e dal 1897 e 22 FEBBRAIO 2015 - La vita – Giornale ... · verso la sua seconda e defi- ......

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Anno 118 22 FEBBRAIO 2015 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 7 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 dal 1897 CONTIENE I.R. IL QUESTIONARIO DI PAPA FRANCESCO SULLA FAMIGLIA PER LE DIOCESI Ripubblichiamo le domande perché ciascuno le possa leggere e anche esprimere il proprio pensiero PAGINA 2 FORTE DISCORSO DI PAPA FRANCESCO AI CARDINALI E A TUTTA LA CHIESA Contro le tentazioni comuni PAGINA 4 IN CORSO LA RIFORMA DELLA CURIA ROMANA Il progetto, sulla linea della chiesa povera, potrà essere applicato anche a livello nazionale, diocesano e perfino parrocchiale PAGINA 5 LETTERE IN REDAZIONE PAGINA 6 L’EUROPA SOTTO CHOC Triplicato il numero dei morti fra gli immigrati; le crisi dell’Ucraina e della Grecia si allungano; dalla Libia i jihadisti minacciano direttamente l’Italia PAGINA 14-15 DOPO L’ATTENTATO IN DANIMARCA Gli ebrei francesi stanno lasciando in massa il paese PAGINA 15 l Sinodo, cioè il “comune cam- mino” sulla famiglia viaggia verso la sua seconda e defi- nitiva fase che si celebrerà nell’ottobre prossimo. Questo è il tempo dedicato alla rifles- sione e all’ascolto dell’intero popolo di Dio chiamato a pronunciarsi su un complesso di domande preparate nel documento finale di quella che può essere considerata la fase preparatoria conclusasi nell’ottobre dell’anno scor- so. Si tratta di un complesso di doman- de che spaziano da un capo all’altro della teologia e della pastorale della famiglia. L’intera chiesa, in tutte le sue componenti, è chiamata a dare il suo contributo per la soluzione di uno dei problemi più delicati e più spinosi della nostra epoca. Una consultazione generale che consacra il metodo nuovo voluto da papa Francesco che per la prima volta chiama a raccolta l’intera comunità in nome di quella correspon- sabilità e compartecipazione di tutti i fedeli nella vita e nella missione della chiesa, che passano così dalla teoria alla prassi, dall’enunciazione alla loro attuazione. Una chiamata che, se non andiamo errati, non sembra sufficien- temente onorata e corrisposta da par- te delle chiese locali e dai singoli cri- stiani. Fra dire e il fare, come sempre, c’è di mezzo il mare. Ci si lamenta di non essere presi in considerazione, ma poi, quando si è chiamati a uscire dal proprio guscio e assumersi faticosa- mente le proprie responsabilità, si pre- ferisce rimanere nella propria comoda inerzia. Naturalmente la responsabili- tà non è la stessa per tutti, ma qualcu- no dovrebbe sentirsi più direttamente in questine. Alludiamo naturalmente a coloro che, all’interno della comu- nità, occupano ai diversi livelli il mi- nistero della presidenza. Sono questi comunque i momenti più propizi per prendere in esame l’intera questione, a cui sono in particolare chiamati coloro che vivono l’esperienza matrimoniale e familiare e, più in particolare anco- ra, coloro che si trovano in situazioni irregolari. Un problema complesso e diffi- cile che ha i suoi addentellati un po’ dovunque, nella teologia, nel diritto, nella prassi pastorale, nel comune sentire dei fedeli, nella psicologia e negli stessi mezzi di comunicazione so- ciale. Possiamo richiamare la comune attenzione su alcune problematiche particolari, attualmente le più sentite da parte dell’opinione pubblica, che non di rado procede con grande super- ficialità e faciloneria verso soluzioni radicali e senza rispetto del pensiero tradizionale della chiesa, che non può non sentirsi legata dall’insegnamento del suo maestro e fondatore e dal suo bimillenario passato. Per quanto riguarda le convivenze sempre più numerose nella nostra so- cietà, i divorziati risposati anch’essi moltiplicatisi ai nostri tempi, la con- traccezione universalmente o quasi praticata nelle nostre famiglie senza che ormai si senta il bisogno di sot- toporre il proprio comportamento al sacramento della confessione, è chia- ro che bisogna procedere coi piedi di piombo, trattandosi di salvaguardare la necessità, l’indissolubilità e la san- tità del matrimonio e, insieme, di te- nere presenti le particolari condizioni spirituali dei soggetti interessati, ai quali si vuole guardare con realismo e con sentimenti di comprensione e di misericordia, tratti tipici del papa venuto dalla fine del mondo. Ora si tratta di vedere quanto questi nuovi atteggiamenti siano compatibili con le antiche convinzioni della chiesa e, in particolare, con la teologia matrimo- niale consacrata da una costante tra- dizione. Una questione tutt’altro che facile e risolvibile con poche battute. Per questo non deve meravigliare che, anche a livello gerarchico, ci siano pa- reri discordi e che la discussione si stia facendo sempre più serrata e anche più dura. Ci sarebbe da meravigliarsi dell’opposto. Ora è tempo di riflessio- ne e di preghiera a cui devono parteci- pare tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità. C’è ancora tempo per far sentire la propria opinione. Poi naturalmente verrà il momen- to della decisione e l’ultima parola spetterà al papa, la cui fedeltà e la cui sensibilità vanno per carisma e per natura di pari passo. Chi scrive spera che l’attesa non sia vana e che alcu- ne conclusioni a cui si potrà arrivare al termine di questo grande lavoro di sospensione e di ripensamento vadano nel senso già indicato nelle conclusio- ni della prima fase del Sinodo e fatte proprie da un grande teologo e pasto- re come il cardinale tedesco Walter Kasper. Senza retorica, la risposta ulti- ma la darà lo Spirito Santo, che guida dall’alto il cammino della chiesa e, come sempre nel passato, parla attra- verso i profeti. La parola finale spet- terà al magistero della chiesa, ma è proprio il caso di ricordare in momenti come questo che l’intero popolo cri- stiano è un popolo sacerdotale, profe- tico e regale. Allora, popolo di Dio, se ci sei, batti un colpo. Senza avventure scriteriate, ma anche senza chiusure fondamentalistiche, di cui sta facendo le spese anche l’amabilissimo vescovo di Roma. Giordano Frosini I Il “comune cammino” sulla famiglia

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Anno 118

22 FEBBRAIO 2015

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

7VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10

dal 1897

CONTIENE I.R.

IL QUESTIONARIODI PAPA FRANCESCO SULLA FAMIGLIA PER LE DIOCESIRipubblichiamo le domandeperché ciascuno le possaleggere e anche esprimere il proprio pensiero

PAGINA 2FORTE DISCORSODI PAPA FRANCESCO AI CARDINALI E A TUTTA LA CHIESAContro le tentazioni comuni

PAGINA 4

IN CORSO LA RIFORMA DELLA CURIA ROMANAIl progetto, sulla linea della chiesa povera, potrà essere applicato anche a livello nazionale, diocesano e perfino parrocchiale

PAGINA 5

LETTEREIN REDAZIONE

PAGINA 6L’EUROPA SOTTO CHOCTriplicato il numero dei morti fra gli immigrati; le crisi dell’Ucraina e della Grecia si allungano; dalla Libia i jihadisti minacciano direttamente l’Italia

PAGINA 14-15DOPO L’ATTENTATO IN DANIMARCA Gli ebrei francesi stanno lasciando in massa il paese

PAGINA 15

l Sinodo, cioè il “comune cam-mino” sulla famiglia viaggia verso la sua seconda e defi-nitiva fase che si celebrerà nell’ottobre prossimo. Questo è il tempo dedicato alla rifles-

sione e all’ascolto dell’intero popolo di Dio chiamato a pronunciarsi su un complesso di domande preparate nel documento finale di quella che può essere considerata la fase preparatoria conclusasi nell’ottobre dell’anno scor-so. Si tratta di un complesso di doman-de che spaziano da un capo all’altro della teologia e della pastorale della famiglia. L’intera chiesa, in tutte le sue componenti, è chiamata a dare il suo contributo per la soluzione di uno dei problemi più delicati e più spinosi della nostra epoca. Una consultazione generale che consacra il metodo nuovo voluto da papa Francesco che per la prima volta chiama a raccolta l’intera comunità in nome di quella correspon-sabilità e compartecipazione di tutti i fedeli nella vita e nella missione della chiesa, che passano così dalla teoria alla prassi, dall’enunciazione alla loro attuazione. Una chiamata che, se non andiamo errati, non sembra sufficien-temente onorata e corrisposta da par-te delle chiese locali e dai singoli cri-stiani. Fra dire e il fare, come sempre, c’è di mezzo il mare. Ci si lamenta di non essere presi in considerazione, ma poi, quando si è chiamati a uscire dal proprio guscio e assumersi faticosa-mente le proprie responsabilità, si pre-ferisce rimanere nella propria comoda inerzia. Naturalmente la responsabili-tà non è la stessa per tutti, ma qualcu-no dovrebbe sentirsi più direttamente in questine. Alludiamo naturalmente a coloro che, all’interno della comu-nità, occupano ai diversi livelli il mi-

nistero della presidenza. Sono questi comunque i momenti più propizi per prendere in esame l’intera questione, a cui sono in particolare chiamati coloro che vivono l’esperienza matrimoniale e familiare e, più in particolare anco-ra, coloro che si trovano in situazioni irregolari.

Un problema complesso e diffi-cile che ha i suoi addentellati un po’ dovunque, nella teologia, nel diritto, nella prassi pastorale, nel comune sentire dei fedeli, nella psicologia e negli stessi mezzi di comunicazione so-ciale. Possiamo richiamare la comune attenzione su alcune problematiche particolari, attualmente le più sentite da parte dell’opinione pubblica, che non di rado procede con grande super-ficialità e faciloneria verso soluzioni radicali e senza rispetto del pensiero tradizionale della chiesa, che non può non sentirsi legata dall’insegnamento del suo maestro e fondatore e dal suo bimillenario passato.

Per quanto riguarda le convivenze sempre più numerose nella nostra so-cietà, i divorziati risposati anch’essi moltiplicatisi ai nostri tempi, la con-traccezione universalmente o quasi praticata nelle nostre famiglie senza che ormai si senta il bisogno di sot-toporre il proprio comportamento al sacramento della confessione, è chia-ro che bisogna procedere coi piedi di piombo, trattandosi di salvaguardare la necessità, l’indissolubilità e la san-tità del matrimonio e, insieme, di te-nere presenti le particolari condizioni spirituali dei soggetti interessati, ai quali si vuole guardare con realismo e con sentimenti di comprensione e di misericordia, tratti tipici del papa venuto dalla fine del mondo. Ora si tratta di vedere quanto questi nuovi

atteggiamenti siano compatibili con le antiche convinzioni della chiesa e, in particolare, con la teologia matrimo-niale consacrata da una costante tra-dizione. Una questione tutt’altro che facile e risolvibile con poche battute. Per questo non deve meravigliare che, anche a livello gerarchico, ci siano pa-reri discordi e che la discussione si stia facendo sempre più serrata e anche più dura. Ci sarebbe da meravigliarsi dell’opposto. Ora è tempo di riflessio-ne e di preghiera a cui devono parteci-pare tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità. C’è ancora tempo per far sentire la propria opinione.

Poi naturalmente verrà il momen-to della decisione e l’ultima parola spetterà al papa, la cui fedeltà e la cui sensibilità vanno per carisma e per natura di pari passo. Chi scrive spera che l’attesa non sia vana e che alcu-ne conclusioni a cui si potrà arrivare al termine di questo grande lavoro di sospensione e di ripensamento vadano nel senso già indicato nelle conclusio-ni della prima fase del Sinodo e fatte proprie da un grande teologo e pasto-re come il cardinale tedesco Walter Kasper. Senza retorica, la risposta ulti-ma la darà lo Spirito Santo, che guida dall’alto il cammino della chiesa e, come sempre nel passato, parla attra-verso i profeti. La parola finale spet-terà al magistero della chiesa, ma è proprio il caso di ricordare in momenti come questo che l’intero popolo cri-stiano è un popolo sacerdotale, profe-tico e regale. Allora, popolo di Dio, se ci sei, batti un colpo. Senza avventure scriteriate, ma anche senza chiusure fondamentalistiche, di cui sta facendo le spese anche l’amabilissimo vescovo di Roma.

Giordano Frosini

I

Il “comunecammino”

sulla famiglia

2 n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVitaprimo piano

Sulla diffuSione della SacraScrittura e delMagiStero della chieSa riguardante la faMigliaa) Qual è la reale conoscenza

degli insegnamenti della Bibbia, della “Gaudium et Spes”, della “Familiaris Consortio” e di altri documenti del Magistero postconcilare sul valore della famiglia secondo la Chiesa Cattolica? Come i nostri fedeli vengono formati alla vita fami-liare secondo l’insegnamento della Chiesa?

b) Dove l’insegnamento della Chiesa è conosciuto, è integral-mente accettato? Si verificano difficoltà nel metterlo in prati-ca? Quali?

c) Come l’insegnamento della Chiesa viene diffuso nel con-testo dei programmi pastorali a livello nazionale, diocesano e parrocchiale? Quale catechesi si fa sulla famiglia?

d) In quale misura – e in parti-colari su quali aspetti – tale insegnamento è realmente conosciuto, accettato, rifiutato e/o criticato in ambienti extra ecclesiali? Quali sono i fattori culturali che ostacolano la pie-na ricezione dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia?

Sul MatriMonio Secondo la legge naturalea) Quale posto occupa il concetto

di legge naturale nella cultura civile, sia a livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare? Quali visioni dell’antropologia sono sottese a questo dibattito sul fonda-mento naturale della famiglia?

b) Il concetto di legge naturale in relazione all’unione tra l’uomo e la donna è comunemente ac-cettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale?

c) Come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge na-turale sull’unione tra l’uomo e la donna in vista della formazio-ne di una famiglia? Come viene proposta e approfondita negli organismi civili ed ecclesiali?

d) Se richiedono la celebrazione del matrimonio battezzati non praticanti o che si dichiarino non credenti, come affrontare le sfide pastorali che ne conse-guono?

la paStoraledella faMiglia el conteStodell’evangelizzazio-nea) Quali sono le esperienze nate

negli ultimi decenni in ordine alla preparazione al matri-monio? Come si è cercato di stimolare il compito di evan-gelizzazione degli sposi e della famiglia? Come promuovere la coscienza della famiglia come “Chiesa domestica”?

b) Si è riusciti a proporre stili di preghiera in famiglia che riesca-no a resistere alla complessità della vita e della cultura attuale?

c) Nell’attuale situazione di crisi tra le generazioni, come le fa-miglie cristiane hanno saputo

della trasmissione della fede?

Sull’educazione dei figli in Seno alleSituazionidi MatriMoniirregolaria) Qual è in questi casi la pro-

porzione stimata di bambini e adolescenti in relazione ai bam-bini nati e cresciuti in famiglie regolarmente costituite?

b) Con quale atteggiamento i ge-nitori si rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono? Solo i sa-cramenti o anche la catechesi e l’insegnamento in generale della religione?

c) Come le Chiese particolari vanno incontro alla necessità dei genitori di questi bambini di offrire un’educazione cristiana ai propri figli?

d) Come si svolge la pratica sa-cramentale in questi casi: la preparazione, l’amministrazione del sacramento e l’accompa-gnamento?

Sull’apertura degli SpoSi alla vitaa) Qual è la reale conoscenza che

i cristiani hanno della dottrina della Humanae vitae sulla pa-ternità responsabile? Quale co-scienza si ha della valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite? Quali approfondimenti potrebbero essere suggeriti in materia dal punto di vista pastorale?

b) È accettata tale dottrina mo-rale? Quali sono gli aspetti più problematici che rendono difficoltosa l’accettazione nella grande maggioranza delle cop-pie?

c) Quali metodi naturali vengono promossi da parte delle Chiese particolari per aiutare i coniugi a mettere in pratica la dottrina dell’Humanae vitae?

d) Qual è l’esperienza riguardo a questo tema nella prassi del sacramento della penitenza e nella partecipazione all’eucari-stia?

e) Quali contrasti si evidenziano tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile al riguardo?

f) Come promuovere una men-talità maggiormente aperta alla natalità? Come favorire la cre-scita delle nascite?

Sul rapporto tra la faMiglia e perSonaa) Gesù Cristo rivela il mistero

e la vocazione dell’uomo: la famiglia è un luogo privilegiato perché questo avvenga?

b) Quali situazioni critiche della famiglia nel mondo odierno possono diventare un ostacolo all’incontro della persona con Cristo?

c) In quale misura le crisi di fede che le persone possono at-traversare incidono nella vita familiare?

altre Sfidee propoSte Ci sono altre sfide e proposte

riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come urgenti o utili da parte dei destinatari?

realizzare la propria vocazione di trasmissione della fede?

d) In che modo le Chiese locali e i movimenti di spiritualità familia-re hanno saputo creare percor-si esemplari?

e) Qual è l’apporto specifico che coppie e famiglie sono riuscite a dare in ordine alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi?

f) Quale attenzione pastorale la Chiesa ha mostrato per soste-nere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?

Sulla paStorale per far fronte adalcune Situazioni MatriMonialidifficilia) La convivenza ad experimentum

è una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?

b) Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né re-ligioso né civile? Vi sono dati statistici affidabili?

c) I separati e i divorziati risposati

sono una realtà pastorale rile-vante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente? Come si fa fronte a questa realtà at-traverso programmi pastorali adatti?

d) In tutti questi casi: come vivono i battezzati la loro irregolarità? Ne sono consapevoli? Manife-stano semplicemente indiffe-renza? Si sentono emarginati e vivono con sofferenza l’impossi-bilità di ricevere i sacramenti?

e) Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposi-to dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione? Tra le persone che si trovano in que-ste situazioni, quante chiedono questi sacramenti?

f) Lo snellimento della prassi canonica in ordine al ricono-scimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale con-tributo positivo alla soluzione delle problematiche delle per-sone coinvolte? Se sì, in quali forme?

g) Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come

si svolge tale attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene annunciata a sepa-rati e divorziati risposati la mi-sericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro cammino di fede?

Sulle unioni di perSone delloSteSSo SeSSoa) Esiste nel vostro paese una leg-

ge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?

b) Quale è l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato civile promo-tore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione?

c) Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni?

d) Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini come com-portarsi pastoralmente in vista

Il questionariodi Papa Francesco

sulla famigliaper le diocesi

Le seguenti domande, rivolte a tutti i cristiani dalla primasessione del Sinodo, sono ancora oggetto di riflessione e di

discussione per tutte le comunità. Ognuno dovrebbe sentire il bisogno di esprimere il proprio pensiero

322 FEBBRAIO 2015 n. 7VitaLa

ero d’avorio, pensieri sull’arte, di Lorenzo Via-ni (Viareggio, 1° novem-bre 1882 – Roma, 2

novembre 1936), tratti da lettere, taccuini e articoli dell’artista. Questo il titolo del volumetto n. 70 della collana “iquadernidiviadel-vento”, (pagine 36, euro 4), curata da Fabrizio Zollo, dato alle stampe per conto delle Edizioni Via del Ven-to, piccola ma prestigiosa casa edi-trice pistoiese che da alcuni anni propone, agli appassionati bibliofili, testi inediti e rari del Novecento.Duemila gli esemplari numerati, impressi su carta avorio, per i tipi della Stamperia Elle Emme di Pie-ve a Nievole (Pistoia).A pagina 2, una bella foto in bian-co e nero di Lorenzo nel 1907 circa, mentre in copertina è ripro-dotta una sua opera del 1914-16, Anarchico, china e matita su carta, cm. 31,5x22.Altre sette opere sono riprodotte

qua e là nel libretto, mentre la ricca biografia è corredata da nu-merose foto che ritraggono Viani in vari momenti della sua vita.“Un volumetto che vuole essere un minuscolo tassello nella vasta bibliografia sul Viani e che intende tener comunque accesa l’attenzio-ne sull’assoluto rilievo dell’opera del controverso artista e scrittore”, sottolinea Fabrizio Zollo.“L’arte per me è la esaltazione della impossibilità della rivolta, della eccessività e, se volete, della follia. Visitando l’opera mia, per meglio penetrarne l’intimo spirito è necessario sapere l’identità effettiva di anima che io sento di aver coi vagabondi e coi deplacé; la comunanza di vita che io ò col popolo, – scrive Viani – il quale mi espresse dalle sue viscere e da cui non mi sono mai, mai staccato; perché col popolo e in mezzo al popolo io vivo e vivendo creo con amore i miei eroi”.

E ancora, pensieri, in ordine sparso, sull’arte: “L’arte deve astrarre dal vero tangibile”, “L’arte è come il sole – come un grande sole. Chi osa fissarvi lo sguardo, se i suoi oc-chi non sono saldi come una pietra brillante rimane come avvolto in una tenebra luminosa”, “L’arte è rivelazione chiara dell’anima uma-na, essa deve sgorgare limpida e irrefrenabile dal nostro cuore come il pianto, come il riso”, “L’arte à il suo paradiso e il suo inferno. Non à purgatorio. Nelle sue leggi non ci sono espiazioni né perdono. O vi assume alla sua gloria o vi getta nella perdizione”, “L’arte è una se-rie di difficoltà superate”…“E’ difficilmente confutabile che Viani sia l’unico vero pittore espres-sionista italiano, il più coerente nel suo intero percorso artistico – evidenzia Zollo nella nota al testo – . Un espressionismo che al contrario non coinvolse in maniera totalizzante altre personalità, quali

il veneto Gino Rossi, il pugliese Emilio Notte, il calabrese Umberto Boccioni. In campo letterario inve-ce, non solo potremmo ravvisare un espressionismo in più autori italiani (Dossi, Campana, Boine, Tozzi, Jahier ed altri), ma verrebbe da pensare che la prosa di Viani, scrittore sicuramente di spessore, sia non tanto riconoscibile ai ca-noni di questa categoria stilistica, cioè a quelli di un’esasperazione dei contrasti lessicali e di marcata ‘deformazione’ linguistica, quanto piuttosto ad un suo personalissimo stilema dell’eccesso e di ‘inventiva’ linguistica”.La collana quadrimestrale di prosa “iquadernidiviadelvento” è in distribuzione presso le migliori librerie e si può ricevere anche in abbonamento annuale mentre, per maggiori informazioni e curiosità sulla casa editrice pistoiese, è atti-vo il sito internet all’indirizzo www.viadelvento.it.

I QUADERNI DI VIA DEL VENTO

Nero d’avorio, pensieri sull’artedi Franco Benesperi

N

Quel tempoNon vivo di ricordima quando muore il giornola memoria del passatomi prende per manoe non reagisco...Così attraverso il mio universo

che fu...Giovanni Burchietti

PoetiContemporanei

cultura

NEL 750° ANNO DALLA NASCITA

Dante e noiuanto l’Alighieri sia im-portante per la storia della letteratura non c’è bisogno di ribadirlo. Or-

mai è storia nota che il poeta fio-rentino, dopo aver conosciuto nei secoli rinascimentali, nel Barocco e per tutta l’epoca illuminista, una fortuna assai minore rispetto al corregionale Petrarca, ha riacquisi-to, fin dall’età romantica, un prima-to che non si può non attribuirgli, per genio poetico, innovazione stilistica, potenza immaginifica -so-prattutto nella Commedia. Anche i petrarchisti più ortodossi, spesso inclini a prostrarsi ai dogmi bem-beschi, devoti a un purismo non di rado sconfinante nel manierismo (se è sorta, a un certo momento, la corrente antipetrarchista ci sarà pure un motivo!!), sono oggi pro-pensi a dedicarsi a studi danteschi: si veda il caso eclatante del Santa-gata, emerito professore di Lette-ratura all’Università di Pisa, che da qualche tempo ha spostato la sua attenzione sull’artista fiorentino dopo decenni dedicati -in proficua competizione con Rosanna Bettari-ni- al grande poeta aretino. Si citino ancora il Gorni, la Chiavacci Leo-nardi, il Malato, lo stesso Sermonti, lettore filologicamente impeccabile del Poeta ma anche commentatore arguto, e soprattutto la recente ristampa (costosissima) di molti saggi di Francesco Mazzoni, dopo il Barbi (pistoiese, Deo gratias) il più insigne dantista italiano del ‘900. Mettiamoci anche il popolarissimo Benigni ed è fatta. Insomma, stiamo parlando di una ulteriore, semmai ce ne fosse stato bisogno, “Dante Renaissance”, e gli ultimi tristissimi fatti di Parigi non hanno fatto altro che riproporre l’immensa attualità del poema dantesco. Adesso infatti tutti parlano di quel XXVIII canto dell’Inferno, misconosciuto fino a un mese fa anche ai lettori più assidui e persino oscurato, in mol-teplici traduzioni, da valentissimi traduttori, esegeti ed editori di

Qmatrice islamica. Il perchè è presto detto: nei versi di questo canto Maometto e il genero Alì sono turpemente mutilati -proprio divisi a metà “infin dove si trulla”, ov-vero fino all’ano- proprio perchè, obbedendo a una legge del con-trappasso qui forgiata per analogia, debbono scontare eternamente la colpa di essere stati seminatori di scismi, cioè di aver creato una reli-gione in grado di potersi opporre a quella cristiana e di costituirne una pericolosa rivale. La storia, recente e meno recente, ahinoi, gli ha dato ragione. Ma su questo spinoso pro-blema non voglio aggiungere nulla. Voglio invece tentare di spiegare, in poche righe, come mai anche il let-tore più svogliato e sprovveduto -e la scuola ne è piena- senta Dante profondamente vicino, a patto che, naturalmente, glielo si porga nella maniera adatta. Per conto mio, ad esempio, nulla di più sbagliato dell’attualizzazione dell’autore ai nostri giorni: ciò, se è vero per qualsiasi scrittore, il quale, per una dignitosa fruizione e valida com-prensione, deve essere calato sem-pre nel proprio contesto storico-sociale, lo è a maggior ragione per Dante, uomo medievale fin nelle midolla ma intellettualmente pro-iettato in avanti, fiorentino innamo-rato della propria terra natìa ma disgustato dalla politica della sua stessa città, cristiano intimamente rispettoso dei Vangeli e del Cristo ma anche mosso da uno spirito reazionario e contestatario nei confronti di una Chiesa corrotta e licenziosa, guidata da personaggi di dubbio valore, su tutti l’odiatissimo Bonifacio VIII. Ecco la questione. Dante è un uomo profondamente diviso, come Petrarca, ma molto

di Francesco Sgarano

umano? Lo stesso dicasi per l’epi-sodio -commovente- di Brunetto Latini, padre spirituale e maestro di Dante che, nonostante sia punito tra i sodomiti, martoriato da un fuoco incessante, chiama più volte Dante “figlio”, il quale, a sua volta, lo definisce “padre”? Dante vive le sue esperienze con tutto se stesso, rendendoci partecipi di tutti suoi pensieri, compreso quello che gli ha causato per tutta la vita “il mag-gior digiuno”: come mai coloro che sono nati prima di Cristo, come la guida Virgilio, debbono esser co-stretti alla dannazione eterna per colpe non loro, anche quando le loro esistenze sono state impron-tate a saldi principi morali e mosse da sentimenti autentici di giustizia e bontà?

Dante non è stato solo il più grande verseggiatore della storia della letteratura, un’inventore lin-guistico eccezionale (De Mauro ha dimostrato che circa il 60% dei lemmi usati da Dante non erano prima di lui attestati nella lingua italiana), un conoscitore enciclo-pedico della cultura medievale, un drammaturgo straordinariamente capace di mettere in atto le più ardite strategie teatrali. Dante è indispensabile perchè ci stimola a riflettere, Dante ci insegna cos’è la vita, spesso una girandola incom-prensibile e ingestibile di fatti e azioni non sempre governabili dalla nostra volontà. Ciò che ci salva, sembra dirci, è non solo la fede in Dio -trasparente negli incessanti riferimenti ai testi sacri e alla grazia divina- ma, soprattutto, la fede in noi stessi. Solo guardando dentro di noi, senza censure e senza ten-tazioni autoassolutorie, possiamo far chiarezza su quello che siamo e quello che vogliamo. Questa è la via che porta alla felicità terrena, non una felicità da film americano ma una serenità interiore che po-trà farci superare anche i momenti più difficili. E’ per questo che non smette di commuovermi la dichia-razione di un poeta cecoslovacco -di cui non ricordo purtroppo il nome- che ha dato -più di tanti studi che stipano biblioteche in-tere- il commento più prezioso all’opera dantesca :-Quando c’era la dittatura e ogni barlume di spe-ranza nel futuro sembrava perduto, un editore mi chiese di tradurre la “Divina Commedia”. Ogni gior-no mi svegliavo alle cinque e mi immergevo nella traduzione di quei versi meravigliosi per tutta la giornata. Alla fine, tutte le sere, stremato dalla stanchezza, sentivo di possedere una luce nuova che mi permetteva di continuare a guardare avanti. Dante mi ha salva-to la vita-.

più onesto e limpido nel confes-sare le sue debolezze. L’ha detto Evtucenko, grande poeta russo, qualche anno fa: “il vero poeta non deve celare nulla di sé, deve essere completamente nudo di fronte al lettore”. Dante ha anticipato que-sto meraviglioso assunto di circa sette secoli. E’ grandioso vedere come si concentrino in lui le no-stre stesse mancanze, le nostre stesse paure. Solo che lui ha saputo raccontarcelo meglio di ogni altro, rendendoci protagonisti del suo viaggio oltremondano, perchè nel Dante viator -così come lo ha de-finito il Singleton- ci nascondiamo noi stessi che, per capire il nostro più intimo Io, per purificarci, com-piamo il percorso triplice nel regno di Dio. Dante che all’inizio, spaven-tato dalle tre fiere, non sa se intra-

prendere il cammino per la valle, non siamo forse noi alle prese coi nostri dubbi quotidiani? L’amore assoluto per Beatrice, ma traviato dalle passioni terrene -cosa che gli garantirà un’aspra rampogna proprio da Beatrice stessa nel XXX° del Purgatorio- non è forse l’emblema dei nostri sentimenti, tendenti verso l’alto ma spesso e volentieri macchiati da mire più basse? Il fatto che il suo “primo amico” Guido Cavalcanti fosse stato esiliato anche per colpa sua, visto che Dante, in veste di priore, aveva firmato un documento per il suo allontanamento da Firenze, e che di ciò il poeta si penta chiara-mente nel canto di Farinata, dove resta indimenticabile il fulmineo incontro con Cavalcante, il padre di Guido, non ce lo rende forse più

4 n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVitaattualità ecclesiale

omincia con un abbraccio, esattamente come un anno fa, il 22 febbraio 2014, il secondo Concistoro di Papa

Francesco. Quando i cardinali hanno fat-to il loro ingresso nella basilica vaticana - una decina di minuti prima delle undici - hanno trovato una sorpresa: il Papa emerito era già alla fine della navata, ad attenderli. Ha salutato molti di loro, a partire dal cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, con il quale ha parlato sorridendogli e stringendogli le mani. Poi Benedetto è andato a sedersi all’estrema sinistra della prima fila (guardando l’altare), nella parte riservata ai cardinali vescovi. Alle 11 in punto, l’incontro e il saluto tra Papa Benedetto e Papa Francesco, che chiudeva la fila delle porpore. A quel punto il Papa emerito si è alza-to per andare a stringere le mani a Francesco sorridendo come tra vecchi amici. Nell’omelia - dieci minuti in tutto senza nessuna aggiunta a braccio - Papa Francesco ha scelto l’inno alla carità della Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi come “Magna Charta” per i nuovi porporati a cui subito dopo ha imposto la berretta, consegnato l’anello e assegnato titoli e diaconie: erano pre-senti 19 nuovi cardinali su 20, perché il cardinale Pimiento, 96 anni, ha chiesto di poter ricevere la berretta in Colom-bia. Alle nuove porpore Francesco ha spiegato il senso della “magnanimità” come “sinonimo di cattolicità”, capaci-tà di “amare senza confini, ma fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti”. Ha citato sant’Ignazio per evocare la necessità di “amare le piccole cose nell’orizzonte delle grandi” e ha sintetizzato il “programma di vita” dei cardinali nell’essere “incardinati e docili”. Arrabbiarsi sì, ma il rancore mai, “non è accettabile nell’uomo di Chiesa”, che non è mai “auto-centrato”, non cerca “il proprio interesse”, ma ha “un forte senso della giustizia”.

il cardinalato non è “onorificenza”

“Quella cardinalizia è certamente una dignità, ma non è onorifica”. Sono le prime parole del Papa, nell’omelia del Concistoro. “Lo dice già il nome - cardi-nale - che evoca il cardine”, ha spiegato Francesco, “dunque non qualcosa di accessorio, di decorativo, che faccia pen-sare a una onorificenza, ma un perno, un punto di appoggio e di movimento essenziale per la vita della comunità”. “Nella Chiesa ogni presidenza proviene dalla carità, deve esercitarsi nella carità e ha come fine la carità”.

MagnaniMità è “aMare Senza confini”

“Quanto più si allarga la respon-sabilità nel servizio alla Chiesa, tanto più deve allargarsi il cuore”. È l’invito del Papa, che a partire dalle parole di

NUOVI VERTICI PER RETINOPERA

Inclusione dei poverie dialogo sociale Confermato l’obiettivo principale: “Favorire la conoscenza

della dottrina sociale della Chiesa e la sua attuazione”di Francesco Rossi

scoltare le diverse realtà che fanno parte di Reti-nopera affinché le linee programmatiche che si

andranno delineando non siano il “discorso di un solista”, ma un impe-gno comune e condiviso. Così Franco Miano, già presidente dell’Azione Cattolica e neo-coordinatore di Reti-nopera, intende il suo nuovo compito. “Retinopera è un coordinamento, e dunque il mio primo intento è procedere assieme alle organizza-zioni che ne fanno parte”, esordisce intervistato a pochi giorni dalla sua nomina, avvenuta il 12 febbraio per opera del nuovo Consiglio direttivo. Il direttivo, nella medesima seduta, ha confermato Vincenzo Conso (segre-tario generale dell’Icra-International Catholic Rural Association) nel ruolo di segretario e, come membri del Comitato esecutivo, ha scelto Gen-naro Iorio (Umanità Nuova-Focolari), Marco Fornasiero (presidente nazio-nale Fuci), Sonia Mondin (presidente nazionale Masci), Gianfranco Cattai (presidente Focsiv) e Gianni Bottalico (presidente nazionale Acli).

Professor Miano, quale ruolo pubblico può avere Retinopera nell’attuale contesto sociale ed eccle-siale?“L’impegno del nostro coordinamento va nella direzione di valorizzare i ca-rismi e le risorse delle organizzazioni che vi fanno parte per offrire una ‘vita buona’, intesa in questo caso come la vita di una società che deve avere condizioni adeguate per il bene di tutti. Gli elementi programmatici del nostro cammino futuro dovranno scaturire da una condivisione con tutto il Consiglio direttivo che proprio

adesso comincia. Retinopera non può rispondere ai suoi scopi attraverso il discorso di un solista, ma insieme”.

E quali sono questi scopi?“L’obiettivo principale è favorire la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa e la sua attuazione, partendo da quelle esperienze di formazione sociale, culturale e politica che già mettono in atto le singole organizzazioni. Essere un coordina-mento significa mettere innanzitutto in rete queste realtà, fare sistema per animare la responsabilità del laicato cattolico e organizzare occasioni di conoscenza e supporto reciproci”.

No, quindi, al “campanili-smo” da parte delle realtà che si riconoscono in questo coordinamento?“Retinopera è una sfida, chiede di superare forme d’individualismo intraecclesiale per creare nuovi modi di camminare insieme. Questo vuol dire valorizzare la pluralità dei cari-smi e, al tempo stesso, ritrovarsi nelle grandi direttrici dell’impegno politico e sociale dei cattolici, nelle ispirazioni di fondo ma anche nella capacità di mettere in evidenza quel bene di cui sono portatori associazioni, gruppi e movimenti”.

In questo camminare in-sieme c’è spazio anche per altre realtà, in particolare quelle nate per fare rete (Forum associazioni fami-liari, Scienza & Vita, Co-percom)?“Certamente, nessuno è escluso. Non può mancare un rapporto con il per-corso delle Settimane Sociali, con la pastorale sociale, come pure con tutte quelle reti che sono legate all’ambito ecclesiale o ad esso ispirate”.

Quali criteri hanno guidato la nomina del nuovo Comi-tato esecutivo? Rispecchia, a suo avviso, la pluralità dei carismi delle realtà che compongono Retinopera?“Il Comitato esecutivo è stato eletto unanimemente e sicuramente rispec-chia le diverse sensibilità presenti dentro a Retinopera. Vi sono movi-menti di carattere più intraecclesiale, altri con una connotazione maggior-mente sociale. Questo è l’elemento di pluralità più importante per una buona riuscita del cammino”.

Come porsi rispetto a un impegno politico in un tem-po in cui è massima la di-stanza dei cittadini dalla

politica? Quale posizione può assumere Retinopera? “I primi riferimenti per la nostra azione li traiamo dal magistero di Papa Francesco, in particolare dalla ‘Evangelii Gaudium’ e, nello specifico, dal capitolo dedicato alla dimensio-ne sociale dell’evangelizzare. Lì si enunciano questioni che hanno un fortissimo valore politico: ‘L’inclusione sociale dei poveri’, ‘il bene comune e la pace sociale’, ‘il dialogo sociale come contributo per la pace’. Sono aspetti che il Papa mette in evidenza e hanno a che fare con profili morali, etici, economici, culturali e pure politici. Secondo riferimento è il cammino della Chiesa italiana: ci stiamo av-vicinando al Convegno ecclesiale di Firenze, ma nel quadro più generale di un percorso che sta vedendo questo decennio impegnato nel ribadire la centralità dell’educazione, ricono-scendo la necessità di educare anche alla politica, alla cittadinanza attiva e responsabile, all’impegno sociale. Infi-ne, l’importanza dei territori. Il valore aggiunto delle nostre aggregazioni è proprio la presenza sul territorio, e partire dai territori è una presa di posizione sociale e politica: significa valorizzare istanze di partecipazione, più vicine alla vita della gente”.

A

Papa Francesco ha scelto l’inno alla carità dellaPrima Lettera di sanPaolo ai Corinzi come “Magna Charta” per i

nuovi porporati. “Quella cardinalizia è

certamente una dignità, ma non è onorifica”.

Dunque, “un cardine, un perno, un punto di

appoggio” per la vitadella comunità

di M. Michela Nicolais

AI NUOVI CARDINALI

Sempre pronti ad amare“senza confini”

C

san Paolo ha spiegato: “Magnanimità è sinonimo di cattolicità”: “È saper amare senza confini, ma nello stesso tempo fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti”. “Amare ciò che è gran-de senza trascurare ciò che è piccolo; amare le piccole cose nell’orizzonte delle grandi”, ha aggiunto citando una massima di sant’Ignazio. “Saper amare con gesti benevoli”, l’altra indicazione

ai porporati, perché “benevolenza è l’intenzione ferma e costante di volere il bene sempre e per tutti, anche per quelli che non ci vogliono bene”.

la “tentazione”dell’invidia e dell’orgoglio

Neanche “le dignità ecclesiastiche sono immuni” dalla “tentazione” dell’in-

vidia, della vanità, dell’orgoglio. Quando ha citato il passo di Paolo che dice che la carità “non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio”, il Papa lo ha definito “un miracolo della carità”, “per-ché noi esseri umani – tutti, e in ogni età della vita – siamo inclinati all’invidia e all’orgoglio dalla nostra natura ferita dal peccato”.

“chi è auto-centratocerca il propriointereSSe”

“Chi vive nella carità è de-centrato da sé”. È il ritratto del cardinale offerto ai nuovi porporati dal Papa: “Chi è auto-centrato manca inevitabilmente di rispetto, e spesso non se ne accorge. Cer-ca inevitabilmente il proprio interesse, e gli sembra che questo sia normale, quasi doveroso”. A volte, questo “interesse” può anche essere “ammantato di nobili rivestimenti, ma sotto sotto è sempre il ‘proprio’ interesse”.

arrabbiarSi Sì, rancore Mai

“Se pure si può scusare un’arrab-biatura momentanea e subito sbollita, non altrettanto per il rancore. Dio ce ne scampi e liberi!”. Nell’omelia al

Concistoro, il Papa ha messo in guardia “dal rischio mortale dell’ira trattenuta, ‘covata’ dentro che ti porta a tenere conto dei mali che ricevi”. “No, questo non è accettabile nell’uomo di Chiesa”, il grido: “Al pastore che vive a contatto con la gente non mancano le occasioni di arrabbiarsi. E forse ancora di più rischiamo di adirarci nei rapporti tra noi confratelli, perché in effetti noi siamo meno scusabili”. Chi è chiamato nella Chiesa al servizio del governo deve ave-re, inoltre, “un forte senso della giustizia, così che qualunque ingiustizia gli risulti inaccettabile, anche quella potesse esse-re vantaggiosa per lui o per la Chiesa”.

incardinati e dociliLa carità “tutto scusa, tutto crede,

tutto spera, tutto sopporta”. In queste “quattro parole” dell’inno alla carità, per Papa Francesco, “c’è un programma di vita spirituale e pastorale”. Questo sono i cardinali: “Persone capaci di perdonare sempre; di dare sempre fiducia, perché piene di fede in Dio; capaci di infonde-re sempre speranza, perché piene di speranza in Dio; persone che sanno sopportare con pazienza ogni situazio-ne e ogni fratello e sorella, in unione con Gesù, che ha sopportato con amore il peso di tutti i nostri peccati”.

522 FEBBRAIO 2015 n. 7VitaLa

ubito dopo il battesimo, dopo aver ricevuto come risposta al suo impegno di manifestare fedel-mente l’amore del Padre e il suo

Spirito, cioè la sua stessa capacità d’amore, al capitolo 1 del suo Vangelo, al versetto 12, l’evangelista Marco scrive: “Lo Spirito lo sospinse nel deserto”. Questo sospingere è proprio un “cacciare”. Cosa significa? È l’impulso irresistibile che ha Gesù, la rispo-sta di Gesù all’amore del Padre è l’amore gli uomini che viene a liberare. Per questo lo Spirito lo sospinge nel deserto.Il deserto richiama la tematica dell’esodo, della liberazione. Ora non c’è più da liberar-si dalla schiavitù del faraone, da una terra di prigionia, ma c’è da liberare l’uomo da una prigione ancora più crudele e spaventosa, una prigione imposta in nome di Dio. Era l’istituzione religiosa che si era sostituita a Dio e per i propri interessi, per il proprio potere, aveva presentato un’immagine di Dio che in nessun modo era l’immagine del Padre di Gesù.Allora Gesù è stato mandato da Dio per liberare gli uomini dall’istituzione religiosa in modo che il Padre sia l’unico pastore che si occupa di questo gregge. Quindi lo Spirito lo sospinse nel deserto, “e nel deserto rimase quaranta giorni”. I numeri nei vangeli, nella Bibbia, vanno sempre interpretati in maniera simbolica, teologica: quaranta indica una generazione.Qui l’evangelista non sta riportando tanto un fatto, quanto una profonda verità. Tutta l’esistenza di Gesù è stata vissuta in questa maniera: spinto dall’impulso irresistibile di

liberazione degli uomini, che lo porta nel deserto. “Per quaranta giorni” indica tutta la sua esistenza.Però, scrive ancora Marco, “tentato da Satana”.Il verbo tentare nei Vangeli apparirà sempre in relazione ai farisei. Le persone pie, quelle che si consideravano le più vicine al Signore, per via delle loro pratiche religiose, l’evan-gelista le denuncia in realtà come strumenti del Satana, strumenti del diavolo. Sono loro che tentano Gesù e più volte nei vangeli ap-pariranno questi farisei nel ruolo di tentato-ri. Qui Gesù viene tentato da Satana. Satana in questo vangelo è immagine del potere. Mentre Dio è amore che si mette a servizio degli uomini, il satana è il potete che domina gli uomini.E satana, in questo vangelo, viene identifica-to addirittura nella figura di Pietro, l’unico al quale Gesù si rivolgerà dicendo: “Vattene Satana”, perché Pietro vuole impedire la salita di Gesù a Gerusalemme dove sarà sconfitto. Pietro vuole seguire un messia trionfatore, un messia di successo, e non tollera che Gesù venga ammazzato.Quindi satana rappresenta il potere che attenta all’azione di Dio tesa a liberare l’umanità. Marco scrive poi: “Stava con le bestie selvatiche”. Nel libro di Daniele le bestie sono immagini del potere, degli imperi che

dominano e opprimono l’uomo. Quindi l’evangelista presenta Gesù tra due fuochi; da una parte c’è Satana che lo tenta a livello interiore, esercita la persuasione (per tutta la vita Gesù è stato tentato dal prendere il potere e non soltanto da forze esterne, ma anche dai suoi stessi discepoli). Dall’altra parte sta con le bestie, una minaccia este-riore: sono quelli che esercitano la violenza alla quale Gesù soccomberà. Ma “gli angeli” (il termine angelo significa “inviato, messag-gero”) “lo servivano”. Il verbo servire è dia-koneo, da cui viene il termine diacono, che indica non un servizio fatto per obbligo, ma un servizio liberamente esercitato, volonta-riamente, per amore. Gli angeli sono quelli che danno adesione a Gesù e collaborano con la sua attività.Poi l’evangelista ci presenta il primo conflitto tra il potere e un inviato di Dio, facendoci già presagire come andrà a finire l’avventura di Gesù. “Dopo che Giovanni fu arrestato” (ogni volta che il potere crede di eliminare una voce, Dio ne suscita una an-cora più potente.) “Gesù andò nella Galilea proclamando la Buona Notizia di Dio”.La Buona Notizia di Dio è che il suo amore è per tutta l’umanità. Non c’è nessuna persona al mondo, qualunque sia la sua condotta, il suo comportamento, che possa sentirsi esclusa dall’amore di Dio. “E diceva: ‘Il tempo è compiuto e il regno di Dio è

vicino’”. Il regno di Dio è la società alterna-tiva che Gesù è venuto a proporre.Mentre la società è basata sui tre verbi maledetti avere, salire e comandare, che suscitano negli uomini l’odio, la rivalità e l’inimicizia, Gesù viene a proporre il regno di Dio, una società alternativa dove al posto dell’avere ci sia la gioia del condividere, dove invece della smania di salire ci sia la libertà dello scendere, e anziché il comanda-re ci sia il servire. Questo è il regno di Dio.Perché questo si realizzi c’è bisogno di una conversione. Per questa ragione Gesù dice in maniera imperativa: “Convertitevi”; chie-de cioè un cambio di valori che orientano la vita dando preminenza assoluta al bene dell’uomo. Questa è la conversione che Gesù richiede: mettere come unico valore assoluto il bene dell’uomo, cioè orientare la propria vita al bene degli altri.Ed è chiaro che se si orienta la propria vita al bene degli altri non si accumula per sé, ma si condivide con gli altri, non si pretende di dominare la vita degli altri, ma si cerca di servirli e di aiutarli. Poi l’evangelista scrive: “E credete nel Van-gelo”, cioè date adesione a questa Buona Notizia. Ma perché questo si realizzi, questo Regno di Dio non scenderà dall’alto, ma ha bisogno della collaborazione degli uomini. Se c’è questo si permette a Dio di gover-nare gli uomini – questo è il significato del Regno di Dio. E Dio non governa emanando leggi che gli uomini devono osservare, ma comunicando loro interiormente il suo Spirito, la sua stessa capacità d’amore.

Don Timoteo Bushishi

La Parola e le paroleI domenIca dI QuaresIma

Gn 9,8-15; Sal 24; 1Pt 3,8-22; Mc 1,12-15

attualità ecclesiale

S

i è conclusa l’ottava riunione del Consiglio di cardinali, il cosiddetto C9, istituito da Papa Francesco per “aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale” e per

studiare un progetto di riforma della Curia Roma-na. Si è concluso anche il Concistoro del Collegio cardinalizio per riflettere sugli orientamenti e sulle proposte per la riforma della Curia. In quella cir-costanza, è stato presentato il cammino compiuto finora dal C9, con una relazione letta da monsignor Marcello Semeraro, segretario del Consiglio di cardinali. Lo abbiamo incontrato.

Al Concistoro presenterà la rela-zione sulla riforma della Curia. Può anticiparci qualche contenuto?

“I cardinali, che sono i primi collaboratori e consiglieri del Papa, svolgono il loro compito sia singolarmente nei rispettivi uffici cui sono chiamati, sia collegialmente quando sono convocati insieme per trattare alcune questioni di maggiore impor-tanza. Questo è il caso del prossimo Concistoro straordinario. È dunque giusto che, a distanza di poco più di un anno dall’inizio della sua attività, il Consiglio riferisca al Collegio dei cardinali sul percorso compiuto e sul lavoro svolto. Si ricorderà che in una riunione svoltasi il 24 novembre scorso analoga informazione fu data ai Capi Dicastero della Curia Romana. Ai cardinali si farà una sinte-tica relazione sull’attività e sui criteri che hanno guidato la riflessione dei nove membri del Consi-glio con l’esposizione di alcuni risultati raggiunti, perché l’ampliamento della consultazione aiuti a migliorarli”.

Qual è lo status attuale dei lavori?

S

I LAVORI DEL C9

“La riforma della Curiaè nella linea

della Chiesa povera”

Il Papa sta ripensando lastruttura della Curia in vista di

uno snellimento e di unasemplificazione. Semplificazione

auspicata anche a livellonazionale, diocesano e perfino

parrocchialedi Vincenzo Corrado

debba trascurare questa ‘chiave’, per comprendere anche la riforma della Curia Romana”.

C’è l’auspicio che queste riflessioni ricadano poi sulle Chiese locali…

“Personalmente lo auspicherei. Non è difficile notare che in molti casi, sia a livello nazionale, sia a livello diocesano (e talvolta perfino parrocchiale) quanto all’organizzazione si tenda a imitare… la Curia Romana! Avere presente il principio che l’organizzazione deve sempre essere - come dice il Papa - di aiuto alla storia d’amore che ogni Chiesa deve raccontare agli uomini del proprio tempo sarebbe ottimo correttivo e antidoto per alcune tentazioni, che sempre sono in agguato”.

Sono già stati programmati i prossimi incontri del Consiglio per il 2015? Quali sono i tempi per la nuova Costituzione sulla Curia Romana?

“I tempi per la conclusione dei lavori non saprei dirli. Non sarà, in ogni caso, per le ‘calende greche’. Posso dire, tuttavia, che le sessioni del Con-siglio sono in calendario sino al dicembre 2015”.

Può sintetizzare il cammino compiuto dal C9?

“In gran parte esso è noto attraverso le di-chiarazioni del direttore della sala stampa della Santa Sede. Dopo una prima fase, che chiamerei ‘euristica’, perché dedicata alla raccolta d’informa-zioni e pareri - in gran parte ha occupato i mesi successivi alla notificazione della decisione del Papa sino alle prime sessioni del Consiglio - si è passati alla fase di studio e, quindi, a quella della formulazione di proposte”.

E ora cosa resta da fare?“Occorre anzitutto completare questa terza

fase. Si terrà conto che il Consiglio ha tenuto oltre una cinquantina di riunioni raccolte in otto sessioni (ultima è quella in corso in questi giorni), ma si aggiungerà pure che la riforma della Curia Roma-na non è stato l’unico tema trattato. Il Consiglio di cardinali è stato istituito con il primo scopo di aiutare il Papa nella sua azione di governo per tutta la Chiesa e anche questo è stato fatto. Si pensi, solo per un esempio, alla Pontificia Commissione per la tutela dei minori, che ha concluso in questi giorni i lavori della sua prima plenaria. Intanto, si deline-ano già alcuni risultati, come quelli, annunciati da tempo, sulla possibilità di raccogliere alcuni Pontifici Consigli in due più grossi Dicasteri”.

A tal proposito, si parla di due grandi poli: laici-famiglia-vita e cari-tà-giustizia-pace. È solo una somma algebrica del preesistente, oppure c’è un diverso modo di pensare e, quindi, di agire?

“Per fare una semplice ‘somma’ non ci sarebbe

di per sé bisogno di una riforma. Si tratta, piuttosto, di un ‘ri-pensamento’ in vista di uno snellimento e di una semplificazione della Curia Romana, pro-gettato pure nella fiducia che alcuni accorpamenti di Pontifici Consigli diano a essi una maggiore rilevanza, anche esterna, e dunque una maggiore incidenza. La riforma della Curia, tuttavia, potrebbe prevedere anche la creazione di nuovi Dicasteri, se le circostanze lo richiedono. La prima istanza è l’efficace corrispondenza alla missione salvifica della Chiesa”.

Ma la riforma della Curia è solo un’operazione di semplificazione di strutture? Non è che Papa Francesco vuole comunicare anche altro?

“Penso che con Papa Francesco le ‘dietrologie’ siano proprio fuor di luogo. È sempre molto chiaro! A me piace leggere il processo di riforma della Curia anche nella linea di quella ‘Chiesa povera’ di cui il Papa parla sin dal principio del suo ministero sulla Cattedra di Pietro. Ricordo alcune parole della sua omelia del 24 aprile 2013 nella cappella di Santa Marta. Ne presi subito nota, perché la settimana seguente ci sarebbe stata una sessione del Consiglio di cardinali. Il Papa disse: ‘E quando la Chiesa vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni, e fa uffici e diventa un po’ burocratica, la Chiesa perde la sua principale sostanza e corre il pericolo di trasformarsi in una Ong. E la Chiesa non è una Ong. È una storia d’amore… Tutto è necessario, gli uffici sono necessari… Ma sono necessari fino a un certo punto: come aiuto a questa storia d’amore. Ma quando l’organizzazione prende il primo posto, l’amore viene giù e la Chiesa, poveretta, diventa una Ong. E questa non è la strada’. Ritengo che non si

6 n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVita

Letterein redazione

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“Sentire cum ecclesia”Non so se l’editoriale di Giorda-no Frosini “Francesco e la chiesa popolo di Dio” abbia ricevuto la necessaria attenzione o abbia sol-lecitato qualche reazione che con-senta una continuità di riflessione. Si tratta infatti di “sentire cum ecclesia”, qualcosa non legato “so-lamente al sentire con la sua parte gerarchica” ma prerogativa autono-ma di un Popolo di Dio reso final-mente soggetto della comune fede. Per cui questa formula -“sentire cum ecclesia”, non è più un invito al conformismo e alla passività, ma – come scrive Giordano Frosini – “una chiamata alla corresponsa-bilità, alla partecipazione, alla sino-dalità, in quella libertà che il papa sta continuamente richiamando in-sieme alla necessaria preparazione intellettuale e spirituale, che non può e non deve prescindere da quell’umiltà che deve accompagna-re ogni pensiero e ogni desiderio del cristiano in quanto tale”.Inutile dire che questo modo di pensare è ormai di dominio co-mune, salvo prese di posizione ispirate da intenti diversi da quelli di promuovere la fede. Ma proprio qui è il pericolo, perché può sem-brare che tutto sia fatto, mentre il problema di far diventare questa opinione diffusa a coscienza, men-talità e prassi effettiva è ancora del tutto aperto, e – quel che è peggio – del tutto ignorato o accantonato. Magari succede anche che si evochi e si enfatizzi, ma solo per avvalora-re le soluzioni già pronte, che per la verità sono quelle di sempre e funzionali allo “status quo”. E’ quanto mi capitava di constatare, tempo fa, leggendo una Lettera pastorale programmatica di Mons. Fausto Tardelli alla Diocesi di S.Miniato, che presumo esprima il suo orientamento anche quan-do è ormai Vescovo di Pistoia, in quanto spinge a “dare un’impronta fortemente missionaria alle nostre parrocchie”. Fino ad affermare che “occorre insistere, perché siamo una chiesa ancora troppo ripiegata su se stessa, “autoreferenziale”, direbbe Papa Francesco…. Non è però un elenco di cose da fare: piuttosto un invito alla riflessione, a una presa di coscienza, a una revi-sione di vita delle nostre comunità in chiave missionaria”. Come non consentire?Ma è proprio qui che mi si ri-presenta il corto-circuito di una chiesa che non vuole essere più autoreferenziale, ma che continua a mettere al centro se stessa, sia pure in chiave missionaria. Infatti l’orizzonte non è la predicazione del vangelo a tutte le genti fino ai confini della terra (con tutto quello che comporta di immediatezza e di complessità), ma di “dare un’im-pronta fortemente missionaria alle nostre parrocchie”. Niente da eccepire, ma sta di fatto che tutto ruota intorno a se stessi e all’esistente, mentre l’annunciata rivoluzione copernicana prevede-

va di mettere il mondo all’ordine del giorno e la rivoluzione di Papa Francesco vuole ripartire dalla pe-riferie di ogni tipo: quel Popolo di Dio numeroso che Paolo doveva portare alla luce a Corinto (cfr At 18, 9-10). Non sarebbe difficile segnalare altri esempi di operazioni teologiche e pastorali “boomerang”, tali cioè da volere una “chiesa usci-ta” ma solo perché poi tutto ritorni su se stessa. A queste situazioni sarà possibile fare attenzione, qua-lora si ritenga che il problema non sia pretestuoso o campato per aria! La sfida è sempre quella di ridare il primato al vangelo come “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” in una comunicazione di fede povera e senza particolari strutture. Si dirà che siamo davanti a qualcosa che “non esiste”, ma al tempo stesso è doveroso chiedersi quali sono i risultati dell’esistente, se il problema dell’evangelizzazione rimane sempre aperto, nonostante pianificazioni decennali ed impiego di mezzi non indifferenti. Una cosa è certa, che se non si fa credito alla potenza del vangelo e ci si preoccu-pa solo del modo di trasmetterlo, non si arriva mai a nulla e ci deve accontentare della pura e semplice conservazione!

P.Alberto Bruno Simoni op

Sullaquestione del CeppoLa mia posizione sulla questione Ceppo è molto semplice. Il vec-chio Ceppo sia valorizzato per usi chiaramente utili alla comunità pistoiese. Il museo è secondo me un’idea già vecchia perché abbiamo molti spazi dove poter fare que-sto. Ho invece in mente l’esempio del Dinamo Camp dove un’intera struttura è stata riqualificata con funzioni importantissime per il bene comune della comunità del territorio. Pistoia ha davvero l’occa-sione anticipare le altre città con la creazione di un antico e prestigioso edificio interamente destinato alla solidarietà. Penso ad un luogo dove tutte le energie positive del settore della solidarietà abbiano possibilità di incontrarsi con le istituzioni con la scuola con l’università. Sono un sognatore ma stento ancora a com-prendere quanto poco si faccia per intercettare i finanziamenti europei è davvero un limite molto serio; infatti credo che l’uso di ipotetici finanziamenti europei permettereb-be davvero di evitare il ricorso a speculazioni edilizie e darebbe più margini economici. Riqualificazione degli edifici più nuovi e delle così chiamate “piscine”. Qui aprirei una riflessione seria: infatti ricordan-do le promesse elettorali di non aumentare la cementificazione e ricordando anche la forte presa in carico di questa amministrazione sulla questione della partecipazione cittadina, nelle scelte urbanistiche importanti; davvero metterei tre quattro proposte in una discus-sione allargata alla città. La mia posizione è nuovamente un po’

VittorioBachelet: un riformatore autentico e coraggioso In un periodo di gravissima cancella-zione della memoria, ricordare Vitto-rio Bachelet ucciso il 12 febbraio di 35 anni fa, può sembrare quasi inutile se non desueto, quando invece signifi-ca riaffermare con forza l’importanza di una figura, che seppe lasciare una traccia indelebile sia sul piano del rinnovamento ecclesiale che del diritto costituzionale. Perciò, come promotori del Giardino dei Giusti di Pistoia, presso la chiesa di Vicofaro – in cui una pietra ricorda il grande giurista - da noi voluto come monito degli spiriti che seppero dire di no in nome del valore universale dell’uomo e della giustizia, intendiamo condivi-dere una riflessione sull’importanza della sua opera e del suo impegno stroncati da un vile attentato delle Brigate Rosse. Nessuno dimenticherà le bellissime parole pronunciate dal figlio Giovanni nel giorno dei funerali: Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la ven-detta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri. Uomo di profonda fede, non ab-bandonò mai la militanza nell’Azio-ne Cattolica e ne divenne uno dei principali dirigenti nazionali. Nel

1959, Papa Giovanni XXIII lo nomi-nò vicepresidente nazionale e Paolo VI nel 1964, presidente generale per la prima volta; venne ricon-fermato anche per i due mandati successivi, fino al 1973. La missione che gli venne affidata dai due Papi fu rinnovare l’Azione Cattolica per attuare il Concilio, come recita il titolo di un suo libro del 1966. La svolse democratizzando la vita interna dell’associazione in piena coerenza con il rinnovamento con-ciliare e promuovendo una nuova corresponsabilità dei laici nella vita della Chiesa. Negli studi, negli scritti e nel suo insegnamento universitario ebbe sempre la Costituzione come pun-to imprescindibile di riferimento

per il suo impegno come giurista, introducendo profonde innovazioni sul rapporto tra disciplina militare e ordinamento statale, tra Costitu-zione e Amministrazione. Il suo impegno in politica con la Democrazia Cristiana, che lo por-tò anche ad esser consigliere del comune di Roma e vicepresidente del Consiglio superiore della Ma-gistratura, fu contraddistinto da una costante attenzione ai bisogni emergenti dalla società secondo un pensiero che dovrebbe ispirare anche i politici attuali: L’impegno politico non è altro che una dimen-sione del più generale e essenziale impegno a servizio dell’uomo.

Mauro Matteucci, Giancarlo Niccolai, Massimo Biancalani

diversa; buttare giù la parte nuova e dare inizio ad un enorme spazio verde dedicato ai Giovani e agli anziani. Un luogo dove per esempio si abbia la città dello sport con impianti che rappresentino più di-scipline dello sport che ancora non trovano spazi opportuni; un luogo che sia di ristoro e accoglienza un luogo che sia anche strumento im-portante delle scuole e che garan-tisca davvero lo svilupparsi di tutte le discipline sportive. In alternativa alla non demolizione mi chiedo se un progetto di riqualificazione ad edilizia popolare non sia davvero utile alla nostra comunità.

Massimo Alby

Sull’accordoAsl-RegioneLo dico con amicizia e simpatia ad Alessandro Capecchi: bisogna che si metta l’anima in pace, non è lui il sindaco. Se mai lo sarà, e glielo auguro, avrà l’onore e l’onere di de-finire le intese con gli altri soggetti istituzionali. Responsabilità che oggi spetta, per legge, a Bertinelli e che il sindaco ha assolto con un lavoro intenso ottenendo risultati a mio parere straordinari. È il caso dell’accordo di programma con Regione e azienda sanitaria. Una intesa che viene dopo un negoziato duro, nelle sue fasi più conflittuali necessariamente condotto dal sin-daco in persona, che verrà all’atten-zione del consiglio comunale non

dopo ma prima della sua sottoscri-zione. Il consiglio, inoltre, tornerà ad esprimersi anche e soprattutto sul piano particolareggiato, nono-stante sia un atto di competenza della giunta. Non tornano i conti? Tornano eccome. È venuto da noi il dottor Barretta, direttore generale della presidenza della Regione, a spiegarcelo. E a dirci che, in altri comuni, è stato accusato dalle op-posizioni di avere fatto operazioni speculative e di aver premiato i palazzinari. Qua a Pistoia curiosa-mente lo accusano del contrario, cioè, in sostanza, di non averli pre-miati abbastanza. Ecco perché sono tranquillo. Poi, certo, questo ha un costo e un bilanciamento, soprat-tutto in tempi di vacche magre, va trovato: il commerciale di vicinato al pian terreno dell’ex convento, per esempio. Ma il punto è che se fai operazioni meramente specula-tive i conti quadrano subito e sen-za fatica. Se invece, come a Pistoia, prevedi molte demolizioni e verde di qualità, piazze, giardini, luoghi di socialità, e musei e uffici pubblici e

magari un bel palazzo di giustizia dando finalmente una risposta ai disagi più volte segnalati dal Tribu-nale e dall’Ordine degli avvocati, soluzione che personalmente au-spico, se in sostanza fai l’opposto di una partita a risiko ma guardi al futuro della città e soltanto a quel-lo, allora la via dell’equilibrio finan-ziario è assai più ripida ma risalirla è esattamente la fatica che un am-ministratore pubblico con la testa sulle spalle deve fare. Ed è appena il caso di ricordare che siamo arrivati in cima con un investimento senza precedenti della Regione di circa 40 milioni. In ultimo: è assurda la critica secondo cui questo accordo darebbe un colpo mortale al cen-tro storico. All’opposto, riportare un bel po’ di funzioni pubbliche, il che significa centinaia di lavoratori e utenti, nell’area dell’ex Ceppo significa rivitalizzare una parte della città che, dopo la chiusura dell’ospedale, rischiava di pagare un prezzo insopportabile.

Giovanni Sarteschi

PistoiaSetteN. 7 22 FEBBRAIO 2015

L’annuale cammino di pe-nitenza della Quaresima è il tempo di grazia, durante il quale si sale al monte

santo della Pasqua. Infatti la Quaresima, per la sua duplice caratteristica, riunisce insieme catecumeni e fedeli nella cele-brazione del mistero pasquale.

I catecumeni sia attraverso l’‘ele-zione’ e gli ‘scrutini’ che per mezzo della catechesi vengono ammessi ai sacramenti dell’iniziazione cristiana; i fedeli invece attraverso l’ascolto più frequente della Parola di Dio e una più intensa orazione vengono preparati con la Penitenza a rinnovare le Promesse del Battesimo» (Paschalis Sollemnitatis n. 6)

“Le domeniche di Quaresima hanno sempre la precedenza anche sulle feste del Signore e su tutte le solennità. Le solennità, che coincidono con queste domeniche, si anticipano al sabato. A loro volta le ferie della Quaresima hanno la precedenza sulle memorie obbligatorie.” (PS n. 11)

“Si raccomandi ai fedeli una più intensa e fruttuosa partecipazione alla liturgia quaresimale e alle celebrazioni penitenziali. Si raccomandi loro soprat-tutto di accostarsi in questo tempo al sacramento della Penitenza secondo la legge e le tradizioni della Chiesa, per poter partecipare con animo purificato ai misteri pasquali. E’ molto opportuno nel tempo di Quaresima celebrare il sa-cramento della Penitenza secondo il rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e assoluzione individuale, come descritto nel Rituale Romano. Da parte loro i pastori siano più disponibili per il ministero della Riconciliazione e, ampliando gli orari per la confessione individuale, facilitino l’accesso a questo sacramento.” (PS n. 15)

“In Quaresima non sono ammessi i fiori sull’altare e il suono degli strumenti è permesso soltanto per sostenere i can-ti, nel rispetto dell’indole penitenziale di questo tempo.

Ugualmente si omette l’ ‘Alleluia’ in tutte le celebrazioni dall’inizio della Quaresima fino alla Veglia pasquale, anche nelle solennità e nelle feste.

Si scelgano soprattutto nelle cele-brazioni eucaristiche, ma anche nei pii esercizi, canti adatti a questo tempo e rispondenti il più possibile ai testi liturgici.” (PS n. 17-18-19)

la QuareSiMaNelle “Norme generali dell’anno

liturgico e del nuovo calendario romano universale” (1969), il significato e il carattere della quaresima sono descritti al n. 27: “Il tempo della quaresima è ordinato alla preparazione della celebrazione della Pasqua [Mysterium Paschale]: la liturgie della quaresima

UFFICIO LITURGICO DIOCESANO

Il tempo della Quaresimaconversione, rinnovamento: sono i grandi temi della quaresima. Nel docu-mento “Paschalis solemnitatis” [=PS], n. 14, si dice: “Il tempo della quaresima conserva il suo carattere penitenziale … La virtù e la pratica della peniten-za rimangono una parte necessaria della preparazione pasquale: dalla conversione del cuore deve scaturire una pratica esteriore della penitenza, sia per ciascun cristiano che per tutta la comunità; questa pratica, adattata senza dubbio alle circostanze e alle situazioni del nostro tempo, non deve mancare tuttavia dello spirito di peni-tenza evangelica e deve anche essere indirizzato verso il bene dei fratelli…”.

a) Il carattere penitenziale della liturgia della quaresima diventa visibile ( e udibile) attraverso l’espressione in alcune antiche usanze che hanno anco-ra oggi valore per la Chiesa universale:

l’omissione del canto dell’alleluja il non porre fiori sull’altare, ad eccezione della IV domenica di quaresima (dome-nica “Laetare”), l’uso dell’organo (e degli strumenti musicali) permesso solo per accompagnare il canto, eccetto la IV domenica di quaresima (domenica “La-etare”) la possibilità, secondo un’antica usanza, di coprire le croci e le immagini dei santi (cf. PS n. 26) a partire dalla V domenica di quaresima (altrimenti chiamata domenica “di passione”)

b) Quaresima e penitenzaSecondo la tradizione cristiana

primitiva, il tempo della quaresima è segnato innanzitutto attraverso tre esercizi o attitudini di base, cioè: 1) elemosina, 2) preghiera e 3) digiuno. Gesù ne parla -in questo ordine- nel Vangelo che la Chiesa legge da sem-pre il mercoledì delle Ceneri. Il n. 6 de “Paschalis Sollemnitatis” raccomanda: “I fedeli, nell’ “ascoltare la Parola di Dio e consacrandosi maggiormente alla preghiera, si preparano con la penitenza a rinnovare la professione di fede battesimale”.

Il Concilio Vaticano II ha richiesto, nella Costituzione sulla liturgia, che “la penitenza del tempo di quaresima non deve essere soltanto interiore e individuale, ma anche esteriore e so-ciale” (SC, n. 110). Ciò corrisponde alla pratica cristiana primitiva, secondo la quale il danaro messo da parte grazie al digiuno era distribuito ai poveri. E’ quanto vien detto in uno dei prefazi della quaresima: “Le nostre privazioni, nell’umiliazione del nostro orgoglio, ci invitano a imitare la tua misericordia e a condividere con coloro che hanno fame”, (3° prefazio della quaresima). E’ in questo contesto che bisogna considerare le diverse attività caritative che vengono proposte a più livelli nel periodo quaresimale.

don Luca Carlesi

«

prepara in realtà i catecumeni, attraver-so la commemorazione del battesimo e della penitenza, a celebrare il mistero pasquale”(cf. anche SC 109). Il signi-ficato e lo scopo della quaresima sono dunque la preparazione alla celebra-zione del mistero pasquale della morte e della risurrezione del Cristo. Essa ha un duplice carattere, che è molto sottolineato nei testi biblici e liturgici di questi quaranta giorni: 1. battesimale e 2. (intensamente) penitenziale. Tutta la quaresima e la sua liturgia sono state finora fortemente segnate dalla pratica cristiana primitiva della penitenza e del battesimo, e ciò perché non si possono assolutamente capire le letture bibliche e i canti liturgici della quaresima senza tale contesto storico e teologico. Questi due motivi ritornano senza tregua: bat-tesimo e penitenza.

Nei primi secoli cristiani, la qua-resima era principalmente il tempo della preparazione prossima alla ce-lebrazione del santo battesimo (quelli che oggi si chiamano i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana: battesimo-confermazione-eucaristia) durante la notte di Pasqua. Era anche il tempo dei penitenti: all’inizio della santa quaran-tina, i peccatori (pubblici) ricevevano lo statuto dei penitenti (scomunicati) e poi, dopo settimane di intensa penitenza, riconciliati con la Chiesa dal vescovo il Giovedì santo, e reintegrati pienamente nella comunità la notte di Pasqua. Ciò fa parte di un contesto nel quale si devono comprendere la liturgia e lo spirito della quaresima. A proposito di questo tempo santo e salvifico, ritornano frequentemente come un leitmotiv le parole della lettura del mercoledì delle Ceneri (2 Co. 6, 2) che la liturgia ripete spesso in questi giorni:

“Ecco ora il momento favorevole,ecco ora il giorno della salvezza!”

La Chiesa chiama questo tempo la “quadragesima”: la quaresima, tempo della santa quarantina (così si chiama nella maggior parte delle lingue, ad ec-

cezione della Germania dove si parlava di Fastenzeit, letteralmente “tempo del digiuno”, ponendo l’accento soprattutto sul digiuno. Oggi, si parla più volentieri e più giustamente di “preparazione penitenziale alla Pasqua” o di “santa quarantina”).

Il numero quaranta ha inoltre il suo punto di appoggio nei diversi avve-nimenti biblici, tra i quali due hanno un significato particolare per la liturgia e la spiritualità:

• i quarant’anni di cammino del popolo di Dio attraverso il deserto (l’Esodo) e

• l’esempio di Gesù, che fu spinto nel deserto dallo Spirito e vi digiunò quaranta giorni e quaranta notti, prima di essere tentato dal diavolo (cg. Mt. 4, 1.11; Lc. 4, 1-13). “Il tempo della qua-resima va dal mercoledì delle Ceneri alla messa del Giovedì santo escluso”. (Norme universali n. 28).

la QuareSiMa coMe preparazione

La grande méta della quaresi-ma, che volentieri si paragona ad un cammino o a a una salita, è dunque la Pasqua: la celebrazione del mistero pasquale (Mysterium Paschale). La quaresima è ciò che si chiama un tempo forte dell’anno liturgico, perché tutto questo tempo di quaresima ha ricevuto un formulario liturgico proprio al tempo delle ultime riforme liturgiche (ciò che non sembrava necessario nell’ “antica”liturgia!). Per questo motivo, tutte le domeniche di quaresima hanno il grado di solennità (solemnitates) e le ferie il rango di memoria obbligatoria (memoriae obligatoriae). In altri termi-ni: il tempo della quaresima in quanto tempo di preparazione alla Pasqua ha la priorità in tutto!

il teMpo dellaQuareSiMa coMeteMpo di penitenza

I quaranta giorni prima di Pasqua sono un tempo evidente di penitenza (a differenza dell’avvento!). Penitenza,

Lettera alla diocesi inoccasione dellaQuaresima

ll’interno troverete la lettera che il vescovo, monsignor Fausto Tar-delli, ha scritto alla dio-

cesi in occasione della Quaresima.Il testo della lettera può essere

scaricato anche dal sito della dioce-si (www.diocesipistoia.it) ed è di-sponibile in forma cartacea presso la segreteria pastorale, aperta dal martedì al sabato dalle 9 alle 12,30, dove potete chiedere alla signora Giovanna Gonfiotti le copie di cui necessitate.

A

Quaresima2015 inCattedralegiovedì 26 febbraio ore 21: Riflessione quaresimale con il vescovogiovedì 5 marzoore 21: Riflessione quaresimale con Mons. Vescovodomenica 8 marzoore 16: Giornata per i Ministerigiovedì 12 marzoore 21: Riflessione quaresimale con Mons. Vescovogiovedì 19 marzoore 21: Riflessione quaresimale con Mons. Vescovomercoledì 25 marzoAnnunciazione del Signoreore 18: ordinazioni diaconaligiovedì 26 marzoore 21: Riflessione quaresimale con Mons. Vescovosabato 28 marzo Le Palmeore 17,30: Benedizione dell’Ulivo e delle Palme – Celebrazione Euca-ristica presieduti da Mons. Vescovolunedì 30 marzoore 21: Celebrazione Comunitaria della Penitenza

8 n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVitacomunità ecclesiale

l 2 febbraio 2015, Giornata della vita consacrata, nella cat-tedarale di Pistoia, si è tenuta una celebrazione presieduta dal vescovo Tardelli.

Contestualmente, nella Basilica della SS. Annunziata a Firenze il car-dinale Giuseppe Betori ha celebrato una Messa cui hanno partecipato anche alcune religiose della nostra diocesi.

Nella sua omelia il cardinale ha fatto più volte riferimenti a citazioni tratte dalla Lettera ai consacrati di Papa Francesco e al messaggio della Cei inviato per questa circostanza. Nel cuore della celebrazione da parte di tutti i religiosi e religiose presenti sono stati rinnovati i voti e presentate le suore giubilari.

Alle 15, sempre nella Basilica della Santissima Annunziata, padre Ermes Ronchi ha tenuto una me-ditazione sul tema: “Casa di Dio siamo noi se conserviamo libertà e speranza”.

Ne proponiamo uno stralcio.“Noi siamo casa di Dio, tenda

umile del verbo, un povero riparo, forse una stalla o una baracca. Ma lo siamo già, adesso, non è da conquista-re la presenza di Dio, dobbiamo solo prenderne consapevolezza. Siamo casa se ‘rimaniamo in’, se conservia-mo speranza e libertà.

Rimanete nel mio amore, ha detto Gesù nel grande discorso d’addio. Stare fermi, rimanere al centro di se stessi, in silenzio, in pace, in clausura, e scoprire così l’essenza del cammino spirituale, che è tutta

CELEBRAZIONI A PISTOIA E FIRENZE

Giornata per la vitaconsacrata

Agenda del vescovoFausto Tardelli

dal 23 febbraio al 1 marzoLunedì 23 febbraio Ore 21: A Canapale incontro con i parrocchiani per una conversazione sulla Quaresima.

Martedì 24 febbraio Ore 9,30-12,30: Udienze per il clero. Ore 21: al Monastero delle Clarisse, Messa in memoria di don Giussani con Comunione e Liberazione.Mercoledì 25 febbraio Ore 9,30-12,30: udienze al pubblico.Ore 18 incontro con responsabili del Cammino Neocatecumenale.

Giovedì 26 febbraioOre 10-15: incontro con il clero del vicariato Monte Albano Occidentale. Ore 21: Incontro Quaresimale in Cattedrale.

Venerdì 27 Ore 10-14: incontro con il clero a villa Rospigliosi per la preparazione dell’omeliaSabato 28 febbraioOre 10: visita del vescovo al comune di Limite Capraia. Ore 18: Messa a San Sebastiano a Piuvica.

Domenica 1 marzo Ore 16: Messa a Santonuovo (Quarrata).

l 21 febbraio, i gruppi di volon-tariato di Quarrata si trove-ranno alla “Pineta” di Quarra-ta per incontrare per la prima

volta il vescovo Fausto Tardelli.Sarà un’occasione anche perché

le persone delle varie associazioni e dei vari gruppi si conoscano fra loro. Per l’Oami sarà presente il gruppo dei soci.

In vista di questo incontro, Ma-riarosa, responsabile dell’Oami, ha inviato la seguente riflessione.

“Siamo una comunità-alloggio per la cura dell’handicap psico-fisico in quel di Quarrata, dice la legge.

Ma visti da dentro siamo molto di più, dico io: siamo un porto di mare, innanzitutto. Se c’è qualcuno che non sa dove andare, cosa fare o con chi piangere, viene da noi.

Entrando non gli succederà niente di miracoloso, tranne che i nostri ragazzi sappiano dare misura al suo dolore privato portandoselo in giro per mano per tutta la struttura, insieme con il loro. Gli lasciano lo spazio che là fuori gli viene negato, felici di ospitarlo.

Spesso i dolori fanno amicizia tra loro e si trasformano in risate, e i più profondi, quelli che sanno appena affacciarsi alle porte senza avere il coraggio di entrare, almeno in sollievo.

E che nessuno venga a dirmi che

questo non è un miracolo, non a me a cui è stato spiegato che occhi ciechi che vedono o zoppi che camminano possono essere frutto di sinapsi improvvise nel cervello che all’epoca del Vangelo non si conoscevano, ma che questi miracoli del tutto inspie-gabili ho visti invece accadere sotto i miei occhi.

E più di una volta.Quando Don Nardi fondò le

case OAMI, voleva dare famiglia a dei disabili che non ce l’avevano, ma che sapeva sarebbero stati capaci di inventarsela fra loro. Era già un’idea rivoluzionaria allora ma non poteva immaginare che questa assurda fa-miglia agli occhi del mondo sarebbe potuta diventare anche un esempio in un tempo in cui tutti i legami, sociali, familiari e civili sono stati scientificamente spezzati e che la famiglia OAMI sarebbe così diventata un modello per quelle al di fuori al suo cancello. Quelle normali.

Abbiamo di certo un Dio spi-ritoso che alla funzione primaria dell’OAMI ne ha così voluta aggiun-gere una futura prevedibile solo ai suoi occhi. Un po’ come fece con la famiglia di Nazareth fuori da ogni schema socialmente e legalmente accettabile di allora. E da allora come oggi e per sempre modello di ogni perfetta famiglia nei secoli”.

D.R.

erata affollata, nella sala par-rocchiale di Bonistallo, sulle colline di Poggio a Caiano, in occasione dell0incontro con

fra Firas Lutfi.Invitato da don Cristiano D’An-

gelo, fra Lutfi ha raccontato la “sua” Siria facendosi precedere da un breve video che ha ancor più motivato le tante persone presenti per ascoltare, dalla viva voce di un testimone, con-tributi certo utili per maneggiare in modo più consapevole questioni com-plesse: la guerra che da qualche anno sta portando distruzione e orrore nelle prime terre abitate dai cristiani, l’avanzata del fondamentalismo isla-mico, l’istituzione dello Stato islamico, i rapimenti e i riscatti, la difficile ma fondamentale presenza dei cristiani in questa parte del mondo, la complessi-tà e l’inevitabilità dei rapporti (anche fra noi, anche in Italia) fra cristiani e musulmani, la strage di Parigi, le paure più o meno nascoste per attentati fra noi, l’esistenza di un islam “moderato”, la capacità nonostante tutto di un dialogo interreligioso, l’emergere fra noi di una situazione alla lunga difficile da governare fra un indifferentismo religioso in noi “cristiani” post seco-larizzati che a malapena riusciasmo a ricordare il “Padre Nostro” e un forte sentimento religioso in popolazioni

che vivono con noi le contraddizioni di un presente al quale una consape-vole e “laica” dimensione “verticale” non farebbe altro che bene ...

Non sono mancate, nell’interven-to del francescano siriano, valutazioni di ordine geopolitico (ad esempio sul ruolo delle superpotenze e dei gigan-teschi interessi economico-finanziari derivanti da petrolio & company), ma ad aver colpito, e a farsi ricordare, sono stati i racconti, le storie, da terre così vicine eppure così poco conosciute: intrecci fra orrore e spe-ranza, violenze e umanità, sconforto e fiducia, disperazione e fede.

Non volava una mosca quando padre Firas raccontava di un villaggio ai confini con la Turchia, dominato dai “tagliagole”, dove resisteva una micro presenza di confratelli francescani uno dei quali, in una notte, ucciso dalla guerra: e tutti, a quel punto, eravamo con Firas coinvolti dal pallore, e dalla paura, delle suore che vegliavano e pregavano il religioso ucciso. E come dimenticare la crudezza delle immagini viste nel video iniziale con-trapponendo la bellezza e la nobiltà di una Siria a elevata tradizione culturale con la crudeltà e la disperazione dei funerali di famiglie intere trucidate in nome ... di Dio? O come non farsi coinvolgere dalle file di persone che,

avendo i “terroristi” distrutto gli ac-quedotti, cercano acqua, a prescindere dal loro credo religioso, nei pozzi dei conventi raccontando anche storie di concreta solidarietà fra cristiani e musulmani?

Colpiti da ciò che hanno ascoltato, e alla vigilia di un pellegrinaggio in Terrasanta che coinvolgerà una cin-quantina di loro, i parrocchiani di Bo-nistallo sono intenzionati a non lasciar cadere le parole di padre Firas. Hanno voglia di farsi interrogare ancora. E di rispondere in concreto.

“Ma cosa possiamo fare noi?”, ha provocato il francescano anticipando lui stesso la più classica fra le domande che in genere gli viene posta dopo il racconto su quanto sta accadendo nel Vicino Oriente a causa del fondamen-talismo islamico.

“Non scordatevi mai la potenza della preghiera. Non trascurate di tenervi informati anche rispetto a ciò che i grandi tiggi non dicono. E non mancate di far arrivare aiuti a chi in zone così martoriate rappresenta la comunità cristiana”.

Tre risposte possibili che adesso, a Poggio a Caiano ma si spera anche altrove in diocesi di Pistoia, si vedrà come fare per riempire di concre-tezza.

Mauro Banchini

OAMI

Incontrocon il vescovoI

BONISTALLO

La Siria di fra Firas Lutfi

S

perché non si sentono amate.Solo l’amato può diventare un

pacificato, e l’inquietudine fino alla rivolta di tanti è sempre una invoca-zione di amore.

I ribelli sono degli invocanti, in-vocano di essere riconosciuti, amati, guardati bene.

Rimanere, perché siamo già den-tro Dio. Dice Paolo: in lui siamo, ci muoviamo e respiriamo. Respirare è respirarlo, amare è amarlo.

Questo percorso è tracciato anche nell’Annunciazione, inscritto nelle parole dell’angelo. Che all’inizio dice: rallegrati, il Signore è con te. Ma

poi la novità assoluta, l’incarnazione, Maria che si fa tenda, abitazione, dimora, casa, voi mi capirete “tor-tellino” di Dio. E l’angelo dice: verrà lo Spirito sopra di te, dentro di te crescerà il Figlio di Dio, vivrà di te e tu nel grembo lo alimenterai di sogni, di carezze, di canto. Il passaggio determinante dell’Annunciazione, metafora di ogni nostra vita spiri-tuale è riassunto nelle due formule verbali: ‘il Signore è con te’ e poi ‘il Figlio di Dio è in te’”.

a cura di Daniela RaspolliniIl testo integrale è disponibile

sul sito della diocesi.

in una passaggio: passare dall’essere ‘con’ Dio all’essere ‘in’ Dio.

Ed esplode nella grande preghiera sacerdotale di Gesù una piccolissima preposizione ‘in’: tu in me, io in te, ed essi in noi; e il tuo amore in loro ed essi in me.

In, due lettere soltanto, sigillo della vera comunione.

Il cammino spirituale è passare, lo dico in latino, efficace nella sua conci-sione, passare dal ad-esse al in-esse.

Dall’essere vicino, accanto, pres-so Dio, all’essere in Dio, sempre.

Non accanto, non vicino, ma dentro, innestati, legati, come il raggio al sole, come la scintilla al braciere, come il tralcio alla vite.

La creatura in Dio e Dio nella creatura.

Nonostante tutte le forze che ci trascinano via. Ma via non c’è niente. Dobbiamo rimanere nell’amore di Cristo, sottolinea padre Ermes,ai religiosi,perché in noi come tralcio unito alla vite scorre la stessa vita

divina, lo stesso Spirito di Dio che ci rende una cosa sola con lui. Pro e poi alla vite scorre la stessa vita divina, lo stesso Spirito di Dio che ci rende una cosa sola con Lui Questo è il legame di tutti i nostri legami. Rimanete nel suo amore, è la preghiera decisiva. Restate nell’amore... la comunione con lui non è frutto di una nostra conquista, spiega, essa è già operante in noi dal momento che lui ci ha uniti a sé, lo sforzo che dobbiamo fare è nel rimanere.

La verità è che siamo immersi in un mare d’amore e non ce ne rendiamo conto (Vannucci). Allora rimani, non fuggire dall’amore, non fuggire nelle attività, negli impegni, nel lavoro, nel guadagno, non fuggire dall’amore, fatti trovare dall’amore.

Tutti noi per diventare pacificati dentro, abbiamo bisogno di essere amati.

Se voi trovate, in comunità o fuori, persone che non sono pacifi-cate dentro, che non sono in pace è

I

922 FEBBRAIO 2015 n. 7VitaLa

l doposcuola parrocchiale di Montale, che ha celebrato il suo quinto compleanno, rappresenta un piccolo miracolo di solida-

rietà ed efficienza. E’ un servizio di «accompagnamento allo studio» del tutto gratuito di cui si avvalgono 240 ragazzi, in maggioranza delle scuole superiori, che vi trovano aiuto per la preparazione scolastica ma anche un clima di serenità che spesso riesce a ridare motivazione ai più sfiduciati. Il dato più significativo però è il numero considerevole, una quarantina in tutto, di insegnanti e giovani studenti univer-sitari che seguono ogni giorno i ragazzi del doposcuola. Lo spazio di via Masini è diventato un luogo di aggregazione caratterizzato da uno scambio di espe-rienze tra giovani di diverse età che si aiutano vicendevolmente, senza troppe gerarchie e formalismi. Col passare degli anni quella che all’inizio era stata una scommessa di don Paolo Firindelli è di-ventata un punto di riferimento stabile per la comunità e non solo per il paese ma anche per l’area dei comuni vicini. Naturale e giustificato l’orgoglio con cui la parrocchia montalese ha celebrato il primo lustro di vita del doposcuola e ha aperto le porte alla popolazione in un «Open Day» tenutosi giovedì 12 febbraio che ha visto la presenza anche del vescovo di Pistoia Fausto Tardelli.

comunità ecclesiale

I

a rivoluzione sessuale si può definire come una serie di rotture del contesto naturale e cul-

turale in cui l’esperienza dell’amore umano era vissuta nella tradizione cattolica: rottura del legame tra sessualità e matrimonio; tra sessua-lità e procreazione, tra sessualità e amore. E’ un fenomeno che ha le sue radici negli anni sessanta quando anche il filosofo Marcuse, certamente non cristiano, segnalò la strumentalizzazione dell’eros nella società consumistica avanzata.

In effetti grava un forte pregiu-dizio puritano sul cristianesimo: si identifica infatti il cristianesimo con la morale, la morale con un sistema di proibizioni, e si pensa che queste proibizioni si diano soprattutto nell’ambito sessuale, così che alla fine di questa serie di false equazio-ni il cristianesimo è equiparato alla repressione sessuale.

Come scrive papa Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est: “grava sul cristianesimo l’accusa nietzschiana di aver avvelenato l’esperienza più bella e attraente della vita”

Così non solo alla Chiesa è intimato il silenzio su questo tema, ma anche nella Chiesa si finisce col pensare che sia meglio tacerne. E così il tema culturalmente più imponente, educativamente più decisivo, viene abbandonato alla mentalità mondana che pervade anche i fedeli.

La differenza sessuale, che segna

il corpo fin nelle fibre più intime rappresenta un fondamentale riferimento. Non è solo un dato biologico casuale e neppure un fat-tore stabilito nella biologia. È invito a un dono esclusivo e totale di sé nell’amore, con un’apertura alla vita nella procreazione.

La perdita dell’idea che esista una natura umana specifica è tipica dell’ideologia del gender. Un conto è il rispetto dovuto a tutte le per-sone indipendentemente dal loro orientamento sessuale, un conto è la famiglia autentica, base del bene comune della società, composta da uomo e donna, radicata stabilmente nel matrimonio, impegnata all’edu-cazione dei figli, capace di creare quella cultura di atteggiamenti su cui si basa il vivere insieme e il lega-me sociale.

La morale gode oggi di una cat-tiva fama nella società e anche nella Chiesa stessa. Il discorso corrente facilmente ha come obiettivo scon-tato il “moralismo”. E non senza ragioni quando si pensa alla morale come a una serie di proibizioni che limitano la libertà e pretendono di violare la coscienza.

Il difficile è, spesso, conciliare la morale, come prospettiva del bene della persona, e la legge civile come giustizia nella convivenza tra gli uomini. Occorre riconoscere che la convivenza con gli altri rappresenta un bene da preservare e da colti-vare, e questo esige il rispetto per la libertà e i diritti delle persone. L’agire del cristiano deve, quindi,

confrontarsi con la società. Se non lo fa, il cristiano non solo viene meno al suo compito specifico di missione nel mondo e si trasforma in sale scipito, che presto o tardi finirà calpestato dai passanti, ma egli stesso non riuscirà più a capire il senso di quella fede che professa ma che ha relegato nell’intimismo. Quindi la morale deve avere come riferimento fisso dei “valori”, anzi, meglio, dei “beni oggettivi”, che non fanno riferimento alla propria coscienza, ma alla ragione comune, di tutti.

La Lettera a Diogneto, antico testo patristico, parla proprio di questo:

I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né con-ducono un genere di vita speciale. (…) Vivendo in città greche e bar-bare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. (…) Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita su-perano le leggi.(…) A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L’ani-ma abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo.

Paola e Piero Pierattini

L’ANGOLO DELLA FAMIGLIA

Morale sessuale?

L

PROPOSITURA DI MONTALE

La visita delVescovo Tardelli

al doposcuolaparrocchiale

di Giacomo Bini

Due incontri nel salone parrocchialeMercoledì 25 febbraio alle 21 - “Microcredito: un’op-portunità contro la crisi”. Partecipano Ivano Paci, presidente della Fondazione Cassa di Rispar-mio di Pistoia e Pescia, Alessio Colomeiciuc, presidente della Cassa di Risparmio di Pistoia e della Lucchesia e il Gruppo centro di ascolto.Venerdì 27 febbraio alle 21- “Ragazzi, famiglia e scuola, Luci e ombre di un cammino comune”. Partecipa Pier Claudio Devescovi, psicologo del mondo giovanile.

La giornata è iniziata con la visita al doposcuola da parte del vescovo ed è proseguita con la Messa presieduta da monsignor Tardelli. Durante la cele-brazione i genitori hanno espresso la loro gratitudine a don Paolo per aver creato dal nulla, anche sfidando qualche iniziale scetticismo, un servizio di grande utilità. La giornata si è conclusa con un momento di festa conviviale.

ono state intitolate al vescovo Rino Carlesi, a padre Vittorio Agostini e a don Ugo Vivarelli, le tre nuove strade realizzate a Masiano con il primo stralcio del Piano di edilizia econo-mica e popolare. I tre nomi, proposti dalla

comunità locale, sono stati prima vagliati e discussi in modo approfondito dalla Commissione toponomasti-ca comunale e quindi confermati dal parere positivo della giunta comunale e del prefetto. Il vescovo Rino Carlesi e padre Vittorio Agostini, ambedue religiosi della Congregazione dei Comboniani, lasciarono Ma-siano in gioventù per dedicarsi ad un’intensa attività missionaria nel Terzo Mondo, il primo in Brasile e il secondo in Africa. Don Ugo Vivarelli rappresenta invece una figura di “prete serio, onesto e fedelissimo al suo mestiere” che ha svolto il proprio servizio pastorale per cinquant’anni all’interno della comunità, costituen-done punto di riferimento non solo religioso ma anche sociale. Si tratta quindi di tre figure che, durante il loro percorso di vita, hanno avuto un rapporto molto stret-to con gli abitanti della frazione, restituendogli anche un respiro più aperto al mondo, ciò vale per Carlesi e Agostini i quali hanno saputo fare delle loro esperienze internazionali la cifra essenziale della loro missione di vita, mantenendo al contempo un rapporto profondo con la città di Pistoia. Non per caso in Congo è at-tualmente attivo un centro didattico intitolato a padre Agostini frequentato da circa 500 ragazzi del luogo e in buona parte mantenuto in vita grazie al contributo di volontari della comunità pistoiese. L’intitolazione delle strade arriva a conclusione del primo stralcio di lavori che hanno visto la realizzazione a Masiano di 31 nuovi

alloggi di edilizia economica e popolare. Il progetto era partito con la fase progettuale nel 2000, mentre risale al 2009 il trasferimento dell’area, sulla quale oggi sorgono le abitazioni, alla cooperativa edilizia di Ma-siano che ha eseguito l’intervento. Bloccato per alcune difficoltà oggi superate, lo scorso novembre le case e le opere di urbanizzazione sono state ultimate e hanno ottenuto il collaudo.

MASIANO

Tre nuove strade intitolate a religiosi

Si tratta del vescovo Rino Carlesi, padre Vittorio Agostinie don Ugo Vivarelli

S

APOSTOLATO DELLA PREGhIERA

Incontro formativoiovedì 26 febbraio, presso l’Istituto Minime Suore del Sacro Cuore a Poggio a Caiano, alle 15, don Diego Pancaldo terrà un incontro di formazione sul tema: “Preghiera e Apostolato nel pensiero di Papa Francesco”. A seguire sarà celebrata la Messa.

GIN SEMINARIO

La santità della vita consacrata

ercoledì 25 febbraio alle 16 in seminario si terrà il quarto degli incontri programmati per il 2014-2015 e organizzato dalla Pastorale della terza età. L’incontro su “La santità della vita consacrata” è tenuto da suor Donatella del convento

delle Clarisse di Pistoia. Sarà un modo per conoscere meglio una realtà della quale spesso ci sfugge il senso. La relatrice illustrerà come viene vissuta la clausura nella società odierna, mettendo in luce la finalità e la difficoltà di questa scelta di vita.

M

10 n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVita

Abbiamo messo mano alla riforma per dare maggiore stabilità al no-stro sistema sanitario. E non è vero che ci sono

Asl “Cenerentola” e altre privilegia-te. I tagli non sono ancora definiti e ci potranno essere significative inversioni di rotta, che potremo vedere solo alla fine di quest’anno. I finanziamenti sono stati distribuiti in maniera equa, quella approvata finora era una delibera di assegnazione preliminare». Lo ha detto l’assessore regionale al diritto alla salute Luigi Marroni nei giorni scorsi a Pistoia dove ha partecipato alla Conferenza dei sindaci della Asl 3, presieduta dal sindaco del capoluogo Samuele Bertinelli, alla presenza del direttore generale della Asl 3 Roberto Abati.

L’assessore Marroni ha riper-corso gli ultimi due anni della sanità toscana: «Dal 2012 al 2014 è stato un periodo molto difficile – ha ricordato – Riduzioni e un taglio complessivo di 400 milioni, pari al bilancio di questa Asl. Grazie al la-voro di tutti gli operatori, ai quali va tutta la mia riconoscenza, abbiamo salvato bilanci e servizi, il sistema ha tenuto. Ora possiamo guardare in avanti, con i conti a posto». «Non solo – ha sottolineato ancora l’as-sessore regionale –, proprio in questi anni più difficili la Toscana è salita in

ei prossimi cinque anni sarà portata a termine la riqualificazione dell’area dell’ex ospedale del Cep-

po a Pistoia: l’accordo di programma, che sarà siglato nelle prossime setti-mane, è stato presentato a Firenze dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, dall’assessore al diritto alla salute Luigi Marroni e dal sindaco di Pistoia Samuele Bertinelli.

«Sarà un’operazione di circa 50 milioni», ha spiegato Rossi, secondo cui con questo investimento «si cre-ano posti di lavoro».

Secondo il progetto, gli edifici di minor qualità architettonica saranno demoliti, mentre altre parti saranno riqualificate e destinate sia a funzioni di tipo privato (residenze, terziario e turistico ricettivo), sia di tipo pubblico. Nella parte storica del Ceppo potran-

no sorgere uffici pubblici, gli Archivi comunali storici riuniti e tutti i servizi di sportello del Comune attualmen-te collocati in più sedi, e funzioni scolastiche; saranno inoltre previsti spazi in cui condividere e sviluppare esperienze formative, di lavoro ed imprenditoriali, come piattaforme di co-working e start up giovanili.

Nella parte monumentale sor-gerà il più importante polo museale cittadino e sempre nella parte storica l’amministrazione comunale intende realizzare una «Casa della Città», un moderno urban-center.

«Gli impegni contenuti nell’accor-do di programma - è la dichiarazione del sindaco Samuele Bertinelli - tra-sformeranno quello che per molti secoli è stato un luogo di cura, in un polmone di salute per tutta la città, attraverso una vera e propria opera di

rigenerazione urbana che prevederà un forte diradamento edilizio e darà vita ad un quartiere di stampo euro-peo, libero dalle auto, di alta qualità ambientale ed urbanistica. Questo accordo di programma rappresenta un esempio di collaborazione isti-tuzionale alto, che merita di essere sottolineato e per il quale voglio ringraziare davvero tutti gli enti e gli uffici che vi hanno lavorato, e tra tutti la Regione Toscana».

«All’interno di questa ristruttura-zione complessiva - dice l’assessore Luigi Marroni - ci sarà anche una cit-tadella della salute, anche la direzione dell’azienda sanitaria verrà collocata lì. È un’operazione complessa, ini-ziata con la costruzione del nuovo ospedale San Jacopo, inaugurato nel luglio 2013, e che vede ora in questo accordo la sua conclusione».

URBANISTICA

Riqualificazione dell’area del Ceppo in 5 anni

Rossi: «operazione di circa 50 milioni, che creerà posti di lavoro»

N

comunità e territorio

ZTL

Bollettinie permessi

direttamentea casa

Dal 2015 le autorizzazioni del Comune di Pistoiadiventano permanenti e quindi non avranno

più la scadenza al 31 dicembre a quest’anno sarà più facile rinnovare il permesso per accede-re a zona a traffico limitato, comparto della Sala e area pedo-nale urbana e per parcheggiare nelle aree di sosta riservate ai residenti del centro storico di PIstoia. Non sarà più necessa-

rio recarsi alla sede della polizia municipale in via Pertini ma bollettino di pagamento, autorizzazione e successivo contrassegno da esporre sull’au-to arriveranno direttamente a casa. Un bel vantaggio per gli oltre 5.000 cittadini che ogni anno devono recarsi negli uffici della polizia municipale per il rinnovo del permesso. Per informare gli interessati su tutte le no-vità, nei prossimi giorni verranno inviate lettere direttamente a casa con tutte le spiegazioni ed informazioni necessarie, con allegato un bollettino per il pagamento di quanto dovuto. Una volta effettuato il pagamento partirà poi la procedura per l’invio, sempre a casa, del nuovo contrasse-gno da esporre sul proprio veicolo. Dal 2015 le autorizzazioni diventeranno permanenti e quindi non avran-no più la scadenza al 31 dicembre. In pratica fino al mantenimento dei requisiti necessari il permesso resterà sempre valido. Lo stesso decadrà automaticamente in caso vengano meno i requisiti necessari per averlo. Per esempio se un cittadino si trasferisce e la nuova residenza non pre-vede il diritto all’autorizzazione, quella rilasciata verrà automaticamente cancellata. Ogni anno il nuovo contrassegno sarà inviato direttamente a casa dopo però il pagamento della tariffa dovuta. Le autorizzazioni al transito ed alla sosta in Ztl, Cs e Apu per l’anno 2014 resteranno valide fino al 15 aprile 2015. Tale proroga non comprende le autorizzazioni giornaliere, mensili oppure quelle con data di scadenza prefissata e stabi-lita in fase di rilascio. Le autorizzazioni alla sosta nei settori per residenti sono invece valide fino al 15 maggio 2015. I permessi per la Ztl sono circa in tutto 2.400.

Edoardo Baroncelli

D

«

SANITA’

«Pistoia non èla Cenerentoladella Toscana»

SICUREZZA SUL LAVORO

Controlli nelle ditte cinesi: il 67%

non è in regola Bilancio di quattro mesi di accertamenti effettuati

a Prato, Firenze, Pistoia ed Empoli l 67% delle imprese cinesi visitate a Prato, Firenze, Empoli e Pi-stoia nei primi quattro mesi della campagna di controlli «Lavoro sicuro», avviata a settembre scorso, «non rispetta le più elemen-tari norme per la sicurezza sul lavoro».

Questi i dati diffusi da Confartigianato Imprese Firenze, la cui presidente Gianna Scatizzi parla di «una Caporetto per il sistema di legalità del ter-ritorio». Le cause più frequenti di irregolarità sono relative alla mancata sicurezza di macchinari ed impianti elettrici (insieme, quasi il 70%). Seguono dormi-tori (14%) e cucine abusive (8%) e presenza di bombole a gas (4%). I risultati degli accertamenti svolti fino a dicembre, si spiega in una nota, sono stati presentati agli operatori del settore. La campagna, si ricorda, finanziata dalla Regione e svolta in collaborazio-ne con Asl, Enti locali, magistratura e forze dell’ordine, dal 2014 al 2016 mira a controllare tutte le 7.700 imprese cinesi manifatturiere censite su Prato e l’area vasta Firenze-Empoli-Pistoia, attive soprattutto nei settori abbigliamento, pelletteria e mobile. Il basso numero di imprese controllate in provincia di Pistoia, 31, non consente di delineare trend precisi per l’area, che, al momento, registra comunque la presenza di imprese non a norma nel 52% dei casi. A pre-occupare anche l’elevato numero di aziende cinesi che, al momento dei controlli, sono risultate chiuse (142, il 13% dei controlli in programma). «La tendenza delle imprese cinesi ad aprire e chiudere a ritmo vorticoso - osserva Scatizzi - vanifica molti degli sforzi profusi per garantire sicu-rezza lavorativa e regolarità fiscale. In base ai dati di Unioncamere relativi al periodo 2011-2013, quasi un’impresa su tre ha cessato l’attività entro i primi due anni dall’iscrizione: è più che mai necessario individuare cor-rettivi a tale fenomeno, anche sul piano delle norme e dei regolamenti».

I

Lo ha dettol’assessore regionale

alla salute Luigi Marroni

partecipandoalla

Conferenza deisindaci dell’Asl3

di Patrizio Ceccarelli

testa alle classifiche nazionali, come il Programma nazionale esiti o la Griglia Lea. Nel settembre 2014 si è prospettato uno scenario negativo, con ulteriori tagli. Contemporanea-mente, aumenta il costo delle terapie: solo per fare un esempio, quella per l’epatite C ci costa 50 milioni in più. Per questo abbiamo messo mano alla riforma: per continuare a garantire ai toscani tutti i servizi di cui hanno bisogno». Marroni ha dato atto alla Asl 3 del percorso fatto col suo piano di riorganizzazione e la realizzazione del nuovo ospedale di Pistoia, e ha detto che tra le prossime realizzazioni ci sarà la piazzola per

l’elisoccorso a San Marcello. «Vogliamo interloquire con

tutti – ha concluso – partecipazione e concertazione. Niente è dato per scontato, il confronto continua».

Il sindaco Bertinelli ha sotto-lineato che quella con l’assessore Marroni è stata «una riunione po-sitiva, dall’esito non scontato, che testimonia come l’unitarietà del territorio pistoiese e la serietà di un lavoro intenso e continuo di questa Conferenza dei sindaci sui temi della sanità abbia prodotto e stia producendo, in una fase di gravissi-me difficoltà generali, buoni risultati, seppur ancora parziali».

1122 FEBBRAIO 2015 n. 7VitaLa comunità e territorio

Accademia della bugia delle Piastre approda in teatro. L’appunta-mento è per mercoledì

4 marzo alle 21 al Piccolo teatro Mauro Bolognini di Pistoia dove andrà in scena «Tre strani in treno: Firenze - Le Piastre solo andata», il nuovissimo spettacolo comico-fantastico prodotto dall’Accademia e interpretato dai Gemelli siamesi (Emiliano Buttaroni e Raul Guidotti) e da Gianni Giannini.

«L’Accademia - spiega il magni-fico rettore, Emanuele Begliomini - accresce la sua attività e in vista dell’edizione 2015, la trentanovesima,

del Campionato italiano della bugia, si dà al teatro».

«L’Accademia della bugia - ag-giunge l’assessore all’educazione e cultura del Comune di Pistoia Elena Becheri - svolge un importante la-voro di promozione del territorio a livello nazionale e internazionale e anche per questo motivo l’ammi-nistrazione vuole fare la sua parte per la promozione delle iniziative organizzate dall’Accademia».

«A chi verrà a trovarci al Bolo-gnini - dicono Buttaroni e Guidotti - racconteremo le nostre storie durante un viaggio immaginario su una linea anch’essa immaginaria.

Gli spettatori potranno assistere al poetico incontro tra due generazioni di comici, cioè noi e Gianni Giannini che calca le scene della comicità alla toscana da quasi cinquanta anni».

Lo spettacolo immaginario, co-mico e bugiardo, si dipana nella rela-zione tra il controllore (Giannini) e i due passeggeri (Gemelli siamesi), tra il desiderio di essere Gino Bartali e inforcare la sua bicicletta e un viag-gio a ritroso nel tempo in cui si sale adulti a Firenze e si scende bambini a Le Piastre: un percorso fantastico su un treno che purtroppo non esiste.

P.C.

TEATRO

«Firenze-Le Piastresolo andata»

Il 4 marzo al Bolognini lo spettacolo con i Gemelli siamesi e Gianniniprodotto dall’Accademia della bugia

L’

MAIC

Caso autistiTrionfa il buonsenso

2 febbraio 1977 e 2 febbraio 2015: due date significative per Massimo Bianchi, autista per il trasporto disabili molto conosciuto a Pistoia nonché attore di cinema e personaggio televisivo nel tempo libero.È il 2 febbraio 1977 quando Bianchi viene assunto dall’allora sezione Aias di Pistoia (poi Maic) dove lavora per ben 39 anni. Per circa 30 anni effettua il percorso che da Casalguidi porta a Pontenuovo e Pistoia città, trasportando gli utenti della Maic insieme all’amico e collega Lorenzo Lurci. Il legame che si crea tra Massimo e Lorenzo con i ragazzi è forte, generando anche simpa-tiche gags che allietano le giornate degli utenti, tanto da ispirare un maestro dell’ironia come Roberto Benigni per il personaggio di Dante protagonista del film “Johnny Stecchino” o per la scena delle galline realmente accaduta nel vivaio Pagnini di Ponte Stella (Comune di Serravalle P.se).Un’amicizia quella di Massimo con Benigni nata a Vergaio e che porta Massimo, notato dal regista premio Oscar per la sua simpatia, ad essere Remigio fratello di Vitellozzo nell’indimenticabile commedia “Non ci resta che piangere” oltre ad avere una parte nella pellicola Oscar “La vita è bella”. Bianchi in arte Loppa diviene anche un personaggio televisivo su Tvl Pistoia, concorrente del programma “Affari tuoi” su Raiuno, occupandosi inoltre dei problemi del territorio locale insieme a Lurci in arte Bracco. A dicem-bre scorso arriva però per loro una notizia spiacevole: Maic già da tempo aveva deciso di esternalizzare il servizio di trasporto degli utenti, rilevato da un’Ati – Associazione temporanea d’imprese con capofila la cooperativa Socialmise attraverso gara pubblica indetta dall’azienda sanitaria Usl n. 3. L’Ati però, che si avvale di volontari, sostiene di aver partecipato alla gara solo per senso di responsabilità a tutela del servizio e che non può soste-nere la spesa per personale dipendente, così Bianchi e Lurci rischiano di perdere il proprio posto di lavoro. Segue un duro comunicato del sindacato Cgil Pistoia a difesa dei due dipendenti, nel quale si sostiene che secondo il capitolato di gara il servizio di trasporto non può essere svolto solo da personale volontario, a tutela della qualità del servizio stesso oltre che del livello occupazionale fino ad allora previsto. Alcune famiglie degli utenti atte-stano la loro stima per Bianchi e Lurci. Si tengono quindi importanti riunioni per affrontare la questione, con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti: Maic, l’Ati con capofila Socialmise, azienda Usl 3. Le prime notizie non sono buone, poi la svolta positiva: Massimo Bianchi continuerà ad occuparsi come autista del trasporto degli utenti Maic per conto adesso della Socialmise e della Misericordia di Pistoia fino al raggiungimento della pensione previsto tra circa tre anni e mezzo, Maic fino ad allora si occuperà invece della sua retribuzione mentre Lurci viene ricollocato in azienda con altre mansioni. Così dal 2 febbraio scorso è iniziata una nuova esperienza professionale per Bianchi, una nuova piacevole avventura sempre accanto ai ragazzi della Maic. «Trovo un lavoro di squadra ed una famiglia che si impegna per un progetto verso i più deboli. –dichiara Massimo, parlando della Misericordia di Pistoia- Solo nella collaborazione reciproca si può trovare quella fra-tellanza che il cuore e l’amore fanno sentire superiore ad un rapporto di lavoro fatto solo di un orario e di un obbligo giornaliero». Riparte dunque a pieno titolo lo straordinario pulmino guidato da Massimo Bianchi con i ragazzi della Maic, trionfano la responsabilità verso la comunità locale e il buon senso, trionfano i ragazzi della Maic ed i loro affetti.

Leonardo Soldati

ioggia di premi nei giorni scorsi al Packy Bar di Spedalino (Agliana) per le botteghe storiche, quelle

cioè in attività da più di quaranta anni sul territorio locale. Presenti, oltre naturalmente agli imprenditori premiati, anche il presidente pro-vinciale di Confcommercio Stefano Morandi, il direttore Tiziano Tempe-stini, il responsabile della delegazione aglianese Giampiero Baroncelli, il vicesindaco di Agliana Luisa Tonioni

e l’assessore alle attività commerciali Rino Fragai. L’Amministrazione locale ha sottolineato l’importanza per il territorio aglianese delle attività di vicinato che le imprese della zona hanno portato avanti con grande dedizione in lunghi anni.Ecco dunque l’elenco dei nomi delle aziende aglianesi premiate: alimentari tabacchi Bonacchi, macelleria salumi-ficio Bonacchi, pasticceria Bonacchi, forno Coppini, Maison Premiére, Effemarket, Castino, mesticheria

Romiti, albergo ristorante pizzeria Giulio, pizzeria Gina, Tonti Marcello, Bardini gioielli, Baroncelli merceria abbigliamento biancheria, abbiglia-mento Varo, ferramenta Cecchi, caffè Ventura, macelleria Marini, ottica Bonriposi, profumerie Fabbri, Packy bar, merceria Adele, Doni Aldo im-pianti tecnologici, calzature Baroncel-li, tabaccheria Cipriani, caffè Ricasoli, gioielleria Pierattini, Happy school cartolibreria, Enrica e Giuseppina.

M. B.

P

a Pistoia Abetone compie 40 anni. L’appuntamento per l’importante ricorrenza è già fissato infatti per il 28

giugno prossimo quando prenderà il via l’edizione 2015.Sono molteplici le iniziative in program-ma per celebrare la ricorrenza; fra le più attese segnaliamo quella di un libro che sarà presentato molto probabilmente nei giorni immediatamente precedenti la corsa; sarà un racconto di quattro decenni di imprese podistiche arricchito da foto, classifiche e tempi oltre ad essere accompagnato dalle emozioni di protagonisti e addetti ai lavori e completato da un dettagliato tributo al territorio.

Per quanto riguarda invece l’aspetto dei meriti sportivi è importante sottoli-neare la novità che l’UISP ha assegnato alla corsa la validità come prova unica di Campionato Nazionale 2015 di Gran Fondo oltre alla conferma di validità di prova di Campionato Italiano IUTA di gara in salita Ultra, Gran Prix IUTA oltre a Campionato Nazionale di Gran Fondo per donatori AVIS. Confermata anche per l’edizione 2015 l’adesione ai circuiti “Le Classiche Toscane”, “Correre in To-scana”, “Challange Romagna-Toscana” e “Challenge Crudelia”.

Per quanto riguarda l’aspetto dei “ricordi” sono stati confermati i quattro memorial : “Artidoro Berti” (che il 20 ottobre 1968 che con la sua leggen-daria impresa in solitaria pose le basi per la corsa..) che sarà assegnato alla prima società per numero di iscritti, “Lucia Prioreschi” (storica giornalista de “Il Tirreno” prematuramente scom-

Pistoia-AbetoneVerso l’edizione del quarantennale

L

AGLIANA

Botteghe storiche premiateda Confcommercio

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

ChIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

parsa nel 1999) alla prima classificata assoluta,”Sergio Pozzi” al primo classi-ficato e “Alessandro Del Cittadino” al primo atleta ed alla prima atleta tesse-rati per società della Provincia di Pistoia.

“Tutto come da tradizione anche per quanto riguarda i traguardi interme-di della corsa - si legge in un comunicato della segreteria organizzativa -; a San Marcello Pistoiese ci sarà l’arrivo della 30 km competitiva “Pistoia- San Mar-cello Dynamo Camp, mentre ai 14 km si fermeranno gli iscritti alla panoramica

“Pistoia – Le Piastre non competitiva mentre per il quattordicesimo anno consecutivo grazie anche all’apporto appassionato e fondamentale dell’am-ministrazione provinciale di Pistoia, a Le Regine si rinnoverà l’appuntamento con il “Quarto Traguardo” che vedrà prota-gonisti disabili e loro accompagnatori che percorreranno tre chilometri in un clima di festa e condivisione fino a rag-giungere lo storico traguardo di Piazza delle Piramidi.”

Edoardo Baroncelli

12 n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVitacomunità e territorio

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

ettimana all’insegna della vittoria. La Pistoiese, che nelle ultime sette partite aveva collezionato un bilancio disastroso (sei sconfitte e un pareg-

gio), è ‘risorta’ contro il Tuttocuoio. Non si può dire che abbia superato la crisi ma che abbia ripreso fiato e in parte le forze questo sì. Ci vorranno, certo, altri avversari più forti del Tuttocuoio, altri probanti esami e verifi-che, ma la buona prestazione di sabato scorso ha riacceso le speranze di un ritorno nelle zone tranquille di classifica. La squadra, col nuovo allenatore Sottili in panchina, è apparsa più compatta e meglio disposta tatticamente. Il nuovo tecnico ha apportato alcune corre-zioni che si sono rivelate azzeccate, come la disposizione a rombo del reparto di centro-campo, con Pacciardi vertice basso e Vassallo vertice alto, Calvano e Mungo sull’esterno del quadrilatero. In particolare si è rivelata moto fruttuosa la posizione da trequartista di Vassallo, che ha contribuito efficacemente a dare sostanza al gioco d’attacco, culminata con la rete del raddoppio. Una Pistoiese, dunque, che è piaciuta e che ha dimostrato di essere tornata a respirare un’aria nuova. “Ci è dispiaciuto esonerare Lucarelli _ ha detto il presidente Ferrari, la settimana precedente la partita col Tuttocuoio _ ma dopo una così lunga striscia di sconfitte abbiamo voluto dare una scossa alla squadra. Spero che volti pagina e torni a vincere”. Le sue previsioni

hanno subito trovato il conforto della vittoria. Ora si tratta di continuare su questa strada.

Ha vinto anche il Pistoia Basket. Ha battuto Caserta, che era reduce da ben quattro vit-torie di fila. Un successo, quindi, che assume una notevole importanza e che conferma il valore della squadra di Moretti, entrata in zona playoff. La nota saliente della vittoria, oltre naturalmente i due punti conquistati contro una delle squadre più in forma del campionato, è stata la prova di squadra che hanno dato i biancorossi. C’è nel gruppo una efficace sintonia di vedute, di propositi, di appartenenza alla maglia. Non ci sono stelle ma tutti danno il loro contributo con umiltà, spirito di sacrificio e unità d’intenti. La prova che si tratta di un gruppo omogeneo è data dalle prestazioni di coloro che ogni volta non fanno parte del quintetto iniziale. Una volta tocca a Cinciarini a fare il protagonista, un’altra Magro e domenica è stato capitan Filloy a mettere la firma sul match, segnan-do ben 20 punti (2/3 e 5/11), trascinando i compagni, spigoloso in difesa e brillante in attacco, autore di alcune bombe (tiri da 3) che hanno schiantato Caserta. La squadra di Moretti sta dimostrando di avere le qualità per restare in zona playoff. Le prossime sfide lo confermeranno. Intanto, il campionato si ferma per lasciare spazio alle Final Eight di Coppa Italia.

è una società che, pur giovane, sta emergendo con forza nel panorama giovanile provinciale

pistoiese. Lavorando bene a livello di vivaio, prelevando i migliori elementi dalle società vicine. Ecco che la for-mazione under 14 del Pistoia Volley La Fenice (nella foto), allenata dalla 25enne Claudia Caramelli, si è fregiata del titolo di campione provinciale di categoria superando in finale il Blu Vol-ley Quarrata di Martino Frangioni (con i punteggi di 3-1 a Pistoia e 3-0 nella città del mobile). Una nuova splendida soddisfazione per il presidente Luca Olmi, l’allenatrice, le giocatrici e tutti i collaboratori del club. Basti pensare agli impressionanti numeri messi assieme delle fenicine: nella regular season 10 vittorie su altrettante gare (30 set vinti e 1 solo perduto), nella fase finale 6 successi su 6 (16 set con-quistati e 2 persi). Per l’allenatrice, figlia d’arte (il padre è quel Claudio Caramelli che portò la Vallina in serie A/2 25 anni fa), quarto titolo provinciale consecutivo dopo quelli under 13 nel 2012/2013 e 2013/2014 e quello under 14 nel 2013/2014. Un bravo soprattutto alle gio-vani atlete, che affronteranno le fasi regionali nel prossimo mese di marzo rappresentando Pistoia e provincia: capitan Chiara Perselli, Gaia Melani, Giada Tempestini, Giorgia Baldesi, Asia Sabatini, Costanza Nesti, Chiara Cappellini, Rachele Romiti, Alessandra Bianchini, Giulia Cifelli, Giulia Banci, Giulia Burchietti e Costanza Orlandini. Complimenti anche alla neo-dirigente Letizia Innocenti, anche lei 25enne, che ha supportato validamente il gruppo. “Abbiamo di-sputato un bel torneo e due splendide partite in finale al cospetto di un eccellente Quarrata _ la chiosa di tecnico e pallavoliste _. Tutti abbiamo dato il nostro contributo alla causa. Dopo la vittoria del secondo set in gara-2, che ci consentiva il successo nella competizione, non c’è stata alcuna festa anticipata, tutt’altro, abbiamo raddoppiato lo sforzo per chiudere al meglio, vittoriosamente”.

Gianluca Barni

PALLAVOLO

Con la Fenice Pistoia torna campione

C’ S

spor t pistoiese

ante e di buon livello sono state le iniziative promosse dall’associazio-ne internazionale produt-

tori del verde “Moreno Vannucci” nel 2014 recentemente conclusasi al Cespevi soddisfacendo le atte-se dei soci, capitanati dal vivaista Vannino Vannucci; oltre a quelle dei numerosi enti patrocinatori e delle varie aziende o istituti, che hanno collaborato nelle fasi organizzative e logistiche; tanto da contribuire e tonificare la considerazione che Pistoia è divenuta “l’ombelico del verde nel mondo”, come soste-nuto nelle pagine 17 e 18 de “Il Caleidoscopio” a firma di Eugenio Ciuti, presidente del centro studi per il vivaismo, edito nel 2014 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.

Inoltre la XV edizione ha otte-nuto pure la significativa adesione anche del Presidente della Repub-blica Giorgio Napoletano, predispo-nendo una bella targa fatta coniare per l’evento, durato sei mesi con una ventina di manifestazioni razio-nalmente articolate ed itineranti. Nell’ambito dell’iniziative finale del Meeting, il Capo dello Stato ha pure ricevuto Renzo Benesperi per la consegna al Presidente di un riconoscimento conferitogli dall’As-

sociazione ed una delegazione in occasione dell’ennesimo omaggio di un abete bianco proveniente dall’appennino pistoiese alto 18 mt., per il cortile d’onore del Quirinale in segno di augurio da parte della gente che tenacemente seguita a vivere ed a lavorare sulle montagne e nelle campagne.

In settembre 2014 il Meeting si è aperto con una serie di visite guidate ben curate dal comune di Serravalle a vivai ornamentali di aziende agricole a campione ed al Pistoia Nursery park. In questo contesto grande successo ha avuto la conferenza dell’onorevole Oreste Pastorella, membro della commis-sione ambiente della camera dei deputati sul tema: “L’importanza dell’agricoltura nel rispetto ambien-tale per la qualità della vita”, dove studenti docenti e cittadini hanno partecipato.

Nella “maratona” del Meeting una bella pagina è stata anche quel-la del 24 ottobre con la giornata dedicata a “Verde – stili di vita – solidarietà” svoltasi nella speciale cornice di “Villa Colle Alberto” di Montale gentilmente concessa dalla Misericordia di Pistoia. Dopo gli interventi introduttivi dei presidenti Sergio Fedi della Misericordia di Pistoia e da quello del Distretto

vivaistico Vannino Vannucci, sono state molto apprezzate le relazioni scientifiche di tre eminenti medici, i dottori Gino Volpi, Franco Am-mannati e Stefano Bartolini. Mentre gli interventi conclusivi sono stati fatti dai segretari generali Roberto Fratoni della Misericordia e Renzo Benesperi dell’associazione “More-no Vannucci”.

Tra le manifestazioni più riuscite meritano di essere ricordate quelle del 19 novembre “Verde, arte e cul-tura” tenuta nel ristrutturato ora-torio di S. Maria in Borgo Bambino (g.c.) in San Bartolomeo, dove il prefetto Mauro Lubatti ha ricevuto un riconoscimento e altri ne hanno consegnati per conto del comitato direttivo: Diploma Verde a France-sco Vestrucci del comando vigili del fuoco; premi alla cultura ai ricerca-tori storici pistoiesi Elena Vannucchi e Antonio Lo Conte, all’assessore comunale alla cultura Elena Beche-ri, oltreché allo scrittore Antonio Fusco, al presidente “Associazione amici di Groppoli” Giampiero Ballotti, alla pittrice “Esa” Pratesi Corsini, alla poetessa Lalla Calderi-ni, all’imprenditore Silvano Checchi e al vicario diocesano monsignor Paolo Palazzi.

Renzo Benesperi

T

XV edizione del “Meeting 2014 sul Florovivaismoin Europa tra natura,

arte cultura del verde”

CULTURIDEA

Festivaldella musicae delle arti

iunge alla XII edizione il Festival della Musica e delle arti per finanziare il centro didattico padre Vittorio Agostini e scuola dello sport Roberto Clagluna a Lukulà, Repubblica Democratica del Congo.Una manifestazione fortemente voluta dall’Associazione Culturidea,

Amministrazione Comunale di Pistoia in collaborazione con Fondazione Luigi Tronci e Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, che attraverso la musica, in tutte le sue espressioni, raccoglie fondi per questa scuola al secondo anno di scolarizzazione.

Un’amicizia e fratellanza quella tra Pistoia e Nsioni in Congo suggellata lo scorso anno con la visita privata presso l’Amministrazione di Palazzo di Giano del Presidente del Parlamento Congolese sua Eccellenza Simon Mbatshi Batshia ricevuto dall’assessore Elena Becheri nella sala del Gonfalone e che prosegue attraverso le varie edizioni del Festival.

Anche quest’anno la collaborazione tra Comune di Pistoia, Associazione Teatrale Pistoiese e Culturidea, è riuscito nel miracolo di concentrare nove spettacoli in tre giorni, 20, 21 e 22 febbraio.

Si parte con la danza ed il venerdì saranno protagoniste la Smiledance di Federica Pacini (ore 17) con “Do you remember Micheal Jackson?” e quindi Grazia Pasquinelli con il Centro danza classica e jazz con “Danzando tra una nuvola e un sogno” (ore 21). Il sabato è veramente il giorno più ricco perché la partenza è con il botto: Graziano Uliani e la Mabellini Jazz Orchestra saranno protagonisti di un concerto per le scuole pistoiesi con già 280 prenotazioni (ore 10). Nel pomeriggio si alterneranno sul palco Spazio Danza (Danza su una nuvola e guarda il cielo ore 15.00) di Silvia Caramelli, Progetto Danza Toscana (Do you believe in love? Believe in dance. Ore 17.30) di Katia Foderi e quindi alle 21.00 l’Invito alla Follia di Federica Pacini, Smiledance. Domenica sarà la volta di Idea Danza di Cristiana Capecchi (La danza rende liberi, danza! Ore 15.00) e Centro Arte Danza di Claudio Mura e Maria Rosaria Disessa (La danza è una musica al cuore ore 17.30), mentre il Festival si concluderà alle 21.15 con un serata lirica con Maria Teresa Guarracino, Salvatore Cilia, Alessandro Maffucci, Benedetta Gaggioli, Valentina Perugi, Simona Bertini, Veronica Senserini e la partecipazione straordinaria di Carlo Bini.

Si alterneranno sul palco a presentare gli spettacoli oltre a Graziano Uliani, Giu-seppe Amoriello, Elisabetta Branchetti, Raffaele Totaro, Mario Diolaiuti, Beatrice Papi.

Una delle speranze di Culturidea nella realizzazione di questa manifestazio-ne non è solo che si prosegua in questa attività benefica, ma che si comprenda come in Pistoia vi sono realtà come la danza, la lirica, la musica che meritano più attenzione e spazi.

G

1322 FEBBRAIO 2015 n. 7VitaLa dall’Italia

IN ATTESA DEL PARLAMENTO

Lotta alla corruzionecercasi disperatamente

i a “leggi chiare e inequi-vocabili”, ma la lotta alla corruzione richiede anche altro, una “coscienza morale”

in grado di mettere in moto “una circolarità virtuosa tra le norme e il loro rispetto”. Dopo il monito della Corte dei Conti (“Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso”, ha detto il suo presidente, Raffaele Squitieri, all’inaugurazione dell’anno giudizia-rio) e mentre si attende che approdi all’esame del Parlamento il disegno di legge “anticorruzione”, abbiamo interpellato Lorenzo Caselli, econo-mista e docente di etica economica all’Università di Genova.

I moniti contro il livello della corruzione in Italia si susseguono, dal discorso d’in-sediamento del presidente della Repubblica (“La lotta alla mafia e quella alla corru-zione sono priorità assolute”) alla relazione della Corte dei Conti. Senza dimenticare le parole di Papa Francesco…

“La questione è veramente drammatica, viene da lontano e ha molteplici implicazioni. Certamente

la prima è di carattere economico-produttivo: l’Italia è al primo posto in Europa per livello di corruzione e supera anche diversi Paesi extra-europei. Questo ha conseguenze in termini di capacità di attrarre investi-menti: i fenomeni corruttivi incidono negativamente sulla crescita produt-tiva. Altro aspetto da sottolineare, però, è il clima morale del nostro Paese che si sta deteriorando”.

Manca, a suo avviso, una sufficiente condanna pubblica di questi fenomeni?

“Il clima etico e morale, fonda-mento del vivere civile, poggia su tre pilastri. Il primo è la coscienza individuale: ma quanto è radicato nella coscienza il senso del rispetto verso gli altri, verso lo Stato, verso la comunità? Secondo pilastro sono le leggi e le norme, che però arrivano con molto ritardo, sovente ‘quando i buoi sono scappati’, e generalmente sono ambigue e complicate, lasciando spazio alla scappatoia. In terzo luogo, fondamentale è il controllo sociale, ovvero la sanzione degli onesti, da noi scarsamente presente: nel corso del tempo abbiamo interiorizzato il principio del ‘vivi e lascia vivere’, non

S

Lorenzo Caselli, economista e docente di eticaeconomica all’Università di Genova: “Ci vuole una

grossa operazione di educazione alla responsabilità.Dobbiamo creare un clima che premi le imprese

virtuose, che rispettano la legge e hanno anche il coraggio di denunciare. Poi, l’educazione alla legalità,

che dovrebbe cominciare fin dalle elementari”di Francesco Rossi

irca 45 milioni di euro erogati per progetti a sostegno dei giovani nel periodo 2011-2014.

Sono i finanziamenti che 48 Fon-dazioni d’impresa e di famiglia hanno destinato a 172 progetti a favore di quella che è ormai di-ventata una delle fasce deboli del mercato del lavoro. Oltre 40mila i beneficiari, mentre gli importi annui sono in costante crescita e per alcune Fondazioni esistono impegni futuri che superano il milione di euro. Questi i principali dati emersi dall’indagine dell’Isti-tuto per la ricerca sociale (Irs) presentata al Senato (Palazzo Giustiniani).

un Segnale di Speranza“In un momento difficile, soprat-tutto per le nuove generazioni, i numeri che presentiamo possono dare un segnale di speranza”, ha esordito Diana Bracco, presi-dente dell’omonima Fondazione capofila del progetto, che vede coinvolto un cartello di otto Fondazioni partner con l’obiet-tivo di offrire la mappatura degli strumenti messi in campo dalle Fondazioni italiane a sostegno dei giovani. Una “lettura” e una

C A SOSTEGNO DEI GIOVANI

Fondazioni in campocon 45 milioni di europer il “Vivaio Italia”

Oltre 40mila i giovani beneficiari dei progetti messi in campo dalle Fondazionid’impresa e di famiglia

di Giovanna Pasqualin Traversa

messa in rete degli interventi e dei loro esiti in termini di occupa-zione e competenze acquisite, dei fattori di successo e delle even-tuali difficoltà, che può offrire “un significativo contributo di idee, progetti e risorse, oltre a possibili indicazioni in termini di policy making e strategie di integrazione tra formazione e lavoro in azien-da”. E di speranza concreta ce n’è proprio bisogno di fronte agli allarmanti livelli di disoccupazione giovanile (42%), alla crescita dei Neet (Not in Employment Educa-tion and Training) e al divario tra le competenze acquisite durante il percorso di studio e quelle di cui il sistema produttivo ha bisogno. I

dati resi noti, costituiscono un’an-ticipazione dei risultati dell’in-dagine che sarà presentata inte-gralmente il prossimo 20 maggio presso il Padiglione Italia all’Expo 2015 di Milano, in occasione dell’assemblea generale dell’Euro-pean Foundation Centre.

nuovi Modellid’interventoIstruzione tecnica, sostegno economico con borse di studio, inclusione scolastica, educazione civica, attività artistico-sportive, formazione professionale, tirocini aziendali, incubazione d’impresa e start-up, concorsi d’idee, scambi internazionali: queste le diverse

tipologie dei progetti sostenuti. “Delle 48 Fondazioni coinvolte, 36 sono localizzate al Nord, 11 al Centro e una al Sud”, ha spiegato Manuela Samek (Irs). Il 40% dei giovani beneficiari è costituito da studenti, il 28% da giovani svan-taggiati e/o in disagio; il 23% da “eccellenze”, il 14% da disabili. Fondazione Bracco, ad esempio, ha dato vita al progetto “Diven-terò - Fondazione Bracco per i giovani”, iniziativa pluriennale che mira a rafforzare il legame tra formazione e mondo del lavoro e accompagnare i ragazzi di talento nel loro percorso professionale aiutandoli a sviluppare anche le cosiddette “soft skills”. Dalla pre-

chiediamo la fattura pensando d’in-staurare un rapporto di complicità per cui paghiamo meno e così via”.

La crisi, è stato rilevato, favorisce la corruzione, anzi “l’una è causa ed effetto dell’altra”. Perché?

“La corruzione erode la fiducia, bene sempre più prezioso per lo svi-luppo dell’economia e per la crescita. Quello che manca nel nostro Paese è proprio il clima di trasparenza, ma se viene meno la fiducia anche l’attività economica ne risente. Ecco perché la corruzione è un ostacolo formidabile alla ripresa: se un imprenditore deve pagare bustarelle e avere il favore di

determinati funzionari per portare avanti il proprio progetto, ecco che, se è onesto, rinuncia, e magari anzi-ché investire da noi va in Stiria o in Carinzia, per fare un esempio, dove pullulano le imprese italiane”.

Ma allora come è possibile far ripartire il Paese?

“Ci vuole una grossa operazione di educazione alla responsabilità. Dobbiamo creare un clima che premi le imprese virtuose, che rispettano la legge, sentono il loro dovere nei confronti della comunità e hanno anche il coraggio di denunciare ciò che non va. Poi, l’educazione alla legalità, che dovrebbe cominciare fin

dalle elementari”.

Il governo Renzi dichiara di avere, tra le proprie prio-rità, la lotta alla corruzione, tanto che presto approderà un ddl in Parlamento… Quali strumenti servono, a livello legislativo, per combatterla davvero?

“Leggi chiare e inequivocabili. Noi invece ci perdiamo dietro a per-centuali per la punibilità, periodiche sanatorie e condoni. Così non si va da nessuna parte: ci vuole la certezza e, oserei dire, la durezza del diritto”.

Nel ddl pare sia prevista una soglia per il falso in bi-lancio…

“Mettiamo la soglia del 3%? Però non ci devono essere possibilità di equivocare la norma. Servono dei punti fermi”.

Si parla anche di pene più severe e allungamento dei tempi per la prescrizione, che potrebbe sospendersi dopo la sentenza di primo grado. Che ne pensa?

“Evitiamo che siano solo ‘gri-da manzoniane’. Qualcosa può veramente cambiare se c’è una circolarità virtuosa tra la norma e la comunità che invita al suo rispetto. È necessario mettere in movimento un processo in cui le leggi - chiare, trasparenti e anche dure - si combi-nano con una consapevolezza e una coscienza collettive e individuali. Certe affermazioni che vengono dall’alto - dal Papa a Mattarella - man-tengono all’ordine del giorno questa questione. Anche noi cattolici nel passato non abbiamo sempre tenuto presente come certi comportamenti siano un delitto contro il bene co-mune. È ora di dirlo chiaramente, e comportarsi di conseguenza: non bastano le leggi se non si crea un clima adeguato”.

sidente l’auspicio che l’impegno delle Fondazioni d’impresa “serva anche da catalizzatore per le atti-vità del governo” facendo emer-gere “modelli d’intervento utili come indicazioni per l’attuazione delle politiche giovanili”, rinfor-zando, ad esempio, il Programma europeo Garanzia Giovani.

vivaio italiaDi “stimolo per le istituzioni” ha parlato il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, che ha sottolineato la necessità di creare “percorsi di alternanza scuola-lavoro per aiutare i ragazzi ad occuparsi”, giacché “la scuola non è l’unico luogo di formazione”. Il governo, ha assicurato, “lo farà con molto rigore”. “Defiscalizzazione, soste-gno pubblico e semplificazione” le tre strade indicate da Poletti per migliorare l’intervento delle Fondazioni. Francesco Ferran-te (Comitato scientifico Alma laurea) ha sottolineato la “sfida impegnativa di individuare nuovi modelli di formazione” in un mercato in “continuo cambiamen-to”. Su questo orizzonte si dispie-ga il ruolo sociale delle fondazioni d’impresa, attivatrici di crescita del “Vivaio Italia”.

14 n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVita

Europa guarda con occhio annoiato e distratto la tragedia che si sta consu-mando in questi giorni al

largo delle coste di Lampedusa. Chissà se il numero dei morti che di ore in ore sta crescendo grazie anche alle testimo-nianze drammatiche dei sopravvissuti, riuscirà a risvegliare nell’opinione pub-blica europea un minimo di interesse. Basterebbe anche un piccolo ma reale sussulto di pietà umana. Perché anche la morte di un solo essere umano è un peso sulla coscienza e merita tutta l’attenzione. Ma al largo di Lampedu-sa, davanti alle coste libiche, i morti sarebbero oltre 300 e non 29 come si era pensato. A raccontarlo sono stati i superstiti del naufragio salvati da un mercantile italiano e giunti a Lampedu-sa con una motovedetta della Guardia Costiera. Le loro testimonianze - ora al vaglio della Guardia costiera - sono state raccolte dall’Unhcr e parlano di migranti travolti sui gommoni dalle onde del mare in tempesta.

delle loro Storie e delle iMMagini c’è poco o nulla Sui Maggiori Quotidiani europei e QueSta “aSSenza” dà ilpolSo del “Sentire europeo”

Le Monde di martedì 10 febbraio dedica addirittura 13 pagine all’affaire Swissleaks, lo scandalo mondiale degli evasori in Svizzera. E tra le inchieste giu-diziarie e i giochi finanziari, la tragedia di Lampedusa appare relegata in poche righe a firma del corrispondente da Roma. Le Figaro preferisce dare spazio

dall’italiaGIA’ TRIPLICATO IL NUMERO DEI MORTI

Tragedie dei migrantiL’Europa guarda altroveL’ Per Giancarlo Perego la tragedia è figlia

dell’abbandono di Mare Nostrum, un’operazione che doveva essere condivisa a livello europeo e consentire

un canale umanitario per accogliere personealla ricerca di protezione internazionale

di Maria Chiara Biagioni

“inadeguato” citando a questo propo-sito il parere espresso dall’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite.

ogni paeSe èSicuraMente alle preSe con probleMi e tragedie

Le regioni orientali dell’Ucraina sono incandescenti e l’Europa è impe-gnata proprio in queste ore a risolvere il conflitto in corso mettendo in atto tutte le strategie diplomatiche possibili. Ci sono poi la lotta al terrorismo in Europa di matrice islamica e la situazione eco-nomica della Grecia. Sono tutte “noti-zie” che distolgono per un motivo o per l’altro lo sguardo dal Mar Mediterraneo. Ma in quel pezzetto di mare si continua a morire e i più a rischio sono donne, bambini e adolescenti soli. Federica Mo-gherini, Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, ha esortato l’Europa a fare di più: “Non possiamo permettere altre tragedie del mare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi: dobbia-mo essere capaci di dare una forte risposta politica e operativa”. Mentre Gianni Pittella, capogruppo dei socialisti e democratici a Strasburgo, è stato ancora più chiaro: “I governi europei devono convincersi che non si può fare accoglienza e soccorso senza uomini e mezzi adeguati: è una vergogna che non siano capaci o non vogliano fare di più”. Mario Marazziti, presidente del Comitato per i diritti umani della Camera dei Deputati (Italia), chiede la Creazione di un’Agenzia europea per l’immigrazione, di una banca dati comune e di un Centro di accoglienza europeo in Sicilia. “L’Europa - dice - non può essere il guardiano di un cimitero”.

“la tragediaè figliadell’abbandonodi Mare noStruM”

Questo è il commento di monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, che aggiunge: “Un’operazione che doveva essere condivisa a livello europeo e consentire un canale umanitario attraverso il quale effettivamente accogliere queste persone alla ricerca di una protezione internazio-nale”. Sostituita dall’operazione “Triton”, la nuova politica europea sul controllo del Mediterraneo - aggiunge Perego - “dimostra di essere assolutamente “insufficiente, incapace di gestire una situazione che sta crescendo”. Perego fa notare infatti come in questi primi due mesi del 2015 gli arrivi sono aumentati rispetto ai primi due mesi del 2014 e i morti sono addirittura triplicati (“re-stando ancora ai 29 morti di lunedì e non ai 200 su cui la Guardia Costiera sta indagando”). Si è passati cioè dalle 12 vittime accertate nei primi due mesi del 2014 alle 50 nello stesso periodo del 2015. “Non si può far finta di nulla”, incalza monsignor Perego. “È chiaro che l’Italia affronta questa situazione par-tendo da una condizione di debolezza per la mancanza di un’organizzazione puntuale di prima e seconda accoglienza. E questa debolezza del nostro Paese diventa un vulnus per tutta l’Europa”. Ma si preferisce ignorare la notizia perché - sentenzia Perego - “si vuole rimuovere una responsabilità e non farla emergere. La responsabilità di un’Europa che so-stanzialmente non sta governando questi flussi nel Mediterraneo. L’aver tenuto bassa questa informazione da parte dei media europei significa volerla relegare a un problema esclusivamente italiano ma anche non assumersi una responsabilità sul piano europeo come questa tragedia invece chiederebbe”. Per fortuna non manca mai la parola di Papa Francesco che durante l’udienza del mercoledì si è così espresso: “Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso”.

nelle pagine internazionali alla tragedia ucraina e al braccio di ferro in corso tra l’Europa e la Grecia. In Inghilterra, si riesce a trovare la notizia sul sito di The Guardian solo digitando “Italy” nel motore di ricerca. In Belgio i quotidiani Le Soir e La Libre sono centrati sulla notizia della lotta al terrorismo e sull’ar-resto di Fouad Belkacem, predicatore di “Sharia4Belgium” d’ispirazione salafista. In Germania, invece, Bild pare ignorare

completamente la tragedia di Lam-pedusa e se si digita “Italien” sul sito del prestigioso Frankfurter Allgemeine Zeitung, esce lo scandalo di Antonio Conte indagato per le partite truccate. Die Welt relega la notizia a una breve ma almeno ammette che la missione di salvataggio “Mare Nostrum” ha portato migliaia di rifugiati nel Mediterraneo in sicurezza. Sostituita poi dall’Ue con la missione “Triton”, che si sta rilevando

siste una nuova “cortina di ferro” in Europa che, come quella tragica-mente nota del passato

e rimossa dalla storia nel 1989, taglia in due il continente. Una di-visione non sempre netta ma non meno profonda, spesso luttuosa, comunque diversa dal passato. La linea di demarcazione di un tempo si frapponeva tra Europa dell’est e dell’ovest, fra le democrazie di stam-po occidentale e i regimi comunisti, le prime sotto l’ombrello protettivo degli americani, i secondi accodati alle direttive dell’Unione sovietica. Oggi la nuova “cortina” passa dall’Ucraina alla Grecia e sfocia nel Mediterraneo, marcando un confine tutt’altro che nitido tra guerra e pace, tra economie solide e altre sul filo del default, fra l’Europa dell’inte-grazione comunitaria e i Paesi che, in Asia e Africa, di fatto non hanno mai imboccato la via dello sviluppo e oggi sono preda di povertà, conflitti e migrazioni di massa.La nuova impalpabile muraglia si scorge nelle pieghe dei negoziati di Minsk, dove Ucraina, Russia, Francia e Germania (le ultime due potenze europee, che si sono autoassegnate il diritto di parlare a nome dei 28 Stati dell’Ue) hanno cercato una via d’uscita accettabile per porre

E L’EUROPA AL BIVIO

Guai ad arrendersialla nuova “cortina”

Passa dall’Ucraina alla Grecia e sfocia nel Mediterraneo, marcando un confine tra guerra e pace, tra economie solide e altre sul filo del default, fra l’Europa dell’inte-grazione comunitaria e Paesi che, in Asia e Africa, non hanno mai imboccato la via

dello sviluppo e oggi sono preda di povertà, conflitti e migrazioni di massadi Gianni Borsa

fine alla guerra che da mesi e mesi si combatte nelle regioni orientali ucraine, sulle quali Mosca intende mettere le mani.Ma la “cortina” si scorge anche in Eurolandia: con la Grecia costretta a fare i conti con una situazione finan-ziaria, sociale e occupazionale di-sperata, la necessità di ottenere altri fondi dalle casse dell’Ue, della Bce e del Fondo monetario internazionale, ma costretta, per ragioni di politica interna, a fingere sicurezza. Così da irritare gli stessi Paesi che finora, nel bene e nel male, hanno consen-tito ad Atene di tirare avanti, nella speranza di riprendere fiato per far ripartire l’economia e rimettere in moto il sistema-paese.E come non vedere, nuovamente,

quella “cortina” che, attraverso il Me-diterraneo, segna la distanza tra l’Eu-ropa da una parte e i Paesi del nord Africa, del medio Oriente e dell’Asia interna dall’altra? Le migrazioni massive che giungono sulle spiagge italiane e maltesi, che premono alle frontiere della Spagna e della stessa Grecia, sono la testimonianza di un mondo globale, interdipendente, con fenomeni demografici, economici, culturali che non hanno trovato una corrispondente capacità regolativa nelle istituzioni, siano esse nazionali, regionali o internazionali.Così che l’Ucraina e la Russia pro-seguono la guerra nonostante gli appelli del mondo; la Grecia, col volto spavaldo di Tsipras, pur bluffando in-voca aiuto e nessuno tende la mano

senza la certezza di nuovi impegni; e i Paesi mediterranei dell’Europa continuano ad accogliere profughi e disperati (quando non sono costretti a ripescarne i corpi in mare) senza che gli altri Stati del Vecchio conti-nente muovano un dito.In questa lettura forse cupa della realtà, in verità non mancano i tentativi di trovare delle soluzioni sagge e concrete; non mancano gli attori in campo per ricostruire la pace in Ucraina, per ridare speranze al popolo greco, per aiutare i Paesi europei più esposti verso le “frontiere esterne” dell’Ue. Al vertice di Minsk si è quanto meno intravista la volontà di far tacere le armi ucraine e russe. L’Eurogruppo dell’11 febbraio non ha portato una soluzione al caso-Grecia,

ma una nuova partita negoziale è già fissata per il 16 febbraio. Per il problema delle migrazioni (Triton, Mare Nostrum…) è in calendario un incontro specifico a fine mese. E il summit informale dei capi di Stato e di governo di oggi a Bruxelles toc-cherà tutti questi temi, oltre a quello della risposta comune al terrorismo. Ciò che non dovrà venir meno, però, in tutti questi casi, sarà la volontà esplicita, reiterata, condivisa, di trova-re accordi risolutivi.Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, parlando degli esiti della riunione, ha giustamente affer-mato: “Serve prima una base comu-ne politica, poi gli esperti potranno lavorare a una soluzione tecnica”. Ciò vale sia per la stabilità economi-ca e finanziaria della Grecia, come per la pace nell’est europeo, per una risposta congiunta ai fenomeni mi-gratori e per tutte le altre sfide che l’Europa ha di fronte oggi. La politica, dunque, resta al centro della scena. Con i suoi protagonisti, le sue istitu-zioni, le sue liturgie, le trattative, le regole, gli accordi (al rialzo) piuttosto che i compromessi (al ribasso). È ancora tempo di credere alla politi-ca. Alla “buona” politica che abbatte muri e vecchie cortine e costruisce nuovi ponti.

1522 FEBBRAIO 2015 n. 7VitaLa dall’estero

o Stato islamico è arrivato a conquistato Sirte e si sta muoven-do verso Misurata.

Per quanto temuto, questo sviluppo della crisi libica era ampiamente prevedibile. Se nel 2011 Sarkozy e Cameron avessero tenuto conto degli insegnamenti che la storia prova a fornirci, si sarebbero accorti che un intervento militare come quello compiuto contro il regime di Gheddafi avrebbe portato a un allungamento della guerra civile, a un conseguente dram-matico aumento delle vittime e a una prolungata instabilità nel Paese. Si decise d’ignorare la conoscenza a disposizione per una serie composita di ragioni, fra cui il tentativo di Sarkozy di rilanciare la propria immagine di leader decisionista in vista delle elezioni presidenziali (poi vinte da Hollande), la volontà di controbilanciare il peso della

L

L’Isis non è ancora in grado di occuparsi

dell’Italia, ma ècertamente un

nemico dell’Occidente.Prima di lanciarsiin un intervento

armato, è indispensabile

pensare bene a cosa dovrebbe servire,come realizzarlo e

insieme a qualialtri Stati

di Stefano Costalli

aura, choc, rabbia ma nessuna resa: gli ebrei europei si sentono sotto mi-

naccia ma non demordono. L’Europa è la loro casa e non hanno alcuna intenzione di andare via. Chiedono, però, alle autorità protezione e un impegno forte nella lotta al ter-rorismo. Le notizie, purtroppo, sono allarmanti. La Danimarca ha vissuto un duplice attacco mortale: al convegno sulla li-bertà di espressione e contro la sinagoga in cui si celebrava un Bar Mitzvah. Mentre in Fran-cia, a un mese dagli attentati di Parigi, circa 300 tombe sono state profanate nel cimitero ebraico di Sarre-Union, nel Basso Reno.

L’attacco alla sinagoga di Copenaghen è accaduto nella notte tra sabato e domeni-ca mentre si celebrava un Bar Mitzvah. Dan Rosenberg Asmussen, presidente della Co-munità ebraica locale, racconta che circa 80 persone erano ri-unite in sinagoga. La Comunità ebraica danese “è sotto choc”. Ha perso uno dei suoi uomini migliori: Dan Uzan, 37 anni. “Era un uomo buono e aperto a tutte le religioni. Gentile, tollerante, sempre disponibile”, lo descrive Asmussen. L’attacco alla sinagoga danese avviene a un mese circa da quello che per 4 giorni ha scosso Parigi. L’ennesimo attentato che ha

P COMUNITA’ SOTTO ChOC

Gli ebrei di tutta Europachiedono fermezza

nella lotta al terrorismoIn Belgio e Francia è più avvertito il pericolo dell’antisemitismo.

In particolare gli ebrei francesi stanno lasciando in massa il Paese. L’assalto danese su tutti oltre alle profanazioni di tombe in Francia

di Maria Chiara Biagioni

provocato un’ondata d’indigna-zione da parte delle Comunità ebraiche europee e non solo. Il primo a prendere la parola è Ronald S. Lauder, presidente del World Jewish Congress: “I governi europei - dice - dovreb-bero riconoscere che stiamo affrontando una nuova ondata di anti-semitismo e violenza. È cruciale che l’Europa si attrezzi ad affrontare questa minaccia crescente”. L’antisemitismo in Europa è una minaccia per tutti. Da un recente sondaggio pubblicato dall’Unione delle comunità ebraiche in Italia risulta che quelli particolarmente sensibili al problema sono gli ebrei in Belgio e in Francia. Vista da Bruxelles, la minaccia antise-mita mette in allarme il 79 per cento dei rispondenti, mentre a Parigi si arriva all’86 per cento. Se si considera poi che le risposte sono state raccolte prima dei gravissimi attentati

al Museo ebraico di Bruxelles e dei drammatici fatti di Parigi di questo gennaio, è probabile che la percezione si sia ancor più intensificata. Un dato invece è certo: gli ebrei francesi stanno lasciando in massa la Francia. Sarebbe infatti salito a 15mila il numero degli ebrei che hanno lasciato la Francia nel 2014, rispetto ai 3mila nel 2013. Forte la denuncia di Moshe Kantor, presidente dello “Eu-ropean Jewish Congress”. “L’attacco terroristico della scorsa notte ad una sinagoga in Danimarca - dice - dimostra che le misure difensive per proteggere la popolazione e la comunità ebraica in particolare, non sono sufficienti. Le autorità devono cambiare paradigma”. “I terroristi islamici stanno prendendo di mira gli ebrei - incalza il rappresentante europeo -, andando nelle loro case, nei loro mercati, nelle sedi delle loro attività e nei loro

luoghi di culto. Se non si inter-viene seriamente, ogni ebreo in Europa è a rischio”. E conclude lanciando una proposta: “Per vincere questa guerra contro il terrorismo e l’antisemitismo, le autorità europee devono stabi-lire immediatamente una task force pan-europea e risorse di bilancio dedicate a fermare questa minaccia”. Ma le minacce sono continue. Ignoti hanno profanato in Francia centinaia di tombe a Sarre-Union, nel Basso Reno. Dopo l’accaduto e direttamen-te rivolto alla comunità ebraica, il premier francese Manuel Valls ha ripetuto che la Francia esprime “ancora una volta il suo amore, il suo sostegno e la sua solidarietà” e si è detto rammaricato per le parole del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che domenica, poco dopo gli attentati di Cope-naghen, aveva invitato gli ebrei d’Europa a tornare in Israele.

Germania sulla scena europea e quello di sottrarre all’influenza dell’Italia i giacimenti libici di petrolio e gas.

Questo esercizio di poli-tica dal sapore neocoloniale, concretizzatosi in una serie di massicci bombardamenti aerei contro l’esercito di Gheddafi, senza il minimo progetto di ri-costruzione di un sistema statale stabile, efficiente e possibilmente democratico, ha permesso la trasformazione della Libia in una sorta di Somalia mediterranea in miniatura. Ormai da oltre tre anni davanti alle coste della Si-cilia si trova un territorio in cui le istituzioni statali sono sfaldate, in cui si combattono molte fazioni armate che non hanno inten-zione di raggiungere un accordo duraturo e senza che nessuna di esse sia in grado di instaurare un nuovo ordine politico chiaro. In queste condizioni, era evidente che se si fosse materializzato un attore politico-militare più potente e determinato, avrebbe potuto ragionevolmente tentare di colmare il vuoto creatosi, facendo propria la Libia e i suoi importanti giacimenti di risorse naturali. Come abbiamo dolo-rosamente appreso nell’ultimo anno, adesso quell’attore esiste,

è ben armato, ha un progetto di espansione che va da Ca-sablanca all’Iran e utilizza una combinazione di guerriglia e terrorismo, di tattiche antiche come la storia dell’uomo e di strumenti tecnologici.

Fin qui, ciò che sappiamo. Ciò che non sappiamo invece è come gli Stati europei abbia-no intenzione di rispondere a questa sfida, che è allo stesso tempo esterna e interna. È giusto parlare di Stati europei perché una volta di più risulta chiaro che l’Unione europea in quanto tale è un attore solo virtuale in politica internazionale, con buona pace di chi ha ritenuto la nomina di Federica Mogherini un grande successo per l’Italia. Purtroppo, però, anche molti Stati europei sembrano aver perso la capacità di pensare in termini più puramente politici e di sicurezza internazionale. Al massimo, qualche Stato sa sparare, ma salta agli occhi un’in-capacità generale di calibrare le azioni e soprattutto di elaborare piani che abbiano un respiro di medio-lungo termine. La lunga inerzia sulla crisi ucraina ne è l’ennesima testimonianza. Radicati nel benessere e lontani dalle periferie del mondo, dove

imperversano violenza e povertà, molti europei presi dai problemi del proprio portafogli non hanno voglia di guardare cosa li circon-da, ma può arrivare un momento - diceva Trotsky - in cui è la guerra a occuparsi di noi.

Per for tuna, l’Isis non è ancora in grado di occupar-si direttamente dell’Italia, ma se riuscisse a consolidare il proprio dominio sulla Libia ne trarrebbe vantaggi dal punto di vista strategico-militare, dal punto di vista dell’immagine e da quello economico, grazie al commercio di petrolio su canali non ufficiali. Il ministro Gentiloni e il ministro Pinotti, solitamente

molto silenti, sono stati contagiati dalla loquacità del premier e si sono lanciati in dichiarazioni impegnative. Certamente l’Isis è un nemico dichiarato di tutto l’Occidente, ma prima di lanciarsi in un eventuale intervento in Libia, è indispensabile pensare bene a cosa dovrebbe servire, come realizzarlo e insieme a quali altri Stati. Ad esempio, sa-rebbe importante il sostegno di altri Stati arabi. Si tratterebbe di guerra vera e se dovesse essere risolutivo non durerebbe poco, perché dovrebbe conseguire l’instaurazione di un nuovo ordi-ne politico-istituzionale. È bene pensarci in modo accurato.

LA LEZIONE LIBICA

Se è la guerraa occuparsi di noi

“Il posto degli ebrei francesi – dice il ministro - è la Francia”. Ma gli ebrei non si sentono al sicuro. Haim Korsia, Gran Rabbino di Francia, chiede alla comunità internazionale di tradurre le sue intenzioni “in atti forti e misure concre-te in termini di repressione e di educazione, per lottare, in un fronte unico, contro il terrorismo e coloro che strumentalizzano la religione per uccidere in nome di Dio”. Roger Cukierman, presidente del Crif, non esita a parlare di “guerra che i jihadisti hanno dichiarato contro tutte le de-mocrazie europee”. “Sono ore tremende, d’indignazione e di lutto - dice invece dall’Italia Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) -. Ma i fautori dell’odio e i nemici della libertà di espressione sbagliano se pensano di riu-scire nel loro intento perché noi, gli ebrei d’Europa, non ci arrenderemo. E soprattut-to continueremo a vivere le nostre vite e a difendere con forza i valori fondamentali che accomunano i popoli dell’Eu-ropa democratica nata sulle ceneri dei più gravi crimini mai compiuti dall’uomo contro l’uomo e fondata sugli ideali di chi lottò per la libertà e contro odio e tirannie. Questa è la nostra forza. Questa sarà la ragione della loro sconfitta”.

iSlaM e gerManiaCreato dal fotografo quarantu-nenne Lutz Bachmann (capo del movimento, ora dimessosi), nel mese di ottobre del 2014, sostenuto da formazioni di estrema destra e da “Alterna-tiva per la Germania” (partito anti-euro), il movimento Pegi-da (“Patrioti europei contro l’islamizzazione del paese”) è assertore del concetto secondo cui l’integrazione corrisponde al “vivere assieme sulla base del nostri valori cristiano-giudaici, della nostra costituzione e della nostra cultura tedesca con le sue radici cristiano-giudaiche, caratterizzata da cristianesimo, umanesimo e illuminismo”. È una facciata dietro la quale è celato un atteggiamento raz-zista che pare crei sempre più adepti. La Germania è la desti-nazione principale dei migranti in Europa: l’anno scorso essa ha accolto duecentomila rifugiati, oltre il doppio rispetto al 2013.

Minoranzein turchiaDalla caduta dell’impero ot-tomano nel 1923 accade, la prima volta, che un governo autorizzi l’edificazione di una chiesa cristiana nel paese anatolico. Riconosciuta l’atten-zione mostrata dall’esecutivo di Erdogan verso le minoranze religiose, il tempio per la co-munità siro-ortodossa (privata del proprio luogo di culto nel 1914) sarà strumento utile per incrementare la fratellan-za tra musulmani e comunità siriaca, ha affermato Kenan Glirdal vice-presidente della fondazione sindaca “Beyoglu Meryem Ana Church”). Con l’inizio della raccolta del fondi per la costruzione che sorgerà a Yesilkoy sobborgo di Istan-bul), la fondazione, grata per l’assegnazione del terreno disposta dal governo di Ankara, procederà ad una raccolta di fondi per erigere moschee per i musulmani.

italiani in ciadDal 16 febbraio al 9 marzo ha luogo in Ciad, guidata dal comando Usa, una operazio-ne militare multinazionale cui partecipano reparti delle forze armate italiane e di altri paesi europei oltre che part-ner africani e nord-americani. L’esercitazione, esempio della collaborazione regionale e in-ternazionale ed attività condot-ta dal 2005 in tempi diversi, si svolge in Ciad, Camerun, Niger, Nigeria e Tunisia impegnando oltre 1.200 militari provenienti da 20 stati, essa punta ad armonizzare forze militari anti-terrorismo del continente africano e dell’occidente e, grazie all’intesa fra società civile e militare, costituisce l’espressione di quella cortina che sbarra la strada ad ogni forma di estremismo, al terro-rismo e ai traffici illeciti. L’Italia figura tra i maggiori fornitori d’armi al Ciad.

Dal mondo

16 musica e spettacolo n. 7 22 FEBBRAIO 2015 LaVita

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a vittoria finale dei tre (aspiranti) te-norini è in qualche misura lo specchio

del Festival di Sanremo 2015, che sabato sera ha decretato il successo del trio “Il Volo”, asse-gnando la seconda e la terza posizione rispettivamente a Nek e Malika Ayane. Come sempre, non hanno vinto né le migliori canzoni né i migliori cantanti, ma a questo ormai siamo abituati: lo strano mix fra i voti della giuria popola-re e quella presente in sala riserva sempre sorprese e imprevisti.La scelta nel mazzo fra vecchi habitué del palco e “campioni” semisconosciuti lanciati dai molti talent show contempora-nei ha creato qualche evidente disorientamento. Più di uno fra loro era lì per farsi notare e non per cercare gloria musi-cale, come hanno (di)mostrato non soltanto la scollatura e lo spacco da spiaggia della Tatan-gelo o il look trasparente della Atzei, ma anche gli eccessi verbali del duo “I soliti idioti” (un nome, un programma ma – soprattutto – nessuna attinenza con la canzone vera) e qualche band alquanto esagitata.Meglio è andata la gara delle nuove proposte, che venerdì sera ha premiato il bravo Giovanni Caccamo, giovane cantautore vecchia maniera. Canoramente parlando, la se-rata di qualità più alta è stata quella del giovedì, quando gli artisti in gara si sono misurati con le “cover” di canzoni del

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passato sanremese, che hanno dato modo di ricordare non solo molti cantanti scomparsi ma anche… la scomparsa qualità musicale del tempo che fu.Assolto l’obbligo della critica musicale, bisogna invece par-lare di tutto il resto, che – in realtà – nella versione contem-poranea della kermesse san-remese fa discutere molto più della musica. Da tempo il Festi-val non è più “della canzone” ma “della polemica” e a volte perfino “dell’eccesso”. La linea scelta quest’anno da Carlo Conti e da chi lo ha chiamato a condurre la manifestazione è stata una fra le più nazio-nalpopolari in assoluto. Volto noto al pubblico televisivo, ras-sicurante e senza particolari guizzi creativi, il conduttore ha dominato il campo lasciando ad Arisa, Emma e Rocio le par-ti di vallette, come da copione.E, sempre come da copione, non sono mancati ospiti e presenze destinate a suscitare dibattito fin dalla vigilia. Come, per esempio, la comparsata di un uomo barbuto a cui piace vestirsi da donna, ospiti inter-nazionali interessanti ma stra-pagati come Charlize Theron

e Will Smith, comici incapaci di far ridere (Siani e Pintus) e inclini a volgarità e doppi sensi (Panariello), soltanto in rare eccezioni capaci di strappare una risata convinta (Luca e Paolo, Virginia Raffaele).Il sorriso abbronzato del con-duttore ha accolto nella prima serata la numerosa famiglia Anania – padre, madre e 16 figli – mentre l’ultima sera (che coincideva con la pseudo-ricorrenza di San Valentino, protettore degli innamorati) ha festeggiato i coniugi Bartolo-meo e Concetta Manenti, spo-sati da 65 anni come 65 sono le edizioni del Festival. Chiara l’identificazione della famiglia come target privilegiato di una manifestazione che mai come quest’anno ha mescolato gli ingredienti spettacolari, per

cercare di dare a ciascun tipo di pubblico la sua parte.Non sono mancati i ritorni sto-rici (Biagio Antonacci, Gianna Nannini, gli Spandau Ballet) e l’intervista al ct della Naziona-le italiana, la comparsata del telecuoco Joe Bastianich, del cast della fiction “Braccialetti Rossi”, del ciclista Vincenzo Nibali e del patron della Sam-pdoria Ferrero (chissà cosa c’entravano, tutti quanti que-sti…), come pure il ricongiun-gimento – soltanto apparente – fra Albano e Romina.Il denso mix dell’edizione ap-pena archiviata non ha lascia-to il tempo di trovare un filo rosso coerente, in compenso ha riportato gli ascolti a livelli molto alti, per la gioia degli in-serzionisti pubblicitari e, quindi, di mamma Rai.

DENTRO LA TV

Il Festival dell’italiano medio

Alla kermesse sanremese di tutto di più. Canzoni così così.L’audience voladi Marco Deriu

er moltissimi Fre-derick Austerlitz, in arte Fred Astai-re, è stato anzitut-

to il ballerino di tip tap che, in molti musical degli anni ‘30 e ‘40, danzando con grazia so-praffina, dinoccolato e sempre vestito in frac, spesso con cap-pello a cilindro, ha fatto inna-morare di sé Ginger Rogers, Judy Garland, Cyd Charisse, Audrey Hepburn e decine di spettatrici, incantate dal suo fascino compassatissimo anche se un poco stagiona-to. Celebri titoli come “Top hat” -”Cappello a cilindro”, appunto-, “Follie d’inverno”, “Spettacolo di varietà”, “Papà Gambalunga” ci hanno lascia-to testimonianza dell’uomo che una volta Nureyev, a sua volta considerato il simbolo stesso della danza, ha definito “il più grande ballerino del 20° secolo”. E dire che il responso del primo provino alla Mgm, nel 1928, non era stato dei migliori, rimasto famoso per totale mancanza di lungimi-

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MUSICA

Fred Astaire,l’uomo in frac

Ristampati 4 LP storicidi Francesco Sgarano

dello stile, financo un po’ blasè, e così supplisce mera-vigliosamente a carenze ap-parentemente insormontabili -e il risultato è godibilissimo, anche perchè questa pare es-sere l’unica session della sua carriera in cui si è confrontato da vicino col jazz. Si scorre quindi l’elenco e ci s’imbatte in titoli ben affondati nel cuo-re di ogni jazzofilo: “Puttin’ on the Ritz”, “Steppin’out with my baby” di Berlin, “S’won-derful”, “They all laughed”, “Nice work if you can get it”, “Fascinating rhythm”, “A foggy day” dei fratelli Ger-shwin, una miniera di melodie insuperabile, “Night and day” e “I’ve got my eyes on you” di Cole Porter, senza tralasciare altri nomi importanti anche se meno conosciuti: Jerome Kern, Schwartz-Dietz, Johnny Mercer. Praticamente, la storia del songbook americano in quaranta tracce. Il prezzo è economico, il valore del disco notevole, il piacere e il relax sono assicurati.

ranza :-Non sa cantare. Non sa recitare. Calvizie incipiente. Un po’ sa ballare-.

Gli appassionati di canzo-ne americana e di jazz sanno però che non piccolo è stato il contributo dato da Astaire agli standard, molti dei quali cantati per la prima volta proprio in film da lui recitati, vedi l’immortale, frizzante “Cheek to cheek”, scritta appositamente dal russo-americano Irving Berlin per “Top hat”. Esiste un box della Proper che contiene tutte le registrazioni originali di Fred Astaire al cinema, fatte negli anni ‘30 con le grandi orche-stre. Arrangiamenti e canto rimandano direttamente al movie-musical. Il doppio cd di cui ci apprestiamo a parlare è invece una riedizione di 4 lp (etichetta Jazz Factory), che lo showman registrò nel lontano

1952 con un sestetto all-stars, coordinato dal produttore più capace ed esigente che la storia del jazz abbia mai conosciuto, Norman Granz, l’ideatore dei concerti Jazz at Philarmonic. La formazione, anzitutto, è da sgranar gli oc-chi: Barney Kessel alla chitarra, Charlie Shavers alla tromba, Ray Brown al contrabbasso e Oscar Peterson al pianoforte. Quattro virtuosi del proprio strumento che qui, con umiltà e mestiere, si limitano ad ac-compagnare placidamente le letture di Astaire, esemplari per savoir-faire e understa-tement, distanti anni luce da quelle personali e ricercate dei cantanti jazz. Astaire, ben conscio di possedere mezzi vocali pressochè nulli oltrechè un frasario jazzistico abba-stanza limitato, punta tutto sull’eleganza, sull’armonia