EDITORIALE CONTRIBUTI FOCUS NOTIZIE DALLA REGIONE · 61 Performance e qualità delle cure: le...

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EDITORIALE L'ora cruciale per noi infermieri CONTRIBUTI Il team multidisciplinare nella cura del piede diabetico FOCUS IV workshop internazionale del Centro di Eccellenza NOTIZIE DALLA REGIONE Insediata la commissione Politiche sociali e salute ISSN 2037-4364 Anno XXIII - N. 2 - aprile/giugno 2013 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma

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EDITORIALEL'ora crucialeper noi infermieri

CONTRIBUTIIl team multidisciplinarenella cura del piede diabetico

FOCUSIV workshop internazionaledel Centro di Eccellenza

NOTIZIE DALLA REGIONEInsediata la commissionePolitiche sociali e salute

ISSN 2037-4364

Anno XXIII - N. 2 - aprile/giugno 2013 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma

Organo Ufficiale di Stampadel Collegio IPASVI di RomaAnno XXIII - N. 2 - APRILE-GIUGNO 2013Rivista Trimestrale registrata al Tribunale di Roman. 90 del 09/02/1990

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Finito di stampare: giugno 2013

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SOMMARIOEDITORIALE

1 L’ora cruciale del cambiamentodi Gennaro Rocco

CONTRIBUTI3 Il team multidisciplinare nella cura del piede diabetico

di Cristiano Abbati, Vincenzo Abbati

7 L’infermiere questo sconosciuto… nel territorio di Irma Ajola, Mauro Giordani e Massimo Giordani

12 Valutazione dell’impatto del modello “porte aperte”nei servizi psichiatrici diagnosi e curaL’esperienza del servizio psichiatrico di Trentodi Maurizio Davì

20 Formazione sanitaria in Cure Palliative: una revisione della letteraturadi Matias Eduardo Diaz Crescitelli, Francesco Scerbo,Carlo Catanesi, Giorgia Appicciutoli

26 Il ruolo della patologia clinica nell’Infarto Acuto del Miocardio:aspetti clinici e assistenzialidi Sabato Albino

30 I costi delle infezioni nosocomiali in Terapia Intensiva e il ruolo delcoordinatore infermieristico: una revisione della letteraturadi Sondra Badolamenti

FOCUS37 IV WORkShOP INTERNAZIONALE DEL CENTRO DI ECCELLENZA

PER LA CULTURA E LA RICERCA INFERMIERISTICA

DICONO DI NOI50 Si rischia un'altra estate calda

tra crisi aziendali e tagli ai budget

NOTIZIE DAL COLLEGIO55 Secco no all’ipotesi Ue di accettare anche una scolarità

ridotta per l’accesso alla formazione infermieristica56 Lettera aperta al presidente della Regione Zingaretti57 Sanit celebra la decima edizione. Infermieri capitolini sempre presenti

NOTIZIE DALLA REGIONE58 Insediata la nuova Commissione "Politiche sociali e salute"59 Mesi ricchi di eventi per i Camilliani e per tutti gli infermieri

LETTO PER VOI60 Assistenza respiratoria domiciliare

per sostenere i pazienti cronici complessi61 Performance e qualità delle cure:

le prospettive dei Dipartimenti ospedalieri

L’AVVOCATO DICE62 Le collaborazioni coordinate e continuative a progetto

e le novità introdotte dalla Riforma del lavoro

64 LA VIGNETTA DEL MESE

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L’ora crucialedel cambiamento

di Gennaro Rocco

Nuovi governi per problemi vecchi, giunti ormai al limite estre-mo di gravità. In un periodo storico tanto amaro per la sanità eper i suoi operatori, la nuova “filiera istituzionale” scaturita dalleelezioni di fine febbraio ci consegna almeno una speranza. È ilcambiamento che da sempre noi infermieri reclamiamo e chetutti in campagna elettorale ci hanno promesso. C’è un nuovoGoverno Nazionale, un nuovo Ministro della Salute, una nuovaAmministrazione Regionale. E nuovo deve essere il percorsoche la politica dovrà seguire per rilanciare davvero il servizio sa-nitario a Roma e nel Lazio come in tutta Italia.

Al Governo delle larghe intese, nato sull’onda lunga della crisieconomica, chiediamo di non cadere nella spirale del rigorismofinanziario che tanti danni ha già fatto. Giusta l’attenzione aiconti della sanità, ma il modello di welfare pubblico e univer-sale non può passare in secondo piano. Oggi perfino i più rigidisostenitori dell’austerità in ambito europeo comprendono chea colpi di tagli di spese e di servizi non si garantiscono i dirittifondamentali della persona.

Il buon senso e le aspettative dei cittadini dicono la stessacosa: bisogna far tesoro dell’esperienza negativa di questi annie concentrarsi su nuovi modelli e strategie per garantire lostandard di assistenza pubblica che storicamente caratterizzala nostra sanità. E serve più attenzione alle sacche di malgo-verno, agli sprechi che pure resistono e da cui possono essereattinte risorse ingenti.

Al neo Ministro chiediamo di inquadrare il suo mandato proprioin questa ottica. La politica della scure per sfoltire i bilanci sa-nitari ha dato frutti marci. Ha innescato una profonda precariz-zazione del lavoro, sfruttato i professionisti con forme contrat-tuali atipiche, inciso negativamente sui servizi e sulle presta-zioni rese ai cittadini. S’impone ora un atto di realismo. Dopotanti anni di precarietà, di esternalizzazioni dei servizi, di spe-culazione su contratti a tempo e senza diritti, va preso attodella situazione e stabilire una volta per tutte che la strada dapercorrere non è questa.

Alla nostra comunità professionale e specialmente ai nostrigiovani va offerta un’altra prospettiva. La disoccupazione gio-vanile segna ormai duramente anche il nostro settore. Seb-bene tutte le statistiche insistano nell’evidenziare che la laureain Infermieristica offra sbocchi occupazionali elevati, è innega-bile che i giovani colleghi trovino difficoltà enormi a collocarsi.Una crisi occupazionale che non dipende da un surplus di in-fermieri (che restano invece ben sotto gli standard previsti),ma piuttosto dalle scellerate politiche di blocco del turn overe dei concorsi, dalla riduzione degli organici e dei servizi chehanno caratterizzato gli ultimi anni. Occorre un deciso cambiodi rotta.

Al nuovo Governatore e Commissario alla Sanità del Lazio se-gnaliamo ancora le gravi criticità del Servizio Sanitario Regio-nale. Senza personale e con mezzi così scarsi i servizi nonarrivano ai cittadini, le strutture scoppiano e gli operatori sonoesausti. Gli infermieri, che operano ogni giorno in trincea tramille difficoltà e nel difficile ruolo di front line con l’utenza, nonpossono sopportare ulteriori sacrifici.

L’approccio che serve è diverso. I modelli seguiti finora hannofallito chiaramente gli obiettivi dichiarati. Le lunghe liste d’at-tesa, gli accessi impropri ai Pronto Soccorso, i disguidi quoti-diani che la stampa non manca mai di enfatizzare testimonianodi ricette che non funzionano. Come pure non giovano certi ri-medi estemporanei come quello dei medici di famiglia a so-stegno dei Pronto Soccorso.

Da tempo gli infermieri indicano altre strade. Prima di deospe-dalizzare il sistema va costruita una sanità territoriale che, no-nostante i reiterati impegni, ancora non c’è. Le nostreproposte sono note: servizi in rete sul territorio, sistema huband spoke, sviluppo della figura dell’infermiere di famiglia,degli studi multiprofessionali di prossimità, degli ambulatori edelle unità di degenza infermieristica. La nuova sanità deveoperare accanto ai cittadini, dove questi vivono e lavorano, peressere davvero più vicina ed efficace.

E D I T O R I A L E

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La Regione può fare molto per rendere la vita più facile a chiha bisogno di curasi, anche a costo zero. Può facilmente snel-lire le procedure, costruire percorsi a misura di cittadino perevitagli lunghe trafile e faticosi spostamenti in luoghi distantiper prenotazioni, esami o piccoli interventi.

In uno scenario segnato dall’invecchiamento della popolazionein cui aumentano rapidamente le malattie croniche e le multi-patologie, la gestione della fragilità sociale diventa una priorità,per i nostri anziani come nell’ambito delle demenze e dellasalute mentale.

Tutto ciò conferma la centralità dell’infermiere, il suo ruolo in-sostituibile, esclusivo e prezioso nella gestione quotidiana deipazienti e dei rapporti con i familiari, secondo le linee più avan-zate di politica sanitaria internazionale. Dopo aver subito untrattamento irriconoscente e spesso umiliante, rivendichiamoun cambio di passo radicale e la rivalutazione piena del nostroruolo.

Su questo fronte il Collegio non vuole recitare la parte dellospettatore ma intende essere protagonista del cambiamento

promesso, oggi più che mai vitale per il sistema sanitario.Quello offerto dalla comunità infermieristica romana è un con-tributo propositivo e qualificato. Con il nostro Centro di Eccel-lenza stiamo conducendo studi approfonditi e rigorosi checoinvolgono migliaia di colleghi e sviluppano interessantissimericerche per la gestione ottimale dei servizi.

Siamo pronti a fornire un apporto di idee e di soluzioni che ab-biamo l’orgoglio di definire importante. In questa chiave il Col-legio si è mosso fin da subito, prima ancora del voto che hasancito la vittoria del Presidente Zingaretti. Lo ha incontratoin campagna elettorale per sottoporgli le istanze e le propostedegli infermieri romani, riscontrando molti punti di condivi-sione. Ora è il momento di realizzarli.

Come concordato allora, siamo disponibili a concretizzare il no-stro contributo in strutture e tavoli tecnici di lavoro che si oc-cuperanno dei problemi sanitari. Confidiamo in una nuovastagione per la sanità e ci batteremo per questa. Ma la situa-zione ci impone da fare presto, occorre agire senza indugi. Lasalute non può più aspettare.

EDITORIALE

Il team multidisciplinare nella cura del piede diabetico

di Cristiano Abbati, Vincenzo Abbati

ABSTRACTIl diabete mellito è una patologia cronicache richiede molteplici interventi sui li-velli glicemici e sui fattori di rischio car-diovascolare, una terapia educazionalemirata che consenta al paziente di acqui-sire le competenze necessarie all’auto-gestione della malattia.Il piede diabetico riveste un aspetto digrande impatto in termini clinici, socialied economici, richiede un’organizza-zione delle cure che sia in grado di af-frontare, in modo adeguato, l’attualeemergenza, la riduzione delle recidive edelle amputazioni.Per la costruzione di un percorso di curaideale sono fondamentali le raccoman-dazioni delle linee- guida e le evidenzedella letteratura scientifica che, attra-verso l’azione del team diabetologico,permettono di definire la migliore se-quenza temporale delle attività da svol-gere per erogare le modalità più appro-priate di assistenza.

Parole-chiave: diabete, piede diabetico,team multidisciplinare.

INTRODUZIONEI ricoveri ospedalieri, nelle persone af-fette da diabete, sono causati dalle com-plicanze acute quali infarto del miocardioe ictus cerebrale, e dalle complicanzecroniche come la retinopatia, l’insuffi-cienza renale e le amputazioni degli artiinferiori. È stato stimato che circa il 30% dei pa-zienti con età superiore a 40 anni soffredi patologie a carico degli arti inferiori ed

il lifetime risk di avere un’ulcera ad unpiede è del 15%. Il piede diabetico colpisce in Europacirca il 3% dei pazienti ed è la causa piùfrequente di amputazione atraumaticadegli arti inferiori, contribuendo in ma-niera significativa ai costi assistenziali le-gati alla malattia.Lo studio multicentrico di coorte Dai,condotto su 2788 pazienti affetti daDM2, alla visita di arruolamento ha rile-vato una prevalenza dell’1% di amputa-zioni, analoga a quella rilevata nellostudio Quadri, un’indagine campionariaeffettuata con questionari standardizzati.L’amputazione è ritenuta un potente in-dicatore di qualità della cura del piede.L’obiettivo, però, non è solo quello diraggiungere una bassa incidenza, maanche quello di ridurre il tasso di morbi-lità e mortalità di chi non è sottoposto atale procedura.La presenza di un’ulcera ad un piede èassociata ad un aumento di mortalità siaa breve che a lungo termine.Lo studio internazionale Code-2, con-dotto su un campione di 1273 pazienticon DM2, ha valutato i costi delle com-plicanze, stimando la spesa media an-nua per paziente per un importo di 3.724euro, rispetto al costo medio annuo di unpaziente non complicato di 1.792 euro.Uno studio prospettico svedese ha, in-vece, osservato come i costi si diversifi-chino a seconda che l’ulcera guarisca(37% delle cure ospedaliere ) o evolvaverso l’amputazione (82% delle cureospedaliere).La maggior parte delle amputazioni ven-

gono precedute dalla formazione di ul-cere delle quali si ha la guarigione incirca 2/3, mentre le rimanenti croniciz-zano.

IL PDTA PIEDE DIABETICONel 1996, si costituì l’International Wor-king Group on the Diabetic Foot (Iwgdf)dell’Easd, un gruppo di studio compostodai maggiori esperti internazionali delsettore che, nel 1999, realizzò il primodocumento di Consensus sul piede dia-betico e le linee-guida pratiche sulla ge-stione e la prevenzione del piede diabe-tico (Pdta, percorso diagnostico terapeu-tico assistenziale).Questi documenti, riconosciuti dall’Inter-national Diabetes Federation (Idf) ed am-piamente diffusi a livello internazionale,sono diventati il punto di riferimento pergli operatori del settore.Nel 2004, questo documento è statoampliato in una Consensus italiana, doveè presente un capitolo dedicato all’orga-nizzazione della cura del piede in cuiviene dato risalto all’integrazione multi-disciplinare come elemento-chiave peruna corretta collaborazione tra i vari pro-fessionisti di branche diverse a livelloospedale/territorio.Per superare le difficoltà relative allacura del piede diabetico, in un contestosanitario di cambiamento, diventa ne-cessario attuare nuovi modelli di ge-stione che consentano di razionalizzarela spesa sanitaria, garantendo la qualitàdelle cure.Il ministero della Salute si è impegnatocon il Servizio Sanitario Nazionale defi-

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nendo un accordo Stato-Regioni alloscopo di rilanciare le attività di preven-zione, mettendo a disposizione delle ri-sorse economiche aggiuntive per larealizzazione di tali progetti.I progetti affidati alle Regioni (Igea) sonosupervisionati dal Centro di Controllodelle Malattie del Ministero e dell’Isti-tuto Superiore di Sanità, prevedono lapartecipazione congiunta dello speciali-sta e del Mmg mediante “l’adozione diun protocollo diagnostico-terapeuticocondiviso”.

LIVELLI DI ASSISTENZA DAEROGARE ALLE PERSONE CONPIEDE DIABETICO Sono tre i livelli di assistenza da erogareal paziente con piede diabetico:1. livello minimo;2. livello intermedio;3. Centri di Eccellenza e riferimento

Livello minimo: Staff: medico, podologo e/o infermiere;Scopo: prevenzione e cura di base,screening del piede a rischio, terapiaeducazionale;Collocazione: studi medici di base, am-bulatori e piccoli ospedali regionali.Livello medio:Staff: diabetologo o medico generico,chirurgo, podologo, infermiere; Scopo: prevenzione e cura di tutti i tipidi pazienti;Tale livello di assistenza deve assicurare,oltre alle prestazioni descritte nel livellominimo, il trattamento di tutti i tipi di ul-cere ed infezioni ed educare il pazienteall’autogestione delle stesse.Collocazione: all’interno di una strutturaospedaliera.Centro di eccellenza:Deve garantire il massimo della diagnosie del trattamento, deve sviluppare stra-

tegie di cure innovative, provvedere allaformazione ed alla ricerca clinica.Collocazione: nei grandi ospedali univer-sitari.Ruolo dell’equipe:diabetologo/chirurgo: assesment, tera-pia antibiotica, chirurgia d’urgenza;angiologo/radiologo: arteriografia/Pta;chirurgo vascolare: bypass;chirurgo del piede diabetico: chirurgiad’elezione;podologo: prevenzione secondaria;infermiere: monitoraggio.

LA STADIAZIONE DELLA LESIONEDopo che il Mmg ha riconosciuto un’ul-cera degli arti inferiori in un paziente dia-betico, deve inviarlo al Centro Diabetolo-gico dove verrà effettuata la stadiazionedella lesione ed attuate le procedure de-scritte nello schema sottostante.

Dati relativi all'ambulatorio del piede diabetico dell'ospedale di Tivoli

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AMPUTAZIONI DEL PIEDE DIABETICOOgni anno, oltre un milione di pazientidiabetici perdono una gamba come con-seguenza della loro condizione, tuttaviala prevalenza e l’incidenza delle amputa-

zioni varia da Paese a Paese, a secondadei sistemi sanitari esistenti e della rea-lizzazione di approcci multidisciplinare diprevenzione, diagnosi e cura.Un’amputazione maggiore peggiora net-tamente la qualità della vita (basti pen-

sare che solo il 25% circa deipazienti ritorna a camminarecon l’aiuto di una protesi) edincide negativamente sulla so-pravvivenza.

CONCLUSIONIL’obiettivo posto dall’Oms nel1989, con la Dichiarazione diSaint Vincent, di ridurre del50% le amputazioni nelle per-sone con diabete è lontanodall’essere raggiunto, tuttavia,laddove l’assistenza sia pre-stata in team multidisciplinare(podologo, tecnico ortopedico,chirurgo vascolare, radiologointerventista, infettivologo, or-topedico, infermiere specializ-zato) si registra una signifi-cativa riduzione dei tassi diamputazione.

AUTORI:Cristiano Abbati, coordinatore infermie-ristico Diabetologia ospedale di Tivoli;Vincenzo Abbati, infermiere professio-nale Chirurgia ospedale di Ostia.

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SITOGRAFIA

La missione del secolo: viaggio al centro della TerraUn colossale esperimento scientifico che corona un sogno per l’intera umanità: un viaggio all’interno della pianeta Terra. È stato progettato dagli esperti dell’Ocean Drilling ed ha ottenuto la collaborazione di ben 27 Paesi. Lo strumento utilizzato per effettuare questovero e proprio tour all’interno del mantello terrestre è quello di una piccola navicella che passerà attraverso un foro creato dalle perforazioni che ver-ranno praticate nei fondali delle acque giapponesi, dove si generò il terribile tsunami del marzo 2011. Un primo grande ostacolo che il progetto ha davanti è il suo costo ingente: circa un miliardo di dollari verrà speso solamente per la costruzione dellanavicella. Raggiungere il mantello terrestre è stato sempre uno dei grandi obiettivi di tutti gli scienziati. Il suo campionamento è avvenuto finora sempre per fonti indirette e poterne prelevare alcuni campioni puri sarebbe determinante per lo studio deiterremoti e di tutti i fenomeni che caratterizzano la parte che occupa il 68% del nostro pianeta e che circonda il nucleo. Le parti prelevate avrebbero dunque un valore scientifico inestimabile. Un’altra peculiarità, qualora andasse in porto il progetto, è quella che potrebbeanche essere trovato quello che si definisce “mantello della vita”, cioè la porzione di mantello terrestre in cui sembrerebbero essere presenti deimicrorganismi non identificati. Il tentativo di campionamento è programmato per il 2025.

NOTIZIE IN PILLOLE

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L’infermiere questo sconosciuto…nel territorio

di Irma Ajola, Mauro Giordani e Massimo Giordani

ABSTRACTLo scopo di questa ricerca è quello di in-dagare le conoscenze che il cittadino hanei confronti delle attività svolte dall’in-fermiere che lavora nel territorio, fuoridell’ospedale. Il metodo di studio utilizzato è statoquantitativo e lo strumento impiegato unquestionario anonimo auto-costruito.Il campionamento è stato di conve-nienza, condotto a Roma in preferenzanell’Asl RmE ed ha dato vita a 276 que-stionari compilati da ambosessi, con etàmedia di ~45±18 anni. Dalla ricerca è emerso che: “La figuradell’infermiere territoriale/domiciliare èpoco conosciuta per scarse strutture/in-formazioni nel territorio” nel 48% (133casi) del campione e “l’emergere dell’in-fermiere affiancato al medico di famigliao pediatra di libera scelta può aumen-tarne la visibilità nel territorio”: un’affer-mazione confermata dall’84% (233 casi)degli intervistati.Lo studio ha, quindi, dimostrato che: “Ilcittadino non ha una adeguata informa-zione della figura e delle attività dell’in-fermiere che opera nel territorio”.

Parole-chiave: ambulatori infermieristici,famiglia, infermiere, territorio.

INTRODUZIONEAbitualmente, si pensa all’infermiere perl’attività che svolge in ospedale e spes-so il cittadino non sa bene cosa possafare un infermiere fuori da quell’ambito. Da questo spunto è nata, dunque, la cu-riosità di capire quanto il cittadino “co-

nosca” dell’infermiere che opera nel ter-ritorio e delle sue attività in questo con-testo.Lo scopo della ricerca è stato, quindi, diindagare le conoscenze che il cittadinoha nei confronti delle attività svolte dal-l’infermiere che lavora nel territorio. Lo studio ha dato voce a quello che il cit-tadino pensa del servizio sanitario terri-toriale, con pareri sull’utilità di nuovefigure sanitarie, di come vede l’infer-miere affiancato al medico di famiglia eall’infermiere nelle farmacie, con l’obiet-tivo di comprendere se il cittadino cono-sce le strutture sanitarie territoriali, an-che per l’eventuale loro utilizzo. Nello specifico, l'attenzione di questostudio si è rivolta verso la conoscenza diquanto il cittadino comune sappia delruolo infermieristico nel territorio.Per questo motivo, dato che lo scopodella ricerca è valutare e determinaredelle variabili, la ricerca è stata di tipo de-scrittivo; il metodo scelto è quello quan-titativo e lo strumento utilizzato è unquestionario auto-costruito sommini-strato a più di 200 persone (ambosessidai 15 ai 90 anni), di Roma e con prefe-renza nell’ambito dell'Asl RmE.La domanda di ricerca a cui si è volutorispondere è stata: “Il cittadino haun'adeguata informazione della figura edelle attività dell’infermiere che operanel territorio?”. Questo, per capire se, incaso di assistenza (quindi, in situazionidi bisogno), il cittadino abbia le cono-scenze per utilizzare le strutture e le fi-gure infermieristiche presenti nel terri-torio.

In tal senso, le ipotesi sviluppate sonostate due: 1. la figura dell’infermiere territoriale/do-

miciliare è poco conosciuta per scarsestrutture/informazioni nel territorio;

2. l’emergere dell’infermiere affiancatoal medico di famiglia o pediatra di li-bera scelta può aumentarne la sua vi-sibilità nel territorio, dato che ilsecondo è storicamente la figura di ri-ferimento per tutti i cittadini e primopunto d’informazione ed aiuto pertutti nel territorio.

Quindi, sarebbe naturale poter avere, alfianco del medico di base, un’altra figurasanitaria di aiuto, specie per tutte quellesituazioni di bisogno a cui può andare in-contro il cittadino.

L'INFERMIERE E IL TERRITORIOOltre all’infermiere che opera nell’am-bito ospedaliero e che, nell’opinionepubblica, risulta essere nel suo “habitatnaturale”, questi si è diffuso anche inaltri ambienti, tanto che la stessa lette-ratura a tema lo ha definito con terminidifferenti: infermiere di territorio, di di-stretto, di famiglia, di comunità…Termini che vengono usati anche ad in-dicare un infermiere che assiste, conmodelli di presa in carico diversi, i pa-zienti sul territorio. La rilevanza dell’assistenza infermieri-stica domiciliare è emersa progressiva-mente e con una certa gradualità, nellamaggior parte dei Paesi europei. In quest’ambito, si sono sviluppate unastoria ed una tradizione che hanno por-

tato a nuove esigenze e, di conseguenza,a nuove forme di assistenza, vista la cre-scente necessità di assicurare una con-tinuità assistenziale a livello territoriale edomiciliare.Per agevolare, attraverso la de-ospeda-lizzazione, la presa in carico dell’assistito,l’integrazione socio-sanitaria e la rete deiservizi, è impossibile non pensare agli in-fermieri nel territorio. Allo scopo, in Italia, è stato introdottouno specifico master universitario di I li-vello, in: “Infermieristica territoriale e dicomunità-Infermiere di Sanità Pubblica”.Si tratta di un corso di formazione avan-zata che si propone di far acquisire agliinfermieri competenze di livello elevatonel vasto ambito dell’Infermieristica ter-ritoriale e di comunità in risposta ai biso-gni di salute emergenti della popolazione. L’infermiere territoriale e di comunitàsvolge un ruolo cruciale nel promuovereed implementare lo stato di salute delsingolo e della popolazione. Obiettivi dell’infermiere territoriale sono:la prevenzione, la diagnosi precoce, l'e-ducazione sanitaria, l’assistenza, l’edu-cazione terapeutica finalizzata all’autoge-stione della terapia, la gestione (pianifi-cazione e controllo del proprio lavoro), laconsulenza, la formazione e la ricerca. La Medicina del territorio è ora ricono-sciuta come disciplina-cardine del si-stema sanitario di un Paese; se n'èdelineato il contesto ed esaltato le po-tenzialità. Ma, da tale riconoscimento è stataesclusa una figura, quella dell’infermieredi famiglia. In Italia, infatti, ancora oggi, i medici difamiglia operano, nella grande maggio-ranza dei casi, senza la collaborazione diun professionista infermiere. Attualmente, nel territorio di Roma eprovincia, ci sono 3621 medici di base(detti anche medici di medicina generaleo Mmg). E, come si evince dalla Con-venzione per la Medicina Generale, Dpr270 del 28 luglio 2000, il medico può av-valersi di due figure professionali in qua-lità di collaboratori: personale nonsanitario (personale di segreteria) e per-sonale sanitario (infermiere). In partico-lare, come riferito dall’art.45 al punto B5:

“…ai medici di assistenza primaria indivi-

duati dalla Regione, entro la percentualemassima al 5% degli assistiti nell’ambitoregionale (...), che utilizzano un infer-miere professionale assunto secondo ilrelativo Contratto nazionale di lavoro perla categoria, fornito da società, coopera-tive o associazioni di servizi e comunqueutilizzato secondo le normative vi-genti...”. Intanto, nel territorio di Roma e provincia,sono presenti 63 ambulatori infermieri-stici ripartiti nelle varie Asl: la diffusionedegli ambulatori infermieristici rappre-senta un nodo strategico del sistemadelle cure primarie, perché, operando instretta connessione funzionale con iMmg e la rete dei servizi, consentono ilmonitoraggio dei fattori di rischio nellapopolazione e la gestione dei soggetticon patologie cronico-degenerative, ol-tre a fornire risposte assistenziali ade-guate nei confronti di eventi acuti. Inoltre, questo setting assistenziale co-stituisce uno dei luoghi privilegiati per losviluppo di un approccio di iniziativa (pro-attivo), tendente a superare l’attuale mo-dello basato sull’attesa.Gli ambulatori infermieristici prevedonola “presa in carico” della persona attra-verso la valutazione del bisogno di assi-stenza, l’uso di metodologie e strumentidi pianificazione per obiettivi e di ade-guati strumenti informativi (cartella infer-mieristica).

Assolvono alla funzione dell’infermieri-stica in ambito comunitario, in un’otticadi multidisciplinarietà; essi si integranonei processi distrettuali. Per ambulatorio infermieristico si deveintendere la struttura o luogo fisico, col-locata nel territorio e/o in ambito ospe-daliero, preposto all’erogazione di cureinfermieristiche organizzate e gestite di-rettamente da personale infermieristicoche ne è responsabile ai sensi del De-creto Ministeriale n.739/94 e dellaLegge n.251/00, articolo 1, commi 1 e 3,per quei pazienti che non richiedono ri-covero neanche a ciclo diurno. Il modello dell’ambulatorio infermieri-stico, risponde all’esigenza di:• migliorare l’accessibilità e la fruibilità da

parte dei cittadini dei servizi sanitari edelle prestazioni di assistenza sanitariaprimaria (livello di primary care), anchein stretta collaborazione funzionale conil Punto Unico di Accesso socio-sanita-rio (Pua);

• costituire una cerniera tra i servizi ospe-dalieri, territoriali al fine di assicurare lacontinuità assistenziale;

• garantire risposte appropriate ai bisognidi assistenza infermieristica della popo-lazione attraverso l’uso di metodologiee strumenti di pianificazione per obiet-tivi e la definizione di percorsi assisten-ziali integrati;

• promuovere nelle persone i processi di

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autocura (self-care), anche al fine direalizzare una partecipazione attiva econsapevole alle scelte di natura assi-stenziale (empowerment del cittadino);

• promuovere l’attività di prevenzione ededucazione alla salute.

Gli ambulatori infermieristici ricono-scono la piena assunzione di responsa-bilità e l’autonomia dell’infermiere nel-l’organizzazione e nella gestione dell’as-sistenza secondo quanto previsto dallanormativa che regola l’esercizio profes-sionale (Decreto Ministeriale n.739/94,Patto Infermiere-Cittadino, legge n.42/99, Codice Deontologico, legge n.251/00, Legge n.1/2002, Ordinamenti Didat-tici delle classi di laurea).

MATERIALI E METODIIl campione, caratteristiche,criteri di scelta e reclutamentoLa popolazione di riferimento presa inesame è costituita da cittadini ambo-sessi, con età compresa tra 15 a 90 anni,residenti a Roma (territorio dell’Asl-RmE), in preferenza in centri sportivi,mercati rionali, nei pressi della posta ebanche (lì, ove è possibile reperire ilmaggior numero di persone). Per l’inda-gine si è stimato un campione di studiocomposto da almeno 200 unità. Il campionamento è non probabilistico diconvenienza, perché il questionario èstato somministrato ai cittadini che sisono resi disponibili.La somministrazione del questionario èiniziata il 20 luglio 2012 ed è terminata il30 agosto 2012; sono state stampate280 copie del questionario e ne sonostati compilati 276, con la perdita di soliquattro questionari (1,42%): una percen-tuale bassissima raggiunta per il fattoche la somministrazione e compilazioneè stata effettuata direttamente alle per-sone, proprio per ridurre la quantità diquestionari persi. Ciò, però, ha richiestopiù tempo nel reperimento dei dati.

STRUMENTI E METODILa metodologia utilizzata per questo stu-dio è quella della ricerca quantitativa.Per tale tipo di ricerca si è, quindi, utiliz-zato come strumento il questionariocomposto da 22 domande, in preferenzachiuse, stampato fronte-retro su un

unico foglio, con una breve presenta-zione dello studio, sottolineando l’anoni-mato dei dati dell’intervistato e lo scopoai fini puramente didattici-universitaridella ricerca, nella sua struttura e, quindi,anche nella fase di compilazione daparte del cittadino è stato diviso in seiaree:1. area anagrafica (7 item): dati riguar-

danti età, sesso, titolo di studio, pro-fessione, composizione del nucleofamiliare e municipio di residenza;

2. area assistenza domiciliare (4 item):indaga l’ambito dell’assistenza domi-ciliare;

3. area ambulatori infermieristici (5item): studia l’ambiente degli ambula-tori infermieristici distrettuali;

4. area opinioni sul territorio (3 item):cerca di capire le conoscenze della fi-gura infermieristica territoriale e sul-l’offerta sanitaria territoriale;

5. area infermiere di famiglia (2 item):chiede notizie relative la conoscenzadella figura dell’infermiere affiancatoal medico di famiglia;

6. area infermiere di farmacia (3 item):indaga sulla conoscenza della figuradell’infermiere in farmacia.

LIMITI DELLA RICERCALo studio proposto, seppur utilizzi uncampione non significativo (ridotto e diconvenienza), nonché uno strumento diraccolta non validato, ha indagato sva-riati aspetti dell’Infermieristica nel terri-torio e rappresenta una panoramica diun ambiente in cui si articolano diversefigure e competenze e su cui sarebbe -e si potrebbe - effettuare utili approfon-dimenti. Va segnalato che il valore di questo stu-dio è di aver generato una serie di pos-sibili “quesiti di ricerca” ed aree diapprofondimento per ricerche futureinerenti l’argomento trattato, al fine dipoter contribuire allo sviluppo professio-nale. In particolare, sarebbe opportuno inda-gare in modo più approfondito l’opinionedel cittadino nei confronti dell’infermiereospedaliero rapportato a quello territo-riale, soffermandosi soprattutto sullapercezione che si ha dell’infermiere cheopera nel territorio, affinché si possa

anche capire come migliorare la sua vi-sibilità.

RISULTATI E DISCUSSIONEArea anagrafica: la fascia di età del cam-pione esaminato presenta una percen-tuale più evidente nel range tra i 35 e 44anni rispondente al 22% del campionepreso in esame (61 persone); lo stato ci-vile è rappresentato con un 49% delcampione (135 cittadini) dai single.Nel campione considerato prevale leg-germente il sesso femminile per il 52%(143 donne); tra le professioni del cam-pione intervistato, quella più frequenteè l’impiegato con il 27% (75 persone),ma è da rilevare un 10% di disoccupati(28 persone). Il titolo di studio che si evidenza risulta ildiploma di maturità con il 48% (132 di-plomati); chi ha conseguito almeno unalaurea (tra triennale, vecchio ordina-mento, specialistica magistrale e dotto-rato) è al 29% (80 laureati); il campioneè in prevalenza residente nel municipioXVIII rappresentato dal 39% degli inter-vistati (108 residenti). Area assistenza domiciliare: il 65% (179cittadini) conosce il ruolo dell’infermierenell’assistenza domiciliare e che il 25%dei casi presi in esame (68 persone) hausufruito dei suoi servizi a domicilio; il53% (36 casi) di questi si dichiarano

“soddisfatti”. Rilevante è che il 21% (58intervistati) ha usufruito di assistenza sa-nitaria privata.Area ambulatori infermieristici: gli ambu-latori infermieristici non sono conosciutidalla popolazione intervistata per il 67%(91 cittadini), di conseguenza anche la fi-gura dell’infermiere ambulatoriale non èconosciuta ad un buon 67% del cam-pione intervistato (186 persone); del18% (53 cittadini) che hanno usufruitodei servizi, il 72% è “soddisfatto” (38persone), il 21% “molto soddisfatto”(11 cittadini) e un 7% “insoddisfatto” (4cittadini).Va evidenziato che l’85% degli intervi-stati (235 persone) ritiene che gli opera-tori sanitari ospedalieri non pubblicizzinogli ambulatori infermieristici.Area opinioni sul territorio: per quanto ri-guarda l’offerta sanitaria del territorio, il58% (161 cittadini) del campione non la

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ritiene “sufficiente”. (Grafico 1)Il 48% (133 persone) ritiene che la figuradell’infermiere territoriale sia “scarsa-mente conosciuta” per la carenza di in-formazioni e di strutture (conferma dellaI ipotesi di ricerca); mentre il 35% (96 in-tervistati) ritiene che la causa sia la solamancanza d’informazione. Questi indicatori si riflettono sulla do-manda di giudizio riferita alla prepara-zione dell’infermiere che porta il dato dei

“non so” al 37% (103 casi), uguali ai “sì”con il 37% (103 casi). (Grafico 2)

Area infermiere di famiglia: qui è emersala preponderante richiesta del cittadinointervistato che vuole con il 90% (148

persone) la figura e attività dell’infer-miere al fianco del medico di famiglia eche, la cosa sicuramente migliorerebbela visibilità dell’infermiere (84%, 233 cit-tadini) e di risposte concordi (confermadella II ipotesi di ricerca). (Grafico 3)Area infermiere di farmacia: il 60% (165intervistati) ritiene “utile” l’infermiere infarmacia e che questa struttura possafungere anche da ambulatorio infermie-ristico con il 65% di consensi (179 casi).Per quanto concerne la pubblicità e di-vulgazione di questa nuova possibilità,

però, solo il 14% (37 persone) ne è a co-noscenza.

CONCLUSIONILo scopo di questa ricerca è stato di in-dagare le conoscenze che il cittadino hanei confronti delle attività svolte dall’in-fermiere che lavora nel territorio, “fuoridall’ospedale”.Lo studio ha dato voce a quello che il cit-tadino pensa del servizio sanitario terri-toriale, con pareri sull’utilità di nuovefigure sanitarie, di come vede l’infer-miere affiancato al medico di famiglia eall’infermiere nelle farmacie, con l’obiet-tivo di comprendere se il cittadino cono-sce le strutture sanitarie territoriali e perl’eventuale utilizzo.Nello specifico, lo scopo dello studio èstato quello di saper quanto il “cittadinocomune” conosca del ruolo infermieri-stico nel territorio. Il metodo scelto è stato quello quantita-tivo e lo strumento utilizzato è stato unquestionario anonimo auto-costruito. Il campionamento è stato di conve-nienza ed ha generato 276 questionaricompilati da ambosessi di età media di~45±18 anni, di Roma con preferenzanell’Asl RmE. La domanda di ricerca a cui lo studiovuole rispondere è se “Il cittadino hauna adeguata informazione della figurae delle attività dell’infermiere che operanel territorio?”. Da questa si sono sviluppate due ipotesidi ricerca.La I è: “La figura dell’infermiere territo-riale/domiciliare è poco conosciuta perscarse strutture/informazioni nel territo-rio”; la II è: “L’emergere dell’infermiereaffiancato al medico di famiglia o pedia-tra di libera scelta, può aumentarne lasua visibilità nel territorio”. I risultati dell’indagine hanno confermatoentrambe le ipotesi: “La figura dell’infer-miere territoriale/domiciliare è poco co-nosciuta per scarse strutture/informa-zioni nel territorio”, nel 48% (133 casi)del campione. Per quanto riguarda la seconda ipotesi diricerca, anche “L’emergere dell’infer-miere affiancato al medico di famiglia opediatra di libera scelta, può aumentarnela sua visibilità nel territorio”: afferma-zione confermata dall’84% (233 casi)degli intervistati.Lo studio ha risposto alla domanda di ri-

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Grafico 2. La conoscenza dell'infermiere territoriale/domiciliare

Grafico 3. Rapporto fra aumento della visibilità dell'infermiere territoriale affiancato almedico di base

Grafico 1. L'offerta sanitaria ed il territorio

cerca affermando che: “Il cittadino nonha un'adeguata informazione della figurae delle attività dell’infermiere che operanel territorio”.Ciò è deducibile dall’aver confermato ledue ipotesi sopra citate ed anche dalfatto che, chi conosce gli ambulatori in-fermieristici, è solo un 33% del campio-ne (91 casi), mentre l’82% degli intervi-stati (227 casi) non ha mai sentito par-lare dell'infermiere di farmacia. La scarsità di informazioni emersa tra gliintervistati dello studio si è riflessa an-che nel parere sull’offerta sanitaria terri-toriale: il 58% del campione (161 casi),infatti, ritiene che l'offerta sanitaria ter-

ritoriale/domiciliare non sia “sufficiente”(a questo andrebbe sommato anche un27% d’intervistati (75 casi) che nonhanno saputo esprimersi a riguardo).In conclusione, la ricerca ha pure eviden-ziato che il livello culturale del campioneinfluenza la conoscenza del ruolo assi-stenziale dell’infermiere a domicilio: in-fatti il 73% dei laureati versus 56% conlicenza media, ne è a conoscenza; maanche l’utilizzo di questo servizio è inrapporto al livello di studi: 26% dei lau-reati versus 22% con licenza media. Prendendo, infine, in considerazionel’età, è risultato, come prevedibile, chechi utilizza maggiormente i servizi infer-

mieristici a domicilio sono gli anziani,con un picco del 50% nella fascia di etàcompresa tra i 75 ed i 90 anni.

AUTORI:Irma Ajola, direzione Distretto XX-AslRmE, referente formazione e responsa-bile Pua;Mauro Giordani, infermiere, laurea in In-fermieristica (Ospedale Santo Spirito)A.A.2011/12;Massimo Giordani, tutor clinico, polo di-dattico Irccs San Raffaele Pisana-Univer-sità Tor Vergata.

Amante U, Messina G, La professione infermieristica nell’assistenza domiciliare. Mondo sanitario, 17(11), 2010, 9–11;Campanaro P, Bielli S, Massai D, Il ruolo dell’infermiere nell’assistenza domiciliare integrata. Mondo sanitario, 14(9), 2007, 8–14;Fain J.A, La ricerca infermieristica. Leggerla, comprenderla e applicarla, Ed.McGraw Hill, II edizione 2004, 62-65, 144-146;Marchetti R, Romigi G, Stievano A, Lavorare in area critica. L’assistenza in ospedale e sul territorio, Ed. Carocci Faber, 2005, 29-31;Motta P.C, Introduzione alle Scienze Infermieristiche. Ed. Carocci Faber, 2002, 146-150;Ridolfi L, L'Infermiere di comunità: un nuovo modello di organizzazione dell'assistenza infermieristica territoriale. Management Infermieristico, 2,2009, 8-16;Semenzato A, Rossetto B, Competenze infermieristiche nell'ambito delle cure palliative domiciliari, Nursing oggi, 8(4), 2003; 40-46;Semenzato A, Cosa pensano gli assistiti della collaborazione infermieristica in medicina di famiglia. Management Infermieristico, 9(4), 2003; 36–43; AA.VV, La rete dei distretti sanitari in Italia. Monitor, 2011, 27, 5-14, 224-225.

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SITOGRAFIA

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Valutazione dell’impatto del modello“porte aperte” nei servizi psichiatricidiagnosi e cura

di Maurizio Davì

ABSTRACTIntroduzioneLa situazione dei reparti psichiatrici peracuti nei vari Paesi europei è molto di-versificata.Reparti “no restraint” (a porte apertee senza uso di contenzione) sono piùdiffusi in Inghilterra, Austria, Ungheria,Romania e Slovenia, mentre in Italia, apiù di 30 anni dalla Legge Basaglia, sonoancora piuttosto rari.ScopoValutare gli outcome d’impatto del mo-dello “porte aperte” all’interno dei ser-vizi psichiatrici diagnosi e cura. MetodiLa valutazione dell’impatto del modelloorganizzativo “a porte aperte” è stata ef-fettuata attraverso l’analisi dei seguentioutcome: episodi di aggressività, epi-sodi di allontanamento, soddisfazione. I dati della letteratura sono stati arricchitida quelli derivati dall’esperienza del Ser-vizio psichiatrico di Trento. Risultati Dall’analisi degli outcome utilizzati perindagare il fenomeno delle “porte aper-te” è emersa una correlazione tra que-ste e la diminuzione della rabbia e del-l’aggressività manifestate dagli utenti,l'aumento della loro soddisfazione, la li-mitazione degli allontanamenti o deglieffetti negativi ad essi conseguenti.L’analisi dei vissuti del personale ha, in-vece, fatto emergere un generale ac-cordo sui vantaggi legati all’aperturadella porta, ma pure un senso di insod-disfazione e frustrazione legato alla dif-

ficoltà, nella pratica, di applicare questomodello organizzativo ed il bisogno diuna maggiore formazione. DiscussioneLa letteratura scientifica revisionata haevidenziato una prevalenza di svantaggilegati alla degenza in un reparto “a portechiuse”.Esse, infatti, aumenterebbero tra i de-genti il senso di ansia, vergogna, rabbia,frustrazione e depressione, mentre alla“porta aperta” viene attribuito un signi-

ficato simbolico di recupero e riabilita-zione.Aprire le porte può rappresentare, dun-que, l’alternativa migliore per i Diparti-menti di Salute Mentale che hanno lapossibilità di fornire alle strutture suffi-cienti spazi e risorse umane. Determi-

nanti per un’ottimale realizzazione delprogetto saranno: la formazione del per-sonale, le relazioni interpersonali a tuttii livelli, la capacità di mettere in atto stra-tegie di coinvolgimento di utenti e fami-liari.

Parole-chiave: reparto psichiatrico aper-to, reparto psichiatrico chiuso, conten-zione, vantaggi/svantaggi reparto psi-chiatrico chiuso/aperto.

“Porte chiuse: pazienti ostaggi degli operatori. Porte aperte: operatori ostaggi dei pazienti,

questo rappresenta l’inizio della cura” (F. Basaglia)

INTRODUZIONENegli ultimi decenni, iServizi psichiatrici d’Eu-ropa sono stati attraver-sati da importanti cam-biamenti: sono stateavviate, infatti, riformesanitarie e politiche dide-istituzionalizzazione,anche se, attualmente,il quadro politico è as-sai differenziato. La tendenza dei variPaesi europei ad averereparti psichiatrici peracuti a “porte aperte” o“chiuse a chiave” èmolto variabile ed è de-terminata principalmen-te, nella maggior partedei casi, dalla tradizionelocale (Rittmannsber-ger et al, 2004).I reparti “no restraint”(“a porte aperte” e sen-za uso di contenzione) sono più diffusiin Inghilterra, Austria, Ungheria, Roma-nia e Slovenia, mentre in Italia sono an-cora piuttosto rari. Tuttavia, a più di 30 anni dalla legge Ba-saglia, un numero crescente di reparti hainiziato ad interessarsi a questo modelloorganizzativo e, tra questi, il reparto diTrento (Davì, 2009). (Tabella 1)

OBIETTIVOValutare gli outcome d’impatto del mo-dello “porte aperte” all’interno dei servi-zi psichiatrici diagnosi e cura.

STRUMENTI E METODILa valutazione dell’impatto del modelloorganizzativo a “porte aperte” è stata ef-fettuata attraverso l’analisi dei seguentioutcome: episodi di aggressività, epi-sodi di allontanamento, soddisfazione. La soddisfazione è stata approfonditaanche attraverso un’analisi dei vissutiche ha consentito di evidenziare van-taggi/svantaggi dei due modelli organiz-zativi. I dati della letteratura sono stati arricchitida quelli derivati dall’esperienza del Ser-vizio psichiatrico di Trento. Le parole-chiave più utilizzate sono

state: “open psychiatric ward”; “Re-straint”; “locked psychiatric ward”;“open psychiatric doors”; “locked psy-chiatric doors”; “advantages”; “disad-vantages”.

L’ESPERIENZA DELLE “PORTEAPERTE” NEL SERVIZIO PSI-ChIATRICO DI TRENTOIl progetto “porte aperte” del ServizioPsichiatrico Diagnosi e Cura (Spdc) diTrento è nato nel 2007, in coerenza conle pratiche e la cultura dell’empower-ment e del “Fare-assieme”, già daanni presenti al-l’interno del servi-zio. L’apertura delleporte del repartodi Psichiatria harappresentato unpunto di partenza,un’occasione perattenuare quelladistanza che se-para il mondo del-la salute mentale(ca ra t te r i zza totroppo spesso da

isolamento, sofferen-za, solitudine e regres-sione) dalla collettività,il tentativo di restituiredignità e soggettivitàagli utenti attraverso laloro responsabilizzazio-ne.All’interno dell’Spdc siè formato un gruppo dilavoro multidisciplinareformato da rappresen-tanti di tutto il servizio. Il gruppo, dopo aver ef-fettuato un’attenta re-visione della letteratu-ra, ha cercato un con-fronto reale con leesperienze italiane “norestraint”, recandosi invisita in alcuni degliSpdc che lavorano giàcon le “porte aperte”.Alcuni rappresentantidel gruppo hanno visi-

tato i reparti psichiatrici di Mantova,Siena, Arezzo, Portogruaro, Merano. Gli incontri successivi (più di una tren-tina, tra il 2007 e il 2010) hanno avuto loscopo di mettere a fuoco le questionicruciali, di riferire le sintesi dei confronticon le esperienze italiane di cui sopra, difornire occasioni formative sull’argo-mento. Alla fine di un percorso durato quattroanni, il reparto a “porte aperte” di Trentoè stato inaugurato il 17 gennaio 2011.(Foto 1)

Tabella 1. Distribuzione geograficadei reparti a porte aperte e/o senzacontenzione in Italia

Foto 1. Inaugurazione reparto psichiatrico a porte aperte di Trento

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STRATEGIE DI COINVOLGI-MENTO DI UTENTI E FAMILIARI NEL SERVIZIO PSIChIATRICODI TRENTOLa citazione da Franco Basaglia in aper-tura, ancora oggi, colpisce per la suaprofondità, rinvia con chiarezza alla que-stione dei poteri nella relazione. Secondo Basaglia, infatti, la cura è pos-sibile solo se i pazienti psichiatrici sonoliberi e hanno con gli psichiatri e il per-sonale sanitario una relazione caratteriz-zata da reciprocità e conservazione delpotere contrattuale. Su questa linea di pensiero si troval’Spdc di Trento che, da anni, sta cer-cando di superare i limiti di pratiche ba-sate esclusivamente sull’accudimento,sulla custodia e sull’uso del farmaco, alfine di promuovere la responsabilità per-sonale in un’ottica di “co-gestione” dellamalattia, anche in fase acuta, secondola convinzione che “nessuno è privo dirisorse” (De Stefani, 2007). Aprire le porte nei Servizi PsichiatriciDiagnosi e Cura non può obbedire sol-tanto ad una mera ideologia: tale scelta,infatti, deve muoversi in concomitanzacon un cambiamento culturale e un’a-pertura mentale da parte di tutti.A tale scopo, e a seguito dell’aperturadelle porte, a Trento, si è cercato di am-pliare l’offerta di attività riabilitative e ri-socializzanti a valenza terapeutica, alloscopo di fornire delle strategie di coin-volgimento utili a stimolare processi dicambiamento e di sviluppo positivo, cer-cando di favorire al massimo processi diresponsabilizzazione degli utenti.Nel reparto di Trento, nell’arco della set-timana, si svolgono attività strutturate(ginnastica dolce e trattamenti shiatsu,gruppi psico-educativi, arte terapia, cine-forum, laboratori di musica, teatro e cu-cito), talvolta anche aperte al pubblico,oltre ad eventi extra-ordinari (feste econcerti) che hanno la finalità di ridurrelo stigma e il pregiudizio e di favorire unclima di accoglienza e positività rispettoal mondo della salute mentale, "aprendole porte" alla collettività. Altre pratiche riabilitative che vannonella stessa direzione sono: la Terapiacognitivo-comportamentale, basata sulmodello stress-vulnerabilità-coping (Ven-

dittelli et al., 2008) e il “progetto Ufe”basato sui principi dell’Empowerment(Davì, 2011).

RISULTATI DELL’ESPERIENZADEL SERVIZIO PSIChIATRICODI TRENTOEpisodi di aggressivitàNel Spdc di Trento, gli episodi di aggres-sività sono misurati attraverso l’utilizzodella “Scala Modificata dell’AggressivitàManifesta”–Moas. Nella tabella 2 sono messi a confronto idati degli episodi di aggressività verifi-catisi a Trento con le “porte chiuse”(2008-2010) con quelli verificatisi con or-ganizzazione a “porte aperte” (2011-2012).

Episodi di allontanamentoNell’Spdc di Trento gli episodi di allonta-namento vengono monitorati attraversoun registro appositamente creato. In esso viene indicata l’ora esatta dell’al-lontanamento e dell’eventuale rientro, lamodalità di uscita (porta d’ingresso, giar-dino, sala fumo, finestre), l’esito (rientrada solo, accompagnato da operatori/Ufe,da forze dell’ordine). Nella tabella 3 sono presentati i dati de-gli allontanamenti non autorizzati dal-l’Spdc di Trento dal 2008 al 2012.Soddisfazione degli utentiNell’Spdc di Trento la soddisfazione de-gli utenti viene rilevata attraverso unquestionario introdotto in reparto nel2004, secondo il modello proposta da

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Tabella 2. Episodi di aggressività Spdc di Trento tra il 2008 e il 2012 (dati aggiornati agiugno 2012)

Tabella 3. Allontanamenti non autorizzati dall’Spdc di Trento dal 2008-2012 (dati aggior-nati a giugno 2012)

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Vendittelli (Vendittelli et al., 2008). Nella tabella 4 sono presentati i dati trattidal questionario di soddisfazione diTrento rivisto ed aggiornato dall’equipedi reparto nel marzo del 2012.

VANTAGGI/SVANTAGGI DELLEPORTE ChIUSE/APERTE:VISSUTIIl vissuto degli utentiNel reparto di Trento il contributo degliutenti e familiari è stato valorizzato, findall’inizio del progetto.Oltre alla partecipazione alle riunioni direparto sul tema in questione, si è cer-cato di approfondire le loro percezionisui vantaggi/svantaggi di un reparto psi-chiatrico con le porte chiuse/aperte at-traverso la somministrazione di un que-stionario che è stato, poi, oggetto di di-scussione in una riunione di servizio.Le domande del questionario sono statetratte da uno studio pubblicato sul Jour-nal of Clinical Nursing (Haglund et al.,2006), tradotte e adattate nel 2008 daldottor Alessandro Salvi e dal gruppo dilavoro “porte aperte” del servizio psi-chiatrico di Trento. Il vissuto degli operatoriA Trento, il delicato passaggio da portechiuse ad aperte è stato strettamentemonitorato. Nei primi mesi, sono state organizzatefrequenti riunioni ad hoc per parlare deivissuti del personale e per condivideresituazioni di difficoltà legate alla nuovaorganizzazione (in alcune occasioni èstato utilizzato anche lo spazio quoti-diano dopo le consegne infermieristi-che).Come strumento di monitoraggio èstata usata la scheda del “clima di re-parto” (Vendittelli et al., 2008), metten-do a confronto i dati del “clima di re-parto” dei primi sei mesi del 2010 (quan-do il reparto aveva ancora le porte chiu-se), con i dati di altrettanti mesi del2011, con l’organizzazione a porte aper-te. (Tabelle 5-6)Ma, dati più recenti sono attualmente inelaborazione. Formazione del personalePrima dell’avvio della sperimentazionedel modello organizzativo a “porte aper-te” nell’Spdc di Trento si è cercato di for-

Tabelle 4. Dati del questionario di soddisfazione reparto a porte aperte di Trento(aprile/settembre 2012)

Tabella 5. Percezioni del personale sul “clima di reparto”- porte chiuse (anno 2010)

Tabella 6. Percezioni del personale sul “clima di reparto”- porte aperte (anno 2011)

mare il personale attraverso un con-fronto diretto con operatori che lavo-rano già con tale modello. Alcuni rappresentanti del gruppo sisono recati, infatti, in alcuni dei repartipsichiatrici a “porte aperte” in altre partid’Italia dove non si pratica la conten-zione fisica.Per favorire una maggior condivisionedelle informazioni raccolte in tali espe-rienze, sono stati stesi dei report dellevisite e organizzate riunioni di serviziosu questo tema.

DISCUSSIONE E CONFRONTO CON LA LETTERATURA Episodi di aggressivitàI dati della letteratura hanno evidenziatouna correlazione positiva tra le porteaperte e la diminuzione della rabbia edell’aggressività manifestata dagli uten-ti (Van Der Merwe et al., 2009): mag-giore era il tempo trascorso con le“porte aperte”, minore era il verificarsidi abusi verbali e di aggressioni fisichecontro gli oggetti e ad altre persone (Bo-wers et al, 2002).La gestione dell’aggressività in repartosenza strumenti di contenzione fisicadel paziente è certamente una compe-tenza che richiede al personale un’ade-guata formazione (Van Der Merwe et al,2009).A tal proposito, già da diversi anni, nelservizio psichiatrico di Trento si è decisodi delineare delle indicazioni operativeper orientare gli operatori verso ununico modello di presa in carico della si-tuazione critica per garantire la sicu-rezza degli operatori, dell’utente aggres-sivo e di chi gli è vicino. Una politica non restrittiva, già da annipresente all’interno del servizio psichia-trico di Trento (di cui l’apertura delleporte è solo un ultimo tassello), ha con-tribuito ad una graduale riduzione degliepisodi di aggressività.Tale esperienza ha portato il personalea riflettere su come porte chiuse e pro-grammi molto rigidi di controllo (limita-zioni a sigarette, denaro e caffè) fosserospesso, durante i giorni di degenza, ele-menti di provocazione capaci di scate-nare gravi reazioni comportamentali, inquanto percepiti come una limitazione

ingiustificata alla libertà dell’utente. Episodi di allontanamentoLa maggior parte degli studi analizzatisuggerisce che gli allontanamenti nelleunità psichiatriche con le “porte aperte”non sono più frequenti che negli altri re-parti, in quanto la maggior parte dei pa-zienti dimostra un certo grado di ade-renza ai programmi personalizzati con-cordati con l’equipe (Lang et al., 2010;Toresini, 2005; Van Der Merwe et al.,2009).Anche in un’indagine nazionale cheesplorava la frequenza degli allontana-menti nei reparti a porte aperte vienesupportata tale ipotesi (Davì, 2009).L’esperienza di Trento mostra, invece,un aumento del numero degli allontana-menti con le porte aperte anche se, adessersi ridotti, sono gli eventi negativiad essi correlati. Con le porte chiuse infatti, gli allontana-menti degli utenti nell’Spdc di Trentoerano accompagnati, nella maggior par-te dei casi, da reazioni violente o ad al-tissimo rischio (come la forzatura difinestre e serrature, il tentativo di arram-picarsi sulle ringhiere, episodi di aggres-sività nei confronti degli operatori, furtodi chiavi, atti di vandalismo).Questi dati trovano supporto anche inaltri studi internazionali (Van Der Merweet al., 2009).I dati raccolti dal personale durante lafase “a porte chiuse” hanno mostrato,inoltre, che il numero relativamente ri-dotto degli allontanamenti dalla portaprincipale era controbilanciato da un piùconsistente numero di allontanamentinon autorizzati dal giardino. Secondo l’esperienza di Trento, con ilmodello organizzativo “a porte aperte”,nella maggior parte dei casi, gli utentiusciti dal reparto dalla porta principalenon hanno assunto atteggiamenti in-congrui e sono rientrati poco dopo (dasoli o accompagnati); la meta della fugaè stata, solitamente, il bar dell’ospedalee il motivo principale il desiderio di bereun caffè. Soddisfazione degli utentiDalla revisione della letteratura si evi-denzia un grado di soddisfazione mag-giore espresso dagli utenti ricoveratinelle unità con le porte aperte rispetto

a quelli assistiti in quelli con portechiuse (Van Der Merwe et al, 2009;Muller et al, 2002). La riflessione sui dati raccolti a Trentoha confermato quanto emerso dalla let-teratura: i dati rilevati dal 2011 ad oggi,infatti, mostrano un progressivo au-mento dei livelli di soddisfazione. In particolare, gli 87 questionari compi-lati dagli utenti tra aprile e settembre2012, a quasi due anni dall’aperturadelle porte aperte, confermano questotrend positivo.Vantaggi/svantaggi delle porte chiuse:il vissuto degli utenti La letteratura analizzata evidenzia unaprevalenza di svantaggi legati alla de-genza in un reparto a porte chiuse. Esse aumenterebbero tra i degenti ilsenso di ansia, vergogna, rabbia, fru-strazione e depressione, mentre allaporta aperta viene attribuito un signifi-cato simbolico di recupero e riabilita-zione. La maggior parte degli utenti ritiene op-pressivo un reparto a porte chiuse, con-siderandolo un ambiente più simile aduna prigione che ad un luogo di cura;anche se alcuni vissuti fanno emergeretuttavia un desiderio di sentirsi protettie al sicuro (Van Der Merwe et al, 2009;Muir-Cochrane et al, 2012).Tale posizione è emersa anche a se-guito della compilazione di un questio-nario sui “vantaggi/svantaggi riguardol’apertura delle porte del reparto psi-chiatrico” somministrato agli utenti diTrento prima dell’apertura delle porte(Haglund et al., 2006).Ciò che emerge da questi vissuti, nellamaggior parte dei casi, è un desiderio dilibertà associata a un desiderio di sen-tirsi al sicuro e protetti, condizioni pos-sibili queste grazie alla presenza delpersonale, in grado di “accompagnare”l’utente nel processo di cura, garan-tendo vicinanza e relazione. A tali bisogni dunque, più che lo statodella porta (chiusa/aperta), risponde laqualità del legame terapeutico propriodella relazione operatore-paziente. Quest’ultima è vissuta, infatti, dal per-sonale infermieristico, come fondamen-tale per aiutare le persone ricoverate astare meglio e per costruire una buona

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alleanza terapeutica (Hall, 2004).“Aprire le porte” vuol dire mettersi nellacondizione di riconoscere i momenti digrandissimo disagio e di sofferenzasenza isolare i pazienti. Vantaggi/svantaggi delle porte chiuse:il vissuto degli operatoriNello studio di Haglund et al (2006) cheè andato ad esaminare i vantaggi/svan-taggi di un reparto psichiatrico con portechiuse secondo le percezioni del perso-nale è stato evidenziato che sono più glisvantaggi che i vantaggi legati all’attivitàlavorativa con le porte chiuse. Sulla stessa linea Toresini (2005) chevede nelle porte chiuse un ostacolo aldialogo con gli utenti.Nello studio di Muir-Cochrane et al(2012) emergono, invece, percezionicontrastanti sulla visione della porta: seda un lato, con le porte chiuse, il perso-nale si sente privato del ruolo terapeu-tico e quasi calato nelle vesti di un“carceriere”, con le porte aperte ha lapercezione di essere un “guardiano”,per giunta gravato da un senso di forteansia legato alla necessità di vigilare laporta e dalla preoccupazione di essererichiamato dai propri superiori nel casosi verificassero degli allontanamenti nonautorizzati dei pazienti.Queste percezioni di insoddisfazionesono state condivise, nei primi mesi,anche dagli operatori del servizio psi-chiatrico di Trento. I dati analizzati hanno evidenziato, infatti,all'inizio, addirittura un peggioramentodel clima di reparto. Sono risultate dif-fuse tra il personale reazioni emotive ditensione (codice arancio) e sentimenti dirabbia e frustrazione (codice rosso). Questa situazione è stata certamenteanche acuita dall’aumento del numero diricoveri negli ultimi anni, dal ritardo deilavori di ristrutturazione (lavori cheavrebbero dovuto ampliare il reparto espostare l’ambulatorio infermieristico vi-cino la porta d’ingresso), dalla mancatariduzione di uno/due posti letto (attual-mente 15), dai collegamenti non semprefunzionali tra le varie strutture dell’areacriticità, dalla poco chiara definizione diambiti di responsabilità e infine dallamancanza di una procedura scritta di ge-stione condivisa.

Formazione del personaleDalla revisione della letteratura è emer-so come i programmi per limitare l’usodella contenzione e l’utilizzo di strategiealternative si basano prevalentementesulla formazione del personale, questoper favorire cambiamenti culturali e or-ganizzativi. Per lavorare nelle strutture a porteaperte sono richiesti al personale infer-mieristico livelli di preparazione avanzatamirati all’utilizzo di affinate tecniche re-lazionali e alla costruzione di una rela-zione empatica con il paziente anchenelle situazioni di crisi acuta. In un’indagine nazionale condotta nel2007 da Davì (2009) che andava adesplorare attraverso un’intervista i biso-gni formativi degli infermieri nei repartipsichiatrici con le porte aperte, è emer-so come sia ancora molto sentito il biso-gno di apprendere strategie di conteni-mento basate sulla relazione ed unaspecifica formazione riguardo alla gestio-ne dell’escalation dell’aggressività (biso-gno condiviso anche dall’equipe di Tren-to). Si ritiene, pertanto, fondamentale prose-guire sulla strada della formazione con-tinua del personale.

CONCLUSIONIDall’analisi effettuata emerge che i re-parti a porte aperte sono più diffusi in In-ghilterra, Austria, Ungheria, Romania eSlovenia, anche se recenti studi lascianopensare che in alcune di queste strut-ture vi sia un ritorno alla porta chiusa,seppur con livelli bassi di istituzionalizza-zione.Sui generis la situazione italiana, patriadella celebre riforma psichiatrica, dove apiù di 30 anni dalla Legge Basaglia, i re-parti psichiatrici a porte aperte sono an-cora in minoranza. Dall’analisi degli indicatori utilizzati perindagare il fenomeno delle porte aperte,è emersa una correlazione tra porteaperte e diminuzione della rabbia e del-l’aggressività manifestata dagli utenti,aumento della loro soddisfazione, limita-zione degli allontanamenti o degli effettinegativi a essi conseguenti. L’analisi sui vissuti degli utenti e del per-sonale invece ha fatto emergere, per i

primi, l’importanza rivestita dalla rela-zione terapeutica, per i secondi, la ne-cessità di un adeguato percorso di for-mazione. La letteratura scientifica revisionata haevidenziato una prevalenza di svantaggilegati alla degenza in un reparto a portechiuse. La maggior parte degli utenti riferisce unsenso di oppressione legato alla pre-senza della porta chiusa, che contribui-sce ad avvicinare il reparto a un luogo direclusione anziché a un luogo di cura;altri vissuti, al contrario, fanno emergereuna sensazione di sicurezza e protezione(Van Der Merwe et al., 2009). Ciò che viene fuori, nella maggior partedei casi, è un desiderio di libertà acco-stata ad un desiderio di sentirsi al sicuroe protetti, condizioni possibili questegrazie alla presenza del personale, ingrado di accompagnare l’utente nel pro-cesso di cura, garantendo vicinanza e re-lazione. A tali bisogni, dunque, più che lo statodella porta (chiusa/aperta), risponde laqualità del legame terapeutico propriodella relazione operatore-paziente. Quest’ultima è considerata infatti dalpersonale infermieristico come fonda-mentale per aiutare le persone ricove-rate a stare meglio e per costruire unabuona alleanza terapeutica (Hall, 2004).È evidente, dunque, che, seppur le por-te aperte siano generalmente percepitecome un simbolo di recupero e riabilita-zione, da sole non sono sufficienti permigliorare la soddisfazione degli utenti:più che al controllo della porta, l’atten-zione del personale deve essere mirataallo sviluppo di strategie di coinvolgi-mento relazionali e alla creazione di unclima positivo.Tale condizione può essere favorita cer-tamente da un setting adeguato all’in-terno del reparto e da un numero limi-tato di pazienti (non più di 10-12, comeafferma Toresini, 2005).Ciò è in contrasto con la situazione ge-neralmente esistente: dall’analisi deglistudi emerge, infatti, che la pratica co-mune degli operatori sia quella di vigilarela porta, trascurando così la relazionecon gli utenti. Il risultato è una percezione di “custo-

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dia” gravato da un senso di insoddisfa-zione e frustrazione legato alla necessitàdi vigilare la porta e dalla preoccupazionedi essere richiamato dai propri superiori,nel caso si verificassero degli allontana-menti non autorizzati dei pazienti.La presenza dell’operatore a rotazionenei paraggi della porta d’uscita è, natu-ralmente, punto di partenza dello stessopercorso “no restraint”: anziché confer-mare la funzione “custodialistica” delpersonale psichiatrico essa si carica diun forte ruolo “terapeutico”, soprattuttonei pressi della porta si può, infatti,creare un clima di negoziazione e di ag-gregazione continua.Ergo, la fase del controllo umano dellaporta rappresenta un percorso individua-lizzante sia per i pazienti che realizzanoche la porta aperta non è per ognunougualmente valicabile, che per gli opera-tori, auto-costretti a “negoziare” conl’utente. La fase successiva deve però necessa-

riamente prevedere uno spostamentodel controllo dalla porta alla relazione (To-resini, 2005).In un certo qual modo, dunque, le porteaperte amplificano il rapporto operatore-utente e la relazione di cura. Da ciò de-riva che la gestione dei pazienti in unreparto a porte aperte senza strumenticontenitivi risulta più complessa: non èfacile convincere un paziente ad accet-tare le cure in regime volontario o con-vincerlo ad assumere una terapia. Non a caso, climi meno restrittivi pon-gono l’operatore ed il paziente in situa-zioni di continua relazione e confronto,obbligano i primi a trovare sempre espe-dienti relazionali nuovi per confrontarsicon la persona. Fare questo può risultare stimolante peril professionista, ma, al contempo,estremamente faticoso, frustrante senon si è allenati a farlo.Alcuni autori suggeriscono di intrapren-dere, all’interno del reparto, strategie

utili a stimolare processi di responsabi-lizzazione e mutuo-aiuto tra gli utentistessi, tra queste attività gruppali e rela-zioni sociali, con anche un coinvolgi-mento attivo dei familiari. Per giungere a ciò è imprescindibile laformazione del personale: vero e propriopunto fermo se si vogliono rendere i re-parti psichiatrici meno “custodialistici”e più terapeutici (Van Der Merwe et al.,2009). Se questo non avviene con adeguato an-ticipo, vivere con difficoltà soprattutto iprimi mesi di lavoro con il modello aporte aperte può essere normale. La scelta di aprire le porte nei Servizi psi-chiatrici diagnosi cura non può obbedire,infatti, solo ad una mera ideologia, madeve muoversi necessariamente in con-comitanza con un cambiamento cultu-rale e un’apertura mentale da parte ditutti, operatori e dirigenti.Gli operatori della Salute Mentale in psi-chiatria oggi devono scegliere di non es-sere dei semplici “sorveglianti” sullaporta: devono, al contrario, mirare a svi-luppare le proprie abilità in un ruolo cheè quello terapeutico, riabilitativo, cogni-tivo, contenitivo-relazionale, di media-zione e di integrazione sia per il bene delpaziente che per la propria gratificazioneprofessionale.La relazione è l’unico strumento che glioperatori hanno per prendersi cura dellepersone ricoverate; intorno a questagioca tutta la loro professionalità ed au-tonomia. Non è semplice, ma neppure impossibile. Un lavoro sulla relazione utente-opera-tore, tuttavia, non è sufficiente per de-terminare il successo di un reparto aporte aperte; tale modello è possibile sesi realizzano determinati accorgimentiorganizzativi, strutturali ed operativi. Ecco gli accorgimenti organizzativi:- la volontà di attuare tale politica, una

chiara direttiva dipartimentale, cheenunci gli obiettivi da perseguire e chedia alle strutture le necessarie risorseambientali e umane;

- un Dipartimento di Salute Mentale adalta integrazione con fluidi collega-menti tra le varie strutture che lo com-pongono;

- un’equipe flessibile fra ospedale e ter-

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ritorio (Area criticità);- un numero di posti letto ridotto (10-12

al massimo);- definizione di rapporti di collaborazione

con Forze dell’ordine e servizi di sicu-rezza in caso di necessità;

- definizione di chiare procedure opera-tive per la gestione del modello orga-nizzativo a porte aperte e degli ambitidi responsabilità;

- istituzione di un sistema di monitorag-gio dell’incident reporting;

- definizione di programmi di formazioneper il personale;

- favorire approcci riabilitativi (presenza ditecnici della riabilitazione psichiatrica);

- prevedere figure di supporto “alla pari”per favorire climi di maggior accetta-zione e collaborazione (un esempiosono gli Ufe -utenti familiari esperti- delServizio Salute Mentale di Trento);

- prevedere momenti programmati diconfronto e supporto per gli operatori(riunioni sui vissuti, riunioni caso, auditclinici);

- non avere un approccio ideologico (nonvoler tenere le porte aperte a tutti icosti);

Accorgimenti strutturali:

- un ambulatorio infermieristico posizio-nato nei pressi della porta d’ingresso(per favorire un monitoraggio discretodelle entrate e delle uscite);

- la creazione di un ambiente più fami-liare e accogliente (salottino all’in-gresso del reparto, possibilità di averespazi aperti come per esempio un giar-dino);

Accorgimenti operativi:- spostamento del controllo sulla rela-

zione e non sulla porta; - definizione di strategie di assistenza

personalizzate secondo il livello dicomplessità dei casi (quotidiana rivalu-tazione clinica e valutazione dei fattoridi rischio rilevati);

- messa in atto di strategie di coinvolgi-mento degli utenti e dei familiari attra-verso attività riabilitative gruppali avalenza terapeutica (terapia cognitivocomportamentale, gruppi psico-educa-tivi) e attività risocializzanti (gruppi fa-miliari di mutuo-aiuto, riunioni quotidia-ne con tutti i pazienti, gruppi ginnasticao di rilassamento, attività artistiche didisegno o di scrittura, giochi da tavola,calcio balilla, ping-pong, cyclette ecc.).

La porta chiusa, oltre ad una barriera fi-

sica, veicola certamente un messaggiodi barriera relazionale e terapeutica cherinforza stereotipi di pericolosità.Viceversa, riuscire a tenere la portaaperta attraverso un sensato sistema dialleanze, con responsabilità, attraversouna scelta di tutti gli operatori, rappre-senta un riconoscimento dei diritti delcittadino-utente ed un indicatore di buo-na professionalità. Aprire le porte potrebbe rappresentarel’alternativa migliore per i Dipartimenti diSalute Mentale che hanno la possibilitàdi fornire alle strutture sufficienti spazi erisorse umane; determinanti per la rea-lizzazione del progetto saranno la forma-zione del personale, le relazioni inter-personali a tutti i livelli (dirigenti, medici,operatori, pazienti), la capacità di met-tere in atto strategie di coinvolgimentodi utenti e familiari.

AUTORE:Maurizio Davì, dottore magistrale inScienze infermieristiche; coordinatore in-fermieristico di area presso Servizio Psi-chiatrico Diagnosi e Cura di Trento; di-pendente presso Azienda Provinciale peri Servizi Sanitari di Trento.

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BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONESecondo la definizione dell’Oms, leCure Palliative (Cp) costituiscono unaserie di interventi terapeutici assisten-ziali finalizzati alla “cura attiva, totale, dimalati la cui malattia di base non ri-sponde più a trattamenti specifici”. Nel contesto sanitario italiano si evinceun avvicinamento a questo tipo di cure,e, di conseguenza, un bisogno speci-fico di inserire nel curriculum dell’infer-miere neo-laureato l'acquisizione diconoscenze volte alla “cura della per-sona” (care) e non soltanto alla “curadella malattia” (cure). Fondamentalequindi è il controllo del dolore ed altrisintomi ed, in generale, di altri aspettidell’essere umano quali problemi psico-logici, sociali e spirituali.L’educazione e la formazione sono incontinuo sviluppo. Nel mondo odierno ci si trova ad affron-tare argomenti come il fine vita o le Cp,metodi di “to care” che prendono sem-pre di più il largo nelle discipline sanita-rie, visto che il dolore viene consideratonon più come elemento facente partedella malattia ma come elemento di de-vianza nella sfera bio-psico-sociale del-l’essere umano. Da ciò si evince l’importanza dell’inter-vento formativo in Cure Palliative.Prima di prendere in considerazionel’inserimento nel curriculum dello stu-dente infermiere di questo interessante- e moderno - punto di vista dell’assi-stenza viene eseguita una “revisione

della letteratura esistente sull’argo-mento”, per rafforzare il concetto di bi-sogno di formazione nel campo dellaMedicina della Persona, per poter of-frire all’esigente un'adeguata assi-stenza in tutti gli aspetti che coinvol-gono il fine vita nel controllo e la valu-tazione dei sintomi associati ad essa, esoprattutto da parte di tutti i professio-nisti (anche quelli futuri) che verranno acontatto con questi. In questo modo, si spera di lasciare unsegno valido dal punto di vista forma-tivo nello studente che, al giorno d’oggi,è spesso carente di informazioni riguar-danti l’accompagnamento nella fase fi-nale della vita dell’esigente.

METODI Metodologia della ricercaSono stati consultati tre DB ritenuti i piùattendibili dal punto di vista delle evi-denze scientifiche per quanto riguardal’argomento e la disciplina trattata: Co-chrane library, Pubmed e Cinahl.Descrizione della strategia utilizzataLa strategia utilizzata per lo svolgi-mento della ricerca è revisionare la let-teratura esistente riguardante l’argo-mento da prendere in considerazione. È stato utilizzato il metodo di Ricerca bi-bliografica Pico (Population, Intervent,Comparation, Outcome) per individuarel’efficacia della messa in atto della for-mazione dello studente di Infermieri-stica nel campo delle Cure Palliative. Limiti imposti alla ricerca

I limiti impostati alla ricerca sono ditempo: sono stati scelti gli articoli esi-stenti in letteratura nei DB sopra nomi-nati con un limite massimo di dieci annidal momento della pubblicazione, so-prattutto per il fatto che, con il passaredel tempo, si ritiene che i metodi e leevidenze siano migliori rispetto quellepreesistenti se già accettati dalla comu-nità scientifica internazionale ed ancheper il fatto che molti di essi sono dellerevisioni della letteratura esistente, ergo offrono uno spettro di informazioniben preciso riguardo la letteratura esi-stente.Criteri di inclusione ed esclusione deglistudiSono stati inclusi tutti gli articoli riguar-danti l’argomento da trattare trovati inletteratura dal ricercatore, ovviamenteattinenti all’educazione e formazionedegli studenti infermieri e soprattutto aiprogrammi educativi. Sono stati individuati 12 articoli scienti-fici pertinenti l’argomento ed il miglio-ramento della disciplina delle Cpattraverso l’inserimento nel curriculumdi base degli studenti infermieri di unprogetto mirato alle Cp.

Parole-chiave: nursing student, nursingstudents, pupil nurse, pupil nurses;education, coaching, breeding, instruc-tion; palliative care, quality of life com-binate attraverso l’utilizzo degli ope-ratori booleani nei DB su cui la ricercaè stata effettuata.

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Formazione sanitariain Cure Palliative:una revisione della letteraturadi Matias Eduardo Diaz Crescitelli, Francesco Scerbo, Carlo Catanesi, Giorgia Appicciutoli

RISULTATI DELLA REVISIONE BIBLIOGRAFICA

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RISULTATI DELLA REVISIONE BIBLIOGRAFICA

ANALISI CRITICA DEI RISULTATIDalla revisione dell’articolo di Mutto, Errázquin, Rabhansl, Villarsi evince che gli studenti di Infermieristica hanno bisogno di unaformazione per quanto riguarda il fine vita. Questo articolo è stato preso in considerazione per la forte af-finità con l’argomento di ricerca, per il disegno di ricerca (Rct) eper la validità del progetto messo in atto. Il limite di questa ricerca è che il campione non è rappresenta-tivo di tutta la popolazione, ma soltanto di Buenos Aires e quindidi una cultura diversa da quella europea.L’articolo di Ramjan, Costa, Hickman, Kearns, Phillips tende asuggerire le modalità di integrazione della formazione in CurePalliative nel contesto formativo infermieristico. Nonostante sia un articolo di tipo editorial, viene preso in con-siderazione per lo scopo della stessa ricerca e quindi la sovrap-ponibilità con lo studio di revisione ora condotto.Il suo limite è di indicare, non in modo specifico, alcune pecu-liarità del programma “The Palliative Care Curricula for Under-graduates Program (PCC4U)” come, ad esempio, i criteri da

RISULTATI DELLA REVISIONE BIBLIOGRAFICA

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insegnare in ogni unità didattica. Nell’editorial di Lai, Ying e Chao sievince la definizione di un elenco di te-matiche da affrontare per offrire una ac-curata formazione in Cp.Inoltre, si indica la strada da seguire peril miglioramento di tali programmi inte-grando la pratica, l’istruzione e la ricerca. Questo articolo, nonostante sia di tal ti-pologia, viene preso in considerazioneper l'affermazione dell’importanza di unprogramma in Cp, nonché per la qualitàdella descrizione dei punti critici nellaformazione in tale area.Lo studio di coorte che Malloy, Paice, Vi-rani, Ferrell, Bednash hanno effettuatotra il 2001 ed il 2006 individua l’impor-tanza della formazione specifica in Cp ein fine vita dei docenti (Elnec-istruttore)che andranno ad insegnare agli studentiinfermieri. Questo articolo consiste di un campionemolto significativo per quanto riguardagli Usa.L’impatto che ha avuto è risultato posi-tivo e questo è un dato importante perindividuare la necessità di una forma-zione specifica in Cp.Il limite di questa ricerca è che il cam-pione, anche se di dimensioni grandi,non può essere rappresentativo di tutti icorsi di laurea in Infermieristica, se nonper gli Usa.Nello studio longitudinale di Barrere,Durkin, LaCoursiere si tenta di valutarel’influenza del programma di formazioneElnec nel bagaglio formativo degli stu-denti di Infermieristica in Canada. Lostudio consta di addestramento di stu-denti con ripetute prove prima e dopo ilprogramma. In questo modo, ed insieme ad una va-lutazione metodologica continua, sievince che il programma di formazioneElnec può essere inserito nel curriculumdegli studenti di Infermieristica perchéindirizza in modo positivo gli atteggia-menti nei confronti del fine vita. Il limite di questo studio è quello diavere un campione di convenienza e dinon rappresentare efficacemente la po-polazione di studenti infermieri. Offre,bensì, spunti favorevoli per quanto ri-guarda l’efficacia del programma Elnec. Lo studio-pilota di Brajtman, Fothergill-

Bourbonnais, Casey, Alain, Fiset haidentificato i punti critici del contenutodel corso Eolc (End Of Life Care) nellateoria e nella pratica clinica. I risultati hanno indicato che la riuscitadell’atto formativo dipende dall'enfasi edall'impegno di diversi professori e degliistruttori clinici con esperienza e/o dallacompetenza in quest'area. Nonostanteciò, la maggior parte del campione e deiprofessori sono d’accordo sul fatto cheil programma debba essere presente nelcurriculum formativo dello studente in-fermiere. Il limite di questa ricerca è che si trattadi uno studio-pilota, con campione diconvenienza e quindi non rappresenta-tivo della situazione globale. Ma affermala necessità di un programma formativospecifico in End Of Life.L’articolo di Paice, Ferrell, Virani, Grant,Malloy, Rhome ha come obiettivo quel-lo di valutare l’efficacia del progettoELNEC-Graduate nel curriculum degli in-segnanti di Infermieristica. Si tratta di uno studio descrittivo pro-spettico che, pur avendo come oggettodi studio un campione di convenienzaevidenzia l’efficacia e la richiesta da par-te degli insegnanti di Infermieristica diseguire il corso Elnec perché migliora lecapacità di insegnare le cure nel mo-mento di fine vita. Un limite di questa ricerca è quella diavere un campione ridotto e di conve-nienza. Nonostante ciò i risultati individuano il bi-sogno, da parte degli insegnanti, di se-guire un corso Elnec-Graduate.Lo scopo dello studio-pilota di Hall, Wea-ver, Fothergill-Bourbonnais, Amos, Whi-ting, Barnes, Legault è verificare se esi-ste la necessità di introdurre i concettidi morte del fine vita nel curriculum dellostudente di medicina e delle professionisanitarie. Dai risultati si evince un atteggiamentopositivo nei confronti di una adeguataformazione per quanto riguarda il finevita. Si evidenzia, dal primo momento, comelimite il numero esiguo di studenti presiin studio (solo otto), accentuato dal fattoche sono studenti di tre professioni di-verse (Medicina, Infermieristica e Cura

Spirituale) ed, inoltre, la mancanza distrumenti validati a livello internazionaleper condurre lo studio.La ricerca (studio case–control) portataavanti da Kwekkeboom, Vahl, Eland sipone lo scopo di valutare atteggiamentidegli studenti nei confronti del corsoCompanion Cure Palliative sugli studentiinfermieri, nel quale si tenta di dare lorodegli strumenti per fornire un'adeguataassistenza in Cp. Si tratta di uno studio quasi-experimen-tal con somministrazioni di questionariprima e dopo il corso. Questo program-ma di formazione non ha prodotto rile-vanti risultati per quanto riguarda le co-noscenze e le preoccupazioni degli stu-denti: si evince soltanto come risultatoquello di una esperienza positiva vissutadagli studenti. Il suo limite maggiore, oltre al fatto di es-sere uno studio-pilota, è di non essereavallato da uno strumento validato e benaffermato nel campo delle Cp.Lo studio condotto da Fischer, Egan,Kassner, Kutner ha come obiettivo quel-lo di quantificare le ore che vengono uti-lizzate in media per l’istruzione deglistudenti infermieri da parte del perso-nale infermieristico dei centri di Cp. Si tratta di uno studio (cross-sectional)condotto a livello nazionale negli Usa dalquale si evidenzia che le strutture ho-spice forniscono una notevole quantitàdi educazione non compensata (circa 11-30 ore a settimana).Un limite di questo studio è quello dinon avvalersi di uno strumento forma-tivo in Cp preciso, ma del solo curricu-lum formativo personale, oltre cheall’esperienza lavorativa.Nello studio caso-controllo di Kwekke-boom, Vahl, Eland si introduce un corsodi volontariato in Cp nel corso.Si evince l’efficacia dell’inserimento nelcurriculum dello studente infermiere diun intervento formativo specifico nelcampo del fine vita.Come limite si può individuare l’esiguasignificatività del numero campionario ela mancanza di uno strumento valido perla formazione degli studenti in campo diCp.Lo studio realizzato da Mallory si ponel’obbiettivo di verificare gli effetti di una

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esperienza educativa Elnec per determi-nare se, con solo una sola esperienzaeducativa, vi siano effetti duraturi per lavita professionale.È emerso che gli studenti infermieri nelgruppo di studio hanno riferito un incre-mento dell’atteggiamento positivo versola cura del morente dopo l'interventoformativo.Vi sono stati dei miglioramenti dell’atteg-giamento nei confronti della morte dopocirca di quattro settimane.Si può, quindi, dire che l’intervento for-mativo Elnec aumenta notevolmente lecompetenze degli studenti nell’affron-tare il fine vita, quindi risulta uno stru-mento valido da inserire nel curriculumformativo dei laureati. Si individua come limite quello della nu-merosità campionaria; mentre il punto diforza di questa ricerca è quello di pren-dere come oggetto di studio un pro-gramma validato dal panorama scienti-fico internazionale.

Dalla letteratura presa in studio si evinceuna grossa carenza di formazione dibase in Cure Palliative nel curriculumdegli studenti infermieri e degli infer-mieri in generale.Inoltre, in molti studi in cui è stato appli-cato un progetto formativo si ottengonorisultati positivi dal punto di vista del mi-glioramento della qualità dell’assistenzaed anche dalla riduzione dello stress delpersonale che viene a contatto per laprima volta con questo tipo di assistenza. In letteratura sono evidenti alcuni pro-grammi formativi, la maggior parte di es-si si svolgono in America: solo uno nonoffre miglioramenti riferiti dal personale,ma consiglia vivamente la strada dellaformazione in Cp perché gradita agli stu-denti.Non a caso, nella Carta dei Diritti dei mo-renti, Milano 15 Maggio 1997, si legge:

“Chi sta morendo ha diritto ad essereconsiderato come persona sino allamorte, ad essere informato sulle sue

condizioni (se lo vuole), a non essere in-gannato e a ricevere risposte veritiere, apartecipare alle decisioni che lo riguar-dano e al rispetto della sua volontà, alsollievo del dolore e della sofferenza, acure ed assistenza continue nell’am-biente desiderato, a non subire inter-venti che prolunghino il morire, a espri-mere le sue emozioni, all’aiuto psicolo-gico e al conforto spirituale secondo lesue convinzioni e la sua fede, alla vici-nanza dei suoi cari, a non morire nell’iso-lamento e in solitudine, a morire in pacee con dignità”.

AUTORI:Matias Eduardo Diaz Crescitelli, infer-miere;Francesco Scerbo, infermiere libero pro-fessionista;Carlo Catanesi, infermiere clinico Moli-nette di Torino;Giorgia Appicciutoli, infermiera.

Barrere C.C, Durkin A, La Coursiere S, The influence of end-of-life education on attitudes of nursing students. Int J Nurs Educ Scholarsh. 2008;5:Ar-ticle11. Brajtman S, Fothergill-Bourbonnais F, Casey A, Alain D, Fiset V, Providing direction for change: assessing Canadian nursing students learning needs.Int J Palliat Nurs. 2007 May;13(5):213-21. Decreto Murst 3.11.99, Testo aggiornato al 13 Gennaio 2006. “Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei”A cura di Franco Burla, Elvira Lozupone, Sofia Capozzi, Elementi di Psicologia, Pedagogia e Sociologia per le Professioni Sanitarie. Edizioni Franco An-geli.Fischer S.M, Egan K, Kassner C, Kutner J.S, Healthcare professional education: a unique role for hospices. Am J Hosp Palliat Care. 2005 Jan-Feb;22(1):32-40.Hall P, Weaver L, Fothergill-Bourbonnais F, Amos S, Whiting N, Barnes P, Legault F, Interprofessional education in palliative care: a pilot project usingpopular literature. J Interprof Care. 2006 Jan;20(1):51-9.Kwekkeboom K.L, Vahl C, Eland J, Companionship and education: a nursing student experience in palliative care. J Nurs Educ. 2005 Apr;44(4):169-76. Kwekkeboom K.L, Vahl C, Eland J, Impact of a volunteer companion program on nursing students' knowledge and concerns related to palliative care.J Palliat Med. 2006 Feb;9(1):90-9. Lai W.S, Ying W.P, Chao C.S, Hospice palliative care education for nursing students, nurses, and advanced nursing practitioners. 2009 Feb;56(1):11-6.Legge 15 Marzo n.38 del 2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” Art. n.8. La Rivista Italiana di CurePalliative; Numero I Primavera 2010.Mallory J, The impact of a palliative care educational component on attitudes toward care of the dying in undergraduate nursing students. J ProfNurs. 2003 Sep-Oct;19(5):305-12. Malloy P, Paice J, Virani R, Ferrell B.R, Bednash G.P, End-of-life nursing education consortium: 5 years of educating graduate nursing faculty inexcellent palliative care. J Prof Nurs. 2008 Nov-Dec;24(6):352-7. Mutto E.M, Errázquin A, Rabhansl M.M, Villar M.J, Nursing education: the experience, attitudes, and impact of caring for dying patients by under-graduate Argentinian nursing students. J Palliat Med. 2010 Dec;13(12):1445-50. Paice J.A, Ferrell B.R, Virani R, Grant M, Malloy P, Rhome A, Appraisal of the Graduate End-of-Life Nursing Education Consortium Training Program.J Palliat Med. 2006 Apr;9(2):353-60.Ramjan J.M, Costa C.M, Hickman L.D, Kearns M, Phillips J.L, Integrating palliative care content into a new undergraduate nursing curriculum: theUniversity of Notre Dame, Australia-Sydney experience. Collegian. 2010;17(2):85-91.

BIBLIOGRAFIA

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ABSTRACTLe malattie cardiovascolari rappresen-tano, ancora oggi, la principale causa dimorte, essendo responsabili del 44% ditutti i decessi. Tra tutte, la cardiopatia ischemica è laprima causa di morte nei Paesi industria-lizzati, rappresentando circa il 28% ditutti i decessi con un numero pari a2.000.000 di malati e 350.000 nuovi ca-si/anno in Italia. Questo lavoro ha come argomento prin-cipale l’Infarto Acuto del Miocardio e,nello specifico, è volto all’analisi di tuttigli aspetti legati alla patologia: preventivi,etiologici, anatomo-patologici, diagnostici,riabilitativi ma soprattutto assistenziali.

Parole-chiave: assistenza infermieristica,Ima, enzimi cardiaci, Utic.

DISCUSSIONE Epidemiologia dell’Ima Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia laprevalenza di cittadini affetti da invaliditàcardiovascolare è pari al 4,4 per mille. Non a caso, il 23,5% della spesa farma-ceutica italiana, è destinata a farmaci perl’apparato cardiovascolare. I dati del registro nazionale degli EventiCoronarici e Cerebrovascolari mostrano,pure, un quadro sostanzialmente omo-geneo in tutt'Italia, cosa che sfata illuogo comune secondo cui di cuore ci siammalerebbe di più al Nord che al Sud. I tassi di incidenza dell’infarto, ad esem-pio, sono molti simili a Napoli e in FriuliVenezia Giulia, sia per gli uomini che per

le donne. La letalità coronarica è decisamente rile-vante in tutte le aree e peggiore nelledonne, come atteso: tra i pazienti colpitida infarto miocardico acuto, nell'etàcompresa fra 35 e 74 anni, tre uomini equattro donne su 10 muoiono entro 28giorni dall'esordio dei sintomi, principal-mente fuori dall'ospedale, prima di poteressere adeguatamente curati. Confron-tando i tassi degli eventi coronarici e ce-rebrovascolari, emerge che negli uominiprevalgono gli eventi coronarici, nelledonne quelli cerebrovascolari. Per quanto riguarda gli accidenti cere-brovascolari si conferma che nelle areedel Sud la mortalità è superiore rispettoal Nord, dato atteso per la più elevataprevalenza di ipertensione arteriosa eabitudine al fumo sia negli uomini chenelle donne.Il ruolo dell'infermiere come educatore alla saluteLa valenza sanitaria e sociale delle stimeepidemiologiche sulle malattie cardiova-scolari è accentuata dalla considerazioneche esse, o per lo meno in maggioranza(cioè, le forme arteriosclerotiche), sonoin larga parte prevenibili, almeno per il50% secondo le stime. Molti dei fattoridi rischio delle malattie cardiovascolarisono modificabili e, quando sono più diuno, hanno un'azione non solo addizio-nale ma moltiplicativa o sinergica nel de-terminare il rischio di malattia. Dall’analisi di quanto esposto, apparechiaro quanto sia importante porre in es-sere una costante e penetrante educa-

zione sanitaria rivolta alla popolazioneallo scopo di rendere accessibile a tutti iconcetti di prevenzione primaria e fattoridi rischio modificabili per la patologiacardiovascolare, così da sensibilizzare ilsingolo ad attuare degli stili di vita saniche gli permettano di abbassare l’inci-denza di questo tipo di malattia. Il professionista-cardine nel ruolo di edu-catore alla salute è senz’altro l’infer-miere che affianca a competenze di tipopratico-assistenziali quelle relative alladiffusione di corretti stili di vita.Oltre all’educazione sanitaria, e nell’ot-tica di attuare una prevenzione seconda-ria, risulta essere di fondamentale im-portanza una diagnosi precoce della pa-tologia infarto, all’esordio dei sintomi,così da rientrare nel trattamento (siaesso medico che chirurgico), nella fa-mosa “golden hour”, ossia nel temponecessario che permetta un interventotempestivo sulla patologia, con una ridu-zione significativa della morbilità/morbo-sità/mortalità associate all’evento, ga-rantendo una buona qualità di vita al pa-ziente nella fase post-acuta.L’importanza della Patologia Clinica nella diagnosi precoce di ImaIl laboratorio di Patologia Clinica svolgeun ruolo fondamentale nella diagnosidella patologia cardiovascolare. Eseguendo, infatti, un'analisi su campio-ni ematici, lo specialista patologo clinicoricerca l’eventuale presenza di marcatoribiochimici miocardiospecifici altamentesensibili, ossia di sostanze che si riversa-no nel sangue dopo danno ischemico e,

Il ruolo della patologia clinicanell’Infarto Acuto del Miocardio: aspetti clinici e assistenzialidi Sabato Albino

quindi, lisi del miocardiocita. (Fig.1-2)I marcatori, oltre a dare informazionecirca il danno avvenuto, sulla sua entitàe gravità, riescono a dare informazionianche sul tipo di lesione che c'è stata.Attualmente, la mioglobina è il biomarca-tore più utilizzato per svolgere il ruolo dimarcatore precoce di necrosi miocardica.La sua concentrazione aumenta in cir-colo tra la I e la V ora dall’inizio del doloree la sua misurazione, all’arrivo del pa-ziente al Dea, può essere molto utile peruna diagnosi di esclusione dell’Ima; ilpicco del rilascio si raggiunge intornoalle 10-12 ore, per poi decrescere finopraticamente ad annullarsi dopo 24-30ore dall’inizio dell’infarto.La mioglobina manca, tuttavia, di cardio-specificità, potendo essere aumentataanche in presenza di insufficienza renale,miopatie o traumi. La sua specificità diagnostica è di circail 67-95%, cosicchè l’impiego di talemarcatore richiede sempre l’associa-zione con la troponina, al fine di confer-mare, in caso d’aumento della mioglo-bina, l’eventuale presenza di danno mio-cardico, annullando i possibili risultati fal-si-positivi della mioglobina stessa. Riguardo al protocollo di campionamen-toper l’individuazione di un Ima acuto, utiliz-zando la strategia che impiega marcatoriprecoci e tardivi, la raccolta dei campioniper il dosaggio è raccomandata al ricoveroin ospedale e dopo 4, 8 e 12 ore. Sono stati anche proposti dei protocollipiù brevi, al fine di escludere più rapida-mente l’Ima a livello del Dipartimentod’Emergenza, ma la loro efficacia non estata definitivamente confermata. In alternativa alla mioglobina, anche semeno precoce, è ampiamente propostoin letteratura l’impiego, come marcatoreprecoce, del CK-MB in concentrazionedi massa o più raramente dell’isoformacardiospecifica MB. Infatti, gli isoenzimi della creatinchinasisono formati dall’associazione di due Mmonomeri, CK-MM che predominanonel muscolo o da due B monomeri, CK-BB, che predominano nel cervello enegli organi viscerali interni. La forma ibrida utilizzata in clinica, invece,è composta da due subunità M e una B.La concentrazione della CK comincia ad

innalzarsi a partire da 4-6 ore dopo l’in-farto e ritorna normale nel giro di 2-3giorni. Tenendo conto che la CK-MB è influen-zata da traumi muscolo-scheletrici gravi,la sua determinazione può raggiungereuna specificità diagnostica del 90%. Le molecole di CK-MB e la mioglobinasono presenti sia nel muscolo schele-trico che nel miocardio, pertanto a causadel ricambio cellulare attivo per le cellulemuscolo-scheletriche, la diagnosi di in-farto miocardico può essere effettuatasolo in presenza di un raddoppio dei lorovalori basali, rispettivamente di 6-10 µ/le 60-80 µ/l.In associazione alla mioglobina vieneproposto, e ormai largamente utilizzatonella diagnosi di Ima, il dosaggio delletroponine cardiache I e T: si tratta di pro-teine strutturali dell’apparato contrattilemiocardico, dotate di alta sensibilità edelevata cardiospecificità, la cui frazionemaggiore è unita strutturalmente alcomplesso tropomiosina, pertanto com-paiono nel plasma solo dopo lesioni cel-lulari irreversibili. Le troponine sono dosabili nel sangue intempi relativamente precoci (4-10 oredopo l’inizio del dolore toracico) e per-

mangono elevate per 4-9 giorni. Il limite massimo di riferimento plasma-tico è di 0,1 µ/l, valore molto basso pro-prio perché generalmente non è pre-sente nel sangue. L’elevata sensibilità e specificità (quasidel 100%) di tale proteina permette pu-re di identificare danni miocellulari di pic-cola entità, tali da non determinare alte-razioni significative della CK-MB, identi-ficando, all’interno dei pazienti con dia-gnosi di Ima, pazienti con danno miocar-dico minimo. Le diverse caratteristiche cinetiche deidiversi marcatori (tempi di picco e nor-malizzazione) suggeriscono la possibilitàdi un loro uso combinato: la migliorecombinazione sembra essere quella divalutare la concentrazione di mioglobinae troponine. Infine, i marcatori bioumorali di necrosipossono essere utilizzati per definire laripresa del flusso fornendo informazioniutili sull’efficacia del trattamento trom-bolitico: la mioglobina, grazie ad una ci-netica più rapida, può essere l’indicebioumorale più precoce di riperfusione,in quanto la sua curva di rilascio dopotrombolisi distingue il 70% dei malati ri-perfusi a 15 minuti dal trattamento.

Fig.1. Marcatori bioumorali di necrosi nell’infarto miocardico acuto

Fig.2. Tempo di rilascio dei vari segni biochimici di infarto acuto

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INFERMIERE E ASSISTENZA DEL PAZIENTE IN UTICDi fronte ad un sospetto di Ima, il primostep diagnostico consiste nell’esecu-zione di un prelievo venoso che per-metta di quantizzare il dosaggio deglienzimi cardiaci in circolo. Il ruolo dell’in-fermiere, nell’iter assistenziale al pa-ziente affetto da potenziale cardiopatiaischemica, inizia in questo momento:esso eseguirà il prelievo venoso, assi-sterà il paziente nell’esecuzione di esa-mi strumentali richiesti, collaborerà colmedico nell’interpretazione degli esamibioumorali e nella somministrazione del-la terapia farmacologica, controllerà evaluterà l’efficacia della terapia stessa esupporterà psicologicamente l’amma-lato e i familiare nella metabolizzazionedella notizia dell’evento patologico. Nel momento in cui dal sospetto dellapatologia di infarto miocardico acuto, sipassa alla certezza, è innanzitutto neces-sario che il paziente venga ricoverato alpiù presto in un’unità di Terapia Intensivacoronarica, ove sia possibile la monito-rizzazione elettrocardiografica e il rilievofrequente dei parametri vitali.L’infermiere di Utic provvederà, oltre al-l’incannulazione di una via venosa peri-ferica e all’assistenza al medico nel con-fezionamento di un accesso venoso cen-trale, all’esecuzione di esami ematochi-mici urgenti che permettano di quantiz-zare il sospetto diagnostico e individuare,ed eventualmente correggere, potenzialisquilibri elettrolitici. Verrà inoltre ese-guita un radiografia del torace al letto delpaziente e un Ecg a 12 derivazioni. L’infermiere dovrà, tra l’altro, assicurarsiche ci sia una presenza costante del car-rello dell’emergenza, che sia pronto al-l’uso, che siano presenti e non scaduti ifarmaci da utilizzare in una potenziale ria-nimazione cardiorespiratoria e che il de-fibrillatore sia costantemente in caricaelettrica così da esser pronto e funzio-nante, se necessario. Il professionista infermiere sarà respon-sabile dell’intero processo assistenzialedi cui risponde in prima persona. Il paziente verrà tenuto a letto per leprime 24-48 ore e nutrito con una dietainizialmente liquida, e leggera nei giornisuccessivi.

Se l’Ima decorre senza complicanze, lamobilizzazione può iniziare precoce-mente e il paziente può lasciare la tera-pia intensiva tra la terza e la quintagiornata. II paziente con infarto del miocardiodeve osservare il riposo assoluto, al finedi ridurre il fabbisogno energetico delmiocardio e favorire il processo di cica-trizzazione (è stato dimostrato che que-st'ultimo si realizza in un periodo di sei-otto settimane). Nei primi due-tre giorni, il paziente deverimanere a letto per la maggior parte deltempo; possono essere concessi solobrevi periodi di poltrona (15-30 minuti). Nelle giornate successive (tre-quattro), iperiodi di riposo in poltrona possono es-sere prolungati. Durante il periodo di permanenza a lettoè consigliabile che il paziente muova legambe, per prevenire la stasi e i possibiliaccidenti tromboembolici.La deambulazione va iniziata in III-V gior-nata e sempre in maniera graduale. È indicata una dieta ipocalorica, suddi-visa in pasti piccoli e frequenti; in casodi insufficienza cardiaca va ridotto l'ap-porto di sodio e incrementato quello dipotassio.La permanenza a letto e l'uso di analge-sici per la sedazione del dolore possonoprovocare stitichezza: è opportuno, in talcaso, aumentare la quantità di scorienella dieta ed utilizzare un ammorbi-dente delle feci o blandi lassativi. Le eva-cuazioni fecali, nei primi giorni, dovrannoavvenire a letto mediante l'uso di unacomoda.Se non intervengono complicanze, i pa-zienti possono proseguire la convale-scenza a casa (dopo un periodo di ospe-dalizzazione di almeno due settimane). La riabilitazione deve procedere in ma-niera progressiva, con piccoli sposta-menti in casa e, solo più tardivamente,nei dintorni. È necessario un adeguato riposo not-turno di almeno 8-10 ore e, in alcuni casi,ulteriori periodi di riposo nel corso delmattino e del pomeriggio. Vanno sempre rispettate le norme die-tetiche indicate e l'assoluta astensionedal fumo. Dopo sei-otto settimane circa,o prima di riprendere l'attività lavorativa,

è opportuno eseguire un test da sforzo. II paziente deve essere assistito nellasua globalità, poiché si tratta di un'in-sieme bio-psico-sociale. L'assistenza "psicologica" fornita dall'in-fermiere, incentrata sui bisogni del pa-ziente, gli rende più facile l'idea che nonsi senta estirpato dalla sua casa e dallasua vita ed affronterà con diverso spiritoanche la nuova realtà in cui si trova. Il paziente cardiopatico è molto partico-lare: in genere, si preoccupa di cono-scere la sua patologia, e tutti i rischi cheessa può comportare.L'infermiere, deve valutare lo stato emo-tivo del paziente perché è collegato allasua salute, ed agire di conseguenza.

INFORMARE E RASSICURARESin dal suo ingresso in Terapia Intensiva,il paziente, generalmente, è in preda al-l'ansia, può avvertire un forte dolore edessere spaventato da quest'esperienza. In questa fase iniziale, è difficile che pos-sa ricordare le informazioni che gli sonodate, pertanto, le comunicazioni tra in-fermiere e paziente devono essere limi-tate a spiegazioni semplici e rassicuranti. Molto spesso i pazienti sono sospettosio male informati riguardo agli apparecchidi monitoraggio, sarà quindi necessariodare spiegazioni sull'apparecchiaturausata e su tutto ciò che è fatto durantela loro permanenza in Utic.L'infarto induce una serie di esperienze,reazioni e comportamenti che condizio-nano la situazione psicologica del pa-ziente sia nella fase acuta, che in quellariabilitativa: ansia, depressione, irritabi-lità, disturbi del sonno, angoscia, sensa-zione di malattia invalidante, dipendenzadal medico, dai farmaci. Il paziente infartuato percepisce il pro-prio corpo come malato e indebolito,non è più controllabile né gestibile; il fu-turo diventa incerto, si ha la paura di nonpoter più far progetti a lungo termine. Il professionista infermiere dovrebbe de-dicare del tempo all'ascolto empatico fa-vorendo l'espressione delle paure ecreando le condizioni nelle quali la rassi-curazione ed il conforto possano trovareterreno favorevole per essere accettati.La depressione è tipica nel corso della

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convalescenza, soprattutto dopo che ilpericolo è passato, quando la routineospedaliera diventa noiosa e si ha il tem-po di pensare ai cambiamenti della pro-pria vita. Questo periodo è stato paragonato adun vero e proprio “periodo di lutto”, perla perdita della funzionalità e di capacitàfisiche.In alcuni casi, la depressione soprag-giunge solo dopo il ritorno a casa e spes-so si manifesta con astenia e dolore chesostituiscono - o completano - i sintomipsichici come perdita dell'appetito, in-sonnia, apatia e senso d'isolamento.Condizioni, queste, che possono esserepeggiorate da un comportamento iper-protettivo da parte della famiglia.

CONCLUSIONI Come ampiamente analizzato, le patolo-

gie cardiache risultano essere la primacausa di mortalità nei Paesi industrializzati. Stime statistiche dimostrano che il nu-mero di tali patologie è in aumento, edaumenterà ulteriormente nei prossimidieci anni. Analogamente e contestualmente all’au-mento dell’incidenza di questo tipo dipatologie, vi è la necessità che anche ladia- gnosi precoce, con l’introduzione nellapratica laboratoristica di nuovi indici emati-ci quale, ad esempio, l’ormone natriure-tico atriale tuttora in fase di perfeziona-mento, e la pratica assistenziale al pazienteinfartuato compiano continui progressi.Se, da una parte, il patologo clinico ha ilruolo fondamentale di permettere, me-diante analisi di campioni ematici, la dia-gnosi precoce di un’Ima in corso, l’infer-miere ha l’arduo compito di assistere,con competenze sempre più specifiche

e peculiari, l’ammalato.L’infermiere nel reparto di Utic è, tuttora,un professionista che si interfaccia dicontinuo, oltre che con l’attuazione dipratiche e tecniche di nursing estrema-mente collaudate e basate sull’evidencepractice, con sistemi bioingegneristici dimonitoraggio dei parametri vitali e stru-menti di diagnosi della patologia cardia-ca altamente tecnologici e informatizzati.Questo ha permesso una crescita pro-fessionale del caregiver, rendendo pos-sibile una professionalità a 360 gradi: as-sistenziale, tecnica, psicosociale, conl’auspicio che questa “crescita” possacontinuare ulteriormente ed aprire altriorizzonti alla professione infermieristica.

AUTORE:Sabato Albino, CdL in Infermieristica

“W”, università “La Sapienza”-Roma.

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ABSTRACTLe infezioni nosocomiali rappresentanoun problema di rilevante importanza perla sanità e numerosi studi confermanoche nelle unità di Terapia Intensiva (TI)esse riguardano la maggior parte del to-tale degli eventi epidemici che si verifi-cano in ospedale.Scopo di questo lavoro è mettere a con-fronto i costi della gestione delle infe-zioni ospedaliere acquisite nelle unità diterapia intensiva per una struttura sani-taria. Sono stati identificati quattro articoli cor-rispondenti alla tematica della revisione. I criteri di inclusione utilizzati per selezio-nare la bibliografia hanno preso in consi-derazione studi di tipo osservazionale esperimentale che hanno valutato i costinell’arco di un periodo descritto, costi di-rettamente imputabili alle infezioni ospe-daliere e verificatesi, esclusivamente,durante la degenza nelle TI. Gli articoli presi in considerazione sonosostanzialmente concordi nel rilevareuna correlazione tra le infezioni nosoco-miali sviluppate durante la degenza in TIe l’aumento dei costi per la struttura sa-nitaria: quindi, il controllo delle infezionicostituisce un obiettivo di primaria im-portanza per il nostro Servizio SanitarioNazionale nell’ottica di contenimento deicosti e di un utilizzo più efficiente dellerisorse economiche a disposizione. L’articolo esplora anche il ruolo che il co-

ordinatore infermieristico ha in termini diresponsabilità nella gestione del budgete delle risorse economiche sulla basedell’evidenced based nursing.

Parole-chiave: nosocomial infections,costs, intensive unit care, nurse mana-gement, nurse administration

INTRODUZIONELe infezioni acquisite in ospedale rappre-sentano un importante problema per laSanità. Le unità di TI (o ICU, secondo l’acronimoanglosassone) sono reparti nei quali il ri-schio di insorgenza di infezioni nosoco-miali è molto elevato. Infatti, numerosi studi hanno dimostratoche i centri di Terapia Intensiva rappre-sentano le aree ospedaliere nelle qualila presenza di infezioni nosocomiali èmolto elevata. Numerosi dati supportano tali afferma-zioni, sia nella letteratura anglosassoneche in quella italiana. Per quanto ri-guarda la seconda, già studi risalenti al1994 evidenziavano un maggiore rischiodi insorgenza di infezioni in TI come:• lo studio europeo di prevalenza di infe-

zioni nosocomiali in TI (Epic) che ha ri-levato una prevalenza di infezioni del21%1;

• lo studio Euronis condotto in Italia nel1991, che ha rilevato un’incidenza dipolmoniti Icu-specifiche del 9,4%2.

Dati italiani più recenti stimano che, ognianno, circa il 5-8% dei pazienti ricoverati(per un totale di 450mila-700mila), con-traggono un’infezione ospedaliera3.Se, come afferma il Centers for DiseaseControl and Prevention (Cdc) di Atlanta,il 30% delle infezioni nosocomiali sonoevitabili, di fatto, ogni anno, sarebbepossibile prevenire circa 135mila-210mi-la infezioni ospedaliere. Il dato è ancora più impressionante se siconsidera che 1.350-2.100 di queste in-fezioni conducono al decesso4.Lo studio di prevalenza INF-NOS 25 con-dotto in Italia dal 2002 al 2004, evidenziauna stabilità nella prevalenza delle infe-zioni, nel nostro Paese, pari al 6,7% esostiene, inoltre, che i gemi principal-mente implicati siano: PseudomonasAeruginosa, lo Staphilococcus Aureus el’Escherichia coli.Negli ultimi decenni, i Rapporti del Na-tional Nosocomial Infection Surveillance(Nnis)6 per il Cdc di Atlanta identificanoin quattro aree la localizzazione più fre-quente dei processi infettivi. Ancora oggi, in Italia, l’80% delle infezio-ni nosocomiali si localizza nelle stessequattro sedi: polmoni, tratto urinario, fe-rita chirurgica e sangue. Lo studio multicentrico INF-NOS 2 con-ferma che sono proprio le Unità di Tera-pia Intensiva (Uti) quelle ad esseremaggiormente implicate, con una per-centuale del 34% circa.

I costi delle infezioni nosocomialiin Terapia Intensiva e il ruolo delcoordinatore infermieristico:una revisione della letteraturadi Sondra Badolamenti

Anche i dati provenienti dalla let-teratura americana confermanoche i pazienti ricoverati in TI rap-presentano, in media, il 5-10%dei pazienti ricoverati in ospe-dale, ma sviluppano un quartocirca di tutte le infezioni acqui-site nell’ambito di un determi-nato presidio ospedaliero7. Inoltre il 90% circa degli eventiepidemici che si verificano inospedale interessa pazienti rico-verati in TI8 e la mortalità attri-buibile alle infezioni in essa èelevata9. Tra i numerosi fattori che con-corrono nel determinare un ele-vato rischio di infezione noso-comiale in TI hanno un partico-lare ruolo:• le condizioni, spesso critiche,

del paziente;• il frequente ricorso a proce-

dure diagnostiche e terapeuti-che invasive;

• la presenza contemporanea, inun area fisicamente limitata, dipazienti immunodepressi e/odi pazienti infetti;

• l’uso di farmaci immunosoppressori;• la selezione locale di microrganismi

multi-resistenti di difficile eradicazione.Esiste un sostanziale accordo in lettera-tura sulla necessità di attivare sistemi disorveglianza delle infezioni ospedalierenelle Uti.La necessità di farlo è sostenuta da va-lutazioni sia epidemiologiche (che pren-dono in considerazione sia la frequenzache la gravità del fenomeno in TI) cheeconomiche (in cui si valuta il rapportocosto-benefici delle infezioni). Già il Piano Sanitario Nazionale (Psn)1998-2000, tra gli obiettivi delle strutturesanitarie del territorio nazionale, ha indi-cato la riduzione del 25% delle incidenzedelle infezioni ospedaliere. L’obiettivo di questa revisione della let-teratura è mettere a confronto i costidella gestione delle infezioni acquisite inTI per le strutture sanitarie.

MATERIALI E METODISono state consultate le banche dati, inlingua inglese, Cinahl/Ebsco host e Pub-

med/Medline ed italiana Ilisi, prendendoin considerazione tutte le pubblicazioniche vanno dal 2004 al 2010. I limiti introdotti nella procedura di ri-cerca sono stati pazienti adulti (all adults19+years) e (humans), con documentipubblicati in inglese.Per quanto riguarda le pubblicazioni inlingua italiana, a causa della difficoltà areperire materiale on line, la datazionenon è così recente. Alcuni articoli in full text sono stati sca-ricati on line, per altri la rivista era a di-sposizione presso il Collegio Ipasvi diRoma. È stata, inoltre, effettuata una ricerca sualcune riviste pertinenti l’oggetto del la-voro, attraverso il catalogo italiano deiperiodici (Acnp), ma purtroppo non èstato possibile reperire altri articoli per-ché, ad oggi, le riviste di nostro inte-resse non sono presenti sul territorionazionale. Sono stati utilizzati i seguenti MeSHTerms: nosocomial infections, costs, in-tensive unite care, nurse management,nurse administration che sono stati

combinati con gli operatori boleani“and” e “or”. Sono stati, così, identificati quattro arti-coli corrispondenti alla tematica della re-visione. (Tabella 1)I criteri di inclusione utilizzati per selezio-nare la bibliografia hanno preso in consi-derazione studi di tipo osservazionale esperimentale che hanno valutato i costinell’arco di un periodo descritto: costi di-rettamente imputabili alle infezioni ospe-daliere e verificatesi, esclusivamente,durante la degenza nelle TI.

RISULTATIGli articoli presi in considerazione sonosostanzialmente concordi nel rilevareuna correlazione tra le infezioni nosoco-miali sviluppate durante la degenza in te-rapie intensive e l’aumento dei costi perla struttura sanitaria. Tutti questi dati siriferiscono, però, a studi americani. Le infezioni nosocomiali si verificano incirca il 10% dei pazienti ricoverati nelleTI.Tra le cause di infezioni ospedaliere, il31% riguardano le infezioni del tratto uri-

Tabella 1. Studi e relativi articoli ed autori

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nario, delle quali quasi il 95% sono as-sociate all’uso del catetere vescicale.Le polmoniti coprono il 27% delle infe-zioni nosocomiali, delle quali l’86% sonoassociate alla ventilazione meccanica. Le infezioni da contatto con sangue siverificano nel 19% delle infezioni noso-comiali, delle quali l’87% sono associateall’uso di cateteri venosi centrali10. Nel primo studio osservazionale, è statopreso in esame il campione di pazientidella TI dell’ospedale Baptist De Sotonel Mississippi, costituito da 28 postiletto, di cui 20 di terapia intensiva e ottodi sub-intensiva nell’arco di tempo cheva dal 1 ottobre 2002 al 30 settembre2003. Gli indicatori misurati sono stati glieventi avversi che si verificano per gior-nata di TI, come il tasso di infezioni pol-monari da ventilazione meccanica; leinfezioni da contatto con materiale bio-logico; le infezioni del tratto urinario. Quindi, si sono presi in considerazioneindicatori quali la durata della degenza egli indicatori economici che facevano ri-ferimento al costo per carico di lavoroper unità (al giorno per paziente) che èstato definito come il costo totale del-l’assistenza al paziente in TI nell’arcodelle 24 h ed estratto usando il softwareMcKesson.Il costo relativo al periodo totale di de-genza in Terapia Intensiva era definitocome costo per carico di lavoro per unità,moltiplicato con la media della durata didegenza. Si definiscono, quindi, chiara-mente gli indicatori utilizzati.Lo studio, inoltre, voleva verificare sel’introduzione di procedure volte al mi-glioramento della qualità assistenzialefossero efficaci nella riduzione dei costi.Esso ha dimostrato che un migliora-mento della qualità assistenziale ha por-tato ad una riduzione della percentualedi polmoniti associate alla ventilazionemeccanica passando dal 7.4% del pe-riodo precedente all’adozione di tali pro-cedure al 3.2% del successivo periodo. Inoltre, la media della durata di degenzadiminuisce di 2,5 giorni; così, il costo to-tale per paziente di terapia intensiva siriduce del 21%. Queste affermazioni, che lo studio pro-pone di validare e confermare con ulte-riori ricerche, permettono di concludere

che una riduzione del 20-30% dei costipuò essere raggiunta attraverso proce-dure che migliorino la qualità assisten-ziale.Nel secondo studio, il campione presoin considerazione è più ampio, ovvero di3230 soggetti reclutati in due complessiospedalieri di un centro urbano, non spe-cificato, così come l’arco di tempo ana-lizzato. Il totale dei pazienti afferenti in TI è statodifferenziato in pazienti provenienti damedicina, chirurgia e ortopedia.Sono stati presi in considerazione i datiretrospettivi risalenti ad un periodo di 24mesi, dati sia finanziari che strutturali, ri-cavati dal sistema di contabilità EclipseTSI.Lo studio ha analizzato dati clinici, dati ri-feriti alla struttura ospedaliera e dati diesito, come i costi riferiti a paziente. La percentuale di infezioni nosocomialinel gruppo di pazienti dell’area medica èstato del 21.5%, mentre quella nel grup-po dei chirurgici è stata del 14.4 %. Gli eventi avversi rilevati con maggiorefrequenza sono state le infezioni deltratto urinario.La ricerca ha dimostrato, inoltre, che leinfezioni nosocomiali aumentavano si-gnificativamente il costo per paziente, inparticolare di $1,005 nel gruppo medicoa causa di infezioni del tratto urinario edi $ 2,384 per ulcere da pressione.Invece, aumentavano di $1,044 nelgruppo chirurgico per le infezioni deltratto urinario e di $ 1,631 per le polmo-niti. Sicuramente, questo studio fornisceun'enorme quantità di dati, ma il suo li-mite è che non riesce a dimostrare unarelazione di causa/effetto tra le variabiliprese in considerazione.Rispetto allo studio precedente (che di-mostrava quanto un miglioramento dellaqualità dell’assistenza riduceva i costi as-sociati al paziente), in questo vengonovalutate nello specifico due variabili cor-relate all’assistenza infermieristica, qualiil tempo totale di assistenza generale in-fermiere-paziente e le ore effettive di as-sistenza diretta al paziente, senza tutta-via riuscire a dimostrare una correlazio-ne di causa/effetto tra queste due varia-bili e la riduzione dei costi per la struttura

sanitaria e rinviando ad altri studi taleobiettivo.Anche il terzo studio prende in conside-razione pazienti provenienti dall’area me-dica e chirurgica afferenti ad una TI di uncentro medico tra l’ottobre del 2001 egiugno del 2002. Il campione è costituito da 778 pazienti,quindi abbastanza ampio. Questo studio, effettivamente, ha dimo-strato che il costo totale dei pazienti cone senza sviluppo di infezioni nosoco-miali era significativamente differente($10,354 vs $3,985). In totale, i costi sostenuti per ciascun pa-ziente aumentavano di $3,306 e la du-rata di degenza ospedaliera di 18,2 giorniper paziente. Ogni giorno in più trascorso in TI aumen-tava di $353 i costi sostenuti per ciascunpaziente. Di conseguenza, lo studio conclude chela prevenzione dalle infezioni nosoco-miali può, di fatto, ridurre i costi direttiper paziente e diminuire la durata delladegenza ospedaliera.Il quarto ed ultimo studio concorda coni precedenti nel sostenere che le infe-zioni sviluppatesi durante la degenza interapia intensiva comportano un au-mento dei costi per la struttura sanitariacorrelata all’aumento della durata di de-genza media. L’indicatore preso in considerazione èfondamentalmente la durata media didegenza.Questo studio di tipo retrospettivo haraccolto dati provenienti da un campionedi 28 ospedali, con una capienza dai 30ai 616 posti letto, ma non viene specifi-cata la numerosità del campione. Il periodo preso in considerazione va dalgennaio al dicembre del 2004. Il costo medio di un evento di polmoniteassociato alla ventilazione meccanica,sviluppatesi durante la degenza in tera-pia intensiva, è stato stimato in $ 25.072. Tutti gli articoli concordano, quindi, sulfatto che le infezioni nosocomiali com-portano un aumento dei costi e della du-rata media di degenza.

DISCUSSIONENegli studi analizzati, spesso gli indica-tori utilizzati sono stati la qualità delle

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cure e la durata media di degenza. La polmonite nosocomiale e la polmo-nite da ventilazione sono spesso consi-derate come prevenibili qualora la quali-tà delle cure fosse ottimale. L’incidenza delle infezioni nosocomiali,quando disponibile, è a volte immedia-tamente utilizzata per comparare i variospedali o i vari paesi in un’ottica di ben-chmarking.Anche se è possibile utilizzare le percen-tuali delle infezioni nosocomiali per valu-tare la qualità di un programma dimiglioramento in un dato reparto, tutta-via la comparazione tra i vari ospedali o idiversi ospedali è ancora molto proble-matica11. Quando si cerca di confrontare i repartiutilizzando degli indicatori di qualità co-me la mortalità standardizzata, raramen-te è stato preso in considerazione il ca-se-mix.Per esempio, nello studio Epic vengonocomparate le percentuali di infezioni no-socomiali tra i vari Paesi, senza che ven-ga fatta una correzione proprio rispettoal case-mix.Anche la durata di degenza in TI è un im-portante fattore di rischio per la polmo-nite da ventilazione12 e vi è una logica echiara relazione tra percentuale di infe-zione nosocomiale e durata della de-genza, anche se la durata della degenzaè sorprendentemente e drammatica-mente differente tra unità o anche traPaesi13.Al fine, quindi, di comparare le percen-tuali di infezioni, per trovarne una corre-lazione con la qualità delle cure, sarebbenecessario prendere in considerazionefattori di rischio differenti, in quanto an-che il numero medio dei giorni di de-genza, preso isolatamente, non è unmetodo di riferimento sufficiente edesaustivo, però, è sicuramente una va-riabile di cui andrebbe valutato il pesospecifico sui costi.

CONCLUSIONI Dall’analisi degli articoli presi in conside-razione, si può sicuramente trarre la con-clusione che le infezioni nosocomialicontratte nelle Unità di Terapia Intensivacomportano un aumento dei costi per lastruttura sanitaria in primis e, quindi, co-

stituiscono un obiettivo di primaria im-portanza per il nostro Servizio SanitarioNazionale nell’ottica di contenimento deicosti e di un utilizzo più efficiente dellerisorse economiche a disposizione. Mentre esiste un sostanziale accordo,peraltro documentato da dati scientifici,che le infezioni nosocomiali Icu specifi-che comportano un aumento dei costi esu questo esiste un’ampia letteratura,scarsi sono i dati che confermano ilruolo del coordinatore nella gestione delbudget e, quindi, nel controllo delle infe-zioni nosocomiali.La letteratura italiana in proposito è as-sente, anche perché in Italia il coordina-tore è chiamato da pochi anni ad avereuna responsabilità nella gestione delbudget e a gestire le risorse economi-che sulla base delle evidenced basednursing.Diverso, invece, il caso della letteraturaamericana ed anglosassone.I cambiamenti che si stanno verificandonel panorama sanitario nazionale sicura-mente funzioneranno da incentivo per lestrutture sanitarie nel fare i necessari in-vestimenti per migliorare l’efficienza,specialmente se una nuova leadershipinfermieristica potrà dimostrare un mi-glioramento dell’efficacia delle proprieprestazioni attraverso una riduzione deicosti associati alle infezioni contratte inospedale. Infatti, il miglioramento della qualità insanità è multidimensionale e attraversale varie discipline coinvolte nell’assi-stenza ed è direttamente correlato al-l’assistenza infermieristica e al migliora-mento delle performance cliniche e ge-stionali.In quest’ottica, il coordinatore, oggi, èchiamato a svolgere il suo ruolo in piùambiti quali:• il miglioramento del personale infer-mieristico:il personale infermieristico è fondamen-tale per assicurare l’eccellenza operativa. Il National Quality Forum ha indicato chequasi la metà delle infezioni nosocomialiidentificate dal Cms (Centers for Medi-care and Medicaid Services) sarebberoprevenibili.Esse sono direttamente associate ad al-cune variabili dell’assistenza infermieri-

stica14. Vari studi hanno, infatti, dimostrato chegli eventi avversi (quali infezioni nosoco-miali, sepsi, infezioni del tratto urinario,cadute e errori di terapia) dipendono dapersonale infermieristico non efficiente15.Uno staff infermieristico adeguato, in-vece, può ridurre gli eventi avversi, lamorbidità e la mortalità16. • La stabilità del personale infermieri-stico:La sempre più crescente domanda diprestazioni infermieristiche, l’aumentatacomplessità assistenziale e un sempremaggior numero di pazienti acuti fannosì che sia sempre più importante all’in-terno di una organizzazione la stabilitàdel personale infermieristico.Un elevato turn over rende difficile, inun’organizzazione, la massimizzazionedell’efficienza e il miglioramento dellaqualità dell’assistenza. Compito del coordinatore diventa, allora,quello di supportare la direzione infer-mieristica della propria azienda nell’ela-borare e nel gestire protocolli che impat-tano sulla gestione finanziaria, sulla pia-nificazione delle risorse umane, sulla ge-stione della qualità, e nel migliorare l’am-biente di lavoro attraverso la facilitazionedi una collaborazione multidisciplinaretra le varie professionalità coinvoltenell’assistenza. • La creazione di una cultura dell’appro-priatezza e della correttezza: questa deve focalizzarsi non solo sulleazioni individuali, ma su una cultura dellasicurezza e della trasparenza che coin-volga tutti i dipartimenti dell’azienda. Diffondere una cultura della sicurezza ri-chiede da parte della leadership infer-mieristica l’impegno nel lavorare diretta-mente con lo staff nel costruire una fi-ducia nell’organizzazione. Il personale deve essere in grado di con-dividere e gestire i problemi, gli errori, iconflitti sia analizzando le azioni indivi-duali sia analizzando eventuali fattori chedipendono dall’organizzazione.• La riduzione dei continui cambiamentinella pratica clinica:il continuo aumento dei costi in sanità ela richiesta di un miglioramento dei risul-tati hanno reso essenziale l’adozione diinterventi di sperimentata utilità costo-

efficacia e la riduzione di interventi nonnecessari e spesso inutili.Di fatto, molti medici sono riluttanti nel-l’adottare procedure che possano aiu-tare a standardizzare l’assistenza: moltogioca probabilmente il timore di perderel’autonomia, la difficoltà nel portare la ri-cerca scientifica nella pratica clinica, loscarso accesso alla letteratura basatasull’evidenza scientifica. Compito del coordinatore infermieristicoè anche quello di lavorare con le altreleadership per determinare come l’assi-stenza possa diventare più standardiz-zata e basata sull’evidenza. Tutto ciò può essere raggiunto attraversola collaborazione con i medici nell’elabo-razione e stesura di protocolli di assi-stenza, sull’educazione con il personalesull’importanza di una assistenza stan-dardizzata e sul rendere questi protocollianche accessibili alla direzione sanitaria,che provvederà così alla loro divulgazione. • Un case management completo edesauriente:Il case management è una metodologiariconosciuta di organizzazione dei servizisanitari che mette al centro l’utente e isuoi bisogni, con l’obiettivo del raggiun-gimento di una integrazione tra gli inter-venti erogati e la maggiore appropria-tezza possibile.

Sicuramente, la dirigenza sanitaria conla riduzione della durata di degenza e ilmantenimento contemporaneo dellaqualità dell’assistenza17 ha degli ottimi ri-torni economici. La gestione del caso quindi richiede

“l’adeguamento delle figure sanitarie tra-dizionali, e in primo luogo degli infer-mieri, a ruoli di nuova responsabilità, incui le capacità di valutare i bisogni, di pia-nificare gli interventi e di mantenere li-velli di alta ed efficiente cooperazione tragli operatori e i volontari della rete infor-male cui l’assistito appartiene costitui-scono le principali caratteristiche”18.Il coordinatore, in questo senso, ha unruolo di primo piano nel facilitare la colla-borazione tra lo staff medico ed infermie-ristico e la dirigenza sanitaria, nel fornirestrategie per migliorare l’efficienza e co-struire tutte quelle competenze cheorientino verso il case management.Queste ed altre sono le aree di compe-tenza di un coordinatore. Ci sembra, però, importante concluderecon alcune riflessioni colte dalla nostrapratica clinica. La maggior parte dei coordinatori, oggiin Italia, proviene da una formazione ditipo empirico, ha sicuramente alle spallemolti anni di esperienza clinica e di la-voro nei reparti.

Tuttavia, da circa un ventennio (vediD.Lgs 502/92 e successive modifiche) sisono messi in moto dei cambiamenti insanità che hanno spostato l’attenzionesull’utilizzo sempre più efficiente ed ef-ficace delle risorse disponibili a causa diuna spesa sanitaria sempre più elevatae non più sostenibile.Tutto ciò ha focalizzato l’attenzione e gliinterventi su termini quali: appropria-tezza, efficacia, efficienza e budget. Oggi, molti coordinatori si trovano così

“spaccati” tra una formazione professio-nale eminentemente clinica e il mandatodella direzione infermieristica e sanitariasempre più orientata al contenimentodei costi e, quindi, vivono una difficoltàa conciliare un background clinico conuna quotidianità professionale proiettatasu bilanci di spesa e documentazioni re-gistrate di costi.Tuttavia, ad oggi, nell’adempimento ditale mandato non gli viene ancora rico-nosciuto alcun ruolo al tavolo decisionale.

AUTORE:Sondra Badolamenti, infermiere clinico,Master I livello in Management infermie-ristico per le funzioni di coordinamento;dottore magistrale in Scienze Infermie-ristiche ed Ostetriche, Complesso Inte-grato Columbus, Roma.

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BIBLIOGRAFIA

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Il cocktail della longevitàPaesi, culture e abitudini diverse alla base di vite lunghe o lunghissime. La mappa mondiale della longevità conferma che la ricetta per la “fontedella giovinezza” è davvero difficile da definire. Tuttavia, anche se non c'è una regola specifica e veloce per un'aspettativa di vita di 80, 90 o addiritturaoltre 100 anni, il mondo delle statistiche fornisce una panoramica di ciò che mantiene la gente più giovane e più a lungo. I Paesi con la più lunga aspettativa di vita media sono sempre quelli ricchi, con buoni sistemi di assistenza sanitaria e stili di vita sani e vedono ilGiappone in cima alla lista, in base ai dati del 2006 della Divisione statistica delle Nazioni Unite. Qui, l'aspettativa di vita media è di 83 anni. Seguono,Andorra, Australia, Monaco, San Marino e Svizzera (82 anni). Quelli con un'aspettativa media di vita di 81 anni sono: Canada, Francia, Israele, Islanda, Italia, Spagna e Svezia. Con una speranza di vita media di78 anni, insieme alla Slovenia e Cuba, ci sono gli Stati Uniti, in ritardo.Ci sono poi “tasche” di super-longevità osservate in diverse parti del mondo: l'isola di Okinawa in Giappone è rinomata per la sua vasta popolazionedi centenari, come, in Italia, la Sardegna.La chiave per raggiungere e oltrepassare l'età di 100 anni in questi luoghi pare essere una combinazione di genetica, buone abitudini alimentari,esercizio fisico, riduzione dello stress e forti reti sociali.

NOTIZIE IN PILLOLE

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È stato presentato, lunedì 29 aprile, al Policlinico "Gemelli", ildecimo “Rapporto Osservasalute 2012. Stato di salute e qualitàdell’assistenza nelle Regioni italiane”.La salute della popolazione sembra migliorare, nonostante lacrisi e i cattivi stili di vita adottati: comportamenti dannosi comesedentarietà e consumo smodato di alcolici.In questo sta il “paradosso”, evidenziato anche dal trend in au-mento della speranza di vita (dal 2007 al 2011, i maschi hannoguadagnato 0,7 anni e le femmine 0,5 anni).Continua la diminuzione del rischio di morte per le malattie cir-colatorie (per entrambi i generi nella classe di età 19-64 anni, -4,65% per gli uomini e -8,46% per le donne); tumori (la classedi età dove la riduzione è maggiore è 65-74anni, -6,97% per gliuomini e -8,71% per le donne); apparato digerente (la riduzionemaggiore si riscontra per entrambi i generi fra i 19 e 64 annicon -4,03% per gli uomini e -8,62% per le donne) e respiratorio(diminuzione maggiore tra gli uomini si riscontra fra i 65 e 74

anni e nelle donne over 75 con valori, rispettivamente, di -3,55% e -0,55%).Riguardo agli stili di vita, emerge un quadro in chiaroscuro: daun lato, aumenta il consumo di alcolici (+3,3%) e diminuiscequello di fumo; aumentano le persone in sovrappeso e obese(del 6,9% l'une e del 17,6% le altre) e i giovani - qualche voltamolto giovani - che adottano comportamenti a rischio, comel’avvio precoce al consumo di alcol e dal “binge drinking”.I 184 ricercatori autori del Rapporto, coordinati dal professorWalter Ricciardi, ordinario di Igiene alla Cattolica e direttoredell’Osservatorio nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane,hanno messo giù 462 pagine, suddiviso in due parti principali:la prima, dedicata alla salute e ai bisogni della gente; la se-conda, ai sistemi sanitari regionali nonché alla qualità dei ser-vizi.Il Lazio si rivela la regione più “istruita” (per numero di laureati),ma anche quella con la percentuale maggiore di fumatori.

Rapporto Osservasalute 2012Il “paradosso” italiano: cattivi stili di vita ma ancora buona salute

IV Workshop internazionaledel Centro di Eccellenza per

la Cultura e la Ricerca Infermieristica

Un nuovo passo in avanti per ilCentro di Eccellenza per la Cul-tura e la Ricerca Infermieristica,

nato in seno al Collegio Ipasvi di Roma.Lo scorso 8 maggio, in occasione del IVworkshop internazionale, dedicato que-st’anno al tema: “Etica della ricerca/Eticanella ricerca”, sono stati ufficialmentepresentati i membri del Comitato Etico.Si tratta di una tappa ineludibile nell'evo-luzione di un ente di cultura e ricerca sa-nitaria, al fine di garantire la sostenibilitàetica degli studi e dei progetti formativiproposti e attivati finora.Per poter implementare, infatti, le pro-prie attività secondo criteri di assolutamoralità e rigore scientifico, il Centro hala necessità di dotarsi di un autorevoleComitato Etico, che valuti sotto tale pro-filo i progetti di formazione e di ricerca.

Il seminario, ospitato nell'Auditorium delministero della Salute, ha rappresentatoun'occasione di analisi e di confronto,alla presenza di insigni studiosi italiani estranieri, particolarmente esperti su talitemi applicati alla ricerca infermieristica.Una variegata ricchezza di energie chesi evince scorrendo i nomi del neonatoComitato, formato da: Ann Gallagher(Regno Unito), Karen Holland (RegnoUnito), Martin Johnson (Regno Unito),Stefano Semplici (Italia), Annalisa Silve-stro (Italia), Antonio Gioacchino Spa-gnolo (Italia), Roger Watson (RegnoUnito). Il direttore del Centro di Eccellenza,Gennaro Rocco, dopo aver reso contodei 43 progetti già avviati e dei 35 attual-mente in corso, in collaborazione conuniversità, Asl, società scientifiche, Irccs

(leggi l’approfondimento alle pagine se-guenti), ha augurato buon lavoro alboard internazionale: “Siamo consape-voli che una disciplina si mantiene vivae si sviluppa solo se è in grado di inno-varsi, di evolversi, di esplorare nuove co-noscen-ze e poi di sperimentarle sulcampo. Noi tentiamo di farlo ispirandociai valori etici e deontologici ai quali laprofessione infermieristica da sempre siriferisce”. Nel contesto scientifico italiano, standoal decreto legislativo 211/03, la defini-zione di Comitato Etico è la seguente:“Un organismo indipendente, compostoda personale sanitario e non, che ha laresponsabilità di garantire la tutela dei di-ritti, della sicurezza e del benessere deisoggetti in sperimentazione e di fornirepubblica garanzia di tale tutela, espri-mendo, ad esempio, un parere sul pro-tocollo di sperimentazione, sull’idoneitàdegli sperimentatori, sull’adeguatezzadelle strutture e sui metodi e documentiche verranno impiegati per informare isoggetti e per ottenere il consenso in-formato”.Formulazione in linea con il recente de-creto ministeriale datato 8 febbraio2013: “I comitati etici sono organismi in-dipendenti cui sono attribuiti specifichecompetenze che hanno la responsabilitàdi garantire la tutela dei diritti, della sicu-rezza e del benessere delle persone insperimentazione e di fornire pubblica ga-ranzia di tale tutela”. È stato il celebreprofessore di Bioetica, Spagnolo, a trac-ciare, nel suo intervento, la storia dei co-mitati etici in ambito internazionale enazionale, analizzando anche le sfide fu-ture, in questo ambito.

Centro di Eccellenzapresentato il Comitato Etico

IV WORKSHOP INTERNAZIONALE AL MINISTERO DELLA SALUTE

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A partire dalla necessità di un sistemauniforme di certificazione dei vari Comi-tati. Concetti ripresi anche da Anna Galla-gher, docente di Etica infermieristica epresidente del Comitato Etico dell’Uni-versità di Surrey, in Inghilterra, che si èsoffermata sull’iter per garantire unapratica etica nella ricerca e per identifi-care criticità legate al consenso infor-mato, conflitti di interesse, trasparenzanelle procedure di reclutamento dei sog-getti. Martin Johnson (Università di Salford) haquindi proposto un excursus storico disperimentazioni, a partire da quelle to-talmente prive di etica, a danno degliebrei nei campi di sterminio o della po-polazione di colore in Alabama, fino adapprodare al moderno concetto di gover-nance della ricerca, basata sul principio:

La platea presente l'8 maggio all'Auditorium Biagio Alba del Ministero

Alcuni membri del Comitato Etico (da sinistra): Watson, Holland, Spagnolo, Gallagher, Johnson

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“primum non nocere”, pur sapendo chebisogna accettare che, seppure limitato,un certo grado di malessere può sempreverificarsi nei soggetti coinvolti. Un approccio più propriamente filosoficoè stato quello di Maddalena Pennac-chini, ricercatrice al Campus Biomedicodi Roma, che si è soffermata sul con-cetto di virtù e di propensione al bene.Il direttore responsabile del Journal ofAdvanced Nursing, Roger Watson, ha in-fine affrontato il tema degli aspetti eticiessenziali della pubblicazione scientifica:

dal plagio all’invio simultaneo di un arti-colo a più riviste, per arrivare addiritturaalla manomissione o alla falsificazionedei dati raccolti.Di qui, il racconto dell’esperienza inter-nazionale del Committee on PublicationEthics (Cope), fondato nel 1997 in rispo-sta alle crescenti preoccupazioni circal’integrità degli autori che inviavano i pro-pri studi alle riviste medico-scientifiche. Tutti gli interventi della sessione mattu-tina sono stati moderati da Rosaria Al-varo, Ausilia Pulimeno ed Alessandro

Stievano, mentre al pomeriggio da Ni-cola Barbato e Loredana Sasso che han-no coordinato il dibattito sull’esperienzadel board internazionale per la costitu-zione di un Comitato Etico per la valuta-zione dei progetti di ricerca del Centro diEccellenza per la Cultura e la Ricerca In-fermieristica.La giornata si era aperta con i saluti allaplatea da parte della presidente nazio-nale Ipasvi, la senatrice Annalisa Silve-stro e di Saverio Proia, in rappresentanzadel Ministero della Salute.

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Nasce la piattaforma “Valeo si vales”Il motto “Valeo si vales” significa letteralmente: “Sto bene se tu stai bene”. E quale epigramma può sintetizzare meglio la mis-sione dell’Infermiere moderno? Era la tipica frase impiegata nell'apertura delle lettere latine, ed è così che abbiamo voluto chia-mare la nostra piattaforma. Perché una piattaforma web? Ci hanno spinto essenzialmente due motivi. La necessità di visibilitàper entrare in contatto con una platea di interlocutori, ricercatori, progettisti dell’ambito della Cultura Infermieristica sempre piùvasta; da una parte non vorremo perdere le opportunità di proposte potenzialmente valide, e dall’altro far conoscere ciò che ab-biamo realizzato: è il circolo virtuoso della comunicazione; Siamo oramai al quarto anno di attività e la gestione di oltre 100progetti sta diventando una attività importante; se si pensa all’iter che un progetto fa, dalla proposta alla pubblicazione dei risultati,rispondendo a criteri di scientificità e di gestione di cui la rendicontazione, costituisce una fase cruciale, dovendo rispondere aicriteri di tracciabilità e trasparenza. In pratica cosa farà Vales per chi è interessato alla Cultura Infermieristica? Sarà disponibile atutti, aggiornata periodicamente, una sezione news con tutte le novità riguardanti gli aspetti di ricerca della nostra attività; sonoinoltre pubblicati tutti gli abstract dei progetti “in progress”; mentre attraverso la registrazione si possono vedere i dettagli deisingoli progetti e soprattutto scaricare il “pacchetto progetta con noi”con tutte le indicazioni per poter operativamente inserireun progetto. È in corso di allestimento la versione in inglese, sia dell’interfaccia che dei progetti di ricerca, inoltre la versatilitàdelle applicazioni consentono potenzialmente tutte le attività di networking: blog, forum, virtual community. L'indirizzo a cui col-legarsi è www.centrodieccellenza.eu

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I progetti del 2013del Centro di Eccellenza

Il Centro di Eccellenza per la Ricerca e la Cultura Infermieristica ha varato i progetti per l’anno 2013,approvando al contempo un upgrade dei criteri di valutazione scientifica degli stessi tramite dellelinee guida di presentazione e valutazione dei progetti stessi.Nel dettaglio, ecco i titoli delle ricerche attualmente in corso, corredati da un breve abstract.

POLO PER L’ISTRUZIONE

Costruzione di un modello per la valuta-zione del Core Competence infermieri-stico nell’esame di abilitazione profes-sionale (II fase)Scopo del progetto è quello di struttu-rare una valutazione delle competenzenell’esame di abilitazione professionaledei neo laureati in Infermieristica, attoalla “sintonizzazione” dei percorsi certi-ficativi delle università italiane, in lineacon le direttive europee e con le nuovenorme di competenze del profilo infer-mieristico individuate a livello nazionale.

Da Panacea a Igea: “Il potere della rela-zione di aiuto”. Strumenti relazionali eprofessione infermieristica Con questo corso formativo si punta aqualificare l’assistenza infermieristica inparticolare nel suo aspetto di relazionecon il sofferente e il “soffrire” quale ele-mento di stabilizzazione di un “benes-sere” legato ad una relazione trasparen-te con noi stessi ed il paziente.Favorire dunque il benessere nella rela-zione paziente-infermiere orientata allacostruzione di un contesto lavorativosoddisfacente e al miglioramento dellaqualità del servizio erogato.

L’assistenza infermieristica nelle comu-nità confinate: la persona detenutaIl corso formativo si prefigge di fornire

delle competenze specifiche di assi-stenza infermieristica verso la popola-zione penitenziaria che può compren-dere diverse tipi di fragilità. In tale contesto, l’infermiere che eser-cita all’interno delle carceri deve essereformato e aggiornato al fine di acquisireconoscenze e sviluppare competenzeper rispondere efficacemente ai bisognisanitari di detta popolazione.

Percezione e conoscenze dell’eserciziolibero professionale dell’infermiere nelpercorso formativo di base: un’indagineconoscitiva sugli studenti del terzo annodel corso di laurea in Infermieristica dellaregione Lazio L’indagine, attraverso la somministra-zione di un questionario strutturato aglistudenti del terzo anno di Infermieri-stica, si pone l’obiettivo di valutare edeventualmente implementare le cono-scenze degli studenti sull’attività liberoprofessionale infermieristica (normativadi riferimento, contesti in cui si svolge,oppor- tunità di lavoro, etc.). A tale ricerca è associato un corso di for-mazione sull’attività libero professionaleagli studenti del terzo anno dei corsi dilaurea in Infermieristica.

Etica – responsabilità – relazione – for-mazione In virtù della creazione recente, basatasulla “tradizione” del nuovo Codice de-

ontologico infermieristico dell’anno2009, si ritiene necessario declinare ter-mini quali l’etica, la responsabilità, la re-lazione e la formazione, che tenganoconto dei mutamenti normativi ed antro-pologici nel campo formativo, politicosociale, teoretico e della prassi, basatisull’evidenza scientifica. Essi si traducono in un monitoraggio dinatura educativa continua, per tutti i pro-fessionisti sanitari, con l’obiettivo di pro-muovere una cultura infermieristicaconsapevole della propria natura etica in-trinseca, indipendentemente dal conte-sto assistenziale nel quale si opera.

Proposta formativa per il governo cli-nico, la sicurezza dei pazienti e dei pro-fessionisti e la gestione del rischio clini-co con specifici metodi di analisiLe organizzazioni sanitarie sono sistemialtamente complessi. Le cause degli er-rori sono stratificate in cause prossimee cause remote. Agire solo sulle causeprossime manterrebbe inalterate le con-dizioni affinché il sistema possa, in fu-turo, evolvere ripetutamente in migliorioutcome di salute. È necessario, pertan-to, saper individuare, riconoscere ed in-tervenire sulle cause alla radice e, quin-di, impostare il risk management su unapproccio sistemico al fine di garantirela sicurezza dei processi assistenziali. La Root Cause Analysis è una metodo-logia strutturata per individuare le cause

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radice e attuare azioni correttive di si-stema.

Progetto per la formazione del personaleinfermieristico in materia di prevenzionedel suicidio Il prendersi cura del paziente a rischio disuicidio necessità di attenzioni e abilitàparticolari da parte del personale infer-mieristico. Tuttavia, in molti casi non è tanto un’abi-lità in una certa tecnica terapeutica adessere essenziale, quanto il caloreumano, la comprensione e la solidarietàpersino in casi in cui il paziente affermae nega un certo bisogno, come, adesempio, volere compagnia e voler staresolo, voler vivere e voler morire, volermangiare e non aver fame. Il progetto propone eventi formativi in di-versi contesti aziendali allo scopo di ap-portare informazione e formazione circail ruolo dell'infermiere nella prevenzionedel suicidio.

Assistenza infermieristica nel pazientesottoposto a terapie antiblastiche e qua-lità della vitaQuesto corso, strutturato in una gior-nata, è articolato in un percorso didatticoche si focalizza su argomenti legati allasomministrazione dei farmaci chemiote-rapici antiproliferativi, agli effetti tossicisul paziente e alla qualità della vita chene deriva.Le conoscenze che il discente deve ap-prendere attraverso questo percorsoformativo includono il monitoraggio e lagestione collaborativa delle tossicità dachemioterapia.Inoltre, verranno trattati argomenti di in-teresse infermieristico che interessanoi pazienti con patologia neoplastica sot-toposti a radio e chemioterapia che inci-dono in modo importante sulla qualitàdella vita come la fatigue, la perdita del-l’appetito, la perdita dell’autonomia.Le relazioni verteranno sulla revisionedelle evidenze scientifiche presenti in let-teratura e la presentazione di progetti diricerca in fase di ideazione o già sviluppati.

POLO PER LA RICERCA

Analisi dell’impatto del Centro di Eccel-lenza per la Cultura e la Ricerca Infer-mieristica sul cambiamento culturaledell’infermieristica in Italia Attraverso un’indagine quali-quantita-tiva, questa ricerca mira ad una ri-con-cettualizzazione delle basi del Centro diEccellenza secondo la cultura di riferi-mento e vuole focalizzare l’attenzionesui risultati del Centro in termini di out-come sulla formazione, sulla ricerca esull’Evidence Based Practice. Si mireràa delineare, inoltre, le dimensioni e le ca-ratteristiche del cambiamento culturaledella professione infermieristica in Italia,avvenuto negli ultimi venti anni.

La conoscenza dei cittadini e degli iscrittiall’albo professionale relativa alle attivitàdel Collegio Ipasvi di Roma Questo studio permetterà di avere ilgrado di conoscenza che gli iscritti e icittadini hanno sulle attività del Collegiodi Roma, anche in termini di accesso alportale e registrazione alla newsletter,permettendo di individuarne anche lafruizione e il grado di facilitazione ai ser-vizi da parte di questi due destinatari.

Studio controllato randomizzato in ciecosull'efficacia di un opuscolo informativoper pazienti candidati ad impianto di port Si tratta di uno studio clinico randomiz-zato controllato. I port sono dispositivi ad alta tecnologiache richiedono conoscenze specifiche eil cui impianto prevede una proceduraassistenziale chirurgica che può causareansia. Bisogna saper informare i pazienti chestanno per ricevere il port attraverso unopuscolo; valutarne l'efficacia da solo ocon il supporto personale nel ridurre l'an-sia del paziente durante l'impianto e nelmigliorare le informazioni a breve elungo termine. Valutazione in studio-pilota controllato,randomizzato, prospettico dell’uso dellapropoli per la prevenzione della muco-

site orale in pazienti con tumore al senotrattate con cicli di chemioterapia stan-dard (basati su Adriamicina e Taxani).

Integrazione sociale e lavorativa degli in-fermieri stranieri a Roma: approfondi-menti transculturaliSi intende compiere un approfondi-mento di tipo qualitativo su un collettivodi 40 infermieri di nazionalità peruvianaed indiana, residenti a Roma, e che ope-rano o in strutture pubbliche, o in strut-ture private o in realtà cooperative.La proposta progettuale mira ad interve-nire nelle situazioni di potenziale margi-nalità occupazionale in cui potrebberovenirsi a collocare gli infermieri stranieria Roma a seguito delle politiche di con-tenimento che la Regione Lazio sta con-ducendo per contenere il forte disavan-zo di bilancio.

Infermiere di famiglia e infermiere di“comunità”: nuovi protagonisti della sa-nità territorialeIl principale obiettivo è di individuare pro-fili di competenza e di pratica per l’infer-miere di famiglia e di comunità. A talfine, sarà condotta una ricerca su più re-gioni che permetterà di ricostruire i mo-delli organizzativi presenti in alcuni casiregionali e l’offerta formativa, per giun-gere alla definizione di competenze, fun-zioni e ambiti di lavoro.Inoltre, sarà realizzata una sperimenta-zione di “infermiere di famiglia” pressoalcune famiglie e case-famiglia residentinel territorio del II Municipio di Roma,per misurare il miglioramento dell’assi-stenza, in termini di salute aggiunta.

Rispetto professionale degli infermieri:uno sguardo europeoQuesto progetto analizza gli aspetti qua-litativi e teorici sulla dignità professio-nale ed il rispetto professionale degliinfermieri nei setting ospedalieri e di ter-ritorio in alcuni Paesi europei tra cui laGran Bretagna e la Finlandia.Scopo precipuo è quello delineare unconcetto teorico di rispetto professio-

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nale e di dignità professionale infermie-ristica a livello internazionale. Tale con-cetto complesso è composto da fattorisociali e da fattori intrinseci dell’eticitàumana.I differenti fattori sociali devono essereevidenziati con maggior chiarezza per ar-rivare ad una definizione univoca a livellomondiale e per migliorare la salute orga-nizzativa dell’infermiere.

Da studente infermiere a professionistadella salute: uno studio longitudinale sulprocesso dello stress e del burnout apartire dall’universitàLa ricerca in oggetto si propone di com-prendere quali sono i fattori più rilevantiche entrano in gioco nel processo dellostress e burnout degli infermieri a partiredall’università, e di identificare precoce-mente le dimensioni che possono agirenegativamente sul processo di assi-stenza e salute dei pazienti.

Valutazione quali-quantitativa del fabbi-sogno di assistenza territoriale degli ultra65enni nel LazioCon questa ricerca, si stimerà il numerodi soggetti anziani che necessitano di as-sistenza domiciliare e/o residenziale nelLazio e di quelli che necessitano di mo-nitoraggio. Sarà messo a punto un algoritmo di va-lutazione della domanda assistenzialenei soggetti anziani per intervenire suquesta tipologia di popolazione in cresci-ta numerica a livello nazionale e locale.

Progetto educativo “FolleMente”: cono-scere la malattia mentale, combattere ilpregiudizioPartendo dal progetto ministeriale intito-lato “Salute Mentale e stigma sociale”,studio pilota di questo lavoro, si vuoleproporre la realizzazione di un progettoeducativo chiamato “FolleMente”, nelquale sarà affrontato il delicato temadello stigma sociale del “matto” e saràevidenziato il ruolo dell’infermiere comeeducatore e promotore della SaluteMentale.

L’analisi sarà effettuata attraverso l’ uti-lizzo di un questionario, atto a racco-gliere informazioni su conoscenze, opi-nioni e atteggiamenti nei confronti dellemalattie mentali. Il questionario verrà somministrato aglistudenti di istituti medi e superiori conl’intento di analizzare le conoscenze edin base ad esse stilare il percorso edu-cativo.

La resilienza del caregiver della personaassistita in cure palliativeLo studio propone l’applicazione del co-strutto resilienza al caregiver informaleche agisce in cure palliative e si proponedi individuare le condizioni personali, disetting e, più in generale, assistenzialiche favoriscono una gestione dell’even-to malattia che associ all’inevitabile dan-no un possibile beneficio.

Progetto Educativo “FolleMente”: cono-scere la malattia mentale, combattere ilpregiudizioSi vuole proporre la realizzazione di unprogetto educativo chiamato nel qualesarà affrontato il delicato tema dellostigma sociale del “matto” e sarà evi-denziato il ruolo dell’ infermiere comeeducatore e promotore della salutementale. L’analisi sarà effettuata attra-verso l’ utilizzo di un questionario, atto araccogliere informazioni su conoscenze,opinioni e atteggiamenti nei confrontidelle malattie mentali. Il questionarioverrà somministrato agli studenti di isti-tuti medio - superiori con l’intento di ana-lizzare le conoscenze ed in base ad essestilare il percorso educativo. il progettoeducativo ha come fulcro centrale coluiche lo attua ed in questa specifica situa-zione veste i panni dell’ Infermiere.L’obiettivo principale del progetto “Fol-leMente” sarà quello di educare i gio-vani a guardare oltre le apparenze,cercando di capire che spesso, dietro uncomportamento bizzarro o ritenuto “di-verso”, si nasconde solo un forte biso-gno di aiuto.

Validazione linguistica e culturale dellaversione italiana della scala EdinburghFeeding Evaluation in Dementia (EdFED)La valutazione dei fattori correlati allanutrizione dei pazienti con demenza èun problema di grande rilevanza poichépermette di prevenire condizioni di mal-nutrizione nelle persone affette da talepatologia. La scala Edinburgh Feeding Evaluationin Dementia (EdFED) permette di valu-tare questi fattori, è stata validata in Cinae non esiste una versione validata in Ita-liano. La traduzione linguistica e lo stu-dio della validità di costrutto dellaversione italiana potrebbero essere digrande utilità per sviluppare il processoiniziato dai ricercatori che hanno con-dotto lo studio cinese.L'obiettivo del progetto è realizzare la va-lutazione della validità di costrutto dellaversione italiana della scala di valuta-zione alimentare sulla demenza Edin-burgh Feeding Evaluation in Dementia(EdFED). I partecipanti (circa 400) sa-ranno selezionati tra i residenti in strut-ture per anziani della Regione Liguria,con diagnosi di demenza.

Studio pilota clinico randomizzato e con-trollato della propoli nella prevenzionedella stomatite in pazienti adulti che ri-cevono chemioterapia per il cancro alsenoLa mucosite orale è un effetto avversoclinicamente importante, dose-limitantee costoso della chemioterapia. Non esi-stono trattamenti di provata efficacia perpazienti adulti con cancro al seno che ri-cevono regimi basati su adriamicina e ta-xani. La propoli è una sostanza naturalecon molte proprietà biologiche (antin-fiammatorie, antimicrobiche, antimicoti-che, antivirali, antiossidanti, immuno-modulatorie e anestetiche), in modospeciale per le malattie della mucosaorale, relativamente poco costosa e nontossica. La ricerca intende valutare la si-curezza, tollerabilità ed efficacia clinicapreliminare della propoli per la preven-zione della stomatite chemio-indotta in

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pazienti con diagnosi di cancro al senosottoposti a chemioterapia. I pazienti sa-ranno randomizzati a ricevere: un estrat-to secco di propoli con minimo 8% ga-langina più sciacqui del cavo orale conbicarbonato di sodio o sciacqui con bi-carbonato (gruppo di controllo). Risultatipreliminari sono stati presentati al Con-gresso Aiom 2012.

Valutazione sul campo della percezionedel paziente affetto da patologia cronicarispetto alle cure ricevute: effetti sugliindicatori multidimensionali presenti nelmodello del self-managementLo studio prevede la valutazione attra-verso il questionario Patient Asses-sment of Chronic Illness Care (Pacic)delle relazioni statisticamente significa-tive fra le caratteristiche del paziente af-fetto da patologia cronica e la percezio-ne che ha rispetto all’assistenza ricevutae al proprio stato di salute.

L’assistenza centrata sulla famiglia e lasoddisfazione dei genitori in neonatolo-giaIl quesito al quale si vuole risponderecon la linea di ricerca proposta è: la sod-disfazione delle famiglie in neonatologia(considerando anche l'outcome di allat-tamento), è influenzata da quantoespresso dai professionisti e dall'istitu-zione per quanto inerente l'assistenzacentrata sulla famiglia? La finalità è va-lutare la soddisfazione dei genitori nelleneonatologie di III livello ed esplorarequali siano le variabili associate riferite aiprofessionisti e all'organizzazione delleUnità operative neonatologiche coin-volte.

Progetto di ricerca multicentrica sullaSalute Organizzativa degli infermieri inservizio presso le Aziende Sanitarie diRoma e provincia (II fase)La prospettiva che si intende indagare,con questa seconda fase dello studiosulla salute organizzativa, attribuisce par-ticolare rilevanza al problema del “climaorganizzativo”, alla necessità di favorire

un chiaro ed esplicito “investimentoemotivo personale”, all’importanza deivalori da trasmettere alla necessità di as-sumere consapevolmente una dose di“rischio imprenditoriale”, all’interno delcomune collante rappresentato dagliobiettivi del primo studio (la conse-guenza di tali comportamenti porta la ge-nerazione di Kbo, ovvero knowledgebased organization).È in questa ottica che si inserisce la se-conda fase modello di ricerca che sivuole utilizzare per l’indagine sulla saluteorganizzativa degli infermieri di Roma eprovincia. Il modello è stato messo a punto dallacattedra di Infermieristica dell’universitàdi Tor Vergata di Roma attraverso il que-stionario Questionario Infermieristicosulla Salute Organizzativa, strumento va-lidato a livello nazionale ed internazio-nale per misurare i vari aspetti dellasalute organizzativa.L’indagine mira a far emergere la perce-zione, o meglio l’immagine, che gli infer-mieri hanno della loro situazionelavorativa, in quanto raccoglie dati sulledimen- sioni della salute organizzativa,passando attraverso l’analisi degli indi-catori negativi e positivi presenti all’in-terno del questionario utilizzato.

POLO PER LA FORMAZIONE

Corso di formazione teorico-pratica blen-ded on line in “Metodologia della ricercainfermieristica (IV edizioni previste per il2013)È rivolto a tutti gli infermieri i quali, aqualsiasi livello e in ogni contesto, aspi-rino a risolvere i problemi riguardanti lasalute e l’assistenza utilizzando un ap-proccio scientifico.Si tratta di un corso di formazione dibase, su un progetto di ricerca semplice(campo di indagine limitato e poche va-riabili osservate), con approccio esclusi-vamente quantitativo.

Strumenti e strategie per la ricerca bi-bliografica nelle Scienze infermieristiche

(V edizioni previste per il 2013)Il corso strutturato in due giornate, è ar-ticolato in due ampie aree tematiche. La prima, centrata sulla Bibliografia co-me disciplina fondamentale all’internodelle Scienze dell’Informazione nella suaapplicazione nell’ambito delle ScienzeInfermieristiche, è volta a fornire gli ele-menti indispensabili per una ergonomicaricerca bibliografica all’interno della pro-duzione scientifica nazionale e interna-zionale e alla metodologia relativa all’or-ganizzazione delle risorse utili. La seconda area tematica esplora i luo-ghi e gli strumenti dell’indagine biblio-grafica: la biblioteca luogo d’eccellenzadella ricerca e le nuove fonti telematichedella conoscenza. Il corso prevede anche delle esercita-zioni pratiche.

Corso di inglese scientifico per il nursingin 4 livelli: base-pre-intermedio-inter-medio-avanzato (IX corsi)Questi corsi nascono dall’esigenza di su-perare l’ostacolo della lingua inglese perpoter effettuare un’assistenza cultural-mente e linguisticamente attenta ai bi-sogni complessi dell’altro.

Fonetica e conversazione inglese (3 li-velli, III corsi)Questi corsi orientano il professionistainfermiere a sviluppare nuove compe-tenze linguistiche per rispondere ai biso-gni di corretta espressione in lingua an-glosassone, sempre più diffusa nel mon-do, ma anche per rispondere esaurien-temente ai numerosi bisogni assisten-ziali di una società sempre più intercon-nessa e per lavorare al fianco di colleghiprovenienti da molti Paesi diversi.

L’infermiere e la ricerca bibliografica nelmondo dell’informazione digitale (X edi-zioni)Il corso vuole offrire a tutti i professioni-sti che lo frequenteranno informazionispecifiche ed operative per il recupero el’analisi della letteratura scientifica ne-cessaria ad implementare le innovazioni

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in tutti i settori dove gli infermieri ope-rano: clinica, formazione, gestione, ter-ritorio.In particolar modo, verranno affrontatele modalità di recupero e consultazioneofferte dalla rete e dalle banche dati cheil Collegio Ipasvi mette a disposizione ditutti gli iscritti, attraverso la Biblioteca di-gitale (Cinahl Plus with full text, Ovid SP,Pubmed, Nursing Reference Center, Co-chrane etc..)

L’indicizzazione della letteratura scienti-fica nelle scienze infermieristiche (I edi-zione)Corso di formazione di tre giornate. I partecipanti, organizzati in gruppi, a cia-scuno dei quali viene assegnato untutor, dovranno consegnare, entro untermine stabilito, il rapporto finale di ri-cerca, da presentare in occasione dellaconsegna degli attestati.Al termine del corso, i discenti dovrannoessere in grado di inserire in modo au-tonomo dei dati sull’assistenza infermie-ristica nella banca dati Ilisi.

Corso on line: la ricerca delle evidenzescientifiche in reteSi occupa delle caratteristiche della let-teratura biomedica e delle tecniche dibase per la ricerca dell’informazione,con particolare riferimento all’utilizzodella banca dati Medline attraverso l’in-terfaccia PubMed. Presenta in modo semplice, pratico edefficace come imparare a conoscerecosa cercare (quesito), dove reperire l’in-formazione (fonti) e come affinare la ri-cerca (tecniche) attraverso suggerimen-ti, esempi ed esercitazioni.

POLO DELLA PRATICA CLINICA

Miglioramento della pratica assistenzialeattraverso la formazione di infermieri cli-nici esperti in Evidence Based PracticeIl progetto formativo presentato si inse-risce nel progetto complessivo relativoalla formazione dei clinical nurse leaderche, tra le varie fasi prevede il fornire agliinfermieri selezionati le competenze ne-cessarie per operare i cambiamenti ne-cessari nella pratica clinica. Obiettivi: innovare la pratica clinica infer-mieristica attraverso la formazione di in-fermieri esperti in Ebp; identificare eformare infermieri clinici esperti in gradodi guidare la revisione dell’assistenzanegli ambiti di pratica clinica; accrescerele competenze degli infermieri cliniciesperti in Ebp.

L’applicazione della Evidence BasedPractice finalizzata all’implementazionedelle buone pratiche infermieristicheIl presente progetto rappresenta la se-conda fase del progetto “il migliora-mento della pratica clinica infermieristicaattraverso l’utilizzo di infermieri cliniciesperti in Evidence Based Practice”, av-viato nei due anni precedenti, che pre-vedeva la formazione di Clinical nurseleader (Cnl) con elevate capacità di lea-dership e con competenze avanzate nel-l’ambito dell’Ebp. Si dovranno costituire all’interno di strut-ture sanitarie selezionate dei gruppi ope-rativi, costituiti dai Clinical Nurse Leaderneoformati che avranno l’obiettivo di ela-borare documenti che permettano direndere facilmente fruibili i risultati dellaricerca, e di sperimentare e valutare la

loro diffusione ed applicazione nei sin-goli contesti. Il progetto sarà di durata annuale e pre-vederà momenti di formazione teorica esul campo, monitorati attraverso incontriformali ed informali.

La complessità assistenziale: il punto divista degli infermieriLo studio intende comprendere il con-cetto della complessità assistenziale at-traverso l’analisi del pensiero degli infer-mieri al fine di proporre una definizionedella complessità assistenziale ed unostrumento di valutazione che la rappre-senti. Lo strumento sarà successivamente stu-diato secondo specifiche metodologie ereso operativo dopo uno studio mirato.

Migliorare il self-care nella persona conscompenso cardiaco attraverso il collo-quio motivazionale: un’esperienza inter-nazionaleL’obiettivo generale di questo progettoè di formare un gruppo di infermieri chegià lavorano con pazienti con Sc all’uti-lizzo del colloquio motivazionale nellapratica clinica. Questo progetto sarà integrato con ilprogetto di ricerca del Polo 2 "Self-carenel paziente con scompenso cardiaco",in quanto l'intervento che verrà effet-tuato dagli infermieri formati in questopercorso formativo, sarà testato con untrial clinico randomizzato controllato.

Proprio per parlare del Tuning, in vi-deoconferenza, è intervenuta lastudiosa Mary Gobbi, dell'univer-

sità di Southampton, Inghilterra (con latraduzione simultanea di GiuseppeAleo), che ha sottolineato l'importanzadi sintonizzare Paesi diversi su un pro-getto di studio condiviso, tale da favo-rire, grazie all'omogeneità dei contenutiappresi, la mobilità dei professionisti in-fermieri su tutto il territorio dell'Unione. Il che equivale a dire che, pur senzastandardizzare le attività didattiche (la-sciando, pertanto, libera�ogni università),è necessario provare ad esprimere il pro-filo accademico e professionale degli in-fermieri chiaramente e in sintonia con gli

Un modello per la valutazione del CoreCompetence del laureato in Infermieristica

GIORNATA DI STUDIO PROMOSSA DAL COLLEGIO DI ROMA

Un momento della videoconferenza di Mary Gobbi

In un contesto sociale ed economico in fieri, l'infermiere italiano, conseguita la laurea - di I e di II li-vello - è adeguatamente formato per rispondere alle esigenze dell'utenza e mondo del lavoro? In un contesto sempre più internazionale, saprà affrontare anche le sfide che gli vengono dal mercatooccupazionale estero? A questi, e a molti altri quesiti, hanno cercato di dare risposte gli esperti intervenuti, venerdì 22marzo, alla giornata di studio organizzata a Roma (presso la sede dell'Enpapi) dal centro di eccellenzaper la cultura e la ricerca infermieristica, promossa dal Collegio Ipasvi capitolino.Un momento di confronto e di presentazione di interessanti dati statistici e progetti sulla formazioneuniversitaria in Italia. Sempre di più, infatti, corre l'obbligo d'intendersi sulle competenze attese dopo aver frequentato icorsi di laurea in Infermieristica e sulle modalità con cui tali competenze vengano valutate all'esamedi stato abilitante. Così, se in Europa già vari gruppi stanno lavorando al riguardo, è stato proprio il Centro di Eccellenzadel Collegio di Roma a farsi portavoce della versione italiana del Tuning Nursing Educational: que-stionario self-report per la misurazione degli obiettivi formativi infermieristici riconosciuti da tutta laComunità europea.

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altri Paesi, soprattutto per favorire la li-bera circolazione dei saperi e delle cono-scenze.A seguire, si sono succedute le relazionidi: Alvisa Palese (dell'università di Udi-ne), Valerio Di Monte (dell'università diTorino), Maria Grazia De Marinis (delCampus Bio-Medico di Roma), AnnaMarchetti (dell'università Cattolica delSacro Cuore di Roma), coordinate e in-trodotte dai moderatori del Collegio diRoma: Ausilia Pulimeno (direttore delPolo per l'Istruzione del Centro), la pro-fessoressa Rosaria Alvaro (dell'univer-sità degli Studi di Tor vergata di Roma) eil docente di discipline infermieristicheAlessandro Stievano.“Già da tempo – ha spiegato il direttoredel Centro, Gennaro Rocco – l'Ipasvi col-labora con la Fepi (Consiglio Europeodegli Enti Regolatori delle Professioni In-fermieristiche, ndr) per dialogare con glialtri Paesi sui temi più attuali della pro-fessione. Quale fra questi può esserepiù importante della formazione? È ne-

La platea presente nella sala conferenze Enpapi di Roma

Il presidente Gennaro Rocco

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cessario, dunque, trovare degli stru-menti, delle linee-guida comuni per ge-stire, tra i Collegi, l'operato didattico, eper far sì che, se necessario, si procedaanche a degli aggiustamenti strada fa-cendo. Questo, perché per valorizzare lecompetenze di una nuova classe di in-fermieri è necessario che questa siastata 'educata' nella maniera più oppor-tuna ed efficace possibile. I sistemi diformazione professionale hanno la re-sponsabilità di indirizzarsi verso l'indivi-duazione e lo sviluppo di quelle compe-tenze necessarie ai professionisti del fu-turo.Il convegno è stato arricchito dalla par-tecipazione della presidente nazionaleIpasvi, Annalisa Silvestro, alla quale so-no state affidate le conclusioni. La presidente ha tenuto a sottolineareche, per determinare una svolta nelle lo-giche di governo del nostro Ssn, bisognaacquisire e diffondere la capacità di mi-surarsi sugli esiti e sui percorsi, di con-frontarsi sui risultati di salute reali e sugliaspetti economici che sottendono ogniscelta. Il nostro gruppo professionale – ha detto– sta fornendo un contributo determi-nante a tale processo, sia sul piano del-l'evoluzione culturale che sulla sua tra-duzione legislativa, contrastando le resi-

stenze al cambiamento, che pure re-stano tante e radicate.La valutazione delle competenze costi-tuisce, infatti, un tema di scottante at-tualità per la professione infermieristicae per l'intero sistema sanitario. Questagiornata di studio – ha conclusoSilvestro – è stata importante per-ché, promuovendo il confronto ela condivisione sulle competenzespecifiche degli infermieri e sullemodalità valutative dei percorsi ac-cademici, ha saputo guardare allaqualità dei contenuti e al rapportoche lega la formazione a quantoaccade ogni giorno fra gli operatoried i malati, nonchè nelle aule uni-versitarie.Il Centro di Eccellenza per la Cul-tura e la Ricerca Infermieristica èun progetto del Collegio Ipasvi diRoma, partito nel 2010. Si tratta diun’iniziativa unica in Italia e fra leprime in Europa, in linea con le po-sitive esperienze maturate negliultimi anni negli Usa, che contri-buirà allo sviluppo delle compe-tenze e al miglioramento delle per-formance sia dei singoli professio-nisti sia delle équipe professionaliimpegnate nell’assistenza alle per-sone. L`obiettivo dichiarato del

Centro è presto detto: far avanzare laCultura e la Ricerca infermieristica permigliorare l’assistenza ai cittadini ed ele-vare finalmente la qualità della perce-zione pubblica e sociale della nostranobile professione.

Rosaria Alvaro, Annalisa Silvestro, Gennaro Rocco

Il direttore del Polo dell'Istruzione, AusiliaPulimeno con Giulia Venturini

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In sanità, puntare all’eccellenza e allo sviluppo della qualitàdei servizi significa investire in cultura professionale. Il Col-legio ha quindi promosso e sostenuto con grande convin-

zione l’iniziativa della Federazione che oggi vede la luce: lasottoscrizione a livello nazionale della banca dati Cinahl di EbscoPublishing, una delle risorse più autorevoli e prestigiose per laricerca infermieristica. Ogni professionista dovrebbe possederela capacità di riconoscere, identificare, valutare e interpretare inuovi bisogni informativi e di applicare le conoscenze e le com-petenze acquisite nella propria realtà operativa. La Federazioneora offre all’intera comunitàdegli iscritti Ipasvi la possibi-lità di accedere gratuita-mente tramite il proprioportale www.ipasvi.it allaversione più completa deldatabase bibliografico. Il Ci-nahl (Cumulative Index toNursing and Allied Health Literature) è uno strumento fonda-mentale per la formazione, la ricerca e l’aggiornamento degli in-fermieri italiani. Nessun’altra professione nel nostro Paese haaffrontato un investimento così importante con l’obiettivo didare impulso al reperimento, alla valutazione e diffusione di in-formazioni a beneficio dell’assistenza erogata. Noi infermieri inquesto siamo all’avanguardia: favorire l’accesso alla letteraturascientifica di rilievo internazionale significa sostenere concreta-mente la trasformazione positiva nell’erogazione delle cure alpaziente, sempre più basate sulle migliori prove di efficacia di-sponibili. Il Collegio di Roma si è sempre impegnato in questadirezione e la biblioteca con il suo patrimonio bibliografico lo te-stimonia, dal 2011 mettendo a disposizione dei propri iscritti laBiblioteca Digitale ha ampliato la disponibilità del Cinahl withFull Text e di altre importanti risorse in accesso remoto: un ser-vizio gratuito che ha riscosso un grande successo in termini diinteresse e di consultazioni, sempre crescenti. Questa oppor-tunità si integra oggi con l’offerta nazionale dell’accesso a Ci-nahl Plus with Full Text, aggiungendo un nuovo tassello allastrategia della Federazione e all’impegno culturale e scientificodel Collegio di Roma, che ha fatto del Centro di Eccellenza perla Cultura e la Ricerca infermieristica un suo punto di forza e diprestigio internazionale. La versione Cinahl Plus with Full Textindicizza più di 4.900 riviste con una copertura bibliografica re-trospettiva a partire dal 1937 (3,6 milioni di record), incrementa

la disponibilità di full text (760 testate, 275 libri e monografie,134 documenti informativi sulle evidenze infermieristiche, 170lezioni rapide, 360 strumenti per la ricerca, 189 moduli per laformazione continua), uno strumento eccezionale da sfruttarein tutte le sue potenzialità.Per il Collegio di Roma la promozione culturale è essenziale, ecresce, in questo senso, il suo impegno verso gli iscritti. Inprimo luogo ha incentivato eventi formativi residenziali e itine-ranti, evidentemente di diversa complessità, inerenti la ricercabibliografica nelle scienze infermieristiche, per promuovere la

ricerca e dare i contenutinecessari per utilizzare lerisorse scientifiche dispo-nibili nella Biblioteca Digi-tale (10 corsi: 5 in sedemodulati su tre giornate, 5di un solo giorno sul terri-torio). Altro impegno è

stato quello di acquisire nuove risorse utili alla pratica clinica ealla ricerca, da gennaio 2013 sono disponibili infatti sul portaledella Biblioteca Digitale, nella sezione banche dati, oltre al Ci-nahl Plus with Full Text, anche Nursing Reference Center eConsumer Health Information, è presente anche la CochraneCollection Plus consultabile però solo presso la biblioteca dellasede. Nursing Reference Center è una banca dati Ebsco, fulltext, studiata per essere un supporto avanzato per la pratica cli-nica, progettata per gli infermieri che operano sul campo, con-sente di accedere alle sintesi delle migliori evidenze infer-mieristiche prodotte dalla ricerca e pubblicate in oltre 3.000 ri-viste specialistiche peer reviewed. Consente di accedere a lineeguida, protocolli, lezioni rapide su patologie e condizioni cliniche,informazioni farmaceutiche, fogli informativi basati su prove diefficacia, manuali, moduli di formazione continua, casi legali,moduli per l’educazione terapeutica del paziente ed altro an-cora, aggiornata nei suoi contenuti giornalmente può diventareuno strumento essenziale per la migliore pratica ospedaliera.Consumer Health Information, è invece dedicata all’educazionedel paziente, contiene migliaia di schede informative su patolo-gie, procedure ed altri argomenti di interesse clinico, sono di-sponibili video ed altri contenuti multimediali. Per la CochraneCollection Plus è notorio quanto siano scientificamente autore-voli le sue revisioni, la collezione fornisce i diversi database in-terrogabili singolarmente o in modalità aggregata.

Cinahl: Collegio di Roma capofilaper lo sviluppo della professione

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Si rischia un'altra estate caldatra crisi aziendali e tagli ai budget

DICONO NOI

La coda dell’inverno più drammatico per la sanità romanalascia tutti senza fiato. Il sistema sanitario regionale appare sul punto di sgreto-

larsi fra tagli di budget, crisi aziendali e personale disperato. Loscoramento prende il sopravvento. Non c’è più alcuna certezza e nemmeno i riferimenti istituzio-nali: manca una maggioranza in Parlamento, non c’è un Gover-no, il Lazio attende ancora la nuova amministrazione regionalee, con le storiche dimissioni di Benedetto XVI, non c’è più nem-meno il Papa.Intanto, gli scandali sanitari si rincorrono e guadagnano i titolicubitali di giornali e tv.

Specchio Economico (2/3/13) ospitala riflessione di Ivan Cavicchi, notodocente di Sociologia dell'organizza-

zione sanitaria, sulla relazione della Corte dei Conti che inquadrala sanità come un sistema piuttosto corrotto in cui dilaganoabusi e reati che producono costi enormi. “In base ai dati dellaGuardia di Finanza, dei Nas e della Corte dei Conti - spiega ilprofessor Cavicchi - siamo intorno a due punti percentuali dellaspesa nel complesso. Il fenomeno, a parte l'immoralità dila-gante, si chiama anti-economicità. Un sistema con ampie sac-che di anti-economicità costa di più e dà meno. Per me, ilproblema vero della sanità non è la sua spesa, che più o menoè nella media europea, ma la sua massiccia anti-economicità”.E aggiunge: “Non si risolve il problema dell'anti-economicitàsenza intervenire sulla governance, sugli intrecci tra modo digovernare e di spendere”.Nell’incertezza generale, il caso dell’Idi-San Carlo continua a te-nere banco sulla stampa.

La Repubblica (3/3/13) titola:“Nuovo corso all’Idi, i manager la-

scino l’incarico”. Nell’articolo si legge: “Una cura drastica persalvare l'Idi che potrebbe passare dal taglio dei superminimi deitop-manager alla loro 'disponibilità a rimettere il mandato daaprile'. Il delegato vicario dell'Idi, Giuseppe Profiti, ieri ha incon-trato primari e caposala dell’ospedale. Una cura necessaria peril rilancio dell’istituto travolto da debiti e inchieste giudiziarie.'L`Idi che uscirà alla fine di questo percorso - ha spiegato - saràdiverso da quello di partenza. Non è una crisi passeggera, ècambiato il mondo, deve cambiare l’Idi, nulla tornerà più comeprima'. E per questo, dice poi Profiti, 'abbiamo chiesto al diret-tore generale, sanitario e scientifico la disponibilità a rimettereil mandato dal primo di aprile e di rinunciare ai superminimi a

partire già da febbraio. Il direttore generale Braga ha già mani-festato la sua disponibilità'. Insomma, ora per il delegato vicarioc'è bisogno di un 'intervento di emergenza, di avvio per la gua-rigione' che potrebbe comprendere l'apertura a eventuali par-tner privati”.In uno scenario a tinte fosche, c’è comunque spazio per qual-che buona notizia.

Il Tempo (1/3/13) annuncia: “Dal Mini-stero 20 milioni per le malattie rare - Il

ministro Balduzzi: 'Venti milioni per sconfiggerle'. Il quotidianoromano riferisce le parole del ministro: “'Le malattie rare, di cuinel nostro Paese soffrono 1,5 milioni di persone, costituisconoun vero e proprio banco di prova dell’efficienza del Sistema sa-nitario nazionale. Abbiamo destinato alle malattie rare 20 milionidi euro più 15 milioni per i tumori rari'”.Piena di speranze la novità che viene annunciata al mondo daoltre oceano.

Il Corriere della Sera(5/3/13) scrive: “Negli

Stati Uniti bimba sieropositiva 'guarisce' dall'Aids”. Si leggeche: “i farmaci antiretrovirali, dati in gravidanza o durante ilparto, alle donne con l`Aids proteggano i bambini dal contrarrel’infezione lo sapevamo già. Ed è così anche per l’allattamentoal seno: i farmaci evitano che il virus col latte passi dalla mammaal bambino. Che cosa c’è di nuovo nel caso della bambina delMississippi? Che la mamma non sapeva di essere malata e, du-rante la gravidanza, non ha preso nessun farmaco e la bimba, a30 ore dalla nascita, aveva già il virus nel sangue. Vuol dire chesi era infettata nell’utero. Subito dopo la nascita è stata trasferitaal Mississippi Medical Center. Lì, chi l’ha presa in carico non havoluto aspettare nemmeno un giorno. L’ha trattata con gli stessifarmaci che si usano per curare chi è malato. E a dosi elevate.Dopo 30 giorni, il virus nel sangue non lo si trovava già più. Hacontinuato a fare i controlli ed è stato così per più di un anno.Del virus nemmeno l'ombra, anche il suo sistema immunitarioè normale a conferma che il virus se ne era andato del tutto”.Intanto, sul Soglio di Pietro sale Papa Francesco e Zingarettivince le elezioni regionali. La stampa prefigura per il neo governatore un lavoro durissimoper rianimare la sanità di Roma e del Lazio. Il Corriere della Sera (6/3/13) titola: “Rifiuti e sanità, tutto da ri-fare”. “Con Zingaretti a capo della giunta regionale, sarà lui aessere nominato nuovo commissario del governo. Così, Zinga-retti aprirà con un fardello immane il suo mandato. I debiti della

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DICONO NOI

sanità del Lazio sono arrivati a 10,7 miliardi. Su un totale di 22miliardi di buco della Regione, cifra che terrorizza. Sette di que-sti miliardi sono dovuti dalla Regione alle imprese, con tuttoquello che ciò comporta per il ristagno dell’economia. Zingaretti,si può presumere, cercherà di non riprendere dal cassetto il dra-stico Piano Bondi. Cercherà l’approccio razionale, che è ancheil più difficile da realizzare: lotta agli sprechi, non ai costi. Sprechicome quelli che permettevano di fatturare all’Idi, sotto inchiestagiudiziaria, 340 milioni di euro. O come quelli che intasano gliospedali di migliaia e migliaia di persone non bisognose di curespecialistiche”.In difficoltà finanziaria anche il Policlinico Gemelli.

Torna ad occuparsene diffusamente IlSole 24 Ore (6/3/13), che titola: “Così ilGemelli volta pagina”. Il servizio spiega:

“Nel 2011 il bilancio del Gemelli si e chiuso con una perdita dicirca 100 milioni e una prospettiva di ulteriori tagli nei finanzia-menti futuri. In questa difficile situazione di contesto, a frontedella necessità di recuperare al più presto una condizione di so-stenibilità economica, è stato messo a punto un percorso di ri-sanamento capace, oltre che di guardare ai conti, di tracciare ildisegno del Gemelli del futuro scongiurando, nei fatti, l’avvio diuna deriva fatta di tagli orizzontali e razionamenti che, invece,avrebbero determinalo il declino di uno dei più grandi ospedaliitaliani. Il Piano strategico del Policlinico Gemelli 2012-2016 fissain cinque indirizzi fondamentali i contenuti che porteranno, entroil 2014, all’equilibrio economico e, a regime, il definitivo conso-lidamento dei nuovi assetti organizzativi e dell’offerta e in grado,in prospettiva, di rafforzarne il ruolo nel Ssn e migliorarne ancorai livelli di qualità: 1) appropriatezza e qualità delle prestazioni; 2)efficienza nel nuovo modello organizzativo dell’assistenza; 3) ri-lancio del Policlinico nel contesto regionale, nazionale e inter-nazionale; 4) sistema di alleanze con il territorio; 5) centralitàdella persona, accessibilità e accoglienza”.Anche le strutture pubbliche sono in gravissimo affanno e laCorte dei conti fotografa il disastro della sanità nel Lazio par-lando di una “gestione confusa e atecnica”.

La Repubblica (9/3/13) titola: “Lasanità del Lazio a rischio default.

L’ultima eredità del governo Polverini”. Il quotidiano romano ri-ferisce delle osservazioni mosse alla Regione dai magistrati con-tabili: “Da una parte la necessità di assicurare i servizi essenziali,dall’altra la crisi di liquidità della Regione. Un binomio, scrivonoi magistrati, 'alimentato da una programmazione sfasata e daritardi cronici nei trasferimenti di risorse, che determinano ritardinei pagamenti dei fornitori e poco sopportabili oneri finanziari'.Problemi da affrontare in fretta se si vuole adeguare il sistemaalle nuove esigenze della popolazione. Per i giudici contabili, in-fatti, i posti letto per acuti sono troppi: oltre un quinto della po-polazione è ultra 70enne e necessita, più che di cure, diassistenza. Eppure, 'al 31 dicembre 2012 non risulta concretiz-zata la previsione di ottomila posti letto di Rsa (costano 98-111

euro al giorno, circa un quarto di un posto letto per acuti, ndr)contenuta nel piano 20072009'. Sono solo 5.597 quelli attivati.Da riorganizzare anche l’offerta ospedaliera, con la creazione diun unico polo oncologico d’eccellenza. Mentre va rivista la ge-stione dell’Ares 118, dove 'manca un adeguato sistema di mo-nitoraggio della produttività'. E delle Ausl, che fanno registrare'una situazione di diffusa irregolarità contabile, un non correttouso delle risorse e un elevato rischio di permanente squilibriodi bilancio'”.I guai non finiscono più e un altro caso finisce nel mirino dellastampa.

Il Messaggero (12/4/13) scrive:“Scarsa manutenzione e criticità

al Sant’Eugenio, chiude Emodinamica”. Si legge: “Chiuso il re-parto di Emodinamica del Sant'Eugenio, inaugurato un anno fa.'Sette, otto giorni e riapre, abbiamo riscontrato delle criticità',assicura il direttore generale Antonio Paone. Un passaggio deiNas, un controllo interno, alla fine la decisione. Il servizio è so-speso, a quanto pare il reparto (finanziato nel 2006) sarebbestato aperto senza le dovute autorizzazioni regionali”. Nello stesso articolo, il quotidiano romano si occupa anche deglisviluppi del caso Idi-San Carlo. Riporta una dichiarazione del di-rettore amministrativo del Bambino Gesù, Massimo Spina: “'Al-cuni, come gli infermieri professionali, potrebbero esserericollocati in ospedali come il Gemelli. Ma il piano industrialeprevede degli esuberi, e da quel numero non si può scappare.Quello che chiedo è unione di intenti da parte di tutti'. I sindacatiperò non ci stanno”.Complice il picco influenzale stagionale, i Pronto soccorso dellacapitale si riempiono a dismisura di pazienti in attesa. Il policli-nico di Tor Vergata tenta di rispondere all’emergenza con unanuova iniziativa e la stampa se ne accorge. Il Messaggero (13/3/13) scrive: “Pronto soccorso, a Tor Vergatauna task force contro le attese”. L’articolo spiega: “Una squa-dra alla E.R. per il Pronto soccorso di Tor Vergata. Il policlinicosi affida a una task force per affrontare una delle principali criti-cità di una delle più grandi strutture ospedaliere della capitale.A lavorare in team, proprio come nella celebre serie televisivastatunitense, medici e infermieri affiancati dal personale delladirezione sanitaria. La task force è stata istituita dalla Direzionecon una delibera per far fronte al sovraffollamento del Prontosoccorso. Dagli ultimi dati dell’ospedale, risulta che l’attesa perun ricovero in reparto arriva fino a 10 giorni e il numero di pa-zienti che attende in Pronto soccorso oscilla dai 40 ai 70. Latask force ha tra i suoi compiti quello di valutare le condizionidei pazienti in attesa, velocizzare i loro ricoveri in reparto o ledimissioni, e facilitare i trasferimenti in altre strutture. Si trattadi un gruppo di lavoro composto da 7/8 operatori dell’area dellamedicina d’urgenza e interna, che quotidianamente deve inoltrecomunicare alla Direzione quale è stato il flusso di accessi alPronto soccorso e le eventuali criticità”.Sul caso Idi-San Carlo continuano ad alternarsi notizie belle e

brutte.Il Tempo (16/3/13) titola: “Idi verso la normalità”. Si legge: “Èstata pagata ieri, come annunciato nei giorni scorsi, la tranchedi 1.600 euro per ciascun dipendente del gruppo Idi Sanità re-lativa al mese di febbraio, per un importo complessivo pari a 2,1milioni di euro. 'Un altro passo avanti nella direzione della nor-malità', afferma in una nota Massimo Spina, direttore generaledell' ospedale pediatrico Bambino Gesù e collaboratore del de-legato vicario Giuseppe Pronti per le strutture sanitarie dellaCongregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione. 'Dopo l’in-tesa raggiunta con le rappresentanze sindacali per chiedere l’in-tervento della Regione Lazio, quello di oggi è un altro segnaledi responsabilità, in una situazione che rimane estremamentedifficile'”.

Qualche giorno più tardi Il Mes-saggero (23/3/13) annuncia:

“Vertice in Regione. Idi, scongiurati i licenziamenti”. “Trovareogni soluzione possibile per evitare licenziamenti all’Idi-SanCarlo. È emerso da un tavolo convocato ieri in Regione, presentitutte le parti. 'Nessuna revoca dell’accreditamento', ha assicu-rato Zingaretti, ma la proprietà adegui le strutture alle norme disicurezza”.Fra i primi atti del neo governatore-commissario c’è lo stop allenomine nelle Asl.

Il Corriere della Sera(17/3/13) titola: “Zin-

garetti alle Asl: 'Basta nomine'”. Il servizio spiega: “Sanità e no-mine, Zingaretti dice basta. All’Agenzia di sanità pubblica ladelibera del 14 marzo prevede modifiche a regolamento e sta-tuto, al San Camillo due delibere incaricano per la gestione sini-stri due avvocati esterni (tre sono quelli interni) per 40 mila eurociascuno, oltre a una nomina sul punto di essere sfornata perun nuovo capo dipartimento, la Asl Rm C sta avviando una garada 18 milioni sulla sterilizzazione non autorizzata preventiva-mente, come è previsto dal decreto commissariale: così, il pre-sidente della Regione, Nicola Zingaretti, prende carta e pennae scrive una lettera ai direttori generali delle Asl per chiedere dilimitarsi a garantire i servizi, in attesa dei primi provvedimentidella Giunta per una 'spending review mirata'”.Zingaretti vara la sua Giunta mentre un’altra tegola minaccia diabbattersi sulla Regione.

Il settimanale Panorama(21/3/13) titola: “Causa al

Lazio sui pagamenti lenti”. Il servizio afferma: “Il Piano Bondiper la sanità nel Lazio rischia di saltare. La Farmafactoring, in-termediario finanziario che gestisce i crediti delle grandi casefarmaceutiche nei confronti delle Asl, ha presentato un ricorsostraordinario al presidente della Repubblica per contestare l’ac-cordo regionale sui pagamenti ai fornitori che impone tempi benpiù lunghi di quelli previsti dalla nuova legge entrata in vigore il1 gennaio. Nonché il fatto che pure per il 2013 nessun soggettopossa fare azioni esecutive (cause legali) nei confronti della Re-

gione per vedere riconosciuto il pagamento delle proprie fatture.'Un vulnus mai visto nei 27 anni della nostra attività', sottolineal’amministratore delegato Marco Rabuffi 'e in merito al qualechiediamo un intervento immediato, anche alla luce del fattoche nei confronti della Regione vantiamo qualcosa come 640milioni di euro'”.Come largamente anticipato dai media, il presidente Zingarettiriceve la nomina di commissario straordinario per la sanità la-ziale e annuncia la sua prima mossa. Il Corriere della Sera (22/3/13) scrive: “Zingaretti commissario:'Faremo a costo zero una commissione'. 'Ho detto al Consigliodei ministri che accettavo questo incarico con l’obiettivo di ri-spettare ma anche di promuovere una grande innovazione'. Ilneo governatore della Regione lo dice subito dopo essere statonominato commissario della Sanità dal governo. Individua im-mediatamente il primo obiettivo: 'Ora ci metteremo al lavoro eil primo impegno sarà quello di costruire una commissione dialtissimo livello che chiami a raccolta tutto il mondo delle pro-fessioni, per avere un luogo di confronto, monitoraggio e pre-parare un testo di legge quadro sulla sanità del Lazio'. Perché,secondo il neo governatore del Lazio, «la Regione ha bisognodi un modello sanitario che dovrà fondarsi su un testo dilegge'”.

Il Tempo (24/3/13) riferisce della pro-posta avanzata alla Regione Lazio

dalla Federazione dei medici di famiglia per disinnescare gli ac-cessi record nei Pronto soccorso. Nel servizio si legge: “Un piano sanitario elaborato dai medicidi famiglia in collaborazione con il Policlinico di Tor Vergata perriorganizzare la sanità senza costi aggiuntivi, ma ottenendo fi-nanziamenti dal taglio degli sprechi. La proposta è della Fimmge nei prossimi giorni verrà inviata a Zingaretti dal segretario delLazio Pierluigi Bartoletti. Il piano prevede il recupero a nuovafunzione dei 22 ospedali chiusi dalla Polverini. 'Saranno di co-munità, con moduli da 20 a 60 posti letto destinati prevalente-mente alla gestione di persone anziane affette da patologiecroniche e degenerative. Saranno gestiti dai medici di medicinagenerale'. Nel piano anche 500 studi di medici di famiglia, gliambulatori di prossimità, che opereranno in una sede unica edisponibili per i cittadini nove ore al giorno continuative e altre60 strutture aperte 12 ore al giorno sette giorni su sette doveopereranno a livello distrettuale medici di famiglia, pediatri especialisti ospedalieri”.Intanto, nuovi scandali esaltano il gusto quasi morboso deimedia verso i casi di malasanità. Il Tempo (26/3/13) titola “Bambino Gesù, soldi per l’intervento:due medici sospesi”. “Due medici sono stati sospesi dall’ospe-dale Bambino Gesù. È il risultato di un’inchiesta delle ‘Iene’. Idue propongono un intervento ad un bimbo di sette mesi in cli-nica privata per 38mila euro. Altrimenti, l’attesa è di alcuni mesi.Ma non dicono che a Roma c’è anche il Gemelli che fa lo stessointervento, gratis e senza aspettare”.

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La stampa si scatena anche per una nuova inchiesta sul SanGiovanni.

Repubblica (27/3/13) titola “SanGiovanni, caos a Neonatologia:

scatta la nuova inchiesta”. Nel servizio si legge: “A pochi mesidallo scambio delle flebo che provocò la morte di un neonato,a cui fu iniettato nelle vene latte invece di soluzione fisiologica,la Neonatologia torna nel mirino della procura. Stavolta per unallarme messo nero su bianco, che punta il dito contro carenzeinfrastrutturali del reparto che negli ultimi mesi sembrerebberoessere peggiorate. Con troppi rapporti conflittuali tra le diversefigure professionali e turnazioni troppo pesanti del personale in-fermieristico. Nel mirino del pubblico ministero Attilio Pisani, ti-tolare del fascicolo ancora senza indagati né ipotesi di reato, c’èin particolare un grave episodio avvenuto la sera del 30 novem-bre tra le mura di Neonatologia, quando a due mamme vienenegato l’accesso al reparto e quindi la possibilità di allattare ipropri figli, per una non specificata urgenza”.Il caso Idi continua ad agitare le cronache capitoline. Da un’intricata vicenda di ricorsi giudiziari, scaturisce l’ordine

del Tar di chiudere il San Carlo di Nancy, com-preso il Pronto soccorso. Poi la schiarita. Avvenire(28/3/13) annuncia: “Roma, resta aperto l’ospe-dale San Carlo”. E aggiunge: “Almeno per

adesso. Con un atto firmato dal segretario generale della Re-gione Lazio si è scongiurata la chiusura temporanea dell'ospe-dale San Carlo di Nancy”.

Sull’improvviso contrordine IlMessaggero (28/3/13) titola: “Il

gran pasticcio del San Carlo: 'Sospendete l’attività, anzi no'”. Sullo stesso caso il Correre della Sera (29/3/13) scrive: “Tratta-tiva per il San Carlo di Nancy. In campo Balduzzi e Zingaretti”.E spiega: “Balduzzi chiede chiarimenti sulla chiusura e riaper-tura dell'ospedale. Stamane la proprietà e la Regione si trove-ranno davanti al Tar, che tenterà l'opera di conciliazione”.Il giorno successivo lo stesso quotidiano (30/3/13) annuncia:“Idi, arrivano i supercommissari”. Si legge: “Svolta per la ver-tenza Idi. Inizia l’amministrazione straordinaria del Gruppo. Ierisera il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, hafirmato il decreto per l’ammissione all’amministrazione straor-dinaria del gruppo. Tre i supercommissari: Massimo Spina, at-tuale direttore amministrativo dell’ospedale Bambino Gesù ecollaboratore del delegato vicario Giuseppe Profiti per l’Idi, Car-men Regina Silvestri e un’altra professionista, Brusaghetti. Ilcommissario straordinario dovrà gestire tutta la crisi economicadel gruppo, compreso il futuro dei dipendenti, per 405 dei qualisi parlava nel piano industriale di messa in mobilità”.

Il Corriere della Sera(28/3/13) fa il punto

anche sulle altre gravi criticità sanitarie nella capitale. Il titolo è:“I nodi per la Regione: Policlinico Umberto I, Gemelli e SantaLucia. Ecco i casi critici per la Pisana”. Il servizio spiega: “Non

c'è solo la grave situazione dell’Idi-San Carlo tra i problemi piùurgenti della sanità del Lazio. La nuova giunta regionale guidatada Nicola Zingaretti ha una serie di vertenze aperte da mesi, pernon dire da anni, che si trascinano senza sosta e soprattuttosenza che nessuno (Regione, ministeri della Salute e del Tesoro)riesca a trovare una soluzione strutturale”. Cita a tal propositoil credito di centinaia di milioni che il Gemelli vanta con la Re-gione e il piano di ristrutturazione dell’Umberto I. E ancora i pesanti ritardi nell’erogazione dei finanziamenti alGruppo San Raffaele. Così pure per la Fondazione Santa Luciae per molti ospedali religiosi.Intanto, l’inchiesta della magistratura sulla vecchia gestione del

gruppo Idi ha sviluppi clamorosi. Leggo(5/4/13) titola “Malaffare diffuso: le cassedell’ospedale depredate di 14 milioni. Idi,

in manette padre Decaminada”. Il free press scrive: “Le cassedell’Idi come un bancomat da cui sono stati presi circa 14 milionidi euro. Un quadro di malaffare quello che emerge dall’ordi-nanza di custodia che ha portato ai domiciliari padre Franco De-caminada, consigliere delegato dell’Idi fino al dicembre del2011, e i due imprenditori Domenico Temperini e Antonio Ni-colella. L’accusa è di appropriazione indebita aggravata ed emis-sione di fatture false, emersa in seguito all’operazione ‘TodoModo’ della Guardia di finanza su disposizione del gip del Tribu-nale di Roma, Antonella Capri, scattata dopo il mancato paga-mento degli stipendi per 1.500 lavoratori”.

Lo stesso giorno Il Tempo (5/4/13) ag-giunge: “La Congregazione dei Figli

dell'Immacolata: 'Ci costituiremo parte lesa nel procedimento'”.Il quotidiano cita testualmente la nota diramata dai fratelli dellaCongregazione: “I padri ed i fratelli della Congregazione dei Figlidell'Immacolata Concezione, nell’apprendere la notizia dell’ap-plicazione delle misure cautelari restrittive della libertà nei con-fronti di padre Franco Decaminada e di altri ex dirigenti nonreligiosi del Gruppo Idi Sanità - così come intervenute nell’am-bito dell’inchiesta relativa al dissesto finanziario dell’Ente -, sep-pur addolorati per le contestazioni mosse ad uno dei loromembri, confermano la decisione assunta a suo tempo di co-stituirsi parte lesa nel procedimento”.La vicenda prosegue con colpi di scena a ripetizione che ten-

gono i dipendenti con il cuore in gola. Dopo l’en-nesimo vertice fra l’azienda e i sindacati, l’agenziaAnsa (10/4/13) lancia il dispaccio: “Idi: ok ritiro pro-cedura mobilità”. E spiega: “La procedura di mo-

bilità per 405 esuberi strutturali viene ritirata a fronte dellaimplementazione di azioni concordate fra le parti, tutte finaliz-zate a contribuire al risanamento del bilancio delle strutture. Èquanto sottoscritto nel verbale di accordo tra l’amministrazioneIdi e i sindacati. Le parti concordano di sollecitare la RegioneLazio a riconvocare al più presto il tavolo di crisi per esaminarecongiuntamente il presente accordo, proseguire il confronto giàavviato e, visto l’indiscutibile stato di crisi, autorizzare la con-

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DICONO NOI

cessione della Cig in deroga nei limiti già concordati. In talesede, la Direzione formalizzerà la chiusura della procedura dimobilità in essere”.Tre giorni più tardi l’Ansa (13/4/13) annuncia: “Idi, stop licenzia-menti. Cig per 200 lavoratori”. Nel dispaccio si legge: “Accordotra Regione Lazio, Gruppo Idi e sindacati: la procedura di mobi-lità per 405 dipendenti dell’Idi è stata ufficialmente ritirata. Unodei tre commissari dell’Idi, Carmen Silvestri, interpellata dal-l'Ansa, ha spiegato che ‘i licenziamenti sono stati così scongiu-rati’. La Regione ha concesso la Cig in deroga fino a 200dipendenti”.Nonostante il clima pesante da spending review, non c’è fine

alla “sprecopoli” in sanità. E allora Libero(13/4/13) rilancia sull’ennesimo caso. Sta-

volta, nel mirino finisce il Policlinico Umberto I. “L’ospedale af-fitta infermieri. Quelli assunti fanno altro”, titola il quotidiano. Ilsommario recita: “L’Umberto I paga 21 milioni di euro l’anno auna cooperativa perché fornisca personale in corsia. E i presuntiaddetti lavorano come impiegati”.Il nuovo corso alla Regione Lazio si fa sentire. Il presidente Zin-garetti commissaria la Asl Rm/E. Il Messaggero (16/4/13)spiega: “'Gestione irrituale e inadeguata dei rapporti con la Re-gione Lazio e carenza di controlli sulla gestione delle struttureprivate'. Sono le motivazioni con le quali Zingaretti ha commis-sariato l’Asl Roma E, con i poteri che gli sono assegnati dallalegge (il Governatore è anche commissario della sanità regio-nale)”. In una mail del ministero della Salute dello scorso 13 aprile, sidefinisce il riscontro dato dalla Direzione generale ai rilievi mi-nisteriali “non solo non tempestivo, ma ancora più insoddisfa-cente dal punto di vista dei contenuti poiché non esaustivo deiquesiti posti”. Commissario della Asl Roma E è stato nominatoAngelo Tanese, 47 anni, attualmente dirigente del settore finan-ziario del Policlinico Umberto I, tra i più giovani nell’elenco deidirigenti idonei a ricoprire la carica di direttore generale.Intanto, la magistratura si pronuncia sul ricorso contro il decretodell’ex commissario che taglia i rimborsi alle strutture sanitarie

private del Lazio. Il Tempo (16/4/13) scrive: “Il Consigliodi Stato boccia Bondi”. E ancora: “So-

speso il taglio del 7% del budget delle strutture private e reli-giose. Le strutture sanitarie private accreditate e classificatecantano vittoria. Il Consiglio di Stato ha infatti sospeso il decretodell’ex commissario alla Sanità del Lazio Enrico Bondi che ta-gliava il budget del 7% con effetto retroattivo, andando così acolpire anche le prestazioni effettuate nel 2012. La questionetorna così al Tar”.Buone notizie per la sanità convenzionata con la Regione Lazio

arrivano anche dal vertice con ilgoverno. Il Messaggero (18/4/13)

annuncia: “Sanità, dal governo arrivano 540 milioni per coprireil buco”. Si legge: “II presidente della Regione Lazio ha ottenutonel corso della prima riunione del tavolo tecnico di verifica sulPiano di rientro, lo sblocco da parte del governo di 540 milionidi euro, una vera boccata d’ossigeno per i creditori”.Con due mesi di anticipo sulla scadenza della sperimentazione,la Regione ingrana un'inattesa retromarcia sugli AmbMed, gliambulatori con i medici di famiglia che affiancano i Pronto soc-corso per il trattamento dei codici bianchi e verdi. Il Messaggero(22/4/13) titola: “Pronto soccorso, ambulatori anti-caos chiusi”.L’articolo spiega: “Da domani via le postazioni gestite dai medicidi base per i casi meno gravi. Si inizia da Pertini e Tor Vergata,poi toccherà a San Camillo, San Giovanni e Sant’Andrea. In unanno di sperimentazione, negli ospedali Tor Vergata e Pertini,13 mila pazienti sono stati visitati nell’AmbMed. In questo modosi è almeno in piccola parte alleggerito l’assalto al Pronto soc-corso. Ma domani i due AmbMed chiuderanno. Lo stesso av-verrà nei prossimi mesi per tutti gli altri ambulatori distribuiti inaltri ospedali di Roma e del Lazio: in totale sono 11 e in un annohanno dato risposte a 34mila pazienti”.Gli ingredienti per una nuova estate di passione con l’assalto aiPronto soccorso e il personale sotto stress ci sono tutti, ed èuna miscela esplosiva pronta a deflagrare. Come al solito, toccherà agli infermieri fare da artificieri...

Svelati i geni che danno forma al visoSono cinque i geni principali che gli scienziati hanno scoperto determinare le caratteristiche del volto umano. La ricerca che li svela è stata pubblicatasulla prestigiosa rivista Plos Genetics.Lo studio è divenuto un importante passo nella ricostruzione del codice genetico dell'uomo. Il professor Manfred Kayser dell'Erasmus University Medical Center di Rotterdam e autore principale dello studio, ha spiegato: “Questi sono i primirisultati interessanti che segnano l'inizio della comprensione della genetica umana della morfologia facciale. Forse fra qualche tempo sarà possibiledisegnare un ritratto fantasma di una persona, solo dal suo Dna, cosa che fornirà interessanti applicazioni ad esempio in medicina legale. Siamo giàin grado di stabilire dal Dna il colore degli occhi e dei capelli con precisioni molto elevate”. Lo scopo principale dei ricercatori rimane comunque la codifica di tutto il materiale genetico umano.

NOTIZIE IN PILLOLE

Secco no all’ipotesi Ue di accettare anche una scolarità ridotta per l’accesso alla formazione infermieristica

La Commissione Imco (Mercato Interno e Tutela del Con-sumatore) del Parlamento europeo ha definito, a gennaio,la proposta di modifica della direttiva 2005/36/CE sul rico-

noscimento delle qualifiche professionali. Il testo dovrà essere approvato definitivamente nella seduta del22 maggio 2013.L’esigenza di aggiornare la direttiva, sorta per facilitare la mobi-lità di personale altamente qualificato in Europa, in realtà, però,presenta alcune gravi criticità.Il nuovo art. 31 sulla formazione dell'infermiere ribadisce alcunielementi degli ordinamenti attualmente in vigore: tre anni di for-mazione, 4.600 ore, l’insegnamento teorico (che rappresentaun terzo) e quello clinico (almeno la metà della durata minimadella formazione) etc, ma introduce la possibilità di accederealla formazione infermieristica di base, oltre che con una scola-rità di 12 anni, anche con una di 10.La richiesta di abbassare a 10 anni la scolarità minima richiesta,portata avanti dalla Germania (con il sostegno di Austria, Malta,Paesi Bassi e Lussemburgo), rappresenta una posizione retro-grada, rischiosa per la sicurezza dei cittadini dell’Ue e penaliz-zante per la professione infermieristica. Per questo, da almeno due anni, l’Italia (assieme agli altri Paesiaderenti alla Fepi) sta esercitando un’intensa attività di lobbying

a sostegno dei 12 anni di istruzione generale per l’accesso allaformazione infermieristica e di un unico percorso formativo uni-versitario per gli infermieri.L’Ipasvi si è fatta carico di sostenere ripetutamente l'analogaferma presa di posizione in tutte le sedi competenti sia in Eu-ropa che in Italia, in particolare ai tavoli del ministero della Sa-lute.L’approvazione dell’attuale proposta di modifica assume,quindi, un carattere di particolare gravità anche perché ignorale opinioni e le richieste della maggioranza degli Organismi edelle Associazioni infermieristiche europee.Il rischio è che in Europa si vengano a creare due tipologie diinfermieri (universitari e non), lasciando ai singoli Stati la “li-bertà” di decidere se optare per la scelta della formazione uni-versitaria o meno.Nei margini consentiti dal previsto iter parlamentare, ormai allasua conclusione, ribadiamo l’impegno a sollecitare ancora glieuroparlamentari al fine di rivedere gli elementi critici della mo-difica della direttiva 2005/36/CE nella sua attuale stesura.

Il PresidenteGennaro Rocco

COLLEGIONOTIZIE

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AVVISO ECMIl Collegio Ipasvi di Roma organizza numerosi eventi formativi, semi-nari, convegni, workshop per l’Ecm di elevata qualità e tutti gratuiti,con iscrizioni libere e in sedi diverse per agevolare ogni collega. C’èperò il problema dei posti, necessariamente predefiniti, che imponeun tetto massimo alle prenotazioni. Si verifica spesso che le iscrizionisiano molte e assorbano presto tutta la disponibilità dei posti, mentreagli eventi si presentino effettivamente molti colleghi in meno diquanti abbiano prenotato. Ciò crea un grave disservizio e uno spreco di risorse, impedendo adaltri colleghi che vorrebbero partecipare di farlo.Si richiede pertanto un maggior senso di responsabilità, registrandosisolo se si è certi di poter partecipare. In caso di impedimenti impre-vedibili, si può comunicare tempestivamente la propria assenza all’in-dirizzo e-mail [email protected] o al recapito telefonico06.37511597, consentendo così ad altri infermieri di partecipare.

Egr. Presidente Regione LazioOn.le Nicola Zingaretti

Egregio Presidente,

facendomi interprete delle istanze del Coordinamento dei Collegi IPASVI del Lazio e degli oltre 43.000 Infermieri iscrittiai nostri albi, torno a segnalarLe alcune gravi criticità che affliggono il comparto infermieristico nella nostra Regione con effettinegativi sulla sicurezza dei Cittadini e sul diritto della comunità a ricevere cure e assistenza adeguate.

La perdurante carenza di personale in molte strutture sanitarie, le crisi aziendali di importanti centri, la precarietà semprepiù diffusa fra i giovani Colleghi, il mancato decollo dell’assistenza territoriale e lo svuotamento progressivo dei Coordinamentie della Dirigenza Infermieristica aggravano giorno dopo giorno una situazione già molto preoccupante, depotenziando servizi eprestazioni, demotivando e mettendo in serie difficoltà i professionisti.

Nell’incontro avuto con Lei presso la sede del Collegio prima del voto regionale insieme a tutti i presidenti dei Collegi econ il supporto di numerosi Consiglieri, ho avuto modo di illustrare in dettaglio le problematiche citate e le indicazioni degli In-fermieri per la loro soluzione. In quell’occasione abbiamo riscontrato una significativa convergenza su un modello orientato allosviluppo di una sanità territoriale che sappia utilizzare al meglio la figura strategica dell’Infermiere.

Le ribadisco quell’intento e la piena disponibilità del coordinamento dei Collegi IPASVI di a cooperare con la Sua Ammi-nistrazione per l’auspicata quanto necessaria svolta, nel segno di un Servizio Sanitario Regionale pubblico e universale, capacedi generare salute per tutti proteggendo le fasce più deboli della popolazione.

In questa ottica e con spirito collaborativo, sono achiederLe un incontro per esporLe le proposte della comu-nità infermieristica Laziale per superare l’emergenza e ri-lanciare una sanità più a misura di Cittadino e di Operatore.

Resto in attesa di un cortese cenno di riscontro e Leinvio i più cordiali saluti.

Il presidente del Coordinamentoregionale Collegi IpasviDott. Gennaro Rocco

Proponiamo di seguito il testo integrale della missiva inviata dal Coordinamento dei Collegi Ipasvi del Lazio al neo presidente dellaRegione, Nicola Zingaretti, alla luce delle gravi criticità che continuano ad affliggere il comparto infermieristico, nonché degli impegniassunti in campagna elettorale circa la valorizzazione professionale e il decollo dell’assistenza territoriale. Tutto ciò, in un quadro oc-cupazionale sempre più preoccupante, reso complicato anche dai numerosi vincoli a cui è sottoposto il Sistema sanitario regionalein regime di commissariamento.

Lettera aperta al presidentedella Regione Zingaretti

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NOTIZIE COLLEGIO

Si rinnova la presenza del Collegio Ipasvi di Roma a Sanit,il Forum Internazionale della Salute che celebra que-st’anno la sua decima edizione (18-21 giugno, Palazzo

dei Congressi di Roma). Per tutte e quattro le giornate dedicate all’evento, il Collegiocapitolino, presieduto da Gennaro Rocco in rappresentanza dicirca 31mila infermieri iscritti all’Albo professionale, proponegiornate formative, con rilascio gratuito di crediti per il pro-gramma di Educazione Continua in Medicina (4 crediti Ecm perevento). Martedì 18 giugno, l’attenzione sarà posta sul tema “L’eticanell’agire professionale”. L’obiettivo è una riflessione, non solodi natura speculativa, sull’importanza di una disciplina qualel’etica, rafforzando la dimensione del pensiero aristotelico, dove“tutte le discipline sono più necessarie dell’etica, ma nessunale è superiore”. In particolare, si tratterà di deontologia nellaprofessione infermieristica, alla luce delle recenti normative edei Codici di condotta adottati dalla Federazione nazionale. Il 19 giugno si discuterà di come “Valorizzare le competenzedegli infermieri”. Il generarsi con forza di nuove esigenze nel-l’istituire servizi, rivisitare luoghi di cura, sia ospedalieri che ter-ritoriali, rende infatti peculiare la modificazione del ruoloprofessionale, dato dalle competenze, abilità e capacità dell’in-fermiere. La ridefinizione degli ambiti di attività con modalitàmultiprofessionali, e il conseguente ampliamento delle compe-tenze/responsabilità acquisite nel percorso formativo - laureatriennale, laurea magistrale, master di I e II livello, percorsi for-mativi modulari strutturati dalle Regioni in base a specifiche esi-genze – costituisce l’ambito di azione e lo spazio istituzionalein cui proporre le necessarie modifiche. La valutazione dellecompetenze costituisce, quindi, un tema di scottante attualitànon solo per la professione infermieristica, ma per l'intero si-stema sanitario.

La giornata del 20 giugno offrirà due momenti formativi diversi.Il primo sarà incentrato sulle modalità operative per il recuperoe l’analisi della letteratura scientifica necessaria ad implemen-tare le innovazioni in tutti i settori dove gli infermieri operano;clinica, formazione, gestione e territorio.In particolar modo verranno affrontate le modalità di recuperoe consultazione offerte dalla rete e dalle banche dati che il Col-legio Ipasvi mette a disposizione di tutti gli iscritti attraverso labiblioteca digitale (Cinahl, OvidSp, Nursing Reference Center,Cochrane Database of Systematic Review). Il secondo momento si incentrerà sull’attività del Cives (Coor-dinamento Infermieri Volontari Emergenza sanitaria), un’asso-ciazione di volontariato nazionale articolata su base provinciale,inserita nel Piano nazionale di Protezione Civile e formata esclu-sivamente da infermieri regolarmente iscritti ai rispettivi CollegiIpasvi. Venerdì 21 giugno, infine, spazio all’associazionismo infermie-ristico e alla promozione culturale Le associazioni e le società scientifiche infermieristiche assu-mono un ruolo sempre più cruciale nella sanità a misura di per-sona e nel determinare processi assistenziali di qualità basatisu solide e validate prove scientifiche. I loro contributi nelcampo assistenziale e la promozione dello spirito scientifico edella ricerca infermieristica interdisciplinare contribuiscono apromuovere la sostenibilità del sistema sanitario attraverso unlavoro di rete per dare rilevanza a tutti i nodi, centrali e periferici,del Servizio sanitario nazionale. In tale contesto, diventa fonda-mentale conoscere il contributo associativo infermieristico cheha portato alla realizzazione di importanti traguardi assistenzialiattraverso l’apporto di stimati professionisti sempre pronti allapromozione della cultura infermieristica. Il programma dettagliato dei singoli eventi è disponibile sul sitoistituzionale www.ipasvi.roma.it

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NOTIZIE COLLEGIO

Sanit celebra la decima edizioneInfermieri capitolini sempre presenti

ÈRodolfo Lena (Pd) il nuovo presidente della VII Commis-sione consiliare permanente del Consiglio regionale delLazio “Politiche sociali e salute”. La nomina, il 10 aprile

scorso, durante la cerimonia di insediamento di tutti gli organipolitici della Regione Lazio, dopo la tornata elettorale che havisto prevalere il centrosinistra guidato da Nicola Zingaretti.Nella Commissione chiamata a lavorare, per i prossimi cinqueanni, sulle tematiche della sanità e del sociale, i vicepresidentisono Antonio Aurigemma (Pdl) e Gianfranco Zambelli (Pd). Glialtri componenti sono: Riccardo Agostini (Pd), Davide Barillari(M5S), Marta Bonafoni (Per il Lazio), Cristian Carrara (Per ilLazio), Fabio De Lillo (Pdl), Teresa Petrangolini (Per il Lazio),Devid Porello (M5S), Gianluca Quadrana (Lista Zingaretti), Fa-brizio Santori (La Destra), Olimpia Tarzia (Lista Storace), MarcoVincenzi (Pd). Per un totale di 14 membri (8 di maggioranza e 6di minoranza).“Il lavoro che attende questa Commissione – ha dichiarato ilpresidente Lena – rappresenta da subito una sfida di grande dif-ficoltà, considerate le alte aspettative della cittadinanza nei con-fronti della coalizione di governo guidata da Nicola Zingaretti.Sarà nostro compito coadiuvarlo nel delicato ruolo di Commis-sario straordinario per la Sanità regionale; così come sarà da su-bito all’ordine del giorno dei nostri lavori il recepimento dellalegge quadro nazionale per la realizzazione del sistema integratodi interventi e servizi sociali”.Tra i primi atti del suo insediamento, Lena ha tenuto a inviareun messaggio al Collegio Ipasvi: “Intendo rivolgere un saluto atutti gli infermieri di Roma e del Lazio, ringraziandoli per il pre-zioso lavoro che svolgono ogni giorno al fianco del cittadino e

rinnovando gli impegni assunti in campagna elettorale dal Pre-sidente Nicola Zingaretti sulla necessità di un nuovo modello disviluppo e di organizzazione, che finora di fatto è mancato, fa-cendoci vivere in un clima di precarietà professionale e assi-stenziale. È giunta l'ora di cambiare tutto, con l'aiuto di chi,come voi e come me, è abituato ad accettare senza timore ledifficili sfide che si presentano sul proprio cammino”.Il presidente Gennaro Rocco ha dichiarato di “apprezzare l’at-tenzione di Lena e di augurarsi che le sue parole si concretizzinoin una reale volontà di confronto e di collaborazione”. Il resoconto completo dell'incontro tra Lena e il Coordinamentoregionale Collegi Ipasvi è disponibile all'indirizzo web: http://www.ipasvi.roma.it/ita/article.php?story=20130524172305212

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NOTIZIE REGIONE

Insediata la nuova Commissione"Politiche sociali e salute"

Il neo presidente della Commissione Sanità, Rofoldo Lena, conil presidente della Regione Nicola Zingaretti

LA NOVITÀSbloccati 540 milioni per la sanità laziale

Nicola Zingaretti, in occasione della prima riunione del Tavolo tecnico di verifica sul Piano di rientro, svoltasi il 17 aprile, ha ottenutolo sblocco da parte del Governo di 540 milioni di euro. A convincere i tecnici dei Ministeri, secondo Zingaretti, alcuni provvedimentiannunciati dal nuovo Governo regionale, come la soppressione dell'Agenzia di sanità pubblica (Asp) e il riordino della macchinaamministrativa. Misure che dovrebbero consentire un risparmio di circa 90 milioni annui. Quello del Tavolo del Governo è stato “un gesto di grande sensibilità, ma anche una apertura di credito verso l'amministrazione- ha commentato il nuovo governatore - per le azioni messe in campo, nei giorni scorsi, per dare una governance accettabile adun sistema ormai fuori controllo”. Nicola Zingaretti ha voluto anche sottolineare che “il Tavolo ha giudicato in modo severissimola gestione e il lavoro svolto dalla Regione e dalla struttura commissariale nel corso del 2012. E questo spiega i motivi per cui,nello scorso anno, non c'è mai stato sblocco di risorse”.

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NOTIZIE REGIONE

Il primo maggio, l'Ordine dei Mi-nistri degli Infermi, fondato daSan Camillo de Lellis, primo in-

fermiere della Storia, si è riunito inCapitolo Generale per rinnovare isuoi vertici e stabilire le direttiveper affrontare le sfide dei prossimianni.Nessuno, forse, più dei Camilliani,può comprendere l'essenza dellamissione infermieristica: affrontarel'assistenza agli ammalati di tutto ilmondo coniugando cura corporalee psicologica, sostegno moraleoltre che fisico. Il carisma camilliano è il frutto di 400 anni di storia: il 14 luglio1614, infatti, Camillo de Lellis moriva lasciando in eredità inse-gnamenti oggi più che mai attuali.Una dedizione perpetua ai sofferenti, anche mettendo in peri-colo la propria vita. Nel corso dei secoli, poi, l'Ordine ha sempre saputo adattarsiallo spirito del tempo evolvendosi e rimanendo all'avanguardianel campo non solo dell'assistenza, ma del soccorso durante leemergenze, le guerre e i disastri naturali, nonché nella ricercae nella lotta all'Aids, alle malattie rare e a quelle neglette.Il LVII Capitolo Generale passerà alla Storia, poi, per essere le-

gato all'anno giubilare per il IVCentenario della morte di San Ca-millo, che si aprirà il prossimo 14luglio. Un Capitolo cruciale che assumeanche un significato più profondoe di riflessione sull'eredità di que-sti uomini e, più in generale, sulruolo degli infermieri oggi, non so-lamente quelli cattolici.Fin al 23 giugno, all'interno delcomplesso del Vittoriano a Roma,una mostra fotografica renderàomaggio all'assistenza infermieri-

stica attraverso l'opera dei Camilliani nel mondo.Gli scatti esposti saranno quelli di Guillermo Luna, fotografo ar-gentino che da parecchi anni, ormai, si dedica con passione allafotografia sociale e al reportage, concentrando la sua attenzionesull’uomo. Dal 2000, Luna vive e lavora in Italia, dove è entrato in contattocon il mondo camilliano. Nel 2005, ha iniziato una serie di re-portage nella regione Caucasica, in particolare in Georgia, e, dalì, ha iniziato a testimoniare, attraverso le sue emozionanti fo-tografie, le opere dei frati-infermieri ovunque essi si trovino.Da questo binomio è nata una serie di splendidi servizi fotogra-fici (tre numeri di “The Mission” sono visionabili sul sito

www.camillodelellis.org) e un libro, dal titolo “Pre-senze”, che verrà presentato proprio durante la mostra. Alle opere di Luna si affiancheranno foto storiche pro-venienti dall'archivio dei Camilliani.L'insieme degli scatti documenterà l'attività assisten-ziale e missionaria che, da 400 anni, è ragione di vitaper i Ministri degli Infermi.A coronamento dell'allestimento sarà presente il cele-bre dipinto di Pierre Subleyras del 1746, raffigurante“San Camillo che porta in salvo gli ammalati del SantoSpirito durante l'inondazione del Tevere della notte diNatale del 1598”, attualmente esposto al Museo diRoma di Palazzo Braschi.Infine, per giugno, è prevista la decima edizione delSanit, Forum internazionale della Salute. L'evento, chesi svolge annualmente a Roma al Palazzo dei Congressidell’Eur, quest’anno vedrà anche la partecipazione di unrelatore camilliano.

Mesi ricchi di eventi per i Camilliani e per tutti gli infermieri

L'importanza di questo lavoro nasce dalla tendenza, in co-stante aumento in Italia, da parte del nostro Ssn, di assi-stere pazienti cronici complessi dipendenti da presidi

tecnologici a domicilio. Questo manuale, infatti, è stato realizzato per raccogliere le in-formazioni più importanti riguardanti l’assistenza infermieristicadomiciliare al paziente portatore di tracheostomia ed in ventila-zione meccanica a lungo termine. Si rivolge, quindi, soprattutto agli infermieri, ma anche agli Ope-ratori Socio-Sanitari ed ai caregiver quotidianamente impegnatinella gestione, a domicilio, di questa tipologia di pazienti chepossono essere affetti da diverse patologie croniche (malattieneuromuscolari, cifoscoliosi, lesioni midollari alte, obesità grave,Bpco, ecc.) e che sono definiti ad “alta intensità assistenziale”. Gli argomenti trattati sono diversi, ma mettono in risalto e spie-gano soprattutto questioni come: la gestione del paziente tra-cheostomizzato a seconda del tipo di cannula in uso; le modalitàdi detersione e/o antisepsi della tracheostomia e le altre prati-che riconosciute in letteratura per prevenire le infezioni respira-torie; i vari tipi di interazione che l’utente può avere col ventila-tore meccanico domiciliare e di conseguenza un consapevole

monitoraggio dei parametri respiratori da parte di chi assiste; lecorrette modalità di gestione delle secrezioni tracheobronchiali,con particolare attenzione alla procedura di aspirazione; l’indivi-duazione dei problemi, reali e/o potenziali, con la loro pronta eadeguata risoluzione e/o prevenzione; la gestione e il funziona-mento dei presidi più importanti; le fasi di valutazione/azioneche è opportuno mettere in atto in situazioni di urgenza/emer-genza. Tutte conoscenze che, secondo gli autori, sono di vitale - ed im-prescindibile - importanza nell’assistenza a questo genere di pa-zienti e che rappresentano i punti cardine di questo lavoro.Gli autori sono due giovani che hanno maturato molta espe-rienza a contatto, spesso quotidianamente, con la realtà assi-stenziale domiciliare di persone affette da diverse condizionipatologiche.

Alessio Biondino, Talia ScagnettiAssistenza respiratoria domiciliare:

il paziente adulto tracheostomizzato in ventilazione meccanica a lungo termine

Universitalia, 2013 pp. 246 (20,00 €)

Assistenza respiratoria domiciliareper sostenere i pazienti cronici complessi

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L'EVENTOA Torino il primo Congresso AIFeC

Si è svolto a Torino, il 18 maggio scorso, il primo Congresso na-zionale AIFeC, dal titolo: “Dalla parte del cittadino: la nuova figuradell'infermiere di famiglia e di comunità”, con la direzione scien-tifica di Claudia Contratto; Pasquale Giuliano; Paola Olbia; MariaLaura Ponso e Manuela Ruatta.I destinatari dell'evento sono stati gli infermieri, gli infermieri pediatrici, le ostetriche, gli assistenti sanitari ed i medici dell'areadelle cure primarie.Il Congresso ha avuto come scopo precipuo la presentazione alla comunità scientifica nazionale della panoramica dei modellid'implementazione dell'Infermieristica di Famiglia in Europa, per stimolare il dibattito culturale con i medici di base ed i respon-sabili organizzativi delle cure primarie sui nuovi modelli necessari per la tutela dei cittadini nello scenario epidemiologico e socio-economico attuale.La nuova figura dell'Infermiere di Famiglia e di Comunità è stata istituita dall'Oms Europa nel 1998.

LETTO VOI

LETTO VOI

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La sfida della medicina delXXI secolo è sempre più dinatura "organizzativa": la per-

formance e la qualità delle cure di-pendono sempre dall'abilità diintegrare in modo efficace com-petenze professionali sempre piùapprofondite e sempre più fram-mentate in un contesto ad alta in-tensità tecnologica. La richiesta di qualità che pro-viene da pazienti e cittadini, unitaai problemi di sostenibilità econo-mica del sistema, impone la ri-cerca dei modelli organizzativialtamente affidabili, capaci di assi-curare, assieme, efficacia, effi-cienza ed equità.Questa consapevolezza è allabase di un lavoro di ricerca che,per quattro anni, ha impegnato ilgruppo di lavoro dell'universitàCattolica del Sacro Cuore (sede diRoma) nell'ambito del SiVeAS (Si-stema nazionale di Verifica e Con-trollo dell'Assistenza Sanitaria,struttura operativa afferente allaDirezione Generale della Programmazione sanitaria, istituita condecreto del ministro della Salute, con il compito, tra gli altri, diverificare che, ai finanziamenti erogati, corrispondano serviziadeguati per i cittadini e che, nell'erogazione dei servizi, ven-gano rispettati criteri di efficienza ed appropriatezza) e che hacoinvolto 33 aziende sanitarie, 66 strutture dipartimentali e oltre2.500 operatori tra manager, medici ed infermieri in diverse Re-gioni italiane. L'utilizzo del metodo dei casi multipli e l'analisi statistica dei datihanno permesso di comprendere quali modelli organizzativi di-partimentali fossero in grado di assicurare alle strutture del Ssnmigliori condizioni operative e performance complessive otti-

mali. La sfida, infatti, è quella di indivi-duare e perfezionare le precisecorrelazioni tra modelli di organiz-zazione del lavoro e risultati del si-stema sanitario, in modo dafornire alle regioni strumenti omo-genei e utili all’impostazione delleproprie politiche organizzative.I risultati presentati in questo vo-lume danno al ministero della Sa-lute la possibilità di elaborare"standard organizzativi" utilizzabiliin sede di programmazione e mo-nitoraggio; forniscono alle Regionistrumenti utili all'impostazionedelle proprie politiche organizza-tive in campo ospedaliero e al ma-nagement aziendale un supportoai processi di design organizza-tivo.L'autore, Americo Cicchetti, èprofessore ordinario di Organizza-zione aziendale presso la Facoltàdi Economia dell'università Catto-lica del Sacro Cuore; è direttoredell'Alta Scuola di Economia e

Management dei Sistemi Sanitari presso lo stesso Ateneo e di-rettore del Master universitario di II Livello in “Organizzazionee Gestione delle Aziende Sanitarie”. Nonché, visiting professorpresso il “Center for Medical Education and Health Care” dellaThomas Jefferson University, Philadelphia (Usa) e membro deldirettivo dell'Associazione italiana di Economia Sanitaria e Di-rector dell'Health Technology Assessment International.

Americo CicchettiI dipartimenti ospedalieri nel servizio sanitario nazionale.

Origini, evoluzione, prospettiveFranco Angeli editore, 2013 pp.352 (38,00 €)

Performance e qualità delle cure:le prospettive dei Dipartimenti ospedalieri

Vista la rilevanza dell'argomento, di indubbio interesse perchi esercita la professione di infermiere e ha la necessitàdi comprendere le caratteristiche del proprio contratto

di lavoro - con le conseguenze che ne derivano in termini di trat-tamento normativo ed economico -, nel presente intervento oraesaminiamo un altro istituto interessato dal recente interventodel legislatore (c.d. Legge Fornero), vale a dire il contratto a pro-getto.Prima di addentrarci nell'analisi delle ultime novità, vale la penadi ripercorrere, brevemente, le tappe principali del percorso le-gislativo attraverso cui si è giunti all'attuale configurazione delrapporto di lavoro a progetto.Al fine di porre un freno alle collaborazioni coordinate e conti-nuative, molto spesso utilizzate nella pratica al solo scopo dieludere la normativa sul lavoro subordinato, il legislatore – conil D.Lgs. n. 276/2003 - ha introdotto una nuova tipologia con-trattuale: il contratto di lavoro a progetto.Mi preme fin da subito evidenziare come il suddetto contrattorientri nella tipologia di lavoro autonomo e non in quella di lavorosubordinato: ne consegue che quanti stipulino contratti a pro-getto sono lavoratori autonomi a tutti gli effetti, con tutte le con-seguenze che ne derivano e che analizzeremo meglio nelprosieguo (tra cui, ad esempio, l'obbligo di iscrizione alla cassaprevidenziale degli infermieri, anziché alla previdenza nazionaleordinaria). Il contratto di lavoro a progetto è stipulato in forma scritta e do-veva - e deve con le precisazioni che vedremo a breve - conte-nere i seguenti elementi:a) l'indicazione della durata, determinata o deter-

minabile, della prestazione da svolgere;b) la descrizione del progetto da realizzare;c) il corrispettivo e i criteri per la sua determina-

zione, nonché i tempi e le modalità di paga-mento e la disciplina dei rimborsi spese;

d) le forme di coordinamento del lavoratore con ilcommittente (cosa diversa da un “orario di la-voro” propriamente inteso).

Andiamo ad analizzarli nel dettaglio.La necessità che il contratto abbia una durata limi-tata nel tempo (il contratto a progetto non può es-sere a tempo indeterminato) è connaturata allafinalità specifica di tale tipologia contrattuale, il cuiscopo è la realizzazione di un progetto. La durata del contratto, quindi, deve essere para-

metrata al tempo necessario per il raggiungimento del risultatovoluto, cioè il compimento del progetto.La Riforma del lavoro del 2012 è intervenuta sul secondo deisopra indicati requisiti, appunto il progetto: il contratto di colla-borazione coordinata e continuativa deve essere riconducibilesolo a uno o più progetti specifici ed essere funzionalmente col-legato ad un determinato risultato finale.In altri termini, il progetto:- non può consistere in una mera riproposizione dell'oggetto so-

ciale del committente: può quindi instaurarsi un contratto aprogetto solo relativamente ad una attività non ordinaria delcommittente;

- non può comportare lo svolgimento di compiti meramenteesecutivi e ripetitivi;

- deve essere specifico: all'interno del contratto individuale dilavoro deve essere descritto non solo il contenuto del pro-getto, ma anche il risultato finale che si intende raggiungeree il suo elemento caratterizzante.

In definitiva, la prestazione richiesta al lavoratore a progettodeve essere specifica e, soprattutto, diversa dalle ordinarie pre-stazioni che costituiscono l'oggetto dei contratti di lavoro su-bordinato stipulati dalla stessa impresa committente.A titolo esemplificativo, si consideri l'ipotesi di una struttura sa-nitaria privata che, al fine di realizzare una campagna di vacci-nazioni antinfluenzali, decide di utilizzare infermieri nondipendenti unicamente per tale attività e per un tempo limitatoalla durata della campagna stessa.

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Le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le novità introdotte dalla Riforma del lavoro

L’AVVOCATO

In questa ipotesi, il ricorso alla tipologia del contratto di lavoroa progetto è pienamente legittimo in quanto risponde ai criteriindicati dal legislatore: esistenza di un progetto specifico, nonrientrante nell'ordinaria attività del committente e durata limitatadel rapporto.Quanto al corrispettivo, questo deve essere proporzionato allaquantità e qualità del lavoro eseguito, in funzione del risultatoconcordato e tenendo conto dei compensi minimi normalmentecorrisposti ai lavoratori subordinati del settore con professiona-lità analoga, nonché dei contratti collettivi nazionali di riferi-mento. Infine, con riferimento al coordinamento, è importante sottoli-neare che il committente/datore di lavoro non ha alcuna possi-bilità di ingerenza, ma si limita a fornire quelle indicazioni edirettive strettamente necessarie a consentire l'integrazionedella prestazione del lavoratore a progetto all'interno della com-plessiva attività imprenditoriale.In particolare, il lavoratore a progetto – di norma – non è tenutoalla rigorosa osservanza di un orario di lavoro imposto dal com-mittente (come invece i lavoratori subordinati), godendo di unacerta autonomia organizzativa in quanto ciò che rileva è unica-mente la realizzazione del risultato finale, salvo il solo limite im-posto dalle esigenze di coordinamento sopra indicate.Proprio perché si tratta di una fattispecie residuale, che costi-tuisce eccezione alla regola secondo la quale il rapporto di la-voro è di natura subordinata e a tempo indeterminato, illegislatore ha previsto pesanti “sanzioni” nei casi in cui l'utilizzo

della tipologia contrattuale in questione non ri-spetti i criteri fissati dalla legge e, dunque, abbiafinalità elusive della tutela del lavoratore.In altri termini, per disincentivare il ricorso al con-tratto di lavoro a progetto laddove non ve ne siaconcretamente la necessità, la disciplina legisla-tiva riconduce determinate conseguenze allamancanza di uno o più degli elementi sopra ripor-tati.Sicché, sono considerati rapporti di lavoro subor-dinato a tempo indeterminato, sin dalla data di co-stituzione del rapporto:1. i contratti di collaborazione coordinata e conti-nuativa a progetto privi dell'indicazione nel con-tratto di uno specifico progetto;2. le attività lavorative svolte dal lavoratore conmodalità analoghe a quelle svolte dai lavoratori di-

pendenti dell'impresa committente, ovvero in modo subordi-nato con l'assoggettamento al potere direttivo, organizzativoe disciplinare del datore di lavoro.

Con riferimento ai termini di impugnazione, il collaboratore cheintende contestare la legittimità di un contratto di lavoro a pro-getto ha un termine di 60 giorni decorrenti dalla scadenza delcontratto.Infine, mi preme sottolineare che il lavoratore a progetto nonha alcun vincolo di esclusività, salvo diverso accordo tra le parti,e può pertanto svolgere la sua attività a favore di più commit-tenti, fermo restando l'obbligo di fedeltà e riservatezza (così adesempio non può svolgere la sua attività in concorrenza con icommittenti).Volendo trarre delle conclusioni dall'argomento affrontato conspecifico riferimento all'attività infermieristica non è superfluonotare che la professione di infermiere, sia per l'oggetto dellaprestazione, sia per le modalità con cui viene ordinariamentesvolta, tendenzialmente mal si presta ad essere disciplinata at-traverso la tipologia del contratto di lavoro a progetto (a maggiorragione se si considera che il lavoro di infermiere è, ad oggi,qualificato come una vera e propria professione intellettuale).Non di meno, ben vi possono essere dei casi in cui il ricorso atale tipologia contrattuale appare legittimo, poiché giustificatoda concrete esigenze di carattere contingente, come si è avutomodo di vedere: è necessario, quindi, valutare caso per caso.

Avv. Barbara Pisa

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L’AVVOCATO

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LA VIGNETTA MESE

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