E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di...

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Jules VerneDalla terra alla luna

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Dalla terra alla lunaAUTORE: Verne, JulesTRADUTTORE: Pizzigoni, CarloCURATORE: NOTE: l’attribuzione della traduzione a GiuseppinaPizzigoni è erronea, essendo essa, all’epoca delleprime pubblicazioni, ancora in tenera età (vedi Si-nossi).

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Dalla terra alla luna : tragitto in 97ore e 20 minuti / Giulio Verne ; versione di G. Piz-zigoni. - Milano : Bietti, [19..]. - 2 v. in 1 (128,114 p. compless.) : ill. ; 19 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

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TITOLO: Dalla terra alla lunaAUTORE: Verne, JulesTRADUTTORE: Pizzigoni, CarloCURATORE: NOTE: l’attribuzione della traduzione a GiuseppinaPizzigoni è erronea, essendo essa, all’epoca delleprime pubblicazioni, ancora in tenera età (vedi Si-nossi).

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 25 gennaio 2018

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC028030 FICTION / Fantascienza / Epopea Spaziale

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Ruggero Volpes, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 25 gennaio 2018

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC028030 FICTION / Fantascienza / Epopea Spaziale

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Ruggero Volpes, [email protected]

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Scopri sul sito Internet di Liber Liber ciò che stiamorealizzando: migliaia di ebook gratuiti in edizione inte-grale, audiolibri, brani musicali con licenza libera, videoe tanto altro: http://www.liberliber.it/.

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4CAPITOLO PRIMO.Il Gun-Club.....................................................................9CAPITOLO II.Comunicazione del presidente Barbicane.....................20CAPITOLO III.Effetto della comunicazione Barbicane........................31CAPITOLO IV.Risposta dell'Osservatorio di Cambridge.....................37CAPITOLO V.Il Romanzo della Luna.................................................44CAPITOLO VI.Ciò che non è più possibile d'ignorare e ciò che non è più permesso di credere negli Stati Uniti......................53CAPITOLO VII.L'inno della palla da cannone.......................................60CAPITOLO VIII.Storia del cannone........................................................73CAPITOLO IX.La quistione delle polveri.............................................82CAPITOLO X.Un nemico sopra venticinque milionid'amici...........................................................................92CAPITOLO XI.Florida e Texas............................................................101

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4CAPITOLO PRIMO.Il Gun-Club.....................................................................9CAPITOLO II.Comunicazione del presidente Barbicane.....................20CAPITOLO III.Effetto della comunicazione Barbicane........................31CAPITOLO IV.Risposta dell'Osservatorio di Cambridge.....................37CAPITOLO V.Il Romanzo della Luna.................................................44CAPITOLO VI.Ciò che non è più possibile d'ignorare e ciò che non è più permesso di credere negli Stati Uniti......................53CAPITOLO VII.L'inno della palla da cannone.......................................60CAPITOLO VIII.Storia del cannone........................................................73CAPITOLO IX.La quistione delle polveri.............................................82CAPITOLO X.Un nemico sopra venticinque milionid'amici...........................................................................92CAPITOLO XI.Florida e Texas............................................................101

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CAPITOLO XII.Urbi ed orbi.................................................................110CAPITOLO XIII.Stone's-Hill.................................................................119CAPITOLO XIV.Zappa e cazzuola........................................................129CAPITOLO XV.La festa della fusione..................................................138CAPITOLO XVI.La Columbiade...........................................................145CAPITOLO XVII.Un dispaccio telegrafico.............................................154CAPITOLO XVIII.Il viaggiatore dell'Atlanta...........................................156CAPITOLO XIX.Un meeting.................................................................169CAPITOLO XX.Botta e risposta...........................................................181CAPITOLO XXI.Un francese che regola una partita d'onore.................194CAPITOLO XXII.Il nuovo cittadino degli Stati Uniti.............................206CAPITOLO XXIII.Il vagone-projettile.....................................................214CAPITOLO XXIV.Il telescopio delle montagne rocciose.........................225CAPITOLO XXV.Ultimi particolari........................................................234CAPITOLO XXVI.

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CAPITOLO XII.Urbi ed orbi.................................................................110CAPITOLO XIII.Stone's-Hill.................................................................119CAPITOLO XIV.Zappa e cazzuola........................................................129CAPITOLO XV.La festa della fusione..................................................138CAPITOLO XVI.La Columbiade...........................................................145CAPITOLO XVII.Un dispaccio telegrafico.............................................154CAPITOLO XVIII.Il viaggiatore dell'Atlanta...........................................156CAPITOLO XIX.Un meeting.................................................................169CAPITOLO XX.Botta e risposta...........................................................181CAPITOLO XXI.Un francese che regola una partita d'onore.................194CAPITOLO XXII.Il nuovo cittadino degli Stati Uniti.............................206CAPITOLO XXIII.Il vagone-projettile.....................................................214CAPITOLO XXIV.Il telescopio delle montagne rocciose.........................225CAPITOLO XXV.Ultimi particolari........................................................234CAPITOLO XXVI.

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Fuoco!.........................................................................243CAPITOLO XXVII.Tempo nuvoloso..........................................................251CAPITOLO XXVIII.Un nuovo astro............................................................258

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Fuoco!.........................................................................243CAPITOLO XXVII.Tempo nuvoloso..........................................................251CAPITOLO XXVIII.Un nuovo astro............................................................258

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GIULIO VERNE

DALLA TERRA ALLA LUNA

TRAGITTO IN 97 ORE E 20 MINUTI

VERSIONE DI G. PIZZIGONI

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GIULIO VERNE

DALLA TERRA ALLA LUNA

TRAGITTO IN 97 ORE E 20 MINUTI

VERSIONE DI G. PIZZIGONI

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CAPITOLO PRIMO.Il Gun-Club.

Durante la guerra federale degli Stati-Uniti, nella cittàdi Baltimora, quindi nel bel mezzo del Maryland, si co-stituì un nuovo ed influentissimo club. È noto con quan-ta energia sviluppossi l'istituto militare presso questopopolo di armatori, di mercanti e di meccanici. Semplicinegozianti scavalcarono il loro banco per improvvisarsicapitani, colonnelli, generali, senza essere passati per lescuole d'applicazione di West-Point1; in breve essi ugua-gliarono nell'«arte della guerra» i loro colleghi del vec-chio mondo, ed al pari di loro riportarono qualche vitto-ria a furia di prodigare palle da cannone, i milioni e gliuomini.

Ma dove gli americani superarono di molto gli Euro-pei fu nella scienza della balistica. Non già che le loroarmi raggiungessero un grado maggiore di perfezione,ma esse offrirono dimensioni inusitate ed ebbero perciòlunghezze di tiro fin allora sconosciute. In fatto di tiriradenti, ficcanti o di lancio, di fuochi di sbieco, d'infilatao di rovescio, gl'Inglesi, i Francesi, i Prussiani non han-

1 Scuola militare degli Stati Uniti.

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CAPITOLO PRIMO.Il Gun-Club.

Durante la guerra federale degli Stati-Uniti, nella cittàdi Baltimora, quindi nel bel mezzo del Maryland, si co-stituì un nuovo ed influentissimo club. È noto con quan-ta energia sviluppossi l'istituto militare presso questopopolo di armatori, di mercanti e di meccanici. Semplicinegozianti scavalcarono il loro banco per improvvisarsicapitani, colonnelli, generali, senza essere passati per lescuole d'applicazione di West-Point1; in breve essi ugua-gliarono nell'«arte della guerra» i loro colleghi del vec-chio mondo, ed al pari di loro riportarono qualche vitto-ria a furia di prodigare palle da cannone, i milioni e gliuomini.

Ma dove gli americani superarono di molto gli Euro-pei fu nella scienza della balistica. Non già che le loroarmi raggiungessero un grado maggiore di perfezione,ma esse offrirono dimensioni inusitate ed ebbero perciòlunghezze di tiro fin allora sconosciute. In fatto di tiriradenti, ficcanti o di lancio, di fuochi di sbieco, d'infilatao di rovescio, gl'Inglesi, i Francesi, i Prussiani non han-

1 Scuola militare degli Stati Uniti.

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no più nulla da imparare: ma i loro cannoni, i loro obicie i loro mortaj non sono che pistole da tasca in confron-to dei formidabili arnesi da guerra dell'artiglieria ameri-cana.

Ciò non deve meravigliare nessuno. I Yanckees, primimeccanici del mondo, sono ingegneri come gl'italianisono musicisti ed i Tedeschi metafisici dalla nascita.Nulla di più naturale, quindi, del vederli apportare nellascienza della balistica l'audace loro ingegno. Di quà gi-ganteschi cannoni, meno utili assai delle macchine dacucire, ma sorprendenti del pari ed ancor più ammirati.Si conoscono in questo genere le meraviglie di Parrot, diDahlgreen, di Rodman: agli Armstrong, ai Palliser ed alTreuille di Beaulieu più non rimase che inchinarsi da-vanti al loro rivali d'oltremare.

Quindi durante la lotta terribile dei Nordisti e dei Su-disti, gli artiglieri formavano legge; e i giornalidell'Unione celebravano le loro invenzioni con entusia-smo, nè eravi sì meschino mercantuccio, sì ingenuo«booby»2 che non si lambiccasse il cervello giorno enotte per calcolare traiettorie insensate.

Ma quando un americano ha un'idea, egli va in tracciadi un secondo americano che la condivida. Se sono tre,eleggono un presidente e due segretari. Se quattro, no-minano un archivista, e l'uffizio funziona. Se cinque, siconvocano in assemblea generale, ed il club è costituito.Così accadde a Baltimora. Il primo che inventò un nuo-

2 Bietolone, balordo.

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no più nulla da imparare: ma i loro cannoni, i loro obicie i loro mortaj non sono che pistole da tasca in confron-to dei formidabili arnesi da guerra dell'artiglieria ameri-cana.

Ciò non deve meravigliare nessuno. I Yanckees, primimeccanici del mondo, sono ingegneri come gl'italianisono musicisti ed i Tedeschi metafisici dalla nascita.Nulla di più naturale, quindi, del vederli apportare nellascienza della balistica l'audace loro ingegno. Di quà gi-ganteschi cannoni, meno utili assai delle macchine dacucire, ma sorprendenti del pari ed ancor più ammirati.Si conoscono in questo genere le meraviglie di Parrot, diDahlgreen, di Rodman: agli Armstrong, ai Palliser ed alTreuille di Beaulieu più non rimase che inchinarsi da-vanti al loro rivali d'oltremare.

Quindi durante la lotta terribile dei Nordisti e dei Su-disti, gli artiglieri formavano legge; e i giornalidell'Unione celebravano le loro invenzioni con entusia-smo, nè eravi sì meschino mercantuccio, sì ingenuo«booby»2 che non si lambiccasse il cervello giorno enotte per calcolare traiettorie insensate.

Ma quando un americano ha un'idea, egli va in tracciadi un secondo americano che la condivida. Se sono tre,eleggono un presidente e due segretari. Se quattro, no-minano un archivista, e l'uffizio funziona. Se cinque, siconvocano in assemblea generale, ed il club è costituito.Così accadde a Baltimora. Il primo che inventò un nuo-

2 Bietolone, balordo.

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vo cannone si associò col primo che lo fuse ed il primoche lò forò. Tale fu il nocciolo del Gun-Club3. Un mesedopo la formazione, esso contava mille e ottocentotren-tatrè membri effettivi e trentamila e cinquecentosettan-tacinque membri corrispondenti.

Una condizione sine qua non era imposta a chiunquevoleva entrare nella società; la condizione cioè di averimmaginato o, quanto meno, perfezionato un cannone;in mancanza di cannone, un'arma da fuoco qualunque.Ma per dire tutto gl'inventori di revolver a quindici col-pi, di carabine a ripetizione o di sciabole revolver nongodevano molta considerazione. In qualsiasi circostanzagli artiglieri avevano il disopra.

— La stima che ottengono, disse un giorno uno deipiù dotti oratori del Gun-Club, è proporzionata «allemasse» del loro cannone, e «in ragione diretta del qua-drato delle distanze raggiunto dai loro proiettili».

Quasi quasi era la legge di Newton sulla gravitazioneuniversale trasportata nell'ordine morale.

Fondato il Gun-Club è facile figurarsi ciò che in que-sto genere produsse il genio inventivo degli Americani.Gli arnesi di guerra presero proporzioni colossali, ed iproiettili andarono di là dai limiti permessi a tagliare indue gli offensivi passeggianti. Tutte queste invenzioni silasciarono indietro d'un bel tratto i timidi istrumentidell’artiglieria europea. Si giudichi dalle cifre seguenti:

Una volta «nei bei tempi» una palla da trentasei, alla

3 Letteralmente: «Club cannone».

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vo cannone si associò col primo che lo fuse ed il primoche lò forò. Tale fu il nocciolo del Gun-Club3. Un mesedopo la formazione, esso contava mille e ottocentotren-tatrè membri effettivi e trentamila e cinquecentosettan-tacinque membri corrispondenti.

Una condizione sine qua non era imposta a chiunquevoleva entrare nella società; la condizione cioè di averimmaginato o, quanto meno, perfezionato un cannone;in mancanza di cannone, un'arma da fuoco qualunque.Ma per dire tutto gl'inventori di revolver a quindici col-pi, di carabine a ripetizione o di sciabole revolver nongodevano molta considerazione. In qualsiasi circostanzagli artiglieri avevano il disopra.

— La stima che ottengono, disse un giorno uno deipiù dotti oratori del Gun-Club, è proporzionata «allemasse» del loro cannone, e «in ragione diretta del qua-drato delle distanze raggiunto dai loro proiettili».

Quasi quasi era la legge di Newton sulla gravitazioneuniversale trasportata nell'ordine morale.

Fondato il Gun-Club è facile figurarsi ciò che in que-sto genere produsse il genio inventivo degli Americani.Gli arnesi di guerra presero proporzioni colossali, ed iproiettili andarono di là dai limiti permessi a tagliare indue gli offensivi passeggianti. Tutte queste invenzioni silasciarono indietro d'un bel tratto i timidi istrumentidell’artiglieria europea. Si giudichi dalle cifre seguenti:

Una volta «nei bei tempi» una palla da trentasei, alla

3 Letteralmente: «Club cannone».

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distanza di trecento, piedi, attraversava trentasei cavallipresi di fianco e sessantotto uomini. Era l'infanziadell'arte. D'allora in qua i proiettili hanno percorso tantastrada. Il cannone Rodman, che lanciava a sette migliauna palla del peso di mezza tonnellata4, avrebbe facil-mente abbattuto centocinquanta cavalli e trecento uomi-ni. Si trattò anzi al Gun Club, farne una prova solenne.Ma se i cavalli acconsentirono all'esperimento, disgra-ziatamente gli uomini non ebbero tale condiscendenza.

Checchè ne sia, l'effetto di questi cannoni era mici-dialissimo, e ad ogni scarica i combattenti cadevanocome spiche sotto la falce. Che cosa era mai, a petto disiffatti proiettili, la famosa palla che a Coutras, nel1587, mise venticinque uomini fuori di combattimento,e l'altra che, a Zordnoff, nel 1758; uccise quaranta fanti,e, nel 1742, il cannone austriaco di Kesselsdorff, ognicolpo del quale buttava giù settanta nemici? Che cosaerano i sorprendenti fuochi di Jena e d'Austerlitz, chedecidevano dell'esito della battaglia? Ben altro erasi ve-duto durante la guerra federale! Al combattimento Get-tysburg, un proiettile conico lanciato da un cannone ri-gato colpì centosettantatre confederati, ed al passaggiodel Potomac una palla Rodman mandò in un mondo evi-dentemente migliore dugento quindici Sudisti. Vuolsi ri-cordare parimente un mortajo formidabile inventato daJ. T. Maston, membro distinto e segretario perpetuo delGun-Club, il cui risultato fu ben altrimenti micidiale,

4 Cinquecento chilogrammi

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distanza di trecento, piedi, attraversava trentasei cavallipresi di fianco e sessantotto uomini. Era l'infanziadell'arte. D'allora in qua i proiettili hanno percorso tantastrada. Il cannone Rodman, che lanciava a sette migliauna palla del peso di mezza tonnellata4, avrebbe facil-mente abbattuto centocinquanta cavalli e trecento uomi-ni. Si trattò anzi al Gun Club, farne una prova solenne.Ma se i cavalli acconsentirono all'esperimento, disgra-ziatamente gli uomini non ebbero tale condiscendenza.

Checchè ne sia, l'effetto di questi cannoni era mici-dialissimo, e ad ogni scarica i combattenti cadevanocome spiche sotto la falce. Che cosa era mai, a petto disiffatti proiettili, la famosa palla che a Coutras, nel1587, mise venticinque uomini fuori di combattimento,e l'altra che, a Zordnoff, nel 1758; uccise quaranta fanti,e, nel 1742, il cannone austriaco di Kesselsdorff, ognicolpo del quale buttava giù settanta nemici? Che cosaerano i sorprendenti fuochi di Jena e d'Austerlitz, chedecidevano dell'esito della battaglia? Ben altro erasi ve-duto durante la guerra federale! Al combattimento Get-tysburg, un proiettile conico lanciato da un cannone ri-gato colpì centosettantatre confederati, ed al passaggiodel Potomac una palla Rodman mandò in un mondo evi-dentemente migliore dugento quindici Sudisti. Vuolsi ri-cordare parimente un mortajo formidabile inventato daJ. T. Maston, membro distinto e segretario perpetuo delGun-Club, il cui risultato fu ben altrimenti micidiale,

4 Cinquecento chilogrammi

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giacchè alla scarica di prova uccise trecentotrentasettepersone, – scoppiando, però.

Che mai aggiungere a questi numeri sì eloquenti persè stessi? Nulla. Si ammetterà quindi senza contrasto ilseguente calcolo, ottenuto dallo statista Pitcairn: divi-dendo il numero delle vittime cadute sotto le palle dicannone per quello dei membri del Gun-Club, egli trovòche ognuno di questi aveva ucciso per proprio conto una«media» di duemila trecentosettantacinque uomini eduna frazione.

Se si considera tal cifra, è evidente che l'unica preoc-cupazione di questa dotta società fu la distruzionedell'umanità per scopo filantropico, ed il perfeziona-mento delle armi da guerra considerate come istrumentidi civiltà. Era una riunione di angeli sterminatori, e vi-ceversa i più bravi figliuoli della terra.

Si aggiunga che questi Yanckees, coraggiosi a tuttaprova, non si accontentarono delle formole, ma pagaro-no anco di persona. Noveravansi tra essi uffiziali di ognigrado, luogotenenti o generali, militari d'ogni età, coloroche esordivano nella carriera delle armi, coloro che in-vecchiavano sull'affusto. Molti rimasero sul campo dibattaglia, e i nomi di costoro apparivano registrati sul li-bro d'onore del Gun-Club, e quelli che ritornarono per lamaggior parte portavano i segni della loro indiscutibileintrepidezza. Grucce, gambe di legno, braccia finte,mani a ganci, mascelle di cautsciù, cranî d'argento, nasidi platino, nulla mancava alla collezione, ed il suddettoPitcairn calcolò parimenti che nel Gun-Club, non v'era

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giacchè alla scarica di prova uccise trecentotrentasettepersone, – scoppiando, però.

Che mai aggiungere a questi numeri sì eloquenti persè stessi? Nulla. Si ammetterà quindi senza contrasto ilseguente calcolo, ottenuto dallo statista Pitcairn: divi-dendo il numero delle vittime cadute sotto le palle dicannone per quello dei membri del Gun-Club, egli trovòche ognuno di questi aveva ucciso per proprio conto una«media» di duemila trecentosettantacinque uomini eduna frazione.

Se si considera tal cifra, è evidente che l'unica preoc-cupazione di questa dotta società fu la distruzionedell'umanità per scopo filantropico, ed il perfeziona-mento delle armi da guerra considerate come istrumentidi civiltà. Era una riunione di angeli sterminatori, e vi-ceversa i più bravi figliuoli della terra.

Si aggiunga che questi Yanckees, coraggiosi a tuttaprova, non si accontentarono delle formole, ma pagaro-no anco di persona. Noveravansi tra essi uffiziali di ognigrado, luogotenenti o generali, militari d'ogni età, coloroche esordivano nella carriera delle armi, coloro che in-vecchiavano sull'affusto. Molti rimasero sul campo dibattaglia, e i nomi di costoro apparivano registrati sul li-bro d'onore del Gun-Club, e quelli che ritornarono per lamaggior parte portavano i segni della loro indiscutibileintrepidezza. Grucce, gambe di legno, braccia finte,mani a ganci, mascelle di cautsciù, cranî d'argento, nasidi platino, nulla mancava alla collezione, ed il suddettoPitcairn calcolò parimenti che nel Gun-Club, non v'era

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precisamente un braccio per quattro persone, e solamen-te due gambe per sei.

Ma questi valenti artiglieri non guardavano tanto pelsottile, ed a buon diritto andavano orgogliosi quando ilbollettino di una battaglia portava un numero di vittimedecuplo della quantità di proiettili lanciati.

Un giorno poi, giorno triste e malaugurato, la pace fusottoscritta fra i sopravvissuti alla guerra le detonazionicessarono ad un tratto, i mortaj tacquero, gli obici tappa-ti per molto tempo, ed i cannoni a testa bassa fecero ri-torno agli arsenali, le palle ammucchiaronsi nei parchi, iricordi sanguinosi impallidirono, le piante di cotonecrebbero a meraviglia sovra i campi abbondantementeingrassati, gli abiti di lutto finirono di sdruscirsi col do-lore, e il Gun-Club rimase immerso in una profonda ina-zione.

Certi zappatori dell'umanità, certi lavoratori accannitisi dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so-gnavano sempre bombe gigantesche ed obici incompa-rabili. Ma senza la pratica a che tante vane glorie? An-che le sale diventavano deserte, i servi dormivano nelleanticamere. I giornali ammuffivano sulle tavole, i can-tucci oscuri echeggiavano di un russare malinconico, edi membri del Gun-Club, una volta così chiassosi, ora ri-dotti al silenzio da una pace disastrosa addormentavansinei vaneggiamenti dell'artiglieria platonica.

— È desolante! disse una sera il bravo Tom Huntermentre le sue gambe vegetali si carbonizzavano al cam-mino del fumatoio. Nulla da fare! nulla da sperare! Che

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precisamente un braccio per quattro persone, e solamen-te due gambe per sei.

Ma questi valenti artiglieri non guardavano tanto pelsottile, ed a buon diritto andavano orgogliosi quando ilbollettino di una battaglia portava un numero di vittimedecuplo della quantità di proiettili lanciati.

Un giorno poi, giorno triste e malaugurato, la pace fusottoscritta fra i sopravvissuti alla guerra le detonazionicessarono ad un tratto, i mortaj tacquero, gli obici tappa-ti per molto tempo, ed i cannoni a testa bassa fecero ri-torno agli arsenali, le palle ammucchiaronsi nei parchi, iricordi sanguinosi impallidirono, le piante di cotonecrebbero a meraviglia sovra i campi abbondantementeingrassati, gli abiti di lutto finirono di sdruscirsi col do-lore, e il Gun-Club rimase immerso in una profonda ina-zione.

Certi zappatori dell'umanità, certi lavoratori accannitisi dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so-gnavano sempre bombe gigantesche ed obici incompa-rabili. Ma senza la pratica a che tante vane glorie? An-che le sale diventavano deserte, i servi dormivano nelleanticamere. I giornali ammuffivano sulle tavole, i can-tucci oscuri echeggiavano di un russare malinconico, edi membri del Gun-Club, una volta così chiassosi, ora ri-dotti al silenzio da una pace disastrosa addormentavansinei vaneggiamenti dell'artiglieria platonica.

— È desolante! disse una sera il bravo Tom Huntermentre le sue gambe vegetali si carbonizzavano al cam-mino del fumatoio. Nulla da fare! nulla da sperare! Che

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vita fastidiosa! Dov'è ito il tempo in cui il cannone cidestava ogni mattina con le sue allegre detonazioni?

— Quel tempo non è più! rispose l'arzillo Bilsby ten-tando di stirarsi le braccia che gli mancavano. Era unpiacere allora! inventavasi un obice, e, non appena fuso,si correva a provarlo dinnanzi al nemico; poi si ritorna-va al campo con un incoraggiamento di Sherman od unastretta di mano di Mac-Clellan! Ma oggi, i generali sonotornati al loro banco, ed invece di proiettili spedisconoinoffensive balle di cotone! Ah! per santa Barbara!l'avvenire dell'artiglieria è perduto in America.

— Sì, Bilsby, clamò il colonnello Blomsberry, questisono disinganni crudeli! Un bel giorno si abbandonanole abitudini pacifiche, si fanno gli esercizi militari, si dàun addio a Baltimora pei campi di battaglia, si agisce daeroi, e due anni, tre anni dopo, bisogna perdere il fruttodi tante fatiche, addormentarsi in un deplorevole ozio ecacciarsi le mani in tasca.

Checchè avesse potuto dire, il valoroso colonnello sisarebbe trovato impacciatissimo se avesse voluto offrirela prova della sua inazione... eppure non eran già le ta-sche che gli mancassero.

— E nessuna guerra in prospettiva! disse allora il fa-moso J. T. Maston grattandosi col suo gancio di ferro ilcranio di guttaperca. Non una nube sull'orizzonte, e que-sto quando c'è tanto da fare nella scienza dell'artiglieria!Io che vi parlo, ho finito stamane un disegno con pianoalzato a sezione d'un mortajo destinato a mutare le leggidella guerra.

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vita fastidiosa! Dov'è ito il tempo in cui il cannone cidestava ogni mattina con le sue allegre detonazioni?

— Quel tempo non è più! rispose l'arzillo Bilsby ten-tando di stirarsi le braccia che gli mancavano. Era unpiacere allora! inventavasi un obice, e, non appena fuso,si correva a provarlo dinnanzi al nemico; poi si ritorna-va al campo con un incoraggiamento di Sherman od unastretta di mano di Mac-Clellan! Ma oggi, i generali sonotornati al loro banco, ed invece di proiettili spedisconoinoffensive balle di cotone! Ah! per santa Barbara!l'avvenire dell'artiglieria è perduto in America.

— Sì, Bilsby, clamò il colonnello Blomsberry, questisono disinganni crudeli! Un bel giorno si abbandonanole abitudini pacifiche, si fanno gli esercizi militari, si dàun addio a Baltimora pei campi di battaglia, si agisce daeroi, e due anni, tre anni dopo, bisogna perdere il fruttodi tante fatiche, addormentarsi in un deplorevole ozio ecacciarsi le mani in tasca.

Checchè avesse potuto dire, il valoroso colonnello sisarebbe trovato impacciatissimo se avesse voluto offrirela prova della sua inazione... eppure non eran già le ta-sche che gli mancassero.

— E nessuna guerra in prospettiva! disse allora il fa-moso J. T. Maston grattandosi col suo gancio di ferro ilcranio di guttaperca. Non una nube sull'orizzonte, e que-sto quando c'è tanto da fare nella scienza dell'artiglieria!Io che vi parlo, ho finito stamane un disegno con pianoalzato a sezione d'un mortajo destinato a mutare le leggidella guerra.

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Page 16: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

— Davvero? replicò Tom Bunter pensando involonta-riamente all'ultimo saggio dell'onorevole J. T. Maston.

— Davvero? rispose quest'ultimo. Ma a che serviran-no tanti studî condotti a buon termine, tante difficoltàvinte? Non un lavorare in pura perdita? I popoli del nuo-vo mondo pare siansi data la parola di vivere in pace, lanostra bellicosa Tribune5 giunge fino a pronosticare vi-cine catastrofi, dipendenti dall'accrescimento scandalosodelle popolazioni!

— Eppure, Maston, riprese il colonnello Blomsberry,in Europa si fa guerra ad ogni momento per sostenere ilprincipio di nazionalità.

— E così?— E così, forse, ci sarebbe qualcosa da tentare laggiù,

e se si accettassero i nostri servigi...— Ma vi pare! sclamò Bilsby, studiare la balistica a

profitto degli stranieri!— Sarebbe sempre meglio del trascurarla affatto, ri-

batte il colonnello.— Senza dubbio, rispose J. T. Maston, sarebbe me-

glio, ma non bisogna pensarci neppure a questo spedien-te.

— E perchè? domandò il colonnello.— Perchè gli uomini del vecchio continente hanno

certe idee sugli avanzamenti, che disturberebbero tuttele nostre abitudini americane. Quella gente là non si ca-pacita che si possa diventare generale in capo prima di

5 Il più infocato giornale abolizionista dell'Unione.

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— Davvero? replicò Tom Bunter pensando involonta-riamente all'ultimo saggio dell'onorevole J. T. Maston.

— Davvero? rispose quest'ultimo. Ma a che serviran-no tanti studî condotti a buon termine, tante difficoltàvinte? Non un lavorare in pura perdita? I popoli del nuo-vo mondo pare siansi data la parola di vivere in pace, lanostra bellicosa Tribune5 giunge fino a pronosticare vi-cine catastrofi, dipendenti dall'accrescimento scandalosodelle popolazioni!

— Eppure, Maston, riprese il colonnello Blomsberry,in Europa si fa guerra ad ogni momento per sostenere ilprincipio di nazionalità.

— E così?— E così, forse, ci sarebbe qualcosa da tentare laggiù,

e se si accettassero i nostri servigi...— Ma vi pare! sclamò Bilsby, studiare la balistica a

profitto degli stranieri!— Sarebbe sempre meglio del trascurarla affatto, ri-

batte il colonnello.— Senza dubbio, rispose J. T. Maston, sarebbe me-

glio, ma non bisogna pensarci neppure a questo spedien-te.

— E perchè? domandò il colonnello.— Perchè gli uomini del vecchio continente hanno

certe idee sugli avanzamenti, che disturberebbero tuttele nostre abitudini americane. Quella gente là non si ca-pacita che si possa diventare generale in capo prima di

5 Il più infocato giornale abolizionista dell'Unione.

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Page 17: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

aver servito come sottotenente; ciò che equivarrebbe aldire che uno non può essere un buon puntatore se nonha fuso il cannone egli stesso! Ora è semplicemente...

— Assurdo? replicò Tom Hunter tagliuzzando i brac-ciuoli del suo seggiolone a colpi di bowieknife6, e giac-chè le cose son giunte a tal segno, non ci rimane altroche piantar tabacco o distillare olio di balena.

— Come! esclamò J. T. Maston con voce rimbom-bante, questi ultimi mesi della nostra esistenza non liimpiegheremo al perfezionamento delle armi da fuoco!non si offrirà una nuova occasione di provare la portatadei nostri proiettili! Il lampo dei nostri cannoni non illu-minerà più l'atmosfera! Non sorgerà una difficoltà inter-nazionale che ci permetta di dichiarar la guerra a qual-che potenza transatlantica! i Francesi non manderanno apicco uno solo dei nostri steamers, e gl'Inglesi non im-piccheranno, in barba al diritto delle genti, tre o quattronostri connazionali!

— No, Maston, rispose il colonnello Blomsberry, noinon avremo questa fortuna! No. Non ne nascerà neppuruno di questi incidenti, e se anco nascesse non ne profi-teremmo! La suscettibilità americana sfuma di giorno ingiorno, e noi caschiamo nella conocchia.

— Sì, noi ci umiliamo! aggiunse Bilsby.— E ci si umilia! replicò Tom Hunter.— Purtroppo ciò è vero, rispose J. T. Maston con

nuova veemenza. Ci sono nell'aria mille ragioni di bat-

6 Coltello a larga lama.

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aver servito come sottotenente; ciò che equivarrebbe aldire che uno non può essere un buon puntatore se nonha fuso il cannone egli stesso! Ora è semplicemente...

— Assurdo? replicò Tom Hunter tagliuzzando i brac-ciuoli del suo seggiolone a colpi di bowieknife6, e giac-chè le cose son giunte a tal segno, non ci rimane altroche piantar tabacco o distillare olio di balena.

— Come! esclamò J. T. Maston con voce rimbom-bante, questi ultimi mesi della nostra esistenza non liimpiegheremo al perfezionamento delle armi da fuoco!non si offrirà una nuova occasione di provare la portatadei nostri proiettili! Il lampo dei nostri cannoni non illu-minerà più l'atmosfera! Non sorgerà una difficoltà inter-nazionale che ci permetta di dichiarar la guerra a qual-che potenza transatlantica! i Francesi non manderanno apicco uno solo dei nostri steamers, e gl'Inglesi non im-piccheranno, in barba al diritto delle genti, tre o quattronostri connazionali!

— No, Maston, rispose il colonnello Blomsberry, noinon avremo questa fortuna! No. Non ne nascerà neppuruno di questi incidenti, e se anco nascesse non ne profi-teremmo! La suscettibilità americana sfuma di giorno ingiorno, e noi caschiamo nella conocchia.

— Sì, noi ci umiliamo! aggiunse Bilsby.— E ci si umilia! replicò Tom Hunter.— Purtroppo ciò è vero, rispose J. T. Maston con

nuova veemenza. Ci sono nell'aria mille ragioni di bat-

6 Coltello a larga lama.

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tersi, e nol si fa! Si risparmiano braccia e gambe, e que-sto beneficio di gente che non sa trarne profitto! Sentite,senza cercare tanto lontano un motivo di guerra: l'Ame-rica del nord non ha appartenuto un tempo agl'Inglesi?

— Senza dubbio, rispose Tom Hunter stuzzicandorabbiosamente il fuoco coll'estremità della sua gruccia.

— Ebbene! riprese J. T. Maston, perchè mo l'Inghil-terra a sua volta non apparterrebbe agli Americani?

— Sarebbe pura giustizia, rispose il colonnello Blom-sberry.

— Andate a propor ciò al presidente degli Stati-Uniti,esclamò J. T. Maston, e vedrete come vi riceverà!

— Ci riceverà male, mormorò Bilsby fra i quattrodenti che aveva salvati dalla battaglia.

— Affè mia, sclamò J. T. Maston, alle prossime ele-zioni sta fresco, se conta sul mio voto!

— Ovvero sui nostri! risposero ad una voce que' bel-licosi invalidi.

— Intanto, riprese J. T. Maston, e per conchiudere, senon mi si fornisce l'occasione di far le prove del miomortajo sopra un vero campo di battaglia, io do la miadimissione da membro del Gun-Club, e corro a seppel-lirmi nelle savanne dell'Arkansas.

— Noi vi seguiremo, risposero gl'interlocutoridell'audace J. T. Maston.

Ora le cose erano a tal punto, gli spiriti si infervoraro-no sempre più, ed il Club era minacciato di una vicinadissoluzione, quando un avvenimento giunse ad impedi-re questa increscevole catastrofe.

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tersi, e nol si fa! Si risparmiano braccia e gambe, e que-sto beneficio di gente che non sa trarne profitto! Sentite,senza cercare tanto lontano un motivo di guerra: l'Ame-rica del nord non ha appartenuto un tempo agl'Inglesi?

— Senza dubbio, rispose Tom Hunter stuzzicandorabbiosamente il fuoco coll'estremità della sua gruccia.

— Ebbene! riprese J. T. Maston, perchè mo l'Inghil-terra a sua volta non apparterrebbe agli Americani?

— Sarebbe pura giustizia, rispose il colonnello Blom-sberry.

— Andate a propor ciò al presidente degli Stati-Uniti,esclamò J. T. Maston, e vedrete come vi riceverà!

— Ci riceverà male, mormorò Bilsby fra i quattrodenti che aveva salvati dalla battaglia.

— Affè mia, sclamò J. T. Maston, alle prossime ele-zioni sta fresco, se conta sul mio voto!

— Ovvero sui nostri! risposero ad una voce que' bel-licosi invalidi.

— Intanto, riprese J. T. Maston, e per conchiudere, senon mi si fornisce l'occasione di far le prove del miomortajo sopra un vero campo di battaglia, io do la miadimissione da membro del Gun-Club, e corro a seppel-lirmi nelle savanne dell'Arkansas.

— Noi vi seguiremo, risposero gl'interlocutoridell'audace J. T. Maston.

Ora le cose erano a tal punto, gli spiriti si infervoraro-no sempre più, ed il Club era minacciato di una vicinadissoluzione, quando un avvenimento giunse ad impedi-re questa increscevole catastrofe.

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La domane di questa conversazione, ciascun membrodel circolo riceveva una circolare concepita nei terminiseguenti:

«Baltimora, 3 ottobre.«Il presidente del Gun-Club ha l'onore d'avvertire i

suoi colleghi che nella seduta del 5 corr. egli farà lorouna comunicazione di tal natura da impressionarli viva-mente. E però egli li prega di metter tutto da parte, e ri-spondere all'invito dato colla presente circolare.

«Il loro devoto collega«Impey Barbicane, P. G. C.»

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La domane di questa conversazione, ciascun membrodel circolo riceveva una circolare concepita nei terminiseguenti:

«Baltimora, 3 ottobre.«Il presidente del Gun-Club ha l'onore d'avvertire i

suoi colleghi che nella seduta del 5 corr. egli farà lorouna comunicazione di tal natura da impressionarli viva-mente. E però egli li prega di metter tutto da parte, e ri-spondere all'invito dato colla presente circolare.

«Il loro devoto collega«Impey Barbicane, P. G. C.»

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CAPITOLO II.Comunicazione del presidente Barbicane.

Il 5 ottobre, alle otto di sera, una folla compatta pigia-vasi nelle sale del Gun-Club, N. 21, Union-Square. Tuttii membri del circolo residenti a Baltimora eransi mossiall'invito del loro presidente. Quanto ai membri corri-spondenti, i treni diretti li sbarcavano a centinaia sullevie della città, e per quanto grande fosse la hall delle se-dute, tanto numero di dotti non avea potuto trovarvi po-sto; que' signori rigurgitavano nelle sale attigue, in fon-do ai corridoi, e perfino nel mezzo dei cortili esterni; lìessi incontravano il popolo minuto che faceva ressa alleporte, tentando ognuno di farsi strada alle prime file,avidi tutti di conoscere l'importante comunicazione delpresidente Barbicane, spingendosi, urtandosi, schiac-ciandosi con quella libertà d'azione speciale alle masseeducate colle idee del Self government7.

Quella sera uno straniero che si fosse trovato a Balti-mora non avrebbe ottenuto, neppure a prezzo d'oro, diaver accesso nella sala maggiore; questa era esclusiva-mente riservata ai membri residenti in luogo o corri-

7 Governo personale.

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CAPITOLO II.Comunicazione del presidente Barbicane.

Il 5 ottobre, alle otto di sera, una folla compatta pigia-vasi nelle sale del Gun-Club, N. 21, Union-Square. Tuttii membri del circolo residenti a Baltimora eransi mossiall'invito del loro presidente. Quanto ai membri corri-spondenti, i treni diretti li sbarcavano a centinaia sullevie della città, e per quanto grande fosse la hall delle se-dute, tanto numero di dotti non avea potuto trovarvi po-sto; que' signori rigurgitavano nelle sale attigue, in fon-do ai corridoi, e perfino nel mezzo dei cortili esterni; lìessi incontravano il popolo minuto che faceva ressa alleporte, tentando ognuno di farsi strada alle prime file,avidi tutti di conoscere l'importante comunicazione delpresidente Barbicane, spingendosi, urtandosi, schiac-ciandosi con quella libertà d'azione speciale alle masseeducate colle idee del Self government7.

Quella sera uno straniero che si fosse trovato a Balti-mora non avrebbe ottenuto, neppure a prezzo d'oro, diaver accesso nella sala maggiore; questa era esclusiva-mente riservata ai membri residenti in luogo o corri-

7 Governo personale.

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Page 21: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

spondenti: nessun altro poteva pigliarvi posto, e le per-sone più importanti della città, i magistrati del consiglio.dei Selectmen8 avevano dovuto frammischiarsi alla folladei loro amministrati per cogliere al volo le notiziedell'interno.

Intanto l'immensa hall offriva agli sguardi un curiosospettacolo. Quel vasto locale era maravigliosamenteadatto alla sua destinazione. Alte colonne formate dicannoni sovrapposti, ai quali servivano di base grossimortai, sostenevano le esili armature della volta, verimerletti di ferro fuso. Panoplie di spingarde, di trombo-ni, d'archibugi, di carabine, di tutte le armi da fuoco an-tiche e moderne, si postavano sui muri, intrecciandosifra loro in modo pittoresco. Le fiamme del gas guizza-vano da un migliaio di revolvers aggruppati a lumiere, egirandole di pistole e candelabri fatti con fucili riuniti infasci completavano quella splendida illuminazione. Imodelli di cannoni, i saggi dei bronzi, i bersagli crivel-lati, le corazze spezzate dai proiettili del Gun-Club, levarietà di ricalcatoie e di scovoli, i rosari di bombe, lecollane di proiettili, le ghirlande di obici, in una parolatutti gli attrezzi dell'artiglieria, sorprendevano l'occhiocolla loro meravigliosa disposizione, e lasciavano pen-sare che la loro vera destinazione fosse più decorativache micidiale.

Al posto d'onore vedevasi, custodito in splendida ve-trina, un pezzo di culatta, squarciato e contorto dallo

8 Amministratori della città eletti dalla popolazione.

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spondenti: nessun altro poteva pigliarvi posto, e le per-sone più importanti della città, i magistrati del consiglio.dei Selectmen8 avevano dovuto frammischiarsi alla folladei loro amministrati per cogliere al volo le notiziedell'interno.

Intanto l'immensa hall offriva agli sguardi un curiosospettacolo. Quel vasto locale era maravigliosamenteadatto alla sua destinazione. Alte colonne formate dicannoni sovrapposti, ai quali servivano di base grossimortai, sostenevano le esili armature della volta, verimerletti di ferro fuso. Panoplie di spingarde, di trombo-ni, d'archibugi, di carabine, di tutte le armi da fuoco an-tiche e moderne, si postavano sui muri, intrecciandosifra loro in modo pittoresco. Le fiamme del gas guizza-vano da un migliaio di revolvers aggruppati a lumiere, egirandole di pistole e candelabri fatti con fucili riuniti infasci completavano quella splendida illuminazione. Imodelli di cannoni, i saggi dei bronzi, i bersagli crivel-lati, le corazze spezzate dai proiettili del Gun-Club, levarietà di ricalcatoie e di scovoli, i rosari di bombe, lecollane di proiettili, le ghirlande di obici, in una parolatutti gli attrezzi dell'artiglieria, sorprendevano l'occhiocolla loro meravigliosa disposizione, e lasciavano pen-sare che la loro vera destinazione fosse più decorativache micidiale.

Al posto d'onore vedevasi, custodito in splendida ve-trina, un pezzo di culatta, squarciato e contorto dallo

8 Amministratori della città eletti dalla popolazione.

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Page 22: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

sforzo della polvere, prezioso avanzo del cannone di J.T. Maston.

All'estremità della sala, il presidente, assistito daquattro segretari, occupava una larga spianata. Il suoseggio, posto su di un affusto cesellato, rappresentavanel suo insieme le forme robuste d'un mortajo di 32 pol-lici: esso era puntato sur un angolo di 90 gradi, e sospe-so su orecchioni, in guisa che il presidente poteva impri-mergli, come ai rockinh-chairs9, un moto ondulatoriogradevolissimo, nei calori estivi. Sul tavolo, vasta coraz-za di lamiera sostenuta da sei cannoni, vedevasi un cala-maio di squisito disegno, formato da un biscaglino inci-so con molta grazia, ed un timbro a detonazione che albisogno sparava come un revolver. Durante le calorosediscussioni, questo campanello di nuova foggia bastavaa mala pena a coprire la voce di quella legione d'artiglie-ri in subbuglio.

Davanti al tavolo presidenziale, panchette disposte azig-zag, come le circonvallazioni di un trinceramento,formavano una successione di bastioni e di cortine, ovepigliavano posto i membri del Gun-Club, e quella sera,si può dirlo, «v'era gente sui bastioni». Si conosceva ab-bastanza il presidente per sapere che egli non avrebbeincomodato i suoi colleghi senza un motivo della mag-giore gravità.

Impey Barbicane era un uomo di quarant'anni, calmo,freddo, austero, di mente seriissima e concentrata; esatto

9 Sedia ad altalena in uso negli Stati Uniti.

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sforzo della polvere, prezioso avanzo del cannone di J.T. Maston.

All'estremità della sala, il presidente, assistito daquattro segretari, occupava una larga spianata. Il suoseggio, posto su di un affusto cesellato, rappresentavanel suo insieme le forme robuste d'un mortajo di 32 pol-lici: esso era puntato sur un angolo di 90 gradi, e sospe-so su orecchioni, in guisa che il presidente poteva impri-mergli, come ai rockinh-chairs9, un moto ondulatoriogradevolissimo, nei calori estivi. Sul tavolo, vasta coraz-za di lamiera sostenuta da sei cannoni, vedevasi un cala-maio di squisito disegno, formato da un biscaglino inci-so con molta grazia, ed un timbro a detonazione che albisogno sparava come un revolver. Durante le calorosediscussioni, questo campanello di nuova foggia bastavaa mala pena a coprire la voce di quella legione d'artiglie-ri in subbuglio.

Davanti al tavolo presidenziale, panchette disposte azig-zag, come le circonvallazioni di un trinceramento,formavano una successione di bastioni e di cortine, ovepigliavano posto i membri del Gun-Club, e quella sera,si può dirlo, «v'era gente sui bastioni». Si conosceva ab-bastanza il presidente per sapere che egli non avrebbeincomodato i suoi colleghi senza un motivo della mag-giore gravità.

Impey Barbicane era un uomo di quarant'anni, calmo,freddo, austero, di mente seriissima e concentrata; esatto

9 Sedia ad altalena in uso negli Stati Uniti.

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come un cronometro, di eguaglianza d'umore a tuttaprova, di carattere irremovibile; sebbene poco cavallere-sco, menava una vita avventurosa, portando però sem-pre idee pratiche persino nelle sue più temerarie impre-se; egli era l'uomo della nuova Inghilterra per eccellen-za, il settentrionale colonizzatore, il discendente di quel-le Teste Tonde sì funeste agli Stuard, e l'implacabile ne-mico dei gentlemen del Sud, antichi Cavalieri della ma-drepatria; in una parola un Yanckee di getto.

Barbicane aveva fatto una fortuna ingente nel com-mercio dei legnami; nominato direttore dell'artiglieriadurante la guerra, si mostrò fecondo d'invenzioni; auda-ce nelle idee, contribuì di molto ai progressi diquest'arma, e diede un incomparabile slancio alle ricer-che sperimentali.

Era una persona di media statura, che aveva, per unarara eccezione nel Gun-Club, tutti i suoi membri intatti.I suoi lineamenti spiccatissimi parevano tracciati collasquadra e col tiralinee, e se è vero che, per indovinaregli istinti dell'uomo, devesi guardarlo di profilo, Barbi-cane, così veduto, offriva gl'indizî più certi dell'energia,dell'audacia e del sangue freddo.

In quel momento egli stavasene immobile nel suoseggiolone, muto, preoccupato, collo sguardo raccolto,ricoverato sotto il suo cappello di forma alta, cilindro diseta nera che sembra avvitato sui crani americani.

I suoi colleghi cicalavano rumorosamente intorno alui senza distrarlo; essi interrogavansi, lanciavansi nelcampo delle supposizioni, esaminavano il loro presiden-

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come un cronometro, di eguaglianza d'umore a tuttaprova, di carattere irremovibile; sebbene poco cavallere-sco, menava una vita avventurosa, portando però sem-pre idee pratiche persino nelle sue più temerarie impre-se; egli era l'uomo della nuova Inghilterra per eccellen-za, il settentrionale colonizzatore, il discendente di quel-le Teste Tonde sì funeste agli Stuard, e l'implacabile ne-mico dei gentlemen del Sud, antichi Cavalieri della ma-drepatria; in una parola un Yanckee di getto.

Barbicane aveva fatto una fortuna ingente nel com-mercio dei legnami; nominato direttore dell'artiglieriadurante la guerra, si mostrò fecondo d'invenzioni; auda-ce nelle idee, contribuì di molto ai progressi diquest'arma, e diede un incomparabile slancio alle ricer-che sperimentali.

Era una persona di media statura, che aveva, per unarara eccezione nel Gun-Club, tutti i suoi membri intatti.I suoi lineamenti spiccatissimi parevano tracciati collasquadra e col tiralinee, e se è vero che, per indovinaregli istinti dell'uomo, devesi guardarlo di profilo, Barbi-cane, così veduto, offriva gl'indizî più certi dell'energia,dell'audacia e del sangue freddo.

In quel momento egli stavasene immobile nel suoseggiolone, muto, preoccupato, collo sguardo raccolto,ricoverato sotto il suo cappello di forma alta, cilindro diseta nera che sembra avvitato sui crani americani.

I suoi colleghi cicalavano rumorosamente intorno alui senza distrarlo; essi interrogavansi, lanciavansi nelcampo delle supposizioni, esaminavano il loro presiden-

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te e cercavano, ma invano di trovare l'incognita dellasua imperturbabile fisonomia.

Quando scoccarono le otto all'orologio fulminantedella sala maggiore, Barbicane, come se fosse statospinto da una molla, rizzossi tosto; si stabilì un silenziogenerale, e l'oratore con accento enfatico prese la parolain questi termini:

— Prodi colleghi, da troppo tempo già una pace infe-conda è venuta ad immergere i membri del Gun-Club inuna disperante atonia. Dopo un periodo di alcuni anni, sìricchi d'incidenti, fu d'uopo abbandonare i nostri lavoried arrestarci di colpo sulla via del progresso. Io nontemo di proclamarlo ad alta voce, qualunque guerra checi rimettesse colle armi in pugno sarebbe bene accolta....

— Sì, la guerra! esclamò l'impetuoso J. T. Maston.— Ascoltate! Ascoltate! si udì ripetere da ogni parte.— Ma la guerra, disse Barbicane, la guerra è impossi-

bile nelle circostanze attuali, e, checchè possa sperarneil mio onorevole interruttore, lunghi anni passeranno an-cora prima che i nostri cannoni tuonino sovra il campodi battaglia. Bisogna dunque rassegnarvisi, e cercare inaltro ordine di idee un alimento all'attività che ci divora!

L'adunanza presentì che il presidente stava per tocca-re il punto delicato. L'attenzione raddoppiò.

— Da varî mesi, miei prodi colleghi, riprese Barbica-ne, ho chiesto a me stesso se, sempre attenendoci allanostra specialità, noi non potremmo tentare qualchegrande prova degna del secolo decimonono, e se i pro-gressi della balistica non ci permetterebbero di drizzarla

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te e cercavano, ma invano di trovare l'incognita dellasua imperturbabile fisonomia.

Quando scoccarono le otto all'orologio fulminantedella sala maggiore, Barbicane, come se fosse statospinto da una molla, rizzossi tosto; si stabilì un silenziogenerale, e l'oratore con accento enfatico prese la parolain questi termini:

— Prodi colleghi, da troppo tempo già una pace infe-conda è venuta ad immergere i membri del Gun-Club inuna disperante atonia. Dopo un periodo di alcuni anni, sìricchi d'incidenti, fu d'uopo abbandonare i nostri lavoried arrestarci di colpo sulla via del progresso. Io nontemo di proclamarlo ad alta voce, qualunque guerra checi rimettesse colle armi in pugno sarebbe bene accolta....

— Sì, la guerra! esclamò l'impetuoso J. T. Maston.— Ascoltate! Ascoltate! si udì ripetere da ogni parte.— Ma la guerra, disse Barbicane, la guerra è impossi-

bile nelle circostanze attuali, e, checchè possa sperarneil mio onorevole interruttore, lunghi anni passeranno an-cora prima che i nostri cannoni tuonino sovra il campodi battaglia. Bisogna dunque rassegnarvisi, e cercare inaltro ordine di idee un alimento all'attività che ci divora!

L'adunanza presentì che il presidente stava per tocca-re il punto delicato. L'attenzione raddoppiò.

— Da varî mesi, miei prodi colleghi, riprese Barbica-ne, ho chiesto a me stesso se, sempre attenendoci allanostra specialità, noi non potremmo tentare qualchegrande prova degna del secolo decimonono, e se i pro-gressi della balistica non ci permetterebbero di drizzarla

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a più alto scopo. Ho dunque cercato, lavorato, calcolato,e da' miei studi è risultata la convinzione, che noi dob-biamo riuscire in un'impresa che potrebbe sembrareinattuabile a qualsiasi altro paese. Questo piano, elabo-rato a lungo, costituisce l'argomento della mia comuni-cazione; è degno di voi, degno del passato del Gun-Club, e non potrà mancare di far chiasso nel mondo.

— Molto chiasso? sclamò un appassionato artigliere.— Molto chiasso nel vero senso della parola, rispose

Barbicane.— Non interrompete, ripeterono più voci.— Vi prego adunque, egregi colleghi, ripigliò il presi-

dente, di accordarmi tutta la vostra attenzione.Un fremito corse per tutta l'assemblea; Barbicane ca-

vatosi il cappello con rapido gesto, continuò il suo di-scorso con voce pacata.

— Non v'ha alcuno tra voi, onorevoli colleghi, chenon abbia veduta la Luna, e tanto meno che non ne ab-bia udito parlare. Non vi sorprenda se qui vengo ad in-trattenervi dell'astro della notte; a noi forse è riserbato diessere il Colombo di questo mondo sconosciuto. Com-prendetemi, secondatemi con tutte le vostre forze, io viguiderò alla sua conquista ed il suo nome si unirà aquelli dei trentasei Stati che costituiscono il gran paesedell'Unione!

— Urrà per la Luna! esclamò il Gun-Club ad unavoce.

— Si è molto studiata la Luna, rispose Barbicane; lasua massa, la sua densità, il suo peso, il suo volume, la

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a più alto scopo. Ho dunque cercato, lavorato, calcolato,e da' miei studi è risultata la convinzione, che noi dob-biamo riuscire in un'impresa che potrebbe sembrareinattuabile a qualsiasi altro paese. Questo piano, elabo-rato a lungo, costituisce l'argomento della mia comuni-cazione; è degno di voi, degno del passato del Gun-Club, e non potrà mancare di far chiasso nel mondo.

— Molto chiasso? sclamò un appassionato artigliere.— Molto chiasso nel vero senso della parola, rispose

Barbicane.— Non interrompete, ripeterono più voci.— Vi prego adunque, egregi colleghi, ripigliò il presi-

dente, di accordarmi tutta la vostra attenzione.Un fremito corse per tutta l'assemblea; Barbicane ca-

vatosi il cappello con rapido gesto, continuò il suo di-scorso con voce pacata.

— Non v'ha alcuno tra voi, onorevoli colleghi, chenon abbia veduta la Luna, e tanto meno che non ne ab-bia udito parlare. Non vi sorprenda se qui vengo ad in-trattenervi dell'astro della notte; a noi forse è riserbato diessere il Colombo di questo mondo sconosciuto. Com-prendetemi, secondatemi con tutte le vostre forze, io viguiderò alla sua conquista ed il suo nome si unirà aquelli dei trentasei Stati che costituiscono il gran paesedell'Unione!

— Urrà per la Luna! esclamò il Gun-Club ad unavoce.

— Si è molto studiata la Luna, rispose Barbicane; lasua massa, la sua densità, il suo peso, il suo volume, la

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sua costituzione, i suoi movimenti, la sua distanza, lasua parte nel mondo solare sono perfettamente determi-nati; si sono fatte delle carte selenografiche con una per-fezione che pareggia, se pure non la supera, quella dellecarte terrestri; la fotografia ci ha dato effigie d'incompa-rabile bellezza del nostro satellite10. In una parola, si co-nosce della Luna tutto ciò che le scienze esatte, l'astro-nomia, la geologia, l'ottica possono apprenderci; mafino ad oggi non è mai stata stabilita alcuna diretta co-municazione con essa.

Un violento movimento d'interesse e di sorpresa ac-colse queste parole.

— Permettetemi, egli riprese, di rammentarvi in po-che parole in qual modo alcune teste calde, imbarcateper viaggi immaginari, pretesero di aver penetrato i se-creti del nostro satellite. Nel secolo XVII, certo DavideFabricius si vantò di aver veduto coi proprii occhi gliabitanti della Luna. Nel 1649 un francese, GiovanniBaudoin, pubblicò il viaggio fatto nel mondo della Lunada Domenico Gonzales, avventuriero spagnuolo. In queltorno Cirano di Bergerac diede alla luce quella celebrespedizione che fece tanto romore in Francia. Più tardi,un altro francese, – quella gente si occupa molto dellaLuna – il nominato Fontenelle, scrisse La pluralità deiMondi, un capolavoro pel suo tempo; ma la scienza, nelprogredire, annichila anche i capolavori! Verso il 1835,

10 Si vedano le stupende immagini della Luna, ottenute dal si-gnor Waren de la Rue.

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sua costituzione, i suoi movimenti, la sua distanza, lasua parte nel mondo solare sono perfettamente determi-nati; si sono fatte delle carte selenografiche con una per-fezione che pareggia, se pure non la supera, quella dellecarte terrestri; la fotografia ci ha dato effigie d'incompa-rabile bellezza del nostro satellite10. In una parola, si co-nosce della Luna tutto ciò che le scienze esatte, l'astro-nomia, la geologia, l'ottica possono apprenderci; mafino ad oggi non è mai stata stabilita alcuna diretta co-municazione con essa.

Un violento movimento d'interesse e di sorpresa ac-colse queste parole.

— Permettetemi, egli riprese, di rammentarvi in po-che parole in qual modo alcune teste calde, imbarcateper viaggi immaginari, pretesero di aver penetrato i se-creti del nostro satellite. Nel secolo XVII, certo DavideFabricius si vantò di aver veduto coi proprii occhi gliabitanti della Luna. Nel 1649 un francese, GiovanniBaudoin, pubblicò il viaggio fatto nel mondo della Lunada Domenico Gonzales, avventuriero spagnuolo. In queltorno Cirano di Bergerac diede alla luce quella celebrespedizione che fece tanto romore in Francia. Più tardi,un altro francese, – quella gente si occupa molto dellaLuna – il nominato Fontenelle, scrisse La pluralità deiMondi, un capolavoro pel suo tempo; ma la scienza, nelprogredire, annichila anche i capolavori! Verso il 1835,

10 Si vedano le stupende immagini della Luna, ottenute dal si-gnor Waren de la Rue.

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un opuscolo tradotto del New-York American raccontòche sir John Herschel, mandato al capo di Buona Spe-ranza per farvi degli studi astronomici col mezzo di untelescopio perfezionato da una luce interna, aveva avvi-sato la Luna alla distanza di ottanta yards11. Allora egliavrebbe veduto distintamente delle caverne, nelle qualivivevano ippopotami, verdi montagne adorne di franged'oro, montoni dalle corna d'avorio, caprioli bianchi, eabitanti con le ali membranose come quelle dei pipi-strelli. Quest'opuscolo lavoro di un americano chiamatoLocke12, ebbe un grandissimo successo. Ma presto siscoprì ch'era una mistificazione scientifica, ed i Francesifurono i primi a riderne.

— Ridere di un americano! esclamò J. T. Maston; maquest'è un casus belli!....

— Rassicuratevi, mio degno amico. I Francesi, primadi riderne erano stati perfettamente gabbati dal nostrocompatriotta. Per terminare il rapido cenno storico, ag-giungerò che un certo Hans Pfaal di Rotterdam, slan-ciandosi in un pallone riempito di un gas estrattodall'azoto, e trentasette volte più leggero dell'idrogeno,raggiunse la Luna dopo diciannove giorni di viaggio.Questa corsa, al pari dei precedenti tentativi, era sempli-cemente immaginaria, ma fu l'opera di uno scrittore po-polare in America, di un ingegno bizzarro e contempla-tivo: vo' dire di Edgardo Poë.

11 Il yard vale un po' meno del metro, cioè, 0,91.12 Quest'opuscolo fu pubblicato in Francia dal repubblicano

Laviron, che fu ucciso all'assedio di Roma nel 1849.

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un opuscolo tradotto del New-York American raccontòche sir John Herschel, mandato al capo di Buona Spe-ranza per farvi degli studi astronomici col mezzo di untelescopio perfezionato da una luce interna, aveva avvi-sato la Luna alla distanza di ottanta yards11. Allora egliavrebbe veduto distintamente delle caverne, nelle qualivivevano ippopotami, verdi montagne adorne di franged'oro, montoni dalle corna d'avorio, caprioli bianchi, eabitanti con le ali membranose come quelle dei pipi-strelli. Quest'opuscolo lavoro di un americano chiamatoLocke12, ebbe un grandissimo successo. Ma presto siscoprì ch'era una mistificazione scientifica, ed i Francesifurono i primi a riderne.

— Ridere di un americano! esclamò J. T. Maston; maquest'è un casus belli!....

— Rassicuratevi, mio degno amico. I Francesi, primadi riderne erano stati perfettamente gabbati dal nostrocompatriotta. Per terminare il rapido cenno storico, ag-giungerò che un certo Hans Pfaal di Rotterdam, slan-ciandosi in un pallone riempito di un gas estrattodall'azoto, e trentasette volte più leggero dell'idrogeno,raggiunse la Luna dopo diciannove giorni di viaggio.Questa corsa, al pari dei precedenti tentativi, era sempli-cemente immaginaria, ma fu l'opera di uno scrittore po-polare in America, di un ingegno bizzarro e contempla-tivo: vo' dire di Edgardo Poë.

11 Il yard vale un po' meno del metro, cioè, 0,91.12 Quest'opuscolo fu pubblicato in Francia dal repubblicano

Laviron, che fu ucciso all'assedio di Roma nel 1849.

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— Urrà per Edgardo Poë! esclamò all'unissono l'adu-nanza, elettrizzata dalle parole del suo presidente.

— Ho finito, riprese Barbicane, con questi tentativi,che chiamerò puramente letterarî, e perfettamente insuf-ficienti a stabilire serie relazioni coll'astro della notte.Per altro devo aggiungere che alcune menti pratiche ten-tarono di mettersi in seria comunicazione con esso.Così, alcuni anni or sono, un geometra tedesco proposedi mandare una commissione di dotti nelle steppe dellaSiberia. Quivi, su estese pianure, dovevansi stabilire im-mense figure geometriche, disegnate col mezzo di rifles-sori luminosi, fra i quali il quadrato dell'ipotenusa, vol-garmente chiamato il Pont aux ânes dai Francesi.«Qualsiasi essere intelligente, diceva il geometra, devecomprendere la destinazione scientifica di questa figura.I luniti13, se esistono, risponderanno con una figura si-mile, e una volta stabilita la comunicazione, sarà facileil creare un alfabeto che permetterà d'intrattenersi cogliabitanti della Luna.» Così diceva il geometra tedesco,ma il suo piano non fu mandato ad effetto, nè finoranessun legame diretto è esistito fra la terra e il suo satel-lite. Ma è riserbato al genio pratico degli Americani dimettersi in comunicazione col mondo sidereo. Il mezzoper raggiungere tale intento è semplice, facile, certo, im-mancabile, e costituisce l'argomento della mia proposta.

Un frastuono, una procella di esclamazioni accolsequeste parole. Non eravi uno fra gli astanti che non fos-

13 Abitanti della Luna.

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— Urrà per Edgardo Poë! esclamò all'unissono l'adu-nanza, elettrizzata dalle parole del suo presidente.

— Ho finito, riprese Barbicane, con questi tentativi,che chiamerò puramente letterarî, e perfettamente insuf-ficienti a stabilire serie relazioni coll'astro della notte.Per altro devo aggiungere che alcune menti pratiche ten-tarono di mettersi in seria comunicazione con esso.Così, alcuni anni or sono, un geometra tedesco proposedi mandare una commissione di dotti nelle steppe dellaSiberia. Quivi, su estese pianure, dovevansi stabilire im-mense figure geometriche, disegnate col mezzo di rifles-sori luminosi, fra i quali il quadrato dell'ipotenusa, vol-garmente chiamato il Pont aux ânes dai Francesi.«Qualsiasi essere intelligente, diceva il geometra, devecomprendere la destinazione scientifica di questa figura.I luniti13, se esistono, risponderanno con una figura si-mile, e una volta stabilita la comunicazione, sarà facileil creare un alfabeto che permetterà d'intrattenersi cogliabitanti della Luna.» Così diceva il geometra tedesco,ma il suo piano non fu mandato ad effetto, nè finoranessun legame diretto è esistito fra la terra e il suo satel-lite. Ma è riserbato al genio pratico degli Americani dimettersi in comunicazione col mondo sidereo. Il mezzoper raggiungere tale intento è semplice, facile, certo, im-mancabile, e costituisce l'argomento della mia proposta.

Un frastuono, una procella di esclamazioni accolsequeste parole. Non eravi uno fra gli astanti che non fos-

13 Abitanti della Luna.

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se dominato, trascinato, rapito dalle parole dell'oratore.— Udite! udite! Silenzio dunque! Esclamavasi da

ogni banda.Quando l'agitazione generale si fu calmata, Barbicane

ripigliò con voce più grave il suo discorso interrotto:— Voi sapete, diss'egli, quali progressi ha fatto la ba-

listica da alcuni anni in qua, ed a qual grado di perfezio-ne sarebbero giunte le armi da fuoco se la guerra fossecontinuata. Voi non ignorate neppure che, in un modogenerale, la forza di resistenza dei cannoni e la scienzaespansiva della polvere sono illimitate. Ebbene! parten-do da questo principio, io ho chiesto a me stesso secoll'aiuto di un apparecchio sufficiente, stabilito in de-terminate condizioni di resistenza, non sarebbe possibiledi mandare una palla nella Luna!

A queste parole un Oh! di stupore sfuggì da mille pet-ti anelanti; poi vi fu un momento di silenzio simile allaquiete profonda che precede gli scoppî del tuono. E in-fatti, il tuono scoppiò, ma un tuono di applausi, di grida,di clamori, che fece tremare la sala della seduta. Il presi-dente voleva parlare, ma non poteva. Solamente dopodieci minuti egli riuscì a farsi sentire.

— Lasciatemi terminare, egli riprese con freddezza.Ho esaminato la quistione sotto tutti i rapporti, l'ho af-frontata risolutamente, e dai miei calcoli indiscutibili ri-sulta che qualsiasi proiettile dotato della velocità inizia-le di dodicimila jarde14 al secondo, e diretto verso la

14 11.000 metri circa.

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se dominato, trascinato, rapito dalle parole dell'oratore.— Udite! udite! Silenzio dunque! Esclamavasi da

ogni banda.Quando l'agitazione generale si fu calmata, Barbicane

ripigliò con voce più grave il suo discorso interrotto:— Voi sapete, diss'egli, quali progressi ha fatto la ba-

listica da alcuni anni in qua, ed a qual grado di perfezio-ne sarebbero giunte le armi da fuoco se la guerra fossecontinuata. Voi non ignorate neppure che, in un modogenerale, la forza di resistenza dei cannoni e la scienzaespansiva della polvere sono illimitate. Ebbene! parten-do da questo principio, io ho chiesto a me stesso secoll'aiuto di un apparecchio sufficiente, stabilito in de-terminate condizioni di resistenza, non sarebbe possibiledi mandare una palla nella Luna!

A queste parole un Oh! di stupore sfuggì da mille pet-ti anelanti; poi vi fu un momento di silenzio simile allaquiete profonda che precede gli scoppî del tuono. E in-fatti, il tuono scoppiò, ma un tuono di applausi, di grida,di clamori, che fece tremare la sala della seduta. Il presi-dente voleva parlare, ma non poteva. Solamente dopodieci minuti egli riuscì a farsi sentire.

— Lasciatemi terminare, egli riprese con freddezza.Ho esaminato la quistione sotto tutti i rapporti, l'ho af-frontata risolutamente, e dai miei calcoli indiscutibili ri-sulta che qualsiasi proiettile dotato della velocità inizia-le di dodicimila jarde14 al secondo, e diretto verso la

14 11.000 metri circa.

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Luna, giungerà necessariamente fino ad essa. Io ho dun-que l'onore di proporvi, miei prodi colleghi, di tentarequesto piccolo esperimento.

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Luna, giungerà necessariamente fino ad essa. Io ho dun-que l'onore di proporvi, miei prodi colleghi, di tentarequesto piccolo esperimento.

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CAPITOLO III.Effetto della comunicazione Barbicane.

È impossibile dipingere l'effetto prodotto dalle ultimeparole dell'onorevole presidente. Quali grida! quali vo-ciferazioni, quali successioni di grugniti, di urrà, di hip!hip! hip! e di tutte le onomatopeje che abbondano nellalingua americana! Era un disordine indescrivibile! unbaccano indiavolato! Le bocche vociavano, le mani bat-tevano, i piedi scuotevano il pavimento della sala. Setutte le armi da fuoco di quel museo di artiglieria aves-sero sparato nello stesso istante non avrebbero agitate leonde sonore con violenza maggiore. Ciò non può sor-prendere. Vi sono cannonieri che fanno tanto strepitoquasi quanto i loro cannoni.

Barbicane conservavasi freddo, impassibile in mezzoa quegli entusiastici applausi; forse egli voleva rivolgereancora qualche parola al colleghi giacchè i suoi gesti re-clamarono il silenzio, ed il campanello fulminante ripetèpiù e più volte le sue violenti detonazioni. Non lo si udìneppure. In pochi secondi ei fu strappato dal seggio,portato in trionfo, e dalle mani dei fedeli colleghi passòsulle braccia di una moltitudine non meno commossa.

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CAPITOLO III.Effetto della comunicazione Barbicane.

È impossibile dipingere l'effetto prodotto dalle ultimeparole dell'onorevole presidente. Quali grida! quali vo-ciferazioni, quali successioni di grugniti, di urrà, di hip!hip! hip! e di tutte le onomatopeje che abbondano nellalingua americana! Era un disordine indescrivibile! unbaccano indiavolato! Le bocche vociavano, le mani bat-tevano, i piedi scuotevano il pavimento della sala. Setutte le armi da fuoco di quel museo di artiglieria aves-sero sparato nello stesso istante non avrebbero agitate leonde sonore con violenza maggiore. Ciò non può sor-prendere. Vi sono cannonieri che fanno tanto strepitoquasi quanto i loro cannoni.

Barbicane conservavasi freddo, impassibile in mezzoa quegli entusiastici applausi; forse egli voleva rivolgereancora qualche parola al colleghi giacchè i suoi gesti re-clamarono il silenzio, ed il campanello fulminante ripetèpiù e più volte le sue violenti detonazioni. Non lo si udìneppure. In pochi secondi ei fu strappato dal seggio,portato in trionfo, e dalle mani dei fedeli colleghi passòsulle braccia di una moltitudine non meno commossa.

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Page 32: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

Nulla può sorprendere un Americano. Si è ripetutospesso che la parola impossibile era francese; ma al cer-to ci fu scambio di dizionario. In America tutto è facile,tutto è semplice, e quanto alle difficoltà meccanichesono morte prima di esser nate. Fra il piano di Barbica-ne e la sua esecuzione non un solo vero Yankee sarebbe-si permesso di intravedere l'apparenza di una difficoltà.Detto fatto.

La passeggiata trionfale del presidente si prolungònella sera. Irlandesi, Tedeschi, Francesi, Scozzesi, tuttala gente diversa di cui componesi la popolazione delMaryland, gridavano nella loro lingua materna, e gliurrà, i viva, i bravo frammischiavansi in un inesprimibi-le slancio.

Appunto, come se avesse compreso che trattavasi dilei, la Luna brillava allora, con una serena magnificen-za, facendo impallidire colla sua intensa irradiazione ifuochi circostanti. Tutti gli Yankees dirigevano le pupil-le verso il disco scintillante; gli uni la salutavano collamano, gli altri la chiamavano con dolci nomi, questi lamisuravano collo sguardo, quelli la minacciavano collepugna; dalle otto a mezzanotte, un ottico di Jone's-Fall-street fece la sua fortuna vendendo occhiali. L'astro del-la notte era occhieggiato come una lady della scelta so-cietà. Gli Americani già lo trattavano con libertà da pro-prietari. Pareva che la bionda Febea appartenesse ai no-stri audaci conquistatori, e già facesse parte del territo-rio dell'Unione. Eppure non si trattava ancora che dimandarle un proiettile, modo abbastanza brutale per

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Nulla può sorprendere un Americano. Si è ripetutospesso che la parola impossibile era francese; ma al cer-to ci fu scambio di dizionario. In America tutto è facile,tutto è semplice, e quanto alle difficoltà meccanichesono morte prima di esser nate. Fra il piano di Barbica-ne e la sua esecuzione non un solo vero Yankee sarebbe-si permesso di intravedere l'apparenza di una difficoltà.Detto fatto.

La passeggiata trionfale del presidente si prolungònella sera. Irlandesi, Tedeschi, Francesi, Scozzesi, tuttala gente diversa di cui componesi la popolazione delMaryland, gridavano nella loro lingua materna, e gliurrà, i viva, i bravo frammischiavansi in un inesprimibi-le slancio.

Appunto, come se avesse compreso che trattavasi dilei, la Luna brillava allora, con una serena magnificen-za, facendo impallidire colla sua intensa irradiazione ifuochi circostanti. Tutti gli Yankees dirigevano le pupil-le verso il disco scintillante; gli uni la salutavano collamano, gli altri la chiamavano con dolci nomi, questi lamisuravano collo sguardo, quelli la minacciavano collepugna; dalle otto a mezzanotte, un ottico di Jone's-Fall-street fece la sua fortuna vendendo occhiali. L'astro del-la notte era occhieggiato come una lady della scelta so-cietà. Gli Americani già lo trattavano con libertà da pro-prietari. Pareva che la bionda Febea appartenesse ai no-stri audaci conquistatori, e già facesse parte del territo-rio dell'Unione. Eppure non si trattava ancora che dimandarle un proiettile, modo abbastanza brutale per

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Page 33: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

istringere amicizia anche con un satellite, ma molto inuso nelle nazioni incivilite.

Già era suonata la mezzanotte, e l'entusiasmo nonscemava; mantenevasi allo stesso diapason in tutte leclassi della popolazione: il magistrato, il dotto, il nego-ziante, il mercante, il facchino, gli uomini intelligenticome gli uomini verdi15 sentivansi turbati nelle loro fi-bre più delicate; trattavasi di una impresa nazionale, eperò la città alta, la città bassa, le rive bagnate dalle ac-que del Patapsco, le navi imprigionate nei loro bacini ri-gurgitavano di una folla ebbra di gioia, di gin e di whi-sky; ognuno conversava, perorava, discuteva, disputava,approvava, ed applaudiva: dal gentleman steso con non-curanza sul canapè dei bar-rooms davanti alla sua caraf-fa di sherry cobbler16, fino al waterman che ubbriacava-si di rompi-petto17 nelle tetre taverne del Falls-Point.

Tuttavia, verso le due, il turbamento si calmò. Il pre-sidente Barbicane potè far ritorno a casa sua, stanco,rotto, madido di sudore. Ercole non avrebbe resistito adun simile entusiasmo. La calca abbandonò a poco apoco le piazze e le vie. I quattro rail road dell'Ohio, diSusquehanna, di Filadelfia e di Washington, che conver-

15 Espressione affatto americana per indicare le persone inge-nue.

16 Mistura di rhum, sugo d'arancio, cannella o noce moscata.Questa bevanda, di color giallo, aspirasi in tazze col mezzo di untubetto di vetro. I bar-rooms sono specie di caffè.

17 Bevanda spaventosa del popolaccio. Letteralmente in in-glese: thoroug knock me down.

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istringere amicizia anche con un satellite, ma molto inuso nelle nazioni incivilite.

Già era suonata la mezzanotte, e l'entusiasmo nonscemava; mantenevasi allo stesso diapason in tutte leclassi della popolazione: il magistrato, il dotto, il nego-ziante, il mercante, il facchino, gli uomini intelligenticome gli uomini verdi15 sentivansi turbati nelle loro fi-bre più delicate; trattavasi di una impresa nazionale, eperò la città alta, la città bassa, le rive bagnate dalle ac-que del Patapsco, le navi imprigionate nei loro bacini ri-gurgitavano di una folla ebbra di gioia, di gin e di whi-sky; ognuno conversava, perorava, discuteva, disputava,approvava, ed applaudiva: dal gentleman steso con non-curanza sul canapè dei bar-rooms davanti alla sua caraf-fa di sherry cobbler16, fino al waterman che ubbriacava-si di rompi-petto17 nelle tetre taverne del Falls-Point.

Tuttavia, verso le due, il turbamento si calmò. Il pre-sidente Barbicane potè far ritorno a casa sua, stanco,rotto, madido di sudore. Ercole non avrebbe resistito adun simile entusiasmo. La calca abbandonò a poco apoco le piazze e le vie. I quattro rail road dell'Ohio, diSusquehanna, di Filadelfia e di Washington, che conver-

15 Espressione affatto americana per indicare le persone inge-nue.

16 Mistura di rhum, sugo d'arancio, cannella o noce moscata.Questa bevanda, di color giallo, aspirasi in tazze col mezzo di untubetto di vetro. I bar-rooms sono specie di caffè.

17 Bevanda spaventosa del popolaccio. Letteralmente in in-glese: thoroug knock me down.

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Page 34: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

gono a Baltimora, rimandarono il pubblico ai quattroangoli degli Stati Uniti, e la città riposò in una certatranquillità.

D'altra parte sarebbe errore il credere che durantequella sera memorabile Baltimora fosse l'unica città inpreda a siffatta agitazione. Le grandi città dell'Unione,Nuova York, Boston, Albany, Washington, Richmond,Crescent City18, Charleston, Mobile, dal Texas al Massa-chusset, dal Michigan alle Floride, tutte pigliavano laloro parte in questo delirio. Infatti i trentamila corri-spondenti del Gun-Club conoscevano la lettera del loropresidente, ed aspettavano con eguale impazienza la fa-mosa comunicazione del 5 ottobre. Per ciò la sera stes-sa, di mano in mano che le parole sfuggivano dalle lab-bra dell'oratore, correvano sui fili telegrafici, attraversogli Stati dell'Unione, con una velocità di dugento qua-rantottomila e quattrocento quarantesette miglia al mi-nuto secondo19. Si può dunque dire con assoluta certezzache nel medesimo istante gli Stati Uniti d'America, diecivolte più estesi della Francia, mandarono un solo gridodi trionfo, e che venticinque milioni di cuori, gonfi diorgoglio, battevano con pari velocità.

La domane, mille e cinquecento giornali quotidiani,ebdomadari, bimensili o mensili, impadronendosi dellaquistione, l'esaminarono sotto i suoi diversi aspetti fisi-ci, meteorologici, economici e morali, dal punto di vista

18 Soprannome della Nuova Orleans.19 È la velocita dell'elettrico.

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gono a Baltimora, rimandarono il pubblico ai quattroangoli degli Stati Uniti, e la città riposò in una certatranquillità.

D'altra parte sarebbe errore il credere che durantequella sera memorabile Baltimora fosse l'unica città inpreda a siffatta agitazione. Le grandi città dell'Unione,Nuova York, Boston, Albany, Washington, Richmond,Crescent City18, Charleston, Mobile, dal Texas al Massa-chusset, dal Michigan alle Floride, tutte pigliavano laloro parte in questo delirio. Infatti i trentamila corri-spondenti del Gun-Club conoscevano la lettera del loropresidente, ed aspettavano con eguale impazienza la fa-mosa comunicazione del 5 ottobre. Per ciò la sera stes-sa, di mano in mano che le parole sfuggivano dalle lab-bra dell'oratore, correvano sui fili telegrafici, attraversogli Stati dell'Unione, con una velocità di dugento qua-rantottomila e quattrocento quarantesette miglia al mi-nuto secondo19. Si può dunque dire con assoluta certezzache nel medesimo istante gli Stati Uniti d'America, diecivolte più estesi della Francia, mandarono un solo gridodi trionfo, e che venticinque milioni di cuori, gonfi diorgoglio, battevano con pari velocità.

La domane, mille e cinquecento giornali quotidiani,ebdomadari, bimensili o mensili, impadronendosi dellaquistione, l'esaminarono sotto i suoi diversi aspetti fisi-ci, meteorologici, economici e morali, dal punto di vista

18 Soprannome della Nuova Orleans.19 È la velocita dell'elettrico.

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Page 35: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

della preponderanza politica e della civiltà. Essi doman-daronsi se la Luna era un mondo compiuto, se più nonsubiva alcuna trasformazione. Rassomigliava essa allaTerra nel tempo in cui l'emisfero non esisteva ancora?Quale spettacolo offriva quella faccia invisibile allo sfe-roide terrestre? Sebbene ancor non si fosse trattato chedi mandare una palla all'astro delle notti, tutti vedevanolà il punto di partenza di una serie di esperienze; tuttisperavano che un giorno l'America penetrerebbe gli ulti-mi segreti di quel disco misterioso, ed alcuni perfinomostrarono di temere che la sua conquista non turbassedi troppo l'equilibrio europeo.

Discusso il piano, non un giornale esternò un dubbiosulla eseguibilità; le raccolte, gli opuscoli, i bollettini, imagazines, pubblicati dalle società scientifiche letterarieo religiose, ne fecero conoscere i vantaggi, e la Societàdi storia naturale di Boston, la Società americana discienze ed arti, d'Albany, la Società geografica e stati-stica di Nuova York, la Società filosofica americana diFiladelfia, l'Istituzione Smithsioniana di Washingtonmandarono in migliaia di lettere le loro felicitazioni alGun-Club, con offerte immediate di servigi e di danaro.

E però, è lecito dirlo, non mai proposta adunò similenumero di fautori; di esitazioni, di dubbi, d'inquietudininon se ne parlò neppure. Quanto poi agli scherzi, allecaricature, alle canzoni che in Europa, e specialmente inFrancia, avrebbero accolto l'idea di mandare un proietti-le alla Luna, sarebbero ricaduti a danno del loro autore;

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della preponderanza politica e della civiltà. Essi doman-daronsi se la Luna era un mondo compiuto, se più nonsubiva alcuna trasformazione. Rassomigliava essa allaTerra nel tempo in cui l'emisfero non esisteva ancora?Quale spettacolo offriva quella faccia invisibile allo sfe-roide terrestre? Sebbene ancor non si fosse trattato chedi mandare una palla all'astro delle notti, tutti vedevanolà il punto di partenza di una serie di esperienze; tuttisperavano che un giorno l'America penetrerebbe gli ulti-mi segreti di quel disco misterioso, ed alcuni perfinomostrarono di temere che la sua conquista non turbassedi troppo l'equilibrio europeo.

Discusso il piano, non un giornale esternò un dubbiosulla eseguibilità; le raccolte, gli opuscoli, i bollettini, imagazines, pubblicati dalle società scientifiche letterarieo religiose, ne fecero conoscere i vantaggi, e la Societàdi storia naturale di Boston, la Società americana discienze ed arti, d'Albany, la Società geografica e stati-stica di Nuova York, la Società filosofica americana diFiladelfia, l'Istituzione Smithsioniana di Washingtonmandarono in migliaia di lettere le loro felicitazioni alGun-Club, con offerte immediate di servigi e di danaro.

E però, è lecito dirlo, non mai proposta adunò similenumero di fautori; di esitazioni, di dubbi, d'inquietudininon se ne parlò neppure. Quanto poi agli scherzi, allecaricature, alle canzoni che in Europa, e specialmente inFrancia, avrebbero accolto l'idea di mandare un proietti-le alla Luna, sarebbero ricaduti a danno del loro autore;

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tutti i life-preservers20 del mondo sarebbero stati impo-tenti a preservarlo contro la comune indignazione. Visono alcune cose di cui non è lecito ridere nel nuovomondo.

Impey Barbicane divenne dunque, a cominciare daquel giorno, uno dei maggiori cittadini degli Stati Uniti,presso a poco un Washington della scienza, ed un aned-doto, tra i molti, mostrerà fino a qual segno spingevasiquest'infeudamento subitaneo di un popolo ad un uomo,

Alcuni giorni dopo la famosa seduta del Gun-Club, ildirettore di una compagnia inglese annunziò al teatro diBaltimora la rappresentanza di Much ado about no-thing21. Ma la popolazione della città, vedendo in questotitolo una allusione offensiva alle idee del presidenteBarbicane, invase la sala, spezzò le panche, e costrinseil disgraziato direttore a cambiare l'avviso. Questi, dauomo di spirito, piegando dinanzi alla pubblica volontà,surrogò la malcapitata commedia con As you like22, e permolte settimane fece larghi incassi.

20 Arme da tasca, fatta con una bacchetta di balena flessibilee una palla di metallo.

21 Molto strepito per nulla, commedia di Shakespeare.22 Come volete, altra commedia di Shakespeare.

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tutti i life-preservers20 del mondo sarebbero stati impo-tenti a preservarlo contro la comune indignazione. Visono alcune cose di cui non è lecito ridere nel nuovomondo.

Impey Barbicane divenne dunque, a cominciare daquel giorno, uno dei maggiori cittadini degli Stati Uniti,presso a poco un Washington della scienza, ed un aned-doto, tra i molti, mostrerà fino a qual segno spingevasiquest'infeudamento subitaneo di un popolo ad un uomo,

Alcuni giorni dopo la famosa seduta del Gun-Club, ildirettore di una compagnia inglese annunziò al teatro diBaltimora la rappresentanza di Much ado about no-thing21. Ma la popolazione della città, vedendo in questotitolo una allusione offensiva alle idee del presidenteBarbicane, invase la sala, spezzò le panche, e costrinseil disgraziato direttore a cambiare l'avviso. Questi, dauomo di spirito, piegando dinanzi alla pubblica volontà,surrogò la malcapitata commedia con As you like22, e permolte settimane fece larghi incassi.

20 Arme da tasca, fatta con una bacchetta di balena flessibilee una palla di metallo.

21 Molto strepito per nulla, commedia di Shakespeare.22 Come volete, altra commedia di Shakespeare.

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CAPITOLO IV.Risposta dell'Osservatorio di Cambridge.

Ma Barbicane non perdette un istante in mezzo alleovazioni cui era fatto segno. Sua prima cura fu di riunirei colleghi negli uffici del Gun-Club. Lì, dopo discussio-ne, si convenne di consultare gli astronomi sulla parteastronomica dell'impresa; conosciuta che fosse la lororisposta, discuterebbesi allora sui mezzi meccanici, enulla verrebbe trascurato per assicurare l'esito del gran-de esperimento.

Una nota, espressa in chiarissimi termini e contenentespeciali domande, fu dunque redatta e presentataall'Osservatorio di Cambridge nel Massachusset. Questacittà, dove fu fondata la prima Università degli StatiUniti, è appunto celebre pel suo Osservatorio astronomi-co. Lì trovansi adunati dotti di gran vaglia: lì funziona ilpotente cannocchiale che permise a Bond di risolvere instelle la nebulosa d'Andromeda, ed a Clarke di scoprireil satellite di Sirio. Questo celebre istituto giustificavadunque per tutti i rapporti la fiducia del Gun-Club.

Pertanto, due giorni dopo, la risposta, attesa con tantaimpazienza, giungeva nelle mani del presidente Barbi-

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CAPITOLO IV.Risposta dell'Osservatorio di Cambridge.

Ma Barbicane non perdette un istante in mezzo alleovazioni cui era fatto segno. Sua prima cura fu di riunirei colleghi negli uffici del Gun-Club. Lì, dopo discussio-ne, si convenne di consultare gli astronomi sulla parteastronomica dell'impresa; conosciuta che fosse la lororisposta, discuterebbesi allora sui mezzi meccanici, enulla verrebbe trascurato per assicurare l'esito del gran-de esperimento.

Una nota, espressa in chiarissimi termini e contenentespeciali domande, fu dunque redatta e presentataall'Osservatorio di Cambridge nel Massachusset. Questacittà, dove fu fondata la prima Università degli StatiUniti, è appunto celebre pel suo Osservatorio astronomi-co. Lì trovansi adunati dotti di gran vaglia: lì funziona ilpotente cannocchiale che permise a Bond di risolvere instelle la nebulosa d'Andromeda, ed a Clarke di scoprireil satellite di Sirio. Questo celebre istituto giustificavadunque per tutti i rapporti la fiducia del Gun-Club.

Pertanto, due giorni dopo, la risposta, attesa con tantaimpazienza, giungeva nelle mani del presidente Barbi-

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cane.Era concepita in questi termini:

Il Direttore dell'Osservatorio di Cambridge al presiden-te del Gun-Club a Baltimora.

Cambridge, 7 ottobre.

«Appena ricevuta la vostra pregiata lettera del 6 cor-rente, indirizzata all'Osservatorio di Cambridge a nomedei componenti del Gun-Club di Baltimora, i nostrimembri si sono immediatamente riuniti, ed hanno repu-tato conveniente di rispondere quanto segue:

Le domande che sono state fatte sono queste:1.º È possibile di mandare un proiettile nella Luna?2.º Qual è la esatta distanza che separa la terra dal suo

satellite?3.º Quale sarà la durata del tragitto del projettile a cui

sarà stata impressa una velocità iniziale sufficiente, e,per conseguenza, in qual momento si dovrà lanciare per-chè incontri la Luna in un punto determinato?

4.º In qual momento preciso la Luna si presenterà nel-la posizione più favorevole per essere colpita dal projet-tile?

5. º Qual punto del cielo si dovrà mirare col cannonedestinato a lanciare il projettile?

6. º Qual parte occuperà la Luna nel cielo al momentoin cui partirà il projettile?

Sulla prima domanda: – È possibile di mandare un

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cane.Era concepita in questi termini:

Il Direttore dell'Osservatorio di Cambridge al presiden-te del Gun-Club a Baltimora.

Cambridge, 7 ottobre.

«Appena ricevuta la vostra pregiata lettera del 6 cor-rente, indirizzata all'Osservatorio di Cambridge a nomedei componenti del Gun-Club di Baltimora, i nostrimembri si sono immediatamente riuniti, ed hanno repu-tato conveniente di rispondere quanto segue:

Le domande che sono state fatte sono queste:1.º È possibile di mandare un proiettile nella Luna?2.º Qual è la esatta distanza che separa la terra dal suo

satellite?3.º Quale sarà la durata del tragitto del projettile a cui

sarà stata impressa una velocità iniziale sufficiente, e,per conseguenza, in qual momento si dovrà lanciare per-chè incontri la Luna in un punto determinato?

4.º In qual momento preciso la Luna si presenterà nel-la posizione più favorevole per essere colpita dal projet-tile?

5. º Qual punto del cielo si dovrà mirare col cannonedestinato a lanciare il projettile?

6. º Qual parte occuperà la Luna nel cielo al momentoin cui partirà il projettile?

Sulla prima domanda: – È possibile di mandare un

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projettile nella Luna?Sì, è possibile di mandare un projettile nella Luna, se

si giunge ad imprimere a questo projettile una velocitàiniziale di dodicimila jarde al secondo. Il calcolo dimo-stra che questa velocità è sufficiente. Di mano in manoche si aumenta la lontananza della Terra l'azione delpeso diminuisce in ragione inversa del quadrato delle di-stanze, cioè: per una distanza tre volte maggiore,quest'azione è nove volte meno forte. E però la pesan-tezza della palla decrescerà rapidamente e finiràcoll'annullarsi completamente nel momento in cuil'attrazione della Luna si equilibrerà con quella dellaTerra, cioè ai quarantasette cinquantaduesimi del tragit-to. In tal momento il projettile non peserà più, e, se var-cherà questo punto, cadrà sulla Luna pel solo effettodell'attrazione lunare. La possibilità teorica dell'espe-rienza è dunque assolutamente dimostrata: quanto allariuscita, essa dipende unicamente dalla potenza dellamacchina adoperata.

Sopra la seconda domanda: – Qual'è l'esatta distanzadella Terra col suo satellite?

La Luna non descrive già una circonferenza intornoalla Terra, ma un'ellisse della quale il nostro globo occu-pa un foco; da ciò la conseguenza che la Luna trovasiora più vicino alla Terra, ora più lontana o, in linguaggioastronomico, ora nel suo apogeo, ora nel suo perigeo.Pertanto la differenza tra la distanza maggiore e la mini-ma è abbastanza considerevole, perchè non si debba tra-scurarla. Infatti, nel suo apogeo, la Luna è a duecento-

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projettile nella Luna?Sì, è possibile di mandare un projettile nella Luna, se

si giunge ad imprimere a questo projettile una velocitàiniziale di dodicimila jarde al secondo. Il calcolo dimo-stra che questa velocità è sufficiente. Di mano in manoche si aumenta la lontananza della Terra l'azione delpeso diminuisce in ragione inversa del quadrato delle di-stanze, cioè: per una distanza tre volte maggiore,quest'azione è nove volte meno forte. E però la pesan-tezza della palla decrescerà rapidamente e finiràcoll'annullarsi completamente nel momento in cuil'attrazione della Luna si equilibrerà con quella dellaTerra, cioè ai quarantasette cinquantaduesimi del tragit-to. In tal momento il projettile non peserà più, e, se var-cherà questo punto, cadrà sulla Luna pel solo effettodell'attrazione lunare. La possibilità teorica dell'espe-rienza è dunque assolutamente dimostrata: quanto allariuscita, essa dipende unicamente dalla potenza dellamacchina adoperata.

Sopra la seconda domanda: – Qual'è l'esatta distanzadella Terra col suo satellite?

La Luna non descrive già una circonferenza intornoalla Terra, ma un'ellisse della quale il nostro globo occu-pa un foco; da ciò la conseguenza che la Luna trovasiora più vicino alla Terra, ora più lontana o, in linguaggioastronomico, ora nel suo apogeo, ora nel suo perigeo.Pertanto la differenza tra la distanza maggiore e la mini-ma è abbastanza considerevole, perchè non si debba tra-scurarla. Infatti, nel suo apogeo, la Luna è a duecento-

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quarantasettemila e cinquecento cinquantadue miglia(99,640 leghe di 4 chilometri) e nel suo perigeo a du-gento diciottomila e seicentocinquantasette miglia sol-tanto (88,010 leghe); ciò che costituisce una differenzadi ventottomila e ottocentonovantacinque miglia (11,630leghe), o più del nono dello spazio percorso. È dunquela distanza perigea della Luna che vuolsi far servire dibase ai calcoli.

Sulla terza domanda: – Quale sarà la durata del tragit-to del projettile a cui sarà stata impressa una velocitàiniziale sufficiente, e, per conseguenza, in qual momen-to si dovrà lanciare perchè incontri la Luna in un puntodeterminato?

Se la palla conservasse indefinitamente la velocitàiniziale di dodicimila jarde al secondo, che le sarà stataimpressa alla sua partenza, non impiegherebbe che noveore circa per giungere alla sua meta; ma siccome questavelocità iniziale andrà continuamente, decrescendo, nerisulta, esaminati tutti i calcoli, che il proiettile impie-gherà trecentomila secondi, cioè ottantatrè ore e ventiminuti, per arrivare al punto dove le attrazioni terrestri elunari si equilibrano, e da tal punto cadrà sulla Luna incinquantamila secondi, o tredici ore, cinquantatrè minutie venti secondi. Converrà dunque lanciarlo novantasetteore, tredici minuti e venti secondi prima dell'arrivo dellaLuna al punto preso di mira.

Sulla quarta domanda: – In qual momento preciso sipresenterà la Luna nella posizione più favorevole per es-sere colpita dal proiettile?

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quarantasettemila e cinquecento cinquantadue miglia(99,640 leghe di 4 chilometri) e nel suo perigeo a du-gento diciottomila e seicentocinquantasette miglia sol-tanto (88,010 leghe); ciò che costituisce una differenzadi ventottomila e ottocentonovantacinque miglia (11,630leghe), o più del nono dello spazio percorso. È dunquela distanza perigea della Luna che vuolsi far servire dibase ai calcoli.

Sulla terza domanda: – Quale sarà la durata del tragit-to del projettile a cui sarà stata impressa una velocitàiniziale sufficiente, e, per conseguenza, in qual momen-to si dovrà lanciare perchè incontri la Luna in un puntodeterminato?

Se la palla conservasse indefinitamente la velocitàiniziale di dodicimila jarde al secondo, che le sarà stataimpressa alla sua partenza, non impiegherebbe che noveore circa per giungere alla sua meta; ma siccome questavelocità iniziale andrà continuamente, decrescendo, nerisulta, esaminati tutti i calcoli, che il proiettile impie-gherà trecentomila secondi, cioè ottantatrè ore e ventiminuti, per arrivare al punto dove le attrazioni terrestri elunari si equilibrano, e da tal punto cadrà sulla Luna incinquantamila secondi, o tredici ore, cinquantatrè minutie venti secondi. Converrà dunque lanciarlo novantasetteore, tredici minuti e venti secondi prima dell'arrivo dellaLuna al punto preso di mira.

Sulla quarta domanda: – In qual momento preciso sipresenterà la Luna nella posizione più favorevole per es-sere colpita dal proiettile?

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Giusta quanto fu detto qui sopra, è necessario dappri-ma scegliere il tempo in cui la Luna sarà nel suo peri-geo, ed insieme il momento in cui passerà allo zenit; ilche diminuirà ancora il tratto percorso di una distanzaeguale al raggio terrestre, cioè di tremila e novecento di-ciannove miglia; di maniera che il tragitto definitivosarà di dugento quattordicimila e novecentosettantaseimiglia (86,410 leghe). Ma, se ogni mese la Luna passaal suo perigeo, non si trova sempre allo zenit in tal mo-mento. Non presentasi in queste due condizioni che alunghi intervalli. Bisognerà quindi aspettare la coinci-denza del passaggio al perigeo ed allo zenit. Ora, peruna fortunata circostanza, il 4 dicembre dell'anno prossi-mo la Luna offrirà queste due condizioni: a mezzanottesarà nel perigeo, cioè alla più breve distanza della Terra,e passerà al tempo stesso allo zenit.

Sulla quinta domanda: – Qual punto del cielo si dovràmirare col cannone destinato a lanciare il projettile?

Ammesse le precedenti osservazioni, il cannone do-vrà essere appuntato allo zenit23 del luogo; in tal guisa iltiro sarà perpendicolare al piano dell'orizzonte, ed ilprojettile si sottrarrà più rapidamente agli effettidell'attrazione terrestre. Ma, affinchè la Luna salga allozenit di un luogo, bisogna che questo luogo non sia piùalto di latitudine della declinazione di questo, o, in altritermini, che sia compreso fra lo 0 ed il 28° di latitudine

23 Lo zenit è il punto del cielo posto verticalmente sopra latesta dell'osservatore.

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Giusta quanto fu detto qui sopra, è necessario dappri-ma scegliere il tempo in cui la Luna sarà nel suo peri-geo, ed insieme il momento in cui passerà allo zenit; ilche diminuirà ancora il tratto percorso di una distanzaeguale al raggio terrestre, cioè di tremila e novecento di-ciannove miglia; di maniera che il tragitto definitivosarà di dugento quattordicimila e novecentosettantaseimiglia (86,410 leghe). Ma, se ogni mese la Luna passaal suo perigeo, non si trova sempre allo zenit in tal mo-mento. Non presentasi in queste due condizioni che alunghi intervalli. Bisognerà quindi aspettare la coinci-denza del passaggio al perigeo ed allo zenit. Ora, peruna fortunata circostanza, il 4 dicembre dell'anno prossi-mo la Luna offrirà queste due condizioni: a mezzanottesarà nel perigeo, cioè alla più breve distanza della Terra,e passerà al tempo stesso allo zenit.

Sulla quinta domanda: – Qual punto del cielo si dovràmirare col cannone destinato a lanciare il projettile?

Ammesse le precedenti osservazioni, il cannone do-vrà essere appuntato allo zenit23 del luogo; in tal guisa iltiro sarà perpendicolare al piano dell'orizzonte, ed ilprojettile si sottrarrà più rapidamente agli effettidell'attrazione terrestre. Ma, affinchè la Luna salga allozenit di un luogo, bisogna che questo luogo non sia piùalto di latitudine della declinazione di questo, o, in altritermini, che sia compreso fra lo 0 ed il 28° di latitudine

23 Lo zenit è il punto del cielo posto verticalmente sopra latesta dell'osservatore.

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settentrionale o meridionale24. In qualsiasi altro luogo iltiro dovrebbe essere necessariamente obbliquo: ciò chenuocerebbe alla riescita dell'esperimento.

Sulla sesta domanda: – Qual posto occuperà la Lunanel cielo al momento in cui partirà il projettile?

Nel momento in cui il projettile sarà lanciato nellospazio, la Luna, che ogni giorno avanza di tredici gradi,dieci minuti e trentacinque secondi, deve trovarsi lonta-na dal punto zenitale quattro volte questo numero, ossiacinquantadue gradi, quarantadue minuti e venti secondi,spazio corrispondente al cammino che essa farà duranteil tragitto del projettile. Ma siccome vuolsi parimenti te-ner conto della deviazione che farà subire alla palla ilmovimento di rotazione della Terra, e siccome la pallanon giungerà alla Luna che dopo aver deviato di una di-stanza uguale a dodici raggi terrestri, che contatisull'orbita della Luna fanno circa undici gradi, devonsiaggiungere questi undici gradi a quelli che esprimono ilgià menzionato ritardo della Luna, ossia sessantaquattrogradi, cifra tonda. E però, al momento del tiro, il raggiovisuale diretto alla Luna farà colla verticale del luogo unangolo di sessantaquattro gradi.

Tali sono le risposte alle domande state fatte all'osser-vatorio di Cambridge dai membri del Gun-Club.

Riassumendo:

24 Non ci sono, infatti, che le regioni del globo comprese fral'equatore ed il ventottesimo parallelo, nelle quali la Luna si portiallo zenit; al di là del 28 grado, più che ci avviciniamo ai poli epiù la Luna rimane lontana dal nostro zenit.

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settentrionale o meridionale24. In qualsiasi altro luogo iltiro dovrebbe essere necessariamente obbliquo: ciò chenuocerebbe alla riescita dell'esperimento.

Sulla sesta domanda: – Qual posto occuperà la Lunanel cielo al momento in cui partirà il projettile?

Nel momento in cui il projettile sarà lanciato nellospazio, la Luna, che ogni giorno avanza di tredici gradi,dieci minuti e trentacinque secondi, deve trovarsi lonta-na dal punto zenitale quattro volte questo numero, ossiacinquantadue gradi, quarantadue minuti e venti secondi,spazio corrispondente al cammino che essa farà duranteil tragitto del projettile. Ma siccome vuolsi parimenti te-ner conto della deviazione che farà subire alla palla ilmovimento di rotazione della Terra, e siccome la pallanon giungerà alla Luna che dopo aver deviato di una di-stanza uguale a dodici raggi terrestri, che contatisull'orbita della Luna fanno circa undici gradi, devonsiaggiungere questi undici gradi a quelli che esprimono ilgià menzionato ritardo della Luna, ossia sessantaquattrogradi, cifra tonda. E però, al momento del tiro, il raggiovisuale diretto alla Luna farà colla verticale del luogo unangolo di sessantaquattro gradi.

Tali sono le risposte alle domande state fatte all'osser-vatorio di Cambridge dai membri del Gun-Club.

Riassumendo:

24 Non ci sono, infatti, che le regioni del globo comprese fral'equatore ed il ventottesimo parallelo, nelle quali la Luna si portiallo zenit; al di là del 28 grado, più che ci avviciniamo ai poli epiù la Luna rimane lontana dal nostro zenit.

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1.º Il cannone dovrà essere collocato in un paese po-sto fra 0° e 28° di latitudine settentrionale o meridiona-le.

2.º Dovrà essere puntato allo zenit del luogo.3.º Il projettile dovrà essere animato da una velocità

iniziale di dodicimila jarde al secondo.4.º Dovrà essere lanciato il 1.º dicembre del prossimo

anno, alle undici ore, meno tredici minuti e venti secon-di.

5.º Incontrerà la Luna quattro giorni dopo la sua par-tenza, il 4 dicembre, a mezzodì preciso, nel momento incui passerà allo zenit.

I membri del Gun-Club devono dunque incominciaresenza ritardo i lavori necessari per un'impresa simile adessere pronti ad operare al momento prefisso; chè, se la-sciassero trascorrere il 4 dicembre, non ritroverebbero laLuna nella medesima condizione di perigeo e di zenitche diciott'anni e undici giorni dopo.

L'Ufficio dell'Osservatorio di Cambridge si pone inte-ramente a loro disposizione per le questioni d'astrono-mia teorica, e colla presente unisce le sue felicitazioni aquelle dell'America intera.

Per l'Osservatorio:J. M. BELFAST

Direttore dell'Osservatorio di Cambridge.»

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1.º Il cannone dovrà essere collocato in un paese po-sto fra 0° e 28° di latitudine settentrionale o meridiona-le.

2.º Dovrà essere puntato allo zenit del luogo.3.º Il projettile dovrà essere animato da una velocità

iniziale di dodicimila jarde al secondo.4.º Dovrà essere lanciato il 1.º dicembre del prossimo

anno, alle undici ore, meno tredici minuti e venti secon-di.

5.º Incontrerà la Luna quattro giorni dopo la sua par-tenza, il 4 dicembre, a mezzodì preciso, nel momento incui passerà allo zenit.

I membri del Gun-Club devono dunque incominciaresenza ritardo i lavori necessari per un'impresa simile adessere pronti ad operare al momento prefisso; chè, se la-sciassero trascorrere il 4 dicembre, non ritroverebbero laLuna nella medesima condizione di perigeo e di zenitche diciott'anni e undici giorni dopo.

L'Ufficio dell'Osservatorio di Cambridge si pone inte-ramente a loro disposizione per le questioni d'astrono-mia teorica, e colla presente unisce le sue felicitazioni aquelle dell'America intera.

Per l'Osservatorio:J. M. BELFAST

Direttore dell'Osservatorio di Cambridge.»

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CAPITOLO V.Il Romanzo della Luna.

Un osservatore, dotato di vista acutissima e posto inquel centro sconosciuto intorno al quale gravita il mon-do, avrebbe veduto miriadi d'atomi riempire lo spazionell'epoca caotica dell'universo. Ma a poco a poco,coll'andare dei secoli, avvenne un cambiamento: unalegge di attrazione, si manifestò, alla quale obbedironogli atomi erranti fin allora; questi atomi si cambiaronochimicamente secondo le loro affinità, si fecero moleco-le e formarono quelle masse nebulose di cui sono co-sparse le profondità del cielo.

Tali ammassi furono tosto animati da un movimentodi rotazione intorno al loro punto centrale. Questo cen-tro, formato di molecole vaghe, cominciò a girare soprasè stesso condensandosi progressivamente; del resto, se-condo le leggi immutabili della meccanica, a mano amano che il suo volume diminuiva per la condensazio-ne, il suo moto di rotazione acceleravasi, e dal concorsodi questi effetti risultò una stella principale, centro diquell'ammasso nebuloso.

Guardando attentamente, l'osservatore avrebbe allora

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CAPITOLO V.Il Romanzo della Luna.

Un osservatore, dotato di vista acutissima e posto inquel centro sconosciuto intorno al quale gravita il mon-do, avrebbe veduto miriadi d'atomi riempire lo spazionell'epoca caotica dell'universo. Ma a poco a poco,coll'andare dei secoli, avvenne un cambiamento: unalegge di attrazione, si manifestò, alla quale obbedironogli atomi erranti fin allora; questi atomi si cambiaronochimicamente secondo le loro affinità, si fecero moleco-le e formarono quelle masse nebulose di cui sono co-sparse le profondità del cielo.

Tali ammassi furono tosto animati da un movimentodi rotazione intorno al loro punto centrale. Questo cen-tro, formato di molecole vaghe, cominciò a girare soprasè stesso condensandosi progressivamente; del resto, se-condo le leggi immutabili della meccanica, a mano amano che il suo volume diminuiva per la condensazio-ne, il suo moto di rotazione acceleravasi, e dal concorsodi questi effetti risultò una stella principale, centro diquell'ammasso nebuloso.

Guardando attentamente, l'osservatore avrebbe allora

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veduto le altre molecole dell'ammasso comportarsicome la stella centrale, condensarsi a suo modo con unmoto di rotazione progressivamente accelerato, e gravi-tare intorno ad essa sotto forma di stelle innumerevoli.La nebulosa (oggidì gli astronomi ne contano quasi cin-quemila) era formata.

Tra queste cinquemila nebulose havvene una che gliuomini hanno chiamato la Via lattea25; essa contiene di-ciotto milioni di stelle, ciascuna delle quali è divenuta ilcentro di un mondo solare.

Se l'osservatore avesse allora specialmente esaminatotra questi diciotto milioni d'astri, uno dei più modesti emeno brillanti26 una stella di quarto ordine, quella cheorgogliosamente si chiama il Sole, tutti i fenomeni aiquali è dovuta la formazione dell'universo si sarebberosuccessivamente compiuti ai suoi occhi.

Infatti questo sole, ancora allo stato gassoso e compo-sto di molecole mobili, esso l'avrebbe veduto girare sulproprio asse per compiere il suo lavorio di concentrazio-ne. Questo movimento fedele alle leggi della meccanica,sarebbesi accelerato colla diminuzione di volume e sa-rebbe giunto un momento in cui la forza centrifugal'avrebbe vinta sulla forza centripeta che tende a racco-gliere le molecole intorno al centro.

Allora un altro fenomeno sarebbe accaduto dinanzi

25 Dalla parola greca γαλαϰτος, che significa latte. Scientifi-camente Galassia.

26 Il diametro di Sirio, secondo Wollaston, deve eguagliaredodici volte quello del Sole, cioè 4,300,000 leghe.

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veduto le altre molecole dell'ammasso comportarsicome la stella centrale, condensarsi a suo modo con unmoto di rotazione progressivamente accelerato, e gravi-tare intorno ad essa sotto forma di stelle innumerevoli.La nebulosa (oggidì gli astronomi ne contano quasi cin-quemila) era formata.

Tra queste cinquemila nebulose havvene una che gliuomini hanno chiamato la Via lattea25; essa contiene di-ciotto milioni di stelle, ciascuna delle quali è divenuta ilcentro di un mondo solare.

Se l'osservatore avesse allora specialmente esaminatotra questi diciotto milioni d'astri, uno dei più modesti emeno brillanti26 una stella di quarto ordine, quella cheorgogliosamente si chiama il Sole, tutti i fenomeni aiquali è dovuta la formazione dell'universo si sarebberosuccessivamente compiuti ai suoi occhi.

Infatti questo sole, ancora allo stato gassoso e compo-sto di molecole mobili, esso l'avrebbe veduto girare sulproprio asse per compiere il suo lavorio di concentrazio-ne. Questo movimento fedele alle leggi della meccanica,sarebbesi accelerato colla diminuzione di volume e sa-rebbe giunto un momento in cui la forza centrifugal'avrebbe vinta sulla forza centripeta che tende a racco-gliere le molecole intorno al centro.

Allora un altro fenomeno sarebbe accaduto dinanzi

25 Dalla parola greca γαλαϰτος, che significa latte. Scientifi-camente Galassia.

26 Il diametro di Sirio, secondo Wollaston, deve eguagliaredodici volte quello del Sole, cioè 4,300,000 leghe.

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agli occhi dell'osservatore, e le molecole poste nel pianodell'equatore, sfuggendo come la pietra di una fionda lacui corda si spezzi d'improvviso, sarebbero andate a for-mare intorno al Sole parecchi anelli concentrici simili aquello di Saturno. Alla loro volta questi anelli di materiacosmica, presi da un movimento di rotazione intornoalla massa centrale, si sarebbero spezzati e decompostiin nebulosità secondarie, cioè in pianeti.

Se l'osservatore avesse allora concentrato tutta la suaattenzione sopra questi pianeti, esso li avrebbe veduticomportarsi esattamente come il Sole e dare origine aduno o più anelli cosmici, origine di quegli altri di ordineinferiore che si chiamano satelliti.

Così dunque, risalendo dall'atomo alla molecola, dal-la molecola all'ammasso nebuloso, dall'ammasso nebu-loso alla nebulosa, dalla nebulosa alla stella principale,dalla stella principale al Sole, dal Sole al pianeta, e dalpianeta al satellite, si ha tutta la serie delle trasformazio-ni subite dai corpi celesti fin dai primi giorni del mondo.

Il Sole sembra perduto nelle immensità del mondo so-lare, eppure è congiunto dalle teorie attuali della scienzaalla nebulosa della Via Lattea. Centro d'un mondo, perquanto piccolo sembra in mezzo alle regioni eteree, nul-lameno il suo volume è enorme, giacchè è un milione equattrocentomila volte quello della Terra. Intorno a luigravitano otto pianeti, usciti dalle sue viscere fino daiprimi tempi della creazione.

Sono questi, incominciando dal più vicino e andandofino al più lontano: Mercurio, Venere, la Terra, Marte,

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agli occhi dell'osservatore, e le molecole poste nel pianodell'equatore, sfuggendo come la pietra di una fionda lacui corda si spezzi d'improvviso, sarebbero andate a for-mare intorno al Sole parecchi anelli concentrici simili aquello di Saturno. Alla loro volta questi anelli di materiacosmica, presi da un movimento di rotazione intornoalla massa centrale, si sarebbero spezzati e decompostiin nebulosità secondarie, cioè in pianeti.

Se l'osservatore avesse allora concentrato tutta la suaattenzione sopra questi pianeti, esso li avrebbe veduticomportarsi esattamente come il Sole e dare origine aduno o più anelli cosmici, origine di quegli altri di ordineinferiore che si chiamano satelliti.

Così dunque, risalendo dall'atomo alla molecola, dal-la molecola all'ammasso nebuloso, dall'ammasso nebu-loso alla nebulosa, dalla nebulosa alla stella principale,dalla stella principale al Sole, dal Sole al pianeta, e dalpianeta al satellite, si ha tutta la serie delle trasformazio-ni subite dai corpi celesti fin dai primi giorni del mondo.

Il Sole sembra perduto nelle immensità del mondo so-lare, eppure è congiunto dalle teorie attuali della scienzaalla nebulosa della Via Lattea. Centro d'un mondo, perquanto piccolo sembra in mezzo alle regioni eteree, nul-lameno il suo volume è enorme, giacchè è un milione equattrocentomila volte quello della Terra. Intorno a luigravitano otto pianeti, usciti dalle sue viscere fino daiprimi tempi della creazione.

Sono questi, incominciando dal più vicino e andandofino al più lontano: Mercurio, Venere, la Terra, Marte,

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Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Inoltre fra Marte eGiove circolano regolarmente altri corpi meno conside-revoli, forse gli avanzi erranti di un astro frantumato inpiù migliaia di pezzi, dei quali fino ad oggi il telescopione ha riconosciuti ottantadue.27

Tra questi servitori che il Sole mantiene nella loro or-bita mediante la gran legge della gravitazione, alcunipossedono alla loro volta dei satelliti. Urano ne ha otto,Saturno otto, Giove quattro, Nettuno tre forse, la Terrauno: quest'ultimo, uno dei meno importanti del mondosolare, si chiama la Luna, ed è lui che il genio audacedegli Americani pretendeva conquistare.

L'astro delle notti, per la sua vicinanza relativa e lospettacolo rapidamente rinnovato dalle sue fasi diverse,a bella prima divise col Sole, l'attenzione degli abitantidella Terra; ma il Sole stanca lo sguardo e gli splendoridella sua luce obbligano i contemplatori a chinare gliocchi.

La bionda Febea, all'incontro più umana, si compiacea lasciarsi vedere nella sua grazia modesta ell'è dolceall'occhio, poco ambiziosa, ma si permette talvolta diecclissare il fratello, il radiante Apollo, senza mai essereecclissata da lui. I Maomettani compresero la ricono-scenza che dovevano a questa fedele amica della Terra,e regolarono i loro mesi sopra la sua rivoluzione28.

27 Alcuni di questi asteroidi sono tanto piccoli che se ne po-trebbe fare il giro nello spazio di un sol giorno camminando alpasso di ginnastica.

28 Che si compie in ventinove giorni e mezzo circa.

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Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Inoltre fra Marte eGiove circolano regolarmente altri corpi meno conside-revoli, forse gli avanzi erranti di un astro frantumato inpiù migliaia di pezzi, dei quali fino ad oggi il telescopione ha riconosciuti ottantadue.27

Tra questi servitori che il Sole mantiene nella loro or-bita mediante la gran legge della gravitazione, alcunipossedono alla loro volta dei satelliti. Urano ne ha otto,Saturno otto, Giove quattro, Nettuno tre forse, la Terrauno: quest'ultimo, uno dei meno importanti del mondosolare, si chiama la Luna, ed è lui che il genio audacedegli Americani pretendeva conquistare.

L'astro delle notti, per la sua vicinanza relativa e lospettacolo rapidamente rinnovato dalle sue fasi diverse,a bella prima divise col Sole, l'attenzione degli abitantidella Terra; ma il Sole stanca lo sguardo e gli splendoridella sua luce obbligano i contemplatori a chinare gliocchi.

La bionda Febea, all'incontro più umana, si compiacea lasciarsi vedere nella sua grazia modesta ell'è dolceall'occhio, poco ambiziosa, ma si permette talvolta diecclissare il fratello, il radiante Apollo, senza mai essereecclissata da lui. I Maomettani compresero la ricono-scenza che dovevano a questa fedele amica della Terra,e regolarono i loro mesi sopra la sua rivoluzione28.

27 Alcuni di questi asteroidi sono tanto piccoli che se ne po-trebbe fare il giro nello spazio di un sol giorno camminando alpasso di ginnastica.

28 Che si compie in ventinove giorni e mezzo circa.

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I primi popoli professarono un culto particolare aquesta casta dea. Gli Egiziani la chiamavano Iside, i Fe-nici Astarte, i Greci l'adorarono sotto il nome di Febea,figlia di Latona e di Giove, e spiegavano le sue ecclissicolle visite misteriose di Diana al bell'Endimione. Sevuolsi prestar fede alla leggenda mitologica, il Leone diNemea percorse le campagne della Luna prima della suaapparizione sulla Terra, ed il poeta Agesiaco, citato daPlutarco, celebrò nei suoi versi i dolci occhi, il naso vez-zoso, e la bocca amabile, formati dalle parti più lumino-se dell'adorabile Selene.

Ma se gli antichi compresero bene il carattere, il tem-peramento, in una parola le qualità morali della Lunadal punto di vista mitologico, i più dotti fra essi rimase-ro ignorantissimi in selenografia.

Nullameno, parecchi astronomi dei tempi remoti sco-prirono certe particolarità, confermate oggi della scien-za. Se gli Arcadi pretesero di aver abitato la Terra inun'epoca in cui la Luna non esisteva ancora, se Simpli-cio la credette immobile ed assicurata alla volta di cri-stallo, se Tazio la considerò come un frammento stacca-to dal disco solare, se Clearco, discepolo di Aristotele,ne fece uno specchio terso nel quale riflettevansi le im-magini dell'Oceano, se altri infine non videro in essa cheun ammasso di vapori esalati dalla Terra, od un globometà fuoco, e metà ghiaccio, che girava sopra sè stesso,alcuni in virtù di sagaci esperimenti, in mancanzad'istrumenti d'ottica supposero la maggior parte delleleggi che reggono l'astro della notte.

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I primi popoli professarono un culto particolare aquesta casta dea. Gli Egiziani la chiamavano Iside, i Fe-nici Astarte, i Greci l'adorarono sotto il nome di Febea,figlia di Latona e di Giove, e spiegavano le sue ecclissicolle visite misteriose di Diana al bell'Endimione. Sevuolsi prestar fede alla leggenda mitologica, il Leone diNemea percorse le campagne della Luna prima della suaapparizione sulla Terra, ed il poeta Agesiaco, citato daPlutarco, celebrò nei suoi versi i dolci occhi, il naso vez-zoso, e la bocca amabile, formati dalle parti più lumino-se dell'adorabile Selene.

Ma se gli antichi compresero bene il carattere, il tem-peramento, in una parola le qualità morali della Lunadal punto di vista mitologico, i più dotti fra essi rimase-ro ignorantissimi in selenografia.

Nullameno, parecchi astronomi dei tempi remoti sco-prirono certe particolarità, confermate oggi della scien-za. Se gli Arcadi pretesero di aver abitato la Terra inun'epoca in cui la Luna non esisteva ancora, se Simpli-cio la credette immobile ed assicurata alla volta di cri-stallo, se Tazio la considerò come un frammento stacca-to dal disco solare, se Clearco, discepolo di Aristotele,ne fece uno specchio terso nel quale riflettevansi le im-magini dell'Oceano, se altri infine non videro in essa cheun ammasso di vapori esalati dalla Terra, od un globometà fuoco, e metà ghiaccio, che girava sopra sè stesso,alcuni in virtù di sagaci esperimenti, in mancanzad'istrumenti d'ottica supposero la maggior parte delleleggi che reggono l'astro della notte.

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Così Talete di Mileto, 460 anni avanti G. C. emise ilparere che la Luna fosse illuminata dal Sole. Aristarcodi Samo diede la vera spiegazione delle sue fasi. Cleo-mene insegnò che essa brillava di una luce riflessa. Ilcaldeo Beroso scoperse la durata del suo movimento dirivoluzione, e spiegò di tal modo il fatto che la Lunapresenta sempre la stessa faccia. Infine Ipparco due se-coli prima dell'êra cristiana, riconobbe alcune inegua-glianze del moti apparenti del satellite della Terra.

Queste diverse osservazioni si confermarono in segui-to e furono di profitto ai nuovi astronomi. Tolomeo nelsecolo secondo, l'Arabo Abul Wefa nel decimo, comple-tarono le osservazioni d'Ipparco sulle ineguaglianze chesubisce la Luna seguendo la linea ondulata nella sua or-bita sotto l'azione del sole. Poi Copernico29, nel quindi-cesimo secolo, e Tycho Brahe, nei sedicesimo, esposerocompletamente il sistema del mondo e la parte che rap-presenta la Luna nell'insieme dei corpi celesti.

A quest'epoca i suoi movimenti erano pressochè de-terminati, ma poco sapeasi della sua costituzione fisica;fu allora che Galileo spiegò i fenomeni di luce prodottiin certe fasi dall'esistenza di montagne alle quali attribuìun'altezza media di quattromila e cinquecento tese.

Dopo di lui, Hevelius, astronomo di Danzica, diminuìle maggiori altezze a duemila e seicento tese: ma il suocollega Riccioli le riportò a settemila.

29 Vedasi i Fondatori dell'Astronomia moderna, libro ammi-rabile del signor J. Bertrand dell'Istituto di Francia.

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Così Talete di Mileto, 460 anni avanti G. C. emise ilparere che la Luna fosse illuminata dal Sole. Aristarcodi Samo diede la vera spiegazione delle sue fasi. Cleo-mene insegnò che essa brillava di una luce riflessa. Ilcaldeo Beroso scoperse la durata del suo movimento dirivoluzione, e spiegò di tal modo il fatto che la Lunapresenta sempre la stessa faccia. Infine Ipparco due se-coli prima dell'êra cristiana, riconobbe alcune inegua-glianze del moti apparenti del satellite della Terra.

Queste diverse osservazioni si confermarono in segui-to e furono di profitto ai nuovi astronomi. Tolomeo nelsecolo secondo, l'Arabo Abul Wefa nel decimo, comple-tarono le osservazioni d'Ipparco sulle ineguaglianze chesubisce la Luna seguendo la linea ondulata nella sua or-bita sotto l'azione del sole. Poi Copernico29, nel quindi-cesimo secolo, e Tycho Brahe, nei sedicesimo, esposerocompletamente il sistema del mondo e la parte che rap-presenta la Luna nell'insieme dei corpi celesti.

A quest'epoca i suoi movimenti erano pressochè de-terminati, ma poco sapeasi della sua costituzione fisica;fu allora che Galileo spiegò i fenomeni di luce prodottiin certe fasi dall'esistenza di montagne alle quali attribuìun'altezza media di quattromila e cinquecento tese.

Dopo di lui, Hevelius, astronomo di Danzica, diminuìle maggiori altezze a duemila e seicento tese: ma il suocollega Riccioli le riportò a settemila.

29 Vedasi i Fondatori dell'Astronomia moderna, libro ammi-rabile del signor J. Bertrand dell'Istituto di Francia.

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Herschel, alla fine del diciottesimo secolo, armatod'un potente telescopio, diminuì d'assai le misure prece-denti. Egli diede mille e novecento tese alle montagnepiù alte, e ridusse la media delle diverse altezze a quat-trocento tese soltanto. Ma Herschel sbagliavasi ancora eci vollero le osservazioni di Schroeter, Louville, Halley,Nasmyth, Bianchini, Pastorf, Lohrman, Gruithuysen, esopratutto i pazienti studii dei signori Beer e Moedler,per risolvere definitivamente la questione. Grazie a que-sti scienziati, l'altezza delle montagne della Luna è oggiperfettamente conosciuta. I signori Beer e Moedler han-no misurato mille e novecentocinque altezze, sei dellequali sono al disopra di duemila e seicento tese, e venti-cinque al disopra di duemila e quattrocento30. La loropiù alta vetta domina di tremila e ottocento e una tesa lasuperficie del disco lunare.

Nello stesso tempo completavasi il riconoscimentodella Luna; questo astro sembrava crivellato di crateri ela sua natura essenzialmente vulcanica confermavasi adogni osservazione. Dal difetto di rifrazione dei raggi deipianeti da esso occultati, si concluse che l'atmosfera do-veva mancargli quasi assolutamente. Quest'assenzad'aria traeva seco l'assenza d'acqua. Appariva quindimanifesto che i Seleniti, per vivere in tali condizioni,dovevano avere un'organizzazione speciale, e differiresingolarmente dagli abitanti della Terra.

30 L'altezza del Monte Bianco sopra il livello del mare è dimetri 4,813.

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Herschel, alla fine del diciottesimo secolo, armatod'un potente telescopio, diminuì d'assai le misure prece-denti. Egli diede mille e novecento tese alle montagnepiù alte, e ridusse la media delle diverse altezze a quat-trocento tese soltanto. Ma Herschel sbagliavasi ancora eci vollero le osservazioni di Schroeter, Louville, Halley,Nasmyth, Bianchini, Pastorf, Lohrman, Gruithuysen, esopratutto i pazienti studii dei signori Beer e Moedler,per risolvere definitivamente la questione. Grazie a que-sti scienziati, l'altezza delle montagne della Luna è oggiperfettamente conosciuta. I signori Beer e Moedler han-no misurato mille e novecentocinque altezze, sei dellequali sono al disopra di duemila e seicento tese, e venti-cinque al disopra di duemila e quattrocento30. La loropiù alta vetta domina di tremila e ottocento e una tesa lasuperficie del disco lunare.

Nello stesso tempo completavasi il riconoscimentodella Luna; questo astro sembrava crivellato di crateri ela sua natura essenzialmente vulcanica confermavasi adogni osservazione. Dal difetto di rifrazione dei raggi deipianeti da esso occultati, si concluse che l'atmosfera do-veva mancargli quasi assolutamente. Quest'assenzad'aria traeva seco l'assenza d'acqua. Appariva quindimanifesto che i Seleniti, per vivere in tali condizioni,dovevano avere un'organizzazione speciale, e differiresingolarmente dagli abitanti della Terra.

30 L'altezza del Monte Bianco sopra il livello del mare è dimetri 4,813.

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Infine, mercè nuovi metodi, gl'istrumenti più perfe-zionati esaminarono la Luna senza tregua, non lasciandoinesplorato un solo punto della sua faccia; eppure il suodiametro è di duemila centocinquanta miglia31 la sua su-perficie è la tredicesima parte della superficie del glo-bo32, il suo volume la quarantanovesima parte del volu-me dello sferoide terrestre! Ma nessuno dei suoi segretipoteva sfuggire all'occhio degli astronomi, e questi abiliscienziati portarono più lungi le loro prodigiose scoper-te.

E però osservarono che, durante il plenilunio, il discoappariva in certe parti rigato di linee bianche, e durantele fasi rigato di linee nere. Studiando con maggior preci-sione, giunsero a rendersi conto esatto della natura diqueste linee. Erano solchi lunghi e stretti, scavati tra orliparalleli, che generalmente mettevano capo ai contornidi un cratere; avevano una lunghezza compresa fra diecie cento miglia, ed una larghezza di ottocento tese. Gliastronomi le chiamarono scanalature, ma tutto ciò cheessi seppero fare fu chiamarle così. Quanto alla questio-ne di sapere se tali scanalature fossero letti disseccati diantichi fiumi, o no, non poterono risolverla in modocompleto. Laonde gli Americani speravano di poter bendeterminare, un giorno o l'altro, questo fatto geologico.Essi riserbavansi parimente di riconoscere quella seriedi bastioni paralleli scoperti alla superficie della Luna

31 Poco più del quarto del raggio terrestre.32 Trentotto milioni di chilometri quadrati.

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Infine, mercè nuovi metodi, gl'istrumenti più perfe-zionati esaminarono la Luna senza tregua, non lasciandoinesplorato un solo punto della sua faccia; eppure il suodiametro è di duemila centocinquanta miglia31 la sua su-perficie è la tredicesima parte della superficie del glo-bo32, il suo volume la quarantanovesima parte del volu-me dello sferoide terrestre! Ma nessuno dei suoi segretipoteva sfuggire all'occhio degli astronomi, e questi abiliscienziati portarono più lungi le loro prodigiose scoper-te.

E però osservarono che, durante il plenilunio, il discoappariva in certe parti rigato di linee bianche, e durantele fasi rigato di linee nere. Studiando con maggior preci-sione, giunsero a rendersi conto esatto della natura diqueste linee. Erano solchi lunghi e stretti, scavati tra orliparalleli, che generalmente mettevano capo ai contornidi un cratere; avevano una lunghezza compresa fra diecie cento miglia, ed una larghezza di ottocento tese. Gliastronomi le chiamarono scanalature, ma tutto ciò cheessi seppero fare fu chiamarle così. Quanto alla questio-ne di sapere se tali scanalature fossero letti disseccati diantichi fiumi, o no, non poterono risolverla in modocompleto. Laonde gli Americani speravano di poter bendeterminare, un giorno o l'altro, questo fatto geologico.Essi riserbavansi parimente di riconoscere quella seriedi bastioni paralleli scoperti alla superficie della Luna

31 Poco più del quarto del raggio terrestre.32 Trentotto milioni di chilometri quadrati.

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Page 52: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

da Gruithuysen dotto professore, di Monaco, che la con-siderò come un sistema di fortificazioni innalzate dagliingegneri seleniti. Questi due punti, non potevano esseredefinitivamente chiariti se non dopo una comunicazionediretta con la Luna.

Quanto all'intensità della sua luce, non eravi più nullada apprendere in proposito: sapevasi che è trecentomilavolte più debole di quella del Sole, e che il suo calorenon ha azione apprezzabile pei termometri; quanto al fe-nomeno conosciuto sotto il nome di luce cinerea, lo sispiega naturalmente coll'effetto dei raggi del Sole ri-mandati dalla Terra alla Luna, e che pare completino ildisco solare quando questo si presenta sotto la formad'una falce nella sua prima ed ultima fase.

A tal punto erano le cognizioni acquistate sul satellitedella Terra, e che il Gun Club si proponeva di completa-re sotto i punti di vista cosmografici, geologici, politicie morali.

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da Gruithuysen dotto professore, di Monaco, che la con-siderò come un sistema di fortificazioni innalzate dagliingegneri seleniti. Questi due punti, non potevano esseredefinitivamente chiariti se non dopo una comunicazionediretta con la Luna.

Quanto all'intensità della sua luce, non eravi più nullada apprendere in proposito: sapevasi che è trecentomilavolte più debole di quella del Sole, e che il suo calorenon ha azione apprezzabile pei termometri; quanto al fe-nomeno conosciuto sotto il nome di luce cinerea, lo sispiega naturalmente coll'effetto dei raggi del Sole ri-mandati dalla Terra alla Luna, e che pare completino ildisco solare quando questo si presenta sotto la formad'una falce nella sua prima ed ultima fase.

A tal punto erano le cognizioni acquistate sul satellitedella Terra, e che il Gun Club si proponeva di completa-re sotto i punti di vista cosmografici, geologici, politicie morali.

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CAPITOLO VI.Ciò che non è più possibile d'ignorare e ciò

che non è più permesso di credere negliStati Uniti.

La proposta di Barbicane aveva avuto per esito imme-diato di riporre all'ordine del giorno tutti i fatti astrono-mici relativi all'astro delle notti. Ognuno si pose a stu-diarlo assiduamente. Pareva che la Luna apparisse per laprima volta sull'orizzonte e che nessuno l'avesse peran-co veduta nel cielo. Diventò di moda: fu la lionne delgiorno senza per questo parere meno modesta, e pigliòposto tra le «stelle» senza dar a divedere maggior orgo-glio. I giornali ravvivarono i vecchi aneddoti nei qualiquesto «Sole dei lupi» rappresentava una parte: essi ri-cordarono le influenze attribuitegli dall'ignoranza dellaprima età; le cantarono su tutti i toni; poco mancò noncitassero i suoi motti spiritosi; l'America intera fu coltada selenomania.

Da parte loro, le riviste scientifiche trattarono piùspecialmente le quistioni che si riferivano all'impresadel Gun-Club. La lettera dell'Osservatorio di Cambridgefu da esse pubblicata, commentata ed approvata senza

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CAPITOLO VI.Ciò che non è più possibile d'ignorare e ciò

che non è più permesso di credere negliStati Uniti.

La proposta di Barbicane aveva avuto per esito imme-diato di riporre all'ordine del giorno tutti i fatti astrono-mici relativi all'astro delle notti. Ognuno si pose a stu-diarlo assiduamente. Pareva che la Luna apparisse per laprima volta sull'orizzonte e che nessuno l'avesse peran-co veduta nel cielo. Diventò di moda: fu la lionne delgiorno senza per questo parere meno modesta, e pigliòposto tra le «stelle» senza dar a divedere maggior orgo-glio. I giornali ravvivarono i vecchi aneddoti nei qualiquesto «Sole dei lupi» rappresentava una parte: essi ri-cordarono le influenze attribuitegli dall'ignoranza dellaprima età; le cantarono su tutti i toni; poco mancò noncitassero i suoi motti spiritosi; l'America intera fu coltada selenomania.

Da parte loro, le riviste scientifiche trattarono piùspecialmente le quistioni che si riferivano all'impresadel Gun-Club. La lettera dell'Osservatorio di Cambridgefu da esse pubblicata, commentata ed approvata senza

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riserva.Alle corte, non fu più permesso, neppure al meno let-

terato degli Yankees, d'ignorare uno solo dei fatti relati-vi al satellite, nè alla più idiota delle vecchie mistress diammettere ancora superstiziosi errori sul suo conto. Lascienza loro giuocava sotto tutte le forme; essa penetra-va loro dagli occhi e dalle orecchie; era impossibile es-sere un asino.... in astronomia.

Fino allora molti ignoravano in qual modo si fossepotuto calcolare la distanza che separa la Luna dallaTerra. Ci fu chi profittò della circostanza per apprendereloro che tale distanza ottenevasi colla misura della para-lasse della Luna. Se pareva che la parola paralasse lisorprendesse, ei diceva loro che è l'angolo formato dadue linee rette condotte da ciascuna estremità del raggioterrestre fino alla Luna. Se dubitavano della perfezionedi questo metodo, provava loro immediatamente chenon solo questa distanza media era di dugentotrenta-quattro mila e trecentoquarantasette miglia (94,330 le-ghe), ma inoltre che gli astronomi non si sbagliavano disettanta miglia (30 leghe).

A coloro che non erano dimesticati coi movimentidella Luna, i giornali dimostravano quotidianamente cheessa possiede due movimenti distinti: il primo detto dirotazione sopra un asse, il secondo detto di rivoluzioneintorno alla Terra, che si compiono entrambi in un tem-po uguale, cioè ventisette giorni ed un terzo33.

33 È la durata della rivoluzione siderale, cioè il tempo impie-

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riserva.Alle corte, non fu più permesso, neppure al meno let-

terato degli Yankees, d'ignorare uno solo dei fatti relati-vi al satellite, nè alla più idiota delle vecchie mistress diammettere ancora superstiziosi errori sul suo conto. Lascienza loro giuocava sotto tutte le forme; essa penetra-va loro dagli occhi e dalle orecchie; era impossibile es-sere un asino.... in astronomia.

Fino allora molti ignoravano in qual modo si fossepotuto calcolare la distanza che separa la Luna dallaTerra. Ci fu chi profittò della circostanza per apprendereloro che tale distanza ottenevasi colla misura della para-lasse della Luna. Se pareva che la parola paralasse lisorprendesse, ei diceva loro che è l'angolo formato dadue linee rette condotte da ciascuna estremità del raggioterrestre fino alla Luna. Se dubitavano della perfezionedi questo metodo, provava loro immediatamente chenon solo questa distanza media era di dugentotrenta-quattro mila e trecentoquarantasette miglia (94,330 le-ghe), ma inoltre che gli astronomi non si sbagliavano disettanta miglia (30 leghe).

A coloro che non erano dimesticati coi movimentidella Luna, i giornali dimostravano quotidianamente cheessa possiede due movimenti distinti: il primo detto dirotazione sopra un asse, il secondo detto di rivoluzioneintorno alla Terra, che si compiono entrambi in un tem-po uguale, cioè ventisette giorni ed un terzo33.

33 È la durata della rivoluzione siderale, cioè il tempo impie-

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Il movimento di rotazione è quello che crea il giornoe la notte sulla superficie della Luna; v'ha soltanto ungiorno, v'ha soltanto una notte ogni mese lunare, e dura-no ciascuno trecentocinquantaquattro ore ed un terzo.Ma, per buona ventura, la faccia rivolta verso il globoterrestre è da lui illuminata con una intensità uguale allaluce di quattordici lune. Quanto all'altra faccia sempreinvisibile, ha naturalmente trecentocinquantaquattro oredi una notte assoluta, temperata soltanto dalla «pallidaluce che cade dalle stelle». Questo fenomeno è dovutounicamente alla particolarità, che i movimenti di rota-zione e di rivoluzione si compiono in un tempo rigoro-samente eguale, fenomeno comune, secondo Cassini edHerschel, ai satelliti di Giove, e molto probabilmente atutti gli altri satelliti.

Alcuni animi ben disposti, ma un po' restii, non com-prendevano a prima giunta che, se la Luna mostrava in-variabilmente la stessa faccia alla Terra durante la rivo-luzione, gli è che nello stesso spazio di tempo facea ungiro sopra sè stessa. A costoro dicevasi: – «Andate nellavostra sala da pranzo, e girate intorno alla tavola inmodo da guardarne sempre il centro: quando la passeg-giata circolare sarà finita, avrete fatto un giro sopra voistesso perchè il vostro occhio avrà percorso successiva-mente tutti i punti della sala. Ebbene! la sala è il cielo, latavola è la Terra, e la Luna siete voi!» – E se ne andava-no soddisfatti del paragone.

gato dalla Luna per far ritorno ad una data stella.

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Il movimento di rotazione è quello che crea il giornoe la notte sulla superficie della Luna; v'ha soltanto ungiorno, v'ha soltanto una notte ogni mese lunare, e dura-no ciascuno trecentocinquantaquattro ore ed un terzo.Ma, per buona ventura, la faccia rivolta verso il globoterrestre è da lui illuminata con una intensità uguale allaluce di quattordici lune. Quanto all'altra faccia sempreinvisibile, ha naturalmente trecentocinquantaquattro oredi una notte assoluta, temperata soltanto dalla «pallidaluce che cade dalle stelle». Questo fenomeno è dovutounicamente alla particolarità, che i movimenti di rota-zione e di rivoluzione si compiono in un tempo rigoro-samente eguale, fenomeno comune, secondo Cassini edHerschel, ai satelliti di Giove, e molto probabilmente atutti gli altri satelliti.

Alcuni animi ben disposti, ma un po' restii, non com-prendevano a prima giunta che, se la Luna mostrava in-variabilmente la stessa faccia alla Terra durante la rivo-luzione, gli è che nello stesso spazio di tempo facea ungiro sopra sè stessa. A costoro dicevasi: – «Andate nellavostra sala da pranzo, e girate intorno alla tavola inmodo da guardarne sempre il centro: quando la passeg-giata circolare sarà finita, avrete fatto un giro sopra voistesso perchè il vostro occhio avrà percorso successiva-mente tutti i punti della sala. Ebbene! la sala è il cielo, latavola è la Terra, e la Luna siete voi!» – E se ne andava-no soddisfatti del paragone.

gato dalla Luna per far ritorno ad una data stella.

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Così dunque la Luna mostra di continuo la stessa fac-cia alla Terra; tuttavia, per essere esatti, vuolsi aggiun-gere che, per effetto di un certo ondeggiamento dal nordal sud e dall'ovest all'est, chiamato «librazione» essa la-scia scorgere un poco più della metà del suo disco, cioèi cinquantasette centesimi circa.

Allorchè gl'ignoranti ne sapevano quanto il direttoredell'Osservatorio di Cambridge sul movimento di rota-zione della Luna, essi davansi molto pensiero del suomoto di rivoluzione intorno alla Terra, e venti Rivistescientifiche eransi data la briga di istruirli. Questi talivenivano allora a conoscere che il firmamento, colla suainfinità di stelle, può essere considerato come un vastoquadrante sul quale la Luna viaggia indicando l'ora veraa tutti gli abitanti della Terra; essere in questo movimen-to che l'astro delle notti presenta le sue diverse fasi; chela Luna è piena quando è in opposizione col Sole, cioèallora che i tre astri sono sulla stessa linea colla Terranel mezzo; che la Luna è nuova quand'è in congiunzionecol sole, cioè quando trovasi fra esso e la Terra: infineche la Luna è nel primo o nell'ultimo quarto quando facol Sole e colla Terra un angolo retto, di cui essa occupail vertice.

Alcuni Yankees perspicaci ne facevano derivare laconseguenza che le ecclissi non potevano aver luogo senon nelle epoche di congiunzione ed opposizione; e ra-gionavano bene. In congiunzione la Luna può eclissareil Sole, mentre in opposizione è la Terra che può eclis-sarla alla sua volta, e se codeste eclissi non accadono

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Così dunque la Luna mostra di continuo la stessa fac-cia alla Terra; tuttavia, per essere esatti, vuolsi aggiun-gere che, per effetto di un certo ondeggiamento dal nordal sud e dall'ovest all'est, chiamato «librazione» essa la-scia scorgere un poco più della metà del suo disco, cioèi cinquantasette centesimi circa.

Allorchè gl'ignoranti ne sapevano quanto il direttoredell'Osservatorio di Cambridge sul movimento di rota-zione della Luna, essi davansi molto pensiero del suomoto di rivoluzione intorno alla Terra, e venti Rivistescientifiche eransi data la briga di istruirli. Questi talivenivano allora a conoscere che il firmamento, colla suainfinità di stelle, può essere considerato come un vastoquadrante sul quale la Luna viaggia indicando l'ora veraa tutti gli abitanti della Terra; essere in questo movimen-to che l'astro delle notti presenta le sue diverse fasi; chela Luna è piena quando è in opposizione col Sole, cioèallora che i tre astri sono sulla stessa linea colla Terranel mezzo; che la Luna è nuova quand'è in congiunzionecol sole, cioè quando trovasi fra esso e la Terra: infineche la Luna è nel primo o nell'ultimo quarto quando facol Sole e colla Terra un angolo retto, di cui essa occupail vertice.

Alcuni Yankees perspicaci ne facevano derivare laconseguenza che le ecclissi non potevano aver luogo senon nelle epoche di congiunzione ed opposizione; e ra-gionavano bene. In congiunzione la Luna può eclissareil Sole, mentre in opposizione è la Terra che può eclis-sarla alla sua volta, e se codeste eclissi non accadono

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due volte ogni periodo lunare gli è perchè il piano, se-condo il quale si muove la Luna, è inclinato sull'eclitti-ca; in altri termini, sul piano secondo il quale movesi laTerra.

Quanto all'altezza che l'astro delle notti può raggiun-gere al disopra dell'orizzonte, la lettera dell'Osservatoriodi Cambridge aveva detto tutto su questo riguardo.Ognuno sapeva che tale altezza varia secondo la latitu-dine del luogo d'onde la si osserva. Ma le zone del globoper le quali la Luna passa allo zenit, ciò viene a porsi di-rettamente al disopra della testa dei suoi contemplatori,sono necessariamente comprese tra il ventottesimo pa-rallelo e l'equatore. Da ciò la raccomandazione impor-tante di tentare l'esperimento sovra un punto qualunquedi questa parte del globo, affinchè il proiettile potesseessere lanciato perpendicolarmente e sfuggire così piùpresto all'azione di gravità. Era questa una condizioneessenziale pel buon esito dell'impresa, nè la pubblicaopinione tralasciava di preoccuparsene vivamente.

Quanto alla linea seguita dalla Luna nella sua rivolu-zione intorno alla Terra, l'Osservatorio di Cambridgeaveva reso noto bastantemente, anche agli ignoranti ditutti i paesi, che questa linea è una curva rientrante, nongià un circolo, ma un'elisse, un foco della quale è occu-pato dalla Terra. Tali orbite elittiche sono comuni a tuttii pianeti, del pari che a tutti i satelliti, e la meccanica ra-zionale prova rigorosamente che non potrebbe essere al-trimenti. Era ben inteso che la Luna nel suo apogeo sitrovasse più lontana dalla Terra, e più vicina nel perigeo.

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due volte ogni periodo lunare gli è perchè il piano, se-condo il quale si muove la Luna, è inclinato sull'eclitti-ca; in altri termini, sul piano secondo il quale movesi laTerra.

Quanto all'altezza che l'astro delle notti può raggiun-gere al disopra dell'orizzonte, la lettera dell'Osservatoriodi Cambridge aveva detto tutto su questo riguardo.Ognuno sapeva che tale altezza varia secondo la latitu-dine del luogo d'onde la si osserva. Ma le zone del globoper le quali la Luna passa allo zenit, ciò viene a porsi di-rettamente al disopra della testa dei suoi contemplatori,sono necessariamente comprese tra il ventottesimo pa-rallelo e l'equatore. Da ciò la raccomandazione impor-tante di tentare l'esperimento sovra un punto qualunquedi questa parte del globo, affinchè il proiettile potesseessere lanciato perpendicolarmente e sfuggire così piùpresto all'azione di gravità. Era questa una condizioneessenziale pel buon esito dell'impresa, nè la pubblicaopinione tralasciava di preoccuparsene vivamente.

Quanto alla linea seguita dalla Luna nella sua rivolu-zione intorno alla Terra, l'Osservatorio di Cambridgeaveva reso noto bastantemente, anche agli ignoranti ditutti i paesi, che questa linea è una curva rientrante, nongià un circolo, ma un'elisse, un foco della quale è occu-pato dalla Terra. Tali orbite elittiche sono comuni a tuttii pianeti, del pari che a tutti i satelliti, e la meccanica ra-zionale prova rigorosamente che non potrebbe essere al-trimenti. Era ben inteso che la Luna nel suo apogeo sitrovasse più lontana dalla Terra, e più vicina nel perigeo.

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Ecco dunque ciò che, volere o non volere, sapevaogni Americano, ciò che a nessuno era lecito ignorare.Ma se questi veri principî si volgarizzarono rapidamen-te, molti errori, certi timori illusorî furono meno facili asradicare.

Così, alcune buone persone, per esempio, sosteneva-no che la Luna fosse un'antica cometa, la quale, percor-rendo la sua orbita allungata intorno al Sole, passò, vici-no alla Terra e si trovò trattenuta nel suo circolo d'attra-zione. Codesti astronomi da salotto pretendevano spie-gare così l'aspetto rossiccio della Luna: sventura irrepa-rabile che essi rimproveravano all'astro raggiante. Sol-tanto, quando facevasi loro osservare che le comete han-no un'atmosfera e che la Luna ne ha poca o non affatto,essi rimanevano imbarazzati nel rispondere.

Altri, appartenenti alla schiatta dei paurosi, manife-stavano certi timori riguardo alla Luna, Avevano intesodire che, in seguito alle osservazioni fatte al tempo de'Califfi, il suo moto di rivoluzione si accelerava in unacerta misura: e ne concludevano, peraltro con molta lo-gica, che ad un acceleramento di moto dovesse corri-spondere una diminuzione nella distanza dei due astri, eche prolungandosi all'infinito questo doppio effetto, laLuna finirebbe un giorno per cadere sulla Terra. Nulla-dimeno dovettero rinfrancarsi e cessar di temere per legenerazioni future, quando si apprese loro che, secondoi calcoli, di Laplace, illustre matematico francese, que-sto acceleramento di moto si racchiude in limiti ristret-tissimi e che una diminuzione proporzionale non tarderà

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Ecco dunque ciò che, volere o non volere, sapevaogni Americano, ciò che a nessuno era lecito ignorare.Ma se questi veri principî si volgarizzarono rapidamen-te, molti errori, certi timori illusorî furono meno facili asradicare.

Così, alcune buone persone, per esempio, sosteneva-no che la Luna fosse un'antica cometa, la quale, percor-rendo la sua orbita allungata intorno al Sole, passò, vici-no alla Terra e si trovò trattenuta nel suo circolo d'attra-zione. Codesti astronomi da salotto pretendevano spie-gare così l'aspetto rossiccio della Luna: sventura irrepa-rabile che essi rimproveravano all'astro raggiante. Sol-tanto, quando facevasi loro osservare che le comete han-no un'atmosfera e che la Luna ne ha poca o non affatto,essi rimanevano imbarazzati nel rispondere.

Altri, appartenenti alla schiatta dei paurosi, manife-stavano certi timori riguardo alla Luna, Avevano intesodire che, in seguito alle osservazioni fatte al tempo de'Califfi, il suo moto di rivoluzione si accelerava in unacerta misura: e ne concludevano, peraltro con molta lo-gica, che ad un acceleramento di moto dovesse corri-spondere una diminuzione nella distanza dei due astri, eche prolungandosi all'infinito questo doppio effetto, laLuna finirebbe un giorno per cadere sulla Terra. Nulla-dimeno dovettero rinfrancarsi e cessar di temere per legenerazioni future, quando si apprese loro che, secondoi calcoli, di Laplace, illustre matematico francese, que-sto acceleramento di moto si racchiude in limiti ristret-tissimi e che una diminuzione proporzionale non tarderà

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a succedervi. Laonde l'equilibrio del mondo solare nonpoteva essere turbato nei secoli futuri.

Rimaneva in ultimo luogo la classe superstiziosadegl'ignoranti: costoro non si contentavano d'ignorareciò che è; essi sanno ciò che non è, e a proposito dellaLuna la sanno lunga. Taluni consideravano il loro discocome un terso specchio, col mezzo del quale era possi-bile vedersi dai diversi punti della Terra e comunicarsiscambievolmente i propri pensieri. Gli altri pretendeva-no che sopra mille Lune nuove osservate, novecentocinquanta avessero dato occasione a notevoli turbamentisopra la terra: quali sarebbero cataclismi, rivoluzioni,terremoti, innondazioni, ecc.; essi credevano dunqueall'influenza misteriosa dell'astro della notte sugli umanidestini; lo ritenevano come il «vero contrappeso»dell'esistenza; pensavano che ogni selenite era unito aciascun abitante della Terra da un legame simpatico; coldottor Mead sostenevano che il sistema vitale gli è inte-ramente sottomesso; pretendendo, senza cedere di unpunto, che i bambini nascono specialmente durante laLuna nuova e le bambine durante l'ultimo quarto, ecc.ecc.; ma infine si dovette rinunziare a questi volgari er-rori, ritornare alla sola verità, e se la Luna, spoglia dellasua influenza, perdette tutti i poteri sull'animo di certicortigiani, se alcuni le voltarono le spalle, la grandemaggioranza si pronunziò per lei. Quanto agli Yankees,più non ebbero altra ambizione che di pigliare possessodi questo nuovo continente degli spazi, e d'inalberaresulla sua più alta vetta la bandiera stellata degli Stati

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a succedervi. Laonde l'equilibrio del mondo solare nonpoteva essere turbato nei secoli futuri.

Rimaneva in ultimo luogo la classe superstiziosadegl'ignoranti: costoro non si contentavano d'ignorareciò che è; essi sanno ciò che non è, e a proposito dellaLuna la sanno lunga. Taluni consideravano il loro discocome un terso specchio, col mezzo del quale era possi-bile vedersi dai diversi punti della Terra e comunicarsiscambievolmente i propri pensieri. Gli altri pretendeva-no che sopra mille Lune nuove osservate, novecentocinquanta avessero dato occasione a notevoli turbamentisopra la terra: quali sarebbero cataclismi, rivoluzioni,terremoti, innondazioni, ecc.; essi credevano dunqueall'influenza misteriosa dell'astro della notte sugli umanidestini; lo ritenevano come il «vero contrappeso»dell'esistenza; pensavano che ogni selenite era unito aciascun abitante della Terra da un legame simpatico; coldottor Mead sostenevano che il sistema vitale gli è inte-ramente sottomesso; pretendendo, senza cedere di unpunto, che i bambini nascono specialmente durante laLuna nuova e le bambine durante l'ultimo quarto, ecc.ecc.; ma infine si dovette rinunziare a questi volgari er-rori, ritornare alla sola verità, e se la Luna, spoglia dellasua influenza, perdette tutti i poteri sull'animo di certicortigiani, se alcuni le voltarono le spalle, la grandemaggioranza si pronunziò per lei. Quanto agli Yankees,più non ebbero altra ambizione che di pigliare possessodi questo nuovo continente degli spazi, e d'inalberaresulla sua più alta vetta la bandiera stellata degli Stati

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Uniti d'America.

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Uniti d'America.

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CAPITOLO VII.L'inno della palla da cannone.

L'Osservatorio di Cambridge aveva trattato, nella suamemorabile lettera del 7 ottobre, la questione dal puntodi vista astronomico; facea mestieri ormai risolverlameccanicamente. Sotto tale aspetto, le difficoltà pratichesarebbero state per sè insuperabili in qualsiasi altro pae-se all'infuori dell'America: quivi fu un puro gioco.

Senza perder tempo, il presidente Barbicane avevanominato in seno al Gun Club un Comitato d'esecuzio-ne. Questo Comitato doveva in tre sedute chiarire le tregrandi quistioni del cannone, del projettile e delle polve-ri. Fu composto di quattro membri espertissimi, dottissi-mi in materia. Barbicane, con voto preponderante incaso di disperare34, il generale Morgan, il maggiore El-phiston, ed infine l'inevitabile J. T. Maston, a cui furonoaffidate le funzioni di segretario relatore.

Il giorno 8 ottobre, il Comitato si radunò dal presi-dente Barbicane, Republican-Street, n. 3. Siccome eraimportante che lo stomaco non venisse a turbare colle

34 In originale: “avec voix prépondérante en cas de partage”.[Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

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CAPITOLO VII.L'inno della palla da cannone.

L'Osservatorio di Cambridge aveva trattato, nella suamemorabile lettera del 7 ottobre, la questione dal puntodi vista astronomico; facea mestieri ormai risolverlameccanicamente. Sotto tale aspetto, le difficoltà pratichesarebbero state per sè insuperabili in qualsiasi altro pae-se all'infuori dell'America: quivi fu un puro gioco.

Senza perder tempo, il presidente Barbicane avevanominato in seno al Gun Club un Comitato d'esecuzio-ne. Questo Comitato doveva in tre sedute chiarire le tregrandi quistioni del cannone, del projettile e delle polve-ri. Fu composto di quattro membri espertissimi, dottissi-mi in materia. Barbicane, con voto preponderante incaso di disperare34, il generale Morgan, il maggiore El-phiston, ed infine l'inevitabile J. T. Maston, a cui furonoaffidate le funzioni di segretario relatore.

Il giorno 8 ottobre, il Comitato si radunò dal presi-dente Barbicane, Republican-Street, n. 3. Siccome eraimportante che lo stomaco non venisse a turbare colle

34 In originale: “avec voix prépondérante en cas de partage”.[Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

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sue grida così seria discussione, i quattro membri delGun-Club presero posto ad una tavola coperta di sand-wiches e di cocome di tè considerevoli. Tosto J. T. Ma-ston assicurò la penna al suo appiccagnolo di ferro, e laseduta cominciò

Barbicane prese la parola:«Miei cari colleghi, diss'egli noi dobbiamo risolvere

uno dei più importanti problemi della balistica, la scien-za per eccellenza del moto dei proiettili, cioè dei corpilanciati nello spazio da una forza d'impulso qualsiasi,poi abbandonati a sè stessi.

— Oh! la balistica, la balistica! esclamò J. T. Mastoncon voce commossa.

— Sarebbe assai parso più logico, riprese Barbicane,di consacrare questa prima seduta alla discussione sullamacchina da lanciare.

— Certo, rispose il generale Morgan.— Tuttavia, riprese Barbicane, dopo mature riflessio-

ni mi è sembrato che la questione del projettile debbaavere la preminenza su quella del cannone, e che le di-mensioni di questo debbano dipendere dalle dimensionidi quello.

— Domando la parola! esclamò J. T. Maston.La parola gli fu accordata con quella deferenza che

meritavasi il suo magnifico passato.«Bravi amici, diss'egli con voce ispirata, il nostro pre-

sidente ha ragione di attribuire l'importanza maggiorealla questione del projettile! Questa palla che noi stiamoper lanciare nella Luna è il nostro messaggero, il nostro

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sue grida così seria discussione, i quattro membri delGun-Club presero posto ad una tavola coperta di sand-wiches e di cocome di tè considerevoli. Tosto J. T. Ma-ston assicurò la penna al suo appiccagnolo di ferro, e laseduta cominciò

Barbicane prese la parola:«Miei cari colleghi, diss'egli noi dobbiamo risolvere

uno dei più importanti problemi della balistica, la scien-za per eccellenza del moto dei proiettili, cioè dei corpilanciati nello spazio da una forza d'impulso qualsiasi,poi abbandonati a sè stessi.

— Oh! la balistica, la balistica! esclamò J. T. Mastoncon voce commossa.

— Sarebbe assai parso più logico, riprese Barbicane,di consacrare questa prima seduta alla discussione sullamacchina da lanciare.

— Certo, rispose il generale Morgan.— Tuttavia, riprese Barbicane, dopo mature riflessio-

ni mi è sembrato che la questione del projettile debbaavere la preminenza su quella del cannone, e che le di-mensioni di questo debbano dipendere dalle dimensionidi quello.

— Domando la parola! esclamò J. T. Maston.La parola gli fu accordata con quella deferenza che

meritavasi il suo magnifico passato.«Bravi amici, diss'egli con voce ispirata, il nostro pre-

sidente ha ragione di attribuire l'importanza maggiorealla questione del projettile! Questa palla che noi stiamoper lanciare nella Luna è il nostro messaggero, il nostro

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ambasciatore e vi chiedo licenza di considerarlo da unpunto di vista puramente morale.»

Questo modo nuovo di ragionare d'un projettile punseal vivo la curiosità dei membri del Comitato; essi rivol-sero quindi la più viva attenzione alle parole di J. T. Ma-ston.

«Miei cari colleghi, ripigliò quest'ultimo, io sarò bre-ve; lascerò da parte la palla fisica, la palla che uccide,per non considerare che la palla matematica, la pallamorale. La palla è per me la più brillante manifestazionedell'umana potenza; è in essa che le nostre facoltà siriassumono tutte quante, si fu nel crearla che l'uomo siavvicinò meglio al creatore!

— Benissimo; disse il maggiore Elphiston.— Infatti, esclamò l'oratore, se Dio ha fatto le stelle

ed i pianeti, l'uomo ha fatto la palla, questo criterio divelocità terrestre, questo simulacro degli astri erranti perlo spazio, i quali non sono, per dire il vero che proiettili!A Dio la velocità dell'elettricità, la velocità della luce, lavelocità delle stelle, la velocità dei pianeti, la velocitàdei satelliti, la velocità del suono, la velocità del vento;ma a noi la velocità della palla, cento volte superiorealla rapidità dei convogli ferroviarii e dei cavalli più ra-pidi!»

J. T. Maston era fuor di sè dalla gioia; la sua voce pi-gliava inflessioni liriche nel cantare il suo inno alla pallada cannone.

«Volete delle cifre? egli riprese, eccone di eloquentiassai. Pigliate semplicemente la modesta palla da canno-

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ambasciatore e vi chiedo licenza di considerarlo da unpunto di vista puramente morale.»

Questo modo nuovo di ragionare d'un projettile punseal vivo la curiosità dei membri del Comitato; essi rivol-sero quindi la più viva attenzione alle parole di J. T. Ma-ston.

«Miei cari colleghi, ripigliò quest'ultimo, io sarò bre-ve; lascerò da parte la palla fisica, la palla che uccide,per non considerare che la palla matematica, la pallamorale. La palla è per me la più brillante manifestazionedell'umana potenza; è in essa che le nostre facoltà siriassumono tutte quante, si fu nel crearla che l'uomo siavvicinò meglio al creatore!

— Benissimo; disse il maggiore Elphiston.— Infatti, esclamò l'oratore, se Dio ha fatto le stelle

ed i pianeti, l'uomo ha fatto la palla, questo criterio divelocità terrestre, questo simulacro degli astri erranti perlo spazio, i quali non sono, per dire il vero che proiettili!A Dio la velocità dell'elettricità, la velocità della luce, lavelocità delle stelle, la velocità dei pianeti, la velocitàdei satelliti, la velocità del suono, la velocità del vento;ma a noi la velocità della palla, cento volte superiorealla rapidità dei convogli ferroviarii e dei cavalli più ra-pidi!»

J. T. Maston era fuor di sè dalla gioia; la sua voce pi-gliava inflessioni liriche nel cantare il suo inno alla pallada cannone.

«Volete delle cifre? egli riprese, eccone di eloquentiassai. Pigliate semplicemente la modesta palla da canno-

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ne da ventiquattro35: se corre ottocentomila volte menovelocemente dell'elettricità, seicentoquarantamila menodelle luce, settantasei meno della Terra nel suo moto ditranslazione intorno al Sole, essa all'uscire dal cannonesupera peraltro la velocità del suono36, fa duecento teseal secondo, duemila tese in dieci secondi, quattordicimiglia al minuto (6 leghe), ottocento quaranta migliaall'ora (360 leghe) ventimila e centosettanta miglia algiorno, cioè la velocità dei gradi dell'equatore nel movi-mento di rotazione del globo, sette milioni e trecento-trentaseimila e cinquecento miglia all'anno (3,155,760leghe). Una palla impiegherebbe undici giorni per anda-re alla Luna, dodici anni per giungere al Sole, trecento-sessant'anni per raggiungere Nettuno ai confini del mon-do solare. Ecco ciò che farebbe questa modesta palla dacannone, l'opera delle nostre mani! Che sarà dunque al-lorchè, centuplicando tal velocità, noi lanceremo conuna rapidità di sette miglia al secondo! Ah! palla super-ba! splendido projettile! Mi riesce grato il pensare chesarai ricevuta lassù cogli onori dovuti ad un ambasciato-re terrestre!»

La gonfia perorazione fu accolta da applausi, e J. T.Maston, commosso sedette fra i complimenti dei suoicolleghi.

«Ed ora, disse Barbicane, che abbiamo fatta larga par-te alla poesia, entriamo direttamente nella questione.

35 Cioè peso di ventiquattro libbre.36 Di modo che, quando si è udita la detonazione, non si può

più essere colpiti dalla palla.

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ne da ventiquattro35: se corre ottocentomila volte menovelocemente dell'elettricità, seicentoquarantamila menodelle luce, settantasei meno della Terra nel suo moto ditranslazione intorno al Sole, essa all'uscire dal cannonesupera peraltro la velocità del suono36, fa duecento teseal secondo, duemila tese in dieci secondi, quattordicimiglia al minuto (6 leghe), ottocento quaranta migliaall'ora (360 leghe) ventimila e centosettanta miglia algiorno, cioè la velocità dei gradi dell'equatore nel movi-mento di rotazione del globo, sette milioni e trecento-trentaseimila e cinquecento miglia all'anno (3,155,760leghe). Una palla impiegherebbe undici giorni per anda-re alla Luna, dodici anni per giungere al Sole, trecento-sessant'anni per raggiungere Nettuno ai confini del mon-do solare. Ecco ciò che farebbe questa modesta palla dacannone, l'opera delle nostre mani! Che sarà dunque al-lorchè, centuplicando tal velocità, noi lanceremo conuna rapidità di sette miglia al secondo! Ah! palla super-ba! splendido projettile! Mi riesce grato il pensare chesarai ricevuta lassù cogli onori dovuti ad un ambasciato-re terrestre!»

La gonfia perorazione fu accolta da applausi, e J. T.Maston, commosso sedette fra i complimenti dei suoicolleghi.

«Ed ora, disse Barbicane, che abbiamo fatta larga par-te alla poesia, entriamo direttamente nella questione.

35 Cioè peso di ventiquattro libbre.36 Di modo che, quando si è udita la detonazione, non si può

più essere colpiti dalla palla.

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— Siamo pronti, risposero i membri del Gun Clubsorbendo ciascuno una mezza dozzina di sandwiches.

— Voi sapete quale è il quesito da risolvere, riprese ilpresidente: si tratta d'imprimere ad un projettile una ve-locità di dodicimila jarde al secondo. Ho motivo di cre-dere che ci riusciremo. Ma in tal momento esaminiamole velocità ottenute fin oggi, e il generale Morgan potràedificarci in proposito.

— Tanto più facilmente, rispose il generale, che du-rante la guerra io era membro della Commissione degliesperimenti. Vi dirò dunque che i cannoni da cento diDahlgreen, della portata di duemila e cinquecento tese,imprimevano al projettile una velocità iniziale di cin-quecento jarde al secondo.

— Bene! E la Columbiade Rodman?37 domandò ilpresidente.

— La Columbiade Rodman, provata nel forte Hamil-ton, vicino a Nuova York, scagliava una palla del pesodi mezza tonnellata alla distanza di sei miglia con unavelocità di ottocento jarde ogni secondo, risultato giam-mai ottenuto da Armstrong e Pallisier in Inghilterra.

— Oh! gli Inglesi! esclamò J. T. Maston dirigendoverso l'orizzonte dell'oriente il suo terribile appiccagno-lo di ferro.

— Perciò, riprese Barbicane, le ottocento jarde sareb-bero la velocità massima ottenuta finora?

37 Gli Americani davano il nome di Columbiade a codesteenormi macchine di distruzione.

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— Siamo pronti, risposero i membri del Gun Clubsorbendo ciascuno una mezza dozzina di sandwiches.

— Voi sapete quale è il quesito da risolvere, riprese ilpresidente: si tratta d'imprimere ad un projettile una ve-locità di dodicimila jarde al secondo. Ho motivo di cre-dere che ci riusciremo. Ma in tal momento esaminiamole velocità ottenute fin oggi, e il generale Morgan potràedificarci in proposito.

— Tanto più facilmente, rispose il generale, che du-rante la guerra io era membro della Commissione degliesperimenti. Vi dirò dunque che i cannoni da cento diDahlgreen, della portata di duemila e cinquecento tese,imprimevano al projettile una velocità iniziale di cin-quecento jarde al secondo.

— Bene! E la Columbiade Rodman?37 domandò ilpresidente.

— La Columbiade Rodman, provata nel forte Hamil-ton, vicino a Nuova York, scagliava una palla del pesodi mezza tonnellata alla distanza di sei miglia con unavelocità di ottocento jarde ogni secondo, risultato giam-mai ottenuto da Armstrong e Pallisier in Inghilterra.

— Oh! gli Inglesi! esclamò J. T. Maston dirigendoverso l'orizzonte dell'oriente il suo terribile appiccagno-lo di ferro.

— Perciò, riprese Barbicane, le ottocento jarde sareb-bero la velocità massima ottenuta finora?

37 Gli Americani davano il nome di Columbiade a codesteenormi macchine di distruzione.

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— Sì, rispose Morgan.— Ma io dirò, replicò J. T. Maston, che se il mortajo

non fosse scoppiato...— Sì, ma è scoppiato, aggiunse Barbicane con gesto

benevolo. Pigliamo dunque per punto di partenza la ve-locità di ottocento jarde. Bisognerà ventuplicarla. Eperò, serbando per altra seduta la discussione sui mezzidestinati a produrre questa velocità, io richiamerò la vo-stra attenzione, miei cari colleghi, sulle dimensioni chevoglionsi dare alla palla. V'immaginerete al certo chequi non si tratta di pensare a projettili inferiori a mezzatonnellata

— Perchè no? chiese il maggiore.— Perchè questa nostra palla, rispose vivamente J. T.

Maston, dev'essere talmente grossa da attirare l'attenzio-ne degli abitanti della Luna se ne esistono.

— Certo, rispose Barbicane, e per altra ragione ancorpiù importante.

— Che volete dire, Barbicane? domandò il maggiore.— Voglio dire che non basta lanciare un projettile e

poscia non darsene più pensiero; bisogna che lo seguadurante il viaggio fino al momento in cui esso raggiun-gerà la meta.

— Che! esclamarono il generale ed il maggiore un po'sorpresi di quella proposta.

— Senza dubbio, riprese Barbicane da uomo sicurodel fatto suo, senza dubbio, altrimenti la nostra esperien-za non darebbe alcun risultato.

— Ma allora, replicò il maggiore, darete dimensioni

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— Sì, rispose Morgan.— Ma io dirò, replicò J. T. Maston, che se il mortajo

non fosse scoppiato...— Sì, ma è scoppiato, aggiunse Barbicane con gesto

benevolo. Pigliamo dunque per punto di partenza la ve-locità di ottocento jarde. Bisognerà ventuplicarla. Eperò, serbando per altra seduta la discussione sui mezzidestinati a produrre questa velocità, io richiamerò la vo-stra attenzione, miei cari colleghi, sulle dimensioni chevoglionsi dare alla palla. V'immaginerete al certo chequi non si tratta di pensare a projettili inferiori a mezzatonnellata

— Perchè no? chiese il maggiore.— Perchè questa nostra palla, rispose vivamente J. T.

Maston, dev'essere talmente grossa da attirare l'attenzio-ne degli abitanti della Luna se ne esistono.

— Certo, rispose Barbicane, e per altra ragione ancorpiù importante.

— Che volete dire, Barbicane? domandò il maggiore.— Voglio dire che non basta lanciare un projettile e

poscia non darsene più pensiero; bisogna che lo seguadurante il viaggio fino al momento in cui esso raggiun-gerà la meta.

— Che! esclamarono il generale ed il maggiore un po'sorpresi di quella proposta.

— Senza dubbio, riprese Barbicane da uomo sicurodel fatto suo, senza dubbio, altrimenti la nostra esperien-za non darebbe alcun risultato.

— Ma allora, replicò il maggiore, darete dimensioni

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enormi al projettile?— No, vogliate ascoltarmi. Sapete che gli strumenti

d'ottica hanno acquistato una grande perfezione: concerti telescopi si è giunti ad ottenere degl'ingrandimentidi seimila volte e ad avvicinare la Luna a quaranta mi-glia circa (16 leghe). Ora, a questa distanza, gli oggettiche hanno sessanta piedi di diametro sono perfettamentevisibili. Se non si è spinta più in là la potenza di pene-trazione dei telescopi, gli è che tal potenza non si eserci-ta che a detrimento della chiarezza, e la Luna, la quale èsolo uno specchio che riflette, non manda luce così in-tensa da permettere si possano portare gl'ingrandimential di là di questo limite.

— Ebbene, che cosa farete allora? domandò il gene-rale. Darete al vostro proiettile un diametro di sessantapiedi?

— No.— V'incaricherete dunque di rendere la Luna più lu-

minosa?— Appunto.— Il pensiero è sublime! esclamò J. T. Maston.— Sì, ma anche semplice, rispose Barbicane. Infatti

se io giungo a diminuire l'altezza dell'atmosfera attra-versata dalla luce della Luna, non avrò resa questa lucepiù intensa?

— Certamente.— Dunque, per ottenere questo risultato, mi basterà

stabilire un telescopio su qualche alta montagna. È quel-lo che noi faremo.

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enormi al projettile?— No, vogliate ascoltarmi. Sapete che gli strumenti

d'ottica hanno acquistato una grande perfezione: concerti telescopi si è giunti ad ottenere degl'ingrandimentidi seimila volte e ad avvicinare la Luna a quaranta mi-glia circa (16 leghe). Ora, a questa distanza, gli oggettiche hanno sessanta piedi di diametro sono perfettamentevisibili. Se non si è spinta più in là la potenza di pene-trazione dei telescopi, gli è che tal potenza non si eserci-ta che a detrimento della chiarezza, e la Luna, la quale èsolo uno specchio che riflette, non manda luce così in-tensa da permettere si possano portare gl'ingrandimential di là di questo limite.

— Ebbene, che cosa farete allora? domandò il gene-rale. Darete al vostro proiettile un diametro di sessantapiedi?

— No.— V'incaricherete dunque di rendere la Luna più lu-

minosa?— Appunto.— Il pensiero è sublime! esclamò J. T. Maston.— Sì, ma anche semplice, rispose Barbicane. Infatti

se io giungo a diminuire l'altezza dell'atmosfera attra-versata dalla luce della Luna, non avrò resa questa lucepiù intensa?

— Certamente.— Dunque, per ottenere questo risultato, mi basterà

stabilire un telescopio su qualche alta montagna. È quel-lo che noi faremo.

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— Mi arrendo, mi arrendo, rispose il maggiore. Aveteun certo modo di semplificare le cose!... E qual ingran-dimento sperate di ottenere in tal modo?

— Un ingrandimento di quarantottomila volte, chefarà sembrare la Luna alla lontananza di sole cinque mi-glia; e per essere visibili, gli oggetti non avranno più bi-sogno che di nove piedi di diametro.

— Benone! esclamò J. T. Maston; il nostro projettileavrà dunque nove piedi di diametro?

— Precisamente.— Permettetemi che vi dica, però, riprese il maggiore

Elphiston, che sarà ancora di tal peso...— Oh maggiore! interruppe Barbicane, prima di di-

scutere del suo peso lasciatemi dire che i nostri padri fa-cevano meraviglie in questo genere. Lungi da me il pen-siero che la balistica non abbia progredito; ma è benesapere che fino dal medio evo ottenevansi risultati sor-prendenti, e oserò aggiungere, più sorprendenti ancoradei nostri.

— Questo poi.... replicò Morgan.— Giustificate le vostre parole! esclamò vivamente J.

T. Maston.— Nulla di più facile, rispose Barbicane: vi offro

esempi in appoggio alla mia asserzione, Così all'assediodi Costantinopoli, fatto da Maometto II nel 1543, si lan-ciarono palle di pietra che pesavano mille e novecentolibbre, e che dovevano essere di grandi dimensioni.

— Oh! oh! esclamò il maggiore: mille e novecentolibbre, è un numero un po' grosso!

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— Mi arrendo, mi arrendo, rispose il maggiore. Aveteun certo modo di semplificare le cose!... E qual ingran-dimento sperate di ottenere in tal modo?

— Un ingrandimento di quarantottomila volte, chefarà sembrare la Luna alla lontananza di sole cinque mi-glia; e per essere visibili, gli oggetti non avranno più bi-sogno che di nove piedi di diametro.

— Benone! esclamò J. T. Maston; il nostro projettileavrà dunque nove piedi di diametro?

— Precisamente.— Permettetemi che vi dica, però, riprese il maggiore

Elphiston, che sarà ancora di tal peso...— Oh maggiore! interruppe Barbicane, prima di di-

scutere del suo peso lasciatemi dire che i nostri padri fa-cevano meraviglie in questo genere. Lungi da me il pen-siero che la balistica non abbia progredito; ma è benesapere che fino dal medio evo ottenevansi risultati sor-prendenti, e oserò aggiungere, più sorprendenti ancoradei nostri.

— Questo poi.... replicò Morgan.— Giustificate le vostre parole! esclamò vivamente J.

T. Maston.— Nulla di più facile, rispose Barbicane: vi offro

esempi in appoggio alla mia asserzione, Così all'assediodi Costantinopoli, fatto da Maometto II nel 1543, si lan-ciarono palle di pietra che pesavano mille e novecentolibbre, e che dovevano essere di grandi dimensioni.

— Oh! oh! esclamò il maggiore: mille e novecentolibbre, è un numero un po' grosso!

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— A Malta, nel tempo de' cavalieri, un certo cannonedal forte di Sant'Elmo lanciava projettili del peso di due-mila e cinquecento libbre.

— Non è possibile!— Infine, secondo uno storico francese, sotto Luigi

XI, un mortaio lanciava una bomba di cinquecento lib-bre soltanto; ma questa bomba partita dalla Bastiglia,luogo dove i pazzi rinchiudevano i saggi, andava a cade-re a Charenton, dove i saggi rinchiudevano i pazzi.

— Benissimo! disse J. T. Maston,— In appresso, che cosa abbiamo veduto, insomma?

cannoni Armstrong lanciare una palla da cinquecentolibbre, e le Columbiadi Rodman projettili di mezza ton-nellata! Sembra dunque che se i projettili hanno guada-gnato in portata, hanno però perduto in peso. Ora, se ri-volgiamo i nostri sforzi da questa parte, dobbiamo arri-vare, col progresso della scienza, a decuplare il peso deiprojettili di Maometto II e de' Cavalieri di Malta.

— È evidente, aggiunse il maggiore: ma quale metal-lo fate conto di adoperare per il proiettile?

— Ferro fuso, semplicemente, disse il generale Mor-gan.

— Oibò! ferro fuso! sclamò J. T. Maston con dispre-gio: è un metallo troppo comune per una palla destinataa recarsi nella Luna.

— Non esageriamo, mio onorevole amico, replicòMorgan, il ferro fuso basterà.

— Allora, ripigliò Elphiston, poichè il peso della pal-la è in proporzione del suo volume, una palla di ferro

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— A Malta, nel tempo de' cavalieri, un certo cannonedal forte di Sant'Elmo lanciava projettili del peso di due-mila e cinquecento libbre.

— Non è possibile!— Infine, secondo uno storico francese, sotto Luigi

XI, un mortaio lanciava una bomba di cinquecento lib-bre soltanto; ma questa bomba partita dalla Bastiglia,luogo dove i pazzi rinchiudevano i saggi, andava a cade-re a Charenton, dove i saggi rinchiudevano i pazzi.

— Benissimo! disse J. T. Maston,— In appresso, che cosa abbiamo veduto, insomma?

cannoni Armstrong lanciare una palla da cinquecentolibbre, e le Columbiadi Rodman projettili di mezza ton-nellata! Sembra dunque che se i projettili hanno guada-gnato in portata, hanno però perduto in peso. Ora, se ri-volgiamo i nostri sforzi da questa parte, dobbiamo arri-vare, col progresso della scienza, a decuplare il peso deiprojettili di Maometto II e de' Cavalieri di Malta.

— È evidente, aggiunse il maggiore: ma quale metal-lo fate conto di adoperare per il proiettile?

— Ferro fuso, semplicemente, disse il generale Mor-gan.

— Oibò! ferro fuso! sclamò J. T. Maston con dispre-gio: è un metallo troppo comune per una palla destinataa recarsi nella Luna.

— Non esageriamo, mio onorevole amico, replicòMorgan, il ferro fuso basterà.

— Allora, ripigliò Elphiston, poichè il peso della pal-la è in proporzione del suo volume, una palla di ferro

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fuso, del diametro di nove piedi, sarà anche di un pesospaventevole!

— Sì, se è pieno: no, se è vuoto, disse Barbicane.— Vuoto? Sarà dunque un obice?— Dove si potranno mettere i dispacci, replicò J. T.

Maston, ed i campioni de' nostri prodotti terrestri!— Sì, un obice, riprese Barbicane, è assolutamente

necessario: una palla massiccia di cent'otto pollici pese-rebbe più di dugentomila libbre: peso evidentementetroppo considerevole; però siccome bisogna conservareuna certa stabilità al projettile, io propongo di dargli unpeso di ventimila libbre.

— Quale sarà dunque la grossezza delle sue pareti?domandò il maggiore.

— Se badiamo alla proporzione di regola, ripreseMorgan, un diametro di cent'otto pollici esigerà pareti didue piedi almeno.

— Sarebbe troppo, rispose Barbicane: pensateci bene.Non si tratta qui di una palla destinata a forare corazze:basterà dunque darle pareti forti a sufficienza per resi-stere alla pressione del gas della polvere. Ecco dunque ilproblema: quale grossezza deve avere un obice di ferrofuso per non pesare che ventimila libbre? Il nostro abilecalcolatore, il bravo Maston, ce lo dirà seduta stante.

— Nulla di più facile, rispose l'onorevole segretariodel Comitato.

E in così dire tracciò sulla carta alcune formole alge-briche: sotto la sua penna si videro comparire dei y e deix innalzati alla seconda potenza. Parve anzi che estraes-

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fuso, del diametro di nove piedi, sarà anche di un pesospaventevole!

— Sì, se è pieno: no, se è vuoto, disse Barbicane.— Vuoto? Sarà dunque un obice?— Dove si potranno mettere i dispacci, replicò J. T.

Maston, ed i campioni de' nostri prodotti terrestri!— Sì, un obice, riprese Barbicane, è assolutamente

necessario: una palla massiccia di cent'otto pollici pese-rebbe più di dugentomila libbre: peso evidentementetroppo considerevole; però siccome bisogna conservareuna certa stabilità al projettile, io propongo di dargli unpeso di ventimila libbre.

— Quale sarà dunque la grossezza delle sue pareti?domandò il maggiore.

— Se badiamo alla proporzione di regola, ripreseMorgan, un diametro di cent'otto pollici esigerà pareti didue piedi almeno.

— Sarebbe troppo, rispose Barbicane: pensateci bene.Non si tratta qui di una palla destinata a forare corazze:basterà dunque darle pareti forti a sufficienza per resi-stere alla pressione del gas della polvere. Ecco dunque ilproblema: quale grossezza deve avere un obice di ferrofuso per non pesare che ventimila libbre? Il nostro abilecalcolatore, il bravo Maston, ce lo dirà seduta stante.

— Nulla di più facile, rispose l'onorevole segretariodel Comitato.

E in così dire tracciò sulla carta alcune formole alge-briche: sotto la sua penna si videro comparire dei y e deix innalzati alla seconda potenza. Parve anzi che estraes-

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se, senza finirla, una certa radice cubica, e disse:— Le pareti avranno appena dodici pollici di grossez-

za.— Basteranno? domandò il maggiore con aria di dub-

bio.— No, rispose il presidente Barbicane, no al certo.— Ebbene allora che fare? riprese Elphiston. con aria

imbarazzata.— Adoperate un altro metallo invece del ferro fuso.— Il rame? disse Morgan.— No, è ancora troppo pesante! Ho qualcosa di me-

glio da proporvi.— Che dunque? domando il maggiore.— L'alluminio, rispose Barbicane.— L'alluminio! esclamarono i tre colleghi del presi-

dente.— Sicuro, amici miei. Voi sapete che un illustre chi-

mico francese, Enrico Saint-Claire Deville, giunse, nel1854, ad ottenere l'alluminio in massa compatta. Oraquesto prezioso metallo ha la bianchezza dell'argento,l'inalterabilità dell'oro, la tenacità del ferro, la fusibilitàdel rame e la leggerezza del vetro; lo si lavora facilmen-te, è molto sparso in natura, poichè l'alluminio forma labase della maggior parte delle roccie: è tre volte più leg-gero del ferro, e sembra sia stato creato espressamenteper fornirci la materia del nostro projettile.

— Viva l'alluminio! sclamò il segretario del Comitatosempre rumorosissimo nei suoi momenti d'entusiasmo.

— Ma, mio, caro presidente, disse il maggiore, il

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se, senza finirla, una certa radice cubica, e disse:— Le pareti avranno appena dodici pollici di grossez-

za.— Basteranno? domandò il maggiore con aria di dub-

bio.— No, rispose il presidente Barbicane, no al certo.— Ebbene allora che fare? riprese Elphiston. con aria

imbarazzata.— Adoperate un altro metallo invece del ferro fuso.— Il rame? disse Morgan.— No, è ancora troppo pesante! Ho qualcosa di me-

glio da proporvi.— Che dunque? domando il maggiore.— L'alluminio, rispose Barbicane.— L'alluminio! esclamarono i tre colleghi del presi-

dente.— Sicuro, amici miei. Voi sapete che un illustre chi-

mico francese, Enrico Saint-Claire Deville, giunse, nel1854, ad ottenere l'alluminio in massa compatta. Oraquesto prezioso metallo ha la bianchezza dell'argento,l'inalterabilità dell'oro, la tenacità del ferro, la fusibilitàdel rame e la leggerezza del vetro; lo si lavora facilmen-te, è molto sparso in natura, poichè l'alluminio forma labase della maggior parte delle roccie: è tre volte più leg-gero del ferro, e sembra sia stato creato espressamenteper fornirci la materia del nostro projettile.

— Viva l'alluminio! sclamò il segretario del Comitatosempre rumorosissimo nei suoi momenti d'entusiasmo.

— Ma, mio, caro presidente, disse il maggiore, il

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prezzo dell'alluminio è carissimo.— Lo era nei primi tempi della sua scoperta: una lib-

bra d'alluminio costava allora da dugentosessanta a du-gentottanta dollari (1000 franchi circa), poi è caduto aventisette dollari (150 franchi), ed oggi finalmente valenove dollari (franchi 48,75).

— Ma nove dollari la libbra, replicò il maggiore, chenon si arrendeva facilmente, è ancora un prezzo enor-me!

— Senza dubbio, caro maggiore, ma non inarrivabile.— Qual peso avrà dunque il proiettile? domandò

Morgan.— Ecco ciò che risulta dai miei calcoli, rispose Barbi-

cane; una palla di cento otto pollici di diametro e di do-dici pollici38 di spessore peserebbe, se fosse di ferrofuso, sessantasettemila e quattrocentoquaranta libbre; inalluminio, il suo peso ridurrebbesi a diciannovemila edugentocinquanta libbre.

— Benissimo! esclamò Maston, la cosa si spiega dasè.

— Ottimamente, ottimamente! replicò il maggiore;ma non sapete che, a nove dollari la libbra questo pro-iettile costerà...

— Centosettantatremila e dugentocinquanta dollari(928,437 franchi e 50 c.), lo so benissimo; ma non teme-te di nulla, amici miei, il danaro non mancherà alla no-

38 I trenta centimetri: il pollice americano equivale a 25 milli-metri.

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prezzo dell'alluminio è carissimo.— Lo era nei primi tempi della sua scoperta: una lib-

bra d'alluminio costava allora da dugentosessanta a du-gentottanta dollari (1000 franchi circa), poi è caduto aventisette dollari (150 franchi), ed oggi finalmente valenove dollari (franchi 48,75).

— Ma nove dollari la libbra, replicò il maggiore, chenon si arrendeva facilmente, è ancora un prezzo enor-me!

— Senza dubbio, caro maggiore, ma non inarrivabile.— Qual peso avrà dunque il proiettile? domandò

Morgan.— Ecco ciò che risulta dai miei calcoli, rispose Barbi-

cane; una palla di cento otto pollici di diametro e di do-dici pollici38 di spessore peserebbe, se fosse di ferrofuso, sessantasettemila e quattrocentoquaranta libbre; inalluminio, il suo peso ridurrebbesi a diciannovemila edugentocinquanta libbre.

— Benissimo! esclamò Maston, la cosa si spiega dasè.

— Ottimamente, ottimamente! replicò il maggiore;ma non sapete che, a nove dollari la libbra questo pro-iettile costerà...

— Centosettantatremila e dugentocinquanta dollari(928,437 franchi e 50 c.), lo so benissimo; ma non teme-te di nulla, amici miei, il danaro non mancherà alla no-

38 I trenta centimetri: il pollice americano equivale a 25 milli-metri.

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stra impresa, ve lo garantisco io.— Pioverà nelle nostre casse! replicò J. T. Maston.— Dunque che cosa pensate voi dell'alluminio? do-

mandò il presidente.— Adottato, risposero i tre membri del Comitato.— Quanto alla forma della palla, riprese Barbicane,

importa poco! giacchè, oltrepassata che sia l'atmosfera,il proiettile si troverà nel vuoto; io propongo dunque lapalla rotonda, che girerà su sè stessa, se così vorrà, e sicomporterà a suo capriccio.

Così ebbe fine la prima seduta del Comitato; la que-stione del proiettile era definitivamente risolta, e J. T.Maston si rallegrò assai al pensiero di mandare una pal-la d'alluminio ai Seleniti, «la qual cosa darebbe loro unabizzarra idea degli abitanti della Terra!»

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stra impresa, ve lo garantisco io.— Pioverà nelle nostre casse! replicò J. T. Maston.— Dunque che cosa pensate voi dell'alluminio? do-

mandò il presidente.— Adottato, risposero i tre membri del Comitato.— Quanto alla forma della palla, riprese Barbicane,

importa poco! giacchè, oltrepassata che sia l'atmosfera,il proiettile si troverà nel vuoto; io propongo dunque lapalla rotonda, che girerà su sè stessa, se così vorrà, e sicomporterà a suo capriccio.

Così ebbe fine la prima seduta del Comitato; la que-stione del proiettile era definitivamente risolta, e J. T.Maston si rallegrò assai al pensiero di mandare una pal-la d'alluminio ai Seleniti, «la qual cosa darebbe loro unabizzarra idea degli abitanti della Terra!»

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CAPITOLO VIII.Storia del cannone.

Le risoluzioni prese in questa seduta produssero gran-de effetto al di fuori. Alcune persone timorose spaventa-vansi un poco all'idea di una palla del peso di 20.000libbre, lanciata attraverso lo spazio. Tutti chiedevansiqual cannone potesse mai trasmettere una velocità ini-ziale sufficiente per simile massa. Il processo verbaledella seconda seduta del Comitato doveva risponderevittoriosamente a siffatte quistioni.

La domane a sera i quattro membri del Gun Club se-devano dinanzi a nuove montagne di sandwiches ed allasponda di un vero oceano di tè. La discussione ripigliòtosto il suo corso, e questa volta senza preamboli.

«Cari colleghi, disse Barbicane, noi stiamo per occu-parci della lunghezza, della forma, della composizione edel peso del cannone da fondersi. È probabile che giun-geremo a dargli proporzioni gigantesche; ma per quantograndi siano le difficoltà, il nostro genio industrioso lesupererà tutte facilmente. Vogliate ascoltarmi, e non ri-sparmiatemi le obbiezioni pronte. Io non le temo.»

Un grugnito approvatore accolse tale dichiarazione.

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CAPITOLO VIII.Storia del cannone.

Le risoluzioni prese in questa seduta produssero gran-de effetto al di fuori. Alcune persone timorose spaventa-vansi un poco all'idea di una palla del peso di 20.000libbre, lanciata attraverso lo spazio. Tutti chiedevansiqual cannone potesse mai trasmettere una velocità ini-ziale sufficiente per simile massa. Il processo verbaledella seconda seduta del Comitato doveva risponderevittoriosamente a siffatte quistioni.

La domane a sera i quattro membri del Gun Club se-devano dinanzi a nuove montagne di sandwiches ed allasponda di un vero oceano di tè. La discussione ripigliòtosto il suo corso, e questa volta senza preamboli.

«Cari colleghi, disse Barbicane, noi stiamo per occu-parci della lunghezza, della forma, della composizione edel peso del cannone da fondersi. È probabile che giun-geremo a dargli proporzioni gigantesche; ma per quantograndi siano le difficoltà, il nostro genio industrioso lesupererà tutte facilmente. Vogliate ascoltarmi, e non ri-sparmiatemi le obbiezioni pronte. Io non le temo.»

Un grugnito approvatore accolse tale dichiarazione.

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— Non dimentichiamo, riprese Barbicane, a qualpunto ci ha condotto ieri la discussione. Il quesito pre-sentasi ora sotto questa forma: imprimere una velocitàiniziale di dodicimila jarde al secondo ad un obice dicento otto pollici di diametro, e del peso di ventimilalibbre.

— Ecco infatti il quesito, rispose il maggiore Elphi-ston.

— Io continuo, proseguì Barbicane. Quando un pro-iettile è lanciato nello spazio, che cosa avviene? Subiscel'influenza di tre forze indipendenti: la resistenzadell'aria, l'attrazione della Terra e la forza d'impulso dacui è animato. Esaminiamo queste tre forze. La resisten-za dell'aria sarà poco importante. L'atmosfera terrestrenon occupa che quaranta miglia (16 leghe circa). Ora,con una rapidità di dodicimila jarde il proiettile l'avrà at-traversata in cinque secondi, e questo tempo è abbastan-za breve perchè la resistenza dell'aria sia considerata in-significante. Passiamo ora all'attrazione della Terra, cioèal peso dell'obice. Noi sappiamo che questo peso dimi-nuirà in ragione inversa del quadrato delle distanze; difatto ecco ciò che la fisica ne insegna. Quando un corpoabbandonato a sè stesso cade sulla superficie della Ter-ra, la sua caduta è di quindici piedi39 nel primo secondo,e se questo stesso corpo fosse trasportato a dugentocin-quantasettemila e cinquecentoquarantadue miglia, o, in

39 Ossia: 4 metri e 90 centimetri nel primo secondo: alla di-stanza in cui trovasi la Luna, la caduta non sarebbe più che di 1millim. 113, o 590 millesimi di linea.

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— Non dimentichiamo, riprese Barbicane, a qualpunto ci ha condotto ieri la discussione. Il quesito pre-sentasi ora sotto questa forma: imprimere una velocitàiniziale di dodicimila jarde al secondo ad un obice dicento otto pollici di diametro, e del peso di ventimilalibbre.

— Ecco infatti il quesito, rispose il maggiore Elphi-ston.

— Io continuo, proseguì Barbicane. Quando un pro-iettile è lanciato nello spazio, che cosa avviene? Subiscel'influenza di tre forze indipendenti: la resistenzadell'aria, l'attrazione della Terra e la forza d'impulso dacui è animato. Esaminiamo queste tre forze. La resisten-za dell'aria sarà poco importante. L'atmosfera terrestrenon occupa che quaranta miglia (16 leghe circa). Ora,con una rapidità di dodicimila jarde il proiettile l'avrà at-traversata in cinque secondi, e questo tempo è abbastan-za breve perchè la resistenza dell'aria sia considerata in-significante. Passiamo ora all'attrazione della Terra, cioèal peso dell'obice. Noi sappiamo che questo peso dimi-nuirà in ragione inversa del quadrato delle distanze; difatto ecco ciò che la fisica ne insegna. Quando un corpoabbandonato a sè stesso cade sulla superficie della Ter-ra, la sua caduta è di quindici piedi39 nel primo secondo,e se questo stesso corpo fosse trasportato a dugentocin-quantasettemila e cinquecentoquarantadue miglia, o, in

39 Ossia: 4 metri e 90 centimetri nel primo secondo: alla di-stanza in cui trovasi la Luna, la caduta non sarebbe più che di 1millim. 113, o 590 millesimi di linea.

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Page 76: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

altri termini, alla distanza ove trovasi la Luna, la sua ca-duta sarebbe ridotta ad una mezza linea circa nel primosecondo. È quasi l'immobilità e si tratta dunque di vin-cere progressivamente l'azione del peso. In qual modovi riusciremo? Colla forza d'impulso.

— Ecco la difficoltà, rispose il maggiore.— È davvero una difficoltà, riprese il presidente, ma

ne trionferemo, imperocchè la forza di impulso, che ci ènecessaria, risulterà dalla lunghezza del cannone e dallaquantità di polvere adoperata, per la ragione chequest'ultima è proporzionata alla resistenza di quello.Oggi dunque occupiamoci delle dimensioni da dare alcannone. Ben s'intende che possiamo stabilirlo in condi-zioni di resistenza, per così dire, infinita, dal momentoche non è destinato ad essere manovrato.

— Tutto questo è evidente, rispose il generale.— Fin qui, disse Barbicane, i cannoni più lunghi, le

nostre enormi Columbiadi non oltrepassano la lunghez-za di venticinque piedi; epperò molti stupiranno all'udirele dimensioni che saremo costretti di adottare.

— Eh! certamente, esclamò J. T. Maston. Per contomio domando un cannone lungo mezzo miglio almeno!

— Mezzo miglio! esclamarono il maggiore ed il ge-nerale.

— Sì, mezzo miglio, e sarà ancora troppo corto dellametà.

— Evvia, Maston, disse Morgan, voi esagerate.— No! replicò il focoso segretario, e davvero non so

perchè mi accusiate di esagerazione.

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altri termini, alla distanza ove trovasi la Luna, la sua ca-duta sarebbe ridotta ad una mezza linea circa nel primosecondo. È quasi l'immobilità e si tratta dunque di vin-cere progressivamente l'azione del peso. In qual modovi riusciremo? Colla forza d'impulso.

— Ecco la difficoltà, rispose il maggiore.— È davvero una difficoltà, riprese il presidente, ma

ne trionferemo, imperocchè la forza di impulso, che ci ènecessaria, risulterà dalla lunghezza del cannone e dallaquantità di polvere adoperata, per la ragione chequest'ultima è proporzionata alla resistenza di quello.Oggi dunque occupiamoci delle dimensioni da dare alcannone. Ben s'intende che possiamo stabilirlo in condi-zioni di resistenza, per così dire, infinita, dal momentoche non è destinato ad essere manovrato.

— Tutto questo è evidente, rispose il generale.— Fin qui, disse Barbicane, i cannoni più lunghi, le

nostre enormi Columbiadi non oltrepassano la lunghez-za di venticinque piedi; epperò molti stupiranno all'udirele dimensioni che saremo costretti di adottare.

— Eh! certamente, esclamò J. T. Maston. Per contomio domando un cannone lungo mezzo miglio almeno!

— Mezzo miglio! esclamarono il maggiore ed il ge-nerale.

— Sì, mezzo miglio, e sarà ancora troppo corto dellametà.

— Evvia, Maston, disse Morgan, voi esagerate.— No! replicò il focoso segretario, e davvero non so

perchè mi accusiate di esagerazione.

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— Perchè andate troppo oltre.— Sappiate, signore, replicò J. T. Maston pigliando il

suo solito fare d'importanza, sappiate che un artigliere,come una palla da cannone non può mai andare troppooltre!

La discussione volgeva nella personalità, ma il presi-dente intervenne.

— Calma, amici miei, e ragioniamo; ci occorre certa-mente un cannone di gran portata, poichè la lunghezzadel pezzo aumenterà la potenza dei gas accumulati sottoil proiettile, ma è inutile oltrepassare certi limiti.

— Perfettamente, disse il maggiore.— Quali sono le norme da osservarsi in simile caso?

Di solito la lunghezza di un cannone è da venti a venti-cinque volte il diametro della palla, ed è di dugentotren-tacinque a dugentoquaranta volte il proprio peso.

— Non basta! esclamò J. T. Maston con impeto.— Ne convengo, mio degno amico, e infatti, secondo

questa proporzione, per un proiettile largo nove piedi edel peso di ventimila libbre il cannone non avrebbe chela lunghezza di dugentoventicinque piedi ed il peso disette milioni e dugentomila libbre.

— È cosa ridicola rispose J. T. Maston. Tanto varreb-be pigliare una pistola!

— Sono anch'io di questo parere, ed appunto per ciòmi propongo di quadruplicare tal lunghezza e di costrui-re un cannone di novecento piedi.

Il generale ed il maggiore fecero alcune obbiezioni;tuttavia la proposta, vivamente sostenuta dal segretario

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— Perchè andate troppo oltre.— Sappiate, signore, replicò J. T. Maston pigliando il

suo solito fare d'importanza, sappiate che un artigliere,come una palla da cannone non può mai andare troppooltre!

La discussione volgeva nella personalità, ma il presi-dente intervenne.

— Calma, amici miei, e ragioniamo; ci occorre certa-mente un cannone di gran portata, poichè la lunghezzadel pezzo aumenterà la potenza dei gas accumulati sottoil proiettile, ma è inutile oltrepassare certi limiti.

— Perfettamente, disse il maggiore.— Quali sono le norme da osservarsi in simile caso?

Di solito la lunghezza di un cannone è da venti a venti-cinque volte il diametro della palla, ed è di dugentotren-tacinque a dugentoquaranta volte il proprio peso.

— Non basta! esclamò J. T. Maston con impeto.— Ne convengo, mio degno amico, e infatti, secondo

questa proporzione, per un proiettile largo nove piedi edel peso di ventimila libbre il cannone non avrebbe chela lunghezza di dugentoventicinque piedi ed il peso disette milioni e dugentomila libbre.

— È cosa ridicola rispose J. T. Maston. Tanto varreb-be pigliare una pistola!

— Sono anch'io di questo parere, ed appunto per ciòmi propongo di quadruplicare tal lunghezza e di costrui-re un cannone di novecento piedi.

Il generale ed il maggiore fecero alcune obbiezioni;tuttavia la proposta, vivamente sostenuta dal segretario

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del Gun-Club, fu definitivamente adottata.— Ora, disse Elphiston, quale spessore avranno le pa-

reti?— Lo spessore di sei piedi, rispose Barbicane.— Voglio credere, che non vi immaginerete di poter

mettere una massa di tal fatta sopra un affusto? doman-dò il maggiore.

— La sarebbe però una magnifica cosa, disse J. T.Maston.

— Ma impraticabile, rispose Barbicane. No, io pensodi fondere questo cannone nel suolo, di munirlo di cer-chi di ferro battuto, ed infine di circondarlo di uno spes-sissimo manufatto in pietre e calce, in modo che parteci-pi di tutta la resistenza del terreno che lo circonda. Fusoche sia il pezzo, l'anima sarà accuratamente trapanata ecalibrata, onde il proiettile aderisca all'anima a fiord'aria. Non vi sarà così alcun disperdimento di gas, etutta la forza espansiva della polvere verrà impiegatanell'impulso.

— Urrà! urrà! esclamò J. T. Maston: il nostro canno-ne non ci sfugge più.

— Non ancora, rispose Barbicane calmando collamano l'impaziente, amico.

— E perchè?— Perchè non ne abbiamo discusso la forma. Sarà un

cannone, un obice, od un mortaio?— Un cannone, replicò Morgan.— Un obice, rispose il maggiore.— Un mortaio, esclamò J. T. Maston.

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del Gun-Club, fu definitivamente adottata.— Ora, disse Elphiston, quale spessore avranno le pa-

reti?— Lo spessore di sei piedi, rispose Barbicane.— Voglio credere, che non vi immaginerete di poter

mettere una massa di tal fatta sopra un affusto? doman-dò il maggiore.

— La sarebbe però una magnifica cosa, disse J. T.Maston.

— Ma impraticabile, rispose Barbicane. No, io pensodi fondere questo cannone nel suolo, di munirlo di cer-chi di ferro battuto, ed infine di circondarlo di uno spes-sissimo manufatto in pietre e calce, in modo che parteci-pi di tutta la resistenza del terreno che lo circonda. Fusoche sia il pezzo, l'anima sarà accuratamente trapanata ecalibrata, onde il proiettile aderisca all'anima a fiord'aria. Non vi sarà così alcun disperdimento di gas, etutta la forza espansiva della polvere verrà impiegatanell'impulso.

— Urrà! urrà! esclamò J. T. Maston: il nostro canno-ne non ci sfugge più.

— Non ancora, rispose Barbicane calmando collamano l'impaziente, amico.

— E perchè?— Perchè non ne abbiamo discusso la forma. Sarà un

cannone, un obice, od un mortaio?— Un cannone, replicò Morgan.— Un obice, rispose il maggiore.— Un mortaio, esclamò J. T. Maston.

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Stava per impegnarsi una nuova discussione, e piutto-sto viva, chè ognuno suggeriva la propria arma predilet-ta; ma il presidente la troncò di botto.

— Amici cari, or vi metto io subito d'accordo. La no-stra Columbiade parteciperà di queste tre bocche da fuo-co ad un tempo. Sarà un cannone, perchè il focone avràlo stesso diametro dell'anima. Sarà un obice, perchè lan-cierà un obice. Infine sarà un mortaio, perchè lo si pun-terà sotto un angolo di novanta gradi, e perchè senzarincullamento possibile, stando irremovibilmente fissoal suolo, comunicherà al proiettile tutta la forza d'impul-sione accumulata nei suoi fianchi.

— Adottato, adottato! risposero i membri della Com-missione.

— Mi si permetta una semplice domanda; disse El-phiston: questo cannone-obice-mortaio sarà rigato?

— No, rispose Barbicane, no; ci occorre una velocitàiniziale, enorme. Non sapete che la palla esce meno ra-pidamente dai cannoni rigati che dai cannoni ad animaliscia?

— È giusto.— Insomma questa volta più non ci scappa? ripetè J.

T. Maston.— Non del tutto ancora, replicò il presidente.— E perchè?— Perchè non sappiamo di qual metallo sarà fatto.— Decidiamolo senza ritardo.— Io stava per proporvelo.I quattro membri del Comitato trangugiarono ciascu-

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Stava per impegnarsi una nuova discussione, e piutto-sto viva, chè ognuno suggeriva la propria arma predilet-ta; ma il presidente la troncò di botto.

— Amici cari, or vi metto io subito d'accordo. La no-stra Columbiade parteciperà di queste tre bocche da fuo-co ad un tempo. Sarà un cannone, perchè il focone avràlo stesso diametro dell'anima. Sarà un obice, perchè lan-cierà un obice. Infine sarà un mortaio, perchè lo si pun-terà sotto un angolo di novanta gradi, e perchè senzarincullamento possibile, stando irremovibilmente fissoal suolo, comunicherà al proiettile tutta la forza d'impul-sione accumulata nei suoi fianchi.

— Adottato, adottato! risposero i membri della Com-missione.

— Mi si permetta una semplice domanda; disse El-phiston: questo cannone-obice-mortaio sarà rigato?

— No, rispose Barbicane, no; ci occorre una velocitàiniziale, enorme. Non sapete che la palla esce meno ra-pidamente dai cannoni rigati che dai cannoni ad animaliscia?

— È giusto.— Insomma questa volta più non ci scappa? ripetè J.

T. Maston.— Non del tutto ancora, replicò il presidente.— E perchè?— Perchè non sappiamo di qual metallo sarà fatto.— Decidiamolo senza ritardo.— Io stava per proporvelo.I quattro membri del Comitato trangugiarono ciascu-

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no una dozzina di sandwiches, seguìti da una tazza di tè,e la discussione ricominciò.

— Egregi colleghi, disse Barbicane, il nostro cannonedeve essere di grande tenacità, di gran durezza, infusibi-le al calore, insolubile ed inossidabile sotto l'azione cor-rosiva degli acidi.

— Non v'ha dubbio di sorta per tale rispetto, risposeil maggiore; e siccome bisognerà adoperare una consi-derevole quantità di metallo, non avremo l'impaccio del-lo scegliere.

— Ebbene, allora, disse Morgan, per la fusione dellaColumbiade io propongo la miglior lega che fino adoggi si conosca, cioè cento parti di rame, dodici di sta-gno e sei di ottone.

— Amici, riprese il presidente, confesso che questacomposizione ha dato eccellenti risultati; ma in tal casocosterebbe troppo e sarebbe di uso difficilissimo. Riten-go perciò che debbasi adottare una materia eccellente,ma a basso prezzo, come il ferro fuso. Non è pure il vo-stro parere, maggiore?

— Per l'appunto, rispose Elphiston.— Di fatto, riprese Barbicane, il ferro fuso costa dieci

volte meno del bronzo, si ottiene facilmente, si fa scor-rere semplicemente in una forma di sabbia, ed è di rapi-do maneggio; c'è dunque economia di danaro e di tem-po. Del resto, questa materia è eccellente, e mi ricordoche durante la guerra, all'assedio di Atlanta, alcuni can-noni di ghisa hanno sparato mille colpi ciascuno di ventiin venti minuti senza soffrirne danno.

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no una dozzina di sandwiches, seguìti da una tazza di tè,e la discussione ricominciò.

— Egregi colleghi, disse Barbicane, il nostro cannonedeve essere di grande tenacità, di gran durezza, infusibi-le al calore, insolubile ed inossidabile sotto l'azione cor-rosiva degli acidi.

— Non v'ha dubbio di sorta per tale rispetto, risposeil maggiore; e siccome bisognerà adoperare una consi-derevole quantità di metallo, non avremo l'impaccio del-lo scegliere.

— Ebbene, allora, disse Morgan, per la fusione dellaColumbiade io propongo la miglior lega che fino adoggi si conosca, cioè cento parti di rame, dodici di sta-gno e sei di ottone.

— Amici, riprese il presidente, confesso che questacomposizione ha dato eccellenti risultati; ma in tal casocosterebbe troppo e sarebbe di uso difficilissimo. Riten-go perciò che debbasi adottare una materia eccellente,ma a basso prezzo, come il ferro fuso. Non è pure il vo-stro parere, maggiore?

— Per l'appunto, rispose Elphiston.— Di fatto, riprese Barbicane, il ferro fuso costa dieci

volte meno del bronzo, si ottiene facilmente, si fa scor-rere semplicemente in una forma di sabbia, ed è di rapi-do maneggio; c'è dunque economia di danaro e di tem-po. Del resto, questa materia è eccellente, e mi ricordoche durante la guerra, all'assedio di Atlanta, alcuni can-noni di ghisa hanno sparato mille colpi ciascuno di ventiin venti minuti senza soffrirne danno.

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— Eppure la ghisa si guasta facilmente, rispose Mor-gan.

— Sì, ma è anche molto resistente: del resto noniscoppieremo, ve ne do la mia parola, caro collega.

— Si può scoppiare ed essere onesto, rispose con farecattedratico J. T. Maston.

— Certissimamente, replicò Barbicane. Io pregheròdunque il nostro degno segretario di calcolare il peso diun cannone di ghisa lungo novecento piedi, del diametrointerno di nove piedi, con pareti di sei piedi di spessore.

— All'istante, rispose J. T. Maston con somma tran-quillità.

Così, come aveva fatto il giorno addietro, allineò lesue formole con facilità sorprendente, e dopo un minutodisse:

— Questo cannone peserà sessantottomila e quarantatonnellate.

— Le quali costeranno?...— Due milioni cinquecentomila e settecent'un dollaro

(13.608.000 franchi).J. T. Maston, il maggiore ed il generale, guardarono

Barbicane con aria inquieta.— Ebbene? signori, disse il presidente, io vi ripeterò

quello che vi diceva ieri; state tranquilli, i milioni non cimancheranno!

In questa certezza, espressa dal presidente, il Comita-to si sciolse, dopo avere stabilito per la domane la terzaseduta.

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— Eppure la ghisa si guasta facilmente, rispose Mor-gan.

— Sì, ma è anche molto resistente: del resto noniscoppieremo, ve ne do la mia parola, caro collega.

— Si può scoppiare ed essere onesto, rispose con farecattedratico J. T. Maston.

— Certissimamente, replicò Barbicane. Io pregheròdunque il nostro degno segretario di calcolare il peso diun cannone di ghisa lungo novecento piedi, del diametrointerno di nove piedi, con pareti di sei piedi di spessore.

— All'istante, rispose J. T. Maston con somma tran-quillità.

Così, come aveva fatto il giorno addietro, allineò lesue formole con facilità sorprendente, e dopo un minutodisse:

— Questo cannone peserà sessantottomila e quarantatonnellate.

— Le quali costeranno?...— Due milioni cinquecentomila e settecent'un dollaro

(13.608.000 franchi).J. T. Maston, il maggiore ed il generale, guardarono

Barbicane con aria inquieta.— Ebbene? signori, disse il presidente, io vi ripeterò

quello che vi diceva ieri; state tranquilli, i milioni non cimancheranno!

In questa certezza, espressa dal presidente, il Comita-to si sciolse, dopo avere stabilito per la domane la terzaseduta.

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CAPITOLO IX.La quistione delle polveri.

Rimaneva da trattarsi la quistione delle polveri. Ilpubblico aspettava con ansia quest'ultima decisione. Lagrossezza del proiettile, la larghezza del cannone eranodate; quale sarebbe la quantità di polvere necessaria perprodurre l'impulso? Quest'agente terribile, i cui effettisono peraltro in potere dell'uomo stava per essere chia-mato a rappresentare la sua parte in proporzioni inusita-te.

Comunemente si sa, e si ripete volentieri, che la pol-vere fu inventata nel quattordicesimo secolo dal monacoSchwartz, che pagò colla vita la sua grande scoperta.Ma oramai è quasi provato che questa storia deve esserecollocata fra le leggende dell'età di mezzo. La polverenon è stata inventata da nessuno: essa viene direttamen-te dai fuochi greci, composti al pari di essa di zolfo e disalnitro. Solamente, da quel tempo, tali misture, che nonerano se non misture fondenti, si sono trasformate in mi-sture detonanti.

Ma se gli eruditi conoscevano perfettamente la falsastoria della polvere, pochi rendonsi conto della sua po-

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CAPITOLO IX.La quistione delle polveri.

Rimaneva da trattarsi la quistione delle polveri. Ilpubblico aspettava con ansia quest'ultima decisione. Lagrossezza del proiettile, la larghezza del cannone eranodate; quale sarebbe la quantità di polvere necessaria perprodurre l'impulso? Quest'agente terribile, i cui effettisono peraltro in potere dell'uomo stava per essere chia-mato a rappresentare la sua parte in proporzioni inusita-te.

Comunemente si sa, e si ripete volentieri, che la pol-vere fu inventata nel quattordicesimo secolo dal monacoSchwartz, che pagò colla vita la sua grande scoperta.Ma oramai è quasi provato che questa storia deve esserecollocata fra le leggende dell'età di mezzo. La polverenon è stata inventata da nessuno: essa viene direttamen-te dai fuochi greci, composti al pari di essa di zolfo e disalnitro. Solamente, da quel tempo, tali misture, che nonerano se non misture fondenti, si sono trasformate in mi-sture detonanti.

Ma se gli eruditi conoscevano perfettamente la falsastoria della polvere, pochi rendonsi conto della sua po-

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tenza meccanica. Ora ciò è quanto vuolsi sapere percomprendere l'importanza della quistione sottoposta alComitato.

Un litro di polvere pesa all'incirca due libbre40 (900grammi); infiammandosi, esso produce quattrocento litridi gas; questi gas, resi liberi e sotto l'azione di una tem-peratura portata a duemila e quattrocento gradi, occupa-no lo spazio di quattromila litri. Dunque il volume dellapolvere sta ai volumi dei gas, prodotti dalla sua defla-grazione, come uno sta a quattromila. Che si giudichi al-lora della spaventevole forza di espansione dei gasquando sono compressi in uno spazio quattromila voltetroppo ristretto.

Ecco ciò che sapevano perfettamente i membri delComitato quando l'indomani entrarono in seduta. Barbi-cane diede la parola al maggiore Elphiston, che era statodirettore delle polveri durante la guerra.

— Miei cari colleghi, disse il chimico illustre, comin-cierò dalle chiare cifre che ci serviranno di base. La pal-la da ventiquattro, di cui ci parlava ieri l'altro l'onorevo-le J. T. Maston, in termini così poetici, non viene scac-ciata dalla bocca da fuoco, che da sedici libbre di polve-re.

— Siete certo della cifra? domandò il presidente Bar-bicane.

— Assolutamente certo, rispose il maggiore. Il can-none Armstrong non esige che settantacinque libbre di

40 La libbra americana è di 458 grammi.

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tenza meccanica. Ora ciò è quanto vuolsi sapere percomprendere l'importanza della quistione sottoposta alComitato.

Un litro di polvere pesa all'incirca due libbre40 (900grammi); infiammandosi, esso produce quattrocento litridi gas; questi gas, resi liberi e sotto l'azione di una tem-peratura portata a duemila e quattrocento gradi, occupa-no lo spazio di quattromila litri. Dunque il volume dellapolvere sta ai volumi dei gas, prodotti dalla sua defla-grazione, come uno sta a quattromila. Che si giudichi al-lora della spaventevole forza di espansione dei gasquando sono compressi in uno spazio quattromila voltetroppo ristretto.

Ecco ciò che sapevano perfettamente i membri delComitato quando l'indomani entrarono in seduta. Barbi-cane diede la parola al maggiore Elphiston, che era statodirettore delle polveri durante la guerra.

— Miei cari colleghi, disse il chimico illustre, comin-cierò dalle chiare cifre che ci serviranno di base. La pal-la da ventiquattro, di cui ci parlava ieri l'altro l'onorevo-le J. T. Maston, in termini così poetici, non viene scac-ciata dalla bocca da fuoco, che da sedici libbre di polve-re.

— Siete certo della cifra? domandò il presidente Bar-bicane.

— Assolutamente certo, rispose il maggiore. Il can-none Armstrong non esige che settantacinque libbre di

40 La libbra americana è di 458 grammi.

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polvere per un proiettile di ottocento libbre, e la Colum-biade Rodman richiede soltanto centosessanta libbre dipolvere per mandare la sua palla di mezza tonnellata. Ifatti da me esposti non possono essere messi in dubbio,perchè li ho rilevati io stesso, dai processi verbali delComitato d'artiglieria.

— Benissimo, riprese il generale.— Ebbene! rispose il maggiore, ecco la conseguenza

che vuolsi dedurre di tali cifre, cioè: la quantità dellapolvere non aumenta col peso della palla, e però se oc-corressero sedici libbre di polvere per una palla da ven-tiquattro, o, con altre parole, se pei cannoni comuni siadopera una quantità di polvere del peso di due terziquello del proiettile, tale proporzione non è costante.Calcolate, e vedrete che per le palle di mezza tonnellata,invece di trecentotrentatre libbre di polvere, questaquantità è stata ridotta a centosessanta soltanto.

— Che cosa volete inferirne? domandò il presidente.— Se spingete la vostra teoria all'estremo, mio caro

maggiore, disse J. T.. Maston, giungerete a tal punto chequando la palla avrà un certo peso, non adoprerete unsolo granello di polvere.

— All'amico Maston piace di scherzare anche sullecose serie, replicò il maggiore; ma si rinfranchi: io pro-porrò tosto delle qualità di polvere che soddisferanno ilsuo amor proprio d'artigliere. Soltanto mi preme di con-statare che durante la guerra, e per i più grossi cannoni,il peso della polvere è stato ridotto, dopo l'esperienzafatta, al decimo del peso della palla.

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polvere per un proiettile di ottocento libbre, e la Colum-biade Rodman richiede soltanto centosessanta libbre dipolvere per mandare la sua palla di mezza tonnellata. Ifatti da me esposti non possono essere messi in dubbio,perchè li ho rilevati io stesso, dai processi verbali delComitato d'artiglieria.

— Benissimo, riprese il generale.— Ebbene! rispose il maggiore, ecco la conseguenza

che vuolsi dedurre di tali cifre, cioè: la quantità dellapolvere non aumenta col peso della palla, e però se oc-corressero sedici libbre di polvere per una palla da ven-tiquattro, o, con altre parole, se pei cannoni comuni siadopera una quantità di polvere del peso di due terziquello del proiettile, tale proporzione non è costante.Calcolate, e vedrete che per le palle di mezza tonnellata,invece di trecentotrentatre libbre di polvere, questaquantità è stata ridotta a centosessanta soltanto.

— Che cosa volete inferirne? domandò il presidente.— Se spingete la vostra teoria all'estremo, mio caro

maggiore, disse J. T.. Maston, giungerete a tal punto chequando la palla avrà un certo peso, non adoprerete unsolo granello di polvere.

— All'amico Maston piace di scherzare anche sullecose serie, replicò il maggiore; ma si rinfranchi: io pro-porrò tosto delle qualità di polvere che soddisferanno ilsuo amor proprio d'artigliere. Soltanto mi preme di con-statare che durante la guerra, e per i più grossi cannoni,il peso della polvere è stato ridotto, dopo l'esperienzafatta, al decimo del peso della palla.

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— Non vi ha nulla di più esatto, disse Morgan. Maprima di stabilire la quantità di polvere necessaria perdare l'impulso, ritengo che sarà bene intendersi in meri-to alla qualità.

— Noi ci serviremo della polvere a grossi grani, ri-spose il maggiore, la sua deflagrazione è più rapida diquella del polverino.

— Senza dubbio, replicò Morgan: ma è molto mali-gna, e finisce col danneggiare l'anima dei cannoni.

— Benissimo! Ciò che è sconveniente per un cannonedestinato a fare un lungo servizio, non lo è per la nostraColumbiade. Non abbiamo alcun pericolo d'esplosione,e bisogna che la polvere si infiammi istantaneamente,affinchè l'effetto meccanico sia completo.

— Potrebbonsi, disse J. T. Maston, fare parecchi lu-minelli, in modo da mettere il foco su diversi punti adun tempo.

— Senza dubbio, rispose Elphiston, ma ciò rendereb-be la manovra più difficile. Insomma, io ritorno alla miapolvere a grossi grani, che sopprime queste difficoltà.

— Sia, rispose il generale.— Per caricare la Columbiade, riprese il maggiore,

Rodman adoperava una polvere a grani grossi come ca-stagne, fatta con carbone di salice semplicemente torre-fatto in caldaie di ghisa. Questa polvere era dura e lu-cente, non lasciava alcuna traccia sulla mano, contenevain grandi proporzioni idrogeno ed ossigeno, esplodevaistantaneamente, e, quantunque assai maligna, non dan-neggiava sensibilmente le bocche da fuoco.

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— Non vi ha nulla di più esatto, disse Morgan. Maprima di stabilire la quantità di polvere necessaria perdare l'impulso, ritengo che sarà bene intendersi in meri-to alla qualità.

— Noi ci serviremo della polvere a grossi grani, ri-spose il maggiore, la sua deflagrazione è più rapida diquella del polverino.

— Senza dubbio, replicò Morgan: ma è molto mali-gna, e finisce col danneggiare l'anima dei cannoni.

— Benissimo! Ciò che è sconveniente per un cannonedestinato a fare un lungo servizio, non lo è per la nostraColumbiade. Non abbiamo alcun pericolo d'esplosione,e bisogna che la polvere si infiammi istantaneamente,affinchè l'effetto meccanico sia completo.

— Potrebbonsi, disse J. T. Maston, fare parecchi lu-minelli, in modo da mettere il foco su diversi punti adun tempo.

— Senza dubbio, rispose Elphiston, ma ciò rendereb-be la manovra più difficile. Insomma, io ritorno alla miapolvere a grossi grani, che sopprime queste difficoltà.

— Sia, rispose il generale.— Per caricare la Columbiade, riprese il maggiore,

Rodman adoperava una polvere a grani grossi come ca-stagne, fatta con carbone di salice semplicemente torre-fatto in caldaie di ghisa. Questa polvere era dura e lu-cente, non lasciava alcuna traccia sulla mano, contenevain grandi proporzioni idrogeno ed ossigeno, esplodevaistantaneamente, e, quantunque assai maligna, non dan-neggiava sensibilmente le bocche da fuoco.

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Page 87: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

— Ebbene! mi sembra, rispose J. T. Maston, che nondobbiamo esitare, e che la nostra scelta è fatta.

— A meno che non preferiate la polvere d'oro, replicòil maggiore ridendo: il che gli meritò un gesto minaccio-so dell'appicàgnolo del suo suscettibile amico.

Fino allora Barbicane erasi tenuto estraneo alla di-scussione. Lasciava parlare ed ascoltava. Al certo avevaun'idea sua propria, e si accontentò di dire semplice-mente:

— Ora, amici miei, quale quantità di polvere propo-nete?

I tre membri del Gun-Club si guardarono l'un l'altroper un istante.

— Duecentomila libbre, disse infine Morgan.— Cinquecentomila libbre; replicò il maggiore.— Ottocentomila libbre, esclamò J. T. Maston.Stavolta Elphiston non osò accusare il suo collega di

esagerazione. Di fatto si trattava di mandare fino allaLuna un proiettile del peso di ventimila libbre e di dargliuna forza iniziale di dodicimila iarde al minuto secondo.

Un momento di silenzio seguì la triplice proposta fat-ta dai tre colleghi.

Fu rotto finalmente dai presidente Barbicane.— Miei coraggiosi colleghi, disse egli con voce tran-

quilla, io parto dal principio che la resistenza del nostrocannone costrutto colle volute condizioni è illimitata. Iosorprenderò l'onorevole J. T. Maston dicendogli che simostrò pauroso nei calcoli, e proporrò di raddoppiare lesue ottocentomila libbre di polvere.

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— Ebbene! mi sembra, rispose J. T. Maston, che nondobbiamo esitare, e che la nostra scelta è fatta.

— A meno che non preferiate la polvere d'oro, replicòil maggiore ridendo: il che gli meritò un gesto minaccio-so dell'appicàgnolo del suo suscettibile amico.

Fino allora Barbicane erasi tenuto estraneo alla di-scussione. Lasciava parlare ed ascoltava. Al certo avevaun'idea sua propria, e si accontentò di dire semplice-mente:

— Ora, amici miei, quale quantità di polvere propo-nete?

I tre membri del Gun-Club si guardarono l'un l'altroper un istante.

— Duecentomila libbre, disse infine Morgan.— Cinquecentomila libbre; replicò il maggiore.— Ottocentomila libbre, esclamò J. T. Maston.Stavolta Elphiston non osò accusare il suo collega di

esagerazione. Di fatto si trattava di mandare fino allaLuna un proiettile del peso di ventimila libbre e di dargliuna forza iniziale di dodicimila iarde al minuto secondo.

Un momento di silenzio seguì la triplice proposta fat-ta dai tre colleghi.

Fu rotto finalmente dai presidente Barbicane.— Miei coraggiosi colleghi, disse egli con voce tran-

quilla, io parto dal principio che la resistenza del nostrocannone costrutto colle volute condizioni è illimitata. Iosorprenderò l'onorevole J. T. Maston dicendogli che simostrò pauroso nei calcoli, e proporrò di raddoppiare lesue ottocentomila libbre di polvere.

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— Un milione e seicentomila libbre! esclamò J. T.Maston alzandosi di botto.

— Nè più nè meno.— Ma allora bisogna far ritorno al mio cannone lun-

go mezzo miglio.— È chiaro, disse il maggiore.— Un milione e seicentomila libbre di polvere, ripre-

se il segretario del Comitato, occuperanno uno spazio diventiduemila piedi cubici41 circa, ora, siccome il nostrocannone non ha che una cepacità di cinquantaquattromi-la piedi cubici42, sarà riempiuto a metà, e l'anima nonsarà più lunga bastantemente perchè lo sviluppo dei gasdia al proiettile un impulso sufficiente.

Non v'era nulla da replicare. J. T. Maston diceva ilvero. Tutti guardarono Barbicane.

— Tuttavia, rispose il presidente, questa quantità dipolvere mi persuade. Ma figuratevi! un milione e sei-centomila libbre di polvere produrranno sei miliardi dilitri di gas. Sei milardi! Mi capite?

— Ma allora come si farà? domandò il generale.— È cosa semplicissima: bisogna ridurre tale enorme

quantità di polvere conservandole però nello stesso tem-po uguale potenza meccanica.

— Sì, ma con qual mezzo?— State a sentire, rispose semplicemente Barbicane.I suoi interlocutori lo divorarono cogli occhi.

41 Un po' meno di 800 metri cubi.42 Duemila metri nubi.

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— Un milione e seicentomila libbre! esclamò J. T.Maston alzandosi di botto.

— Nè più nè meno.— Ma allora bisogna far ritorno al mio cannone lun-

go mezzo miglio.— È chiaro, disse il maggiore.— Un milione e seicentomila libbre di polvere, ripre-

se il segretario del Comitato, occuperanno uno spazio diventiduemila piedi cubici41 circa, ora, siccome il nostrocannone non ha che una cepacità di cinquantaquattromi-la piedi cubici42, sarà riempiuto a metà, e l'anima nonsarà più lunga bastantemente perchè lo sviluppo dei gasdia al proiettile un impulso sufficiente.

Non v'era nulla da replicare. J. T. Maston diceva ilvero. Tutti guardarono Barbicane.

— Tuttavia, rispose il presidente, questa quantità dipolvere mi persuade. Ma figuratevi! un milione e sei-centomila libbre di polvere produrranno sei miliardi dilitri di gas. Sei milardi! Mi capite?

— Ma allora come si farà? domandò il generale.— È cosa semplicissima: bisogna ridurre tale enorme

quantità di polvere conservandole però nello stesso tem-po uguale potenza meccanica.

— Sì, ma con qual mezzo?— State a sentire, rispose semplicemente Barbicane.I suoi interlocutori lo divorarono cogli occhi.

41 Un po' meno di 800 metri cubi.42 Duemila metri nubi.

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— Nulla di più facile infatti, egli riprese, che ridurrequesta massa di polvere ad un volume quattro voltemeno considerevole. Voi conoscete tutti la sostanza checostituisce i tessuti elementari dei vegetali, e che si chia-ma la cellulosa.

— Ah! esclamò il maggiore, vi comprendo, mio caroBarbicane.

— Questa sostanza, disse il presidente, si ottiene allostato di purezza perfetta in diversi corpi, e più special-mente nel cotone, che altro non è se non il pelo dei granidelle piante di cotone. Ora il cotone, combinato con aci-do azotico a freddo, si trasforma in una sostanza emi-nentemente insolubile, combustibile ed esplosiva. Alcu-ni anni sono, nel 1832, un chimico francese, Braconnot,scoperse questa sostanza che egli chiamò Silloidina. Nel1838, un altro francese, Pelouse, ne studiò le diverseproprietà, ed infine, nel 1846, Shonbein, professore dichimica a Basilea, la propose come polvere di guerra.Questa polvere è il cotone azotico....

— O pirossilo, rispose Elphiston.— O cotone fulminante, replicò Morgan.— Non vi è dunque un nome americano da scrivere

sotto questa scoperta? esclamò J. T. Maston, spinto daun vivo sentimento di amor proprio nazionale.

— Nemmeno uno per disgrazia, rispose il maggiore.— Tuttavia, per soddisfare Maston, riprese il presi-

dente, gli dirò che i lavori di un nostro concittadino pos-sono aver relazione collo studio della cellulosa, perchèil collodio, che è fra gli agenti principali della fotogra-

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— Nulla di più facile infatti, egli riprese, che ridurrequesta massa di polvere ad un volume quattro voltemeno considerevole. Voi conoscete tutti la sostanza checostituisce i tessuti elementari dei vegetali, e che si chia-ma la cellulosa.

— Ah! esclamò il maggiore, vi comprendo, mio caroBarbicane.

— Questa sostanza, disse il presidente, si ottiene allostato di purezza perfetta in diversi corpi, e più special-mente nel cotone, che altro non è se non il pelo dei granidelle piante di cotone. Ora il cotone, combinato con aci-do azotico a freddo, si trasforma in una sostanza emi-nentemente insolubile, combustibile ed esplosiva. Alcu-ni anni sono, nel 1832, un chimico francese, Braconnot,scoperse questa sostanza che egli chiamò Silloidina. Nel1838, un altro francese, Pelouse, ne studiò le diverseproprietà, ed infine, nel 1846, Shonbein, professore dichimica a Basilea, la propose come polvere di guerra.Questa polvere è il cotone azotico....

— O pirossilo, rispose Elphiston.— O cotone fulminante, replicò Morgan.— Non vi è dunque un nome americano da scrivere

sotto questa scoperta? esclamò J. T. Maston, spinto daun vivo sentimento di amor proprio nazionale.

— Nemmeno uno per disgrazia, rispose il maggiore.— Tuttavia, per soddisfare Maston, riprese il presi-

dente, gli dirò che i lavori di un nostro concittadino pos-sono aver relazione collo studio della cellulosa, perchèil collodio, che è fra gli agenti principali della fotogra-

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fia, è semplice pirossilo disciolto nell'etere diluito conalcool, ed è stato scoperto da Maynard, allora studentedi medicina a Boston.

— Ebbene, evviva Maynard, evviva il cotone fulmi-nante! esclamò il chiassoso segretario del Gun-Club.

— Io ritorno al pirossilo, riprese Barbicane. Voi cono-scete le sue proprietà che stanno per renderlo così pre-zioso; esso preparasi colla maggiore facilità; s'immergeil cotone nell'acido azotico fumante43 per quindici minu-ti, poi lo si lava in acqua pura, lo si fa asciugare, e tuttoè fatto.

— Nulla di più semplice infatti, disse Morgan.— Inoltre il pirossilo è inalterabile all'umidità, qualità

preziosa agli occhi nostri, poichè occorreranno diversigiorni per caricare il cannone; la sua infiammabilità haluogo a centosettanta gradi, non a dugento quaranta; peril che è tanto subitanea che si può accenderlo sulla pol-vere comune, senza che questa abbia tempo di pigliarfuoco.

— Ottimamente, rispose il maggiore.— Soltanto è più costoso.— E che importa? osservò J. T. Maston.— Infine comunica ai proiettili una velocità quattro

volte superiore a quella della polvere, ed aggiungeròanzi che, se vi si mischiano otto decimi del suo peso dinitrato di potassa, la sua potenza espansiva è ancora au-

43 Così chiamato perchè al contatto dell'aria umida spande undenso fumo bianchiccio.

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fia, è semplice pirossilo disciolto nell'etere diluito conalcool, ed è stato scoperto da Maynard, allora studentedi medicina a Boston.

— Ebbene, evviva Maynard, evviva il cotone fulmi-nante! esclamò il chiassoso segretario del Gun-Club.

— Io ritorno al pirossilo, riprese Barbicane. Voi cono-scete le sue proprietà che stanno per renderlo così pre-zioso; esso preparasi colla maggiore facilità; s'immergeil cotone nell'acido azotico fumante43 per quindici minu-ti, poi lo si lava in acqua pura, lo si fa asciugare, e tuttoè fatto.

— Nulla di più semplice infatti, disse Morgan.— Inoltre il pirossilo è inalterabile all'umidità, qualità

preziosa agli occhi nostri, poichè occorreranno diversigiorni per caricare il cannone; la sua infiammabilità haluogo a centosettanta gradi, non a dugento quaranta; peril che è tanto subitanea che si può accenderlo sulla pol-vere comune, senza che questa abbia tempo di pigliarfuoco.

— Ottimamente, rispose il maggiore.— Soltanto è più costoso.— E che importa? osservò J. T. Maston.— Infine comunica ai proiettili una velocità quattro

volte superiore a quella della polvere, ed aggiungeròanzi che, se vi si mischiano otto decimi del suo peso dinitrato di potassa, la sua potenza espansiva è ancora au-

43 Così chiamato perchè al contatto dell'aria umida spande undenso fumo bianchiccio.

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mentata in grande proporzione.— Sarà necessario? domandò il maggiore.— Non lo credo, rispose Barbicane. Epperò, invece di

un milione e seicentomila libbre di polvere, non avremoche quattrocentomila libbre di cotone fulminante, e sic-come si possono comprimere senza pericolo cinquecen-to libbre di cotone in ventisette piedi cubi, questa mate-ria non occuperà che un'altezza di trenta tese nella Co-lumbiade. In tal guisa, la palla avrà più di settecento pie-di d'anima da percorrere sotto lo sforzo di seimila milio-ni di litri di gas, prima di pigliare il volo verso l'astrodella notte.

A questo punto J. T. Maston non potè contenere lapropria commozione: ei si gettò nelle braccia dell'amicosuo colla violenza di un proiettile, ed al certo l'avrebbesfondato, se Barbicane non fosse stato costrutto a provadi bomba.

Siffatto incidente diede fine alla terza seduta del Co-mitato. Barbicane ed i suoi audaci colleghi, cosa incre-dibile! avevano sciolto il quesito sì complicato del pro-iettile, del cannone e delle polveri. Una volta stabilito ilpiano, più non c'era che mandarlo ad effetto.

«Semplice particolare, cosa da nulla», diceva J. T.Maston.

NOTA. In questa discussione il presidente Barbicane rivendicaper uno de' suoi compatrioti l'invenzione del collodio. È un erro-re, con buona licenza del signor J. T. Maston, e proviene dalla so-miglianza dei due nomi.

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mentata in grande proporzione.— Sarà necessario? domandò il maggiore.— Non lo credo, rispose Barbicane. Epperò, invece di

un milione e seicentomila libbre di polvere, non avremoche quattrocentomila libbre di cotone fulminante, e sic-come si possono comprimere senza pericolo cinquecen-to libbre di cotone in ventisette piedi cubi, questa mate-ria non occuperà che un'altezza di trenta tese nella Co-lumbiade. In tal guisa, la palla avrà più di settecento pie-di d'anima da percorrere sotto lo sforzo di seimila milio-ni di litri di gas, prima di pigliare il volo verso l'astrodella notte.

A questo punto J. T. Maston non potè contenere lapropria commozione: ei si gettò nelle braccia dell'amicosuo colla violenza di un proiettile, ed al certo l'avrebbesfondato, se Barbicane non fosse stato costrutto a provadi bomba.

Siffatto incidente diede fine alla terza seduta del Co-mitato. Barbicane ed i suoi audaci colleghi, cosa incre-dibile! avevano sciolto il quesito sì complicato del pro-iettile, del cannone e delle polveri. Una volta stabilito ilpiano, più non c'era che mandarlo ad effetto.

«Semplice particolare, cosa da nulla», diceva J. T.Maston.

NOTA. In questa discussione il presidente Barbicane rivendicaper uno de' suoi compatrioti l'invenzione del collodio. È un erro-re, con buona licenza del signor J. T. Maston, e proviene dalla so-miglianza dei due nomi.

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Nel 1847, Maynard, studente di medicina a Boston, ebbe bensìl'idea di far uso del collodio nelle cure delle piaghe, ma il collo-dio era conosciuto fino dal 1846. Gli è ad un Francese, elettissi-mo ingegno e valente pittore, e poeta, e filosofo, e grecista e chi-mico, al signor Luigi Menard, che è dovuto l'onore di questagrande scoperta. G. V.

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Nel 1847, Maynard, studente di medicina a Boston, ebbe bensìl'idea di far uso del collodio nelle cure delle piaghe, ma il collo-dio era conosciuto fino dal 1846. Gli è ad un Francese, elettissi-mo ingegno e valente pittore, e poeta, e filosofo, e grecista e chi-mico, al signor Luigi Menard, che è dovuto l'onore di questagrande scoperta. G. V.

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CAPITOLO X.Un nemico sopra venticinque milioni

d'amici.

Il pubblico americano s'interessava sommamente deimenomi particolari dell'impresa del Gun-Club. Esso se-guiva giorno per giorno le discussioni del Comitato. Ipiù semplici preparativi di questo grande esperimento,le quistioni di cifre che sollevava, le difficoltà numeri-che da risolvere, in una parola il concretamento di que-ste idee, era ciò che al maggior grado lo rendeva fanati-co.

Più di un anno doveva certo scorrere tra il principiodei lavori ed il loro compimento: ma questo spazio ditempo non doveva essere privo di emozioni: l'area dascegliere per la perforatura, la costruzione della forma,la fusione della Columbiade, la sua pericolosissima cari-ca erano anche troppo per eccitare la pubblica curiosità.Il proiettile, una volta lanciato, sfuggirebbe agli sguardiin pochi decimi di minuto secondo; poi ciò che ne av-verrebbe, in qual modo ei si comporterebbe nello spa-zio, come raggiungerebbe la Luna, gli è ciò che sola-mente un picciol numero di uomini privilegiati potrebbe

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CAPITOLO X.Un nemico sopra venticinque milioni

d'amici.

Il pubblico americano s'interessava sommamente deimenomi particolari dell'impresa del Gun-Club. Esso se-guiva giorno per giorno le discussioni del Comitato. Ipiù semplici preparativi di questo grande esperimento,le quistioni di cifre che sollevava, le difficoltà numeri-che da risolvere, in una parola il concretamento di que-ste idee, era ciò che al maggior grado lo rendeva fanati-co.

Più di un anno doveva certo scorrere tra il principiodei lavori ed il loro compimento: ma questo spazio ditempo non doveva essere privo di emozioni: l'area dascegliere per la perforatura, la costruzione della forma,la fusione della Columbiade, la sua pericolosissima cari-ca erano anche troppo per eccitare la pubblica curiosità.Il proiettile, una volta lanciato, sfuggirebbe agli sguardiin pochi decimi di minuto secondo; poi ciò che ne av-verrebbe, in qual modo ei si comporterebbe nello spa-zio, come raggiungerebbe la Luna, gli è ciò che sola-mente un picciol numero di uomini privilegiati potrebbe

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vedere con gli occhi proprii. Laonde i preparatividell'esperimento, i particolari precisi dell'esecuzioneerano quelli che fissavano veramente l'attenzione dellagran maggioranza del pubblico.

Nullameno l'attrattiva puramente scientificadell'impresa fu di botto risvegliata da un incidente.

È noto quali numerose legioni di ammiratori e d'amicirendessero omaggio al progetto Barbicane. Tuttavia, perquanto onorifica e straordinaria si fosse, tale maggioran-za non doveva essere l'unanimità. Un solo uomo, unosolo in tutti gli Stati dell'Unione, protestò contro il tenta-tivo del Gun-Club; egli lo assalì con violenza in ognioccasione: e la natura umana è così fatta, che Barbicanefu più sensibile a questa opposizione di uno solo cheagli applausi di tutti gli altri.

Egli però sapeva bene il motivo di quell'antipatia,d'onde provenisse quell'unica inimicizia, quanto fossepersonale e di vecchia data: insomma da quale rivalitàd'amor proprio avesse preso nascimento.

Questo nemico perseverante il presidente del Gun-Club non lo aveva mai veduto. E fu ventura, poichèl'incontro dei due avversarii avrebbe certamente condot-to a tristissime conseguenze. Questo rivale era ridottocome Barbicane, altiero, audace, convinto, violento, unpuro Gianche. Lo si chiamava il capitano Nicholl. Egliabitava a Filadelfia.

Nessuno ignora la lotta curiosa che si stabili durantela guerra federale fra il proiettile e la corazza delle naviblindate; quello destinato a forare questa: questa decisa

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vedere con gli occhi proprii. Laonde i preparatividell'esperimento, i particolari precisi dell'esecuzioneerano quelli che fissavano veramente l'attenzione dellagran maggioranza del pubblico.

Nullameno l'attrattiva puramente scientificadell'impresa fu di botto risvegliata da un incidente.

È noto quali numerose legioni di ammiratori e d'amicirendessero omaggio al progetto Barbicane. Tuttavia, perquanto onorifica e straordinaria si fosse, tale maggioran-za non doveva essere l'unanimità. Un solo uomo, unosolo in tutti gli Stati dell'Unione, protestò contro il tenta-tivo del Gun-Club; egli lo assalì con violenza in ognioccasione: e la natura umana è così fatta, che Barbicanefu più sensibile a questa opposizione di uno solo cheagli applausi di tutti gli altri.

Egli però sapeva bene il motivo di quell'antipatia,d'onde provenisse quell'unica inimicizia, quanto fossepersonale e di vecchia data: insomma da quale rivalitàd'amor proprio avesse preso nascimento.

Questo nemico perseverante il presidente del Gun-Club non lo aveva mai veduto. E fu ventura, poichèl'incontro dei due avversarii avrebbe certamente condot-to a tristissime conseguenze. Questo rivale era ridottocome Barbicane, altiero, audace, convinto, violento, unpuro Gianche. Lo si chiamava il capitano Nicholl. Egliabitava a Filadelfia.

Nessuno ignora la lotta curiosa che si stabili durantela guerra federale fra il proiettile e la corazza delle naviblindate; quello destinato a forare questa: questa decisa

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a non lasciarci forare. Di qui una trasformazione radica-le della marina degli Stati dei due continenti. La palla ela lastra lottarono con un accanimento senza esempio,ingrossando tutt'e due in proporzione costante. Le navi,armate di cannoni formidabili, esponevansi al fuoco sot-to la difesa del loro invulnerabile guscio. I Merrimac, iMonitor, i Ram-Tennessee, i Wechausen44 lanciavano iproiettili enormi dopo di essersi corazzati contro i pro-iettili degli altri.

Essi facevano agli altri ciò che non volevano fosseloro fatto; principio immorale sul quale si fonda l'artedella guerra.

Ora, se Barbicane fu grande fonditore di proiettili, Ni-choll fu grande fabbricatore di corazze. L'uno fondevagiorno e notte a Baltimora, e l'altro fabbricava giorno enotte a Filadelfia. Ciascuno seguiva un ordine d'idee es-senzialmente opposto.

Non sì tosto Barbicane inventava una nuova palla;Nicholl inventava una nuova corazza. Il presidente delGun-Club trascorreva la sua vita nel far buchi, il capita-no nell'impedirli. Da ciò una rivalità continua che anda-va fino alle personalità. Nicholl appariva nei sogni diBarbicane sotto la forma di una corazza impenetrabilecontro la quale egli andava a sfasciarsi; e Barbicane, neisogni di Nicholl, come un proiettile che lo forava dabanda a banda.

Ciò non ostante, quantunque seguissero due linee di-

44 Bastimenti della marina americana.

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a non lasciarci forare. Di qui una trasformazione radica-le della marina degli Stati dei due continenti. La palla ela lastra lottarono con un accanimento senza esempio,ingrossando tutt'e due in proporzione costante. Le navi,armate di cannoni formidabili, esponevansi al fuoco sot-to la difesa del loro invulnerabile guscio. I Merrimac, iMonitor, i Ram-Tennessee, i Wechausen44 lanciavano iproiettili enormi dopo di essersi corazzati contro i pro-iettili degli altri.

Essi facevano agli altri ciò che non volevano fosseloro fatto; principio immorale sul quale si fonda l'artedella guerra.

Ora, se Barbicane fu grande fonditore di proiettili, Ni-choll fu grande fabbricatore di corazze. L'uno fondevagiorno e notte a Baltimora, e l'altro fabbricava giorno enotte a Filadelfia. Ciascuno seguiva un ordine d'idee es-senzialmente opposto.

Non sì tosto Barbicane inventava una nuova palla;Nicholl inventava una nuova corazza. Il presidente delGun-Club trascorreva la sua vita nel far buchi, il capita-no nell'impedirli. Da ciò una rivalità continua che anda-va fino alle personalità. Nicholl appariva nei sogni diBarbicane sotto la forma di una corazza impenetrabilecontro la quale egli andava a sfasciarsi; e Barbicane, neisogni di Nicholl, come un proiettile che lo forava dabanda a banda.

Ciò non ostante, quantunque seguissero due linee di-

44 Bastimenti della marina americana.

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Page 96: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

vergenti, questi scienziati avrebbero finito coll'incon-trarsi a dispetto di tutti gli assiomi della geometria; maallora sarebbe stato sul terreno di un duello. Fu granventura che cittadini sì utili al loro paese si trovasseroad una lontananza di cinquanta o sessanta miglia l'unodall'altro, e che i loro amici frapponessero tali ostacolisulla via da non incontrarsi mai.

Ora, quale dei due inventori avesse avuto la palmasull'altro non si sapeva precisamente; gli ottenuti risulta-ti rendevano difficile un giusto apprezzamento. Parmiperò, in fin dei conti, che la corazza dovesse cedere allapalla. Nullameno, per gli uomini competenti, rimanevail dubbio. Nelle ultime prove i proiettili cilindro-conicidi Barbicane rimasero infissi come spilli nelle corazzedi Nicholl; quel giorno il fabbro di Filadelfia si credettevittorioso e non seppe trovare bastevoli parole di di-sprezzo pel suo rivale; ma quando questi sostituì più tar-di alle palle coniche semplicissimi obici da seicento lib-bre, il capitano dovette rimettere un pochino della suaalterigia. Di fatto tali proiettili, quantunque animati damediocre velocità45 spezzarono, forarono, fecero volarein ischegge le corazze del miglior metallo.

Le cose erano dunque a tal punto; la vittoria parevadovesse rimanere alla palla, allorchè la guerra finì lostesso giorno che Nicholl terminava una nuova corazzadi ferro lavorato. Era un capolavoro del suo genere: sfi-

45 Il peso della polvere adoperata non era che 1/12 del pesodell'obice.

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vergenti, questi scienziati avrebbero finito coll'incon-trarsi a dispetto di tutti gli assiomi della geometria; maallora sarebbe stato sul terreno di un duello. Fu granventura che cittadini sì utili al loro paese si trovasseroad una lontananza di cinquanta o sessanta miglia l'unodall'altro, e che i loro amici frapponessero tali ostacolisulla via da non incontrarsi mai.

Ora, quale dei due inventori avesse avuto la palmasull'altro non si sapeva precisamente; gli ottenuti risulta-ti rendevano difficile un giusto apprezzamento. Parmiperò, in fin dei conti, che la corazza dovesse cedere allapalla. Nullameno, per gli uomini competenti, rimanevail dubbio. Nelle ultime prove i proiettili cilindro-conicidi Barbicane rimasero infissi come spilli nelle corazzedi Nicholl; quel giorno il fabbro di Filadelfia si credettevittorioso e non seppe trovare bastevoli parole di di-sprezzo pel suo rivale; ma quando questi sostituì più tar-di alle palle coniche semplicissimi obici da seicento lib-bre, il capitano dovette rimettere un pochino della suaalterigia. Di fatto tali proiettili, quantunque animati damediocre velocità45 spezzarono, forarono, fecero volarein ischegge le corazze del miglior metallo.

Le cose erano dunque a tal punto; la vittoria parevadovesse rimanere alla palla, allorchè la guerra finì lostesso giorno che Nicholl terminava una nuova corazzadi ferro lavorato. Era un capolavoro del suo genere: sfi-

45 Il peso della polvere adoperata non era che 1/12 del pesodell'obice.

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Page 97: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

dava tutti i proiettili del mondo. Il capitano la fece tra-sportare al poligono di Washington, invitando il presi-dente del Gun-Club a spezzarla. Barbicane, siccome lapace era conchiusa, non volle tentare la prova.

Nicholl, a questa risposta, uscì dai gangheri; egli offrìdi esporre la propria corazza all'urto delle palle più inve-rosimili, piene, vuote, rotonde o coniche. Nuovo rifiutodel presidente, che invero non voleva compromettere lasua ultima vittoria.

Nicholl, irritato da quell'infaticabile ostinazione, volletentare Barbicane lasciandogli tutti i punti favorevoli.Egli propose di mettere la sua corazza a dugento jardedal cannone; a cento; a settantacinque. Fu tutto inutile.

«A cinquanta allora, esclamò il capitano colla vocedei giornali, a cinquanta jarde la mia corazza, ed io mimetterò di dietro!»

Barbicane fece rispondere che quando anche il capita-no Nicholl si mettesse dinanzi, egli non ne farebbel'esperimento.

Nicholl a questa risposta non seppe più contenersi:scese alle personalità: insinuò che la vigliaccheria eramanifesta; che l'uomo il quale rifiuta di sparare una can-nonata lascia comprendere che ne ha paura; che in fon-do tali artiglieri, che si battono oramai a sei miglia di di-stanza, hanno prudentemente sostituito al coraggio indi-viduale le formole matematiche, e che in fin dei conti viha tanta forza d'animo nell'aspettare tranquillamente unapalla dietro una corazza quanto a mandarla con tutte leregole dell'arte.

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dava tutti i proiettili del mondo. Il capitano la fece tra-sportare al poligono di Washington, invitando il presi-dente del Gun-Club a spezzarla. Barbicane, siccome lapace era conchiusa, non volle tentare la prova.

Nicholl, a questa risposta, uscì dai gangheri; egli offrìdi esporre la propria corazza all'urto delle palle più inve-rosimili, piene, vuote, rotonde o coniche. Nuovo rifiutodel presidente, che invero non voleva compromettere lasua ultima vittoria.

Nicholl, irritato da quell'infaticabile ostinazione, volletentare Barbicane lasciandogli tutti i punti favorevoli.Egli propose di mettere la sua corazza a dugento jardedal cannone; a cento; a settantacinque. Fu tutto inutile.

«A cinquanta allora, esclamò il capitano colla vocedei giornali, a cinquanta jarde la mia corazza, ed io mimetterò di dietro!»

Barbicane fece rispondere che quando anche il capita-no Nicholl si mettesse dinanzi, egli non ne farebbel'esperimento.

Nicholl a questa risposta non seppe più contenersi:scese alle personalità: insinuò che la vigliaccheria eramanifesta; che l'uomo il quale rifiuta di sparare una can-nonata lascia comprendere che ne ha paura; che in fon-do tali artiglieri, che si battono oramai a sei miglia di di-stanza, hanno prudentemente sostituito al coraggio indi-viduale le formole matematiche, e che in fin dei conti viha tanta forza d'animo nell'aspettare tranquillamente unapalla dietro una corazza quanto a mandarla con tutte leregole dell'arte.

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A siffatte insinuazioni Barbicane nulla rispose: forsenon le conobbe, imperocchè era allora assorto intera-mente ne' calcoli della sua grande impresa.

Quand'egli fece la sua famosa comunicazione al Gun-Club, la collera del capitano Nicholl fu portata al paros-sismo. Ad una grandissima gelosia andava congiunto unsentimento assoluto di impotenza! Come mai inventarequalcosa di meglio di questa Columbiade di novecentopiedi! Quale corazza resisterebbe omai ad un proiettiledi trentamila libbre! Nicholl a bella prima rimase attoni-to, annichilito, sfracellato sotto simile colpo di cannone,poi si rialzò, e risolse di schiacciare la proposta sotto ilpeso dei suoi argomenti.

Assalì pertanto con molta violenza i lavori del Gun-Club; pubblicò un gran numero di lettere, che i giornalinon rifiutavansi di riprodurre: tentò di demolire scienti-ficamente l'opera di Barbicane. Incominciata che ebbe laguerra, egli chiamò in suo aiuto ragioni d'ogni natura,troppo spesso speciose e di cattiva lega.

In primo luogo Barbicane fu assalito violentissima-mente nelle sue cifre; Nicholl tentò di provare con A piùB la falsità delle formole di lui, e lo accusò di ignorare iprimi rudimenti della balistica. Tra gli errori e secondo icalcoli di Nicholl, era assolutamente impossibile impri-mere ad un corpo qualunque una velocità di dodicimilaiarde al secondo; sosteneva coll'algebra alla mano che,anche con tale velocità, un proiettile sì pesante non po-trebbe mai oltrepassare i confini dell'atmosfera terrestre!Non percorrerebbe neanco otto leghe. Inoltre, conside-

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A siffatte insinuazioni Barbicane nulla rispose: forsenon le conobbe, imperocchè era allora assorto intera-mente ne' calcoli della sua grande impresa.

Quand'egli fece la sua famosa comunicazione al Gun-Club, la collera del capitano Nicholl fu portata al paros-sismo. Ad una grandissima gelosia andava congiunto unsentimento assoluto di impotenza! Come mai inventarequalcosa di meglio di questa Columbiade di novecentopiedi! Quale corazza resisterebbe omai ad un proiettiledi trentamila libbre! Nicholl a bella prima rimase attoni-to, annichilito, sfracellato sotto simile colpo di cannone,poi si rialzò, e risolse di schiacciare la proposta sotto ilpeso dei suoi argomenti.

Assalì pertanto con molta violenza i lavori del Gun-Club; pubblicò un gran numero di lettere, che i giornalinon rifiutavansi di riprodurre: tentò di demolire scienti-ficamente l'opera di Barbicane. Incominciata che ebbe laguerra, egli chiamò in suo aiuto ragioni d'ogni natura,troppo spesso speciose e di cattiva lega.

In primo luogo Barbicane fu assalito violentissima-mente nelle sue cifre; Nicholl tentò di provare con A piùB la falsità delle formole di lui, e lo accusò di ignorare iprimi rudimenti della balistica. Tra gli errori e secondo icalcoli di Nicholl, era assolutamente impossibile impri-mere ad un corpo qualunque una velocità di dodicimilaiarde al secondo; sosteneva coll'algebra alla mano che,anche con tale velocità, un proiettile sì pesante non po-trebbe mai oltrepassare i confini dell'atmosfera terrestre!Non percorrerebbe neanco otto leghe. Inoltre, conside-

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rando pure acquisita quella velocità, e ritenendola suffi-ciente, l'obice non resisterebbe alla pressione dei gassviluppati dall'infiammazione di un milione e seicento-mila libbre di polvere, e, se anche resistesse a siffattapressione, non sopporterebbe però simile temperatura: sifonderebbe all'uscire dalla Columbiade e ricadrebbe inpioggia bollente sul capo degli imprudenti spettatori.

A dispetto di questi attacchi, Barbicane non mosse ci-glio, e continuò l'opera sua.

Allora Nicholl considerò la questione sotto altriaspetti: senza parlare della sua inutilità per ogni riguar-do, egli dichiarò l'esperimento assai pericoloso, e peicittadini che autorizzassero colla loro presenza spettaco-lo tanto biasimevole, e per le città vicine a questo deplo-revole cannone; egli fece osservare del pari che se ilproiettile non raggiungesse la sua meta, risultato assolu-tamente impossibile ricadrebbe evidentemente sulla ter-ra, e che la caduta di una massa simile, moltiplicata se-condo il quadrato della sua velocità, comprometterebbestranamente qualche punto del globo. Laonde, in cosif-fatta circostanza, e senza ledere in alcun modo i diritti dilibero cittadino, potea darsi che l'intervento del Governodiventasse necessario, onde non porre a pericolo la sicu-rezza di tutti pel capriccio d'uno solo.

Ecco a quali esagerazioni lasciavasi portare il capita-no Nicholl. Ma egli era il solo che fosse della sua opi-nione; e però nessuno fece caso delle sue malaugurateprofezie. Lo si lasciò vociare a sua posta, fino a spolmo-narsi, poichè così gli talentava. E' facevasi il difensore

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rando pure acquisita quella velocità, e ritenendola suffi-ciente, l'obice non resisterebbe alla pressione dei gassviluppati dall'infiammazione di un milione e seicento-mila libbre di polvere, e, se anche resistesse a siffattapressione, non sopporterebbe però simile temperatura: sifonderebbe all'uscire dalla Columbiade e ricadrebbe inpioggia bollente sul capo degli imprudenti spettatori.

A dispetto di questi attacchi, Barbicane non mosse ci-glio, e continuò l'opera sua.

Allora Nicholl considerò la questione sotto altriaspetti: senza parlare della sua inutilità per ogni riguar-do, egli dichiarò l'esperimento assai pericoloso, e peicittadini che autorizzassero colla loro presenza spettaco-lo tanto biasimevole, e per le città vicine a questo deplo-revole cannone; egli fece osservare del pari che se ilproiettile non raggiungesse la sua meta, risultato assolu-tamente impossibile ricadrebbe evidentemente sulla ter-ra, e che la caduta di una massa simile, moltiplicata se-condo il quadrato della sua velocità, comprometterebbestranamente qualche punto del globo. Laonde, in cosif-fatta circostanza, e senza ledere in alcun modo i diritti dilibero cittadino, potea darsi che l'intervento del Governodiventasse necessario, onde non porre a pericolo la sicu-rezza di tutti pel capriccio d'uno solo.

Ecco a quali esagerazioni lasciavasi portare il capita-no Nicholl. Ma egli era il solo che fosse della sua opi-nione; e però nessuno fece caso delle sue malaugurateprofezie. Lo si lasciò vociare a sua posta, fino a spolmo-narsi, poichè così gli talentava. E' facevasi il difensore

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di una causa perduta anticipatamente, lo si udiva, manon lo si ascoltava: non un solo ammiratore sottrasse alpresidente del Gun-Club. Quindi non si pigliò nemman-co la briga di combattere gli argomenti del rivale.

Nicholl, ridotto ne' suoi ultimi trinceramenti, e nonpotendo arrischiare la proprio pelle, risolse di arrischiareil danaro. Propose quindi pubblicamente nell'Enquirerdi Richmond una serie di scommesse così formulate edin una proporzione crescente:

Egli volle scommettere

1.º Che i fondi necessari all'impresa delGun-Club non verrebbero raccolti . . . . 1000 dollari

2.º Che l'operazione della fusione di uncannone di novecento piedi era impra-ticabile e non riuscirebbe . . . . . . . . . . . 2000 dollari

3.º Che sarebbe impossibile di caricare laColumbiade, e che il pirossilo piglie-rebbe fuoco da sè sotto la pressione delproiettile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3000 dollari

4.º Che la Colombiade scoppierebbe alprimo colpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4000 dollari

5.º Che la palla non andrebbe neppure asei miglia, e ricadrebbe alcuni secondidopo essere stata lanciata . . . . . . . . . . . 5000 dollari

Vedesi che il capitano nella sua invincibile ostinazio-ne arrischiava una somma importante. Si trattava niente-

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di una causa perduta anticipatamente, lo si udiva, manon lo si ascoltava: non un solo ammiratore sottrasse alpresidente del Gun-Club. Quindi non si pigliò nemman-co la briga di combattere gli argomenti del rivale.

Nicholl, ridotto ne' suoi ultimi trinceramenti, e nonpotendo arrischiare la proprio pelle, risolse di arrischiareil danaro. Propose quindi pubblicamente nell'Enquirerdi Richmond una serie di scommesse così formulate edin una proporzione crescente:

Egli volle scommettere

1.º Che i fondi necessari all'impresa delGun-Club non verrebbero raccolti . . . . 1000 dollari

2.º Che l'operazione della fusione di uncannone di novecento piedi era impra-ticabile e non riuscirebbe . . . . . . . . . . . 2000 dollari

3.º Che sarebbe impossibile di caricare laColumbiade, e che il pirossilo piglie-rebbe fuoco da sè sotto la pressione delproiettile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3000 dollari

4.º Che la Colombiade scoppierebbe alprimo colpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4000 dollari

5.º Che la palla non andrebbe neppure asei miglia, e ricadrebbe alcuni secondidopo essere stata lanciata . . . . . . . . . . . 5000 dollari

Vedesi che il capitano nella sua invincibile ostinazio-ne arrischiava una somma importante. Si trattava niente-

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meno che di quindicimila dollari46.Malgrado l'importanza della posta, il 19 maggio egli

ricevette un piego suggellato d'un laconismo superbo, ecosì concepito:

«Baltimora, 18 ottobre.

«Accettato.

«BARBICANE».

46 Ottantunmila e trecento franchi.

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meno che di quindicimila dollari46.Malgrado l'importanza della posta, il 19 maggio egli

ricevette un piego suggellato d'un laconismo superbo, ecosì concepito:

«Baltimora, 18 ottobre.

«Accettato.

«BARBICANE».

46 Ottantunmila e trecento franchi.

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CAPITOLO XI.Florida e Texas.

Ma c'era una quistione ancora da decidersi; bisognavascegliere un luogo favorevole all'esperimento. Secondola raccomandazione dell'Osservatorio di Cambridge, iltiro doveva essere perpendicolarmente al piano dell'oriz-zonte, cioè verso lo zenit. Ora la Luna non sale allo ze-nit che nei luoghi posti tra 0.° e 28.° di latitudine; o inaltri termini, la sua declinazione non è che al 28.mo.47

Si trattava dunque di determinare esattamente il puntodel globo ove sarebbe fusa l'immensa Columbiade.

Il 20 ottobre riunitosi il Gun Club in seduta generale,Barbicane portò una magnifica carta degli Stati Uniti diZ. Belltropp. Ma, senza lasciargli il tempo di spiegarla,J. T. Maston aveva domandato la parola colla sua solitaveemenza, e parlò in questa forma:

«Onorevoli colleghi, la questione che oggi sta pertrattarsi ha una vera importanza nazionale, e vi offriràl'occasione di fare un grande atto di patriottismo.»

I membri del Gun-Club guardavansi in faccia senza

47 La declinazione di un astro è la sua latitudine nella sferaceleste; l'ascensione retta ne è la longitudine.

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CAPITOLO XI.Florida e Texas.

Ma c'era una quistione ancora da decidersi; bisognavascegliere un luogo favorevole all'esperimento. Secondola raccomandazione dell'Osservatorio di Cambridge, iltiro doveva essere perpendicolarmente al piano dell'oriz-zonte, cioè verso lo zenit. Ora la Luna non sale allo ze-nit che nei luoghi posti tra 0.° e 28.° di latitudine; o inaltri termini, la sua declinazione non è che al 28.mo.47

Si trattava dunque di determinare esattamente il puntodel globo ove sarebbe fusa l'immensa Columbiade.

Il 20 ottobre riunitosi il Gun Club in seduta generale,Barbicane portò una magnifica carta degli Stati Uniti diZ. Belltropp. Ma, senza lasciargli il tempo di spiegarla,J. T. Maston aveva domandato la parola colla sua solitaveemenza, e parlò in questa forma:

«Onorevoli colleghi, la questione che oggi sta pertrattarsi ha una vera importanza nazionale, e vi offriràl'occasione di fare un grande atto di patriottismo.»

I membri del Gun-Club guardavansi in faccia senza

47 La declinazione di un astro è la sua latitudine nella sferaceleste; l'ascensione retta ne è la longitudine.

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comprendere dove l'oratore andasse a parare.«Nessuno fra voi, egli riprese, ha intenzione di transi-

gere colla gloria del suo paese, e se avvi un diritto chel'Unione possa rivendicare è quello di albergare ellastessa nei suoi propri fianchi il formidabile cannone delGun-Club. Ora nelle circostanze attuali...

— Bravo Maston, disse il presidente.— Permettetemi di sviluppare il mio pensiero, riprese

l'oratore. Nelle circostanze attuali, noi siamo costretti discegliere un luogo abbastanza vicino all'equatore affin-chè l'esperimento si faccia in buone condizioni.

— Se lo volete... disse Barbicane.— Io domando la libera discussione delle idee, repli-

cò il bollente J. T. Maston, e sostengo che il territoriodal quale si lancerà il nostro glorioso proiettile deve ap-partenere all'Unione.

— Senza dubbio, risposero alcuni membri.— Ebbene, poichè le nostre frontiere non sono ba-

stantemente estese, poichè al mezzodì l'oceano ci oppo-ne una barriera insuperabile, poichè ci è necessario cer-care al di là dagli Stati Uniti e, in un paese limitrofoquesto ventottesimo parallelo, qui si cela un casus bellilegittimo, ed io domando che si dichiari la guerra alMessico!

— Ma no! ma no! si gridò da ogni parte.— No? replicò J. T. Maston. Ecco una parola che mi

fa sorpresa di udire in questo recinto! Ma ascoltate!— No, mai, mai! esclamò il furioso oratore. Presto o

tardi la guerra si farà, ed io domando che la si dichiari

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comprendere dove l'oratore andasse a parare.«Nessuno fra voi, egli riprese, ha intenzione di transi-

gere colla gloria del suo paese, e se avvi un diritto chel'Unione possa rivendicare è quello di albergare ellastessa nei suoi propri fianchi il formidabile cannone delGun-Club. Ora nelle circostanze attuali...

— Bravo Maston, disse il presidente.— Permettetemi di sviluppare il mio pensiero, riprese

l'oratore. Nelle circostanze attuali, noi siamo costretti discegliere un luogo abbastanza vicino all'equatore affin-chè l'esperimento si faccia in buone condizioni.

— Se lo volete... disse Barbicane.— Io domando la libera discussione delle idee, repli-

cò il bollente J. T. Maston, e sostengo che il territoriodal quale si lancerà il nostro glorioso proiettile deve ap-partenere all'Unione.

— Senza dubbio, risposero alcuni membri.— Ebbene, poichè le nostre frontiere non sono ba-

stantemente estese, poichè al mezzodì l'oceano ci oppo-ne una barriera insuperabile, poichè ci è necessario cer-care al di là dagli Stati Uniti e, in un paese limitrofoquesto ventottesimo parallelo, qui si cela un casus bellilegittimo, ed io domando che si dichiari la guerra alMessico!

— Ma no! ma no! si gridò da ogni parte.— No? replicò J. T. Maston. Ecco una parola che mi

fa sorpresa di udire in questo recinto! Ma ascoltate!— No, mai, mai! esclamò il furioso oratore. Presto o

tardi la guerra si farà, ed io domando che la si dichiari

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subito.— Maston, disse Barbicane agitando il suo campanel-

lo con violenza, io vi ritiro la parola.Maston volle replicare, ma alcuni dei suoi colleghi

giunsero a calmarlo.«Convengo, disse Barbicane, che l'esperimento non

può, nè deve essere tentato, che sul territorio dell'Unio-ne: ma se il mio impaziente amico mi avesse lasciatoparlare, se egli avesse posto gli occhi sopra una carta,saprebbe che è perfettamente inutile il dichiarare unaguerra ai nostri vicini, giacchè alcune frontiere degliStati Uniti si stendono al di là del ventottesimo paralle-lo. Osservate: noi abbiamo a nostra disposizione tutta laparte meridionale del Texas e della Florida

L'incidente non ebbe seguito: tuttavia non fu che amalincuore che J. T. Maston si lasciò convincere. Fudunque deciso che la Columbiade sarebbe fusa o nel ter-ritorio del Texas, o in quello della Florida. Ma questadecisione doveva creare una rivalità senza esempio trale città dei due Stati.

Il ventottesimo parallelo, nel suo incontro colla costaamericana, attraversa la penisola della Florida e la divi-de in due parti presso a poco uguali. Poi, gettandosi nelgolfo del Messico, costituisce la corda dell'arco formatodalle coste dell'Alabama, del Mississipi e della Luigia-na. Allora, entrando nel Texas, del quale taglia un ango-lo, si prolunga attraverso il Messico, passa la Sonora,salta via la vecchia California e va a perdersi nei maridel Pacifico. Non vi erano dunque che le posizioni del

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subito.— Maston, disse Barbicane agitando il suo campanel-

lo con violenza, io vi ritiro la parola.Maston volle replicare, ma alcuni dei suoi colleghi

giunsero a calmarlo.«Convengo, disse Barbicane, che l'esperimento non

può, nè deve essere tentato, che sul territorio dell'Unio-ne: ma se il mio impaziente amico mi avesse lasciatoparlare, se egli avesse posto gli occhi sopra una carta,saprebbe che è perfettamente inutile il dichiarare unaguerra ai nostri vicini, giacchè alcune frontiere degliStati Uniti si stendono al di là del ventottesimo paralle-lo. Osservate: noi abbiamo a nostra disposizione tutta laparte meridionale del Texas e della Florida

L'incidente non ebbe seguito: tuttavia non fu che amalincuore che J. T. Maston si lasciò convincere. Fudunque deciso che la Columbiade sarebbe fusa o nel ter-ritorio del Texas, o in quello della Florida. Ma questadecisione doveva creare una rivalità senza esempio trale città dei due Stati.

Il ventottesimo parallelo, nel suo incontro colla costaamericana, attraversa la penisola della Florida e la divi-de in due parti presso a poco uguali. Poi, gettandosi nelgolfo del Messico, costituisce la corda dell'arco formatodalle coste dell'Alabama, del Mississipi e della Luigia-na. Allora, entrando nel Texas, del quale taglia un ango-lo, si prolunga attraverso il Messico, passa la Sonora,salta via la vecchia California e va a perdersi nei maridel Pacifico. Non vi erano dunque che le posizioni del

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Texas e della Florida, situate al disotto di questo paralle-lo, che fossero nelle condizioni di latitudine raccoman-date dall'Osservatorio di Cambridge.

La Florida nella sua parte meridionale, non conta cittàimportanti. Ella è soltanto irta di fortezze elevate controgl'indiani erranti. Una sola città, Tampa-Town, potevareclamare in favore della sua situazione e presentarsi coisuoi diritti.

Al Texas, all'incontro, le città sono più numerose eimportanti. Corpus Christi nella contea di Nuèces, e tut-te le città situate sul Rio Bravo, Laredo, Comalites, San-Ignacio, sul Welb; Roma, Rio-Grande-City, sullo Starr;Edinburg sull'Hidalgo; Santa-Rita, il Panda, Brownsillesul Cameron, formarono una lega imponente contro lepretese della Florida.

Quindi appena conosciuta la determinazione, i depu-tati texiani e floridiani arrivarono tosto a Baltimora, e daquel momento il presidente Barbicane ed i membri in-fluenti del Gun-Club furono assediati notte e giorno daformidabili reclami. Se sette città della Grecia si conten-dettero l'onore di aver veduto nascere Omero, due Statiintieri minacciavano di venire alle mani a proposito delnascere di un cannone.

Si videro allora quei feroci fratelli passeggiare armatiper le vie della città. Ad ogni incontro era da temersiqualche conflitto, il quale sarebbe stato di disastrosaconseguenza. Per buona ventura la prudenza e l'accor-tezza del presidente Barbicane scongiurarono il perico-lo. Le dimostrazioni personali trovarono uno sfogo nei

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Texas e della Florida, situate al disotto di questo paralle-lo, che fossero nelle condizioni di latitudine raccoman-date dall'Osservatorio di Cambridge.

La Florida nella sua parte meridionale, non conta cittàimportanti. Ella è soltanto irta di fortezze elevate controgl'indiani erranti. Una sola città, Tampa-Town, potevareclamare in favore della sua situazione e presentarsi coisuoi diritti.

Al Texas, all'incontro, le città sono più numerose eimportanti. Corpus Christi nella contea di Nuèces, e tut-te le città situate sul Rio Bravo, Laredo, Comalites, San-Ignacio, sul Welb; Roma, Rio-Grande-City, sullo Starr;Edinburg sull'Hidalgo; Santa-Rita, il Panda, Brownsillesul Cameron, formarono una lega imponente contro lepretese della Florida.

Quindi appena conosciuta la determinazione, i depu-tati texiani e floridiani arrivarono tosto a Baltimora, e daquel momento il presidente Barbicane ed i membri in-fluenti del Gun-Club furono assediati notte e giorno daformidabili reclami. Se sette città della Grecia si conten-dettero l'onore di aver veduto nascere Omero, due Statiintieri minacciavano di venire alle mani a proposito delnascere di un cannone.

Si videro allora quei feroci fratelli passeggiare armatiper le vie della città. Ad ogni incontro era da temersiqualche conflitto, il quale sarebbe stato di disastrosaconseguenza. Per buona ventura la prudenza e l'accor-tezza del presidente Barbicane scongiurarono il perico-lo. Le dimostrazioni personali trovarono uno sfogo nei

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Page 106: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

giornali dei diversi Stati. Così il New-York Herald e laTribune sostennero il Texas, il Times e l'American Re-view difesero a spada tratta le ragioni dei deputati flori-diani. I membri del Gun-Club più non sapevano a chiprestare orecchio.

Il Texas annunziavasi orgogliosamente colle sue ven-tisei contee, che pareva disponesse in batteria; ma laFlorida rispondeva che dodici contee potevamo più diventisei in un paese sei volte più piccolo.

Il Texas vantavasi dei suoi trecentotrentamila indige-ni, ma la Florida, meno vasta, vantavasi di essere piùpopolata con cinquantaseimila. D'altra para ella accusa-va il Texas di avere una specialità di febbri di palude,che gli sottraevano un anno per l'altro più migliaia diabitanti. E non aveva torto.

A sua volta il Texas replicava che in fatto di febbri laFlorida non aveva nulla da invidiargli, e che per lo menoera imprudenza la sua di trattare di paesi malsani gli al-tri, quando si aveva l'onore di possedere il Vomito negroallo stato cronico. Ed aveva ragione.

«Del resto aggiungevano i Texiani coll'organo delNew-York Herald, voglionsi usare dei riguardi ad unoStato dove alligna il più bel cotone di tutta l'America,uno Stato che produce il miglior leccio per la costruzio-ne delle navi, uno Stato che possiede carbon fossile su-perbo e miniere di ferro il cui reddito è di cinquanta percento di minerale puro.

A ciò l'American Review rispondeva, che il suolo del-la Florida, senz'essere così ricco, offriva migliori condi-

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giornali dei diversi Stati. Così il New-York Herald e laTribune sostennero il Texas, il Times e l'American Re-view difesero a spada tratta le ragioni dei deputati flori-diani. I membri del Gun-Club più non sapevano a chiprestare orecchio.

Il Texas annunziavasi orgogliosamente colle sue ven-tisei contee, che pareva disponesse in batteria; ma laFlorida rispondeva che dodici contee potevamo più diventisei in un paese sei volte più piccolo.

Il Texas vantavasi dei suoi trecentotrentamila indige-ni, ma la Florida, meno vasta, vantavasi di essere piùpopolata con cinquantaseimila. D'altra para ella accusa-va il Texas di avere una specialità di febbri di palude,che gli sottraevano un anno per l'altro più migliaia diabitanti. E non aveva torto.

A sua volta il Texas replicava che in fatto di febbri laFlorida non aveva nulla da invidiargli, e che per lo menoera imprudenza la sua di trattare di paesi malsani gli al-tri, quando si aveva l'onore di possedere il Vomito negroallo stato cronico. Ed aveva ragione.

«Del resto aggiungevano i Texiani coll'organo delNew-York Herald, voglionsi usare dei riguardi ad unoStato dove alligna il più bel cotone di tutta l'America,uno Stato che produce il miglior leccio per la costruzio-ne delle navi, uno Stato che possiede carbon fossile su-perbo e miniere di ferro il cui reddito è di cinquanta percento di minerale puro.

A ciò l'American Review rispondeva, che il suolo del-la Florida, senz'essere così ricco, offriva migliori condi-

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zioni pel getto e per la fusione della Columbiade, giac-chè era composto di sabbia e di terrra argillosa.

— Ma, ripigliavano i Texiani, prima di fondere chec-chessia in un paese, bisogna portarvisi; ora le comunica-zioni colla Florida sono difficili, mentre la costa del Te-xas offre la baja di Galveston, che ha quattordici leghedi circuito e che può contenere le flotte del mondo inte-ro.

— Bene! ripetevano i giornali devoti ai Floridiani, ela sballate grossa colla vostra baja Galveston, posta aldisopra del ventottesimo parallelo! Non abbiamo noi labaja d'Espiritu Santo aperta sul ventottesimo grado di la-titudine, e per la quale le navi giungono direttamente aTampa-Town.

— Bella baja! rispondeva il Texas, è mezzo riempiutadi sabbia.

— Siete voi riempiuti di sabbia! sclamava la Florida.— Non si direbbe che io sono un paese di selvaggi?— Affè! i Seminoli scorazzano ancora sulle vostre

praterie!— E per questo? I vostri Apaci, i vostri Comanci

sono dunque inciviliti?La guerra sostenevasi così da alcuni giorni, quando la

Florida tentò di trascinare il suo avversario sopra un al-tro terreno, ed una mattina il Times insinuò che siccomel'impresa era essenzialmente americana, non poteva es-sere tentata se non sopra territorio essenzialmente ame-ricano!

A queste parole il Texas diede un balzo:

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zioni pel getto e per la fusione della Columbiade, giac-chè era composto di sabbia e di terrra argillosa.

— Ma, ripigliavano i Texiani, prima di fondere chec-chessia in un paese, bisogna portarvisi; ora le comunica-zioni colla Florida sono difficili, mentre la costa del Te-xas offre la baja di Galveston, che ha quattordici leghedi circuito e che può contenere le flotte del mondo inte-ro.

— Bene! ripetevano i giornali devoti ai Floridiani, ela sballate grossa colla vostra baja Galveston, posta aldisopra del ventottesimo parallelo! Non abbiamo noi labaja d'Espiritu Santo aperta sul ventottesimo grado di la-titudine, e per la quale le navi giungono direttamente aTampa-Town.

— Bella baja! rispondeva il Texas, è mezzo riempiutadi sabbia.

— Siete voi riempiuti di sabbia! sclamava la Florida.— Non si direbbe che io sono un paese di selvaggi?— Affè! i Seminoli scorazzano ancora sulle vostre

praterie!— E per questo? I vostri Apaci, i vostri Comanci

sono dunque inciviliti?La guerra sostenevasi così da alcuni giorni, quando la

Florida tentò di trascinare il suo avversario sopra un al-tro terreno, ed una mattina il Times insinuò che siccomel'impresa era essenzialmente americana, non poteva es-sere tentata se non sopra territorio essenzialmente ame-ricano!

A queste parole il Texas diede un balzo:

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— Americani! esclamò, non lo siamo noi al pari divoi altri? Il Texas e la Florida non sono stati incorporatitutt'e due nell'Unione dal 1845?

— Senza dubbio rispose il Times, ma noi appartenia-mo agli Americani fin dal 1820.

— Ben lo credo, io, replicò la Tribune: dopo esserestati spagnuoli o inglesi per dugento anni, foste vendutiagli Stati Uniti per cinque milioni di dollari.

— Che importa? replicarono i Floridiani, dobbiamonoi arrossirne? Nel 1803 non si è comperata la Luigianaacquistandola da Napoleone al prezzo di sedici milionidi dollari48?

— È una vergogna! esclamarono allora i deputati delTexas. Un meschinissimo pezzo di terra come la Floridaosare di mettersi al confronto del Texas, che invece divendersi si è fatto indipendente da sè stesso, che hascacciato i Messicani il 2 marzo 1836, che si è dichiara-to in Repubblica federativa dopo la vittoria riportata daSamuele Mouston sulle rive di San Jacinto sopra le trup-pe di Sant'Anna! Un paese che si è aggiunto volontaria-mente agli Stati Uniti d'America!

— Perchè aveva paura dei Messicani, rispose la Flori-da.»

Paura! Dal giorno che questa parola invero troppoviva, fu pronunziata, lo stato delle cose diventò intolle-rabile. Tutti si aspettavano una lotta corpo a corpo tra idue partiti nelle vie di Baltimora: si dovettero guardare

48 Ottantadue milioni di franchi.

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— Americani! esclamò, non lo siamo noi al pari divoi altri? Il Texas e la Florida non sono stati incorporatitutt'e due nell'Unione dal 1845?

— Senza dubbio rispose il Times, ma noi appartenia-mo agli Americani fin dal 1820.

— Ben lo credo, io, replicò la Tribune: dopo esserestati spagnuoli o inglesi per dugento anni, foste vendutiagli Stati Uniti per cinque milioni di dollari.

— Che importa? replicarono i Floridiani, dobbiamonoi arrossirne? Nel 1803 non si è comperata la Luigianaacquistandola da Napoleone al prezzo di sedici milionidi dollari48?

— È una vergogna! esclamarono allora i deputati delTexas. Un meschinissimo pezzo di terra come la Floridaosare di mettersi al confronto del Texas, che invece divendersi si è fatto indipendente da sè stesso, che hascacciato i Messicani il 2 marzo 1836, che si è dichiara-to in Repubblica federativa dopo la vittoria riportata daSamuele Mouston sulle rive di San Jacinto sopra le trup-pe di Sant'Anna! Un paese che si è aggiunto volontaria-mente agli Stati Uniti d'America!

— Perchè aveva paura dei Messicani, rispose la Flori-da.»

Paura! Dal giorno che questa parola invero troppoviva, fu pronunziata, lo stato delle cose diventò intolle-rabile. Tutti si aspettavano una lotta corpo a corpo tra idue partiti nelle vie di Baltimora: si dovettero guardare

48 Ottantadue milioni di franchi.

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a vista i deputati.Il presidente Barbicane non sapeva dove dar del capo.

Le note, i documenti, le lettere piene di minaccie piove-vano alla sua casa. Qual partito dovevasi prendere? Dalpunto di vista dell'appropriazione del suolo, della facili-tà delle comunicazioni, della rapidità dei trasporti, i di-ritti dei due Stati erano veramente uguali. Quanto allapersonalità politiche, esse non entravano menomamentenell'argomento.

Ora quest'esitanza, quest'imbarazzo, durava già damolto tempo, quando Barbicane risolvette d'uscirne: egliriunì i suoi colleghi, e la soluzione che loro propose fumolto saggia, come si vedrà.

«Considerando bene, diss'egli, ciò che è non ha guariaccaduto tra la Florida ed il Texas, è evidente che lestesse difficoltà si riprodurranno fra le città dello statofavorito. La rivalità scenderà dal genere alla specie, dal-lo Stato alla città, ed ecco tutto. Ora il Texas possiedeundici città nelle condizioni volute, che si contenderan-no l'onore dell'impresa e ci creeranno nuove molestie,mentre la Florida ne ha una sola. Vada dunque per laFlorida e per Tampa Town.

Questa decisione, resa pubblica, atterrò i deputati delTexas, Essi entrarono in una collera indescrivibile e ri-volsero nominali provocazioni diversi membri del Gun-Club. I magistrati di Baltimora non ebbero più che unpartito da prendere, e lo presero. Si fece disporre un tre-no speciale, e vi si cacciarono i Texiani, volessero o nonvolessero, i quali tosto abbandonarono la città con una

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a vista i deputati.Il presidente Barbicane non sapeva dove dar del capo.

Le note, i documenti, le lettere piene di minaccie piove-vano alla sua casa. Qual partito dovevasi prendere? Dalpunto di vista dell'appropriazione del suolo, della facili-tà delle comunicazioni, della rapidità dei trasporti, i di-ritti dei due Stati erano veramente uguali. Quanto allapersonalità politiche, esse non entravano menomamentenell'argomento.

Ora quest'esitanza, quest'imbarazzo, durava già damolto tempo, quando Barbicane risolvette d'uscirne: egliriunì i suoi colleghi, e la soluzione che loro propose fumolto saggia, come si vedrà.

«Considerando bene, diss'egli, ciò che è non ha guariaccaduto tra la Florida ed il Texas, è evidente che lestesse difficoltà si riprodurranno fra le città dello statofavorito. La rivalità scenderà dal genere alla specie, dal-lo Stato alla città, ed ecco tutto. Ora il Texas possiedeundici città nelle condizioni volute, che si contenderan-no l'onore dell'impresa e ci creeranno nuove molestie,mentre la Florida ne ha una sola. Vada dunque per laFlorida e per Tampa Town.

Questa decisione, resa pubblica, atterrò i deputati delTexas, Essi entrarono in una collera indescrivibile e ri-volsero nominali provocazioni diversi membri del Gun-Club. I magistrati di Baltimora non ebbero più che unpartito da prendere, e lo presero. Si fece disporre un tre-no speciale, e vi si cacciarono i Texiani, volessero o nonvolessero, i quali tosto abbandonarono la città con una

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rapidità di trenta miglia all'ora.Ma per quanto velocemente fossero trasportati, essi

ebbero il tempo di gettare un ultimo e minaccioso sarca-smo ai loro avversari.

Facendo allusione alla poca larghezza della Florida,semplice penisola stretta fra due mari, essi pretesero chenon resisterebbe alla scossa del colpo, e salterebbe allaprima cannonata.

«E noi con essa per allegria» risposero i Floridianicon un laconismo degno dei tempi antichi.

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rapidità di trenta miglia all'ora.Ma per quanto velocemente fossero trasportati, essi

ebbero il tempo di gettare un ultimo e minaccioso sarca-smo ai loro avversari.

Facendo allusione alla poca larghezza della Florida,semplice penisola stretta fra due mari, essi pretesero chenon resisterebbe alla scossa del colpo, e salterebbe allaprima cannonata.

«E noi con essa per allegria» risposero i Floridianicon un laconismo degno dei tempi antichi.

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CAPITOLO XII.Urbi ed orbi.

Sciolte, che furono le difficoltà astronomiche, mecca-niche, topografiche, sorse la quistione del danaro. Sitrattava di procurarsi una somma enorme per l'esecuzio-ne dei piano. Nessun particolare, e parimente nessunStato avrebbe potuto disporre dei milioni necessarî.

Il presidente Barbicane giudicò quindi opportuno,sebbene l'impresa fosse americana, di farne un affared'interesse universale, e di domandare ad ogni popolo lasua cooperazione finanziaria. La Terra ha il diritto ed ildovere insieme d'intervenire negli affari del suo satelli-te. La sottoscrizione aperta a questo scopo si estese daBaltimora al mondo intero, urbi ed orbi.

Tale sottoscrizione doveva riuscire oltre ogni speran-za.

Tuttavia, trattavasi di somme da dare e non da presta-re. L'operazione era puramente disinteressata nel sensoletterale della parola, e non offriva alcuna probabilità diguadagno.

Ma l'effetto della comunicazione Barbicane non erasiarrestato ai confini degli Stati Uniti, era passato oltre

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CAPITOLO XII.Urbi ed orbi.

Sciolte, che furono le difficoltà astronomiche, mecca-niche, topografiche, sorse la quistione del danaro. Sitrattava di procurarsi una somma enorme per l'esecuzio-ne dei piano. Nessun particolare, e parimente nessunStato avrebbe potuto disporre dei milioni necessarî.

Il presidente Barbicane giudicò quindi opportuno,sebbene l'impresa fosse americana, di farne un affared'interesse universale, e di domandare ad ogni popolo lasua cooperazione finanziaria. La Terra ha il diritto ed ildovere insieme d'intervenire negli affari del suo satelli-te. La sottoscrizione aperta a questo scopo si estese daBaltimora al mondo intero, urbi ed orbi.

Tale sottoscrizione doveva riuscire oltre ogni speran-za.

Tuttavia, trattavasi di somme da dare e non da presta-re. L'operazione era puramente disinteressata nel sensoletterale della parola, e non offriva alcuna probabilità diguadagno.

Ma l'effetto della comunicazione Barbicane non erasiarrestato ai confini degli Stati Uniti, era passato oltre

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l'Atlantico ed il Pacifico, invadendo nel tempo stessol'Asia, l'Europa, l'Africa e l'Oceania. Gli Osservatoridell'Unione si misero in rapporto immediato cogli Os-servatori dei paesi stranieri: gli uni quelli di Parigi, diPietroburgo, del Capo, di Berlino, d'Altona, di Stoccol-ma, di Varsavia, di Amburgo, di Buda, di Bologna, diMalta, di Lisbona, di Benarès, di Madras, di Pekino, fe-cero giungere i loro complimenti al Gun-Club; gli altrisi conservarono in una prudente aspettativa.

Quanto all'Osservatorio di Greenwich, approvato daiventidue stabilimenti astronomici della Gran Brettagna,esso fu schietto: negò arditamente la possibilità del ri-sultato, e fece proprie le teorie dei capitano Nicholl. Ep-però mentre diverse società di scienziati promettevanodi mandare dei delegati a Tampa-Town, l'ufficio diGreenwich, adunato in seduta, passò brutalmenteall'ordine del giorno, sulla proposizione di Barbicane.Era gelosia inglese bella e buona.

Insomma l'effetto fu eccellente nel mondo scientificoe di là passò fra le masse, che in generale caldeggiaronoassai quel tentativo, fatto di importanza grandissima,poichè tali masse stavano per essere chiamate a sotto-scrivere un capitale ingente.

Il presidente Barbicane l'8 ottobre aveva lanciato unmanifesto pieno d'entusiasmo e nel quale egli faceva ap-pello «a tutti gli uomini di buona volontà della Terra.»Questo documento, tradotto in tutte le lingue, riuscì ameraviglia.

Le sottoscrizioni furono aperte nelle principali città

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l'Atlantico ed il Pacifico, invadendo nel tempo stessol'Asia, l'Europa, l'Africa e l'Oceania. Gli Osservatoridell'Unione si misero in rapporto immediato cogli Os-servatori dei paesi stranieri: gli uni quelli di Parigi, diPietroburgo, del Capo, di Berlino, d'Altona, di Stoccol-ma, di Varsavia, di Amburgo, di Buda, di Bologna, diMalta, di Lisbona, di Benarès, di Madras, di Pekino, fe-cero giungere i loro complimenti al Gun-Club; gli altrisi conservarono in una prudente aspettativa.

Quanto all'Osservatorio di Greenwich, approvato daiventidue stabilimenti astronomici della Gran Brettagna,esso fu schietto: negò arditamente la possibilità del ri-sultato, e fece proprie le teorie dei capitano Nicholl. Ep-però mentre diverse società di scienziati promettevanodi mandare dei delegati a Tampa-Town, l'ufficio diGreenwich, adunato in seduta, passò brutalmenteall'ordine del giorno, sulla proposizione di Barbicane.Era gelosia inglese bella e buona.

Insomma l'effetto fu eccellente nel mondo scientificoe di là passò fra le masse, che in generale caldeggiaronoassai quel tentativo, fatto di importanza grandissima,poichè tali masse stavano per essere chiamate a sotto-scrivere un capitale ingente.

Il presidente Barbicane l'8 ottobre aveva lanciato unmanifesto pieno d'entusiasmo e nel quale egli faceva ap-pello «a tutti gli uomini di buona volontà della Terra.»Questo documento, tradotto in tutte le lingue, riuscì ameraviglia.

Le sottoscrizioni furono aperte nelle principali città

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dell'Unione per far centro alla Banca di Baltimora, Bal-timore Street, numero 9; poi si sottoscrisse nei diversiStati dei due continenti:

a Vienna, da S. M. di Rothschild;a Pietroburgo, da Stièglitz e C.a Parigi, al Credito Mobiliare;a Stoccolma, da Toltie e Arfuredson;a Londra da N. M. di Rothschild e figlio;a Torino, da Ardouin e C.a Berlino, da Mendelsohn.a Ginevra, da Lombard, Odier e C.a Costantinopoli, alla Banca Ottomana;a Bruxelles; da S. Lambert;a Madrid, da Daniele Weisweller;a Amsterdam, al Credito Neerlandese;a Roma, da Torlonia e Soci;a Lisbona, da Lecesne;a Copenaghen, alla Banca privata;a Buenos Ayres, alla Banca Maua;a Rio di Janerio, stessa Casa;a Montevideo, stessa Casa;a Valparaiso, da Tommaso La Chambre e C.a Messico, da Martino Daran e C.a Lima, da Tommaso La Chambre e C.Tre giorni dopo il manifesto del presidente Barbicane,

quattro milioni di dollari49 erano versati nelle diversecittà dell'Unione. Con un simile acconto il Gun-Club

49 Ventun milioni di franchi (21,680,000).

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dell'Unione per far centro alla Banca di Baltimora, Bal-timore Street, numero 9; poi si sottoscrisse nei diversiStati dei due continenti:

a Vienna, da S. M. di Rothschild;a Pietroburgo, da Stièglitz e C.a Parigi, al Credito Mobiliare;a Stoccolma, da Toltie e Arfuredson;a Londra da N. M. di Rothschild e figlio;a Torino, da Ardouin e C.a Berlino, da Mendelsohn.a Ginevra, da Lombard, Odier e C.a Costantinopoli, alla Banca Ottomana;a Bruxelles; da S. Lambert;a Madrid, da Daniele Weisweller;a Amsterdam, al Credito Neerlandese;a Roma, da Torlonia e Soci;a Lisbona, da Lecesne;a Copenaghen, alla Banca privata;a Buenos Ayres, alla Banca Maua;a Rio di Janerio, stessa Casa;a Montevideo, stessa Casa;a Valparaiso, da Tommaso La Chambre e C.a Messico, da Martino Daran e C.a Lima, da Tommaso La Chambre e C.Tre giorni dopo il manifesto del presidente Barbicane,

quattro milioni di dollari49 erano versati nelle diversecittà dell'Unione. Con un simile acconto il Gun-Club

49 Ventun milioni di franchi (21,680,000).

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poteva già porsi in moto.Ma alcuni giorni dopo, i dispacci facevano sapere

all'America che le sottoscrizioni straniere coprivansi ra-pidamente. Molti paesi distinguevansi per la loro gene-rosità, altri lasciavansi persuadere meno facilmente.Questione di temperamento.

Del resto le cifre sono più eloquenti delle parole; edecco lo stato ufficiale delle somme che furono portateall'attivo del Gun-Club, quando la sottoscrizione fuchiusa.

La Russia versò per suo contingente l'enorme sommadi trecentosessantottomila settecentotrentatrè rubli.50 Permeravigliarsene bisognerebbe non conoscere la propen-sione dei Russi per le scienze e l'incalzo che essi dannoagli studi astronomici in virtù dei loro numerosi Osser-vatorî, il principale dei quali è costato due milioni di ru-bli.

La Francia principiò a ridere della pretesa degli ame-ricani. La Luna servì di pretesto a mille calembour logo-ri, e ad una ventina di vaudevilles, nei quali gareggiava-no il malgusto e l'ignoranza. Ma, nella stessa guisa che iFrancesi pagarono pur dianzi dopo di avere cantato, pa-garono pur dianzi dopo di aver riso, e sottoscrissero peruna somma di un milione dugento cinquantatremila enovecento trenta franchi. A questa condizione, essi ave-vano bene il diritto di ridere un pochino.

L'Austria si mostrò bastantemente generosa in mezzo

50 Un milione e quattrocentosettantacinque mila franchi.

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poteva già porsi in moto.Ma alcuni giorni dopo, i dispacci facevano sapere

all'America che le sottoscrizioni straniere coprivansi ra-pidamente. Molti paesi distinguevansi per la loro gene-rosità, altri lasciavansi persuadere meno facilmente.Questione di temperamento.

Del resto le cifre sono più eloquenti delle parole; edecco lo stato ufficiale delle somme che furono portateall'attivo del Gun-Club, quando la sottoscrizione fuchiusa.

La Russia versò per suo contingente l'enorme sommadi trecentosessantottomila settecentotrentatrè rubli.50 Permeravigliarsene bisognerebbe non conoscere la propen-sione dei Russi per le scienze e l'incalzo che essi dannoagli studi astronomici in virtù dei loro numerosi Osser-vatorî, il principale dei quali è costato due milioni di ru-bli.

La Francia principiò a ridere della pretesa degli ame-ricani. La Luna servì di pretesto a mille calembour logo-ri, e ad una ventina di vaudevilles, nei quali gareggiava-no il malgusto e l'ignoranza. Ma, nella stessa guisa che iFrancesi pagarono pur dianzi dopo di avere cantato, pa-garono pur dianzi dopo di aver riso, e sottoscrissero peruna somma di un milione dugento cinquantatremila enovecento trenta franchi. A questa condizione, essi ave-vano bene il diritto di ridere un pochino.

L'Austria si mostrò bastantemente generosa in mezzo

50 Un milione e quattrocentosettantacinque mila franchi.

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ai suoi disturbi finanziarî. La sua parte si elevò nellacontribuzione pubblica alla somma di dugentosedicimilafiorini51 che furono i benvenuti.

Cinquantaduemila risdalleri52 furono la somma datadalla Svezia e Norvegia. La cifra era considerevole rela-tivamente al paese, ma sarebbe stata certamente mag-giore se la sottoscrizione avesse avuto luogo a Cristianiaed a Stoccolma nello stesso tempo. Per una ragione oper un'altra i Norvegi non mandano volentieri il loro da-naro in Isvezia.

La Prussia, con invio di dugentocinquantamila talle-ri53 diè segno di approvare l'impresa. I suoi diversi Os-servatorî contribuirono premurosamente per una sommaimportante, e furono tra i più ardenti ad incoraggiare ilpresidente Barbicane.

La Turchia si comportò da generosa ma essa era per-sonalmente interessata nell'affare. La Luna infatti regolail corso dei suoi anni ed il suo digiuno del Ramadan.Ella non poteva far a meno di dare un milione trecento-settantaduemila centoquaranta piastre54, e le diede conardore che rivelava però una certa pressione fatta dalgoverno della Porta.

Il Belgio si distinse fra tutti gli Stati di second'ordinecon un dono di cinquecentotredicimila franchi, circa do-dici centesimi per abitante.

51 Cinquecentoventimila franchi.52 Duecentonovantaquattromila e trecentoventi franchi.53 Novecentotrentasettemila e cinquecento franchi.54 Trecentoquarantatremila e centosessanta franchi.

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ai suoi disturbi finanziarî. La sua parte si elevò nellacontribuzione pubblica alla somma di dugentosedicimilafiorini51 che furono i benvenuti.

Cinquantaduemila risdalleri52 furono la somma datadalla Svezia e Norvegia. La cifra era considerevole rela-tivamente al paese, ma sarebbe stata certamente mag-giore se la sottoscrizione avesse avuto luogo a Cristianiaed a Stoccolma nello stesso tempo. Per una ragione oper un'altra i Norvegi non mandano volentieri il loro da-naro in Isvezia.

La Prussia, con invio di dugentocinquantamila talle-ri53 diè segno di approvare l'impresa. I suoi diversi Os-servatorî contribuirono premurosamente per una sommaimportante, e furono tra i più ardenti ad incoraggiare ilpresidente Barbicane.

La Turchia si comportò da generosa ma essa era per-sonalmente interessata nell'affare. La Luna infatti regolail corso dei suoi anni ed il suo digiuno del Ramadan.Ella non poteva far a meno di dare un milione trecento-settantaduemila centoquaranta piastre54, e le diede conardore che rivelava però una certa pressione fatta dalgoverno della Porta.

Il Belgio si distinse fra tutti gli Stati di second'ordinecon un dono di cinquecentotredicimila franchi, circa do-dici centesimi per abitante.

51 Cinquecentoventimila franchi.52 Duecentonovantaquattromila e trecentoventi franchi.53 Novecentotrentasettemila e cinquecento franchi.54 Trecentoquarantatremila e centosessanta franchi.

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L'Olanda e le sue colonie s'interessarono nell'opera-zione per centodiecimila fiorini55, chiedendo, soltantoche venisse loro fatto un bonifico del cinque per centodi sconto perchè pagavano a pronti.

La Danimarca, un poco ristretta nel suo territorio, for-nì però novemila ducati fini56, il che prova l'amore deiDanesi per le spedizioni scientifiche.

La Confederazione Germanica s'impegnò per trenta-quattromila duecent'ottantacinque fiorini57, non si pote-va chiederle di più; d'altra parte non avrebbe dato mag-gior somma.

Sebbene molto imbarazzata, l'Italia trovò duecento-mile lire nelle tasche dei suoi figli; ma rovistandolebene. Se avesse avuto la Venezia, avrebbe fatto di più,ma la Venezia non l'aveva ancora.

Gli Stati della Chiesa non credettero di dover mandarmeno di settemila e quaranta scudi romani58, ed il Porto-gallo spinse il suo amore alla scienza fino a trentamilacruzade59.

Quanto al Messico, fu proprio il denaro della vedova,ottantasei grandi piastre60, ma gl'imperi che si fondano,di solito non istanno molto bene a finanze.

Duecentocinquantasette franchi furono la modesta

55 Duecentotrentacinquemila e quattrocento franchi.56 Centodiciasettemila e quattrocentoquattordici franchi.57 Settantaduemila franchi.58 Trentottomila e sedici franchi.59 Centotredicimila e dugento franchi.60 Millesettecentoventisette franchi.

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L'Olanda e le sue colonie s'interessarono nell'opera-zione per centodiecimila fiorini55, chiedendo, soltantoche venisse loro fatto un bonifico del cinque per centodi sconto perchè pagavano a pronti.

La Danimarca, un poco ristretta nel suo territorio, for-nì però novemila ducati fini56, il che prova l'amore deiDanesi per le spedizioni scientifiche.

La Confederazione Germanica s'impegnò per trenta-quattromila duecent'ottantacinque fiorini57, non si pote-va chiederle di più; d'altra parte non avrebbe dato mag-gior somma.

Sebbene molto imbarazzata, l'Italia trovò duecento-mile lire nelle tasche dei suoi figli; ma rovistandolebene. Se avesse avuto la Venezia, avrebbe fatto di più,ma la Venezia non l'aveva ancora.

Gli Stati della Chiesa non credettero di dover mandarmeno di settemila e quaranta scudi romani58, ed il Porto-gallo spinse il suo amore alla scienza fino a trentamilacruzade59.

Quanto al Messico, fu proprio il denaro della vedova,ottantasei grandi piastre60, ma gl'imperi che si fondano,di solito non istanno molto bene a finanze.

Duecentocinquantasette franchi furono la modesta

55 Duecentotrentacinquemila e quattrocento franchi.56 Centodiciasettemila e quattrocentoquattordici franchi.57 Settantaduemila franchi.58 Trentottomila e sedici franchi.59 Centotredicimila e dugento franchi.60 Millesettecentoventisette franchi.

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contribuzione della Svizzera nell'opera americana. Biso-gna dirlo francamente. La Svizzera non vedeva il latopratico dell'operazione: non le pareva che l'azione dimandare una palla nella Luna fosse di tal natura da sta-bilire corrispondenza d'affari coll'astro delle notti, esembravale poco prudente di arrischiare i suoi capitali inun'impresa aleatoria. Al postutto, forse la Svizzera ave-va ragione.

Quanto alla Spagna, le fu impossibile di raggranellarepiù di centodieci reali61; essa allegò il pretesto che dove-va compiere le sue ferrovie. La verità è che la scienzanon è ben veduta in quel paese. È ancora un poco indie-tro. E poi certi spagnuoli, e non già dei meno istruiti,non rendevansi un conto esatto della massa del projettileparagonata a quella della Luna; essi temevano che ve-nisse a turbare la sua orbita, a sturbarla nella sua parte disatellite ed a provocare la sua caduta sulla superficie delglobo terrestre. In tal caso era meglio astenersi. E cosìfecero, se ne togli pochi reali.

Rimaneva l'Inghilterra. Si conosce l'antipatia piena didisprezzo colla quale ella accolse la proposta Barbicane.Gl'Inglesi non hanno che una sola e stessa anima peiventicinque milioni di abitanti che racchiude la GranBrettagna. Essi fecero credere come l'impresa del Gun-Club fosse contraria al «principio del non intervento», enon sottoscrissero nemmeno per un farthing.

A questa notizia il Gun-Club s'accontentò d'alzare le

61 Cinquantanove franchi e quarantotto centesimi.

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contribuzione della Svizzera nell'opera americana. Biso-gna dirlo francamente. La Svizzera non vedeva il latopratico dell'operazione: non le pareva che l'azione dimandare una palla nella Luna fosse di tal natura da sta-bilire corrispondenza d'affari coll'astro delle notti, esembravale poco prudente di arrischiare i suoi capitali inun'impresa aleatoria. Al postutto, forse la Svizzera ave-va ragione.

Quanto alla Spagna, le fu impossibile di raggranellarepiù di centodieci reali61; essa allegò il pretesto che dove-va compiere le sue ferrovie. La verità è che la scienzanon è ben veduta in quel paese. È ancora un poco indie-tro. E poi certi spagnuoli, e non già dei meno istruiti,non rendevansi un conto esatto della massa del projettileparagonata a quella della Luna; essi temevano che ve-nisse a turbare la sua orbita, a sturbarla nella sua parte disatellite ed a provocare la sua caduta sulla superficie delglobo terrestre. In tal caso era meglio astenersi. E cosìfecero, se ne togli pochi reali.

Rimaneva l'Inghilterra. Si conosce l'antipatia piena didisprezzo colla quale ella accolse la proposta Barbicane.Gl'Inglesi non hanno che una sola e stessa anima peiventicinque milioni di abitanti che racchiude la GranBrettagna. Essi fecero credere come l'impresa del Gun-Club fosse contraria al «principio del non intervento», enon sottoscrissero nemmeno per un farthing.

A questa notizia il Gun-Club s'accontentò d'alzare le

61 Cinquantanove franchi e quarantotto centesimi.

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spalle e fece ritorno al suo grande piano. Quando l'Ame-rica del Sud, cioè il Perù, il Chili, il Brasile, le provinciedella Plata, la Colombia ebbero versato per loro quota,nelle sue mani, la somma di trecentomila dollari62, eglisi trovò padrone d'un capitale considerevole, del qualediamo, qui la specifica:

Sottos. degli Stati Uniti 4,000,000 dollariSottos. straniera 1,446,675 dollari

Totale 5,446,675 dollari

Erano dunque cinque milioni e quattrocentoquaranta-seimila e seicentosettantacinque dollari63, che il pubbli-co versava nella cassa del Gun-Club.

Nessuno faccia meraviglie per l'importanza dellasomma. I lavori di fusione, di muratura, il trasporto de-gli operai, il loro impianto in un paese quasi disabitato,le costruzioni di forni e di fabbricati, gli arnesi delle fu-cine, la polvere e il projettile, le spese perdute, doveva-no, secondo il preventivo quasi assorbirla tutta. Certicolpi di cannone della guerra federale sono costati milledollari; quello del presidente Barbicane, unico nei fastidell'artiglieria, poteva benissimo costare cinquemila vol-te di più.

Il 20 di ottobre fu conchiuso un trattato colla fucina diGoldspring presso Nuova York, che durante la guerra

62 Un milione e seicentoventiseimila franchi.63 Ventinove milioni cinquecentoventimila e novecento ottan-

tatre franchi e quaranta centesimi.

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spalle e fece ritorno al suo grande piano. Quando l'Ame-rica del Sud, cioè il Perù, il Chili, il Brasile, le provinciedella Plata, la Colombia ebbero versato per loro quota,nelle sue mani, la somma di trecentomila dollari62, eglisi trovò padrone d'un capitale considerevole, del qualediamo, qui la specifica:

Sottos. degli Stati Uniti 4,000,000 dollariSottos. straniera 1,446,675 dollari

Totale 5,446,675 dollari

Erano dunque cinque milioni e quattrocentoquaranta-seimila e seicentosettantacinque dollari63, che il pubbli-co versava nella cassa del Gun-Club.

Nessuno faccia meraviglie per l'importanza dellasomma. I lavori di fusione, di muratura, il trasporto de-gli operai, il loro impianto in un paese quasi disabitato,le costruzioni di forni e di fabbricati, gli arnesi delle fu-cine, la polvere e il projettile, le spese perdute, doveva-no, secondo il preventivo quasi assorbirla tutta. Certicolpi di cannone della guerra federale sono costati milledollari; quello del presidente Barbicane, unico nei fastidell'artiglieria, poteva benissimo costare cinquemila vol-te di più.

Il 20 di ottobre fu conchiuso un trattato colla fucina diGoldspring presso Nuova York, che durante la guerra

62 Un milione e seicentoventiseimila franchi.63 Ventinove milioni cinquecentoventimila e novecento ottan-

tatre franchi e quaranta centesimi.

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aveva fornito a Parrot i suoi migliori cannoni da fusione.Fu stipulato, tra le parti contraenti, che la fucina di

Goldspring impegnavasi di trasportare a Tampa-Town,nella Florida meridionale, il materiale occorrente per lafusione della Columbiade.

Quest'operazione doveva essere terminata al più tardiil 15 ottobre prossimo ed il cannone consegnato in buo-no stato sotto pena di una indennità di cento dollari64 algiorno fino al momento in cui la Luna si presentassenelle stesse condizioni, cioè di lì a diciotto anni e undicigiorni.

L'assunzione degli operai, il loro salario, tutti i neces-sari provvedimenti toccavano alla compagnia del Gold-spring.

Questo trattato, fatto in doppio e in buona fede, fusottoscritto da I. Barbicane presidente del Gun-Club, eda J. Murphison, direttore della fucina di Goldspring,che approvarono la scrittura.

64 Cinquecentoquarantadue franchi.

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aveva fornito a Parrot i suoi migliori cannoni da fusione.Fu stipulato, tra le parti contraenti, che la fucina di

Goldspring impegnavasi di trasportare a Tampa-Town,nella Florida meridionale, il materiale occorrente per lafusione della Columbiade.

Quest'operazione doveva essere terminata al più tardiil 15 ottobre prossimo ed il cannone consegnato in buo-no stato sotto pena di una indennità di cento dollari64 algiorno fino al momento in cui la Luna si presentassenelle stesse condizioni, cioè di lì a diciotto anni e undicigiorni.

L'assunzione degli operai, il loro salario, tutti i neces-sari provvedimenti toccavano alla compagnia del Gold-spring.

Questo trattato, fatto in doppio e in buona fede, fusottoscritto da I. Barbicane presidente del Gun-Club, eda J. Murphison, direttore della fucina di Goldspring,che approvarono la scrittura.

64 Cinquecentoquarantadue franchi.

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CAPITOLO XIII.Stone's-Hill.

In seguito alla scelta fatta dai membri del Gun-Club ascapito del Texas, ognuno in America dove tutti sannoleggere, si credette in dovere di studiare la geografiadella Florida. I librai non vendettero mai tanti Bartram'stravel in Florida, Roman's natural history of East andWest Florida, William's territory of Florida, Cleland onthe culture of the Sugar-Cane in East Florida. Bisognòstampare nuove edizioni. Era un furore.

Barbicane aveva di meglio da fare che leggere; vole-va vedere coi propri occhi e stabilire il posto della Co-lumbiade. Epperò, senza perdere un minuto, egli mise adisposizione dell'Osservatorio di Cambridge i fondi ne-cessarî alla costruzione d'un telescopio, e trattò collacasa Breadwill e C. d'Albania per avere il projettiled'alluminio; poi si lasciò Baltimora, accompagnato da J.T. Maston, dal maggiore Elphiston e dal direttore dellafucina di Goldspring.

All'indomani i quattro compagni di viaggio arrivava-no a Nuova Orleans. Quivi s'imbarcarono immediata-mente sul Tampico, avviso della marina federale, che il

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CAPITOLO XIII.Stone's-Hill.

In seguito alla scelta fatta dai membri del Gun-Club ascapito del Texas, ognuno in America dove tutti sannoleggere, si credette in dovere di studiare la geografiadella Florida. I librai non vendettero mai tanti Bartram'stravel in Florida, Roman's natural history of East andWest Florida, William's territory of Florida, Cleland onthe culture of the Sugar-Cane in East Florida. Bisognòstampare nuove edizioni. Era un furore.

Barbicane aveva di meglio da fare che leggere; vole-va vedere coi propri occhi e stabilire il posto della Co-lumbiade. Epperò, senza perdere un minuto, egli mise adisposizione dell'Osservatorio di Cambridge i fondi ne-cessarî alla costruzione d'un telescopio, e trattò collacasa Breadwill e C. d'Albania per avere il projettiled'alluminio; poi si lasciò Baltimora, accompagnato da J.T. Maston, dal maggiore Elphiston e dal direttore dellafucina di Goldspring.

All'indomani i quattro compagni di viaggio arrivava-no a Nuova Orleans. Quivi s'imbarcarono immediata-mente sul Tampico, avviso della marina federale, che il

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governo metteva a loro disposizione, e, quando l'elicecominciò a girare le rive della Luigiana, disparvero inbreve ai loro occhi.

La traversata non fu lunga; due giorni dopo la suapartenza, il Tampico, avendo percorso quattrocent'ottan-ta miglia, ebbe in vista la costa floridiana. Nell'avvici-narsele, Barbicane videsi dicontro ad una terra bassa,piana, e di aspetto sterile. Dopo aver costeggiato una se-rie di seni ricchi d'ostriche e di granchi, il Tampico entrònella baja d'Espiritu Santo. Questa baja dividesi in duerade allungate, la rada di Tampa e la rada d'Illisboro, ilcui valico fu tosto passato dallo steamer. Poco tempodopo, il forte Brooke disegnò le sue batterie radenti aldisopra delle onde, e la città di Tampa apparve, situatain fondo ad un piccolo porto naturale, formatodall'imboccatura della riviera Hillisboro.

Quivi ancorò il Tampico, il 22 ottobre a sette ore po-meridiane, e i quattro passeggieri sbarcarono immedia-tamente.

Barbicane sentì battersi il cuore con violenza quandocalcò il suolo floridiano; pareva che lo tastasse col piedecome fa un architetto di una casa quando vuol provarnela solidità. J. T. Maston raspava il suolo coll'estremitàdel suo uncino.

«Signori, disse allora Barbicane, non abbiamo tempoda perdere, e incominciando da domani monteremo acavallo per riconoscere il paese.»

Nel momento che Barbicane aveva approdato, i tre-mila abitanti di Tampa-Town eransi mossi a incontro a

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governo metteva a loro disposizione, e, quando l'elicecominciò a girare le rive della Luigiana, disparvero inbreve ai loro occhi.

La traversata non fu lunga; due giorni dopo la suapartenza, il Tampico, avendo percorso quattrocent'ottan-ta miglia, ebbe in vista la costa floridiana. Nell'avvici-narsele, Barbicane videsi dicontro ad una terra bassa,piana, e di aspetto sterile. Dopo aver costeggiato una se-rie di seni ricchi d'ostriche e di granchi, il Tampico entrònella baja d'Espiritu Santo. Questa baja dividesi in duerade allungate, la rada di Tampa e la rada d'Illisboro, ilcui valico fu tosto passato dallo steamer. Poco tempodopo, il forte Brooke disegnò le sue batterie radenti aldisopra delle onde, e la città di Tampa apparve, situatain fondo ad un piccolo porto naturale, formatodall'imboccatura della riviera Hillisboro.

Quivi ancorò il Tampico, il 22 ottobre a sette ore po-meridiane, e i quattro passeggieri sbarcarono immedia-tamente.

Barbicane sentì battersi il cuore con violenza quandocalcò il suolo floridiano; pareva che lo tastasse col piedecome fa un architetto di una casa quando vuol provarnela solidità. J. T. Maston raspava il suolo coll'estremitàdel suo uncino.

«Signori, disse allora Barbicane, non abbiamo tempoda perdere, e incominciando da domani monteremo acavallo per riconoscere il paese.»

Nel momento che Barbicane aveva approdato, i tre-mila abitanti di Tampa-Town eransi mossi a incontro a

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lui: onore ben dovuto al presidente del Gun-Club, che liaveva favoriti della scelta. Essi lo accolsero fra entusta-stiche acclamazioni; ma Barbicane si sottrasse a tutte leovazioni, entrò in una camera dell'albergo Franklin, enon volle ricevere nessuno. Insomma, il mestiered'uomo celebre non era proprio fatto per lui.

L'indomani, 23 ottobre, alcuni cavallini di razza spa-gnuola, pieni di vigore e di fuoco, scalpitavano sotto lesue finestre. Ma invece di quattro, ve n'erano cinquantacoi loro cavalieri. Barbicane discese accompagnato daisuoi tre colleghi, e fece le meraviglie di trovarsi in mez-zo a simile cavalcata. Egli osservò inoltre che ogni ca-valiere portava una carabina a bandoliera ed un paio dipistole nelle fondine. La ragione di siffatto lusso di for-ze gli fu subito data da un giovane floridiano, che glidisse:

— Signori, ci sono i Seminoli.— E chi sono i Seminoli?— I selvaggi che scorrono le praterie, e ci è sembrato

prudente di farvi scorta.— Manco male! esclamò J. T. Maston montando la

sua cavalcatura.— Così, riprese il floridiano, la cosa sarà più sicura.— Signori, riprese Barbicane, vi ringrazio della vo-

stra gentilezza, ed ora mettiamoci in cammino.La piccola cavalcata subito si mosse, e scomparve in

una nube di polvere. Erano cinque ore del mattino, il

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lui: onore ben dovuto al presidente del Gun-Club, che liaveva favoriti della scelta. Essi lo accolsero fra entusta-stiche acclamazioni; ma Barbicane si sottrasse a tutte leovazioni, entrò in una camera dell'albergo Franklin, enon volle ricevere nessuno. Insomma, il mestiered'uomo celebre non era proprio fatto per lui.

L'indomani, 23 ottobre, alcuni cavallini di razza spa-gnuola, pieni di vigore e di fuoco, scalpitavano sotto lesue finestre. Ma invece di quattro, ve n'erano cinquantacoi loro cavalieri. Barbicane discese accompagnato daisuoi tre colleghi, e fece le meraviglie di trovarsi in mez-zo a simile cavalcata. Egli osservò inoltre che ogni ca-valiere portava una carabina a bandoliera ed un paio dipistole nelle fondine. La ragione di siffatto lusso di for-ze gli fu subito data da un giovane floridiano, che glidisse:

— Signori, ci sono i Seminoli.— E chi sono i Seminoli?— I selvaggi che scorrono le praterie, e ci è sembrato

prudente di farvi scorta.— Manco male! esclamò J. T. Maston montando la

sua cavalcatura.— Così, riprese il floridiano, la cosa sarà più sicura.— Signori, riprese Barbicane, vi ringrazio della vo-

stra gentilezza, ed ora mettiamoci in cammino.La piccola cavalcata subito si mosse, e scomparve in

una nube di polvere. Erano cinque ore del mattino, il

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sole già risplendeva e il termometro segnava 94°65 mauna fresca brezza di mare moderava quest'eccessivatemperatura.

Barbicane, lasciando Tampa-Town, scese verso il sud,e seguì la costa in modo da raggiungere il creek66 d'Ali-fia. Questo piccolo fiume si getta nella baja Hillisboro, adodici miglia sotto Tampa-Town. Barbicane e la suascorta costeggiarono la riva destra risalendo versol'oriente. In breve i flutti della baia scomparvero dietroun rialzo sul terreno, e la campagna floridiana si offersesola agli sguardi.

La Florida dividesi in due parti: l'una al nord, più po-polosa, meno abbandonata, ha Tallahassee per capitale ePensacola, uno tra i principali arsenali marittimi degliStati Uniti; l'altra, compresa fra l'Atlantico, e il golfo delMessico che la serrano nelle loro acque, non è che unastretta penisola rosa dalla corrente del Gulf-Stream,punta di terra perduta in mezzo a un piccolo arcipelagoe sempre visitata dalle numerose navi del canale di Ba-hama. È la sentinella avanzata del golfo delle grandiTempeste.

La superficie di questo Stato è di trentotto milionitrentatremila e dugentosessantasette acri67, tra i quali bi-sognava sceglierne uno situato al di qua del ventottesi-mo parallelo e conveniente all'impresa, epperciò Barbi-

65 Termometro Fahrenheit, cioè 28 gradi centigradi.66 Piccolo corso d'acqua.67 Quindici milioni trecentosessantacinquemila quattrocento-

quaranta ettari

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sole già risplendeva e il termometro segnava 94°65 mauna fresca brezza di mare moderava quest'eccessivatemperatura.

Barbicane, lasciando Tampa-Town, scese verso il sud,e seguì la costa in modo da raggiungere il creek66 d'Ali-fia. Questo piccolo fiume si getta nella baja Hillisboro, adodici miglia sotto Tampa-Town. Barbicane e la suascorta costeggiarono la riva destra risalendo versol'oriente. In breve i flutti della baia scomparvero dietroun rialzo sul terreno, e la campagna floridiana si offersesola agli sguardi.

La Florida dividesi in due parti: l'una al nord, più po-polosa, meno abbandonata, ha Tallahassee per capitale ePensacola, uno tra i principali arsenali marittimi degliStati Uniti; l'altra, compresa fra l'Atlantico, e il golfo delMessico che la serrano nelle loro acque, non è che unastretta penisola rosa dalla corrente del Gulf-Stream,punta di terra perduta in mezzo a un piccolo arcipelagoe sempre visitata dalle numerose navi del canale di Ba-hama. È la sentinella avanzata del golfo delle grandiTempeste.

La superficie di questo Stato è di trentotto milionitrentatremila e dugentosessantasette acri67, tra i quali bi-sognava sceglierne uno situato al di qua del ventottesi-mo parallelo e conveniente all'impresa, epperciò Barbi-

65 Termometro Fahrenheit, cioè 28 gradi centigradi.66 Piccolo corso d'acqua.67 Quindici milioni trecentosessantacinquemila quattrocento-

quaranta ettari

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cane, cavalcando, esaminava attentamente la configura-zione del suolo, e la sua particolare distribuzione.

La Florida, scoperta da Juan Ponce de Leon nel 1512la domenica delle Palme, fu dapprima chiamata Pasquafiorita. Ben poco le si addiceva tale denominazione gen-tile sulle sue coste ignude ed arse. Ma ad alcune migliadalla riva, la natura del terreno si cambiò a poco a poco,il paese si mostrò degno del suo nome e il suolo era sol-cato da una rete di creek, di rios, di corsi d’acqua, di sta-gni, di laghetti; pareva d'essere in Olanda o nella Guia-na. La campagna elevavasi sensibilmente, e di lì a pocomostrò le sue pianure coltivate dove riunivansi tutti iprodotti vegetali del nord e del mezzogiorno, i suoicampi immensi, di cui il sole dei tropici e le acque con-servate nelle argille del suolo facevano tutte le spese dicoltura; poi infine le sue campagne d'ananas, d'ignami,di tabacco, di riso, di cotone e di canne da zucchero, cheestendevansi in grande lontananza, dispiegando le lororicchezze con insolita prodigalità.

Barbicane parve soddisfattissimo di constatare l'ele-vazione progressiva del suolo, e allorquando J. T. Ma-ston lo interrogò in proposito:

— Mio degno amico, ei gli rispose, per noi è di gran-dissima importanza il fondere la nostra Columbiade nel-le terre alte.

— Per essere più vicini alla Luna? domandò il segre-tario del Gun-Club.

— No! rispose Barbicane sorridendo. Che cosa im-portano alcune tese di più o di meno? No, ma in mezzo

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cane, cavalcando, esaminava attentamente la configura-zione del suolo, e la sua particolare distribuzione.

La Florida, scoperta da Juan Ponce de Leon nel 1512la domenica delle Palme, fu dapprima chiamata Pasquafiorita. Ben poco le si addiceva tale denominazione gen-tile sulle sue coste ignude ed arse. Ma ad alcune migliadalla riva, la natura del terreno si cambiò a poco a poco,il paese si mostrò degno del suo nome e il suolo era sol-cato da una rete di creek, di rios, di corsi d’acqua, di sta-gni, di laghetti; pareva d'essere in Olanda o nella Guia-na. La campagna elevavasi sensibilmente, e di lì a pocomostrò le sue pianure coltivate dove riunivansi tutti iprodotti vegetali del nord e del mezzogiorno, i suoicampi immensi, di cui il sole dei tropici e le acque con-servate nelle argille del suolo facevano tutte le spese dicoltura; poi infine le sue campagne d'ananas, d'ignami,di tabacco, di riso, di cotone e di canne da zucchero, cheestendevansi in grande lontananza, dispiegando le lororicchezze con insolita prodigalità.

Barbicane parve soddisfattissimo di constatare l'ele-vazione progressiva del suolo, e allorquando J. T. Ma-ston lo interrogò in proposito:

— Mio degno amico, ei gli rispose, per noi è di gran-dissima importanza il fondere la nostra Columbiade nel-le terre alte.

— Per essere più vicini alla Luna? domandò il segre-tario del Gun-Club.

— No! rispose Barbicane sorridendo. Che cosa im-portano alcune tese di più o di meno? No, ma in mezzo

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ai terreni elevati i nostri lavori progrediranno più facil-mente; noi non avremo da lottare colle acque, circostan-za che ci risparmierà incanalature lunghe e costose. Ed ècosa di non lieve conto quando si tratta di scavare unpozzo della profondità di novecento metri.

— Avete ragione, disse allora l'ingegnere Murphison;bisogna, per quanto è possibile, evitare i corsi d'acquadurante la scavatura; ma se per mala ventura incontria-mo delle fonti, noi le asciugheremo colle nostre macchi-ne o le svieremo. Non si tratta qui di un pozzo artesia-no68, stretto ed oscuro, dove la madrevite, la canna dainvestire, lo scandaglio, in una parola tutti gli utensilidel foratore lavorano alla cieca. No, noi opereremo acielo scoperto, alla luce del giorno, colla zappa o colpiccone in mano, e col soccorso della mina faremo cam-minare l'impresa con rapidità.

— Però, riprese Barbicane, se per l'elevazione delsuolo o per la sua natura noi possiamo schivare una lottacolle acque sotterranee, il lavoro sarà più rapido e piùperfetto; procureremo dunque d'aprire la nostra trinceain un terreno situato ad alcune centinaia di tese al diso-pra del livello del mare.

— Avete ragione, signor Barbicane, e, se nonm'inganno, fra poco troveremo un luogo conveniente.

— Ah! vorrei essere già al primo colpo di zappa, dis-se il presidente.

68 S'impiegarono nove anni a forare il pozzo di Grenelle, neidintorni di Parigi, che ha cinquecentoquarantasette metri di pro-fondità.

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ai terreni elevati i nostri lavori progrediranno più facil-mente; noi non avremo da lottare colle acque, circostan-za che ci risparmierà incanalature lunghe e costose. Ed ècosa di non lieve conto quando si tratta di scavare unpozzo della profondità di novecento metri.

— Avete ragione, disse allora l'ingegnere Murphison;bisogna, per quanto è possibile, evitare i corsi d'acquadurante la scavatura; ma se per mala ventura incontria-mo delle fonti, noi le asciugheremo colle nostre macchi-ne o le svieremo. Non si tratta qui di un pozzo artesia-no68, stretto ed oscuro, dove la madrevite, la canna dainvestire, lo scandaglio, in una parola tutti gli utensilidel foratore lavorano alla cieca. No, noi opereremo acielo scoperto, alla luce del giorno, colla zappa o colpiccone in mano, e col soccorso della mina faremo cam-minare l'impresa con rapidità.

— Però, riprese Barbicane, se per l'elevazione delsuolo o per la sua natura noi possiamo schivare una lottacolle acque sotterranee, il lavoro sarà più rapido e piùperfetto; procureremo dunque d'aprire la nostra trinceain un terreno situato ad alcune centinaia di tese al diso-pra del livello del mare.

— Avete ragione, signor Barbicane, e, se nonm'inganno, fra poco troveremo un luogo conveniente.

— Ah! vorrei essere già al primo colpo di zappa, dis-se il presidente.

68 S'impiegarono nove anni a forare il pozzo di Grenelle, neidintorni di Parigi, che ha cinquecentoquarantasette metri di pro-fondità.

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— Ed io all'ultimo, esclamò J. T. Maston.— Ci arriveremo, signori, rispose l'ingegnere e, cre-

dete a me, la compagnia del Goldspring non avrà da pa-garvi l'indennità del ritardo.

— Per santa Barbara! avete ragione, replicò J. T. Ma-ston; cento dollari al giorno fino a che la Luna si presen-ti nelle stesse condizioni, cioè durante diciotto anni eundici giorni. Ma sapete che si farebbe la somma di sei-centocinquantottomila e cento dollari?69

— No, signore, non lo sappiamo, rispose l'ingegnere,nè avremo bisogno di saperlo.

Verso le dieci della mattina il piccolo gruppo di viag-giatori aveva percorso una dozzina di miglia, ai fertilicampi succedeva allora la regione delle foreste. Quivicrescevano le piante più varie con una profusione tropi-cale. Queste foreste quasi impenetrabili erano compostedi melagrani, di aranci, di cedri, di fichi, d'olivi, d'albi-cocchi, di banani, di grandi ceppi di vite con frutti e fio-ri che tra loro gareggiavano di colori e di profumi.All'ombra odorosa di que' magnifici alberi cantava e vo-lava un immenso stuolo d'uccelli dalle tinte brillanti, trai quali distinguevansi più particolarmente le sgarze, ilcui nido doveva essere uno stipetto, perchè si confaces-se a quei piumati giojelli.

J. T. Maston ed il maggiore non potevano trovarsi inpresenza di sì ricca natura senza ammirarne le splendide

69 Tre milioni cinquecentosessantaseimila e novecentoduefranchi.

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— Ed io all'ultimo, esclamò J. T. Maston.— Ci arriveremo, signori, rispose l'ingegnere e, cre-

dete a me, la compagnia del Goldspring non avrà da pa-garvi l'indennità del ritardo.

— Per santa Barbara! avete ragione, replicò J. T. Ma-ston; cento dollari al giorno fino a che la Luna si presen-ti nelle stesse condizioni, cioè durante diciotto anni eundici giorni. Ma sapete che si farebbe la somma di sei-centocinquantottomila e cento dollari?69

— No, signore, non lo sappiamo, rispose l'ingegnere,nè avremo bisogno di saperlo.

Verso le dieci della mattina il piccolo gruppo di viag-giatori aveva percorso una dozzina di miglia, ai fertilicampi succedeva allora la regione delle foreste. Quivicrescevano le piante più varie con una profusione tropi-cale. Queste foreste quasi impenetrabili erano compostedi melagrani, di aranci, di cedri, di fichi, d'olivi, d'albi-cocchi, di banani, di grandi ceppi di vite con frutti e fio-ri che tra loro gareggiavano di colori e di profumi.All'ombra odorosa di que' magnifici alberi cantava e vo-lava un immenso stuolo d'uccelli dalle tinte brillanti, trai quali distinguevansi più particolarmente le sgarze, ilcui nido doveva essere uno stipetto, perchè si confaces-se a quei piumati giojelli.

J. T. Maston ed il maggiore non potevano trovarsi inpresenza di sì ricca natura senza ammirarne le splendide

69 Tre milioni cinquecentosessantaseimila e novecentoduefranchi.

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bellezze.Ma il presidente Barbicane, il cui animo non commo-

vevasi a tali meraviglie, erasi affrettato ad andare avanti;chè quel paese sì fertile dispiacevagli per la sua stessafertilità; senza essere idroscopo, egli sentiva l'acqua sot-to i suoi passi e cercava, ma invano, i segni di un'incon-testabile aridità.

Intanto si andava innanzi; bisognò passare a guado di-versi fiumi, e non senza qualche pericolo, perchè eranoinfestati da caimani lunghi da quindici a diciotto piedi.J. T. Maston li minacciò arditamente col suo terribileuncino, ma non giunse a spaventare che i pellicani, learzavole ed i fetonti, selvaggi abitatori di quelle rive,mentre i gran fenicotteri rossi stavano stupidamente aguardarlo.

Infine questi ospiti dei paesi umidi scomparvero a lorvolta; alberi meno grossi venian diradandosi tra boschimeno folti; Infine pochi gruppi isolati campeggiavano inmezzo a pianure interminabili dove passavano numerosetorme di daini spaventati.

— Finalmente! esclamò Barbicane rizzandosi sullestaffe, ecco la regione dei pini!

— E quella dei selvaggi, rispose il maggiore.Di fatto alcuni Seminoli apparivano all'orizzonte; essi

agitavansi, correvano dall'uno all'altro sui loro rapidi ca-valli come per abboccarsi, brandendo lunghe lancie, etalvolta scaricando i loro fucili a detonazione sorda: delresto si limitarono a queste dimostrazioni ostili, senzadisturbare nè Barbicane nè i suoi compagni.

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bellezze.Ma il presidente Barbicane, il cui animo non commo-

vevasi a tali meraviglie, erasi affrettato ad andare avanti;chè quel paese sì fertile dispiacevagli per la sua stessafertilità; senza essere idroscopo, egli sentiva l'acqua sot-to i suoi passi e cercava, ma invano, i segni di un'incon-testabile aridità.

Intanto si andava innanzi; bisognò passare a guado di-versi fiumi, e non senza qualche pericolo, perchè eranoinfestati da caimani lunghi da quindici a diciotto piedi.J. T. Maston li minacciò arditamente col suo terribileuncino, ma non giunse a spaventare che i pellicani, learzavole ed i fetonti, selvaggi abitatori di quelle rive,mentre i gran fenicotteri rossi stavano stupidamente aguardarlo.

Infine questi ospiti dei paesi umidi scomparvero a lorvolta; alberi meno grossi venian diradandosi tra boschimeno folti; Infine pochi gruppi isolati campeggiavano inmezzo a pianure interminabili dove passavano numerosetorme di daini spaventati.

— Finalmente! esclamò Barbicane rizzandosi sullestaffe, ecco la regione dei pini!

— E quella dei selvaggi, rispose il maggiore.Di fatto alcuni Seminoli apparivano all'orizzonte; essi

agitavansi, correvano dall'uno all'altro sui loro rapidi ca-valli come per abboccarsi, brandendo lunghe lancie, etalvolta scaricando i loro fucili a detonazione sorda: delresto si limitarono a queste dimostrazioni ostili, senzadisturbare nè Barbicane nè i suoi compagni.

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Costoro occupavano allora il mezzo di una pianurarocciosa; vasto spazio scoperto, d'un'estensione di piùacri, che il sole inondava di raggi cocentissimi. Essa eraformata come di una vasta intumescenza del terreno,che pareva offrisse ai membri del Gun-Club tutte le con-dizioni richieste per mettervi la loro Columbiade.

— Alto là! disse Barbicane fermandosi. Questo luogoha un nome nel paese?

— Si chiama Stone's-Hill70, rispose un floridiano.Barbicane, senza aprir bocca, mise piede a terra, pi-

gliò i suoi istrumenti e cominciò a rilevarne la posizionecon estrema esattezza; la piccola carovana ordinata in-torno a lui, lo esaminava osservando con profondo si-lenzio.

In quel momento il sole passava al meridiano. Barbi-cane, dopo alcuni istanti, comunicò rapidamente il risul-tato delle sue osservazioni e disse:

«Questo terreno è posto a trecento tese al disopra dellivello del mare, a 27.° 7' di latitudine e 5.° 7' di longitu-dine occidentale71; parmi che per la sua natura arida erocciosa offre tutte le condizioni favorevoli all'esperi-mento: è dunque in questa pianura che s'innalzeranno inostri magazzini, le nostre officine, i nostri fornelli, lecapanne dei nostri operai, ed è pure da questo stessopunto, egli ripetè battendo col piede la vetta di Stone's-

70 Colline di pietre.71 Del meridiano di Washington. La differenza col meridiano

di Parigi è di × 79° 22'. Questa longitudine è dunque sulle misurefrancesi 83° 25'.

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Costoro occupavano allora il mezzo di una pianurarocciosa; vasto spazio scoperto, d'un'estensione di piùacri, che il sole inondava di raggi cocentissimi. Essa eraformata come di una vasta intumescenza del terreno,che pareva offrisse ai membri del Gun-Club tutte le con-dizioni richieste per mettervi la loro Columbiade.

— Alto là! disse Barbicane fermandosi. Questo luogoha un nome nel paese?

— Si chiama Stone's-Hill70, rispose un floridiano.Barbicane, senza aprir bocca, mise piede a terra, pi-

gliò i suoi istrumenti e cominciò a rilevarne la posizionecon estrema esattezza; la piccola carovana ordinata in-torno a lui, lo esaminava osservando con profondo si-lenzio.

In quel momento il sole passava al meridiano. Barbi-cane, dopo alcuni istanti, comunicò rapidamente il risul-tato delle sue osservazioni e disse:

«Questo terreno è posto a trecento tese al disopra dellivello del mare, a 27.° 7' di latitudine e 5.° 7' di longitu-dine occidentale71; parmi che per la sua natura arida erocciosa offre tutte le condizioni favorevoli all'esperi-mento: è dunque in questa pianura che s'innalzeranno inostri magazzini, le nostre officine, i nostri fornelli, lecapanne dei nostri operai, ed è pure da questo stessopunto, egli ripetè battendo col piede la vetta di Stone's-

70 Colline di pietre.71 Del meridiano di Washington. La differenza col meridiano

di Parigi è di × 79° 22'. Questa longitudine è dunque sulle misurefrancesi 83° 25'.

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Hill, che il nostro projettile volerà verso gli spazi delmondo solare!»

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Hill, che il nostro projettile volerà verso gli spazi delmondo solare!»

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CAPITOLO XIV.Zappa e cazzuola.

La sera stessa, Barbicane ed i suoi compagni rientra-vano a Tampa-Town, e l'ingegnere Murphison rimbarca-vasi sul Tampico per la nuova Orléans. Egli doveva ar-rolare un esercito d'operaj, e trasportare la maggior partedel materiale. I membri del Gun-Club rimasero aTampa-Town per regolare i primi lavori, valendosi degliuomini del paese.

Otto giorni dopo la sua partenza, il Tampico ritornavanella baja Espiritu-Santo con una flottiglia di battelli avapore. Murphison aveva riunito millecinquecento ope-raj. Nei cattivi giorni della schiavitù egli avrebbe spesoinutilmente danaro e fatica. Ma dacchè l’America, laterra della libertà, non contava più che uomini liberi nelsuo seno, questi accorrevano dovunque li chiamasse unamano d'opera largamente retribuita. Ora il denaro nonmancava al Gun-Club; esso offriva ai suoi uomini unagrossa paga, con gratificazioni considerevoli e propor-zionali. L'operajo arrolato per la Florida poteva contare,a lavoro compiuto, sopra un capitale deposto in suonome alla banca di Baltimora. Murphison non ebbe

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CAPITOLO XIV.Zappa e cazzuola.

La sera stessa, Barbicane ed i suoi compagni rientra-vano a Tampa-Town, e l'ingegnere Murphison rimbarca-vasi sul Tampico per la nuova Orléans. Egli doveva ar-rolare un esercito d'operaj, e trasportare la maggior partedel materiale. I membri del Gun-Club rimasero aTampa-Town per regolare i primi lavori, valendosi degliuomini del paese.

Otto giorni dopo la sua partenza, il Tampico ritornavanella baja Espiritu-Santo con una flottiglia di battelli avapore. Murphison aveva riunito millecinquecento ope-raj. Nei cattivi giorni della schiavitù egli avrebbe spesoinutilmente danaro e fatica. Ma dacchè l’America, laterra della libertà, non contava più che uomini liberi nelsuo seno, questi accorrevano dovunque li chiamasse unamano d'opera largamente retribuita. Ora il denaro nonmancava al Gun-Club; esso offriva ai suoi uomini unagrossa paga, con gratificazioni considerevoli e propor-zionali. L'operajo arrolato per la Florida poteva contare,a lavoro compiuto, sopra un capitale deposto in suonome alla banca di Baltimora. Murphison non ebbe

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quindi che l'imbarazzo della scelta, e potè mostrarsi se-vero sovra l'intelligenza e l'abilità de' suoi uomini. Èdunque lecito ritenere ch'egli abbia compreso nella sualaboriosa legione il fiore dei meccanici, dei fochisti, deifonditori, dei fornaciaj di calcina, dei minatori, dei mat-tonieri e dei manovali d'ogni specie, neri o bianchi senzadistinzione di colore. Molti di costoro aveano con sè lafamiglia. Era una vera emigrazione.

Il 31 ottobre, alle 10 della mattina, questo esercitòsbarcò sui moli di Tampa-Town; comprendesi il movi-mento e l'attività che regnarono nella piccola città, di cuiraddoppiavasi la popolazione in un sol giorno. Di fatto,Tampa-Town doveva guadagnare enormemente conquesta iniziativa del Gun-Club, non pel numero deglioperaj che furono diretti immediatamente sopra Stone's-Hill, ma in virtù dell'affluenza de' curiosi che converse-ro a poco a poco da tutti i punti del globo verso la peni-sola floridana.

Durante i primi giorni, principale occupazione fu discaricare tutti gli arnesi portati dalla flottiglia, le mac-chine, i viveri, come pure un gran numero di case di lat-ta fatte in pezzi staccati e numerati. Nello stesso tempo,Barbicane piantava le prime biffe d'una rotaia lungaquindici miglia e destinata ad unire Stone’s-Hill aTampa-Town.

È noto in quali condizioni si facciano le ferrovie ame-ricane: capriccioso nelle svolte, ardito nelle inclinazioni,disprezzando i parapetti e le opere d'arte, scavalcandocolline, precipitandosi per colli il rail-road corre come

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quindi che l'imbarazzo della scelta, e potè mostrarsi se-vero sovra l'intelligenza e l'abilità de' suoi uomini. Èdunque lecito ritenere ch'egli abbia compreso nella sualaboriosa legione il fiore dei meccanici, dei fochisti, deifonditori, dei fornaciaj di calcina, dei minatori, dei mat-tonieri e dei manovali d'ogni specie, neri o bianchi senzadistinzione di colore. Molti di costoro aveano con sè lafamiglia. Era una vera emigrazione.

Il 31 ottobre, alle 10 della mattina, questo esercitòsbarcò sui moli di Tampa-Town; comprendesi il movi-mento e l'attività che regnarono nella piccola città, di cuiraddoppiavasi la popolazione in un sol giorno. Di fatto,Tampa-Town doveva guadagnare enormemente conquesta iniziativa del Gun-Club, non pel numero deglioperaj che furono diretti immediatamente sopra Stone's-Hill, ma in virtù dell'affluenza de' curiosi che converse-ro a poco a poco da tutti i punti del globo verso la peni-sola floridana.

Durante i primi giorni, principale occupazione fu discaricare tutti gli arnesi portati dalla flottiglia, le mac-chine, i viveri, come pure un gran numero di case di lat-ta fatte in pezzi staccati e numerati. Nello stesso tempo,Barbicane piantava le prime biffe d'una rotaia lungaquindici miglia e destinata ad unire Stone’s-Hill aTampa-Town.

È noto in quali condizioni si facciano le ferrovie ame-ricane: capriccioso nelle svolte, ardito nelle inclinazioni,disprezzando i parapetti e le opere d'arte, scavalcandocolline, precipitandosi per colli il rail-road corre come

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un cieco e senza darsi briga della linea retta; non è co-stoso, non imbarazza; al più al più si va fuori delle rota-ie e si salta liberissimamente. La strada di Tampa-Towna Stone's-Hill non fu che una bazzecola e non richiesenè gran tempo nè molto danaro per essere costruita.

Del resto Barbicane era l'anima di tutta quella genteaccorsa alla sua chiamata; egli l'animava, le comunicavail suo ardore, il suo entusiasmo, la sua convinzione; egliera presente in ogni luogo, quasichè avesse avuto ildono dell'ubiquità e sempre seguito da J. T. Maston, mo-sca che ronzavagli continuamente dintorno. La sua men-te pratica inventava mille cose. Con lui non v'eranoostacoli nè difficoltà, non mai un impaccio; egli facevaa vicenda da minatore, da muratore, da meccanico, daartigliere; aveva risposte per tutte le domande e soluzio-ni per tutti i problemi. Corrispondeva attivamente colGun-Club e colla fucina di Goldspring, e giorno e notte,coi fuochi accesi, il vapore mantenuto sotto pressione, ilTampico aspettava i suoi ordini nella rada di Hillisboro.

Barbicane, il 1 novembre, lasciò Tampa-Town con undistaccamento di operaj, e subito il giorno susseguenteuna città di case meccaniche si innalzò intorno aStone's-Hill; la si circondò di palizzate, e pel suo motocontinuo, pel suo ardore, per poco la si sarebbe credutauna delle grandi città dell'Unione. La vita vi fu regolatadisciplinatamente ed i lavori cominciarono con perfettoordine.

Ripetuti scandagli praticati con diligenza avevanopermesso di riconoscere la natura del terreno, e l'escava-

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un cieco e senza darsi briga della linea retta; non è co-stoso, non imbarazza; al più al più si va fuori delle rota-ie e si salta liberissimamente. La strada di Tampa-Towna Stone's-Hill non fu che una bazzecola e non richiesenè gran tempo nè molto danaro per essere costruita.

Del resto Barbicane era l'anima di tutta quella genteaccorsa alla sua chiamata; egli l'animava, le comunicavail suo ardore, il suo entusiasmo, la sua convinzione; egliera presente in ogni luogo, quasichè avesse avuto ildono dell'ubiquità e sempre seguito da J. T. Maston, mo-sca che ronzavagli continuamente dintorno. La sua men-te pratica inventava mille cose. Con lui non v'eranoostacoli nè difficoltà, non mai un impaccio; egli facevaa vicenda da minatore, da muratore, da meccanico, daartigliere; aveva risposte per tutte le domande e soluzio-ni per tutti i problemi. Corrispondeva attivamente colGun-Club e colla fucina di Goldspring, e giorno e notte,coi fuochi accesi, il vapore mantenuto sotto pressione, ilTampico aspettava i suoi ordini nella rada di Hillisboro.

Barbicane, il 1 novembre, lasciò Tampa-Town con undistaccamento di operaj, e subito il giorno susseguenteuna città di case meccaniche si innalzò intorno aStone's-Hill; la si circondò di palizzate, e pel suo motocontinuo, pel suo ardore, per poco la si sarebbe credutauna delle grandi città dell'Unione. La vita vi fu regolatadisciplinatamente ed i lavori cominciarono con perfettoordine.

Ripetuti scandagli praticati con diligenza avevanopermesso di riconoscere la natura del terreno, e l'escava-

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zione potè essere incominciata fino dal 4 novembre. Intal giorno Barbicane riunì i suoi capi-officina, e disseloro:

«Voi sapete tutti, amici miei, perchè io vi ho riuniti inquesta regione selvaggia della Florida. Si tratta di fon-dere un cannone che misuri nove piedi di diametro in-terno, sei piedi di spessore delle pareti e diciannove pie-di e mezzo di rivestimento di pietra: vuolsi dunque sca-vare un pozzo largo sessanta piedi, alla profondità di no-vecento. Questo lavoro considerevole dev'essere com-piuto in otto mesi; ora,voi avete due milioni e cinque-centoquarantatremila e quattrocento piedi cubi di terre-no da estrarre in duecentocinquantacinque giorni; cioè,in cifra rotonda, diecimila piedi cubi al giorno. Il chenon presenterebbe veruna difficoltà per mille operaj chelavorassero speditamente, ma sarà penoso in uno spaziocomparativamente ristretto. Nullameno, poichè questolavoro va fatto, si farà, ed io conto tanto sul vostro co-raggio, conto sulla vostra abilità».

Alle 8 antimeridiane, il primo colpo di zappa fu datonel suolo floridano, e da quel momento il valido arnesenon istette più ozioso un solo istante nella mano de' mi-natori. Gli operaj davansi il cambio ogni quarto di gior-nata.

D'altra parte, per quanto colossale fosse l'operazione,non eccedeva il limite delle forze umane tutt'altro. Quin-di lavori di una difficoltà più seria, e ne' quali gli ele-menti dovettero essere direttamente combattuti, furonocondotti a buon fine! E per non parlare che delle opere

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zione potè essere incominciata fino dal 4 novembre. Intal giorno Barbicane riunì i suoi capi-officina, e disseloro:

«Voi sapete tutti, amici miei, perchè io vi ho riuniti inquesta regione selvaggia della Florida. Si tratta di fon-dere un cannone che misuri nove piedi di diametro in-terno, sei piedi di spessore delle pareti e diciannove pie-di e mezzo di rivestimento di pietra: vuolsi dunque sca-vare un pozzo largo sessanta piedi, alla profondità di no-vecento. Questo lavoro considerevole dev'essere com-piuto in otto mesi; ora,voi avete due milioni e cinque-centoquarantatremila e quattrocento piedi cubi di terre-no da estrarre in duecentocinquantacinque giorni; cioè,in cifra rotonda, diecimila piedi cubi al giorno. Il chenon presenterebbe veruna difficoltà per mille operaj chelavorassero speditamente, ma sarà penoso in uno spaziocomparativamente ristretto. Nullameno, poichè questolavoro va fatto, si farà, ed io conto tanto sul vostro co-raggio, conto sulla vostra abilità».

Alle 8 antimeridiane, il primo colpo di zappa fu datonel suolo floridano, e da quel momento il valido arnesenon istette più ozioso un solo istante nella mano de' mi-natori. Gli operaj davansi il cambio ogni quarto di gior-nata.

D'altra parte, per quanto colossale fosse l'operazione,non eccedeva il limite delle forze umane tutt'altro. Quin-di lavori di una difficoltà più seria, e ne' quali gli ele-menti dovettero essere direttamente combattuti, furonocondotti a buon fine! E per non parlare che delle opere

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dello stesso genere, basterà citare il Pozzo del padreGiuseppe, costruito vicino al Cairo dal sultano Saladino,in un tempo che le macchine non erano ancora venute acentuplicare le forze dell'uomo, il qual pozzo discendeal livello del Nilo, ad una profondità di trecento piedi. El'altro pozzo scavato a Coblenza dal margravio Giovannidi Baden fino a seicento piedi sotto il suolo? Ebbene! diche trattavasi in sostanza? Di triplicare quella profonditàe sopra una larghezza decupla, il che renderebbe la fora-tura più facile! Laonde non v'era un caposquadra, nonun operajo, che dubitasse del buon esito dell'operazione.

Un'importante decisione, presa dall'ingegnere Mur-phison d'accordo col presidente Barbicane, giunse inbuon punto a permettere che si accelerassero i lavori.Un articolo del trattato stabiliva che la Columbiade sa-rebbe guernita con cerchi di ferro battuto da collocarsi acaldo. Lusso di precauzioni inutili, giacchè la terribilemacchina poteva evidentemente far senza di codestianelli compressori. Si rinunziò dunque a questa clauso-la. Di qui una grande economia di tempo, essendochè sipotè così impiegare il nuovo sistema di scavamento oraadottato nella costruzione dei pozzi, col quale la mura-tura si fa contemporaneamente all'escavazione. Mercèquesto sistema semplicissimo non è più necessario pun-tellare il terreno; il muro lo trattiene con forza invincibi-le e scende da sè per il proprio peso.

Tale manovra non doveva aver principio che nel mo-mento in cui la zappa avrebbe toccato la parte solida delsuolo.

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dello stesso genere, basterà citare il Pozzo del padreGiuseppe, costruito vicino al Cairo dal sultano Saladino,in un tempo che le macchine non erano ancora venute acentuplicare le forze dell'uomo, il qual pozzo discendeal livello del Nilo, ad una profondità di trecento piedi. El'altro pozzo scavato a Coblenza dal margravio Giovannidi Baden fino a seicento piedi sotto il suolo? Ebbene! diche trattavasi in sostanza? Di triplicare quella profonditàe sopra una larghezza decupla, il che renderebbe la fora-tura più facile! Laonde non v'era un caposquadra, nonun operajo, che dubitasse del buon esito dell'operazione.

Un'importante decisione, presa dall'ingegnere Mur-phison d'accordo col presidente Barbicane, giunse inbuon punto a permettere che si accelerassero i lavori.Un articolo del trattato stabiliva che la Columbiade sa-rebbe guernita con cerchi di ferro battuto da collocarsi acaldo. Lusso di precauzioni inutili, giacchè la terribilemacchina poteva evidentemente far senza di codestianelli compressori. Si rinunziò dunque a questa clauso-la. Di qui una grande economia di tempo, essendochè sipotè così impiegare il nuovo sistema di scavamento oraadottato nella costruzione dei pozzi, col quale la mura-tura si fa contemporaneamente all'escavazione. Mercèquesto sistema semplicissimo non è più necessario pun-tellare il terreno; il muro lo trattiene con forza invincibi-le e scende da sè per il proprio peso.

Tale manovra non doveva aver principio che nel mo-mento in cui la zappa avrebbe toccato la parte solida delsuolo.

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Il 4 novembre, cinquanta operai scavarono nel centromedesimo nel recinto palificato, cioè alla parte superio-re de Stone's-Hill, un buco circolare largo sessanta pie-di.

La zappa incontrò prima una specie di terriccio nero,alto sei pollici, del quale presto si sbarazzò. A codestoterriccio tennero dietro due piedi di una sabbia fina, chefu diligentemente ritirata, perchè doveva servire allacomposizione della forma interna.

Dopo la sabbia apparve un'argilla bianca piuttostocompatta, simile alla marna d'Inghilterra, e disposta astrati, per un'altezza di quattro piedi.

Poi il ferro dei picconi scintillò sullo strato duro delsuolo, una specie di roccia formata di conchiglie pietri-ficate, molto asciutta, molto solida, e che più non dove-va cessare. A tal punto il buco offriva la profondità disei piedi e mezzo, ed i lavori di muratura cominciarono.

Nel fondo di questa escavazione si costruì una ruotadi legno di quercia, specie di disco fortemente inchia-vardato e solido a tutta prova; esso aveva al centro unbuco del diametro eguale al diametro esterno della Co-lumbiade. Sopra questa ruota posarono le prime opere dimuratura, il cui cemento idraulico legava le pietre coninflessibile tenacità. Gli operai, dopo aver lavorato dallacirconferenza al centro, trovavansi racchiusi in un pozzolargo ventun piedi.

Allorchè questo lavoro fu terminato, i minatori ripi-gliarono il piccone e la zappa ed intaccarono la rocciasotto la stessa ruota, avendo cura di sostenerla di mano

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Il 4 novembre, cinquanta operai scavarono nel centromedesimo nel recinto palificato, cioè alla parte superio-re de Stone's-Hill, un buco circolare largo sessanta pie-di.

La zappa incontrò prima una specie di terriccio nero,alto sei pollici, del quale presto si sbarazzò. A codestoterriccio tennero dietro due piedi di una sabbia fina, chefu diligentemente ritirata, perchè doveva servire allacomposizione della forma interna.

Dopo la sabbia apparve un'argilla bianca piuttostocompatta, simile alla marna d'Inghilterra, e disposta astrati, per un'altezza di quattro piedi.

Poi il ferro dei picconi scintillò sullo strato duro delsuolo, una specie di roccia formata di conchiglie pietri-ficate, molto asciutta, molto solida, e che più non dove-va cessare. A tal punto il buco offriva la profondità disei piedi e mezzo, ed i lavori di muratura cominciarono.

Nel fondo di questa escavazione si costruì una ruotadi legno di quercia, specie di disco fortemente inchia-vardato e solido a tutta prova; esso aveva al centro unbuco del diametro eguale al diametro esterno della Co-lumbiade. Sopra questa ruota posarono le prime opere dimuratura, il cui cemento idraulico legava le pietre coninflessibile tenacità. Gli operai, dopo aver lavorato dallacirconferenza al centro, trovavansi racchiusi in un pozzolargo ventun piedi.

Allorchè questo lavoro fu terminato, i minatori ripi-gliarono il piccone e la zappa ed intaccarono la rocciasotto la stessa ruota, avendo cura di sostenerla di mano

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in mano sopra una specie di cavalletti solidissimi. Ogniqualvolta il buco erasi accresciuto di due piedi di pro-fondità, ritiravansi successivamente i cavalletti; la ruotas'abbassava a poco a poco, e con essa il masso circolaredi muratura al cui strato superiore lavoravano senzaposa muratori, lasciando degli sfogatoi che doveano per-mettere al gas di esalare durante il processo della fusio-ne.

Siffatto genere di lavoro esigeva da parte degli operaiabilità somma ed attenzione incessante; più d'uno sca-vando sotto la ruota, fu ferito gravemente dalle scheggiedi pietra, ed anche mortalmente; ma l'ardore non si ral-lentò un solo minuto, nè giorno nè notte: di giorno, airaggi d'un sole che spandeva, alcuni mesi più tardi, no-vantanove gradi72 di calore su quelle pianure calcinate;la notte, sotto i bianchi fasci di luce elettrica. Lo strepitodei picconi sopra la roccia, lo scoppio delle mine, lostridio delle macchine, i turbini di fumo sparsi nell'arialevarono intorno a Stone's-Hill tale spavento che gli ar-menti di bisonti e i drappelli di Seminoli non osavanopiù approssimarsi.

Frattanto i lavori progredivano regolarmente; le gru avapore attivavano il trasporto dei materiali; di ostacoliinattesi pochi ce ne furono, ma soltanto difficoltà previ-ste, e queste erano abilmente superate.

Passato il primo mese, il pozzo aveva raggiunto laprofondità assegnata per tale spazio di tempo, cioè cen-

72 Quaranta gradi centigradi.

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in mano sopra una specie di cavalletti solidissimi. Ogniqualvolta il buco erasi accresciuto di due piedi di pro-fondità, ritiravansi successivamente i cavalletti; la ruotas'abbassava a poco a poco, e con essa il masso circolaredi muratura al cui strato superiore lavoravano senzaposa muratori, lasciando degli sfogatoi che doveano per-mettere al gas di esalare durante il processo della fusio-ne.

Siffatto genere di lavoro esigeva da parte degli operaiabilità somma ed attenzione incessante; più d'uno sca-vando sotto la ruota, fu ferito gravemente dalle scheggiedi pietra, ed anche mortalmente; ma l'ardore non si ral-lentò un solo minuto, nè giorno nè notte: di giorno, airaggi d'un sole che spandeva, alcuni mesi più tardi, no-vantanove gradi72 di calore su quelle pianure calcinate;la notte, sotto i bianchi fasci di luce elettrica. Lo strepitodei picconi sopra la roccia, lo scoppio delle mine, lostridio delle macchine, i turbini di fumo sparsi nell'arialevarono intorno a Stone's-Hill tale spavento che gli ar-menti di bisonti e i drappelli di Seminoli non osavanopiù approssimarsi.

Frattanto i lavori progredivano regolarmente; le gru avapore attivavano il trasporto dei materiali; di ostacoliinattesi pochi ce ne furono, ma soltanto difficoltà previ-ste, e queste erano abilmente superate.

Passato il primo mese, il pozzo aveva raggiunto laprofondità assegnata per tale spazio di tempo, cioè cen-

72 Quaranta gradi centigradi.

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tododici piedi. In dicembre questa profondità fu raddop-piata, e triplicata in inverno. Durante il mese di febbra-io, i lavoratori ebbero a lottare contro una colonnad'acqua che si aperse un passaggio attraverso la scorzaterrestre. Bisognò far uso di pompe efficacissime e diapparecchi ad aria compressa per toglierla tutta, alloscopo di intonacare di calcestruzzo l'orifizio delle fonti,come si ottura una falla a bordo di una nave. Finalmentesi poterono vincere le malaugurate correnti. Soltanto,per effetto della mobilità del terreno, la ruota cedette inparte, occasionando un franamento parziale. Si giudichidello spaventevole impeto di quel disco di muraglia altosessantacinque tese! Tale incidente costò la vita a parec-chi operai. Tre settimane dovettero essere impiegate apuntellare il rivestimento di pietra, a riprendere la co-struzione ed a ristabilire la ruota nelle primitive condi-zioni. Ma stante l'agilità dell'ingegnere e l'efficacia dellemacchine adoperate, l'edificio, un istante in pericolo,riacquistò la prima solidità, e la foratura continuò.

Nessun incidente nuovo venne quind'innanzi ad arre-stare il corso del lavori, ed il 10 giugno, venti giorni pri-ma dello spirare delle dilazioni stabilite da Barbicane, ilpozzo, interamente rivestito della sua armatura di pietra,aveva raggiunto la profondità di novecento piedi. Infondo l'opera muratoria posava sopra un cubo massicciodella grossezza di trenta piedi, mentre nella parte supe-riore era a livello del suolo.

Il presidente Barbicane ed i membri del Gun-Club fe-cero le loro sincere congratulazioni all'ingegnere Mur-

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tododici piedi. In dicembre questa profondità fu raddop-piata, e triplicata in inverno. Durante il mese di febbra-io, i lavoratori ebbero a lottare contro una colonnad'acqua che si aperse un passaggio attraverso la scorzaterrestre. Bisognò far uso di pompe efficacissime e diapparecchi ad aria compressa per toglierla tutta, alloscopo di intonacare di calcestruzzo l'orifizio delle fonti,come si ottura una falla a bordo di una nave. Finalmentesi poterono vincere le malaugurate correnti. Soltanto,per effetto della mobilità del terreno, la ruota cedette inparte, occasionando un franamento parziale. Si giudichidello spaventevole impeto di quel disco di muraglia altosessantacinque tese! Tale incidente costò la vita a parec-chi operai. Tre settimane dovettero essere impiegate apuntellare il rivestimento di pietra, a riprendere la co-struzione ed a ristabilire la ruota nelle primitive condi-zioni. Ma stante l'agilità dell'ingegnere e l'efficacia dellemacchine adoperate, l'edificio, un istante in pericolo,riacquistò la prima solidità, e la foratura continuò.

Nessun incidente nuovo venne quind'innanzi ad arre-stare il corso del lavori, ed il 10 giugno, venti giorni pri-ma dello spirare delle dilazioni stabilite da Barbicane, ilpozzo, interamente rivestito della sua armatura di pietra,aveva raggiunto la profondità di novecento piedi. Infondo l'opera muratoria posava sopra un cubo massicciodella grossezza di trenta piedi, mentre nella parte supe-riore era a livello del suolo.

Il presidente Barbicane ed i membri del Gun-Club fe-cero le loro sincere congratulazioni all'ingegnere Mur-

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phison; il lavoro ciclopico erasi compiuto con istraordi-naria rapidità.

Nel corso, di otto mesi Barbicane non lasciò un istan-te. Stone's-Hill; mentre seguiva da vicino le operazionidella foratura, egli pensava incessantemente ai comodied alla salute dei suoi lavoranti, ed ebbe la fortuna dievitare quei contagi sì comuni nelle grandi agglomera-zioni di uomini e sì disastrosi nelle regioni del globoesposte a tutte le influenze tropicali.

Parecchi operai pagarono, è vero, colla vita le impru-denze inerenti a quei pericolosi lavori; ma siffatte deplo-revoli sventure sono impossibili ad evitarsi, e, del resto,sono minuzie cui gli Americani poco abbadano. Essi sipreoccupano più dell'umanità in generale che dell'indi-viduo in particolare. Ma Barbicane professava principiicontrari e li applicava in ogni occasione. Epperò per ef-fetto delle sue cure, della sua intelligenza, del suo utileintervento nei casi difficili, della sua prodigiosa ed uma-na sagacia, la media delle catastrofi non superò quelladei paesi d'oltremare, citati pel loro lusso di precauzioni,e tra gli altri della Francia, dove contasi circa un casodisgraziato sopra duegentomila franchi di lavori.

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phison; il lavoro ciclopico erasi compiuto con istraordi-naria rapidità.

Nel corso, di otto mesi Barbicane non lasciò un istan-te. Stone's-Hill; mentre seguiva da vicino le operazionidella foratura, egli pensava incessantemente ai comodied alla salute dei suoi lavoranti, ed ebbe la fortuna dievitare quei contagi sì comuni nelle grandi agglomera-zioni di uomini e sì disastrosi nelle regioni del globoesposte a tutte le influenze tropicali.

Parecchi operai pagarono, è vero, colla vita le impru-denze inerenti a quei pericolosi lavori; ma siffatte deplo-revoli sventure sono impossibili ad evitarsi, e, del resto,sono minuzie cui gli Americani poco abbadano. Essi sipreoccupano più dell'umanità in generale che dell'indi-viduo in particolare. Ma Barbicane professava principiicontrari e li applicava in ogni occasione. Epperò per ef-fetto delle sue cure, della sua intelligenza, del suo utileintervento nei casi difficili, della sua prodigiosa ed uma-na sagacia, la media delle catastrofi non superò quelladei paesi d'oltremare, citati pel loro lusso di precauzioni,e tra gli altri della Francia, dove contasi circa un casodisgraziato sopra duegentomila franchi di lavori.

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CAPITOLO XV.La festa della fusione.

Nel periodo degli otto mesi impiegati nell'operazionedella foratura, i lavori preparatori della fusione eranostati condotti simultaneamente con estrema rapidità; unostraniero arrivando a Stone's-Hill sarebbe stato assaisorpreso dello spettacolo offerto ai suoi sguardi.

A seicento jarde dal pozzo, circolarmente disposti in-torno a questo punto centrale, innalzavansi milledugentoforni a riverbero, larghi ciascuno sei piedi e separatil'uno dall'altro da uno spazio di mezza tesa. La linea se-gnata dai mille e duecento forni offriva una lunghezza didue miglia73. Tutti erano costruiti sullo stesso modellocol loro alto camino quadrangolare, e facevano il piùbizzarro effetto che mai. J. T. Maston trovava sorpren-dente siffatta disposizione architettonica. Dessa ricorda-vagli i monumenti di Washington.

Per lui non v'era nulla di più bello, neppure nella Gre-cia, «ove però, ei diceva, non era mai stato.»

Il lettore si ricorderà che, nella terza sua seduta, il Co-mitato si decise ad impiegare il ferro fuso per la Colum-

73 Circa tremila e seicento metri.

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CAPITOLO XV.La festa della fusione.

Nel periodo degli otto mesi impiegati nell'operazionedella foratura, i lavori preparatori della fusione eranostati condotti simultaneamente con estrema rapidità; unostraniero arrivando a Stone's-Hill sarebbe stato assaisorpreso dello spettacolo offerto ai suoi sguardi.

A seicento jarde dal pozzo, circolarmente disposti in-torno a questo punto centrale, innalzavansi milledugentoforni a riverbero, larghi ciascuno sei piedi e separatil'uno dall'altro da uno spazio di mezza tesa. La linea se-gnata dai mille e duecento forni offriva una lunghezza didue miglia73. Tutti erano costruiti sullo stesso modellocol loro alto camino quadrangolare, e facevano il piùbizzarro effetto che mai. J. T. Maston trovava sorpren-dente siffatta disposizione architettonica. Dessa ricorda-vagli i monumenti di Washington.

Per lui non v'era nulla di più bello, neppure nella Gre-cia, «ove però, ei diceva, non era mai stato.»

Il lettore si ricorderà che, nella terza sua seduta, il Co-mitato si decise ad impiegare il ferro fuso per la Colum-

73 Circa tremila e seicento metri.

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biade, e specialmente la ghisa greggia. Questo metallo èinfatti più tenace, più duttile, più dolce, facilmente li-sciabile, atto a tutte le operazioni nei lavori di getto, e,trattata col carbon fossile, è di una qualità eccellente perquegli oggetti che denno opporre molta resistenza, comecannoni, cilindri da macchine a vapore, torchi idraulici,ecc.

Ma raro è che il ferro, il quale abbia subìto una solafusione, sia abbastanza omogeneo: perciò, mediante unaseconda fusione, lo si depura, lo si affina, liberandolodegli ultimi depositi terrosi.

Per tale motivo, prima di essere spedito a Tampa-Town, il minerale di ferro, trattato negli alti fornelli diGoldspring, e messo in contatto con carbone e silicio ri-scaldato ad elevata temperatura, lo si era carbonizzato etrasformato in ghisa74. Dopo questa prima operazione ilmetallo fu diretto verso Stone's-Hill. Ma si trattava dicentotrentasei milioni di libbre di ferro fuso, massa trop-po costosa da spedirsi coi rail-ways: il prezzo di traspor-to avrebbe raddoppiato quello della materia. Parve pre-feribile il noleggiare delle navi a Nuova-York e caricarledi ferro fuso in sbarre; non ci vollero meno di sessantot-to bastimenti da mille tonnellate; una vera flotta, che il 3maggio uscì dalle acque di Nuova-York, prese la viadell'oceano, costeggiò il territorio americano, imboccò ilcanale di Bahama, girò la punta della Florida, e, il 10

74 Il ferro fuso trasformasi in ferro duttile coll'operazionedell'affinatura nei forni per togliergli il carbone ed il silicio.

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biade, e specialmente la ghisa greggia. Questo metallo èinfatti più tenace, più duttile, più dolce, facilmente li-sciabile, atto a tutte le operazioni nei lavori di getto, e,trattata col carbon fossile, è di una qualità eccellente perquegli oggetti che denno opporre molta resistenza, comecannoni, cilindri da macchine a vapore, torchi idraulici,ecc.

Ma raro è che il ferro, il quale abbia subìto una solafusione, sia abbastanza omogeneo: perciò, mediante unaseconda fusione, lo si depura, lo si affina, liberandolodegli ultimi depositi terrosi.

Per tale motivo, prima di essere spedito a Tampa-Town, il minerale di ferro, trattato negli alti fornelli diGoldspring, e messo in contatto con carbone e silicio ri-scaldato ad elevata temperatura, lo si era carbonizzato etrasformato in ghisa74. Dopo questa prima operazione ilmetallo fu diretto verso Stone's-Hill. Ma si trattava dicentotrentasei milioni di libbre di ferro fuso, massa trop-po costosa da spedirsi coi rail-ways: il prezzo di traspor-to avrebbe raddoppiato quello della materia. Parve pre-feribile il noleggiare delle navi a Nuova-York e caricarledi ferro fuso in sbarre; non ci vollero meno di sessantot-to bastimenti da mille tonnellate; una vera flotta, che il 3maggio uscì dalle acque di Nuova-York, prese la viadell'oceano, costeggiò il territorio americano, imboccò ilcanale di Bahama, girò la punta della Florida, e, il 10

74 Il ferro fuso trasformasi in ferro duttile coll'operazionedell'affinatura nei forni per togliergli il carbone ed il silicio.

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dello stesso mese, risalendo la baja Espiritu-Santo, ven-ne ad ancorare nel porto di Tampa-Town. Quivi le navifurono scaricate nei carrozzoni della ferrovia di Stone's-Hill, e verso la metà di gennaio l'enorme massa di me-tallo era già alla sua destinazione.

Di leggieri comprendesi che mille e duecento forninon erano troppi per liquefare nello stesso tempo le ses-santottomila tonnellate di ferro fuso. Ciascuno di questiforni poteva contenere quasi quattordicimila libbre dimetallo. Si erano costrutti sul modello di quelli che ser-virono alla fusione del cannone Rodman; avevano for-ma trapezoidale ed erano assai tozzi. L'apparecchio diriscaldamento ed il camino stavano alle due estremitàdel fornello, in modo che questo era ugualmente riscal-dato in tutta la sua estensione. Questi forni, costrutti conmattoni refrattarî, componevansi unicamente di una par-te per bruciare il carbon fossile, e di un suolo sul qualedovevano essere deposte le sbarre di ferro fuso; questosuolo, inclinato sotto un angolo di venticinque gradi,permetteva al metallo di scorrere nei bacini sottoposti;d'onde, per certi canaletti convergenti, dirigevasi verso ilpozzo centrale.

L'indomani del giorno in cui i lavori di muratura e discavo furono compiuti, Barbicane fece procedere allapreparazione della forma interna; si trattava d'innalzaredal centro del pozzo, e seguendo il suo asse, il cilindroalto novecento piedi e largo nove, che riempiva esatta-mente lo spazio riserbato all'anima della Columbiade.Questo cilindro fu composto di terra argillosa e di sab-

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dello stesso mese, risalendo la baja Espiritu-Santo, ven-ne ad ancorare nel porto di Tampa-Town. Quivi le navifurono scaricate nei carrozzoni della ferrovia di Stone's-Hill, e verso la metà di gennaio l'enorme massa di me-tallo era già alla sua destinazione.

Di leggieri comprendesi che mille e duecento forninon erano troppi per liquefare nello stesso tempo le ses-santottomila tonnellate di ferro fuso. Ciascuno di questiforni poteva contenere quasi quattordicimila libbre dimetallo. Si erano costrutti sul modello di quelli che ser-virono alla fusione del cannone Rodman; avevano for-ma trapezoidale ed erano assai tozzi. L'apparecchio diriscaldamento ed il camino stavano alle due estremitàdel fornello, in modo che questo era ugualmente riscal-dato in tutta la sua estensione. Questi forni, costrutti conmattoni refrattarî, componevansi unicamente di una par-te per bruciare il carbon fossile, e di un suolo sul qualedovevano essere deposte le sbarre di ferro fuso; questosuolo, inclinato sotto un angolo di venticinque gradi,permetteva al metallo di scorrere nei bacini sottoposti;d'onde, per certi canaletti convergenti, dirigevasi verso ilpozzo centrale.

L'indomani del giorno in cui i lavori di muratura e discavo furono compiuti, Barbicane fece procedere allapreparazione della forma interna; si trattava d'innalzaredal centro del pozzo, e seguendo il suo asse, il cilindroalto novecento piedi e largo nove, che riempiva esatta-mente lo spazio riserbato all'anima della Columbiade.Questo cilindro fu composto di terra argillosa e di sab-

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bia, con aggiunta di fieno e paglia. L'intervallo lasciatotra la forma e la muratura doveva essere colmato dalmetallo in fusione, che formerebbe così delle pareti disei piedi di grossezza.

Questo cilindro, per mantenersi in equilibrio, dovetteessere consolidato da armature di ferro e provveduto didistanza in distanza di traverse assicurate nel rivesti-mento di pietra; dopo la fusione, le traverse dovevanoandar perdute nella massa del metallo; il che non offrivaalcun inconveniente.

Quest'operazione fu terminata l'8 di luglio, e la fusio-ne fu stabilita per l'indomani.

— Sarà una bella cerimonia la festa della fusione, dis-se J. T. Maston al suo amico Barbicane.

— Senza dubbio, rispose Barbicane, ma non sarà fe-sta pubblica!

— Come! voi non aprirete le porte del recinto a tuttiindifferentemente!

— Neanche per sogno, Maston! La fusione della Co-lumbiade è un'operazione delicata, per non dire perico-losa; preferisco che si effettui a porte chiuse; se si vuole,si faccia festa alla partenza del proiettile, ma fino a quelmomento, no.

Il presidente non aveva torto; l'operazione poteva of-frire pericoli impreveduti, che una grande affluenza dispettatori avrebbe impedito di scongiurare. Bisognaconservare la libertà dei movimenti. Nessuno quindi fuammesso nel recinto, ad eccezione di una delegazione dimembri del Gun-Club, che per ciò fece il viaggio di

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bia, con aggiunta di fieno e paglia. L'intervallo lasciatotra la forma e la muratura doveva essere colmato dalmetallo in fusione, che formerebbe così delle pareti disei piedi di grossezza.

Questo cilindro, per mantenersi in equilibrio, dovetteessere consolidato da armature di ferro e provveduto didistanza in distanza di traverse assicurate nel rivesti-mento di pietra; dopo la fusione, le traverse dovevanoandar perdute nella massa del metallo; il che non offrivaalcun inconveniente.

Quest'operazione fu terminata l'8 di luglio, e la fusio-ne fu stabilita per l'indomani.

— Sarà una bella cerimonia la festa della fusione, dis-se J. T. Maston al suo amico Barbicane.

— Senza dubbio, rispose Barbicane, ma non sarà fe-sta pubblica!

— Come! voi non aprirete le porte del recinto a tuttiindifferentemente!

— Neanche per sogno, Maston! La fusione della Co-lumbiade è un'operazione delicata, per non dire perico-losa; preferisco che si effettui a porte chiuse; se si vuole,si faccia festa alla partenza del proiettile, ma fino a quelmomento, no.

Il presidente non aveva torto; l'operazione poteva of-frire pericoli impreveduti, che una grande affluenza dispettatori avrebbe impedito di scongiurare. Bisognaconservare la libertà dei movimenti. Nessuno quindi fuammesso nel recinto, ad eccezione di una delegazione dimembri del Gun-Club, che per ciò fece il viaggio di

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Tampa-Town. Lì si vide l'inquieto Bilsby, Tom Hunter,il colonnello Blomsberry, il maggiore Elphiston, il gene-rale Morgan e tutti coloro pei quali la fusione della Co-lumbiade diveniva un affare personale. J. T. Maston era-si costituito loro cicerone; ei non risparmiò alcun parti-colare: li condusse dappertutto, nei magazzini, nelle of-ficine, fra le macchine e li costrinse a visitare i mille edugento fornelli, uno dopo l'altro. Alla milledugentesi-ma visita non ne potevano più.

La fusione doveva aver luogo a mezzogiorno preciso:la vigilia, ogni forno era stato caricato di centoquattordi-cimila libbre di metallo in sbarre, disposte a pile incro-ciate, affinchè l'aria calda vi potesse circolare libera-mente. Fin dal mattino i milleduecento camini vomita-vano nell'aria i loro torrenti di fiamme, ed il suolo eraagitato da sordo rumore. Erano dunque sessantottomilatonnellate di carbone che stendevano davanti al discodel Sole un denso strato di fumo nero.

Il calore si fece in breve insopportabile in quel cer-chio di forni, il cui continuo rumore rassomigliava ilmuggito del tuono; ventilatori efficacissimi vi aggiunge-vano i loro soffi continui e saturavano d'ossigeno tuttiquei focolari incandescenti.

L'operazione, per riuscire, voleva essere rapidamenteeseguita al segnale dato da un colpo di cannone; ogniforno doveva lasciar il passo al metallo liquido e vuotar-si interamente.

Prese queste disposizioni, capi ed operaj aspettavanoil momento stabilito con un'impazienza non del tutto

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Tampa-Town. Lì si vide l'inquieto Bilsby, Tom Hunter,il colonnello Blomsberry, il maggiore Elphiston, il gene-rale Morgan e tutti coloro pei quali la fusione della Co-lumbiade diveniva un affare personale. J. T. Maston era-si costituito loro cicerone; ei non risparmiò alcun parti-colare: li condusse dappertutto, nei magazzini, nelle of-ficine, fra le macchine e li costrinse a visitare i mille edugento fornelli, uno dopo l'altro. Alla milledugentesi-ma visita non ne potevano più.

La fusione doveva aver luogo a mezzogiorno preciso:la vigilia, ogni forno era stato caricato di centoquattordi-cimila libbre di metallo in sbarre, disposte a pile incro-ciate, affinchè l'aria calda vi potesse circolare libera-mente. Fin dal mattino i milleduecento camini vomita-vano nell'aria i loro torrenti di fiamme, ed il suolo eraagitato da sordo rumore. Erano dunque sessantottomilatonnellate di carbone che stendevano davanti al discodel Sole un denso strato di fumo nero.

Il calore si fece in breve insopportabile in quel cer-chio di forni, il cui continuo rumore rassomigliava ilmuggito del tuono; ventilatori efficacissimi vi aggiunge-vano i loro soffi continui e saturavano d'ossigeno tuttiquei focolari incandescenti.

L'operazione, per riuscire, voleva essere rapidamenteeseguita al segnale dato da un colpo di cannone; ogniforno doveva lasciar il passo al metallo liquido e vuotar-si interamente.

Prese queste disposizioni, capi ed operaj aspettavanoil momento stabilito con un'impazienza non del tutto

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scevra da trepidanza; non v'era più nessuno nel recinto,ed ogni sottocapo fonditore stava al suo posto vicino aibuchi di scolo.

Barbicane e i suoi colleghi da un'altura vicina, assi-stevano comodamente all'operazione. Dinanzi a loro uncannone era pronto a far fuoco ad un cenno dell'inge-gnere.

Alcuni minuti innanzi mezzodì, le prime goccie dimetallo cominciarono a scorrere, i bacini si riempironoa poco a poco, ed allorchè il ferro fu interamente liquidolo si tenne in riposo qualche istante per facilitare la se-parazione delle sostanze estranee.

Il mezzogiorno suonò. D'improvviso rintronò un col-po di cannone e lampeggiò nell'aria. Le milleduecentobocche di scolo si apersero contemporaneamente, e mil-le e dugento serpenti di fuoco strisciarono verso il pozzocentrale, svolgendo i loro anelli incandescenti. Quiviprecipitaronsi dentro con ispaventevole rumore, ad unaprofondità di novecento piedi. Era uno spettacolo com-movente e magnifico. Il suolo traballava, mentre quelleonde di ferro, lanciando verso il cielo turbini di fumo,volatilizzavano nello stesso tempo l'umidità della forma,e la respingevano verso gli sfogatoj del rivestimento dipietra sotto forma di vapori imponderabili. Siffatte nubisvolgevano le loro spire salendo verso lo zenit finoall'altezza di cinquecento tese. Qualche selvaggio, erran-te oltre i limiti dell'orizzonte, avrebbe potuto supporre laformazione di un nuovo cratere in seno alla Florida; ep-pure quella non era nè un'eruzione, nè una tromba, nè

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scevra da trepidanza; non v'era più nessuno nel recinto,ed ogni sottocapo fonditore stava al suo posto vicino aibuchi di scolo.

Barbicane e i suoi colleghi da un'altura vicina, assi-stevano comodamente all'operazione. Dinanzi a loro uncannone era pronto a far fuoco ad un cenno dell'inge-gnere.

Alcuni minuti innanzi mezzodì, le prime goccie dimetallo cominciarono a scorrere, i bacini si riempironoa poco a poco, ed allorchè il ferro fu interamente liquidolo si tenne in riposo qualche istante per facilitare la se-parazione delle sostanze estranee.

Il mezzogiorno suonò. D'improvviso rintronò un col-po di cannone e lampeggiò nell'aria. Le milleduecentobocche di scolo si apersero contemporaneamente, e mil-le e dugento serpenti di fuoco strisciarono verso il pozzocentrale, svolgendo i loro anelli incandescenti. Quiviprecipitaronsi dentro con ispaventevole rumore, ad unaprofondità di novecento piedi. Era uno spettacolo com-movente e magnifico. Il suolo traballava, mentre quelleonde di ferro, lanciando verso il cielo turbini di fumo,volatilizzavano nello stesso tempo l'umidità della forma,e la respingevano verso gli sfogatoj del rivestimento dipietra sotto forma di vapori imponderabili. Siffatte nubisvolgevano le loro spire salendo verso lo zenit finoall'altezza di cinquecento tese. Qualche selvaggio, erran-te oltre i limiti dell'orizzonte, avrebbe potuto supporre laformazione di un nuovo cratere in seno alla Florida; ep-pure quella non era nè un'eruzione, nè una tromba, nè

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una tempesta, nè una lotta di elementi, nè uno de' terri-bili fenomeni che la natura è capace di produrre! No!l'uomo solo aveva creati quei vapori rossicci, quellefiamme gigantesche degne d'un vulcano, quei tremiti ru-morosi simili alle scosse d'un terremoto, que' muggiti ri-vali degli uragani e delle tempeste; ed era la sua manoche precipitava in un abisso scavato da lui tutto un Nia-gara di metallo in fusione.

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una tempesta, nè una lotta di elementi, nè uno de' terri-bili fenomeni che la natura è capace di produrre! No!l'uomo solo aveva creati quei vapori rossicci, quellefiamme gigantesche degne d'un vulcano, quei tremiti ru-morosi simili alle scosse d'un terremoto, que' muggiti ri-vali degli uragani e delle tempeste; ed era la sua manoche precipitava in un abisso scavato da lui tutto un Nia-gara di metallo in fusione.

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CAPITOLO XVI.La Columbiade.

Era riuscita l'opera della fusione? In ciò si era ridotti asemplici congetture. Peraltro tutto concorreva a far cre-dere al buon esito, poichè la forma aveva assorbita lamassa intera del metallo liquefatto nel forni. Ad ognimodo, per un pezzo doveva essere cosa impossibilel'accertarsene direttamente.

Di fatto, quando il maggiore Rodman fuse il suo can-none di centossentamila libbre, non ci vollero meno diquindici giorni per operarne il raffreddamento. Quantotempo adunque la mostruosa Columbiade, coronata da'suoi turbini di vapori, e difesa dal suo intenso calore, sa-rebbesi sottratta agli sguardi degli ammiratori? Era diffi-cile farne il calcolo.

L'impazienza dei membri del Gun-Club fu messa du-rante questo spazio di tempo a dura prova. Ma essi nonpotevano far nulla. Poco mancò che J. T. Maston non siarrostisse per amore della scienza. Quindici giorni dopola fusione, un'immensa colonna di fumo s'innalzava an-cora nel cielo, ed il suolo bruciava i piedi in un raggio didugento passi intorno alla vetta Stone's-Hill.

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CAPITOLO XVI.La Columbiade.

Era riuscita l'opera della fusione? In ciò si era ridotti asemplici congetture. Peraltro tutto concorreva a far cre-dere al buon esito, poichè la forma aveva assorbita lamassa intera del metallo liquefatto nel forni. Ad ognimodo, per un pezzo doveva essere cosa impossibilel'accertarsene direttamente.

Di fatto, quando il maggiore Rodman fuse il suo can-none di centossentamila libbre, non ci vollero meno diquindici giorni per operarne il raffreddamento. Quantotempo adunque la mostruosa Columbiade, coronata da'suoi turbini di vapori, e difesa dal suo intenso calore, sa-rebbesi sottratta agli sguardi degli ammiratori? Era diffi-cile farne il calcolo.

L'impazienza dei membri del Gun-Club fu messa du-rante questo spazio di tempo a dura prova. Ma essi nonpotevano far nulla. Poco mancò che J. T. Maston non siarrostisse per amore della scienza. Quindici giorni dopola fusione, un'immensa colonna di fumo s'innalzava an-cora nel cielo, ed il suolo bruciava i piedi in un raggio didugento passi intorno alla vetta Stone's-Hill.

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I giorni passarono, le settimane si succedettero l'unaall'altra. Nessun mezzo per raffreddare l'immenso cilin-dro. Impossibile l'avvicinarglisi. Bisognava aspettare, edi membri del Gun-Club rodevano il freno.

«Eccoci al 10 agosto, disse una mattina J. T. Maston.Quattro mesi appena ci separano dal primo dicembre!Togliere la forma interna, calibrare l'anima del pezzo,caricare la Columbiade... ecco quanto c'è ancora da fare!Non saremo giammai pronti! Non si può neppure avvi-cinare il cannone! Non si raffredderà quindi, e la sareb-be una ben crudele disavventura!»

Si tentava di calmare l'impaziente segretario, senzaperò riuscirvi. Barbicane non diceva nulla, ma il suo si-lenzio nascondeva una sorda irritazione. Vedersi assolu-tamente arrestato da un ostacolo che il tempo soltantopoteva vincere, – il tempo, nemico assai terribile in mol-te circostanze, – ed essere a discrezione di un tale nemi-co, la era dura per uomini di guerra.

Nulladimeno quotidiane osservazioni permisero diconstatare un certo cambiamento nello stato del suolo.Verso il 15 agosto, i vapori proiettati erano diminuiti no-tevolmente d'intensità e di volume. Alcuni giorni dopo,il terreno più non mandava che un'esalazione leggiera,ultimo soffio del mostro rinchiuso nel suo avello di pie-tra. A poco a poco i tremiti del suolo scemarono, ed ilcerchio del calore si restrinse: gli spettatori più impa-zienti avvicinaronsi; un giorno furono guadagnate duetese, l'indomani quattro, e il 22 agosto, Barbicane, i suoicolleghi e l'ingegnere poterono pigliar posto sullo strato

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I giorni passarono, le settimane si succedettero l'unaall'altra. Nessun mezzo per raffreddare l'immenso cilin-dro. Impossibile l'avvicinarglisi. Bisognava aspettare, edi membri del Gun-Club rodevano il freno.

«Eccoci al 10 agosto, disse una mattina J. T. Maston.Quattro mesi appena ci separano dal primo dicembre!Togliere la forma interna, calibrare l'anima del pezzo,caricare la Columbiade... ecco quanto c'è ancora da fare!Non saremo giammai pronti! Non si può neppure avvi-cinare il cannone! Non si raffredderà quindi, e la sareb-be una ben crudele disavventura!»

Si tentava di calmare l'impaziente segretario, senzaperò riuscirvi. Barbicane non diceva nulla, ma il suo si-lenzio nascondeva una sorda irritazione. Vedersi assolu-tamente arrestato da un ostacolo che il tempo soltantopoteva vincere, – il tempo, nemico assai terribile in mol-te circostanze, – ed essere a discrezione di un tale nemi-co, la era dura per uomini di guerra.

Nulladimeno quotidiane osservazioni permisero diconstatare un certo cambiamento nello stato del suolo.Verso il 15 agosto, i vapori proiettati erano diminuiti no-tevolmente d'intensità e di volume. Alcuni giorni dopo,il terreno più non mandava che un'esalazione leggiera,ultimo soffio del mostro rinchiuso nel suo avello di pie-tra. A poco a poco i tremiti del suolo scemarono, ed ilcerchio del calore si restrinse: gli spettatori più impa-zienti avvicinaronsi; un giorno furono guadagnate duetese, l'indomani quattro, e il 22 agosto, Barbicane, i suoicolleghi e l'ingegnere poterono pigliar posto sullo strato

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di ferro che sfioriva la cima di Stone's-Hill, luogo assaiigienico certamente, dove non era ancor permesso di pa-tir freddo ai piedi.

«Finalmente!» esclamò il presidente del Gun-Clubcon un immenso sospiro di soddisfazione.

I lavori furono ripresi quel giorno stesso. Si procedet-te immediatamente all'estrazione della forma interna,allo scopo di liberare l'anima del cannone; il piccone, lazappa e gli altri utensili lavorarono senza posa, la terraargillosa e la sabbia avevano acquistato una gran durez-za sotto l'azione del calore; ma, coll'aiuto delle macchi-ne, fu messa al dovere la mistura ancora ardente al con-tatto delle pareti del ferro fuso; i materiali estratti furonorapidamente trasportati sui carri mossi dal vapore, e tut-to andò così regolarmente, l'ardore al lavoro fu tale,l'intervento di Barbicane così diligente, ed i suoi argo-menti presentati con tanta forza sotto la forma di dollari,che il 3 settembre tutta la traccia della forma era scom-parsa.

Subito cominciò l'operazione del lisciamento; le mac-chine furono disposte senza ritardo, e manovrarono rapi-damente giganteschi lisciatoi, il cui filo faceva scompa-rire la rugosità del metallo.

Alcune settimane più tardi, la superficie internadell'immenso tubo era perfettamente cilindrica, e l'ani-ma del cannone avea acquistato un liscio perfetto.

Finalmente il 22 settembre, in men d'un anno dopo lacomunicazione di Barbicane, l'enorme pezzo, perfetta-mente calibrato ed in direzione verticale assoluta, otte-

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di ferro che sfioriva la cima di Stone's-Hill, luogo assaiigienico certamente, dove non era ancor permesso di pa-tir freddo ai piedi.

«Finalmente!» esclamò il presidente del Gun-Clubcon un immenso sospiro di soddisfazione.

I lavori furono ripresi quel giorno stesso. Si procedet-te immediatamente all'estrazione della forma interna,allo scopo di liberare l'anima del cannone; il piccone, lazappa e gli altri utensili lavorarono senza posa, la terraargillosa e la sabbia avevano acquistato una gran durez-za sotto l'azione del calore; ma, coll'aiuto delle macchi-ne, fu messa al dovere la mistura ancora ardente al con-tatto delle pareti del ferro fuso; i materiali estratti furonorapidamente trasportati sui carri mossi dal vapore, e tut-to andò così regolarmente, l'ardore al lavoro fu tale,l'intervento di Barbicane così diligente, ed i suoi argo-menti presentati con tanta forza sotto la forma di dollari,che il 3 settembre tutta la traccia della forma era scom-parsa.

Subito cominciò l'operazione del lisciamento; le mac-chine furono disposte senza ritardo, e manovrarono rapi-damente giganteschi lisciatoi, il cui filo faceva scompa-rire la rugosità del metallo.

Alcune settimane più tardi, la superficie internadell'immenso tubo era perfettamente cilindrica, e l'ani-ma del cannone avea acquistato un liscio perfetto.

Finalmente il 22 settembre, in men d'un anno dopo lacomunicazione di Barbicane, l'enorme pezzo, perfetta-mente calibrato ed in direzione verticale assoluta, otte-

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nuta col mezzo d'istrumenti delicatissimi, fu pronto amanovrare. Non c'era più che da raggiungere la Luna,ma si era sicuri che essa non avrebbe mancato al conve-gno.

La gioia di J. T. Maston non conobbe più limiti, epoco mancò non facesse una caduta spaventosa volendoguardare nel tubo di novecento piedi, Senza il bracciodestro di Blomsberry, che il degno colonnello per buonaventura aveva conservato, il segretario del Gun-Club,come un nuovo Erostrato, avrebbe trovata la morte nellaprofondità della Columbiade.

Il cannone era dunque terminato; non v'era più dub-bio possibile sulla sua perfetta esecuzione; perciò il 6ottobre il capitano Nicholl, sebbene a malincuore, sisdebitò verso il presidente Barbicane, e questi inscrissesopra i suoi libri, nella colonna delle entrate, una sommadi duemila dollari. Si è autorizzati a credere che la colle-ra del capitano fosse spinta all'ultimo grado, e che ne fa-cesse una malattia. Tuttavia c'erano ancora tre scom-messe di tremila, quattromila e cinquemila dollari, equando ne guadagnasse due, il suo affare, senza essereeccellente, non era cattivo. Ma il denaro non entrava ne'suoi calcoli, ed il fortunato esito ottenuto dal rivale nellafusione di un cannone, al quale non avrebbero resistitocorazze di dieci tese, gli portava un colpo terribile.

Incominciando dal 23 settembre, il recinto di Stone's-Hill era stato aperto liberamente al pubblico, e quantafosse l'affluenza dei visitatori si può comprendere dileggieri.

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nuta col mezzo d'istrumenti delicatissimi, fu pronto amanovrare. Non c'era più che da raggiungere la Luna,ma si era sicuri che essa non avrebbe mancato al conve-gno.

La gioia di J. T. Maston non conobbe più limiti, epoco mancò non facesse una caduta spaventosa volendoguardare nel tubo di novecento piedi, Senza il bracciodestro di Blomsberry, che il degno colonnello per buonaventura aveva conservato, il segretario del Gun-Club,come un nuovo Erostrato, avrebbe trovata la morte nellaprofondità della Columbiade.

Il cannone era dunque terminato; non v'era più dub-bio possibile sulla sua perfetta esecuzione; perciò il 6ottobre il capitano Nicholl, sebbene a malincuore, sisdebitò verso il presidente Barbicane, e questi inscrissesopra i suoi libri, nella colonna delle entrate, una sommadi duemila dollari. Si è autorizzati a credere che la colle-ra del capitano fosse spinta all'ultimo grado, e che ne fa-cesse una malattia. Tuttavia c'erano ancora tre scom-messe di tremila, quattromila e cinquemila dollari, equando ne guadagnasse due, il suo affare, senza essereeccellente, non era cattivo. Ma il denaro non entrava ne'suoi calcoli, ed il fortunato esito ottenuto dal rivale nellafusione di un cannone, al quale non avrebbero resistitocorazze di dieci tese, gli portava un colpo terribile.

Incominciando dal 23 settembre, il recinto di Stone's-Hill era stato aperto liberamente al pubblico, e quantafosse l'affluenza dei visitatori si può comprendere dileggieri.

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Di fatto, innumerevoli curiosi, accorsi da tutti i puntidegli Stati Uniti, convergevano verso la Florida. La cittàdi Tampa avea avvantaggiato prodigiosamente durantequell'anno, per essersi data interamente al lavori delGun-Club: contava allora una popolazione di centocin-quantamila anime. Dopo aver circondato il forte diBrooke in una rete di vie, prolungavasi allora sulla lin-gua di terra che separa le due rade della baja Espiritu-Santo; quartieri nuovi, piazze nuove, un intero bosco dicase vedevasi sopra queste spiaggie dianzi deserte, alcalore del sole americano. Eransi costituite compagnieper l'erezione di chiese, di scuole, d'abitazioni particola-ri, e in meno di un anno l'estensione della città fu diecivolte maggiore.

È noto che i Yankees sono tutti commercianti, ovun-que il caso li getta, dalla zona glaciale alla zona torridabisogna che il loro istinto per gli affari si eserciti util-mente. E però alcuni curiosi, gente arrivata alla Floridaall'unico scopo di seguire le operazioni del Gun-Club,lasciaronsi trascinare alle operazioni di commercio, nonappena ebbero messo casa a Tampa. Le navi noleggiateper il trasporto del materiale e degli operaj avevano datoal porto un'attività senza pari. In breve altri bastimentid'ogni forma e d'ogni portata, carichi di viveri, di prov-vigioni, di mercanzie, salparono dalla baja e dalle duerade; vasti scrittoj d'armatori, uffici di sensali stabiliron-si nella città, e la Shipping Gazette75 registrò ogni giorno

75 Gazzetta marittima.

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Di fatto, innumerevoli curiosi, accorsi da tutti i puntidegli Stati Uniti, convergevano verso la Florida. La cittàdi Tampa avea avvantaggiato prodigiosamente durantequell'anno, per essersi data interamente al lavori delGun-Club: contava allora una popolazione di centocin-quantamila anime. Dopo aver circondato il forte diBrooke in una rete di vie, prolungavasi allora sulla lin-gua di terra che separa le due rade della baja Espiritu-Santo; quartieri nuovi, piazze nuove, un intero bosco dicase vedevasi sopra queste spiaggie dianzi deserte, alcalore del sole americano. Eransi costituite compagnieper l'erezione di chiese, di scuole, d'abitazioni particola-ri, e in meno di un anno l'estensione della città fu diecivolte maggiore.

È noto che i Yankees sono tutti commercianti, ovun-que il caso li getta, dalla zona glaciale alla zona torridabisogna che il loro istinto per gli affari si eserciti util-mente. E però alcuni curiosi, gente arrivata alla Floridaall'unico scopo di seguire le operazioni del Gun-Club,lasciaronsi trascinare alle operazioni di commercio, nonappena ebbero messo casa a Tampa. Le navi noleggiateper il trasporto del materiale e degli operaj avevano datoal porto un'attività senza pari. In breve altri bastimentid'ogni forma e d'ogni portata, carichi di viveri, di prov-vigioni, di mercanzie, salparono dalla baja e dalle duerade; vasti scrittoj d'armatori, uffici di sensali stabiliron-si nella città, e la Shipping Gazette75 registrò ogni giorno

75 Gazzetta marittima.

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nuovi arrivi al porto di Tampa.Mentre le strade moltiplicavansi intorno alla città,

questa, in considerazione dell'importante incrementodella sua popolazione e del suo commercio, fu infineriunita con una strada di ferro agli Stati meridionalidell'Unione. Un rail-way avvicinò la Mobile a Pensaco-la, il grande arsenale marittimo del Sud; poi, da questopunto importante, si diresse sopra Tallahassee. Quivi eragià un breve tronco di ferrovia, lungo ventun miglia, pelquale Tallahassee mettevasi in comunicazione conSaint-Marks, sulle rive del mare. Fu dunque questo bre-ve tratto di rail-way che venne prolungato fino a Tampa-Town, vivificando sopra il suo passaggio e risvegliandole parti morte o addormentate della Florida centrale.Laonde, in virtù di queste meraviglie dell'industria, do-vute all'idea uscita un bel giorno dal cervello di unuomo, Tampa potè assumere a buon diritto il contegnodi grande città. La si era soprannominata «Moon-City76»e la capitale della Florida subiva un eclisse totale, visibi-le da tutti i punti del mondo.

Ciascuno ora comprenderà il perchè fu sì grande la ri-valità fra il Texas e la Florida, e l'irritazione dei Texianiquando si videro porre in disparte dalla scelta del Gun-Club: nella loro previdente accortezza essi avevanocompreso quanto un paese dovesse avvantaggiare perl'esperienza tentata da Barbicane e quanto di bene era daripromettersi da simile colpo di cannone. Il Texas, ci

76 Città della Luna.

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nuovi arrivi al porto di Tampa.Mentre le strade moltiplicavansi intorno alla città,

questa, in considerazione dell'importante incrementodella sua popolazione e del suo commercio, fu infineriunita con una strada di ferro agli Stati meridionalidell'Unione. Un rail-way avvicinò la Mobile a Pensaco-la, il grande arsenale marittimo del Sud; poi, da questopunto importante, si diresse sopra Tallahassee. Quivi eragià un breve tronco di ferrovia, lungo ventun miglia, pelquale Tallahassee mettevasi in comunicazione conSaint-Marks, sulle rive del mare. Fu dunque questo bre-ve tratto di rail-way che venne prolungato fino a Tampa-Town, vivificando sopra il suo passaggio e risvegliandole parti morte o addormentate della Florida centrale.Laonde, in virtù di queste meraviglie dell'industria, do-vute all'idea uscita un bel giorno dal cervello di unuomo, Tampa potè assumere a buon diritto il contegnodi grande città. La si era soprannominata «Moon-City76»e la capitale della Florida subiva un eclisse totale, visibi-le da tutti i punti del mondo.

Ciascuno ora comprenderà il perchè fu sì grande la ri-valità fra il Texas e la Florida, e l'irritazione dei Texianiquando si videro porre in disparte dalla scelta del Gun-Club: nella loro previdente accortezza essi avevanocompreso quanto un paese dovesse avvantaggiare perl'esperienza tentata da Barbicane e quanto di bene era daripromettersi da simile colpo di cannone. Il Texas, ci

76 Città della Luna.

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perdeva un vasto centro di commercio, ferrovie ed unaccrescimento considerevole di popolazione. Tutti que-sti vantaggi andavano a favore di quella miserevole pe-nisola floridana, gettata come una palizzata tra i fiottidel golfo e le onde dell'oceano Atlantico. Per tal motivoBarbicane dividevasi col generale Sant'Anna tutte le an-tipatie texiane.

Tuttavia, sebbene abbandonata alla sua furia di com-mercio ed alla foga industriale, la nuova popolazione diTampa-Town si guardò bene dal trascurare le interessan-ti operazioni del Gun-Club. Tutt'altro. I menomi partico-lari dell'impresa, il menomo colpo di zappa le stavano acuore. Fu un viavai incessante tra la città e Stone's-Hill,una processione, o meglio ancora, un pellegrinaggio.

Potenvasi prevedere che nel giorno dell'esperienza siavrebbero milioni di spettatori, perchè venivano già datutti i punti della terra ad accumularsi sulla stretta peni-sola. L'Europa emigrava in America.

Ma fino allora, bisogna dirlo, la curiosità di quei nu-merosi visitatori non era stata gran che soddisfatta. Mol-ti contavano sullo spettacolo della fusione, e non ne eb-bero che i fumi. Era troppo poco per occhi avidi; maBarbicane non volle ammettere nessuno a quell'opera-zione. Ne nacquero borbottamenti, malcontenti, mormo-rii, si biasimò il presidente, e lo si tacciò d'assolutismo;il suo procedere fu dichiarato «poco americano». Intor-no alle palizzate di Stone's-Hill vi fu quasi una sommos-sa. Barbicane, come è noto, rimase irremovibile nellasua decisione.

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perdeva un vasto centro di commercio, ferrovie ed unaccrescimento considerevole di popolazione. Tutti que-sti vantaggi andavano a favore di quella miserevole pe-nisola floridana, gettata come una palizzata tra i fiottidel golfo e le onde dell'oceano Atlantico. Per tal motivoBarbicane dividevasi col generale Sant'Anna tutte le an-tipatie texiane.

Tuttavia, sebbene abbandonata alla sua furia di com-mercio ed alla foga industriale, la nuova popolazione diTampa-Town si guardò bene dal trascurare le interessan-ti operazioni del Gun-Club. Tutt'altro. I menomi partico-lari dell'impresa, il menomo colpo di zappa le stavano acuore. Fu un viavai incessante tra la città e Stone's-Hill,una processione, o meglio ancora, un pellegrinaggio.

Potenvasi prevedere che nel giorno dell'esperienza siavrebbero milioni di spettatori, perchè venivano già datutti i punti della terra ad accumularsi sulla stretta peni-sola. L'Europa emigrava in America.

Ma fino allora, bisogna dirlo, la curiosità di quei nu-merosi visitatori non era stata gran che soddisfatta. Mol-ti contavano sullo spettacolo della fusione, e non ne eb-bero che i fumi. Era troppo poco per occhi avidi; maBarbicane non volle ammettere nessuno a quell'opera-zione. Ne nacquero borbottamenti, malcontenti, mormo-rii, si biasimò il presidente, e lo si tacciò d'assolutismo;il suo procedere fu dichiarato «poco americano». Intor-no alle palizzate di Stone's-Hill vi fu quasi una sommos-sa. Barbicane, come è noto, rimase irremovibile nellasua decisione.

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Ma allorchè la Columbiade fu perfettamente termina-ta, le porte non potevano essere mantenute chiuse; delresto sarebbe stata una mala grazia il chiudere le porte,sarebbe anzi stata imprudenza il frustrare così le giustesperanze del pubblico. Barbicane aperse quindi il recin-to a tutti; ma, consigliato dalla sua mente pratica, risolsedi trar profitto della curiosità pubblica.

Era già molto il contemplare l'immensa Columbiade,ma scendere nelle sue profondità, ecco ciò che parevaagli Americani il nec plus ultra della felicità in questomondo. Perciò non vi fu un solo curioso che non volessedarsi il piacere di visitare internamente quell'abisso dimetallo. Alcuni apparecchi sospesi ad un verricello avapore permisero agli spettatori di soddisfare la loro cu-riosità, e fu una ressa da non dire. Donne, fanciulli, evecchi, tutti si ascrissero a dovere di scendere nel fondodell'anima e penetrare i misteri del cannone gigantesco.Il prezzo della discesa fu stabilito cinque dollari a testa,e, a dispetto della sua altezza, durante i due mesi cheprecedettero l'esperimento, l'affluenza dei visitatori per-mise al Gun-Club d'incassare quasi cinquecento miladollari.

È inutile il dire che i primi visitatori della Columbia-de furono giustamente i membri del Gun-Club, vantag-gio riserbato all'illustre assemblea. La solennità ebbeluogo il 25 settembre. Una cassa d'onore calò il presi-dente Barbicane, J. T. Maston, il maggiore Elphiston, ilgenerale Morgan, il colonnello Blomsberry, l'ingegnereMurphison ed altri membri chiarissimi del celebre Club.

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Ma allorchè la Columbiade fu perfettamente termina-ta, le porte non potevano essere mantenute chiuse; delresto sarebbe stata una mala grazia il chiudere le porte,sarebbe anzi stata imprudenza il frustrare così le giustesperanze del pubblico. Barbicane aperse quindi il recin-to a tutti; ma, consigliato dalla sua mente pratica, risolsedi trar profitto della curiosità pubblica.

Era già molto il contemplare l'immensa Columbiade,ma scendere nelle sue profondità, ecco ciò che parevaagli Americani il nec plus ultra della felicità in questomondo. Perciò non vi fu un solo curioso che non volessedarsi il piacere di visitare internamente quell'abisso dimetallo. Alcuni apparecchi sospesi ad un verricello avapore permisero agli spettatori di soddisfare la loro cu-riosità, e fu una ressa da non dire. Donne, fanciulli, evecchi, tutti si ascrissero a dovere di scendere nel fondodell'anima e penetrare i misteri del cannone gigantesco.Il prezzo della discesa fu stabilito cinque dollari a testa,e, a dispetto della sua altezza, durante i due mesi cheprecedettero l'esperimento, l'affluenza dei visitatori per-mise al Gun-Club d'incassare quasi cinquecento miladollari.

È inutile il dire che i primi visitatori della Columbia-de furono giustamente i membri del Gun-Club, vantag-gio riserbato all'illustre assemblea. La solennità ebbeluogo il 25 settembre. Una cassa d'onore calò il presi-dente Barbicane, J. T. Maston, il maggiore Elphiston, ilgenerale Morgan, il colonnello Blomsberry, l'ingegnereMurphison ed altri membri chiarissimi del celebre Club.

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Una diecina in tutto. Faceva caldo molto ancora in fon-do a quel lungo tubo di metallo. Ci si soffocava un po-chetto! Ma che gioia, quale contento! Una mensa perdieci persone era stata disposta sul massiccio di pietrache sorreggeva la Columbiade illuminata a giorno da unraggio di luce elettrica. Vivande squisite e numerose,che pareva scendessero dal cielo, vennero a porsi suc-cessivamente dinanzi ai convitati, ed i migliori vini diFrancia erano profusi in quello splendido banchetto ser-vito a novecento piedi sotto terra.

Il pranzo fu animatissimo ed anche rumorosissimo;scambiaronsi numerosi evviva, si bevve al globo terre-stre, si bevve al suo satellite, si bevve al Gun-Club, sibevve all'Unione, alla Luna a Febo, a Diana, a Selene,all'astro della notte, alla pacifica corriera del firmamen-to! Tutti questi evviva, portati sulle onde sonoredell'immenso tubo acustico, arrivavano come scoppî dituono alle sue estremità, e la folla che circondavaStone's Hill univasi col cuore e colle grida ai dieci con-vitati nascosti in fondo alla Gigantesca Columbiade.

J. T. Maston non capiva in sè dalla gioja; gridava piùche non gesticolasse. Se bevesse più che non mangiasseè cosa difficile da decidersi. In ogni caso, non avrebbedato il suo posto per un impero, «no, quand'anche il can-none caricato, colla miccia pronta per far fuoco inquell'istante, avesse dovuto mandarlo a brani negli spazîplanetari.»

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Una diecina in tutto. Faceva caldo molto ancora in fon-do a quel lungo tubo di metallo. Ci si soffocava un po-chetto! Ma che gioia, quale contento! Una mensa perdieci persone era stata disposta sul massiccio di pietrache sorreggeva la Columbiade illuminata a giorno da unraggio di luce elettrica. Vivande squisite e numerose,che pareva scendessero dal cielo, vennero a porsi suc-cessivamente dinanzi ai convitati, ed i migliori vini diFrancia erano profusi in quello splendido banchetto ser-vito a novecento piedi sotto terra.

Il pranzo fu animatissimo ed anche rumorosissimo;scambiaronsi numerosi evviva, si bevve al globo terre-stre, si bevve al suo satellite, si bevve al Gun-Club, sibevve all'Unione, alla Luna a Febo, a Diana, a Selene,all'astro della notte, alla pacifica corriera del firmamen-to! Tutti questi evviva, portati sulle onde sonoredell'immenso tubo acustico, arrivavano come scoppî dituono alle sue estremità, e la folla che circondavaStone's Hill univasi col cuore e colle grida ai dieci con-vitati nascosti in fondo alla Gigantesca Columbiade.

J. T. Maston non capiva in sè dalla gioja; gridava piùche non gesticolasse. Se bevesse più che non mangiasseè cosa difficile da decidersi. In ogni caso, non avrebbedato il suo posto per un impero, «no, quand'anche il can-none caricato, colla miccia pronta per far fuoco inquell'istante, avesse dovuto mandarlo a brani negli spazîplanetari.»

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CAPITOLO XVII.Un dispaccio telegrafico.

I grandi lavori incamminati dal Gun-Club erano, percosì dire, al termine, eppure dovevano passare altri duemesi prima del giorno in cui il projettile scaglierebbesiverso la Luna. Due mesi che dovevano sembrar lunghicome anni all'universale impazienza; fino allora i meno-mi particolari dell'operazione erano stati riprodotti ognigiorno dai giornali, che tutti divoravano con occhi avidied appassionati; ma era da temersi che oramai questo«dividendo d'interessi» distribuito al pubblico, non fossediminuito d'assai; ciascuno spaventavasi di non aver piùda incassare la propria parte di quotidiana commozione.

Nulla di tutto questo; l'incidente più inatteso, piùstraordinario, più incredibile, più inverosimile venne ariaccendere di bel nuovo il fanatismo nelle bramosementi ed a ricacciare il mondo in una straordinaria so-vreccitazione.

Un giorno, il 30 settembre, alle tre pomeridiane equarantasette minuti, un telegramma, trasmesso dal filosottomarino fra Valenzia (Irlanda), Terranova e la costaamericana, arrivò all'indirizzo del presidente Barbicane.

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CAPITOLO XVII.Un dispaccio telegrafico.

I grandi lavori incamminati dal Gun-Club erano, percosì dire, al termine, eppure dovevano passare altri duemesi prima del giorno in cui il projettile scaglierebbesiverso la Luna. Due mesi che dovevano sembrar lunghicome anni all'universale impazienza; fino allora i meno-mi particolari dell'operazione erano stati riprodotti ognigiorno dai giornali, che tutti divoravano con occhi avidied appassionati; ma era da temersi che oramai questo«dividendo d'interessi» distribuito al pubblico, non fossediminuito d'assai; ciascuno spaventavasi di non aver piùda incassare la propria parte di quotidiana commozione.

Nulla di tutto questo; l'incidente più inatteso, piùstraordinario, più incredibile, più inverosimile venne ariaccendere di bel nuovo il fanatismo nelle bramosementi ed a ricacciare il mondo in una straordinaria so-vreccitazione.

Un giorno, il 30 settembre, alle tre pomeridiane equarantasette minuti, un telegramma, trasmesso dal filosottomarino fra Valenzia (Irlanda), Terranova e la costaamericana, arrivò all'indirizzo del presidente Barbicane.

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Il presidente Barbicane ruppe la busta, lesse il dispac-cio, e, sebbene avesse un gran potere sopra sè stesso, lesue labbra si colorarono, i suoi occhi turbaronsi alla let-tura delle venti parole di quel telegramma.

Ecco il testo del dispaccio, che ora figura negli archi-vi del Gun-Club:

Francia, Parigi,«30 Settembre, 4. matt.

«Barbicane, Tampa, Florida,Stati Uniti.

«Surrogate onice sferico con projettile cilindro-coni-co. Partirò dentro. Arriverò collo steamer Atlanta.

MICHELE ARDAN.»

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Il presidente Barbicane ruppe la busta, lesse il dispac-cio, e, sebbene avesse un gran potere sopra sè stesso, lesue labbra si colorarono, i suoi occhi turbaronsi alla let-tura delle venti parole di quel telegramma.

Ecco il testo del dispaccio, che ora figura negli archi-vi del Gun-Club:

Francia, Parigi,«30 Settembre, 4. matt.

«Barbicane, Tampa, Florida,Stati Uniti.

«Surrogate onice sferico con projettile cilindro-coni-co. Partirò dentro. Arriverò collo steamer Atlanta.

MICHELE ARDAN.»

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CAPITOLO XVIII.Il viaggiatore dell'Atlanta.

Se questa fulminante notizia invece di volare sui filielettrici, fosse arrivata semplicemente colla posta e sottobusta suggellata; se gli impiegati francesi, irlandesi, diTerranova, dell'America non fossero stati necessaria-mente in confidenza col telegrafo, Barbicane non avreb-be titubato un solo istante, avrebbe serbato il silenzioper viste di prudenza, e perchè l'opera sua non ci scapi-tasse. Il telegramma poteva celare una mistificazione,anzitutto perchè veniva da un francese. Come credereche un uomo fosse tanto audace da concepire anche sol-tanto l'idea di un simile viaggio? E se quest'uomo esiste-va, non era un pazzo da rinchiudere in un capannotto,anzichè in una palla da cannone?

Ma il dispaccio era conosciuto, perchè gli apparecchidi trasmissione per loro natura sono poco segreti, e laproposta di Michele Ardan già correva pei diversi Statidell'Unione. Epperò Barbicane non aveva più nessunaragione di tacere. Egli dunque riunì i suoi colleghi pre-senti a Tampa Town, e senza lasciar trasparire il suopensiero, senza discutere del maggiore o minor grado di

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CAPITOLO XVIII.Il viaggiatore dell'Atlanta.

Se questa fulminante notizia invece di volare sui filielettrici, fosse arrivata semplicemente colla posta e sottobusta suggellata; se gli impiegati francesi, irlandesi, diTerranova, dell'America non fossero stati necessaria-mente in confidenza col telegrafo, Barbicane non avreb-be titubato un solo istante, avrebbe serbato il silenzioper viste di prudenza, e perchè l'opera sua non ci scapi-tasse. Il telegramma poteva celare una mistificazione,anzitutto perchè veniva da un francese. Come credereche un uomo fosse tanto audace da concepire anche sol-tanto l'idea di un simile viaggio? E se quest'uomo esiste-va, non era un pazzo da rinchiudere in un capannotto,anzichè in una palla da cannone?

Ma il dispaccio era conosciuto, perchè gli apparecchidi trasmissione per loro natura sono poco segreti, e laproposta di Michele Ardan già correva pei diversi Statidell'Unione. Epperò Barbicane non aveva più nessunaragione di tacere. Egli dunque riunì i suoi colleghi pre-senti a Tampa Town, e senza lasciar trasparire il suopensiero, senza discutere del maggiore o minor grado di

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Page 158: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

credenza che si meritava il telegramma, ne lesse fredda-mente il testo laconico.

— Non è possibile! – È inverosimile! – Puro scherzo!– Ci hanno preso a giuoco! – Ridicolo! – Assurdo! Tuttala serie delle espressioni che servono ad esprimere ildubbio, l'incredulità, la sciocchezza, la follia, si svolseper alcuni minuti, con accompagnamento di gesti solitiin simile circostanza. Ognuno sorrideva, rideva, alzavale spalle o scoppiava dalle risa, secondo la propria di-sposizione d'animo. Il solo J. T. Maston uscì con parolesuperbe:

— È un'idea come un'altra! esclamò.— Sì, gli rispose il maggiore, ma se è talvolta per-

messo di avere idee di tal fatta, gli è a patto di non pen-sare neppure a metterle in esecuzione.

— E perchè no! replicò vivamente il segretario delGun-Club, pronto ad entrare in discussione. Ma non sivolle più oltre istigarlo.

Intanto il nome di Michele Ardan già circolava nellacittà di Tampa; gli stranieri e gli indigeni si guardavano,s'interrogavano e pigliavano a scherzo, non già l'euro-peo, – un mito, un essere chimerico, – ma J. T. Maston,che aveva potuto creder all'esistenza di questo personag-gio da leggenda. Quando Barbicane propose di mandarun projettile alla Luna, a tutti parve impresa naturalepraticabile, una semplice prova di balistica. Ma che unessere ragionevole si offrisse di pigliar posto nel proiet-tile, di tentare questo viaggio inverosimile, era un pen-siero da vaneggiatore, uno scherzo, in una parola una

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credenza che si meritava il telegramma, ne lesse fredda-mente il testo laconico.

— Non è possibile! – È inverosimile! – Puro scherzo!– Ci hanno preso a giuoco! – Ridicolo! – Assurdo! Tuttala serie delle espressioni che servono ad esprimere ildubbio, l'incredulità, la sciocchezza, la follia, si svolseper alcuni minuti, con accompagnamento di gesti solitiin simile circostanza. Ognuno sorrideva, rideva, alzavale spalle o scoppiava dalle risa, secondo la propria di-sposizione d'animo. Il solo J. T. Maston uscì con parolesuperbe:

— È un'idea come un'altra! esclamò.— Sì, gli rispose il maggiore, ma se è talvolta per-

messo di avere idee di tal fatta, gli è a patto di non pen-sare neppure a metterle in esecuzione.

— E perchè no! replicò vivamente il segretario delGun-Club, pronto ad entrare in discussione. Ma non sivolle più oltre istigarlo.

Intanto il nome di Michele Ardan già circolava nellacittà di Tampa; gli stranieri e gli indigeni si guardavano,s'interrogavano e pigliavano a scherzo, non già l'euro-peo, – un mito, un essere chimerico, – ma J. T. Maston,che aveva potuto creder all'esistenza di questo personag-gio da leggenda. Quando Barbicane propose di mandarun projettile alla Luna, a tutti parve impresa naturalepraticabile, una semplice prova di balistica. Ma che unessere ragionevole si offrisse di pigliar posto nel proiet-tile, di tentare questo viaggio inverosimile, era un pen-siero da vaneggiatore, uno scherzo, in una parola una

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mistificazione!Le piacevolezze, i sarcasmi durarono fino alla sera

senza interruzione, si può affermare che tutta l'Unionefu presa da una gran voglia di ridere; cosa insolita in unpaese ove le imprese impossibili trovano spesso dei pa-nerigisti, degli addetti, dei partigiani.

Però, la proposta di Michele Ardan, come tutte le ideenuove, non lasciava di tormentare certe teste. Era unacosa che perturbava il corso delle solite emozioni. A ciònon s'era pensato. Questo incidente divenne in breve unpeso insopportabile per la sua stessa stranezza. Ci si ri-fletteva. Quante cose negate un giorno furono ricono-sciute reali all'indomani! Perchè tale viaggio non lo sipotrebbe compiere un giorno o l'altro? Ma, in ognimodo, l'uomo che voleva arrischiarsi così doveva essereun pazzo; e, in sostanza, poichè il suo piano non potevaessere preso sul serio, egli avrebbe fatto assai meglio atacere, invece di disturbare tutto un popolo colle sue ri-dicole spacconate.

In primo luogo, esisteva realmente questo personag-gio? Domanda seriissima! Il nome di Michele Ardannon era sconosciuto in America. Apparteneva ad un eu-ropeo molto in fama per le sue audaci imprese. Inoltrequel telegramma lanciato attraverso le profonditàdell'Atlantico, l’indicazione del bastimento sul quale ilfrancese diceva di aver preso posto, la data stabilita pelsuo prossimo arrivo, tutte queste circostanze davano allaproposta un certo carattere di verosimiglianza. Bisogna-va sincerarsene. In breve, le persone isolate costituirono

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mistificazione!Le piacevolezze, i sarcasmi durarono fino alla sera

senza interruzione, si può affermare che tutta l'Unionefu presa da una gran voglia di ridere; cosa insolita in unpaese ove le imprese impossibili trovano spesso dei pa-nerigisti, degli addetti, dei partigiani.

Però, la proposta di Michele Ardan, come tutte le ideenuove, non lasciava di tormentare certe teste. Era unacosa che perturbava il corso delle solite emozioni. A ciònon s'era pensato. Questo incidente divenne in breve unpeso insopportabile per la sua stessa stranezza. Ci si ri-fletteva. Quante cose negate un giorno furono ricono-sciute reali all'indomani! Perchè tale viaggio non lo sipotrebbe compiere un giorno o l'altro? Ma, in ognimodo, l'uomo che voleva arrischiarsi così doveva essereun pazzo; e, in sostanza, poichè il suo piano non potevaessere preso sul serio, egli avrebbe fatto assai meglio atacere, invece di disturbare tutto un popolo colle sue ri-dicole spacconate.

In primo luogo, esisteva realmente questo personag-gio? Domanda seriissima! Il nome di Michele Ardannon era sconosciuto in America. Apparteneva ad un eu-ropeo molto in fama per le sue audaci imprese. Inoltrequel telegramma lanciato attraverso le profonditàdell'Atlantico, l’indicazione del bastimento sul quale ilfrancese diceva di aver preso posto, la data stabilita pelsuo prossimo arrivo, tutte queste circostanze davano allaproposta un certo carattere di verosimiglianza. Bisogna-va sincerarsene. In breve, le persone isolate costituirono

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Page 160: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

dei gruppi: i gruppi si condensarono sotto l'azione dellacuriosità come atomi in virtù dell'attrazione molecolare,e finalmente ne risultò una folla compatta che mosseverso l'abitazione del presidente Barbicane.

Questi, fino dall'arrivo del dispaccio, non erasi pro-nunciato; egli aveva lasciato esternare il parere di J. T.Maston, senza manifestare nè approvazione, nè biasimo;stavasene tranquillo e proponevasi d'aspettare gli avve-nimenti; ma contava senza l'impazienza pubblica, e videcon occhio poco soddisfatto radunarsi sotto le sue fine-stre la popolazione di Tampa. Tosto mormorii e vocife-razioni d'ogni sorta l'obbligarono a mostrarsi. Vedevasich'egli aveva tutti i doveri e, per conseguenza, tutte lenoie della celebrità.

Egli dunque apparve al balcone; si ristabilì il silenzio,ed un cittadino pigliando la parola gli fece questa do-manda esplicita: Il personaggio indicato nel dispacciosotto il nome di Michele Ardan è in viaggio per l'Ameri-ca, sì o no?

— Signori, rispose Barbicane, io non lo so più di voi.— Bisogna saperlo, gridarono alcune voci impazienti.— Il tempo ce lo farà conoscere, rispose con freddez-

za il presidente.— Il tempo non ha diritto di tenere sospeso un intero

paese, riprese l'oratore; avete modificato i piani del pro-jettile, come lo domanda il telegramma?

— Non ancora, signori: ma avete ragione, bisogna sa-per bene in quali termini sta la cosa: il telegrafo, che hacagionata questa perturbazione, vorrà completare le sue

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dei gruppi: i gruppi si condensarono sotto l'azione dellacuriosità come atomi in virtù dell'attrazione molecolare,e finalmente ne risultò una folla compatta che mosseverso l'abitazione del presidente Barbicane.

Questi, fino dall'arrivo del dispaccio, non erasi pro-nunciato; egli aveva lasciato esternare il parere di J. T.Maston, senza manifestare nè approvazione, nè biasimo;stavasene tranquillo e proponevasi d'aspettare gli avve-nimenti; ma contava senza l'impazienza pubblica, e videcon occhio poco soddisfatto radunarsi sotto le sue fine-stre la popolazione di Tampa. Tosto mormorii e vocife-razioni d'ogni sorta l'obbligarono a mostrarsi. Vedevasich'egli aveva tutti i doveri e, per conseguenza, tutte lenoie della celebrità.

Egli dunque apparve al balcone; si ristabilì il silenzio,ed un cittadino pigliando la parola gli fece questa do-manda esplicita: Il personaggio indicato nel dispacciosotto il nome di Michele Ardan è in viaggio per l'Ameri-ca, sì o no?

— Signori, rispose Barbicane, io non lo so più di voi.— Bisogna saperlo, gridarono alcune voci impazienti.— Il tempo ce lo farà conoscere, rispose con freddez-

za il presidente.— Il tempo non ha diritto di tenere sospeso un intero

paese, riprese l'oratore; avete modificato i piani del pro-jettile, come lo domanda il telegramma?

— Non ancora, signori: ma avete ragione, bisogna sa-per bene in quali termini sta la cosa: il telegrafo, che hacagionata questa perturbazione, vorrà completare le sue

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indicazioni.— Al telegrafo! Al telegrafo! esclamò la folla.Barbicane discese e, precedendo l'immensa turba, si

diresse verso gli uffici dell'amministrazione.Alcuni minuti più tardi veniva spedito un telegramma

al sindaco dei sensali di navi a Liverpool. Chiedevaglisiuna risposta alle seguenti domande:

— Che sorta di nave è l'Atlanta? – Quando ha lascia-to l'Europa? – Aveva a bordo un francese chiamato Mi-chele Ardan?

Due ore dopo Barbicane riceveva risposte così preci-se, che non lasciavano più adito al menomo dubbio.

— Il vapore l'Atlanta, di Liverpool, ha preso il largoil 2 ottobre, facendo vela per Tampa-Town con a bordoun francese, scritto nel libro dei passeggieri sotto ilnome di Michele Ardan.

A questa conferma del primo dispaccio gli occhi delpresidente brillarono d'inusitato fuoco; ei chiuse i pugnicon violenza e lo si intese mormorare:

— È dunque vero! è dunque possibile! questo france-se esiste! e tra quindici giorni sarà qui! Ma è un pazzo!un cervello sgangherato!.. Io non acconsentirò mai!...

Tuttavia quella sera medesima scrisse alla casaBreadwill e compagno, pregandola di sospendere sino anuovo avviso la fusione del proiettile.

Ora descrivere la commozione che invase tuttal'America; in qual modo l'effetto della comunicazioneBarbicane fu superato dieci volte; ciò che dissero i gior-nali dell'Unione; il modo con cui accettarono la notizia,

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indicazioni.— Al telegrafo! Al telegrafo! esclamò la folla.Barbicane discese e, precedendo l'immensa turba, si

diresse verso gli uffici dell'amministrazione.Alcuni minuti più tardi veniva spedito un telegramma

al sindaco dei sensali di navi a Liverpool. Chiedevaglisiuna risposta alle seguenti domande:

— Che sorta di nave è l'Atlanta? – Quando ha lascia-to l'Europa? – Aveva a bordo un francese chiamato Mi-chele Ardan?

Due ore dopo Barbicane riceveva risposte così preci-se, che non lasciavano più adito al menomo dubbio.

— Il vapore l'Atlanta, di Liverpool, ha preso il largoil 2 ottobre, facendo vela per Tampa-Town con a bordoun francese, scritto nel libro dei passeggieri sotto ilnome di Michele Ardan.

A questa conferma del primo dispaccio gli occhi delpresidente brillarono d'inusitato fuoco; ei chiuse i pugnicon violenza e lo si intese mormorare:

— È dunque vero! è dunque possibile! questo france-se esiste! e tra quindici giorni sarà qui! Ma è un pazzo!un cervello sgangherato!.. Io non acconsentirò mai!...

Tuttavia quella sera medesima scrisse alla casaBreadwill e compagno, pregandola di sospendere sino anuovo avviso la fusione del proiettile.

Ora descrivere la commozione che invase tuttal'America; in qual modo l'effetto della comunicazioneBarbicane fu superato dieci volte; ciò che dissero i gior-nali dell'Unione; il modo con cui accettarono la notizia,

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e su qual metro cantarono l'arrivo di questo eroe delvecchio continente; dipingere l'agitazione febbrile nellaquale visse ognuno, contando le ore, contando i minuti, isecondi; dare un'idea, anche lontana, di questa faticosavertigine di tutti i cervelli dominati da un solo pensiero;mostrare le bisogne che lasciavano il passo ad una solapreoccupazione; i lavori ed il commercio sospesi; lenavi già pronte a partire che se ne stavano ancorate nelporto, per non lasciarsi sfuggire inosservato l'arrivodell'Atlanta; i convogli che arrivavano pieni e tornavanovuoti; la baja Espiritu-Santo continuamente solcata daipiroscafi, i pachebotti, li yachts per diporto, i flyboats ditutte le dimensioni; enumerare le migliaia di curiosi chequadruplicarono in quindici giorni la popolazione diTampa Town e dovettero accampare sotto le tende comeun esercito in campagna, è un compito al disopra delleforze umane e che non si potrebbe intraprendere senzatemerità.

Il 20 ottobre, alle nove del mattino, i semafori del ca-nale di Bahama videro un denso fumo all'orizzonte. Dueore più tardi un gran piroscafo scambiava con essi deisegnali di riconoscimento. Tosto il nome dell'Atlanta fuspedito a Tampa-Town. Alle quattro la nave inglese en-trava nella rada d'Espiritu-Santo. Alle cinque superava ipassi della rada Hillisboro a tutto vapore. Alle sei calavale àncore nel porto di Tampa.

L'àncora non aveva ancor tocco il fondo sabbioso,che cinquecento barche circondavano l'Atlanta e lo stea-mer era preso d'assalto. Barbicane, pel primo, saltò i ba-

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e su qual metro cantarono l'arrivo di questo eroe delvecchio continente; dipingere l'agitazione febbrile nellaquale visse ognuno, contando le ore, contando i minuti, isecondi; dare un'idea, anche lontana, di questa faticosavertigine di tutti i cervelli dominati da un solo pensiero;mostrare le bisogne che lasciavano il passo ad una solapreoccupazione; i lavori ed il commercio sospesi; lenavi già pronte a partire che se ne stavano ancorate nelporto, per non lasciarsi sfuggire inosservato l'arrivodell'Atlanta; i convogli che arrivavano pieni e tornavanovuoti; la baja Espiritu-Santo continuamente solcata daipiroscafi, i pachebotti, li yachts per diporto, i flyboats ditutte le dimensioni; enumerare le migliaia di curiosi chequadruplicarono in quindici giorni la popolazione diTampa Town e dovettero accampare sotto le tende comeun esercito in campagna, è un compito al disopra delleforze umane e che non si potrebbe intraprendere senzatemerità.

Il 20 ottobre, alle nove del mattino, i semafori del ca-nale di Bahama videro un denso fumo all'orizzonte. Dueore più tardi un gran piroscafo scambiava con essi deisegnali di riconoscimento. Tosto il nome dell'Atlanta fuspedito a Tampa-Town. Alle quattro la nave inglese en-trava nella rada d'Espiritu-Santo. Alle cinque superava ipassi della rada Hillisboro a tutto vapore. Alle sei calavale àncore nel porto di Tampa.

L'àncora non aveva ancor tocco il fondo sabbioso,che cinquecento barche circondavano l'Atlanta e lo stea-mer era preso d'assalto. Barbicane, pel primo, saltò i ba-

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stingaggi, e con una voce di cui voleva inutilmente na-scondere la commozione esclamò:

«Michele Ardan!»— Presidente! rispose un uomo salito in piedi sopra il

casseretto.Barbicane, colle braccia incrociate, l'occhio interroga-

tore, la bocca muta, guardò fisso il passeggerodell'Atlanta.

Era un uomo sui quarantadue anni, grande, ma già unpo' curvo, come le cariatidi che portano de' balconi sullespalle. La sua testa grossa, vera testa da leone, squassa-va ad ogni momento una capellatura fulva che formava-gli una vera criniera.

Una faccia corta, larga alle tempie, resa più avvenenteda due mustacchi irti come i baffi d'un gatto, e da ciuf-fetti di pelo giallognolo sparsi per le guancie, occhi ro-tondi un po' stralunati, uno sguardo da miope, completa-vano quella fisonomia al sommo grado felina. Ma il di-segno del naso era arditissimo, la bocca regolare, lafronte alta, intelligente e solcata come un campo chemai non istà in riposo. Finalmente un busto assai svilup-pato e ben collocato su due lunghe gambe, braccia mu-scolose, leve potenti e salde, un portamento spigliato,facevano dell'europeo un pezzo d'uomo saldamente co-strutto, «meglio lavorato che fuso,» per valermi diun'espressione dell'arte metallurgica.

I discepoli di Lavaret e di Gratiolet avrebbero decifra-to senza fatica sul cranio e sulla fisonomia di quel per-sonaggio i segni non dubbî della puntaglia, cioè del co-

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stingaggi, e con una voce di cui voleva inutilmente na-scondere la commozione esclamò:

«Michele Ardan!»— Presidente! rispose un uomo salito in piedi sopra il

casseretto.Barbicane, colle braccia incrociate, l'occhio interroga-

tore, la bocca muta, guardò fisso il passeggerodell'Atlanta.

Era un uomo sui quarantadue anni, grande, ma già unpo' curvo, come le cariatidi che portano de' balconi sullespalle. La sua testa grossa, vera testa da leone, squassa-va ad ogni momento una capellatura fulva che formava-gli una vera criniera.

Una faccia corta, larga alle tempie, resa più avvenenteda due mustacchi irti come i baffi d'un gatto, e da ciuf-fetti di pelo giallognolo sparsi per le guancie, occhi ro-tondi un po' stralunati, uno sguardo da miope, completa-vano quella fisonomia al sommo grado felina. Ma il di-segno del naso era arditissimo, la bocca regolare, lafronte alta, intelligente e solcata come un campo chemai non istà in riposo. Finalmente un busto assai svilup-pato e ben collocato su due lunghe gambe, braccia mu-scolose, leve potenti e salde, un portamento spigliato,facevano dell'europeo un pezzo d'uomo saldamente co-strutto, «meglio lavorato che fuso,» per valermi diun'espressione dell'arte metallurgica.

I discepoli di Lavaret e di Gratiolet avrebbero decifra-to senza fatica sul cranio e sulla fisonomia di quel per-sonaggio i segni non dubbî della puntaglia, cioè del co-

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raggio nel pericolo e della tendenza a vincere gli ostaco-li; quelli della benevolenza e quelli del meraviglioso,istinti che rendono certi caratteri inchinevoli ad infervo-rarsi per le cose sovrumane; ma all'incontro le protube-ranze dell'acquisività, cioè del bisogno di possedere e diacquistare; mancavano assolutamente.

Per completare il tipo fisico del passeggerodell'Atlanta, convien dire qualche cosa e anche parlaredei suoi abiti: i calzoni ed il pastrano erano di tale am-piezza, che lo stesso Michele Ardan si soprannominavala morte del panno; la cravatta la teneva rilassata. Dallacamicia aperta usciva un collo robusto, ed i manichini,invariabimente sbottonati, lasciavano sfuggir di sottomani febbrili. Ben comprendevasi che anche ne' giornipiù duri dell'inverno, ed in mezzo ai pericoli,quell'uomo non doveva mai sentire il freddo, – nemme-no agli occhi.

Sul ponte dello steamer, fra la ressa, andava, veniva,non istava mai al posto, arando sulle sue àncore, comedicono i marinai, gesticolando, dando del tu a tutti e ro-sicchiandosi le unghie con nervosa avidità. Era uno diquei bizzarri uomini che il Creatore inventa in un mo-mento di capriccio, e di cui spezza tosto la forma.

Di fatto la personalità morale di Michele Ardan offri-va largo campo alle osservazioni dell'analitico.Quest'uomo sorprendente viveva in perpetua disposizio-ne all'iperbole e non aveva ancora varcata l'età dei su-perlativi: gli oggetti dipingevansi sulla retina del suo oc-chio, con ismisurate dimensioni, d'onde una associazio-

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raggio nel pericolo e della tendenza a vincere gli ostaco-li; quelli della benevolenza e quelli del meraviglioso,istinti che rendono certi caratteri inchinevoli ad infervo-rarsi per le cose sovrumane; ma all'incontro le protube-ranze dell'acquisività, cioè del bisogno di possedere e diacquistare; mancavano assolutamente.

Per completare il tipo fisico del passeggerodell'Atlanta, convien dire qualche cosa e anche parlaredei suoi abiti: i calzoni ed il pastrano erano di tale am-piezza, che lo stesso Michele Ardan si soprannominavala morte del panno; la cravatta la teneva rilassata. Dallacamicia aperta usciva un collo robusto, ed i manichini,invariabimente sbottonati, lasciavano sfuggir di sottomani febbrili. Ben comprendevasi che anche ne' giornipiù duri dell'inverno, ed in mezzo ai pericoli,quell'uomo non doveva mai sentire il freddo, – nemme-no agli occhi.

Sul ponte dello steamer, fra la ressa, andava, veniva,non istava mai al posto, arando sulle sue àncore, comedicono i marinai, gesticolando, dando del tu a tutti e ro-sicchiandosi le unghie con nervosa avidità. Era uno diquei bizzarri uomini che il Creatore inventa in un mo-mento di capriccio, e di cui spezza tosto la forma.

Di fatto la personalità morale di Michele Ardan offri-va largo campo alle osservazioni dell'analitico.Quest'uomo sorprendente viveva in perpetua disposizio-ne all'iperbole e non aveva ancora varcata l'età dei su-perlativi: gli oggetti dipingevansi sulla retina del suo oc-chio, con ismisurate dimensioni, d'onde una associazio-

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ne d'idee gigantesche; ei vedeva tutto in grande, fuorchèle difficoltà e gli uomini.

Era del resto una natura ricchissima, artista per istin-to, giovane spiritoso, che non faceva un fuoco continuodi motti e di bottoni, ma che si schermiva bensì da abiletiratore. Nelle discussioni, poco amante della logica; ri-belle al sillogismo, ch'egli mai non avrebbe inventato,erasi riserbate delle botte tutte sue proprie.

Egli usciva di punto in bianco con certi argomenti adhominem, di effetto sicuro, e ci trovava gusto a difende-re ad oltranza le cause disperate.

Tra le altre bizzarrie, proclamavasi «un ignorante su-blime» come Shakespeare, ed affettava disprezzo peidotti; «persone», diceva, «le quali altro non fanno chesegnare i punti quando noi giochiamo la partita.» Era in-somma uno zingaro del paese dei monti e delle meravi-glie, avventuroso ma non avventuriere, un rompicollo,un Fetonte che conduceva a precipizio il carro del sole,un Icaro con ali di scambio. Del resto ci metteva la pel-le, e ce la metteva per bene: buttavasi a testa alta nellepazze imprese, ad occhi chiusi, bruciava i suoi vascellicon maggior lena di Agatocle; e, disposto a farsi rompe-re le reni ad ogni ora, costantemente finiva col ricaderein piedi, al pari di quei misirizzi, o fantoccini di midolladi sughero, trastullo dei ragazzi.

In due parole il suo motto era: Quand'anche! e l'amo-re per l'impossibile, la sua ruling passion77 secondo la

77 La sua passione predominante.

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ne d'idee gigantesche; ei vedeva tutto in grande, fuorchèle difficoltà e gli uomini.

Era del resto una natura ricchissima, artista per istin-to, giovane spiritoso, che non faceva un fuoco continuodi motti e di bottoni, ma che si schermiva bensì da abiletiratore. Nelle discussioni, poco amante della logica; ri-belle al sillogismo, ch'egli mai non avrebbe inventato,erasi riserbate delle botte tutte sue proprie.

Egli usciva di punto in bianco con certi argomenti adhominem, di effetto sicuro, e ci trovava gusto a difende-re ad oltranza le cause disperate.

Tra le altre bizzarrie, proclamavasi «un ignorante su-blime» come Shakespeare, ed affettava disprezzo peidotti; «persone», diceva, «le quali altro non fanno chesegnare i punti quando noi giochiamo la partita.» Era in-somma uno zingaro del paese dei monti e delle meravi-glie, avventuroso ma non avventuriere, un rompicollo,un Fetonte che conduceva a precipizio il carro del sole,un Icaro con ali di scambio. Del resto ci metteva la pel-le, e ce la metteva per bene: buttavasi a testa alta nellepazze imprese, ad occhi chiusi, bruciava i suoi vascellicon maggior lena di Agatocle; e, disposto a farsi rompe-re le reni ad ogni ora, costantemente finiva col ricaderein piedi, al pari di quei misirizzi, o fantoccini di midolladi sughero, trastullo dei ragazzi.

In due parole il suo motto era: Quand'anche! e l'amo-re per l'impossibile, la sua ruling passion77 secondo la

77 La sua passione predominante.

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Page 166: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

bella espressione di Pope.Però quest'uomo d'incomparabile coraggio aveva pure

i difetti della sua qualità! Chi non risica non rosica, sisuol dire. Ardan arrischiò molte volte, ma non s'avvan-taggiò mai di nulla. Era un divoratore di danaro, unabotte da Danaidi. Del resto, perchè uomo disinteressato,prestava orecchio tanto al cuore quanto al cervello; ser-vizievole, cavalleresco, non avrebbe sottoscritto la sen-tenza di morte del suo più crudele nemico, e si sarebbevenduto per riscattare un negro.

In Francia, in Europa, questo personaggio brillante erumoroso era da tutti conosciuto. Non faceva forse par-lare di lui le cento voci della Fama, divenute rauche alsuo servizio? Non viveva egli in una casa di vetro, pi-gliando l'universo intero per confidente dei suoi più inti-mi segreti? Eppure possedeva un'ammirabile accolta dinemici fra coloro che egli aveva più o meno punto nelvivo, feriti, rovesciati senza pietà, lavorando di gomitiper aprirsi un varco nella folla.

Generalmente però era amato, lo si trattava da benia-mino. Secondo l'espressione popolare, reputavasi uomoda pigliare o da lasciare, e lo si pigliava. Ciascunoprendeva parte con amore alle sue ardite imprese, e loseguiva con inquieto sguardo. Sapevasi che era audaceed imprudente. Quando qualche amico voleva arrestarlo,predicendogli una disgrazia prossima: – «La foresta nonarde che per colpa dei suoi stessi alberi,» – ei risponde-va con amabile sorriso, e senza sospettare che citava ilpiù bello di tutti i proverbi arabi.

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bella espressione di Pope.Però quest'uomo d'incomparabile coraggio aveva pure

i difetti della sua qualità! Chi non risica non rosica, sisuol dire. Ardan arrischiò molte volte, ma non s'avvan-taggiò mai di nulla. Era un divoratore di danaro, unabotte da Danaidi. Del resto, perchè uomo disinteressato,prestava orecchio tanto al cuore quanto al cervello; ser-vizievole, cavalleresco, non avrebbe sottoscritto la sen-tenza di morte del suo più crudele nemico, e si sarebbevenduto per riscattare un negro.

In Francia, in Europa, questo personaggio brillante erumoroso era da tutti conosciuto. Non faceva forse par-lare di lui le cento voci della Fama, divenute rauche alsuo servizio? Non viveva egli in una casa di vetro, pi-gliando l'universo intero per confidente dei suoi più inti-mi segreti? Eppure possedeva un'ammirabile accolta dinemici fra coloro che egli aveva più o meno punto nelvivo, feriti, rovesciati senza pietà, lavorando di gomitiper aprirsi un varco nella folla.

Generalmente però era amato, lo si trattava da benia-mino. Secondo l'espressione popolare, reputavasi uomoda pigliare o da lasciare, e lo si pigliava. Ciascunoprendeva parte con amore alle sue ardite imprese, e loseguiva con inquieto sguardo. Sapevasi che era audaceed imprudente. Quando qualche amico voleva arrestarlo,predicendogli una disgrazia prossima: – «La foresta nonarde che per colpa dei suoi stessi alberi,» – ei risponde-va con amabile sorriso, e senza sospettare che citava ilpiù bello di tutti i proverbi arabi.

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Tale era il personaggio dell'Atlanta, sempre agitato,sempre bollente sotto l'azione di un fuoco interno, sem-pre commosso, non per ciò ch'egli veniva a fare in Ame-rica, – non ci pensava neppure, – ma per effetto del suocarattere febbrile. Se mai furonvi due uomini che offris-sero un contrasto sorprendente, erano certo il franceseMichele Ardan e lo yankee Barbicane, ambi però intra-prendenti, arditi, audaci a modo loro.

La contemplazione alla quale abbandonavasi il presi-dente del Gun-Club al cospetto di questo rivale, che ve-niva a porlo in seconda linea, fu tosto interrotta daglievviva della folla. Le grida diventarono sì frenetiche, el'entusiasmo assunse forme così colossali, che MicheleArdan, dopo avere stretto un migliaio di mani, nellequali poco mancò non lasciasse le dita, dovette rifugiar-si nella sua cabina.

Barbicane lo seguì senza avere pronunciata una paro-la. «Siete voi Barbicane?» gli domandò Michele Ardan,non appena furono soli, e coll'accento col quale avrebbeparlato ad un amico di vent'anni.

— Sì, rispose il presidente del Gun-Club.— Buon giorno allora, Barbicane. Come state? Benis-

simo? Tanto meglio! tanto meglio!— Dunque, disse l'Americano senz'altri preliminari,

siete deciso a partire?— Assolutamente deciso.— Nulla vi tratterrà?— Nulla. Avete modificato il proiettile, così come lo

indicava il mio dispaccio?

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Tale era il personaggio dell'Atlanta, sempre agitato,sempre bollente sotto l'azione di un fuoco interno, sem-pre commosso, non per ciò ch'egli veniva a fare in Ame-rica, – non ci pensava neppure, – ma per effetto del suocarattere febbrile. Se mai furonvi due uomini che offris-sero un contrasto sorprendente, erano certo il franceseMichele Ardan e lo yankee Barbicane, ambi però intra-prendenti, arditi, audaci a modo loro.

La contemplazione alla quale abbandonavasi il presi-dente del Gun-Club al cospetto di questo rivale, che ve-niva a porlo in seconda linea, fu tosto interrotta daglievviva della folla. Le grida diventarono sì frenetiche, el'entusiasmo assunse forme così colossali, che MicheleArdan, dopo avere stretto un migliaio di mani, nellequali poco mancò non lasciasse le dita, dovette rifugiar-si nella sua cabina.

Barbicane lo seguì senza avere pronunciata una paro-la. «Siete voi Barbicane?» gli domandò Michele Ardan,non appena furono soli, e coll'accento col quale avrebbeparlato ad un amico di vent'anni.

— Sì, rispose il presidente del Gun-Club.— Buon giorno allora, Barbicane. Come state? Benis-

simo? Tanto meglio! tanto meglio!— Dunque, disse l'Americano senz'altri preliminari,

siete deciso a partire?— Assolutamente deciso.— Nulla vi tratterrà?— Nulla. Avete modificato il proiettile, così come lo

indicava il mio dispaccio?

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— Aspettavo il vostro arrivo. Ma, domandò Barbica-ne di bel nuovo insistendo, avete ben riflettuto?....

— Riflettuto? Ho io forse tempo da perdere? Trovol'occasione di andare a fare un giro nella Luna: ne ap-profitto; ecco tutto. Mi pare che ciò non meriti molta ri-flessione.

Barbicane si mangiava cogli occhi quell'uomo cheparlava del suo progetto di viaggio con una leggerezza,una noncuranza sì completa e affatto scevra da tituban-ze.

— Ma, almeno, gli disse, avete un piano, mezzi d'ese-cuzione?

— Eccellenti, mio caro Barbicane. Ma permettetemiche vi faccia un'osservazione: io preferisco raccontareuna buona volta la mia storia a tutti, e che non se ne par-li più. Così si eviteranno le ripetizioni. Dunque, salvomiglior avviso, convocate i vostri colleghi, tutta la città,tutta la Florida, tutta l'America, se volete, e domani saròpronto a sviluppare i miei mezzi, così anche a risponde-re alle obbiezioni, quali pur siano. Siate tranquillo, ioaspetterò di piè fermo. Vi accomoda?

— Mi accomoda, rispose Barbicane.Ciò detto, il presidente uscì dalla cabina per comuni-

care agli astanti la proposta dì Michele Ardan. Le sueparole furono accolte con calpestii e grugniti di gioia.Tutte le difficoltà erano troncate. Il giorno appresso tuttiavrebbero potuto contemplare a bell'agio l'eroe europeo.Pure certi spettatori più testerecci non vollero abbando-nare il ponte dell'Atlanta; passarono la notte a bordo.

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— Aspettavo il vostro arrivo. Ma, domandò Barbica-ne di bel nuovo insistendo, avete ben riflettuto?....

— Riflettuto? Ho io forse tempo da perdere? Trovol'occasione di andare a fare un giro nella Luna: ne ap-profitto; ecco tutto. Mi pare che ciò non meriti molta ri-flessione.

Barbicane si mangiava cogli occhi quell'uomo cheparlava del suo progetto di viaggio con una leggerezza,una noncuranza sì completa e affatto scevra da tituban-ze.

— Ma, almeno, gli disse, avete un piano, mezzi d'ese-cuzione?

— Eccellenti, mio caro Barbicane. Ma permettetemiche vi faccia un'osservazione: io preferisco raccontareuna buona volta la mia storia a tutti, e che non se ne par-li più. Così si eviteranno le ripetizioni. Dunque, salvomiglior avviso, convocate i vostri colleghi, tutta la città,tutta la Florida, tutta l'America, se volete, e domani saròpronto a sviluppare i miei mezzi, così anche a risponde-re alle obbiezioni, quali pur siano. Siate tranquillo, ioaspetterò di piè fermo. Vi accomoda?

— Mi accomoda, rispose Barbicane.Ciò detto, il presidente uscì dalla cabina per comuni-

care agli astanti la proposta dì Michele Ardan. Le sueparole furono accolte con calpestii e grugniti di gioia.Tutte le difficoltà erano troncate. Il giorno appresso tuttiavrebbero potuto contemplare a bell'agio l'eroe europeo.Pure certi spettatori più testerecci non vollero abbando-nare il ponte dell'Atlanta; passarono la notte a bordo.

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Tra gli altri J. T. Maston aveva infisso il suo uncino nellistello del casseretto. Ci sarebbe voluto un argano peristrapparnelo.

— È un eroe! un eroe! egli esclamò su tutti i toni, enoi non siamo che donnicciuole a petto di quell'Europeolì.

Quanto al presidente, dopo aver invitato i visitatori aritirarsi, rientrò nella cabina del passeggiero, e nonl'abbandonò che nel momento in cui la campanella dellosteamer suonò il quarto di mezzanotte.

Allora però i due rivali in popolarità stringevansi ca-lorosamente la mano; e Michele Ardan dava del tu alpresidente Barbicane.

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Tra gli altri J. T. Maston aveva infisso il suo uncino nellistello del casseretto. Ci sarebbe voluto un argano peristrapparnelo.

— È un eroe! un eroe! egli esclamò su tutti i toni, enoi non siamo che donnicciuole a petto di quell'Europeolì.

Quanto al presidente, dopo aver invitato i visitatori aritirarsi, rientrò nella cabina del passeggiero, e nonl'abbandonò che nel momento in cui la campanella dellosteamer suonò il quarto di mezzanotte.

Allora però i due rivali in popolarità stringevansi ca-lorosamente la mano; e Michele Ardan dava del tu alpresidente Barbicane.

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CAPITOLO XIX.Un meeting.

La domane l'astro del giorno s'alzò molto tardi perl'impazienza pubblica. Lo si trovò pigro per un sole chedoveva illuminare simil festa. Barbicane, temendo ledomande indiscrete intorno a Michele Ardan, avrebbevoluto ridurre i suoi uditori ad un piccolo numero di ad-detti, a' suoi colleghi, per esempio. Ma tanto valeva ten-tare di opporre una diga al Niagara. Egli dovette quindirinunciare a' suoi piani, e lasciare che il nuovo amicos'arrischiasse in una conferenza pubblica. La nuova saladella Borsa di Tampa-Town, malgrado le sue dimensionicolossali, fu ritenuta insufficiente per la cerimonia, per-chè l'ideata riunione assumeva le proporzioni di un veromeeting.

Il luogo scelto fu una vasta pianura posta fuori dellacittà, e in poche ore si pervenne a ripararla dai raggi delsole; le navi del porto, ricche di vele, d'attrezzi, d'alberidi ricambio, di pennoni, fornirono gli accessori indi-spensabili per la costruzione di una tenda colossale. Inbreve un immenso cielo di tela si distese sulla prateriacalcinata e la riparò dai calori del giorno. Quivi trecen-

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CAPITOLO XIX.Un meeting.

La domane l'astro del giorno s'alzò molto tardi perl'impazienza pubblica. Lo si trovò pigro per un sole chedoveva illuminare simil festa. Barbicane, temendo ledomande indiscrete intorno a Michele Ardan, avrebbevoluto ridurre i suoi uditori ad un piccolo numero di ad-detti, a' suoi colleghi, per esempio. Ma tanto valeva ten-tare di opporre una diga al Niagara. Egli dovette quindirinunciare a' suoi piani, e lasciare che il nuovo amicos'arrischiasse in una conferenza pubblica. La nuova saladella Borsa di Tampa-Town, malgrado le sue dimensionicolossali, fu ritenuta insufficiente per la cerimonia, per-chè l'ideata riunione assumeva le proporzioni di un veromeeting.

Il luogo scelto fu una vasta pianura posta fuori dellacittà, e in poche ore si pervenne a ripararla dai raggi delsole; le navi del porto, ricche di vele, d'attrezzi, d'alberidi ricambio, di pennoni, fornirono gli accessori indi-spensabili per la costruzione di una tenda colossale. Inbreve un immenso cielo di tela si distese sulla prateriacalcinata e la riparò dai calori del giorno. Quivi trecen-

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tomila persone trovarono posto, e per più ore sfidaronouna temperatura soffocante, aspettando l'arrivo del Fran-cese. Di questa calca di spettatori un primo terzo potevavedere ed udire, un secondo vedeva male e non udiva;quanto all'ultimo, nè vedeva nè udiva. Ciò non ostantenon fu il meno sollecito a stemperarsi in applausi.

Alle tre Michele Ardan fece la sua comparsa accom-pagnato dai principali membri del Gun-Club. Egli davail braccio destro al presidente Barbicane, ed il sinistro aJ. T. Maston, più raggiante del sole in pieno meriggio.

Ardan salì sur un palco, dall'alto del quale i suoisguardi estendevansi sopra un oceano di cappelli a cilin-dro. Non pareva niente affatto impacciato, non porgevacon affettazione; sembrava fosse in casa sua, allegro, fa-migliare, amabile. Agli evviva che lo accolsero risposecon un saluto grazioso; poi colla mano reclamando il si-lenzio, prese la parola in inglese e si espresse molto cor-rettamente in questi termini:

«Signori, diss'egli, sebbene faccia caldissimo, io stoper abusare del vostro tempo onde darvi alcune spiega-zioni su certi progetti che a quanto pare vi stanno a cuo-re. Io non sono nè un oratore nè un dotto, nè contavo diparlare in pubblico; ma l'amico Barbicane mi ha dettoche vi farebbe piacere, ed allora ho annuito. Dunqueascoltatemi colle vostre seicentomila orecchie, e voglia-te scusare gli errori dell'autore.»

Questo esordio, fatto così alla libera, piacque assaiagli astanti, che espressero la loro soddisfazione con unimmenso mormorio d'approvazione.

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tomila persone trovarono posto, e per più ore sfidaronouna temperatura soffocante, aspettando l'arrivo del Fran-cese. Di questa calca di spettatori un primo terzo potevavedere ed udire, un secondo vedeva male e non udiva;quanto all'ultimo, nè vedeva nè udiva. Ciò non ostantenon fu il meno sollecito a stemperarsi in applausi.

Alle tre Michele Ardan fece la sua comparsa accom-pagnato dai principali membri del Gun-Club. Egli davail braccio destro al presidente Barbicane, ed il sinistro aJ. T. Maston, più raggiante del sole in pieno meriggio.

Ardan salì sur un palco, dall'alto del quale i suoisguardi estendevansi sopra un oceano di cappelli a cilin-dro. Non pareva niente affatto impacciato, non porgevacon affettazione; sembrava fosse in casa sua, allegro, fa-migliare, amabile. Agli evviva che lo accolsero risposecon un saluto grazioso; poi colla mano reclamando il si-lenzio, prese la parola in inglese e si espresse molto cor-rettamente in questi termini:

«Signori, diss'egli, sebbene faccia caldissimo, io stoper abusare del vostro tempo onde darvi alcune spiega-zioni su certi progetti che a quanto pare vi stanno a cuo-re. Io non sono nè un oratore nè un dotto, nè contavo diparlare in pubblico; ma l'amico Barbicane mi ha dettoche vi farebbe piacere, ed allora ho annuito. Dunqueascoltatemi colle vostre seicentomila orecchie, e voglia-te scusare gli errori dell'autore.»

Questo esordio, fatto così alla libera, piacque assaiagli astanti, che espressero la loro soddisfazione con unimmenso mormorio d'approvazione.

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«Signori, diss'egli, nessun segno d'approvazione o diriprovazione qui è proibito. Ci siamo intesi e comincio.E innanzi tutto, non dimenticatevelo, voi avete da farecon un ignorante; ma la sua ignoranza si spingetant'oltre ch'egli perfino ignora le difficoltà. Gli è dun-que sembrata fosse cosa semplice, naturale, facile, il pi-gliar posto in un projettile e partire per la Luna. Talviaggio tosto o tardi doveva farsi, e quanto al modo dilocomozione adottato, esso segue semplicemente la leg-ge del progresso. L'uomo ha cominciato col viaggiare aquattro zampe, poi un bel giorno su due piedi, poi incarretta, poi in cocchio, poi in biroccio, poi in diligenza,poi in istrada ferrata: ebbene! il projettile è la carrozzadell'avvenire, e, a dirla, i pianeti non sono che projettili,semplici palle da cannone lanciate dalla mano del crea-tore. Ma ritorniamo al nostro veicolo. Taluno fra voi, si-gnori, ha potuto credere che la velocità impressagli saràeccessiva; non è vero; tutti gli astri sono superiori in ra-pidità, e la Terra stessa, nel suo movimento di rotazioneintorno al Sole, corre con tripla veemenza. Eccovi alcu-ni esempi. Soltanto io chiedo licenza di esprimermi inleghe, perchè le misure americane non mi sono moltofamigliari, e temerei d'imbrogliarmi nei calcoli.»

La domanda parve semplicissima e non trovò opposi-zione.

L'oratore ripigliò il discorso.«Ecco, signori, la velocità dei diversi pianeti. Io sono

costretto di confessare, che, a malgrado della mia igno-ranza, conosco esattamente questo piccolo particolare

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«Signori, diss'egli, nessun segno d'approvazione o diriprovazione qui è proibito. Ci siamo intesi e comincio.E innanzi tutto, non dimenticatevelo, voi avete da farecon un ignorante; ma la sua ignoranza si spingetant'oltre ch'egli perfino ignora le difficoltà. Gli è dun-que sembrata fosse cosa semplice, naturale, facile, il pi-gliar posto in un projettile e partire per la Luna. Talviaggio tosto o tardi doveva farsi, e quanto al modo dilocomozione adottato, esso segue semplicemente la leg-ge del progresso. L'uomo ha cominciato col viaggiare aquattro zampe, poi un bel giorno su due piedi, poi incarretta, poi in cocchio, poi in biroccio, poi in diligenza,poi in istrada ferrata: ebbene! il projettile è la carrozzadell'avvenire, e, a dirla, i pianeti non sono che projettili,semplici palle da cannone lanciate dalla mano del crea-tore. Ma ritorniamo al nostro veicolo. Taluno fra voi, si-gnori, ha potuto credere che la velocità impressagli saràeccessiva; non è vero; tutti gli astri sono superiori in ra-pidità, e la Terra stessa, nel suo movimento di rotazioneintorno al Sole, corre con tripla veemenza. Eccovi alcu-ni esempi. Soltanto io chiedo licenza di esprimermi inleghe, perchè le misure americane non mi sono moltofamigliari, e temerei d'imbrogliarmi nei calcoli.»

La domanda parve semplicissima e non trovò opposi-zione.

L'oratore ripigliò il discorso.«Ecco, signori, la velocità dei diversi pianeti. Io sono

costretto di confessare, che, a malgrado della mia igno-ranza, conosco esattamente questo piccolo particolare

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astronomico; ma prima di due minuti voi sarete dotti alpari di me. Sappiate dunque che il Nettuno fa cinquanta-mila leghe all'ora, Urano settemila, Saturno ottomila eotto cento cinquantotto, Giove undicimila e seicentoset-tantacinque, Marte ventiduemila e undici, la Terra venti-settemila e cinquecento, Venere trentaduemila e cento-novanta, Mercurio cinquantaduemila e cinquecentoven-ti, certe comete un milione e quattrocentomila leghe nelloro perielio! Quanto a noi, veri buontemponi, gente cheha pochissima fretta, la nostra velocità non oltrepasserànovemila e novecento leghe, ed anche sempre sceman-do! Domando a voi se c'è da andare in estasi, e se non èevidente che tutto ciò verrà superato un bel giorno davelocità maggiori i cui agenti meccanici saranno proba-bilmente la luce o l'elettricità?»

Parve che nessuno ponesse in dubbio l'affermazionedi Michele Ardan.

«Miei cari uditori, ei riprese, se vuolsi prestar fede acerte menti ristrette, – è il qualificativo che solo calza, –l'umanità sarebbe rinchiusa in un cerchio di Popilio chenon potrebbe varcare, e condannata a vegetare sopraquesto globo senza potersi mai slanciare negli spazi pla-netari! Niente affatto! Si va adesso alla Luna, si andràpiù tardi ai pianeti, alle stelle, come si va oggi da Liver-pool a Nuova-York, facilmente, rapidamente, e l'oceanoatmosferico sarà ben presto attraversato come gli oceanidella Terra! La distanza non è che una parola relativa efinirà coll'essere ridotta a zero.

L'adunanza, quantunque molto disposta in favore

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astronomico; ma prima di due minuti voi sarete dotti alpari di me. Sappiate dunque che il Nettuno fa cinquanta-mila leghe all'ora, Urano settemila, Saturno ottomila eotto cento cinquantotto, Giove undicimila e seicentoset-tantacinque, Marte ventiduemila e undici, la Terra venti-settemila e cinquecento, Venere trentaduemila e cento-novanta, Mercurio cinquantaduemila e cinquecentoven-ti, certe comete un milione e quattrocentomila leghe nelloro perielio! Quanto a noi, veri buontemponi, gente cheha pochissima fretta, la nostra velocità non oltrepasserànovemila e novecento leghe, ed anche sempre sceman-do! Domando a voi se c'è da andare in estasi, e se non èevidente che tutto ciò verrà superato un bel giorno davelocità maggiori i cui agenti meccanici saranno proba-bilmente la luce o l'elettricità?»

Parve che nessuno ponesse in dubbio l'affermazionedi Michele Ardan.

«Miei cari uditori, ei riprese, se vuolsi prestar fede acerte menti ristrette, – è il qualificativo che solo calza, –l'umanità sarebbe rinchiusa in un cerchio di Popilio chenon potrebbe varcare, e condannata a vegetare sopraquesto globo senza potersi mai slanciare negli spazi pla-netari! Niente affatto! Si va adesso alla Luna, si andràpiù tardi ai pianeti, alle stelle, come si va oggi da Liver-pool a Nuova-York, facilmente, rapidamente, e l'oceanoatmosferico sarà ben presto attraversato come gli oceanidella Terra! La distanza non è che una parola relativa efinirà coll'essere ridotta a zero.

L'adunanza, quantunque molto disposta in favore

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dell'eroe francese, stette un po' confusa all'udirequest'audace teoria. Michele Ardan mostrò di compren-derla.

«Voi non mi sembrate convinti, miei buoni ospiti, ri-prese con amabile sorriso. Ragioniamola un poco. Sape-te quanto tempo occorre ad un convoglio espress pergiungere alla Luna? Trecento giorni. Non di più. Un tra-gitto di ottantaseimila e quattrocentodieci leghe, chesono mai? Nemmanco nove volte il giro della Terra, enon c'è marinaio o viaggiatore un po' lesto che non ab-bia fatto più cammino durante la vita. Pensate dunqueche io non istarò per via più di novantasette ore! Ah! voidite che la Luna è lontana dalla Terra, e che bisognapensarci due volte prima di tentare il viaggio. Ma chedireste dunque se si trattasse di andare a Nettuno, chegravita a mille e cento quarantasette milioni di leghe dalSole? ecco un viaggio che pochi potrebbero fare, se co-stasse soltanto cinque soldi al chilometro. Lo stesso ba-rone di Rothschild, col suo miliardo, non avrebbe da pa-gare il posto, e per la mancanza di centoquarantasettemilioni dovrebbe rinunziarvi.»

Parve che tal modo d'argomentare andasse molto agenio all'adunanza; d'altra parte Michele Ardan, com-preso nel suo argomento, vi s'infervorava a meraviglia;sentivasi avidamente ascoltato, e però riprese con ammi-rabile semplicità.

«Dunque, amici miei, questa distanza da Nettuno alSole non è nulla ancora se la si confronta con quella del-le stelle; di fatto, per valutare la lontananza degli astri,

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dell'eroe francese, stette un po' confusa all'udirequest'audace teoria. Michele Ardan mostrò di compren-derla.

«Voi non mi sembrate convinti, miei buoni ospiti, ri-prese con amabile sorriso. Ragioniamola un poco. Sape-te quanto tempo occorre ad un convoglio espress pergiungere alla Luna? Trecento giorni. Non di più. Un tra-gitto di ottantaseimila e quattrocentodieci leghe, chesono mai? Nemmanco nove volte il giro della Terra, enon c'è marinaio o viaggiatore un po' lesto che non ab-bia fatto più cammino durante la vita. Pensate dunqueche io non istarò per via più di novantasette ore! Ah! voidite che la Luna è lontana dalla Terra, e che bisognapensarci due volte prima di tentare il viaggio. Ma chedireste dunque se si trattasse di andare a Nettuno, chegravita a mille e cento quarantasette milioni di leghe dalSole? ecco un viaggio che pochi potrebbero fare, se co-stasse soltanto cinque soldi al chilometro. Lo stesso ba-rone di Rothschild, col suo miliardo, non avrebbe da pa-gare il posto, e per la mancanza di centoquarantasettemilioni dovrebbe rinunziarvi.»

Parve che tal modo d'argomentare andasse molto agenio all'adunanza; d'altra parte Michele Ardan, com-preso nel suo argomento, vi s'infervorava a meraviglia;sentivasi avidamente ascoltato, e però riprese con ammi-rabile semplicità.

«Dunque, amici miei, questa distanza da Nettuno alSole non è nulla ancora se la si confronta con quella del-le stelle; di fatto, per valutare la lontananza degli astri,

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bisogna entrare in una enumerazione abbagliante, in cuiil numero minimo ha nove cifre, e prendere il miliardoper unità. Vi chiedo scusa se mi dilungo sopra l'argo-mento, ma è di un interesse palpitante. Ascoltate e giu-dicate. Alfa del Centauro è a ottomila miliardi di leghe,Wega a cinquantamila miliardi, Sirio a cinquantamilamiliardi, Arturo a cinquantaduemila miliardi. La Polarea centodiciasettemila miliardi, la Capra a centosettanta-mila miliardi, le altre stelle a mille, a milioni, a miliardidi miliardi di leghe. E si verrebbe a parlare della distan-za che separa i pianeti dal Sole! E si sosterrebbe chequesta distanza esiste! Errore! falsità! aberrazione deisensi! Sapete come la penso io riguardo al mondo checomincia coll'astro radioso e finisce con Nettuno? Vole-te conoscere la mia teoria? È semplicissima. Per me ilmondo solare è un corpo solido, omogeneo, i pianeti chelo compongono si accalcano, si toccano, aderiscono, elo spazio fra essi esistente altro non è che lo spazio chesepara le molecole pel metallo più compatto, argento oferro, oro o platino! Ho dunque il diritto d'affermare e loripeto con una convinzione che persuaderà tutti voi: «Ladistanza è una vana parola, la distanza non esiste.»

— Ben detto! Bravo! Evviva! esclamò all'unisonol'adunanza elettrizzata dal gesto, dall'accento dell'orato-re, dall'arditezza dei suoi concepimenti.

— No! esclamò J. T. Maston più energicamente deglialtri, la distanza non esiste!

E trasportato dalla violenza dei suoi moti, dallo slan-cio del suo corpo che durò fatica a padroneggiare, poco

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bisogna entrare in una enumerazione abbagliante, in cuiil numero minimo ha nove cifre, e prendere il miliardoper unità. Vi chiedo scusa se mi dilungo sopra l'argo-mento, ma è di un interesse palpitante. Ascoltate e giu-dicate. Alfa del Centauro è a ottomila miliardi di leghe,Wega a cinquantamila miliardi, Sirio a cinquantamilamiliardi, Arturo a cinquantaduemila miliardi. La Polarea centodiciasettemila miliardi, la Capra a centosettanta-mila miliardi, le altre stelle a mille, a milioni, a miliardidi miliardi di leghe. E si verrebbe a parlare della distan-za che separa i pianeti dal Sole! E si sosterrebbe chequesta distanza esiste! Errore! falsità! aberrazione deisensi! Sapete come la penso io riguardo al mondo checomincia coll'astro radioso e finisce con Nettuno? Vole-te conoscere la mia teoria? È semplicissima. Per me ilmondo solare è un corpo solido, omogeneo, i pianeti chelo compongono si accalcano, si toccano, aderiscono, elo spazio fra essi esistente altro non è che lo spazio chesepara le molecole pel metallo più compatto, argento oferro, oro o platino! Ho dunque il diritto d'affermare e loripeto con una convinzione che persuaderà tutti voi: «Ladistanza è una vana parola, la distanza non esiste.»

— Ben detto! Bravo! Evviva! esclamò all'unisonol'adunanza elettrizzata dal gesto, dall'accento dell'orato-re, dall'arditezza dei suoi concepimenti.

— No! esclamò J. T. Maston più energicamente deglialtri, la distanza non esiste!

E trasportato dalla violenza dei suoi moti, dallo slan-cio del suo corpo che durò fatica a padroneggiare, poco

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mancò ch'egli non cadesse al suolo dall'alto della tribu-na improvvisata. Ma giunse a ritrovare l'equilibrio, edevitò una caduta chi gli avrebbe brutalmente provatonon essere la distanza una vana parola. Poi il discorsodel seducente oratore riprese il suo corso.

«Amici, disse Michele Ardan, io ritengo la quistioneormai risolta. Se non vi ho convinti tutti gli è che sonostato timido nelle mie dimostrazioni, debole negli argo-menti, e vuolsi accusare l'insufficienza dei miei studîteoretici. Checchè ne sia, ve lo ripeto, la distanza dellaTerra dal suo satellite è realmente poco importante edindegna di occupare una mente seria. Io credo perciò dinon andare troppo oltre dicendo che tra poco si stabili-ranno dei treni projettili, nei quali si farà comodamenteil viaggio dalla Terra alla Luna. Non vi sarà da temerenè urto, nè scossa, nè sviamento, e si raggiungerà lamèta rapidamente, senza fatica, in linea retta, a volod'ape per parlare il linguaggio dei vostri cacciatori. Fravent'anni la metà della Terra avrà visitata la Luna!»

— Viva, viva Michele Ardan! esclamarono gli astan-ti, compresi i meno convinti.

— Evviva Barbicane! soggiunse modestamente l’ora-tore.

Quest'atto di riconoscenza verso il promotoredell'impresa fu accolto da unanimi applausi.

— Ora, amici miei, riprese Michele Ardan, se avetequalche domanda da farmi, metterete al certo in impac-cio un pover'uomo par mio; tuttavia procurerò di rispon-dervi.

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mancò ch'egli non cadesse al suolo dall'alto della tribu-na improvvisata. Ma giunse a ritrovare l'equilibrio, edevitò una caduta chi gli avrebbe brutalmente provatonon essere la distanza una vana parola. Poi il discorsodel seducente oratore riprese il suo corso.

«Amici, disse Michele Ardan, io ritengo la quistioneormai risolta. Se non vi ho convinti tutti gli è che sonostato timido nelle mie dimostrazioni, debole negli argo-menti, e vuolsi accusare l'insufficienza dei miei studîteoretici. Checchè ne sia, ve lo ripeto, la distanza dellaTerra dal suo satellite è realmente poco importante edindegna di occupare una mente seria. Io credo perciò dinon andare troppo oltre dicendo che tra poco si stabili-ranno dei treni projettili, nei quali si farà comodamenteil viaggio dalla Terra alla Luna. Non vi sarà da temerenè urto, nè scossa, nè sviamento, e si raggiungerà lamèta rapidamente, senza fatica, in linea retta, a volod'ape per parlare il linguaggio dei vostri cacciatori. Fravent'anni la metà della Terra avrà visitata la Luna!»

— Viva, viva Michele Ardan! esclamarono gli astan-ti, compresi i meno convinti.

— Evviva Barbicane! soggiunse modestamente l’ora-tore.

Quest'atto di riconoscenza verso il promotoredell'impresa fu accolto da unanimi applausi.

— Ora, amici miei, riprese Michele Ardan, se avetequalche domanda da farmi, metterete al certo in impac-cio un pover'uomo par mio; tuttavia procurerò di rispon-dervi.

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Fin qui il presidente del Gun-Club aveva motivo diessere soddisfatto della piega presa dalla discussione.Essa appoggiavasi a quelle teorie speculative nelle qualiMichele Ardan, trasportato dalla sua viva immaginazio-ne, mostravasi brillantissimo. Bisognava dunque impe-dirgli di deviare verso le questioni pratiche dalle quali sela sarebbe cavata meno bene al certo. Barbicane s'affret-tò di pigliare la parola, e domandò al suo nuovo amico,se riteneva che la Luna o i pianeti fossero abitati.

— Quello che tu mi poni innanzi è un grande proble-ma, mio degno presidente, rispose l'oratore sorridendo;però, se non m'inganno, uomini di grande intelligenza,come Plutarco, Swedenborg, Bernardino di Saint Pierree molti altri, si sono dichiarati per l'affermativa. Se pi-gliansi le cose dal punto di vista della filosofia naturalesarei inclinato a pensare a loro modo: direi fra me chenulla d'inutile v'è a questo mondo, e rispondendo alladomanda con un'altra domanda, caro Barbicane, affer-merei che se i mondi sono abitabili, o sono abitati, o losono stati, o lo saranno.

— Benissimo, esclamarono le prime file degli spetta-tori, la cui opinione aveva forza di legge per le ultime.

— Non si può rispondere con maggior logica e giu-stezza, disse il presidente del Gun-Club. La vera quistio-ne è questa: I mondi sono abitabili? – Dal canto mio locredo.

— Ed io ne sono certo, rispose Michele Ardan.— Eppure, replicò uno degli astanti, sonvi argomenti

contro l'abitabilità dei mondi. Sarebbe necessario che

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Fin qui il presidente del Gun-Club aveva motivo diessere soddisfatto della piega presa dalla discussione.Essa appoggiavasi a quelle teorie speculative nelle qualiMichele Ardan, trasportato dalla sua viva immaginazio-ne, mostravasi brillantissimo. Bisognava dunque impe-dirgli di deviare verso le questioni pratiche dalle quali sela sarebbe cavata meno bene al certo. Barbicane s'affret-tò di pigliare la parola, e domandò al suo nuovo amico,se riteneva che la Luna o i pianeti fossero abitati.

— Quello che tu mi poni innanzi è un grande proble-ma, mio degno presidente, rispose l'oratore sorridendo;però, se non m'inganno, uomini di grande intelligenza,come Plutarco, Swedenborg, Bernardino di Saint Pierree molti altri, si sono dichiarati per l'affermativa. Se pi-gliansi le cose dal punto di vista della filosofia naturalesarei inclinato a pensare a loro modo: direi fra me chenulla d'inutile v'è a questo mondo, e rispondendo alladomanda con un'altra domanda, caro Barbicane, affer-merei che se i mondi sono abitabili, o sono abitati, o losono stati, o lo saranno.

— Benissimo, esclamarono le prime file degli spetta-tori, la cui opinione aveva forza di legge per le ultime.

— Non si può rispondere con maggior logica e giu-stezza, disse il presidente del Gun-Club. La vera quistio-ne è questa: I mondi sono abitabili? – Dal canto mio locredo.

— Ed io ne sono certo, rispose Michele Ardan.— Eppure, replicò uno degli astanti, sonvi argomenti

contro l'abitabilità dei mondi. Sarebbe necessario che

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nella maggior parte i principi della vita fossero modifi-cati. Così, per non parlare che dei pianeti, si abbrucia inalcuni e si gela in altri, secondo che sono più o menolontani dal Sole.

«Mi duole, rispose Michele Ardan, di non conoscerepersonalmente il mio onorevole contradditore, giacchèmi proverei a rispondergli. La sua obbiezione è di qual-che peso, ma io credo si possa combatterla con buonesito, così come tutte quelle di cui è stato argomentol'abitabilità dei mondi. Se fossi un fisico, gli direi che sev'ha meno calorico messo in moto nei pianeti vicini alSole, e di più, all'incontro, nei pianeti lontani, questosemplice fenomeno basta per equilibrare il calore e ren-dere la temperatura di questi mondi sopportabile per es-seri conformati come noi. Se fossi naturalista gli direi,dopo molti altri illustri dotti, che la natura fornisce allaterra esempi d'animali che vivono in condizioni ben di-verse d'abitabilità: che i pesci respirano in un mezzomortale agli altri animali, che gli anfibi hanno una dop-pia esistenza piuttosto difficile a spiegarsi; che certi abi-tanti dei mari si mantengono negli strati di una grandeprofondità e vi sopportano, senz'esserne schiacciati,pressioni di cinquanta a sessanta atmosfere; che diversiinsetti acquatici, i quali non sentono la temperatura,s'incontrano ad un tempo nelle fonti d'acqua bollente enelle pianure diacciate dell'oceano polare; infine che bi-sogna riconoscere nella natura una diversità nei suoimezzi d'azione, spesso incomprensibile, ma non menoreale, e che va fino all'onnipotenza. Se fossi chimico, di-

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nella maggior parte i principi della vita fossero modifi-cati. Così, per non parlare che dei pianeti, si abbrucia inalcuni e si gela in altri, secondo che sono più o menolontani dal Sole.

«Mi duole, rispose Michele Ardan, di non conoscerepersonalmente il mio onorevole contradditore, giacchèmi proverei a rispondergli. La sua obbiezione è di qual-che peso, ma io credo si possa combatterla con buonesito, così come tutte quelle di cui è stato argomentol'abitabilità dei mondi. Se fossi un fisico, gli direi che sev'ha meno calorico messo in moto nei pianeti vicini alSole, e di più, all'incontro, nei pianeti lontani, questosemplice fenomeno basta per equilibrare il calore e ren-dere la temperatura di questi mondi sopportabile per es-seri conformati come noi. Se fossi naturalista gli direi,dopo molti altri illustri dotti, che la natura fornisce allaterra esempi d'animali che vivono in condizioni ben di-verse d'abitabilità: che i pesci respirano in un mezzomortale agli altri animali, che gli anfibi hanno una dop-pia esistenza piuttosto difficile a spiegarsi; che certi abi-tanti dei mari si mantengono negli strati di una grandeprofondità e vi sopportano, senz'esserne schiacciati,pressioni di cinquanta a sessanta atmosfere; che diversiinsetti acquatici, i quali non sentono la temperatura,s'incontrano ad un tempo nelle fonti d'acqua bollente enelle pianure diacciate dell'oceano polare; infine che bi-sogna riconoscere nella natura una diversità nei suoimezzi d'azione, spesso incomprensibile, ma non menoreale, e che va fino all'onnipotenza. Se fossi chimico, di-

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rei che gli areoliti, questi corpi per certo formati al difuori del mondo terrestre, hanno rivelato all'analisi trac-ce non dubbie di carbonio, e che questa sostanza devel'origine sua a corpi organici, che secondo le esperienzedi Reichenbach ha dovuto essere necessariamente ani-malizzata. Per ultimo, se fossi teologo, gli direi che laRedenzione divina sembra, al dire di San Paolo, applica-ta non solo alla Terra, ma a tutti i mondi celesti. Ma ionon sono nè teologo, nè chimico, nè naturalista, nè fisi-co. Epperò, nella mia perfetta ignoranza delle grandileggi che regolano l'universo, mi limito a dire: Non sose i mondi sieno abitati, e siccome non lo so, vado a ve-dere.

L'avversario delle teorie di Michele Ardan s'arrischiòa mettere in campo altri argomenti? È impossibile il dir-lo, giacchè le grida frenetiche della folla avrebbero im-pedito di farsi strada a qualsiasi opinione. Allorquandosi fu ristabilito il silenzio anche nei gruppi più lontani, iltrionfante oratore s'accontentò di aggiungere le seguenticonsiderazioni:

«Voi ben capite, miei bravi Yankees, che io sfioro sol-tanto la grande questione: non vengo poi per far un cor-so pubblico e sostenere una tesi sopra questo vastotema. V'ha tutta un'altra serie d'argomenti in favoredell'abitabilità dei mondi. Io la lascio in disparte. Per-mettetemi d'insistere sopra un punto solo; a coloro chesostengono non essere abitati i pianeti, bisogna rispon-dere: – Voi potete aver ragione, se è dimostrato essere laTerra il migliore dei mondi possibili; ma ciò non è vero,

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rei che gli areoliti, questi corpi per certo formati al difuori del mondo terrestre, hanno rivelato all'analisi trac-ce non dubbie di carbonio, e che questa sostanza devel'origine sua a corpi organici, che secondo le esperienzedi Reichenbach ha dovuto essere necessariamente ani-malizzata. Per ultimo, se fossi teologo, gli direi che laRedenzione divina sembra, al dire di San Paolo, applica-ta non solo alla Terra, ma a tutti i mondi celesti. Ma ionon sono nè teologo, nè chimico, nè naturalista, nè fisi-co. Epperò, nella mia perfetta ignoranza delle grandileggi che regolano l'universo, mi limito a dire: Non sose i mondi sieno abitati, e siccome non lo so, vado a ve-dere.

L'avversario delle teorie di Michele Ardan s'arrischiòa mettere in campo altri argomenti? È impossibile il dir-lo, giacchè le grida frenetiche della folla avrebbero im-pedito di farsi strada a qualsiasi opinione. Allorquandosi fu ristabilito il silenzio anche nei gruppi più lontani, iltrionfante oratore s'accontentò di aggiungere le seguenticonsiderazioni:

«Voi ben capite, miei bravi Yankees, che io sfioro sol-tanto la grande questione: non vengo poi per far un cor-so pubblico e sostenere una tesi sopra questo vastotema. V'ha tutta un'altra serie d'argomenti in favoredell'abitabilità dei mondi. Io la lascio in disparte. Per-mettetemi d'insistere sopra un punto solo; a coloro chesostengono non essere abitati i pianeti, bisogna rispon-dere: – Voi potete aver ragione, se è dimostrato essere laTerra il migliore dei mondi possibili; ma ciò non è vero,

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checchè ne abbia detto Voltaire. Essa non ha che un sa-tellite, mentre Giove, Urano, Nettuno ne hanno diversial loro servizio, vantaggio da non trascurarsi. Ma ciòche rende sopratutto il nostro globo poco gradevole èl'inclinazione dell'asse sopra la sua orbita. Donde la ine-guaglianza dei giorni e delle notti; donde la fastidiosadiversità delle stagioni. Sul nostro disgraziato sferoidefa sempre troppo caldo o troppo freddo, vi si gela in in-verno, vi si brucia in estate; è il pianeta dei reumi, dellecorizie, delle flussioni di petto, mentre alla superficie diGiove, per esempio, ove l'asse è pochissimo inclinato78,gli abitanti potrebbero godere temperature invariabili,c'è la zona delle primavere, la zona delle estati, la zonadegli autunni e la zona degl'inverni perpetui; ogni abi-tante di Giove può scegliere il clima che più gli piace, emettersi per tutta la vita al sicuro dai cambiamenti ditemperatura. Voi converrete senza fatica di questa supe-riorità di Giove sulla Terra, senza parlare dei suoi anniche durano ciascuno dodici dei nostri. Inoltre è per meevidente che sotto questi auspici, e in tali condizionimeravigliose d'esistenza, gli abitanti di questo mondofortunato sono esseri superiori: che i dotti vi sono piùdotti, che gli artisti vi sono più artisti, che i cattivi visono meno cattivi, e che i buoni vi sono migliori. Ahi-mè! che cosa manca al nostro sferoide per avere siffattaperfezione? Poca cosa! Un'asse di rotazione meno incli-

78 L'inclinazione dell'asse di Giove sull'orbita non è che di 3°5'.

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checchè ne abbia detto Voltaire. Essa non ha che un sa-tellite, mentre Giove, Urano, Nettuno ne hanno diversial loro servizio, vantaggio da non trascurarsi. Ma ciòche rende sopratutto il nostro globo poco gradevole èl'inclinazione dell'asse sopra la sua orbita. Donde la ine-guaglianza dei giorni e delle notti; donde la fastidiosadiversità delle stagioni. Sul nostro disgraziato sferoidefa sempre troppo caldo o troppo freddo, vi si gela in in-verno, vi si brucia in estate; è il pianeta dei reumi, dellecorizie, delle flussioni di petto, mentre alla superficie diGiove, per esempio, ove l'asse è pochissimo inclinato78,gli abitanti potrebbero godere temperature invariabili,c'è la zona delle primavere, la zona delle estati, la zonadegli autunni e la zona degl'inverni perpetui; ogni abi-tante di Giove può scegliere il clima che più gli piace, emettersi per tutta la vita al sicuro dai cambiamenti ditemperatura. Voi converrete senza fatica di questa supe-riorità di Giove sulla Terra, senza parlare dei suoi anniche durano ciascuno dodici dei nostri. Inoltre è per meevidente che sotto questi auspici, e in tali condizionimeravigliose d'esistenza, gli abitanti di questo mondofortunato sono esseri superiori: che i dotti vi sono piùdotti, che gli artisti vi sono più artisti, che i cattivi visono meno cattivi, e che i buoni vi sono migliori. Ahi-mè! che cosa manca al nostro sferoide per avere siffattaperfezione? Poca cosa! Un'asse di rotazione meno incli-

78 L'inclinazione dell'asse di Giove sull'orbita non è che di 3°5'.

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nato sul piano dell'orbita:— Ebbene, gridò una voce impetuosa, uniamo i nostri

sforzi, inventiamo macchine, raddrizziamo l'asse dellaTerra!

Una salva d'applausi scoppiò a questa risposta, il cuiautore non era e non poteva essere altri che J. T. Ma-ston. È probabile che il focoso segretario fosse statospinto dai suoi istinti d'ingegnere ad arrischiare sì arditaproposta. Ma, bisogna dirlo, – giacchè è la verità – moltil'appoggiarono colle loro grida, e senza dubbio se aves-sero avuto il punto d'appoggio reclamato da Archimede,gli Americani avrebbero costruito una leva capace disollevare il mondo e di raddrizzare l'asse. Ma il puntod'appoggio era precisamente ciò che mancava a quei te-merarî meccanici.

Pure quest'idea, «eminentemente pratica,» ebbe unsuccesso meraviglioso; la discussione fu sospesa per unbuon quarto d'ora, e per molto tempo si parlò negli StatiUniti d'America della proposta formulata così energica-mente dal segretario del Gun-Club.

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nato sul piano dell'orbita:— Ebbene, gridò una voce impetuosa, uniamo i nostri

sforzi, inventiamo macchine, raddrizziamo l'asse dellaTerra!

Una salva d'applausi scoppiò a questa risposta, il cuiautore non era e non poteva essere altri che J. T. Ma-ston. È probabile che il focoso segretario fosse statospinto dai suoi istinti d'ingegnere ad arrischiare sì arditaproposta. Ma, bisogna dirlo, – giacchè è la verità – moltil'appoggiarono colle loro grida, e senza dubbio se aves-sero avuto il punto d'appoggio reclamato da Archimede,gli Americani avrebbero costruito una leva capace disollevare il mondo e di raddrizzare l'asse. Ma il puntod'appoggio era precisamente ciò che mancava a quei te-merarî meccanici.

Pure quest'idea, «eminentemente pratica,» ebbe unsuccesso meraviglioso; la discussione fu sospesa per unbuon quarto d'ora, e per molto tempo si parlò negli StatiUniti d'America della proposta formulata così energica-mente dal segretario del Gun-Club.

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CAPITOLO XX.Botta e risposta.

Pareva che questo incidente dovesse por termine alladiscussione. Era la chiusa, e non sarebbesi potuto trova-re di meglio. Pure, quando l'agitazione si fu calmata,s'udirono le seguenti parole, pronunciate con voce fortee severa:

— Adesso che l’oratore ha accordato larga parte allasua fantasia, vorrebbe ritornare nell'argomento, darmeno teorie e discutere il lato pratico della sua spedizio-ne?

Tutti gli sguardi si rivolsero verso il personaggio checosì interpellava. Era un uomo magro, secco, con unviso di molta espressione, colla barba tagliata all'ameri-cana che disotto il mento appariva ricchissima. Guizzan-do tra i varî gruppi formatisi nell'adunanza, a poco apoco egli era riuscito a portarsi nella prima fila. Quivicolle braccia incrociate, l'occhio scintillante e ardito,guardava fisso ed imperturbabile l'eroe del meeting.Dopo di aver espressa la sua domanda tacque, fece lefinte di non sentirsi scosso dalle migliaia di sguardi di-retti su di lui, nè dal mormorio disapprovatore eccitato

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CAPITOLO XX.Botta e risposta.

Pareva che questo incidente dovesse por termine alladiscussione. Era la chiusa, e non sarebbesi potuto trova-re di meglio. Pure, quando l'agitazione si fu calmata,s'udirono le seguenti parole, pronunciate con voce fortee severa:

— Adesso che l’oratore ha accordato larga parte allasua fantasia, vorrebbe ritornare nell'argomento, darmeno teorie e discutere il lato pratico della sua spedizio-ne?

Tutti gli sguardi si rivolsero verso il personaggio checosì interpellava. Era un uomo magro, secco, con unviso di molta espressione, colla barba tagliata all'ameri-cana che disotto il mento appariva ricchissima. Guizzan-do tra i varî gruppi formatisi nell'adunanza, a poco apoco egli era riuscito a portarsi nella prima fila. Quivicolle braccia incrociate, l'occhio scintillante e ardito,guardava fisso ed imperturbabile l'eroe del meeting.Dopo di aver espressa la sua domanda tacque, fece lefinte di non sentirsi scosso dalle migliaia di sguardi di-retti su di lui, nè dal mormorio disapprovatore eccitato

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dalle sue parole. Siccome la risposta facevasi aspettare,egli ripetè nuovamente la domanda collo stesso accentochiaro e preciso, poi aggiunse:

— Noi siamo qui per occuparci della Luna e non del-la Terra.

— Avete ragione, signore, rispose Michele Ardan; ladiscussione è fuori di carreggiata. Ritorniamo alla Luna.

— Signore, rispose lo sconosciuto, voi pretendete cheil nostro satellite sia abitato. Va bene. Ma se esistono deiseleniti, costoro senza verun dubbio vivono senza respi-rare, chè – ve ne avverto pel vostro meglio – non v'è lamenoma molecola d'aria sulla superficie della Luna.

A quest'affermazione, Ardan scosse la sua fulva ca-pellatura; comprese che stava per impegnarsi una lottacon quest'uomo sul punto vitale della questione. A suavolta lo guardò fisso in volto, e disse:

— Ah! non c'è aria nella Luna! E chi lo pretende, digrazia?

— Gli scienziati.— Davvero?— Davvero.— Signore, rispose Michele, lasciando da banda gli

scherzi, io ho una profonda stima per gli scienziati chesanno, ma un profondo disprezzo per quelli che non san-no.

— Ne conoscete di quelli che appartengono all'ultimacategoria?

— Appunto. In Francia ve n'ha uno il quale sostieneche matematicamente l'uccello non può volare, ed un al-

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dalle sue parole. Siccome la risposta facevasi aspettare,egli ripetè nuovamente la domanda collo stesso accentochiaro e preciso, poi aggiunse:

— Noi siamo qui per occuparci della Luna e non del-la Terra.

— Avete ragione, signore, rispose Michele Ardan; ladiscussione è fuori di carreggiata. Ritorniamo alla Luna.

— Signore, rispose lo sconosciuto, voi pretendete cheil nostro satellite sia abitato. Va bene. Ma se esistono deiseleniti, costoro senza verun dubbio vivono senza respi-rare, chè – ve ne avverto pel vostro meglio – non v'è lamenoma molecola d'aria sulla superficie della Luna.

A quest'affermazione, Ardan scosse la sua fulva ca-pellatura; comprese che stava per impegnarsi una lottacon quest'uomo sul punto vitale della questione. A suavolta lo guardò fisso in volto, e disse:

— Ah! non c'è aria nella Luna! E chi lo pretende, digrazia?

— Gli scienziati.— Davvero?— Davvero.— Signore, rispose Michele, lasciando da banda gli

scherzi, io ho una profonda stima per gli scienziati chesanno, ma un profondo disprezzo per quelli che non san-no.

— Ne conoscete di quelli che appartengono all'ultimacategoria?

— Appunto. In Francia ve n'ha uno il quale sostieneche matematicamente l'uccello non può volare, ed un al-

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tro le cui teorie dimostrano che il pesce non è fatto pervivere nell'acqua.

— Non si tratta di quelli, signore, ed io potrei citarein appoggio alla mia proposta dei nomi che voi non ri-cuserete.

— Allora mettereste in grande impaccio un poveroignorante, che, del resto, non chiede di meglio ched'istruirsi.

— Perchè dunque entrare in questioni scientifiche, senon le avete studiate? domandò lo sconosciuto con ariaun po' brutale.

— Perchè? replicò Ardan. Per la ragione, che è sem-pre coraggioso chi non sospetta di un pericolo! Io nonso nulla, è vero, ma è precisamente la debolezza che co-stituisce la mia forza!

— La vostra debolezza va fino alla follìa! esclamò losconosciuto con aria imbronciata.

— Eh, tanto meglio, ribattè il Francese, se la mia paz-zia mi conduce fino alla Luna.

Barbicane, ed i suoi colleghi saettavano cogli occhiquell'intruso che sì arditamente veniva a gettarsi attra-verso l'impresa. Nessuno lo conosceva, ed il presidente,poco rinfrancato nelle conseguenze di una discussioneposta innanzi con tanta franchezza, guardava il nuovoamico con certa trepidanza.

L'assemblea era attenta e seriamente inquieta, giacchèquella lotta aveva per risultato di richiamare la sua at-tenzione sui pericoli od anche sulla vera impossibilitàdella spedizione.

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tro le cui teorie dimostrano che il pesce non è fatto pervivere nell'acqua.

— Non si tratta di quelli, signore, ed io potrei citarein appoggio alla mia proposta dei nomi che voi non ri-cuserete.

— Allora mettereste in grande impaccio un poveroignorante, che, del resto, non chiede di meglio ched'istruirsi.

— Perchè dunque entrare in questioni scientifiche, senon le avete studiate? domandò lo sconosciuto con ariaun po' brutale.

— Perchè? replicò Ardan. Per la ragione, che è sem-pre coraggioso chi non sospetta di un pericolo! Io nonso nulla, è vero, ma è precisamente la debolezza che co-stituisce la mia forza!

— La vostra debolezza va fino alla follìa! esclamò losconosciuto con aria imbronciata.

— Eh, tanto meglio, ribattè il Francese, se la mia paz-zia mi conduce fino alla Luna.

Barbicane, ed i suoi colleghi saettavano cogli occhiquell'intruso che sì arditamente veniva a gettarsi attra-verso l'impresa. Nessuno lo conosceva, ed il presidente,poco rinfrancato nelle conseguenze di una discussioneposta innanzi con tanta franchezza, guardava il nuovoamico con certa trepidanza.

L'assemblea era attenta e seriamente inquieta, giacchèquella lotta aveva per risultato di richiamare la sua at-tenzione sui pericoli od anche sulla vera impossibilitàdella spedizione.

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— Signore, riprese l'avversario di Michele Ardan,sono numerose ed indiscutibili le ragioni che provano lamancanza di qualsiasi atmosfera intorno alla Luna. Diròanzi, a priori, che se quest'atmosfera fosse mai esistita,ha dovuto essere assorbita dalla Terra. Ma io preferiscoopporvi dei fatti innegabili.

— Opponete, signore, rispose Michele Ardan conperfetta galanteria; opponete tutto quello che vi piacerà.

— Voi sapete, disse lo sconosciuto, che allorquando iraggi luminosi attraversano un mezzo qual'è l'aria, sonodeviati dalla linea retta, o, in altri termini, subiscono unarifrazione. Ebbene! quando le stelle sono occultate dallaLuna, i loro raggi, radendo i contorni del disco, nonhanno mai provato la menoma deviazione, nè hannodato il più leggero indizio di rifrazione. Da ciò l'eviden-te conseguenza che la Luna non è avviluppata daun'atmosfera.

Tutti guardarono il Francese, chè, una volta ammessal'osservazione, le conseguenze diventavano rigorose.

— Di fatto, rispose Michele Ardan, ecco il vostro mi-glior argomento, per non dire il solo, ed un dotto sareb-be forse imbarazzato a rispondervi; io invece vi dirò sol-tanto che quest'argomento non ha valore assoluto, per-chè suppone il diametro angolare della Luna perfetta-mente determinato; ciò che non è. Ma transigiamo, e di-temi, caro signore, se ammettete l'esistenza dei vulcanialla superficie della Luna.

— Vulcani spenti sì, attivi no.— Lasciatemi credere, però, e senza varcare i limiti

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— Signore, riprese l'avversario di Michele Ardan,sono numerose ed indiscutibili le ragioni che provano lamancanza di qualsiasi atmosfera intorno alla Luna. Diròanzi, a priori, che se quest'atmosfera fosse mai esistita,ha dovuto essere assorbita dalla Terra. Ma io preferiscoopporvi dei fatti innegabili.

— Opponete, signore, rispose Michele Ardan conperfetta galanteria; opponete tutto quello che vi piacerà.

— Voi sapete, disse lo sconosciuto, che allorquando iraggi luminosi attraversano un mezzo qual'è l'aria, sonodeviati dalla linea retta, o, in altri termini, subiscono unarifrazione. Ebbene! quando le stelle sono occultate dallaLuna, i loro raggi, radendo i contorni del disco, nonhanno mai provato la menoma deviazione, nè hannodato il più leggero indizio di rifrazione. Da ciò l'eviden-te conseguenza che la Luna non è avviluppata daun'atmosfera.

Tutti guardarono il Francese, chè, una volta ammessal'osservazione, le conseguenze diventavano rigorose.

— Di fatto, rispose Michele Ardan, ecco il vostro mi-glior argomento, per non dire il solo, ed un dotto sareb-be forse imbarazzato a rispondervi; io invece vi dirò sol-tanto che quest'argomento non ha valore assoluto, per-chè suppone il diametro angolare della Luna perfetta-mente determinato; ciò che non è. Ma transigiamo, e di-temi, caro signore, se ammettete l'esistenza dei vulcanialla superficie della Luna.

— Vulcani spenti sì, attivi no.— Lasciatemi credere, però, e senza varcare i limiti

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della logica, che questi vulcani sono stati in attività du-rante un certo periodo.

— Quest'è certo; ma siccome potevano essi stessi for-nire l'ossigeno necessario alla combustione, il fatto dellaloro eruzione non prova in nessuna guisa la presenza diun'atmosfera lunare.

— Andiamo innanzi, riprese Michele Ardan, e lascia-mo in disparte questo genere d'argomenti, per arrivarealle osservazioni dirette. Ma vi avverto che citerò deinomi.

— Citate.— Cito. Nel 1715, gli astronomi Louville e Halley,

osservando l'eclisse del 3 maggio, videro certi sfolgora-menti d'una natura bizzarra. Questi lampi di luce, rapidie spesso rinnovati, furono da essi attribuiti ad uraganiche si scatenavano nell'atmosfera della Luna.

— Nel 1715, ribattè lo sconosciuto, gli astronomiLouville e Halley hanno preso per fenomeni lunari feno-meni puramente terrestri, come bolidi od altri che si pro-ducevano nella nostra atmosfera. Ecco quanto hanno ri-sposto, i dotti all'esposizione di questo fatto; e quanto iorispondo con loro.

— Andiamo pure innanzi, soggiunse Ardan senzamostrarsi turbato. Herschel, nel 1787, non ha osservatoun gran numero di punti luminosi alla superficie dellaLuna?

— Certamente, ma senza dare spiegazioni sull'originedi questi punti luminosi: lo stesso Herschel, dalla loroapparizione, non ha dedotta la necessità d'un'atmosfera

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della logica, che questi vulcani sono stati in attività du-rante un certo periodo.

— Quest'è certo; ma siccome potevano essi stessi for-nire l'ossigeno necessario alla combustione, il fatto dellaloro eruzione non prova in nessuna guisa la presenza diun'atmosfera lunare.

— Andiamo innanzi, riprese Michele Ardan, e lascia-mo in disparte questo genere d'argomenti, per arrivarealle osservazioni dirette. Ma vi avverto che citerò deinomi.

— Citate.— Cito. Nel 1715, gli astronomi Louville e Halley,

osservando l'eclisse del 3 maggio, videro certi sfolgora-menti d'una natura bizzarra. Questi lampi di luce, rapidie spesso rinnovati, furono da essi attribuiti ad uraganiche si scatenavano nell'atmosfera della Luna.

— Nel 1715, ribattè lo sconosciuto, gli astronomiLouville e Halley hanno preso per fenomeni lunari feno-meni puramente terrestri, come bolidi od altri che si pro-ducevano nella nostra atmosfera. Ecco quanto hanno ri-sposto, i dotti all'esposizione di questo fatto; e quanto iorispondo con loro.

— Andiamo pure innanzi, soggiunse Ardan senzamostrarsi turbato. Herschel, nel 1787, non ha osservatoun gran numero di punti luminosi alla superficie dellaLuna?

— Certamente, ma senza dare spiegazioni sull'originedi questi punti luminosi: lo stesso Herschel, dalla loroapparizione, non ha dedotta la necessità d'un'atmosfera

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lunare.— Ben risposto, disse Michele Ardan inchinandosi al

suo avversario: vedo che siete molte dotto in selenogra-fia.

— Dottissimo, signore: e aggiungerei che i più abiliosservatori, coloro che meglio degli altri hanno studiatol'astro della notte, i signori Beer e Moedler, sonod'accordo circa l'assoluta mancanza d'aria sulla sua su-perficie.

Si osservò un moto fra gli astanti, i quali parve desse-ro molto peso agli argomenti del bizzarro personaggio.

— Tiriamo via, proseguì Michele Ardan colla mag-gior calma, ed arriviamo ora ad un fatto importante. Unabile astronomo francese, il signor Laussedat, osservan-do l'eclisse del 18 luglio 1860, constatò che le corna del-la parte visibile di Sole erano arrotondate e tronche: oraquesto fenomeno non potè essere prodotto che da unadeviazione dei raggi del Sole attraversa l'atmosfera dellaLuna, e non v'ha altra spiegazione possibile.

— Ma il fatto è certo? domandò vivamente lo scono-sciuto.

— Assolutamente certo!Un contrario movimento ricondusse gli astanti al loro

eroe favorito: l'avversario se ne stette muto. Ardan ripi-gliò la parola, e senza invanire per la sua ultima vittoria,disse semplicemente:

— Vedete dunque, mio caro signore, che non bisognapronunziarsi in modo assoluto contro l'esistenza diun'atmosfera sulla superficie della Luna; quest'atmosfe-

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lunare.— Ben risposto, disse Michele Ardan inchinandosi al

suo avversario: vedo che siete molte dotto in selenogra-fia.

— Dottissimo, signore: e aggiungerei che i più abiliosservatori, coloro che meglio degli altri hanno studiatol'astro della notte, i signori Beer e Moedler, sonod'accordo circa l'assoluta mancanza d'aria sulla sua su-perficie.

Si osservò un moto fra gli astanti, i quali parve desse-ro molto peso agli argomenti del bizzarro personaggio.

— Tiriamo via, proseguì Michele Ardan colla mag-gior calma, ed arriviamo ora ad un fatto importante. Unabile astronomo francese, il signor Laussedat, osservan-do l'eclisse del 18 luglio 1860, constatò che le corna del-la parte visibile di Sole erano arrotondate e tronche: oraquesto fenomeno non potè essere prodotto che da unadeviazione dei raggi del Sole attraversa l'atmosfera dellaLuna, e non v'ha altra spiegazione possibile.

— Ma il fatto è certo? domandò vivamente lo scono-sciuto.

— Assolutamente certo!Un contrario movimento ricondusse gli astanti al loro

eroe favorito: l'avversario se ne stette muto. Ardan ripi-gliò la parola, e senza invanire per la sua ultima vittoria,disse semplicemente:

— Vedete dunque, mio caro signore, che non bisognapronunziarsi in modo assoluto contro l'esistenza diun'atmosfera sulla superficie della Luna; quest'atmosfe-

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Page 188: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

ra è assai poco densa, sottile, ma oggi la scienza ammet-te generalmente che esiste.

— Non già sulle montagne, ribattè lo sconosciuto,che non voleva perdere una linea di terreno.

— No, ma in fondo. alle valli, nè superando in altezzaalcune centinaia di piedi.

— Ad ogni buon fine, fareste bene di pigliare le ne-cessarie precauzioni, perchè quell'aria sarà oltre ognidire rarefatta.

— Oh! mio caro signore, ce ne sarà sempre abbastan-za per un uomo solo; del resto, una volta lassù procureròdi economizzarla più che potrò e di non respirare chenelle occasioni principali.

Un omerico scoppio di risa rintronò nelle orecchie delmisterioso interlocutore, che girò gli sguardi sull'adu-nanza sfidandola superbamente.

— Dunque, ripigliò Michele Ardan con fare spigliato,poichè siamo d'accordo sulla presenza di un'atmosfera,eccoci costretti ad ammettere anche la presenza di unacerta quantità d'acqua.

È una deduzione che per conto mio mi rallegra assai.Però, gentilissimo mio oppositore, permettetemi di sot-tomettervi ancora un'osservazione. Noi non conosciamoche parte del disco della Luna, e se v'ha poc'aria sullafaccia che ci guarda è possibile che ve ne sia molta nellafaccia opposta.

— E per qual ragione?— Perchè la Luna, sotto la forza dell'attrazione terre-

stre, ha preso la forma di un uovo che noi vediamo dal

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ra è assai poco densa, sottile, ma oggi la scienza ammet-te generalmente che esiste.

— Non già sulle montagne, ribattè lo sconosciuto,che non voleva perdere una linea di terreno.

— No, ma in fondo. alle valli, nè superando in altezzaalcune centinaia di piedi.

— Ad ogni buon fine, fareste bene di pigliare le ne-cessarie precauzioni, perchè quell'aria sarà oltre ognidire rarefatta.

— Oh! mio caro signore, ce ne sarà sempre abbastan-za per un uomo solo; del resto, una volta lassù procureròdi economizzarla più che potrò e di non respirare chenelle occasioni principali.

Un omerico scoppio di risa rintronò nelle orecchie delmisterioso interlocutore, che girò gli sguardi sull'adu-nanza sfidandola superbamente.

— Dunque, ripigliò Michele Ardan con fare spigliato,poichè siamo d'accordo sulla presenza di un'atmosfera,eccoci costretti ad ammettere anche la presenza di unacerta quantità d'acqua.

È una deduzione che per conto mio mi rallegra assai.Però, gentilissimo mio oppositore, permettetemi di sot-tomettervi ancora un'osservazione. Noi non conosciamoche parte del disco della Luna, e se v'ha poc'aria sullafaccia che ci guarda è possibile che ve ne sia molta nellafaccia opposta.

— E per qual ragione?— Perchè la Luna, sotto la forza dell'attrazione terre-

stre, ha preso la forma di un uovo che noi vediamo dal

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Page 189: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

cono più piccolo. Di qui la conseguenza dovuta ai calco-li di Hansen, che il suo centro di gravità è situatonell'altro emisfero, di qui la conclusione che tutte lemasse d'aria e d'acqua hanno dovuto essere trascinatesull'altra faccia del nostro satellite nei primi giorni dellasua creazione.

— Puri voli di fantasia! sclamò lo sconosciuto.— No! pure teorie che sono appoggiate sulle leggi

della meccanica, e parmi difficile79 di confutarle. Nefaccio appello a quest'adunanza, cioè pongo ai voti laquestione onde sapere se la vita, tal quale è sulla Terra, èpossibile sulla superficie della Luna?

Trecentomila uditori, all'unisono, fecero plauso allaproposta. L'avversario di Michele voleva ancora parlare,ma non poteva più farsi sentire. Le grida, le minacciepiovevano su di lui come grandine.

— Basta! Basta! dicevano gli uni.— Scacciate quell'intruso! ripetevano gli altri.— Alla porta! alla porta! esclamava la folla irritata.Ma colui, fermo, avvinghiato alla tribuna, non move-

vasi e lasciava passare il temporale, che avrebbe presoproporzioni formidabili se Michele Ardan non l'avessecalmato con un gesto. Era troppo cavalleresco per ab-bandonare il suo oppositore in simile frangente.

— Desiderate di aggiugnere alcune parole? gli do-mandò coll'accento il più grazioso.

79 In originale: “e parmi non difficile di confutarle”. [Notaper l'edizione elettronica Manuzio]

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cono più piccolo. Di qui la conseguenza dovuta ai calco-li di Hansen, che il suo centro di gravità è situatonell'altro emisfero, di qui la conclusione che tutte lemasse d'aria e d'acqua hanno dovuto essere trascinatesull'altra faccia del nostro satellite nei primi giorni dellasua creazione.

— Puri voli di fantasia! sclamò lo sconosciuto.— No! pure teorie che sono appoggiate sulle leggi

della meccanica, e parmi difficile79 di confutarle. Nefaccio appello a quest'adunanza, cioè pongo ai voti laquestione onde sapere se la vita, tal quale è sulla Terra, èpossibile sulla superficie della Luna?

Trecentomila uditori, all'unisono, fecero plauso allaproposta. L'avversario di Michele voleva ancora parlare,ma non poteva più farsi sentire. Le grida, le minacciepiovevano su di lui come grandine.

— Basta! Basta! dicevano gli uni.— Scacciate quell'intruso! ripetevano gli altri.— Alla porta! alla porta! esclamava la folla irritata.Ma colui, fermo, avvinghiato alla tribuna, non move-

vasi e lasciava passare il temporale, che avrebbe presoproporzioni formidabili se Michele Ardan non l'avessecalmato con un gesto. Era troppo cavalleresco per ab-bandonare il suo oppositore in simile frangente.

— Desiderate di aggiugnere alcune parole? gli do-mandò coll'accento il più grazioso.

79 In originale: “e parmi non difficile di confutarle”. [Notaper l'edizione elettronica Manuzio]

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— Sì, cento, mille, rispose lo sconosciuto con violen-za. O meglio, no, una sola! Per perseverare nella vostraimpresa, bisogna che siate...

— Imprudente? Come mai potete trattarmi così, men-tre io ho chiesto una palla cilindro conica all'amico Bar-bicane, per non girare per via a mo' di scojattolo?

— Disgraziato! La spaventosa scossa vi farà in pezzialla partenza.

— Mio caro oppositore, voi avete posto il dito sullavera e sola difficoltà. Tuttavia ho troppo fiduciadell'ingegno industrioso degli Americani per credere chegiungeranno a risolverla.

— Ma il calore sviluppato dalla velocità del projettileattraversando gli strati d'aria?...

— Oh! le sue pareti sono grosse, e farò tanto presto apassar oltre l'atmosfera!

— Ma i viveri! l'acqua?— Ho calcolato che posso portarne via per un anno, e

la mia traversata durerà quattro giorni!— Ma l'aria da respirare per istrada?— Ne farò con de' processi chimici.— Ma la vostra caduta sulla Luna, se mai vi giunge-

ste?— Sarà sei volte meno rapida che una caduta sulla

Terra, perocchè il peso è sei volte minore alla superficiedella Luna.

— Ma sarà ancora sufficiente per farvi in pezzi!— E chi m'impedirà di ritardare la caduta col mezzo

di razzi convenientemente disposti e infiammati in tem-

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— Sì, cento, mille, rispose lo sconosciuto con violen-za. O meglio, no, una sola! Per perseverare nella vostraimpresa, bisogna che siate...

— Imprudente? Come mai potete trattarmi così, men-tre io ho chiesto una palla cilindro conica all'amico Bar-bicane, per non girare per via a mo' di scojattolo?

— Disgraziato! La spaventosa scossa vi farà in pezzialla partenza.

— Mio caro oppositore, voi avete posto il dito sullavera e sola difficoltà. Tuttavia ho troppo fiduciadell'ingegno industrioso degli Americani per credere chegiungeranno a risolverla.

— Ma il calore sviluppato dalla velocità del projettileattraversando gli strati d'aria?...

— Oh! le sue pareti sono grosse, e farò tanto presto apassar oltre l'atmosfera!

— Ma i viveri! l'acqua?— Ho calcolato che posso portarne via per un anno, e

la mia traversata durerà quattro giorni!— Ma l'aria da respirare per istrada?— Ne farò con de' processi chimici.— Ma la vostra caduta sulla Luna, se mai vi giunge-

ste?— Sarà sei volte meno rapida che una caduta sulla

Terra, perocchè il peso è sei volte minore alla superficiedella Luna.

— Ma sarà ancora sufficiente per farvi in pezzi!— E chi m'impedirà di ritardare la caduta col mezzo

di razzi convenientemente disposti e infiammati in tem-

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po utile?— Infine, supponendo che tutte le difficoltà siano ri-

solte, appianati tutti gli ostacoli, riunendo tutte le proba-bilità in vostro favore, ammettendo che giungiate sano esalvo nella Luna, in qual modo ne ritornerete?

— Non ritornerò.A questa risposta, sublime nella sua semplicità, l'adu-

nanza se ne stette muta. Ma il silenzio fu più eloquentedelle grida di entusiasmo.

Lo sconosciuto ne profittò per protestare una ultimavolta.

— Vi ucciderete infallibilmente, egli esclamò, e lavostra morte, che non sarà stata che la morte d'un insen-sato, non avrà neppure servito alla scienza.

— Continuate, mio generoso sconosciuto, chè in veroi vostri pronostici mi sono gratissimi!

— Ah! questo è troppo! esclamò l'avversario di Mi-chele Ardan, e non so perchè continui una discussionecosì poco seria! Proseguite a vostro bell'agio queste paz-ze imprese! Non è con voi che bisogna prendersela!

— Oh! non vi pigliate soggezione.— No! è un altro che avrà la responsabilità dei vostri

atti!— E chi dunque di grazia? domandò Michele Ardan

con voce imperiosa.— L'ignorante che ha immaginato questo tentativo,

altrettanto ridicolo che impossibile!L'attacco era diretto. Barbicane, dal primo istante

dell'intervento dello sconosciuto, faceva violenti sforzi

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po utile?— Infine, supponendo che tutte le difficoltà siano ri-

solte, appianati tutti gli ostacoli, riunendo tutte le proba-bilità in vostro favore, ammettendo che giungiate sano esalvo nella Luna, in qual modo ne ritornerete?

— Non ritornerò.A questa risposta, sublime nella sua semplicità, l'adu-

nanza se ne stette muta. Ma il silenzio fu più eloquentedelle grida di entusiasmo.

Lo sconosciuto ne profittò per protestare una ultimavolta.

— Vi ucciderete infallibilmente, egli esclamò, e lavostra morte, che non sarà stata che la morte d'un insen-sato, non avrà neppure servito alla scienza.

— Continuate, mio generoso sconosciuto, chè in veroi vostri pronostici mi sono gratissimi!

— Ah! questo è troppo! esclamò l'avversario di Mi-chele Ardan, e non so perchè continui una discussionecosì poco seria! Proseguite a vostro bell'agio queste paz-ze imprese! Non è con voi che bisogna prendersela!

— Oh! non vi pigliate soggezione.— No! è un altro che avrà la responsabilità dei vostri

atti!— E chi dunque di grazia? domandò Michele Ardan

con voce imperiosa.— L'ignorante che ha immaginato questo tentativo,

altrettanto ridicolo che impossibile!L'attacco era diretto. Barbicane, dal primo istante

dell'intervento dello sconosciuto, faceva violenti sforzi

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per contenersi e divorare la propria stizza, come certi fo-colai di caldaie divorano il proprio fumo; ma vedendosidesignato sì oltraggiosamente, s'alzò di botto, e stavaper movere verso l'avversario che lo affrontava alla sco-perta, quando d'improvviso si vide separato da lui.

La tribuna fu portata via da cento vigorose braccia, edil presidente del Gun-Club dovette dividere con MicheleArdan gli onori del trionfo. Il carico era pesante, ma iportatori si sostituivano di continuo, ed ognuno conten-deva, lottava, combatteva per offrire l'appoggio delleproprie spalle a tale manifestazione.

Tuttavolta lo sconosciuto non aveva profittato del tu-multo per lasciare il suo posto. E poi lo avrebbe potuto,pigiato in mezzo a quella folla compatta? No, senzadubbio. Ei se ne stava nelle prime file, colle bracciaconserte e divorava cogli occhi il presidente Barbicane.

Questi non lo perdeva di vista, e gli sguardi dei dueavversari rimanevano incrociati come due spade in as-salto.

Le grida dell'immensa moltitudine si mantennero almaximum d'intensità durante la marcia trionfale. Miche-le Ardan lasciava fare e vi pigliava gusto, il suo viso eraradiante. Talvolta la tribuna pareva presa da ondeggia-menti e da rullìo, come una nave in balia delle onde. Mai due eroi del meeting avevano il piede marino; non simovevano, e la loro nave giunse senza avarie al porto diTampa-Town.

Michele Ardan pervenne felicemente a sottrarsi alleultime strette di quei vigorosi ammiratori; riparò

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per contenersi e divorare la propria stizza, come certi fo-colai di caldaie divorano il proprio fumo; ma vedendosidesignato sì oltraggiosamente, s'alzò di botto, e stavaper movere verso l'avversario che lo affrontava alla sco-perta, quando d'improvviso si vide separato da lui.

La tribuna fu portata via da cento vigorose braccia, edil presidente del Gun-Club dovette dividere con MicheleArdan gli onori del trionfo. Il carico era pesante, ma iportatori si sostituivano di continuo, ed ognuno conten-deva, lottava, combatteva per offrire l'appoggio delleproprie spalle a tale manifestazione.

Tuttavolta lo sconosciuto non aveva profittato del tu-multo per lasciare il suo posto. E poi lo avrebbe potuto,pigiato in mezzo a quella folla compatta? No, senzadubbio. Ei se ne stava nelle prime file, colle bracciaconserte e divorava cogli occhi il presidente Barbicane.

Questi non lo perdeva di vista, e gli sguardi dei dueavversari rimanevano incrociati come due spade in as-salto.

Le grida dell'immensa moltitudine si mantennero almaximum d'intensità durante la marcia trionfale. Miche-le Ardan lasciava fare e vi pigliava gusto, il suo viso eraradiante. Talvolta la tribuna pareva presa da ondeggia-menti e da rullìo, come una nave in balia delle onde. Mai due eroi del meeting avevano il piede marino; non simovevano, e la loro nave giunse senza avarie al porto diTampa-Town.

Michele Ardan pervenne felicemente a sottrarsi alleultime strette di quei vigorosi ammiratori; riparò

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all'albergo Franklin, salì in tutta fretta alla propria came-ra e guizzò rapidamente sotto le coltri, mentre un eserci-to di centomila uomini vegliavano sotto le sue finestre.

Intanto una scena breve, grave, decisiva, aveva luogofra il personaggio misterioso ed il presidente del Gun-Club.

Barbicane, libero alla fine, era andato dritto incontroal suo avversario.

— Venite! diss'egli con voce spiccata.Questi lo seguì e tosto ambidue trovaronsi soli

all'entrata d'un wharf aperto sul Stone's-Hill.Quivi giunti, i due nemici, ancora sconosciuti l'uno

all'altro, si guardarono.— Chi siete voi? domandò Barbicane.— Il capitano Nicholl.— Lo sospettavo. Fino ad ora il caso non v'aveva mai

posto attraverso il mio cammino.— Sono venuto a mettermici.— Voi m'avete insultato!— Pubblicamente.— E mi renderete ragione di questo insulto.— Sul momento se volete.— No. Desidero che tutto avvenga segretamente fra

di noi. C'è un bosco situato a tre miglia da Tampa, il bo-sco di Skersnaw. Lo conoscete?

— Lo conosco.— Vi degnerete di entrarvi domattina, alle cinque da

una parte?..— Sì, se alla stessa ora voi entrerete dall'altra.

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all'albergo Franklin, salì in tutta fretta alla propria came-ra e guizzò rapidamente sotto le coltri, mentre un eserci-to di centomila uomini vegliavano sotto le sue finestre.

Intanto una scena breve, grave, decisiva, aveva luogofra il personaggio misterioso ed il presidente del Gun-Club.

Barbicane, libero alla fine, era andato dritto incontroal suo avversario.

— Venite! diss'egli con voce spiccata.Questi lo seguì e tosto ambidue trovaronsi soli

all'entrata d'un wharf aperto sul Stone's-Hill.Quivi giunti, i due nemici, ancora sconosciuti l'uno

all'altro, si guardarono.— Chi siete voi? domandò Barbicane.— Il capitano Nicholl.— Lo sospettavo. Fino ad ora il caso non v'aveva mai

posto attraverso il mio cammino.— Sono venuto a mettermici.— Voi m'avete insultato!— Pubblicamente.— E mi renderete ragione di questo insulto.— Sul momento se volete.— No. Desidero che tutto avvenga segretamente fra

di noi. C'è un bosco situato a tre miglia da Tampa, il bo-sco di Skersnaw. Lo conoscete?

— Lo conosco.— Vi degnerete di entrarvi domattina, alle cinque da

una parte?..— Sì, se alla stessa ora voi entrerete dall'altra.

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— E non dimenticherete la vostra carabina? disseBarbicane.

— Come voi non dimenticherete la vostra, risposeNicholl.

Dopo queste parole freddamente pronunciate, il presi-dente del Gun-Club ed il capitano si separarono. Barbi-cane ritornò alla sua casa, ma invece di prendere alcuneore di riposo, passò la notte a cercare i mezzi per evitareil contraccolpo del projettile, e risolvere il difficile pro-blema enunciato da Michele Ardan nella discussione delmeeting,

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— E non dimenticherete la vostra carabina? disseBarbicane.

— Come voi non dimenticherete la vostra, risposeNicholl.

Dopo queste parole freddamente pronunciate, il presi-dente del Gun-Club ed il capitano si separarono. Barbi-cane ritornò alla sua casa, ma invece di prendere alcuneore di riposo, passò la notte a cercare i mezzi per evitareil contraccolpo del projettile, e risolvere il difficile pro-blema enunciato da Michele Ardan nella discussione delmeeting,

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CAPITOLO XXI.Un francese che regola una partita d'onore.

Mentre fra il capitano ed il presidente stabilivansi lecondizioni del duello, duello terribile e selvaggio, nelquale ogni avversario diventa cacciatore d'uomini, Mi-chele Ardan riposava dalle fatiche del trionfo. Riposarenon è certo parola conveniente, perchè i letti americanipossono rivaleggiare per la durezza colle tavole di mar-mo o di granito.

Ardan dormiva dunque piuttosto a disagio, voltandosiora sopra un fianco, ora sull'altro fra le salviette che gliservivano di lenzuola, e stava pensando di mettere unlettuccio più soffice nel projettile, quando un violentorumore venne a strapparlo alle tue fantasticherie. L'uscioera scosso da colpi disordinati. Pareva lo si battesse conun istrumento di ferro. Un vociare formidabile mischia-vasi a quel frastuono troppo metallico.

«Apri! si gridava. Ma in nome del cielo, apri, dunque.Ardan non aveva alcun motivo di annuire ad una do-

manda fatta con sì poca grazia. Tuttavia s'alzò ed aprìl'uscio nell'atto che questo stava per cedere agli sforzidel visitatore ostinato.

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CAPITOLO XXI.Un francese che regola una partita d'onore.

Mentre fra il capitano ed il presidente stabilivansi lecondizioni del duello, duello terribile e selvaggio, nelquale ogni avversario diventa cacciatore d'uomini, Mi-chele Ardan riposava dalle fatiche del trionfo. Riposarenon è certo parola conveniente, perchè i letti americanipossono rivaleggiare per la durezza colle tavole di mar-mo o di granito.

Ardan dormiva dunque piuttosto a disagio, voltandosiora sopra un fianco, ora sull'altro fra le salviette che gliservivano di lenzuola, e stava pensando di mettere unlettuccio più soffice nel projettile, quando un violentorumore venne a strapparlo alle tue fantasticherie. L'uscioera scosso da colpi disordinati. Pareva lo si battesse conun istrumento di ferro. Un vociare formidabile mischia-vasi a quel frastuono troppo metallico.

«Apri! si gridava. Ma in nome del cielo, apri, dunque.Ardan non aveva alcun motivo di annuire ad una do-

manda fatta con sì poca grazia. Tuttavia s'alzò ed aprìl'uscio nell'atto che questo stava per cedere agli sforzidel visitatore ostinato.

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Il segretario del Gun Club fece irruzione nella came-ra. Una bomba non sarebbe entrata con minori cerimo-nie.

— Ieri sera, esclamò J. T Maston ex abrupto, il nostropresidente è stato insultato in pubblico durante il mee-ting! Egli ha provocato il suo avversario, il quale non èaltro che il capitano Nicholl! Si battono questa mattinanel bosco di Skersnaw! So tutto dalla bocca dello stessoBarbicane! Se egli vien ucciso, tutti i nostri piani se nevanno in fumo! Bisogna dunque impedire il duello! Oraun uomo solo al mondo può avere bastante impero sopraBarbicane per arrestarlo, e quest'uomo è Michele Ardan.

Mentre J. T. Maston così parlava, Michele Ardan, ri-nunziando ad interromperlo, erasi precipitato nei suoilarghi calzoni, ed in meno di due minuti i nostri amicigiungevano a tutta corsa al suburbio di Tampa-Town.

Si fu durante questa rapida corsa che Maston informòArdan dell'andamento delle cose. Egli apprese le verecause dell'inimicizia di Barbicane e di Nicholl, comequesta inimicizia fosse di vecchia data, perchè fino allo-ra, grazie ad amici comuni, il presidente ed il capitanonon si fossero mai incontrati faccia a faccia; aggiunseche si trattava unicamente d'una rivalità di corazze e dipalla da cannone, e che infine la scena del meeting nonera stata che un'occasione cercata da Nicholl per daresfogo a vecchi rancori.

— Nulla di più terribile di codesti duelli particolariagli Americani, durante i quali i due avversari si cercanoentro le macchie, si appostano e si pigliano di mira fra il

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Il segretario del Gun Club fece irruzione nella came-ra. Una bomba non sarebbe entrata con minori cerimo-nie.

— Ieri sera, esclamò J. T Maston ex abrupto, il nostropresidente è stato insultato in pubblico durante il mee-ting! Egli ha provocato il suo avversario, il quale non èaltro che il capitano Nicholl! Si battono questa mattinanel bosco di Skersnaw! So tutto dalla bocca dello stessoBarbicane! Se egli vien ucciso, tutti i nostri piani se nevanno in fumo! Bisogna dunque impedire il duello! Oraun uomo solo al mondo può avere bastante impero sopraBarbicane per arrestarlo, e quest'uomo è Michele Ardan.

Mentre J. T. Maston così parlava, Michele Ardan, ri-nunziando ad interromperlo, erasi precipitato nei suoilarghi calzoni, ed in meno di due minuti i nostri amicigiungevano a tutta corsa al suburbio di Tampa-Town.

Si fu durante questa rapida corsa che Maston informòArdan dell'andamento delle cose. Egli apprese le verecause dell'inimicizia di Barbicane e di Nicholl, comequesta inimicizia fosse di vecchia data, perchè fino allo-ra, grazie ad amici comuni, il presidente ed il capitanonon si fossero mai incontrati faccia a faccia; aggiunseche si trattava unicamente d'una rivalità di corazze e dipalla da cannone, e che infine la scena del meeting nonera stata che un'occasione cercata da Nicholl per daresfogo a vecchi rancori.

— Nulla di più terribile di codesti duelli particolariagli Americani, durante i quali i due avversari si cercanoentro le macchie, si appostano e si pigliano di mira fra il

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folto dei rami come bestie selvagge. Si è allora cheognun d'essi deve invidiare le meravigliose qualità inge-nite degli Indiani delle pianure, cioè la loro rapida intel-ligenza, l'astuzia ingegnosa, l'esame pronto delle peste,l'usta del nemico. Un errore, un'esitanza, un passo falsopossono cagionare la morte. In questa congiuntura, gliYankees si fanno spesso accompagnare dai loro cani, e,cacciatori e selvaggina insieme, si cercano per ore inte-re.

— Che gente indiavolata siete voi! esclamò MicheleArdan, quando il suo compagno gli ebbe dipinto conmolta cura tutto questo dramma.

— Siamo così fatti, rispose immediatamente J. T. Ma-ston, ma affrettiamoci.

Intanto egli e Michele Ardan avevano un bel correreper la pianura, ancora tutta umida di rugiada, attraversa-re le risaje ed i creeks per pigliare la strada più breve;prima delle cinque e mezzo non poterono raggiungere ilbosco di Skersnaw. Barbicane doveva averne passato illembo da mezz'ora.

Quivi lavorava un vecchio bushman a tagliare e di-sporre in fasci gli alberi abbattuti dalla sua scure.

Maston corse a lui gridando:— Avete veduto entrare nel bosco un uomo armato di

fucile, Barbicane, il presidente.... il mio miglioramico?...

Il degno segretario del Gun-Club pensava ingenua-mente che il suo presidente dovesse essere conosciutodal mondo intero. Ma parve che il bushman non lo com-

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folto dei rami come bestie selvagge. Si è allora cheognun d'essi deve invidiare le meravigliose qualità inge-nite degli Indiani delle pianure, cioè la loro rapida intel-ligenza, l'astuzia ingegnosa, l'esame pronto delle peste,l'usta del nemico. Un errore, un'esitanza, un passo falsopossono cagionare la morte. In questa congiuntura, gliYankees si fanno spesso accompagnare dai loro cani, e,cacciatori e selvaggina insieme, si cercano per ore inte-re.

— Che gente indiavolata siete voi! esclamò MicheleArdan, quando il suo compagno gli ebbe dipinto conmolta cura tutto questo dramma.

— Siamo così fatti, rispose immediatamente J. T. Ma-ston, ma affrettiamoci.

Intanto egli e Michele Ardan avevano un bel correreper la pianura, ancora tutta umida di rugiada, attraversa-re le risaje ed i creeks per pigliare la strada più breve;prima delle cinque e mezzo non poterono raggiungere ilbosco di Skersnaw. Barbicane doveva averne passato illembo da mezz'ora.

Quivi lavorava un vecchio bushman a tagliare e di-sporre in fasci gli alberi abbattuti dalla sua scure.

Maston corse a lui gridando:— Avete veduto entrare nel bosco un uomo armato di

fucile, Barbicane, il presidente.... il mio miglioramico?...

Il degno segretario del Gun-Club pensava ingenua-mente che il suo presidente dovesse essere conosciutodal mondo intero. Ma parve che il bushman non lo com-

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Page 198: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

prendesse.— Un cacciatore, disse allora Ardan.— Un cacciatore, sì; rispose il bushman.— È un pezzo?— Un'ora circa.— Troppo tardi! esclamò Maston.— E avete udito degli spari di fucile? domandò Mi-

chele Ardan.— No.— Nemmeno uno?— Nemmeno uno. A quanto sembra, quel cacciatore

non fa buona caccia!— Che fare? disse Maston.— Entrare nel bosco a rischio di farci cogliere da una

palla che non è a noi destinata.— Ah! aggiunse Maston con un accento la cui since-

rità non poteva essere posta in dubbio, io preferirei diecipalle nella mia testa, anzichè una sola nella testa di Bar-bicane.

— Avanti dunque! riprese Ardan, stringendo la manodel compagno.

Alcuni secondi più tardi i due amici scomparivano nelfolto del bosco. Era un immenso macchione di gigante-schi cipressi, di sicomori, di tulipiferi, d'olivi, di tama-rindi, di quercie e di magnolie. Questi diversi alberi in-trecciavano il loro rami in modo inestricabile e non per-mettevano alla vista di stendersi molto lungi. MicheleArdan e Maston camminavano l'uno al fianco dell'altro,passando in silenzio in mezzo alle alte erbe, aprendosi

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prendesse.— Un cacciatore, disse allora Ardan.— Un cacciatore, sì; rispose il bushman.— È un pezzo?— Un'ora circa.— Troppo tardi! esclamò Maston.— E avete udito degli spari di fucile? domandò Mi-

chele Ardan.— No.— Nemmeno uno?— Nemmeno uno. A quanto sembra, quel cacciatore

non fa buona caccia!— Che fare? disse Maston.— Entrare nel bosco a rischio di farci cogliere da una

palla che non è a noi destinata.— Ah! aggiunse Maston con un accento la cui since-

rità non poteva essere posta in dubbio, io preferirei diecipalle nella mia testa, anzichè una sola nella testa di Bar-bicane.

— Avanti dunque! riprese Ardan, stringendo la manodel compagno.

Alcuni secondi più tardi i due amici scomparivano nelfolto del bosco. Era un immenso macchione di gigante-schi cipressi, di sicomori, di tulipiferi, d'olivi, di tama-rindi, di quercie e di magnolie. Questi diversi alberi in-trecciavano il loro rami in modo inestricabile e non per-mettevano alla vista di stendersi molto lungi. MicheleArdan e Maston camminavano l'uno al fianco dell'altro,passando in silenzio in mezzo alle alte erbe, aprendosi

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una via fra vigorose liane, interrogando collo sguardo icespugli, o i rami perduti nell'oscura densità del foglia-me, e aspettandosi ad ogni passo la terribile detonazionedei fucili. Quanto alle traccie che Barbicane aveva do-vuto lasciare del suo passaggio attraverso il bosco, eraloro impossibile di riconoscerle, e camminavano allacieca in questi sentieri appena segnati, sui quali un In-diano avrebbe seguito a passo a passo la via tenutadall'avversario.

Dopo un'ora d'inutili ricerche, i due compagni si fer-marono. La loro inquietudine raddoppiava.

— Bisogna che tutto sia finito! disse Maston scorag-giato. Un uomo come Barbicane non ha lottato d'astuzia,col proprio nemico, cioè non ha teso agguato di sorta! Ètroppo franco, troppo coraggioso. Egli è andato innanzidritto incontro al nemico, ed al certo molto lungi delbushman, se il vento ha potuto sviare la detonazione diun'arma da fuoco.

— Ma noi! noi! osservò Michele Ardan, dacchè sia-mo entrati in questo bosco, avremmo udito!

— E se fossimo arrivati troppo tardi! esclamò Mastoncon accento di disperazione.

Michele Ardan non trovò una parola da rispondere;epperò egli e Maston ripresero il cammino interrotto. Aquando a quando mandavan altre grida: chiamavano oraBarbicane, ora Nicholl; ma nè l'uno nè l'altro dei due av-versari rispondeva alle loro voci. Allegri stormi d'uccel-li, svegliati dall'insolito rumore, scomparivano fra irami, ed alcuni daini spaventati rifuggivansi precipitosa-

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una via fra vigorose liane, interrogando collo sguardo icespugli, o i rami perduti nell'oscura densità del foglia-me, e aspettandosi ad ogni passo la terribile detonazionedei fucili. Quanto alle traccie che Barbicane aveva do-vuto lasciare del suo passaggio attraverso il bosco, eraloro impossibile di riconoscerle, e camminavano allacieca in questi sentieri appena segnati, sui quali un In-diano avrebbe seguito a passo a passo la via tenutadall'avversario.

Dopo un'ora d'inutili ricerche, i due compagni si fer-marono. La loro inquietudine raddoppiava.

— Bisogna che tutto sia finito! disse Maston scorag-giato. Un uomo come Barbicane non ha lottato d'astuzia,col proprio nemico, cioè non ha teso agguato di sorta! Ètroppo franco, troppo coraggioso. Egli è andato innanzidritto incontro al nemico, ed al certo molto lungi delbushman, se il vento ha potuto sviare la detonazione diun'arma da fuoco.

— Ma noi! noi! osservò Michele Ardan, dacchè sia-mo entrati in questo bosco, avremmo udito!

— E se fossimo arrivati troppo tardi! esclamò Mastoncon accento di disperazione.

Michele Ardan non trovò una parola da rispondere;epperò egli e Maston ripresero il cammino interrotto. Aquando a quando mandavan altre grida: chiamavano oraBarbicane, ora Nicholl; ma nè l'uno nè l'altro dei due av-versari rispondeva alle loro voci. Allegri stormi d'uccel-li, svegliati dall'insolito rumore, scomparivano fra irami, ed alcuni daini spaventati rifuggivansi precipitosa-

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mente nelle fratte.Per un'altr'ora si prolungò la ricerca. La maggior parte

del bosco era stata esplorata. Nulla svelava la presenzadei combattenti. C'era da dubitare dell'affermazione delbushman, e Ardan stava per rinunziare a proseguire piùa lungo una ricerca inutile, quando, ad un tratto, Mastonfermossi dicendo:

— Zitto! Laggiù v'è qualcuno!— Qualcuno? ripetè Michele Ardan.— Sì! un uomo! pare immobile. Non ha alcun'arma

fra le mani: che cosa fa dunque?— Ma lo conosci tu? domandò Michele Ardan, che in

simile circostanza era servito malissimo dalla sua cortavista.

— Sì! sì! rispose Maston.— Ed è?...— Il capitano Nicholl!— Nicholl! esclamò Michele Ardan, che sentì una

violenta stretta al cuore.Nicholl disarmato! Non aveva dunque più nulla a te-

mere del suo avversario?— Moviamo dritto a lui, suggerì Michele Ardan; sa-

premo qualcosa di positivo.Ma egli ed il compagno non ebbero fatto cinquanta

passi, che si fermarono per esaminare più attentamenteil capitano. S'immaginavano di veder un uomo assetatodi sangue, ed esclusivamente occupato della sua vendet-ta! Alla vista di lui rimasero stupefatti.

Una reticella a maglie fitte era stesa fra due tulipiferi

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mente nelle fratte.Per un'altr'ora si prolungò la ricerca. La maggior parte

del bosco era stata esplorata. Nulla svelava la presenzadei combattenti. C'era da dubitare dell'affermazione delbushman, e Ardan stava per rinunziare a proseguire piùa lungo una ricerca inutile, quando, ad un tratto, Mastonfermossi dicendo:

— Zitto! Laggiù v'è qualcuno!— Qualcuno? ripetè Michele Ardan.— Sì! un uomo! pare immobile. Non ha alcun'arma

fra le mani: che cosa fa dunque?— Ma lo conosci tu? domandò Michele Ardan, che in

simile circostanza era servito malissimo dalla sua cortavista.

— Sì! sì! rispose Maston.— Ed è?...— Il capitano Nicholl!— Nicholl! esclamò Michele Ardan, che sentì una

violenta stretta al cuore.Nicholl disarmato! Non aveva dunque più nulla a te-

mere del suo avversario?— Moviamo dritto a lui, suggerì Michele Ardan; sa-

premo qualcosa di positivo.Ma egli ed il compagno non ebbero fatto cinquanta

passi, che si fermarono per esaminare più attentamenteil capitano. S'immaginavano di veder un uomo assetatodi sangue, ed esclusivamente occupato della sua vendet-ta! Alla vista di lui rimasero stupefatti.

Una reticella a maglie fitte era stesa fra due tulipiferi

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giganteschi, e in mezzo ad essa un uccellino, colle aliintricate, dibattevasi e mandava gridi lamentevoli.L'uccellatore che aveva disposto quella tela inestricabilenon era un essere umano, ma un ragno velenoso, propriodel paese, grosso come un uovo di piccione e munito dienormi zampe; l'orrido animale, nel momento di precipi-tarsi sulla preda, aveva dovuto cambiar strada e cercareasilo sugli alti rami del tulipifero, chè un terribile nemi-co veniva a minacciarlo a sua volta.

Difatti il capitano Nicholl, col fucile a terra, dimenti-cando i pericoli della sua situazione, occupavasi nel li-berare più delicatamente che gli fosse possibile la vitti-ma caduta nella rete del mostruoso ragno. Quando ebbefinito, lasciò libero il volo all'uccellino, che starnazzòallegramente le ali e disparve.

Nicholl, intenerito, lo guardava fuggire fra i rami,quando udì queste parole pronunciate con voce com-mossa:

«Siete davvero un brav'uomo!»Si volse. Michele Ardan stavagli dinanzi, ripetendo

su tutti i toni:— E un caro uomo!80

— Michele Ardan! esclamò il capitano. Che venite afar qui, signore?

— A stringervi la mano, Nicholl, e ad impedirvi diuccidere Barbicane o di essere ucciso da lui.

80 In originale: “È un caro uomo!”. [Nota per l'edizione elet-tronica Manuzio]

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giganteschi, e in mezzo ad essa un uccellino, colle aliintricate, dibattevasi e mandava gridi lamentevoli.L'uccellatore che aveva disposto quella tela inestricabilenon era un essere umano, ma un ragno velenoso, propriodel paese, grosso come un uovo di piccione e munito dienormi zampe; l'orrido animale, nel momento di precipi-tarsi sulla preda, aveva dovuto cambiar strada e cercareasilo sugli alti rami del tulipifero, chè un terribile nemi-co veniva a minacciarlo a sua volta.

Difatti il capitano Nicholl, col fucile a terra, dimenti-cando i pericoli della sua situazione, occupavasi nel li-berare più delicatamente che gli fosse possibile la vitti-ma caduta nella rete del mostruoso ragno. Quando ebbefinito, lasciò libero il volo all'uccellino, che starnazzòallegramente le ali e disparve.

Nicholl, intenerito, lo guardava fuggire fra i rami,quando udì queste parole pronunciate con voce com-mossa:

«Siete davvero un brav'uomo!»Si volse. Michele Ardan stavagli dinanzi, ripetendo

su tutti i toni:— E un caro uomo!80

— Michele Ardan! esclamò il capitano. Che venite afar qui, signore?

— A stringervi la mano, Nicholl, e ad impedirvi diuccidere Barbicane o di essere ucciso da lui.

80 In originale: “È un caro uomo!”. [Nota per l'edizione elet-tronica Manuzio]

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— Barbicane. esclamò il capitano, che cerco da dueore senza trovarlo! Dove si nasconde?

— Nicholl, disse Michele Ardan, le vostre parolesono sconvenienti! Bisogna sempre rispettare l'avversa-rio, e siate tranquillo che Barbicane è vivo; noi lo trove-remo, e tanto più facilmente, che, se non si è divertitocome voi a soccorrere gli uccelli oppressi, starà cercan-dovi egli pure. Ma quando l'avremo rintracciato, è Mi-chele Ardan che ve lo dice, non ci sarà più quistioni diduello tra voi.

— Fra il presidente Barbicane e me, rispose grave-mente Nicholl, c'è tale rivalità, che la morte d'uno dinoi....

— Evvia! riprese Michele Ardan, bravi uomini comevoi hanno potuto detestarsi, ma si stimano a vicenda.Voi non vi batterete.

— Io mi batterò, signore.— No!— Capitano, disse allora J. T. Maston con molta ge-

nerosità, io son l'amico del presidente, il suo alter ego,un altro lui stesso; se volete assolutamente ucciderequalcuno, fate fuoco su di me; e sarà la stessa cosa.

— Signore, replicò Nicholl stringendo il suo fucilecon mano convulsa, questi scherzi...

— L'amico Maston non ischerza, rispose Michele Ar-dan, ed io comprendo la sua idea di farsi uccidere perl'uomo che ama! Ma nè lui, nè Barbicane non cadrannomai sotto le palle del capitano Nicholl, perchè io ho dafare ai due rivali una proposta così seducente, che si af-

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— Barbicane. esclamò il capitano, che cerco da dueore senza trovarlo! Dove si nasconde?

— Nicholl, disse Michele Ardan, le vostre parolesono sconvenienti! Bisogna sempre rispettare l'avversa-rio, e siate tranquillo che Barbicane è vivo; noi lo trove-remo, e tanto più facilmente, che, se non si è divertitocome voi a soccorrere gli uccelli oppressi, starà cercan-dovi egli pure. Ma quando l'avremo rintracciato, è Mi-chele Ardan che ve lo dice, non ci sarà più quistioni diduello tra voi.

— Fra il presidente Barbicane e me, rispose grave-mente Nicholl, c'è tale rivalità, che la morte d'uno dinoi....

— Evvia! riprese Michele Ardan, bravi uomini comevoi hanno potuto detestarsi, ma si stimano a vicenda.Voi non vi batterete.

— Io mi batterò, signore.— No!— Capitano, disse allora J. T. Maston con molta ge-

nerosità, io son l'amico del presidente, il suo alter ego,un altro lui stesso; se volete assolutamente ucciderequalcuno, fate fuoco su di me; e sarà la stessa cosa.

— Signore, replicò Nicholl stringendo il suo fucilecon mano convulsa, questi scherzi...

— L'amico Maston non ischerza, rispose Michele Ar-dan, ed io comprendo la sua idea di farsi uccidere perl'uomo che ama! Ma nè lui, nè Barbicane non cadrannomai sotto le palle del capitano Nicholl, perchè io ho dafare ai due rivali una proposta così seducente, che si af-

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fretteranno ad accettarla.— E quale? domandò Nicholl con evidente increduli-

tà.— Pazienza, rispose Ardan; io non posso comunicarla

che in presenza di Barbicane.— Cerchiamolo dunque! esclamò il capitano.Tosto questi tre uomini si misero in cammino; il capi-

tano, dopo aver disarmato il suo fucile, se lo gettò sullespalle e s'avanzò a passi concitati senza dir verbo.

Per un'altra mezz'ora le ricerche riuscirono infruttuo-se. Maston sentivasi dominato da un triste presentimen-to. Egli osservava severamente Nicholl, chiedendo a sèstesso se già soddisfatta la vendetta del capitano, l'infeli-ce Barbicane colpito da una palla non giacesse inanima-to in fondo a qualche macchia insanguinata. Pareva cheMichele Ardan facesse la stessa supposizione; ambedueinterrogavano collo sguardo il capitano Nicholl, allorchèMaston si fermò di botto.

Il busto immobile di un uomo addossato al piede diun gigantesco catalpa appariva a venti passi, per metànascosto fra l'erba.

— È lui! esclamò Maston.Barbicane non si moveva. Ardan guardò fisso il capi-

tano, ma non un muscolo del viso di questi si mosse.Ardan fece qualche passo gridando:

«Barbicane! Barbicane!»Nessuna risposta. Ardan si precipitò verso l'amico:

ma nell'istante in cui stava per afferrargli il braccio, siarrestò mandando un grido di sorpresa.

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fretteranno ad accettarla.— E quale? domandò Nicholl con evidente increduli-

tà.— Pazienza, rispose Ardan; io non posso comunicarla

che in presenza di Barbicane.— Cerchiamolo dunque! esclamò il capitano.Tosto questi tre uomini si misero in cammino; il capi-

tano, dopo aver disarmato il suo fucile, se lo gettò sullespalle e s'avanzò a passi concitati senza dir verbo.

Per un'altra mezz'ora le ricerche riuscirono infruttuo-se. Maston sentivasi dominato da un triste presentimen-to. Egli osservava severamente Nicholl, chiedendo a sèstesso se già soddisfatta la vendetta del capitano, l'infeli-ce Barbicane colpito da una palla non giacesse inanima-to in fondo a qualche macchia insanguinata. Pareva cheMichele Ardan facesse la stessa supposizione; ambedueinterrogavano collo sguardo il capitano Nicholl, allorchèMaston si fermò di botto.

Il busto immobile di un uomo addossato al piede diun gigantesco catalpa appariva a venti passi, per metànascosto fra l'erba.

— È lui! esclamò Maston.Barbicane non si moveva. Ardan guardò fisso il capi-

tano, ma non un muscolo del viso di questi si mosse.Ardan fece qualche passo gridando:

«Barbicane! Barbicane!»Nessuna risposta. Ardan si precipitò verso l'amico:

ma nell'istante in cui stava per afferrargli il braccio, siarrestò mandando un grido di sorpresa.

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Barbicane, colla matita in mano, tracciava formole efigure geometriche sopra un libriccino di memorie,mentre il suo fucile disarmato era steso al suolo.

Tutto intento al lavoro, lo scienziato, dimenticando asua volta il duello e la vendetta, non aveva nè veduto nèudito nulla.

Mi quando Michele Ardan posò la propria mano sullasua, egli alzossi e lo guardò con occhio stupito.

— Ah! gridò alfine, tu qui! Ho trovato, amico mio!Ho trovato!

— Che?— Il mio mezzo!— Qual mezzo?— Il mezzo di rendere nullo l'effetto dell'urto alla

partenza dei proiettile!— Davvero? disse Michele guardando il capitano col-

la coda dell'occhio.— Sì, coll'acqua! l'acqua semplice farà da molla. Ah,

Maston! esclamò Barbicane, anche voi!— In persona, rispose Michele Ardan, e permettetemi

di presentarvi nello stesso tempo il degno capitano Ni-choll!

— Nicholl! mormorò Barbicane, che in un istante fuin piedi. Perdono, capitano, diss'egli, avevo dimentica-to... sono pronto...

Michele Ardan intervenne senza lasciar tempo ai duenemici d'interpellarsi.

— Perdinci! disse, è gran ventura che fior di personecome voi non siansi incontrate più presto! Avremmo ora

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Barbicane, colla matita in mano, tracciava formole efigure geometriche sopra un libriccino di memorie,mentre il suo fucile disarmato era steso al suolo.

Tutto intento al lavoro, lo scienziato, dimenticando asua volta il duello e la vendetta, non aveva nè veduto nèudito nulla.

Mi quando Michele Ardan posò la propria mano sullasua, egli alzossi e lo guardò con occhio stupito.

— Ah! gridò alfine, tu qui! Ho trovato, amico mio!Ho trovato!

— Che?— Il mio mezzo!— Qual mezzo?— Il mezzo di rendere nullo l'effetto dell'urto alla

partenza dei proiettile!— Davvero? disse Michele guardando il capitano col-

la coda dell'occhio.— Sì, coll'acqua! l'acqua semplice farà da molla. Ah,

Maston! esclamò Barbicane, anche voi!— In persona, rispose Michele Ardan, e permettetemi

di presentarvi nello stesso tempo il degno capitano Ni-choll!

— Nicholl! mormorò Barbicane, che in un istante fuin piedi. Perdono, capitano, diss'egli, avevo dimentica-to... sono pronto...

Michele Ardan intervenne senza lasciar tempo ai duenemici d'interpellarsi.

— Perdinci! disse, è gran ventura che fior di personecome voi non siansi incontrate più presto! Avremmo ora

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da piangere o l'uno o l'altro. Ma grazie a Dio, che ha vo-luto immischiarsene, non v'è più nulla da temere. Quan-do si dimentica il proprio odio per ingolfarsi in problemidi meccanica e per sottrarre la preda ai ragni, vuol direche quest'odio non è pericoloso per nessuno.

E Michele Ardan raccontò al presidente la storia delcapitano.

— Io vi domando quindi, diss'egli a mo' di conclusio-ne, se due buone paste come voi sono fatte per rompersiscambievolmente la testa a colpi di carabina?

C'era in tale situazione, un po' ridicola, qualcosa dicosì inatteso, che Barbicane e Nicholl non sapevanotroppo qual contegno tenere l'uno in faccia dell'altro.Michele Ardan ben lo comprese, e risolse d'arrischiaredi punto in bianco la riconciliazione.

— Miei buoni amici, soggiunse disegnando colle lab-bra un gradevolissimo sorriso, tra voi non c'è mai statoaltro che un malinteso. Nulla di più. Ebbene, per prova-re che tutto è finito, e poichè siete uomini da arrischiarela pelle, accettate con franchezza la proposta che sto perfarvi.

— Parlate, disse Nicholl.— L'amico Barbicane crede che il suo projettile andrà

dritto alla Luna.— Sì certo, replicò il presidente.— E l'amico Nicholl è persuaso che ricadrà sulla Ter-

ra.— Ne sono convinto, ribattè il capitano.— Benone! riprese Michele Ardan. Io non ho la pre-

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da piangere o l'uno o l'altro. Ma grazie a Dio, che ha vo-luto immischiarsene, non v'è più nulla da temere. Quan-do si dimentica il proprio odio per ingolfarsi in problemidi meccanica e per sottrarre la preda ai ragni, vuol direche quest'odio non è pericoloso per nessuno.

E Michele Ardan raccontò al presidente la storia delcapitano.

— Io vi domando quindi, diss'egli a mo' di conclusio-ne, se due buone paste come voi sono fatte per rompersiscambievolmente la testa a colpi di carabina?

C'era in tale situazione, un po' ridicola, qualcosa dicosì inatteso, che Barbicane e Nicholl non sapevanotroppo qual contegno tenere l'uno in faccia dell'altro.Michele Ardan ben lo comprese, e risolse d'arrischiaredi punto in bianco la riconciliazione.

— Miei buoni amici, soggiunse disegnando colle lab-bra un gradevolissimo sorriso, tra voi non c'è mai statoaltro che un malinteso. Nulla di più. Ebbene, per prova-re che tutto è finito, e poichè siete uomini da arrischiarela pelle, accettate con franchezza la proposta che sto perfarvi.

— Parlate, disse Nicholl.— L'amico Barbicane crede che il suo projettile andrà

dritto alla Luna.— Sì certo, replicò il presidente.— E l'amico Nicholl è persuaso che ricadrà sulla Ter-

ra.— Ne sono convinto, ribattè il capitano.— Benone! riprese Michele Ardan. Io non ho la pre-

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tesa di mettervi d'accordo; ma vi dico semplicemente:«Partite con me, e venite a vedere se resteremo per via.»

— Che! esclamò J. T. Maston stupefatto.I due rivali, all'improvvisa proposta, avevano alzati

gli occhi l'uno sull'altro. Si osservarono attentamente:Barbicane aspettava la risposta del capitano, Nichollpendeva dalle labbra del presidente.

— E così? disse Michele col suo accento più melli-fluo. Poichè non v'è più da temere alcun inconvenien-te....

— Accettato! esclamò Barbicane.Ma per quanto presto avesse pronunciata tale parola,

Nicholl l'aveva detta contemporaneamente.— Bene! Benonel bravissimi! evviva! vociò Michele

Ardan stendendo la mano ai due avversari. Ed ora che lafaccenda è aggiustata, amici miei, permettetemi di trat-tarvi alla francese. Andiamo a far colazione.

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tesa di mettervi d'accordo; ma vi dico semplicemente:«Partite con me, e venite a vedere se resteremo per via.»

— Che! esclamò J. T. Maston stupefatto.I due rivali, all'improvvisa proposta, avevano alzati

gli occhi l'uno sull'altro. Si osservarono attentamente:Barbicane aspettava la risposta del capitano, Nichollpendeva dalle labbra del presidente.

— E così? disse Michele col suo accento più melli-fluo. Poichè non v'è più da temere alcun inconvenien-te....

— Accettato! esclamò Barbicane.Ma per quanto presto avesse pronunciata tale parola,

Nicholl l'aveva detta contemporaneamente.— Bene! Benonel bravissimi! evviva! vociò Michele

Ardan stendendo la mano ai due avversari. Ed ora che lafaccenda è aggiustata, amici miei, permettetemi di trat-tarvi alla francese. Andiamo a far colazione.

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CAPITOLO XXII.Il nuovo cittadino degli Stati Uniti.

Quel giorno tutta l’America seppe nello stesso tempodel duello del capitano Nicholl e del presidente Barbica-ne, come pure del suo bizzarro scioglimento. La parterappresentata in tale contingenza dal cavalleresco Euro-peo, la sua proposta inattesa che troncava le difficoltà,l’accettazione simultanea dei due rivali, la conquista delcontinente lunare, alla quale la Francia e gli Stati Unitistavano per andare di conserva, tutto si riunì per accre-scere la popolarità di Michele Ardan. È noto con qualefrenesia gli Yankees s’incapriccino per una persona. Inun paese dove gravi magistrati si aggiogano alla carroz-za d’una ballerina e la trascinano trionfalmente, si giudi-chi di qual forza sarà stata la simpatia per l’audace fran-cese. Se non gli staccarono i cavalli, gli è perchè proba-bilmente non ne aveva, ma tutte le altre prove di entu-siasmo gli furono prodigate. Non v’era cittadino chenon s’unisse a lui colla mente e col cuore! Ex pluribusunum, secondo la divisa degli Stati Uniti.

Da quel giorno in poi Michele Ardan non ebbe unmomento di riposo. Deputazioni venute da tutte le parti

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CAPITOLO XXII.Il nuovo cittadino degli Stati Uniti.

Quel giorno tutta l’America seppe nello stesso tempodel duello del capitano Nicholl e del presidente Barbica-ne, come pure del suo bizzarro scioglimento. La parterappresentata in tale contingenza dal cavalleresco Euro-peo, la sua proposta inattesa che troncava le difficoltà,l’accettazione simultanea dei due rivali, la conquista delcontinente lunare, alla quale la Francia e gli Stati Unitistavano per andare di conserva, tutto si riunì per accre-scere la popolarità di Michele Ardan. È noto con qualefrenesia gli Yankees s’incapriccino per una persona. Inun paese dove gravi magistrati si aggiogano alla carroz-za d’una ballerina e la trascinano trionfalmente, si giudi-chi di qual forza sarà stata la simpatia per l’audace fran-cese. Se non gli staccarono i cavalli, gli è perchè proba-bilmente non ne aveva, ma tutte le altre prove di entu-siasmo gli furono prodigate. Non v’era cittadino chenon s’unisse a lui colla mente e col cuore! Ex pluribusunum, secondo la divisa degli Stati Uniti.

Da quel giorno in poi Michele Ardan non ebbe unmomento di riposo. Deputazioni venute da tutte le parti

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dell’Unione lo tennero continuamente in moto. Volere onon volere, gli fu giocoforza riceverle. Le mani chestrinse, le persone cui diede del tu non si possono conta-re; se ne accorse in breve, chè la voce, fattasi rauca inun numero strabocchevole di speeches, più non isfuggi-vagli dalle labbra che in suoni inintelligibili, e fu ad unpelo di buscarsi una gastro-enterite in seguito ai toastsche dovette portare a tutte le contee dell’Unione. Talesplendido successo avrebbe scosso il cervello ditutt’altri fino dal primo giorno; ma egli seppe contenersiin una semi ebbrezza spiritosa e gradevolissima.

Tra le deputazioni d’ogni specie che l’assalirono,quella dei lunatici si guardò bene dal dimenticare ciòch’essa doveva al futuro conquistatore della Luna. Ungiorno taluni di questi poveri uomini, molto numerosi inAmerica, accorsero a lui per domandargli di ritornare insua compagnia al loro paese nativo. Alcuni di costoropretendevano di parlare il selenito, e vollero insegnarloa Michele Ardan. Questi si prestò di buon grado alla in-nocente manìa, e s’incaricò di commissioni pei loroamici della Luna.

— Singolare pazzia! diss’egli a Barbicane dopo averlicongedati, e pazzia che spesso colpisce le vive intelli-genze. Uno de’ nostri più illustri dotti, Arago, mi dicevache molte persone saggie e riserbate nelle loro idee la-sciavansi trascinare ad una grande esaltazione, ad incre-dibili stranezze, ogni qualvolta la Luna occupava la loromente. Tu non credi all’influenza della Luna sulle ma-lattie?

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dell’Unione lo tennero continuamente in moto. Volere onon volere, gli fu giocoforza riceverle. Le mani chestrinse, le persone cui diede del tu non si possono conta-re; se ne accorse in breve, chè la voce, fattasi rauca inun numero strabocchevole di speeches, più non isfuggi-vagli dalle labbra che in suoni inintelligibili, e fu ad unpelo di buscarsi una gastro-enterite in seguito ai toastsche dovette portare a tutte le contee dell’Unione. Talesplendido successo avrebbe scosso il cervello ditutt’altri fino dal primo giorno; ma egli seppe contenersiin una semi ebbrezza spiritosa e gradevolissima.

Tra le deputazioni d’ogni specie che l’assalirono,quella dei lunatici si guardò bene dal dimenticare ciòch’essa doveva al futuro conquistatore della Luna. Ungiorno taluni di questi poveri uomini, molto numerosi inAmerica, accorsero a lui per domandargli di ritornare insua compagnia al loro paese nativo. Alcuni di costoropretendevano di parlare il selenito, e vollero insegnarloa Michele Ardan. Questi si prestò di buon grado alla in-nocente manìa, e s’incaricò di commissioni pei loroamici della Luna.

— Singolare pazzia! diss’egli a Barbicane dopo averlicongedati, e pazzia che spesso colpisce le vive intelli-genze. Uno de’ nostri più illustri dotti, Arago, mi dicevache molte persone saggie e riserbate nelle loro idee la-sciavansi trascinare ad una grande esaltazione, ad incre-dibili stranezze, ogni qualvolta la Luna occupava la loromente. Tu non credi all’influenza della Luna sulle ma-lattie?

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— Poco, rispose il presidente del Gun-Club.— Nemmanco io ci credo; eppure la storia ha regi-

strato fatti al certo sorprendenti. Così, per esempio, nel1693, mentre infieriva un’epidemia, le persone moriro-no in maggior numero il 21 gennaio, nel momento d’uneclisse. Il celebre Bacone sveniva durante gli eclissi lu-nari e non ritornava in sè che dopo l’intera apparizionedell’astro. Il re Carlo VI ricadde sei volte in demenzanell’anno 1399, tanto alla luna nuova, quanto al plenilu-nio. Alcuni medici hanno registrato il mal caduco traquelli che seguono le fasi della Luna. Pare che le malat-tie nervose soffrano spesso la sua influenza. Mead parladi un ragazzo preso dalle convulsioni quando la Lunaentrava in opposizione. Gail aveva osservato che l’esal-tazione delle persone deboli cresceva due volte al mese,nel tempo della Luna nuova e del plenilunio. Infine, cisono ancora mille osservazioni di questo genere sullevertigini, le febbri maligne, i sonnambulismi, le qualimirano a provare che l’astro delle notti ha una misterio-sa influenza sulle malattie terrestri.

— Ma come? perchè? domandò Barbicane.— Perchè? ribattè Ardan. Ti darò la stessa risposta

che Arago ripeteva diciannove secoli dopo Plutarco:«Forse è perchè ciò non è vero!»

In mezzo al suo trionfo, Michele Ardan non potèsfuggire ad alcuna delle noje inerenti alla qualitàd’uomo celebre. Gli appaltatori di trionfi vollero esporloa pubblica mostra. Barnum gli offerse un milione percondurlo seco di città in città in tutti gli Stati Uniti e far-

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— Poco, rispose il presidente del Gun-Club.— Nemmanco io ci credo; eppure la storia ha regi-

strato fatti al certo sorprendenti. Così, per esempio, nel1693, mentre infieriva un’epidemia, le persone moriro-no in maggior numero il 21 gennaio, nel momento d’uneclisse. Il celebre Bacone sveniva durante gli eclissi lu-nari e non ritornava in sè che dopo l’intera apparizionedell’astro. Il re Carlo VI ricadde sei volte in demenzanell’anno 1399, tanto alla luna nuova, quanto al plenilu-nio. Alcuni medici hanno registrato il mal caduco traquelli che seguono le fasi della Luna. Pare che le malat-tie nervose soffrano spesso la sua influenza. Mead parladi un ragazzo preso dalle convulsioni quando la Lunaentrava in opposizione. Gail aveva osservato che l’esal-tazione delle persone deboli cresceva due volte al mese,nel tempo della Luna nuova e del plenilunio. Infine, cisono ancora mille osservazioni di questo genere sullevertigini, le febbri maligne, i sonnambulismi, le qualimirano a provare che l’astro delle notti ha una misterio-sa influenza sulle malattie terrestri.

— Ma come? perchè? domandò Barbicane.— Perchè? ribattè Ardan. Ti darò la stessa risposta

che Arago ripeteva diciannove secoli dopo Plutarco:«Forse è perchè ciò non è vero!»

In mezzo al suo trionfo, Michele Ardan non potèsfuggire ad alcuna delle noje inerenti alla qualitàd’uomo celebre. Gli appaltatori di trionfi vollero esporloa pubblica mostra. Barnum gli offerse un milione percondurlo seco di città in città in tutti gli Stati Uniti e far-

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lo vedere come un animale curioso. Michele Ardan lotrattò da stolido e lo mandò a quel bel paese.

Tuttavia, se rifiutò di soddisfare così la curiosità pub-blica, i suoi ritratti almeno percorsero il mondo intero edoccuparono il posto d’onore negli album. Lo si ripro-dusse in tutte le dimensioni, dalla grandezza naturalefino alle riduzioni microscopiche delle marche da bollo.Ognuno poteva possedere l’eroe in tutte le pose immagi-nabili; la testa, il busto, in piedi, di faccia, di profilo, ditre quarti, di schiena. Se ne tirarono più di un milione ecinquantamila esemplari; e però egli aveva una bella oc-casione di esitare le proprie reliquie, ma non ne volleapprofittare. Se avesse venduto i suoi capelli soltanto undollaro l’uno, gliene rimaneva abbastanza per far fortu-na!

A dirla schietta, questa popolarità non gli spiaceva.Tutt’altro. Egli si metteva a disposizione del pubblico ecorrispondeva coll’universo intero. Ripetevansi i suoimotti, si propagavano specialmente quelli che non eranousciti dalla sua bocca. Secondo l’abitudine, se glie ne af-fibbiava, chè in vero da questo lato era molto ricco.

Non soltanto ebbe dalla sua gli uomini, ma anche ledonne. Quale infinito numero di bei matrimoni avrebbefatti, per poco che gli fosse saltato il ticchio di accasar-si. Le vecchie mistress specialmente, quelle che da qua-rant’anni intristivano sul gambo, stavano notte e dì pen-sose dinanzi alle fotografie di lui.

È certo che avrebbe trovato compagne a centinaja,anche imponendo loro il patto di seguirlo negli spazî. Le

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lo vedere come un animale curioso. Michele Ardan lotrattò da stolido e lo mandò a quel bel paese.

Tuttavia, se rifiutò di soddisfare così la curiosità pub-blica, i suoi ritratti almeno percorsero il mondo intero edoccuparono il posto d’onore negli album. Lo si ripro-dusse in tutte le dimensioni, dalla grandezza naturalefino alle riduzioni microscopiche delle marche da bollo.Ognuno poteva possedere l’eroe in tutte le pose immagi-nabili; la testa, il busto, in piedi, di faccia, di profilo, ditre quarti, di schiena. Se ne tirarono più di un milione ecinquantamila esemplari; e però egli aveva una bella oc-casione di esitare le proprie reliquie, ma non ne volleapprofittare. Se avesse venduto i suoi capelli soltanto undollaro l’uno, gliene rimaneva abbastanza per far fortu-na!

A dirla schietta, questa popolarità non gli spiaceva.Tutt’altro. Egli si metteva a disposizione del pubblico ecorrispondeva coll’universo intero. Ripetevansi i suoimotti, si propagavano specialmente quelli che non eranousciti dalla sua bocca. Secondo l’abitudine, se glie ne af-fibbiava, chè in vero da questo lato era molto ricco.

Non soltanto ebbe dalla sua gli uomini, ma anche ledonne. Quale infinito numero di bei matrimoni avrebbefatti, per poco che gli fosse saltato il ticchio di accasar-si. Le vecchie mistress specialmente, quelle che da qua-rant’anni intristivano sul gambo, stavano notte e dì pen-sose dinanzi alle fotografie di lui.

È certo che avrebbe trovato compagne a centinaja,anche imponendo loro il patto di seguirlo negli spazî. Le

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donne sono intrepide quando non hanno paura di tutto.Ma non era suo intendimento di fondare una schiatta diFrancesi e d’Americani. Onde rifiutò.

— Andar lassù, ei diceva, a recitare la parte di Ada-mo con una figlia d’Eva?... grazie infinite. Non v’incon-trerei che serpenti!...

Non appena potè sottrarsi alle gioje troppo ripetutedel trionfo, seguito dagli amici, egli andò a far una visitaalla Columbiade. Le doveva pure questa degnazione.Del resto, dacchè viveva con Barbicane, J. T. Maston egli altri tutti, erasi fatto dotto in balistica. Il suo maggiorpiacere consisteva nel ripetere a que’ bravi artiglieri cheessi non erano che amabili e dotti assassini. A tale ri-guardo i suoi scherzi non avevano fine. Il giorno in cuivisitò la Columbiade l’ammirò assai e discese fino alfondo dell’anima del gigantesco mortaio, che tra brevedoveva lanciarlo verso l’astro delle notti.

— Almeno, diss’egli, questo cannone non farà malead alcuno, – proprietà già sorprendente in un cannone. –Ma quanto alle vostre macchine che distruggono, cheincendiano, spezzano, uccidono, non me ne parlate, esoprattutto non venite mai a cantarmi che hanno un’ani-ma: non vi crederei!

Bisogna citar qui una proposizione relativa a J. T.Maston. Quando il segretario del Gun-Club sentì cheBarbicane e Nicholl accettavano la proposta di MicheleArdan, egli risolvette di unirsi a loro e di giuocare «lapartita in quattro.» Un bel giorno chiese di far parte del-la compagnia dei viaggiatori. Barbicane, dolente di ri-

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donne sono intrepide quando non hanno paura di tutto.Ma non era suo intendimento di fondare una schiatta diFrancesi e d’Americani. Onde rifiutò.

— Andar lassù, ei diceva, a recitare la parte di Ada-mo con una figlia d’Eva?... grazie infinite. Non v’incon-trerei che serpenti!...

Non appena potè sottrarsi alle gioje troppo ripetutedel trionfo, seguito dagli amici, egli andò a far una visitaalla Columbiade. Le doveva pure questa degnazione.Del resto, dacchè viveva con Barbicane, J. T. Maston egli altri tutti, erasi fatto dotto in balistica. Il suo maggiorpiacere consisteva nel ripetere a que’ bravi artiglieri cheessi non erano che amabili e dotti assassini. A tale ri-guardo i suoi scherzi non avevano fine. Il giorno in cuivisitò la Columbiade l’ammirò assai e discese fino alfondo dell’anima del gigantesco mortaio, che tra brevedoveva lanciarlo verso l’astro delle notti.

— Almeno, diss’egli, questo cannone non farà malead alcuno, – proprietà già sorprendente in un cannone. –Ma quanto alle vostre macchine che distruggono, cheincendiano, spezzano, uccidono, non me ne parlate, esoprattutto non venite mai a cantarmi che hanno un’ani-ma: non vi crederei!

Bisogna citar qui una proposizione relativa a J. T.Maston. Quando il segretario del Gun-Club sentì cheBarbicane e Nicholl accettavano la proposta di MicheleArdan, egli risolvette di unirsi a loro e di giuocare «lapartita in quattro.» Un bel giorno chiese di far parte del-la compagnia dei viaggiatori. Barbicane, dolente di ri-

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fiutare, gli lasciò comprendere che il projettile non pote-va trasportare un numero sì grande di passeggeri. J. T.Maston, disperato, andò a trovare Michele Ardan, che loinvitò a rassegnarsi e mise innanzi argomenti ad homi-nem.

— Sai, mio vecchio Maston, gli disse, non bisognapigliare le mie parole in mala parte; ma davvero, insom-ma, sia detto fra noi, tu sei troppo incompleto per pre-sentarti nella Luna!

— Incompleto! esclamò il valoroso invalido.— Sì, mio buon amico! Pensa al caso di incontrare

lassù degli abitanti! Vorresti dunque dar loro sì gramaidea di ciò che avviene qui tra noi, insegnar loro ciò chesia la guerra, mostrar loro che si sciupa la miglior partedel tempo a divorarsi, a mangiarsi, a rompersi braccia egambe, e questo sopra un globo che potrebbe nutrirecento miliardi d’abitanti, e dove sonvene mille e due-cento milioni appena? Evvia, mio caro amico, tu ci fare-sti mettere alla porta!

— Ma se voi arrivate in pezzi, replicò J. T. Maston,sarete incompleto al pari di me!

— Senza dubbio, rispose Michele Ardan; ma noi nonci arriveremo in pezzi!

Infatti un’esperienza preparatoria, tentata il 18 otto-bre, aveva dato i migliori risultati e fatto concepire lepiù legittime speranze. Barbicane, desiderando rendersiconto dell’effetto del contraccolpo nell’istante della par-tenza d’un projettile, fece venire un mortajo di trentaduepollici (0,75 cent.) dall’arsenale di Pensacola. Lo dispo-

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fiutare, gli lasciò comprendere che il projettile non pote-va trasportare un numero sì grande di passeggeri. J. T.Maston, disperato, andò a trovare Michele Ardan, che loinvitò a rassegnarsi e mise innanzi argomenti ad homi-nem.

— Sai, mio vecchio Maston, gli disse, non bisognapigliare le mie parole in mala parte; ma davvero, insom-ma, sia detto fra noi, tu sei troppo incompleto per pre-sentarti nella Luna!

— Incompleto! esclamò il valoroso invalido.— Sì, mio buon amico! Pensa al caso di incontrare

lassù degli abitanti! Vorresti dunque dar loro sì gramaidea di ciò che avviene qui tra noi, insegnar loro ciò chesia la guerra, mostrar loro che si sciupa la miglior partedel tempo a divorarsi, a mangiarsi, a rompersi braccia egambe, e questo sopra un globo che potrebbe nutrirecento miliardi d’abitanti, e dove sonvene mille e due-cento milioni appena? Evvia, mio caro amico, tu ci fare-sti mettere alla porta!

— Ma se voi arrivate in pezzi, replicò J. T. Maston,sarete incompleto al pari di me!

— Senza dubbio, rispose Michele Ardan; ma noi nonci arriveremo in pezzi!

Infatti un’esperienza preparatoria, tentata il 18 otto-bre, aveva dato i migliori risultati e fatto concepire lepiù legittime speranze. Barbicane, desiderando rendersiconto dell’effetto del contraccolpo nell’istante della par-tenza d’un projettile, fece venire un mortajo di trentaduepollici (0,75 cent.) dall’arsenale di Pensacola. Lo dispo-

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se sulla spiaggia della rada d’Hillisboro, affinchè labomba cadesse in mare e la sua caduta fosse ammortita.Di altro non si trattava che di esperimentare la scossaalla partenza e non l’urto all’arrivo.

Un projettile cavo fu preparato colla maggior cura perquesta curiosa esperienza. Le pareti interne erano comefoderate da una rete di molle robustissime, rivestite diuna resistente imbottitura. Un vero nido ovattato con di-ligenza.

«Che peccato di non potervi pigliar posto!» diceva J.T. Maston, dolente che la sua corpulenza non gli per-mettesse di tentare l’avventura.

Nella graziosa bomba, che chiudevasi per mezzo diun coperchio a vite, si introdusse dapprima un grossogatto, poi uno scoiattolo appartenente al segretario per-petuo del Gun-Club, ed al quale J. T. Maston era in ispe-cial modo affezionato. Ma volevasi sapere in qual modol’animaletto, che poco soffre di vertigini, se la cavereb-be in quel viaggio di esperimento.

Il mortajo fu caricato con centosessanta libbre di pol-vere, e posta nel pezzo la bomba si fece fuoco.

Tosto il proiettile sollevossi con rapidità, descrissemaestosamente la sua parabola, raggiunse l’altezza dimille piedi circa, e con una graziosa curva andò a tuffar-si in mezzo ai flutti. Senza perdere un istante, alcunebarche si diressero verso il luogo della caduta; lesti pa-lombari precipitaronsi ne’ flutti ed attaccarono delle cor-de alle orecchiette della bomba, che tosto fu tirata a bor-do.

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se sulla spiaggia della rada d’Hillisboro, affinchè labomba cadesse in mare e la sua caduta fosse ammortita.Di altro non si trattava che di esperimentare la scossaalla partenza e non l’urto all’arrivo.

Un projettile cavo fu preparato colla maggior cura perquesta curiosa esperienza. Le pareti interne erano comefoderate da una rete di molle robustissime, rivestite diuna resistente imbottitura. Un vero nido ovattato con di-ligenza.

«Che peccato di non potervi pigliar posto!» diceva J.T. Maston, dolente che la sua corpulenza non gli per-mettesse di tentare l’avventura.

Nella graziosa bomba, che chiudevasi per mezzo diun coperchio a vite, si introdusse dapprima un grossogatto, poi uno scoiattolo appartenente al segretario per-petuo del Gun-Club, ed al quale J. T. Maston era in ispe-cial modo affezionato. Ma volevasi sapere in qual modol’animaletto, che poco soffre di vertigini, se la cavereb-be in quel viaggio di esperimento.

Il mortajo fu caricato con centosessanta libbre di pol-vere, e posta nel pezzo la bomba si fece fuoco.

Tosto il proiettile sollevossi con rapidità, descrissemaestosamente la sua parabola, raggiunse l’altezza dimille piedi circa, e con una graziosa curva andò a tuffar-si in mezzo ai flutti. Senza perdere un istante, alcunebarche si diressero verso il luogo della caduta; lesti pa-lombari precipitaronsi ne’ flutti ed attaccarono delle cor-de alle orecchiette della bomba, che tosto fu tirata a bor-do.

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Non erano scorsi cinque minuti fra il momento in cuigli animali erano stati rinchiusi e quello nel quale si svi-tò il coperchio della loro prigione.

Ardan, Barbicane, Maston, Nicholl erano sopra unabarca ed assistettero all’operazione con un sentimento disollecitudine facile a comprendersi. Non appena fu aper-ta la bomba, il gatto si slanciò fuori, un poco arruffato,ma pieno di vita, e senza lasciar vedere che ritornasse dauna spedizione aerea. Ma lo scoiattolo non c’era più. Sicercò. Nessuna traccia. Allora fu giocoforza riconoscerela verità. Il gatto aveva mangiato il suo compagno diviaggio.

J. T. Maston, arrabbiatissimo per la perdita del suopovero scoiattolo, si propose d’inscriverlo nel martirolo-gio della scienza.

Comunque sia, dopo questa esperienza, tutte le esi-tanze, tutti i timori scomparvero: d’altra parte, i piani diBarbicane dovevano perfezionare ancora il projettile eridurre quasi nulli gli effetti della scossa. E poi altro nonrimaneva che partire.

Due giorni appresso, Michele Ardan ricevette unmessaggio del presidente dell’Unione, onore cui si mo-strò molto grato.

Ad esempio del suo cavalleresco compatriota, il mar-chese di Lafaiette, il Governo gli decretava il titolo dicittadino degli Stati Uniti d’America.

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Non erano scorsi cinque minuti fra il momento in cuigli animali erano stati rinchiusi e quello nel quale si svi-tò il coperchio della loro prigione.

Ardan, Barbicane, Maston, Nicholl erano sopra unabarca ed assistettero all’operazione con un sentimento disollecitudine facile a comprendersi. Non appena fu aper-ta la bomba, il gatto si slanciò fuori, un poco arruffato,ma pieno di vita, e senza lasciar vedere che ritornasse dauna spedizione aerea. Ma lo scoiattolo non c’era più. Sicercò. Nessuna traccia. Allora fu giocoforza riconoscerela verità. Il gatto aveva mangiato il suo compagno diviaggio.

J. T. Maston, arrabbiatissimo per la perdita del suopovero scoiattolo, si propose d’inscriverlo nel martirolo-gio della scienza.

Comunque sia, dopo questa esperienza, tutte le esi-tanze, tutti i timori scomparvero: d’altra parte, i piani diBarbicane dovevano perfezionare ancora il projettile eridurre quasi nulli gli effetti della scossa. E poi altro nonrimaneva che partire.

Due giorni appresso, Michele Ardan ricevette unmessaggio del presidente dell’Unione, onore cui si mo-strò molto grato.

Ad esempio del suo cavalleresco compatriota, il mar-chese di Lafaiette, il Governo gli decretava il titolo dicittadino degli Stati Uniti d’America.

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CAPITOLO XXIII.Il vagone-projettile.

Compiuta la celebre Columbiade, la pubblica curiosi-tà si volse immediatamente al projettile, nuovo veicolodestinato a trasportare nello spazio i tre arditi avventu-rieri. Nessuno aveva dimenticato che col suo dispacciodel 30 settembre Michele Ardan domandava una modi-ficazione ai piani stabiliti dai membri del Comitato.

Il presidente Barbicane pensava allora con ragioneche la forma del proiettile poco importava, giacchè,dopo di aver attraversato l’atmosfera in pochi secondi, ilsuo viaggio doveva effettuarsi nel vuoto assoluto. Il Co-mitato aveva dunque adottato la forma rotonda, affinchèla palla potesse girare su sè stessa e comportarsi a pro-prio capriccio. Ma dal momento che la si trasformava inveicolo, era un altro paio di maniche. Michele Ardannon intendeva per nulla di viaggiare a modo degli sco-jattoli; voleva salire colla testa in alto, i piedi abbasso,con tanto sussiego come se fosse nella navicella di unpallone, più presto al certo, ma senza abbandonarsi aduna sequela di salti disdicevoli.

Nuovi piani furono quindi mandati alle case Bread-

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CAPITOLO XXIII.Il vagone-projettile.

Compiuta la celebre Columbiade, la pubblica curiosi-tà si volse immediatamente al projettile, nuovo veicolodestinato a trasportare nello spazio i tre arditi avventu-rieri. Nessuno aveva dimenticato che col suo dispacciodel 30 settembre Michele Ardan domandava una modi-ficazione ai piani stabiliti dai membri del Comitato.

Il presidente Barbicane pensava allora con ragioneche la forma del proiettile poco importava, giacchè,dopo di aver attraversato l’atmosfera in pochi secondi, ilsuo viaggio doveva effettuarsi nel vuoto assoluto. Il Co-mitato aveva dunque adottato la forma rotonda, affinchèla palla potesse girare su sè stessa e comportarsi a pro-prio capriccio. Ma dal momento che la si trasformava inveicolo, era un altro paio di maniche. Michele Ardannon intendeva per nulla di viaggiare a modo degli sco-jattoli; voleva salire colla testa in alto, i piedi abbasso,con tanto sussiego come se fosse nella navicella di unpallone, più presto al certo, ma senza abbandonarsi aduna sequela di salti disdicevoli.

Nuovi piani furono quindi mandati alle case Bread-

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will e Comp. d’Albania, colla raccomandazione d’ese-guirli senza ritardo. Il projettile, così modificato, vennefuso il 2 novembre e spedito immediatamente a Stone’s-Hill colla strada ferrata dell’Est.

Il 10 arrivò senza ostacoli alla sua destinazione. Mi-chele Ardan, Barbicane e Nicholl aspettavano colla piùviva impazienza il vagone projettile nel quale dovevanoprender posto per volare alla scoperta del nuovo mondo.

Bisogna convenirne; era un magnifico pezzo di me-tallo, un prodotto metallurgico che faceva il maggioronore al genio industrioso degli Americani.

Per la prima volta erasi ottenuto l’alluminio in massacosì considerevole, il qual risultato, a giusto titolo, pote-va essere ritenuto come prodigioso. Questo preziosissi-mo projettile scintillava ai raggi del sole. A vederlo col-le sue forme imponenti, e ricoperto del conico cappello,facilmente sarebbesi potuto scambiare per una di quellegrosse torricelle, a mo’ di pepajole, che gli architettidell’età di mezzo sospendevano agli angoli dei forti.Non gli mancavano che le feritoie ed una banderuola.

— M'aspetto, esclamava Michele Ardan, di vederneuscire un armigero collo scudo ed il corsaletto d’accia-jo! Noi ci staremo come feudatarî, e, con un poco d’arti-glieria, si potrebbe resistere a tutti gli eserciti seleniti, sepure ve n’ha nella Luna!

— Dunque, ti accomoda il veicolo? chiese Barbicaneal suo amico.

— Sì! sì! senza dubbio, rispose Michele Ardan, chelo contemplava da artista. Mi spiace soltanto che le for-

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will e Comp. d’Albania, colla raccomandazione d’ese-guirli senza ritardo. Il projettile, così modificato, vennefuso il 2 novembre e spedito immediatamente a Stone’s-Hill colla strada ferrata dell’Est.

Il 10 arrivò senza ostacoli alla sua destinazione. Mi-chele Ardan, Barbicane e Nicholl aspettavano colla piùviva impazienza il vagone projettile nel quale dovevanoprender posto per volare alla scoperta del nuovo mondo.

Bisogna convenirne; era un magnifico pezzo di me-tallo, un prodotto metallurgico che faceva il maggioronore al genio industrioso degli Americani.

Per la prima volta erasi ottenuto l’alluminio in massacosì considerevole, il qual risultato, a giusto titolo, pote-va essere ritenuto come prodigioso. Questo preziosissi-mo projettile scintillava ai raggi del sole. A vederlo col-le sue forme imponenti, e ricoperto del conico cappello,facilmente sarebbesi potuto scambiare per una di quellegrosse torricelle, a mo’ di pepajole, che gli architettidell’età di mezzo sospendevano agli angoli dei forti.Non gli mancavano che le feritoie ed una banderuola.

— M'aspetto, esclamava Michele Ardan, di vederneuscire un armigero collo scudo ed il corsaletto d’accia-jo! Noi ci staremo come feudatarî, e, con un poco d’arti-glieria, si potrebbe resistere a tutti gli eserciti seleniti, sepure ve n’ha nella Luna!

— Dunque, ti accomoda il veicolo? chiese Barbicaneal suo amico.

— Sì! sì! senza dubbio, rispose Michele Ardan, chelo contemplava da artista. Mi spiace soltanto che le for-

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me non siano più snelle, grazioso il cono: si sarebbe do-vuto terminarlo con un pennacchio d’ornamenti di me-tallo rabescato o con una chimera: per esempio, un dra-go, una salamandra che esce dal fuoco coll’ali aperte ele fauci spalancate.

— A qual pro'! disse Barbicane, la cui mente positivanon era troppo suscettibile alla bellezza dell’arte.

— A qual pro', Barbicane! Ohimè! poichè tu me lochiedi, temo che tu non lo comprenda mai!

— Di’ pure, mio caro collega.— Ebbene, secondo me, bisogna sempre mettere un

pochetto d’arte in quello che si fa; è molto meglio. Co-nosci tu un componimento indiano che ha per titolo: Ilcarro del bambino?

— Neppure di nome, rispose Barbicane.— Ciò non mi sorprende, rispose Michele Ardan.

Sappi dunque che in questo componimento c’è un ladroil quale, nel momento di forare il muro di una casa,chiede a sè stesso se darà al buco la forma di una lira, diun fiore, d’un uccello o d’un’anfora! Ebbene, dimmi,amico Barbicane: se in quel tempo tu fossi stato mem-bro del giurì, avresti condannato il ladro?

— Senza rifletterci un minuto, rispose il presidentedel Gun-Club, e colla circostanza aggravante di rottura.

— Ed io l’avrei rilasciato libero, amico mio! Eccoperchè tu non potrai mai comprendermi.

— Nè lo tenterò neppure, mio eccellente artista.— Almeno, riprese Michele Ardan, poichè l’esterno

del nostro vagone projettile lascia qualcosa a desiderare,

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me non siano più snelle, grazioso il cono: si sarebbe do-vuto terminarlo con un pennacchio d’ornamenti di me-tallo rabescato o con una chimera: per esempio, un dra-go, una salamandra che esce dal fuoco coll’ali aperte ele fauci spalancate.

— A qual pro'! disse Barbicane, la cui mente positivanon era troppo suscettibile alla bellezza dell’arte.

— A qual pro', Barbicane! Ohimè! poichè tu me lochiedi, temo che tu non lo comprenda mai!

— Di’ pure, mio caro collega.— Ebbene, secondo me, bisogna sempre mettere un

pochetto d’arte in quello che si fa; è molto meglio. Co-nosci tu un componimento indiano che ha per titolo: Ilcarro del bambino?

— Neppure di nome, rispose Barbicane.— Ciò non mi sorprende, rispose Michele Ardan.

Sappi dunque che in questo componimento c’è un ladroil quale, nel momento di forare il muro di una casa,chiede a sè stesso se darà al buco la forma di una lira, diun fiore, d’un uccello o d’un’anfora! Ebbene, dimmi,amico Barbicane: se in quel tempo tu fossi stato mem-bro del giurì, avresti condannato il ladro?

— Senza rifletterci un minuto, rispose il presidentedel Gun-Club, e colla circostanza aggravante di rottura.

— Ed io l’avrei rilasciato libero, amico mio! Eccoperchè tu non potrai mai comprendermi.

— Nè lo tenterò neppure, mio eccellente artista.— Almeno, riprese Michele Ardan, poichè l’esterno

del nostro vagone projettile lascia qualcosa a desiderare,

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mi si permetterà di arredarlo a mio talento, e con tutto illusso che si conviene ad ambasciatori della Terra.

— A questo riguardo, mio bravo Michele, risposeBarbicane, agirai a tuo talento, e noi permetteremo chetu così faccia.

Invece di pensare all’aggradevole il presidente delGun-Club aveva pensato all’utile, ed i mezzi da lui in-ventati per iscemare gli effetti della scossa furono appli-cati con perfetta intelligenza.

Barbicane aveva detto in cuor suo, e non senza ragio-ne, che nessuna molla sarebbe sì potente da render nullol’urto, e durante la famosa passeggiata nel bosco diSkernaw, aveva conchiuso col risolvere questa grandedifficoltà in modo ingegnoso. Si è all’acqua ch’egli con-tava di domandare un servigio tanto segnalato. Ecco inqual guisa.

Il projettile doveva essere riempiuto all’altezza di trepiedi di uno strato d’acqua destinato a sopportare un di-sco di legno perfettamente chiuso che scorreva a sfrega-mento sulle pareti interne del projettile. I viaggiatori pi-gliavano posto su questa vera zattera. Quanto alla massaliquida, era divisa da tramezzi orizzontali, che l’urtodella partenza doveva spezzare successivamente. Alloraogni strato d’acqua, dal più basso al più alto, sfuggendoda tubi scaricatori verso la parte superiore del projettile,giungeva così a far da molla, e il disco munito esso puredi turaccioli saldissimi, non poteva urtare la culatta infe-riore che dopo lo schiacciamento successivo dei diversitramezzi. Senza dubbio i viaggiatori proverebbero una

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mi si permetterà di arredarlo a mio talento, e con tutto illusso che si conviene ad ambasciatori della Terra.

— A questo riguardo, mio bravo Michele, risposeBarbicane, agirai a tuo talento, e noi permetteremo chetu così faccia.

Invece di pensare all’aggradevole il presidente delGun-Club aveva pensato all’utile, ed i mezzi da lui in-ventati per iscemare gli effetti della scossa furono appli-cati con perfetta intelligenza.

Barbicane aveva detto in cuor suo, e non senza ragio-ne, che nessuna molla sarebbe sì potente da render nullol’urto, e durante la famosa passeggiata nel bosco diSkernaw, aveva conchiuso col risolvere questa grandedifficoltà in modo ingegnoso. Si è all’acqua ch’egli con-tava di domandare un servigio tanto segnalato. Ecco inqual guisa.

Il projettile doveva essere riempiuto all’altezza di trepiedi di uno strato d’acqua destinato a sopportare un di-sco di legno perfettamente chiuso che scorreva a sfrega-mento sulle pareti interne del projettile. I viaggiatori pi-gliavano posto su questa vera zattera. Quanto alla massaliquida, era divisa da tramezzi orizzontali, che l’urtodella partenza doveva spezzare successivamente. Alloraogni strato d’acqua, dal più basso al più alto, sfuggendoda tubi scaricatori verso la parte superiore del projettile,giungeva così a far da molla, e il disco munito esso puredi turaccioli saldissimi, non poteva urtare la culatta infe-riore che dopo lo schiacciamento successivo dei diversitramezzi. Senza dubbio i viaggiatori proverebbero una

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scossa violenta, in seguito alla fuga completa della mas-sa liquida; ma il primo urto doveva essere quasi per in-tero ammorzato da questa molla di grande robustezza.

È vero che tre piedi d’acqua sopra una superficie dicinquantaquattro piedi quadrati dovevano pesare quasiundicimila e cinquecento libbre; ma lo sprigionamentodei gas accumulati della Columbiade bastava, secondoBarbicane, a vincere siffatto aumento di peso; del restol’urto doveva scacciare tutta l’acqua in meno di un se-condo, ed il projettile avrebbe ripigliato prontamente ilsuo peso normale.

Ecco ciò che aveva immaginato il presidente del Gun-Club, e in qual modo egli ritenesse di aver risolto lagran questione della scossa. Epperò questo lavoro, bencompreso dagli ingegneri della casa Breadwill, fu ese-guito a meraviglia; una volta prodotto l’effetto e scac-ciata l’acqua al difuori, i viaggiatori potevano sbarazzar-si facilmente dei tramezzi spezzati, e togliere il discomobile che li sosteneva al momento della partenza.

Quanto alle pareti superiori del projettile, erano rive-stite di una grossa imbottitura di cuoio, applicata sopraspirali del miglior acciaio, che avevano l’elasticità dellemolle d’orologio. I tubi scaricatori, mascheratidall’imbottitura, non lasciavano neppur supporre la loroesistenza.

Erano dunque state prese tutte le precauzioni immagi-nabili per ammorzare il primo urto. «Per lasciarsischiacciare, diceva Michele Ardan, bisognerebbe esseredi cattivissima costruzione.»

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scossa violenta, in seguito alla fuga completa della mas-sa liquida; ma il primo urto doveva essere quasi per in-tero ammorzato da questa molla di grande robustezza.

È vero che tre piedi d’acqua sopra una superficie dicinquantaquattro piedi quadrati dovevano pesare quasiundicimila e cinquecento libbre; ma lo sprigionamentodei gas accumulati della Columbiade bastava, secondoBarbicane, a vincere siffatto aumento di peso; del restol’urto doveva scacciare tutta l’acqua in meno di un se-condo, ed il projettile avrebbe ripigliato prontamente ilsuo peso normale.

Ecco ciò che aveva immaginato il presidente del Gun-Club, e in qual modo egli ritenesse di aver risolto lagran questione della scossa. Epperò questo lavoro, bencompreso dagli ingegneri della casa Breadwill, fu ese-guito a meraviglia; una volta prodotto l’effetto e scac-ciata l’acqua al difuori, i viaggiatori potevano sbarazzar-si facilmente dei tramezzi spezzati, e togliere il discomobile che li sosteneva al momento della partenza.

Quanto alle pareti superiori del projettile, erano rive-stite di una grossa imbottitura di cuoio, applicata sopraspirali del miglior acciaio, che avevano l’elasticità dellemolle d’orologio. I tubi scaricatori, mascheratidall’imbottitura, non lasciavano neppur supporre la loroesistenza.

Erano dunque state prese tutte le precauzioni immagi-nabili per ammorzare il primo urto. «Per lasciarsischiacciare, diceva Michele Ardan, bisognerebbe esseredi cattivissima costruzione.»

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Page 221: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

Il projettile misurava esternamente nove piedi di lar-ghezza e dodici di altezza. Per non oltrepassare il pesoassegnato, erasi un poco diminuito lo spessore e rinfor-zata la parte inferiore che doveva sopportare tutta la vio-lenza dei gas sviluppati per la conflagrazione del piros-silo. Così avviene, del resto, nelle bombe e negli obicicilindro-conici, la culatta de’ quali è sempre più grossa.

Penetravasi nella torre metallica da una stretta apertu-ra praticata nelle pareti del cono, e simile ai buchi dellecaldaie a vapore. Chiudevasi questa ermeticamente colmezzo di una lastra d’alluminio, trattenuta nell’internoda robuste viti di pressione. I viaggiatori potevano dun-que uscire a loro beneplacito dalla prigione mobile, nonappena avessero raggiunto l’astro delle notti.

Ma non bastava l’andare, bisognava vederci strada fa-cendo. Nulla riuscì più facile. Di fatto, sotto l’imbottitu-ra, trovavansi quattro grandi lenti di cristallo assai gros-so: due assicurate nella parte circolare del projettile, unaterza nella parte inferiore, ed una quarta nel suo cappel-lo conico. I viaggiatori sarebbero dunque in grado di os-servare, durante la loro corsa, la Terra che abbandonava-no, la Luna a cui si avvicinavano, e gli spazi del cielocosparsi di stelle. Però queste lenti erano protette controgli urti della partenza da corazze solidamente incastrate,che facilmente potevansi lasciar cadere al di fuori svi-tando interni catenacci. In tal guisa l’aria contenuta nelprojettile non isfuggiva e le osservazioni diventavanopossibili.

Tutti questi congegni, con accortezza ammirabile or-

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Il projettile misurava esternamente nove piedi di lar-ghezza e dodici di altezza. Per non oltrepassare il pesoassegnato, erasi un poco diminuito lo spessore e rinfor-zata la parte inferiore che doveva sopportare tutta la vio-lenza dei gas sviluppati per la conflagrazione del piros-silo. Così avviene, del resto, nelle bombe e negli obicicilindro-conici, la culatta de’ quali è sempre più grossa.

Penetravasi nella torre metallica da una stretta apertu-ra praticata nelle pareti del cono, e simile ai buchi dellecaldaie a vapore. Chiudevasi questa ermeticamente colmezzo di una lastra d’alluminio, trattenuta nell’internoda robuste viti di pressione. I viaggiatori potevano dun-que uscire a loro beneplacito dalla prigione mobile, nonappena avessero raggiunto l’astro delle notti.

Ma non bastava l’andare, bisognava vederci strada fa-cendo. Nulla riuscì più facile. Di fatto, sotto l’imbottitu-ra, trovavansi quattro grandi lenti di cristallo assai gros-so: due assicurate nella parte circolare del projettile, unaterza nella parte inferiore, ed una quarta nel suo cappel-lo conico. I viaggiatori sarebbero dunque in grado di os-servare, durante la loro corsa, la Terra che abbandonava-no, la Luna a cui si avvicinavano, e gli spazi del cielocosparsi di stelle. Però queste lenti erano protette controgli urti della partenza da corazze solidamente incastrate,che facilmente potevansi lasciar cadere al di fuori svi-tando interni catenacci. In tal guisa l’aria contenuta nelprojettile non isfuggiva e le osservazioni diventavanopossibili.

Tutti questi congegni, con accortezza ammirabile or-

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dinati, funzionavano colla maggior facilità: nè gli inge-gneri eransi addimostrati meno intelligenti nell’arredareil vagone-projettile.

Alcuni vasi assicurati solidamente erano destinati acontener l’acqua ed i viveri necessari ai tre coraggiosi;questi potevano anche procurarsi fuoco e luce col mezzodel gas contenuto in un recipiente speciale sotto unapressione di parecchie atmosfere. Bastava girare un ru-binetto, e per sei giorni quel gas doveva illuminare e ri-scaldare il comodo veicolo. Come si vede, nulla manca-va delle cose essenziali alla vita, del pari che agli agi.Inoltre, in virtù degli istinti di Michele Ardan, l’aggra-devole venne ad unirsi all’utile sotto forma di oggettid’arte; del suo projettile avrebbe fatto un vero studiod’artista, se lo spazio non gli fosse mancato. Del restosarebbe in inganno chi supponesse che tre persone do-vessero trovarsi a disagio in quella torre di metallo. Essaaveva una superficie di cinquantaquattro piedi quadraticirca, su dieci piedi d’altezza, la quale proporzione per-metteva ai suoi ospiti una certa libertà di movimento.Nel più comodo vagone degli Stati Uniti non sarebberostati meglio.

Risolte le questioni dei viveri e dell’illuminazione, ri-maneva quella dell’aria. Era evidente che l’aria rinchiu-sa nel proiettile non basterebbe per quattro giorni allarespirazione de’ viaggiatori: ogni uomo, infatti, consu-ma in un’ora circa tutto l’ossigeno contenuto in cento li-tri d’aria. Barbicane, i suoi due compagni e i due caniche volevano condur seco, dovevano consumare in ven-

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dinati, funzionavano colla maggior facilità: nè gli inge-gneri eransi addimostrati meno intelligenti nell’arredareil vagone-projettile.

Alcuni vasi assicurati solidamente erano destinati acontener l’acqua ed i viveri necessari ai tre coraggiosi;questi potevano anche procurarsi fuoco e luce col mezzodel gas contenuto in un recipiente speciale sotto unapressione di parecchie atmosfere. Bastava girare un ru-binetto, e per sei giorni quel gas doveva illuminare e ri-scaldare il comodo veicolo. Come si vede, nulla manca-va delle cose essenziali alla vita, del pari che agli agi.Inoltre, in virtù degli istinti di Michele Ardan, l’aggra-devole venne ad unirsi all’utile sotto forma di oggettid’arte; del suo projettile avrebbe fatto un vero studiod’artista, se lo spazio non gli fosse mancato. Del restosarebbe in inganno chi supponesse che tre persone do-vessero trovarsi a disagio in quella torre di metallo. Essaaveva una superficie di cinquantaquattro piedi quadraticirca, su dieci piedi d’altezza, la quale proporzione per-metteva ai suoi ospiti una certa libertà di movimento.Nel più comodo vagone degli Stati Uniti non sarebberostati meglio.

Risolte le questioni dei viveri e dell’illuminazione, ri-maneva quella dell’aria. Era evidente che l’aria rinchiu-sa nel proiettile non basterebbe per quattro giorni allarespirazione de’ viaggiatori: ogni uomo, infatti, consu-ma in un’ora circa tutto l’ossigeno contenuto in cento li-tri d’aria. Barbicane, i suoi due compagni e i due caniche volevano condur seco, dovevano consumare in ven-

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tiquattro ore duemila e quattrocento litri d’ossigeno, o,in peso, circa sette libbre. Bisognava dunque rinnovarel’aria del proiettile. In qual modo? Con un processosemplicissimo: quello dei signori Reiset e Regnault, eaccennato da Michele Ardan durante la discussione delmeeting.

È noto che l’aria componesi principalmente di ventu-na parti d’ossigeno e di settantanove d’azoto. Ora, cheavviene nell’atto della respirazione? Un fenomeno sem-plicissimo. L’uomo assorbe l’ossigeno dell’aria, emi-nentemente atto a mantenere la vita, e respinge l’azotointatto. L’aria aspirata ha perduto quasi il cinque percento del suo ossigeno, e contiene allora un volumepresso a poco uguale d’acido carbonico, prodotto defini-tivo della combustione degli elementi del sangue peropera dell’ossigeno aspirato. Accade quindi che in unluogo chiuso, e dopo un certo tempo, tutto l’ossigenodell’aria è surrogato dall’acido carbonico, gas essenzial-mente deleterio.

La quistione riducevasi allora a ciò: essendosi conser-vato l’azoto intatto, 1. riprodurre l’ossigeno assorbito; 2.distruggere l’acido carbonico espirato. Nulla di più faci-le col mezzo del clorato di potassa e della potassa cau-stica. Il clorato di potassa è un sale che si presenta sottola forma di pagliuzze bianche; portato ad una temperatu-ra superiore a quattrocento gradi, si trasforma in clorurodi potassio, e l’ossigeno che contiene si sviluppa intera-mente. Ora, diciotto libbre di clorato di potassa dannosette libbre d’ossigeno, cioè la quantità necessaria al

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tiquattro ore duemila e quattrocento litri d’ossigeno, o,in peso, circa sette libbre. Bisognava dunque rinnovarel’aria del proiettile. In qual modo? Con un processosemplicissimo: quello dei signori Reiset e Regnault, eaccennato da Michele Ardan durante la discussione delmeeting.

È noto che l’aria componesi principalmente di ventu-na parti d’ossigeno e di settantanove d’azoto. Ora, cheavviene nell’atto della respirazione? Un fenomeno sem-plicissimo. L’uomo assorbe l’ossigeno dell’aria, emi-nentemente atto a mantenere la vita, e respinge l’azotointatto. L’aria aspirata ha perduto quasi il cinque percento del suo ossigeno, e contiene allora un volumepresso a poco uguale d’acido carbonico, prodotto defini-tivo della combustione degli elementi del sangue peropera dell’ossigeno aspirato. Accade quindi che in unluogo chiuso, e dopo un certo tempo, tutto l’ossigenodell’aria è surrogato dall’acido carbonico, gas essenzial-mente deleterio.

La quistione riducevasi allora a ciò: essendosi conser-vato l’azoto intatto, 1. riprodurre l’ossigeno assorbito; 2.distruggere l’acido carbonico espirato. Nulla di più faci-le col mezzo del clorato di potassa e della potassa cau-stica. Il clorato di potassa è un sale che si presenta sottola forma di pagliuzze bianche; portato ad una temperatu-ra superiore a quattrocento gradi, si trasforma in clorurodi potassio, e l’ossigeno che contiene si sviluppa intera-mente. Ora, diciotto libbre di clorato di potassa dannosette libbre d’ossigeno, cioè la quantità necessaria al

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viaggiatore per ventiquattro ore. Ecco la maniera di ri-produrre l’ossigeno.

Quanto alla potassa caustica, è una materia avidissi-ma dell’acido carbonico misto all’aria, e basta agitarlaperchè se ne separi e formi il bicarbonato di potassa.Ecco il modo di assorbire l’acido carbonico.

Combinando questi due mezzi, si è certi di rendereall’aria viziata tutte le sue qualità vivificanti. Ciò èquanto avevano esperimentato con buon esito i due chi-mici Reiset e Regnault.

Ma, bisogna dirlo, l’esperienza aveva avuto luogofino allora in anima vili. Qualunque fosse la sua preci-sione scientifica, ignoravasi assolutamente come l’uomoavrebbe potuto sopportarla.

Tale fu l’osservazione fatta alla seduta in cui si trattòquesto grave argomento. Michele Ardan non volevamettere in dubbio la possibilità di vivere col mezzodell’aria artificiale, e si offerse di farne il tentativo pri-ma della partenza.

Ma l’onore della prova fu reclamato energicamenteda J. T. Maston.

— Dal momento che non parto, disse il bravo artiglie-re, che almeno possa abitare nel projettile otto giorni.

Sarebbe stata scortesia il rifiutare. Tutti annuirono.Una quantità sufficiente di clorato di potassa e di potas-sa caustica fu posta a sua disposizione con viveri perotto giorni; poi, stretta la mano agli amici, il 12 novem-bre, alle sei del mattino, dopo aver espressamente racco-mandato di non aprirgli la prigione prima del venti alle

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viaggiatore per ventiquattro ore. Ecco la maniera di ri-produrre l’ossigeno.

Quanto alla potassa caustica, è una materia avidissi-ma dell’acido carbonico misto all’aria, e basta agitarlaperchè se ne separi e formi il bicarbonato di potassa.Ecco il modo di assorbire l’acido carbonico.

Combinando questi due mezzi, si è certi di rendereall’aria viziata tutte le sue qualità vivificanti. Ciò èquanto avevano esperimentato con buon esito i due chi-mici Reiset e Regnault.

Ma, bisogna dirlo, l’esperienza aveva avuto luogofino allora in anima vili. Qualunque fosse la sua preci-sione scientifica, ignoravasi assolutamente come l’uomoavrebbe potuto sopportarla.

Tale fu l’osservazione fatta alla seduta in cui si trattòquesto grave argomento. Michele Ardan non volevamettere in dubbio la possibilità di vivere col mezzodell’aria artificiale, e si offerse di farne il tentativo pri-ma della partenza.

Ma l’onore della prova fu reclamato energicamenteda J. T. Maston.

— Dal momento che non parto, disse il bravo artiglie-re, che almeno possa abitare nel projettile otto giorni.

Sarebbe stata scortesia il rifiutare. Tutti annuirono.Una quantità sufficiente di clorato di potassa e di potas-sa caustica fu posta a sua disposizione con viveri perotto giorni; poi, stretta la mano agli amici, il 12 novem-bre, alle sei del mattino, dopo aver espressamente racco-mandato di non aprirgli la prigione prima del venti alle

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sei di sera, egli si lasciò calare nel projettile, la cui aper-tura fu ermeticamente chiusa.

Che avveniva durante questi otto giorni? Era impossi-bile saperlo. La grossezza del proiettile impediva a qual-siasi rumore di farsi udire al di fuori.

Il 20 di novembre, alle sei ore precise, fu ritirata la la-stra: gli amici di J. T. Maston non potevano dire di esse-re perfettamente tranquilli. Ma furono tosto rinfrancatiall’udir un’allegra voce mandare un ah! formidabile.

Nello stesso momento il segretario del Gun-Club ap-parve al vertice del cono in atteggiamento trionfale.

Era ingrassato!

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sei di sera, egli si lasciò calare nel projettile, la cui aper-tura fu ermeticamente chiusa.

Che avveniva durante questi otto giorni? Era impossi-bile saperlo. La grossezza del proiettile impediva a qual-siasi rumore di farsi udire al di fuori.

Il 20 di novembre, alle sei ore precise, fu ritirata la la-stra: gli amici di J. T. Maston non potevano dire di esse-re perfettamente tranquilli. Ma furono tosto rinfrancatiall’udir un’allegra voce mandare un ah! formidabile.

Nello stesso momento il segretario del Gun-Club ap-parve al vertice del cono in atteggiamento trionfale.

Era ingrassato!

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CAPITOLO XXIV.Il telescopio delle montagne rocciose.

Il 20 ottobre dell'anno precedente, chiusa che fu lasottoscrizione, il presidente del Gun-Club aveva accre-ditato l'Osservatorio di Cambridge delle somme neces-sarie alla costruzione di un vasto istrumento d'ottica.Quest'apparecchio, cannocchiale o telescopio, dovevaessere forte abbastanza da rendere visibile alla superfi-cie della Luna un oggetto largo almeno nove piedi.

C'è una differenza importante fra il cannocchiale ed iltelescopio, e qui è bene accennarla. Il cannocchiale sicompone di un tubo che porta all'estremità superiore unalente convessa chiamata obbiettivo, ed all'estremità infe-riore una seconda lente chiamata oculare, alla quale ap-plicasi l'occhio dell'osservatore. I raggi emanati,dall'oggetto luminoso traversano la prima lente e vanno,per rifrazione, a formare un'imagine rovesciata dal suofoco.81 Quest'imagine osservasi coll'oculare, che ingros-sa esattamente come farebbe una lente. Il tubo del can-nocchiale è dunque chiuso all'estremità dall'oggetto e

81 È il punto in cui i raggi luminosi si riuniscono dopo di es-sere stati rifratti.

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CAPITOLO XXIV.Il telescopio delle montagne rocciose.

Il 20 ottobre dell'anno precedente, chiusa che fu lasottoscrizione, il presidente del Gun-Club aveva accre-ditato l'Osservatorio di Cambridge delle somme neces-sarie alla costruzione di un vasto istrumento d'ottica.Quest'apparecchio, cannocchiale o telescopio, dovevaessere forte abbastanza da rendere visibile alla superfi-cie della Luna un oggetto largo almeno nove piedi.

C'è una differenza importante fra il cannocchiale ed iltelescopio, e qui è bene accennarla. Il cannocchiale sicompone di un tubo che porta all'estremità superiore unalente convessa chiamata obbiettivo, ed all'estremità infe-riore una seconda lente chiamata oculare, alla quale ap-plicasi l'occhio dell'osservatore. I raggi emanati,dall'oggetto luminoso traversano la prima lente e vanno,per rifrazione, a formare un'imagine rovesciata dal suofoco.81 Quest'imagine osservasi coll'oculare, che ingros-sa esattamente come farebbe una lente. Il tubo del can-nocchiale è dunque chiuso all'estremità dall'oggetto e

81 È il punto in cui i raggi luminosi si riuniscono dopo di es-sere stati rifratti.

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dall'oculare.All'opposto, il tubo del telescopio è aperto all'estremi-

tà superiore. I raggi partiti dall'oggetto osservato vi pe-netrano liberamente e vanno a colpire uno specchio me-tallico concavo, cioè convergente. Di là i raggi riflessiincontrano uno specchietto che li rimanda all'oculare,disposto in modo da ingrossare l'imagine prodotta.

Così, nei cannocchiali, la rifrazione rappresenta laparte principale, e nei telescopi, invece, si è la riflessio-ne. D'onde il nome di refrattori dato ai primi, e quello diriflettori attribuito ai secondi. Tutta la difficoltà di ese-cuzione di questi apparecchi d'ottica consiste nella fab-bricazione degli oggettivi, siano lenti o specchi metalli-ci.

Però, nel tempo in cui il Gun-Club tentò il suo mera-viglioso esperimento, tali istrumenti erano in ispecialguisa perfezionati, e davano magnifici risultati. Era lon-tano il tempo nel quale Galileo osservava gli astri colsuo povero cannocchiale, che ingrandiva sette volte alpiù. Dal sedicesimo secolo gli apparecchi d'ottica s'allar-garono e s'allungarono in proporzioni considerevoli, epermisero di misurare gli spazi stellari ad una profonditàfino allora sconosciuta. Fra gli istrumenti refrattori chefunzionavano in quel tempo, citavasi il cannocchialedell'osservatorio di Pulkawa in Russia, il cui oggettivomisura quindici pollici (38 centimetri di larghezza)82; ilcannocchiale dell'ottico francese Lerebours, provvisto di

82 È costato 80,000 rubli (320,000 franchi).

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dall'oculare.All'opposto, il tubo del telescopio è aperto all'estremi-

tà superiore. I raggi partiti dall'oggetto osservato vi pe-netrano liberamente e vanno a colpire uno specchio me-tallico concavo, cioè convergente. Di là i raggi riflessiincontrano uno specchietto che li rimanda all'oculare,disposto in modo da ingrossare l'imagine prodotta.

Così, nei cannocchiali, la rifrazione rappresenta laparte principale, e nei telescopi, invece, si è la riflessio-ne. D'onde il nome di refrattori dato ai primi, e quello diriflettori attribuito ai secondi. Tutta la difficoltà di ese-cuzione di questi apparecchi d'ottica consiste nella fab-bricazione degli oggettivi, siano lenti o specchi metalli-ci.

Però, nel tempo in cui il Gun-Club tentò il suo mera-viglioso esperimento, tali istrumenti erano in ispecialguisa perfezionati, e davano magnifici risultati. Era lon-tano il tempo nel quale Galileo osservava gli astri colsuo povero cannocchiale, che ingrandiva sette volte alpiù. Dal sedicesimo secolo gli apparecchi d'ottica s'allar-garono e s'allungarono in proporzioni considerevoli, epermisero di misurare gli spazi stellari ad una profonditàfino allora sconosciuta. Fra gli istrumenti refrattori chefunzionavano in quel tempo, citavasi il cannocchialedell'osservatorio di Pulkawa in Russia, il cui oggettivomisura quindici pollici (38 centimetri di larghezza)82; ilcannocchiale dell'ottico francese Lerebours, provvisto di

82 È costato 80,000 rubli (320,000 franchi).

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un oggettivo uguale al precedente, e infine il cannoc-chiale dell'Osservatorio di Cambridge, munito di un og-gettivo del diametro di diciannove pollici (48 centime-tri).

Tra i Telescopi se ne conoscevano due di potenza no-tevole e di gigantesche proporzioni. Il primo costruitoda Herschel, era lungo trentasei piedi e possedeva unospecchio largo quattro e mezzo; esso permetteva di otte-nere ingrandimenti di seimila volte. Il secondo era in Ir-landa, a Birrcastle, nel parco di Parsonstown, ed appar-teneva a lord Rosse. La lunghezza del suo tubo era diquarantotto piedi, la larghezza dello specchio di sei (1metro e 93 cent.)83, ingrandiva seimila e quattrocentovolte, ed era stata necessaria una grande costruzione inmuratura per disporre gli apparecchi necessari alla ma-novra dell'istrumento che pesava ventottomila libbre.

Ma, come vedesi, e malgrado tali straordinarie di-mensioni, gl'ingrandimenti ottenuti non oltrepassavanole seimila volte in numero tondo; ora un ingrandimentodi seimila volte non avvicina la Luna che a trentanove

83 Si ode spesso parlar di cannocchiali di lunghezze assai piùconsiderevoli. Uno fra gli altri di 300 piedi di foco, fu stabilitoper opera di Domenico Cassini all'Osservatorio di Parigi; ma bi-sogna sapere che questi cannocchiali non avevano tubo. L'ogget-tivo era sospeso in aria col mezzo di pali, e l'osservatore, tenendoin mano l'oculare, ponevasi più esattamente che gli fosse possibi-le sul foco dell'oggettivo. Di leggeri si comprenderà quanto siffat-ti istrumenti fossero di malagevole uso, e la difficoltà che c'era dicentrare due lenti situate in queste condizioni.

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un oggettivo uguale al precedente, e infine il cannoc-chiale dell'Osservatorio di Cambridge, munito di un og-gettivo del diametro di diciannove pollici (48 centime-tri).

Tra i Telescopi se ne conoscevano due di potenza no-tevole e di gigantesche proporzioni. Il primo costruitoda Herschel, era lungo trentasei piedi e possedeva unospecchio largo quattro e mezzo; esso permetteva di otte-nere ingrandimenti di seimila volte. Il secondo era in Ir-landa, a Birrcastle, nel parco di Parsonstown, ed appar-teneva a lord Rosse. La lunghezza del suo tubo era diquarantotto piedi, la larghezza dello specchio di sei (1metro e 93 cent.)83, ingrandiva seimila e quattrocentovolte, ed era stata necessaria una grande costruzione inmuratura per disporre gli apparecchi necessari alla ma-novra dell'istrumento che pesava ventottomila libbre.

Ma, come vedesi, e malgrado tali straordinarie di-mensioni, gl'ingrandimenti ottenuti non oltrepassavanole seimila volte in numero tondo; ora un ingrandimentodi seimila volte non avvicina la Luna che a trentanove

83 Si ode spesso parlar di cannocchiali di lunghezze assai piùconsiderevoli. Uno fra gli altri di 300 piedi di foco, fu stabilitoper opera di Domenico Cassini all'Osservatorio di Parigi; ma bi-sogna sapere che questi cannocchiali non avevano tubo. L'ogget-tivo era sospeso in aria col mezzo di pali, e l'osservatore, tenendoin mano l'oculare, ponevasi più esattamente che gli fosse possibi-le sul foco dell'oggettivo. Di leggeri si comprenderà quanto siffat-ti istrumenti fossero di malagevole uso, e la difficoltà che c'era dicentrare due lenti situate in queste condizioni.

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miglia (16 leghe), e lascia scorgere soltanto gli oggettiche hanno sessanta piedi di diametro, a meno che questioggetti non siano allungatissimi.

Nel caso pratico, si trattava di un projettile largo novepiedi e lungo quindici; bisognava dunque avvicinare laLuna a cinque miglia (2 leghe) almeno, e, per ciò pro-durre ingrandimenti quarantottomila volte.

Tal era il quesito presentato all'Osservatorio di Cam-bridge. E non doveva essere respinto dalle difficoltà pe-cuniarie: solo rimanevano le difficoltà materiali.

Innanzi tutto si dovette decidere tra i telescopi ed icannocchiali. I cannocchiali presentano dei vantaggi so-pra i telescopi. A parità d'oggettivo, essi permettono diottenere ingrandimenti più considerevoli, perchè i raggiluminosi che traversano le lenti perdono meno perl'assorbimento che per la riflessione sullo specchio me-tallico dei telescopi. Ma la grossezza che si può dare aduna lente è limitata, giacchè, troppo grossa, non lasciapiù passare i raggi luminosi. Inoltre la fabbricazione diqueste vaste lenti è difficilissima e richiede un tempoconsiderevole, che si misura ad anni.

Epperò, sebbene le imagini fossero meglio rischiaratene' cannocchiali, vantaggio inapprezzabile quando sitratta d'osservare la Luna, la cui luce è semplicemente.riflessa, fu deciso di adoperare il telescopio, che è d'ese-cuzione più pronta e permette d'ottenere i maggiori in-grandimenti. Soltanto, siccome i raggi luminosi perdonogran parte della loro intensità attraversando l'atmosfera,il Gun-Club risolvette di collocare l'istrumento sopra

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miglia (16 leghe), e lascia scorgere soltanto gli oggettiche hanno sessanta piedi di diametro, a meno che questioggetti non siano allungatissimi.

Nel caso pratico, si trattava di un projettile largo novepiedi e lungo quindici; bisognava dunque avvicinare laLuna a cinque miglia (2 leghe) almeno, e, per ciò pro-durre ingrandimenti quarantottomila volte.

Tal era il quesito presentato all'Osservatorio di Cam-bridge. E non doveva essere respinto dalle difficoltà pe-cuniarie: solo rimanevano le difficoltà materiali.

Innanzi tutto si dovette decidere tra i telescopi ed icannocchiali. I cannocchiali presentano dei vantaggi so-pra i telescopi. A parità d'oggettivo, essi permettono diottenere ingrandimenti più considerevoli, perchè i raggiluminosi che traversano le lenti perdono meno perl'assorbimento che per la riflessione sullo specchio me-tallico dei telescopi. Ma la grossezza che si può dare aduna lente è limitata, giacchè, troppo grossa, non lasciapiù passare i raggi luminosi. Inoltre la fabbricazione diqueste vaste lenti è difficilissima e richiede un tempoconsiderevole, che si misura ad anni.

Epperò, sebbene le imagini fossero meglio rischiaratene' cannocchiali, vantaggio inapprezzabile quando sitratta d'osservare la Luna, la cui luce è semplicemente.riflessa, fu deciso di adoperare il telescopio, che è d'ese-cuzione più pronta e permette d'ottenere i maggiori in-grandimenti. Soltanto, siccome i raggi luminosi perdonogran parte della loro intensità attraversando l'atmosfera,il Gun-Club risolvette di collocare l'istrumento sopra

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una delle più alte montagne dell'Unione: ciò avrebbe di-minuito la densità degli strati d'aria.

Nei telescopi, come si è veduto, l'oculare, cioè la len-te posta all'occhio dell'osservatore, produce l'ingrandi-mento, e l'oggettivo che porta i maggiori ingrandimentiè quello il cui diametro è più considerevole e la distanzafocale più grande. Per ingrandire quarantottomila volte,bisognava superare in grandezza gli oggetti di Herschele di lord Rosse. Qui stava la difficoltà, imperocchè lafusione di tali specchi è operazione delicatissima.

Per buona ventura, alcuni anni innanzi un dottodell'Istituto di Francia, Leone Foucault, aveva trovatoun processo che rendeva facilissimo e prontissimo il pu-limento degli oggettivi, surrogando lo specchio metalli-co con specchi inargentati. Bastava fondere un pezzo dicristallo della grandezza voluta e metallizzarlo in segui-to con un sale di argento. Per la fabbricazionedell'oggettivo si fece uso di questo processo, i cui risul-tati furono eccellenti.

Inoltre lo si dispose secondo il metodo immaginato daHerschel pe' suoi telescopi. Nel grande apparecchiodell'astronomo di Slough, l'imagine degli oggetti, rifles-sa dallo specchio inclinato in fondo al tubo, veniva aformarsi all'altra sua estremità ov'era situato l'oculare.Così l'osservatore, invece di collocarsi alla parte inferio-re del tubo, portavasi alla parte superiore, e quivi, muni-to della sua lente, entrava nell'enorme cilindro. Talecombinazione aveva il vantaggio di sopprimere lo spec-chietto destinato a rimandar l'imagine all'oculare. Que-

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una delle più alte montagne dell'Unione: ciò avrebbe di-minuito la densità degli strati d'aria.

Nei telescopi, come si è veduto, l'oculare, cioè la len-te posta all'occhio dell'osservatore, produce l'ingrandi-mento, e l'oggettivo che porta i maggiori ingrandimentiè quello il cui diametro è più considerevole e la distanzafocale più grande. Per ingrandire quarantottomila volte,bisognava superare in grandezza gli oggetti di Herschele di lord Rosse. Qui stava la difficoltà, imperocchè lafusione di tali specchi è operazione delicatissima.

Per buona ventura, alcuni anni innanzi un dottodell'Istituto di Francia, Leone Foucault, aveva trovatoun processo che rendeva facilissimo e prontissimo il pu-limento degli oggettivi, surrogando lo specchio metalli-co con specchi inargentati. Bastava fondere un pezzo dicristallo della grandezza voluta e metallizzarlo in segui-to con un sale di argento. Per la fabbricazionedell'oggettivo si fece uso di questo processo, i cui risul-tati furono eccellenti.

Inoltre lo si dispose secondo il metodo immaginato daHerschel pe' suoi telescopi. Nel grande apparecchiodell'astronomo di Slough, l'imagine degli oggetti, rifles-sa dallo specchio inclinato in fondo al tubo, veniva aformarsi all'altra sua estremità ov'era situato l'oculare.Così l'osservatore, invece di collocarsi alla parte inferio-re del tubo, portavasi alla parte superiore, e quivi, muni-to della sua lente, entrava nell'enorme cilindro. Talecombinazione aveva il vantaggio di sopprimere lo spec-chietto destinato a rimandar l'imagine all'oculare. Que-

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Page 231: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

sta subiva una sola riflessione invece di due. Perciò era-vi un assai minor numero di raggi luminosi spenti;l'imagine appariva meno indebolita, finalmente ottene-vasi maggior chiarezza, vantaggio prezioso nell'osserva-zione che doveva esser fatta.84

Prese tali determinazioni, i lavori cominciarono. Se-condo i calcoli dell'ufficio dell'Osservatorio di Cambrid-ge, il tubo del nuovo riflettore doveva avere dugentot-tanta piedi di lunghezza, e lo specchio sedici piedi didiametro. Per quanto gigantesco fosse l'istrumento nonera da paragonarsi a quel telescopio, lungo diecimilapiedi (3 chilometri e mezzo), che l'astronomo Hookeproponeva di costruire alcuni anni sono. Tuttavia la col-locazione dell'apparecchio presentava molte difficoltà.

Quanto alla questione del luogo, fu prontamente risol-ta. Si trattava di scegliere un'alta montagna, e le altemontagne non sono numerose negli Stati Uniti.

Di fatto il sistema orografico di questo gran paese siriduce a due catene di mezzana altezza, tra le quali scor-re il magnifico Mississipì che gli Americani chiamereb-bero il re dei fiumi, se ammettessero una dignità realequalunque.

Ad oriente sono i monti Apalachi, la cui vetta più altanel New-Hampshire non oltrepassa cinquemila e seicen-to piedi, altezza modestissima.

A ponente, all'incontro, sonvi le montagne Rocciose,immensa catena che comincia allo stretto di Magellano,

84 Questi riflettori sono chiamati «Front view telescope».

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sta subiva una sola riflessione invece di due. Perciò era-vi un assai minor numero di raggi luminosi spenti;l'imagine appariva meno indebolita, finalmente ottene-vasi maggior chiarezza, vantaggio prezioso nell'osserva-zione che doveva esser fatta.84

Prese tali determinazioni, i lavori cominciarono. Se-condo i calcoli dell'ufficio dell'Osservatorio di Cambrid-ge, il tubo del nuovo riflettore doveva avere dugentot-tanta piedi di lunghezza, e lo specchio sedici piedi didiametro. Per quanto gigantesco fosse l'istrumento nonera da paragonarsi a quel telescopio, lungo diecimilapiedi (3 chilometri e mezzo), che l'astronomo Hookeproponeva di costruire alcuni anni sono. Tuttavia la col-locazione dell'apparecchio presentava molte difficoltà.

Quanto alla questione del luogo, fu prontamente risol-ta. Si trattava di scegliere un'alta montagna, e le altemontagne non sono numerose negli Stati Uniti.

Di fatto il sistema orografico di questo gran paese siriduce a due catene di mezzana altezza, tra le quali scor-re il magnifico Mississipì che gli Americani chiamereb-bero il re dei fiumi, se ammettessero una dignità realequalunque.

Ad oriente sono i monti Apalachi, la cui vetta più altanel New-Hampshire non oltrepassa cinquemila e seicen-to piedi, altezza modestissima.

A ponente, all'incontro, sonvi le montagne Rocciose,immensa catena che comincia allo stretto di Magellano,

84 Questi riflettori sono chiamati «Front view telescope».

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segue la costa occidentale dell'America meridionale sot-to il nome di Ande o Cordigliere, passa oltre l'istmo diPanama, e corre attraverso l'America del Nord fino allespiaggie del mar polare.

Queste montagne non sono altissime, e le Alpi ol'Imalaja le guarderebbero con supremo disprezzodall'alto della loro grandezza. Di fatto la più alta vettanon ha che diecimila e settecento piedi, mentre il monteBianco ne misura quattordicimila e quattrocentotrenta-nove; ed il Kintschindijnga85 ventiseimila e settecento-settantasei al disopra del livello del mare.

Ma poichè premeva al Gun-Club di tenersi tanto il te-lescopio quanto la Columbiade negli Stati dell'Unione,fu d'uopo contentarsi delle montagne Rocciose, e tutto ilmateriale occorrente fu diretto sulla cime di Lon's-Peak,nel territorio del Missuri.

Descrivere le difficoltà d'ogni natura che dovetterovincere gl'ingegneri americani, i prodigi di audacia e diabilità che seppero compire, la penna e la parola non lopotrebbero. Fu un vero esercizio di forza materiale emorale. Si dovettero trascinare sulla montagna macignienormi, pesanti masse di ferro lavorato gorne, i grossipezzi del cilindro, che il solo oggettivo pesava quasitrentamila libbre, al disopra del confine delle nevi per-petue, a più di diecimila piedi d'altezza, dopo di aver at-traversato diverse praterie, foreste impenetrabili, spa-ventose correnti, lungi dai centri popolati, in mezzo a

85 La più alta vetta dell'Imalaja.

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segue la costa occidentale dell'America meridionale sot-to il nome di Ande o Cordigliere, passa oltre l'istmo diPanama, e corre attraverso l'America del Nord fino allespiaggie del mar polare.

Queste montagne non sono altissime, e le Alpi ol'Imalaja le guarderebbero con supremo disprezzodall'alto della loro grandezza. Di fatto la più alta vettanon ha che diecimila e settecento piedi, mentre il monteBianco ne misura quattordicimila e quattrocentotrenta-nove; ed il Kintschindijnga85 ventiseimila e settecento-settantasei al disopra del livello del mare.

Ma poichè premeva al Gun-Club di tenersi tanto il te-lescopio quanto la Columbiade negli Stati dell'Unione,fu d'uopo contentarsi delle montagne Rocciose, e tutto ilmateriale occorrente fu diretto sulla cime di Lon's-Peak,nel territorio del Missuri.

Descrivere le difficoltà d'ogni natura che dovetterovincere gl'ingegneri americani, i prodigi di audacia e diabilità che seppero compire, la penna e la parola non lopotrebbero. Fu un vero esercizio di forza materiale emorale. Si dovettero trascinare sulla montagna macignienormi, pesanti masse di ferro lavorato gorne, i grossipezzi del cilindro, che il solo oggettivo pesava quasitrentamila libbre, al disopra del confine delle nevi per-petue, a più di diecimila piedi d'altezza, dopo di aver at-traversato diverse praterie, foreste impenetrabili, spa-ventose correnti, lungi dai centri popolati, in mezzo a

85 La più alta vetta dell'Imalaja.

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regioni selvagge, nelle quali ogni particolare dell'esi-stenza diventava un problema quasi insolubile. A dispet-to di tanti ostacoli, il genio degli Americani trionfò. Inmeno di un anno dal principio dei lavori, negli ultimigiorni del mese di settembre il gigantesto riflettore alza-va nello spazio il suo tubo di dugent'ottanta piedi. Essoera sospeso ad enorme telajo di ferro; un ingegnosomeccanismo permetteva di manovrarlo facilmente versotutti i punti del cielo, e di seguire gli astri da un orizzon-te all'altro durante il loro cammino nello spazio.

Era costato più di quattrocentomila dollari.86 La primavolta che fu appuntato sulla Luna, gli osservatori prova-rono un'emozione di curiosità ed inquietudine ad untempo. Che cosa avrebbero scoperto nel campo di queltelescopio che ingrandiva quarantottomila volte gli og-getti osservati? Popolazioni, greggi d'animali lunari, cit-tà, laghi, oceani? No, nulla che la scienza già non cono-scesse, e su tutti i punti del disco la natura vulcanicadella Luna potè essere determinata con precisione asso-luta.

Ma il telescopio delle montagne Rocciose, prima diservire al Gun-Club, rese immensi servigi all'astrono-mia. In virtù della sua potenza di penetrazione, le pro-fondità del cielo furono scandagliate fin negli ultimiconfini; il diametro apparente di gran numero di stellepotè essere misurato con esattezza, ed il signor Clark,

86 Un milione e seicentomila franchi.

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regioni selvagge, nelle quali ogni particolare dell'esi-stenza diventava un problema quasi insolubile. A dispet-to di tanti ostacoli, il genio degli Americani trionfò. Inmeno di un anno dal principio dei lavori, negli ultimigiorni del mese di settembre il gigantesto riflettore alza-va nello spazio il suo tubo di dugent'ottanta piedi. Essoera sospeso ad enorme telajo di ferro; un ingegnosomeccanismo permetteva di manovrarlo facilmente versotutti i punti del cielo, e di seguire gli astri da un orizzon-te all'altro durante il loro cammino nello spazio.

Era costato più di quattrocentomila dollari.86 La primavolta che fu appuntato sulla Luna, gli osservatori prova-rono un'emozione di curiosità ed inquietudine ad untempo. Che cosa avrebbero scoperto nel campo di queltelescopio che ingrandiva quarantottomila volte gli og-getti osservati? Popolazioni, greggi d'animali lunari, cit-tà, laghi, oceani? No, nulla che la scienza già non cono-scesse, e su tutti i punti del disco la natura vulcanicadella Luna potè essere determinata con precisione asso-luta.

Ma il telescopio delle montagne Rocciose, prima diservire al Gun-Club, rese immensi servigi all'astrono-mia. In virtù della sua potenza di penetrazione, le pro-fondità del cielo furono scandagliate fin negli ultimiconfini; il diametro apparente di gran numero di stellepotè essere misurato con esattezza, ed il signor Clark,

86 Un milione e seicentomila franchi.

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dell'ufficio di Cambridge, decompose la crab nebula87

del Toro; il che il riflettore di lord Rosse non aveva maipotuto fare.

87 Nebulosa che appare sotto la forma di un granchio.

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dell'ufficio di Cambridge, decompose la crab nebula87

del Toro; il che il riflettore di lord Rosse non aveva maipotuto fare.

87 Nebulosa che appare sotto la forma di un granchio.

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CAPITOLO XXV.Ultimi particolari.

Si era al 22 di novembre. La gran partenza doveva ef-fettuarsi dieci giorni dopo. Una sola operazione rimane-va ancora da condursi a buon fine, operazione delicata,pericolosa, che esigeva infinite precauzioni, e contro ilrisultato della quale il capitano Nicholi aveva fatta lasua terza scommessa. Si trattava infatti di caricare laColumbiade e d'introdurvi le quattrocentomila libbre dicotone fulminante. Nicholl aveva pensato, e forse nonsenza ragione, che il maneggiare una quantità sì spaven-tosa di pirossilo darebbe occasione a gravi catastrofi, eche in ogni caso questa massa straordinariamente esplo-siva s'infiammerebbe da sè sotto la pressione del projet-tile.

Eranvi in realtà gravi pericoli, accresciuti dalla non-curanza e dalla leggerezza degli Americani, che durantela guerra federale non guardavano tanto pel sottile e ca-ricavano le bombe collo sigaro in bocca. Ma premeva aBarbicane di riuscire e di non affondare in porto; epperòscelse i migliori operai, li fece lavorare sotto i suoi oc-chi, non li abbandonò un momento, e, a forza di pruden-

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CAPITOLO XXV.Ultimi particolari.

Si era al 22 di novembre. La gran partenza doveva ef-fettuarsi dieci giorni dopo. Una sola operazione rimane-va ancora da condursi a buon fine, operazione delicata,pericolosa, che esigeva infinite precauzioni, e contro ilrisultato della quale il capitano Nicholi aveva fatta lasua terza scommessa. Si trattava infatti di caricare laColumbiade e d'introdurvi le quattrocentomila libbre dicotone fulminante. Nicholl aveva pensato, e forse nonsenza ragione, che il maneggiare una quantità sì spaven-tosa di pirossilo darebbe occasione a gravi catastrofi, eche in ogni caso questa massa straordinariamente esplo-siva s'infiammerebbe da sè sotto la pressione del projet-tile.

Eranvi in realtà gravi pericoli, accresciuti dalla non-curanza e dalla leggerezza degli Americani, che durantela guerra federale non guardavano tanto pel sottile e ca-ricavano le bombe collo sigaro in bocca. Ma premeva aBarbicane di riuscire e di non affondare in porto; epperòscelse i migliori operai, li fece lavorare sotto i suoi oc-chi, non li abbandonò un momento, e, a forza di pruden-

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Page 236: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

za e di precauzione, seppe mettere dalla sua tutte le pro-babilità dì buon esito.

E innanzi tutto guardossi bene di condurre l'intero ca-rico nel recinto di Stone's-Hill. Lo fece venire a poco apoco in casse perfettamente chiuse. Le quattrocentomilalibbre di pirossilo erano state divise in pacchi da cinque-cento libbre: il che costituiva ottocento grossi cartocciconfezionati con la massima cura dai più abili razzaj diPensacola. Ogni cassa poteva contenerne dieci, e arriva-rono una dopo l'altra colla ferrovia di Tampa-Town; intal guisa non v'erano mai più di cinquemila libbre di pi-rossilo per volta nel recinto. Appena giunta, ogni cassaveniva scaricata da operai a piedi nudi, ed ogni cartoc-cio trasportato all'orificio della Columbiade, nella qualecalavasi col mezzo d'argani manovrati a braccia. Tutte lemacchine a vapore erano state allontanate, ed i fuochipiù leggeri spenti a due miglia all'ingiro. Era già troppoil dover preservare tali masse di cotone fulminato dagliardori del sole, anche in novembre; sicchè a preferenzalavoravasi di notte, sotto i raggi di una luce prodotta nelvuoto e che, col mezzo degli apparecchi Ruhmkorff,creava un chiarore artificiale fin nel fondo della Colum-biade. Quivi i cartocci erano collegati da un filo metalli-co88, destinato a portare simultaneamente la scintillaelettrica nel centro di ciascun d'essi.

Di fatto gli era col mezzo della pila che il fuoco dove-

88 In originale: “Quivi i cartocci erano da un filo metallico”.[Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

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za e di precauzione, seppe mettere dalla sua tutte le pro-babilità dì buon esito.

E innanzi tutto guardossi bene di condurre l'intero ca-rico nel recinto di Stone's-Hill. Lo fece venire a poco apoco in casse perfettamente chiuse. Le quattrocentomilalibbre di pirossilo erano state divise in pacchi da cinque-cento libbre: il che costituiva ottocento grossi cartocciconfezionati con la massima cura dai più abili razzaj diPensacola. Ogni cassa poteva contenerne dieci, e arriva-rono una dopo l'altra colla ferrovia di Tampa-Town; intal guisa non v'erano mai più di cinquemila libbre di pi-rossilo per volta nel recinto. Appena giunta, ogni cassaveniva scaricata da operai a piedi nudi, ed ogni cartoc-cio trasportato all'orificio della Columbiade, nella qualecalavasi col mezzo d'argani manovrati a braccia. Tutte lemacchine a vapore erano state allontanate, ed i fuochipiù leggeri spenti a due miglia all'ingiro. Era già troppoil dover preservare tali masse di cotone fulminato dagliardori del sole, anche in novembre; sicchè a preferenzalavoravasi di notte, sotto i raggi di una luce prodotta nelvuoto e che, col mezzo degli apparecchi Ruhmkorff,creava un chiarore artificiale fin nel fondo della Colum-biade. Quivi i cartocci erano collegati da un filo metalli-co88, destinato a portare simultaneamente la scintillaelettrica nel centro di ciascun d'essi.

Di fatto gli era col mezzo della pila che il fuoco dove-

88 In originale: “Quivi i cartocci erano da un filo metallico”.[Nota per l'edizione elettronica Manuzio]

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va essere comunicato a tutta quella massa di cotone ful-minante. I fili, circondati da materia isolante, riunivansiin un solo ad uno stretto foro praticato all'altezza a cuibisognava tenere il projettile; colà essi attraversavano lagrossa parete di ghisa e risalivano fino al suolo da unodegli spiragli del rivestimento di pietra conservato aquesto scopo. Giunto alla cima di Stone's-Hill, il filo,sostenuto da pali per un tratto di due miglia, univasi aduna potente pila di Bunzen, passando da un apparecchiointerruttore. Bastava dunque premere col dito il bottonedell'apparecchio, perchè la corrente fosse istantanea-mente ristabilita e mettesse il foco alle quattrocentomilalibbre di cotone fulminante. Ben s'intende che la pilanon doveva entrare in attività che all'ultimo momento.

Il 28 novembre gli ottocento cartocci erano dispostinel fondo della Columbiade. Questa parte dell'operazio-ne ritenevasi riuscita. Ma quante seccature, quante in-quietudini, quante lotte sopportate dal presidente Barbi-cane! Invano egli aveva proibita l'entrata di Stone's-Hill;ogni giorno i curiosi scalavano le palizzate, e alcuni,spingendo l'imprudenza fino alla pazzia, venivano a fu-mare tra le balle di cotone fulminante. Barbicanes'arrabbiava ogni giorno. J. T. Maston lo secondava me-glio che poteva, dando la caccia agli intrusi con grandevigore, e raccogliendo i mozziconi di sigaro ancor acce-si che gli Yankees gettavano qua e là. Duro compito,giacchè più di trecentomila persone accalcavansi intornoallo steccato. Michele Ardan erasi offerto di scortare lecasse fino alla bocca della Columbiade; ma essendo sta-

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va essere comunicato a tutta quella massa di cotone ful-minante. I fili, circondati da materia isolante, riunivansiin un solo ad uno stretto foro praticato all'altezza a cuibisognava tenere il projettile; colà essi attraversavano lagrossa parete di ghisa e risalivano fino al suolo da unodegli spiragli del rivestimento di pietra conservato aquesto scopo. Giunto alla cima di Stone's-Hill, il filo,sostenuto da pali per un tratto di due miglia, univasi aduna potente pila di Bunzen, passando da un apparecchiointerruttore. Bastava dunque premere col dito il bottonedell'apparecchio, perchè la corrente fosse istantanea-mente ristabilita e mettesse il foco alle quattrocentomilalibbre di cotone fulminante. Ben s'intende che la pilanon doveva entrare in attività che all'ultimo momento.

Il 28 novembre gli ottocento cartocci erano dispostinel fondo della Columbiade. Questa parte dell'operazio-ne ritenevasi riuscita. Ma quante seccature, quante in-quietudini, quante lotte sopportate dal presidente Barbi-cane! Invano egli aveva proibita l'entrata di Stone's-Hill;ogni giorno i curiosi scalavano le palizzate, e alcuni,spingendo l'imprudenza fino alla pazzia, venivano a fu-mare tra le balle di cotone fulminante. Barbicanes'arrabbiava ogni giorno. J. T. Maston lo secondava me-glio che poteva, dando la caccia agli intrusi con grandevigore, e raccogliendo i mozziconi di sigaro ancor acce-si che gli Yankees gettavano qua e là. Duro compito,giacchè più di trecentomila persone accalcavansi intornoallo steccato. Michele Ardan erasi offerto di scortare lecasse fino alla bocca della Columbiade; ma essendo sta-

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to sorpreso lui stesso con un grosso sigaro in bocca,mentre correva dietro gl'imprudenti ai quali egli dava talfunesto esempio, il presidente del Gun-Club vide benis-simo di non poter contare su quell'intrepido fumatore, esi ridusse a farlo sorvegliare particolarmente.

Infine, siccome c'è un Dio per gli artiglieri, nulla saltòin aria ed il carico fu condotto a buon termine. La terzascommessa del capitano Nicholl era dunque molto dub-bia. Rimaneva da introdurre il projettile nella Columbia-de, e da porlo sul denso strato di cotone fulminante.

Prima di procedere a quest'operazione, gli oggetti ne-cessari al viaggio furono disposti con ordine nel vagone-projettile. Essi erano in numero rispettabile, e, se siavesse prestato orecchio a Michele Ardan, avrebbero inbreve occupato tutto il posto riserbato ai viaggiatori.Non s'immagini il lettore che questo caro Francese vo-lesse fare importazioni nella Luna. Era proprio una rac-colta di superfluità. Ma intervenne Barbicane e si dovet-te limitare al solo necessario.

Parecchi termometri, barometri e cannocchiali furonodisposti nel baule destinato agli strumenti.

I viaggiatori erano curiosi d'esaminare la Luna duran-te il tragitto; onde, per facilitare il riconoscimento diquesto nuovo mondo, portavano seco una eccellente car-ta di Beer e Moedler, la Mappa selenographica, pubbli-cata in quattro fogli, che a buon diritto è ritenuta un verocapolavoro d'osservazione e di pazienza. Essa riprodu-ceva con scrupolosa esattezza i menomi particolari dellaporzione dell'astro rivolto verso la Terra: montagne, val-

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to sorpreso lui stesso con un grosso sigaro in bocca,mentre correva dietro gl'imprudenti ai quali egli dava talfunesto esempio, il presidente del Gun-Club vide benis-simo di non poter contare su quell'intrepido fumatore, esi ridusse a farlo sorvegliare particolarmente.

Infine, siccome c'è un Dio per gli artiglieri, nulla saltòin aria ed il carico fu condotto a buon termine. La terzascommessa del capitano Nicholl era dunque molto dub-bia. Rimaneva da introdurre il projettile nella Columbia-de, e da porlo sul denso strato di cotone fulminante.

Prima di procedere a quest'operazione, gli oggetti ne-cessari al viaggio furono disposti con ordine nel vagone-projettile. Essi erano in numero rispettabile, e, se siavesse prestato orecchio a Michele Ardan, avrebbero inbreve occupato tutto il posto riserbato ai viaggiatori.Non s'immagini il lettore che questo caro Francese vo-lesse fare importazioni nella Luna. Era proprio una rac-colta di superfluità. Ma intervenne Barbicane e si dovet-te limitare al solo necessario.

Parecchi termometri, barometri e cannocchiali furonodisposti nel baule destinato agli strumenti.

I viaggiatori erano curiosi d'esaminare la Luna duran-te il tragitto; onde, per facilitare il riconoscimento diquesto nuovo mondo, portavano seco una eccellente car-ta di Beer e Moedler, la Mappa selenographica, pubbli-cata in quattro fogli, che a buon diritto è ritenuta un verocapolavoro d'osservazione e di pazienza. Essa riprodu-ceva con scrupolosa esattezza i menomi particolari dellaporzione dell'astro rivolto verso la Terra: montagne, val-

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li, circhi, crateri, vette, avvallamenti vi si vedevano col-le loro esatte dimensioni, la loro fedele collocazione, laloro denominazione, dai monti Doerfel e Leibnitz, la cuialta cima elevasi nella parte orientale del disco, fino alMare frigoris che estendesi nelle regioni circumpolaridel nord.

Era dunque pe' viaggiatori un prezioso documento,che potevano studiare il paese prima di mettervi il piede.

Essi portavano seco tre fucili e tre carabine da cacciaa sistema ed a palle esplosive; inoltre polvere e piomboin grandissima quantità.

— Non si sa con chi avrà da fare, diceva Michele Ar-dan. Uomini o bestie, possono non aggradire le nostrevisite! Bisogna dunque pigliare le debite precauzioni.

Del resto gl'istrumenti di difesa personale erano ac-compagnati da picconi, da zappe, da seghe a mano edaltri utensili indispensabili, senza parlare delle vesti-menta adatte a tutte le temperature, dal freddo delle re-gioni polari fino ai calori della zona torrida.

Michele Ardan avrebbe voluto aver seco un certo nu-mero d'animali, non già una coppia di ogni specie, pe-rocchè non vedeva la necessità di acclimare nella Luna iserpenti, le tigri, gli alligatori ed altre bestie nocive.

— No, e' diceva a Barbicane, ma alcune bestie dasoma, bue o vacca, asino o cavallo, farebbero bene nelpaese e sarebbero di grandissima utilità.

— Ne convengo, mio caro Ardan, rispondeva il presi-dente del Gun-Club, ma il nostro vagone proiettile non èl'arca di Noè. Non ne ha nè la capacità nè la destinazio-

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li, circhi, crateri, vette, avvallamenti vi si vedevano col-le loro esatte dimensioni, la loro fedele collocazione, laloro denominazione, dai monti Doerfel e Leibnitz, la cuialta cima elevasi nella parte orientale del disco, fino alMare frigoris che estendesi nelle regioni circumpolaridel nord.

Era dunque pe' viaggiatori un prezioso documento,che potevano studiare il paese prima di mettervi il piede.

Essi portavano seco tre fucili e tre carabine da cacciaa sistema ed a palle esplosive; inoltre polvere e piomboin grandissima quantità.

— Non si sa con chi avrà da fare, diceva Michele Ar-dan. Uomini o bestie, possono non aggradire le nostrevisite! Bisogna dunque pigliare le debite precauzioni.

Del resto gl'istrumenti di difesa personale erano ac-compagnati da picconi, da zappe, da seghe a mano edaltri utensili indispensabili, senza parlare delle vesti-menta adatte a tutte le temperature, dal freddo delle re-gioni polari fino ai calori della zona torrida.

Michele Ardan avrebbe voluto aver seco un certo nu-mero d'animali, non già una coppia di ogni specie, pe-rocchè non vedeva la necessità di acclimare nella Luna iserpenti, le tigri, gli alligatori ed altre bestie nocive.

— No, e' diceva a Barbicane, ma alcune bestie dasoma, bue o vacca, asino o cavallo, farebbero bene nelpaese e sarebbero di grandissima utilità.

— Ne convengo, mio caro Ardan, rispondeva il presi-dente del Gun-Club, ma il nostro vagone proiettile non èl'arca di Noè. Non ne ha nè la capacità nè la destinazio-

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ne. Perciò stiamo nel limite del possibile.Infine, dopo lunghe discussioni, fu stabilito che i

viaggiatori si accontenterebbero di aver seco una eccel-lente cagna da caccia, appartenente a Nicholl, ed un ro-busto cane di Terranuova, di forza prodigiosa. Diversecasse delle sementi più utili furono messe nel numerodegli oggetti indispensabili. Se si fosse lasciato fare aMichele Ardan, avrebbe portato anche alcuni sacchi diterra per disseminarvela. Ad ogni buon fine, prese unadozzina d'arboscelli, che furono accuratamente involtinella paglia e collocati in un canto del projettile.

Rimaneva allora l'importante questione dei viveri,giacchè bisognava prevedere il caso che si cadesse soprauna parte della Luna assolutamente sterile, Barbicaneseppe regolarsi in modo che giunse a provvedersene perun anno. Ma vuolsi aggiungere, perchè nessuno si sor-prenda, che questi viveri consistevano in conserve dicarne e in legumi ridotti al loro minimo volume sottol'azione del torchio idraulico e che racchiudevano granquantità di elementi nutritivi: non erano molto varî, manon volevasi essere schizzinosi in tale spedizione. C'erapure una provvista d'acquavite di circa cinquanta gallo-ni,89 ed acqua per due mesi soltanto; di fatto, in seguitoalle ultime osservazioni degli astronomi, nessuno mette-va in dubbio la presenza di una certa quantità d'acquaalla superficie della Luna. Quanto ai viveri sarebbe statopazzo il credere che abitanti della Terra non troverebbe-

89 Presso a poco 200 litri.

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ne. Perciò stiamo nel limite del possibile.Infine, dopo lunghe discussioni, fu stabilito che i

viaggiatori si accontenterebbero di aver seco una eccel-lente cagna da caccia, appartenente a Nicholl, ed un ro-busto cane di Terranuova, di forza prodigiosa. Diversecasse delle sementi più utili furono messe nel numerodegli oggetti indispensabili. Se si fosse lasciato fare aMichele Ardan, avrebbe portato anche alcuni sacchi diterra per disseminarvela. Ad ogni buon fine, prese unadozzina d'arboscelli, che furono accuratamente involtinella paglia e collocati in un canto del projettile.

Rimaneva allora l'importante questione dei viveri,giacchè bisognava prevedere il caso che si cadesse soprauna parte della Luna assolutamente sterile, Barbicaneseppe regolarsi in modo che giunse a provvedersene perun anno. Ma vuolsi aggiungere, perchè nessuno si sor-prenda, che questi viveri consistevano in conserve dicarne e in legumi ridotti al loro minimo volume sottol'azione del torchio idraulico e che racchiudevano granquantità di elementi nutritivi: non erano molto varî, manon volevasi essere schizzinosi in tale spedizione. C'erapure una provvista d'acquavite di circa cinquanta gallo-ni,89 ed acqua per due mesi soltanto; di fatto, in seguitoalle ultime osservazioni degli astronomi, nessuno mette-va in dubbio la presenza di una certa quantità d'acquaalla superficie della Luna. Quanto ai viveri sarebbe statopazzo il credere che abitanti della Terra non troverebbe-

89 Presso a poco 200 litri.

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ro di che nutrirsi lassù. Michele Ardan non conservavaalcuna incertezza su questo proposito. Se ne avesse avu-to non si sarebbe deciso a partire.

— Del resto, ei disse un giorno agli amici, non sare-mo completamente abbandonati dai nostri compagnidella Terra... Avranno cura di non dimenticarci.

— No certo, rispose J. T. Maston.— Che cosa intendete dire? domandò Nicholl.— Nulla di più semplice, rispose Ardan. Forse che la

Columbiade non sarà sempre al suo posto? Ogni qualvolta la Luna si presenterà nelle condizioni favorevoli dizenit, se non di perigeo, cioè una volta all'anno presso apoco, non si potrà mandarci degli obici carichi di viveri,che noi aspetteremo a giorno fisso?

— Evviva! evviva! esclamò J. T. Maston da uomoche aveva la sua idea preconcetta; questo si chiama par-lare! Certamente, miei bravi amici, non vi dimentichere-mo!

— Lo spero io! Così come vedete, avremo regolar-mente le notizie del globo, e per conto nostro saremmoben goffi se non trovassimo il mezzo di comunicazionecoi nostri buoni amici della Terra?

Queste parole spiravano tale confidenza, che MicheleArdan, colla sua aria decisa, la sua fiera sicurezza,avrebbe trascinato con sè tutto il Gun-Club. Quanto eidiceva sembrava semplice, elementare, facile, di un esi-to sicuro, e ci sarebbe voluto invero un meschino affettoper il misero globo terracqueo, per non seguir i tre viag-giatori nella loro spedizione lunare.

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ro di che nutrirsi lassù. Michele Ardan non conservavaalcuna incertezza su questo proposito. Se ne avesse avu-to non si sarebbe deciso a partire.

— Del resto, ei disse un giorno agli amici, non sare-mo completamente abbandonati dai nostri compagnidella Terra... Avranno cura di non dimenticarci.

— No certo, rispose J. T. Maston.— Che cosa intendete dire? domandò Nicholl.— Nulla di più semplice, rispose Ardan. Forse che la

Columbiade non sarà sempre al suo posto? Ogni qualvolta la Luna si presenterà nelle condizioni favorevoli dizenit, se non di perigeo, cioè una volta all'anno presso apoco, non si potrà mandarci degli obici carichi di viveri,che noi aspetteremo a giorno fisso?

— Evviva! evviva! esclamò J. T. Maston da uomoche aveva la sua idea preconcetta; questo si chiama par-lare! Certamente, miei bravi amici, non vi dimentichere-mo!

— Lo spero io! Così come vedete, avremo regolar-mente le notizie del globo, e per conto nostro saremmoben goffi se non trovassimo il mezzo di comunicazionecoi nostri buoni amici della Terra?

Queste parole spiravano tale confidenza, che MicheleArdan, colla sua aria decisa, la sua fiera sicurezza,avrebbe trascinato con sè tutto il Gun-Club. Quanto eidiceva sembrava semplice, elementare, facile, di un esi-to sicuro, e ci sarebbe voluto invero un meschino affettoper il misero globo terracqueo, per non seguir i tre viag-giatori nella loro spedizione lunare.

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Allorchè i varî oggetti furono collocati nel proiettile,l'acqua destinata a far da molla fu introdotta ne' suoicompartimenti ed il gas di illuminazione compressonell'apposito recipiente. Quanto al clorato di potassa edalla potassa caustica, Barbicane, temendo ritardi impre-veduti per via, ne portò seco una quantità sufficiente arinnovare l'ossigeno ed assorbire l'acido carbonico perdue mesi. Un apparecchio assai ingegnoso e che funzio-nava automaticamente incaricavasi di restituire all'ariale sue qualità vivificanti e di purificarla in modo com-pleto. Il projettile era dunque pronto; più non rimanevache calarlo nella Columbiade: operazione però piena didifficoltà e di pericoli.

Il gigantesco obice fu portato sulla vetta di Stone's-Hill. Quivi alcune solide grue lo presero e lo tennero so-speso al disopra del pozzo metallico.

Fu un momento di trepidanza. Se le catene si fosserorotte sotto l'enorme peso, la caduta di simile massaavrebbe al certo determinato l'infiammazione del cotonefulminante.

Per buona ventura non ci fu nulla, ed alcune ore dopoil vagone-projettile, calato adagio adagio nell'anima delcannone, riposava sopra il suo strato di pirossilo, verocoltroncino fulminante. La sua pressione non ebbe altroeffetto che di comprimere più fortemente la carica dellaColumbiade.

— Ho perduto! disse il capitano consegnando al pre-sidente Barbicane una somma di tremila dollari.

Barbicane non voleva ricevere quel danaro da parte di

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Allorchè i varî oggetti furono collocati nel proiettile,l'acqua destinata a far da molla fu introdotta ne' suoicompartimenti ed il gas di illuminazione compressonell'apposito recipiente. Quanto al clorato di potassa edalla potassa caustica, Barbicane, temendo ritardi impre-veduti per via, ne portò seco una quantità sufficiente arinnovare l'ossigeno ed assorbire l'acido carbonico perdue mesi. Un apparecchio assai ingegnoso e che funzio-nava automaticamente incaricavasi di restituire all'ariale sue qualità vivificanti e di purificarla in modo com-pleto. Il projettile era dunque pronto; più non rimanevache calarlo nella Columbiade: operazione però piena didifficoltà e di pericoli.

Il gigantesco obice fu portato sulla vetta di Stone's-Hill. Quivi alcune solide grue lo presero e lo tennero so-speso al disopra del pozzo metallico.

Fu un momento di trepidanza. Se le catene si fosserorotte sotto l'enorme peso, la caduta di simile massaavrebbe al certo determinato l'infiammazione del cotonefulminante.

Per buona ventura non ci fu nulla, ed alcune ore dopoil vagone-projettile, calato adagio adagio nell'anima delcannone, riposava sopra il suo strato di pirossilo, verocoltroncino fulminante. La sua pressione non ebbe altroeffetto che di comprimere più fortemente la carica dellaColumbiade.

— Ho perduto! disse il capitano consegnando al pre-sidente Barbicane una somma di tremila dollari.

Barbicane non voleva ricevere quel danaro da parte di

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un compagno di viaggio; ma dovette cedere control'ostinazione di Nicholl, cui premeva di soddisfare a tuttii suoi obblighi prima d'abbandonare la Terra.

— Allora, disse Michele Ardan, non mi resta più cheuna sola cosa da augurarvi, mio bravo capitano.

— Quale? domandò Nicholl.— Che perdiate le vostre due altre scommesse! In

questo modo saremo sicuri di non rimanercene a mezzastrada.

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un compagno di viaggio; ma dovette cedere control'ostinazione di Nicholl, cui premeva di soddisfare a tuttii suoi obblighi prima d'abbandonare la Terra.

— Allora, disse Michele Ardan, non mi resta più cheuna sola cosa da augurarvi, mio bravo capitano.

— Quale? domandò Nicholl.— Che perdiate le vostre due altre scommesse! In

questo modo saremo sicuri di non rimanercene a mezzastrada.

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CAPITOLO XXVI.Fuoco!

Il primo di dicembre era giunto; giorno fatale, poichèse la partenza del proiettile non effettuavasi la sera stes-sa, alle dieci ore, quarantasei minuti e quaranta secondi,più di diciott'anni dovevano passare prima che la Lunasi presentasse in quelle stesse condizioni simultanee dizenit e di perigeo.

Il tempo era magnifico; malgrado l'avvicinarsidell'inverno, risplendeva il sole coprendo coi suoi rag-gianti effluvî questa Terra, che tre dei suoi abitatori sta-vano per abbandonare allo scopo di andar in un nuovomondo.

Quanta gente dormì male nella notte che precedettequel giorno desiderato con tanta impazienza! Quantipetti furono oppressi dal pesante fardello dell'attesa!Tutti i cuori palpitarono di inquietudine, tranne il cuoredi Michele Ardan. Quest'impassibile personaggio anda-va e veniva colla solita aria affacendata; ma nulla svela-va in lui una preoccupazione speciale. Il suo sonno erastato tranquillo, il sonno di Turenna, prima della batta-glia, sull'affusto d'un cannone.

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CAPITOLO XXVI.Fuoco!

Il primo di dicembre era giunto; giorno fatale, poichèse la partenza del proiettile non effettuavasi la sera stes-sa, alle dieci ore, quarantasei minuti e quaranta secondi,più di diciott'anni dovevano passare prima che la Lunasi presentasse in quelle stesse condizioni simultanee dizenit e di perigeo.

Il tempo era magnifico; malgrado l'avvicinarsidell'inverno, risplendeva il sole coprendo coi suoi rag-gianti effluvî questa Terra, che tre dei suoi abitatori sta-vano per abbandonare allo scopo di andar in un nuovomondo.

Quanta gente dormì male nella notte che precedettequel giorno desiderato con tanta impazienza! Quantipetti furono oppressi dal pesante fardello dell'attesa!Tutti i cuori palpitarono di inquietudine, tranne il cuoredi Michele Ardan. Quest'impassibile personaggio anda-va e veniva colla solita aria affacendata; ma nulla svela-va in lui una preoccupazione speciale. Il suo sonno erastato tranquillo, il sonno di Turenna, prima della batta-glia, sull'affusto d'un cannone.

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Fin dal mattino una folla innumerevole ricopriva lepraterie che si estendono a vista d'occhio intorno aStone's-Hill. Ogni quarto d'ora il convoglio di Tampaconduceva nuovi curiosi; quest'immigrazione, in breve,assunse proporzioni favolose, e, secondo i dati delTampa-Town Observer, durante quel giorno memorabilecinque milioni di spettatori calcarono il suolo della Flo-rida.

Da un mese la maggior parte di tal folla serenava in-torno al recinto e gettava le fondamenta di una città, chesi è chiamata di poi Ardans-Town. Baracche, capanne,tettoje, tende sorgevano per la pianura, e siffatte abita-zioni effimere ricoveravano una popolazione abbastanzanumerosa da far invidia alle maggiori città di Europa.

Tutti i popoli della terra ci avevano i loro rappresen-tanti; tutti i dialetti del mondo vi erano parlati. La si sa-rebbe detta la confusione delle lingue, come nei tempibiblici della torre di Babele. Quivi i diversi ordini dellasocietà americana confondevansi in un'eguaglianza as-soluta. Banchieri, coltivatori, uomini di mare, commis-sionarî, sensali, piantatori di cotone, negozianti, barcaio-li, magistrati vi si urtavano con una libertà primitiva. Icreoli della Luigiana fraternizzavano cogli affittajuolidell'Indiana; i gentlemen del Kentucky e del Tenesse, gliabitatori della Virginia eleganti ed altieri rispondevanoai cacciatori semiselvaggi dei Laghi ed ai mercanti dibuoi di Cincinnati. Con in testa il cappello di castorobianco a larghe tese od il classico panama, vestiti di cal-zoni di cotone turchino delle fabbriche d'Opelousas, rav-

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Fin dal mattino una folla innumerevole ricopriva lepraterie che si estendono a vista d'occhio intorno aStone's-Hill. Ogni quarto d'ora il convoglio di Tampaconduceva nuovi curiosi; quest'immigrazione, in breve,assunse proporzioni favolose, e, secondo i dati delTampa-Town Observer, durante quel giorno memorabilecinque milioni di spettatori calcarono il suolo della Flo-rida.

Da un mese la maggior parte di tal folla serenava in-torno al recinto e gettava le fondamenta di una città, chesi è chiamata di poi Ardans-Town. Baracche, capanne,tettoje, tende sorgevano per la pianura, e siffatte abita-zioni effimere ricoveravano una popolazione abbastanzanumerosa da far invidia alle maggiori città di Europa.

Tutti i popoli della terra ci avevano i loro rappresen-tanti; tutti i dialetti del mondo vi erano parlati. La si sa-rebbe detta la confusione delle lingue, come nei tempibiblici della torre di Babele. Quivi i diversi ordini dellasocietà americana confondevansi in un'eguaglianza as-soluta. Banchieri, coltivatori, uomini di mare, commis-sionarî, sensali, piantatori di cotone, negozianti, barcaio-li, magistrati vi si urtavano con una libertà primitiva. Icreoli della Luigiana fraternizzavano cogli affittajuolidell'Indiana; i gentlemen del Kentucky e del Tenesse, gliabitatori della Virginia eleganti ed altieri rispondevanoai cacciatori semiselvaggi dei Laghi ed ai mercanti dibuoi di Cincinnati. Con in testa il cappello di castorobianco a larghe tese od il classico panama, vestiti di cal-zoni di cotone turchino delle fabbriche d'Opelousas, rav-

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volti nelle loro blouses eleganti di tela greggia, calzati distivaletti a colori smaglianti, essi facevano pompa dibizzarre gale di battista e mettevano a scintillare nelleloro camicie, nei loro manichini, nelle cravatte; alle dita,e financo nelle orecchie, tutta una raccolta di anelli, dispilloni, di brillanti, di catene, di boccole, di gingilli, ilcui valore uguagliava il loro pessimo gusto. Donne, fan-ciulli, servitori in vesti non meno opulenti accompagna-vano, seguivano, precedevano e circondavano que' mari-ti, que' padri, que' padroni, che avevan sembiante di capidi tribù in mezzo alle loro innumerevoli famiglie.

All'ora delle refezioni bisognava vedere tutta quellagente precipitarsi sulle vivande speciali agli Stati delSud, e divorare con un appetito minaccioso per l'approv-vigionamento della Florida, alimenti che ripugnerebberoad uno stomaco europeo, come rane in fricassea, scimiein istufato, fish chowder90, sariga arrostita, o' possum an-cor sanguinante, o racoon alla graticola.

Ma qual sequela svariatissima di liquori o di bevandeveniva in soccorso di quei cibi indigesti! Quali grida ec-citanti, qual simpatico vociare echeggiava nelle bar-rooms, o taverne ornate di bicchieri, di caraffe, di fia-schi, di bottiglie dalle forme stranissime, di mortai perpestare lo zucchero e di pacchi di paglia!

— Ecco il giulebbe colla menta! gridava uno di que-gli spacciatori con voce stentorea.

— Ecco il sangaree col vino di Bordeaux! ripeteva un

90 Vivanda di pesci diversi.

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volti nelle loro blouses eleganti di tela greggia, calzati distivaletti a colori smaglianti, essi facevano pompa dibizzarre gale di battista e mettevano a scintillare nelleloro camicie, nei loro manichini, nelle cravatte; alle dita,e financo nelle orecchie, tutta una raccolta di anelli, dispilloni, di brillanti, di catene, di boccole, di gingilli, ilcui valore uguagliava il loro pessimo gusto. Donne, fan-ciulli, servitori in vesti non meno opulenti accompagna-vano, seguivano, precedevano e circondavano que' mari-ti, que' padri, que' padroni, che avevan sembiante di capidi tribù in mezzo alle loro innumerevoli famiglie.

All'ora delle refezioni bisognava vedere tutta quellagente precipitarsi sulle vivande speciali agli Stati delSud, e divorare con un appetito minaccioso per l'approv-vigionamento della Florida, alimenti che ripugnerebberoad uno stomaco europeo, come rane in fricassea, scimiein istufato, fish chowder90, sariga arrostita, o' possum an-cor sanguinante, o racoon alla graticola.

Ma qual sequela svariatissima di liquori o di bevandeveniva in soccorso di quei cibi indigesti! Quali grida ec-citanti, qual simpatico vociare echeggiava nelle bar-rooms, o taverne ornate di bicchieri, di caraffe, di fia-schi, di bottiglie dalle forme stranissime, di mortai perpestare lo zucchero e di pacchi di paglia!

— Ecco il giulebbe colla menta! gridava uno di que-gli spacciatori con voce stentorea.

— Ecco il sangaree col vino di Bordeaux! ripeteva un

90 Vivanda di pesci diversi.

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altro in tono stridulo.— Ed il gin-sling! diceva uno.— Ed il cooktail! il brandi-smash! vociava l'altro.— Chi vuole assaporare il vero ment-julep, all'ultima

moda? chiedevano que' destri mercanti facendo passarerapidamente da un bicchiere all'altro, come un giuocato-re fa colla noce moscata, lo zucchero, il limone, la men-ta verde, il ghiaccio pesto, l'acqua, il cognac e l'ananasfresco, che compongono questa bevanda rinfrescante.

Epperò, di solito, tali inviti rivolti ai gorguzzoli asse-tati dall'azione bruciante delle spezie si ripetevano,s'incrociavano nell'aria e producevano un frastuono as-sordante. Ma quel giorno, quel primo dicembre, tali gri-da erano rare. I venditori inutilmente si sarebbero arro-gati a tentare gli avventori. Nessuno pensava nè a man-giare nè a bere, ed alle quattro del dopopranzo quantispettatori circolavano nella folla che non avevano anco-ra preso il loro lunch abituale! Sintomo ancor più signi-ficativo, la passione violenta dell'americano pei giochiera vinta dalla commozione. Al vedere i birilli del tem-pins sdraiati sul fianco, i dadi del creps che dormivanone' loro bussolotti, la roulette immobile, il cribbaae ab-bandonato, le carte del wihst, del ventuno, del rosso enero, del monte e del faro, tranquillamente rinchiuse ne'loro involti intatti, comprendevasi che l'avvenimento delgiorno assorbiva qualunque altro bisogno e non lasciavaadito a qualsiasi distrazione.

Fino a sera un'agitazione sorda, senza clamori, comequella che precede le grandi catastrofi, corse tra la folla

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altro in tono stridulo.— Ed il gin-sling! diceva uno.— Ed il cooktail! il brandi-smash! vociava l'altro.— Chi vuole assaporare il vero ment-julep, all'ultima

moda? chiedevano que' destri mercanti facendo passarerapidamente da un bicchiere all'altro, come un giuocato-re fa colla noce moscata, lo zucchero, il limone, la men-ta verde, il ghiaccio pesto, l'acqua, il cognac e l'ananasfresco, che compongono questa bevanda rinfrescante.

Epperò, di solito, tali inviti rivolti ai gorguzzoli asse-tati dall'azione bruciante delle spezie si ripetevano,s'incrociavano nell'aria e producevano un frastuono as-sordante. Ma quel giorno, quel primo dicembre, tali gri-da erano rare. I venditori inutilmente si sarebbero arro-gati a tentare gli avventori. Nessuno pensava nè a man-giare nè a bere, ed alle quattro del dopopranzo quantispettatori circolavano nella folla che non avevano anco-ra preso il loro lunch abituale! Sintomo ancor più signi-ficativo, la passione violenta dell'americano pei giochiera vinta dalla commozione. Al vedere i birilli del tem-pins sdraiati sul fianco, i dadi del creps che dormivanone' loro bussolotti, la roulette immobile, il cribbaae ab-bandonato, le carte del wihst, del ventuno, del rosso enero, del monte e del faro, tranquillamente rinchiuse ne'loro involti intatti, comprendevasi che l'avvenimento delgiorno assorbiva qualunque altro bisogno e non lasciavaadito a qualsiasi distrazione.

Fino a sera un'agitazione sorda, senza clamori, comequella che precede le grandi catastrofi, corse tra la folla

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ansiosa. Un indescrivibile malessere regnava negli ani-mi, un torpore penoso, un sentimento indefinibile chestringeva il cuore. Ciascuno avrebbe voluto «che tuttofosse finito».

Tuttavia, verso le sette, quel pesante silenzio si dissi-pò come per incanto. La Luna si alzò sull'orizzonte. Piùmilioni di evviva ne salutarono l'apparizione. Essa eraesatta al convegno. I clamori salirono al cielo; gli ap-plausi scoppiarono da tutte le parti, mentre la bionda Fe-bea brillava pacificamente in un cielo ammirabile, edaccarezzava quella folla inebbriata da' suoi raggi più af-fettuosi.

In quei momento comparvero i tre intrepidi viaggiato-ri. Al loro aspetto le grida raddoppiarono d'intensità.Unanimemente, istantaneamente il canto nazionale degliStati Uniti sfuggì da tutti i petti anelanti, ed il Yankee edoodle, ripetuto in coro da cinque milioni di esecutori,innalzossi come una tempesta sonora fino agli ultimiconfini dell'atmosfera.

Poi, dopo quell'irresistibile slancio, l'inno tacque, leultime armonie si spensero a poco a poco; i rumori sidissiparono, e solo un lieto susurro ondeggiò sopra quel-la folla, sì profondamente impressionata. Intanto il Fran-cese e i due Americani erano passati oltre la cinta riser-vata intorno alla quale pigiavasi l'immensa turba. Essierano accompagnati dai membri del Gun-Club e dalledeputazioni mandate dagli Osservatori europei. Barbica-ne, freddo e calmo, impartiva tranquillamente gli ultimiordini. Nicholl, colle labbra strette, le mani incrociate

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ansiosa. Un indescrivibile malessere regnava negli ani-mi, un torpore penoso, un sentimento indefinibile chestringeva il cuore. Ciascuno avrebbe voluto «che tuttofosse finito».

Tuttavia, verso le sette, quel pesante silenzio si dissi-pò come per incanto. La Luna si alzò sull'orizzonte. Piùmilioni di evviva ne salutarono l'apparizione. Essa eraesatta al convegno. I clamori salirono al cielo; gli ap-plausi scoppiarono da tutte le parti, mentre la bionda Fe-bea brillava pacificamente in un cielo ammirabile, edaccarezzava quella folla inebbriata da' suoi raggi più af-fettuosi.

In quei momento comparvero i tre intrepidi viaggiato-ri. Al loro aspetto le grida raddoppiarono d'intensità.Unanimemente, istantaneamente il canto nazionale degliStati Uniti sfuggì da tutti i petti anelanti, ed il Yankee edoodle, ripetuto in coro da cinque milioni di esecutori,innalzossi come una tempesta sonora fino agli ultimiconfini dell'atmosfera.

Poi, dopo quell'irresistibile slancio, l'inno tacque, leultime armonie si spensero a poco a poco; i rumori sidissiparono, e solo un lieto susurro ondeggiò sopra quel-la folla, sì profondamente impressionata. Intanto il Fran-cese e i due Americani erano passati oltre la cinta riser-vata intorno alla quale pigiavasi l'immensa turba. Essierano accompagnati dai membri del Gun-Club e dalledeputazioni mandate dagli Osservatori europei. Barbica-ne, freddo e calmo, impartiva tranquillamente gli ultimiordini. Nicholl, colle labbra strette, le mani incrociate

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dietro il dorso camminava a passo fermo e misurato.Michele Ardan, sempre spigliato, vestito da perfettoviaggiatore, colle uose di cuoio, il carniere al fianco, li-berissimo nei suoi larghi vestiti di velluto marrone, collosigaro in bocca, distribuiva al suo passaggio calorosestrette di mano con una prodigalità principesca. Egli erainesauribile di vena, d'allegrezza; rideva, scherzava, fa-ceva dei tiri da biricchino al degno J. T. Maston; in unaparola mostravasi «francese», e, che è più, «parigino»fino all'ultimo secondo.

Sonarono le dieci. Il momento di prender posto nelprojettile era venuto; e la manovra necessaria per di-scendervi, le lastre di chiusura da avvitare, lo sgombrodelle grue e della impalcatura inclinata sulla boccacciadella Columbiade, esigevano un certo tempo.

Barbicane aveva regolato il cronometro colla appros-simazione di un decimo di secondo sopra quellodell'ingegnere Murchison, incaricato di dar foco allepolveri col mezzo della scintilla elettrica; i viaggiatoririnchiusi nel projettile potrebbero così seguirecoll'occhio l'impassibile ago che segnerebbe l'istantepreciso della partenza.

Il momento dei saluti era giunto. La scena fu commo-vente; a dispetto della febbrile sua allegrezza, MicheleArdan si sentì intenerito. J. T. Maston aveva ritrovatosotto le sue secche pupille una vecchia lagrima, senzadubbio riservata per quest'occasione. Egli la versò sullafronte del suo caro e bravo presidente.

— Se partissi? disse, sono ancora in tempo!

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dietro il dorso camminava a passo fermo e misurato.Michele Ardan, sempre spigliato, vestito da perfettoviaggiatore, colle uose di cuoio, il carniere al fianco, li-berissimo nei suoi larghi vestiti di velluto marrone, collosigaro in bocca, distribuiva al suo passaggio calorosestrette di mano con una prodigalità principesca. Egli erainesauribile di vena, d'allegrezza; rideva, scherzava, fa-ceva dei tiri da biricchino al degno J. T. Maston; in unaparola mostravasi «francese», e, che è più, «parigino»fino all'ultimo secondo.

Sonarono le dieci. Il momento di prender posto nelprojettile era venuto; e la manovra necessaria per di-scendervi, le lastre di chiusura da avvitare, lo sgombrodelle grue e della impalcatura inclinata sulla boccacciadella Columbiade, esigevano un certo tempo.

Barbicane aveva regolato il cronometro colla appros-simazione di un decimo di secondo sopra quellodell'ingegnere Murchison, incaricato di dar foco allepolveri col mezzo della scintilla elettrica; i viaggiatoririnchiusi nel projettile potrebbero così seguirecoll'occhio l'impassibile ago che segnerebbe l'istantepreciso della partenza.

Il momento dei saluti era giunto. La scena fu commo-vente; a dispetto della febbrile sua allegrezza, MicheleArdan si sentì intenerito. J. T. Maston aveva ritrovatosotto le sue secche pupille una vecchia lagrima, senzadubbio riservata per quest'occasione. Egli la versò sullafronte del suo caro e bravo presidente.

— Se partissi? disse, sono ancora in tempo!

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— Impossibile, mio vecchio Maston! rispose Barbi-cane.

Alcuni istanti più tardi, i tre compagni di viaggio era-no insediati nel proiettile, di cui avevano vitato al didentro la lastra d'argento; e la bocca della Columbiade,sciolta interamente, aprivasi libera verso il cielo.

Nicholl, Barbicane e Michele Ardan erano definitiva-mente murati nel loro vagone di metallo.

Chi potrebbe dipingere l'universale agitazione chetoccava allora l'estremo grado?

La Luna avanzava sopra un firmamento di ammirabi-le purezza, spegnendo sul suo cammino i fuochi scintil-lanti delle stelle; essa percorreva allora la costellazionede' Gemelli, e trovavasi quasi a mezza strada dall'oriz-zonte e dallo zenit. Epperò di leggieri doveva ognunocomprendere che si pigliava la mira oltre la meta, comeil cacciatore mira più innanzi della lepre che vuol colpi-re.

Pesava sopra tutta questa scena un silenzio spavento-so. Non un soffio di vento sulla terra! Non un soffio ne'petti! I cuori non osavano più di battere. Tutti gli sguar-di attoniti fissavano l'aperta gola della Columbiade.

Murphison seguiva coll'occhio l'ago del suo cronome-tro. Appena quaranta secondi, e poi l'istante della par-tenza sonava... Ma ogni secondo durava un secolo.

Al ventesimo ci fu un fremito universale, e alla mentedi tutti gli astanti corse il pensiero che gli audaci viag-giatori rinchiusi nel proiettile contassero del pari queiterribili secondi. Sfuggirono alcune grida isolate

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— Impossibile, mio vecchio Maston! rispose Barbi-cane.

Alcuni istanti più tardi, i tre compagni di viaggio era-no insediati nel proiettile, di cui avevano vitato al didentro la lastra d'argento; e la bocca della Columbiade,sciolta interamente, aprivasi libera verso il cielo.

Nicholl, Barbicane e Michele Ardan erano definitiva-mente murati nel loro vagone di metallo.

Chi potrebbe dipingere l'universale agitazione chetoccava allora l'estremo grado?

La Luna avanzava sopra un firmamento di ammirabi-le purezza, spegnendo sul suo cammino i fuochi scintil-lanti delle stelle; essa percorreva allora la costellazionede' Gemelli, e trovavasi quasi a mezza strada dall'oriz-zonte e dallo zenit. Epperò di leggieri doveva ognunocomprendere che si pigliava la mira oltre la meta, comeil cacciatore mira più innanzi della lepre che vuol colpi-re.

Pesava sopra tutta questa scena un silenzio spavento-so. Non un soffio di vento sulla terra! Non un soffio ne'petti! I cuori non osavano più di battere. Tutti gli sguar-di attoniti fissavano l'aperta gola della Columbiade.

Murphison seguiva coll'occhio l'ago del suo cronome-tro. Appena quaranta secondi, e poi l'istante della par-tenza sonava... Ma ogni secondo durava un secolo.

Al ventesimo ci fu un fremito universale, e alla mentedi tutti gli astanti corse il pensiero che gli audaci viag-giatori rinchiusi nel proiettile contassero del pari queiterribili secondi. Sfuggirono alcune grida isolate

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— Trentacinque! – trentasei! – trentasette! – trentot-to! – trentanove! – quaranta! Foc!!!!

Tosto Murphison, premendo col dito l'interruttoredell'apparecchio, ristabilì la corrente e lanciò la scintillaelettrica nel fondo della Columbiade.

Una detonazione spaventosa, inaudita, sovrumana, dicui nulla varrebbe a dar una idea esatta, nè gli scoppi delfulmine, nè i boati delle eruzioni, si produsse istantanea-mente. Una immensa colonna di fuoco scaturì dalle vi-scere del suolo, come da un cratere. La terra si sollevò,ed a stento poche persone poterono per un attimo scor-gere il proiettile che fendeva l'aria vittoriosamente inmezzo ai vapori fiammeggianti.

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— Trentacinque! – trentasei! – trentasette! – trentot-to! – trentanove! – quaranta! Foc!!!!

Tosto Murphison, premendo col dito l'interruttoredell'apparecchio, ristabilì la corrente e lanciò la scintillaelettrica nel fondo della Columbiade.

Una detonazione spaventosa, inaudita, sovrumana, dicui nulla varrebbe a dar una idea esatta, nè gli scoppi delfulmine, nè i boati delle eruzioni, si produsse istantanea-mente. Una immensa colonna di fuoco scaturì dalle vi-scere del suolo, come da un cratere. La terra si sollevò,ed a stento poche persone poterono per un attimo scor-gere il proiettile che fendeva l'aria vittoriosamente inmezzo ai vapori fiammeggianti.

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CAPITOLO XXVII.Tempo nuvoloso.

Nei momento in cui la colonna incandescente si alzòverso il cielo a prodigiosa altezza, quelle fiamme dila-tandosi illuminarono l'intera Florida, e, per un istante in-calcolabile, il giorno sostituissi alla notte sopra una con-siderevole estensione di paese. L'immenso pennacchio.di fuoco fu veduto alla distanza di cento miglia in mare,dal golfo come dall'Atlantico, e più di un capitano dinave notò sul suo registro di bordo l'apparizione di quel-la meteora gigantesca.

La detonazione della Columbiade fu accompagnatada vero terremoto. La Florida si sentì scossa fin nelle vi-scere. I gas della polvere dilatati dal calore respinserocon incomparabile violenza gli strati atmosferici, equest'uragano artificiale, cento volte più rapido dell'ura-gano delle tempeste, passò come una tromba in mezzoall'aria.

Non uno spettatore era rimasto in piedi: uomini, don-ne, fanciulli, tutti gettati a terra come spiche sotto la bu-fera. Ci fu un tumulto inesprimibile, un gran numero dipersone gravemente ferite, e J. T. Maston, che contro

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CAPITOLO XXVII.Tempo nuvoloso.

Nei momento in cui la colonna incandescente si alzòverso il cielo a prodigiosa altezza, quelle fiamme dila-tandosi illuminarono l'intera Florida, e, per un istante in-calcolabile, il giorno sostituissi alla notte sopra una con-siderevole estensione di paese. L'immenso pennacchio.di fuoco fu veduto alla distanza di cento miglia in mare,dal golfo come dall'Atlantico, e più di un capitano dinave notò sul suo registro di bordo l'apparizione di quel-la meteora gigantesca.

La detonazione della Columbiade fu accompagnatada vero terremoto. La Florida si sentì scossa fin nelle vi-scere. I gas della polvere dilatati dal calore respinserocon incomparabile violenza gli strati atmosferici, equest'uragano artificiale, cento volte più rapido dell'ura-gano delle tempeste, passò come una tromba in mezzoall'aria.

Non uno spettatore era rimasto in piedi: uomini, don-ne, fanciulli, tutti gettati a terra come spiche sotto la bu-fera. Ci fu un tumulto inesprimibile, un gran numero dipersone gravemente ferite, e J. T. Maston, che contro

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ogni prudenza erasi tenuto troppo innanzi, si vide butta-to a vinti tese indietro e passò come una bomba al diso-pra della testa dei suoi concittadini. Per qualche tempotrecentomila persone rimasero assordate e percosse dastupore.

La corrente atmosferica, dopo aver rovesciato le ba-racche, schiantato le capanne, sradicati gli alberi in uncircuito di venti miglia, scacciati treni ferroviari fino aTampa, piombò su questa città come valanga, e distrusseun centinaio di case, tra cui la chiesa di Saint-Mary ed ilnuovo edifizio della Borsa, che si sconquassò dal tettoalla base. Alcuni bastimenti del porto sbattuti gli unicontro gli altri, calarono a fondo, e una decina di navi,ancorate in rada, giunsero sulla costa dopo di averespezzato le catene come se fossero stati fili di cotone.

Ma la cerchia di queste devastazioni si estese ancorapiù lungi, oltre i confini degli Stati Uniti. L'effetto delcontraccolpo, rinvigorito dai venti dell'ovest, fu sentitosull'Atlantico a più di trecento miglia dalle rive america-ne. Una tempesta fittizia, una tempesta inattesa, chel'ammiraglio Fitz-Roy non aveva potuto prevedere, siscagliò sulle navi con violenza inaudita; diversi basti-menti, colti da quel turbine spaventoso, senza aver iltempo di ammainare, affondarono sotto le vele, fra cui ilChild-Arold di Liverpool: dolorosa catastrofe che fu, perparte dell'Inghilterra, argomento delle più vive recrimi-nazioni.

Infine, e per dir tutto, sebbene il fatto non abbia altraguarentigia che l'affermazione di alcuni indigeni,

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ogni prudenza erasi tenuto troppo innanzi, si vide butta-to a vinti tese indietro e passò come una bomba al diso-pra della testa dei suoi concittadini. Per qualche tempotrecentomila persone rimasero assordate e percosse dastupore.

La corrente atmosferica, dopo aver rovesciato le ba-racche, schiantato le capanne, sradicati gli alberi in uncircuito di venti miglia, scacciati treni ferroviari fino aTampa, piombò su questa città come valanga, e distrusseun centinaio di case, tra cui la chiesa di Saint-Mary ed ilnuovo edifizio della Borsa, che si sconquassò dal tettoalla base. Alcuni bastimenti del porto sbattuti gli unicontro gli altri, calarono a fondo, e una decina di navi,ancorate in rada, giunsero sulla costa dopo di averespezzato le catene come se fossero stati fili di cotone.

Ma la cerchia di queste devastazioni si estese ancorapiù lungi, oltre i confini degli Stati Uniti. L'effetto delcontraccolpo, rinvigorito dai venti dell'ovest, fu sentitosull'Atlantico a più di trecento miglia dalle rive america-ne. Una tempesta fittizia, una tempesta inattesa, chel'ammiraglio Fitz-Roy non aveva potuto prevedere, siscagliò sulle navi con violenza inaudita; diversi basti-menti, colti da quel turbine spaventoso, senza aver iltempo di ammainare, affondarono sotto le vele, fra cui ilChild-Arold di Liverpool: dolorosa catastrofe che fu, perparte dell'Inghilterra, argomento delle più vive recrimi-nazioni.

Infine, e per dir tutto, sebbene il fatto non abbia altraguarentigia che l'affermazione di alcuni indigeni,

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mezz'ora dopo la partenza del proiettile, alcuni abitantidi Gorea e di Sierra Leone pretesero aver udito unacommozione sorda, ultimo spostamento delle onde so-nore, che, dopo aver attraversato l'Atlantico, veniva amorire sulla costa Africana.

Ma deesi ritornare alla Florida. Passato il primo istan-te del tumulto, i feriti, i sordi, insomma la folla intera sisvegliò, e frenetiche grida: «Urrà per Ardan! Urrà perBarbicane! Urrà per Nicholl!» s'alzarono fino al cielo.Più milioni di uomini, col naso all'aria, armati di tele-scopii, di cannocchiali, di binoccoli, interrogavano lospazio, dimenticando le contusioni e le emozioni pernon più occuparsi che del proiettile. Ma invano lo cerca-vano. Non si poteva più vedere, e bisognava risolversiad aspettare i telegrammi di Long's-Peak. Il direttoredell'Osservatorio di Cambridge91 si trovava al suo postosulle montagne Rocciose, ed era a lui, astronomo di va-glia e perseverante, che erano state affidate le osserva-zioni.

Ma un fenomeno impreveduto, tuttochè facile a pre-vedersi, e contro il quale nulla potevasi fare, venne tostoa mettere a dura prova l'impazienza del pubblico.

Il tempo così bello fino allora, cambiossi d'improvvi-so; il cielo, oscurato, si coperse di nubi. Poteva avvenirealtrimenti dopo il terribile perturbamento degli strati at-mosferici e la dispersione della enorme quantità di va-pori prodotti dalla deflagrazione di quattrocentomila lib-

91 Il signor Belfast.

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mezz'ora dopo la partenza del proiettile, alcuni abitantidi Gorea e di Sierra Leone pretesero aver udito unacommozione sorda, ultimo spostamento delle onde so-nore, che, dopo aver attraversato l'Atlantico, veniva amorire sulla costa Africana.

Ma deesi ritornare alla Florida. Passato il primo istan-te del tumulto, i feriti, i sordi, insomma la folla intera sisvegliò, e frenetiche grida: «Urrà per Ardan! Urrà perBarbicane! Urrà per Nicholl!» s'alzarono fino al cielo.Più milioni di uomini, col naso all'aria, armati di tele-scopii, di cannocchiali, di binoccoli, interrogavano lospazio, dimenticando le contusioni e le emozioni pernon più occuparsi che del proiettile. Ma invano lo cerca-vano. Non si poteva più vedere, e bisognava risolversiad aspettare i telegrammi di Long's-Peak. Il direttoredell'Osservatorio di Cambridge91 si trovava al suo postosulle montagne Rocciose, ed era a lui, astronomo di va-glia e perseverante, che erano state affidate le osserva-zioni.

Ma un fenomeno impreveduto, tuttochè facile a pre-vedersi, e contro il quale nulla potevasi fare, venne tostoa mettere a dura prova l'impazienza del pubblico.

Il tempo così bello fino allora, cambiossi d'improvvi-so; il cielo, oscurato, si coperse di nubi. Poteva avvenirealtrimenti dopo il terribile perturbamento degli strati at-mosferici e la dispersione della enorme quantità di va-pori prodotti dalla deflagrazione di quattrocentomila lib-

91 Il signor Belfast.

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bre di pirossilo? Tutto l'ordine naturale era stato turbato.Il che non può recar sorpresa; avvegnachè nei combatti-menti navali si è sovente veduto lo stato atmosfericocambiare d'improvviso in seguito alle scariche dell'arti-glieria.

La domane il sole alzossi sopra un orizzonte carico didense nubi, pesante ed impenetrabile cortina gettata frail cielo e la terra, e che, sventuratamente, si estese finoalle ragioni delle montagne Rocciose. Fu una fatalità.Un concerto di reclami alzossi da tutte le parti del glo-bo. Ma la natura non ne fu guari commossa, e di fatto,poichè gli uomini avevano disturbata l'atmosfera collaloro detonazione, dovevano subirne le conseguenze.

In quella prima giornata, ognuno tentò di ficcare losguardo nel velo opaco delle nubi, ma fu un incomodosenza frutto; e tutti, del resto, sbagliavansi rivolgendogli occhi al cielo, poichè a cagione del movimento diur-no del globo, il proiettile viaggiava necessariamente al-lora per la linea degli antipodi.

Checchè ne sia, quando la notte venne ad avvolgere laTerra, notte impenetrabile, e profonda, quando la Lunafu risalita all'orizzonte, fu impossibile scorgerla: si sa-rebbe detto che nascondevasi a bella posta agli sguardidei temerari che avevano tirato su lei. Non fu dunquepossibile alcuna osservazione, ed i dispacci di Long's-Peak confermarono lo sgraziato contrattempo.

Però, se l'esperimento era riuscito, i viaggiatori partitiil 1 dicembre alle ore dieci, quarantasei minuti e quaran-ta secondi della sera, dovevano arrivare il 4 a mezzanot-

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bre di pirossilo? Tutto l'ordine naturale era stato turbato.Il che non può recar sorpresa; avvegnachè nei combatti-menti navali si è sovente veduto lo stato atmosfericocambiare d'improvviso in seguito alle scariche dell'arti-glieria.

La domane il sole alzossi sopra un orizzonte carico didense nubi, pesante ed impenetrabile cortina gettata frail cielo e la terra, e che, sventuratamente, si estese finoalle ragioni delle montagne Rocciose. Fu una fatalità.Un concerto di reclami alzossi da tutte le parti del glo-bo. Ma la natura non ne fu guari commossa, e di fatto,poichè gli uomini avevano disturbata l'atmosfera collaloro detonazione, dovevano subirne le conseguenze.

In quella prima giornata, ognuno tentò di ficcare losguardo nel velo opaco delle nubi, ma fu un incomodosenza frutto; e tutti, del resto, sbagliavansi rivolgendogli occhi al cielo, poichè a cagione del movimento diur-no del globo, il proiettile viaggiava necessariamente al-lora per la linea degli antipodi.

Checchè ne sia, quando la notte venne ad avvolgere laTerra, notte impenetrabile, e profonda, quando la Lunafu risalita all'orizzonte, fu impossibile scorgerla: si sa-rebbe detto che nascondevasi a bella posta agli sguardidei temerari che avevano tirato su lei. Non fu dunquepossibile alcuna osservazione, ed i dispacci di Long's-Peak confermarono lo sgraziato contrattempo.

Però, se l'esperimento era riuscito, i viaggiatori partitiil 1 dicembre alle ore dieci, quarantasei minuti e quaran-ta secondi della sera, dovevano arrivare il 4 a mezzanot-

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te. Fino a quell'ora, e siccome al postutto sarebbe statoassai difficile di osservare in tali condizioni un corpocosì piccolo come l'obice, si ebbe pazienza senza la-gnarsi troppo.

Il 4 dicembre, dalle otto di sera a mezzanotte, sarebbestato possibile di seguire la traccia del proiettile che sa-rebbe apparso come un punto nero sul disco splendentedella Luna. Ma il tempo rimase spietatamente nuvoloso,il che portò al colmo l'esasperazione del pubblico. Sigiunse al punto da ingiuriare la Luna che non si lasciavavedere. Tristi vicende delle cose di quaggiù!

J. T. Maston, disperato, partì per Long's-Peak.Voleva osservare lui stesso; e' non metteva in dubbio

che i suoi amici non avessero raggiunta la meta del loroviaggio. Del resto, non si era udito dire che il projettilefosse ricaduto sopra un punto qualunque delle isole edei continenti terrestri e J. T. Maston non ammettevanemmeno per sogno una possibile caduta negli oceaniche per tre quarti coprono il globo.

Il 5, lo stesso tempo. I grandi. telescopi del vecchiomondo, quelli di Herschel, di Rosse, di Foucault, eranoinvariabilmente puntati sull'astro delle notti, giacchè iltempo in Europa era bellissimo; ma la debolezza com-parativa di quegli strumenti impediva qualsiasi osserva-zione utile.

Il 6 stesso tempo. La impazienza rodeva tre quarti delglobo. Si giunse a fare le più insensate proposte per dis-sipar le nubi accumulate nell'aria.

Il 7, il cielo parve modificarsi un poco. Si sperò, ma

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te. Fino a quell'ora, e siccome al postutto sarebbe statoassai difficile di osservare in tali condizioni un corpocosì piccolo come l'obice, si ebbe pazienza senza la-gnarsi troppo.

Il 4 dicembre, dalle otto di sera a mezzanotte, sarebbestato possibile di seguire la traccia del proiettile che sa-rebbe apparso come un punto nero sul disco splendentedella Luna. Ma il tempo rimase spietatamente nuvoloso,il che portò al colmo l'esasperazione del pubblico. Sigiunse al punto da ingiuriare la Luna che non si lasciavavedere. Tristi vicende delle cose di quaggiù!

J. T. Maston, disperato, partì per Long's-Peak.Voleva osservare lui stesso; e' non metteva in dubbio

che i suoi amici non avessero raggiunta la meta del loroviaggio. Del resto, non si era udito dire che il projettilefosse ricaduto sopra un punto qualunque delle isole edei continenti terrestri e J. T. Maston non ammettevanemmeno per sogno una possibile caduta negli oceaniche per tre quarti coprono il globo.

Il 5, lo stesso tempo. I grandi. telescopi del vecchiomondo, quelli di Herschel, di Rosse, di Foucault, eranoinvariabilmente puntati sull'astro delle notti, giacchè iltempo in Europa era bellissimo; ma la debolezza com-parativa di quegli strumenti impediva qualsiasi osserva-zione utile.

Il 6 stesso tempo. La impazienza rodeva tre quarti delglobo. Si giunse a fare le più insensate proposte per dis-sipar le nubi accumulate nell'aria.

Il 7, il cielo parve modificarsi un poco. Si sperò, ma

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la speranza non fu di lunga durata, e la sera nubi ancorpiù dense tolsero a tutti gli sguardi la volta stellata.

Allora la cosa divenne grave. E, difatti il giorno 11,alle nove e undici minuti del mattino, la Luna dovevaentrare nel suo ultimo quarto. Dopo questo termine essaandrebbe declinando, e, quand'anco il cielo si fosse ras-serenato, le probabilità della osservazione sarebbero inispecial modo diminuite; difatti la Luna allora non mo-strerebbe più che una porzione sempre decrescente delsuo disco e finirebbe col diventare nuova, cioè tramon-terebbe e si alzerebbe col sole, i cui raggi la renderebbeassolutamente invisibile. Bisognerebbe quindi aspettarefino al 3 di gennaio, a mezzogiorno e quarantaquattrominuti, per ritrovarla piena e ricominciare le osservazio-ni.

I giornali pubblicavano queste riflessioni, con millecommenti, e non dissimulavano al pubblico che dovevaarmarsi di una pazienza angelica.

Il giorno 8, nulla. Il 9, il sole ricomparve un istantecome per farsi beffe degli Americani. Esso fu salutato afischi; sicchè, offeso al certo da simile accoglienza, simostrò avarissimo de' suoi raggi.

Il 10, nessun cambiamento. J. T. Maston fu ad un pelod'impazzire, e si provarono seri timori pel cervello diquesto degno uomo, fino allora sì ben conservato sotto ilcranio di guttaperca.

L'11, una di quelle spaventevoli tempeste delle regio-ni intertropicali si scatenò nell'atmosfera. Fortissimiventi di levante sgombrarono le nubi agglomeratesi da

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la speranza non fu di lunga durata, e la sera nubi ancorpiù dense tolsero a tutti gli sguardi la volta stellata.

Allora la cosa divenne grave. E, difatti il giorno 11,alle nove e undici minuti del mattino, la Luna dovevaentrare nel suo ultimo quarto. Dopo questo termine essaandrebbe declinando, e, quand'anco il cielo si fosse ras-serenato, le probabilità della osservazione sarebbero inispecial modo diminuite; difatti la Luna allora non mo-strerebbe più che una porzione sempre decrescente delsuo disco e finirebbe col diventare nuova, cioè tramon-terebbe e si alzerebbe col sole, i cui raggi la renderebbeassolutamente invisibile. Bisognerebbe quindi aspettarefino al 3 di gennaio, a mezzogiorno e quarantaquattrominuti, per ritrovarla piena e ricominciare le osservazio-ni.

I giornali pubblicavano queste riflessioni, con millecommenti, e non dissimulavano al pubblico che dovevaarmarsi di una pazienza angelica.

Il giorno 8, nulla. Il 9, il sole ricomparve un istantecome per farsi beffe degli Americani. Esso fu salutato afischi; sicchè, offeso al certo da simile accoglienza, simostrò avarissimo de' suoi raggi.

Il 10, nessun cambiamento. J. T. Maston fu ad un pelod'impazzire, e si provarono seri timori pel cervello diquesto degno uomo, fino allora sì ben conservato sotto ilcranio di guttaperca.

L'11, una di quelle spaventevoli tempeste delle regio-ni intertropicali si scatenò nell'atmosfera. Fortissimiventi di levante sgombrarono le nubi agglomeratesi da

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Page 258: E-book campione Liber Liber · te due gambe per sei. ... si dedicavano bensì ancora a calcoli di balistica; essi so- ... — È desolante! disse una sera il bravo Tom Hunter

tanto tempo, e la sera il disco, per metà nell'ombra,dell'astro delle notti passò maestosamente in mezzo allelimpide costellazioni del cielo.

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tanto tempo, e la sera il disco, per metà nell'ombra,dell'astro delle notti passò maestosamente in mezzo allelimpide costellazioni del cielo.

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CAPITOLO XXVIII.Un nuovo astro.

Quella stessa notte, la palpitante notizia sì impazien-temente aspettata scoppiò come la folgore negli Statidell'Unione, e di là slanciandosi attraverso l'oceano cor-se su tutti i fili telegrafici del globo. Il projettile era statoscorto mercè il riflettore di Long's-Peak.

Ecco la nota redatta dal direttore dell'Osservatorio diCambridge. Essa contiene la conclusione scientifica diquesto esperimento del Gun-Club:

Long's-Peak, 12 dicembre.«Ai signori Membri dell'ufficio dell'Osserva-

torio di Cambridge.

«Il projettile lanciato dalla Columbiade di «Stone's-Hill è stato veduto dai signori Belfast e J. T. Maston il12 dicembre, alle otto e quarantasette minuti della sera,mentre la Luna era entrata nell'ultimo quarto.

«Questo projettile non ha raggiunto la sua meta. Èpassato di fianco, ma abbastanza vicino però da esseretrattenuto dall'attrazione lunare.

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CAPITOLO XXVIII.Un nuovo astro.

Quella stessa notte, la palpitante notizia sì impazien-temente aspettata scoppiò come la folgore negli Statidell'Unione, e di là slanciandosi attraverso l'oceano cor-se su tutti i fili telegrafici del globo. Il projettile era statoscorto mercè il riflettore di Long's-Peak.

Ecco la nota redatta dal direttore dell'Osservatorio diCambridge. Essa contiene la conclusione scientifica diquesto esperimento del Gun-Club:

Long's-Peak, 12 dicembre.«Ai signori Membri dell'ufficio dell'Osserva-

torio di Cambridge.

«Il projettile lanciato dalla Columbiade di «Stone's-Hill è stato veduto dai signori Belfast e J. T. Maston il12 dicembre, alle otto e quarantasette minuti della sera,mentre la Luna era entrata nell'ultimo quarto.

«Questo projettile non ha raggiunto la sua meta. Èpassato di fianco, ma abbastanza vicino però da esseretrattenuto dall'attrazione lunare.

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«Quivi il movimento rettilineo si è cambiato in unmovimento circolare di vertiginosa rapidità, ed esso èstato trascinato in un'orbita elittica intorno alla Luna, dicui è diventato il vero satellite.

«Gli elementi di questo nuovo astro non hanno potutoessere per anco determinati. Non si conosce nè la suavelocità di traslazione, nè la sua velocità di rotazione.La distanza che lo separa dalla superficie della Lunapuò essere valutata duemila e ottocentotrentatre migliacirca (4.500 leghe).

«Ora, due ipotesi possono offrirsi e portare una modi-ficazione nello stato delle cose:

«O l'attrazione della Luna finirà col vincere, ed iviaggiatori raggiungeranno la meta del loro viaggio:

«Oppure, mantenuto in un ordine immutabile, il pro-jettile graviterà intorno al disco lunare sino alla fine de'secoli.

«Ciò è quanto le osservazioni ci apprenderanno ungiorno; ma finora il tentativo del Gun-Club non ha avu-to altro risultato che di regalare un nuovo astro al nostrosistema solare.

J. BELFAST.»

Quante quistioni sollevava mai tale inatteso sciogli-mento! Quale situazione gravida di misteri non riserba-va l'avvenire alle investigazioni della scienza! Grazie alcoraggio ed all'abnegazione di tre uomini, l'impresa, fu-tile in apparenza, di mandare una palla nella Luna, ave-va ottenuto un immenso risultato, le cui conseguenze

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«Quivi il movimento rettilineo si è cambiato in unmovimento circolare di vertiginosa rapidità, ed esso èstato trascinato in un'orbita elittica intorno alla Luna, dicui è diventato il vero satellite.

«Gli elementi di questo nuovo astro non hanno potutoessere per anco determinati. Non si conosce nè la suavelocità di traslazione, nè la sua velocità di rotazione.La distanza che lo separa dalla superficie della Lunapuò essere valutata duemila e ottocentotrentatre migliacirca (4.500 leghe).

«Ora, due ipotesi possono offrirsi e portare una modi-ficazione nello stato delle cose:

«O l'attrazione della Luna finirà col vincere, ed iviaggiatori raggiungeranno la meta del loro viaggio:

«Oppure, mantenuto in un ordine immutabile, il pro-jettile graviterà intorno al disco lunare sino alla fine de'secoli.

«Ciò è quanto le osservazioni ci apprenderanno ungiorno; ma finora il tentativo del Gun-Club non ha avu-to altro risultato che di regalare un nuovo astro al nostrosistema solare.

J. BELFAST.»

Quante quistioni sollevava mai tale inatteso sciogli-mento! Quale situazione gravida di misteri non riserba-va l'avvenire alle investigazioni della scienza! Grazie alcoraggio ed all'abnegazione di tre uomini, l'impresa, fu-tile in apparenza, di mandare una palla nella Luna, ave-va ottenuto un immenso risultato, le cui conseguenze

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sono incalcolabili. I viaggiatori imprigionati in un nuo-vo satellite, se non avevano raggiunto la meta, facevanoalmeno parte del mondo lunare; essi gravitavano intornoall'astro delle notti, e, per la prima volta, l'occhio potevapenetrarne tutti i misteri. I nomi, di Nicholl, di Barbica-ne, di Michele Ardan dovranno dunque essere per sem-pre celebri nei fasti astronomici, poichè questi arditiesploratori, bramosi d'allargare la cerchia delle umanecognizioni, si lanciarono audacemente attraverso lo spa-zio e cimentarono la loro vita nel più strano tentativo deitempi moderni.

Checchè ne sia, conosciuta la nota di Long's-Peak, cifu nell'intero universo un sentimento di sorpresa e dispavento. Era possibile di portar aiuto a quegli arditiabitanti della Terra? No, senza dubbio: essi eransi postial di fuori dell'umanità, oltrepassando i limiti imposti daDio alle creature terrestri. Potevano procurarsi l'aria perdue mesi. Avevano viveri per un anno. Ma dopo?... Icuori più insensibili palpitavano a questa terribile do-manda.

Un sol uomo non voleva ammettere che la situazionefosse disperata. Uno solo viveva fiducioso, ed era il loroamico devoto, audace e risoluto al pari di loro, il bravoJ. T. Maston.

Peraltro ei non li perdeva di vista. Il suo domicilio fuda quel giorno l'Osservatorio di Long's-Peak; il suoorizzonte, lo specchio dell'immenso riflettore. Non ap-pena la Luna alzavasi sull'orizzonte, ei la racchiudevanel campo del telescopio, non la lasciava un istante col-

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sono incalcolabili. I viaggiatori imprigionati in un nuo-vo satellite, se non avevano raggiunto la meta, facevanoalmeno parte del mondo lunare; essi gravitavano intornoall'astro delle notti, e, per la prima volta, l'occhio potevapenetrarne tutti i misteri. I nomi, di Nicholl, di Barbica-ne, di Michele Ardan dovranno dunque essere per sem-pre celebri nei fasti astronomici, poichè questi arditiesploratori, bramosi d'allargare la cerchia delle umanecognizioni, si lanciarono audacemente attraverso lo spa-zio e cimentarono la loro vita nel più strano tentativo deitempi moderni.

Checchè ne sia, conosciuta la nota di Long's-Peak, cifu nell'intero universo un sentimento di sorpresa e dispavento. Era possibile di portar aiuto a quegli arditiabitanti della Terra? No, senza dubbio: essi eransi postial di fuori dell'umanità, oltrepassando i limiti imposti daDio alle creature terrestri. Potevano procurarsi l'aria perdue mesi. Avevano viveri per un anno. Ma dopo?... Icuori più insensibili palpitavano a questa terribile do-manda.

Un sol uomo non voleva ammettere che la situazionefosse disperata. Uno solo viveva fiducioso, ed era il loroamico devoto, audace e risoluto al pari di loro, il bravoJ. T. Maston.

Peraltro ei non li perdeva di vista. Il suo domicilio fuda quel giorno l'Osservatorio di Long's-Peak; il suoorizzonte, lo specchio dell'immenso riflettore. Non ap-pena la Luna alzavasi sull'orizzonte, ei la racchiudevanel campo del telescopio, non la lasciava un istante col-

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lo sguardo e la seguiva assiduamente nel suo camminotra gli spazi stellari. Maston osservava con eterna pa-zienza il passaggio del proiettile sul suo disco d'argento,e invero il degno segretario rimanevasi in perpetua co-municazione coi tre amici, che non disperava di poter ri-vedere un giorno.

— Corrisponderemo con loro, diceva a chi volevaudirlo, appena le circostanze lo permetteranno; noi avre-mo le loro notizie ed essi avranno le nostre! Del resto ioli conosco, sono uomini ingegnosi. Fra tutti e tre si por-tan via negli spazi tutte le risorse dell'arte, della scienzae dell'industria. Con questo si fa ciò che si vuole, e ve-drete che se la caveranno per bene!

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lo sguardo e la seguiva assiduamente nel suo camminotra gli spazi stellari. Maston osservava con eterna pa-zienza il passaggio del proiettile sul suo disco d'argento,e invero il degno segretario rimanevasi in perpetua co-municazione coi tre amici, che non disperava di poter ri-vedere un giorno.

— Corrisponderemo con loro, diceva a chi volevaudirlo, appena le circostanze lo permetteranno; noi avre-mo le loro notizie ed essi avranno le nostre! Del resto ioli conosco, sono uomini ingegnosi. Fra tutti e tre si por-tan via negli spazi tutte le risorse dell'arte, della scienzae dell'industria. Con questo si fa ciò che si vuole, e ve-drete che se la caveranno per bene!

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