Gli Impianti Ospedalieri

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Gli Impianti Ospedalieri Prof. Marcello Bracale da Gli Impianti Ospedalieri Guida alla progettazione integrata di Giovanni Martinazzoli Editore La Nuova Italia Scientifica Criteri generali di progettazione Rapporto edificio-impianti Il progetto impiantistico è fortemente legato e influenzato dalle scelte architettoniche sulle quali è impostato l’ospedale. A sua volta l’architettura può essere pesantemente condizionata dai vincoli che gli impianti impongono sia nella fase di realizzazione che nel successivo periodo di esercizio, in termini di spazi, flessibilità, gestione e manutenzione. Si deve infatti tenere presente che l’ospedale è un organismo caratterizzato da una continua evoluzione, legata allo sviluppo della tecnologia medica e alle possibili variazioni delle esigenze dell’utenza. Questo comporta che all’interno dell’ospedale si abbia un frequente adeguamento delle destinazioni d’uso degli spazi interni e conseguentemente delle dotazioni impiantistiche. Inoltre, essendo un organismo in continua attività, assume notevole importanza la facilità di intervento sugli impianti, per modifiche e soprattutto per manutenzione, e la possibilità di ridurre al minimo le interferenze con l’attività medica. Oltre quindi ai requisiti e alle prestazioni che l’impiantistica generale deve assicurare alla configurazione base dell’ospedale, così come inizialmente concepita, si devono affrontare quelli legati a una possibile variazione degli stessi nel tempo. Tale concetto trova la massima applicazione nella cosiddetta teoria dell’indeterminatezza sulla quale sono stati sviluppati e realizzati alcuni ospedali, che peraltro hanno dimostrato come i vantaggi legati a una teorica totale flessibilità della. struttura e dell’impiantistica non sono giustificati da l’impegno economico. Nella fase progettuale, è quindi indispensabile definire i limiti e i vincoli imposti dagli impianti e che influenzano l’architettura e dall’altra la loro incidenza sui costi di realizzazione e gestione. I principali aspetti, che devono essere presi in esame sono identificabili in: correlazione, trasporti e movimentazione tra i diversi reparti, in particolare degenze, servizi di diagnosi e cura e servizi generali; flessibilità dell’organismo ospedaliero. nel corso del tempo e adattabilità alle future esigenze; economicità e rapidità nella realizzazione: sia per far fronte alle esigenze sociali sia per consentire di costruire una struttura in tempi compatibili con l’evoluzione tecnologica. In tal senso sono stati sviluppati numerosi progetti, in particolare in Inghilterra e negli Stati Uniti, che hanno portato a soluzioni tipologiche tra loro assai diverse ma che comunque hanno evidenziato alcune esigenze base: la necessità di distinguere la zona degenze dai servizi di diagnosi e terapia, garantendo dei collegamenti preferenziali (riservati ai degenti e senza interferire con i visitatori; la necessità di avere dei percorsi destinati al flusso principale dei visitatori e alle attività collaterali dell’ospedale; l’esigenza di favorire, in termini di flessibilità, la zona diagnosi e cura rispetto alle degenze. Napoli, 19/01/2011 Pag. 1 di 46 Rif. Int.: Gli Impianti Ospedalieri.doc/MR

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Gli Impianti Ospedalieri Prof. Marcello Bracale

da Gli Impianti Ospedalieri Guida alla progettazione integrata

di Giovanni MartinazzoliEditore La Nuova Italia Scientifica

Criteri generali di progettazione

Rapporto edificio-impianti

Il progetto impiantistico è fortemente legato e influenzato dalle scelte architettoniche sulle quali èimpostato l’ospedale.A sua volta l’architettura può essere pesantemente condizionata dai vincoli che gli impiantiimpongono sia nella fase di realizzazione che nel successivo periodo di esercizio, in termini dispazi, flessibilità, gestione e manutenzione.Si deve infatti tenere presente che l’ospedale è un organismo caratterizzato da una continuaevoluzione, legata allo sviluppo della tecnologia medica e alle possibili variazioni delle esigenzedell’utenza. Questo comporta che all’interno dell’ospedale si abbia un frequente adeguamento delledestinazioni d’uso degli spazi interni e conseguentemente delle dotazioni impiantistiche. Inoltre,essendo un organismo in continua attività, assume notevole importanza la facilità di intervento sugliimpianti, per modifiche e soprattutto per manutenzione, e la possibilità di ridurre al minimo leinterferenze con l’attività medica.Oltre quindi ai requisiti e alle prestazioni che l’impiantistica generale deve assicurare allaconfigurazione base dell’ospedale, così come inizialmente concepita, si devono affrontare quellilegati a una possibile variazione degli stessi nel tempo.Tale concetto trova la massima applicazione nella cosiddetta teoria dell’indeterminatezza sullaquale sono stati sviluppati e realizzati alcuni ospedali, che peraltro hanno dimostrato come ivantaggi legati a una teorica totale flessibilità della. struttura e dell’impiantistica non sonogiustificati da l’impegno economico.Nella fase progettuale, è quindi indispensabile definire i limiti e i vincoli imposti dagli impianti eche influenzano l’architettura e dall’altra la loro incidenza sui costi di realizzazione e gestione.

I principali aspetti, che devono essere presi in esame sono identificabili in:correlazione, trasporti e movimentazione tra i diversi reparti, in particolare degenze, servizi didiagnosi e cura e servizi generali;flessibilità dell’organismo ospedaliero. nel corso del tempo e adattabilità alle future esigenze;economicità e rapidità nella realizzazione: sia per far fronte alle esigenze sociali sia per consentiredi costruire una struttura in tempi compatibili con l’evoluzione tecnologica.

In tal senso sono stati sviluppati numerosi progetti, in particolare in Inghilterra e negli Stati Uniti,che hanno portato a soluzioni tipologiche tra loro assai diverse ma che comunque hanno evidenziatoalcune esigenze base:la necessità di distinguere la zona degenze dai servizi di diagnosi e terapia, garantendo deicollegamenti preferenziali (riservati ai degenti e senza interferire con i visitatori;la necessità di avere dei percorsi destinati al flusso principale dei visitatori e alle attività collateralidell’ospedale;l’esigenza di favorire, in termini di flessibilità, la zona diagnosi e cura rispetto alle degenze.

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Tipologia edilizia

Nell’affrontare il rapporto tra edificio e impianti èpossibile individuare diversi livelli di correlazione.Il primo riguarda i riflessi, positivi e negativi, che puòavere la composizione volumetrica nei riguardidell’impiantistica.Tra le soluzioni estreme, la tipologia a padiglioniintrodotta alla fine del Settecento con la proposta diLe Roy e Vieil per la ricostruzione dell’Hotel de Dieua Parigi e attualmente considerata non più funzionale,e il monoblocco, espressione data dall’architetturarazionalista per definire un edificio a più piani dovecoesistono le degenze e i servizi di diagnosi e cura eche vede i primi esempi agli inizi degli anni Trentanegli Stati Uniti, esistono molteplici soluzioniintermedie.Ai fini dell’impostazione del progetto impiantistico èpossibile evidenziare le principali problematichecorrelate alle tipologie edilizie che trovano oggi piùapplicazione:ospedale a sviluppo orizzontale, costituito da una seriedi edifici separati, collegati da un percorso principaleindipendente (fig. 1a);ospedale a sviluppo orizzontale costituito da piùblocchi collegati da un percorso principale in strettacorrelazione con i blocchi stessi (fig. 1 b); ospedale a sviluppo verticale, costituito da unmonoblocco pluripiano con piastra servizi (fig. 1c).Va da sé che soluzioni intermedie possono esserevalutate in base ai principi base che valgono per gliesempi suddetti.

Tipologia a blocchi separati

VantaggiConsente di identificare in modo univoco ledestinazioni dei diversi padiglioni specializzando ledotazioni impiantistiche e, per i reparti di diagnosi ecura, di prevedere soluzioni architettoniche e

strutturali differenziate (interpiano, correlazione dei vani tecnici con i reparti), consentendopossibili economie laddove le esigenze degli impianti sono minori (ad esempio minori esigenze dispazi nei controsoffitti, maggiore semplicità nella gestione con la possibilità di differenziare ilfunzionamento degli impianti).

SvantaggiPosto che per motivi gestionali e normativi le centrali tecnologiche siano comunque concentrate inun punto, si pone il problema della realizzazione delle reti di distribuzione orizzontali (fluidi,elettricità, comunicazione ecc.) e delle sottocentrali di scambio col singolo edificio.

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Fig.1 Composizione volumetrica dell’ospedale

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Tali reti richiedono percorsi (cunicoli o vani tecnici), che, in una corretta impostazione, devonogarantire l’accessibilità al personale per la manutenzione ed eventuali adeguamenti in relazione afuturi ampliamenti, con ingombri quindi non trascurabili3. Si hanno inoltre maggiori oneri ditrasporto dei fluidi e perdite della distribuzione dell’energia rispetto alle altre due soluzioni. Lesottocentrali di scambio richiedono locali e aree praticabili, spesso con necessità di accessidall’esterno e di tipo carrabile. Nelle sottocentrali di scambio tra impianti generali e singolo edificiosi ha, per motivi di affidabilità, un maggior numero di apparecchiature di riserva (ad esempiotrasformatori nelle cabine elettriche).

Tipologia monoblocco

VantaggiConsente di ridurre i percorsi delle reti di distribuzione con minori perdite energetiche.È possibile collegare locali con medesima destinazione d’uso alla stessa tipologia impiantistica coneliminazione di duplicazioni. È più semplice garantire l’accessibilità degli impianti in quanto lamaggior parte dei percorsi avviene all’interno di cavedi verticali e di controsoffitti o spazi tecnici.

SvantaggiGli ingombri degli impianti richiedono la creazione di cavedi verticali di notevoli dimensioni,inoltre i percorsi orizzontali sono necessariamente vincolati alle dimensioni degli impianti destinatiai reparti con maggiori esigenze e quindi, a meno di differenziare l’interpiano, ci si può trovare convolumi tecnici non sempre utilizzati completamente.La differenziazione dell’interpiano può essere realizzata quando la tipologia edilizia prevedel’ubicazione delle degenze nei piani alti e i servizi di diagnosi e cura in quelli bassi (piastra).L’esigenza degli ampi spazi per i cavedi è legata alla necessità di installare apparecchiature qualiunità di trattamento aria, ventilatori di estrazione ecc. sulle coperture o comunque in aree checomunicano con l’esterno. Nell’organizzazione o disposizione dei reparti soprattutto di diagnosi ecura si possono presentare vincoli impiantistici.Un esempio può essere il reparto operatorio dove le esigenze di climatizzazione richiedono notevolispazi e una correlazione con l’esterno per garantire adeguati ricambi d’aria. Ne consegue che èquasi da scartare l’ipotesi di inserire il reparto in un piano intermedio a meno di creare interpianitecnici in altezze di 2 2,5 m, in grado di alloggiare le unità di trattamento aria. Si creano quindivincoli tra lay-out dei reparti e impianti.Altro esempio sono reparti specialistici quali la dialisi, i laboratori, le terapie riabilitative, che hannonecessità di impianti specifici e con impegno di spazi limitrofi alle aree destinate alle attivitàmediche. Maggiore rilevanza, nei casi di edifici a sviluppo verticale, assumono i sistemi di trasporto(ascensori, montalettighe, montacarichi) e in particolare i requisiti in termini di affidabilità, velocitàecc. degli stessi. Non trascurabile infine è l’aspetto di protezione antincendio che rende necessariala creazione di compartimenti e vie di esodo, scale di sicurezza ecc.

Volumi tecnici

Qualsiasi dotazione impiantistica implica la necessità di volumi per la collocazione delle centralitecnologiche principali, dei sistemi di distribuzione primari (le reti), delle eventualisottocentralilocali e infine delle reti di distribuzione secondaria.A tale schematizzazione fanno capo tutti i sistemi presenti nell’ospedale con un’unica eccezione, isistemi di trasporto interni che di fatto non hanno una vera e propria centrale (ad esempiomontacarichi, ascensori, minitrailer).

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Sebbene in modo sintetico, è quindi opportuno individuare le principali parti di cui si compone unimpianto (cfr. fig. 2).

Fig. 2 Articolazione degli impianti tecnologici di servizio

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Fig. 3 Schemi distributivi reti

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Le centrali tecnologiche

Le centrali tecnologiche, in particolare per gli impianti termici e di condizionamento, elettrici, gasmedicali e antincendio, hanno in comune alcune esigenze: occupano spazi non trascurabili;sono possibili fonti di inquinamento ambientale per emissioni gassose in atmosfera, rumore,scarichi liquidi; sono caratterizzate da elevati carichi statici (peso apparecchiature);devono essere facilmente accessibili per motivi di gestione e manutenzione;sono sottoposte a vincoli normativi che impongono distanze per motivi di sicurezza (ad esempio gasmedicali) dagli edifici;necessitano di una correlazione con l’esterno per motivi funzionali, quali areazione, smaltimento dicalore ecc.

La tendenza è quindi quella di destinare aree specifiche ottimizzando la distanza delle stessedall’edificio principale, in relazione ai costi di trasporto, e destinare alle centrali fabbricati concaratteristiche compatibili con le dimensioni, pesi e requisiti delle apparecchiature in essi contenute.

Dati generali che devono essere presi in esame nella definizione di un edificio destinato alle centralitecnologiche sono:la portata dei solai e dei basamenti che deve essere generalmente compresa tra i 600 e i 1.000kg/mq. Si sottolinea che in tutti i casi in cui si rendono necessari basamenti in calcestruzzo armatoper le apparecchiature, al peso delle apparecchiature va aggiunto quello del basamento stesso;l’esigenza in quasi tutte le centrali tecnologiche, in particolare quelle destinate agli impiantimeccanici, di utilizzare le pareti e i solai per sostenere apparecchiature, tubazioni ecc.A meno quindi di realizzare strutture di sostegno indipendenti che scaricano il peso sul terreno o suipilastri, è necessario prevedere un sovraccarico pari a 200 ÷ 300 kg/mq sulle coperture;le dimensioni delle apparecchiature che richiedono ampie luci per poterne consentire l’installazione.

Le reti primarie

Ad eccezione di applicazioni in ospedali molto piccoli dove non è necessario prevederesottocentrali esiste la necessità di collegare le centrali tecnologiche principali a sottocentralilocalizzate in prossimità delle utenze.Le soluzioni proponibili possono essere di tipo distribuito, con l’installazione delle reti all’interno diinterpiani tecnici o concentrate con percorsi principali quali cunicoli, percorsi aerei o gallerie servizi(cfr. fig. 3).

Le caratteristiche peculiari dei percorsi principali di distribuzione sono:l’accessibilità che comporta, nel caso delle gallerie servizi, un’altezza minima di 2,5 m con unalarghezza che può oscillare tra i 2 e i 3,5 m;

la necessità di collegamento con i vani destinati alle sottocentrali e, qualora queste non siano allostesso livello, con vani tecnici verticali (cavedi) che a loro volta dovranno essere comunicanti con lesottocentrali;la possibilità di accedere dall’esterno per effettuare operazioni di manutenzione;la necessità di avere aperture e vie di fuga direttamente sull’esterno quando si abbiano percorsichiusi con lunghezza superiore a 5060 m.

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L’incidenza in termini di volumetria dei percorsi impiantistici principali è comunque limitata se siconsidera che le reti principali hanno uno sviluppo essenzialmente lineare dalla centrale a unnumero discreto di sottocentrali.

Le sottocentrali

Le sottocentrali sono il punto di collegamento tra i sistemi principali di distribuzione (fluidi,élettricità, comunicazione) e le diverse zone dell’ospedale e di fatto rappresentano il punto in cui gliimpianti vengono caratterizzati rispetto alle esigenze del reparto. Esempio sono le sottocentrali dicondizionamento dove, in funzione delle esigenze di temperatura e umidità del reparto servito,vengono installate unità che trattano localmente l’aria. Analoga funzione è svolta dal quadroelettrico generale di reparto dal quale, in funzione delle esigenze, si diramano le alimentazioni asottoquadri o direttamente alle utenze elettriche.Dal punto di vista delle interferenze con l’edificio le sottocentrali hanno sicuramente un impatto piùevidente.Le sottocentrali che di fatto richiedono i maggiori spazi sono:le sottocentrali termiche e di produzione di acqua calda sanitaria;le sottocentrali di trattamento aria;le cabine di trasformazione nel caso di ospedali con distribuzione primaria in media tensione;i quadri elettrici principali.

Requisito comune, come già accennato, è la correlazione con i percorsi principali (galleria servizi,interpiano tecnico, cavedi verticali) e, soprattutto per le unità di trattamento aria, la comunicazionecon l’ambiente esterno per il prelievo e l’espulsione dell’aria (cfr. fig. 4).

Le soluzioni più adottate per l’ubicazione delle varie sottocentrali sono:per le unità di trattamento aria e le sottocentrali termiche le coperture o i piani terra e interrati;per le cabine di trasformazione i piani terra e interrati, se è possibile con l’accesso a cielo libero;per i quadri di reparto spazi ai piani interrati o ai diversi piani in adiacenza ai percorsi distributiviverticali (cavedi).

Operando una semplificazione ma fornendo un dato utile al progettista, è possibile definire deivalori di superficie in pianta occupata dall’impiantistica in funzione dei reparti (tab. I).Per gli impianti di climatizzazione circa il 60% della superficie necessaria può essere all’aperto,sulle coperture o in aree sopraelevate rispetto al livello del suolo di almeno 3 m, per consentire ilprelievo dell’aria a un livello superiore al terreno riducendo l’aspirazione di polveri.Le sottocentrali rappresentano il punto di confine tra la distribuzione primaria, caratterizzata da unlimitato grado di flessibilità, e la distribuzione secondaria che, al contrario, dovrà garantiremaggiore adattabilità alle variazioni delle esigenze dei reparti.Ulteriori requisiti, che caratterizzano le sottocentrali, sono:accessi preferenziali per il personale di manutenzione. Nell’ubicazione dei vani tecnici deve quindiessere posta attenzione al percorso del personale tecnico, che dovrebbe essere indipendente daquello del personale medico e paramedico sia per questioni igieniche, sia in relazione all’ormaifrequente gestione degli impianti da parte di ditte esterne;necessità di altezze interne dei locali pari almeno a 3 metri;carichi dovuti ai macchinari sui solai dell’ordine dei 300÷400 kg/mq;necessità di staffaggio degli impianti alle pareti e ai solai;

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necessità di insonorizzare le pareti in quanto all’interno dei locali possono essere installatimacchinari rumorosi;necessità di compartimentazione antincendio.

Fig. 4 Ubicazione tipica dei volumi tecnici

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Tab. I Superficie richiesta per le centrali tecnologiche infunzione delle dimensioni e tipologia del reparto.Degenze blocchi ogni 200 mq 20 mqReparti diagnosi e cura ogni 200 mq 40 mqBlocco operatorio ogni 200 mq 50 mq

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Fig. 5 Organizzazione della distribuzione impiantistica all’interno dei fabbricati

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Distribuzione secondaria

La distribuzione secondaria è costituita da tutte le reti che raggiungono la singola utenza.In termini dimensionali l’impianto che richiede maggiori spazi è sicuramente quello diclimatizzazione e ventilazione.

Le soluzioni per installare le reti di distribuzione secondarie sono essenzialmente due:ubicazione degli impianti nel piano di pertinenza, all’interno di controsoffitature o a vista;installazione degli impianti in interpiani tecnici con altezza variabile tra 2 e 2,5 m.

La prima soluzione, più tradizionale anche perché utilizzata nella quasi totalità dell’edilizia ad usoterziario, è quella che prevede il passaggio degli impianti nei controsoffitti e, in parte, in pavimentisopraelevati.A quest’ultimo proposito è opportuno sottolineare che la soluzione del pavimento sopraelevato nonpuò considerarsi applicabile nel settore ospedaliero a meno di alcuni casi (locali CED oassimilabili), in quanto il pavimento sopraelevato rappresenta un possibile deposito di polvere esporcizia.

Distribuzione in controsoffittoLa soluzione del controsoffitto, se estesa sia ai corridoi che ai locali serviti (distribuzione diffusa),consente di realizzare distribuzioni ai locali sottostanti e a quelli sovrastanti (cfr. fig. 5).In tal caso le controsoffittature devono avere un’altezza costante pari a circa 1,5 m e influisconoquindi in modo sensibile sulla volumetria globale.

A discapito della soluzione diffusa sono:necessità di intervenire per manutenzione smontando i controsoffitti dall’interno dei reparti, connotevoli interferenze con l’attività ospedaliera; ridotte possibilità di mantenere un adeguato livellodi pulizia all’interno dei controsoffitti dei locali ad uso medico in quanto gli spazi tecnici non sonopraticabili.

Tale soluzione ha il vantaggio di un discreto livello di flessibilità in quanto è possibile raggiungerecon gli impianti tutta la superficie sottostante e sovrastante.

Nel caso in cui i percorsi impiantistici siano limitati ai corridoi (distribuzione concentrata), si ha ilvantaggio di ridurre l’interpiano in quanto è possibile ridurre l’altezza dei corridoi a 2,4 m,garantendo spazi tecnici con altezze pari a 1,5÷1,8 m con un interpiano pari a circa 4 m. Si vieneperò a ridurre notevolmente la flessibilità.Inoltre, nel caso di controsoffittature dei soli corridoi per le distribuzioni impiantistiche, èfondamentale, analisi coordinata tra strutture e impianti, in particolare per quanto riguarda le travi ei cavedi.È necessario infatti garantire una continuità di percorso tra i cavedi verticali e i corridoi dove sonoinstallate le controsoffittature.

Requisiti fondamentali in questo caso sono:che i cavedi principali normalmente ricavati nella zona scale-ascensori abbiano una sufficientelarghezza rivolta verso il corridoio per permettere agli impianti di inserirsi nel vano al di sopra delcontrosoffitto;che le travi di collegamento che attraversano i corridoi non siano estradossate rispetto al solaio, inquanto si verrebbero a creare riduzioni dello spazio destinato agli impianti;che sia possibile un collegamento tra il cosiddetto vano tecnico nel controsoffitto e l’ambiente daservire con gli impianti.Pag. 10 di 46 Napoli, 19/01/2011

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Distribuzione a vistaSebbene non sia necessariamente più economica, in quanto richiede un buon livello di finitura, lasoluzione con l’impiantistica a vista consente alcuni vantaggi diretti e indiretti che la rendonoauspicabile per molte applicazioni:facilità di manutenzione e soprattutto immediatezza dell’individuazione del guasto (perdita,rottura); visibilità dello stato generale dell’impiantistica che porta necessariamente a più frequentiinterventi di pulizia e manutenzione.

Quest’ultimo concetto è generalmente sottovalutato dal progettista, che tende a non preoccuparsidegli aspetti legati alla manutenzione degli impianti. Considerando una utenza quale un ospedale,dove il mantenimento delle condizioni igieniche è fondamentale, si dovrebbe consentire in modoagevole ogni intervento atto a mantenere a un livello accettabile tale requisito.Le soluzioni che prevedono l’occultamento degli impianti (ad esempio controsoffitti, gallerie didistribuzione non praticabili, cavedi non accessibili) portano al contrario al completo abbandonofino al momento in cui si presenta un guasto o la necessità di modifiche.Nella tab. II sono riportate indicazioni sui reparti dove è preferibile avere l’impiantistica a vista.

Tab. II Reparti dove sono proponibili gli impianti a vistaLaboratoriLocali destinati al pubblico FisioterapiaAltriCucinaLavanderiaDepositiCaffetteriaMensa

Interpiano tecnicoLa terza soluzione, l’interpiano tecnico, è quella che dal punto di vista impiantistico ha il maggiorelivello di flessibilità e accessibilità.L’interpiano tecnico consiste, come accennato, nel prevedere tra due piani dell’ospedale un vanopraticabile dove è possibile installare oltre alle reti di distribuzione secondarie, apparecchiature eattrezzature a servizio del piano sovrastante e sottostante e ricavare gli spazi necessari allesottocentrali.

I vantaggi dell’interpiano tecnico sono chiaramente: maggiore accessibilità agli impianti;maggiore flessibilità;completa separazione tra attività mediche e attività di servizio.

Il principale fattore negativo, che ne limita l’applicazione, è quello economico, in quanto lacreazione dell’interpiano tecnico comporta un aumento della volumetria stimabile nel 40÷50%.A tale proposito va sottolineato che una corretta analisi economica deve prendere in considerazioneoltre al costo di prima installazione anche quelli legati alla successiva gestione e agli oneri dovutialle variazioni dei reparti durante la vita dell’ospedale, voci che sono entrambe a favoredell’interpiano. Oggi a valle di numerose esperienze si ritiene che l’interpiano tecnico siaproponibile in ospedali con almeno 300 posti letto.

Collegamenti verticaliRelativamente ai collegamenti verticali (cavedi) le loro dimensioni e frequenza dipendono:

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dalla tipologia costruttiva e dal numero di piani dell’ospedale;dagli impianti presenti nei reparti serviti dal cavedio;dall’ubicazione delle centrali e sottocentrali di trattamento aria. Se le unità di trattamento sonoinstallate ai piani interrati, all’interno dei cavedi verticali devono essere installate anche lecanalizzazioni di presa di aria esterna.

In linea di principio è opportuno prevedere un cavedio verticale ogni 30 metri con dimensionicomprese tra i 4 e i 6 mq se in presenza di distribuzione in controsoffitto, mentre la frequenza puòdiminuire (1 cavedio ogni 50 ÷ 60 metri) se la distribuzione secondaria avviene all’interno diinterpiani tecnici. Nel primo caso infatti la ridotta dimensione del vano disponibile nelcontrosoffitto non consente di prevedere distribuzioni impiantistiche molto estese in sensoorizzontale.

I cavedi verticali devono essere ispezionabili, dotati di porte di apertura e di solai tecnici per ognipiano, realizzati con grigliati per consentire al personale di accedere per effettuare operazioni dimanutenzione (fig. 6).

Fig. 6 Caratteristiche dei vani tecnici verticali

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E’ inoltre preferibile che la parte frontale del cavedio non sia realizzata in cemento armato.Il cavedio non deve essere cioè un elemento strutturale chiuso, bensì deve avere almèno una pareteaperta; questo in quanto:a ogni piano il collegamento tra il cavedio e il vano (controsoffitti o interpiano tecnico) destinatoalla distribuzione orizzontale, nel caso di gabbie chiuse, renderebbe necessario prevedere asole perl’interà dimensione del cavedio;la presenza di una parete di tamponatura in mattoni o materiale similare rende possibile chiudere ilcavedio dopo la realizzazione degli impianti.

Flessibilità e accessibilità

Il concetto di flessibilità, per quanto riguarda le distribuzioni impiantistiche, trova come visto la suamassima espressione nella realizzazione di un piano tecnico per ogni due piani destinati all’attivitàmedica.

L’interpiano tecnico consente infatti di:effettuare la maggior parte delle operazioni di manutenzione ordinaria, senza interferire conl’attività ospedaliera, di modificare le dotazioni impiantistiche in funzione delle mutate esigenze deireparti riducendo al minimo i vincoli all’interno dei reparti stessi. Quale esempio, una modificanella partizione dei lOcali non è vincolata dai percorsi degli impianti interni;raggiungere, dal soffitto o dal pavimento, apparecchiature elettromedicali e nuove utenze qualsiasisia la posizione delle stesse all’interno dei locali..

Passando dal piano tecnico a soluzioni distributive più tradizionali con volumi interni al pianodestinati agli impianti (controsoffitti/impianti a vista) i due requisiti, la flessibilità e l’accessibilità,risultano in Parte contrastanti.Se infatti la flessibilità è compatibile con la realizzazione di spazi tecnici di minori dimensionirealizzati con controsoffittature, l’accessibilità spinge alla realizzazione degli impianti a vista cheperaltro, per garantire un soddisfacente aspetto estetico, devono essere ben coordinati con l’ediliziae quindi possono di fatto risultare meno flessibili.Un criterio di scelta tra le varie soluzioni distributive è quello di analizzare le esigenze specifichedell’area servita dagli impianti.Si può osservare infatti come il requisito di flessibilità degli ambienti, e conseguentemente degliimpianti, si differenzi notevolmente tra i reparti di degenza e similari e i reparti destinati in generalea diagnosi e cure.Per le degenze il concetto di flessibilità si riduce prevalentemente alla possibilità di variare ilnumero di camere destinate a una o altra specialità medica. Associando degenze con analoghirequisiti, è possibile garantire la flessibilità senza dover necessariamente intervenire sugli impianti.Le dotazioni impiantistiche delle camere di degenza della maggior parte dei reparti (illuminazione,f.m., ventilazione, temperatura, gas medicali) sono infatti uguali.Più impegnativo è al contrario il concetto di flessibilità per i reparti di diagnosi e cura. L’esperienzadegli ultimi anni ha infatti evidenziato, oltre a una crescita in termini di superficie molto piùevidente per le zone di diagnosi e cura rispetto alle degenze (cfr. fig. 7), come sia difficile prevederegli spazi, i requisiti ambientali e la tipologia di tali reparti.Oltre a ciò si è assistito a un fenomeno di crescita delle varie specialità mediche non costante neltempo, legato all’evoluzione di apparecchiature medicali che richiedono sovente ampi spazidestinati poi a ridursi per effetto dello sviluppo tecnologico che tende, una volta affermatal’apparecchiatura, a miniaturizzarla.

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In questo caso si può porre il problema di prevedere spazi con le relative dotazioni impiantisticheche già durante il periodo di progettazione e realizzazione dell’ospedale variano in numero,caratteristiche e dimensioni.Una possibile risposta a queste esigenze è il criterio della "indeterminatezza", che si concretizza nelpredisporre sia per le strutture edilizie che per gli impianti una dotazione di primo livello,dimensionata per soddisfare ogni possibile variazione di requisiti, e una dotazione distributiva disecondo livello, che è adattata di volta in volta alle variazioni dell’utenza nel corso degli anni.Ciò dal punto di vista strutturale si concretizza in telaio con grandi luci (normalmente le maglie7,2 x 7,2 x 8 x 7,4 o 8 x 9 sono considerate soddisfacenti, per le aree di diagnosi e cura mentre perle degenze si può utilizzare una maglia 4,8m x 6m o 4,8m x 7,2m), mentre per gli impianti appareevidente la necessità del vano tecnico nelle zone di diagnosi e cura per poter dì fatto raggiungereogni punto dello spazio destinato alle attività mediche. Tale impostazione impone chiaramente unsovradimensionamento delle dorsali (canalizzazioni, tubazioni, linee elettriche principali) e unamaggiore ricchezza in termini di terminali di impianto con una conseguente maggiore incidenza suicosti.

A conclusione di quanto sopra detto si puòindividuare il seguente criterio:per le degenze, vuoi per la minore quantità diimpianti presenti e i minori ingombri degli stessi,vuoi per un tempo di ristrutturazione funzionalemolto più lento, è possibile prospettare soluzioniche non abbiano necessariamente il vano tecnico,con benefici di tipo economico. Sempre per lelimitate necessità di modifiche anche l’aspettogestionale (manutenzione) assume una diversarilevanza, tale da consentire di proporre ilcontrosoffitto come soluzione distributiva;per i reparti diagnosi e cura la soluzione checonsente di ottimizzare il rapporto edificio-impianto, soprattutto se valutata in relazione allavita dell’ospedale, è quella che prevede un vanotecnico dove ubicare le distribuzioniimpiantistiche e le sottocentrali.

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Fig. 7 Superficie in mq/posto letto Fonte: Rossi Prodi, Stocchetti, 1992

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Fig. 2 Schemi funzionali dei principali sistemi di climatizzazione

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Scheda 1 Classificazioni principali sistemi di climatizzazione

Gli impianti di climatizzazione sono classificabili in:impianti misti (aria-acqua); impianti a tutt’aria.

1. L’impianto misto è costituito da una unità. di trattamento che forniscel’aria condizionata di rinnovo mentre i carichi termici invernali ed estivi sononeutralizzati da un impianto a radiatori o a ventilconvettori. Vantaggi di talesistema sono, le ridotte dimensioni dei canali dell’aria e là possibilità diottenere semplicemente una regolazione locale della temperaturaintervenendo sui terminali ad acqua (fig. 2a).

2. Gli impianti a tutt’aria, grazie a una maggiore quantità di aria trattatagarantiscono sia il ricambio di aria esterna sia la neutralizzazione dei carichitermici (dispersioni in inverno e rientranze in estate).

Le soluzioni realizzative sono in questo secondo caso molteplici. Le piùdiffuse sono:impianti monocondotto a bassa velocità o alta velocità. L’aria è trattatacentralmente da una sola unità di trattamento e le eventuali regolazionisono effettuate con batterie di post riscaldamento locali (ad acqua oelettriche) (fig. 2b). Se la distribuzione è ad alta velocità, è possibileeffettuare anche una regolazione della portata mediante serrande installatesui canali prima dell’utenza (fig. 2c);impianti multizone a bassa velocità, dove viene miscelata, a livello di unitàdi trattamento, l’aria calda e l’aria fredda per consentire una differenziazionedella temperatura per i diversi locali (fig. 2d); la distribuzione dell’aria alsingolo locale è effettuata mediante un’apposita canalizzazione;impianti a doppio condotto ad alta velocità; dove viene distribuitacontemporaneamente aria calda ed aria fredda che viene successivamentemiscelata, mediante "cassette miscelatrici" a livello di utenza (fig. 2e).

Degenze

Le camere di degenza rappresentano all’interno dell’ospedale l’area con maggiore fattore diutilizzo. Se infatti la presenza di persone nelle aree di servizio e di diagnosi e cura si limita nellamaggior parte dei casi al periodo diurno, nel caso delle camere di degenza tale permanenza siestende all’intero arco della giornata.Dal punto di vista dei requisiti impiantistici si può distinguere tra degenze normali, cui fannoriferimento la maggior parte dei reparti, e degenze particolari rappresentate essenzialmente da:malattie infettive;geriatria;psichiatria;pediatria e neonatologia.

Degenze normali

Tradizionalmente l’impianto di climatizzazione si limitava al mantenimento delle condizioni internedi temperatura invernale. In seguito i requisiti di igiene hanno imposto un ricambio di aria esternacon sistemi meccanici, che ha spinto ad adottare soluzioni con impianti di termoventilazione o dicondizionamento.

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L’estensione del semplice riscaldamento invernale al condizionamento estivo per camere didegenza oltre a consentire un maggior livello di benessere generale, può essere in alcuni casi fattoreterapeutico (ad esempio reparto ustionati, tireotossici, intossicati da barbiturici), dove uno deiparametri che intervengono nella cura è il fatto che il malato possa perdere calore per evaporazionee per radiazione.Un ulteriore fattore che può rendere necessario il raffrescamento estivo è la tendenza a renderesempre più luminosa la camera di degenza e quindi a prevedere ampie superfici vetrate, con unanotevole incidenza dell’irraggiamento sulle condizioni interne.Per contro realizzare un vero e proprio condizionamento con controllo sia della temperatura chedell’umidità relativa nelle degenze può essere particolarmente oneroso in termini gestionali.A meno quindi di ubicazione geografica dell’ospedale in aree molto calde, al condizionamentoestivo vero e proprio si tende a sostituire un raffrescamento, si garantisce cioè un livello ditemperatura costante, inferiore a quella esterna di 5 ÷ 6°C, con una più ampia tolleranza sui valoridi umidità relativa rispetto al condizionamento.

Le caratteristiche generali che deve avere l’impianto di climatizzazione per i reparti di degenza sonoquindi:garantire una temperatura interna con valori tra 21-23°C in inverno e 27-28°C in estate e il controllodell’umidità relativa tra il 40 e il 50%. Rispetto a tali valori, soprattutto quelli estivi, si è potutoverificare in numerose applicazioni come non sia vincolante il mantenimento della temperaturainterna di progetto nei periodi di massimo carico esterno in quanto variazioni contenute entro 1-2°C sono normalmente tollerate. È stato verificato su un campione che l’80% dei degenti trovanormalmente soddisfacente in estate una temperatura interna di 27°C con UR 50% (cfr. "diagrammadel benessere" in fig. 3); consentire il ricambio di aria minimo necessario al mantenimento dellecondizioni igieniche (2vol/h) con un’adeguata filtrazione;consentire la regolazione della temperatura per zone omogenee che possono avere diverse esigenzein funzione del reparto e delle diverse esposizioni; eliminare gli odori prevedendo impianti diestrazione direttamente dalle camere e attraverso i servizi igienici.

A ciò si aggiungono alcune prescrizioni di carattere generale che assumono notevole importanza ne!caso dei reparti di degenza e più precisamente: economicità di esercizio, in relazione all’incidenzain termini volumetrici delle degenze sull’intera infrastruttura e in termini di continuità difunzionamento 24 ore su 24;bassa rumorosità legata alla presenza di persone a letto durante l’intero arco della giornata;necessità di sistemi terminali (radiatori, bacchette di immissione aria ecc.), che riducano il depositodi polvere e il movimento della stessa.

Le soluzioni impiantistiche che trovano attualmente maggiore applicazione (fig. 4) sono:impianti di raffrescamento misti con terminali ad acqua per il solo periodo invernale e ricambio diaria esterna sia per il periodo invernale che estivo; impianti a tutt’aria con termoventilazioneinvernale e raffrescamento estivo;qualora sia indispensabile il condizionamento per l’ubicazione geografica dell’ospedale, impiantimisti con mobiletti ad aria primaria. In questo caso è opportuno optare per sistemi con terminali adinduzione in luogo di fan-coil per la minore rumorosità dei primi, vista l’assenza del ventilatore.

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Fig. 3 Diagramma del benessere

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Il riscaldamento invernale e raffrescamentoestivo può essere realizzato con un impiantobase a radiatori o a pannelli radiantiassociato a un impianto con unità ditrattamento e canalizzazioni di distribuzionedell’aria di rinnovo.L’impianto misto rappresenta la soluzionepiù economica e quella di minore impattocon la struttura, in particolare per i ridottispazi necessari alle reti di distribuzione deifluidi e alle ridotte dimensioni de!lecanalizzazioni de!l’aria di rinnovo. Leportate d’aria sono infatti circa la metà diquelle che sarebbero richieste da un buonimpianto di termoventilazione econseguentemente si hanno dimensioni deicanali minori.Nel caso di impianti con radiatori deveessere posta particolare cura nella sceltadegli stessi che devono esserepreferibilmente lisci (onde evitare depositi dipolvere) e installati in modo tale da facilitarele operazioni di pulizia. Inoltrel’applicazione di valvole termostatiche sulsingolo elemento radiante può consentire unaregolazione differenziata e controllata deidiversi locali.I pannelli radianti, sono caratterizzati da unamaggiore inerzia termica rispetto ai radiatori(o piastre radianti) e conseguentementehanno una risposta più lenta alla variabilitàdelle condizioni esterne.I pannelli radianti non consentono inoltre direalizzare facilmente una regolazionedifferenziata della temperatura nei diversilocali.La soluzione con le tubazioni radiantiinstallate a pavimento non è infineparticolarmente indicata in ambitoospedaliero per i disagi che può provocare alpersonale medico e paramedico, che svolgela propria attività prevalentemente in piedi.A vantaggio dei pannelli radianti, qualora sisiano installati a soffitto, è la possibilità nelperiodo estivo di inviare acqua refrigerata,fornendo un contributo al sistema diraffrescamento estivo che prevede la solaimmissione di aria primaria trattata.

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Fig. 4 Soluzioni distributive per le camere di degenza

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La climatizzazione con impianti a tutt’aria può, in relazione alla portata immessa nei locali,provvedere alla termoventilazione invernale e al raffrescamento estivo o al condizionamento vero eproprio.Il limite della soluzione a tutt’aria per tè degenze è la difficoltà a realizzare una regolazionedifferenziata per ogni camera, a meno di prevedere batterie di post-riscaldamento locali. Inoltre, aparità di quantità di aria di rinnovo, le portate dell’aria pèr realizzare una buona termoventilazionesono circa il doppio, con aumento delle dimensioni delle canalizzazioni rispetto alla soluzione mistaaria-acqua.Il condizionamento integrale non trova giustificazione nei nostri climi salvo per alcuni repartispeciali.In questo caso la soluzione impiantistica può essere:con impianti a tutt’aria a bassa velocità con batterie locali di post-riscaldamento;con impianti a tutt’aria ad alta velocità a portata variabile con cassette riduttrici di prèssione emodulazione della portata per ogni camera o gruppo di camere;con impianti ad alta velocità a doppio condotto a portata costante con cassette miscèlatrici per ognicamera o gruppo di camere.

L’ipotesi di applicare impianti multizone a bassa velocità, è abbastanza remota per il numero e ledimensioni delle canalizzazioni che si renderebbero necessarie in un reparto di degenza.

Reparto infettivi

I reparti infettivi sono stati oggetto di una recente direttiva del ministero della Sanità, che ha fissatolinee guida con valori e standard impiantistici di riferimento, e come tali sono gli unici a esseresottoposti a una normativa recente.

Va osservato che i dati di progetto indicati dal ministero sono drasticamente inferiori a quelliconsiderati ottimali dalla precedente legislazione, soprattutto per quello che riguarda il ricambiodel!’ aria.Per le camere di degenza si indicano valori di ricambio minimo pari a 4-6 vol/h contro i 12 vol/hindicati dalla C.M. Lavori Pubblici 13011/1974.Questi ultimi sono sicuramente più idonei a garantire un adeguato livello di purezza dell’aria.Infatti, essendo le camere di degenza completamente sigillate, il ricambio con aria esterna deveessere elevato per garantire un’adeguata percentuale di ossigeno in ambiente.Si ritiene quindi che i valori indicati dalla legge 135/1990 debbano essere considerati valori minimiutilizzabili per interventi di ristrutturazione di reparti esistenti, dove esistono vincoli di tipodimensionale per l’installazione di impianti o limitazioni di tipo economico.L’impianto di climatizzazione, nel caso di degenze per infettivi, deve garantire, oltre al ricambiod’aria, un corretto flusso dello stesso, mantenendo diversi livelli di pressione interna.In relazione al tipo di degente si può avere una prima classificazione:malati immunodepressi che devono essere protetti e preservati dall’ambiente esterno;malati contagiosi dai quali deve essere protetto l’ambiente esterno.

In relazione a questa classificazione deve essere garantito un diverso livello di pressione tra lacamera di degenza e le zone esterne.Posto che la camera di degenza per infettivi deve essere comunque separata dal corridoio da unazona filtro, nel caso di immunodeficienza la camera deve essere in sovrapressione rispetto al localefiltro, nel secondo caso la camera di degenza deve essere in depressione rispetto agli ambienticircostanti e al filtro.Il filtro deve in ogni caso essere in depressione rispetto ai corridoi e ai locali di servizio.Pag. 20 di 46 Napoli, 19/01/2011

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Al fine di garantire una flessibilità nell’impiego dei locali è opportuno che i livelli di pressionesiano modificabili mediante serrande poste sulle canalizzazioni di immissione dell’aria.Nella fig. 5 sono schematizzate le due configurazioni.In relazione agli elevati volumi di aria da immettere nelle camere si è in presenza di impianti atutt’aria esterna o di impianti ad aria primaria con integrazione a radiatori dove non è vincolante ilcondizionamento estivo.Nel caso di impianti misti, con radiatori, questi ultimi devono essere a superficie liscia e comunquetali da agevolare le operazioni di pulizia e disinfezione.

Gli impianti di climatizzazione devono inoltre rispondere ai seguenti requisiti:deve essere effettuata una filtrazione sia sull’aria di immissione che su quella di estrazione; non ènecessario prevedere filtrazione assoluta ad eccezione di eventuali camere sterili;non è ammesso il ricircolo dell’aria;la presenza di elevati volumi d’aria immessa richiede la presenza di post-riscaldamento anche estivoche, dove possibile, deve essere realizzato con energia termica di recupero (ad esempio calore dicondensazione della centrale frigorifera);il post-riscaldamento, in funzione della disposizione delle diverse aree (degenze, servizi ecc.) puòessere di zona o locale per locale. In questo secondo caso è necessario installare batterie di post-riscaldamento all’interno del reparto, cosa in linea di principio non auspicabile in quanto lapresenza delle batterie rende meno agevole la manutenzione, obbligando il personale tecnico aoperare in un reparto infettivi, richiede maggiori spazi nei controsoffitti (vani tecnici) e rappresentaun possibile deposito di sporcizia. Questo a meno di aumentare il numero delle canalizzazioniprevedendo un’alimentazione per ogni camera e installando le batterie post-riscaldamento inun’area esterna ai reparto;l’umidificazione, al fine di eliminare i possibili "inquinamenti" da batteri deve essere del tipo avapore;l’unità di trattamento dell’aria deve essere preferibilmente installata in prossimità del reparto. Ciò inrelazione alle dimensioni e al numero non trascurabile di canalizzazioni;l’impianto di estrazione delle zone sporche, deposito salme ecc. deve essere indipendente da quellodei servizi igienici;devono essere differenziati gli impianti a servizio delle camere di degenza che sono caratterizzati daun funzionamento 24 ore su 24 da quelli a servizio degli altri reparti sempre infettivi (day hospital,ambulatori, studi medici, medicherie) che hanno un funzionamento su 12 ore. Si è quindi inpresenza, nello stesso reparto, di due impianti di climatizzazione indipendenti tra loro.

Sempre in relazione agli spazi non trascurabili per le canalizzazioni di distribuzione dell’aria,assumono particolare importanza le predisposizioni architettoniche per il passaggio degli impianti.Ferma restando l’auspicabilità del vano tecnico si possano fare le seguenti considerazioni.

1. La normativa vigente imporrebbe un interpiano per i reparti infettivi pari a 3,5 metri. Tale altezzaè chiaramente riferita ai locali di degenza e ai principali servizi e fa riferimento a ospedali senzasistemi di ventilazione forzata. In tal caso, considerando ammissibile nei corridoi un’altezza di 2,4metri si avrebbe disponibile almeno 1 metro per il passaggio degli impianti. Per contro le attualitendenze, che vedono spesso il reparto infettivi inserito in un unico edificio ospedaliero, sono diportare ad almeno 3,2 metri, se non a 3 metri, l’interpiano per omogeneità con gli altri reparti,riducendo così gli spazi nei contro soffitti.2. Lo sdoppiamento degli impianti (12 ore/24 ore), la necessità di post-riscaldamento per areeomogenee, la presenza di sistemi di estrazione dell’aria specifici per alcuni locali (ad esempiodeposito sporco) comportano di fatto un elevato numero di condotti (canali, tubazioni). Da quil’esigenza di prevedere cavedi verticali di dimensioni superiori a quanto richiesto dai normali

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reparti di degenza, di studiare, per quanto possibile, l’organizzazione del reparto in modo daottimizzare i percorsi, di aumentare eventualmente il numero dei cavedi.

Geriatria

Le camere di degenza della geriatria sono caratterizzate dalla presenza continuativa di personeprevalentemente in grado di muoversi e comunque non costrette a letto. L’attuale tendenza infatti èquella di separare gli anziani non deambulanti, spostandoli in reparti di degenza normali.Dal punto di vista impiantistico le differenze sostanziali rispetto alle degenze normali riguardanouna maggiore necessità di ricambio d’aria, che è opportuno portare a 3 voi/h, e una ridotta dotazionedi impianti gas medicai i (cfr. cap. 4).

Psichiatria

Anche in questo caso le camere di degenza sonocaratterizzate dalla presenza di pazienti prevalentemente deambulanti. I requisiti impiantisticiriguardano essenzialmente gli aspetti legati alla sicurezza, che si concretizzano in terminali diimpianto non facilmente smontabili e privi di componenti che possono rappresentare fonti dipericolo per i pazienti.

Reparto pediatrico neonatale

Nel reparto neonatale possono distinguersi due aree prevalenti, quella destinata alle madri e quelladestinata ai bambini (nursery).La zona destinata alle madri è riconducibile, come requisiti, alle degenze normali.Per le degenze pediatriche la circolare 13.011/1974 indica un ricambio minimo pari a 3 vol/hmentre per la nursery i requisiti sono più stringenti sia per quanto riguarda il ricambio d’aria,Pag. 22 di 46 Napoli, 19/01/2011

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Fig. 5 Sistema di immisione dell’aria per reparti infettivi

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almeno pari a 10 vol/h, che per il microclima. I valori ottimali di temperatura e umidità relativasono in questo caso rispettivamente pari a 25-26 °C e 50-60% UR sia nel periodo estivo cheinvernale.È quindi necessario prevedere il condizionamento della nursery che in relazione agli elevati volumidi aria esterna è realizzabile con impianti a tutt’aria con batterie di post-riscaldamento locali, semonocondotto a bassa velocità, o con cassette riduttrici di portata/miscelatrici, se ad alta velocitàmonocondotto o doppio condotto.Per i reparti immaturi, infine, l’impiego di incubatrici con controllo della temperatura e dell’umiditàconsente di svincolare le condizioni interne degli ambienti dalle esigenze dei neonati.

Caratteristiche peculiari che devono essere considerate nel dimensionamento dell’impianto sono:nella zona nursery si ha un’elevata concentrazione di apparecchiature, in particolare le incubatrici ele lampade per fototerapia, che rappresentano un carico termico interno di cui si deve tenere contonel dimensionamento dell’impianto di condizionamento; l’incidenza delle superfici vetrate è ingenere superiore a quella degli altri reparti, in quanto si tende a favorire l’illuminazione naturale cheha effetti positivi sui bambini.

Scheda 2 Le camere bianche

Si definisce camere bianca un ambiente dove ègarantito un volume d’aria di ricambio acontaminazione controllata.Le camere bianche sono classificate secondo lenorme American Federal Standard 209D in base almassimo numero di particelle contaminanti didimensioni pari a 0,5 micrometri per piede cubo

La classe delle camere bianche è ulteriormenteclassificata in base a tre condizioni di lavoro:

As build: ambiente completo per essereutilizzato ma senza apparecchiature e personale

At rest: ambiente completo per essereutilizzato con apparecchiature funzionanti ma senzapersonale

Operational: ambiente di lavoro completo conapparecchiature funzionanti e personale presente

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Reparto operatorio

Il reparto operatorio e in particolare le sale operatorie rappresentano uno dei nucleitecnologicamente più avanzati all’interno dell’ospedale.I parametri ambientai i sui quali deve essere effettuato un controllo sono la temperatura, l’umiditàrelativa, il grado di contaminazione dell’aria, la presenza cioè di polveri, vapori, e più in generaleaeriformi, e la velocità di immissione dell’aria negli ambienti.L’impianto di climatizzazione rappresenta quindi un sistema ausiliario all’attività medica difondamentale importanza.È innanzitutto opportuno sottolineare che le esigenze degli ambienti che compongono il repartooperatorio non sono uguali, sebbene possano essere soddisfatte da un unico impianto.Nella tab. IV sono riportati i valori ottimali delle condizioni interne per ogni locale.

In relazione agli elevati volumi d’aria richiesti, il sistema impiantistico più idoneo è quello conunità di trattamento a tutt’aria multizone, a doppio o monocondotto con batterie di post-riscaldamento e, per le sale operatorie vere e proprie, unità locali di post-riscaldamento.

Le principali zone in cui l’impianto deve essere suddiviso, in base alle diverse esigenzemicroclimatiche interne, sono:sale operatorie/sale parto;preparazione paziente, risveglio, preparazione chirurghi;camere degenza post-operatorie;sale risveglio;locali di servizio;sterilizzazione;se presente zona anestesia.

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Un ulteriore fattore che incide sull’impiantistica è l’organizzazione del reparto operatorio e piùprecisamente se si è in presenza di un unico blocco operatorio che raccoglie le diverse specialità(questa è la soluzione attualmente più adottata) o se ogni reparto operatorio è associato alla propriaclinica. Nel primo caso è possibile ottimizzare gli impianti prevedendo un numero limitato di unitàdi trattamento aria che servono zone omogenee per funzioni e prevedendo unità post-trattamentodedicate alla singola sala operatoria.Nel secondo è inevitabile una ridondanza degli impianti.In relazione alle elevate quantità di aria da immettere nei locali e alla suddivisione in più zonedell’impianto, si è comunque in presenza di un’elevata richiesta di spazi e volumi tecnici.Si devono quindi prendere in considerazione i seguenti vincoli:l’unità di trattamento deve essere ubicata in prossimità della sala operatoria, di preferenza nell’areasovrastante in un vano tecnico o in copertura. Questo in relazione alle notevoli dimensioni deicanali di distribuzione dell’aria e alle caratteristiche degli stessi. In genere è auspicabile che a valledel post-trattamento si utilizzino canali in acciaio inox con giunzioni saldate e non flangiate perevitare infiltrazioni. Inoltre minori sono i percorsi dei canali di distribuzione dell’aria, minori sono irischi di inquinamento, deposito di polvere ecc.;deve essere possibile avere prese d’aria esterne e quindi il reparto operatorio, che in quanto talepotrebbe non avere esigenze di comunicare con l’ambiente esterno (non vi sono finestre) nondovrebbe essere, come già accennato, ubicato in un piano intermedio del complesso ospedaliero;la presenza di sistemi di filtrazione richiede che l’impiantistica possa essere facilmente accessibileper sostituire e pulire con frequenza i filtri stessi; deve essere garantita una pressione positivarispetto agli ambienti circostanti, in particolare le sale operatorie, rispetto ai locali di preparazione ei locali di preparazione rispetto alle zone limitrofe.

Tutto ciò spinge a ubicare i reparti operatori:in blocchi indipendenti o piani piastra con solaio a cielo libero al fine di consentire l’installazionedelle apparecchiature di condizionamento sulla copertura; in zone sottostanti un interpianotecnologico con altezza pari a 2 - 2,5 metri.

All’interno del reparto, la sala operatoria rappresenta il punto più critico per quanto riguarda lecaratteristiche dell’aria di rinnovo.Temperatura e umidità relativa influiscono infatti sulle condizioni di benessere del personale e delpaziente. Una umidità troppo alta può portare a una sudorazione eccessiva con aumentodell’emissione di batteri da parte del personale medico. Parallelamente il paziente ha necessità diavere una umidità ambiente non inferiore al 50÷ 60 % per evitare fenomeni di disidratazione.È quindi necessario mantenere le condizioni igrotermiche all’interno dei valori consigliati,prevedendo che la temperatura possa essere regolata dall’équipe chirurgica mediante un termostatointerno alla sala.

Il livello di contaminazione dell’ambiente è in parte dovuto alla qualità dell’aria esterna e in partealla presenza di polveri e produzione di inquinanti all’interno della sala operatoria.i materiali con cui vengono realizzate le sale operatorie, la forma ecc. sono tali da minimizzare ipossibili depositi di polveri (pareti in materiali lisci quali alluminio o materie plastiche, assenza discaffali, spigoli arrotondati).Virus e microrganismi si possono infatti muovere nell’aria ancorati a un supporto, come le polveripresenti nell’aria, che ne permettono la sopravvivenza.I gas anestetici sono infine contaminanti tipici delle camere operatorie e, oltre a rischi diretti legatialla loro infiammabilità, possono essere causa di malattie professionali, a causa della continuainalazione da parte del personale medico e paramedico.La tecnologia attualmente più utilizzata per la climatizzazione dei reparti operatori è quella dellecamere bianche, dove accanto a una elevata filtrazione dell’aria viene garantito un elevato numero

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di ricambi con immissione dell’aria a bassa velocità. Il tutto per garantire, oltre al controllo dellatemperatura e dell’umidità relativa, un abbattimento dei contaminanti (polveri, gas anestetici)mediante filtrazione e riduzione della loro concentrazione grazie alle elevate portate in gioco.

Gli schemi di immissione dell’aria negli ambienti sono essenzialmente due:il flusso turbolento o convenzionale;il flusso laminare.1. Camere operatorie con flusso convenzionale. L’aria viene filtrata e immessa nel locale dall’alto a parete e prelevata dal basso mediante griglie(cfr. fig. 6a). La portata dell’aria è dell’ordine di 20 vol/h, mentre la velocità ideale è compresa tra0,15 e 0,45 m/s.Le bocchette di immissione hanno una geometria tale da consentire forti turbolenze che favorisconouna distribuzione omogenea dei contaminanti.I contaminanti all’interno della camera non vengono asportati.2. Camere operatorie con flusso laminare. L’immissione dell’aria in ambiente avviene con flussolaminare per impedire movimenti ortogonali al flusso stesso delle particelle trasportate.L’aria è immessa o da una parete o dal soffitto e fluisce verso l’estremità opposta dove è ubicata laripresa (cfr. fig. 6d). La portata dell’aria immessa è dell’ordine dei 40/50 vol/h.L’aria si muove unidirezionalmente asportando i contaminanti. La velocità del flusso è dell’ordinedi 0,4 - 0,45 m/s.

Spesso si utilizzano soluzioni miste in rèlazione agli elevati costi della camera a flusso laminare.In Italia in particolare la legislazione vieta che sia effettuato un parziale ricircolo dell’aria immessanei reparti operatori. Ciò comporta, che nel caso di camere operatorie con flusso laminare sidebbono trattare 40/50 vol/h d’aria alle condizioni esterne con evidente aggravio dei costi digestione.Per ridurre gli oneri di gestione, garantendo comunque il flusso laminare, sono state propostesoluzioni che tendono a limitare il trattamento alla zona immediatamente adiacente il tavolooperatorio, mediante flussi d’aria perimetrali o mediante pareti in materiale plastico (cfr. figg. 6b e6c).Tra le due soluzioni quella che sembra accogliere più favore da parte del personale medico èsenz’altro la prima, in quanto consente un maggior grado di libertà nei movimenti.L’immissione dell’aria dal soffitto mediante plenum e controsoffitti forellinati e ripresa dalpavimento è attualmente la soluzione che consente di raggiungere il maggior livello di puliziadell’aria.La ripresa dell’aria è normalmente realizzata con bocchette, poste sia in alto che in basso perfavorire l’espulsione di eventuali gas anestetici con densità inferiore o superiore all’aria, chetendono ad accumularsi in prossimità del soffitto o del pavimento.La soluzione con immissione a parete con flusso trasversale, sebbene basata sullo stesso principio,ha, quale limite, che la classe di pulizia è variabile nella direzione del flusso, in quanto lacontaminazione emessa da un posto di lavoro coinvolge, nella direzione del flusso, la successiva. Laciassificazione delle camere bianche, cioè della classe di contaminazione da particelle, fanormalmente riferimento alle norme americane Federal Standard 209.In tab. V è riportata tale classificazione.Le sale operatorie, sia di tipo convenzionale che miste o a flusso laminare, devono essere mantenutein sovrapressione rispetto alle aree limitrofe, in particolare agli ambienti di servizio del bloccooperatorio (preparazione paziente, preparazione chirurghi, sterilizzazione) che devono essere a lorovolta in sovrapressione rispetto alle altre aree dell’ospedale (corridoi di accesso al reparto).

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Nel dimensionamento dell’impianto di climatizzazione, infine, si devono attentamente considerare icarichi interni dovuti alle apparecchiature e agli occupanti. In tab. VI è indicata una dotazionestandard di strumentazione con la potenza assorbita e il personale presente in un’équipe chirurgica.

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Fig. 6 Schemi distributivi dell’aria all’interno della sala operatoria

Radioterapia, medicina nucleare

I reparti di radioterapia e medicina nuclearehanno requisiti simili a quelli operatori. Purnecessitando di minori ricambi d’aria, hannoun’area dedicata alla terapia dove devonoessere garantite condizionitermoigrometriche elevate (10/12 ricambiaria).La tipologia impiantistica più idonea èquella con unità di trattamento a tutt’ariaesterna multizone. Particolari accorgimentidevono essere adottati per le sale di terapiabunkerizzate, prevedendo filtri assolutiprima dell’immissione dell’aria di estrazionenell’ambiente esterno e un percorso dellecanalizzazioni di immissione ed estrazionedell’aria tale da evitare che le stesserappresentino una via preferenziale di uscitadelle radiazioni.Sono quindi da evitare gli attraversamentidiretti dei muri (normalmente c.a. dinotevole spessore), utilizzando, per ilpassaggio dei canali, il percorso a labirintodi ingresso alla sala di terapia.Il flusso dell’aria all’interno dei locali deveandare dalle zone a minore possibilità dicontaminazione a quelle a maggiore rischiodi contaminazione.Ciò è ottenibile mantenendo queste aree indepressione. Quando possibile, è inoltre

opportuno prevedere impianti di estrazione collegati direttamente alle apparecchiatureelettromedicali, in modo da evitare la circolazione d’aria contenente particelle che possono essereradioattive.Per quanto riguarda la velocità dell’aria, analogamente ai reparti chirurgici, è consigliabile utilizzareflussi laminari al fine di ridurre al minimo il movimento di polveri.Nella fig. 7 è riportato uno schema distributivo delle canalizzazioni per una sala di radioterapia.

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Fig. 7 Schema distributivo araia per sala diradioterapia (pianta)

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Terapie intensive

I reparti di terapia intensiva, sebbene possano presentare notevoli differenze da! punto di vista dellaconfigurazione o lay-out interno, hanno dei requisiti comuni:necessità di elevato numero di ricambi d’aria esterna;controllo della temperatura e dell’umidità relativa sia nel periodo invernale che estivo;elevati carichi interni dovuti alle apparecchiature elettromedicali;notevole incidenza dell’illuminazione sui carichi interni in quanto è sempre più frequente lacollocazione di tali reparti all’interno dei piani piastra, in aree cioè dove l’illuminazione naturale èmolto ridotta o assente. La mancanza di finestre rende tra l’altro indispensabile l’impianto diventilazione meccanica;elevato livello di flessibilità negli impianti in quanto più che in ogni altra area dell’ospedale leesigenze di spazio sono legate alle tecnologie.

Le esperienze negli ultimi anni hanno portato inoltre alle seguenti conclusioni:è molto difficile prevedere gli spazi necessari per le diverse specialità mediche;è frequente la necessità di ampi spazi nelle prime fasi di applicazione di una terapia a causa delledimensioni delle apparecchiature, spazi che poi tendono a ridursi quando le stesse raggiungono unamaturità tecnologica.

Sulla base dei requisiti tipici dei reparti è evidente la necessità di un impianto di condizionamento ditipo a tutt’aria.

Le soluzioni per gli impianti di climatizzazione possono essere, in relazione all’ubicazione più omeno ravvicinata dei vari reparti:impianti a tutt’aria ad alta velocità, facenti capo a un limitato numero di unità di trattamento ariainstallate in un’area centralizzata. Questa soluzione è auspicabile per situazioni in cui i reparti diterapia intensiva siano ubicati in un’unica area piastra; l’impiego della distribuzione ad alta velocitàconsente di ridurre le dimensioni dei canali;impianti a tutt’aria a bassa velocità, facenti capo a unità di trattamento aria localizzate in prossimitàdel reparto stesso.

A favore della prima soluzione sono:la maggiore flessibilità offerta da un’unica centrale di trattamento aria, dimensionata per un elevatonumero di ambienti e che quindi può assorbire variazioni dimensionali di un reparto a scapito di unaltro;la possibilità di concentrare le unità di trattamento aria in aree limitate (cfr. fig. 8).

A svantaggio sono:la maggiore estensione della rete di distribuzione che, per consentire la citata flessibilità, dovrebbepoter usufruire di un vano tecnico;le maggiori difficoltà nel differenziare il funzionamento degli impianti nelle diverse aree.Soprattutto in termini gestionali non è possibile fermare una parte degli impianti.

Nel secondo caso l’impiego di unità di trattamento d’aria dedicate a una determinata area di terapiaintensiva ha il vantaggio di ridurre il percorso dell’aria, riducendo l’estensione delle canalizzazioni,e di consentire un trattamento dell’aria più calibrato.

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Per contro, a meno di sovradimensionare ogni unità di trattamento aria, si ha una maggiore rigiditàin termini di portata e potenza delle stesse.

Fig. 8 Schemi impiantistici per reparti di terapia intensiva

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Ultimo punto a sfavore della soluzione decentrata è la necessità di prevedere ampi spazi tecnici perl’ubicazione delle centrali di trattamento aria in prossimità dei reparti serviti e la conseguentenecessità di realizzare numerosi punti di presa d’aria esterna.La soluzione con più unità di trattamento aria dedicate ai vari reparti di terapia intensiva ècomunque la più idonea quando l’organizzazione dell’ospedale prevede una distribuzioneplanimetrica dei reparti stessi. In questo caso è opportuno che l’unità di trattamento aria siacollocata il più vicino possibile al reparto.

Ciò in base alle seguenti condizioni:non essendo le dimensioni del singolo reparto e conseguentemente la portata d’aria della unità ditrattamento elevate (in genere inferiori a 10.000 mc/h), si opta per impianti con distribuzione abassa velocità;la suddivisione delle unità di trattamento aria implica una moltiplicazione dei canali di mandata e diripresa/espulsione che non troverebbero facile collocazione nei cavedi e nei vani tecnici qualora leunità fossero lontane. Verrebbe inoltre a mancare il vantaggio di ridurre i costi dei canali e lerelative spese di gestione per la distribuzione dell’aria.

Definiti i criteri generali per la scelta del tipo di impianto di condizionamento, esistono alcuneesigenze particolari legate alle modalità di applicare le terapie.All’interno dei reparti di terapie intensive esistono infatti aree omogenee dal punto di vista delfunzionamento, zone cioè dove il paziente si sottopone ai trattamenti e in seguito rientra nel repartodi degenza competente o addirittura al proprio domicilio.Tra tali reparti si possono elencare il reparto di emodialisi e la medicina nucleare.Altre aree quali la rianimazione, il reparto ustionati e i reparti post-operatori sono al contrarioutilizzati 24 ore su 24, con la costante presenza del paziente e del personale addetto.Nel caso quindi si preveda una centralizzazione dell’impianto di condizionamento, è bene che gliimpianti siano comunque suddivisi almeno in due unità: una a servizio dei reparti a funzionamentodiurno e una per quelli a funzionamento continuo. Sempre facendo riferimento alle aree sopracitate,le caratteristiche di filtrazione, temperatura e controllo delle condizioni ambientali sono sicuramentepiù stringenti.In particolare deve essere garantita un’elevata filtrazione dell’aria (99,95%) e un controllo piùrigoroso del microclima. Inoltre la pressione interna dei reparti dovrà essere positiva rispetto allearee limitrofe.Per il reparto ustionati è necessario prevedere la filtrazione assoluta dell’aria immessa (ambientesterile), in quanto la cute ha perso la capacità impermeabile ai microbi e ai virus aerogeni egarantire un elevato livello di umidità relativa (60%) per compensare il processo di disidratazione.Dal punto di vista distributivo esistono differenze tra le aree post-operatorie e di rianimazione e ireparti ustionati.Attualmente per le prime due vengono preferite soluzioni con reparti "aperti", senza cioècompartimentazione in camere in modo da consentire al personale medico e paramedico un piùfacile controllo del paziente.In questo caso l’impianto di climatizzazione può essere asservito a sistemi di regolazione checontrollano le condizioni medie dell’ambiente.Nel caso al contrario di ustionati, essendo gli stessi generalmente alloggiati in locali indipendenti, ènecessario prevedere sistemi di regolazioneambiente per ambiente.

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Laboratori

I laboratori richiedono un elevato ricambio d’aria, con pressione negativa rispetto agli ambienticircostanti, oltre al controllo delle condizioni interne di temperatura e umidità relativa sia nelperiodo estivo che invernale.In relazione alle notevoli dimensioni dei locali (25÷30 mq), la soluzione impiantistica più idonea èquella di prevedere impianti di condizionamento a tutt’aria esterna.Sia il valore minimo di ricambio d’aria esterna, pari a 6 vol/h, imposto dalle normative, che quelloconsigliato, di 12 voi/h, sono infatti tali da consentire un adeguato condizionamento degli ambienti.L’impiego di sola aria esterna, senza ricircolo, è dovuto alla presenza di inquinanti (gas, reagentiecc.).

La scelta di utilizzare impianti a bassa velocità o ad alta velocità mono o a doppio condotto per laclimatizzazione dei laboratori è legata alle caratteristiche dimensionali e all’ubicazione deilaboratori stessi.In ogni caso è necessario prevedere localmente batterie di post-riscaldamento o cassette a portatavariabile nel caso di impianti monocondotto o di cassette miscelatrici per il doppio condotto percontrollare le condizioni interne di temperatura in relazione al carico termico.Un requisito molto importante che deve essere, per quanto possibile, valutato nella disposizionedelle dorsali principali delle reti impiantistiche è quello della flessibilità.Le dimensioni e i carichi interni dei laboratori sono infatti molto vincolate allo sviluppo delleapparecchiature di analisi.È quindi opportuno prevedere che i canali di mandata dell’aria siano installati in un vano tecnico, oin alternativa siano a vista, in modo da rendere agevoli adattamenti e modifiche nel tempo.

Un altro aspetto particolare dei laboratori è la presenza di cappe aspiranti. Queste sonocaratterizzate da:elevata portata d’aria (dell’ordine di 300/500 mc/h cad.);funzionamento discontinuo.

La loro presenza all’interno del laboratorio e il loro funzionamento possono portare a unavariazione del bilancio dell’aria all’interno del locale.Si deve quindi porre particolare attenzione nel dimensionamento dell’impianto di climatizzazione edi estrazione, che deve essere coordinato col funzionamento delle cappe.Nello schema di fig. 9 sono illustrate le due situazioni tipiche, con cappe ferme e con cappe infunzione. In questo senso la scelta di impianti à portata variabile può migliorare la funzionalità degliimpianti.

Morgue e anatomia patologica

Il reparto richiede un elevato numero di ricambi di aria esterna che garantiscano la diluizione e illavaggio degli ambienti, in particolare per le sale settorie con l’eliminazione degli odori.

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È bene prevedere per tali locali almeno 15 vol/h con pressione negativa rispetto ai locali circostanti.Altrettanto importante è il valore della temperatura che non deve oltrepassare, per i locali conpresenza di salme, i 18°C con umidità relativa pari al 60% (sala osservazione).In tale contesto è evidente l’opportunità di un impianto di condizionamento a tutt’aria.Circa la tipologia di impianto, essendo il reparto posizionato nella maggior parte dei casi in unluogo decentrato rispetto alle principali attività dell’ospedale, è conveniente prevedere un’appositaunità di trattamento aria.Va inoltre valutata l’opportunità di collegamento dell’unità di trattamento aria all’impiantofrigorifero centralizzato di produzione di acqua refrigerata. Qualora infatti si prevedano periodi dinon esercizio dell’impianto centralizzato e in virtù della posizione decentrata del reparto, può esserepreferibile utilizzare un gruppo frigorifero indipendente.Per la conservazione delle salme vengono impiegati appositi armadi frigoriferi, di tipoprefabbricato, in grado di assicurare periodi di media conservazione a 0°C o di lunga conservazionea - 20°C.Questo secondo caso è tipico dei reparti di medicina legale.Nella fig. 10 sono riportati gli ingombri di un armadio frigorifero per la conservazione delle salme asei posti.

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Fig. 9 Schema di funzionamento impianto di estrazione neilaboratori

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Gas medicali

I principali gas per uso medicale impiegati in ambito ospedaliero sono l’ossigeno (02), il protossidodi azoto (N20) per usi anestetici e l’aria medicale.Ulteriori gas di uso specifico sono utilizzati in reparti speciali e sono distribuiti con bomboleportatili installate in prossimità dell’utilizzatore (cfr. tab. I).L’ossigeno, il protossido di azoto e l’aria e, sebbene impropriamente assimilato a un "gasmedicale", l’impianto del vuoto sono distribuiti con impianti centralizzati che consentono diottimizzare l’approvvigionamento, garantendo parallelamente condizioni di sicurezza.Gli aspetti legati alla sicurezza hanno infatti spinto a limitare per quanto possibile la presenza didepositi di materiale infiammabile o esplosivo all’interno dell’ospedale.

In relazione alla tipologia dell’ospedale può risultare conveniente prevedere impianticompletamente centralizzati (ad esempio ospedale monoblocco) o soluzioni miste (ad esempio inospedali a padiglioni) dove alcuni gas, come aria e ossigeno, che hanno una distribuzione capi Ilareall’interno dell’ospedale, faranno capo a un unico deposito centralizzato, mentre gas specifici, comeil protossido di azoto, utilizzato prevalentemente nel blocco operatorio, sono dotati di rampe conbombole ubicate in prossimità dell’utenza.

Inoltre è opportuno sottolineare che per gli impianti di aria compressa esistono due ulterioridistinzioni e, più precisamente, l’aria compressa viene suddivisa tra impianti di aria medicale e ariacompressa normale.

Nel primo caso la produzione dell’aria avviene mediante miscelazione tra ossigeno e azoto prelevatigeneralmente da serbatoi con i gas allo stato liquido, previa evaporazione, garantendo così uncontrollo sulla qualità dell’aria distribuita.L’aria medicale è distribuita ai reparti di terapia, chirurgia ecc. e ovunque l’aria abbia impieghiterapeutici.Nel secondo caso l’aria è prodotta mediante compressori generalmente a vite e di tipo oil free, senzacioè possibilità di contaminazione con oli di lubrificazione, e dopo la deumidificazione e filtrazioneviene inviata a reparti che hanno un utilizzo dell’aria compressa non direttamente legata al paziente(laboratori, reparti di servizio quali lavanderie, sterilizzazione ecc.).Per quanto riguarda il sistema di aspirazione (vuoto) si deve distinguere tra l’impianto generaledell’ospedale e l’impianto di evacuazione gas anestetici che collega direttamente le apparecchiaturedi anestesia del reparto operatorio alla rete di aspirazione (cfr. fig. 1).Vale la pena infine associare ai gas medicali anche l’impianto di distribuzione dei gas liquidi (GPLo gas metano) necessari all’alimentazione dei laboratori e delle cucine di piano, quando presenti.Anche se tale impianto non ha attinenza con i gas medicali, deve essere contemplato dal progettistanella fase di definizione dell’area depositi e nella predisposizione delle reti di distribuzione.

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Aspetti normativi

La normativa in Italia ha affrontato in modo nonorganico gli impianti per gas medicali, limitandosi adefinire prescrizioni di sicurezza per quantoriguarda i depositi, considerati attività soggette allenorme dei vigili del fuoco e, mediante la norma UNI9507, indicando le caratteristiche dei terminali ecomponenti (prese, stazioni di riduzione dellapressione ecc.). Per la progettazione e messa inesercizio degli impianti si può fare riferimento allenormative straniere (cfr. tab. II).

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Fig. 1 Sistema di evacuazione gas anestetici

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Schema distributivo

Gli impianti centralizzati sono costituiti da una centrale di stoccaggio/produzione, da una rete didistribuzione e dai punti di prelievo (prese).Nella tab. III è riportato uno schema con l’individuazione delle principali utenze dei gas medicaliall’interno dell’ospedale.In funzione delle caratteristiche del gas e della criticità rispetto all’attività medica sono previste, siaa livello di centrale che, più limitataménte, a livello distributivo, ridondanze e riserve.

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Centrali di stoccaggioUn primo aspetto relativo alle centrali di stoccaggio, che tra l’altro interessa in particolare modo ilprogetti sta, è la loro ubicazione, che deve sostanzialmente rispettare i seguenti requisiti: essereconforme alle normative;essere il più possibile baricentrica rispetto alle utenze per ottimizzare le distribuzioni;essere facilmente accessibile per le operazioni di approvvigionamento (tab. IV).

La normativa, in particolare il D.M. 31 marzo 1984, e il D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 impongonoche i depositi di sostanze infiammabili siano:

installati ad almeno 20 m dai fabbricati limitrofi e possibilmente all’aperto con recinzione;qualora fossero installati in manufatti, gli stessi devono essere realizzati con pareti a bassaresistenza e devono essere ventilati naturalmente con aperture senza infissi installate in basso e inalto.In tale normativa, vale la pena ricordare, rientrano anche gli eventuali depositi di GPL.

Centrale ossigeno

La centrale di stoccaggio dell’ossigeno è costituita da:una centrale principale costituita, in funzione delle dimensioni del presidio, o da un serbatoio diossigeno liquido a 200 atm con evaporatore o da bombole con rampe;una centrale di emergenza realizzata con bombole a intervento automatico o in alternativa con unsecondo serbatoio;una centrale di sicurezza realizzata con bombole con intervento manuale a seguito di segnalazioni diallarme. L’intervento manuale è necessario rendere più evidente lo stato di emergenza.Nella fig. 2 è riportato uno schema della centrale.Il serbatoio criogenico per ossigeno liquido deve essere installato all’aperto su una piazzuola in c.a.con recinzione.Particolare attenzione deve essere posta nell’impiantistica elettrica al fine di ridurre i rischi diincendio e nell’esecuzione del basamento per evitare ritenzione di sostanze (grassi, oli minerali,combustibili) che a contatto con ossigeno liquido possono provocare esplosioni.Le rampe di bombole possono essere installate o in locali o sotto tettoie con griglie perimetrali.Va osservato chenormalmente ilserbatoiocriogenicodell’ossigenoliquido vienefornito incomodato dallesocietàproduttrici edistributrici digas medicali.

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Fig. 2 Tipico sistema di fornitura con recipienti liquidi fissi perossigeno-protossido

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Centrale protossido

I consumi di protossido di azoto all’interno dell’ospedale sono mediamente il 25-30% di quellidell’ossigeno.Anche in questo caso è opportuno prevedere:un deposito principale con evaporatore criogenico o bombola;un deposito di emergenza con intervento automatico con bombole o secondo serbatoio; .un deposito di sicurezza con bombole.

La presenza del serbatoio del gas liquido al posto delle bombole è chiaramente giustificata inpresenza di presidi con elevato numero di posti letto e in presenza di attività chirurgica.

Centrale aria medicale

La dizione "aria medicale" fa riferimento a quella prodotta mediante miscelazione di azoto eossigeno prelevati da serbatoi con gas liquidi o da bombole contenenti aria ad alta pressionepremiscelata.La centrale di produzione dell’aria medicale con serbatoio di azoto e ossigeno e successiva loromiscelazione è più costosa rispetto a quella con bombole, in particolare per la presenza delmiscelatore azoto-ossigeno.La sua realizzazione è consigliata quindi per ospedali da 400-500 posti letto in su e dallacontemporanea presenza di un serbatoio di ossigeno liquido, comune all’impianto ossigeno, da cuiprelevare il gas.

Anche in questo caso deve essere prevista:una centrale principale con miscelatore o bombole; una centrale di emergenza con bombole.

In fig. 3 è riportato uno schema dell’impianto.La produzione dell’aria avviene a 10/12 bar.

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Il miscalatore, che costituisce la parte più sofisticata dell’impianto, è dotato di un sistema di analisidel gas. L’impianto miscela ossigeno con possibilità di regolazione tra 0 e 25% circa.La calibratura avviene mediante un prelievo da una bombola campione.

Centrale ariacompressa

La produzione dell’aria compressa per gli usi tecnici all’interno dell’ospedale può avvenire comedetto mediante elettrocompressori.In questo caso la centrale deve rispondere ai seguenti requisiti:essere dotata possibilmente di due compressori, uno con funziona di riserva;essere ubicata in posizione tale da ridurre al massimo l’effetto del rumore. Ciò è in parte ottenibileutilizzando macchine insonorizzate;essere adiacente a una cabina elettrica o a un quadro generale di distribuzione, al fine di ridurre eottimizzare la distribuzione elettrica in bassa tensione.Questi due ultimi requisiti fanno sì che, come per le centrali di aspirazione, molto spessol’ubicazione delle centrali aria e vuoto non coincidano con quelle dei depositi dei gas medicali verie propri.Dal punto di vista normativo, inoltre, non sussistono limiti di distanza dai fabbricati previsti per idepositi dei gas e quindi spesso la loro collocazione è nell’area servizi tecnologici (centrale tèrmica,idrica ecc).

Tornando alle caratteristiche dell’aria compressa, e quindi dei compressori, questi dovranno:essere di tipo esente da olio: tale requisito si concretizza in una caratteristica tecnica delcompressore;avere a valle della compressione un sistema di deumidificazione: questo si ottiene normalmente conmacchine frigorifere elettriche con condensazione ad aria che raffreddando l’aria provocano ladeumidificazione;avere una filtrazione prima dell’invio in rete: la filtrazione è realizzata con successivi stadi ecomprende:filtri ceramici e/o tessili per l’eliminazione delle polveri;filtro a carboni attivi per l’eliminazione per assorbimento degli inquinanti gassosi;filtro battericida;

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Fig. 3 Tipico impianti di proporzionamento miscelaossigenio-azoto

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avere un serbatoio polmone: ciò consente di ammortizzare le piccole variazioni di consumo da partedell’utenza, riducendo il fenomeno dell’inserimento/disinserimento del compressore.

Nella fig. 4 è riportato lo schema di principio di una centrale di aria compressa.

Centrale vuoto

L’impianto vuoto va distinto, come accennato, tra l’impianto generale e quello destinatoall’aspirazione dei gas anestetici.Il principio di funzionamento è quello di aspirare mediante più pompe rotative creando unariduzione di pressione a circa 10 mbar (pressione atmosferica 1.000 mbar) nella rete di aspirazione.Il gruppo vuoto, in relazione al servizio ospedaliero, deve essere dotato di filtro battericida primadell’espulsione dell’aria nell’ambiente.

Per l’impianto vuoto generale valgono le considerazioni fatte per la centrale compressione aria:ubicazione in posizione tale da ridurre gli effetti di inquinamento acustico;

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Fig. 4 Schema centrale aria compressa per uso ospedaliero

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prossimità a sorgenti elettriche (cabina, quadro); presenza di gruppo di riserva. Ciò si ottienenormalmente installando una pompa di riserva.

Particolare cura infine deve essere posta nell’ubicare il punto di espulsione dell’aria nell’ambienteesterno che deve essere il più alto possibile e lontano da finestre, prese d’aria ecc., per evitare corticircuiti con immissione di aria inquinata all’interno dell’ospedale attraverso le unità di trattamentoaria.Per l’impianto di aspirazione di gas anestetici valgono al contrario le seguenti condizioni:in relazione allo specifico impiego (reparti operatori, sala parto) le prestazioni, o per così dire laportata, sono molto inferiori rispetto all’impianto generale, conseguentemente si riducono iproblemi di rumorosità e gli assorbimenti elettrici;dovendo essere un impianto indipendente anche a livello distributivo si tende a ubicare la centraledi aspirazione in posizione adiacente le utenze; in particolare nel caso di reparti operatori su piastra,è spesso adottata la soluzione di installare la centrale nel vano tecnico superiore al reparto;se l’impianto è suddiviso per servizio (ad esempio reparto operatorio, sala parto) è possibilesubordinare il funzionamento all’utilizzo della struttura;deve essere posta particolare cura nell’espulsione dell’aria contenente gas anestetici, al fine dievitare fenomeni di inquinamento locale e rischio di esplosione.

Sistemi di distribuzione

Nel dimensionamento delle tubazioni di distribuzione dei gas medicali si deve prendere inconsiderazione la compatibilità del gas con il materiale utilizzato (cfr. tab. V) e la velocità del gasall’interno delle tubazioni stesse in relazione ai possibili fenomeni di autoaccensione dovuti agliattriti conseguenti la presenza di polveri.Un valore orientativo della velocità dei gas medicali attraverso le reti di distribuzione è pari a 15 ÷25 m/s. La distribuzione dei gas medicali, vuoto e aria avviene normalmente mediante tubazioni dirame con giunti a bicchiere saldati.Relativamente alla portata si può fare riferimento ai valori riportati nella tab. VI per i principalireparti.La rete di distribuzione primaria è frequentemente realizzata con uno schema lineare con lediramazioni ad albero (cfr. fig. 5).Preferibile, per evidenti aspetti di affidabilità, è la soluzione che prevede una distribuzioneprincipale ad anello a diametro costante, con possibilità di intercettazione, e stacchi ai vari piani oreparti dell’ ospedale.

In relazione ai piccoli diametri non si ha normalmente difficoltà a installare le tubazioni didistribuzione dei gas medicali in corrispondenza dei cavedi verticali e lungo i percorsi impiantisticiorizzontali (interpiani tecnici, controsoffitti ecc.)Sulle dorsali principali sono installati, per ogni piano elo reparto, stacchi con valvole diintercettazione. Le tubazioni devono essere poste a vista o all’interno dei controsoffitti per le reti amedia pressione (si distingue in alta, media e bassa pressione) sebbene la prima riduzione da 200bar a 8 - 10 bar avvenga normalmente nelle centrali di stoccaggio. A livello di piano o di reparto siha un’ulteriore riduzione della pressione (per ossigeno, protossido e aria) mediante stazioni diriduzione.Tali stazioni sono normalizzate (riduttori di secondo stadio) e comprendono rubinetti diintercettazione, manometri per la visualizzazione della pressione e segnali di allarme.

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L’ubicazione ideale delle stazioni di riduzione è nei corridoi, o nel posto di controllo di piano,all’ingresso dei reparti in vicinanza del cavedio o della distribuzione principale e comunque inposizione sorvegliabile da parte del personale medico e paramedico.Precauzione importante è quella di prevedere, per quanto economicamente possibile, sempre unastazione di riduzione di riserva.

Qualora ciò non sia proponibile è comunque necessario prevedere tale duplicazione almeno neiseguenti reparti:blocco operatorio;

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rianimazione;terapia intensiva;sala parto;pronto soccorso.

Dalle stazioni di riduzione si ha la distribuzione alle utenze con tubazioni a vista normalmenteinstallate nei corridoi all’interno del controsoffitto.In corrispondenza di ogni utenza è bene sia prevista una valvola di intercettazione.Per il tratto terminale della tubazione in rame si ammette l’installazione sotto traccia.

Prese

Le prese dei gas medicali sono necessariamente normalizzate per consentire i collegamenti con leapparecchiature medicali.La norma UNI 9507 definisce le caratteristiche a cui tali prese devono ottemperare.Le prese di aspirazione gas anestetici sono differenziate rispetto a quelle del vuoto.Nella fig. 6 sono illustrate la conformazione di una stazione di riduzione di pressione di secondostadio e quella di una presa da incasso.Sebbene sia possibile l’installazione delle prese a muro, attualmente è ormai comune l’utilizzo disoluzioni con travi attrezzate che inglobano le dotazioni impiantistiche necessarie al letto delpaziente (illuminazione, gas, servizi di chiamata, prese elettriche).In questo caso è possibile, coordinando opportunamente la disposizione dei servizi igienici e lequote dei controsoffitti, ridurre o eliminare completamente il tratto sottotraccia delle tubazioni chedal controsoffitto del corridoio (o del vano tecnico) si inseriscono attraverso il servizio igieniconell’apposita trave testaletto (cfr. fig. 7).All’interno della trave testaletto l’installazione dei diversi impianti deve rispettare alcune distanze ecompartimentazioni legate sia ad aspetti normativi e di sicurezza che funzionali (distanza tra cavielettrici e cavi per trasmissione dati strumentali).Vale peraltro la pena di sottolineare alcuni punti che possono qualificare le scelte progettuali e inparticolare:

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Fig. 5 Schema distributivo gas medicali

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nelle camere di degenza, che rappresentano in termini quantitativi e conseguentemente economici lamaggior voce, è possibile ottimizzare il numero di prese.In particolare nel caso di camere a due o quattro letti (tipologia standardizzata nelle nuoverealizzazioni) si possono prevedere una presa per ogni letto per l’ossigeno e una presa ogni due lettiper l’impianto vuoto;nei reparti di terapia (rianimazione, terapia intensiva) deve essere posta particolare cura nella sceltadella soluzione per portare alletto del malato i servizi (oltre ai gas medicali anche le alimentazionielettriche, reti trasmissione dati ecc.); per tali reparti, infatti, sussiste la necessità da parte delpersonale medico di poter accedere alletto del paziente a 360°.Il letto del paziente è normalmente staccato dalla parete di circa 70-80 cm.Si può quindi prevedere che i servizi principali arrivino al paziente mediante una trave sospesa,consentendo i collegamenti dall’alto e non dalla parete retrostante il letto;nei reparti di psichiatria non è necessario prevedere nelle camere di degenza l’impianto gasmedicali, limitandone la presenza alla medicheria se presente o alla camera di sicurezza.

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Fig. 6 Stazione di riduzione di pressione e presa da incasso

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Fig. 7 Particolare trave attrezzata a schema distributivo gas medicali

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Prof. Marcello Bracale Gli Impianti Ospedalieri

Note1. Le norme relative alla prevenzione di incendi limitano l’impiego di gas in bombole ai reparti operatori, dirianimazione, laboratori, medicina nucleare e fisiopatologia respiratoria, consentendo la presenza di una sola bombola,fissata al muro o a un supporto mobile e di capacità massima pari a 50 I.2. A causa dei problemi legati alla presenza di polveri e residui nelle tubazioni e nelle stazioni di riduzione dellapressione dei gas l’impianto prima della messa in esercizio deve essere sottoposto a un’accurata pulizia medianteinsufffaggio di gas inerti (ad esempio azoto).

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