E’ il dialogo la via della pace...di pace: “Egli è la nostra pace, colui che ha distrutto in se...

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01 numero VICENZA IN MISSIONE Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 2 DCB Vicenza GIORNATA MONDIALE DELLA PACE “NON PIÙ SCHIAVI MA FRATELLI” CHIESA IN ASIA, LA VIA DEL DIALOGO LA VISITA DEL PAPA IN SRI LANKA E NELLE FILIPPINE “VA A NINIVE LA GRANDE CITTÀ” ECHI DAL CONVEGNO MISSIONARIO NAZIONALE GENNAIO 2015

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GIORNATA MONDIALE DELLA PACE“NON PIù SCHIAVI MA FRATELLI”

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Anno L

n. 01/2015Redazione: Piazza Duomo 2 • 36100 VicenzaTel. 0444 226546/7 - Fax 0444 226545Portale Internet: www.missioni.vicenza.chiesacattolica.itE-mail: [email protected]. 001006251514 intestato a “Diocesi di Vicenza - gestione missioni”

In copertina: Giornata mondiale della Pace

Rivista di informazione e animazione mis-sionaria e diocesana, destinata soprattutto alle famiglie, che possono dare una offerta per le Opere Missionarie ed il Seminario (si propongono circa 10,00 euro).

Direttore responsabile: Lucio MozzoIn Redazione:Direttore: Arrigo GrendeleSeminario: Stefano PiccoloPagina dei ragazzi: Massimiliano BernardiMigrantes: Michele De Salvia

Aut. Trib. di Vicenza n. 181 del 4/12/1964Iscr. reg. naz. della stampa n. 12146 del 9/10/1987

Progetto grafico/Impaginazione: Dilda Design - VicenzaStampa: Gestioni Grafiche Stocchiero - Vicenza

GENNAIO

E’ il dialogo la via della pace

Pace è il nome stesso di Dio. Ce-lebrare a Capodanno, alla fine dell’ottava di Natale, la giornata

mondiale della pace, deve diventare per noi l’occasione per rinnovare il nostro impegno ad accogliere e colti-vare questo dono divino che è segno del tempo messianico. Gesù, come Dio e come uomo, è dono e risposta di pace: “Egli è la nostra pace, colui che ha distrutto in se stesso l’inimi-cizia”. Ha bisogno però che qual-cuno, con la sua quotidianissima vita, gli apra la strada: “Nel deserto preparate la strada, ogni colle sia ab-bassato e ogni valle colmata”. Que-sto si fa anche con i più piccoli gesti.

Mi viene in mente la storia di due fratelli, che per molti anni avevano vissuto insieme, d’amore e d’accordo. Vivevano in cascine vicine, coltiva-vano insieme la terra condividendo gli attrezzi, spartivano equamente i raccolti e i guadagni. Bastò alla fine

il malinteso di un giorno, che creb-be fino a provocare una lite piena di parole amarissime, ala quale segui-rono settimane di glaciale silenzio.

Una mattina qualcuno bussò alla porta del fratello più grande. Era un uomo con utensili da falegname: “Se c’è bisogno di qualche lavoro, io po-trei esserle utile”. “Certo, ho un lavo-ro per lei. Arriva proprio a puntino. Vede quella fattoria dall’altra par-te del fiume? E’ di mio fratello, che ha perfino deviato il letto del fiume perché ci separasse. Vorrei che con quella catasta di legna lei mi costru-isse uno steccato lungo e ben alto, perché non voglio vederlo mai più”.

Misero insieme tutto il materiale, e poi il fratello maggiore partì per un

paio di giorni, per fare acquisti e sbri-gare faccende. Al ritorno trovò una sorpresa che lo lasciò sbalordito: nes-suno steccato tra le due fattorie, ma un bel ponticello costruito a regola d’ar-te. In quel momento il vicino, il fra-tello minore, venne dalla sua fattoria e non poté trattenersi dall’abbracciare il fratello dicendo: “Dopo tutto quel-lo che ti ho fatto e ti ho detto, guar-da un po’ che sorpresa mi hai fatto!”.

Stavano facendo la pace, i due fra-telli, quando videro che il falegna-me stava prendendo i suoi arnesi per andarsene via. “Aspetta, disse il più grande, ho parecchi lavori per te se puoi restare ancora dei giorni”. “Mi fermerei volentieri, rispose, ma ho ancora parecchi ponti da fare”.

don Arrigo

Questo mese

L'intenzione del mese

Perché in questo anno dedicato alla vita consa-crata i religiosi e le reli-giose ritrovino la gioia della sequela di Cristo e si adoperino con zelo al servizio dei poveri

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CHIESA IN ASIA, LA VIA DEL DIALOGOLA VISITA DEL PAPA IN SRI LANKA E NELLE FILIPPINE

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Seconda parte dell’intervento del prof. Francesco Grasselli, già caporedattore dell’Editrice Missio-

naria Italiana e responsabile dei Centri Missionari dell’Emilia Romagna alla “Scuola del lunedì”, proposta a preti e laici per una formazione permanente.

3. Una comunità si fa missio-naria quando diventa alle-gra (termine latino-america-no) e sa portare allegria anche nelle situazioni difficili.Pensiamo al nostro rappor-to con i giovani oggi… com’è standardizzato, freddo. I gio-vani non si trovano bene nei nostri ambienti, nelle nostre parrocchie.Quanto è gioiosa la nostra co-munità nel celebrare, nel pre-dicare, nel fare la catechesi, nel mettersi in rapporto con i giovani? La lieta notizia è ve-ramente lieta? La mettiamo veramente al centro della vita e dell’opera ecclesiale? In que-sto sono meravigliose le co-munità in Africa, in America Latina…: quando celebrano, è sempre festa!Dobbiamo ritrovare questa gioia che ci deriva dal Vange-lo. Se stiamo celebrando la Ri-surrezione di Cristo, non pos-siamo farlo con il volto triste...

4. Una comunità si fa missio-naria quando, alimentando se stessa con l’ascolto della Paro-la, dell’Eucarestia e delle pre-ghiere, diventa fraterna. Non cammina verso la missione una comunità eccessivamente

gerarchica, clericale, divisa in compartimenti stagni, in ci c’è diffidenza degli uni verso gli altri, in cui non c’è franchezza di parola (vd § 102 dell’Evan-gelii gaudium - sta parlando dei laici: “la presa di coscienza di questa responsabilità laica-le che nasce dal Battesimo e dalla Confermazione non si manifesta nello stesso modo da tutte le parti”.“In alcuni casi perché non si sono formati per assumere responsabilità importanti, in altri casi per non aver trovato spazio nelle loro Chiese parti-colari per poter esprimersi ed agire, a causa di un eccessivo clericalismo che li mantiene al margine delle decisioni. Anche se si nota una maggio-re partecipazione di molti ai ministeri laicali, questo im-pegno non si riflette nella pe-netrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico” (vd § 102 dell’E-vangelii gaudium).Questo non vale non nel rap-porto con i laici, ma in tutta la vita della chiesa.

5. Una comunità si fa missio-naria quando coltiva uno spirito universale e non si ferma al campanile: convin-ta che Dio ha tanto amato il mondo, la comunità sa amare il mondo e sentirsi sua parte, quindi mantiene un’attenzio-ne costante a ciò che avviene sulla terra, sensibile alle trage-die, ma anche alle conquiste

dell’umanità. Il mondo è an-che cosmos, quindi la comuni-tà si occupa anche della custo-dia dell’ambiente, contrasta ogni attentato al patrimonio naturale e storico dell’umani-tà.L’icona fondamentale della missione è il passo di Gv 3, 16-17 (“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio”). Dio ama il mondo... tutto in-tero... la natura, le stelle. Noi cristiani siamo poco abituati ad amare il mondo. Siamo più portati alla “lotta col mondo” (asse portante della spirituali-tà medioevale): non esprime il nostro atteggiamento fonda-mentale verso il mondo (verso il male, sì).Il mondo è il cosmos che Dio ha creato e che ha guardato con gioia fin dalla creazione.Nonostante il mondo vada per strade perverse e cattive, Dio lo ama così com’è. Noi cri-stiani dobbiamo abituarci ad amarlo.La nostra gioia deriva dal fat-to che noi sappiamo che Dio lo ama e lo salva, anzi l’ha già salvato. Guardiamo al mon-do, ai suoi problemi e alle sue conquiste, e non soltanto alla parrocchia.Ci vuole una spiritualità “glo-cale” (cioè globale e locale).I problemi del mondo si ri-flettono in ogni parrocchia. I problemi di ogni parrocchia si dilatano a tutto il mondo.”

Francesco Grasselli (2–continua)

Spiritualità missionaria

Leggendo l’Evangelii gaudium...per una conversione missionaria della chiesa/2

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Èil tema scelto da Papa Francesco per la quarantottesima giornata mondiale della pace, che si celebra il 1° gennaio 2015.

Spesso si crede che la schiavitù sia un fatto del passato. Invece si tratta di una piaga sociale fortemente presente anche nel mondo attuale.

“Malgrado i grandi sforzi di molti, la schia-vitù moderna continua ad essere un flagel-lo atroce presente, su larga scala, in tutto il mondo, persino come turismo. Un crimine di “lesa umanità” che si maschera dietro ap-parenti abitudini accettate, ma in realtà fa le sue vittime nella prostituzione, nella tratta delle persone, con il lavoro forzato, il lavo-ro schiavo, la mutilazione, la vendita di or-gani, il traffico di droga, il lavoro dei bam-bini”. “Uno sfruttamento fisico, economico, sessuale e psicologico che incatena decine di milioni di persone – uomini e donne, bambini e bambine – alla disumanità e all’umiliazione. Mentre ogni essere umano è immagine di Dio, e ogni ferita aperta nel corpo della società contemporanea è anche

una piaga gravissima nella carne di Cristo”.Queste le parole di papa Francesco che fanno da sfondo alla prossima Giornata mondiale della pace, che dal 1968 si cele-bra all’inizio di ogni anno, per iniziativa del santo Paolo VI.

E’ difficile calcolare le dimensioni del feno-meno, ma secondo i rapporti di importanti agenzie internazionali, quasi 36 milioni di persone sarebbero attualmente vittime del-le moderne schiavitù.

I più esposti al rischio sono coloro che fug-gono da guerre, persecuzioni e fame cro-nica, e sono circa 150 milioni di uomini, donne e bambini, il 3 per cento della po-polazione mondiale. Un “bottino prezioso” nelle mani dei mercanti di esseri umani, che li trasformano in un giro d’affari da 32 miliardi di dollari all’anno.

Uno su tre sono bambini. La metà delle vittime sono donne: secondo l’ONU oltre quattro milioni di ragazze ogni anno sono comprate o vendute, prelevate dal sud del mondo e trasportate o nelle metropoli ric-che della stessa nazione o nel nord del pia-neta. Cresce il numero di giovani costretti a mendicare, a rubare o a combattere in eser-citi irregolari o organizzazioni criminali.

Il traffico di organi è il “mercato” più oscu-ro in cui sono venduti gli schiavi del nostro tempo: si calcola che il 10 per cento dei tra-pianti provenga dal “mercato nero” degli interventi clandestini che si avvalgono di potenti complicità per portare avanti que-sto terribile “commercio”.

Giornata mondiale della pace

“Non più schiavi ma fratelli” No a un mondo di schiavi

Insieme per sradicare le schiavitù moderne

E’ storico l’accordo firmato il 2 dicembre scorso in Vaticano da esponenti di varie fedi religiose per un impegno comune volto a sradicare nel mondo ogni forma di schiavitù. E’ la prima volta infatti che i leader della Chiesa cattolica, anglicani e ortodossi, buddisti, indù, ebrei e mu-sulmani, si impegnano insieme contro la schiavitù e sottoscrivono una comune dichiarazione di impegno che dovrà ispi-rare l’azione sia spirituale che pratica di tutte le confessioni. Alla cerimonia della firma si sono collegati in videoconferen-za anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon e il patriarca ecumenico Bartolomeo I.Anche un magnate australiano delle estrazioni minerarie ha preso la parola per chiedere alle organizzazioni interna-zionali e ai leader delle aziende di unir-si alle autorità religiose nella lotta alle schiavitù moderne. L’obiettivo è ambizioso: arrivare all’eli-minazione entro il 2020 della schiavitù moderna e della tratta, in tutte le sue forme”.

Per sensibilizzare le coscienze su questa drammatica realtà, il prossimo 8 feb-braio si celebrerà la prima Gior-nata internazionale di preghiera e di riflessione contro la tratta di persone.La scelta della data è significativa: l’8 febbraio infatti è la memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, schiava suda-nese, liberata e divenuta suora canos-siana, proclamata santa nell’anno 2000.

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Storicamente, il 6 gennaio, oltre ad essere il giorno dell’Epifania, è anche la Giornata Missionaria

dei Ragazzi (GMR): si tratta, in un certo senso, della prima data missio-naria, perché oltre ad essere all’inizio dell’anno, è il giorno in cui il Vangelo ci fa riflettere sulla manifestazione di Gesù a tutti i popoli, rappresentati dai Magi, questi “camminatori” al segui-to di una stella, questi cercatori venu-ti da lontano per trovare il Messia. Tante persone nel mondo di oggi vi-vono la ricerca e l’attesa! È compito della Chiesa essere segno, “essere stel-la”, per mettere a disposizione di tutti la luce del Vangelo di Gesù. Ecco per-ché nella festa dell’Epifania i Ragazzi Missionari dei cinque continenti cele-brano il loro impegno per la Missione.

“Signore Gesù,insegnaci a dire grazie, sempre.Insegnaci a compiere gesti umili e gra-tuiti, con tutti.Insegnaci a diventare ultimi, perché Tu ti sei fatto ultimo.Insegnaci ad essere come Te che non sei “giusto” come noi: Tu sei buono!

Festa dei PopoliS. Messa con il nostro vescovo Beniamino

Cattedrale di Vicenza, ore 10,30

Per celebrare in tutte le lingue - credenti italiani e credenti immigrati “nuovi italiani”-

la comune fede nel Salvatore e il comune impegno per una società più solidale

ed accogliente.

6 gennaio, Epifania del Signore Giornata Missionaria dei Ragazzi 2015

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La Settimana per l’unità dei cri-stiani, dal 18 al 25 gennaio, è un momento privilegiato di pre-ghiera, di incontro e di dialogo. È l’occasione per riconoscere la ricchezza e il valore presenti negli altri, in chi è diverso da noi, e per chiedere a Dio il dono dell’uni-tà. La data, scelta fin dal 1908, è simbolicamente compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo.

L’immagi-ne biblica che farà

quest’anno da filo conduttore alla Settimana è presa dal dia-logo tra Gesù e la Samaritana al pozzo di Gia-cobbe: “Dammi un po’ d’acqua da bere”, chiede Gesù (Giovanni 4). E’ un’imma-gine che parla di c o m pl e m e nt a r i -tà: bere l’acqua dal pozzo di qualcun altro è il primo passo per giungere ad uno scambio di doni che arricchisce. Al contra-rio, il rifiuto dei doni degli altri causato gravi danni alla società e alla Chiesa.Nel testo di Giovanni 4, Gesù è il forestiero che arriva stanco e asseta-to. Ha bisogno di aiuto e chiede dell’acqua. La donna si trova nella sua terra; il pozzo appartie-ne alla sua gente, alla sua tradizione. È lei che tie-ne il secchio e ha accesso all’acqua. Ma anche lei è assetata. I due si incontra-no e quell’incontro offre un’opportunità inattesa per entrambi. Gesù non cessa di essere

Ebreo perché ha bevuto dall’acqua offerta dalla Samaritana, e lei ri-mane ciò che è mentre abbraccia la via di Gesù.“Dammi un po’ d’acqua da bere” diventa così un invito ad assapora-re l’acqua da diversi pozzi e anche a offrirne un poco della nostra.

N e l l a diversità, infatti, tutti ci

arricchiamo vicendevolmente.“Dammi un po’ d’acqua da bere”

ci insegna a riconoscere che le per-sone, le comunità, le culture, le religioni e le etnie hanno bisogno le une delle altre e ci insegna a rice-vere ciò che è prezioso per il bene dell’umanità e della sua salvezza.

“Dammi un po’ d’acqua da bere”implica un impe-gno etico che riconosca il bisogno gli uni degli altri per realizzare la missione della Chiesa. Ci spinge a cambiare il nostro atteg-giamento, ad impegnarci nel cercare l’unità nella nostra diversità, aprendo-ci ad una varietà di forme di preghiera e di spiritua-lità cristiana. Un proverbio brasiliano recita così: “Chiunque beve di quest’acqua, ritorna” ed è usato quando un visitatore si congeda. Un fresco bicchiere d’acqua, o un caffè, sono segni di accoglienza, dialo-go, amicizia offerta e ricevuta, speranza di riconoscersi ancora come fratelli. L’ecumenismo spi-rituale ha il suo momento culmi-nante nella Setti-mana di preghiera per l’unità dei cri-stiani, ma vive e si sviluppa attra-verso innumere-voli canali, che veramente solo il Signore vede, e che spesso anche noi ab-biamo la gioia di conoscere.C e r t a m e n -te l’unità è innanzitut-to un dono di Dio ed

è opera dello Spirito Santo, ma tutti siamo

chiamati a collaborare sempre e in ogni circostanza, attraverso un concreto e quotidiano “ecumeni-smo della vita”.

Settimana di preghiere per l’unitàCercare l’unità: un impegno per tutto l’anno

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dei cristiani Gesti che costruiscono comunioneL’ecumenismo non può attendere. E c’è già quello del sangue

La visita di Papa Francesco in Tur-chia e il commovente abbraccio con il Patriarca Bartolomeo sono

avvenuti a pochi giorni di distanza dal cinquantesimo anniversario della pro-mulgazione del Decreto del Concilio Vaticano II sulla ricerca dell’unità di tutti i cristiani (“Unitatis redintegra-tio”). Un documento fondamentale che ha aperto una nuova strada per l’incontro tra i cattolici e i fratelli di al-tre Chiese e Comunità ecclesiali. Solo una felice coincidenza? Non lo sappia-mo. Di certo sappiamo – perché l’ha detto Francesco – che l’obiettivo della piena unità è “l’unica cosa che la Chie-sa e il Papa desiderano”.E per dare rinnovato impulso a questo cammino il Papa ha scelto una via che gli è consueta: la via dell’incontro personale, la via dell’amicizia.“Incontrarci, guardare il volto l’uno dell’altro, scambiare l’abbraccio di pace, pregare l’uno per l’altro sono di-mensioni essenziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena co-munione alla quale tendiamo. Senza dimenticare la necessità del dialogo te-ologico, un autentico dialogo è sempre un incontro tra persone con un nome,

un volto, una storia, e non soltanto un confronto di idee. Questo vale soprat-tutto per noi cristiani, perché per noi la verità è la persona di Gesù Cristo. L’esempio di sant’Andrea, il quale in-sieme con un altro discepolo accolse l’invito del Divino Maestro: ‘Venite e vedrete’, e ‘quel giorno rimasero con lui’, ci mostra con chiarezza che la vita cristiana è un’esperienza personale, un incontro trasformante con Colui che ci ama e ci vuole salvare. […] E’ chiaro, pertanto, che neanche il dialogo tra cristiani può sottrarsi a questa logica dell’incontro personale”.

Io sono venuto in Turchia come pel-legrino, per un motivo religioso, non come turista. Ma poi, quando

sono andato in Moschea, io non pote-vo dire: “Adesso qui sono un turista”. E vedendo quella meraviglia, mentre il muftì mi spiegava bene le cose, anche con il Corano dove si parlava di Maria e di Giovanni Battista, io ho sentito il

bisogno di pregare. E ho detto: “Pre-ghiamo un po’?” – “Sì, sì”, ha detto lui. E io ho pregato: per la pace, per la Turchia, per tutti… Ho detto: “Signore, finiamola con la guerra…” E’ stato un momento di preghiera sincera.Con l’Ortodossia, siamo in cammino. Loro hanno i sacramenti, hanno la successione apostolica: che cosa dob-biamo aspettare? Non si può aspettare. L’unità è un cammino che si deve fare, che si deve fare insieme: pregando in-sieme, lavorando insieme, insegnando insieme, facendo insieme opere di ca-

rità. Questo è l’ecumenismo spirituale.Poi c’è l’ecumenismo del san-gue: abbiamo tanti martiri insieme!Incominciando da quelli in Uganda, canonizzati 50 anni fa: erano metà anglicani, metà cattolici… Ma quelli che li hanno uccisi non hanno detto: “tu sei cattolico … Tu sei angli-cano…”. No: “Tu sei cristiano”, e il san-

gue si mischia. Questo è l’ecumenismo del sangue. I nostri martiri ci stanno gridando: “Siamo uno!”.Quando ero in Germania sono dovuto andare ad Amburgo per un battesimo. Il parroco di quella parrocchia stava portando avanti la causa di canoniz-zazione di un sacerdote ucciso dai na-zisti perché insegnava il catechismo ai bambini. Studiando quel fatto scoprì che dietro a quel prete, nella fila dei condannati, c’era un pastore luterano mandato a morte per lo stesso motivo. Il sangue di loro due si è mischiato. Allora il parroco è andato dal vescovo per dirgli: “Io non vado avanti in que-sta causa solo per il prete: o per tutti e due o per nessuno!”.Questo è l’ecumenismo del sangue, che ci aiuta tanto, ci dice tanto. E credo che dobbiamo andare avanti coraggio-samente su questo cammino”.

(Papa Francesco, tornando dalla Turchia, il 30 novembre 2014, festa

dell’apostolo S. Andrea)

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L’Asia costituisce oggi per la Chiesa la principale sfida missionaria. “In Asia si deve andare”, aveva detto

tornando dalla Giornata Mondiale del-la Gioventù di Rio 2013. Ed ora, dopo il recente viaggio nella Corea del Sud, torna in quel continente immenso, dove la fede cristiana si confronta con una straordinaria ricchezza di culture e di religioni.Da molti secoli radicata in Europa, da oltre 500 anni presente nelle due Ame-riche, la Chiesa è cresciuta notevolmen-te anche in Africa nel corso dell’ultimo secolo. In Asia non è così: la presenza dei cattolici resta ferma su numeri mol-to piccoli, fatta eccezione per alcuni Paesi, quali appunto la Corea del Sud, le Filippine e il Sud Vietnam. Ma al di là dei numeri, il vero problema è che il cristianesimo è rimasto fino ad oggi complessivamente estraneo alle culture asiatiche: non soltanto sono pochi i cri-stiani, spesso perseguitati ed emarginati, ma il nome stesso di Cristo è quasi sco-nosciuto.La vera sfida, quindi, è riuscire a “rac-contare il Vangelo in termini asiatici”, dentro ad una cultura molto antica e profondamente radicata nell’anima del-la gente.Non si tratta, certo, di fare proselitismo e convertire: si tratta piuttosto – e France-sco lo ripete continuamente – di incon-trare, dialogare, conoscersi, camminare insieme e condividere, soprattutto con i più umili, spesso lasciati ai margini da processi economici tanto vertiginosi quanto diseguali.

Sri LankaLo Sri Lanka è una grande isola immersa nell’O-ceano Indiano, abitata da oltre 20 milioni di abi-tanti, in gran parte buddisti. I cattolici sono poco più di un milione, ma formano una comunità molto vivace, come dimo-stra il grande numero di vocazioni, anche missionarie. Purtroppo il Paese vive una situazione di costante tensione per il con-flitto con la minoranza tamil, e i cristiani sono spesso accusati di turbare la convi-venza con il proselitismo. Non mancano

i timori per possibili strumentalizzazioni politiche, ma sono grandi le speranze che la visita del Papa possa aiutare a superare le divisioni in un Paese in cui due comu-nità etniche, si contrastano da anni.Francesco sarà nello Sri Lanka dal 12 al 15 gennaio, e avrà incontri con i con i vescovi locali e i leader di altre religio-ni. Ma evento centrale della visita sarà la cerimonia di Canonizzazione di Giuseppe Vaz – primo Beato dell’India e missiona-rio nell’antica Ceylon dove nel ‘700 tra-dusse il Vangelo in cingalese e tamil.

FilippineQuella di Francesco sarà la terza visita di un vescovo di Roma (dopo quella di Paolo VI nel 1970 e le due di Giovanni Paolo II) nell’unico Paese di tutta l’Asia – insieme a Timor Est – a maggioranza cattolica. A Tacloban si incontrerà con i superstiti del

catastrofico tifone Haiyan (Yolanda), che nel novembre di un anno fa fece ottomila vittime tra morti e dispersi. Concluderà la sua visita nelle Filippine incontrando i giovani, a venti anni esatti dalla storica GMG di Manila, quando oltre cinque mi-lioni di persone si radunarono attorno a Giovanni Paolo II. “Misericordia e compassione”: saranno queste, nelle intenzioni dell’episcopato fi-lippino e del Papa stesso, le parole chiave della visita. Hanno scritto i vescovi: “Fac-ciamo nostro il suo viaggio di misericor-dia prima ancora che egli arrivi tra noi”

Chiesa in Asia, la via del dialogoDalle visite di Papa Francesco nuovo slancio alla cultura dell’incontro

Vita della chiesa • 1

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Dopo lunga preparazione, a fine novembre si è svolto a Sacro-fano, alle porte di Roma, il

quarto Convegno missionario nazio-nale che ha riunito, dopo 10 anni, i diversi attori che compongono il vasto mondo italiano della missione. Quasi 900 i partecipanti, molti rientrati dalle missioni, diversi i membri degli isti-tuti missionari, laici di vari organismi di volontariato e – piacevole novità – tante coppie di sposi con bambini piccoli in partenza o al rientro dalle missioni.

Il primo convegno si era tenuto a Vero-na nel 1990 e aveva come titolo: “Gesù è il Cristo, andate, ditelo a tutti”. Il se-condo, a Bellaria nel 1998, aveva come tema: “Il fuoco della missione. La mis-sione ‘ad gente’ interpella la Chiesa che è in Italia”. Il terzo dieci anni fa a Montesilvano su “Comunione e corre-sponsabilità per la missione”.Questo quarto convegno ha avuto sul-lo sfondo e come filo conduttore l’ico-na biblica di Giona, con le parole che il Signore rivolge al profeta: “Alzati, va’ a Ninive, la grande città”.Ninive, in effetti, era città molto gran-de, capace di intimorire qualunque profeta. Ed era città “sanguinaria, pie-na di menzogne, colma di rapine … maliarda, maestra d’incanti, che fa mercato dei popoli con le sue tresche e delle nazioni con i suoi incantesimi”. Così la descrive il profeta Nahum (3, 1-7). Perché andarci? Con quale co-raggio? Con quali speranze? E infatti Giona fugge, se ne va lontano, dalla parte opposta, preso dal demone della paura. Ma Dio insiste, Giona si piega alla sua missione, Ninive accoglie il messaggio e si converte.

Al Convegno di Sacrofano “la gran-de città” è diventata l’immagine del nostro mondo: luogo multiforme e plurale, luogo in cui si concentrano le massime ingiustizie e violenza, ma anche luogo di possibile giustizia e redenzione. Perché lasciarsi prendere dalla paura, vedere attorno solo nemi-ci, vivere l’essere minoranza come un pericolo e non piuttosto come un’op-portunità? Perché non fare nostro lo stesso atteggiamento di Dio, che ad un Giona risentito risponde: “E io non dovrei avere compassione?”. Si con-

clude con questa domanda il libro di Giona, ed è l’unico libro della Bibbia a terminare con un punto interrogativo.

Anche papa Francesco lo ha ripetuto ai convegnisti, dopo aver espresso tut-ta la sua riconoscenza per la genero-sità missionaria della Chiesa italiana: “Quanti preti, quante suore, quanti laici fidei donum! Voi avete questo nel sangue! E’ una grazia di Dio che dovete conservare, far crescere e dare

in eredità alle nuove generazioni di cristiani”. … “Hanno scelto di spende-re la vita per edificare la Chiesa nelle periferie del mondo, tra i poveri e i lontani. Questo è un dono per la Chie-sa universale e per i popoli. Vi esorto a non lasciarvi rubare il sogno di cam-biare il mondo con il Vangelo, con il lievito del Vangelo, cominciando dalle periferie umane ed esistenziali, e supe-rando la tentazione di parlarci tra noi dimenticando i tanti che aspettano da noi una parola di misericordia, di con-solazione, di speranza”.

Lo stesso invito, accorato e forte, ab-biamo ritrovato nelle parole di Gusta-vo Gutierrez, parroco e teologo pe-ruviano, considerato il “padre” della “teologia della liberazione, teologia della Chiesa”. Più che una relazione, egli ha offerto a chi lo ascoltava la te-

stimonianza di tutta una vita, spesa ad annunciare il Vangelo ai poveri e, in nome del Vangelo, a lottare con i po-veri contro la povertà. Perché la pover-tà è lo scandalo più grande, non è “na-turale”, è una nostra creatura, e come tale non è ineluttabile”.

Il lato debole del Convegno, secondo il sentire di molti, è stata la mancan-za di una riflessione seria sull’attuale situazione dell’impegno e della sensi-

bilità missionaria della Chiesa italia-na. Vediamo tutti che il numero dei missionari è in calo costante, che i fidei donum sono più che dimezzati, che gli istituti missionari vanno avan-ti solo grazie a vocazioni provenienti dalle Chiese di missione; e infine che la missione, entrata in casa nostra con l’arrivo di tanti immigrati, non sempre ha mostrato il lato migliore.Eì sì un vanto sentirsi dire che gli ita-liani “la missione ce l’hanno nel san-gue”, ma guardandoci dentro e attor-no non è difficile accorgersi che nelle vene scorre un sangue sempre più ane-mico.

Vale la pena ricordarlo: la missione non è un problema, è farmaco che guarisce la Chiesa, dando ad essa vita-lità, slancio e nuova giovinezza.

don Arrigo

Vita della chiesa • 2

“La missione ce l’avete nel sangue”: ma sarà ancora vero? Echi dal Convegno Missionario nazionale di Sacrofano

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Buone Pratiche di interazionecon gli immigrati (38 )

Buona Pratica è: un nuovo umanesimo per i profughi provenienti da paesi con conflitti interni E’ entrato in vigore il nuovo programma Ue che ha l’obiettivo di controllare le frontiere nel mar Mediterraneo. Con la sua nascita, “Triton” ha sostituito la precedente operazio-ne “Mare nostrum”, che aveva però finalità di salvataggio in acque internazionali. Il ri-schio di nuove morti nel Mediterraneo torna ad essere elevatissimo.

L’attuale gestione dell’Europa è retta esclu-sivamente dal pragmatismo amministra-tivo contabile (risparmiare soldi) ed è lontana da una visione politica di un suo ruolo da protagonista di fronte alla crisi umanitaria dei profughi provenienti dai paesi che si affacciano sul Meditterraneo.

La crisi è molto estesa e durerà a lungo: in Medio Oriente sono otto gli Stati con conflitti interni( punti particolarmente caldi: Iraq, Israele-Palestina nella Striscia di Gaza), Siria, Yemen. In Africa sono ben 26 gli Stati sconvolti da violenza politi-ca alimentata da 168 milizie guerrigliere, gruppo separatisti e gruppi criminali or-ganizzati( punti particolarmente delicati( Egitto, Libia, Mali, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Sud Sudan).

Profughi: cosa fa adesso l’Europa e cosa fa l’Italia?Il 18 ottobre 2013 in seguito a due nau-fragi, in cui morirono annegati più di 500 persone, il governo italiano diede il via a

quella che il Ministro della Difesa definì “un’operazione militare e umanita-ria”, la missione Mare Nostrum, che ave-va un duplice obiettivo: garantire la salva-guardia della vita in mare e assicurare alla giustizia i trafficanti che lucrano sui mi-granti. In un anno, Mare Nostrum ha sal-vato ed assistito più di 150.000 migranti, circa 400 al giorno con 685 interventi di soccorso in mare. Questo ha permesso di ridimensionare il numero delle vittime a 3.000 durante tutto il 2013. La missio-ne ha anche assicurato alla giustizia 339 scafisti, tutti condannati ad almeno dieci anni di detenzione.

L’operazione è stata sostenuta esclusi-vamente dal governo italiano con costi pari a circa 9 milioni di euro al mese, circa 300.000 euro al giorno (dati del Ministero della Difesa), un costo eleva-

tissimo per il bilancio dello Stato che ha esortato più volte l’Unione Europea a prendere atto del problema e a venire in aiuto all’Italia. In risposta alle ripetute ri-chieste di Roma, l’Ue ha però deciso non di supportare il governo italiano su Mare Nostrum, ma di lanciare una nuova ope-razione, denominata Triton, che si con-centrerà sulla sorveglianza delle frontiere e opererà solo entro 30 miglia dalla costa italiana. Il suo bilancio è di €2,9 milio-ni di euro, meno di un terzo di quello del suo predecessore. Il primo novem-bre, il governo italiano ha annunciato che l’operazione Mare Nostrum sarà sospesa e sostituita da Triton dopo un periodo di transizione di due mesi. Solo 26 Sta-ti membri prenderanno parte alla nuova

operazione che sarà gestita dall’Agenzia Europea Frontex. Tuttavia, come ha sot-tolineato il direttore esecutivo, Gil Arias Fernandez, non sarà affatto un sostituto di Mare Nostrum, ma una missione in-dipendente che si limiterà alla stretta sorveglianza delle frontiere. Mare No-strum invece aveva il compito di soccor-rere i migranti in acque internazionali. Il rischio di perdite di vite umane nel Medi-terraneo è tornato dunque ad essere ele-vatissimo, in quanto non ci saranno più politiche di salvaguardia dell’incolumità dei migranti perché Triton non avrà come primo obiettivo quello del salvataggio dei naufraghi.

Gli esperti di immigrazione temono che nel Mediterraneo quello che verrà sarà un anno ancora più letale di quello appe-na passato.Numerose sono state le critiche solleva-te nei confronti di questa nuova strategia europea, a partire da Amnesty Internatio-nal che si è schierata contro la decisione del governo italiano, spiegando che le imbarcazioni messe a disposizione per Triton non potranno spingersi oltre le 30 miglia dalle coste italiane, mentre le navi di Mare Nostrum arrivavano quasi a toc-care le coste libiche: la fine di Mare No-strum porterà solo a nuove morti e nuove stragi.

Necessità di un nuovo umanesi-moProseguono i conflitti in tanti paesi del Medio Oriente e del NordAfrica. La di-sperata necessità di fuga dalle violenze, dalle guerre e dalle persecuzioni diventa sempre maggiore. Di fronte a questa im-mane tragedia, ci dobbiamo interrogare sui valori di umanesimo, solidarietà e cooperazione che tutti gli esseri uma-ni dovrebbero condividere ma che sembra stiano perdendo significato a discapito di quelli di austerity e com-petitività economica, che non tengo-no conto delle vite umane in gioco. Quel che è certo è che la chiusura di Mare Nostrum è un passo indietro per l’umani-tà intera, un passo indietro prima di tutto dell’Europa che nonostante tutte le con-venzioni sottoscritte e i principi sui cui è stata fondata, sta chiudendo gli occhi su ciò che sta accadendo in quei Paesi e sul-la peggiore crisi umanitaria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Luciano Carpo

I popoli tra noi

“Profughi da zone di guerra, da conflitti e da persecuzioni religiose: problema dell’Europa, dell’Italia e di ogni coscienza civile”.

Incontro-DibattitoGli stranieri

in Italia

Convivenza, Integrazione, Espulsione?Luciano CarpoUfficio Migrantes di Vicenza

Relatore:

tutti sono invitati everyone is invited tout le monde est invité

Baldaria CirColo Noi

di CologNa VeNeta (Vr)

gioVedi

27NoVemBreore 20,30

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Agenda & Appunti

1 gennaio Giornata Mondiale della Pace: “Non più schiavi, ma fratelli”

6 gennaio Festa dell’Epifania Giornata Missionaria dei Ragazzi/

Festa dei popoli: Chiusura della Mostra del Presepe Missionario - c/o Missionari Saveriani, Viale Trento 119, Vicenza

17 gennaio Adorazione eucaristica per le missioni e i missionari Villa San Carlo, ore 15.00 – 18.00

18-25 gennaio Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: “Dammi un po’ d’acqua da bere” (Giovanni 4, 7)

18 gennaio Giornata del migrante e del rifugiato

25 gennaio Giornata dei malati di lebbra

Da ricordare per il mese di Febbraio

1 febbraio Incontro formativo per Animatori missionari c/o Missionari Saveriani, Viale Trento 119, Vicenza

11 febbraio Giornata del malato

14 febbraio Adorazione eucaristica per le missioni e i missionari Villa San Carlo, ore 15.00 – 18.00

Gennaio Ricordiamo con riconoscenza

Gianna TonioloCon il gruppo missionario e la comunità tutta di Quinto Vicentino ricordiamo con ri-conoscenza e affidiamo al Si-gnore Gianna Toniolo, tornata alla Casa del Padre lo scorso novembre. Tra i tanti servizi resi alla comunità parrocchia-le quello di animatrice mis-sionaria ha sempre avuto, nel suo cuore, un posto speciale.

Esprimeva questo amore anche diffondendo Chiesa Viva: l’ha fatto con sollecitudine e generosità per decine di anni, contri-buendo a sensibilizzare la comunità verso la vita e i problemi della Chiesa nel mondo.

Bianca Vellere (Ma-ria)La comunità di San Vito di Brendola si è riunita attorno a lei il 19 novembre per dar-le nella fede un ultimo saluto pieno di riconoscenza. Te-nace animatrice missionaria, con semplicità e creatività ha sempre dato il meglio di sé e quanto poteva alla parroc-

chia, alle missioni, al Seminario, anche attraverso la distribu-zione di Chiesa Viva. Il Signore non mancherà di far fruttifica-re quanto lei ha seminato nell’umiltà.

MISSIONARI VICENTINIPONTE dei NORI 40,00 - SANDRIGO: NN 20,00 - S. PIETRO in GU’: DALLA VIA TERESA 200,00 - TRISSINO 40,00 - VICENZA: MARITANI NERINA 50,00; ASSOCIA-ZIONE NOI 3.300,00.

LEBBROSIS. LEOPOLDO di BASSANO 100,00 - VICENZA: NN 50,00.

BORSE di STUDIO al CLERO INDIGENOMELEDO: GRUPPO MISSIONARIO 520,00 - MONTE-BELLO: VALENTE MARIA ROSA 50,00 - PIEVEBELVICI-NO: CE 50,00; DDM 40,00; GE 20,00; GM 30,00; ME 20,00; MS 20,00; PMR 40,00; SA 60,00; TE 60,00 - POVO-LARO: GRUPPO SPOSI 520,00 - VILLAGA: MATTIELLO MARIA e BERTILLA 100,00 - VICENZA: NN 50,00.

OFFERTE A TUTTO NOVEMBRE 2014

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Nuova Giornata diocesana dedicata al Seminario…

Carissimi lettori di Chiesa Viva, vi introduco a queste pagine de-dicate al Seminario in occasione

della nuova collocazione della Giorna-ta Diocesana del Seminario. Infatti, da quest’anno, essa si celebra in una nuova data: non più, come era tradizione, nella domenica di Cristo Re in novembre, ma domenica 23 gennaio, Terza del Tempo liturgico cosiddetto Ordinario. Non è una scelta casuale: questa dome-nica, infatti, ripropone ogni anno i testi dei vangeli che narrano la chiamata dei discepoli da parte di Gesù. Questi brani aiutano a cogliere il valore del Seminario come spazio e tempo dove chi è chiamato da Gesù, abita vicino a Lui, fa esperienza di ascolto e di fraternità come Gesù ha fat-to fare ai suoi discepoli. Se il Seminario è una casa che sorge a Vicenza, perché in ogni parrocchia della Diocesi ci si raccoglie per pregare e so-stenerlo? È solamente una ragione eco-nomica quella che sta al centro di questa Giornata? Ricordo che nel 2004, nel 150° dalla sua costruzione, il Seminario aveva adottato come slogan “Seminario: Casa tua”: parole che dicono con chiarezza che la sua esistenza, la vivacità e la presenza dei seminaristi, riguardano tutti i Cristia-ni. Ma il Seminario diventa parte di me, della mia famiglia, della mia parrocchia, se ovviamente lo conosco, mi interesso. Perciò la Giornata del Seminario può di-ventare una opportunità per conoscere non solo i problemi (economici, struttu-rali… che sono purtroppo veri!) ma an-che le storie concrete di ragazzi, giovani e famiglie che col Seminario stanno cam-minando. In queste pagine, infatti, tro-verete alcune di queste storie, per niente inventate!, veri cammini di vita, con un nome ed un volto.Il Seminario, che nella sua realtà struttu-rale è ben piantato e solido, come una for-tezza, nella sua componente più preziosa, cioè l’umanità che corre, studia, prega e vive in esso, è in forte e veloce cambia-mento. A cominciare dai ragazzi delle Medie che, da comunità residenziale, si sta in questo anno evolvendo verso una nuova formula che prevede un cammino in famiglia e in parrocchia, con dei momenti mensili, e non solo, di vita in Seminario. Accanto a otto ragazzi di seconda e terza media, che ancora formano la famiglia stabile del-le medie frequentando la scuola esterna, ecco allora il nuovo gruppo del “Semi-

Raga” formato da undici ragazzi, sempre delle medie, che hanno scelto la nuova modalità semi-residenziale. Diciassette giovani delle superiori poi, costituiscono la preziosa “Comunità Giovanile” e si stanno sperimentando attraverso la preghiera, il servizio, le pro-gressive responsabilità. La Comunità Vocazionale “Il Mandor-lo” accoglie quest’anno tre giovani che vi sono giunti da vari percorsi per un discer-nimento in vista dell’entrata in Teologia. Infine la Comunità di Teologia: ventino-ve giovani, dai venti ai trent’otto anni, ne fanno una realtà molto varia e ricca, con percorsi diversificati e individualizzati il più possibile sul cammino unico e irripe-tibile del singolo, in una strada consegna-ta e tracciata dalla Chiesa. Il Seminario è una proposta di cammino per chiunque: anzitutto con la semplice ma significativa “visita” all’ambiente (noi la chiamiamo “Quattro salti in Semina-rio”!), che di solito viene proposta o ri-chiesta dai gruppi di catechismo; ci sono poi gli appuntamenti mensili delle dome-niche (Chiamati per Nome, Insieme è Bel-lo e Gruppo Sentinelle) o gli incontri di preghiera mensili (“Venite e Vedrete” per giovani, “Preghiera del primo Giovedì” per tutti). Poi c’è la possibilità di accosta-re l’esperienza del Seminario in occasioni speciali: una Settimana di Condivisione per giovani, oppure venire a condividere qualche spazio di vita comunitaria con la Comunità Giovanile delle superiori. Sen-za parlare di quante iniziative diocesane si svolgono in Seminario (animatori ACR e ACG, Convegno Chierichetti, Caritas, ecc…). Ma il Seminario è anche disponibilità ad andare… verso le parrocchie e i gruppi: far sentire la voce e la realtà della vocazio-ne in occasione dei cammini della Cresi-ma, negli incontri con genitori, nei gruppi di giovanissimi…, ma anche nei consigli pastorali, con i catechisti, gli animatori.Infine, anche se a conclusione di queste ri-ghe, non posso sottacere l’esistenza di un continuo e cronico bisogno di dare un so-stegno economico al Seminario. I numeri ridotti dei seminaristi e le situazioni di bisogno di alcuni di loro, non consentono alle rette di far fronte alle spese di man-tenimento. Per questo nella Giornata del Seminario viene chiesto di essere generosi concretamente con una offerta, attraverso la parrocchia o direttamente al Seminario. Quest’anno, e nei prossimi anni, saremo

particolarmente impegnati a ristrutturare il tetto, ciò richiederà un investimento di almeno due milioni di Euro. Una cifra che non abbiamo ma che speriamo di poter raccogliere un po’ alla volta. Un grazie a tutti se un segno concreto giungerà e soprattutto se la vostra preghie-ra e simpatia aiuteranno da lontano a far crescere l’amore per questa casa che è di tutti e, quindi, anche… “Casa Tua”.

Il Rettore del Seminariodon Carlo Guidolin

Giornata del Seminario: strumenti per l’animazione

Cari parroci e operatori pastorali,in data 23 gennaio 2015, terza dome-nica del Tempo Ordinario, nella nostra Diocesi sarà celebrata la Giornata del Seminario. Come da tradizione, gli Educatori e i Seminaristi saranno coin-volti nelle diverse comunità per l’ani-mazione della Giornata, intervenendo durante la celebrazione delle Messe domenicali. Evidentemente non sarà possibile rag-giungere ed essere presenti in tutte le parrocchie. Per questo motivo, queste quattro pagine di Chiesa Viva sono in-teramente dedicate all’occasione con quattro testimonianze che potete op-portunamente utilizzare coi ragazzi, a catechismo, nei vari gruppi, con gli adulti e nel contesto della celebra-zione delle Messe. Trovate una pagi-na del Rettore don Carlo, che illustra la situazione attuale del Seminario, le proposte e le prospettive future; la te-stimonianza di Sebastiano in V supe-riore; quella di Eugenia ed Erdino, una coppia di genitori; quella di Luca dia-cono; quella di don Alberto, animatore dei ragazzi delle Medie.Sono racconti che descrivono tratti del loro intenso cammino. Non esitate ad utilizzare questo materiale che vi viene messo a disposizione per animare que-sto appuntamento. E buona Giornata del Seminario!!!

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Ciao a tutti, sono Sebastiano, ho 18 anni, sono della parrocchia di Madonnetta di Arzignano, al

quinto anno delle superiori del Semi-nario e faccio parte della Comunità Giovanile.Sono entrato in Seminario sei anni fa, nel 2009, in terza media; fin da piccolo sentivo un fascino per la vita sacerdotale perché sentivo una pas-sione nel donarmi totalmente a Gesù e a mettermi a servizio degli altri; per questi motivi ho deciso di entrare in Seminario per capire se questa strada fosse quella che Dio ha scelto per me.Considero il Seminario una grande famiglia in cui ci si mette in relazio-ne con gli altri ragazzi e ci si mette in gioco anche per confrontarci tra di noi. Io e altri miei quattro compa-gni siamo i più grandi della comunità giovanile e per questo ci sentiamo in-vogliati a dare l’esempio ai più piccoli aiutandoli. Anche loro però aiutano a loro volta noi per migliorarci di gior-no in giorno.Una frase di san Paolo mi accompa-gna: “Quando sono debole è allora che sono forte”; per me queste parole sono molto importanti, perché nella vita ci sono dei problemi che si incontrano e si deve avere la forza di affrontarli.

Alla fine di quest’anno scolastico sarò chiamato a decidere se continuare il cammino entrando in Teologia. Credo che l’essere sacerdote non sia solo accettare una strada e rinunciare all’altra, ma un donarsi, con i propri pregi e difetti, totalmente a Dio che è

amore e poter, attraverso di Lui, met-termi a servizio di tutte le persone bisognose. Vi chiedo vicinanza nella preghiera, affinché si compia la strada che Dio ha progettato per me. Grazie di cuore,

quando si ritiene che il percorso sia concluso. Quello che cerchiamo di fare è un lavoro di squadra basato sul-la fiducia reciproca fra famiglia e ani-matori, accettando di non essere gli unici educatori dei nostri figli.La comunità del seminario ha inse-gnato anche a noi genitori cosa signi-fica appartenere, essere parte di un gruppo di persone che vivono lo sta-re insieme come un dono, non come un impegno, condividere momenti di preghiera, ma anche di servizio e di divertimento, la bellezza dell’incon-tro personale con Cristo e di un in-contro comunitario che cerchiamo di testimoniare ad altre famiglie

Eugenia e Erdino, genitori di Massimo

scuola superiore in Vicenza. Siamo una famiglia perché noi facciamo parte di questa comunità, ma anche la comunità del Seminario è entrata nella nostra vita, come la su struttu-ra, nel cuore di Vicenza, con i suoi chiostri e la Chiesa che abbiamo vi-sto rinascere ristrutturata. In questi anni abbiamo imparato cosa significa far parte di una comunità, il rispetto delle regole e la relazione continua con altre persone. La condivisione della preghiera, dei momenti di festa, ma anche le difficoltà che inevitabil-mente sono sorte in questo cammino. Nel corso degli anni abbiamo visto le porte del seminario aperte non solo nell’accogliere i giovani ma anche la possibilità di uscire dalla comunità

Siamo entrati a far parte della grande famiglia del Seminario di Vicenza circa 7 anni fa quan-

do nostro figlio Massimo ha deciso di iniziare questa nuova esperienza. Dobbiamo dire che a quel tempo la comunità del Seminario ci era del tutto sconosciuta, l’unica frequenta-zione, anche se sporadica era avvenu-ta con l’esperienza dei “chiamati per Nome”. Ma non per questo ci siamo preoccupati, anzi abbiamo caldeg-giato e sostenuto la decisione, forse all’inizio motivata dalla curiosità che può avere un ragazzino di dieci anni. Dopo l’esperienza delle scuole medie, nostro figlio ha scelto di continuare a far parte della Comunità Giovani-le del Seminario e di frequentare una

La grande famiglia del seminario La testimonianza di una coppia di genitori

In cammino, con losguardo rivolto al futuroLa testimonianza di di Sebastiano, Comunità Giovanile

SebastianoComunità Giovanile

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In cammino, con le chiavi in tascaLa testimonianza di Luca, diacono in sesto anno di Teologia

O gni tanto, quando lavoravo in centro, passavo davanti al Seminario, e ricordo che mi

incuteva un grande timore: senti-vo che al suo interno abitava anche il Signore, e iniziavo ad intuire che mi stava aspettando lì; ma allo stes-so tempo mi sembrava un ambiente grigio, asettico e rigido. Anche la mia immagine di Chiesa era così, frutto della mia immaginazione più che della conoscenza diretta.

Ricordo molto bene la sera dell’in-gresso nella Comunità del Mandorlo: il saluto della mia famiglia, l’incon-tro con i miei compagni di classe e di avventura, la preghiera con don Fabio… Ricordo anche che, prima di addormentarmi, mi dissi che lì den-tro non sarei resistito più di due set-timane. E invece, giorno dopo gior-no, da quella sera sono passati più di sei anni. Anni che sono volati, ma che sono stati intensi. Sento che mi hanno cambiato, attraverso persone ed esperienze, e vedo, nell’opera e nella guida non sempre riconosciuta dell’unico Maestro, il filo che le tiene insieme, tutte.C’è un gesto, in particolare, che mi ha sempre riempito di stupore: a ciascu-

no di noi, all’inizio, venne consegna-ta la chiave del seminario. L’ho sen-tito come un atto di fiducia nei miei confronti, che mi ha permesso di sentire questa casa e questa famiglia un po’ più mia. È il segno che la dio-cesi si metteva completamente a no-stra disposizione, aprendoci le porte per accompagnarci nella formazione.Ho ricevuto anche altre chiavi in que-sto periodo, ne sottolineo cinque.La prima è la possibilità di guardare

la nostra Chiesa da dentro. Quello che da fuori mi sembrava grigio, in realtà era fatto sì di ombre, ma soprat-tutto di esperienze, realtà e persone (preti, laici, religiosi) che illuminano con la loro vita e con cui desidero la-vorare e confrontarmi. La seconda è stata la scoperta della vita spiritua-le, con una guida, un metodo e degli strumenti, nell’ascolto della Parola di Dio che sorprendentemente mi conosce, mi interpella e mi accom-pagna. La terza è l’impegno di uno studio sistematico, capace di aprire la mente e il cuore, per approfondire la fede e confrontarci con le provoca-zioni e le attese del nostro tempo. La quarta chiave è la vita comunitaria: una palestra dura ma insostituibile

di vita, una lente per conoscermi, per lavorare su di me, e per imparare ad accogliere, comprendere e perdonare gli altri. La quinta è stata la possibili-tà di vivere e di lavorare con i preti che hanno accettato di accompagnar-ci, come formatori o nell’esperienza pastorale. Ho potuto guardare da vi-cino la loro vita, le loro ricchezze e le loro miserie… il mistero delle loro persone afferrate da Gesù. E con loro accogliere il mistero della mia voca-zione, che mi paralizzava finché lo gestivo da solo.Considero tutto questo un privilegio che ho ricevuto, e che non è dato a molti. Con questo mazzo di chiavi in tasca ho attraversato vari periodi: all’i-nizio del seminario stavo a vedere, non mi interessava diventare prete… poi via via questo è diventato un de-siderio sempre più forte, e sceglierlo è stato come abbracciare Dio stesso, che me lo aveva donato. Ancora più forte è stata l’esperienza di sentirmi io scelto e accolto dalla Chiesa, per quello che sono, in occasione dell’or-dinazione diaconale. Se ho potuto perseverare è merito anche di tante persone che mi hanno sostenuto con il servizio, la testimonianza e la pre-ghiera. Anche per questo sento che la vita è diventata un po’ meno mia. E guardando a loro imparo un po’ alla volta a farvi entrare i bisogni degli al-tri e della Chiesa, mentre Gesù ripete anche a noi: “date loro voi stessi da mangiare”.

Luca Lunardon

Seminario veScovile(minore e Teologico)

comuniTà del mandorloBorgo Santa Lucia, 43 - VicenzaTel. 0444 501177Indirizzo web: http://seminariovicenza.org

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deve essere testimoniato e mostrato an-che ad altri. Dopo tre anni e mezzo che sono qui in Seminario porto in cuore la grande gioia di mettermi a fianco di que-sti ragazzi e appassionarli alla preghiera e alla scoperta dell’Amico Gesù, al gioco vissuto con loro nel divertimento e nello spettacolo di stare insieme, all’aiutarli a crescere in responsabilità nello studio e nella scuola, affinché il loro lavoro quo-

tidiano sia serio e puntuale.Una relazione profonda e significativa che nasce con i ragazzi e un’intesa altret-tanto sincera che si costruisce con le fa-miglie, in particolare, i genitori, i primi educatori dei loro figli.Come prete, l’esperienza-Seminario ha qualcosa di unico e irripetibile che non si trova in giro e ha il suo punto-forza nell’equipe educativa degli animato-ri, prezioso luogo di programmazione, condivisione, verifica rispetto alla vita delle diverse comunità e all’accompa-gnamento dei ragazzi.Vocazione, allora, è essere grati dei tan-ti doni e volti che Dio pone nel mio cammino; in questi anni, stanno dan-do gusto e sapore alla mia vita di prete in Seminario nella relazione con amici preti, con i ragazzi che a volte chiedono pazienza e amore, con i genitori il cui unico obiettivo comune è il bene e la crescita dei loro figli. In questo servizio tante volte delicato e nascosto chiedo l’aiuto e la forza del Si-gnore. don Alberto

Da questa prima parrocchia porto nel cuore grande riconoscenza per il cam-mino condiviso insieme con i preti in canonica, con le famiglie, con i ragazzi, con gli ammalati…… e molto, molto al-tro!È stata una bella prima palestra di vita, di incontro, di relazione, di gratuità che non è stato semplice lasciare. Poi nel 2011, eccomi approdare in Se-minario (un ritorno direte): si vede che

14 anni da seminarista erano pochi, ne serviva qualcuno in più da educatore dei ragazzi alle medie.Tornare da educatore nei corridoi di un tempo, nelle aule studio dove un po’ di fatica (non troppa) c’è stata, nei cortili dove si giocava all’ultimo goal strappato, in cappellina dove tornavano alla mente momenti di preghiera, di meditazione… e tante altre esperienze di comunità, mi aprivano il cuore a ricordi belli e profon-di, ma chiedevano (e chiedono tutt’ora) a me di trasmettere il bello vissuto an-che a chi in questo momento ha la gioia di iniziare un cammino ricco e significa-tivo come quello del Seminario.È proprio vero: quando si vive qualcosa di bello e di avvincente nella propria vita non può essere tenuto nascosto, bensì

Qualche anno fa, in un Convegno degli educatori dei Seminari del Triveneto, che si tiene ogni anno

a Roveré Veronese (sui monti Lessini), si rifletteva sul significato di essere preti oggi in Seminario: una “condanna” od un’“opportunità”?Parto proprio da questa provocazione per leggere questi 6 anni e mezzo di mi-nistero ormai trascorsi, dei quali i primi tre vissuti come vicario parrocchiale a Rosà e gli altri tre come educatore dei ra-

gazzi alle medie in Seminario a Vicenza.Ma andiamo con ordine: sono d. Alberto Dinello, ho 31 anni, provengo dalla par-rocchia di Colloredo (un piccolo paese del Basso Vicentino) e ora sto vivendo il mio servizio, come detto, in Seminario.Il mio cammino è iniziato da molto lon-tano, in 1ª media (nell’ormai lontano 1994), quando sono entrato in questa speciale casa di gioia, di condivisione, di amicizia con tanti altri ragazzi e giovani.Tanti anni trascorsi, tanti volti incon-trati, diversi preti che si sono succedu-ti nell’accompagnare la mia crescita e vocazione, in mezzo a dubbi e convin-zioni, domande e cadute…; e nel 2008, assieme ad altri 7 amici, sono diventato prete e, quindi, la prima destinazione pastorale: Rosà.

Accompagnare in seminario oggi: la gioia di camminare con…

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