica-to, la norma dichiarata incostituzionale, proprio inquanto affetta da un’invalidità originaria, non è ingrado di fondare atti giuridicamente validi. Perciò,dovrebbero cessare ed essere rimossi tutti gli effettipregiudizievoli derivanti dalla condanna pronunciata inapplicazione della norma penale, anche non incrimina-trice, risultata incostituzionale (sempre che non si trat-ti di effetti irreversibili, in quanto già compiuti e deltutto consumati).Secondo la Corte sarebbe riduttivo ritenere che lavicenda definita con sentenza irrevocabile sia “situa-

zione esaurita”, come tale insensibile alle successiveevenienze giuridiche. L’esecuzione della pena compor-ta, infatti, l’instaurazione di un rapporto esecutivo, chenasce dal giudicato e si esaurisce solo con la completaconsumazione o estinzione della pena. E fintantochél’esecuzione della pena è in atto tale rapporto non puòritenersi esaurito, sicché possono e devono essererimossi gli effetti della norma dichiarata costituzional-mente illegittima.Sul tema della tangibilità del giudicato il Collegioriprende le affermazioni contenute nella nota sentenzadel Caso Ercolano (SUP n. 18821/13). In tale preceden-te le Sezioni Unite, portando a compimento la vicendainnescata dalla pronuncia della Corte di Strasburgo nelcaso Scoppola, hanno affermato l’esigenza imprescin-dibile di porre fine agli effetti negativi dell’esecuzionedi una pena illegittima, contraria alle statuizioni dellaCEDU.Analoga conclusione deve valere per la pena adottatasulla base di una norma dichiarata incostituzionale.Sarebbe assurdo, osserva la Corte, far discendere dallaviolazione delle norme della Convenzione effetti piùincisivi rispetto a quelli derivanti dalle sentenze diincostituzionalità.Quanto allo specifico strumento processuale a tal fineutilizzabile dal giudice dell’esecuzione, le Sezioni Uniteescludono che sia possibile attivare il procedimento direvisione di cui all’art. 630 c.p.p., per mancanza dei pre-supposti, o applicare il rimedio della revoca ex art. 673c.p.p., in quanto soluzione sovrabbondante.In linea con le coordinate interpretative declinate nellasentenza Ercolano il collegio ritiene, invece, che sidebba far riferimento all’art. 30, comma 4, legge n. 87del 1953, interpretato in modo da includervi anche lenorme penali non incriminatrici.La soluzione accolta dalla Corte di legittimità ha aper-to il problema dei limiti ai poteri del giudice dell’ese-cuzione nella rideterminazione del quantum di pena daespiare, in sostituzione di quella inflitta sulla base dellanorma riconosciuta incostituzionale.In particolare, a fronte della declaratoria di incostitu-zionalità dell’aggravante di clandestinità o del mecca-nismo sanzionatorio ex art. 69, comma 4, c.p., il giudi-ce dell’esecuzione non può semplicemente limitarsi asostituire la pena illegittima con altra di contenuto pre-determinato (come avvenuto nel caso Ercolano, dove

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alla pena illegittima dell’ergastolo occorreva sostituirequella legittima di trent’anni di reclusione), ma devecompiere valutazioni più complesse, tipiche del giudi-zio di cognizione. Precisamente, deve individuare la porzione di pena cor-rispondente all’aumento per l’aggravante – ove la sen-tenza del giudice della cognizione avesse omesso diindividuarla specificatamente – o effettuare il giudiziodi valenza, precluso al giudice di merito per effettodella norma incostituzionale.L’ampiezza delle valutazioni rimesse al giudice dell’ese-cuzione non può comunque costituire, ad avviso deiGiudici, un ostacolo insormontabile al suo intervento. Sarebbe irragionevole, infatti, consentire al giudicedell’esecuzione di incidere sul giudicato solo dove sitratti di sostituire una pena ad un’altra di contenuto pre-determinato e ritenere, invece, intangibile la porzionedi pena applicata per effetto di norme ab origine inva-lide, solo perché sono necessari accertamenti istruttoriulteriori. In entrambi i casi, pur se differenti sono icompiti richiesti al giudice dell’esecuzione, il condan-nato soffre per l’esecuzione di una ingiusta porzione dipena, a cui occorre porre rimedio.Il giudice dell’esecuzione potrà avvalersi, a tal fine, deipoteri officiosi ex art. 666, comma 5, c.p.p. e 185 disp.att. c.p.p. e quindi chiedere alle autorità competentitutti i documenti o le informazioni di cui abbia bisognoe assumere prove nel rispetto del contraddittorio.L’ampliamento del materiale probatorio, ulteriorerispetto a quello su cui si basa la pronuncia irrevocabi-le, è strettamente funzionale alle valutazioni del giudi-ce dell’esecuzione, che in ogni caso non possono con-traddire quelle compiute dal giudice della cognizione erisultanti dalla sentenza divenuta irrevocabile.Sempre in materia di stupefacenti, pur dopo i chiari-menti resi dalle Sezioni Unite citate, si sono poste, pro-prio alla luce della sentenza n. 32/2014 della CorteCostituzionale, diverse e ulteriori questioni: innanzitut-to ci si è chiesti se il giudice dell’esecuzione possa rive-dere completamente la pena; ancora, se l’obbligo delgiudice dell’esecuzione sussiste solo se la pena del giu-dicato sia superiore al massimo edittale previsto dallalegge del 1990 oppure a prescindere dal fatto che lapena sia superiore o inferiore ad esso; infine, ci si è

chiesti se il giudice dell’esecuzione possa rivedere lapena anche quando questa è stata inflitta non con unasentenza intervenuta all’esito del dibattimento ma conuna sentenza di patteggiamento. Su tali specifiche questioni sono intervenute nuova-mente le Sezioni Unite (Marcon, n. 37107/2015) lequali hanno affermato che il giudice della esecuzione,nel rideterminare la pena applicata con sentenza irrevo-cabile ex art. 444 c.p.p., divenuta illegale a seguitodella sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituziona-le, può disporre la sospensione condizionale della pena.(In motivazione la Corte ha chiarito che il giudice, inpresenza di una pena nuovamente concordata dalleparti ai sensi dell’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., qua-lora ritenga di non applicare la sospensione condizio-nale della pena, non può respingere il nuovo accordo,ma deve comunque recepirlo escludendo il beneficio). Inoltre, è stato precisato che la pena applicata con lasentenza di patteggiamento avente ad oggetto uno o piùdelitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 relati-vi alle droghe c.d. leggere, divenuta irrevocabile primadella sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale,deve essere rideterminata in sede di esecuzione in quan-to pena illegale, e ciò anche nel caso in cui la pena con-cretamente applicata sia compresa entro i limiti edittaliprevisti dall’originaria formulazione del medesimo arti-colo, prima della novella del 2006, rivissuto per effettodella stessa sentenza di incostituzionalità. Infine, il Supremo Collegio ha statuito che in tema disostanze stupefacenti, quando, successivamente allapronuncia di una sentenza irrevocabile di applicazionedi pena ex art. 444 c.p.p., interviene la dichiarazioned’illegittimità costituzionale di una norma penalediversa da quella incriminatrice, incidente sulla com-misurazione del trattamento sanzionatorio, il giudicatopermane quanto ai profili relativi alla sussistenza delfatto, alla sua attribuibilità soggettiva e alla sua qualifi-cazione giuridica, ma il giudice della esecuzione deverideterminare la pena, attesa la sua illegalità sopravve-nuta, in favore del condannato con le modalità di cui alprocedimento previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc.pen. e solo in caso di mancato accordo, ovvero di penaconcordata ritenuta incongrua, provvede autonoma-mente ai sensi degli artt. 132-133 codice penale.

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Le “Sezioni Unite Andreucci”*, con una decisio-ne che scardina il precedente orientamento, siiscrivono a pieno titolo nell’ampio e qualifica-

to dibattito di letteratura e giurisprudenza, esponendodi fatto l’interprete delle scienze penalistiche allatempesta digitale delle moderne indagini informati-che, vieppiù segnando il rivoluzionario confine trascienza e processo penale1. La sentenza depositata in data 7 settembre 2017 haenunciato il seguente principio: “È ammissibile ilricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribu-nale del riesame di conferma del sequestro probato-rio di un computer o di un supporto informatico, nelcaso in cui ne risulti la restituzione previa estrazionedi copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedot-to l’interesse, concreto e attuale, alla esclusivadisponibilità dei dati”.La Sezione rimettente ha evidenziato il contrasto giu-risprudenziale dopo la pronuncia delle Sezioni UniteTchmil2, in relazione ad una fattispecie di sequestrodi un computer e di alcuni documenti, si era afferma-to che, una volta restituita la cosa sequestrata, larichiesta di riesame del sequestro, o l’eventuale ricor-so per cassazione contro la decisione del tribunale delriesame, è inammissibile per sopravvenuta carenza diinteresse, che non è configurabile neanche qualoral’autorità giudiziaria disponga, all’atto della restitu-zione, l’estrazione di copia degli atti o documentisequestrati; ciò in quanto il relativo provvedimento èautonomo rispetto al decreto di sequestro, né è sog-getto ad alcuna forma di gravame, stante il principiodi tassatività delle impugnazioni. Alla decisione si sono adeguate le Sezioni semplici

con successive pronunce3, alcune delle quali riguar-danti specificamente ipotesi di sequestro di compu-ter e documenti informatici4.La Sezione rimettente pone tuttavia in luce il formar-si di una recente, diversa, linea interpretativa che,considerando i contenuti delle disposizioni introdottecon la legge 18 marzo 2008, n. 48 sulla criminalitàinformatica, riconosce anche al “dato informatico” intuttavia quanto tale, e non solo al supporto che locontiene, la caratteristica di oggetto del sequestro,poiché la sua riproduzione si risolve in un “clone”identico ed indistinguibile dall’originale; con la con-seguenza che i dati informatici acquisiti mediantel’integrale riproduzione di quelli presenti sullamemoria del computer rimangono sotto sequestroanche se il supporto fisico di memorizzazione siarestituito: permane, sul piano del diritto sostanziale,una perdita autonomamente valutabile per il titolaredel dato, venendo meno la disponibilità esclusivadella “informazione”. Da ciò conseguirebbe che la restituzione del compu-ter, previa estrazione di copia informatica o riprodu-zione su supporto cartaceo dei dati in esso contenuti,non fa venire meno l’interesse a coltivare i ricorsi perriesame e per cassazione.Il codice di procedura, all’esito della incisiva riformadel 2008 in tema di criminalità informatica, è oggiesplicito nell’escludere che, di norma, possa ipotiz-zarsi un sequestro di interi sistemi informatici (in cuirientra anche il pc ad uso personale)5. Il computer deve essere sottoposto ad una perquisi-zione mirata al cui esito potrà sequestrarsi quanto dirilievo del suo contenuto, non potendosi quindi rite-

I controlli del giudice sul sequestro di documentidigitali contenuti nel sistema informatico tra scienza e processo penaleMario AntinucciAvvocato del Foro di Roma, Docente di Procedura penale presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’UniversitàSapienza di Roma

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nere legittima, se non accompagnata da specificheragioni, una indiscriminata acquisizione dell’intero(contenuto del) sistema informatico (ad esempio l’in-tero pc in uso all’indagato): secondo l’art. 247,comma 1 bis, introdotto dalla citata legge, “quando viè fondato motivo di ritenere che dati, informazioni,programmi informatici o tracce comunque pertinential reato si trovino in un sistema informatico o tele-matico, ... ne è disposta la perquisizione, adottandomisure tecniche dirette ad assicurare la conservazio-ne dei dati...”. Simile anche il nuovo art. 352, comma 1 bis: “Nellaflagranza del reato, ovvero nei casi di cui al comma 2quando sussistono i presupposti e le altre condizioniivi previsti, gli ufficiali di polizia giudiziaria, adottan-do misure tecniche dirette ad assicurare la conserva-zione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione,procedono altresì alla perquisizione di sistemi infor-matici o telematici, ancorché protetti da misure disicurezza, quando hanno fondato motivo di ritenereche in questi si trovino occultati dati, informazioni,programmi informatici o tracce comunque pertinential reato che possono essere cancellati o dispersi”. Tali disposizioni sono esplicite nello stabilire che, diregola, non può procedersi al sequestro del computerin quanto tale perché la legge chiaramente ha distin-to il singolo documento informatico dalla massa diinformazioni che un sistema informatico/telematico èdestinato a contenere. Ciò, ovviamente, non esclude che a determinate egiustificate condizioni possa essere disposto unsequestro esteso all’intero sistema così come, se visono particolari ragioni, è possibile il sequestro dellatotalità delle cartelle cliniche cartacee di un ospedale(pur se solo alcune siano di interesse) se ciò è propor-zionato rispetto alle esigenze probatorie o per altromotivo venga in questione l’intero sistema (si pensiad un computer utilizzato per la gestione di duplica-zione abusiva di supporti audiovisivi o di un compu-ter destinato alla archiviazione di materiale illecito)né esclude, se necessario, il trasferimento fisico del-l’apparecchio per poi procedere a perquisizione inluogo e con modalità più convenienti, anche per lanecessaria disponibilità di personale tecnico persuperare le protezioni del sistema dagli accessi diterzi (in modo, quindi, non dissimile da come può

essere sequestrata una intera unità immobiliare inattesa delle condizioni tecniche per una adeguata per-quisizione e l’apertura di un vano protetto). La ratio delle disposizioni sopra citate è che non èpossibile acquisire in modo indiscriminato un interoarchivio elettronico, sol perché è facile l’accesso,l’effettuazione di copia ed il trasferimento fisicorispetto alla massa di documenti cartacei corrispon-denti, pur in assenza di qualsiasi correlazione speci-fica con le indagini.Ciò posto, occorre in primo luogo individuare lanatura del “dato informatico”, verificando se lo stes-so abbia caratteristiche particolari che lo differenzia-no rispetto ad altri dati raccolti ed archiviati condiverse modalità. Va peraltro considerato come taleoperazione richieda un’ulteriore premessa, finalizza-ta a ben delineare l’oggetto del discorso, prendendoin considerazione le diverse possibili componenti diquello che può definirsi, in concreto, un “sistemainformatico”. Un sistema informatico, in linea generale, è costituitodalle componenti hardware e software, le prime rap-presentate, secondo la comune definizione, dal com-plesso di elementi fisici non modificabili (quali circui-ti, unità di memoria, parti meccaniche, eccetera) cui siaggiungono periferiche di ingresso (ad. es. tastiera,scanner, eccetera) e di uscita (es. monitor, stampante)ed altri componenti comuni (modem, masterizzatore,cavi) e le seconde costituite, sempre secondo la comu-ne accezione, dall’insieme di istruzioni e procedurenecessarie per il funzionamento stesso della macchina(software di base) o per farle eseguire determinate atti-vità (software applicativo) e costituiti da programmi odati memorizzati su specifici supporti. La Convenzione di Budapest, ratificata dalla legge n.48 del 2008, definisce il sistema informatico come“qualsiasi apparecchiatura o gruppo di apparecchia-ture interconnesse o collegate, una o più delle quali,in base ad un programma, compiono l’elaborazioneautomatica di dati”, tenendo quindi conto anche dellapossibile interazione di più dispositivi. Va dunque distinto, per quel che qui interessa, il“contenitore” rispetto al “contenuto”, dovendosiquindi valutare l’oggetto di un eventuale provvedi-mento di sequestro, il quale, come correttamentericordato nella sentenza Rizzo, può riguardare, sussi-

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stendone la necessità, l’intero sistema ovvero il sin-golo dato, che ha certamente una sua identità fisica,essendo modificabile e misurabile. Anche la componente software di un sistema infor-matico, avendo una sua consistenza compiutamenteindividuabile, può pacificamente ritenersi suscettibi-le di sequestro6, seppure con le specifiche modalitàdettate dalla legge; va peraltro osservato, a tale pro-posito, che la distinzione tra le diverse componenti diun sistema informatico di cui si è appena detto non èstata sempre chiara al legislatore, il quale, nell’art.491 bis c.p., definiva, ad esempio, come “documentoinformatico”, qualunque “supporto informatico con-tenente dati o informazioni aventi efficacia probato-ria o programmi specificamente destinati ad elaborar-li”, così sostanzialmente sovrapponendo il “docu-mento”, entità del tutto autonoma, con il “supporto”che lo contiene.A tale anomalia, segnalata dalla dottrina7, si è succes-sivamente rimediato attraverso la soppressione delperiodo ad opera della Legge n. 48 del 2008, art. 3,comma 1, lett. b), dovendosi ora fare riferimento alladefinizione di “documento informatico” contenutanel D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 1, lett. p),(“documento informatico: il documento elettronicoche contiene la rappresentazione informatica di atti,fatti o dati giuridicamente rilevanti”) già in preceden-za fornita, sotto diversa forma, dapprima dal D.P.R.10 novembre 1997, n. 513, e, successivamente, dalD.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. La differenza è ora ben presente anche in altre dispo-sizioni, come, ad esempio, negli artt. 635 bis, 635 ter,635 quater e 635 quinquies c.p., che distinguono ildanneggiamento dell’integrità dei dati dal danneggia-mento dell’integrità di un sistema. La distinzione tra intero sistema e dati è altresì rinve-nibile nelle disposizioni del codice di rito modificatedalla Legge n. 48 del 2008, come, ad esempio, negliartt. 247, comma 1 bis e 352, comma 1 bis c.p.p..Detta distinzione tra i dati ed il sistema che ne consen-te l’archiviazione o l’elaborazione (o, meglio, tracomponenti hardware e software di un sistema) è dun-que evidente non soltanto sotto un profilo prettamen-te tecnico, ma anche nell’uso dei termini effettuato dallegislatore, così come è altrettanto evidente che a dati,programmi ed informazioni viene comunque ricono-

sciuta quella individualità fisica di cui si è detto, san-zionandone il danneggiamento (artt. 635 bis e 635 terc.p.) e specificando le modalità esecutive delle per-quisizioni (art. 248 c.p.p., comma 2; art. 352 c.p.p.,comma 1 bis), dei sequestri (art. 256 c.p.p., comma 1;art. 259 c.p.p., comma 2; art. 260 c.p.p., comma 2) edegli accertamenti urgenti (art. 354 c.p.p., comma 2).I riferimenti alla copia dei dati ed al mantenimentodella loro originaria integrità introdotti dalla Legge n.48 del 2008 riguardano le cosiddette copie-immagine(la cui integrità ed identità all’originale è assicuratadalla funzione crittografica di “hash” alla stregua diun’impronta) ed è evidente, dal momento che, riguar-dando la legge suddetta la criminalità informatica,l’acquisizione e conservazione del dato informaticodeve assicurare la possibilità di successive analisinello stato e nelle condizioni nelle quali esso si tro-vava all’interno del sistema attraverso la creazione,appunto, di un “clone”.Può peraltro verificarsi l’ipotesi in cui tale necessitànon sia avvertita, essendo sufficiente la mera copiadel contenuto del dato informatico mediante estrapo-lazione dello stesso in una copia priva delle suddettecaratteristiche. Una simile distinzione è presente nelD.Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazionedigitale) laddove, nell’art. 1, oltre a distinguere, alcomma 1, il “documento informatico” dal “documen-to analogico” (rispettivamente, nel comma 1, lett. p ep bis) a seconda che la rappresentazione di atti, fattio dati giuridicamente rilevanti sia o meno inserita inun documento elettronico che ne contiene la rappre-sentazione informatica, definisce, nella lett. i quater,la “copia informatica” di documento informatico (“ildocumento informatico avente contenuto identico aquello del documento da cui è tratto su supportoinformatico con diversa sequenza di valori binari”) ela distingue dal “duplicato informatico” di cui allalett. i quinquies (“il documento informatico ottenutomediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivoo su dispositivi diversi, della medesima sequenza divalori binari del documento originario”), operando,peraltro, una analoga distinzione tra “copia informa-tica di documento analogico” e “copia per immaginesu supporto informatico di documento analogico”,laddove la prima è “il documento informatico aventecontenuto identico a quello del documento analogico

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da cui è tratto” e la seconda “il documento informati-co avente contenuto e forma identici a quelli deldocumento analogico da cui è tratto”. Va tuttavia posto in evidenza che, sulla base delledisposizioni in precedenza esaminate e delle diverseesigenze investigative che rendono necessario ilsequestro, la distinzione tra “copia-immagine” (o“clone”) e semplice copia non sembra sufficiente perdefinire i termini della questione, dovendosi anchedistinguere i casi in cui la apprensione riguardi, essen-zialmente, il dato informatico in relazione al suo con-tenuto, in quanto rappresentativo di atti o fatti, dunquequale vero e proprio documento, la cui particolarità èdata soltanto dalle modalità di acquisizione e conser-vazione. In definitiva, alla luce delle considerazionisopra esposte, riguardo ai dati ed ai sistemi informati-ci possono verificarsi diverse situazioni, in precedenzaindividuate, rispetto alle quali il sequestro probatorio,secondo le diverse necessità, può colpire il singoloapparato, il dato informatico in sé, ovvero il medesimodato quale mero “recipiente” di informazioni.Se, per quanto riguarda la prima ipotesi, è indubbioche l’interesse ad ottenere la restituzione va riferitoall’intero apparato o sistema in quanto tale, perchéspecifico oggetto del sequestro, nella seconda, inve-ce, la materiale apprensione riguarda il dato comecristallizzato nel “clone” identico all’originale e, per-ciò, da esso indistinguibile, perché riversato nella“copia immagine” solo per preservarne l’integrità el’identità alle condizioni in cui si trovava al momen-to del prelievo e consentire successive verifiche oaccertamenti tecnici. In tale caso l’interesse alla resti-tuzione riguarda, appunto, il dato in sé e non anche ilsupporto che originariamente lo conteneva o quellosul quale è trasferito il “clone”, sicché la mera resti-tuzione del supporto non può considerarsi come esau-stiva restituzione della cosa in sequestro; e ciò trovaconferma anche nella ricordata definizione di “seque-stro” offerta dalla convenzione di Budapest.Diverso è invece il caso in cui un atto o un documen-to si presenti sotto forma di dato informatico, nonrilevando, in tali casi, il dato in sé, bensì quanto inesso rappresentato, come avviene per i documenticartacei, ben potendosi distinguere, in tali casi, lecopie dall’originale, che in questo caso sarà rappre-sentato dal documento elettronico originariamente

formato ed univocamente identificabile.Se questa è, dunque, la distinzione che deve operarsi,è evidente che nei primi due casi ipotizzati non puòtrovare applicazione l’art. 258 c.p.p., che riguardaespressamente i documenti, mentre tale disposizioneandrebbe considerata quando il dato informatico puòessere ricondotto entro la nozione di atto o documen-to, nel qual caso andrebbero apprezzate le conclusio-ni cui è pervenuta la sentenza Tchmil. Occorre però rilevare, a tale proposito, che la senten-za Tchmil non ha affatto preso in esame l’ipotesi,sulla quale parte della giurisprudenza successiva hafocalizzato l’attenzione, in cui il documento, sia essoinformatico o di altro tipo, “trasferisca il propriovalore anche sulla copia”, venendo così in gioco l’in-teresse alla “disponibilità esclusiva del ‘patrimonioinformativo’” cui fa riferimento l’ordinanza di rimes-sione, poiché esso non verrebbe meno con la merarestituzione fisica di quanto oggetto di sequestro. È indubbio che, in tali casi, la restituzione non puòconsiderarsi risolutiva, dal momento che la merareintegrazione nella disponibilità della cosa non eli-mina il pregiudizio, conseguente al mantenimento delvincolo sugli specifici contenuti rispetto al contenito-re, incidente su diritti certamente meritevoli di tutela,quali quello alla riservatezza o al segreto.Vanno a tale proposito considerate le indicazioni for-nite dalla Corte EDU, che anche le pronunce succes-sive alla sentenza Tchmil hanno valorizzato, concer-nenti non soltanto il fattore tempo come parametro divalutazione della correttezza di un sequestro8 , maanche il diritto alla libertà di espressione di cuiall’art. 10 CEDU, in particolare, la tutela della segre-tezza delle fonti giornalistiche9, nonché, con riferi-mento all’art. 8 della Convenzione, il diritto al rispet-to della vita privata e familiare10. La Corte EDU ha tenuto dunque in considerazione lainevitabile incidenza degli atti di indagine aventi adoggetto dati sensibili e, in un caso, ha espressamenteevidenziato, riconoscendo la legittimità del procedi-mento, in una ipotesi di sequestro di documenti e fileestratti da computer aziendali, la necessità di unpieno contraddittorio quanto ai documenti acquisiti ela possibilità di impugnare il sequestro davanti ad ungiudice. Può in definitiva ritenersi che, in tali casi,nonostante la restituzione del supporto sul quale il

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dato è contenuto, permanga comunque un interesseall’impugnazione del provvedimento ablativo per laverifica della sussistenza dei presupposti applicativi.Deve tuttavia trattarsi di un interesse concreto edattuale, specifico ed oggettivamente valutabile sulla

base di elementi univocamente indicativi della lesio-ne di interessi primari conseguenti alla indisponibili-tà delle informazioni contenute nel documento, la cuisussistenza andrà dimostrata, non potendosi riteneresufficienti allo scopo generiche allegazioni.

* Cassazione, Sezione Unite, 7 settembre2017, consultabile in www.archiviopenale.it

1 ANTINUCCI, Copia forense e poteri tecnicid’urgenza della P.G., in Antinucci (a curadi) Copia forense e trojan, Nuova EditriceUniversitaria, Roma, 2017.

2 Sezioni Unite, n. 18253 del 24/04/2008,Tchmil, Rv. 23939701.

3 Ex plurimis cfr. Sez. II, n. 29019 del30/06/2010, Fontana, Rv. 248143; Sez. VI,n. 29846 del 24/04/2012, Addona, Rv.253251; Sez. I, n. 43541 del 08/10/2013,

Poltrone, Rv. 257357; Sez. III, n. 27503 del30/05/2014, Peselli, Rv. 259197; Sez. III, n.24928 del 25/09/2014, Cenni, non mass..

4 TESTAGUZZA, Digital forensics.Informatica giuridica e processo penale,Milano, 2015, p. 31.

5 Cfr. Sez. VI, 10/06/2015, n. 24617, Rizzo,Rv. 224678.

6 Cfr. Sezioni Unite, n. 31022 del 29/01/2015,Fazzo, Rv. 264089 con riferimento a “sitiweb” o singole “pagine telematiche”.

7 ATERNO, Digital forensics (investigazioni

informatiche), in Dig. disc. pen. (agg.),2014, pp. 217-247; CORASANITI- CORRIASLUCENTE, (a cura di) Cybercrime, responsa-bilità degli enti, prova digitale, in Jus 1,2013, p. 109.

8 Corte EDU 07/06/2007, Smirnov c.Russia, nonché Corte EDU 19/06/2014,Draghici c. Portogallo.

9 Sezione VI, n. 24617 del 2015, Rizzo,cit., richiama Corte EDU, Grande Camera,14/09/2010, Sanoma Uitgevers, B.V. controPaesi Bassi, Corte EDU 19/01/2016, Gulcuc. Turchia.

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Con la sentenza “Mariotti” del 21 dicembre2017, n. 8770 (con motivazioni depositate il 22febbraio 2018)* le Sezioni Unite hanno risolto il

contrasto che era insorto nella giurisprudenza dellaCorte di legittimità, già all’indomani dell’entrata invigore della legge c.d. “Gelli-Bianco” (L. 8 marzo2017, n. 24), in ordine all’interpretazione delle nuovenorme penali in tema di “colpa medica” compendiatenell’art. 590 sexies c.p.1.Detto contrasto più in particolare era stato prodotto, inseno alla Sezione IV della Suprema Corte, dall’incon-ciliabilità dell’esegesi della disposizione offerta dallasentenza “Tarabori” del 20 aprile 2017, n. 281872 conquella espressa dalla sentenza “Cavazza” del 19 otto-bre 2017, n. 500783. In estrema sintesi, queste le ragioni del conflitto:a) la sentenza “Tarabori” aveva rimarcato la rilevantenovità dell’accreditamento pubblico delle regolecomportamentali previste da linee guida, ed il valoreassegnato in via residuale alle norme di buona prassi,sottolineandone la funzione di parametro ineludibileper l’organo giudicante. Nondimeno la pronunciaaveva recisamente escluso che il richiamo da partedel legislatore al termine “imperizia” avesse dovutointendersi in senso tecnico, poiché contrariamenteopinando la novella avrebbe avuto l’effetto di introdur-re una eccessivamente vasta area di impunità, contra-stante con il principio di ragionevolezza e con altrivalori costituzionali. La sentenza “Tarabori”, quindi,

aveva affermato che la legge “Gelli-Bianco” – nonreplicando la previsione dell’irrilevanza penale di con-dotte connotate da colpa “lieve” di cui all’abrogato art.3 comma 1 del c.d. “decreto Balduzzi” (D.L. 13 settem-bre 2012, n. 158, conv. L. 8 novembre 2012, n. 189)4 –avrebbe introdotto una disciplina meno favorevole peril personale sanitario; nel contempo aveva però rimar-cato la sostanziale applicabilità in materia penaledei parametri di cui all’art. 2236 c.c.5 per le ipotesidi omicidio o lesione colposa, e quindi la non punibi-lità di forme di colpa “lieve” in contesti operativi “dif-ficoltosi” (sul tema infra).b) secondo la più recente sentenza “Cavazza”, inve-ce, sarebbe stata la nuova norma a contenere unadisciplina più favorevole rispetto al passato, preve-dendo essa una causa di esclusione tout court dellaresponsabilità per imperizia in executivis. In altri ter-mini, secondo la suddetta pronuncia, nell’ipotesi diconformità della condotta sanitaria alle regole compor-tamentali previste da particolari fonti, applicabili alcaso specifico, l’errore esecutivo, seppur derivante dacolpa “grave”, alla luce del nuovo art. 590 sexies c.p.avrebbe dovuto giudicarsi penalmente irrilevante6.Sulla base di tale contrasto dunque la questione“Mariotti” è stata deferita alle Sezioni Unite con ilseguente quesito: “quale sia, in tema di responsabilitàcolposa dell’esercente la professione sanitaria permorte o lesioni personali, l’ambito di esclusione dellapunibilità previsto dall’art. 590 sexies c.p., introdotto

Le Sezioni Unite dirimono il contrasto interpretativo in ordine al nuovo art. 590 sexies c.p.in tema di “colpa medica”, ma creano i presuppostiper la questione di legittimità costituzionale del vecchio “decreto Balduzzi”Andrea De LiaAvvocato del Foro di Roma, Dottore di Ricerca in Diritto e Processo Penale Università degli Studi di Macerata

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dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24”. La soluzione adottata dalle Sezioni Unite, come giàevidenziata nei suoi tratti essenziali dall’informa-zione provvisoria7, è stata dunque la seguente (§ 11pp. 28-29 della sentenza):«L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolodi colpa, per morte o lesioni personali derivanti dal-l’esercizio di attività medico-chirurgica:a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”)da negligenza o imprudenza;b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”)da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabilenell’esecuzione dell’atto medico quando il caso con-creto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assi-stenziali; 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nellaindividuazione e nella scelta di linee guida o di buonepratiche che non risultino adeguate alla specificità delcaso concreto, fermo restando l’obbligo del medico didisapplicarle quando la specificità del caso rendanecessario lo scostamento da esse;c) se l’evento si è verificato per colpa (soltanto“grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimprovera-bile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase,abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, inmancanza, le buone pratiche che risultano adeguate oadattate al caso concreto, tenuto conto altresì del gradodi rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecni-che dell’atto medico».

Più in particolare, i punti nodali della pronuncia posso-no essere così sintetizzati:a) il nuovo art. 590 sexies c.p. dovrebbe essere letto,secondo le Sezioni Unite, nell’ottica della ratio com-plessiva della riforma operata dal legislatore, che ha alcentro «un metodo nuovo di accreditamento delle linee-guida», che sono divenute un parametro fondamenta-le tanto per il personale sanitario quanto per il giu-dizio di responsabilità in sede penale (§ 2, pp. 8-9);b) le norme cautelari “codificate” (ivi incluse quelle dibuona prassi) sarebbero idonee a scongiurare il rischiodella «scelta soggettiva, a volte anche estemporaneae scientificamente opinabile, del giudicante», puressendo questi comunque obbligato a verificarne la con-creta applicabilità al caso specifico (§ 3, p. 10);c) dopo aver descritto per sommi capi i motivi del con-

trasto giurisprudenziale che aveva generato la devolu-zione alle Sezioni Unite (§ 4, pp. 11-14), la Corte harilevato che la corretta interpretazione della disposizio-ne di riferimento dovrebbe essere ricavata attraversouna lettura costituzionalmente orientata del medesi-mo art. 590 sexies c.p. (§ 5, pp. 14-15);d) la nuova disciplina imporrebbe la distinzione delleforme nelle quali può manifestarsi la colpa generica,e quindi della negligenza, dell’imprudenza e dell’impe-rizia, nonostante la «consapevolezza dell’estrema diffi-coltà, che talvolta si presenta, nel riuscire ad operareuna plausibile distinzione» atteso che «nell’ipotesi dicolpa da negligenza o imprudenza la novella causadi non punibilità è destinata a non operare» (§ 6, pp.16-17);e) il “difetto” della sentenza “Tarabori” risiederebbenella negazione di «capacità semantica dell’espressionecausa di non punibilità» correlata alla nuova previsione,che avrebbe «dovuto trovare sfogo» in una (per il veronon meglio definita) «denuncia di incostituzionalità perviolazione del principio di legalità» (§ 7, pag. 18); lanuova disposizione, invece, sarebbe espressiva di un«bilanciamento degli interessi in gioco», tanto da con-sentire per l’appunto la sua piena riconduzione nell’al-veo delle condizioni di non punibilità (§ 8, pp. 18-19);f) la novella, secondo le Sezioni Unite, non sarebbe incontrasto con il principio di uguaglianza-ragionevo-lezza, attesa l’esigenza sottesa all’intervento normati-vo, che è quella di contrastare la “medicina difensiva”e di creare «un’area di non punibilità che valga a resti-tuire al sanitario la serenità» nello svolgimento dell’at-tività professionale (p. 19);g) l’art. 590 sexies c.p. avrebbe l’effetto di rendere nonpunibile per la legge penale la condotta del sanitarioche «inquadri correttamente il caso nelle sue lineegenerali e tuttavia, nel concreto farsi del trattamento,commetta qualche errore pertinente proprio all’adatta-mento delle direttive di massima alle evenienze ed allepeculiarità che gli si prospettano nello specifico caso cli-nico», con esclusione dell’operatività della nuova figuranei casi di errore (dovuto ad imperizia) commesso nel-l’individuazione della regola comportamentale proma-nante da fonte qualificata (§ 9, pp. 20-21);h) nel caso di corretta individuazione della regola“codificata”, invece, «il residuo dell’atto medico cheappaia connotato da errore colpevole per imperizia

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potrà, alle condizioni che si indicheranno, essere quel-lo che chiama in campo l’operatività della novellacausa di non punibilità» (p. 21);i) la nuova causa di non punibilità opererebbe soltantoper l’ipotesi di colpa “lieve”, secondo la regola pre-vista anche dall’art. 2236 c.c., nella lettura di taleultima disposizione già offerta tra l’altro dallaCorte costituzionale con la sentenza Corte cost., 28novembre 1973, n. 166 (§ 10, pp. 23-26)8. La «circo-scrizione della causa di non punibilità alla sola imperi-zia spinge ulteriormente verso l’opzione di delimitare ilcampo di operatività della causa di non punibilità allacolpa lieve, atteso che a ragionare diversamente» si sol-leverebbero «sospetti di illegittimità costituzionale perdisparità di trattamento ingiustificata» rispetto a «tuttele altre categorie di soggetti a rischio professionale»(pp. 26-27);l) quanto ai rapporti intertemporali tra vecchia e nuovadisciplina, la Corte ha rimarcato infine che la legge“Gelli-Bianco” avrebbe introdotto norme meno favo-revoli rispetto alla disciplina del “decreto Balduzzi”,affermando che quest’ultima avrebbe previsto l’irrile-vanza della colpa “lieve” indistintamente per tutte leipotesi di colpa generica, ivi inclusa quella correlataall’individuazione, a monte, della regola tecnico-opera-tiva da seguire (§ 12, p. 29).

A prima lettura, ed in attesa di commenti più approfon-diti, si può osservare allora quanto segue.La pronuncia ha rinnegato la validità della lettura ope-rata dalla sentenza “Cavazza”, che in effetti – purbasandosi su un’interpretazione letterale – avevaespresso dei principi che avrebbero condotto la nuovaprevisione, giocoforza, alla questione di costituzionali-tà, potendo essere intesa essa, in tale accezione, comeuna c.d. “norma penale di favore”9, contrastante conl’art. 3 Cost. (che esprime il principio di uguaglianza-ragionevolezza), oltre che con i principi sanciti dagliartt. 2 Cost. (che tutela i diritti inviolabili dell’uomo) e32 Cost. (che tutela il diritto alla salute). Posto l’accento sul ruolo centrale del processo di“codificazione” delle norme tecnico-comportamen-tali, la Corte ha poi ricondotto la previsione oggettod’esame nell’alveo delle condizioni di non punibilità,giungendo ad affermare che la nuova figura avrebbe lafunzione di escludere la responsabilità penale nelle ipo-

tesi di condotte, connotate da imperizia, realizzate avalle della corretta individuazione da parte del persona-le sanitario della regola operativa scritta, applicabile alcaso specifico (id est, nella fase esecutiva dell’inter-vento sanitario medesimo).In tale contesto tuttavia, nel silenzio della norma, l’uni-ca forma di responsabilità immune da censure in sedepenale sarebbe quella rappresentata dalla colpa“lieve”; si tratterebbe, peraltro, secondo le SezioniUnite, di una lettura dettata anche dal confronto con ilcontenuto dell’art. 2236 codice civile.Il “grado” della colpa, ai fini dell’operatività dellacausa di non punibilità, sarebbe infine valutabile«tenendo conto del grado di rischio da gestire e dellespeciali difficoltà dell’atto medico».Alla luce di quanto sopra succintamente esposto vi èallora l’impressione che le Sezioni Unite abbiano volu-to prospettare una soluzione in qualche modo “innova-tiva” rispetto alla sentenza “Tarabori”, ma che nellasostanza finisce per ricalcarne perfettamente le lineefondamentali.In realtà, infatti, la sentenza “Tarabori” non aveva affat-to negato l’autonoma rilevanza o la portata innovativadella nuova disposizione, ma aveva assegnato alla stes-sa la funzione di valorizzazione sistematica delle normecomportamentali “codificate”, in “abbinamento” allaprevisione compendiata nell’art. 2236 codice civile.Se da un lato è indubitabile allora che la previsione dicui all’art. 590 sexies c.p., in se considerata, possa rive-stire i caratteri della condizione di non punibilità “insenso lato” (il fatto è tipico, antigiuridico e colpevole,ma l’ordinamento stabilisce di non sanzionare l’autoredella condotta per motivi di opportunità, determinati daun bilanciamento di interessi, ma facendo salva laresponsabilità civile derivante dal fatto)10, dall’altroappare chiaro che essa, così come interpretata dalleSezioni Unite, non trovi ispirazione ma rientri piena-mente nel perimetro della disciplina dell’art. 2236c.c., così come tracciato dalla sentenza Corte cost. n.166/1973 cit..Infatti, affermare, come hanno fatto le Sezioni Unite,che l’art. 590 sexies c.p. escluderebbe la punibilità nel-l’ipotesi in cui l’esercente l’attività sanitaria, dopo avercorrettamente individuato le linee-guida o le norme dibuona prassi da seguire nel caso specifico, nell’esecu-zione di un intervento di particolare complessità, ex se

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o per ragioni contingenti, commetta un errore per impe-rizia significa in primo luogo ribadire esattamentel’esegesi della nuova disposizione offerta dalla sen-tenza “Tarabori”.In seconda battuta, significa inoltre che la novella – aldi là del valore assegnato alle norme comportamentaliscritte (e “certificate” dagli organismi competenti) –non ha portata innovativa rispetto all’art. 2236 c.c.,che, una volta ritenuto applicabile in materia pena-le, ha efficacia ben più estesa rispetto a quella del-l’art. 590 sexies c.p.; e difatti la disposizione previ-sta dal codice civile esclude la responsabilità percolpa “lieve” dovuta ad imperizia non solo neimedesimi contesti in cui è destinato ad operare ilcitato art. 590 sexies c.p., ma anche nell’ipotesi dierronea individuazione, a monte, della regola tecni-co-comportamentale applicabile al caso concreto,laddove quest’ultimo sia connotato ovviamente daparticolari difficoltà.

In conclusione, la sentenza in commento ha curiosa-mente tentato di esporre una “terza via” rispetto ai pre-cedenti “Tarabori” e “Cavazza”, finendo invece perribadire i principi fondamentali già espressi dalla primapronuncia citata, e per evidenziare che la vera grandenovità della riforma operata in materia penale dallalegge “Gelli-Bianco” è, e resta, quella della valorizza-zione delle norme comportamentali scritte, provenientida fonti qualificate.In questa prospettiva l’interprete si trova allora dinnan-zi ad un esperimento legislativo che sembra finaliz-zato a mitigare il rischio dell’arbitrio giudiziario inordine all’individuazione della “regola da seguire”,imponendo al giudice, ed ancor prima ai consulenti delPM in fase di indagine o ai periti del giudice nella fasedibattimentale, di vincolare la valutazione di responsa-bilità a criteri espressi dalla comunità scientifica, erecepiti/pubblicizzati attraverso specifiche procedure.Gli effetti della riforma sul volume e sulle sorti del con-tenzioso e, soprattutto, sul contrasto del dilagante feno-meno della c.d. “medicina difensiva”11 dovranno tutta-via essere verificati accuratamente sul campo, attraver-so idonee indagini statistiche.Assai gravida di conseguenze è però l’interpretazio-ne resa “in coda” dalle Sezioni Unite in ordine alladisposizione che era stata introdotta dal “decreto

Balduzzi”: il riconoscimento della non punibilità pertutte le forme di colpa generica “lieve”, che era que-stione che per la verità aveva formato oggetto di uncontrasto giurisprudenziale al quale la sentenza“Mariotti” non ha fatto neppure cenno12, sembra infat-ti destinato a sollevare la questione di legittimità costi-tuzionale dell’art. 3 comma 1 del citato “decretoBalduzzi” per tutti i casi giudiziari che, a mente del-l’art. 2 c.p., dovranno essere decisi ancora sulla basedella previgente normativa, che potrebbe essere intesain quest’ottica – e a prescindere dalla tensione con altrivalori sanciti dalla Carta costituzionale – come recanteuna norma penale “di favore”13.Secondo tale esegesi, infatti, la previsione in disaminafinisce con l’operare, limitando la responsabilità pena-le del personale sanitario, anche per le ipotesi di impru-denza e negligenza (senza che a questo punto possanoper la verità escludersi a priori i casi di colpa “specifi-ca”) ed in maniera (almeno potenzialmente) svincolatada profili attinenti alla concreta difficoltà dell’interven-to professionale; il tutto producendo quindi un’ampiaed ingiustificata nicchia di impunità per determinatecategorie di soggetti che si rivela ad alta criticità sullascorta dei principi già espressi dalla Corte costituziona-le nella citata sentenza n. 166/1973. Né può escludersi che la questione possa emergere inuna diversa prospettiva, e cioè rispetto all’estensione(per fatti di omicidio o lesioni colpose realizzati nellavigenza dell’art. 3, comma 1, del “decreto Balduzzi”)della causa di non punibilità per colpa “lieve” (allaluce del principio di uguaglianza-ragionevolezza dicui all’art. 3 Cost.) ad altri settori professionali,peraltro connotati dalla presenza di norme compor-tamentali scritte provenienti da fonti pubbliche,quale quello degli infortuni sul lavoro e delle malat-tie professionali (ove l’applicabilità della normapotrebbe quindi essere invocata da soggetti gravati daobblighi di garanzia).Insomma, nel risolvere – attraverso un’interpretazionetutto sommato condivisibile nella sostanza – la questio-ne interpretativa del nuovo art. 590 sexies c.p., leSezioni Unite, peraltro sposando un’impostazione cheera apparsa minoritaria nella giurisprudenza dellasuprema Corte, hanno aperto il varco a nuove questio-ni di legittimità costituzionale correlate al “decretoBalduzzi”: a never ending story?!

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* Consultabile sul sito della Cassazione tra le“Recentissime dalla Corte”.

1 Che così recita: «1. Se i fatti di cui agliarticoli 589 e 590 sono commessi nell’eser-cizio della professione sanitaria, si applica-no le pene ivi previste salvo quanto dispo-sto dal secondo comma. 2. Qualora l’even-to si sia verificato a causa di imperizia, lapunibilità è esclusa quando sono rispettatele raccomandazioni previste dalle lineeguida come definite e pubblicate ai sensi dilegge ovvero, in mancanza di queste, lebuone pratiche clinico-assistenziali, sempreche le raccomandazioni previste dalle pre-dette linee guida risultino adeguate alle spe-cificità del caso concreto».

2 La sentenza, reperibile anche inwww.penalecontemporaneo.it, è stataoggetto di numerosi commenti, tra i quali sisegnala: C. CUPELLI, La legge Gelli-Biancoin Cassazione, un primo passo verso laconcretizzazione del tipo, in Cass. Pen.,2017, pp. 3152 ss.; M. COLACURCI, Le leggeGelli-Bianco: tra interpretazione “corretti-va” della colpa medica e valorizzazionedelle linee guida nella lettura dellaSuprema Corte, in Riv. It. Med. Leg., 2017,pp. 1155 ss; M. CAPUTO, Promossa conriserva. La legge Gelli-Bianco passa l’esa-me della Cassazione e viene “rimandata asettembre” per i decreti attuativi, ibidem,pp. 713 ss; M. FORMICA, La responsabilitàpenale del medico: la sedazione ermeneuti-ca di una riforma dal lessico infelice, 13novembre 2017, in www.penalecontempo-raneo.it. Sul tema v. anche A. ROIATI, Lacolpa medica dopo la legge “Gelli-Bianco”: contraddizioni irrisolte, nuoveprospettive ed eterni ritorni, 21 luglio 2017,in www.archiviopenale.it; O. DI GIOVINE,Mondi veri e mondi immaginari di sanità,modelli epistemologici di medicina e siste-mi penali, in Cass. Pen., 2017, pp. 2151 ss,e, volendo, A. DE LIA, La “colpa medica”:dal tramonto del modello “Balduzzi”all’alba di un nuovo sistema. Brevi note suuna riforma in stile “pulp”, 27 giugno2017, in www.archiviopenale.it. Per un’am-pia trattazione della riforma v. M. CAPUTO,Colpa penale e sicurezza delle cure,Giappichelli, 2018, pp. 363 ss..

3 Pubblicata, tra l’altro, in Cass. Pen.,2018, pp. 161 ss., con nota di C. CUPELLI,Quale (non punibilità) per la colpa medi-ca? La legge Gelli-Bianco nell’interpreta-

zione delle Sezioni Unite, ibidem, pp. 167ss.; v. anche P. PIRAS, La non punibilità del-l’imperizia medica in executivis, 5 dicem-bre 2017, in www.penalecontemporaneo.it.

4 Che così stabiliva: «l’esercente la profes-sione sanitaria che nello svolgimento dellapropria attività si attiene a linee guida ebuone pratiche accreditate dalla comunitàscientifica non risponde penalmente percolpa lieve. In tali casi resta comunquefermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.».

5 Che stabilisce, in tema di «responsabilitàdel prestatore d’opera», che: «se la presta-zione implica la soluzione di problemi tec-nici di speciale difficoltà, il prestatored’opera non risponde dei danni, se non incaso di dolo o di colpa grave».

6 Secondo la seguente massima: «il secon-do comma dell’art. 590 sexies c.p., intro-dotto dalla L. 8 marzo 2017, n. 24, è normapiù favorevole rispetto all’art. 3, comma 1,D.L. 13 settembre 2012, n. 158, in quantoprevede una causa di non punibilità del-l’esercente la professione sanitaria colloca-ta al di fuori dell’area di operatività dellacolpevolezza, operante – ricorrendo le con-dizioni previste dalla disposizione normati-va (rispetto delle linee guida o, in mancan-za, delle buone pratiche clinico-assistenzia-li, adeguate alla specificità del caso) – nelsolo caso di imperizia e indipendentementedal grado della colpa, essendo compatibileil rispetto delle linee guida e delle buonepratiche con la condotta (anche gravemen-te) imperita nell’applicazione delle stesse».

7 Riferita anche da A. DI LANDRO, La pro-blematica sorte della colpa grave e lo svi-luppo del sistema delle linee-guida: laresponsabilità penale dell’operatore sani-tario dal decreto “Balduzzi” alla legge“Gelli-Bianco”, 17 gennaio 2018, inwww.lalegislazionepenale.eu.

8 In particolare, si rammenta che laConsulta, sebbene attraverso sentenza dirigetto, ha stabilito nell’occasione che: «laparticolare disciplina in tema di responsabi-lità penale, desumibile dagli artt. 589 e 42 (emeglio, 43) del codice penale, in relazioneall’art. 2236 del codice civile, per l’esercen-te una professione intellettuale quando laprestazione implichi la soluzione di proble-mi tecnici di speciale difficoltà, è il riflessodi una normativa dettata “di fronte a due

opposte esigenze, quella di non mortificarela iniziativa del professionista col timore diingiuste rappresaglie da parte del cliente incaso di insuccesso e quella inversa di nonindulgere verso non ponderate decisioni oriprovevoli inerzie del professionista” stes-so. Ne consegue che solo la colpa grave ecioè quella derivante da errore inescusabile,dalla ignoranza dei principi elementari atti-nenti all’esercizio di una determinata attivi-tà professionale o propri di una data specia-lizzazione, possa nella indicata ipotesi rile-vare ai fini della responsabilità penale.Siffatta esenzione o limitazione di responsa-bilità, d’altra parte, secondo la giurispruden-za e dottrina, non conduce a dover ammette-re che, accanto al minimo di perizia richie-sta, basti pure un minimo di prudenza o didiligenza. Anzi, c’è da riconoscere che,mentre nella prima l’indulgenza del giudiziodel magistrato è direttamente proporzionataalle difficoltà del compito, per le altre dueforme di colpa ogni giudizio non può cheessere improntato a criteri di normale seve-rità». Il tutto rilevando la piena conformitàdel principio al canone di ragionevolezza, inquanto «il differente trattamento giuridicoriservato al professionista la cui prestazioned’opera implichi la soluzione di problemitecnici di speciale difficoltà, e ad ogni altroagente che non si trovi nella stessa situazio-ne, non può dirsi collegato puramente esemplicemente a condizioni (del soggetto)personali o sociali. La deroga alla regolagenerale della responsabilità penale percolpa ha in sé una sua adeguata ragione diessere e poi risulta ben contenuta, in quantoè operante, ed in modo restrittivo, in tema diperizia e questa presenta contenuto e limiticircoscritti. D’altra parte, l’asserita disparitàdi trattamento non può essere individuatanel fatto che per la formulazione del giudi-zio di colpevolezza degli imputati il “gradodella colpa” operi come elemento di discri-minazione, o che sul piano dell’applicazio-ne della legge penale a parità di grado dicolpa siano ricondotte conseguenze diverse,perché codesti due profili hanno il loro logi-co e sufficiente riscontro nella premessa giàesaminata». Sul tema vd. anche A.MASSARO, L’art. 590 sexies c.p., la colpaper imperizia del medico e la camicia diNesso dell’art. 2236 c.c., 18 settembre2017, in www.archiviopenale.it.

9 Sulla nozione v. M. GAMBARDELLA,Sindacato di costituzionalità in malam par-

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tem e ripristino del trattamento sanzionato-rio più severo per il reato di cui all’art. 73,comma 1, testo unico degli stupefacenti, inCass. Pen., 2017, pp. 567 ss.; G. TOSCANO,Ai confini del sindacato di costituzionalitàsulle norme penali in bonam partem, in Riv.It. Dir. Proc. Pen., 2016, pp. 304 ss.; G.INSOLERA, Controlli di ragionevolezza eriserva di legge in materia penale: una svol-ta sulla sindacabilità delle norme di favo-re?, in Dir. Pen. Proc., 2007, pp. 671 ss..

10 Sulla nozione v., ad esempio, E.MEZZETTI, Diritto penale, casi e materiali,Zanichelli, 2017, pp. 635 ss..

11 Sul tema v. A. MANNA, Medicina difen-siva e diritto penale, Pisa University Press,2014; A. ROIATI, Medicina difensiva e colpa

professionale medica in diritto penale,Giappichelli, 2012.

12 Per la limitazione dell’efficacia dellacausa di non punibilità prevista dal “decre-to Balduzzi” alla sola imperizia v. Cass.,Sez. IV, 20 marzo 2015, R.S., n. 16944, inGuida al dir., 2015, n. 24, pp. 68 ss.; Cass.,Sez. IV, 27 aprile 2015, C.G., n. 26996, inDejure; Cass. Sez. IV, 8 luglio 2014, S.P.L.e altri, n. 7346, in Riv. It. Med. Leg., 2015,pp. 636 ss.; Cass., Sez. IV, 23 maggio 2014,C.S., n. 36347, in Guida al dir., 2014, n. 40pp. 29 ss.; Cass., Sez. IV, 4 dicembre 2013,G.R., n. 5460, in Riv. Pen., 2014, pp. 489ss.; Cass., Sez. IV, 29 gennaio 2013, C.G.,n. 16237, in Cass. Pen., 2014, pp. 1670 ss..Contra, per l’estensione a tutte le forme dicolpa “generica” v. Cass., Sez. IV, 22 mag-

gio 2016, D.A., n. 23283, in Dejure.

13 Del resto, la questione di legittimitàdella disposizione introdotta dal “decretoBalduzzi” era stata già oggetto di deferi-mento, sul medesimo profilo, da parte delTribunale di Milano con ordinanza del 21marzo 2013, e declinata dalla Consulta perinammissibilità (Corte cost., ord. 6 dicem-bre 2013, n. 295) solo in ragione della man-cata esplicitazione da parte del giudiceremittente della rilevanza nel giudizio aquo (l’ordinanza è stata annotata da G.L.GATTA, Colpa medica e linee-guida: mani-festamente inammissibile la questione dilegittimità costituzionale dell’art. 3 deldecreto Balduzzi sollevata dal Tribunale diMilano, 9 dicembre 2013, in www.penale-contemporaneo.it).

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In tema di rapporti di lavoro pendenti nell’ambito della procedura concorsuale liquidatoria, la Corte diCassazione, nel ribadire che a questi ultimi si applica l’art. 72 legge fallimentare e che il curatore, il quale optiper lo scioglimento, è tenuto a rispettare le formalità previste dalla legge per i licenziamenti individuali e collet-tivi, afferma che, qualora il licenziamento intimato dall’organo gestorio della procedura sia illegittimo, al lavo-ratore spetta il diritto al risarcimento del danno, da quantificarsi in ragione delle retribuzioni dovute dal dì dellicenziamento a quello della reintegra, anche nell’ipotesi in cui l’attività di impresa sia definitivamente cessataprima dello scioglimento dal rapporto di lavoro.

Il licenziamento illegittimamente intimatodal curatore ed i diritti del lavoratoreAndrea PetterutiGiudice Delegato presso il Tribunale di Frosinone

Il caso esaminato e la conclusioneUn dipendente di una società dichiarata fallita (nell’anno1999) viene licenziato dal curatore (nell’anno 2002) ed illicenziamento viene dichiarato inefficace con sentenzapassata in giudicato; il lavoratore, di conseguenza, chiededi essere ammesso al passivo del fallimento per il creditorelativo al T.F.R. ed alle retribuzioni non percepite dalladata di dichiarazione del fallimento sino alla effettivareintegrazione nel posto di lavoro.Il Tribunale rigetta la domanda, sul presupposto che alcundanno ha subito il ricorrente, essendo cessata l’attività diimpresa prima della dichiarazione di fallimento e, di con-seguenza impossibile sia la prestazione dell’attività lavo-rativa nelle more fra il licenziamento e la reintegra, siaquest’ultima.La Corte di Appello accoglie l’impugnazione propostadal lavoratore, sul presupposto che la pretesa risarcitoriasussiste a prescindere dal requisito dell’utilizzabilità dellaprestazione; afferma, inoltre, che il periodo di tempo daprendere in considerazione ai fini della quantificazionedel danno decorre dalla data di dichiarazione del falli-mento, atteso che una volta operata, da parte del curatore,la scelta per il licenziamento, il rapporto cessa di esserequiescente retroattivamente.La Suprema Corte, compulsata dal curatore, afferma chel’opzione per lo scioglimento dal contratto non fa mutarelo stato del rapporto sussistente in precedenza, ma pure

che l’illegittimità del licenziamento importa l’obbligo perla curatela di risarcire il danno arrecato al lavoratore, daquantificarsi sulla base della retribuzione globale dalgiorno del licenziamento a quello della reintegrazione,essendo irrilevante il fatto che quest’ultima possa in con-creto avvenire e che la prestazione lavorativa fosse ab ori-gine impossibile.

OsservazioniNella sentenza in commento la Corte afferma tre principi: a) una volta dichiarato il fallimento, il rapporto di lavoroentra in stato di “quiescenza” e, non essendo possibilela prestazione dell’attività lavorativa, il lavoratoresubordinato non matura alcun diritto alla retribuzione;conseguentemente, detto periodo è irrilevante ai finidella quantificazione del danno connesso alla illegitti-mità del licenziamento intimato ed alla conseguentereintegra nel posto di lavoro;

b) il curatore è tenuto a rispettare le norme di legge intema di formalità per l’intimazione del licenziamento,sia esso individuale o collettivo;

c) qualora il licenziamento sia illegittimo perché intimatoin violazione di dette norme, il lavoratore ha diritto adottenere il risarcimento del danno, da quantificarsinelle retribuzioni maturate dalla data del licenziamen-to sino alla reintegra, essendo irrilevante che quest’ul-tima, come la prestazione dell’attività lavorativa dopo

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l’interruzione del rapporto di lavoro, sia in concretoimpossibile per essere cessata l’attività di impresa giàprima dello scioglimento da detto rapporto.

Di questi principi, i primi due sono condivisibili; ilterzo, invece, non pare essere supportato da coerentemotivazione.

1. Il rapporto di lavoro come contratto pendente: con-seguenzeCome è noto, la dottrina1 e la giurisprudenza2 sono oggiconcordi nell’affermare: per un verso, che l’art. 2119,comma 2, cod. civ. (secondo cui la dichiarazione di falli-mento non costituisce giusta causa di risoluzione del con-tratto) va letto congiuntamente all’art. 72 l. fall. (ai sensidel quale i contratti non ancora eseguiti da entrambi icontraenti o ad esecuzione continuata, rimangono sospe-si in attesa della scelta del curatore fra subentro o sciogli-mento), dal che consegue che anche il rapporto di lavororesta assoggettato alla regola posta da tale ultimo artico-lo; per altro verso, che il curatore, il quale abbia optatoper lo scioglimento dal rapporto di lavoro, esercita unafacoltà prevista espressamente dalla legge, la quale trovabilanciamento nella facoltà del lavoratore di mettere inmora l’organo gestorio della procedura, ex art. 73 l. fall..Conseguentemente, si ritiene pacificamente che, unavolta dichiarato il fallimento, il suddetto rapporto, alme-no che non sia disposto l’esercizio provvisorio o sia auto-rizzata la provvisoria prosecuzione dell’attività di impre-sa, entra in fase di “quiescenza”, per cui, non essendoviprestazione di attività da parte del lavoratore, viene menol’obbligo di corrispondere la retribuzione ed i contributi3.È del pari pacifico che, incidendo il fallimento negativa-mente sul mantenimento dell’attività produttiva e sul fun-zionamento dell’organizzazione aziendale, il curatorepuò procedere al licenziamento dei lavoratori per giusti-ficato motivo oggettivo4.Ne discende, come puntualmente afferma la Corte nellapronuncia in esame, che è insostenibile la tesi secondocui, una volta risolto il contratto da parte del curatore, illasso di tempo di “quiescenza” rileva alla stregua di unnormale rapporto di lavoro e ciò per due motivi: per unverso, perché in detto periodo non è stata svolta alcunaattività da parte del lavoratore; per altro verso, perché unasiffatta conclusione non contrasta con il riconoscimentodella successione del curatore nel rapporto giuridicopreesistente, dovendosi fare riferimento, anche in tal

caso, alla regola generale dettata dall’art. 72 l. fall.,“...dalla quale discende che il lavoratore reintegrato nonha diritto al trattamento economico...”5.

2. Forma del licenziamentoDel pari condivisibilmente la Corte afferma che, qualorail curatore intenda sciogliersi dal contratto di lavoro, devefarlo “...nel rispetto delle norme limitative dei licenzia-menti individuali e collettivi...”, non essendo egli sottrat-to ai vincoli di legge6. Ciò è a dirsi in quanto le garanzie poste dalla legge intema di procedura di licenziamento non possono esserevanificate a fronte dell’applicazione della disciplina delfallimento che, sebbene valorizzi l’obbligo dell’organogestorio della procedura concorsuale di procedere all’am-ministrazione del patrimonio del fallito nella finalità dimaggior soddisfazione possibile degli interessi dei credi-tori e del fallito, purtuttavia non può legittimamente risol-versi in una condotta che danneggi gli interessi ed i dirit-ti dei lavoratori e che implichi la disapplicazione di unanormativa che “...prevale sulle pur importanti finalitàalle quali è diretta la disciplina del fallimento...”7. Oramai questa tesi è unanimemente condivisa, sebbene inpassato diverso ed opposto orientamento (poi rivisto)abbia ritenuto che, ai fini dell’obbligatorietà (o meno)dell’applicazione della procedura di licenziamentocollettivo, occorrerebbe differenziare “...a seconda che ilfallimento consenta lo svolgimento, sia pure parziale eprovvisorio, di alcune attività, con la conseguentepossibilità di conservare alcuni rapporti di lavoro...”,oppure che lo stesso “comporti la cessazione dell’attivitàdell’impresa, con la conseguente impossibilità diprosecuzione di tutti i rapporti di lavoro” e ciò sulpresupposto che, nel caso di fallimento, il curatore nonavrebbe nessuna possibilità di scelta, giacché dovrebbeperseguire come unico obiettivo quello delsoddisfacimento dell’interesse della massa dei creditori8.

3. Reintegra e risarcimento del dannoNon convince, invece, la Corte quando afferma, inveroquasi a mò di postulato, che, qualora il licenziamento siaillegittimo, il lavoratore ha diritto ad ottenere il sempre ecomunque il risarcimento del danno, da quantificarsinelle retribuzioni maturate dalla data del licenziamentosino alla reintegra, essendo irrilevante che quest’ultimasia in concreto impossibile per essere cessata l’attività di

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impresa addirittura prima della risoluzione del rapportodi lavoro.La Suprema Corte9 ha affermato a più riprese che “Ilrisarcimento del danno dovuto al lavoratoreillegittimamente licenziato e reintegrato nel posto dilavoro, a norma dell’art. 18 della legge 20 maggio1970 n. 300, per la parte non eccedente la misura diquanto gli sarebbe stato erogato a titolo retributivo senon vi fosse stato detto licenziamento, ha naturasostanziale di retribuzione, stante l’idoneità di quellareintegrazione a ripristinare con effetto retroattivol’originario rapporto di lavoro, che quindi proseguesenza soluzione di continuità”.Partendo dal presupposto che la cessazione dell’attività diimpresa è fatto intrinsecamente impeditivo dellaprestazione lavorativa e, conseguentemente, dellapossibilità di ipotizzare la debenza della retribuzione, laCorte ha affermato che, “Qualora sopravvenga ilfallimento del datore di lavoro ... al curatore, che nonritenga di poter utilizzare le prestazioni del dipendente acausa della cessazione dell’attività aziendale e delleesigenze della procedura concorsuale, deve riconoscersi,in applicazione dei principi generali evincibili dall’art 72della legge fallimentare e non derogati dall’art 2119 cod.civ., la facoltà di sciogliersi dal rapporto medesimo,senza che in conseguenza di ciò il prestatore di lavoropossa far valere nei confronti della massa un diritto alrisarcimento del danno, ancorché espressamente pattuitocon il datore di lavoro con riferimento a qualunque causadi cessazione anticipata del rapporto di lavoro”10.Sempre la Corte, quando ha ritenuto ammissibile lapronuncia di reintegrazione nel posto di lavoro anchenell’ipotesi in cui l’attività sia cessata – attesa lapossibilità, in astratto, della sua continuazione periniziativa del curatore o di un precedente provvedimentodel tribunale fallimentare – ha affermato tale principio alsolo fine di poter determinare l’entità del risarcimento deldanno quante volte l’attività non sia stata, successiva-mente, continuata, ovvero quando, pur essendoproseguita, sia cessata prima della disposta reintegra11.Dunque, la Corte correttamente afferma che: a) il risarcimento del danno conseguente all’illegittimolicenziamento ha natura sostanziale di retribuzioneperché ripristina con effetto retroattivo l’originariorapporto di lavoro;

b) una volta disgregata l’azienda e dichiarato il

fallimento, il curatore può sciogliersi dal rapporto dilavoro senza dover risarcire alcun danno perché laprestazione lavorativa mai potrebbe essere resa dallavoratore, essendo l’azienda inesistente;

c) la reintegra è possibile anche quando l’attività siacessata, ma solo per determinare l’entità delrisarcimento del danno dovuto quando l’attività siacessata dopo il licenziamento.

Nella sentenza in commento, la Corte di Cassazionedapprima afferma che “...ove venga giudizialmenteaccertato che il licenziamento è stato intimato indifformità dal modello legale, la curatela è esposta alleconseguenze derivanti dall’illegittimo esercizio delpotere unilaterale...”, ma solo “...nei limiti in cui le stessesiano compatibili con lo stato di fatto determinato dalfallimento...”, e che detto limite va certamenteindividuato nella definitiva disgregazione dell’azienda enella conseguente impossibilità di ripristinare il rapportodi lavoro, ma poi arriva a sostenere che “...in ogni caso ilcuratore è esposto alle conseguenze risarcitorie previstedall’ordinamento...”. Proprio questo ultimo passaggio logico appare essereincoerente. Innanzitutto, la Corte non spiega per quale motivo ilrisarcimento conseguente alla reintegra, che, come si èdetto, ha natura di retribuzione, sia dovuto anchenell’ipotesi in cui l’attività di impresa sia già cessataprima del licenziamento, ossia nell’ipotesi in cui quellaretribuzione, anche qualora il recesso non vi fossestato, mai sarebbe stata erogata, essendo venuto menoil presupposto fondante la pretesa, vale a dire laprestazione dell’attività lavorativa. Piuttosto pareessere vero l’esatto contrario: se la reintegra non èpossibile perché l’attività è cessata primadell’intimazione del licenziamento e se, a maggiorragione, la prestazione lavorativa mai avrebbe potutoessere resa per il medesimo motivo, non si vede comepossa essere risarcito un danno all’evidenzainesistente: il danno, infatti, si sostanzia, come si èvisto, nel fatto che il lavoratore, in quantoillegittimamente licenziato, non ha potuto prestare lapropria attività lavorativa e, di conseguenza, percepirei ratei di retribuzione, ragion per cui, qualoracomunque tale soggetto mai avrebbe potuto svolgere lasuddetta attività in seno all’azienda (perché l’attivitàera già cessata alla data del licenziamento), detto danno

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ovviamente non sussiste e mai potrà essere risarcito. Intale ipotesi, come correttamente osservato in dottrina, illicenziamento intimato dal curatore è, in buonasostanza, un atto dovuto che, quand’anche illegittimo,mai potrà importare né la reintegra né il risarcimentodel danno perché è a monte insussistente “...la capacitàdell’impresa di proseguire l’attività, anche soloparzialmente o temporaneamente...”12.La tesi fatta propria dalla Corte, poi, sembra contrastarecon la regola generale dettata dall’art. 72 l. fall.: se, comeafferma lo stesso Supremo Collegio, il lavoratore nonvanta alcun diritto alla retribuzione nel periodo di “quie-scenza” del rapporto di lavoro, non si vede perché identi-co criterio non dovrebbe operare in ipotesi di illegittimi-tà del licenziamento con conseguente reintegra13. Detto inaltri termini, qualora l’impresa si ineluttabilmente desti-nata alla disgregazione e non sia, per tale motivo, dispo-sto l’esercizio provvisorio, pare evidente che il rapportodi lavoro, ancorché ricostituito a seguito della intervenu-ta pronuncia di illegittimità del licenziamento e di reinte-gra, è destinato a tornare esattamente tale quale era in pre-cedenza, ossia “quiescente”, al pari degli altri, per cui ilcuratore potrà procedere ad un nuovo licenziamento,accompagnato da una specifica e valida motivazionesenza, in ragione di quanto detto in precedenza, nulladover pagare14.In terzo luogo, la tesi seguita dalla Corte, finisce perequiparare il curatore al datore di lavoro fallito, laddove,invece, nell’ipotesi in cui non vi sia stata prosecuzionedel rapporto di lavoro (per scelta ex art. 72 l. fall., aseguito dell’esercizio provvisorio o in seguito alla sceltaper la temporanea prosecuzione dell’attività di impresa),tale equiparazione è all’evidenza inipotizzabile perchél’organo della procedura mai è subentrato nell’identicaposizione del datore di lavoro15. Detto in altri termini,opinando nel senso prospettato dalla Corte si finisce perestendere una sanzione prevista per l’imprenditore ad unsoggetto che imprenditore all’evidenza non è.In quarto luogo, e di conseguenza, la Corte finisce perconsiderare il lavoratore un soggetto che, aperta la

procedura concorsuale, va necessariamente trattato, inquanto facente parte della massa, come tutti gli altricreditori, come un creditore “più uguale degli altri”, inquanto gli si garantisce una ingiustificata tutela maggiore.Nemmeno convince, vieppiù visto il caso concreto, ilrichiamo operato dalla Corte alla sentenza n. 2975/17,la quale, richiamando altri precedenti16, afferma che illavoratore ha interesse ad ottenere la pronuncia direintegra sia nelle ipotesi in cui l’attività di impresa siacessata, sia qualora il rapporto sia in stato diquiescenza, attesa la possibilità che la suddetta attivitàsia ripresa nel corso della procedura liquidatoria, e ciòper tre motivi.Innanzitutto, la pronuncia richiamata attiene al riparto dicompetenze fra giudice del lavoro e tribunalefallimentare.In secondo luogo, la stessa Corte dà atto che, nel casoesaminato, l’azienda era già disgregata, per cui mail’attività di impresa avrebbe potuto proseguire.In terzo luogo (e soprattutto), perché, quantomeno inipotesi di fallimento, la possibile ripresa dell’attivitàimprenditoriale, anche sotto forma di continuazionetemporanea della stessa disposta dal Giudice Delegato, èun fatto non già “normale”, come sembra ipotizzare laCorte, ma del tutto ipotetico e nella prassi di difficilissimaverificazione (perché la dichiarazione di fallimentocolpisce, come è noto, quasi sempre imprese che hannocessato l’attività produttiva da tempo, se non da anni, ocomunque non in condizione di riprenderla), per cui unfatto del tutto improbabile viene posto a sostegno di unprincipio di portata generale.

4. Conclusioni In conclusione, la sentenza oggetto di esame non pareessere, avuto riguardo alla statuizione relativa al risarci-mento del danno conseguente alla reintegra, convincente.Allo stato, pertanto, è auspicabile che intervenga quantoprima una ben motivata pronuncia dissonante e che laquestione sia rimessa alle Sezioni Unite affinché faccia-no definitivamente chiarezza.

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FALLIMENTO - CONTRATTI PEN-DENTI - Rapporto di lavoro subor-dinato privato - Licenziamentoillegittimamente intimato dal cura-tore - Conseguenze - Diritto alrisarcimento del danno -Cessazione dell’attività di impresaprima del licenziamento -Sussistenza

CORTE DI CASSAZIONE - SEZ.LAVORO - 11 gennaio 2018, n. 522Fino a quando non sia operata lascelta prevista dall’art. 72 l. fall., ilrapporto di lavoro rimane quiescenteed il lavoratore non matura alcundiritto alla retribuzione; una voltaoptato per il licenziamento, il curato-re è tenuto a rispettare le formalitàpreviste dalla legge per recedere dalsuddetto rapporto e la violazionedelle relative norme importa l’obbligodi risarcire il danno arrecato al dipen-dente, da quantificarsi sulla basedella retribuzione globale dal giornodel licenziamento a quello della rein-tegrazione, anche nell’ipotesi in cuil’attività di impresa sia definitivamen-te cessata prima dell’intimazione dellicenziamento.“1. Con sentenza del 20 ottobre2015, la prima sezione civile dellaCorte di Appello di Napoli, in sede diimpugnazione avverso sentenza delTribunale di S. Maria Capua Vetereche aveva respinto la domanda pro-posta da Sabatino Fucci di ammis-sione al passivo del fallimento dellaSpa San Giuseppe, ha premessoche il lavoratore, in seguito alladichiarazione di fallimento dell'otto-bre 1999, non aveva più percepito leretribuzioni ed era stato poi licenzia-to dalla curatela con lettera del 15marzo 2002, recesso poi dichiarato“inefficace” per violazione della I. n.

223 del 1991 con sentenza passatain giudicato.La Corte napoletana, in riforma dellapronuncia di primo grado, haammesso Sabatino Fucci al passivodel fallimento della società in via pri-vilegiata per gli importi di euro17.589,77 per TFR e di euro222.505,67 a titolo di retribuzioni nonpercepite per l'intero periodo dall'ot-tobre 1999 al luglio 2009, oltreaccessori e spese. La Corte ha ritenuto che il Tribunaleavesse errato nel configurare, ai finidell'ammissibilità del credito nel pas-sivo della San Giuseppe Spa, lanecessità dell'ulteriore requisito del-l'utilizzabilità in concreto delle pre-stazioni, assumendo che, allorché ilrapporto sia stato risolto, al lavorato-re che lamenti l'illegittimità del licen-ziamento deve riconoscersi non soloil diritto di ottenere la relativa decla-ratoria ma anche di conseguire lespettanze retributive dovute a titolorisarcitorio. 2. Per la cassazione di tale sentenzaha proposto ricorso per cassazione ilcuratore del Fallimento SanGiuseppe Spa con un unico articola-to motivo. Ha resistito con controri-corso il Fucci. Entrambe le partihanno depositato memoria ex art.378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE1. Con l'unico motivo di ricorso sidenuncia “violazione e falsa applica-zione dell’art. 72 legge fallimentareante riforma in relazione all’art. 360,n. 3, c.p.c.”.Si lamenta che i giudici di appelloavrebbero operato una lettura inno-vativa di detta norma “nel senso cheil rapporto di lavoro sarebbe quie-scente, per il fatto di perdurare sino

al momento dello scioglimento, maesso una volta risolto, qualora vengaaccertata la illegittimità del recesso edisposta la conseguente ricostituzio-ne si avrebbe, per l’effetto, l’obbligodel pagamento delle retribuzionimaturate, pur in assenza della pre-stazione, anche quando l’attivitàrisulti cessata”.Si sostiene invece che, a mente del-l’art. 72 L.F., i rapporti di lavororimangono sospesi fino a quando ilcuratore non abbia deciso se ricorra-no, o meno, i presupposti per rece-dere dallo stesso, impedendocomunque che la prestazione nonresa possa dar vita ad un credito. Siaggiunge che non assumerebbe rile-vanza “se ciò debba valere per ilperiodo anteriore lo scioglimento adopera del curatore, ovvero successi-vamente, quante volte sciolto il rap-porto questo venga ricostituito pereffetto di un ordine di reintegrazionenel posto di lavoro, dovendosi avereriguardo, in tal caso, alla effettivapossibilità che la prestazione lavora-tiva possa essere offerta ed accetta-ta, con la inevitabile conseguenzache alcun diritto economico possaconseguire qualora l’attività risulticessata”.2. Il ricorso è fondato nei limiti dellamotivazione che segue.L’art. 2119, co. 2, c.c., in tema dieffetti del fallimento sui rapporti dilavoro pendenti alla data della relati-va dichiarazione stabilisce che esso“non costituisce giusta causa di riso-luzione del contratto”.Secondo un risalente orientamentotale precetto, per il quale il fallimentonon può determinare di per sé loscioglimento del rapporto di lavoro,va coordinato con l’art. 72 L.F. che,nella formulazione originaria ratione

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tempons vigente per la presente fat-tispecie, prevede che, in caso di“vendita non ancora eseguita daentrambi i contraenti”, “l’esecuzionedel contratto rimane sospesa fino aquando il curatore, con l’autorizza-zione del giudice delegato, dichiari disubentrare in luogo del fallito nelcontratto, assumendone tutti gliobblighi relativi, ovvero di sciogliersidal medesimo”, con un meccanismoritenuto applicabile per ogni ipotesinegoziale non munita di espressadisciplina e, quindi, anche nel casodi rapporti di lavoro pendenti (cfr.Cass. n. 799 del 1980; Cass. n. 1832del 2003).Il principio per il quale, in seguito adichiarazione di fallimento, il rappor-to di lavoro rimane sospeso in attesadella dichiarazione del curatore aisensi dell’art. 72 L.F., il quale puòscegliere di proseguire nel rapportomedesimo ovvero di sciogliersi daesso, ha trovato conferma nellanuova formulazione dell’art. 72 L.F.,introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006,che disciplina in generale il fenome-no degli effetti del fallimento sui rap-porti giuridici pendenti.Diversamente, qualora sia dispostol’esercizio provvisorio di impresa, laregola valida per tutti i rapporti pen-denti è nel senso che la prosecuzio-ne è automatica, salva la facoltà delcuratore di scioglierli o sospenderli(art. 104, co. 7, L.F.). Pertanto, in assenza di un esercizioprovvisorio della curatela, il rapportodi lavoro pendente resta sospesonella sua esecuzione, in attesa delledecisioni del curatore sulla prosecu-zione o sul definitivo scioglimento.In tale lasso temporale, che va dalladichiarazione di fallimento sino allascelta del curatore, il rapporto di

lavoro, in assenza di prestazione,pur essendo formalmente in essere,rimane sospeso e, difettando l’ese-cuzione della prestazione lavorativa,viene meno l’obbligo di corrisponde-re al lavoratore la retribuzione e icontributi (Cass. n. 7473 del 2012).In detto tempo il curatore esercitauna facoltà legittima, volta a verifica-re la possibilità e la convenienza allaprosecuzione dei rapporti di lavoro,in vista della conservazione dellapotenzialità produttiva dell’azienda,anche ai fini di una strategia liquida-toria; lo stato di incertezza in cuiversa il lavoratore è bilanciato dallapossibilità a questi riconosciuta dal-l’art. 72 L.F. (in precedenza comma3, attualmente comma 2) di metterein mora il curatore, facendogli asse-gnare dal giudice delegato un termi-ne entro il quale deve determinarsi,decorso il quale il contratto si intendesciolto; non può escludersi, infine,laddove il tempo sia oltremodo pro-lungato per inerzia o negligenzadella curatela, o comunque per unuso distorto o colpevole della facoltàriconosciuta, che possa essere fattavalere una responsabilità risarcitoriadi diritto comune da parte dei dan-neggiati, ove ne ricorrano i presup-posti. Nel caso in cui il curatore deliberi disubentrare nel rapporto di lavoroesso prosegue con l’obbligo diadempimento per entrambe le partidelle prestazioni corrispettive.Ove, invece, il curatore intenda scio-gliersi dal rapporto di lavoro dovràfarlo nel rispetto delle norme limitati-ve dei licenziamenti individuali e col-lettivi, non essendo in alcun modosottratto ai vincoli propri dell’ordina-mento lavoristico perché la necessitàdi tutelare gli interessi della procedu-

ra fallimentare non esclude l’obbligodel curatore di rispettare le norme ingenerale previste per la risoluzionedei rapporti di lavoro (cfr., tra le altre,Cass. n. 5033 del 2009, tra le stesseparti; poi, sulla stessa vicenda, Cass.nn. 23665, 19406 e 19405 del 2011).Il lavoratore può reagire al recessointimato dal curatore con gli ordinaririmedi impugnatori e, ove venga giu-dizialmente accertato che il licenzia-mento è stato intimato in difformitàdal modello legale, la curatela èesposta alle conseguenze derivantidall’illegittimo esercizio del potereunilaterale, nei limiti in cui le stessesiano compatibili con lo stato di fattodeterminato dal fallimento.Così nel caso di disgregazione defi-nitiva dell’azienda l’eventuale illegitti-mità del recesso non potrebbe con-durre alla ripresa effettiva del rappor-to di lavoro (il principio opera anchenel caso di imprenditore in bonis:Cass. n. 29936 del 2008; Cass. n.13297 del 2007).Peraltro questa Corte ha, ancora direcente (Cass. n. 2975 del 2017),ribadito che, in caso di fallimento del-l’impresa datrice di lavoro, l’interessedel lavoratore alla reintegrazione nelposto di lavoro, previa dichiarazionegiudiziale dell’illegittimità del licenzia-mento, non ha ad oggetto solo il con-creto ripristino della prestazione lavo-rativa – che presuppone la ripresadell’attività aziendale –, ma anche leutilità connesse al ripristino del rap-porto in uno stato di quiescenza attivadalla quale possono scaturire unaserie di utilità, quali sia la ripresa dellavoro (in relazione all’eventualità diun esercizio provvisorio, di una ces-sione in blocco dell’azienda, o dellaripresa della sua amministrazione daparte del fallito a seguito di concorda-

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to fallimentare), sia la possibilità diammissione ad una serie di beneficiprevidenziali (indennità di cassa inte-grazione, di disoccupazione, di mobi-lità) (Cass. n. 11010 del 1998; Cass.n. 6612 del 2003; Cass. n. 7129 del2011).In ogni caso la curatela che ha pro-ceduto ad intimare un licenziamentoillegittimo è esposta alle conseguen-ze risarcitorie previste dall’ordina-mento, secondo la disciplina applica-bile tempo per tempo, a tutela dellaposizione del lavoratore. 3. Tanto premesso in diritto, puòessere risolta la questione sottopo-sta all’attenzione del Collegio nelsenso che la Corte territoriale haerrato nell’ammettere al passivo delfallimento Sabatino Fucci per creditirelativi al periodo intercorso tra ladichiarazione di fallimento ed il licen-ziamento del medesimo.Per quanto innanzi detto, sino a quan-do il curatore non effettua la scelta trasubentrare nel rapporto di lavoro pen-dente ovvero sciogliersi da esso,detto rapporto, in assenza di presta-zione, pur essendo formalmente inessere, rimane sospeso e, difettandol’esecuzione della prestazione lavora-tiva, viene meno l’obbligo di corri-spondere al lavoratore la retribuzione.Una volta attuata la scelta dal curato-re del Fallimento San Giuseppe Spa,realizzata mediante il licenziamentodel Fucci il 15 marzo 2002, la curatelaresta esposta alle conseguenze patri-moniali derivanti dalla declaratoria di“inefficacia” del recesso per violazionedella L. n. 223 del 1991, statuita consentenza passata in giudicato.La diversità di regime nei due perio-di, pur accomunati dalla mancanzadi prestazione lavorativa da parte delFucci, è giustificata.

Fino al compimento della scelta pre-vista dall’art. 72 L.F. il rapporto pen-dente, privo di bilaterale esecuzione,è in una fase di sospensione ed ilcuratore esercita una facoltà espres-samente prevista dalla legge, per cuialcun inadempimento è a lui imputa-bile, fatta salva l’actio interrogatoriadel lavoratore o eventuali azioni diquesti per il risarcimento del dannocausato dall’inerzia colpevole delcuratore, sempre che ne ricorrano ipresupposti di diritto comune fattivalere con adeguata domanda (eve-nienze non verificatesi nella specie).Successivamente, una volta che lascelta di sciogliersi dal rapporto dilavoro pendente è stata effettuata dalcuratore del Fallimento SanGiuseppe Spa con modalità giudicateerrate con sentenza passata in cosagiudicata, la curatela è soggetta alprincipio, valido per ogni datore dilavoro, secondo cui nell’ipotesi dilicenziamento illegittimo il legislatoreha inteso attribuire diritti retributivi allavoratore malgrado la non avvenutaprestazione lavorativa, prevedendoanaliticamente il risarcimento deldanno commisurato alla retribuzioneglobale di fatto dal giorno del licen-ziamento a quello della reintegrazio-ne (secondo la formulazione dell’art.18, L. n. 300 del 1970 vigente all’epo-ca dei fatti), e ciò in ragione del fattoche nel caso di licenziamento illegitti-mo l’equiparazione della mera utiliz-zabilità delle energie lavorative delprestatore alla loro effettiva utilizza-zione consegue, oltre che alla ricosti-tuzione del rapporto e al ripristinodella lex contractus, all’accertamentogiudiziale dell’illegittimità del com-portamento datoriale, e cioè dell’im-putabilità al datore di lavoro dellamancata prestazione lavorativa (tra

molte, cfr. Cass., SS.UU., n. 2334 del1991 e n. 508 del 1999; Cass. n.13953 del 2000; Cass. n. 6155 del2004).Inoltre si rileva che, secondo la sen-tenza impugnata, “il curatore avevaconcluso con due società (l’una dopol’altra) un contratto di affitto d’azien-da, una delle cui clausole contempla-va il graduale ma integrale assorbi-mento di parte consistente dellasocietà fallita” e che il Fucci “rientra-va nelle categorie di lavoratori desti-nati ad essere riassunti dalla LifeHospital Spa”; di talché, secondoquanto accertato dal giudice delfatto, nella specie era da escludersiuna definitiva disgregazione del-l’azienda che, anzi, aveva costituitooggetto di un contratto di affitto,rispetto al quale il Fucci poteva van-tare legittime aspettative e cheesclude una sopravvenuta causa dirisoluzione del rapporto per definitivacessazione dell’attività di impresa.3. Conclusivamente il ricorso deveessere accolto per quanto innanziespresso, con cassazione della sen-tenza impugnata e rinvio al giudiceindicato in dispositivo che, uniforman-dosi a quanto statuito, provvederà adammettere il Fucci al passivo del falli-mento quantificando i crediti retributi-vi maturati successivamente al licen-ziamento del 15 marzo del 2002 sinoal luglio del 2009 nonché il trattamen-to di fine rapporto; provvederà altresìalla liquidazione delle spese, anchedel giudizio di legittimità.

P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso nei sensidi cui in motivazione, cassa la sen-tenza impugnata e rinvia alla Cortedi Appello di Napoli, in diversa com-posizione, anche per le spese.

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1P. G. ALLEVA,Fallimento e tutela dei diritti deilavoratori, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1976, II,p. 218; A. CESSARI, Effetti del fallimento sullacontinuazione dei rapporti di lavoro, in Dir.fall., 1976, I, p. 299; A. DIMUNDO, Il lavoro nel-l’insolvenza delle grandi imprese, in Fall.,1993, pp. 439-440; G. LO CASCIO, Rapporto dilavoro subordinato inerente all’esercizio del-l’impresa e procedimenti concorsuali, in Fall.,1981, p. 65; ID., Effetti del fallimento sul rap-porto di lavoro subordinato pendente, in Dir.fall., 1977, I, p. 75; A. CESSARI-C. GRASSETTI,Fallimento e rapporto di lavoro, in Giur.comm., 1974, I, p. 41; G. PELLIZZONI, Effetti delfallimento sul rapporto di lavoro subordinato,nota a Trib. Roma, 12 ottobre 1991, in Fall.,1992, p. 606; N. DE MARINIS, Fallimento del-l’impresa e rapporti di lavoro subordinato, inAA.VV., Contratti in esecuzione e fallimento, acura di F. DI MARZIO, Milano, 2007, p. 330.

2 Cass. Civ., n. 799/80; Cass. Civ., n. 1832/03.La giurisprudenza ritiene pacificamente appli-cabile l’art. 72 l. fall., con la conseguenza che ilrapporto di lavoro rimane sospeso sino a quan-do il curatore non abbia deciso se ricorrano, omeno, i presupposti per recedere dallo stessoper giustificato motivo oggettivo; in tal sensoCass. Civ., n. 8670/96, secondo cui il licenzia-mento intimato in ragione della cessazione del-l’attività produttiva dell’impresa assoggettata aprocedura concorsuale è per giustificato motivooggettivo e ciò anche qualora permanga un’at-tività di custodia e vendita dei beni già prodotti,dal momento che lo svolgimento di questa e lascelta delle relative modalità rappresenta eserci-zio dei poteri discrezionali e di organizzazionedi spettanza degli organi della procedura, il cuiscopo prioritario è costituito dalla tutela degliinteressi dei creditori concorrenti.

3 Cass. Civ., n. 7473/12: Cass. Civ., n. 8617/01;Cass. Civ., n. 799/80, in Dir. fall., 1980, II, p.117; Trib. Roma, 19/06/1985, in Fall., 1985, p.1294; Trib. Santa Maria Capua Vetere,21/02/2013, con nota di A. CAIAFA,Licenziamento ad opera del curatore e conse-guenze, in Dir. fall., 2013, II, p. 344 (l’Autore,in particolare, afferma che “...la disposizionecodicistica (art. 2119 c.c.) costituisce la fontenormativa del principio dell’automatica conti-nuazione del rapporto, mentre l’art. 72 l. fall. neregola gli effetti economici per il periodo per ilquale esso rimane sospeso, impedendo che laprestazione non resa possa dar vita ad un cre-dito, poiché seppur il curatore viene a sostituir-si al datore di lavoro, ciò non consegue da una

previsione normativa, ma si verifica solo ed inquanto il tribunale abbia autorizzato la conti-nuazione dell’esercizio dell’impresa…). In dot-trina, fra i tanti contributi, A. CESSARI-C.GRASSETTI, cit., I, p. 41.

4 Per la giurisprudenza sull’argomento si veda:Cass. Civ., n. 953/82, in Fall., 1983, p. 22; Cass.Civ., n. 512/84. In dottrina, A. CAIAFA, I rappor-ti di lavoro, in CAGNASSO-PANZANI, Crisi d’im-presa e procedure concorsuali, Torino, 2016, p.2004.

5 Così A. CAIAFA, Le procedure concorsuali,Padova, 2011, I, p. 625; ID, I rapporti di lavoro,in CAGNASSO-PANZANI, Crisi d’impresa e pro-cedure concorsuali, Torino, 2016, cit., p. 2005.

6 Cass. Civ., n. 23665/11; Cass. Civ., n. 5032/09in Fall., 2009, p. 1154, con nota di M. ROTONDI,Licenziamenti collettivi: obbligo di applicazio-ne della procedura di cui alla legge n. 223/1991anche all’impresa fallita; Cass. Civ., n.12645/04, in Foro it., 2005, I, p. 164; Cass. Civ.,n. 8047/04, in Guida al lav., n. 24/2004, connota di R. COSIO, Licenziamenti collettivi e ordi-namento comunitario, Seminario C.M.S. Roma,4-6/10/2004; Cass. Civ., n. 3129/03, in Not.giur. lav., 2003, p. 532, che, seppur incidental-mente, ritiene obbligatoria la procedura anchequalora risulti impossibile la continuazione del-l’attività; Cass. Civ., n. 3063/01, in Mass. giur.lav., 2001, p. 602, con nota N. DE MARINIS;Cass. Civ., n. 1769/99; Cass. Civ., n. 10187/96,in Mass. giur. Lav., 1996, 787; Cass. Civ., n.512/84, in Fall., 1984, p. 1146; Cass. Civ., n.953/82, in Fall., 1983, 22; Cass. Civ., n. 799/80;Cass. Civ., Sez. Un., n. 2637/66, in Dir. fall.,1967, II, p. 254. In senso contrario, Cass. Civ.,n. 4146/97, in Mass. giur. lav., 1997, p. 917, connota di A. CAIAFA. In dottrina, si veda A.CAIAFA, I rapporti di lavoro, in CAGNASSO-PANZANI, Crisi d’impresa e procedure concor-suali, Torino, 2016, cit., p. 2004, ed ivi ulterioririferimenti.

7 Così Cass. Civ., n. 12645/04. In dottrina, P.CHIECO, Il licenziamento per riduzione di per-sonale nelle procedure concorsuali in Italia, inAA.VV., I licenziamenti per riduzione di perso-nale in Europa, Bari, 2001, pp. 225 ss.; F.MUTARELLI, Cessazione dell’attività di impresafallita ed obbligo di svolgere la procedura exartt. 4 e 24 legge n. 223 del 1991, in Riv. it. dir.lav., 1997, II, 851; F. FIMMANÒ, Fallimento ecircolazione dell’azienda socialmente rilevante,Milano, 2000, p. 105; S. LIEBMAN, Il rapportodi lavoro nell’amministrazione straordinaria

delle grandi imprese in crisi e nel fallimento, inMass. giur. lav., 1998, p. 973; M. MACCHIA,Cassa integrazione e mobilità nelle procedureconcorsuali, in Giur. lav. Lazio, 1994, p. 267.

8 Con riferimento al licenziamento collettivo, siveda A. CAIAFA, Fallimento del datore di lavo-ro e licenziamenti collettivi per riduzione di per-sonale: competenza del giudice del lavoro o deltribunale fallimentare?, in Mass. giur. lav.,1997, p. 917, secondo cui “...non vi sono ulte-riori verifiche esperibili dalle parti, con l’assi-stenza delle associazioni e delle organizzazionidi categoria (art. 4, commi 5 e 7) così come conla mediazione del Ministero del Lavoro, ancheperché il curatore ha l’esclusivo obbligo di tute-lare gli interessi della massa dei creditori con-correnti e dovrà, pertanto, procedere al licen-ziamento di tutto il personale. In pratica, inassenza delle condizioni per il ricorso a misurealternative, appare superfluo l’avvio della pro-cedura sindacale, presupponendo questa, inevi-tabilmente, la capacità dell’impresa di prose-guire l’attività, anche solo parzialmente o tem-poraneamente”.

9 Cass. Civ., n. 3688/86; nel medesimo sensoCass. Civ., n. 6317/84; Cass. Civ., n. 1274/79;Cass. Civ., n. 1927/76.

10 Così Cass. Civ., n. 799/80.

11 Ibidem.

12 A. CAIAFA, Fallimento del datore di lavoro elicenziamenti collettivi per riduzione di perso-nale: competenza del giudice del lavoro o deltribunale fallimentare?, in Mass. giur. lav.,1997, cit., p. 918.

13 Così A. CAIAFA, Le procedure concorsuali,Padova, 2011, cit., I, p. 625.

14 A. CAIAFA, ult.s cit., p. 625, secondo cui“Conclusivamente, laddove risulti dimostratal’impossibilità del curatore di ricevere la pre-stazione lavorativa, ancorché offerta, sì daporlo in una situazione di mora credendi, deve,allora, pervenirsi alla conclusione che non sus-sistendo il substrato della prestazione, e cioè lecondizioni in presenza delle quali sarebbe statopossibile l’adempimento offerto, non potràdiscendere da ciò il diritto al corrispettivo indenaro per una prestazione offerta, ma che nonè stato possibile, tuttavia, avere”.

15 Nello stesso senso, A. CAIAFA, Le procedureconcorsuali, Padova, 2011, cit., I, p. 614.

16 Cass. Civ., n. 6612/03; Cass. Civ., n.7129/11; Cass. Civ., n. 11010/98.

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Note a sentenza

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