E-Recruitment: il reclutamento si sposta sul web. Il caso Monster

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Tesi di laurea specialistica. Contenuto: Analisi delle caratteristiche del reclutamento online attraverso lo studio del caso monster.it. Tesi sperimentale.

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E-recruitment: il reclutamento si sposta sul web. Il caso Monster.

Facolt di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione.

Corso di laurea in Scienze Sociali per le Politiche, le Risorse Umane, lOrganizzazione e la Valutazione.

Cattedra di Valutazione e Selezione delle Risorse Umane.

Candidato Matteo Sollazzo

Relatore Prof.ssa Claudia Carchio

Correlatore Prof. Leonardo Cannav

A/A 2010/2011

Contatti: Email LinkedIn Twitter Google+ Facebook [email protected] http://www.linkedin.com/in/matteosollazzo http://twitter.com/mats986 http://plus.ly/matteosollazzo http://www.facebook.com/matteosollazzo

INDICE

INTRODUZIONE

Pag. 1

1. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO: I CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL LAVORO 1.1. La cornice teorica di riferimento. Pag. 7

1.2. Globalizzazione e ICT: i motori del cambiamento. Pag. 20 1.2. Processi di cambiamento nel mondo del lavoro. 2. IL PROCESSO DI SELEZIONE 2.1. Limportanza delle selezione delle Risorse Umane. 2.2. Le fasi delliter selettivo 2.3. Un focus sullattivit di ricerca: il reclutamento. 3. LA FASE DI RECLUTAMENTO 3.1. Le forme di reclutamento. 3.2. Gli attori coinvolti nel processo. 3.3. Lutilizzo della carta stampata: linserzione. 3.4. Come cambia la ricerca con il web: le-recruitment. Pag. 82 Pag. 100 Pag. 109 Pag. 32

Pag. 44 Pag. 54 Pag. 72

Pag. 120

4. ANALISI DEL CASO MONSTER 4.1. Nota metodologica. 4.2. Descrizione dellazienda Monster. 4.3. Il punto di vista dei selezionatori. 4.4. Testimoni privilegiati del gruppo Monster. CONCLUSIONI APPENDICE BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA Pag. 133 Pag. 148 Pag. 162 Pag. 186 Pag. 201 Pag. 205 Pag. 283 Pag. 291

INTRODUZIONELa scelta di dedicare il presente lavoro al tema delle-recruitment stata generata in un percorso strutturato allinterno della Cattedra di Valutazione e Selezione delle Risorse Umane e trae il suo principale spunto dalle riflessioni sociologiche che gravitano attorno al tema del lavoro. Lobiettivo principale che si tenta di raggiungere attraverso la presente tesi di fornire un contributo accademico in un campo che appare ancora non molto esplorato in tale prospettiva: il reclutamento di personale attraverso il web. I motivi alla base di tale scelta si rintracciano principalmente nellinteresse maturato verso i numerosi mutamenti che si sono verificati negli ultimi anni allinterno del mondo del lavoro. Al fine di realizzare questobiettivo la strada che sar percorsa quella che dal tema generale del cambiamento nel mondo del lavoro (cfr cap. 1), condurr al tema specifico del mutamento nelle forme di reclutamento di personale (cfr cap. 4). Nello scenario analizzato, globalizzazione e sviluppo delle ICT (tecnologie dellinformazione e della comunicazione) sono stati definiti come i driver che hanno determinato il passaggio da un modello di lavoro fordista a un modello postfordista. Il primo capitolo, pertanto, stato rivolto alla ricostruzione del contesto di riferimento e alla definizione della cornice teorica allinterno della quale interpretare il cambiamento in corso. Il tema affrontato nel primo paragrafo ( 1.1) stato quello della crisi del fordismo, ovvero del metodo di produzione che ha rappresentato per molto tempo il modello1

di regolamentazione alla base della societ del compromesso sociale di met secolo (Colin Crouch, 2001). I fattori scatenanti di tale crisi sono stati classificati in hard (legati agli aspetti economici, tecnologici e demografici) e soft (legati allaumento del livello di istruzione nelle nuove generazioni e allingresso delle donne nel mercato del lavoro), tuttavia, lelemento pi importante stato fornito dallinterpretazione delle conseguenze che tale cambiamento ha avuto sulla vita delluomo: con la modernizzazione luomo ha perso la propria sicurezza (assicurata dal precedente modello di regolazione sociale), ma ha guadagnato maggiore libert di realizzazione personale e professionale. Come afferma Bauman: La storia della modernit pu essere interpretata come una ricerca incessante del giusto equilibrio tra libert e sicurezza (2001). Il secondo paragrafo ( 1.2), stato dedicato ai due fenomeni definiti i driver del cambiamento: globalizzazione e le ICT. Nel primo caso, dopo aver passato in rassegna tutte le dimensioni della globalizzazione (globalismo, globalit, globalizzazione), sono stati esaminati gli effetti che tale fenomeno ha prodotto sul lavoro, come il trasferimento delle imprese in zone con pi bassi salari e il conseguente smantellamento dei posti di lavoro. Nel secondo caso, viceversa, sono state passate in rassegna le principali caratteristiche delle ICT, sia negative (labour saving, divisione globale del lavoro), sia positive (knowledge worker, incontro tra domanda e offerta del lavoro). Il terzo paragrafo ( 1.3), in conclusione, stato riservato allanalisi dei principali cambiamenti avvenuti in campo produttivo (Lean Production e Terziarizzazione) e gestionale (Human Resource Management). Dopo aver fornito un quadro generale sulle maggiori trasformazioni avvenute nel mondo lavoro, il secondo capitolo stato dedicato alla

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descrizione dellattivit di Selezione delle Risorse Umane. Nonostante loggetto di studio del presente lavoro sia le-recruitment, la scelta di affrontare questo tema appare quasi obbligata poich il reclutamento rappresenta solo una fase del pi ampio processo di selezione. Con il primo paragrafo ( 2.1) sono stati esaminati i motivi per i quali non solo la Selezione, ma lintera prassi di Gestione delle Risorse Umane ha acquisito nel corso del tempo un maggior rilievo allinterno delle imprese. Per fare ci, si fatto riferimento in modo particolare alle teorie elaborate riguardo al passaggio dal modello del commitment a quello della compliance (Guest, 1991). Il secondo paragrafo ( 2.2), stato interamente dedicato alla descrizione delle fasi che compongono il processo di selezione, ovvero il processo finalizzato allinserimento in azienda di tutte le figure professionali (Gandolfi, 2003). Prima di tale descrizione, tuttavia, si voluto presentare in modo sintetico lintero processo di acquisizione delle Risorse Umane (Martone, 2007), composto dalle fasi di Analisi (Definizione dei parametri e progetto di ricerca), Ricerca e Screening (Comunicazione ai candidati e screening dei C.V.) e Selezione (Colloquio e testing). Il terzo paragrafo ( 2.3) stato invece dedicato ad un focus sullattivit di reclutamento (tema centrale del capitolo successivo). Dopo aver distinto tra i concetti di fonti e tecniche di reclutamento, si dedicato uno spazio specifico alla descrizione delle quattro fasi del processo di ricerca (Martone, 2007): target (individuazione della tipologia dei candidati da contattare), messaggio (elaborazione del messaggio che si vuole comunicare), sistemi di ricerca (scelta delle fonti di ricerca), risultati (valutazione dellefficacia e dellefficienza del reclutamento realizzato).

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Tali tematiche, tuttavia, sono state riportate in modo pi approfondito nel terzo capitolo, interamente dedicato al reclutamento del personale. Nel primo paragrafo ( 3.1) sono state descritte le principali tecniche di reclutamento (come il job posting, le inserzioni, il ricorso a intermediari pubblici e privati), classificandole secondo il mercato del lavoro di riferimento (interno, esterno, istantaneo). Il secondo paragrafo ( 3.2), stato riservato alla descrizione dei soggetti pubblici e privati, che attualmente contribuiscono allincontro tra la domanda e lofferta di lavoro. A tal scopo, stato preso in esame il processo di cambiamento avvenuto nella concezione del collocamento in Italia: da funzione pubblica di quasi monopolio statale, a servizio pubblico alla cui erogazione concorrono soggetti pubblici e privati (Roccella, 2010). Giacch linserzione sulla carta stampata stata per molto tempo il canale principale di reclutamento, il terzo paragrafo ( 3.3) non ha potuto prescindere dallanalisi di tale argomento. I temi affrontati sono stati nello specifico i sette criteri necessari per costruire una corretta inserzione e i vantaggi che ne derivano. Successivamente, si sono elencati i requisiti di base di un annuncio (attirare lattenzione, suscitare linteresse per il contenuto, stimolare il desiderio di rispondere). Il quarto paragrafo ( 3.4), infine, stato dedicato allargomento principale di tale lavoro di tesi: le-recruitment. Dopo aver accennato al mercato del lavoro come ad una struttura informazionale attraverso la quale gli attori economici si scambiano notevoli indicazioni sia sui posti vacanti che sulle caratteristiche dei lavoratori (Paliotta, 2004), si andato ad analizzare il ruolo che il web riveste in un simile scenario. Internet, infatti, si pone come un inedito intermediatore nella ricerca di lavoro, moltiplicando a dismisura la quantit di informazioni che possono essere scambiate. Tale strumento, tuttavia, presenta ancora alcune4

problematiche legate principalmente alla gestione di tali informazioni (frammentate e incomplete) e alla selettivit con cui distribuito tra la popolazione (digital divide). Prima di concludere il paragrafo, inoltre, si dedicato ampio spazio alla descrizione di tutti i servizi che il web mette a disposizione alle imprese e ai job seeker, per agevolare lincontro tra la domanda e lofferta del lavoro. La scelta di dedicare il quarto capitolo allo studio di Monster Italia, stata dettata da una serie di fattori che hanno reso tale azienda un caso significativo rispetto al tema del reclutamento online. Il primo paragrafo ( 4.1) stato riservato allesposizione della metodologia utilizzata nella parte sperimentale. In particolare, le undici interviste realizzate (nove addetti al reclutamento in diverse realt organizzative, due dipendenti del gruppo in questione), sono state orientate da una serie di domande a cui si tentato in seguito di dare risposta. Dopo la descrizione accurata delle caratteristiche (quantitative e qualitative) dellazienda Monster ( 4.2), nel corso del paragrafo successivo ( 4.3) sono stati esposti i risultati ottenuti dalle interviste ai nove addetti al reclutamento. Le aree indagate sono state in particolare quattro: il reclutamento su web, il sito monster.it, le competenze, il reengineering del processo. Nel quarto paragrafo ( 4.4), viceversa, sono stati riportati i risultati ottenuti dalle interviste effettuate ai due testimoni privilegiati del gruppo in questione. Le aree esplorate nel primo soggetto (attuale Marketing Manager di Monster Italia) sono state: il gruppo Monster, le aziende clienti, i candidati, il futuro di Monster, sviluppi del reclutamento online. Per il secondo soggetto (ex Country Manager di Monster Italia), invece, si preferito procedere attraverso unintervista con un minor livello di strutturazione rispetto alla precedente, che ha toccato i seguenti temi: la

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strategia di Monster in Italia, la strategia di Monster in USA, il web recruiting in Italia, un business model alternativo: Jobrapido. Lultimo paragrafo della tesi ( 4.5), infine, stato riservato allesposizione delle conclusioni e dei risultati ottenuti. A tal scopo, si scelto di procedere mediante due diversi livelli di analisi: il web recruiting (generale), il caso Monster (particolare).

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1.

IL CONTESTO DI RIFERIMENTO: I CAMBIAMENTI NEL MONDO DEL LAVORO

4.2

La cornice teorica di riferimento.

Il primo passo da compiere per descrivere un fenomeno definire la cornice teorica allinterno del quale collocarlo. Sebbene le teorie utilizzate per interpretare i cambiamenti nel mondo del lavoro siano molteplici, in questa sede, come si vedr in seguito, si far riferimento a una chiave di lettura basata sulla letteratura di tipo sociologico che annovera i pi importanti contributi relativi a questa tematica. Per tracciare le linee guida del cambiamento bisogna innanzitutto procedere con la definizione del contesto sociale ed economico che ha caratterizzato la societ fino a qualche tempo fa. A tal fine utile osservare il modello di produzione dominante nella prima met del 900. Adottato per la prima volta nello stabilimento della casa automobilistica Ford nella citt di Detroit, il modello fordista prevedeva che una mano dopera scarsamente qualificata potesse costruire automobili secondo un ciclo produttivo modulato su una linea di produzione in sequenza. Questo metodo permetteva di produrre beni standardizzati con massima efficienza. Alla base di una simile impostazione vi erano le tecniche di organizzazione scientifica del

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lavoro ideate dallingegnere Frederik Taylor1. Definire con precisione ogni movimento che loperaio doveva compiere per eseguire una mansione e cronometrarne i risultati, erano gli assunti principali del management scientifico secondo Taylor. Data questa duplice influenza sul modello produttivo di inizio secolo, possiamo concludere affermando che con il termine fordismo si intende il modello organizzativo basato sulla grande impresa e sulla catena di montaggio, mentre con il termine taylorismo si indica lapplicazione degli studi sul management scientifico condotti dallomonimo ingegnere. Questo modello di produzione, spostando gran parte dei lavoratori verso la fabbrica, ha determinato quella che oggi definita societ industriale. Laggettivo industriale, usato al fine di descrivere la societ dei primi del 900, ci porta a considerare lo stile di produzione fordista non solo come un nuovo modo di produrre, ma come un sistema che agisce sulla vita delluomo anche fuori dallambiente di lavoro. Secondo Accornero2: Lindustrialismo diventa () una forma di determinismo acritico, che da enfasi alle aspettative di progresso e di sviluppo, alle certezze nella razionalit e nella precisione, alla fiducia verso la tecnologia e le macchine, allanelito universalista e umanitario che ispir le prime Esposizioni universali3. Date queste premesse, con il passare

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Pubblicate nel testo del 1911, The Principles of Scientific Management di Frederick

Winslow Taylor.2

Accornero A. (2002), Il mondo della produzione: sociologia del lavoro e della

produzione, Il Mulino, Bologna.3

interessante riportare due interpretazioni, contenute nel testo di Accornero, sulla

nascita e le caratteristiche della societ industriale.

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del tempo, il fordismo si progressivamente configurato come un concetto omnicomprensivo, capace di connotare un intero ordine politico ed economico. A dare una lettura dellordine sociale che si era venuto a creare in quegli anni, stato il sociologo Colin Crouch con la sua definizione di compromesso sociale di met secolo4 ovvero quel periodo, a seguito della seconda guerra mondiale, in cui si concretizz per la prima volta la possibilit di creare una prosperit diffusa tra tutte le classi sociali.

Secondo R. Aron la societ industriale si forma dove e quando le imprese: si separano dalla famiglia; concentrano gli operai sul luogo di lavoro; introducono una originale divisione del lavoro; praticano un rigoroso e razionale calcolo economico volto allaccumulazione di capitale. Per L. Gallino, viceversa, la societ industriale si basa su requisiti pi quantitativi: la maggior parte delle forze di lavoro occupata nel settore industriale (tale requisito oggi in evidente cambiamento); la maggior quota relativa del reddito nazionale prodotta dallindustria; i processi di accumulazione operano prevalentemente attraverso le aziende industriali.4

Crouch C. (2001), Sociologia dellEuropa occidentale. Il Mulino, Bologna.

Secondo Colin Crouch, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, si verificato una sorta di processo di convergenza basato su cinque elementi: struttura economica e occupazionale industriale; organizzazione capitalistica della propriet; struttura istituzionale liberale dal punto di vista sociologico (conseguente alla sconfitta del fascismo e al rifiuto del comunismo); diritti certi di appartenenza e quindi di cittadinanza estesi a quasi ogni adulto. Lidea generale di un equilibrio tra queste caratteristiche costitu il modello del compromesso sociale di met secolo, condiviso dalla maggior parte dei paesi dellEuropa occidentale, dagli Stati Uniti e da alcune altre nazioni.

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Poich il fordismo da solo non sarebbe stato un elemento sufficiente per generare ricchezza, i pilastri su cui poggiava la societ del compromesso erano principalmente quattro. Il secondo pilastro su cui poggiava la societ era la politica keynesiana di gestione delleconomia. Come scrive Crouch La gestione keynesiana delleconomia era coerente con la produzione di tipo fordista, dal momento che stabilizzava il ciclo economico e infondeva fiducia sia alle imprese, che potevano investire in costosa tecnologia per la produzione di massa, sia ai lavoratori, che acquistavano i beni e quindi stimolavano un ulteriore aumento della produzione (2001). Il terzo elemento da prendere in considerazione per descrivere la societ del compromesso il Welfare State. Lo scopo principale dello stato sociale era quello di ridurre le disuguaglianze sociali nella popolazione, garantendo servizi e diritti considerati essenziali per un tenore di vita accettabile. Per questo motivo, una gran quantit di risorse pubbliche venivano investite in servizi pubblici (sanit, istruzione, previdenza sociale), al fine di rispondere ai bisogni della popolazione e garantire prosperit economica. Infine, come ultimo elemento caratterizzante questo tipo di societ, vi era la diffusione dellattivit sindacale. Lappartenenza a forti identit collettive, come il sindacato, era una caratteristica molto diffusa, sulla quale si fondava gran parte della stabilit sociale della societ fordista. Questordine politico ed economico cominci a vacillare dalla seconda met del 900. Gli elementi che hanno innescato questo cambiamento sono diversi, possiamo tuttavia distinguere i fattori hard da quelli soft. Tra i fattori hard trovano posto i cambiamenti inerenti agli aspetti economici, tecnologici e demografici. Con questa categoria si vuole

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prendere in considerazione in primo luogo il fenomeno della globalizzazione dei mercati. Generando una crescente competizione a livello internazionale, la globalizzazione, ha contribuito a determinare alti rischi per la stabilit finanziaria ed economica a livello mondiale. Il secondo aspetto del cambiamento rappresentato dallinnovazione nel campo delle ICT: ladozione di tecnologie sempre pi sofisticate, in grado di annullare le distanze, e di tecnologie labour saving, capaci di far risparmiare sul costo del lavoro, ha spinto sempre pi il processo produttivo verso un modello flessibile. In terzo luogo laumento della speranza di vita e il conseguente invecchiamento della popolazione ha generato conseguenze ingenti sul sistema di welfare esistente. A complicare il quadro intervenuta infine la diversificazione del modello di famiglia. A partire dalla seconda met del 900, infatti, la famiglia cambiata molto rispetto agli standard dellepoca fordista. Oggi non pi possibile, nella maggior parte dei casi, pensare ad una famiglia dove luomo lunica fonte di reddito mentre la donna relegata al ruolo di casalinga che si occupa della cura della casa e dei figli. I fattori soft, daltra parte, fanno riferimento agli aspetti socioculturali del cambiamento. Questi possono essere individuati da due fenomeni: laumento dellistruzione delle nuove generazioni e laccesso delle donne al mondo del lavoro. Due cambiamenti, quindi, strettamente connessi con quelli precedentemente esposti. Ma come possono essere letti questi fenomeni? Quale

interpretazione dare del cambiamento? Per rispondere a queste domande si far riferimento ad una chiave di lettura, a cui si accennava inizialmente, composta da due elementi.

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Com stato detto, dalla seconda met del XX secolo, e in particolare dagli anni 70, il quadro storico e teorico di riferimento cambia. Come scrive Paci5 Usciamo da una visione della storia europea relativamente recente che ha al suo centro la fase cruciale della societ industriale (), per entrare in una visione della modernizzazione occidentale di pi ampio respiro. La modernit di fine secolo, secondo lautore, si traduce nel fatto che mentre nella visione centrata sulla societ industriale lelemento caratterizzante era la costituzione di forti identit e strutture collettive, spostando langolo visuale sulla modernizzazione in senso ampio, lelemento caratterizzante diventa il processo di individualizzazione. proprio questo, il processo di individualizzazione, che fornisce la prima chiave di lettura al cambiamento sopra descritto. Questo fenomeno pu essere interpretato come affrancamento dellindividuo dalle appartenenze obbligate (ibidem), o come afferma Habermas (1987), crescita della consapevolezza, autonomia e autodeterminazione universale. Il processo di individualizzazione si pone, in questi termini, come epicentro della modernizzazione occidentale che si manifesta, come sostiene Laurent (1994), attraverso un crescente grado di autonomia dei rapporti nelle relazioni intime, in quelle di amicizia, in quelle di lavoro e di tempo libero. Questo processo, quindi, pu essere rintracciato in molti aspetti della contemporaneit. Al fine di gettare le basi per uninterpretazione dei cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro, in questa sede si far riferimento al processo di individualizzazione con lobiettivo di comprendere le

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Paci M. (2005). Nuovi lavori, nuovo welfare. Il Mulino, Bologna.

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difficolt che percorrono attualmente il lavoro e i sistemi di protezione sociale. Oggi siamo di fronte a una svolta rispetto al modello di lavoro e di welfare che ha caratterizzato la societ fordista. Pur avendo permesso il conseguimento di livelli mai raggiunti di sicurezza economica e sociale, il precedente modello, conteneva al suo interno diversi elementi di compressione dellindividuo e della sua domanda di realizzazione. Se da una parte la grande azienda industriale ha garantito ai capifamiglia una certa stabilit economica e lavorativa, ha dallaltra imposto di rinunciare alla piena espressione delle loro attitudini e dei loro talenti personali, schiacciandoli allinterno dellorganizzazione taylor-fordista del lavoro. Questo fenomeno oggi in evidente ristrutturazione, il principale risultato di questo cambiamento rintracciabile nellemergere di una nuova categoria di lavoratori definiti atipici, in quanto non assimilabili ad un modello di occupazione stabile, a tempo determinato e dentro una grande organizzazione. Le interpretazioni in merito a questo cambiamento sono molteplici e principalmente tendono a evidenziare laspetto dellinsicurezza che un lavoro atipico porta con s, come la precariet e lincertezza riguardo ad una stabilit futura. Ma, come afferma Paci (2005), esso (il lavoro atipico) comprende la possibilit di restituire al singolo lavoratore una maggiore capacit di autorealizzazione professionale. Va tenuto in considerazione, inoltre, che il sentimento di insicurezza costituisce oggi un fenomeno trasversale, che coinvolge larga parte dei lavoratori, indipendentemente dal tipo di rapporto di lavoro. Alla luce di ci si pu affermare che, con la modernit, il lavoro viene restituito allindividuo. Ma se da una parte luomo acquista pi13

capacit di scelta e di progettazione della sua vita professionale, dallaltra sottoposto a nuove problematiche dovute al fatto che oggi lavorare significa avere meno vincoli e pi opportunit, ma anche maggiori rischi e responsabilit (Accornero, 2002). In sintesi, appare evidente che la nascita di lavori atipici porta con s problemi e rischi difficili da risolvere con lattuale modello di protezione sociale, ma altrettanto evidente che questo mutamento nasconde (Paci, 2005). A seguito di questa riconfigurazione il lavoro assume nuove forme: accanto al lavoro tipico si sviluppa il lavoro atipico e una serie di attivit fuori mercato socialmente riconosciute. Un segnale in questo senso dato dalla nascita di numerose attivit volontarie o non regolamentate, sopratutto nel campo dei servizi della cura alla persona. La crescita di attivit non standard, che come ricorda Paci (2005) sono i lavori atipici e le attivit fuori mercato socialmente riconosciute, ha innescato un meccanismo per cui il significato di lavoro si allontana da quello che stato per anni, subordinato e salariato, per avvicinarsi al concetto di attivit: pi ampio e multiforme. Per questo motivo, al fine di descrivere la societ attuale, pu essere usata la definizione di societ attiva o pluriattiva. Nonostante le numerose definizioni in riferimento allo stile di produzione o di lavoro (societ postindustriale, postfordista, dei servizi6

al

suo

interno

la

possibilit

di

una

crescita

dellautoaffermazione e della realizzazione di s da pare del lavoratore6

Il tema dellindividualizzazione, alla luce di quanto esposto finora, risulta

particolarmente importante in quanto affonda le sue radici nei principi ispiratori che hanno reso possibile la modernizzazione occidentale: lIlluminismo e le Dichiarazioni, americana e francese, dei diritti sacri e inviolabili del cittadino.

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ecc.) il termine societ attiva, o pluriattiva, appare pi adatto a descrivere il cambiamento di prospettiva con il quale oggi si guarda al lavoro. lecito, a questo punto, domandarsi se il processo di individualizzazione riesca a spiegare completamente il cambiamento che sta avvenendo nel mondo del lavoro. Ovviamente si potrebbe continuare il discorso verso molteplici direzioni, ma, date le circostanze, ci si limiter a fornire un solo altro elemento su cui ragionare che in questa sede appare funzionale. Il processo di individualizzazione sopra citato stato descritto come un fenomeno capace di emancipare lindividuo da forme obbligate di appartenenza e a grandi identit collettive dominanti nella societ fordista. Tale fatto, quindi, vissuto dalluomo come un estensione della libert individuale. Ogni individuo libero di autodeterminarsi nel lavoro cos come nella vita collettiva o intima. Per questo motivo, dagli anni 70 in poi, diversi fenomeni sconvolgono le classiche appartenenze ritenute alla base della stabilit sociale. Il sindacato vive una fase di decrescita di iscritti; la famiglia, da nucleo costituito da madre, padre e figli, assume forme nuove a seguito dei crescenti divorzi e secondi matrimoni; perfino lappartenenza sessuale subisce un processo di trasformazione. Nel mondo del lavoro tutto questo si traduce, come detto in precedenza, in una maggiore possibilit di realizzazione professionale e di controllo sulla propria vita da parte delluomo. Ma, il maggior grado di libert raggiunto dalluomo con la modernit non si palesa senza conseguenze. Cos come per il lavoro atipico (che porta con s elementi negativi e positivi), anche per le numerose libert conquistate delluomo le conseguenze sono molteplici, o, per dirla alla Bauman (2001) la libert arriva alluomo con il cartellino del prezzo attaccato. Citando15

testualmente, lautore afferma che: Noi abitanti del mondo tardo moderno siamo liberi quanto i nostri antenati potevano solo sognare di essere (). Ci che (essi) non erano in grado di prevedere era che la libert sarebbe arrivata con il cartellino del prezzo attaccato, ed un prezzo salato. Il prezzo di cui parlo linsicurezza (ibidem). Linsicurezza, quindi, rappresenta la seconda chiave interpretativa del cambiamento. Ma per comprendere fino in fondo come questo concetto deve essere usato, non si deve pensare ad una insicurezza tout court bens al processo dialettico tra sicurezza e libert che ha attraversato tutta la storia della moderna societ. Come afferma Bauman (ibidem) La storia della modernit pu essere interpretata come una ricerca incessante del giusto equilibrio tra libert e sicurezza, di un punto di conciliazione, postulato ma sempre non ancora raggiunto tra queste due condizioni, tra questi due aspetti della condizione umana, che sono allo stesso tempo contradditori e complementari (2001). Tutto questo mostra come il cambiamento che luomo sta vivendo dentro (e fuori) il mondo del lavoro sia un processo ambiguo e contraddittorio, che offre al lavoratore infinite possibilit ma nessuna sicurezza. Osservando tale trasformazione appare palese che i vecchi sistemi di tutela, quelli del grande welfare state che assicurava pari diritti a tutti i cittadini, non possono pi funzionare. Lemergere dellinsicurezza dellinstabilit, di rapporti che, come vengono definiti da Sennet (2001), sono a breve termine, mal si conciliano con strumenti di protezione a lungo termine come quelli del welfare state. Non volendo passare in rassegna quali siano le possibili alternative su come si potrebbe costruire un nuovo sistema di stato assistenziale (c.f.r. Paci, 2005), ci si limiter a riportare il concetto che il cambiamento che

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sta avvenendo nel mondo del lavoro se da una parte ha permesso al lavoratore di conquistare ampi spazi di libert personale ha dallaltra innescato un rinnovato e spiccato bisogno di sicurezza. Ma come vive questa trasformazione il lavoratore? Come cambiano le sue aspettative, i sui modi di lavorare, la sua identit? Il lavoro flessibile, come afferma Gallino (2001), stato percepito come una ferita dellesistenza, una fonte immeritata dansia, una diminuzione di diritti. Ciononostante, un fenomeno interessante stato rilevato in larga parte dei lavoratori (Carrieri, Damiano, Ugolini, 2005): accanto allinsicurezza cresce anche la qualit del lavoro. Ci dato dal fatto che le competenze crescono, cos come i requisiti richiesti, mentre la fatica e la noia diminuiscono. Limpresa chiede al lavoratore di attivarsi e di destreggiarsi pi che di eseguire e ubbidire, ma anche di acquisire informazioni e coltivare competenze (Accornero, 2002). Il nuovo modello di lavoro prevede che le catene di comando vengano accorciate e che il lavoratore entri a far parte del processo produttivo partecipando attivamente. Con queste premesse, accanto ai requisiti tecnici richiesti al lavoratore, definiti da Negrelli (2000) saper fare, acquistano importanza nuove capacit che prendono il nome di saper essere. Capacit relazionali, cooperazione al lavoro, collaborazione con unit esterne e versatilit nellesercizio del ruolo, diventano elementi fondamentali per i lavoratori postfordisti, che devono, come afferma Gorz (2003), entrare nel processo di produzione con tutto il bagaglio culturale che hanno acquisito: con i giochi gli sport di squadra, le lotte e le dispute, le attivit culturali, musicali, teatrali, ecc.

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I profili che si diffondono risultano assai diversi rispetto al passato: crescono i lavoratori con orario parziale, le forme para-subordinate o para autonome, gli impieghi imprenditoriali e manageriali. Tutto questo rende i rapporti di lavoro meno subordinati, meno uniformi, meno stabili, in una parola pi individuali. Come riportato nel testo di Della Rocca, Fortunato (2006), si sviluppano quelle che vengono definite carriere individuali. Per questo motivo, a seguito di un percorso personale contaminato da esperienze realizzate in diversi campi e ruoli, si determina un modello di carriera definito proteiforme (ibidem). Alla base di questo modello c lidea che non lazienda ma lindividuo ad avere il controllo sulla carriera professionale. Infine, si pu osservare come anche lidentit subisce delle conseguenze con il mutare del lavoro. Nellattuale societ, come in quelle precedenti, il lavoro a definire lidentit sociale di una persona, in quanto, d ai soggetti un posto nella stratificazione sociale determinandone lo status e quindi il prestigio (Accornero, 2002). Oggi, come testimonia la diminuzione dellanzianit media aziendale, i tragitti individuali tendono ad essere pi discontinui e articolati rispetto al passato. Le conseguenze di questi rapporti lavorativi meno ferrei e pi fluidi sono rintracciabili principalmente nelle storie di vita. Il percorso professionale di una persona oggi segnato da strane sovrapposizioni e strane dissociazioni fra la sfera del lavoro e le altre sfere dellesistenza (ibidem). Questo continuo peregrinare tra lavori e professioni, a volte anche molto diverse tra loro, favorisce la nascita di identit composite costruite sulla base dellattivit svolta in un dato periodo. Come afferma Accornero:

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La gabbia entro cui funzionava la societ del lavoro era forte e visibile, mentre la ragnatela entro cui si colloca la societ dei lavori fitta e impalpabile. Se ieri era il lavoro che teneva insieme la societ, oggi la societ che tiene insieme i tanti lavori mediante un reticolo di snodi orizzontali anzich unintelaiatura di gerarchie verticali (ibidem).

Appare dunque evidente come il lavoro, nonostante il processo di trasformazione che sta vivendo, sia ancora un elemento di centrale importanza nella vita delluomo. Le riflessioni sin qui esposte ci portano ad ipotizzare che il concetto stesso di lavoro debba essere ripensato, per fare ci ci vengono in aiuto le categorie sociologiche di individualizzazione, sicurezza e libert sovra esposte. Inoltre si deve tenere in considerazione che al mutare del lavoro devono anche mutare tutti gli elementi che lhanno accompagnato finora, come il sistema di welfare, la famiglia, i contratti, le competenze, le modalit della prestazione ecc. In conclusione, appare evidente come il lavoro sia tema che necessita costanti riflessioni poich su di esso si basa parte della nostra societ. Come afferma Dahrendorf7 il lavoro ha una sua valenza anche in quanto una delle forze principali per la strutturazione della vita degli uomini. Finora nessuno ha scoperto una forza ugualmente efficace. Sicch la societ senza lavoro rimasta singolarmente amorfa, priva di contorni e di significato.

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Dahrendorf R. (1993). Per un nuovo liberalismo. Laterza Roma - Bari.

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4.2

Globalizzazione e ICT: i motori del cambiamento.

Era il 1905 quando il sociologo tedesco Max Weber scrisse letica protestante e lo spirito del capitalismo. Nel testo si mettevano in relazione due fenomeni: la mentalit religiosa calvinista e quella capitalista, sostenendo che la prima fu precondizione culturale per laffermarsi della seconda. Offrendo unanalisi diversa da quella che aveva compiuto Marx anni prima, Weber sosteneva che la dottrina della predestinazione e la concezione calvinista di lavoro, avevano avuto un ruolo decisivo nella formazione del capitalismo moderno. Sono passati molti anni dal testo di Weber, e una simile interpretazione del capitalismo avanzato apparirebbe probabilmente anacronistica, ma, oltre allimportanza che ebbe per i futuri sviluppi della sociologia, quel testo offre in questa sede un importante spunto da cui partire. Quando si tenta di mettere a fuoco le cause principali che hanno determinato il verificarsi di un fenomeno, inevitabilmente il discorso si fa incerto e accidentato. Tale affermazione vale anche quando si vuole analizzare il processo di trasformazione che ha portato il lavoro ad assumere un aspetto profondamente diverso rispetto al passato. Se individuare le cause senza le quali non si sarebbe verificato un cambiamento nel mondo del lavoro non cosa semplice, allora il riferimento a concetti esplicativi condivisi da ampia parte della comunit scientifica dobbligo. Possiamo ricorrere a tal scopo a due fenomeni capaci di rendere conto delle cause di questa trasformazione: lavvento della globalizzazione e lo sviluppo delle ICT (Information and Communication Technology).

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Ricondurre semplicemente il cambiamento a questi due driver, senza spiegare cosa sono e come agiscono, apparirebbe tuttavia capzioso, per questo motivo di seguito si esporranno le loro principali caratteristiche. ormai unopinione ampiamente condivisa il fatto che la globalizzazione sia oggi un fenomeno evidente. I suoi effetti, come sostiene Giddens (2000), non riguardano solo i grandi sistemi, come lordine finanziario (), ma (la globalizzazione) anche un fenomeno interno, che influisce sugli aspetti intimi e personali della nostra vita. Quello che meno evidente cosa si intende per globalizzazione. Dagli anni 80 in poi la letteratura su questo tema ha vissuto una costante crescita attraverso il contributo di numerose prospettive di analisi. Definito da Giovanni Sartori come concept stretching, il fenomeno della globalizzazione racchiude al suo interno, numerose dimensioni che meritano essere analizzate. Per farsi unidea sullampiezza del concetto, basta pensare che questo fenomeno tocchi trasversalmente diversi campi come linformazione, leconomia, il lavoro, la produzione e la cultura. Data la vastit concettuale del fenomeno, lecito chiedersi se esista una definizione capace di tenere insieme tutti questi elementi. Linterpretazione prevalente a riguardo rintraccia il minimo comun denominatore nella diversa gestione degli spazi al punto che, secondo Ulrich Beck (2001), con la globalizzazione:Viene completamente rovesciato uno dei presupposti centrali della prima modernit, e cio lidea di vivere e agire negli spazi chiusi e reciprocamente delimitati dagli Stati nazionali e dalle loro corrispondenti societ.

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In tale prospettiva, secondo Giddens8, la globalizzazione si traduce in un vivere e agire sopra le distanze. Per questi motivi, la percezione comune, in larga parte quella dalla perdita dei confini nei settori dellagire quotidiano, nelle informazioni, nelleconomia e nel lavoro. Ricostruendo il dibattito tra scettici e radicali, Anthony Giddens (2000), afferma come le opinioni di entrambi gli schieramenti caschino in un errore: considerare il fenomeno solo nei suoi termini economici, la globalizzazione infatti politica, culturale e tecnologica, oltre che economica. Il concetto di globalizzazione, come sostiene Beck (2001), pu essere scomposto in diverse dimensioni: globalismo, globalit, globalizzazione. Con il primo termine si intende evidenziare lazione esercitata dal mercato mondiale nei confronti della politica. Il termine globalismo, infatti, rappresenta il dominio del mercato globale e del neoliberismo su tutte le altre istituzioni. Lideologia dominante in questa prospettiva, quella economicistica e razionale delle imprese le quali reclamano le condizioni di base con le quali possono ottimizzare i loro obiettivi (ibidem). Con il termine globalit, viceversa, si intende porre laccento sullaspetto relazionale del fenomeno. I rapporti sociali che si instaurano nellepoca globalizzata presentano caratteristiche sostanzialmente diverse da quelli precedenti e la principale peculiarit risiede nel fatto che oggi i rapporti non risultano pi integrati nella politica dello stato nazione o () da essa determinati (ibidem). Infine, il termine globalizzazione pu essere usato per descrivere il progressivo processo di logoramento subto dagli stati nazionali: la sovranit di

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Giddens A. (2011). Oltre la destra e la sinistra. Il Mulino, Bologna.

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queste

entit,

viene

oggi

continuamente

minacciata

da

attori

transnazionali, come per esempio le imprese multinazionali. Questi attori, collegandosi tra di loro in reti che oltrepassano i confini nazionali, instaurano legami in grado di influenzare e condizionare il potere esercitato dagli Stati. In questo modo, gli spazi e i legami transnazionali che si vengono a determinare acquistano crescente importanza a scapito di quelli nazionali. Come sostenuto da Giddens, la globalizzazione un fenomeno molteplice che spinge sia verso lalto trasferendo potere dalle comunit locali e dagli stati verso larena globale, ma anche verso il basso creando nuove pressioni a favore dellautonomia locale9. Per questi motivi possiamo definire la caratteristica peculiare dei processi di globalizzazione come: lestensione, densit e stabilit () delle reti di relazioni reciproche regional-globali (ibidem). Le cause che hanno determinato laffermarsi di questo fenomeno sono molteplici. Sicuramente, il crollo del muro di Berlino, cos come la fine dellUnione Sovietica, sono state due forti spinte per il consolidamento della globalizzazione. Per osservare gli effetti che tutto questo ha avuto sul mondo del lavoro, per, si prender ora in considerazione il ruolo che le imprese hanno assunto nel nuovo contesto globale. Com stato precedentemente esposto, le imprese possono essere viste come attori transnazionali che sottraggono potere agli Stati per mezzo delle relazioni che instaurano fra i confini nazionali. Tale9

Si pensi per esempio alla nascita di quelle che vengono definite citt globali. Sassen

S. (2008), Una sociologia della globalizzazione. Einaudi, Trino.

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sopravvento, consente alle imprese di riconquistare il potere di azione, finora addomesticato con gli strumenti della politica e dello Stato sociale, di un capitalismo organizzato democraticamente (Beck, 2001). Le imprese, quindi, possono sottrarre e ridistribuire tra i vari Stati in cui si trovano, e secondo le loro esigenze, capitali, tasse e posti di lavoro, esercitando un ruolo chiave, sia nellorganizzazione economica che in quella sociale. Parallelamente allo Stato, si indeboliscono di conseguenza tutti gli elementi che appartenevano agli antichi ordini sociali, come per esempio lorganizzazione socio-statale e sindacale del lavoro. Ulrich Beck (2001), individua quattro elementi capaci di spiegare il motivo per il quale le imprese internazionali acquisiscono un potere crescente con lavvento della globalizzazione. o Le imprese possono esportare posti di lavoro dove i costi e le condizioni di impiego della forza lavoro sono pi convenienti. o Grazie alle innovazioni tecnologiche e alla possibilit di creare vicinanza ovunque nel mondo, le imprese possono dividere prodotti e servizi e produrre distribuendo il lavoro in posti diversi del mondo. o Possono servirsi di Stati nazionali con condizioni fiscali e forniture infrastrutturali pi favorevoli, e scartare Stati con scarso profitto sugli investimenti. o Infine, distinguendo tra luogo di investimento, luogo di produzione, sede fiscale e sede di residenza, possono vivere

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nei luoghi pi confortevoli del mondo e pagare le tasse, o produrre, dove pi conveniente. Tutto ci si traduce in una maggiore opportunit di azione che le imprese sviluppano al di l del sistema politico (ibidem). In sintesi possono produrre sia risparmiando sul costo del lavoro (trasferendolo in luoghi con pi bassi salari) che pagando le tasse in zone vantaggiose. Laspetto che deve essere sottolineato in questa sede la massiccia conseguenza che questo comportamento ha sul mondo del lavoro, il risultato appare quasi paradossale: i profitti delle imprese crescono mentre i posti di lavoro disponibili diminuiscono. Scrive Beck Le imprese transnazionali superano se stesse con profitti da record e con un massiccio smantellamento di posti di lavoro. Nelle relazioni di fine anno i presidenti presentano profitti da capogiro, mentre i politici devono giustificare la scandalosa disoccupazione di massa. Ma le contraddizioni di questo capitalismo senza lavoro sono molteplici: i manager dei grandi gruppi industriali, nonostante sfruttino a proprio vantaggio zone geografiche con minori protezioni sociali e sindacali, rivendicano per loro diritti politici, sociali e civili. Cos facendo si trovano da una parte a trasferire intere divisioni industriali nellIndia meridionale mentre dallaltra spediscono i loro figli in universit europee dlite finanziate con soldi pubblici (ibidem). La globalizzazione pu quindi essere messa in relazione con lo smantellamento di posti di lavoro e con il conseguente trasferimento del

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lavoro in zone con salari pi bassi10. In questo modo, viene a mancare la base sulla quale si era costruita per anni la stabilit sociale. Se, come appare, il volume del lavoro salariato diminuisce rapidamente in tutti i paesi postindustriali del mondo, allora sembra pi vicino il pericolo di un capitalismo senza lavoro (Bauman, 2004) che affonda le sue radici nellopinione (illusoria) che il problema della disoccupazione sia risolvibile attraverso labbattimento del costo del lavoro. Non volendo in questa sede proporre possibili soluzioni al profilarsi di una situazione di disoccupazione generalizzata, si prender di seguito in considerazione laltro driver del cambiamento, gi in parte accennato, rappresentato dallinnovazione tecnologica. Il crescente sviluppo nel campo delle ICT che stato vissuto negli ultimi anni , infatti, un fenomeno strettamente connesso alla globalizzazione e al mutamento nel mondo del lavoro. Le ICT, com stato mostrato, sono un mezzo ampiamente usato dalle imprese sia per abbattere le distanze tra luoghi che per delocalizzare mano dopera in zone pi convenienti. Da quando, con la prima rivoluzione industriale, le tecnologie hanno fatto il loro ingresso nei luoghi del lavoro, il dibattito sugli effetti che queste possono generare stato sempre molto acceso. Oggi, quando parliamo di tecnologia, intendiamo principalmente le ICT, ossia le tecnologie dellinformazione e della comunicazione. Questo tipo di tecnologia, infatti, ha avuto negli ultimi anni un10

Tra le conseguenze che questo fenomeno porta con s, deve essere anche ricordata

la polarizzazione e la stratificazione che viene a determinarsi nella popolazione mondiale tra ricchi globalizzati e poveri localizzati (Bauman, 2004).

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incessante sviluppo e una crescente applicazione allinterno del mondo del lavoro. Il percorso che ha condotto il lavoro ad essere sempre pi influenzato dalle ICT stato tracciato dalla logica razionale e utilitaristica delle imprese, che si sono trovate a dover affrontare un mercato mondiale sempre pi competitivo. Il profitto rappresenta lo scopo principale di unimpresa e ne determina la sopravvivenza stessa, ma, raggiungere tale obiettivo in un mercato globale diventata unoperazione sempre pi difficile. Lapplicazione delle ICT allinterno dei luoghi di lavoro, ha permesso alle imprese di raggiungere alti livelli di profitti ma, come vedremo, questo fenomeno non avvenuto senza conseguenze. Il principio ispiratore alla base dellapplicazione della tecnologia al lavoro quello definito da Rifkin (1997) del paradiso tecnologico:Per pi di un secolo utopisti, sognatori, uomini di scienza e di lettere hanno avuto come riferimento un futuro nel quale le macchine avrebbero sostituito la mano dopera, creando una societ senza lavoro, di abbondanza e divertimento.

Nonostante in questo passaggio lautore non faccia riferimento alle tecnologie dellinformazione e che il testo sia stato scritto in un periodo nel quale il fenomeno di internet doveva ancora manifestarsi in tutti i suoi effetti, possiamo comunque apprendere che lapplicazione della tecnologia al lavoro sia stata interpretata da molti come favorevole. La teoria che gli economisti hanno convenzionalmente accettato, aggiunge Rifkin, afferma che le nuove tecnologie fanno esplodere la produttivit, abbassano i costi di produzione e fanno aumentare lofferta di beni a buon mercato; questo, in conseguenza, migliora il potere dacquisto, espande i mercati e genera pi occupazione.

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Dare un giudizio di valore sulla strada intrapresa non un obiettivo posto in questa sede, ci che si pu constare, invece, sono gli effetti che lo sviluppo delle ICT, e la loro applicazione nel mondo del lavoro, hanno portato. Com stato detto lingresso delle ICT nel lavoro stato condizionato dalle imprese che a seguito di processi di globalizzazione, si sono trovate a dover affrontare un mercato instabile e difficile da controllare. La principale caratteristica delle tecnologie dellinformazione risiede nella loro capacit di mettere in contatto luoghi della terra anche lontanissimi tra loro. Questa rete di relazioni che si costituisce, viene sfruttata dalle imprese al fine di dividere il lavoro, producendo in diversi luoghi del mondo. Una simile divisione globale del lavoro permette di spostare parte del processo produttivo nelle zone, generalmente definite del Sud del mondo, dove limpresa pu pagare pi bassi salari. Leffetto di tutto questo duplice: in primo luogo i paesi avanzati e postindustriali si vedono portare via larga parte dei posti di lavoro, entrando cos in un vortice di crescente disoccupazione; in secondo luogo i luoghi meta di queste delocalizzazioni vengono sfruttati da grandi gruppi industriali facendo aumentare il divario tra paesi ricchi e paesi poveri. Altro importante aspetto da tenere in considerazione quando si parla di progresso tecnologico in ambito lavorativo il concetto di labour saving, letteralmente traducibile come che fa risparmiare lavoro. La tecnologia applicata in ambito lavorativo, come abbiamo detto, ha il suo principio ispiratore nellalleviare la fatica da lavoro; ma se da una parte la tecnologia stata capace di liberare luomo da considerevoli difficolt, dallaltra lo ha progressivamente sostituito nel processo produttivo, o, come direbbe Dahrendorf (1993) la tecnologia non si

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tanto sostituita al lavoro, quanto piuttosto ha allontanato i lavoratori dai processi produttivi. Un numero crescente di fabbriche, infatti, sono capaci di produrre sempre pi prodotti e servizi, con sempre meno forza lavoro. Come scrive Rifkin (1995) Non passa giorno senza che una multinazionale dichiari al pubblico di essere diventata pi competitiva a livello globale e che i suoi profitti sono in aumento costante annunciando, allo stesso tempo, licenziamenti in massa. Come si pu costatare, gli effetti che le tecnologie, e in particolare la tecnologie dellinformazione, hanno sul lavoro sono molteplici. La loro applicazione pu determinare, infatti, un cambiamento nella forma e nei contenuti ma anche nella qualit e nella divisione del lavoro. Dare un giudizio su questi fenomeni, com stato detto, non oggetto della trattazione, ma se, come si visto, gli effetti dello sviluppo tecnologico sul lavoro sono molteplici, allora anche le opinioni in merito a ci saranno diverse. Quando si tenta di comprendere le conseguenze che un fenomeno porta con s, la prospettiva dalla quale si osserva fondamentale: in questo caso, se da una parte gli alti tassi di disoccupazione e le numerosi delocalizzazioni spaventano i lavoratori, dallaltra si deve ricordare che le ICT possono essere uno strumento sfruttato per ottenere vantaggi anche dal punto di vista del lavoratore. I primi a ricavare un vantaggio dal crescente uso che viene fatto delle ICT sono i knowledge worker ovvero i lavoratori della conoscenza. Con questa categoria si rappresenta un insieme eterogeneo di lavoratori che sono coinvolti nel cambiamento del processo produttivo: avvocati, architetti, ingegneri, informatici, pubblicitari e altri. La caratteristica che tiene insieme questa classe lavorativa, riede nel fatto che nello svolgimento della propria attivit professionale tutti

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hanno a che fare principalmente con delle informazioni, inoltre, il risultato della loro attivit lavorativa quasi sempre costituito da beni immateriali. Quella del knowledge worker quindi una categoria in netta contrapposizione alle precedenti (si pensi alloperaio fordista). Il frequente uso delle nuove tecnologie e lalta specializzazione sono due caratteristiche imprescindibili che il knowledge worke deve possedere per lo svolgimento della propria attivit. Grazie alle loro competenze individuali, e alle loro conoscenze tecniche e specialistiche, i knowledge worker riescono quindi ad assicurare un vantaggio competitivo alle aziende. Le caratteristiche possedute da questa categoria fanno si che tali soggetti siano stati capaci di sfruttare a proprio vantaggio la rivoluzione avvenuta nel campo delle ICT. Altro importante elemento che pu rappresentare un punto a favore per il lavoratore che si trova a operare in un mondo sempre pi influenzato dalle tecnologie si situa nella caratteristica principale delle ICT: la possibilit di mettere in comunicazione e creare relazioni. La capacit di formare reti di relazioni, infatti, pu intervenire in favore del lavoratore sotto diversi punti di vista. I lavoratori autonomi, per esempio, se capaci di sviluppare numerose relazioni possono entrare in contatto con pi facilit con una rete di clienti, daltra parte, un lavoratore subordinato, potrebbe avere pi facilit nel trovare, o cambiare, lavoro con una pi ampia rete di contatti. Le ICT, infatti, possono influenzare anche lincontro tra la domanda e lofferta di lavoro, non a caso, il tema di questo lavoro di tesi far perno sul concetto delle-recruitment. In conclusione, possiamo affermare che la globalizzazione e linnovazione tecnologica sono stati due elementi che hanno30

notevolmente influito nel lavoro e non solo. Il quadro che ne risulta notevolmente diverso rispetto al passato: mercato globale, esternalizzazione e knowledge worker, sono soltanto alcuni dei concetti capaci di spiegare questa trasformazione. Alla luce di quanto osservato finora, appare lecito domandarsi quali siano gli effetti che tutto ci provoca allinterno dei luoghi di lavoro. A tal proposito, il prossimo paragrafo sar finalizzato sia allanalisi dei cambiamenti dei modelli gestionali e organizzativi adottati dalle aziende, sia allapprofondimento del ruolo e delle mansioni che il lavoratore svolge durante la propria attivit.

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1.3 Processi di cambiamento nel mondo del lavoro

Dopo aver mostrato il cambiamento nel contesto entro il quale imprese e lavoratori si muovono, non resta che andare a vedere quali siano le trasformazioni che si sono verificate allinterno dei luoghi di lavoro. Per questo motivo, nelle prossime pagine, si esaminer in che modo i cambiamenti sociali ed economici hanno influenzato le modalit della prestazione lavorativa. Le dimensioni che si tenter di analizzare saranno principalmente quelle organizzative e gestionali, ciononostante, a subire un cambiamento stato anche il rapporto che lega limpresa al lavoratore, che, come esposto in precedenza, oggi sempre pi orientato alla flessibilit. A questo scopo si analizzeranno in prima battuta le principali innovazioni che hanno interessato limpresa intorno agli anni 70. Tale data pu essere presa come spartiacque nel sistema produttivo capitalistico poich, i fenomeni conseguenti alla crisi petrolifera del 1973, hanno determinato il verificarsi di uno stallo nel modello produttivo fordista. Il sistema dominante fino a quella data, basato su economie di scala e sulla grande dimensione, si trasforma, infatti, da fattore competitivo a elemento involutivo. I motivi della crisi sono rintracciabili in diversi fenomeni macroeconomici verificatesi nellultima parte del XX secolo. Come primo fattore si deve prendere in considerazione la saturazione dei mercati che ormai non sono pi in grado di assorbire beni standardizzati e di bassa qualit. In secondo luogo, le crescenti rivendicazioni sindacali e il conseguente aumento dei salari hanno determinato una caduta nella32

produttivit interna alle imprese. Infine, anche i governi hanno contribuito alla crisi tale modello, in seguito alle difficolt che hanno incontrato nel sostenere finanziariamente il sistema produttivo nazionale. Tutto questo ha determinato la necessit di un cambiamento nei sistemi di produzione. In prima battuta si tent di percorrere la strada dellautomazione, sostituendo il lavoro delle persone con quello delle macchine. Luso delle tecnologie per svolgere mansioni operative, per, non riusc a rispondere adeguatamente alle sfide che le imprese si erano trovate a dover affrontare. La fabbrica automatizzata (Della Rocca, Fortunato, 2006) appariva flessibile grazie alle macchine che potevano compiere operazioni molto complesse, ma era ancora una flessibilit statica troppo rigida e inadatta per gestire adeguatamente le frequenti variazioni dei prodotti e le anomalie del processo produttivo (ibidem). Una risposta adeguata a tale situazione problematica stata invece offerta dal Giappone e in particolare dalla casa automobilistica Toyota. Il modello adottato fu denominato sistema produttivo Toyota o sistema produttivo giapponese ma, grazie al successo ottenuto, questo nuovo modo di organizzazione del lavoro e della produzione, si afferm anche fuori dai confini nipponici. La novit introdotta da tale modello, definito anche lean production (Womack, Jones, Ross, 1990), risiede nella ridefinizione del processo produttivo e del modo di lavorare: con il sistema giapponese non pi la fabbrica a guidare la produzione di beni ma sono il mercato e la domanda che da esso proviene a stabilire le quantit da produrre; per questo motivo tale modello pu essere definito market driven. Per operare questa inversione, per, necessario intervenire sul capitale umano che, a differenza di prima, assume

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unimportanza strategica allinterno dellorganizzazione. Il ruolo dei lavoratori in questo modello passa da semplici esecutori di compiti standardizzati a lavoratori attivi, con una maggiore autonomia e partecipazione allinterno del processo produttivo. Il padre della produzione snella, Taiichi Ohono, definisce tale sistema come fabbrica a sei zeri: zero stock, zero difetti, zero tempi morti di produzione, zero conflitto, zero tempo di attesa per il cliente, zero burocrazia. Per raggiungere questi risultati il sistema si basa su due pilastri: il just in time e lautoattivazione. Il primo si riferisce al diverso metodo di approvvigionamento di materiali, caratterizzato dallassenza del magazzino; letteralmente traducibile giusto in tempo, il termine descrive come ogni attivit lavorativa deve essere alimentata con i componenti richiesti, nel tempo richiesto e nella quantit esattamente richiesta per lassemblaggio del prodotto finale (Della Rocca, Fortunato, 2006). Lautoattivazione, daltra parte, fa riferimento alla possibilit che ha il lavoratore di correggere gli errori nella catena di montaggio attraverso dei dispositivi di arresto automatico chimati poka yoke. In questo modo gli operai possono intervenire subito su un difetto evitando che lerrore si ripresenti in futuro. Per il determinarsi di comportamenti di questo genere da parte del lavoratore, fondamentale la partecipazione e il coinvolgimento al processo produttivo. Per questo motivo, con laffermarsi di tale modello, le Risorse Umane interne allazienda acquisiscono una maggiore importanza. A influire, in particolare, il modello della cooperazione che da passiva diviene attiva, guidata dalla competenza, dalla responsabilit e da un forte orientamento ai risultati (ibidem). La formazione dei lavoratori, in un simile scenario, diventa un aspetto

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centrale in quanto oltre a stabilire le funzioni preposte influisce anche sullinterazione tra i gruppi di lavoro e i supervisori tecnici. La coesione fra i vari subsistemi e la collaborazione tra individui, consente, infatti, di generare capacit di risoluzione dei problemi pi intense rispetto ad altre forme di cooperaizone (ibidem). Gli operatori che si trovano a lavorare in una impresa con queste caratteristiche, partecipano quindi pi attivamente alla produzione e, per fare questo, vengono organizzati in team. Alle squadre viene devoluta gran parte della responsabilit rispetto alla qualit del prodotto, per questo motivo i team devono agire secondo la logica del problem solving e del Total Productive Management, eseguendo costantemente controlli sulla qualit del prodotto. interessante notare come nei team i compiti e le mansioni dei lavoratori vengano completamente reinterpretate rispetto al modello fordista. Con il modello Toyota, infatti, non pi lesasperazione della parcellizzazione delle operazioni da compiere a governare il lavoro ma, il nuovo paradigma organizzativo tende a ridurre la parcellizzazione stessa, attraverso la polivalenza, in modo da favorire la crescita di esperienza e professionalit del lavoratore affinch possa dare il suo contributo () ai fini di un miglioramento continuo dei processi produttivi e delle procedure lavorative (ibidem). Nel modello giapponese, quindi, il rapporto tra limpresa e il dipendente cambia radicalmente, avviandosi verso una strada segnata dalla sempre maggiore partecipazione attiva, o come direbbe Bonazzi (2002) il coinvolgimento dei dipendenti sostituisce la divisione burocratica del lavoro. Secondo tale autore, il coinvolgimento risiede, oltre che nel gi esposto concetto di autoattivazione, in altri tre elementi: la polivalenza, la flessibilit e limpegno. Con il primo aspetto si vuole evidenziare

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labitudine a scambiarsi di posizione allinterno dei gruppi professionali, per darsi una mano in caso di difficolt. La flessibilit inerente invece alla variazione, numerica o funzionale, della struttura delle squadre di lavoro in conformit alle variazioni del flusso produttivo. Infine il miglioramento continuo, kaizen in giapponese, rappresenta la filosofia del miglioramento a piccoli passi attraverso suggerimenti, discussioni di gruppo e sperimentazioni dei possibili cambiamenti Bonazzi (2002). Come si mostrato, dalla seconda met del 900 in poi, il cambiamento nella struttura sociale ed economica di molti paesi occidentali, ha portato a delle ristrutturazioni nei processi produttivi e nel lavoro. La nascita di importanti innovazioni tecnologiche e la crescente instabilit dei mercati, ha determinato risposte a volte poco efficaci, come la fabbrica automatizzata, a volte pi risolutive, come nel caso del modello giapponese. Una delle novit pi importanti della seconda met del 900, tuttavia, laumento delloccupazione nel settore dei servizi. Il fenomeno, definibile come terziarizzazione, consiste nella diminuzione in termini di produttivit e di occupazione nel settore industriale a vantaggio di quello dei servizi. Per questo motivo, intorno agli anni 70, diversi autori cominciano a parlare di societ postindustriale, per evidenziare il superamento del settore dei servizi su quello dellindustria (dominante fino ad allora). Il pi noto tra questi autori il sociologo Daniel Bell, secondo il quale la nostra definibile come societ dei servizi (1973). Il principale agente di sviluppo di questo tipo di societ linformazione, che diventa una vera e propria risorsa come in passato lo sono state le materie prime. Lincredibile sviluppo nel

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campo delle ICT stato certamente un elemento centrale per laffermarsi di questi fenomeni ma, come sottolinea Bell, una considerevole spinta stata data da una nuova forza di produzione: la conoscenza, che si sta rapidamente trasformando nella pi importante attivit industriale. Linformazione e la conoscenza si configurano cos come due elementi capaci di influenzare sia la crescita economica che la struttura occupazionale della nuova societ poich, come sostiene Druker (1969), con la societ dellinformazione i mezzi di produzione non saranno pi il capitale, le risorse naturali, il lavoro, ma il sapere. Fanno parte del settore terziario numerose attivit come i servizi finanziari e bancari, i servizi distributivi come il trasporto, i servizi sociali o medico ospedalieri e i servizi alla persona come quelli domestici, turistici o di intrattenimento. Lo sviluppo di questo tipo di attivit ha dato vita a una serie di fenomeni in crescita come per esempio la nascita di piccole imprese, di nuovi ceti professionali e di nuovi rapporti di impiego profondamente diversi rispetto al passato. Tra i fenomeni pi importanti prodotti dalla terziarizzazione tuttavia, deve sicuramente essere menzionata la flessibilit. Secondo Reyneri (2002) lelemento sul quale si basa il vantaggio competitivo di unazienda, non pi, come in passato, la riduzione del costo unitario di produzione ma si misura con la capacit dellazienda di rispondere velocemente alle numerose variazioni del mercato. Per questo motivo, secondo lautore, si sviluppa il principio definito economia dellappropriatezza. Per far fronte in maniera appropriata alle turbolenze del mercato, si sviluppano quindi sempre pi forme di lavoro flessibile. La flessibilit generalmente definibile come una ristrutturazione del rapporto di lavoro fra impresa e lavoratore attraverso il cambiamento

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in una serie di elementi che prima connotavano il rapporto standard di lavoro a tempo indeterminato. Le aree interessate da questa ristrutturazione sono quattro: o Flessibilit produttiva. Consiste nella variazione del numero di ore lavorate, di solito conseguita attraverso il ricorso a forme a forme di lavoro part time. o Flessibilit organizzativa. Si riferisce alla possibilit di spostare il lavoratore tra diverse posizioni allinterno dellazienda o di cambiare il contenuto della prestazione. o Flessibilit in entrata e in uscita. Fa riferimento alla possibilit di variare il numero di risorse umane interne allazienda al mutare dellandamento della domanda e del flusso produttivo. Si consegue attraverso la modifica dei vincoli contrattuali che regolano la selezione in entrata e in uscita, attraverso la possibilit di stipulare contratti alternativi a quello indeterminato e con il ricorso allesternalizzazione di fasi del ciclo produttivo. o Flessibilit territoriale. la possibilit di mobilit territoriale dei dipendenti allinterno di un singolo incarico o nel passaggio da unattivit lavorativa a unaltra. Come si pu osservare, le aree sulle quali un rapporto di lavoro flessibile influisce sono molteplici e, come sottolineano Barbier e Nadel (2002), La flessibilit, imperativo economico contemporaneo, sembra oggi dare limpronta a tutte le attivit sociali. Il lavoratore quindi perde lo stereotipo, tipico del periodo fordista, del posto a tempo indeterminato, per adottare altre forme di rapporto meno stabili. Vincenzo Cesareo

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(1989) definisce il rapporto di lavoro flessibile in base a tre cambiamenti che si verificano sul fronte dellofferta. Secondo lautore il manifestarsi di rapporti flessibili determina: la maggiore autonomia del lavoratore, data dagli scarsi vincoli esterni dellattivit lavorativa; la propensione nel passaggio da unattivit allaltra; la presenza simultanea di attivit lavorative e non, diverse tra loro. Dallesposizione di tutti questi elementi si pu notare come la flessibilit sia un fenomeno strettamente legato con il processo di individualizzazione esposto in precedenza (1.1). Le ambivalenze riscontrate in tale processo, infatti, sono osservabili anche nel fenomeno della flessibilit. Se da una parte Barbier e Nadel (2003) sostengono come questo fenomeno possa restituire ai lavoratori una maggiore capacit di autorealizzazione professionale e una crescita in termini di creativit e autonomia; dallaltra Sennet (1999) sottolinea come il carattere degli individui coinvolti in rapporti flessibili verrebbe profondamente e gradualmente corroso a causa dei rischi e dei continui cambiamenti che sono costretti ad accettare. Nonostante lobiettivo di questo lavoro esuli dal dare giudizi di valore sullaffermarsi di rapporti di questo tipo, si pu comunque costatare come i risultati esposti fin qui confermano che la flessibilit sia un fenomeno ampio, capace di intervenire sia sul mondo del lavoro che sulla vita fuori dallambiente lavorativo. Dopo aver osservato gli effetti di questi cambiamenti sui lavoratori, tuttavia, la riflessione potrebbe portare a domandarsi quali siano le conseguenze sul versante del management. Nel corso del tempo, infatti, il tema del management ha assunto sempre pi importanza, in quanto, con una maggiore competizione sui mercati, con linnovazione tecnologica e organizzativa

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e con la qualit dei servizi, il contributo del lavoro diventa il fattore strategico per il successo dellimpresa (Della Rocca, Fortunato, 2006). Inoltre, a partire dagli anni 80, utile osservare come lattivit di gestione e direzione del personale abbia subito alcune modifiche sostanziali. Secondo Cocozza (2006) per comprendere il cambiamento avvenuto in tale ambito, occorre prendere sotto esame laffermarsi di quattro fenomeni: o Lo sviluppo di una partecipazione attiva dei manager di linea, alla definizione delle politiche di direzione e sviluppo delle risorse umane, in vista di una sempre pi stretta sovrapponibilit rispetto agli obiettivi aziendali. o Lutilizzo di processi comunicativi strutturati ad hoc e lo sviluppo di una leadership efficace, al fine di implementare modelli di direzione del personale capaci di trasmettere la cultura aziendale. o La diffusione di modelli di relazioni industriali pi partecipativi, basati sul rispetto reciproco delle parti e sul raggiungimento di obiettivi comuni. o Il consolidarsi delle politiche di Human Resource

Management da parte della direzione del personale, che spingono i rapporti di lavoro verso una gestione sempre pi individualizzata, a discapito della tradizionale gestione collettiva. Come sostenuto da Della Rocca Fortunato (2006), lo Human Resource Management (Hrm), diviene un modello di gestione ampiamente utilizzato, capace di gestire il cambiamento nel mondo del40

lavoro poich mette in rilievo il ruolo strategico della risorsa umana e la distingue da altre risorse, economiche, o fisiche, che consentono il successo di unattivit imprenditoriale. La direzione del personale assume quindi unimportanza strategica allinterno dellimpresa al punto tale che se nel passato il responsabile del personale non era considerato un dirigente, oggi invece questo ruolo vissuto in stretta correlazione con il successo di unimpresa. Per Bendix (1956) lelemento principale dellHrm rintracciabile nella collaborazione instaurata tra la direzione e i lavoratori. Le strategie di Hrm vengono adottate dallimpresa con lo scopo di costruire le condizioni di lavoro migliori per favorire limpegno organizzativo (organisational commitment secondo la sociologia anglosassone). Al fine di creare un ambiente che permetta di lavorare con impegno e responsabilit, la direzione adotta una serie di strategie conformi allHrm, per raggiungere questi scopi si deve: coinvolgere il lavoratore, stimolare il suo interesse verso il lavoro e creare un sistema cooperativo. Linnovazione pi significativa introdotta dallHrm, tuttavia, rappresentata dalla gestione e valorizzazione individuale della risorsa umana. Come scrivono Della Rocca, Fortunato:Mentre nel passato si perseguiva linnovazione dellorganizzazione indipendentemente dai potenziali individuali e solo successivamente si individuavano le caratteristiche di chi doveva svolgere la prestazione, le sue necessit di formazione e sviluppo, con le tecniche di Hrm si ha un capovolgimento del paradigma, per cui lo sviluppo dellindividuo che prevale sulla struttura dellorganizzazione del lavoro (2006).

Tirare le somme di quanto descritto finora non sicuramente un obbiettivo semplice, il lavoro sta vivendo un periodo di transizione e con

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questo anche tutti quegli elementi che lo hanno caratterizzato per pi di un secolo. Certamente come afferma Gallino (2001) il lavoro stabile, ben retribuito, con buone prospettive di carriera (...) destinato a diventare il privilegio di un numero limitato di eletti e questo, soprattutto in Italia, vissuto come una ferita dellesistenza. Secondo Barbieri e Mingone (2003), a tal proposito, la letteratura che analizza la transizione al postfordismo pecca di un fastidioso rimpianto per la stabilit, la sicurezza, la prevedibilit del vecchio modello di regolazione sociale. Che il cambiamento sia in corso, ormai un dato di fatto, come si potuto notare diversi elementi stanno concorrendo alla ridefinizione di un modello di lavoro e di stabilit sociale che ormai ha fatto epoca. Meno scontato, invece, appare il giudizio che si pu esprimere su questi fenomeni, le ambivalenze sono ancora molte e la situazione appare essere complessa e magmatica. Nel lavoro che segue, si scelto di tralasciare laspetto relativo al giudizio sul cambiamento, favorendo invece unanalisi degli effetti di tale trasformazione. Come si vedr in seguito, il campo di analisi stato circoscritto allattivit di reclutamento delle Risorse Umane e in particolare alle innovazioni intervenute in questo settore. Il percorso specifico del lavoro seguir una traiettoria che partendo dallanalisi dellattivit di selezione delle risorse umane porter ad un focus specifico sulla fase di reclutamento. Per raggiungere questo scopo, in primo luogo si descriveranno i motivi per i quali la selezione delle Risorse Umane ha acquisito nel corso del tempo unimportanza crescente ( 2.1), e in seguito si dedicher una parte allaccurata esposizione delle fasi di tale processo (42

2.2). Successivamente, dopo aver fornito unintroduzione su cos e come funziona il processo di reclutamento ( 2.3), si passer con il terzo capitolo, ad unanalisi specifica di tale attivit. Per fare ci si descriveranno le forme che tale funzione pu assumere ( 3.1), gli attori coinvolti in questo processo ( 3.2) e la modalit duso del classico canale di ricerca rappresentato dallinserzione ( 3.3). Oltre a ci, a conclusione del terzo capitolo ( 3.4), sar riservata una parte alla descrizione delle caratteristiche e del meccanismo di funzionamento del reclutamento attraverso il web. A tale argomento, inoltre, sar dedicata nel quarto capitolo la parte sperimentale del presente lavoro. Nello specifico, tale parte sar composta da una serie di interviste finalizzate a rilevare gli atteggiamenti e le opinioni di alcuni testimoni sul tema del reclutamento online. Infine, si prender in esame come caso rappresentativo di questo argomento, il funzionamento di unazienda leader nel settore delle-recruitment: il gruppo Monster. Per studiare tale caso, come si vedr, si proceder sia con lanalisi dei dati di scenario gi disponibili, sia attraverso unintervista ad un attore privilegiato di tale gruppo.

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2.

IL PROCESSO DI SELEZIONE

2.1

Limportanza della selezione delle risorse umane.

Dopo aver esposto i principali cambiamenti avvenuti allinterno del mondo del lavoro, si proceder ora spostando lattenzione verso il principale oggetto di analisi di questo capitolo: il processo di selezione. Per tale motivo, le pagine che seguiranno saranno dedicate a unaccurata descrizione del processo che sottost allacquisizione delle Risorse Umane in unorganizzazione. Nonostante il fatto che largomento principale del presente lavoro sia le-recruitment, la scelta di affrontare in prima battuta questo tema appare quasi obbligata poich il reclutamento rappresenta solo una fase del pi ampio processo di selezione. Secondo Gandolfi (2003) la selezione pu essere definita come:Un insieme di attivit finalizzate a garantire la copertura delle esigenze di personale, con relativa individuazione di profili, coerenti con il tipo di ruolo, mansione, attivit, professioni ricoperte e tali da permettere di realizzare una programmazione e uno sviluppo gestionale in linea con gli obiettivi fissati.

Prima di mostrare quale sia limportanza che oggi ha assunto la selezione allinterno di unorganizzazione, si deve partire dalla considerazione che non solo questa attivit, ma lintera prassi di gestione delle Risorse Umane, ha subito nel corso del tempo un processo di

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trasformazione che lha portata verso unassunzione di maggior responsabilit. La gestione delle Risorse Umane pu essere inquadrata innanzitutto come una delle principali attivit svolte dalla direzione delle risorse umane allinterno di unimpresa11. Nella maggior parte dei casi, in un organigramma aziendale, accanto a tutte le altre unit organizzative (produzione, finanza, ricerca e sviluppo), si trova rappresentata lunit di direzione delle Risorse Umane, il cui compito quello di svolgere linsieme delle attivit e delle decisioni relative alle Risorse Umane pianificate allo scopo di sostenere lorganizzazione nel raggiungimento dei suoi obiettivi (Noe, Hollenbeck, Gerhart, Wright, 2006). Le principali attivit svolte dalla direzione delle Risorse Umane si possono sinteticamente elencare come segue (ibidem): o Analisi e progettazione delle mansioni; attivit che stabilisce quali compiti devono essere associati a una specifica mansione (Job evaluation). o Pianificazione del personale; consiste nella previsione, definizione, implementazione e valutazione dei programmi dazione. o Reclutamento; processo mediante il quale lorganizzazione cerca candidati per una potenziale assunzione.

11

Come si vedr pi avanti ( 2.2), la selezione interna, ovvero quella operata

direttamente dallufficio del personale di unazienda, non lunica tipologia esistente. Essa pu anche essere affidata ad una societ intermediaria tra azienda e candidati, in quel caso si definisce selezione esterna.

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o

Selezione;

ovvero

lindividuazione

dei

soggetti

che

dispongono delle caratteristiche necessarie per contribuire al raggiungimento degli obiettivi aziendali. o Formazione e sviluppo; linsieme delle attivit per facilitare lapprendimento da parte dei dipendenti di conoscenze, competenze e comportamenti che si riconducono alle mansioni svolte. o Retribuzione; cio lamministrazione dei salari, dei stipendi e di altri sistemi premianti e incentivanti. o Gestione delle prestazioni; che consiste nel garantire congruenza fra le attivit svolte dai dipendenti e gli obiettivi aziendali (Management by Objectives). o Relazioni interne, sindacali e con il personale.

Dal modo in cui sono svolti questi compiti, si determinano i risultati aziendali, infatti, la gestione delle risorse umane:Nonostante sia nata come una funzione puramente amministrativa, considerata oggi molto pi strategica (). Oggi sembra che il modo in cui viene gestito il personale possa svolgere un ruolo cruciale sia rispetto alla creazione di valore nel lungo termine che, in ultima analisi, alla stessa sopravvivenza delle aziende (ibidem).

La spiegazione di questo, pu essere rintracciata nelle numerose trasformazioni economiche e sociali avvenute nellultimo quarto di secolo che hanno spinto le strutture aziendali verso una riorganizzazione, cercando nuovi modelli gestionali e di business per generare vantaggio competitivo in un mercato sempre pi instabile.

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Il ruolo della gestione delle Risorse Umane assume dunque un significato diverso allinterno dellimpresa, contribuendo assieme a tutte le altre funzioni, alla creazione del vantaggio competitivo. A partire dagli anni 80, come afferma Cocozza (2006), si sempre pi sviluppata la consapevolezza che il lavoratore nellimpresa rappresenti una variabile strategica, quindi non un costo da affrontare ma una risorsa sulla quale poter investire al pari delle altre (tecnologia, capitale finanziario). Come sostiene Cocco, fino ad oggi lattenzione delle imprese stata perlopi rivolta alla gestione di fattori diversi dal capitale umano (impianti, processi produttivi, clienti, finanza), leconomia dimpresa, considera solo in casi rarissimi le risorse umane come un vero e proprio capitale (2008). Oggi si assiste invece ad uninversione di tendenza, il capitale umano rientra in quelli che Itami aveva definito invisible asset (1987), cio quelle risorse intangibili come il sapere tecnologico, limmagine aziendale, le conoscenze sul mercato e sui concorrenti, che non sono facilmente quantificabili, trasferibili e acquisibili sul mercato e, pur non risultando esplicitamente come variabili strategiche del bilancio economico finanziario, hanno un enorme valore per limpresa (Cocozza, 2006). Con un concetto molto simile, Cocco (2008), sostiene che in questi ultimi tempi (), il valore delle imprese si sta progressivamente spostando dagli elementi patrimoniali tangibili a quelli intangibili, rappresentati dai goodwill12. A tal proposito Costa (1989)12

Secondo lautore il goodwill un maggior valore attribuito al patrimonio netto di

unimpresa in base a diversi elementi: qualit e persistenza della clientela, visibilit del marchio, rete di vendita, particolare know-how posseduto da alcuni operatori e altre situazioni specifiche.

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aggiunge come il rapporto fra strategie aziendali e pianificazione delle risorse umane passa da un approccio lineare e unidirezionale a un approccio interdipendente con il quale si pongono le basi per lelaborazione di una strategia integrata di direzione delle risorse umane, poich finalmente le politiche del personale non sono distinte e separate da quelle organizzative e produttive ma interagiscono con esse in modo sinergico ed interattivo. Nel 1991 Guest aveva riassunto levoluzione degli assunti di base delle politiche del personale in una tabella che appare utile riportare (tab. 1). Con questo schema lautore mette a confronto due modelli di politica del personale: il modello tradizionale, caratterizzato da una logica paternalistica e di governo della sola dimensione collettiva, e un modello nuovo, chiamato Human Resource Management, connotato da una gestione innovativa delle risorse umane, tendenzialmente individualizzata. Come si pu osservare per Guest lorientamento strategico che sta alla base della politica del personale subisce un radicale cambiamento che lo porta a passare da una logica dellacquiescenza, ad una dellimpegno reciproco tra impresa e lavoratore. Oltre alle altre dimensioni, come il contratto psicologico e la forma del controllo, rivestono un ruolo significativo le relazioni di lavoro che si instaurano tra impresa e dipendente, queste passano da una tipologia pluralista, collettiva e della scarsa fiducia tra le parti (low trust) a una monista, individuale e basata sulla fiducia (high trust). Anche i principi dellorganizzazione aziendale subiscono una trasformazione, il modello meccanico, con ruoli precisi e frammentati, e con una logica del comando fortemente centralizzata di tipo top-down, lascia spazio a un

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modello organico nel quale prevale la flessibilit e la decentralizzazione. Infine gli obiettivi aziendali non appaiono pi essere solo quelli della efficienza contabile, della minimizzazione dei costi e delle prestazioni conformi a standard, ma, le nuove politiche del personale cercano di promuovere una forza di lavoro adattiva, con prestazioni in continuo miglioramento attraverso un massimo utilizzo delle risorse, in funzione del raggiungimento di determinati risultati.Tabella 1 Modello tradizionale di politica del personale e HRM.

Variabili strategiche Orientamento Contratto psicologico Forma di controllo Relazioni di lavoro

Modello tradizionale Compliance (Acquiescenza) Un lavoro per una paga equa Esterno Pluraliste Collettive Low trust

Human Resource Management Commitment (Impegno reciproco) Impegno reciproco Interno Moniste Individuali High trust Organica

Principi di organizzazione

Meccanica

Ruoli formali/definiti Ruoli flessibili Top-down Centralizzata Obiettivi aziendali Efficienza contabile Prestazioni conformi a standard Bottom-up Decentralizzata Forza di lavoro adattiva Prestazioni in continuo miglioramento

Minimizzazione costi Massimo utilizzo risorseFonte: Guest, 1991.

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Una politica di gestione delle risorse umane cos impostata da vita a quelle che Pfeffer (1994) definisce high commitment work practies, ossia un insieme di buone prassi che, se adottate, consentono di migliorare i risultati economici di unimpresa13. Tali pratiche si concretizzano nelle seguenti impostazioni operative (Pfeffer, 1998): o o Garantire la sicurezza dellimpiego. Aumentare la selettivit degli inserimenti, utilizzando una molteplicit di criteri di selezione che riguardano non solo le competenze professionali, ma anche le caratteristiche pi profonde della psicologia delle persone. o Sperimentare soluzioni organizzative basate sul

decentramento, sul coordinamento non gerarchico e sul lavoro di gruppo. o Proporre pacchetti retributivi attraenti e generosi,

subordinandoli al raggiungimento di risultati. o Intensificare la formazione a tutti i livelli, garantendo lefficacia dei programmi attraverso il coinvolgimento sistematico degli attori del processo formativo. o Ridurre o eliminare i differenziali di status allinterno delle organizzazioni.

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La principale critica mossa a questa impostazione riassumibile nel fatto che le

prassi migliori per una certa impresa e in un certo momento possono non esserlo in differenti realt (Noe, Hollenbeck, Gerhart, Wright, 2006).

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o

Condividere e diffondere informazioni sulla situazione economico-finanziaria e sulle prospettive strategiche di impresa.

Da quanto detto finora, appare evidente come lattivit di gestione delle Risorse Umane assume unimportanza strategica nellimpresa poich, come afferma Druker (1985):Oggi lorganizzazione non pu esimersi dal provvedere ad investire sugli uomini che potranno dirigerla domani; deve insomma, rinnovare il suo capitale umano, deve valorizzare costantemente le sue risorse umane.

Cercare di isolare una singola attivit tra tutte quelle svolte per una corretta gestione del personale indubbiamente unoperazione azzardata, infatti, esse appaiono tutte strettamente collegate tra di loro. Ciononostante, se, come sostiene Gandolfi (2003), si afferma lidea secondo la quale il successo di unimpresa deriva da una superiore aggregazione di talenti individuali allora le pratiche fondamentali sulle quali investire saranno in primo luogo il reclutamento e la selezione. Su questa base, si dovranno fondere politiche formative e di sviluppo idonee ad assicurare la crescita professionale degli inseriti e la loro motivazione a rimanere con limpresa. La scelta dei collaboratori appare essere un investimento di notevole importanza per lazienda, poich, oltre a ritorni in termini di know how aggiunto, nel caso di riuscita una corretta selezione pu portare ad una riduzione dei costi di ricambio, di addestramento e di formazione del personale; mentre, nel caso in cui la selezione non raggiunga i risultati sperati, si tramuta in un semplice costo da affrontare per lazienda.

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Il compito principale di un processo di selezione quello di mettere a confronto le capacit, le attitudini, le caratteristiche fisiche e psicologiche, gli interessi e le aspirazioni degli individui esaminati con una persona standard astratta: il profilo ricercato. Al fine di raggiungere questo scopo, sono utilizzati una serie di strumenti e una metodologia tali da assicurare al processo una maggior validit, attendibilit, obiettivit e predittivit, rispetto ad una valutazione empirica ed intuitiva (ibidem). Secondo quanto riportato nel testo di Noe e colleghi (Noe, Hollenbeck, Gerhart, Wright, 2006), una corretta selezione dovrebbe essere in grado di rispettare cinque criteri fondamentali: o Attendibilit, ovvero la consistenza delle misure ottenute con uno strumento. Il grado di attendibilit corrisponde a quanto la misurazione esente da errori casuali. o Validit, cio il grado in cui la misurazione di una caratteristica consente di valutare tutti gli aspetti rilevanti, e solo quelli rilevanti, di una prestazione lavorativa. o Generalizzabilit, consiste nella trasferibilit della validit stabilita per un metodo di selezione in altri contesti. o Utilit, ovvero il grado in cui le informazioni ottenute attraverso i metodi di selezione si riflettono sui risultati economici dellorganizzazione. o Rispondenza e conformit alle normative legali vigenti.

Un importante requisito da rispettare inoltre quello di raccogliere il maggior numero possibile di informazioni poich queste determineranno

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lefficacia, nonch il costo, della selezione. Per raggiungere buoni risultati il selezionatore dovr avere numerose informazioni potenzialmente utili ai fini di una corretta scelta; in linea di massima si pu affermare che pi le informazioni saranno esaurienti e dettagliate pi la selezione sar efficace. In riferimento a ci, Fermi (2003) sottolinea come unaccurata raccolta di informazioni utile sia per capire il tipo di figura ricercata dallazienda dal punto di vista personologico sia per dare al candidato unidea dellambiente in cui si trover a lavorare nel caso la selezione si concluda positivamente. In conclusione, volendo fornire una rappresentazione sintetica del processo di selezione, si pu affermare che esso raffigurabile come un iter, articolato in diverse fasi, che partendo dal rapporto con il commitment (cio il cliente in cerca di personale) porta fino allassunzione del candidato da parte dellazienda. Secondo Gandolfi (2003) in termini schematici, la selezione si articola in tre momenti fondamentali: o o o Ricerca candidature/recruiting. Colloquio/iter selettivo. Inserimento.

La selezione quindi, non si sostanzia in un singolo momento ma, come afferma Cocozza (2006) costituita da una serie di fasi, strettamente interconnesse e poste in una logica sequenziale tra di loro. Le singole fasi costituiscono dunque lessenza stessa delliter selettivo, per questo motivo, al fine di dare una spiegazione esauriente del processo di selezione, il prossimo paragrafo sar interamente dedicato allesposizione e allanalisi delle singole fasi del processo.53

2.2

Le fasi delliter selettivo.

Liter selettivo il processo finalizzato allinserimento in azienda di tutte le figure professionali, nel rispetto dei vincoli temporali, contrattuali, qualitativi, quantitativi ed economici. Nonostante una visione superficiale di tale attivit, farebbe esaurire il suo significato semplicemente nella pratica di inserire la persona giusta nel posto giusto, lacquisizione di un dipendente da parte di unorganizzazione conserva un significato molto pi profondo. Questa pratica, infatti, si potrebbe paragonare alla creazione di una vera e propria alleanza tra una o pi persone e unorgan