EDITORIALE - editriceshalom.it · Lucia Palpacelli, Paola Pasquarelli. PROPRIETÀ ED EDITORE:...

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Viviamo tempi che appaiono duri. Se si guardano le prime pagine dei quotidiani, dei telegiornali, o si ascoltano i radiogiornali, le prime notizie trattano sempre di guerre, attentati terroristici, crisi economica, suicidi, violenza gratuita, disastri, migrazioni di massa, donne e bambini che scompa- iono in mare. Sembra quasi che non ci sia scampo al male che miete vittime ogni giorno. Sembra che il destino dell’uomo sia quello di farsi del male, e che nessuno riesca a sfuggire alla sofferenza. Eppure il mondo non è tutto buio, l’umanità non è solo dominata dai malvagi che vessano i de- boli. Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia, diceva san Paolo. In effetti, a guardare bene, per ogni azione poco buona ce ne sono tante di più amorevoli. Per uno che chiede di morire ce ne sono milioni che chiedono di vivere. Per tanti che muoiono ce ne sono di più che nascono. Per un gesto di rifiuto a una richiesta di aiuto ce ne sono miliardi di carità eroica. C’è chi alza i muri e chi costruisce i ponti. Ed è proprio per raccontare il tanto bene che ha dato vita e alimenta la nostra civiltà; per alimen- tare la cultura del dono; per realizzare la rivoluzione della tenerezza – come ci chiede papa Fran- cesco – che insieme a un gruppo di amici abbiamo deciso di dare vita a “Frammenti di pace”. Siamo convinti, come diceva san Paolo, che solo il bene può vincere il male. A tal proposito san Josemaría Escrivá de Balaguer ha scritto: «Non si tratta di far campagne negative, né di essere “antiqualcosa”. Compito del cristiano è annegare il male nella sovrabbondanza del bene». Con “Frammenti di pace” intendiamo offrire un ampio spazio alla cultura della speranza e del- la vita. Vogliamo dare voce a coloro che accolgono tutto come un dono e che sanno dire grazie. A quelli che danno prima di avere. A quelli che investono gratuitamente nell’umanità, perché sanno che la crescita umana e spirituale di ognuno è ricchezza per tutti. A quelli che non si lamentano. A quelli che amano l’umanità. A quelli che hanno piedi per terra ma occhi rivolti al cielo. A quelli che cercano l’infinito e non gli basta. Il nostro motto è “Scateniamo il paradiso”. Non siamo ingenui, né illusi, sappiamo bene che la vita non è facile, che insieme a tante gioie ci sono tante preoccupazioni, sofferenze e dolori, ma sappiamo anche che gli uomini e le donne sono capaci di compiere azioni di amore e bellezza. Il nostro pianeta è vivo, esiste, cresce e si rinnova grazie alle azioni di amore gratuito di miliardi di uomini e donne che fraternamente si aiutano e compiono tante piccole azioni di eroismo che alimentano la speranza per un mondo migliore. È questa la buona novella che ogni giorno si rinnova. Sono queste le storie che vogliamo trovare e raccontare. Ed è con queste voci che noi intendiamo alimentare e far crescere l’ottimismo e la speranza. Senza buone notizie l’umanità non vive, non ha futuro. Senza alimentare il sogno e il cuore, l’uo- mo non intraprende nessuna azione coraggiosa. Ha scritto Anna Frank: «Ognuno di noi ha dentro di sé un pezzo di buone notizie. La buona notizia è che non si sa quanto grande può essere! Quanto si può amare! Che cosa si può realizzare! E quanto è grande il suo potenziale!». Sullo stesso tema santa Madre Teresa di Calcutta affermava: «Se mai diverrò una santa proverò ad accendere la luce di quelli che si trovano nell’oscurità». Il laicissimo scrittore Ugo Ojetti ha sottolineato: «L’amore assomiglia a Dio: per raggiungerlo bisogna crederci». E Giovanni Paolo II ha affermato: «Maria ci conduce ad apprendere il segreto della gioia cristiana, ricordandoci che il cristianesimo è innanzi- tutto “buona notizia”». Se cerchi verità, giustizia e bellezza, se vuoi alimentare la speranza frequentando amici otti- misti, se non ti bastano le cose terrene e cerchi l’infinito, se vuoi intraprendere un cammino verso suggestioni celesti, questo è il tuo giornale. Leggici, scrivici, abbonati e… vieni con noi. EDITORIALE Antonio Gaspari Con Frammenti di pace scateniamo il paradiso 1 Frammenti di pace - 01/2017 Editoriale

Transcript of EDITORIALE - editriceshalom.it · Lucia Palpacelli, Paola Pasquarelli. PROPRIETÀ ED EDITORE:...

Viviamo tempi che appaiono duri. Se si guardano le prime pagine dei quotidiani, dei telegiornali, o si ascoltano i radiogiornali, le prime notizie trattano sempre di guerre, attentati terroristici, crisi economica, suicidi, violenza gratuita, disastri, migrazioni di massa, donne e bambini che scompa-iono in mare. Sembra quasi che non ci sia scampo al male che miete vittime ogni giorno. Sembra che il destino dell’uomo sia quello di farsi del male, e che nessuno riesca a sfuggire alla sofferenza.

Eppure il mondo non è tutto buio, l’umanità non è solo dominata dai malvagi che vessano i de-boli. Dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia, diceva san Paolo. In effetti, a guardare bene, per ogni azione poco buona ce ne sono tante di più amorevoli. Per uno che chiede di morire ce ne sono milioni che chiedono di vivere. Per tanti che muoiono ce ne sono di più che nascono. Per un gesto di rifiuto a una richiesta di aiuto ce ne sono miliardi di carità eroica. C’è chi alza i muri e chi costruisce i ponti.

Ed è proprio per raccontare il tanto bene che ha dato vita e alimenta la nostra civiltà; per alimen-tare la cultura del dono; per realizzare la rivoluzione della tenerezza – come ci chiede papa Fran-cesco – che insieme a un gruppo di amici abbiamo deciso di dare vita a “Frammenti di pace”. Siamo convinti, come diceva san Paolo, che solo il bene può vincere il male. A tal proposito san Josemaría Escrivá de Balaguer ha scritto: «Non si tratta di far campagne negative, né di essere “antiqualcosa”. Compito del cristiano è annegare il male nella sovrabbondanza del bene».

Con “Frammenti di pace” intendiamo offrire un ampio spazio alla cultura della speranza e del-la vita. Vogliamo dare voce a coloro che accolgono tutto come un dono e che sanno dire grazie. A quelli che danno prima di avere. A quelli che investono gratuitamente nell’umanità, perché sanno che la crescita umana e spirituale di ognuno è ricchezza per tutti. A quelli che non si lamentano. A quelli che amano l’umanità. A quelli che hanno piedi per terra ma occhi rivolti al cielo. A quelli che cercano l’infinito e non gli basta.

Il nostro motto è “Scateniamo il paradiso”.Non siamo ingenui, né illusi, sappiamo bene che la vita non è facile, che insieme a tante gioie ci

sono tante preoccupazioni, sofferenze e dolori, ma sappiamo anche che gli uomini e le donne sono capaci di compiere azioni di amore e bellezza. Il nostro pianeta è vivo, esiste, cresce e si rinnova grazie alle azioni di amore gratuito di miliardi di uomini e donne che fraternamente si aiutano e compiono tante piccole azioni di eroismo che alimentano la speranza per un mondo migliore. È questa la buona novella che ogni giorno si rinnova. Sono queste le storie che vogliamo trovare e raccontare. Ed è con queste voci che noi intendiamo alimentare e far crescere l’ottimismo e la speranza.

Senza buone notizie l’umanità non vive, non ha futuro. Senza alimentare il sogno e il cuore, l’uo-mo non intraprende nessuna azione coraggiosa. Ha scritto Anna Frank: «Ognuno di noi ha dentro di sé un pezzo di buone notizie. La buona notizia è che non si sa quanto grande può essere! Quanto si può amare! Che cosa si può realizzare! E quanto è grande il suo potenziale!». Sullo stesso tema santa Madre Teresa di Calcutta affermava: «Se mai diverrò una santa proverò ad accendere la luce di quelli che si trovano nell’oscurità». Il laicissimo scrittore Ugo Ojetti ha sottolineato: «L’amore assomiglia a Dio: per raggiungerlo bisogna crederci». E Giovanni Paolo II ha affermato: «Maria ci conduce ad apprendere il segreto della gioia cristiana, ricordandoci che il cristianesimo è innanzi-tutto “buona notizia”».

Se cerchi verità, giustizia e bellezza, se vuoi alimentare la speranza frequentando amici otti-misti, se non ti bastano le cose terrene e cerchi l’infinito, se vuoi intraprendere un cammino verso suggestioni celesti, questo è il tuo giornale. Leggici, scrivici, abbonati e… vieni con noi.

EDITORIALE Antonio Gaspari

Con Frammenti di pace scateniamo il paradiso

1Frammenti di pace - 01/2017 Editoriale

FRAMMENTI DI PACE

2 GENNAIO 2017

FRAMMENTI DI PACEAnno 1 n. 1

Gennaio 2017

w w w. f r a m m e n t i d i p a c e . i t

DIRETTORE RESPONSABILE ED EDITORIALE: Antonio GaspariVICE DIRETTORE: Adele GiordanoGRAFICA:HexcogitoREDAZIONE:Annalisa Cartuccia, Federico Cenci, Chiara Del Rosso,Maria Gentile, Barbara Giannini, Valentina Giorgetti,Lucia Palpacelli, Paola Pasquarelli.PROPRIETÀ ED EDITORE:Editrice SHALOM Via Galvani, 1- 60020 Camerata Picena (AN) www.editriceshalom.it HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:Salvatore Cernuzio, Francesco Coccopalmerio, Maria Cristina Corvo, Maria Gabriella Filippi,Antonio Intergugliemi, Luca Marcolivio,Massimo Nardi, Agnese Pellegrini, Gianfranco Ravasi, Rita Ricci. Foto Papa Francesco © Catholic News ServiceIllustrazioni Papa Francesco di Carmelo RacoL’Editrice Shalom rimane a disposizione per eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e/o contattare.TIPOGRAFIA: G. Canale & C. - Via Liguria, 2410071 Borgaro Torinese (TO)Registrazione presso il Tribunale di Ancona n. X/XXXXdel XX xxxxx XXXX. Iscrizione nel Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 15607.Spedizione in abbonamento postale - Taxe PerçueTassa riscossa Ufficio Postale di Bologna (Italia).

AMORISLAETITIA

SOMMARIO

4 Relazione all’Ambasciata Italiana presso il Vaticano C’è più gioia nel dare che nel ricevere

6 Il linguaggio del cuore Il martirio laico del poeta Visar Zhiti

9 Una boccata di ossigeno La rivoluzione dell’ozono

12 Seconda guerra mondiale Quando Pio XII cercò di fermare Hitler

15 Maria nel mondo Cronache mariane

18 Suor Rosemary Nyirumbe La suora che “ricuce” borsette e la vita delle bambine soldato

20 Da chitarrista di Vasco a musicista Francescano Nando Bonini

22 Datemi le gambe e vedrete! Bebe Vio

25 Fede, storia e bellezza delle Confraternite Di monsignor Antonio Interguglielmi

27 Cura dell’anima Come e quando è nata la Confessione?

30 Padre Piero Gheddo Inviato speciale agli estremi confini

della fede

48

COMMENTO AL CAPITOLO OTTAVODELLA ESORTAZIONE APOSTOLICAPOST SINODALE

PAG. 70

FRAMMENTI DI PACE

6

33 La Chiesa di Bergoglio Un ciclone di nome Francesco

41 Cara prof ti scrivo La storia di Aisha Il suicidio: la tentazione estrema!

44 Associazione Amici di Celeste Una bambina insegna:

«La vita è preziosa»

46 José Gabriel Brochero Evangelizzare camminando,

camminando, camminando

48 Cristiana Pegoraro Musica in forma di donna

50 Don Roberto Dichiera Da tossicodipendente a “sacerdote di

strada”

52 Il senso del Pane Quei detenuti che “impastano” la salvezza degli uomini

54 Assisi Sui passi di san Francesco

56 Il buono e il bello L’ingrediente del mese: la zucca

58 Ennio Morricone Un compositore “mistico e sacrale”

60 La chiamata di Dio Il mio nuovo manuale di ingegneria: il

Vangelo

64 La più bella e buona notizia Notizie varie

67 Libro consigliato “Le domande grandi dei bambini”

68 Film consigliato “Suffragette”

69 Canzone consigliata “In my time of dying” (Bob Dylan)

2258

3Frammenti di pace - 01/2017

4 Frammenti di pace - 01/2017 La cultura del dono

Relazione all’Ambasciata Italiana presso il Vaticano

C’È PIÙ GIOIA NEL DARE CHE NEL RICEVEREdi cardinal Gianfranco Ravasi

Il tema della gratuità, e quindi della giustizia e so-lidarietà, è stato spesso considerato come accessorio nelle relazioni economiche e sociali. In realtà esso è strutturale perché quelle relazioni sono componen-ti capitali della stessa antropologia e della cultura. È significativo che alcune nostre parole fondamentali come libertà, figlio, felicità, beatitudine si basano su una radice indoeuropea (the -/ fe -/ be) il cui significa-to radicale originario è “allattare”.

L’evocazione rimanda, quindi, alla madre che nutre: essa, come segno più alto di donazione, può persino superare la pura legge primaria, rappresentata anche dalla Bibbia, dell’amore per se stessi, “ama il prossimo tuo come te stesso”, dando la vita per la sua creatura.

È lo stesso Cristo a ricordarlo quando afferme-rà che «non c’è amore più grande di colui che dà la vita per la persona che ama». Dentro ciascuno di noi risplende, comunque, la luce primordiale del dono di sé all’altro. Essa si incarna nella “libertà” di donare che genera “felicità”. Bellissima, al riguardo, è l’unica frase di Gesù non presente nei Vangeli, ma citata da san Pa-olo negli Atti degli Apostoli: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere».

La stessa antropologia culturale procede in questa linea quando s’interroga sul passaggio dal primate all’homo sapiens. Il processo è complesso, e la teoria dell’evoluzione cerca in qualche modo di delinearlo. Secondo gli antropologi, però, il momento in cui non prevale più la feritas, la “fiera”, e comincia ad affacciarsi l’humanitas, è l’istante in cui la persona umana inizia a esercitare l’arte, il gioco, la stessa religiosità, dedican-dosi a qualcosa di più “inutile”, di bello, che diventa dono per l’altro.

Per sottolineare l’importanza di questa “gratuità” simbolica è suggestivo il testo di uno scrittore dell’i-nizio del secolo scorso, Kakuzo Okakura (1862-1913), il quale definiva così la pienezza dell’atto evolutivo: «L’uomo primordiale trascese la propria condizione di bruto offrendo la prima ghirlanda alla sua fanciul-lo. Elevandosi al disopra dei bisogni naturali primitivi, egli si fece umano. Quando intuì l’uso che si poteva fare dell’inutile, l’uomo fece il suo ingresso nel regno dell’arte» (Lo Zen e la cerimonia del tè).

In quel momento, infatti, l’uomo non realizzava un’operazione economica, né perseguiva mire di bru-tale conquista o di possesso, ma compiva un gesto li-bero, creativo e spontaneo, un atto umano. Quali sono, allora, le due grandi “malattie” che mettono a rischio questa dimensione antropologica? Da un lato l’egoi-smo che spinge a rinchiudersi in se stessi e, dall’altra parte, una sindrome reale, una malattia drammatica, l’“autismo spirituale”.

Nella chiusura personale si consuma la tragedia del non poter uscire da sé per offrire qualcosa all’altro: è l’essenza dolorosa di qualsiasi relazione. Nell’egoista, invece, agisce il tarlo della bramosia, del possesso e dell’auto-idolatria.

Per continuare a percorrere il sentiero delle parole, ricordiamo che il cristianesimo ha adottato, per desi-gnare l’amore di donazione, una parola non molto usa-ta nel mondo greco, anzi piuttosto rara, agapé.

Essa evoca di sua natura la reciprocità, intendendo che già la presenza dell’altro è un dono. Questa sfu-matura del termine agapé ci consente di illustrare lo stile del donare e del ricevere. Da un lato, è necessaria una sorta di educazione a ricevere i segni della gratuità altrui.

Pensiamo, per esempio, al fenomeno dell’assisten-zialismo, che genera vere e proprie forme di sfrutta-

Relazione all’Ambasciata Italiana presso il Vaticano.Messaggio del cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, all’incontro “Verso un’economia più umana e più giusta. Un nuovo paradigma economico inclusivo in un contesto di disuguaglianze crescenti” - Palazzo Borromeo, 21 settembre 2016.

5Frammenti di pace - 01/2017 La cultura del dono

mento di quanto lo Stato offre in servizi e solidarietà. Dall’altro lato, si presenta l’urgenza di educare al do-nare, attraverso molteplici modalità, per impedire che questo atto si trasformi in un gesto di superiorità nei confronti dell’altro. Ci aiuta a comprendere meglio questo tema una frase di Ignazio Silone, che nel suo romanzo Fontamara metteva in bocca a un contadino abruzzese questa amara convinzione: «Se è gratis c’è l’inganno».

Perciò anche il donare deve caratterizzarsi per uno stile particolare, e la tenerezza potrebbe esserne il vol-to, soprattutto quando si qualifica nell’offrire cose che non sono solo quelle delle necessità apparentemente primarie per la vita. Pensiamo, ad esempio, all’impegno per l’istruzione, la formazione, la cultura, l’arte.

In questo senso, allora, potremmo affermare che uno dei doni da offrire è anche la bellezza. Perché pure il povero ha diritto a posare il suo sguardo e vivere in realtà armoniose, frutto di valori spirituali, portatrici di serenità nell’esistenza. Per il povero non esiste solo il pane da mettere sulla tavola, perché anch’egli ha dirit-to di volgersi a orizzonti di più ampio respiro.

Per questo è significativo che in un’economia più umana e giusta – che sia veramente legge (nómos) della casa (óikos) comune del mondo – è necessario anche il dono della bellezza, della sapienza e della co-noscenza. Come afferma un antico aforisma orientale: «Se hai due pani in più, l’uno donalo al povero e l’altro vendilo per comprare e regalargli un fiore».

6 Frammenti di pace - 01/2017 Il linguaggio del cuore

Cinquanta miglia: questa l’ampiezza del tratto di mare che separa l’Italia dall’Albania. Una distanza che un aliscafo può percorrere in un’ora e che un campione di nuoto è riuscito a percorrere in 24 ore. Eppure, per lunghi anni, questa distanza è stata incolmabile.

Mentre in Italia vivevamo una stagione di crescita economica, in Albania il cibo era razionato. E se una madre di famiglia avesse osato lamentarne la scarsez-za, la conseguenza sarebbe stata il carcere duro.

Ma la follia del regime non si fermava qui. Ogni semplice espressione del pensiero veniva avvertita come una minaccia. E stroncata con brutale ferocia.

Quella che stiamo per raccontare è una storia di aberrazione totale e, al tempo stesso, un’esperienza di fede che testimonia la forza della fragile creatura umana.

Negli anni bui della dittatura, un giovane poeta – Vi-sar Zhiti, il cui talento letterario viene oggi riconosciu-to a livello internazionale – ebbe un’idea che avrebbe sconvolto la sua esistenza. Inconsapevole del rischio, coltivava la speranza di pubblicare una raccolta di po-esie alla quale aveva conferito un titolo originale e de-licato: Rapsodia della vita delle rose. Nulla che potesse alludere a implicazioni di carattere politico. E invece…

E invece i suoi versi furono intercettati dalla polizia segreta che li sottopose al giudizio della magistratu-ra. Il verdetto fu durissimo: le poesie di Zhiti vennero considerate colpevoli di propaganda anticomunista. E la condanna che ne seguì fu altrettanto inappellabile: dieci anni di prigionia in un carcere isolato e i lavori forzati nelle miniere di rame.

Il linguaggio del cuore

IL MARTIRIO LAICO DEL POETA VISAR ZHITIdi Massimo Nardi

7Frammenti di pace - 01/2017 Il linguaggio del cuore

Una speranza che alla fine divenne realtà. Nel 1991 in Albania vi fu la svolta democratica e per Visar Zhiti fu il momento del riscatto: ebbe la possibilità di sog-giornare in Italia, dove si dedicò al giornalismo, colla-borando, tra l’altro, con il quotidiano cattolico Avvenire; divenne ministro della Cultura e oggi è ambasciatore dell’Albania presso la Santa Sede.

Ecco ciò che, nel 1998, scriveva di lui il futuro car-dinale Gianfranco Ravasi sulla prima pagina di Avveni-re: «Vogliamo oggi proporre un giovane poeta, Visar Zhiti, nato a Durazzo nel 1952: l’abbiamo conosciuto attraverso le sue poesie, presentate dal grande poeta Mario Luzi e pubblicate nel volume Croce di carne (Ed. Oxiana)».

«Abbiamo scelto questi versi – continua Ravasi – che parlano di sofferenza in modo molto umano. Spes-so, infatti, abbiamo vergogna di mostrarci in pubblico mentre piangiamo.

E invece Zhiti giustamente ci ricorda che c’è una grandezza nel saper piangere, nell’esprimere con sin-cerità la propria intimità lacerata, nel vivere con imme-diatezza i propri sentimenti. Cristo è arrivato al punto di proporre come modello proprio chi piange: beati voi che ora piangete, perché riderete». Papa Francesco,

Era il 1980, e iniziò così il martirio laico del poeta Visar Zhiti. Nell’inferno della prigione tra i ghiacci e nelle profondità buie della miniera, i detenuti si dice-vano addio ogni giorno, nell’incertezza di arrivare al giorno dopo.

Molti dei suoi compagni di sventura perirono di maltrattamenti e malnutrizione, oppure persero la ra-gione a causa delle condizioni disumane di vita.

Visar riuscì invece a resistere, aggrappandosi all’u-nico ancoraggio che rimane all’uomo quando ogni altra cosa è perduta: la fede in Dio.

Nella sua opera poetica resta scolpita la testimo-nianza di quella drammatica vicenda: «Di notte, / nella notte del Signore, / dentro la notte cavernosa / mi la-sciarono solo. / Caricavo di rame i vagoni e da solo. / Anche la mia ombra fuggì e restai più solo».

Questi versi sono tratti dalla poesia intitolata Il mes-saggio dell’acqua, il cui valore letterario risulta anche più commovente ove si pensi alle condizioni estreme in cui venne composta. Se i carcerieri avessero trovato un testo scritto, sarebbe stata morte certa. Ragion per cui il poeta imprimeva nella memoria tutti i suoi versi, nella quotidiana lotta per sopravvivere e conservare un barlume di speranza.

Per legge è vietato piangere,ma io piango.Piango dalla gioiache so ancora piangere.Con le mani piagateraccolgo le mie lacrime.Sono terse comela luce del giorno.