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n. 5, settembre 2011 EAN– European Astrosky Network ASTRONOMIA & INFORMAZIONE INDICE Editoriale Lorenzo PRETI, Esperienza di astrometria su alcune stelle multiple e analisi degli errori di misura. Francesco ONGARO, La rivoluzione lenta Alberto VILLA, Una notte di lavoro in Osservatorio per la ripresa dello spettro della cometa C/2009 P1 Garradd Redazione EAN, Il progetto ATRA NOCTIS Webzine gratuita www.eanweb.com [email protected]

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E A N – E u r o p e a n A s t r o s k y N e t w o r k

A S T R O N O M I A & I N F O R M A Z I O N E

INDICE

• E d i t o r i a l e • Lorenzo PRETI, Esperienza di astrometria su alcune stelle multiple e analisi degli

errori di misura. • Francesco ONGARO, La rivoluzione lenta • Alberto VILLA, Una notte di lavoro in Osservatorio per la ripresa dello spettro della cometa C/2009 P1 Garradd • Redazione EAN, Il progetto ATRA NOCTIS

Webzine gratuita www.eanweb.com [email protected]

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REDAZIONE Direttore editoriale: Rodolfo Calanca, [email protected]  Co-direttore: Angelo Angeletti, [email protected]  Redattore responsabile: Manlio Bellesi, [email protected] Redattore: Lorenzo Brandi, [email protected] Responsabile dei servizi web: Nicolò Conte [email protected]  

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EDITORIALE A CURA DELLA REDAZIONE EAN

LA REDAZIONE DI ASTRONOMIA NOVA

Da sinistra: Rodolfo Calanca, Angelo Angeletti, Manlio Bellesi, Lorenzo Brandi, Nicolò Conte

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Anche questo numero di settembre di ASTRONOMIA NOVA contiene interventi di indubbio interesse. Chi si occupa di stelle doppie potrà leggere con profitto il bell’articolo di Lorenzo Preti (si veda anche il video: www.youtube.com/watch?v=92Ey-7SyfyU), che confronta le prestazioni di due software molto utilizzati dagli astrometristi: IRIS e REDUC. Il contributo di Francesco Ongaro, fisico, saggista e storico riguarda invece gli inizi della rivoluzione scientifica, tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, quando il sistema aristotelico-tolemaico fu attac-cato alle fondamenta da Copernico, Keplero e Galileo. A parere di Ongaro, certamente condivisibile, la rivoluzione copernicana fu conclusa con la pubblicazione del Dioptrice di Keplero (1611), anche se i guai dei copernicani, all’epoca, erano appena iniziati. Purtroppo però, non si trattava di un confronto tra idee scientifiche, bensì uno scontro, impari, tra la libertà di pensiero e le imposizioni di una Chiesa cattolica, autoritaria e in lotta con le eresie scismatiche che divampavano in tutta Europa. A farne le spese fu so-prattutto Galileo. Alberto Villa ci offre un meritevole esempio di proficua serata osservativa al Centro Astronomico di Lib-biano—Peccioli (PI), mirata alla raccolta di spettri di una cometa abbastanza luminosa: la C/2009 P1 Garradd. Villa dimostra che non è necessario possedere uno spettrografo professionale (e quindi molto costoso) per ottenere risultati interessanti. Egli infatti utilizza uno Star Analyser, un dispositivo davvero a basso costo che è in grado, se accoppiato ad un buon telescopio, di riprendere spettri con un dettaglio sufficiente per evidenziare le principali righe di assorbimento ed emissione. Infine, la redazione EAN ha messo a punto un documento con il quale si illustra il progetto ATRA NOC-TIS, il monitoraggio, a livello internazionale, dell’inquinamento luminoso, la cui caratteristica saliente, grazie ad uno script messo a punto da Cristian Fattinnanzi, è di poter stimare la luminosità del cielo at-traverso immagini ottenute con una normale fotocamera digitale. ATRA NOCTIS si propone, nei prossimi mesi, di mettere a punto delle applicazioni per telefoni cellula-ri che trasformeranno questi ormai comunissimi dispositivi, in accurati fotometri per la misura del fondo cielo. La prima nottata dedicata al monitoraggio dell’inquinamento luminoso, con la fotocamera digitale ed il telefono cellulare, coinciderà con la Giornata della Terra, la notte tra il 21 e il 22 aprile 2012, http://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_della_Terra . Il progetto ha uno slogan ambizioso: “Un milione di clic per salva-re il buio della notte”.

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Introduzione L'astrometria è quella branca dell'astronomia che misu-ra, in alta precisione, la posizione delle stelle rispetto ad un sistema di riferimento. In un certo senso è grazie ai progressi dell'astrometria che si è cominciato a misura-re il tempo in modo sempre più accurato, a creare calen-dari sempre più precisi e ad orientarci correttamente durante la navigazione in mare aperto. Queste genere di ricerche ha rappresentato per secoli il settore più vitale della scienza del cielo. L’interesse per lo studio dei siste-mi multipli di stelle si è imposto a partire dal XIX seco-lo, quando studiare la dinamica di un sistema doppio rappresentava l'unica possibilità per distinguere un si-stema doppio fisico (ovvero con stelle legate gravitazio-nalmente) da un sistema doppio prospettico. Negli ultimi decenni si è sempre più spesso utilizzata la spettroscopia per accertare la “fisicità” di una stella dop-pia. Un limite di questo metodo è semplicemente costi-tuito dall’enorme quantità di stelle doppie e sistemi multipli (o sospetti tali) che popolano il cielo. Pertanto, lo studio astrometrico classico ha ancora ampi spazi di utilizzo, specialmente per l’astrofilo, purché dotato di una strumentazione minima: un telescopio in montatu-ra equatoriale motorizzata con un diametro di almeno 15 centimetri e un sensore CCD o CMOS nel suo fuoco (una fotocamera reflex digitale, quali le Canon EOS o le Nikon). Ho iniziato ad occuparmi di astrometria stellare, rima-nendone subito affascinato, dopo aver acquisito delle immagini di stelle doppie classificate come “neglette” (la cui ultima misura ufficiale di catalogo risaliva a più di un secolo fa!) in collaborazione con l'astrofilo italiano, esperto di astrometria, Giuseppe Micello (sito: https://sites.google.com/site/passioneastronomiait/). In parti-colare, tale collaborazione ha portato all'aggiornamento delle misure del catalogo ufficiale Washington Double Star Catalogue (WDS) e ad un articolo sul Journal of Double Star Observer (JDSO, www.jdso.org/ ), il web-magazine di riferimento mondiale per gli appassionati

del campo. Data la portata del risultato raggiunto, di comune accordo con il sig. Micello, abbiamo deciso di mettere alla prova gli strumenti a mia disposizione con una ulteriore serie di misure. Era infatti di primaria im-portanza capire l'entità dell'errore di misura; i sistemi multipli misurati sono stati scelti da Micello, sulla base del numero di componenti, delle separazioni angolari e delle magnitudini. Misurare una stella doppia Misurare una stella doppia significa trovarne le coordi-nate polari, prendendo come stella di riferimento la componente più luminosa. Le coordinate polari sono composte da due grandezze: la separazione angolare ρ, la distanza in secondi d'arco tra la stella primaria e la secondaria, e l'angolo polare θ, che indica l'angolo tra il vettore congiungente le due stelle ed il Nord, fig. 1. Per trovare queste due grandezze, si può procedere in diversi modi. E’ tramite il

Esperienza di astrometria su alcune stelle multiple e analisi degli errori di misura

Lorenzo Preti [email protected]

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Fig. 1: Angolo polare θ e separazione angolare ρ di una coppia di stelle A, B.

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confronto dei dati restituiti da questi diversi metodi che si è pensato di ricavare una stima dell'errore nelle misu-razioni. Il primo metodo è quello astrometrico “classico”: si ef-fettua un allineamento tra l'immagine che abbiamo otte-nuto al telescopio ed un'immagine di catalogo preceden-temente calibrata con le coordinate equatoriali, cosicché anche ogni punto della nostra immagine possa essere associato ad una coordinata di Ascensione Retta, α, e Declinazione, δ. Dopo la calibrazione, otterremo le coor-dinate equatoriali delle due componenti A (αA, δA)e B (αB, δB), e da queste passeremo alle coordinate polari tramite semplici formule di trasformazione. L'angolo di posizione θ vale:

θ = arctan (Δα cos δA/Δδ)

dove Δδ è la differenza della declinazione e Δα la diffe-renza della ascensione retta tra la stella B e la stella A. La separazione ρ invece, si calcola con il teorema di Pi-tagora:

ρ = ((Δα cos((δA + δB)/2))2 + Δδ2)1/2 E’ necessario precisare che le formule sopra riportate sono soluzioni approssimate, poiché valide, a rigore, per la geometria piana, non sferica! Sono comunque ottime approssimazioni per valori angolari molto piccoli (quali quelli normalmente in gioco durante queste misurazio-ni). Le due precedenti formule non possono essere uti-lizzate per qualsiasi valore di separazione. Quelle accu-rate, valide per qualsiasi valore di distanza angolare, possono essere riprese dal libro di Jean Meeus, Astro-

nomia con il Computer (Hoepli editore, diverse edizio-ni). Il secondo metodo di misura non necessita di alcun alli-neamento dell'immagine. In questo caso, immediata-mente prima di iniziare le riprese, si fotografa una stella doppia (prospettica o con periodo orbitale millenario), di coordinate note, ed in base ad essa sarà poi possibile ottenere la scala di campionamento e la rotazione cor-retta del sensore di ripresa rispetto al Nord. Supponia-mo che la doppia in Fig. 3 sia una doppia di calibrazio-ne, ovvero di coordinate note e che i centroidi delle stel-le A e B siano posti alle coordinate del sensore (Xa,Ya) e (Xb,Yb). L’angolo αp sarà dato allora da:

αp = arctan ((Xb-Xa)/(Yb-Ya))

con il quale otteniamo facilmente l’orientamento dell’immagine Δ.

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Fig.2: Esempio di immagine calibrata tramite sovrapposi-zione di stelle con il program-ma Aladin 6.0

Fig. 3: Stella doppia orientata casualmente su una “griglia” (sensore con pixel quadrato)

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Δ = αp - θ Il valore della scala di campionamento passa attraverso la misura in pixel della distanza tra il centroide di A e quello di B. Applicheremo il teorema di Pitagora per il calcolo di β:

β = ((Xb-Xa)2 + (Yb-Ya)2)1/2

Il valore di campionamento Σ dell'immagine sarà dato dal rapporto tra la distanza nota in secondi d'arco e la distanza in pixel appena calcolata:

Σ = ρ/β A questo punto, se non avremo ruotato né, tanto meno, cambiato sensore, per ottenere i valori di ρ e θ della stella doppia incognita, sarà sufficiente applicare le me-desime equazioni con Δ e Σ noti, e αp e β ricalcolati in base al fotogramma della stella doppia da misurare. Esplicitiamo per maggior chiarezza:

θ = αp — Δ ρ = Σβ

Questi due metodi di misura hanno sia pregi sia difetti, come evidenzieremo nel corso di questa esperienza a-strometrica. Descrizione preliminare dei sistemi stellari mul-tipli oggetto della misurazione Il sistema multiplo Sh355 (catalogo South & Herschel, 1824, designazione catalogo WDS: SHJ355, fig. 4) è un bel sistema stellare multiplo nella costellazione Cassio-pea, in cui la stella principale è di magn.4,9 di un bel

colore azzurrato (classe spettrale B3IV). Il sistema è co-stituito da 8 componenti. Le coppie AB e CD sono cop-pie strette; le componenti B e D risultano in realtà invi-sibili al telescopio a medi ingrandimenti. Anche ripren-dendo al fuoco diretto (1 metro di focale, fig. 5) con il mio telescopio di 20 centimetri, queste componenti non sono risolte, pertanto in questo studio analizzeremo il sistema solo nelle sei componenti normalmente rilevabi-li visualmente. Le componenti F e G formano a loro vol-ta una doppia con tanto di nomenclatura ufficiale: HJ 1887 (catalogo John Herschel). La componente I è la più distante e venne attribuita allo stesso sistema nel catalo-go di Sherburne Wesley Burnham nel 1906 con la sigla BU 1149. Nel medesimo campo di ripresa, a circa 10' Sud-Est, è visibile anche il sistema STF3022 (catalogo Friedrich Georg Wilhelm von Struve): è composto da tre stelle, di cui solo le prime due costituiscono una coppia evidente, mentre la componente C rimane più separata. Strumentazione utilizzata (fig. 5): telescopio “Skywatcher” Newton 8” f/5, montatura “EQ6 GoTo”, fotocamera CMOS “MagZero MZ5-m” (5,2x5,2 micron, 1280x1024 fotoelementi), correttore di coma “MPCC Baader Planetarium” Le riprese: sono state effettuate l’8 ottobre 2010. Ho prestato particolare attenzione all'allineamento degli assi del telescopio con quelli del sensore, poi ho ripreso 10 fotogrammi della durata di 10 secondi ciascuno, con sottrazione automatica dei dark.

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Fig. 4: Il campo di SHJ 355 in Cassiopea. Fig.5 : La stazione osservativa dell’autore

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Analisi dei dati Per l'analisi dei fotogrammi ho utilizzato due metodi diversi e due software distinti. Con il software IRIS 5.59 di Christian Buil (www.astrosurf.com/buil/us/iris/iris.htm), si può applicare una riduzione astrometrica di tutte le stelle del campo, utilizzando come riferimento il catalogo GSC-ACT che raggiunge la magnitudine 14,5. IRIS implementa anche un'utile funzione di correzione delle distorsioni ottiche, che permette di raggiungere un ottimo livello di sovrapposizione tra le stelle “virtuali” del catalogo e quelle reali delle immagini. In un primo momento ho cercato di evitare che il sof-tware creasse il polinomio di riduzione astrometrica includendo anche le stelle da misurare. Per fare ciò, con il comando FILL_ELLIP (www.astrosurf.com/buil/us/iris/reference/commands_iris_v5.58.pdf ) ho cancellato manualmente le stelle da misurare, ma ciò ha creato un problema di riconoscimento del campo da parte del sof-

tware, a causa della carenza di parte delle stelle più lu-minose. Dal momento che le stelle di campo riconosciu-te per l'allineamento erano un buon numero, (circa una trentina), dopo alcune prove ho concluso che la presen-za delle doppie da misurare non compromette affatto la riduzione delle posizioni. Ho quindi misurato la posizio-ne di 9 stelle su tutte e 10 le immagini, più altre 9 misu-razioni per l'immagine “media” delle 10 foto, per un to-tale di 99 posizioni astrometriche (tabelle 1 e 2). Dal confronto fra la tabella 1 e la tabella 2 (si veda anche la fig. 6), appare chiaro che le misure medie presentano differenze minime rispetto alle misure dirette eseguite sull' immagine media, con un errore di allineamento abbondantemente sotto il decimo di secondo d'arco.

Per il calcolo di ρ e θ delle componenti stellari si utiliz-zano i dati della Tabella 1, poiché dai dati che hanno originato tale tabella, si otterrà anche la serie dei valori delle deviazioni standard.

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tabella 1: Media delle 10 misure astrometriche effettuate sulle immagini, Software IRIS 5.59

tabella 2: Misurazioni effettuate sull'immagine media delle 10 immagini. Software IRIS 5.59

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Si nota come le deviazioni standard di θ siano grosso modo inversamente proporzionali a ρ, e le deviazioni standard di ρ siano approssimativamente proporzio-nali a ρ. Ciò si può ritenere fisicamente coerente con il fatto che si sta lavorando sulla matrice di fotoele-menti di un sensore. Si esegue ora un diverso procedimento di misura

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Fig. 6: In grafico le differenze tra le coordinate e-quatoriali delle stelle riportate nella tabella 1 e 2.

Rho SH355CD SH355 E SH355 F SH355 G SH355 ISH355 AB 76,088 39,881 67,091 66,937 231,422SH355 CD 112,698 81,815 90,847 205,720SH355 E 100,764 97,544 234,943SH355 F 10,761 279,659SH355 G 285,754Rho STF3022 B STF3022 CSTF3022 A 20,449 117,622STF3022 B 101,781

SH355CD SH355 E SH355 F SH355 G SH355 ISH355 AB 0,077 0,079 0,060 0,062 0,097SH355 CD 0,082 0,089 0,080 0,091SH355 E 0,047 0,041 0,070SH355 F 0,034 0,045SH355 G 0,060

STF3022 B STF3022 CSTF3022 A 0,041 0,056STF3022 B 0,068

Dev.St. Rho

Dev.St. Rho

tabella 3: Dati riassuntivi: media delle 10 misurazione della separazione in secondi d'arco e relative deviazioni standard, effettuata per ogni componente. Le misure sono state calcolate manualmente attraverso un foglio elettronico.

Theta SH355CD SH355 E SH355 F SH355 G SH355 ISH355 AB 268,53 117,31 337,91 347,12 207,41SH355 CD 98,34 38,41 42,30 188,52SH355 E 322,98 328,92 217,19SH355 F 73,33 196,89SH355 G 198,69Theta STF3022 B STF3022 CSTF3022 A 226,60 190,64STF3022 B 183,86

SH355CD SH355 E SH355 F SH355 G SH355 ISH355 AB 0,04 0,12 0,07 0,09 0,02SH355 CD 0,05 0,05 0,06 0,02SH355 E 0,03 0,03 0,01SH355 F 0,24 0,01SH355 G 0,01

STF3022 B STF3022 CSTF3022 A 0,09 0,06STF3022 B 0,05

Dev.St. Theta

Dev.St. Theta

tabella 4: a sinistra, media delle 10 misurazione dell'an-golo di posizione in gradi e relative deviazioni standard, effettuata per ogni componente. Le misure sono state calcolate manualmente attraverso un foglio elettronico.

tabella 5: Dati in for-mato tabulare per le coppie più interessan-ti, ottenuti con il pro-gramma IRIS 5.59

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sulle medesime immagini utilizzando il software RE-DUC 3.88 di Florent Losse. Come anticipato, per effettuare le misure con REDUC occorre fare una calibrazione su una coppia di stelle di misure note per trovare orientamento dell'immagine ed il campionamento. Purtroppo in fase di ripresa non si è fatta l'immagine di calibrazione, cosicché si è dovuto utilizzare un metodo di calibrazione diverso. Con IRIS si è potuto verificare che il campionamento dell'immagine è esattamente uguale a quello teorico e quindi lo si è assunto come dato noto, poi si è ricavato l'orientamento delle immagini facendo il calcolo trigo-nometrico fra due punti molto distanti dell'immagine media. I dati di calibrazione così trovati sono stati:

Campionamento Σ=1,072572”/fotoelemento Orientazione Δ=0,211°

A questo punto può risultare utile fare un grafico rias-suntivo delle differenze fra i valori ottenuti con IRIS ed i valori ottenuti con REDUC, per valutare le prestazioni dei due software.

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tabella 6:Dati riguardanti le coppie di stelle più interessanti, otte-nuti con il pro-gramma REDUC 3.88

In fig. 7 si prendono in considerazione i valori dell'ango-lo di posizione: in blu è la serie di θ relativi ad IRIS, i quali, venendo normalizzati, valgono zero. In rosso i dati di θ ottenuti con REDUC sottratti del valore ricavato con IRIS. Per entrambe le serie ottenute, si sono eviden-ziate le deviazioni standard. Analogamente (fig. 8), ho normalizzato a zero i valori di ρIRIS (in giallo), per evi-denziare le differenze con ρREDUC, in verde. La scelta di normalizzare i dati di IRIS rispetto a RE-DUC è assolutamente arbitraria, quindi da questi grafici non si può ancora leggere qual'è il software più efficien-te! Si può notare che per quanto riguarda l'angolo di posizione i valori si possono considerare discretamente sovrapponibili. Ciò non avviene per la separazione, dove l'errore aumenta con il valore assoluto della misura. Inoltre, gli scostamenti dei dati si possono mettere in relazione al valore assoluto di ρ e scoprire così che l'er-rore relativo Δρ/ρ si mantiene intorno all' 1% per tutti i dati.

Fig. 7: Differenza tra i dati di tabella 5 e tabella 6, relativamente ai valori di θ, normalizzato sui valori forniti dal programma IRIS

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Confronto con misure professionali e dati di ca-talogo Per non andare oltre gli scopi di questo articolo, essen-zialmente descrittivi, e poiché non è tra i nostri obiettivi la determinazione di eventuali moti propri e/o orbitali, confronteremo i valori ottenuti esclusivamente con i dati più recenti e neppure per tutte le stelli componenti. Il primo catalogo di confronto è il Washington Double Star Catalogue (WDS), poi si farà riferimento a due ca-taloghi molto recenti e precisi, l'UCAC3 (The third US Naval Observatory CCD Astrograph Catalog, 2009) ed il PPMXL (Catalog of Positions and Proper Motions on the ICRS, 2010). Per determinare le differenze rispetto ai dati di catalogo prendiamo come valore di riferimento il valore medio tra i dati forniti dal catalogo UCAC3 ed il catalogo PPMXL e calcolare l'errore relativo e% percentuale delle nostre misurazioni. La formula usata è la seguente:

e%=100 x |(misura-riferimento)|/misura Ad IRIS spetta l'errore relativo massimo mentre a RE-DUC spetta l'errore medio percentuale più elevato. In entrambi i casi, i dati ottenuti sono indubbiamente inco-raggianti se paragonati con le “prestazioni” del catalogo ufficiale del Washington Double Star Catalogue. Conclusioni 1. I dati analizzati con due software e metodi differenti

forniscono valori di ρ e θ assai simili. Per quanto ri-guarda il valore della separazione, possiamo considerar-lo affidabile con un errore relativo dell' 1%, mentre per θ possiamo valutare la soglia di affidabilità =0,2° per un ampio range di misure (anche se, chiaramente, an-che questa soglia dipende in realtà da ρ: si abbassa per ρ elevati e si alza per ρ molto bassi). 2. Va ricordato che in questa esperienza, con REDUC, non si è operato misurando un'immagine di calibrazione ma riportando dati teorici di campionamento e di ango-lo, già verificati e accertati con altro software, quindi il test astrometrico del software si deve considerare in-completo. Nonostante ciò, possiamo affermare che IRIS dovrebbe fornire dati leggermente più precisi di RE-DUC, grazie al fatto che, durante la calibrazione, si è operata un'approssimazione non lineare sulle coordina-te dell'intero campo stellare, per minimizzare l’effetto di distorsione introdotto dal sistema ottico del telescopio. REDUC invece opera esclusivamente per approssima-zioni lineari: ciò è rischioso in quanto, su separazioni angolari elevate tra le due componenti e ad alti valori di campionamento, gli errori possono diventare niente affatto trascurabili. 3. IRIS necessita di un campo assai ampio e ricco di stel-le sulle quali eseguire, con sufficiente precisione, le mi-sure. Se si riduce il campo angolare di ripresa, con una conseguente diminuzione del numero di stelle luminose

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SHJ355 AC SHJ 355 AE SHJ355 FG STF3022 AB STF3022 ACrho theta rho theta rho theta rho theta rho theta

WDS 75,860 268,5 40,480 116,8 10,790 72,9 20,330 226,1 117,630 190,4UCAC3 (2009) 75,615 268,76 40,582 116,6 10,718 73,24 20,410 226,26 117,705 190,48PPMXL (2010) 75,655 268,74 40,580 116,7 10,787 72,91 20,451 226,33 117,807 190,49

media IRIS 76,088 268,53 39,881 117,31 10,761 73,33 20,449 226,6 117,620 190,64media REDUC 76,768 268,42 40,308 117,15 10,862 73,09 20,707 226,32 118,898 190,64

Tabella 7: Tavola riassuntiva dei dati di catalogo per stella doppia, confrontati con le misurazioni ottenute.

SHJ355 AC SHJ 355 AE SHJ355 FG STF3022 AB STF3022 ACrho theta rho theta rho theta rho theta rho theta

75,635 268,750 40,581 116,650 10,753 73,075 20,431 226,295 117,756 190,485

e% e% e% e% e% e% e% e% e% e% media e% dev.st.e%WDS 0,30 0,09 0,25 0,13 0,35 0,24 0,49 0,09 0,11 0,04 0,21 0,14

media IRIS 0,60 0,08 1,76 0,56 0,08 0,35 0,09 0,13 0,12 0,08 0,38 0,52media REDUC 1,48 0,12 0,68 0,43 1,01 0,02 1,34 0,01 0,96 0,08 0,61 0,56

media dati UCAC3 PPMXL

Tabella 8: Errori relativi percentuali rispetto al valore medio fra i cataloghi UCAC3 e PPMXL

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misurabili (come nei casi di riprese ad alta risoluzione oppure con l’impiego di sensori di ridotte dimensioni lineari) IRIS potrebbe fornire risultati meno accurati di REDUC. 4. Per doppie molto strette diventa problematico indica-re ad IRIS quali sono i pixel da utilizzare per una com-ponente e quali no, col rischio di falsare la posizione del centroide (fig. 8). REDUC, invece, è molto più efficace nell'evitare questo difetto di prossimità, in quanto effet-tua le misurazioni sempre al medesimo grado di preci-sione, quasi indipendentemente dall' “abilità” dell'uten-te di selezionare i pixel giusti. 5. Le prestazioni di IRIS si potrebbero migliorare se si potessero utilizzare i database di cataloghi stellari più recenti, come l'UCAC3. REDUC, basandosi solamente sulle coordinate relative dei centroidi rispetto alle im-magini di calibrazione, non ha questo genere di proble-ma. 6. Un vantaggio di IRIS rispetto a REDUC , è che dispo-ne di una serie di comandi che consentono di corregge-re le distorsioni delle immagini introdotte sia dal siste-ma ottica che dal seeing. 7. Le misure astrometriche ricavabili dall'immagine me-dia sono perfettamente confrontabili, a livello di preci-sione, con le misure prodotte dalla media dei valori del-le singole immagini. Il lavoro descritto in questo artico-lo ci consente di affermare che si può tranquillamente utilizzare la sola immagine media per fare misure astro-metriche di qualità, con entrambi i software da me uti-lizzati.

Bibliografia: Per il software IRIS 5.59 di Christian Buil http://www.astrosurf.com/buil/us/iris/iris.htm.

1 Sezione tutorial astrometria: http://www.astrosurf.com/buil/iris/tutorial13/doc31_us.htm

Per il software REDUC 3.88 di Florent Losse http://astrosurf.com/hfosaf/

2 Sezione tutorial ITALIANO http://astrosurf.com/hfosaf/Reduc/Tutoriit.htm

Aspetti pratici per la riduzione astrometrica: http://astrosurf.com/hfosaf/uk/dored.htm

Per i dati di catalogo: “The Cambridge Double Star Atlas” di James Mullaney, Wil Tirion Centre de Données astronomiques de Strasbourg http://cds.u-strasbg.fr/

Per la visualizzazione dei cataloghi e la generazione delle query, si è utilizzato Aladin V.6.0 http://aladin.u-strasbg.fr/aladin.gml

Ricerche di altri cataloghi e dati astrometrici http://vizier.u-strasbg.fr/viz-bin/VizieR

Per nomenclature e misurazioni professionali: Washington Double Star Catalogue http://ad.usno.navy.mil/wds/

Per i grafici ed il calcolo delle coordinate polari si è creato un apposito foglio elettronico con OpenOffice.org Calc http://it.openoffice.org/

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Fig. 08: Con il software IRIS occorre delimitare l’area di misura con un rettangolo, all’interno del quale viene calcolato il centroide della stella. La sovrapposizione con pixel appartenente alla stella compagna, riduce la precisione della misu-ra.

Lorenzo Preti vive da 37 anni in un luogo certamente non ideale per fare astronomia: l'inquinata, piatta, afosa e nebbiosa Pianura Padana, in provincia di Ferrara. Nonostante ciò, osserva assiduamente la volta celeste da una quindicina di anni e trae soddisfazione ogni qualvolta riesce ad unire questa sua passione con la sua formazione, prettamente tecnica. Dice che non si dedica volutamente allo studio di una branca specifica dell'a-stronomia, poiché la bellezza dell'astrofilia sta nell'e-splorare la vastità dell'argomento, in assoluta libertà di tempo e mezzi impiegati.

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Siamo per abitudine portati ad associare al termine rivo-luzione l’idea di un cambiamento. E in particolare l’idea di un cambiamento repentino che stravolge il senso e le relazioni tra gli elementi in gioco. Non è questo il caso della rivoluzione copernicana che produsse sì un cam-biamento epocale, ma su tempi dilatati. Nell’ordine di svariati decenni, fino quasi a un secolo. Si può quindi a ragione parlare di rivoluzione lenta, anche se l’accostamento dei due termini appare di primo acchito un ossimoro. Per meglio intenderci, proviamo a porre qualche paletto cronologico. L’idea di un sistema eliocentrico viene ri-proposta (nota 1) da Copernico nel 1543. Come tutte le teorie scientifiche incontra sostenitori e oppositori. Il dibattito coinvolge la comunità degli studiosi dell’Europa intera e dura a lungo. Le prove irrefutabili a suo favore, almeno ai nostri occhi di uomini del XXI secolo, sono contenute nell’Astronomia Nova di Keplero (1608) e nel Sidereus Nuncius di Galileo (1610) (nota 2). Dal 1543 al 1610 trascorrono però quasi settant’anni che andremo ora ad esaminare nel loro sviluppo più da vicino. Il De Revolutionibus, nel quale Copernico ripropone il sistema eliocentrico, esce per la prima volta presso uno stampatore di Norimberga, nel 1543, e avrà in seguito, nel breve giro di pochi decenni, altre due edizioni - Basi-lea, 1566, e Amsterdam, 1628 - (fig. 1). Come ha dimo-strato Owen Gingerich in uno scrupoloso censimento delle copie che sono sopravvissute fino ai nostri giorni, il libro circola in tutta Europa e, a dispetto della sua complessità, viene letto e meditato con attenzione. Il testo, ricco di riferimenti matematici, ha una lunga incubazione (nota 3) e vede la luce soltanto negli ultimi giorni di vita dello studioso polacco (nota 4), grazie alla premura e alle insistenze di un giovane matematico te-desco, Rheticus, che lo fa precedere da una prima parte di un testo introduttivo, la Narratio Prima, che poi non avrà più seguito a causa della pubblicazione del De Re-volutionibus. Per meglio comprendere però le novità introdotte da Copernico e i suoi debiti nei confronti del-la visione tolemaica, dobbiamo fare un piccolo passo indietro e analizzare ciò che c’era prima. Quello che noi indichiamo come sistema tolemaico è in

realtà figlio di tre padri: Platone, Aristotele e Tolomeo. Ciascuno dei quali contribuisce in maniera differente alle sue fortune. Il contributo di Platone è di carattere, possiamo dire, filosofico. A lui si deve la convinzione, l’ultima che crolla di fronte all’evidenza delle misure di Tycho Brahe e ai calcoli di Keplero, che i movimenti ce-lesti descrivano la più regolare e perfetta delle traietto-rie: la circonferenza senza fine. Prima di tutto le stelle, oggetti per loro natura eterni e immutabili, le quali si muovono nei cieli con velocità uniforme, ruotando at-torno alla Terra lungo tali circonferenze. Inoltre, anche se alcuni oggetti celesti - il sole, la luna e i pianeti - se-guono cammini più complessi, inclusi pure dei moti re-trogradi, proprio perché corpi celesti, anch’essi debbono sicuramente muoversi in maniera conforme al loro ran-go. In conseguenza di ciò i loro moti, dal momento che non descrivono esattamente delle circonferenze perfet-te, non possono che derivare da una qualche combina-zione di circonferenze perfette. Tolomeo è colui che dà veste matematica a queste idee. Nel secondo secolo do-po Cristo, ad Alessandria d’Egitto, redige un testo, l’Almagesto, giunto in Occidente attraverso gli arabi (nota 5), che influenzerà il pensiero astronomico per più di un millennio. Tolomeo parte dall’asserto che tutti gli oggetti celesti si muovono lungo circonferenze che hanno come centro la Terra.

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La rivoluzione lenta

Francesco Ongaro

Fig. 1: Frontespizio della prima edizione del 1543, del De Revo-lutionibus, pubblicata a Norimberga.

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Dal momento però che questa affermazione è apparen-temente smentita dalle osservazioni dei moti dei cieli - soprattutto quello delle stelle erranti (pianeti) che han-no delle fasi di moto retrogrado - completa il proprio systema mundi con un armamentario di strumenti il cui unico scopo è rendere ragione dei movimenti reali. Tra le pagine dell’Almagesto si incontrano dunque circonfe-renze principali (deferenti) lungo le quali si muovono centri di circonferenze secondarie (epicicli), centri dei deferenti che non coincidono alla perfezione con la Ter-ra (eccentrici) e punti rispetto ai quali le stelle erranti si muovono con velocità costanti (equanti), fig. 2. Combi-nando questi strumenti, Tolomeo dà ragione di tutti i movimenti dei cieli facendo salvo il principio enunciato da Platone. Egli non si è mai preoccupato di attribuire realtà fisica al cosmo da lui descritto (nota 6). Il suo è semplicemente un modello geometrico che “funziona”. In altre parole, in un’epoca in cui lo studio dei cieli è legato a doppio filo alla compilazione degli oroscopi, il sistema tolemaico è uno strumento che risulta in grado di predire, con una precisione che verrà eguagliata e superata solo molti secoli dopo, i movimenti attraverso le costellazioni dei pianeti. Aristotele invece, grazie alle sue fortune medio-

evali, dà una veste fisica al sistema tolemaico, partendo dalla contrapposizione tra il caos del mondo sublunare, caratterizzato dai quattro elementi (nota 7), e l’immutabile ed eterna perfezione delle sfere celesti, che divengono il luogo deputato per eccellenza ad essere la dimora di Dio. Una contrapposizione che può essere interpretata anche in chiave teologica (mondo del peccato/presenza costante della divinità) ma che soprat-tutto descrive un cosmo antropocentrico, costruito at-torno all’uomo, il quale vive sì nel peccato, però al cen-tro dell’intera creazione, sotto lo sguardo tutelante e benevolo di Dio, fig. 3. Il sistema eliocentrico copernica-no parte da queste convinzioni millenarie e perciò, dal momento che non ci si libera del passato con un sempli-ce colpo di spugna, risulta debitore sotto molti aspetti nei confronti del sistema tolemaico. Innanzitutto la struttura del De Revolutionibus ricalca quella dell’Almagesto, come a volersi rifare a un modello, poi Copernico fa ampio uso di deferenti, epicicli ed eccentri-ci. Rinuncia solo agli equanti. Scelta che lo obbliga a utilizzare un numero di circonferenze di poco superiore a quello di Tolomeo. Alla fine le uniche novità che il po-lacco introduce sono il sole spostato al centro dell’universo e la conseguente spiegazione dei moti re-trogradi dei pianeti come semplici moti apparenti. Non poco, a dire il vero. Però siamo ancora distanti dalla complessità e dall’accuratezza della visione kepleriana. È passata alla storia l’introduzione che precede la prima edizione del De Revolutionibus (nota 8), nella quale, con l’intento di evitare l’ostilità dell’Inquisizione, si af-ferma che quanto descritto nel libro è una semplice ipo-tesi matematica, priva di alcuna realtà fisica. Stratagem-ma che di per sé avrebbe il solo fine di agevolare i calcoli nel determinare la posizione dei pianeti. Idea che, con buona probabilità, non sarebbe stata condivisa da Co-pernico, il quale era invece convinto della realtà fisica del proprio sistema. È a questo punto che entra in gioco un’altra figura che all’atto pratico funge da traghettatore tra Copernico e la coppia Keplero/Galileo. Si tratta dell’astronomo Tycho Brahe, fig. 4. Tycho è di nobili origini, la famiglia dei Brahe fa parte del Consiglio della Corona danese, e il giovane ha davanti a sé due carriere: quella militare e quella politica. Altro, significherebbe venir meno al proprio rango. Tycho però è attratto dai cieli e dallo studio dell’astronomia. La famiglia, pur non approvando, lo lascia sfogare. Compiuti gli studi uni-versitari gli concede di percorrere per un paio d’anni l’Europa, come era costume a quel tempo, per allacciare rapporti e imparare lingue. Al suo rientro pare che

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Fig. 2 : Deferenti ed epicicli del sistema

tolemaico

Fig. 3: Il sistema aristotelico

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Tycho abbia messo la testa a posto e sia pronto a intra-prendere la carriera che è stata scelta per lui. Rovina però i piani dei Brahe l’improvvisa comparsa, nella pri-mavera del 1572, di una stella nova. L’oggetto celeste che, con la sua sola presenza, smente il dogma dell’incorruttibilità dei cieli, viene osservato da centinaia di studiosi. In particolare si cerca di misurare la sua di-stanza dalla Terra attraverso l’angolo di parallasse. Co-me spesso accade quando si è convinti dell’esattezza a priori del proprio pensiero, atteggiamento che nella sto-ria della scienza è meno raro di quanto si ritenga, i più collocano la stella nova all’interno della sfera sublunare, il solo posto dove la teoria aristotelica accetta l’esistenza di un oggetto in grado di mutare l’eterna inalterabilità dei cieli. Uno dei pochi che colloca l’oggetto celeste tra le stelle fisse è proprio Tycho, il quale comprende in quella circostanza che non ci sarebbe stato accordo o ordine all’interno dell’astronomia fino a quando non si sareb-bero usati strumenti adeguati e precisi (nota 9). L’astronomia deve essere rifondata e Tycho è l’uomo che, rompendo anche i rapporti con la famiglia (nota 10), si incarica di portare a termine quel compito. Tycho viene “infeudato” dal re di Danimarca Federico II nell’isola di Hven, fig. 5, in mezzo allo stretto dell’Oresund. Qui fonda Uraniborg. Un vero e proprio centro di ricerca che per la sua modernità non ha ancora finito di stupire. In un periodo storico nel quale lo scien-ziato è un individuo solitario che conduce le proprie ri-cerche per conto suo, Uraniborg, fig. 6, è un luogo nel quale convergono studenti universitari da tutta Europa che si fermano a studiare e lavorare per diversi anni pri-ma di tornare in patria.

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Sono organizzati in gruppi di lavoro, ciascuno dei quali si occupa di misure accurate e sistematiche. Soprattutto hanno a loro disposizione strumenti che raggiungono un grado di precisione impensabile (nota 11). Il tutto per più di vent’anni. Nel periodo di suo massimo splendore sull’isola di Hven sono presenti vivai ittici, una cartiera, un laboratorio alchemico, officine per la fabbrica di strumenti, una stamperia. È completamente autosuffi-ciente. Tycho arriva non solo a collezionare una serie di misure senza precedenti, ma si produce anche la carta e si stampa i libri che poi manda in giro per l’Europa con i risultati delle osservazioni fatte a Uraniborg. Tycho non è un copernicano. E non lo è per una ragione molto sem-plice. Se la Terra fosse in movimento, sarebbe possibile misurare la parallasse delle stelle fisse. Lui non riesce a misurarla (nota 12). Da ciò se ne deduce che le stelle fisse sono così distanti che non è possibile apprezzare il loro angolo di parallasse, il che implica un universo di dimensioni infinite, oppure che la Terra è ferma.

Fig. 4: a sini-stra: Tycho Brahe

Fig. 5 : L’isola di Hven nello stretto dell’Oresund

Fig. 6: a destra, l’Osservatorio di Uraniborg sull’isola di Hven, circondato da splendidi giardi-ni.

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Tycho opta per la seconda delle due ipotesi, anche per-ché non riesce ad accettare l’idea di un universo infinito che è l’esatto opposto di un universo antropocentrico come quello aristotelico. Però è sufficientemente onesto dal punto di vista intellettuale per riconoscere che le cose non funzionano come ha descritto Tolomeo. Per-tanto elabora un proprio systema mundi che passa alla storia come sistema tychonico, fig. 7. Nel suo sistema (nota 13) la Terra rimane ferma al centro dell’universo e attorno a lei orbita il sole che è a sua volta il centro di rotazione di tutti gli altri pianeti. Il meccanismo è abba-stanza complesso, al punto che l’orbita solare e l’orbita marziana arrivano a intersecarsi. Pur conservando orbi-te circolari, egli rifiuta la convinzione aristotelica che i pianeti si muovano incastonati dentro sfere trasparenti chiamate cristallini. Inizia perciò una lunga e puntiglio-sa osservazione di Marte che si protrarrà per quasi vent’anni. Queste misure, nelle intenzioni di Brahe, do-vrebbero permettere la ricostruzione dell’orbita del pia-neta e confermare le sue teorie riguardo il movimento degli astri. Il re di Danimarca Federico II però muore e i rapporti con il figlio, Cristiano IV, peggiorano rapida-mente (nota 14). Tycho abbandona prima l’isola di Hven e poi lo stesso regno di Danimarca. Dopo una len-ta peregrinazione di un paio d’anni attraverso l’Europa con tutta la numerosa famiglia e la carovana dei suoi preziosi strumenti al seguito, approda a Praga alla corte di Rodolfo II. L’imperatore lo nomina matematico impe-riale e gli concede l’uso del castello di Benatky, dove il danese sogna di poter allestire una nuova Uraniborg. Rodolfo è prodigo di promosse, però quando si tratta di allargare i cordoni della borsa il ministro del Tesoro gli fa notare che i forzieri della Corona sono vuoti.

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Fig. 7 : Il sistema tychonico

Tycho è costretto allora ad anticipare di tasca propria i pagamenti per le ristrutturazioni che devono essere ap-portate al castello per adeguarlo alle sue esigenze. Un inizio non proprio promettente. Comunque, le migliorie vengono condotte a termine e finalmente le osservazioni possono riprendere con una regolarità che manca dai tempi di Hven. A questo punto l’astronomo danese si trova tra le mani una serie di misure che non ha eguali nella storia dell’astronomia, però né lui né i suoi assistenti possiedo-no le capacità matematiche necessarie all’organizzazione e all’interpretazione di questa mole di dati. All’apparenza ci si trova in un vicolo cieco. Invece la situazione muta all’improvviso. Nel febbraio del 1600 varca il portone del castello di Benatky una carrozza che trasporta un passeggero pro-veniente dalla Stiria. È un giovane tedesco. Il suo nome è Johannes Kepler, fig. 8. Lui e Tycho si sono conosciuti tramite lettera, non di persona. Kepler è un copernicano e ha inviato a Tycho un suo libro, il Mysterium Cosmographicum. Un’opera fondata su una visione geometrica dell’universo, nella quale si ipotizza che esista una particolare relazione di proporzionalità tra i cinque solidi platonici e le orbite dei sei pianeti allora conosciuti (nota 15). Un’opera piena elucubrazioni e di speculazioni a priori che non entusiasma Tycho, il quale però, sotto la super-ficie del testo, intuisce le grandi capacità matematiche di Kepler. Proprio ciò di cui avrebbe bisogno. Egli si trova però in quel momento in esilio, in viaggio prima di giun-gere a Praga, e risponde al tedesco in maniera diploma-tica. Ne loda l’impegno e le qualità e lo invita a continu-are gli studi astronomici.

Fig. 8: Ritratto di Johannes Kepler

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In calce, come è suo costume fare con molti che gli paio-no promettenti, lo invita a unirsi a lui e ai suoi assistenti per lavorare un po’ di tempo assieme e contribuire alla realizzazione del grande edificio della nuova astronomi-a. Passano i mesi. Tycho si accasa a Benatky e nel frat-tempo si creano le condizioni perché i due si possano incontrare di persona. L’arciduca Ferdinando, governa-tore della Stiria, dopo un pellegrinaggio a Loreto, emana un editto nel quale impone a tutti i protestanti presenti in Stiria di abiurare oppure di abbandonare il territorio della regione entro un certo lasso di tempo. Benché ab-bia sposato una cattolica (nota 16), il protestante Ke-pler non è personaggio da abiura e si prepara ad abban-donare Graz. Dove andare però? Ciò di cui ha bisogno è di un posto tranquillo, dove poter continuare i suoi studi senza troppi assilli economici. È a quel punto che si ri-corda delle parole di Tycho e che prende alla lettera il suo invito. La collaborazione tra i due è complicata. En-trambi hanno un carattere poco incline alla conciliazio-ne e al compromesso. Tycho si fida fino a un certo pun-to. Kepler è una mente brillante, ma è anche un coperni-cano. Lo assegna al gruppo di studio sui movimenti lu-nari. Kepler si sente sminuito da quel ruolo. Non è capa-ce di far lavoro di squadra. Lui è un solitario. Un teorico. Vorrebbe mettere le mani sulle misure di Marte e lavo-rare alla ricostruzione della sua orbita. Per conto pro-prio. Tycho tentenna. Vorrebbe conoscere il tedesco un po’ meglio prima di affidargli il frutto di vent’anni di osservazioni. A tutto ciò si aggiungono le difficoltà lega-te ai mancati pagamenti promessi da Rodolfo. Tycho è spesso a Praga per perorare la propria causa. Kepler esa-sperato abbandona Benatky. Si rifugia presso l’abitazione di un conoscente. La moglie, spaesata e la-mentosa, non lo aiuta a ragionare con serenità sulla si-tuazione. Tycho invia uno dei propri figli a far da media-tore. Lo strappo è ricucito. Kepler ottiene il permesso di lavorare da solo, ma non ha ancora accesso alle misure di Marte. Il suo stipendio, come quello di molti altri, continua a non essere pagato. Il che non contribuisce certo a rasserenare gli animi. All’improvviso, autentico fulmine a ciel sereno, arriva la morte di Tycho. Con buo-na probabilità per avvelenamento da mercurio sulle cui cause si sta ancora discutendo (nota 17). È l’autunno del 1601. Tutto pare crollare. In realtà, nella confusione dei giorni immediatamente successivi al funerale, i qua-derni con tutte le misure di Marte finiscono nelle mani di Kepler, il quale li restituisce parecchi mesi dopo, e solo su richiesta dei parenti di Tycho, a conclusione del lungo inventario dei beni dello scienziato scomparso.

A parte la modalità alquanto singolare con la quale rie-sce a entrare in possesso delle misure, Kepler si dedica con scrupolo allo studio dell’orbita di Marte. Egli pensa di potersela cavare in otto settimane di lavoro. In realtà il compito assorbe tutte le sue energie per quasi otto anni. Partendo dall’assunto che l’orbita marziana do-vrebbe svilupparsi in circolo lungo un deferente costrui-to attorno a un eccentrico, si trova in difficoltà nel calco-lo dell’equante corrispondente. Gli errori che commette sono nell’ordine dei minuti d’arco. Per l’epoca un errore del tutto trascurabile, ma Kepler sa che le misure di Tycho sono così precise che anche un errore all’apparenza tanto insignificante non può essere tolle-rato. Ricomincia allora da capo. Più volte. Alla fine, per disperazione, abbandona l’idea delle orbite circolari (nota 18) e tenta con altri tipi di curve. Le coniche si rivelano adatte. L’orbita di Marte è un’ellisse perfetta - anche se la sua eccentricità la rende molto simile a una circonferenza - nella quale il sole occupa uno dei fuochi. Inoltre Kepler capisce che la differente velocità dei pia-neti lungo l’orbita è determinata dal fatto che ciò che rimane costante è l’area spazzata dalla congiungente sole/pianeta, il che archivia anche gli equanti. I risultati delle sue ricerche vengono pubblicati nell’Astronomia Nova, fig. 9. Testo nel quale vengono per la prima volta esposte le tre leggi oggi note come “tre leggi di Keplero”(nota 19). La base dell’astronomia mo-derna. Nella copertina del libro Kepler, nel frattempo nominato matematico imperiale, non dimentica di ren-dere il dovuto tributo a Tycho, senza le misure del quale il suo lavoro non avrebbe visto la luce. Un anno dopo che è stato dato alle stampe l’Astronomia Nova, Galileo Galilei, fig. 10, ha tra le mani uno strumento di fabbri-cazione parigina, “col quale le cose lontane si vedevano così perfettamente come se fussero state molto vicine”.

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Fig. 9:Frontespizio dell’Astronomia Nova. Si noti il riconoscimento di Kepler al lavoro di Tycho

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L’italiano comprende che può avere applicazioni scienti-fiche oltre che militari e ne realizza un esemplare nella propria officina, grazie all’aiuto di Marcantonio Mazzo-leni. Quindi lo punta verso i cieli. Quello che Galileo ve-de, viene a sua volta pubblicato, nel marzo del 1610, sot-to il titolo di Sidereus Nuncius , fig. 11, nel quale si de-scrivono i rilievi lunari e gli ammassi di stelle che forma-no la Via Lattea, invisibili a occhio nudo, ma soprattutto si annuncia la scoperta di satelliti che ruotano intorno a Giove (nota 20). La comunità scientifica accoglie il Si-dereus con molta cautela e un certo scetticismo, anche perché le lenti, delle quali non si comprende ancora be-ne il funzionamento, sono considerate più strumenti da maghi che da scienziati. L’unico che difenderà fin dal principio il lavoro di Galileo, senza peraltro poter usare il cannocchiale fino alla fine dell’estate, è proprio Ke-pler. Il matematico imperiale scrive all’italiano appog-giando e sostenendo le sue affermazioni. Quindi lavora alla stesura del Dioptrice - del quale nel 2011 ricorre il quarto centenario della pubblicazione - di fatto un testo di ottica nel quale dà ragione dell’impiego delle lenti, confutando le obiezioni di tutti coloro che ne contestano l’utilizzo (nota 21), e propone un modello migliorato del telescopio con due lenti convesse che producono un’immagine molto più nitida anche se ribaltata. Dopo la pubblicazione del Dioptrice – fig. 12 - la rivoluzione copernicana, nel senso in cui è stata trattata in queste pagine, può dirsi conclusa. Chi, nella comunità scientifi-ca, possedeva l’apertura mentale per essere convinto, aveva a disposizione le prove inconfutabili della corret-tezza del sistema eliocentrico. La fragile caravella messa in acqua da Copernico a questo punto ha percorso molta strada e affrontato molte tempeste. Il suo viaggio però è ancora lungo. Molte altre tempeste sono da venire. Ma si tratta di tempeste nelle quali l’aspetto scientifico è relegato in secondo piano.

NOTE Nota 1: Ricordiamo che nell’antichità un sistema eliocen-trico era già stato introdotto da Aristarco di Samo e anche dai Pitagorici. Nota 2: Il che non implica che dopo questa data tutti siano diventati copernicani. Queste letture a posteriori sono sem-pre un po’ artificiali e c’è sempre qualcosa o qualcuno che sfugge tra le maglie delle reti con cui si vogliono imbrigliare gli eventi. Nota 3: Quasi tutta la vita di Copernico. Nota 4: Una leggenda vuole che Copernico lo abbia avuto tra le mani, fresco di stampa, solo pochi istanti prima di spirare. Qualche decennio prima era comunque circolato in Europa un manoscritto, il Commentariolus, nel quale Co-pernico aveva anticipato il suo pensiero e prometteva pre-sto la pubblicazione di un testo che sarebbe entrato in me-rito all’argomento con maggiori dettagli.

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Fig. 10: Ritratto di Galileo Galilei

Fig. 11: Frontespi-zio del Sidereus Nuncius

Fig. 12: Il frontespizio della Dioptrice, l’opera di Keplero con la quale ha avuto inizio l’ottica moderna.

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Nota 5: In arabo al-magest significa il Supremo. Nota 6: Questa è un’esigenza che fu propria dell’epoca medioevale. Nota 7: Acqua, aria, terra, fuoco. Nota 8: Al principio attribuita per errore allo stesso Copernico, poi correttamente ascritta a un amico dello studioso polacco: il vescovo Osiander. Nota 9: Tanta diversità di interpretazione del fenome-no è infatti ascrivibile all’inaffidabilità degli strumenti in uso rispetto alla misura da compiere e ai modi mal-destri di chi li adopera. Nota 10: Ricordiamo che arriverà a contrarre un ma-trimonio morganatico. Nota 11: Misure astronomiche migliori di quelle che Tycho ottenne a occhio nudo verranno prese solo al principio del XIX secolo. Nota 12: L’angolo di parallasse delle stelle fisse è trop-po piccolo per la sensibilità dei suoi strumenti. Nota 13: In realtà, come già aveva fatto Copernico con Aristarco di Samo e i Pitagorici, Tycho rielabora un’idea del mondo antico, in questo caso di origine egiziana. Nota 14: In parte per alcune inadempienze di Tycho nei confronti della Corona che si sommano al suo pessi-mo carattere, in parte perché il re preferisce convoglia-re i fondi destinati all’isola di Hven in investimenti per il miglioramento dell’esercito. Nota 15:“Il Creatore Ottimo Massimo, nella creazione di questo nostro mondo mobile e nella disposizione dei cieli, ha guardato a quei cinque corpi regolari che han-no goduto di ‘si gran fama dai tempi di Platone, e alla loro natura ha accordato il numero e la proporzione dei cieli e i rapporti dei moti celesti” Kepler, Mysterium Cosmographicum. Nota 16: La figlia di un mugnaio, due volte vedova, con una figlia alla quale Kepler è legato da sincero affetto.

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Nota 17: Forse in seguito ad alcuni esperimenti alche-mici oppure alle cure somministrategli per problemi ai reni di cui Tycho aveva sofferto nei giorni precedenti la morte. Oppure, meglio ancora, per entrambe le cause. Nota 18: L’ultimo grande baluardo della visio-ne tolemaica. Nota 19: La prima afferma l’ellitticità delle orbite pla-netarie, la seconda la costanza della velocità areolare e la terza introduce una proporzionalità tra il periodo di rivoluzione di un pianeta attorno al sole e il semiasse maggiore della sua orbita. Quest’ultima, che verrà me-glio approfondita in un testo successivo – l’Harmonice mundi – è di fatto un retaggio della visione geometrica del cosmo che Kepler aveva introdotto nel suo Myste-rium. Nota 20: “Un eccellente argomento per togliere ogni dubbio a coloro che pur accettando la rivoluzione dei pianeti intorno al sole nel sistema di Copernico, sono turbati dal movimento della luna intorno alla Terra” Kepler, Dissertatio cum Nuncio Sidereo. Nota 21: Alcuni illustri luminari aristotelici dell’epoca non solo rifiutano le conclusioni del Sidereus, ma addi-rittura si rifiutano di accostare l’occhio al telescopio galileiano.

Francesco Ongaro è nato a Brescia nel 1966, vive in Francia-corta. È laureato in fisica, si divide tra la scrittura e l’insegnamento. Ha pubblicato due romanzi storici che sono stati tradotti in diverse lingue: L’uomo che cambiò i cieli (imperniato sulla figura dell’astronomo danese Tycho Brahe e sulla rivoluzione copernicana) e Memorie di un cartografo ve-neziano (che ha per protagonista Sebastiano Caboto ed è am-bientato nel secolo delle grandi esplorazioni).

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La cometa C/2009 P1 Garradd La cometa C/2009 P1 è stata scoperta la notte del 13 agosto 2009 su di una immagine ripresa al Siding Spring Observatory, Australia, da G.J. Garradd con un telescopio Schmidt di 0.5-m, con una magnitudine sti-mata di 17.5a . I calcoli subito eseguiti dal compianto B.G. Marsden, del Minor Planet Center, indicavano un’orbita iperboli-ca ed una distanza al perielio (che sarà raggiunto il 23 dicembre 2011) di 1,25 Unità Astronomiche. Nei restanti mesi del 2009 essa si è mantenuta intorno alla 17a magnitudine e fino alla metà del 2010 la sua luminosità non è stata superiore alla 15a. La prima os-servazione visuale risale al 20 agosto 2010, quando lo spagnolo J.J. Gonzales, con un riflettore di 0.2-m l’ha stimata di 13a e con una parte centrale moderatamente condensata. Dopo essersi avvicinata al Sole negli ultimi mesi del 2010, è stata osservata visualmente in Austra-lia da C. Wyatt, che il 3 aprile 2011 l’ha stimata di 13a. In agosto 2011 ha attraversato le costellazioni di Pega-so, Delfino e Sagitta. Non si avvicinerà mai molto alla Terra, raggiungendo due distinti minimi, di 1,39 UA in agosto e di 1,26 UA a marzo 2012. Notevole l'inclinazio-ne della sua orbita, ben 106°, in pratica, passerà quasi

perpendicolarmente al piano delle orbite planetarie, da sud a nord. Dovrebbe raggiungere la massima lumino-sità, la 7a circa, verso la metà di febbraio 2012. Organizzazione della serata in Osservatorio Il Centro Astronomico di Libbiano, nell'omonima fra-zione del Comune di Peccioli (Pisa), è gestito dalla AA-AV, www.astrofilialtavaldera.it/, è attivo dall'ottobre 2006, ed è composto da due distinte strutture: il Centro Didattico e l'Osservatorio "GALILEO GALILEI", che ospita il i due telescopi principali, il Ritchey-Chretien 0.5-m, f/8 ed il rifrattore apocromatico da 0.18-m.

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Una notte di lavoro in Osservatorio per la ripresa dello spettro della cometa C/2009 P1 Garradd

Alberto Villa [email protected]

www.astrofilialtavaldera.it/

Fig. 1: Rolando Ligustri ha ottenuto questa bella immagine della C/2009 P1 Garradd l’8 luglio scorso, utiliz-zando il telescopio remoto GRAS (New Mexico, USA) di 0.5-m e una FLI 11002 CCD camera (cortesia R. Ligustri).

Fig. 2: In alto, il Centro astrono-mico di Libbiano – Peccioli (PI)

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Nell’Osservatorio “Galileo Galilei” si svolgono alcuni programmi di ricerca, tra i quali, l’osservazione di co-mete. Nel corso della nottata del 9 agosto 2011, sono state programmate una serie di attività che ci hanno consen-tito di fotografare ed individuare le principali righe del-lo spettro della cometa C/2009 P1 Garradd. E’ stata anche l’occasione per testare le prestazioni della camera CCD FLI, appena rientrata da una necessaria revisione presso il produttore. La serata si è svolta così: • Inizio osservazioni: ore 21.10 – fine osservazioni:

ore 00.15 • Soci presenti: Alberto Villa e Paolo Piludu della

Sezione Spettrografia AAAV • METEO: Seeing buono – Cielo terso con Luna al

primo quarto. La camera CCD, fig. 4, è un FLI (www.flicamera.com, sensore Kodak KAF 1001E): n. 1024 x 1024 pixels di forma quadrata con lato da 24,0 micron per un’area utile di 24,6 x 24,6 mm (sensore raffreddato).

questa sessione di lavoro è stata intrapresa per: • testare la possibilità di applicare lo Star Analyser

al suddetto CCD verificando che la scala di im-magine ottenuta renda visibile sul sensore con-temporaneamente l’oggetto ripreso e il suo spet-tro completo;

• in caso di esito positivo della precedente prova, calcolare su una sorgente nota la risoluzione “Angstrom per pixel” (ApP) dello spettro così ottenuto con il software Visual Spec;

• tentare di riprendere immagine e spettro della cometa C/2009 P1 Garradd.

Il CCD FLI accessoriato con lo Star Analyser viene po-sto al fuoco diretto del rifrattore APO 180mm – f/9 che produce immagini più puntiformi del Ritchey Chretien 0.5-m, f/8, garantendo quindi una migliore risoluzione dello spettro (ricordiamo che quando si utilizza lo Star Analyser si opera senza fenditura). Lo Star Analyser è stato descritto dall’Autore nell’articolo: “Spettrografia amatoriale: utilizziamo lo Star Analyser Test eseguiti dal Centro Astronomico di Libbiano”, si veda ASTRO-N O M I A N O V A , n . 2 , p p . 1 0 - 1 9 , www.eanweb.com/2011/astronomianova-n-2-2011-download-pdf/ Lo Star Analyser è stato collocato davanti al sensore del CCD FLI con un raccordo artigianalmente costruito e ovviamente provvisorio, ad una distanza che – sulla base delle prove precedentemente effettuate con la digi-cam Canon 20D – sembrerebbe adeguata affinchè l’oggetto ripreso ed il suo spettro completo siano ben visibili nel campo inquadrato. La prima ripresa effet-tuata conferma l’esito positivo del test come illustrato in figura 5.

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Fig. 3: Il telescopio Ritchey-Chretien 0,5-m, f/8, con sistema di puntamento FS2, messa a fuoco micrometrica Robofocus, ruota porta filtri FLICFW-2-7, camera CCD FLI ML1001E

Fig. 4: Camera CCD FLI e il sensore Kodak da 1024x1024 fotoelementi

Fig. 5: Spettro di Deneb ripreso con lo Star Analyser applicato al CCD FLI. Al centro l’immagine di ordine zero ai lati della quale compaiono i due spettri di ordine 1: quello di sinistra è quello da utilizzare essendo notevolmente più luminoso. L’immagine riproduce l’intera superficie utile del CCD FLI.

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Per calcolare la risoluzione ApP dello spettro così otte-nuto analizziamo una delle stelle Wolf Rayet già cali-brate nel corso dei precedenti test effettuati con il CCD di guida non raffreddato e con un sensore dalle dimen-sioni molto più contenute, lo Starlight SXV-H5. La scel-ta è caduta su HD 192163, stella Wolf Rayet che si trova nella costellazione del Cigno all’interno della nebulosa Ngc 6888, più nota come “Crescent Nebula”. In fig. 6 lo spettro di HD 192163 già elaborato dalla AAAV. In fig. 7 l’immagine dello spettro di HD 192163 ottenuta con la strumentazione utilizzata. Nella successiva fig. 8, lo spettro di HD 192163 elabora-to con il software Visual Spec nel quale sono state evi-denziati quattro punti. Rilevando la posizione del cursore in Visual Spec du-rante l’elaborazione e dal confronto con la fig. 6, possia-mo ricavare i seguenti valori per i punti 1 e 2: punto 1: Immagine di ordine Zero / Posiz. pixel =

333 / Å = 0 punto 2: riga di emissione He II / Posiz. Pixel = 568 /

Å = 4686 La risoluzione ApP del grafico è quindi: 04686 : (568 – 333) = 4686 : 235 = 19,9404 ApP

Per il punto 3 situato a pixels 662 ricaviamo Å: 662 – 333 = 329 x 19,9404 = 6561 Å ovvero la riga Hα a 6563 Å Ricaviamo il valore in Å anche per il punto 4 situato a pixels 690: 690 – 333 = 357 x 19,9404 = 7118 Å ovvero la riga He IV a 7117 Å La risoluzione ApP di 19,9404 ci consente di individua-re con buona precisione le righe note sulla base dei cal-coli effettuati. In fig. 9 lo spettro calibrato di HD 192163 ricavato sempre con Visual Spec. Successivamente riprendiamo lo spettro della cometa con la stessa strumentazione utilizzata in precedenza per HD 192163. L’immagine ottenuta con una posa di 60 secondi è illustrata in fig. 10: la cometa e il suo spet-tro sono indicati con le frecce di colore giallo.

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Fig. 6: Spettro della stella Wolf Rayet HD 192163 otte-nuto con il CCD a Libbiano. Nel cerchio rosso la riga di emissione non rilevata con la fotocamera digitale (N IV , 7117 Å).

Fig. 7 : Spettro di HD 192163 ottenuto con il CCD FLI + Star Analyser posti al Fuoco diretto del rifrattore Apo 180mm – f/9n del Centro Astronomico di Libbiano. Evidenti le righe di emissione caratteristiche di una stella Wolf Rayet.

Fig. 8: Spettro di HD 192163 elaborato con Visual Spec. I quattro punti identificano quattro relativi picchi di intensi-tà

Fig. 9: Spettro di HD 192163 calibrato con Visual Spec

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Alberto Villa è Presidente della AAAV - Ass.ne Astro-fili Alta Valdera di Peccioli (PI), nell’ambito della quale è responsabile delle sezioni “Spettrografia”, “Eclissi” e “Pianeti extrasolari”. Osserva dall' Osservatorio “Galileo Galilei” del Centro Astronomico di Libbiano.

Conclusioni Lo spettro della cometa appare, nel momento in cui scriviamo (metà agosto 2011), privo di righe di emissio-ne evidenti, probabilmente per la sua attuale grande distanza dal Sole del quale ora riproduce in sostanza lo spettro. Come evidenziato in fig. 8, eventuali righe di emissione presenti sono sicuramente alla portata della strumentazione utilizzata. Addirittura si notano righe di assorbimento che sono messe in evidenza in spettri di altre stelle all’interno dei cerchi rossi visibili sempre in fig. 10, a testimoniare la buona risoluzione degli spettri registrati. Per consentire una agevole e corretta elabo-razione, lo spettro da analizzare deve risultare parallelo alla base dell’immagine ripresa. In fig. 11 viene propo-sto il grafico dello spettro della cometa C/2009 P1 Gar-radd elaborato con Visual Spec, utilizzando per la cali-brazione il valore di 19.9409 precedentemente ricavato quale risoluzione ApP. Per verificare l’attendibilità del risultato ottenuto si è consultata la pagina web: http://astrosurf.com/buil/garradd/obs.htm nella quale viene riportato lo spettro della Cometa Gar-rad mostrato in fig. 12, e che viene definito come “specchio dello spettro solare” ad eccezione di una de-bole riga di emissione dovuta al Cianogeno (CN) nella parte ultravioletta dello spettro, che il CCD utilizzato non è in grado di rilevare. Questa cometa è un oggetto sicuramente interessante da seguire sia fotograficamen-te che dal punto di vista dello spettro. Essa potrà essere osservata ancora per molto tempo, certamente anche nei primi mesi del 2012. Possiamo pertanto sperare di poterne seguire l’evoluzione sia con l’imaging che ri-prendendone periodicamente lo spettro, alla ricerca di sue possibili variazioni.

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Fig. 10: La cometa C/2009 P1 Garradd ed il suo spettro evidenziati dalla freccia gialla. I riferi-menti in rosso attirano l’attenzione su righe di assorbimento ben evidenti negli spettri di altre stelle.

Fig. 11: Lo spettro della cometa C/2009 P1 Garradd calibrato in lunghezza d’onda con Visual Spec. In corrispondenza dei valori caratteristici della luce visibile lo spettro segue la curva del continuo, senza evidenziare al momento fenomeni signifi-cativi di emissione. Le piccole “punte” a destra del cursore rosso sono state generate da piccole stelle di campo che inte-ragivano con lo spettro analizzato.

Fig. 12: Spettro della cometa Garrad reperito in rete, ottenu-to dal Castanet-Tolosan Observatory (France).

Una bella animazione della cometa C/2009 P1 Garradd è stata realizzata da Paolo Bacci: http://b09-backman.blogspot.com/2011/08/c2009-p1-m71.html

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IL PROGETTO “ATRA NOCTIS”

Un milione di click per salvare il buio della notte! One million click to save the darkness of the night!

“Le persone delle generazioni future hanno diritto a una Terra indenne e

non contaminata, includendo il diritto a un cielo puro” UNESCO, Dichiarazione Universale dei Diritti delle Generazioni Future

A cura della Redazione di ASTRONOMIA NOVA

ATRA NOCTIS è un progetto EAN attualmente in fase di pianificazione. Esso si rivolge a tutti coloro che, a livello globale, hanno a cuore la salvaguardia dell’ambiente e si sentono motivati a combattere ogni forma in inquinamento. In particolare, ATRA NOCTIS vuole indagare una for-ma subdola di inquinamento, assai nocivo per l’uomo e l’ambiente: l’inquinamento luminoso. E' noto che l'inquinamento luminoso (si vedano gli arti-coli su ASTRONOMIA NOVA: www.eanweb.com/2011/la-buiometria-partecipativa-bmp/; www.eanweb.com/2011/stimare-luminosita-cielo-notturno/; www.eanweb.com/2011/la-protezione-del-cielo-notturno-in-italia/ ) al pari di quello acustico, può avere effetti negativi sulla psiche degli individui più sensibili ma incide negativamente anche sul comporta-mento degli animali. Gli effetti dell’inquinamento lumi-noso sulla nostra salute derivano principalmente dall’alterazione dei ritmi circadiani dovuti all’esposizione alla luce durante le ore notturne. Queste alterazioni possono provocare vari effetti, come disturbi del sonno e della veglia e disordini metabolici. La mela-tonina è fondamentale nel regolare i ritmi circadiani e l’esposizione alla luce ne sopprime o ne diminuisce la produzione. La melatonina è anche un oncostatico e di conseguenza abbassarne il livello nel sangue può far accelerare la crescita di alcuni tipi di cancro. Alle conse-guenze dirette dovute alle basse concentrazioni di mela-tonina nel sangue si sommano anche altri effetti dovuti a disordini del sonno o alla sua privazione come diabe-te, obesità ed altri. Il cielo notturno è parte della natura e del paesaggio che ci circonda, quindi, come le montagne i laghi e le altre componenti dell'ambiente, merita di essere salvaguar-dato; oggi è messo in pericolo dalla luce dispersa dall'il-luminazione esterna, pubblica e privata.

Quando si parla di inquinamento luminoso spesso si dimenticano le considerazioni di carattere economico ad esso collegate: tutta la luce dell'illuminazione ester-na che viene dispersa al di fuori delle zone da illumina-re, compresa quella che finisce in cielo, costituisce un enorme spreco di energia elettrica e, quindi, di denaro, per lo più denaro pubblico. Inoltre, dobbiamo tener presente che gran parte dell’energia che alimenta le sorgenti artificiali di illumi-nazione è prodotta dalla combustione del carbone, con conseguenti enormi emissioni di CO2 ed effetti disa-strosi sul clima. Sono molte le nazioni in cui sono in vigore leggi e ordi-nanze per limitare l'inquinamento luminoso e rispar-miare energia, anche se, al momento gli sforzi fatti non sembrano sufficienti ad arginare il fenomeno. Un milione di click per salvare il buio della notte! ATRA NOCTIS è un progetto internazionale di moni-toraggio dell’inquinamento che ha lo scopo di sensibi-lizzare e coinvolgere associazioni, ambientalisti, stu-denti, insegnanti ed il pubblico in generale. Il lancio del progetto avverrà nella notte tra il 21/22 aprile 2012, nel corso delle manifestazioni per la giornata mondiale della Terra, http://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_della_Terra.

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TESTIMONIAL, SEDE ORGANIZZATIVA, CON-VEGNI Testimonial dell'evento saranno personaggi di grande notorietà nazionale ed internazionale. Stiamo individuando una sede di rappresentanza del progetto da utilizzare nel corso della settimana dal 16 al 22 aprile 2012. Tra le possibili sedi, la villa il Gioiello di Arcetri, a due passi da Firenze, dove morì Galileo nel 1642. E' da una location come questa, di grandissimo prestigio, che si terranno interviste e contatti con i gior-nalisti dei media e trasmissioni in diretta con gli inter-venti dei prestigiosi ospiti. Uno dei obiettivi, non secondari, del progetto è l’organizzazione di un convegno internazionale sull'in-quinamento luminoso, risparmio energetico e fonti al-

ternative di energia, da tenersi nell'autunno del 2012. MISSION DEL PROGETTO “ATRA NOCTIS” PER STIMOLARE L’INTERESSE E L’ADESIONE DELLA POPOLAZIONE ATRA NOCTIS si inserisce tra le azioni necessarie per conoscere e controllare l'incidenza dell'inquinamento globale sull'ecosistema a livello globale. Esso ha pure una notevole funzione educativa perché può stimolare, nelle nuove generazioni, l'interesse ed una maggior comprensione di quanto sia importante essere parte attiva, anche a livello individuale, nella salvaguardia dell'ambiente. Soprattutto i giovani, con la loro naturale generosità, si potrebbero sentire pienamente e positivamente coin-volti in questo progetto quando fosse loro spiegato che con qualche immagine del cielo, ripresa con una nor-male macchina fotografica durante una notte di luna nuova, si potrebbero costruire delle mappe istantanee nazionali o continentali capaci di fornire una visione globale dell'inquinamento luminoso; un risultato oggi impossibile da ottenere con le sole immagini satellitari. Questa conoscenza del fenomeno inquinante ed il suo manifestarsi, costituisce il primo passo per intrapren-dere delle azioni capaci di contenerlo e di ridurlo su di una scala sovranazionale. Per combattere efficacemente questa forma di inquina-mento riteniamo che sia necessario intraprendere due azioni fondamentali: • sensibilizzare, in modo costante, la popolazione

sui rischi e i costi dell'inquinamento luminoso;

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Cristian Fattinnanzi illustra il suo metodo di ripresa per la misura dell’inquinamento luminoso: www.youtube.com/watch?v=7Ek1xms4EH4

In queste immagini è riportata la sbalorditiva e nefasta evoluzione dell’inquinamento lumi-noso nei cieli degli Stati Uniti in 75 anni, tra il 1950 ed il 2025. Secondo alcune previsioni, probabilmente ottimistiche, in questo periodo di tempo esso aumenterà di centinaia di volte e in modo assolutamente incontrollato.

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QUANDO E COME ATTUARE IL MONITORAG-GIO DEL CIELO NOTTURNO ATRA NOCTIS prenderà l’avvio nel corso della notte tra il 21 ed il 22 aprile 2012 (giornata mondiale della Terra). La semplice tecnica di ripresa è descritta da Cristian Fattinnanzi nell’articolo: www.eanweb.com/2011/stimare-luminosita-cielo-notturno/ E nel video su Youtube: www.youtube.com/watch?v=7Ek1xms4EH4 Le operazioni da eseguire sono molto semplici: occorre sistemare una fotocamera digitale su di un cavalletto, puntarla allo zenit e scattare la foto secondo le modalità illustrate da Cristian nel citato articolo.

• intraprendere una serie di campagne sovrana-zionali di osservazione, prolungate nel tempo, che consentano di stimare l'inquinamento lumi-noso, per verificare quantitativamente se le mi-sure di contenimento adottate dai governi stan-no avendo successo;

Le due azioni sopra indicate potrebbero essere condotte simultaneamente, grazie al coinvolgimento diretto di larghi strati della popolazione, non solo europea, nel seguire le direttive del nostro progetto, che fa ampio uso di diffusissime tecnologie praticamente alla portata di tutti. E’ senz’altro possibile procedere al monitorag-gio dell’inquinamento luminoso sia attraverso la raccol-ta continua di dati con le modalità indicate dal presente progetto, che attraverso la promozione di campagne annuali di monitoraggio nei giorni di Luna nuova i più prossimi ai solstizi ed agli equinozi. Se adeguatamente pubblicizzato sui media e sul web, ATRA NOCTIS potrebbe attivare l’adesione di una moltitudine di persone con la produzione di milioni di dati, generando così delle mappe “istantanee” dell’inquinamento luminoso. Le mappe ISTANTANEE dell’inquinamento luminoso così ottenute, anche se realizzate con una strumentazione non appositamente studiata, possono essere comunque di notevole utilità scientifica, in particolare per la verifica dei modelli ma-tematici dell'atmosfera attualmente utilizzati da nume-rosi centri di ricerca.

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Due immagini emblematiche degli effetti devastanti dell’inquinamento luminoso: a sinistra, Los Angeles nel 1908, a destra, Los Angeles nel 1998.

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Nei prossimi mesi studieremo delle applicazioni specifi-che per le fotocamere dei telefoni cellulari, anche di diversa tecnologia, dall’iPhone ai sistemi Android. Daremo le opportune indicazioni sulle informazioni che dovranno essere inviate insieme alle immagini (coordinate geografiche, ecc.), che saranno archiviate in un data base in fase di preparazione. L’INVITO E’:

SEGUITECI SU ASTRONOMIA NOVA! FACCIAMO IN MODO CHE SI POSSANO RAC-COGLIERE UN MILIONE DI CLICK PER SAL-VARE IL BUIO DELLA NOTTE!

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In alto, un telefonino con sistema operativo Android, sotto, iPhone. Prodotti perfettamente utilizzabile per il progetto ATRA NOCTIS. In un prossimo futuro, tutte le immagini “fotometriche” finalizzate alla misura della luminosità di fondo cielo, potranno essere fornite da telefoni cellulari simili a questi. Con il vantaggio dato dalla presenza di un sistema GPS.

A sinistra, mappa d’Italia con i punti di misura della luminosità del cielo eseguiti da Buiometria, www.attivarti.org , a de-stra, l’inquinamento luminoso nella Penisola (Cinzano, 2001).

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