E-Commerce e siti web a norma di legge

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E-Commerce e siti web a norma di legge a cura di David D'Agostini e Paolo Vicenzotto

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La guida vuole dare all'impresa che si affaccia al mondo del commercio elettronico un quadro chiaro degli obblighi giuridici, indicando i principali adempimenti relativi all'avvio e alla gestione di un sito di e-commerce.

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E-Commercee siti web a norma di legge

a cura di David D'Agostini e Paolo Vicenzotto

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La presente Guida è stata predisposta nell'ambito dei lavori del Progetto Centro di Competenza Open Source attivato dal Ditedi – Distretto delle Tecnologie Digitali del Friuli Venezia Giulia.

http://www.ditedi.it

http://www.ditedi.it/progetti/open-source

La presente Guida è rilasciata con licenza Creative Commons BY-SA 3.0

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Sommario

Introduzione......................................................................5

Avvio dell'attività di e-commerce .....................................7

Premessa............................................................................7Fonti normative..................................................................8Disciplina ...........................................................................8Procedimento della SCIA.................................................10Sanzioni............................................................................13

Adempimenti giuridici nella realizzazione di siti di e-commerce .......................15

La scelta e la tutela del nome a dominio........................15Il diritto d'autore e la realizzazione di siti internet.........19Adempimenti giuridici in materia di e-commerce e

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servizi Internet (D.Lgs 70/03)..........................................22La tutela del consumatore e i contratti on-line nel Codice del Consumo (D.lgs 206/05)...............................37

Privacy e sicurezza sul web ...........................................49

Introduzione......................................................................49Le definizioni....................................................................49Informativa o informative ?.............................................52La Privacy Policy..............................................................54L'informativa.....................................................................56Le sanzioni........................................................................57Il Consenso.......................................................................58Casi di esclusione del consenso.....................................60Cookies - le modifiche introdotte dal d.lgs. 69/12........61La Notificazione al Garante.............................................64Le sanzioni........................................................................65La sicurezza informatica.................................................66Le misure minime di sicurezza.......................................68La figura dell'Amministratore di Sistema.......................69Le sanzioni........................................................................72Le comunicazioni commerciali tramite e-mail..............73

Open source ed e-commerce ........................................77

Premessa..........................................................................77Open Source Definition....................................................78Principali licenze Open Source........................................79

Soluzioni open source per l'e-commerce ......................85

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Introduzione

Tutte le imprese sono ormai presenti nel web con il proprio sito internet aziendale e spesso anche con profili o pagine in uno o più social network.

Molte di loro, tuttavia, non sanno che nel realizzare e gestire un sito per il commercio elettronico si devono rispettare specifiche norme di legge, a volte a pena di sanzioni o a rischio di controversie giudiziarie.

La presente guida, senza avere la presunzione di esaurire l'argomento, si prefigge la finalità di illustrare in modo chiaro quali sono i principali adempimenti legali inerenti all'avvio di un'attività di e-commerce, nonché ai contenuti del sito internet (per es. le informazioni che obbligatoriamente devono essere contenute al suo interno), facendo anche cenno alla tutela del diritto

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d'autore e dei segni distintivi on line.

Viene, altresì, affrontato il tema del trattamento di dati personali tramite il sito di e-commerce, con le relative peculiarità (si pensi ai cd. cookies) e degli annessi profili di sicurezza informatica.

In conclusione, previa spiegazione del concetto di open source, sono indicate alcune soluzioni OS per siti internet di e-commerce.

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Avvio dell'attività di e-commerce (*)

Premessa

Con l'espressione e-commerce (o commercio elettronico) si indica la commercializzazione di beni o servizi realizzata per il tramite di internet, vale a dire utilizzando strumenti telematici.

Convenzionalmente, secondo le modalità di transazione o in base ai soggetti coinvolti, si è soliti individuare diverse tipologie di commercio elettronico; in questa sede appare opportuno distinguere tra e-commerce Business to Business (B2B) e Business to Consumer (B2C).

(*) Avv. David D'Agostini

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La prima tipologia riguarda le transazioni commerciali tra imprese e l'avvio di tale attività non richiede adempimenti particolari (tranne quelli eventualmente previsti da normative di settore).

Nella seconda categoria rientrano gli acquisti di beni e servizi da parte dei consumatori finali.

Qualora un'impresa volesse esercitare attività di e-commerce B2C, dovrà considerare i seguenti aspetti.

Fonti normative

• Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 Riforma della disciplina relativa al settore del commercio

Articolo 18 Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione.

Articolo 22 Sanzioni e revoca.

• Decreto legislativo 26 marzo 2010 n.59 Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno

Articolo 68 Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione.

Disciplina L'art. 18 d.lgs. 114/98 originariamente disponeva che la vendita al dettaglio per corrispondenza, tramite televisione o altri sistemi di comunicazione (ivi

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compreso il commercio elettronico) fosse soggetta a previa comunicazione al comune al comune nel quale l'esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale; veniva, inoltre, previsto che l'attività potesse essere iniziata solamente decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa.

Il d.lgs. 59/10 (emanato in attuazione alla Direttiva 123/2006/CE) ha inteso eliminare le barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri, semplificando la normativa e, in particolare, le procedure relative all’accesso e allo svolgimento delle attività di servizio.

Per effetto dell’art. 68 d.lgs. 59/10, la vendita al dettaglio per corrispondenza, tramite televisione o altri sistemi di comunicazione è soggetta a dichiarazione di inizio di attività (DIA) da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune nel quale l'esercente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività.

Si tratta di una semplificazione importante in quanto non è più necessario attendere i trenta giorni prima dell’avvio dell’attività previsti dall’abrogato istituto della comunicazione (da effettuarsi mediante il modello COM 6 BIS).

Resta in vigore l’art. 22 di quest'ultimo decreto che punisce il mancato invio della DIA con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a lire 30.000.000 (odierni € 15.493,71).

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Successivamente, nell'art. 19 della Legge 241/90 la dichiarazione di inizio di attività è stata sostituita dalla Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in carta semplice, senza marca da bollo, da effettuarsi utilizzando l'idonea modulistica.

Procedimento della SCIALa segnalazione certificata di inizio attività è obbligatoria sia nel caso in cui venga avviata un'attività di e-commerce mediante un proprio sito internet, sia qualora a tale fine si utilizzi un negozio on line all'interno di un marketplace (per es. Ebay o Amazon).

La segnalazione ha lo scopo di rendere edotto il Comune che si sta avviando un’attività di commercio elettronico B2C, specificando i punti fondamentali della medesima:

• i dati del titolare

• la sede fisica

• il tipo di attività

• il codice attività ed eventuali altre attività svolte

• il sito utilizzato per le vendite

• il documento di riconoscimento

L’inizio dell’attività può avvenire subito dopo la presentazione al Comune della SCIA, a condizione che la stessa sia compilata in ogni sua parte e completa degli allegati previsti.

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Qualora in sede di controllo delle segnalazioni e dei relativi allegati emergano carenze dei requisiti e presupposti previsti dalle normative vigenti, entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della SCIA il Comune adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che (ove ciò sia possibile) l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine fissato dall’Amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni.

Si ricorda che:

• la SCIA dev'essere completa di tutti gli elementi richiesti a pena di irricevibilità;

• è fatto obbligo al sottoscrittore della SCIA di comunicare al Comune, alla data di variazione, ogni modifica intervenuta successivamente alla presentazione della medesima;

• per il commercio di determinati prodotti devono essere rispettate le relative norme speciali (art. 26 comma 3 del D.lgs. 114/98 e s.m.);

• per il commercio di cose usate/antiche occorre presentare la “Dichiarazione ai sensi degli artt. 126-128 del T.U.L.P.S”.;

• sui dati dichiarati e contenuti nella SCIA possono

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essere effettuati, ai sensi dell’art. 71 del D.P.R. n. 445/2000, controlli finalizzati ad accertare la veridicità delle informazioni fornite e confronti dei dati in possesso di altre Pubbliche Amministrazioni;

• ai sensi degli artt. 75 e 76 del DPR n. 445/2000, qualora emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguiti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera ed inoltre chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia;

• in caso di accertata carenza dei requisiti necessari, il Comune potrà adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato provveda a conformarsi alla normativa vigente entro un termine fissato dall’Amministrazione (non inferiore ai trenta giorni, ai sensi dell’art. 19 della L. n. 241/1990, come sostituito dall’art. 49, comma 4-bis della Legge 30 luglio 2010 n. 122);

• ai sensi dell’art. 19 comma 6 della L. n. 241/90 e s.m.i., ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la SCIA, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni.

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SanzioniIn caso di violazioni delle disposizioni di cui al d.lgs. 114/98 e al d.lgs. 59/2010, si applicano le sanzioni amministrative previste dagli artt. 22 e s.s. del d.lgs. 114/98.

In particolare, se si omette la segnalazione certificata di inizio attività prevista per l'e-commerce B2C, viene irrogata la sanzione amministrativa di una somma da € 2.582,28 a € 15.493,71.

In ipotesi di particolare gravità o di recidiva (qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno) il sindaco può, inoltre, disporre la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni.

FAC SIMILE DI SCIA:

Il sottoscritto ...............................................................................

ai fini dell'applicazione al procedimento amministrativo dell'istituto della segnalazione certificata di inizio attività in ossequio alla normativa vigente, consapevole che le dichiarazioni false, la falsità negli atti e l'uso di atti falsi comportano l'applicazione delle sanzioni penali previste dalla vigente normativa in materia

DICHIARA

• di essere in possesso dei requisiti di onorabilità e di non

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trovarsi nelle condizioni di cui all’art.71, comma 1 del D.Lgs. n. 59/2010;

• che non sussistono nei propri confronti “cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'art. 10 della legge 31.5.1965 n. 575” (antimafia);

• di aver rispettato tutte le norme ed i regolamenti vigenti in materia relativi all'esercizio dell'attività in oggetto;

• (solo in caso di vendita di prodotti alimentari) di essere in possesso di uno dei requisiti professionali di cui all'art.71, comma 6 del D. Lgs. 59/2010;

• (solo in caso di nomina di un preposto) che la persona specificatamente preposta all'attività è il Sig./la Sig.ra ...................... in possesso dei requisiti morali e professionali per l'esercizio dell'attività di cui alla presente Segnalazione Certificata di Inizio Attività.

In caso dichiarazioni false o mendaci è fatta salva, comunque, l’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art. 76 del D.P.R. 445/2000 e dall’art. 19 comma 6 della L. 241/90 e s.m.i.

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Adempimenti giuridici nella realizzazione di siti di e-commerce (*)

La scelta e la tutela del nome a dominio

Nomi a dominio nel contesto e-commerce

I nomi di dominio, se dal lato tecnico sono semplicemente lettere che sostituiscono numeri (IP address) per costituire un “indirizzo” identificativo di un computer connesso alla rete, una volta inseriti nel contesto dell’e-commerce assumono un significato economico-giuridico strategico.

La prima esigenza che un imprenditore tiene in

(*) Avv. Paolo Vicenzotto

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considerazione nella scelta di un nome a dominio è che esso abbia la capacità di permettere l’individuazione dell’offerta commerciale contenuta nel sito in questione, distinguendola dalle innumerevoli altre presenti nella rete. Il nome a dominio assume un valore suggestivo ed un’efficacia distintiva identici a quelli di ogni altro segno distintivo dell’imprenditore (marchio, insegna, ditta). Così, si garantirà al cliente, che ritenga comodo l’utilizzo di Internet, la certezza di ritrovare in rete le caratteristiche e la qualità dei beni e dei servizi offerti nel mercato “reale” da quell’imprenditore.

A tal fine l’art. 22 D. Lgs. 30/05 dispone che è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all'altrui marchio se, a causa dell'identità o dell'affinità tra l'attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.

Nella scelta del nome a dominio da utilizzare in un sito e-commerce, pertanto, l’imprenditore dovrà evitare di scegliere nel dominio di secondo livello, nomi identici o simili ad altri marchi registrati per prodotti affini a quelli che si intende commercializzare.

Nella pratica, l’imprenditore titolare di un marchio, anche di fatto, tenderà a registrare un nome a dominio che richiami il proprio segno distintivo, proprio per giovarsi

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dell’avviamento e degli investimenti marketing già effettuati in passato.

La tutela giuridica del nome a dominio

Ma come ci si deve comportare se il dominio corrispondente o simile al proprio segno distintivo aziendale è già stato registrato da soggetti terzi?

Le soluzioni giuridiche a tutela del diritto di utilizzo del proprio marchio nel nome a dominio sono due. La prima consiste nel ricorso alla procedura stragiudiziale di riassegnazione fornita dai prestatori del Servizio di Risoluzione extragiudiziale delle Dispute (PSRD) accreditati dal Registro per la conduzione delle procedure di riassegnazione di un nome a dominio nel ccTLD "it" (per il TLD “.com” la procedura analoga avviene tramite la WIPO). La procedura è disciplinata da apposito Regolamento (oggi alla versione 2.0 di data 19 giugno 2009) disponibile, insieme a tutte le indicazioni utili, al sito www.nic.it/legale.

La seconda soluzione, invece, è quella giudiziale con ricorso, anche d’urgenza, alle sezioni specializzate del Tribunale competente.

In generale, comunque, se vi è una disputa fra diversi soggetti che reclamano il diritto di utilizzare un nome a dominio o se, come accade di frequente, un terzo occupa un dominio corrispondente ad un nostro segno distintivo, i parametri utili per dirimere la controversia in generale sono questi.

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Il soggetto che ha registrato il dominio per primo manterrà tale diritto se riuscirà a provare la propria buona fede cioè ad esempio se proverà di essere già conosciuto, personalmente, come associazione o ente commerciale con il nome corrispondente al nome a dominio registrato, anche se non ha registrato il relativo marchio. Parimenti egli potrà provare la propria buona fede se l’uso che sta facendo di tale dominio è non commerciale e non comporta sviamento di clientela del ricorrente o nocumento per il marchio registrato.

Per chi invece vorrà “recuperare” il dominio corrispondente al proprio marchio, anche di fatto, servirà invece provare la “mala fede” del registrant: cosa agevole nei casi di registrazione del dominio corrispondente al nostro marchio da parte di soggetti che hanno poi tentato di “rivenderci” il dominio per un corrispettivo, monetario o meno, che sia superiore ai costi ragionevolmente sostenuti per la registrazione ed il mantenimento del nome a dominio. Oppure se vi è prova che il nome a dominio sia stato registrato (magari da un concorrente) proprio per impedirci di utilizzare tale nome, ovvero venga utilizzato per attività in concorrenza alla nostra. Altra circostanza che consente il recupero del dominio è che – in assenza di requisiti di buona fede sopra citati - si provi che non esiste alcun collegamento dimostrabile tra il titolare del nome di dominio e il nome di dominio registrato identico o simile al marchio.

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Il diritto d'autore e la realizzazione di siti internet

Oggetto di tutela del diritto d'autore on-line

Ogni opera di carattere creativo è realizzata da un soggetto che ne è Autore e che è il titolare dei relativi diritti morali. L’autore dispone poi dei diritti materiali ed economici sulle singole opere, potendo così cederli a terzi, verso il pagamento di un corrispettivo o gratuitamente.

Alla luce di ciò, si può affermare che i contenuti multimediali di un sito Internet sono oggetto di tutela ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore (Legge 22 aprile 1941 n. 633 “Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”), nella misura in cui essi siano dotati di “carattere creativo”.

Secondo una certa interpretazione, anche il sito Internet nel suo complesso potrebbe essere oggetto di tutela, in quanto ricompreso nella definizione di “data base” della Direttiva 96/9/CE, recepita nella legge sul Diritto d’Autore agli art. 64 quinquies e seguenti.

Nella pratica, però, è più frequente applicare la normativa sul copyright non tanto a tutela dell’intero sito nel suo complesso, quanto a singole parti di esso, quali testi, foto, video, animazioni, grafici, tabelle, jingle, musiche. Elementi questi che se dotati di un minimo carattere di creatività costituiscono elementi tutelati dalle leggi italiane e straniere sul copyright.

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Pertanto, chi realizza siti Internet è pienamente coinvolto nella citata normativa sotto due opposti punti di vista: primo, dovrà rispettarla nel momento in cui vorrà utilizzare per propri siti Internet un contenuto multimediale non originale, in quanto tratto da terze parti; secondo, dovrà invocarla quando terzi utilizzano illecitamente contenuti multimediali presenti sulle proprie pagine web.

L’elemento essenziale è comunque che l’elemento tutelabile deve essere “dell’ingegno” e di “carattere creativo”. Cioè deve essere nuova rispetto creazioni precedenti e deve riflettere la personalità dell'autore.

Alcuni semplici suggerimenti per chi realizza siti web

Questa brevissima e generale introduzione all’oggetto del diritto d’autore nei siti Internet consente di elaborare alcuni principi ai quali è opportuno attenersi nella realizzazione di un sito web.

In primo luogo è importante indicare in un apposito link nella home page (denominato “diritti d’autore” o “copyright”) l’autore dei contenuti multimediali del sito e chi ne detiene i diritti economici di sfruttamento (che può essere la web agency che ha creato il sito ovvero l’azienda Cliente). Questa accortezza è utile in primo luogo perché la legge ritiene che sia “Autore” dell'opera, salvo prova contraria, semplicemente chi è in essa indicato come tale (art. 8 L. 633/41). Inoltre tale link è necessario anche indicare se e in che misura sarà

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possibile utilizzare i contenuti del sito web. Ad esempio, in molti casi potrebbe essere consigliabile sfruttare le licenze “creative commons”, già universalmente note e riconosciute in ambito Internet e sufficientemente flessibili per le più classiche esigenze.

In generale è sempre consigliato evitare il “copia incolla” di testi o di altro materiale multimediale tratto da Internet, salvo che nel sito di provenienza sia esplicitata una licenza di utilizzo del materiale compatibile con le finalità del nostro lavoro.

E’ pertanto utile avvalersi di materiale tratto da librerie che cedono i diritti di utilizzazione per uso commerciale o non personale, ovvero da siti Internet che professionalmente mettono a disposizione foto, video, musica e quant’altro sempre per uso commerciale (www.istockphoto.com, www.fotolia.com ecc.) ed anche in questo caso – e non per ragioni giuridiche ma di professionalità – si raccomanda di verificare i siti “concorrenti” della vostra committente, onde evitare leciti, ma sgradevoli, doppioni.

Occorre particolare attenzione anche nei frequenti casi di progetti e-commerce dove è prevista la rivendita on-line di beni di aziende terze. Solitamente in tali casi l’immagine o la foto del bene in vendita viene presa direttamente dal sito Internet del produttore, oppure il prodotto viene direttamente fotografato, magari con il relativo marchio in bella vista. In questi casi normalmente non vi saranno problemi, visto che il

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produttore sarà ben contento che altri siti vendano e pubblicizzano i suoi prodotti. Tuttavia alcuni marchi, soprattutto se notori, non sempre lasciano totale libertà in campo di diritto intellettuale ed industriale. Se vi sono dei dubbi sull’utilizzabilità di determinato materiale multimediale (o sulla possibilità di riprodurre un marchio o un logo) è sempre opportuno leggere attentamente le condizioni di copyright per l’utilizzo del materiale tratto da quel sito ed eventualmente, qualora non vi siano indicazioni specifiche, inviare una mail richiedendo il consenso all’utilizzo.

Altre piccole attenzioni devono essere poste qualora sia il Cliente a fornire testi e foto da inserire nel sito: è sempre opportuno farsi confermare per iscritto, oppure anche via mail, la titolarità dei relativi diritti di disposizione. Questo al fine di prevenire possibili futuri fraintendimenti a fronte di contestazioni sulla titolarità dei diritti di utilizzazione del materiale.

Adempimenti giuridici in materia di e-commerce e servizi Internet (D.Lgs 70/03)

Brevi cenni su alcuni aspetti fiscali dell’e-commerce

Prima di trattare alcune parti più specifiche circa gli aspetti giuridici dell’e-commerce, si ritiene utile accennare, pur senza approfondire, alcuni aspetti fiscali dell’impresa in Internet.

Generalmente l’attività di e-commerce svolta dal

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“privato” per fini personali è legittima, ma diventa fiscalmente “rischiosa” quando tende a sconfinare un’attività più complessa ed organizzata.

L’attività di e-commerce, infatti, richiede l’apertura di una partita IVA, con conseguente inquadramento come ditta individuale, società di persone o società di capitali, quando non è occasionale e genera un fatturato superiore ai € 5.000,00 annui. Sotto tale soglia l’attività di e-commerce potrebbe rientrare nella c.d. “prestazione meramente occasionale” che da un punto di vista fiscale rientra nelle previsioni dell'articolo 67 del TUIR (redditi diversi) ed è esclusa dal campo di applicazione dell'IVA ai sensi dell'articolo 5 del Dpr 633/1972, per carenza del presupposto soggettivo.

Il giro d’affari e la non occasionalità delle prestazioni di un sito e-commerce possono essere oggetto di valutazioni da parte della Agenzia delle Entrate onde valutare eventuali evasioni di imposta diretta e indiretta. La cosa rileva particolarmente per chi ha aperto un “negozio” nella piattaforma eBay. Ricordo, a mero titolo informativo, che la Guardia di Finanza ha richiesto formalmente ed ottenuto da eBay informazioni quali: Nome e Cognome, Ragione Sociale (per gli account business) ID utente, Indirizzo, Recapito telefonico, Indirizzo e-mail, Codice Fiscale, di tutti gli utenti che avessero ricevuto fatture da eBay per importi superiori a € 1.000,00 annui, per ogni anno dal 2004 al 2007 e avessero venduto più di 5 oggetti per anno.

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Da queste informazioni potremmo perciò ricavare i parametri per definire un “venditore professionista”, che svolge un’attività di fatto imprenditoriale e non più personale.

A seguito di tale indagine, l’Autorità ha eseguito una serie di controlli ed accertamenti fiscali che hanno coinvolto anche alcuni “privati”, di fatto rivelatisi “professionisti” ed evasori totali.

Introduzione al D.lgs 70/03 su e-commerce e servizi Internet

Il Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 è il recepimento nell’ordinamento italiano della “Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno” ed è uno dei riferimenti giuridici principali per la realizzazione di siti Internet a norma di legge. Di fatto, il D.lgs 70/03 regola i servizi che vengono erogati tramite un sito Internet, con l’obiettivo di promuoverne “la libera circolazione” nella UE.

E’ opportuno sottolineare come i “taluni aspetti giuridici” citati dal titolo della normativa sono alquanto variegati. La legge, infatti, oltre il tema della libertà di erogazione dei servizi web, disciplina tematiche quali il contenuto obbligatorio dei siti Internet, le modalità con cui si deve impostare e gestire un sistema di e-commerce ed infine la responsabilità dei provider.

Quest’ultimo aspetto è il parametro giuridico che la

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Giurisprudenza di merito sta prendendo per disciplinare controversie sulle responsabilità dei fornitori di servizi web 2.0, quali social network, blog, piattaforme per utenti o elaborazioni software in modalità as a service.

Ambito di applicazione e ubicazione dei server

L’ambito di applicazione del d.lgs 70/03 non si limita ai soli siti di commercio elettronico, ma è ben più ampio, in quanto coinvolge tutti i “servizi della società dell’informazione”. L’art. 1, infatti, richiamando anche la legge 317/86, specifica che la norma si applica a qualsiasi “attività economica svolta on-line” (perciò dal semplice “sito vetrina” aziendale ai più complessi servizi hosting dei provider ecc.) nonché a “qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”, cioè “un servizio inviato all'origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento, compresa la compressione digitale e di memorizzazione di dati e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici”.

Il prestatore del servizio deve essere stabilito nel territorio italiano (o Europeo). In un contesto tecnologico come quello di Internet non è sempre agevole individuare dove sia effettivamente stabilita un’azienda. A tal fine, la norma precisa correttamente che “La presenza e l'uso dei mezzi tecnici e delle tecnologie necessarie per prestare un servizio non costituiscono di

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per sé uno stabilimento del prestatore”. Il principio applicabile, perciò, pare essere quello della “stabile organizzazione” di diritto tributario. Esemplificando, un’azienda costituita a Londra, con server in Irlanda, ma che di fatto gestisce e organizza il servizio dall’Italia, sarà sottoposta alla disciplina del D.lgs 70/03 così come ad ogni altra normativa di diritto italiano. Cosa di non poco conto, se si tengono conto gli aspetti fiscali o i divieti e limitazioni previste nel nostro ordinamento per talune attività in Internet (si pensi ai giochi d’azzardo, alla vendita di medicinali, alle c.d. aste al ribasso ecc).

Tutela generale e la libertà di erogazione di servizi Internet in UE

In primo luogo il D.Lgs 70/03 garantisce che qualsiasi servizio erogato via Internet (siti web, e-commerce, hosting, mail, applicazioni ecc.) offerto da un soggetto stabilito in uno degli stati membri dell’Unione Europea non possa essere limitato da norme o Autorità di un altro paese, salvo – ovviamente – casi di ordine pubblico, prevenzione e repressione di reati, salute, sicurezza, tutela del consumatore, però con modalità e limiti ben specifici (art. 7 comma 2 e 3).

Altro obiettivo della norma è quello di vietare che singoli paesi membri approvino forme “locali” di autorizzazione ai servizi ICT. L’art. 8 dispone infatti che “l'accesso all'attività di un prestatore di un servizio della società dell'informazione e il suo esercizio non sono soggetti, in quanto tali, ad autorizzazione preventiva o ad altra

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misura di effetto equivalente”. Secondo la direttiva è importante assicurare che il commercio elettronico possa beneficiare pienamente del mercato interno di ogni singolo paese, favorendo così la libera circolazione dei servizi.

Ad esempio, anche in ossequio a tale principio, dal 2010 in Italia sono stati finalmente eliminati i farraginosi obblighi autorizzatori previsti dal D.Lgs 31/3/1998 n.114 (art. 18 e 26 comma 5) per intraprendere un’attività di commercio elettronico, oggi sostituiti da una semplice comunicazione di inizio attività al Comune ove a sede l’azienda, che potrà così operare con effetto immediato.

Rimangono comunque leciti i limiti imposti per attività che non riguardano specificatamente ed esclusivamente i servizi della società dell'informazione, come servizi finanziari, assicurativi, medici, giuridici, di telecomunicazioni ecc.

Contenuto minimo obbligatorio di siti web, obblighi generali di informazione

Un primo ed importante aspetto pratico del D.lgs 70/03 è la previsione di una serie di contenuti minimi obbligatori per chi intenda realizzare un qualsiasi servizio tramite Internet, come ad esempio un sito di e-commerce. Chiaramente questi obblighi informativi valgono anche per l’attività on-line svolta da aziende di un qualsiasi paese membro della UE, in forza delle rispettive norme di recepimento della direttiva 31/00/CE.

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In generale le informazioni che risulta necessario fornire agli utenti/clienti di un sito web sono numerose e – purtroppo – sparse in diverse normative non sempre ben coordinate: il D.lgs 70/03 e il Codice del Consumo, che vedremo in modo più specifico qui di seguito, nonché il Codice Civile e il DPR 633/72.

Le prime informazioni obbligatorie che deve contenere un sito web sono elencate analiticamente all’art. 7 del d.lgs 70/03, e sono le seguenti:

a) il nome, la denominazione o la ragione sociale (del soggetto che eroga il servizio tramite il sito)

b) il domicilio o la sede legale;

c) gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l'indirizzo di posta elettronica;

d) il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA, o al registro delle imprese;

e) il numero della partita IVA o altro numero di identificazione considerato equivalente nello Stato membro, qualora il prestatore eserciti un'attività soggetta ad imposta;

Questi primi cinque elementi sono sostanzialmente comuni ed obbligatori per qualsiasi attività economica svolta on-line da un soggetto, sia esso persona giuridica, professionista o ditta individuale. Qualora invece il sito Internet sia gestito da un persona fisica,

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perciò senza partita IVA e iscrizione REA, non sono ovviamente necessarie le indicazioni dei punto c) - g) rimanendo comunque in vigore gli altri obblighi di informazione.

Dal tenore letterale del punto c) dell’art. 7, ritengo che l’indicazione del solo indirizzo mail per contattare rapidamente e direttamente il prestatore forse non sia sufficiente, essendo necessario fornire anche un ulteriore mezzo, quale il numero di telefono, fax, account Skype o analoghi strumenti di comunicazione o chat.

In generale, comunque, l’obbligo di fornire informazioni analoghe a quelle previste da questi primi 5 punti dell’art. 7 del D.lgs 70/03 non sono una novità assoluta. Cito in questa sede, ad esempio, la formulazione degli articoli 2250 e 2630 del Codice Civile a seguito dell’entrata in vigore della Legge comunitaria n. 88/09, che prevedono l’obbligo per le società di capitali di inserire determinate informazioni legali (sede, numero di iscrizione e ufficio del Registro delle imprese, ecc.) anche sul proprio sito Web. Si sottolinea, poi, che anche l'articolo 35, comma 1 del D.P.R. n. 633/72 obbliga tutti i soggetti in possesso di partita IVA a pubblicare sulla home page del proprio sito Internet il relativo codice di partita IVA, e l'omessa indicazione, è punita con una sanzione amministrativa fino a € 2.065,83

L’art. 7 del d.lgs 70/03 prosegue poi specificando che l’imprenditore di e-commerce che intenda erogare servizi o vendere beni che sono soggetti a concessioni,

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licenze, oppure hanno riguardano professioni regolamentate, debba fornire altre specifiche notizie, sugli elementi di individuazione nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza qualora un'attività sia soggetta a concessione, licenza od autorizzazione;

E se il servizio offerto on-line è normalmente riservato alle professioni regolamentate (ad es. servizio di consulenza legale, tributaria, psicologica ecc) è necessario altresì indicare sul sito Internet:

a) l'ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il prestatore sia iscritto e il numero di iscrizione;

b) il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato;

c) il riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta vigenti nello Stato membro di stabilimento e le modalità di consultazione dei medesimi;

La lettera h) del D.lgs 70/03 dispone che l’imprenditore di e-commerce debba fornire altresì “l’indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei diversi servizi della società dell'informazione forniti, evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare” nonché “l'indicazione delle attività consentite al consumatore e al destinatario del servizio e gli estremi del contratto qualora un'attività sia soggetta ad autorizzazione o l'oggetto della prestazione sia fornito

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sulla base di un contratto di licenza d'uso”.

Questa previsione risulta in parte simile a quella prevista dall’art. 13 comma II. Inoltre anche il Codice del Consumo tratta il medesimo argomento, qualora il servizio sia fornito, anche solo potenzialmente, ad un c.d. “consumatore”. Pertanto si rimanda ai prossimi capitoli uno specifico approfondimento, in particolare sulle modalità tecniche con cui è opportuno rendere tali informazioni al Cliente.

Secondo il D.lgs 70/03 tutte le informazioni obbligatorie sopra citate, cioè quelle dell’art. 7, devono essere “facilmente accessibili, in modo diretto e permanente”. Si ritiene che il modo migliore per adempiere alla norma, senza rovinare la grafica del sito, sia quello di creare una pagina ad hoc che riporti tutte queste informazioni. Tale pagina sarà accessibile tramite un link nella home page denominato “termini legali”, di solito posto in basso, accanto ai link che disciplinano gli altri aspetti “giuridici” del sito, come il link “privacy” (informativa e consensi, gestione dei cookie) e il copyright. Sarebbe opportuno fornire le informazioni legali almeno in due lingue, italiano e inglese.

Le informazioni obbligatorie nella conclusione del contratto: gli art. 12 e 13 del D.lgs 70/03

L’art. 12 del D.lgs 70/03 tratta ulteriori obblighi informativi in aggiunta a quelli sopra visti, ma questa volta finalizzati in modo più specifico a rendere

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consapevole e libero l’utente nel momento antecedente l’inoltro definitivo dell’offerta.

La norma infatti impone di fornire “in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile, prima dell'inoltro dell'ordine da parte del destinatario del servizio” queste informazioni:

a) le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;

b) il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;

c) i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l'ordine al prestatore;

d) gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica;

e) le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all'italiano;

f) l'indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.

Queste informazioni dovranno essere visibili, anche in una pagina ad hoc accessibile con un link all’interno del negozio virtuale, fra le pagine dei prodotti e dei servizi offerti nel sito.

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I software di e-commerce più adeguati alla norma. Conferma dell’ordine e informazioni obbligatorie.

Argomento alquanto importante, soprattutto al fine di individuare i sistemi software di e-commerce (carrello) più corretti dal punto di vista normativo, si trova nell’articolo 12 comma 3 del D.lgs 70/03, il quale dispone che i contratti che disciplinano il rapporto fra imprenditore e Cliente debbano essere messi a disposizione “in modo che gli sia consentita la memorizzazione e la riproduzione”. Il successivo articolo 13 (Inoltro dell’ordine) specifica nel dettaglio il complesso rapporto fra contratto/ordine/accettazione nel commercio elettronico.

L’art. 13 dispone che, salvo differente accordo tra parti diverse dai consumatori, l’imprenditore di e-commerce debba “accusare” - dice precisamente il testo di legge - subito e per via telematica, una “ricevuta” dell’ordine, con il riepilogo del contratto, le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio scelto, l'indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del diritto di recesso (come diremo poi) nonchè dei costi di consegna e dei tributi applicabili. Più che il “riepilogo del contratto” sarebbe opportuno riportare l’intero testo delle condizioni generali di contratto che disciplinano il rapporto con il Cliente, in modo che sia soddisfatto il requisito del comma 3 dell’art. 12 del D.lgs 70/03.

Il modo più corretto per “accusare” tale ricevuta è quello

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di unire queste informazioni con quelle dell’art. 54 del Codice del Consumo (che vedremo a breve), inserendole in un unico documento PDF di riepilogo che si genera automaticamente alla definitiva conferma dell’ordine e che viene allegato ad una comunicazione e-mail che sarà spedita all’indirizzo che il Cliente ha indicato, obbligatoriamente, nel form di registrazione.

Molti software e-commerce permettono sì di fornire al consumatore tutte le informazioni obbligatorie sopra elencate, ma solo per mezzo di una pagina web residente nel server stesso del fornitore del servizio. Questo sistema di elaborazione dell’ordine è stato considerato non conforme alla normativa e-commerce da una Sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 5 luglio 2012 nella causa C-49/11. Secondo i Giudici “la prassi commerciale consistente nel rendere accessibili ai consumatori le informazioni richieste dall'art. 5, paragrafo 1, della direttiva 97/7/CE per la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, solamente attraverso un collegamento ipertestuale a un sito Internet dell'impresa interessata non soddisfa i requisiti imposti dalla direttiva stessa, dal momento che tali informazioni non sono né "fornite" da tale impresa né "ricevute" dal consumatore". Ecco perché riteniamo che l’invio al cliente di una e-mail riassuntiva, con allegato il documento PDF contenente la conferma dell’ordine e gli altri elementi informativi obbligatori, sia lo strumento tecnico che coniuga al meglio gli adempimenti legali dell’e-commerce, anche in

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merito agli obblighi previsti dall’art. 54 del Codice del Consumo (che vedremo a breve), con quelli di rapidità e usabilità del sito.

I software di e-commerce più adeguati alla norma. La registrazione del Cliente.

Quanto riportato all’art. 12 e 13 del D.lgs 70/03 sono molto utili per indirizzare l’imprenditore (o chi materialmente propone e realizza siti e-commerce) nella scelta della modalità tecnica e grafica con cui si completa l’ordine di acquisto, cioè in sostanza nella scelta del software di “carrello” e-commerce più adeguato.

A nostro parere, oltre quanto sopra detto, i sistemi di acquisto più adeguati sono quelli che permettono di visionare i prodotti liberamente, di inserirli nel carrello, ma al momento dell’acquisto effettivo obbligano il Cliente a registrarsi al sito e a proseguire l’acquisto in una pagina protetta.

Tale soluzione, che molti imprenditori ritengono macchinosa, in realtà permetterebbe di affermare che l’incontro di proposta e accettazione del bene o servizio, nonché l’accettazione delle condizioni generali di contratto che disciplinano tale accordo, sono avvenute in un contesto di “dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica” cioè - ai sensi del D.lgs 82/05 - in un

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contesto tecnico/giuridico di “firma elettronica”. Avvenendo il tutto in ambiente criptato (https), magari con sistemi di doppio consenso all’autenticazione a seguito dell’invio di una e-mail di conferma, tale firma elettronica (debole) potrà essere considerata dal Giudice ragionevolmente sicura per “caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità”. La conseguenza di ciò sarà la sua validità giuridica (20 comma 1 bis del D.lgs 82/05) e probatoria (21 comma 1).

Non è detto che sistemi meno complessi pregiudichino la validità giuridica dell’accordo contrattuale, visto che – come ha ribadito una recente ordinanza del Tribunale di Catanzaro – anche se in sede cautelare – “per il perfezionamento del contratto, “vigendo nel nostro ordinamento il principio di libertà delle forme, la tecnica “del tasto virtuale” o “point and click”, utilizzata nella contrattazione telematica, è sufficiente a manifestare il consenso contrattuale e ritenere perfezionato il contratto, laddove si tratti di un contratto a forma libera”. Tuttavia, la stessa ordinanza dichiara che ove vi siano clausole da approvarsi per iscritto (come le vessatorie sia ai sensi e per gli effetti dell’art. 1341 II comma che quelle previste dal Codice del Consumo) esse dovrebbero essere sottoscritte con “firma digitale”, cioè una firma elettronica che presuppone crittografia asimmetrica, ente certificatore e un “dispositivo di firma”. Strumento questo per nulla diffuso fra i consumatori.

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Pertanto, come suggerito prima, tutti gli elementi del contratto (nonché ricevuta dell'ordine, riepilogo e informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio scelto, indicazione dettagliata del prezzo, dei mezzi di pagamento, del diritto di recesso, dei costi di consegna e dei tributi applicabili) sarebbe opportuno venissero riepilogati in una pagina “riassuntiva” prima dell’effettiva accettazione (e del pagamento con carta di credito) per poi essere inseriti in un unico PDF e contestualmente inviati alla mail dichiarata dal Cliente (meglio, ma improbabile, da una nostra PEC alla PEC del Cliente).

Si specifica infine che la violazione delle norme sull’informazione degli utenti (art. 7 e 12) sono punite con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 10.000 euro.

La tutela del consumatore e i contratti on-line nel Codice del Consumo (D.lgs 206/05)Nella realizzazione di servizi e-commerce diviene oramai fondamentale la conoscenza e l’applicazione del Codice del Consumo, cioè Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 8 ottobre 2005 - Supplemento Ordinario n. 162).

Tale normativa contiene la disciplina giuridica dei c.d. “contratti a distanza” con i consumatori, prima disciplinati dal D.lgs 185/99 in attuazione della Dir. 97/7/CE.

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Pertanto, un servizio di e-commerce, da un punto di vista contrattuale e delle modalità pratiche con cui si svolge, deve anche sottostare alle prescrizioni del Codice del Consumo.

In primo luogo è necessario individuare la nozione di “consumatore”, inizialmente introdotta nel nostro ordinamento con la legge 52/1996, in attuazione della direttiva 1993/13/CEE, e oggi precisata all’art. 3 comma 1 lett. A) del Codice del Consumo, quale “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta”.

La nozione di “consumatore” ha avuto alterne interpretazioni e sfumature nel nostro ordinamento, ma ai fini di quanto interessa in questa sede, possiamo affermare che tale è esclusivamente la persona fisica (anche imprenditore ovvero professionista) che conclude un contratto on-line per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana, sempre che siano estranee all’esercizio della propria attività lavorativa e professionale. Pertanto un avvocato che acquista on-line un libro per i propri figli è un “consumatore”, se acquista sul medesimo sito web un libro sul “contratto di locazione” è invece un professionista.

Nella prassi è opportuno valutare accuratamente se il bene o servizio venduto tramite il proprio sito di e-commerce, di fatto – anche solo potenzialmente – possa essere acquistato da un soggetto per uno scopo

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“estraneo” alla propria vita professionale. Il consiglio, comunque, è quello di impostare il sito web in modo che rispetti le prescrizioni del Codice del Consumo che vedremo qui di seguito.

E-commerce e consumatore, adempimenti

Gli adempimenti tecnici e giuridici di cui parleremo, che si sommano a quelli del d.lgs 70/03 visti sopra, si applicano a tutti i siti di e-commerce potenzialmente accessibili a consumatori. Elemento essenziale per applicare la norma è che offerta, proposta e accettazione del bene o del servizio si svolgano “senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore”: cosa comune al banalissimo “sito vetrina” con un ordine che si perfeziona via mail, ai normali sistemi “a carrello” point and click ovvero altre e più complesse forme di e-procurement.

La legge elenca una serie di tipologie di contratti on-line ai quali, invece, non si applica la norma, in quanto già ricompresi in discipline specifiche. Sono esclusi, ad esempio, i contratti relativi ai servizi finanziari, quelli conclusi con gli operatori delle telecomunicazioni, quelli di costruzione e vendita di beni immobili, quelli conclusi in occasione di aste.

In materia di Codice del Consumo, il primo obbligo a cui l’imprenditore di e-commerce deve sottostare è, nuovamente, quello di informazione, come già previsto dall’art. 7 del D.lgs 70/03 e dai successivi articoli 12 e

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13. Le due norme non son ben coordinate anche se da un lato il Codice del Consumo si preoccupa di dire al comma 5 dell’art. 52 “In caso di commercio elettronico gli obblighi informativi dovuti dal professionista vanno integrati con le informazioni previste dall'articolo 12 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70” e dall’altro il D.lgs 70/03 all’art. 12 comma 1 fa salvi “obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi” nonché “quelli stabiliti dall'articolo 3 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185”, oggi nel Codice del Consumo.

Nella pratica, comunque, è opportuno fornire le informazioni prescritte dal Codice del Consumo unitamente a quelle previste dagli articoli 12 del D.lgs 70/03, coordinando al meglio il contenuto delle due norme in funzione del prodotto e servizio venduto. Soprattutto, comunque, è necessario inviare tali informazioni con le modalità tecniche che abbiamo sopra dettagliato, tramite documento PDF allegato alla e-mail di conferma d’ordine.

Questo perché l’art. 53 del Codice del Consumo prescrive che il consumatore debba ricevere queste informazioni “per iscritto” o, a sua scelta, “su altro supporto duraturo a sua disposizione ed a lui accessibile”, e ciò prima o al momento della esecuzione del contratto.

Posto che la “conferma per iscritto”, cioè via posta o a mezzo fax, vanifica il senso dell’e-commerce, è opportuno specificare cosa consista fornire tali

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informazioni in un supporto duraturo a disposizione dell’utente e a lui accessibile. Qui ci viene in soccorso la sentenza della Corte di Giustizia sopra citata, con la quale i Giudici negano che un semplice link che punti una pagina del sito web del fornitore possa soddisfare il requisito di legge. Ecco perché le informazioni prescritte devono perlomeno essere inserite nel citato PDF riassuntivo che, come detto, conterrà anche le informazioni dell’art. 12 e 13 del D.lgs 70/03, e sarà inviato al consumatore allegato alle e-mail di conferma dell'ordine.

Ciò detto, le informazioni obbligatorie del Codice del Consumo (art. 51 comma 1) sono le seguenti:

a) identità del professionista e, in caso di contratti che prevedono il pagamento anticipato, l'indirizzo del professionista;

b) caratteristiche essenziali del bene o del servizio;

c) prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse e le imposte;

d) spese di consegna;

e) modalità del pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e di ogni altra forma di esecuzione del contratto;

f) esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello stesso, ai sensi dell'articolo 55, comma 2;

g) modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in

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caso di esercizio del diritto di recesso;

h) costo dell'utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando e' calcolato su una base diversa dalla tariffa di base;

i) durata della validità dell'offerta e del prezzo;

j) durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ad esecuzione continuata o periodica.

Altre informazioni obbligatorie sono:

• l'indirizzo geografico della sede del professionista a cui il consumatore può presentare reclami;

• le informazioni sui servizi di assistenza e sulle garanzie commerciali esistenti;

• le condizioni di recesso dal contratto in caso di durata indeterminata o superiore ad un anno.

Queste ultime due informazioni non devono essere rese per servizi on-line forniti in un’unica soluzione (tipo download di musica o software).

La gestione dell’ordine in back office

L’imprenditore di e-commerce deve organizzare il proprio servizio adeguandosi alle prescrizioni dell’art. 54 del Codice del Consumo. L’invio dei beni o l’erogazione del servizio, ad esempio, deve essere eseguito entro trenta giorni a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il consumatore ha trasmesso l’ordine.

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Se ciò non sia possibile, ad esempio perché il bene o il servizio richiesto non sono disponibili, entro il medesimo termine il professionista deve informare il Cliente e provvedere al rimborso delle somme eventualmente già corrisposte per il pagamento della fornitura.

Tutela essenziale a favore del consumatore è quella del diritto di recesso prevista normativamente all’art. 64 e seguenti del Codice. Prima di indicare la relativa disciplina, è opportuno sottolineare che tale diritto non si applica, in contesto e-commerce ai contratti di “fornitura di servizi relativi all'alloggio, ai trasporti, alla ristorazione, al tempo libero, quando all'atto della conclusione del contratto il professionista si impegna a fornire tali prestazioni ad una data determinata o in un periodo prestabilito”.

Altri casi in cui è escluso il diritto di recesso, salvo diverso accordo contrattuale a favore del consumatore, sono i seguenti:

• fornitura di servizi la cui esecuzione sia iniziata, con l'accordo del consumatore, prima della scadenza del termine di dieci giorni lavorativi

• fornitura di beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni dei tassi del mercato finanziario

• fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati o che, per loro natura, non possono essere rispediti o rischiano di deteriorarsi o alterarsi rapidamente;

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• fornitura di prodotti audiovisivi o di software informatici sigillati, aperti dal consumatore;

• fornitura di giornali, periodici e riviste;

• servizi di scommesse e lotterie.

Il diritto di recesso del consumatore nell’e-commerce

Uno degli elementi di tutela essenziale per il cliente/consumatore che acquista nel sito di e-commerce è il diritto di recesso garantito ex lege dall’art. 64 del Codice: “il consumatore ha diritto di recedere senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro il termine di dieci giorni lavorativi”, salvo i diversi termini stabiliti dall'articolo 65, commi 3, 4 e 5.

Come riferito sopra, ai sensi dall’art. 52 del Codice, il Consumatore deve essere già avvisato prima dell’inoltro dell’ordine dell’esistenza del diritto di recesso, nonché delle modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di esercizio del diritto di recesso. Questa informazione preventiva ha un valore fondamentale in quanto la sua omissione o incompletezza dilata i termini entro cui il Consumatore ha diritto di recedere, come specificheremo qui di seguito.

Il diritto di recesso si esercita con l'invio, entro i termini previsti sopra, di una comunicazione scritta alla sede dell’impresa di e-commerce indicata negli obblighi di informazione previsti sia dal D.lgs 70/03 che dallo stesso Codice del Consumo. La comunicazione deve

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avvenire mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero posta elettronica certificata. La comunicazione può essere inviata, entro lo stesso termine, anche mediante telegramma, posta elettronica e fax, a condizione che sia confermata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero posta elettronica certificata, entro le quarantotto ore successive. Fa fede, in tali casi, la data di consegnata all'ufficio postale accettante entro i termini previsti dal codice o dal contratto, ove diversi.

L’imprenditore può espressamente prevedere nel contratto, o in una pagina del sito web, che al posto della comunicazione è sufficiente la restituzione, entro il termine visto sopra, della merce ricevuta.

Ma da quando decorrono i termini per esercitare il recesso? Generalmente dalla data di ricevimento della merce da parte del consumatore. Tuttavia, ove non siano stati soddisfatti gli obblighi di informazione sopra citati (art. 52) ovvero sia stata data un’informazione incompleta o errata, il termine di 10 giorni per il recesso decorre dal giorno in cui questi ultimi siano stati pienamente soddisfatti, purché ciò non avvenga oltre il termine di tre mesi dalla conclusione del contratto.

Se invece l’imprenditore di e-commerce non abbia soddisfatto agli obblighi di informazione il termine per l’esercizio del diritto di recesso è di novanta giorni e decorre, per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore, per i servizi, dal giorno della

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conclusione del contratto.

Chiaramente le parti possono convenire termini diversi, ma le garanzie proposte possono essere solo più ampie nei confronti dei consumatori rispetto a quanto previsto dal Codice.

Una volta esercitato il diritto di recesso entro i termini, le parti sono sciolte dalle rispettive obbligazioni derivanti dal contratto o dalla proposta contrattuale. Il consumatore è tenuto a restituire il bene ricevuto al professionista, o della persona da questi designata, entro non oltre a dieci giorni lavorativi decorrenti dalla data del ricevimento del bene. Ai fini della scadenza del termine la merce si intende restituita nel momento in cui viene consegnata all'ufficio postale accettante o allo spedizioniere. Il bene restituito deve essere sostanzialmente integro, cioè in normale stato di conservazione, in quanto custodito ed eventualmente adoperato con l'uso della normale diligenza.

Importante sottolineare che in caso di recesso, le sole spese dovute dal consumatore per l’esercizio del diritto sono solo le spese dirette di restituzione del bene al mittente, ove espressamente previsto dal contratto.

Conseguentemente l’impresa di e-commerce dovrà procedere al rimborso delle somme versate dal consumatore, ivi comprese le somme versate a titolo di caparra. Il rimborso deve avvenire gratuitamente, nel minor tempo possibile e in ogni caso entro trenta giorni dalla data in cui il professionista è venuto a conoscenza

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dell'esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore.

Sanzioni per violazioni del Codice del Consumo

Di particolare rilievo sono le sanzioni previste dal Codice in caso di mancata adozione delle misure a tutela del consumatore. L’art. 62 comma 1 dispone che “Salvo che il fatto costituisca reato il professionista che contravviene alle norme di cui al presente capo, ovvero non fornisce l'informazione al consumatore, ovvero ostacola l'esercizio del diritto di recesso ovvero fornisce informazione incompleta o errata o comunque non conforme sul diritto di recesso da parte del consumatore secondo le modalità di cui agli articoli 64 e seguenti, ovvero non rimborsa al consumatore le somme da questi eventualmente pagate, nonché' nei casi in cui abbia presentato all'incasso o allo sconto gli effetti cambiari prima che sia trascorso il termine di cui all'articolo 64, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 a euro 5165” che possono essere raddoppiati in caso di gravità o recidiva.

Come specificato sopra, ricordo poi che il servizio e-commerce che non riporta gli obblighi di informazione circa il diritto del consumatore di poter recedere dal contratto, comporta allungamento del termine per l’esercizio del diritto di recesso fino a novanta giorni dal giorno del ricevimento dei beni e, per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto.

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Un'ultima annotazione riguarda la competenza esclusiva del Giudice luogo di residenza o di domicilio del consumatore, che non può essere in nessun caso derogata dalle parti.

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Privacy e sicurezza sul web (*)

IntroduzioneCreare e gestire un sito di commercio elettronico comporta necessariamente il trattamento di dati personali, quindi devono essere rispettate le regole e gli adempimenti previsti dal d.lgs. 196/03 “Codice in materia di protezione dei dati personali” (di seguito Codice Privacy) e dagli specifici provvedimenti pubblicati dal Garante per la protezione dei dati personali.

Le definizioni

• "trattamento", qualunque operazione o complesso di

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operazioni, effettuati anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati;

• "dato personale", qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;

• "dati identificativi", i dati personali che permettono l'identificazione diretta dell'interessato;

• "dati sensibili", i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;

• "titolare", la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il

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profilo della sicurezza;

• "responsabile", la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali;

• "incaricati", le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal responsabile;

• "interessato", la persona fisica cui si riferiscono i dati personali;

• "comunicazione", il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall'interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;

• "diffusione", il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;

• "misure minime", il complesso delle misure tecniche, informatiche, organizzative, logistiche e procedurali di sicurezza che configurano il livello minimo di protezione richiesto in relazione ai rischi previsti nell'articolo 31;

• "strumenti elettronici", gli elaboratori, i programmi

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per elaboratori e qualunque dispositivo elettronico o comunque automatizzato con cui si effettua il trattamento;

• "autenticazione informatica", l'insieme degli strumenti elettronici e delle procedure per la verifica anche indiretta dell'identità;

• "credenziali di autenticazione", i dati ed i dispositivi, in possesso di una persona, da questa conosciuti o ad essa univocamente correlati, utilizzati per l'autenticazione informatica;

• "parola chiave", componente di una credenziale di autenticazione associata ad una persona ed a questa nota, costituita da una sequenza di caratteri o altri dati in forma elettronica;

• "profilo di autorizzazione", l'insieme delle informazioni, univocamente associate ad una persona, che consente di individuare a quali dati essa può accedere, nonché i trattamenti ad essa consentiti;

• "sistema di autorizzazione", l'insieme degli strumenti e delle procedure che abilitano l'accesso ai dati e alle modalità di trattamento degli stessi, in funzione del profilo di autorizzazione del richiedente.

Informativa o informative ?L'articolo 13 del d.lgs. 196/03 dispone che nel caso in

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cui si trattino dati personali sia necessario rilasciare all'interessato un'informativa preventiva che descriva con chiarezza tutti gli elementi base del trattamento che, in base al disposto del Codice Privacy, devono obbligatoriamente essergli indicati.

Le disposizioni in tema di informativa all'interessato costituiscono il nucleo fondante della normativa in tema di privacy, in quanto essa costituisce una vera e propria “carta d'identità” del trattamento, consentendo all'interessato di conoscere preventivamente le operazioni di trattamento cui verranno sottoposti i propri dati personali.

Le disposizioni di cui all'art. 13 si applicano anche ai casi in cui il trattamento venga effettuato tramite un sito internet.

È necessario sgombrare preliminarmente il campo da un dubbio: nel caso di un sito internet, il trattamento di dati personali inizia già dal momento in cui l'utente comincia a navigare nel sito, e non solo quando questi fornisca volontariamente delle informazioni (per es. compilando i form presenti in alcune pagine web).

Quindi è necessario provvedere a redigere due distinte informative: una prima relativa alla navigazione (spesso indicata come Privacy Policy) e una seconda che riguarda più propriamente i servizi erogati dal sito.

Entrambe le tipologie di informative devono necessariamente indicare gli elementi tassativamente

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indicati dall'art. 13, ossia:

• le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati;

• la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati;

• le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere;

• i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili o incaricati;

• l'ambito di diffusione dei dati;

• i diritti di cui all'articolo 7;

• gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentante nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 5 e del responsabile. Quando il titolare ha designato più responsabili è indicato almeno uno di essi, indicando il sito della rete di comunicazione o le modalità attraverso le quali è conoscibile in modo agevole l'elenco aggiornato dei responsabili. Quando è stato designato un responsabile per il riscontro all'interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all'articolo 7, è indicato tale responsabile.

La Privacy PolicyI sistemi, i software e i protocolli che permettono a un

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sito di funzionare richiedono l'acquisizione e il trattamento di alcuni dati personali. Si tratta, di regola, di informazioni che non consentono di risalire direttamente a interessati identificati, ma che, attraverso elaborazioni e associazioni con altri dati detenuti da terzi, potrebbero permettere di identificare gli utenti.

Si pensi in particolare a:

• indirizzi IP;

• nomi a dominio dei computer utilizzati dagli utenti che si connettono al sito;

• indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste;

• orario della richiesta;

• metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server;

• dimensione del file ottenuto in risposta;

• codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.);

• parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Normalmente questi dati vengono utilizzati al solo fine di ricavare informazioni statistiche sull'uso del sito e per finalità di troubleshooting (eliminazione del problema), ragion per cui essi vengono cancellati poco tempo dopo l'elaborazione.

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Particolare attenzione deve essere prestata all'utilizzo dei cookies, ossia quelle “stringhe di testo di piccola dimensione inviate da un server a un web client (di solito un browser) e poi rimandati indietro dal client al server ogni volta che il client accede allo stessa porzione dello stesso dominio” (definizione tratta da wikipedia.it).

I cookies si prestano a incidere in maniera molto importante sulla privacy dell'utente che accede a un sito web e proprio per questo la loro disciplina è stata recentemente modificata dall’entrata in vigore del d.lgs. 69/12 che ha rivoluzionato l’art. 122 del d.lgs. 196/03.

L'informativaNel caso in cui un sito internet preveda che un utente possa fornire volontariamente dati personali per comunicare o per fruire di qualche servizio, è necessario predisporre un'ulteriore specifica informativa.

Si pensi, ad esempio:

• ai form presenti nella pagine dei contatti tramite cui ogni utente può comunicare con il titolare del sito;

• ai siti di e-commerce, in cui l'utente deve registrarsi per poter concludere gli acquisiti.

In queste ipotesi il Titolare effettua operazioni di trattamento ulteriori rispetto a quelle relative alla semplice navigazione nelle pagine del sito, quindi è necessario che l'interessato venga previamente

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informato circa le operazioni cui verranno sottoposte le informazioni che vengono da lui fornite.

È necessario che le finalità dichiarate nell'informativa e i dati richiesti nei vari form presenti sul sito non risultino in contrasto con i principi di pertinenza e non eccedenza di cui all’art. 11 comma 1, lettera d) e non diano quindi luogo a un vero e proprio trattamento illecito di dati personali.

Spesso, infatti, vengono richiesti informazioni ulteriori rispetto alle finalità dichiarate: si pensi, ad esempio, ad un ipotesi in cui un sito di e-commerce, per inviare una domanda sulle caratteristiche di un prodotto in vendita, richieda dati quali il luogo e la data di nascita, il codice fiscale, la cittadinanza, o altre preferenze personali.

L'informativa, pertanto, dev'essere predisposta con la massima attenzione e personalizzata sulle esigenze peculiari del singolo sito, anche per non incorrere nelle sanzioni previste dal Codice Privacy.

Le sanzioniL'art. 161 del D.Lgs 196/03 stabilisce che l'omessa o inidonea informativa all'interessato sia punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da seimila a trentaseimila euro.

L'art. 164-bis, invece, precisa che:

• se la violazione di cui all'art. 161 è di minore gravità, avuto altresì riguardo alla natura anche economica o

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sociale dell'attività svolta, i limiti minimi e massimi stabiliti dal medesimo articolo sono applicati in misura pari a due quinti;

• nel caso di una violazione di maggiore gravità e, in particolare, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, ovvero quando la violazione coinvolge numerosi interessati, i limiti minimo e massimo delle sanzioni sono applicati in misura pari al doppio;

• le sanzioni possono, infine, essere aumentate fino al quadruplo quando risulterebbero inefficaci in ragione delle condizioni economiche del contravventore.

Il ConsensoIl trattamento di dati personali da parte di privati può avvenire solo in presenza del consenso dell'interessato, salvo i casi di esonero espressamente previsti dalla legge. Il consenso è validamente prestato solo se:

• sono state previamente rese all'interessato le informazioni di cui all'art. 13;

• è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato;

• è documentato per iscritto.

Consenso libero e informato

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Nel paragrafo relativo all'art. 13 si è fatto cenno alla natura pregiudiziale della informativa che, di regola, deve essere portata a conoscenza dell'interessato prima dell'inizio delle operazioni di trattamento. Il Codice Privacy ribadisce che la mancanza dell'informativa o l'inidoneità del suo contenuto causa l'invalidità del consenso eventualmente ottenuto.

Affinché il consenso al trattamento possa svolgere la propria funzione di garanzia prevista dal Codice, occorre che esso sia libero e, quindi, che non venga richiesto in via definitiva, generale ed incondizionata.

Consenso specifico

Il consenso non è valido se viene prestato in modo generico, in quanto deve avere per oggetto uno specifico trattamento o determinate operazioni di trattamento dei dati personali, poste in essere al fine di perseguire le finalità che sono state esplicitate nell'informativa ex art. 13.

Si pensi, ad esempio, al caso in cui nell'informativa il Titolare dichiari di trattare i dati per tre finalità distinte:

• soddisfare un obbligo di legge;

• eseguire un contratto di cui è parte l'interessato;

• finalità promozionali.

È necessario che l'interessato sia messo nelle condizioni di capire la diversità delle situazioni, di apprezzare gli

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effetti che il consenso o il diniego possono produrre nei confronti di ciascuna di esse, nonché di esprimere una manifestazione libera nei confronti di ciascuna.

Ritornando all'esempio, quindi, il Titolare non potrà chiedere un unico consenso che riguardi tutte le tre distinte e specifiche finalità.

Forma del consenso

Il Codice Privacy richiede che il consenso sia documentato per iscritto. Nel caso in cui, però, il trattamento riguardi dati sensibili, il consenso deve essere manifestato in forma scritta.

Per quanto attiene ai trattamenti effettuati tramite siti internet è fondamentale sapere che il consenso è legittimamente espresso anche con la modalità della selezione di un'apposita casella, via internet.

Casi di esclusione del consensoBisogna, da ultimo, ricordare che il Codice Privacy ha espressamente individuato i casi nei quali può essere effettuato il trattamento senza dover chiedere ed ottenere il consenso dell'interessato. Con particolare riferimento alle attività di e-commerce, il consenso non è richiesto quando il trattamento:

• è necessario per adempiere a un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;

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• è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l'interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell'interessato;

• riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria stabiliscono per la conoscibilità e pubblicità dei dati;

• riguarda dati relativi allo svolgimento di attività economiche, trattati nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale.

Cookies - le modifiche introdotte dal d.lgs. 69/12Dal 1° giugno 2012 è entrato in vigore il d.lgs. 69/12 che, in attuazione delle direttive 2009/136/CE e 2009/140/CE, ha modificato in modo sensibile gli articoli del Codice Privacy relativi ai servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico.

Di particolare interesse sono le modifiche che hanno riguardato i c.d. cookies, di regola finalizzati a rendere più piacevole e semplice la navigazione dell’utente, ma senza dubbio utilizzati per scopi ulteriori, idonei a ledere la riservatezza di chi naviga sul web.

Il d.lgs 69/12 ha così modificato il testo dell’articolo 122 del Codice Privacy:

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Art. 122. Informazioni raccolte nei riguardi del contraente o dell’utente

1. L’archiviazione delle informazioni nell’apparecchio terminale di un contraente o di un utente o l’accesso a informazioni già archiviate sono consentiti unicamente a condizione che il contraente o l’utente abbia espresso il proprio consenso dopo essere stato informato con le modalità semplificate di cui all’articolo 13, comma 3. Ciò non vieta l’eventuale archiviazione tecnica o l’accesso alle informazioni già archiviate se finalizzati unicamente ad effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica, o nella misura strettamente necessaria al fornitore di un servizio della società dell’informazione esplicitamente richiesto dal contraente o dall’utente a erogare tale servizio. Ai fini della determinazione delle modalità semplificate di cui al primo periodo il Garante tiene anche conto delle proposte formulate dalle associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale dei consumatori e delle categorie economiche coinvolte, anche allo scopo di garantire l’utilizzo di metodologie che assicurino l’effettiva consapevolezza del contraente o dell’utente.

2. Ai fini dell’espressione del consenso di cui al comma 1, possono essere utilizzate specifiche configurazioni di programmi informatici o di dispositivi che siano di facile e chiara utilizzabilità per il contraente o l’utente.

2-bis. Salvo quanto previsto dal comma 1, è vietato l’uso di una rete di comunicazione elettronica per accedere a

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informazioni archiviate nell’apparecchio terminale di un contraente o di un utente, per archiviare informazioni o per monitorare le operazioni dell’utente.

La nuova stesura dell’art. 122 introduce per quanto riguarda i cookies il definitivo passaggio dal regime dell’OPT OUT a quello - ben più severo e di difficile attuazione - dell’OPT IN che prevede la necessità per il titolare di ottenere il consenso preventivo da parte dell’utente.

In altre parole, l’utente dovrà essere informato in modo chiaro e completo in merito a finalità e modalità del trattamento dei propri dati, per poi esprimere il proprio consenso affinché i cookies vengano attivati durante la navigazione.

È importante evidenziare due casi di esenzione per i quali permane il regime dell’OPT OUT.

Non occorre il consenso preventivo nel caso in cui sussista uno dei seguenti requisiti:

• CRITERIO A: il cookie viene utilizzato “per il solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica”;

• CRITERIO B: il cookie è “strettamente necessario per il prestatore di un servizio della società dell’informazione per fornire un servizio esplicitamente richiesto dall’abbonato o dall’utente”.

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La Notificazione al GaranteLa notificazione è una dichiarazione con cui un soggetto pubblico o privato rende nota al Garante per la protezione dei dati personali l'esistenza di un'attività di raccolta e di utilizzazione dei dati personali, svolta quale autonomo titolare del trattamento.

La notifica è trasmessa al Garante, esclusivamente per via telematica utilizzando la procedura indicata nelle istruzioni presenti nel sito istituzionale www.gpdp.it.

La notificazione va effettuata una tantum prima che inizi il trattamento dei dati, indipendentemente dalla durata, dal tipo e dal numero delle operazioni di trattamento, sia che si effettui un solo trattamento, sia che si curino più attività di trattamento con finalità correlate tra loro.

A differenza di quanto previsto dalla vecchia legge 675/96, l'obbligo di notificazione è previsto solo per trattamenti di specifiche categorie di dati e di finalità che presentano un impatto privacy di particolare rilevanza.

Di regola i trattamenti normalmente connessi a un'attività di commercio elettronico non rientrano in quelli per cui è obbligatorio effettuare la notificazione.

Risulta necessario notificare il trattamento di:

• dati trattati con l'ausilio di strumenti elettronici volti a definire il profilo o la personalità dell'interessato, o ad analizzare abitudini o scelte di consumo, ovvero a monitorare l'utilizzo di servizi di comunicazione

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elettronica con esclusione dei trattamenti tecnicamente indispensabili per fornire i servizi medesimi agli utenti;

• dati sensibili utilizzati per sondaggi di opinione, ricerche di mercato e altre ricerche campionarie.

Le sanzioniA norma dell'articolo 163 d.lgs 196/03 chiunque, essendovi tenuto, non provvede tempestivamente alla notificazione, ovvero indica in essa notizie incomplete, viene punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da ventimila a centoventimila euro.

L'articolo 164-bis prevede che:

• se la violazione di cui all'art. 163 è di minore gravità, avuto altresì riguardo alla natura anche economica o sociale dell'attività svolta, i limiti minimi e massimi stabiliti dal medesimo articolo sono applicati in misura pari a due quinti;

• in caso, invece, di una violazione di maggiore gravità e, in particolare, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, ovvero quando la violazione coinvolge numerosi interessati, i limiti minimo e massimo delle sanzioni sono applicati in misura pari al doppio;

• le sanzioni possono, infine, essere aumentate fino al

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quadruplo quando possono risultare inefficaci in ragione delle condizioni economiche del contravventore.

La sicurezza informaticaUna delle principali problematiche connesse al commercio elettronico è quella relativa alla tutela della privacy delle parti coinvolte nella compravendita soprattutto per quanto attiene ai pagamenti on-line, nonché della sicurezza dei dati personali richiesti al fine di eseguire le varie operazioni negoziali e, più in generale, dei dati che viaggiano sulla rete.

Secondo lo standard internazionale di valutazione della sicurezza informatica ITSEC per sicurezza della tecnologia informatica» (IT) si intende la somma di questi tre requisiti:

• confidenzialità: vale a dire protezione dalla divulgazione non autorizzata di informazioni;

• integrità: cioè tutela da modifiche delle informazioni non autorizzate;

• disponibilità: consistente nella prevenzione da ipotesi di inaccessibilità non autorizzata ai dati o alle risorse informatiche.

La sicurezza è un obiettivo che si può raggiungere grazie a un'attività composita e permanente. Soprattutto in ambito informatico, non esiste una sicurezza assoluta,

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ma solamente una tendenza ottimale verso la minimizzazione del rischio in considerazione della tutela dei diritti. Essa richiede interventi di tipo organizzativo, fisico e logico sottoposti ad un continuo processo di aggiornamento e verifica alla luce delle novità introdotte dall'evoluzione tecnologica.

Per tale motivo l'art. 31 d.lgs. 196/03 stabilisce che i dati personali oggetto di trattamento devono essere custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l'adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.

Risulta opportuno che chi esercita un'attività di commercio elettronico tenga conto di tali prescrizioni, onde evitare di dover risarcire il danno causato dalla mancata adozione delle cautele indicate nell'art. 31.

Si pensi, ad esempio all'utilizzo di protocolli crittografici quali il Transport Layer Security (TLS) e il suo predecessore Secure Sockets Layer (SSL): essi permettono una comunicazione sicura dal sorgente al destinatario (end-to-end) sulla rete Internet, garantendo autenticazione, integrità dei dati e cifratura operando al di sopra del livello di trasporto. Si tratta, in altre parole, di protocolli in grado di garantire un canale di

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comunicazione sicuro tra il browser dell'acquirente ed il sito di e-commerce, in modo tale da prevenire la manomissione la falsificazione e l'intercettazione dei dati relativi alla navigazione e alla transazione economica.

Le misure minime di sicurezzaNel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di cui all'art. 31, i titolari del trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure volte ad assicurare un livello minimo di protezione dei dati personali. Si tratta, in questo caso, di una serie di adempimenti individuati in maniera puntuale e analitica

L'art. 34 d.lgs. 196/03, infatti, stabilisce che il trattamento di dati personali effettuato con strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell'allegato B), le seguenti misure minime:

• autenticazione informatica;

• adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione;

• utilizzazione di un sistema di autorizzazione;

• aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici;

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• protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a trattamenti illeciti di dati, ad accessi non consentiti e a determinati programmi informatici;

• adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza, il ripristino della disponibilità dei dati e dei sistemi;

• adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativi per determinati trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale effettuati da organismi sanitari.

Tali misure minime devono essere obbligatoriamente rispettate anche da chi gestisce un sito di e-commerce.

La figura dell'Amministratore di SistemaMolto spesso il titolare del sito di e-commerce non è il soggetto che materialmente realizza e amministra il sito stesso.

Con la definizione di "amministratore di sistema" si individuano generalmente, in ambito informatico, figure professionali finalizzate alla gestione e alla manutenzione di un impianto di elaborazione o di sue componenti. Ai fini della normativa privacy vengono, però, considerate tali anche altre figure equiparabili dal punto di vista dei rischi relativi alla protezione dei dati, quali gli amministratori di basi di dati, gli amministratori di reti e di apparati di sicurezza e gli amministratori di sistemi software complessi.

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Gli amministratori di sistema sono, in molti casi, concretamente "responsabili" di specifiche fasi lavorative che possono comportare elevate criticità rispetto alla protezione dei dati; attività tecniche quali il salvataggio dei dati, la gestione dei database e la manutenzione hardware comportano infatti, in molti casi, un'attività che deve essere considerata a tutti gli effetti alla stregua di un trattamento di dati personali.

La figura dell'Amministratore di Sistema, non prevista espressamente dal Codice Privacy, è stata introdotta dal Provvedimento Generale del 27 novembre 2008, recante “Misure e accorgimenti prescritti ai titolari dei trattamenti effettuati con strumenti elettronici relativamente alle attribuzioni delle funzioni di amministratore di sistema”.

Tale provvedimento dispone che, salva esclusione dall'ambito applicativo espressamente previste, il Titolare del trattamento debba adottare una serie di misure.

Valutazione delle caratteristiche soggettive

L'attribuzione delle funzioni di amministratore di sistema deve avvenire previa valutazione delle caratteristiche di esperienza, capacità e affidabilità del soggetto designato, il quale deve fornire idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento, ivi compreso il profilo relativo alla sicurezza. Anche quando le funzioni di amministratore di

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sistema o assimilate sono attribuite solo nel quadro di una designazione quale incaricato del trattamento ai sensi dell'art. 30 del Codice, il titolare e il responsabile devono attenersi comunque a criteri di valutazione equipollenti a quelli richiesti per la designazione dei responsabili ai sensi dell'art. 29.

Designazioni individuali

La designazione quale amministratore di sistema deve essere individuale e recare l'elencazione analitica degli ambiti di operatività consentiti in base al profilo di autorizzazione assegnato.

Elenco degli amministratori di sistema

Gli estremi identificativi delle persone fisiche amministratori di sistema, con l'elenco delle funzioni loro attribuite, devono essere riportati in un documento interno da mantenere aggiornato e disponibile in caso di accertamenti da parte del Garante.

Servizi in outsourcing

Nel caso di servizi di amministrazione di sistema affidati in outsourcing il titolare o il responsabile esterno devono conservare direttamente e specificamente, per ogni eventuale evenienza, gli estremi identificativi delle persone fisiche preposte quali amministratori di sistema.

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Verifica delle attività

L'operato degli amministratori di sistema deve essere oggetto, con cadenza almeno annuale, di un'attività di verifica da parte dei titolari del trattamento o dei responsabili, in modo da controllare la sua rispondenza alle misure organizzative, tecniche e di sicurezza riguardanti i trattamenti dei dati personali previste dalle norme vigenti.

Registrazione degli accessi

Devono essere adottati sistemi idonei alla registrazione degli accessi logici (autenticazione informatica) ai sistemi di elaborazione e agli archivi elettronici da parte degli amministratori di sistema. Le registrazioni (access log) devono avere caratteristiche di completezza, inalterabilità e possibilità di verifica della loro integrità adeguate al raggiungimento dello scopo per cui sono richieste. Le registrazioni devono comprendere i riferimenti temporali e la descrizione dell'evento che le ha generate e devono essere conservate per un congruo periodo, non inferiore a sei mesi

Le sanzioniSecondo il combinato disposto degli artt. 169 e 161 d.lgs. 196/03 chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime di sicurezza è punito con l'arresto sino a due anni. Viene altresì prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma

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da diecimila a centoventimila euro.

All'autore del reato, all'atto dell'accertamento o, nei casi complessi, anche con successivo atto del Garante, è impartita una prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in caso di particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento e comunque non superiore a sei mesi. Nei sessanta giorni successivi allo scadere del termine, se risulta l'adempimento alla prescrizione, l'autore del reato è ammesso dal Garante a pagare una somma pari al quarto del massimo della sanzione stabilita per la violazione amministrativa. L'adempimento e il pagamento estinguono il reato.

Le comunicazioni commerciali tramite e-mailL'art. 130 del Codice Privacy stabilisce che (fermo restando quanto stabilito dagli articoli 8 e 21 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70), l'utilizzo della posta elettronica, effettuato per le finalità di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso del contraente o utente

Questa regola si applica anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per le finalità ivi indicate, mediante telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo.

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Opt-in e Opt-out

Nel nostro ordinamento vige il sistema dell'opt-in: di regola per poter inviare una mail promozionale è necessario avere preventivamente ottenuto lo specifico consenso da parte dell'interessato; a questo sistema si contrappone il c.d. opt-out che consente all'interessato di opporsi a un trattamento di dati personali già in corso.

La differenza tra queste due "filosofie" risiede appunto nel genere di controllo riconosciuto: l'opt-in sottopone la liceità della trasmissione del messaggio in rete al preventivo consenso espresso del destinatario, l'opt-out, invece, conferisce al destinatario un controllo successivo, nel senso che all'atto della prima comunicazione gli viene data facoltà di esprimere la propria volontà di non ricevere in futuro ulteriori comunicazioni di questo tipo.

Le mail dei propri clienti

Il Codice Privacy, però, ha previsto una deroga particolare al regime dell'opt-in: se il titolare del trattamento utilizza, a fini di vendita diretta di propri prodotti o servizi, le coordinate di posta elettronica fornite dall'interessato nel contesto della vendita di un prodotto o di un servizio, può non richiedere il consenso dell'interessato, sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto della vendita e l'interessato, adeguatamente informato, non rifiuti tale uso, inizialmente o in occasione di successive

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comunicazioni.

L'interessato, al momento della raccolta e in occasione dell'invio di ogni comunicazione effettuata per le finalità di cui al presente comma, deve essere informato della possibilità di opporsi in ogni momento al trattamento, in maniera agevole e gratuitamente.

Per esemplificare:

• il Titolare che intende avvalersi di questa deroga deve avere acquisito l'indirizzo e-mail del proprio cliente nel corso di una precedente transazione commerciale e nel rispetto dei principi a tutela dei dati personali;

• l'interessato deve essere stato previamente informato circa l'ulteriore utilizzo dell'e-mail a fini promozionali o di direct marketing in modo chiaro e specifico;

• all'atto della raccolta originaria e anche successivamente, il Titolare deve consentire al cliente di potersi opporre a tale ulteriore utilizzo a fini promozionali della propria e-mail.

Comunicazioni vietate

É vietato in ogni caso l'invio di comunicazioni a scopo promozionale, effettuato camuffando o celando l'identità del mittente o in violazione dell'articolo 8 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, o senza fornire un idoneo recapito presso il quale l'interessato possa esercitare i

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diritti di cui all'articolo 7, oppure esortando i destinatari a visitare siti web che violino il predetto articolo 8 del decreto legislativo n. 70 del 2003.

Sanzioni

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dall'art. 130 è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi, oltre alla pena accessoria della pubblicazione della sentenza.

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Open source ed e-commerce (*)

PremessaIn un sito internet di e-commerce possono essere efficacemente utilizzate soluzioni open source.

Prima di indicarle, pare opportuno chiarire cosa di intende con tale terminologia e quali sono i principali aspetti giuridici connessi.

In estrema sintesi con l'espressione open source si indica un software rilasciato con una licenza che consente di avere accesso al codice sorgente e di apportare modifiche al medesimo (azioni non consentite dal software “proprietario”). Si tratta di un concetto

(*) Avv. David D'Agostini

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diverso da quello di “software libero” (proposto della Free Software Foundation - www.fsf.org) in quanto più compatibile quello delle imprese commerciali.

Al fine di rendere il concetto di “software libero” (proposto della Free Software Foundation - www.fsf.org) più compatibile con le esigenze delle imprese commerciali, l'Open Source Initiative (http://opensource.org) ha elaborato la cosiddetta Open Source Definition che stabilisce i criteri generali per riconoscere le licenze e le distribuzioni open source.

Open Source DefinitionLa OSD contiene dieci condizioni che disciplinano gli aspetti informatici, economici e giuridici della metodologia Open Source.

Le prime tre servono a garantire le libertà fondamentali:

• distribuzione aperta (libera e gratuita): diritto di fare copie del programma e di ridistribuirle liberamente;

• accesso aperto (al codice sorgente): il codice dev’essere disponibile a costo di distribuzione e non obnubilato;

• modificabilità aperta: diritto di poter intervenire sul programma e modificarlo (non si obbliga, né si vieta che la licenza si propaghi al lavoro derivato).

Le altre sette condizioni garantiscono l’assenza di discriminazioni e definiscono i diritti e dignità degli

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autori:

• integrità del codice sorgente dell’autore;

• nessuna discriminazione contro persone o gruppi;

• nessuna discriminazione contro campi applicativi;

• i diritti offerti dalla licenza si applicano automaticamente a tutti i destinatari;

• la licenza non deve essere specifica ad un Prodotto (cioè legata ad una particolare forma fisica di distribuzione);

• la licenza non deve porre vincoli su altro software allegato a quello licenziato (es. vincoli sui software che possono o meno essere utilizzati assieme a quello licenziato);

• la licenza non deve richiedere particolari tecnologie di accesso (es. vincoli sui prodotti utilizzabili per accedere/utilizzare il software licenziato).

La OSD, pertanto, non è un modello di licenza per software, bensì una specifica di quanto è richiesto a una licenza affinché la stessa possa essere considerata open source.

Principali licenze Open SourceVolendo classificare le licenze Open Source si può distinguere tra:

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• propagative (copyleft), sono ispirate alla GPL e richiedono che tutti gli sviluppi del codice siano integrati solo con codice open source e siano pubblicati sotto una licenza GPL-compatibile;

• persistenti ma non propagative (non propriamente copyleft), consentono un linking dinamico con codice proprietario, ma ogni modifica al codice originale dev’essere soggetto alla stessa licenza (es. LGPL, MPL). Gli sviluppatori che modificano il codice originale o estendono librerie esistenti devono rilasciare il codice sotto la stessa licenza (persistenza), ma il codice esterno collegato al codice originale, può essere distribuito sotto altra licenza (non propagazione);

• permissive non propagative né persistenti (non copyleft), ammettono una combinazione di codice open source con codice proprietario (es. BSD) e consentono di porre il codice così ottenuto sotto altra licenza (anche proprietaria) mantenendo solo una nota riportante i nomi degli autori del codice open source.

Tra le tante licenze riconosciute dalla Open Source Initiative (circa una sessantina) le più importanti e diffuse risultano le seguenti.

GNU General Public License (GPL)

La GPL è stata pubblicata da Richard Stallman (uno dei principali esponenti del movimento del software libero)

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nel 1989 ed esprime in sé stessa i principi del free software.

La sua caratteristica principale è la “viralità”, vale a dire che ogni modifica al codice licenziato GPL e tutto il codice sviluppato per funzionare in associazione con il medesimo, dev’essere a sua volta coperto da licenza GPL; ciò garantisce che le libertà dell’utente vengano mantenute nel tempo.

Nel 2007 è stata pubblicata la terza versione della licenza GPL allo scopo di modificare alcuni aspetti della versione precedente, per meglio gestire in particolar modo il Digital Right Managment.

LGPL, Library General Public License

La viralità della licenza GPL ha posto un problema alla realizzazione di librerie di funzioni; infatti, una libreria protetta da GPL non è utilizzabile da sviluppatori di software proprietario e quindi la libreria perderebbe gran parte del suo potenziale.

Per questo motivo, nel 1991 è uscita una licenza, chiamata LGPL (Library General Public License) apposita per le librerie, che si presenta come una versione della GPL alleggerita di alcune restrizioni (per questo recentemente rinominata ‘Lesser GPL’). In tal modo, il software principale, che utilizza librerie LGPL, può essere rilasciato sotto qualsiasi licenza (anche proprietaria), ma le modifiche al codice LGPL sono comunque soggette a LGPL.

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New BSD (Berkley Standard Distribution)

La licenza BSD (le cui prime versioni risalgono agli anni ‘80), è una licenza molto semplice, la cui applicazione si risolve nell’inserimento di una breve nota standard nei file che si intendono tutelare con la licenza.

La nota deve riportare il nome di chi detiene il copyright, l’organizzazione cui appartiene e l’anno di realizzazione.

La licenza specifica che sono permesse la ridistribuzione e l’utilizzo del software tutelato in forma sorgente o binaria, con o senza modifiche, ma solo se vengono rispettate tre condizioni:

• le ridistribuzioni del codice sorgente devono mantenere la nota sul copyright;

• le ridistribuzioni in forma binaria devono riprodurre la nota sul copytight, l’elenco delle condizioni e la successiva avvertenza nella documentazione e nell’altro materiale fornito con la distribuzione;

• il nome dell’autore non potrà essere utilizzato per sostenere o promuovere prodotti derivati dal software licenziato, senza un apposito permesso scritto dell’autore.

La caratteristica principale di tale licenza è la possibilità di “chiudere” il software sotto qualsiasi altra licenza, anche proprietaria; lo stesso vale anche per le modifiche apportate al software.

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Mozilla Public License (MPL)

Sviluppata da Netscape nel 1998, la MPL è un ibrido tra le licenze GPL e BSD.

Al suo interno distingue tra “Covered Code”, cioè il codice soggetto alla licenza, che è simile a GPL e “Larger Work” cioè il codice MPL che può essere combinato con altro codice (anche proprietario): la MPL si comporta come la GPL sul Covered Code e come la BSD sul Larger Work.

All’interno di un progetto, la decisione sulla distinzione tra i due tipi di codice è lasciata agli sviluppatori.

La licenza Mozilla è incompatibile con la GPL.

Apache License

Scritta dalla Apache Software Foundation (ASF), questa licenza non richiede che versioni modificate del software siano distribuite alle medesime condizioni o come software libero (quindi non ha “viralità”).

La Licenza Apache richiede solo che si includa un'informativa del fatto che si è utilizzato software licenziato secondo i termini della Licenza Apache.

Attualmente è giunta alla versione 2.0 (compatibile con la GPLv3, ma non con la GPLv2).

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Soluzioni open source per l'e-commerce (*)

Con l'espressione e-commerce (o commercio elettronico) si indica la commercializzazione di beni o servizi realizzata per il tramite di internet, vale a dire utilizzando strumenti telematici. Come per qualsiasi software open source, un vantaggio di utilizzare tali soluzioni è quello di poter contare su una comunità di sviluppatori ai quali porre domande e da cui ottenere risposte.

Per quanto riguarda le applicazioni open source in ambito e-commerce, tra le principali si segnalano quelle indicate alle pagine seguenti.

(*) Avv. David D'Agostini

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Magento

www.magentocommerce.com

Supporta molteplici negozi con un'unica interfaccia di amministrazione, è multilingua e risulta integrato con molti sistemi di pagamento (tra cui PayPal).

Il sistema funziona con PHP ed utilizza MySQL come database.

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OpenCart

www.opencart.com

Permette la creazione di un numero illimitato di categorie e di prodotti, l'utilizzo di valute multiple e più lingue, nonché la scelta tra oltre 20 di pagamento e 8 modalità di spedizione.

I clienti possono anche rivedere e votare gli articoli, acquistando in pochi passaggi.

Il sistema funziona con PHP e utilizza MySQL come database.

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osCommerce

www.oscommerce.com

E' tra le applicazioni e-commerce open source più note e diffuse (oltre 200.00 negozi on line la utilizzano), anche in ragione della semplicità di gestione, è multilingua, ha opzioni di marketing e supporta quasi tutti i sistemi di pagamento.

Viene rilasciata con licenza GPL.

Si consiglia di visitare anche il sito www.oscommerceitalia.com contenente il forum della comunità italiana di utenti e sviluppatori.

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PrestaShop

www.prestashop.com

Permette di creare offerte speciali (per es. riduzioni di prezzo, buoni regalo), vendere beni virtuali e servizi e gestire il negozio online (dall'inventario, alle spedizioni) in tempo reale.

Supporta il sistema di pagamento PayPal.

Richiede PHP e MySQL per l'esecuzione.

Si suggerisce una visita alla comunità di PrestaShop all'indirizzo www.prestashop.com/forums per consigli pratici e risposte alle domande tecniche.

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SimpleChart js

http://simplecartjs.com

Come suggerisce il suo nome, è un “semplice carrello della spesa” che non richiede data base, né programmazione, consistendo in un javascript di pochi kb installabile in pochi minuti.

Richiede la conoscenza del linguaggio HTML di base e consente ampie personalizzazioni (ridisporre gli elementi, cambiare i tags, mostrare il carrello come si preferisce, etc).

Supporta sistemi di pagamento quali Paypal e Google Checkout.

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Spree

http://spreecommerce.com/

Si tratta di una piattaforma open-source e-commerce per Ruby on Rails che permette un buon grado di personalizzare del negozio on line.

Tra le funzioni più utili si evidenzia il supporto per più di 50 gateway di pagamento (grazie all'Active Merchant plugin), nonché l'utilizzo di Google Analytics.

Viene rilasciata con licenza New BSD.

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Ubercart

www.ubercart.org

Sviluppato per Drupal (un CMS anch'esso open source), risulta particolarmente adatto non solo nel caso di vendita on line di prodotti, ma anche per il download di file, la registrazioni a eventi, l'accesso a siti web, etc.

I prodotti possono essere importati e/o esportati tramite XML e ogni singola pagina consente il checkout.

Funziona con molti sistemi di pagamento come PayPal, Cyber Source, Authorize.net.

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VirtueMart

http://virtuemart.net

Scritto in PHP, può essere utilizzato in combinazione con un data base MySQL e con Joomla! (altro CMS open source).

Permette ai clienti di creare un account, aggiungere indirizzi e accedere alla propria cronologia degli ordini; supporta molteplici lingue e valute, nonché prodotti e categorie illimitati.

Viene rilasciato con licenza GPL.

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Zen Cart

www.zen-cart.com

Applicazione facile da installare e da utilizzare, offre numerosi componenti aggiuntivi (es. gestore di newsletter, buoni sconto e buoni regalo) per personalizzare il proprio negozio e semplificarne l'amministrazione.

Supporta la maggior parte dei sistemi di pagamento e richiede PHP e MySQL.

Viene rilasciata con licenza GPL.

Particolarmente curato è il sito della comunità italiana: www.zencart-italia.it.

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