E-book campione Liber Liber · 2018. 7. 3. · C APITOLO I. LA MINACCIA CELESTE «Impiaque aeternam...

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Camille Flammarion La fine del mondo www.liberliber.it Camille Flammarion La fine del mondo www.liberliber.it

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: La fine del mondoAUTORE: Flammarion, CamilleTRADUTTORE: Mochi, PaolinaCURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: La fine del mondo / Camillo Flammarion ;traduzione di Paolina Mochi. - Firenze : La NuovaItalia, [1932]. - 238 p., [3] c. di tav. : ill. ; 19cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 11 ottobre 2017

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TRATTO DA: La fine del mondo / Camillo Flammarion ;traduzione di Paolina Mochi. - Firenze : La NuovaItalia, [1932]. - 238 p., [3] c. di tav. : ill. ; 19cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 11 ottobre 2017

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INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC028000 FICTION / Fantascienza / Generale

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Catia Righi, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4PARTE PRIMANEL VENTICINQUESIMO SECOLO.LE TEORIE....................................................................8

C APITOLO I.LA MINACCIA CELESTE........................................9CAPITOLO II.LA COMETA............................................................25CAPITOLO III.LA SEDUTA DELL'ISTITUTO...............................42CAPITOLO IV.COME IL MONDO FINIRÀ....................................72CAPITOLO V.IL CONCILIO DEL VATICANO...........................116CAPITOLO VI.LA CREDENZA NELLA FINE DEL MONDO TRA-VERSO LE ETÀ....................................................129CAPITOLO VII.L'URTO..................................................................164

PARTE SECONDAFRA DIECI MILIONI DI ANNI................................185

CAPITOLO I.LE TAPPE DELL'AVVENIRE...............................186CAPITOLO II.LE METAMORFOSI..............................................209

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4PARTE PRIMANEL VENTICINQUESIMO SECOLO.LE TEORIE....................................................................8

C APITOLO I.LA MINACCIA CELESTE........................................9CAPITOLO II.LA COMETA............................................................25CAPITOLO III.LA SEDUTA DELL'ISTITUTO...............................42CAPITOLO IV.COME IL MONDO FINIRÀ....................................72CAPITOLO V.IL CONCILIO DEL VATICANO...........................116CAPITOLO VI.LA CREDENZA NELLA FINE DEL MONDO TRA-VERSO LE ETÀ....................................................129CAPITOLO VII.L'URTO..................................................................164

PARTE SECONDAFRA DIECI MILIONI DI ANNI................................185

CAPITOLO I.LE TAPPE DELL'AVVENIRE...............................186CAPITOLO II.LE METAMORFOSI..............................................209

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CAPITOLO III.L'APOGEO.............................................................224CAPITOLO IV.VANITAS VANITATUM........................................244CAPITOLO V.OMÉGAR...............................................................253CAPITOLO VI.EVA........................................................................263CAPITOLO VII.ULTIMO GIORNO................................................272

EPILOGODOPO LA FINE DEL MONDO TERRESTRE.DISSERTAZIONE FILOSOFICA FINALE...............287

I...............................................................................288II..............................................................................292III............................................................................296IV............................................................................299V..............................................................................304

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CAPITOLO III.L'APOGEO.............................................................224CAPITOLO IV.VANITAS VANITATUM........................................244CAPITOLO V.OMÉGAR...............................................................253CAPITOLO VI.EVA........................................................................263CAPITOLO VII.ULTIMO GIORNO................................................272

EPILOGODOPO LA FINE DEL MONDO TERRESTRE.DISSERTAZIONE FILOSOFICA FINALE...............287

I...............................................................................288II..............................................................................292III............................................................................296IV............................................................................299V..............................................................................304

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CAMILLO FLAMMARION

LA

FINE DEL MONDOIo vidi poi un cielo nuovo e

una terra nuova; perchèil primo cielo e la primaterra erano passati.

Apocalisse, XXI, 1.

T R A D U Z IO N E D I PA O L IN A M O C H I

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CAMILLO FLAMMARION

LA

FINE DEL MONDOIo vidi poi un cielo nuovo e

una terra nuova; perchèil primo cielo e la primaterra erano passati.

Apocalisse, XXI, 1.

T R A D U Z IO N E D I PA O L IN A M O C H I

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PARTE PRIMANEL VENTICINQUESIMO SECOLO.

LE TEORIE.

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PARTE PRIMANEL VENTICINQUESIMO SECOLO.

LE TEORIE.

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C APITOLO I.LA MINACCIA CELESTE

«Impiaque aeternam timuerunt saecula noctem».VIRGILIO, Georgiche, I, 468.

Il magnifico ponte di marmo che unisce la via di Ren-nes alla via del Louvre e che, fiancheggiato dalle statuedei saggi e dei filosofi celebri, costituisce una via monu-mentale di accesso al nuovo portico dell'Istituto, era let-teralmente nero di gente. Una folla ondeggiante, più checamminare, sembrava rotolasse pei Lungo Senna, sboc-cando da tutte le strade e spingendosi verso il portico,invaso, da molto tempo, da un flutto tumultuante.

Mai nel passato, prima della costituzione degli Stati-Uniti d'Europa, nell'epoca barbara in cui la forza vince-va il diritto, in cui il militarismo governava l'umanità el'infamia della guerra stritolava senza tregua la stoltissi-ma umanità, mai, nei grandi moti rivoluzionari o neigiorni febbrili delle dichiarazioni di guerra1 mai le adia-cenze della Camera dei rappresentanti del popolo, nè lapiazza della Concordia avevano presentato uno spetta-colo simile. Non si trattava di gruppi di fanatici, riuniti

1 Questi ed altri passi stanno a testimoniare la mentalità di lar-ghe cerchie francesi nel momento in cui fu pubblicato il libro, an-timilitaristica, scientifistica e anarcoide. [Nota d. trad.].

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C APITOLO I.LA MINACCIA CELESTE

«Impiaque aeternam timuerunt saecula noctem».VIRGILIO, Georgiche, I, 468.

Il magnifico ponte di marmo che unisce la via di Ren-nes alla via del Louvre e che, fiancheggiato dalle statuedei saggi e dei filosofi celebri, costituisce una via monu-mentale di accesso al nuovo portico dell'Istituto, era let-teralmente nero di gente. Una folla ondeggiante, più checamminare, sembrava rotolasse pei Lungo Senna, sboc-cando da tutte le strade e spingendosi verso il portico,invaso, da molto tempo, da un flutto tumultuante.

Mai nel passato, prima della costituzione degli Stati-Uniti d'Europa, nell'epoca barbara in cui la forza vince-va il diritto, in cui il militarismo governava l'umanità el'infamia della guerra stritolava senza tregua la stoltissi-ma umanità, mai, nei grandi moti rivoluzionari o neigiorni febbrili delle dichiarazioni di guerra1 mai le adia-cenze della Camera dei rappresentanti del popolo, nè lapiazza della Concordia avevano presentato uno spetta-colo simile. Non si trattava di gruppi di fanatici, riuniti

1 Questi ed altri passi stanno a testimoniare la mentalità di lar-ghe cerchie francesi nel momento in cui fu pubblicato il libro, an-timilitaristica, scientifistica e anarcoide. [Nota d. trad.].

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intorno a una bandiera, marcianti verso qualche conqui-sta della spada, seguiti da frotte di curiosi e di disoccu-pati, «che andavano a vedere quel che succederebbe»:era tutta quanta la popolazione, composta di tutte leclassi della società, indistintamente, sospesa alla deci-sione di un oracolo, nell'attesa febbrile del resultato diun calcolo che un astronomo celebre doveva render notoquel lunedì, alle tre, nella Seduta dell'Accademia delleScienze. In mezzo alla trasformazione politica e socialedegli uomini e delle cose, l'Istituto di Francia durava an-cora e ancora teneva in Europa la palma delle scienze,delle lettere e delle arti. Il centro della civiltà si era,però, spostato e il focolare del progresso splendeva allo-ra nell'America del Nord, sulle rive del lago Michigan.

Siamo al venticinquesimo secolo.Questo nuovo palazzo dell'Istituto, che alzava al cielo

le sue terrazze e le sue cupole, era stato costruito allafine del ventesimo secolo sulle rovine lasciate dallagrande rivoluzione sociale degli anarchici internaziona-li, che nel 1950 avevano fatto saltare in aria una partedella grande metropoli francese, come un tappo sopraun cratere.

La Domenica, alla vigilia del responso, dalla navicel-la di un pallone si sarebbe potuta vedere tutta Parigi,sparsa sui bastioni e sulle piazze pubbliche, camminarlentamente, come senza speranza, senza interessarsi piùdi nulla al mondo. Le aeronavi festose non solcavanopiù lo spazio colla loro abituale vivacità, gli aeroplani,gli aviatori, i pesci aerei, gli uccelli meccanici, gli eli-

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intorno a una bandiera, marcianti verso qualche conqui-sta della spada, seguiti da frotte di curiosi e di disoccu-pati, «che andavano a vedere quel che succederebbe»:era tutta quanta la popolazione, composta di tutte leclassi della società, indistintamente, sospesa alla deci-sione di un oracolo, nell'attesa febbrile del resultato diun calcolo che un astronomo celebre doveva render notoquel lunedì, alle tre, nella Seduta dell'Accademia delleScienze. In mezzo alla trasformazione politica e socialedegli uomini e delle cose, l'Istituto di Francia durava an-cora e ancora teneva in Europa la palma delle scienze,delle lettere e delle arti. Il centro della civiltà si era,però, spostato e il focolare del progresso splendeva allo-ra nell'America del Nord, sulle rive del lago Michigan.

Siamo al venticinquesimo secolo.Questo nuovo palazzo dell'Istituto, che alzava al cielo

le sue terrazze e le sue cupole, era stato costruito allafine del ventesimo secolo sulle rovine lasciate dallagrande rivoluzione sociale degli anarchici internaziona-li, che nel 1950 avevano fatto saltare in aria una partedella grande metropoli francese, come un tappo sopraun cratere.

La Domenica, alla vigilia del responso, dalla navicel-la di un pallone si sarebbe potuta vedere tutta Parigi,sparsa sui bastioni e sulle piazze pubbliche, camminarlentamente, come senza speranza, senza interessarsi piùdi nulla al mondo. Le aeronavi festose non solcavanopiù lo spazio colla loro abituale vivacità, gli aeroplani,gli aviatori, i pesci aerei, gli uccelli meccanici, gli eli-

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cótteri elettrici, le macchine volanti, tutto si era rallenta-to, quasi fermato. Le stazioni aeronautiche, in cima alletorri e agli edifizi, erano vuote e solitarie. La vita umanasembrava sospesa e l'inquietudine era dipinta su tutti ivisi. Si attaccava discorso senza conoscersi, e sempre lestesse parole uscivano dalle labbra pallide e tremanti:«È proprio vero!...» La più spaventosa epidemia avreb-be agghiacciato meno i cuori, della predizione astrono-mica, così universalmente commentata, e avrebbe fattomeno vittime; già la mortalità cominciava a crescere, in-fatti, per una causa sconosciuta.

Ogni momento, ciascuno sentiva come un brividoelettrico di terrore.

Alcuni, volendo parere più energici e meno allarmati,lanciavano ogni tanto una parola di dubbio, o anche disperanza: «ci si può ingannare» oppure: «passerà da par-te» o anche: «poi non sarà niente, ce la caveremo con lapaura» o qualche altro palliativo del medesimo genere.

Ma l'aspettativa e l'incertezza sono, spesso, più terri-bili della stessa catastrofe. Un colpo brutale ci colpisce,una volta, e ci abbatte, più o meno; poi ci si risveglia, siprende il nostro partito, ci si rimette e si continua a vive-re. Qui era l'ignoto, l'avvicinarsi d'un avvenimento ine-vitabile, misterioso, extra-terrestre e formidabile.

Bisognava morire di certo: ma come? Per urto, perschiacciamento, per calore incendiario, per l'infiammar-si del globo, per avvelenamento dell'atmosfera, per sof-focazione? quale supplizio attendeva gli uomini? Mi-naccia più terribile della morte stessa! La nostra anima

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cótteri elettrici, le macchine volanti, tutto si era rallenta-to, quasi fermato. Le stazioni aeronautiche, in cima alletorri e agli edifizi, erano vuote e solitarie. La vita umanasembrava sospesa e l'inquietudine era dipinta su tutti ivisi. Si attaccava discorso senza conoscersi, e sempre lestesse parole uscivano dalle labbra pallide e tremanti:«È proprio vero!...» La più spaventosa epidemia avreb-be agghiacciato meno i cuori, della predizione astrono-mica, così universalmente commentata, e avrebbe fattomeno vittime; già la mortalità cominciava a crescere, in-fatti, per una causa sconosciuta.

Ogni momento, ciascuno sentiva come un brividoelettrico di terrore.

Alcuni, volendo parere più energici e meno allarmati,lanciavano ogni tanto una parola di dubbio, o anche disperanza: «ci si può ingannare» oppure: «passerà da par-te» o anche: «poi non sarà niente, ce la caveremo con lapaura» o qualche altro palliativo del medesimo genere.

Ma l'aspettativa e l'incertezza sono, spesso, più terri-bili della stessa catastrofe. Un colpo brutale ci colpisce,una volta, e ci abbatte, più o meno; poi ci si risveglia, siprende il nostro partito, ci si rimette e si continua a vive-re. Qui era l'ignoto, l'avvicinarsi d'un avvenimento ine-vitabile, misterioso, extra-terrestre e formidabile.

Bisognava morire di certo: ma come? Per urto, perschiacciamento, per calore incendiario, per l'infiammar-si del globo, per avvelenamento dell'atmosfera, per sof-focazione? quale supplizio attendeva gli uomini? Mi-naccia più terribile della morte stessa! La nostra anima

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non può soffrire che fino a un certo limite; aver paurasenza tregua, domandarsi ogni sera quello che ci aspettal'indomani, è come soffrire mille morti.

E la Paura! La Paura che agghiaccia il sangue nellearterie, che annichilisce gli animi, la Paura, spettro invi-sibile, da cui tutti gli animi, vacillanti, e pieni di racca-priccio, erano ossessionati.

Da un mese circa tutti gli affari commerciali eranofermi: da quindici giorni il Comitato degli Amministra-tori (che sostituiva la Camera e il Senato d'altri tempi)aveva sospese le sedute, poichè in queste la distrazioneaveva raggiunto il colmo. Da otto giorni la Borsa erachiusa a Parigi, a Londra, a New-York, a Chicago, aMelbourne, a Liberty, a Pechino: a che scopo occuparsid'affari, di politica interna o estera, di questioni di bilan-cio o di riforme, se il mondo stava per finire? Ah! la po-litica! Si ricordava neppure di averne mai fatta? I pallo-ni erano sgonfiati. I tribunali stessi non avevano piùcause in vista: non si commettono assassinii, quando siaspetta la fine del mondo. L'umanità non teneva più aniente: il suo cuore affrettava i battiti, pronto a fermarsi.Si vedevano dappertutto visi disfatti, facce pallide, rovi-nate dall'insonnia; solamente la civetteria femminile re-sisteva ancora, ma appena, in un modo superficiale, in-genuo, effimero, senza preoccupazione dell'indomani.

Ma, del resto, la situazione si presentava grave, quasidisperata, anche agli occhi dei più stoici. Mai, in tutta lastoria dell'umanità, mai la razza di Adamo s'era trovatadavanti a un tale pericolo; le minacce del cielo le pone-

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non può soffrire che fino a un certo limite; aver paurasenza tregua, domandarsi ogni sera quello che ci aspettal'indomani, è come soffrire mille morti.

E la Paura! La Paura che agghiaccia il sangue nellearterie, che annichilisce gli animi, la Paura, spettro invi-sibile, da cui tutti gli animi, vacillanti, e pieni di racca-priccio, erano ossessionati.

Da un mese circa tutti gli affari commerciali eranofermi: da quindici giorni il Comitato degli Amministra-tori (che sostituiva la Camera e il Senato d'altri tempi)aveva sospese le sedute, poichè in queste la distrazioneaveva raggiunto il colmo. Da otto giorni la Borsa erachiusa a Parigi, a Londra, a New-York, a Chicago, aMelbourne, a Liberty, a Pechino: a che scopo occuparsid'affari, di politica interna o estera, di questioni di bilan-cio o di riforme, se il mondo stava per finire? Ah! la po-litica! Si ricordava neppure di averne mai fatta? I pallo-ni erano sgonfiati. I tribunali stessi non avevano piùcause in vista: non si commettono assassinii, quando siaspetta la fine del mondo. L'umanità non teneva più aniente: il suo cuore affrettava i battiti, pronto a fermarsi.Si vedevano dappertutto visi disfatti, facce pallide, rovi-nate dall'insonnia; solamente la civetteria femminile re-sisteva ancora, ma appena, in un modo superficiale, in-genuo, effimero, senza preoccupazione dell'indomani.

Ma, del resto, la situazione si presentava grave, quasidisperata, anche agli occhi dei più stoici. Mai, in tutta lastoria dell'umanità, mai la razza di Adamo s'era trovatadavanti a un tale pericolo; le minacce del cielo le pone-

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vano innanzi, senza remissione, una questione di vita odi morte.

Ma rifacciamoci da principio.Tre mesi circa prima del giorno in cui siamo, il Diret-

tore dell'Osservatorio del monte Gaorisankar, aveva te-lefonato ai principali osservatorî del globo, e particolar-mente a quello di Parigi, un dispaccio così concepito:

«Una cometa telescopica è stata scoperta questa nottefra 21h 16m 42s di ascensione diretta e 49° 53' 45" di de-clinazione boreale. Movimento diurno molto debole. Lacometa è verdastra».

Non passavano mai dei mesi, senza che qualche co-meta telescopica fosse scoperta e annunciata ai diversiosservatorî2, specialmente dacchè vi avevano preso stan-za astronomi valorosi: in Asia, sulle alte cime del Gaori-sankar, del Dapsang e del Kintchindjinga; nell'Americadel Sud, sull'Aconcagua, l'Illampon e il Chimborazo,come anche in Africa, sul Kilima-N'djaro e in Europa,sull'Elbrouz e il Monte Bianco. Perciò quest'annunzionon aveva colpito gli astronomi, più di tutti gli altri del-

2 Da circa trecento anni, l'Osservatorio di Parigi era divenutola sede dell'amministrazione centrale dell'astronomia francese. Leosservazioni astronomiche si facevano in condizioni incompara-bilmente migliori di quelle fatte nelle città basse, popolose e pol-verose, in cima a montagne che si elevavano in un'atmosferapura, isolate dalle distrazioni mondane. Fili telefonici collegava-no costantemente gli osservatori con l'amministrazione centrale.Gli strumenti che vi si conservavano, servivano soltanto a soddi-sfare la curiosità di qualche scienziato, residente a Parigi per ilsuo ufficio, o a controllare qualche scoperta.

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vano innanzi, senza remissione, una questione di vita odi morte.

Ma rifacciamoci da principio.Tre mesi circa prima del giorno in cui siamo, il Diret-

tore dell'Osservatorio del monte Gaorisankar, aveva te-lefonato ai principali osservatorî del globo, e particolar-mente a quello di Parigi, un dispaccio così concepito:

«Una cometa telescopica è stata scoperta questa nottefra 21h 16m 42s di ascensione diretta e 49° 53' 45" di de-clinazione boreale. Movimento diurno molto debole. Lacometa è verdastra».

Non passavano mai dei mesi, senza che qualche co-meta telescopica fosse scoperta e annunciata ai diversiosservatorî2, specialmente dacchè vi avevano preso stan-za astronomi valorosi: in Asia, sulle alte cime del Gaori-sankar, del Dapsang e del Kintchindjinga; nell'Americadel Sud, sull'Aconcagua, l'Illampon e il Chimborazo,come anche in Africa, sul Kilima-N'djaro e in Europa,sull'Elbrouz e il Monte Bianco. Perciò quest'annunzionon aveva colpito gli astronomi, più di tutti gli altri del-

2 Da circa trecento anni, l'Osservatorio di Parigi era divenutola sede dell'amministrazione centrale dell'astronomia francese. Leosservazioni astronomiche si facevano in condizioni incompara-bilmente migliori di quelle fatte nelle città basse, popolose e pol-verose, in cima a montagne che si elevavano in un'atmosferapura, isolate dalle distrazioni mondane. Fili telefonici collegava-no costantemente gli osservatori con l'amministrazione centrale.Gli strumenti che vi si conservavano, servivano soltanto a soddi-sfare la curiosità di qualche scienziato, residente a Parigi per ilsuo ufficio, o a controllare qualche scoperta.

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lo stesso genere, che di abitudine si ricevevano. Un grannumero di osservatori aveva cercato la cometa nella po-sizione indicata e l'aveva seguita diligentemente.

Le «Ultime Notizie Astronomiche» ne avevano pub-blicato le osservazioni e un matematico tedesco avevacalcolato una prima orbita provvisoria, con le effemerididel movimento. Appena questa orbita e queste effemeri-di furono pubblicate, un dotto giapponese fece un'osser-vazione molto curiosa. Secondo il calcolo, la cometa do-veva discendere dalle altezze dell'infinito verso il Sole evenire a traversare il piano dell'eclittica circa il 20 lu-glio, in un punto poco lontano da quello in cui dovevatrovarsi la terra in quell'epoca.

«Sarebbe – egli diceva – del più alto interesse molti-plicare le osservazioni e riprendere il calcolo, per con-cludere a quale distanza la cometa passerà dal nostropianeta e se, per caso, non verrà ad urtare la Terra o laLuna».

Una giovane laureata dell'Istituto, candidata alla dire-zione dell'Osservatorio, aveva colto a volo l'insinuazio-ne e si era posta al telefono dello stabilimento centraleper afferrare al loro passaggio tutte le osservazioni co-municate. In meno di dieci giorni ne aveva raccolte piùd'un centinaio e, senza perdere un minuto, aveva passatotre giorni e tre lunghe notti a ricominciare il calcolo sututta la serie delle osservazioni. Il resultato fu che laconclusione dell'astronomo giapponese era inesatta, ri-guardo all'epoca del passaggio traverso il pianodell'eclittica, passaggio che era stato anticipato di cinque

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lo stesso genere, che di abitudine si ricevevano. Un grannumero di osservatori aveva cercato la cometa nella po-sizione indicata e l'aveva seguita diligentemente.

Le «Ultime Notizie Astronomiche» ne avevano pub-blicato le osservazioni e un matematico tedesco avevacalcolato una prima orbita provvisoria, con le effemerididel movimento. Appena questa orbita e queste effemeri-di furono pubblicate, un dotto giapponese fece un'osser-vazione molto curiosa. Secondo il calcolo, la cometa do-veva discendere dalle altezze dell'infinito verso il Sole evenire a traversare il piano dell'eclittica circa il 20 lu-glio, in un punto poco lontano da quello in cui dovevatrovarsi la terra in quell'epoca.

«Sarebbe – egli diceva – del più alto interesse molti-plicare le osservazioni e riprendere il calcolo, per con-cludere a quale distanza la cometa passerà dal nostropianeta e se, per caso, non verrà ad urtare la Terra o laLuna».

Una giovane laureata dell'Istituto, candidata alla dire-zione dell'Osservatorio, aveva colto a volo l'insinuazio-ne e si era posta al telefono dello stabilimento centraleper afferrare al loro passaggio tutte le osservazioni co-municate. In meno di dieci giorni ne aveva raccolte piùd'un centinaio e, senza perdere un minuto, aveva passatotre giorni e tre lunghe notti a ricominciare il calcolo sututta la serie delle osservazioni. Il resultato fu che laconclusione dell'astronomo giapponese era inesatta, ri-guardo all'epoca del passaggio traverso il pianodell'eclittica, passaggio che era stato anticipato di cinque

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o sei giorni; ma per questo l'interesse del problema dive-niva ancora maggiore, poichè la distanza minima fra lacometa e la terra era anche più piccola di quanto avessecreduto lo scienziato giapponese. Senza parlare per ilmomento della possibilità d'un incontro, si accennavaalla speranza di trovare nell'enorme perturbazione chel'astro errante avrebbe subito, a causa della Terra e dellaLuna, un nuovo mezzo di determinare con straordinariaprecisione la massa della Luna e quella della Terra, eforse indicazioni precise sulla repartizione delle densitànell'interno del nostro globo. La giovine calcolatrice in-sisteva ancora sui precedenti inviti a nuovi calcoli, mo-strando quanto fosse importante avere osservazioni nu-merose e precise.

Alla vigilia della seduta aveva completamente spiega-to l'orbita ad una commissione accademica.

Ma il centro di tutte le osservazioni sulla cometa eral'Osservatorio del Gaorisankar. Essendo posto sullacima più alta del mondo, a 8000 metri d'altitudine, inmezzo alle nevi eterne, che i nuovi procedimenti dellachimica elettrica avevano allontanate di molti chilometritutt'intorno al santuario, trovandosi quasi sempre moltecentinaia di metri sopra le nuvole più alte, sospeso inun'atmosfera pura e rarefatta, la visione naturale e tele-scopica che di lì si poteva avere era veramente centupli-cata.

Vi si distinguevano ad occhio nudo le valli dellaLuna, i satelliti di Giove e le fasi di Venere. Già da noveo dieci generazioni, molte famiglie di astronomi dimora-

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o sei giorni; ma per questo l'interesse del problema dive-niva ancora maggiore, poichè la distanza minima fra lacometa e la terra era anche più piccola di quanto avessecreduto lo scienziato giapponese. Senza parlare per ilmomento della possibilità d'un incontro, si accennavaalla speranza di trovare nell'enorme perturbazione chel'astro errante avrebbe subito, a causa della Terra e dellaLuna, un nuovo mezzo di determinare con straordinariaprecisione la massa della Luna e quella della Terra, eforse indicazioni precise sulla repartizione delle densitànell'interno del nostro globo. La giovine calcolatrice in-sisteva ancora sui precedenti inviti a nuovi calcoli, mo-strando quanto fosse importante avere osservazioni nu-merose e precise.

Alla vigilia della seduta aveva completamente spiega-to l'orbita ad una commissione accademica.

Ma il centro di tutte le osservazioni sulla cometa eral'Osservatorio del Gaorisankar. Essendo posto sullacima più alta del mondo, a 8000 metri d'altitudine, inmezzo alle nevi eterne, che i nuovi procedimenti dellachimica elettrica avevano allontanate di molti chilometritutt'intorno al santuario, trovandosi quasi sempre moltecentinaia di metri sopra le nuvole più alte, sospeso inun'atmosfera pura e rarefatta, la visione naturale e tele-scopica che di lì si poteva avere era veramente centupli-cata.

Vi si distinguevano ad occhio nudo le valli dellaLuna, i satelliti di Giove e le fasi di Venere. Già da noveo dieci generazioni, molte famiglie di astronomi dimora-

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vano sul monte asiatico, lentamente e gradatamente ac-climatate alla rarefazione dell'atmosfera. Le prime ave-vano dovuto in breve tempo soccombere; ma la scienzae l'industria erano poi riuscite a mitigare i rigori delfreddo, immagazzinando i raggi del sole, e l'acclimata-mento era avvenuto, a poco a poco, come nei tempi anti-chi a Quito e a Bogota, dove si vedevano, nel diciottesi-mo e diciannovesimo secolo, popolazioni felici viverenell'abbondanza, e giovani donne danzare senza stan-chezza nottate intiere, ad un'altitudine alla quale coloroche salivano sulla cima del Monte Bianco, in Europa,potevano appena far qualche passo, senza sentirsi man-care il respiro. A poco a poco una piccola colonia diastronomi aveva preso stanza sui fianchi dell'Imalaia, el'Osservatorio aveva acquistato, per i suoi lavori e le suescoperte, l'onore di essere giudicato il primo del mondo.Il suo principale strumento era il famoso equatoriale di100 metri di fuoco, coll'aiuto del quale si era potuto fi-nalmente giungere a decifrare i segnali geroglifici indi-rizzati inutilmente alla terra da molte migliaia di anni,dagli abitanti del pianeta Marte.

Mentre gli astronomi europei discutevano sull'orbitadella nuova cometa e constatavano che quest'orbitaavrebbe proprio dovuto passare per il nostro pianeta, eche i due corpi si sarebbero incontrati nello spazio,l'Osservatorio dell'Himalaia aveva inviato un nuovo fo-nogramma: «La cometa sta per divenire visibile ad oc-chio nudo. Sempre verdastra. Essa si dirige verso laTerra».

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vano sul monte asiatico, lentamente e gradatamente ac-climatate alla rarefazione dell'atmosfera. Le prime ave-vano dovuto in breve tempo soccombere; ma la scienzae l'industria erano poi riuscite a mitigare i rigori delfreddo, immagazzinando i raggi del sole, e l'acclimata-mento era avvenuto, a poco a poco, come nei tempi anti-chi a Quito e a Bogota, dove si vedevano, nel diciottesi-mo e diciannovesimo secolo, popolazioni felici viverenell'abbondanza, e giovani donne danzare senza stan-chezza nottate intiere, ad un'altitudine alla quale coloroche salivano sulla cima del Monte Bianco, in Europa,potevano appena far qualche passo, senza sentirsi man-care il respiro. A poco a poco una piccola colonia diastronomi aveva preso stanza sui fianchi dell'Imalaia, el'Osservatorio aveva acquistato, per i suoi lavori e le suescoperte, l'onore di essere giudicato il primo del mondo.Il suo principale strumento era il famoso equatoriale di100 metri di fuoco, coll'aiuto del quale si era potuto fi-nalmente giungere a decifrare i segnali geroglifici indi-rizzati inutilmente alla terra da molte migliaia di anni,dagli abitanti del pianeta Marte.

Mentre gli astronomi europei discutevano sull'orbitadella nuova cometa e constatavano che quest'orbitaavrebbe proprio dovuto passare per il nostro pianeta, eche i due corpi si sarebbero incontrati nello spazio,l'Osservatorio dell'Himalaia aveva inviato un nuovo fo-nogramma: «La cometa sta per divenire visibile ad oc-chio nudo. Sempre verdastra. Essa si dirige verso laTerra».

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L'accordo assoluto dei calcoli astronomici, provenis-sero sia dall'Europa, sia dall'America o dall'Asia, non la-sciava il minimo dubbio sulla loro precisione. I giornaliquotidiani lanciarono nel pubblico la notizia allarmante,accompagnandola con commenti tragici e moltiplicateinterviste, nelle quali mettevano in bocca agli scienziatii discorsi più strani.

Facevano a chi esagerava di più sui dati esatti del cal-colo, aggravandoli di dissertazioni più o meno fantasti-che. Da lungo tempo tutti i giornali del mondo, senzaeccezione, erano divenuti semplici operazioni di com-mercio. La stampa, che altre volte aveva reso tanti servi-zi all'affrancarsi del pensiero umano, alla libertà e alprogresso, era alla mercè dei governatori e dei grandicapitalisti, avvilita da compromessi finanziari d'ognispecie. Ogni giornale era una maniera di commercio; ilsolo problema era quello di vendere giornalmente ilmaggior numero possibile di fogli, e di far pagare le li-nee, pubblicando notizie più o meno svisate. «Far degliaffari». Era tutto lì.

Inventavano notizie false, che smentivano poi tran-quillamente l'indomani, minavano per ogni nonnulla lasicurezza dello Stato, svisavano la verità, mettevano inbocca agli scienziati discorsi che questi non avevanomai tenuto, calunniavano con sfrontatezza, disonorava-no uomini e donne, seminavano scandali, mentivanospudoratamente, spiegavano i trucchi dei ladri e degliassassini e moltiplicavano i delitti, senz'aver l'aria dicrederlo, davano la formula degli agenti esplosivi, re-

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L'accordo assoluto dei calcoli astronomici, provenis-sero sia dall'Europa, sia dall'America o dall'Asia, non la-sciava il minimo dubbio sulla loro precisione. I giornaliquotidiani lanciarono nel pubblico la notizia allarmante,accompagnandola con commenti tragici e moltiplicateinterviste, nelle quali mettevano in bocca agli scienziatii discorsi più strani.

Facevano a chi esagerava di più sui dati esatti del cal-colo, aggravandoli di dissertazioni più o meno fantasti-che. Da lungo tempo tutti i giornali del mondo, senzaeccezione, erano divenuti semplici operazioni di com-mercio. La stampa, che altre volte aveva reso tanti servi-zi all'affrancarsi del pensiero umano, alla libertà e alprogresso, era alla mercè dei governatori e dei grandicapitalisti, avvilita da compromessi finanziari d'ognispecie. Ogni giornale era una maniera di commercio; ilsolo problema era quello di vendere giornalmente ilmaggior numero possibile di fogli, e di far pagare le li-nee, pubblicando notizie più o meno svisate. «Far degliaffari». Era tutto lì.

Inventavano notizie false, che smentivano poi tran-quillamente l'indomani, minavano per ogni nonnulla lasicurezza dello Stato, svisavano la verità, mettevano inbocca agli scienziati discorsi che questi non avevanomai tenuto, calunniavano con sfrontatezza, disonorava-no uomini e donne, seminavano scandali, mentivanospudoratamente, spiegavano i trucchi dei ladri e degliassassini e moltiplicavano i delitti, senz'aver l'aria dicrederlo, davano la formula degli agenti esplosivi, re-

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centemente inventati, mettevano in pericolo i loro stessilettori e tradivano, nello stesso tempo, tutte le classi so-ciali, al solo fine di sovreccitare fino al parossismo lacuriosità generale e di «vendere delle copie».

Non c'erano altro che affari e réclames.Di scienze, arti, letteratura, filosofia, studi e ricerche i

giornali non si preoccupavano affatto. Un attore di se-cond'ordine, un'attrice leggera, un tenore, una cantantedi caffè-concerto, un ginnasiarca, un corridore a piedi oa cavallo, un trampoliere, un ciclomane o un velocipedi-sta acquatico, un malfattore della peggiore specie, sopratutto un assassino, diveniva in un giorno più celebre delpiù illustre scienziato, o del più abile inventore. Si pub-blicavano i ritratti dei più forti corridori, dei ladri, resiillustri, e degli assassini.

Ma l'interesse particolare del giornale dominava sem-pre, in tutti gli apprezzamenti, l'interesse generale e lacura del progresso reale dei cittadini. Per lungo tempo ilpubblico era rimasto ingannato; tuttavia, all'epoca in cuisiamo, aveva finito per arrendersi all'evidenza e non ac-cordava più nessun credito a qualsiasi articolo di gazzet-ta, in modo che non esistevano più giornali propriamen-te detti, ma soltanto fogli di avvisi e di réclame ad usodel commercio. La prima notizia lanciata da tutte lepubblicazioni quotidiane che «una cometa arrivava agrande velocità e avrebbe incontrato la terra nella taleepoca, già fissata», la seconda notizia: – che l'astro va-gabondo avrebbe potuto produrre una catastrofe univer-sale, avvelenando l'atmosfera respirabile, – questa dop-

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centemente inventati, mettevano in pericolo i loro stessilettori e tradivano, nello stesso tempo, tutte le classi so-ciali, al solo fine di sovreccitare fino al parossismo lacuriosità generale e di «vendere delle copie».

Non c'erano altro che affari e réclames.Di scienze, arti, letteratura, filosofia, studi e ricerche i

giornali non si preoccupavano affatto. Un attore di se-cond'ordine, un'attrice leggera, un tenore, una cantantedi caffè-concerto, un ginnasiarca, un corridore a piedi oa cavallo, un trampoliere, un ciclomane o un velocipedi-sta acquatico, un malfattore della peggiore specie, sopratutto un assassino, diveniva in un giorno più celebre delpiù illustre scienziato, o del più abile inventore. Si pub-blicavano i ritratti dei più forti corridori, dei ladri, resiillustri, e degli assassini.

Ma l'interesse particolare del giornale dominava sem-pre, in tutti gli apprezzamenti, l'interesse generale e lacura del progresso reale dei cittadini. Per lungo tempo ilpubblico era rimasto ingannato; tuttavia, all'epoca in cuisiamo, aveva finito per arrendersi all'evidenza e non ac-cordava più nessun credito a qualsiasi articolo di gazzet-ta, in modo che non esistevano più giornali propriamen-te detti, ma soltanto fogli di avvisi e di réclame ad usodel commercio. La prima notizia lanciata da tutte lepubblicazioni quotidiane che «una cometa arrivava agrande velocità e avrebbe incontrato la terra nella taleepoca, già fissata», la seconda notizia: – che l'astro va-gabondo avrebbe potuto produrre una catastrofe univer-sale, avvelenando l'atmosfera respirabile, – questa dop-

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pia predizione era stata letta da tutti con occhio distrattoe con assoluta incredulità; non aveva prodotto maggioreeffetto della notizia che era stata scoperta la fontana diGiovinezza nelle cantine del palazzo delle Fate a Mont-martre (inalzato sulle rovine del Sacro Cuore) la qualenotizia era stata lanciata in quello stesso tempo.

I letterati, i poeti, gli artisti ne avevano preso pretestoper celebrare in prosa e in versi, con disegni e quadri diogni genere, i viaggi delle comete traverso le regioni ce-lesti. Si vedeva in essi la cometa, che passava davantiallo sciame delle stelle spaventate, oppure che discende-va dall'alto dei cieli, precipitandosi e minacciando laTerra addormentata. Queste personificazioni simbolichetenevano viva la curiosità pubblica, senza accrescere ilprimo spavento; si cominciava quasi ad abituarsi all'idead'un incontro, senz'averne troppa paura. La marea delleimpressioni popolari oscilla come il barometro.

Del resto, gli stessi astronomi da principio non s'era-no interessati dell'incontro dal punto di vista dei suoi ef-fetti sulla sorte dell'umanità, e le riviste astronomichespeciali (le sole che avessero conservato qualche autori-tà) non ne avevano ancora parlato che sotto forma dicalcoli da verificare. Gli scienziati avevano trattato ilproblema come matematica pura, e lo riguardavanosemplicemente come un caso interessante di meccanicaceleste; durante le interviste che avevano subite, si era-no contentati di rispondere che l'urto era possibile, ma-gari anche probabile, ma senza interesse per il pubblico.

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pia predizione era stata letta da tutti con occhio distrattoe con assoluta incredulità; non aveva prodotto maggioreeffetto della notizia che era stata scoperta la fontana diGiovinezza nelle cantine del palazzo delle Fate a Mont-martre (inalzato sulle rovine del Sacro Cuore) la qualenotizia era stata lanciata in quello stesso tempo.

I letterati, i poeti, gli artisti ne avevano preso pretestoper celebrare in prosa e in versi, con disegni e quadri diogni genere, i viaggi delle comete traverso le regioni ce-lesti. Si vedeva in essi la cometa, che passava davantiallo sciame delle stelle spaventate, oppure che discende-va dall'alto dei cieli, precipitandosi e minacciando laTerra addormentata. Queste personificazioni simbolichetenevano viva la curiosità pubblica, senza accrescere ilprimo spavento; si cominciava quasi ad abituarsi all'idead'un incontro, senz'averne troppa paura. La marea delleimpressioni popolari oscilla come il barometro.

Del resto, gli stessi astronomi da principio non s'era-no interessati dell'incontro dal punto di vista dei suoi ef-fetti sulla sorte dell'umanità, e le riviste astronomichespeciali (le sole che avessero conservato qualche autori-tà) non ne avevano ancora parlato che sotto forma dicalcoli da verificare. Gli scienziati avevano trattato ilproblema come matematica pura, e lo riguardavanosemplicemente come un caso interessante di meccanicaceleste; durante le interviste che avevano subite, si era-no contentati di rispondere che l'urto era possibile, ma-gari anche probabile, ma senza interesse per il pubblico.

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Improvvisamente, un nuovo fonogramma, lanciatoquesta volta dal Monte-Hamilton, in California, venne acolpire i chimici ed i fisiologi.

«Le osservazioni spettroscopiche stabiliscono che lacometa è una massa assai densa, composta di molti gaz,fra i quali domina l'ossido di carbonio».

L'affare si complicava: l'incontro della cometa con laTerra era ormai certo; e se gli astronomi non se ne pre-occupavano troppo, abituati com'erano da secoli a consi-derare questi contatti celesti come inoffensivi, se i pri-mi, tra loro, avevan finito col mettere sdegnosamentealla porta gl'innumerevoli intervistatori che ininterrotta-mente venivano a importunarli, dichiarando loro chequesta predizione non interessava il volgo, ma era unpuro fatto astronomico che non li riguardava, i mediciavevano cominciato a commuoversi e discutevano convivacità sulle possibilità di asfissia, o di avvelenamento.Meno indifferenti all'opinione pubblica, non avevano af-fatto congedati i giornalisti: tutt'altro! e in pochi giornila questione aveva sensibilmente cambiato faccia. Daastronomica era divenuta fisiologica: e i nomi di tutti imedici celebri o famosi spiccavano in cima alla primapagina di tutti i giornali quotidiani: i loro ritratti occupa-vano le riviste illustrate e una rubrica speciale annuncia-va, un po' dappertutto:

«Consultazioni sulla cometa».Già la varietà, la diversità, l'antagonismo degli ap-

prezzamenti avevano creato molti campi ostili che

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Improvvisamente, un nuovo fonogramma, lanciatoquesta volta dal Monte-Hamilton, in California, venne acolpire i chimici ed i fisiologi.

«Le osservazioni spettroscopiche stabiliscono che lacometa è una massa assai densa, composta di molti gaz,fra i quali domina l'ossido di carbonio».

L'affare si complicava: l'incontro della cometa con laTerra era ormai certo; e se gli astronomi non se ne pre-occupavano troppo, abituati com'erano da secoli a consi-derare questi contatti celesti come inoffensivi, se i pri-mi, tra loro, avevan finito col mettere sdegnosamentealla porta gl'innumerevoli intervistatori che ininterrotta-mente venivano a importunarli, dichiarando loro chequesta predizione non interessava il volgo, ma era unpuro fatto astronomico che non li riguardava, i mediciavevano cominciato a commuoversi e discutevano convivacità sulle possibilità di asfissia, o di avvelenamento.Meno indifferenti all'opinione pubblica, non avevano af-fatto congedati i giornalisti: tutt'altro! e in pochi giornila questione aveva sensibilmente cambiato faccia. Daastronomica era divenuta fisiologica: e i nomi di tutti imedici celebri o famosi spiccavano in cima alla primapagina di tutti i giornali quotidiani: i loro ritratti occupa-vano le riviste illustrate e una rubrica speciale annuncia-va, un po' dappertutto:

«Consultazioni sulla cometa».Già la varietà, la diversità, l'antagonismo degli ap-

prezzamenti avevano creato molti campi ostili che

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scambievolmente si scagliavano bizzarre ingiurie e trat-tavano tutti i medici di «ciarlatani avidi di réclame».

Frattanto il Direttore dell'Osservatorio di Parigi, cheaveva a cuore l'interesse della scienza, si era commossoper un simile chiasso, nel quale la verità astronomica erastata più d'una volta stranamente svisata. Era un vegliar-do venerando, incanutito nello studiare i grandi proble-mi della costituzione dell'universo; la sua voce eraascoltata da tutti ed egli si era deciso a mandare ai gior-nali un avviso, nel quale dichiarava che tutte le ipotesierano premature, finchè non fossero note le discussionitecniche autorizzate, che dovevano aver luogo nell'Isti-tuto.

Abbiamo detto, mi pare, che l'Osservatorio di Parigi,sempre alla testa del movimento scientifico per i lavoridei suoi membri, era divenuto, più che altro, a causa deitrasformati metodi d'osservazione, una specie di santua-rio di studi teorici, da una parte, e dall'altra una centraletelefonica, a cui facevan capo gli osservatorî lontani dal-le grandi città, posti sulle cime favorite da una perfettatrasparenza atmosferica. Era un asilo di pace, dove re-gnava la perfetta concordia. Gli astronomi consacravanodisinteressatamente tutta la vita al solo progresso dellascienza, si amavano scambievolmente, senza provar maile punture dell'invidia, e ognuno dimenticava i meritiproprî, non pensando che a mettere in evidenza quellidei colleghi. Il direttore dava l'esempio e, quando parla-va, lo faceva a nome di tutti.

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scambievolmente si scagliavano bizzarre ingiurie e trat-tavano tutti i medici di «ciarlatani avidi di réclame».

Frattanto il Direttore dell'Osservatorio di Parigi, cheaveva a cuore l'interesse della scienza, si era commossoper un simile chiasso, nel quale la verità astronomica erastata più d'una volta stranamente svisata. Era un vegliar-do venerando, incanutito nello studiare i grandi proble-mi della costituzione dell'universo; la sua voce eraascoltata da tutti ed egli si era deciso a mandare ai gior-nali un avviso, nel quale dichiarava che tutte le ipotesierano premature, finchè non fossero note le discussionitecniche autorizzate, che dovevano aver luogo nell'Isti-tuto.

Abbiamo detto, mi pare, che l'Osservatorio di Parigi,sempre alla testa del movimento scientifico per i lavoridei suoi membri, era divenuto, più che altro, a causa deitrasformati metodi d'osservazione, una specie di santua-rio di studi teorici, da una parte, e dall'altra una centraletelefonica, a cui facevan capo gli osservatorî lontani dal-le grandi città, posti sulle cime favorite da una perfettatrasparenza atmosferica. Era un asilo di pace, dove re-gnava la perfetta concordia. Gli astronomi consacravanodisinteressatamente tutta la vita al solo progresso dellascienza, si amavano scambievolmente, senza provar maile punture dell'invidia, e ognuno dimenticava i meritiproprî, non pensando che a mettere in evidenza quellidei colleghi. Il direttore dava l'esempio e, quando parla-va, lo faceva a nome di tutti.

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Egli pubblicò una dissertazione tecnica e la sua vocefu ascoltata.... un istante. Ma pareva che la questioneastronomica fosse già fuori di causa. Nessuno contesta-va e discuteva l'incontro della cometa con la Terra: eraun fatto acquisito dalla certezza matematica del calcolo.Quello che preoccupava era piuttosto la costituzionechimica della cometa: se al suo passaggio presso la terraavesse assorbito l'ossigeno atmosferico, si sarebbe avutala morte immediata per asfissia; se l'azoto si fosse com-binato col gas della cometa, si sarebbe avuta ugualmen-te la morte, ma preceduta da un immenso delirio e dauna specie di gioia universale, poichè una sovreccitazio-ne folle di tutti i sensi sarebbe stata la conseguenza dellosparire dell'azoto e dell'aumentare corrispettivodell'ossigeno nella funzione respiratoria dei polmoni.

L'analisi spettrale segnalava sopratutto l'ossido dicarbonio nella costituzione chimica della cometa. Ciò dicui le riviste scientifiche discutevano principalmente erase la mescolanza di questo gas deleterio con l'atmosferarespirabile avrebbe avvelenato l'intera popolazione ter-restre, uomini ed animali, come affermava il presidentedell'Accademia di medicina.

L'ossido di carbonio! Non si parlava più d'altro.L'analisi spettrale non poteva essersi ingannata. I suoimetodi erano troppo sicuri, i suoi procedimenti troppoprecisi. Tutti sapevano che la minima mescolanza diquesto gas con l'aria che si respira produce rapidamentela morte. Ora un nuovo messaggio telefonico dell'Osser-vatorio del Gaorisankar aveva confermato quello del

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Egli pubblicò una dissertazione tecnica e la sua vocefu ascoltata.... un istante. Ma pareva che la questioneastronomica fosse già fuori di causa. Nessuno contesta-va e discuteva l'incontro della cometa con la Terra: eraun fatto acquisito dalla certezza matematica del calcolo.Quello che preoccupava era piuttosto la costituzionechimica della cometa: se al suo passaggio presso la terraavesse assorbito l'ossigeno atmosferico, si sarebbe avutala morte immediata per asfissia; se l'azoto si fosse com-binato col gas della cometa, si sarebbe avuta ugualmen-te la morte, ma preceduta da un immenso delirio e dauna specie di gioia universale, poichè una sovreccitazio-ne folle di tutti i sensi sarebbe stata la conseguenza dellosparire dell'azoto e dell'aumentare corrispettivodell'ossigeno nella funzione respiratoria dei polmoni.

L'analisi spettrale segnalava sopratutto l'ossido dicarbonio nella costituzione chimica della cometa. Ciò dicui le riviste scientifiche discutevano principalmente erase la mescolanza di questo gas deleterio con l'atmosferarespirabile avrebbe avvelenato l'intera popolazione ter-restre, uomini ed animali, come affermava il presidentedell'Accademia di medicina.

L'ossido di carbonio! Non si parlava più d'altro.L'analisi spettrale non poteva essersi ingannata. I suoimetodi erano troppo sicuri, i suoi procedimenti troppoprecisi. Tutti sapevano che la minima mescolanza diquesto gas con l'aria che si respira produce rapidamentela morte. Ora un nuovo messaggio telefonico dell'Osser-vatorio del Gaorisankar aveva confermato quello del

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Monte Hamilton, aggravandone la portata. Questo mes-saggio diceva:

«La Terra si troverà intieramente piantata nella testadella cometa, che appare già trenta volte più larga deldiametro intero del globo terrestre, e che continua ad in-grandirsi di giorno in giorno».

Trenta volte il diametro del globo terrestre! Quandola cometa fosse passata tra la Terra e la Luna, le avrebbedunque toccate tutte e due, giacchè un ponte, formato datrenta terre, basterebbe per riunire il nostro mondo allaLuna.

Durante i tre mesi, dei quali riassumiamo ora la sto-ria, la cometa era uscita dalle profondità telescopiche edera divenuta visibile ad occhio nudo: era in vista dellaTerra e come una minaccia celeste si librava gigantescanel cielo, tutte le notti, davanti all'armata delle stelle.Ogni notte ingrandiva: era il Terrore stesso sospeso sututte le teste e, come una spada formidabile, si avanzavalentamente, gradatamente, inesorabilmente. Si fece unultimo tentativo, non per deviare la cometa dalla sua rot-ta (era un'idea messa fuori dagli utopisti che non dubita-no mai di nulla e che avevano osato immaginare che unformidabile vento elettrico potesse esser prodotto dabatterie disposte sulla parte del globo che la cometa do-veva urtare) ma per esaminar di nuovo il grande proble-ma sotto tutti gli aspetti e forse per rassicurare gli animi,riportarvi la speranza, scoprendo qualche vizio di formanelle sentenze pronunciate, qualche causa dimenticata

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Monte Hamilton, aggravandone la portata. Questo mes-saggio diceva:

«La Terra si troverà intieramente piantata nella testadella cometa, che appare già trenta volte più larga deldiametro intero del globo terrestre, e che continua ad in-grandirsi di giorno in giorno».

Trenta volte il diametro del globo terrestre! Quandola cometa fosse passata tra la Terra e la Luna, le avrebbedunque toccate tutte e due, giacchè un ponte, formato datrenta terre, basterebbe per riunire il nostro mondo allaLuna.

Durante i tre mesi, dei quali riassumiamo ora la sto-ria, la cometa era uscita dalle profondità telescopiche edera divenuta visibile ad occhio nudo: era in vista dellaTerra e come una minaccia celeste si librava gigantescanel cielo, tutte le notti, davanti all'armata delle stelle.Ogni notte ingrandiva: era il Terrore stesso sospeso sututte le teste e, come una spada formidabile, si avanzavalentamente, gradatamente, inesorabilmente. Si fece unultimo tentativo, non per deviare la cometa dalla sua rot-ta (era un'idea messa fuori dagli utopisti che non dubita-no mai di nulla e che avevano osato immaginare che unformidabile vento elettrico potesse esser prodotto dabatterie disposte sulla parte del globo che la cometa do-veva urtare) ma per esaminar di nuovo il grande proble-ma sotto tutti gli aspetti e forse per rassicurare gli animi,riportarvi la speranza, scoprendo qualche vizio di formanelle sentenze pronunciate, qualche causa dimenticata

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nei calcoli, o nelle osservazioni: l'urto non sarebbe forsestato così disastroso come i pessimisti pretendevano.

Una discussione generale in contradittorio dovevaaver luogo quel lunedì all'istituto, quattro giorni avanti aquello previsto per l'incontro, cioè il venerdì 13 luglio.Il più celebre astronomo francese, allora Direttoredell'Osservatorio di Parigi, il Presidente dell'Accademiadi medicina, fisiologo e chimico insigne, il Presidentedella Società astronomica di Francia, abile matematico,ed anche altri oratori, fra i quali una donna illustre per lesue scoperte di fisica, dovevano, a turno, prendere la pa-rola.

L'ultima sentenza non era detta.Entriamo sotto la vecchia cupola del ventesimo seco-

lo, per assistere alla discussione.Ma, avanti d'entrare, esaminiamo anche noi la famosa

Cometa, che in questo momento gravava su tutti i pen-sieri.

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nei calcoli, o nelle osservazioni: l'urto non sarebbe forsestato così disastroso come i pessimisti pretendevano.

Una discussione generale in contradittorio dovevaaver luogo quel lunedì all'istituto, quattro giorni avanti aquello previsto per l'incontro, cioè il venerdì 13 luglio.Il più celebre astronomo francese, allora Direttoredell'Osservatorio di Parigi, il Presidente dell'Accademiadi medicina, fisiologo e chimico insigne, il Presidentedella Società astronomica di Francia, abile matematico,ed anche altri oratori, fra i quali una donna illustre per lesue scoperte di fisica, dovevano, a turno, prendere la pa-rola.

L'ultima sentenza non era detta.Entriamo sotto la vecchia cupola del ventesimo seco-

lo, per assistere alla discussione.Ma, avanti d'entrare, esaminiamo anche noi la famosa

Cometa, che in questo momento gravava su tutti i pen-sieri.

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CAPITOLO II.LA COMETA

Vapores qui ex caudis Cometarum oriun-tur incidere possunt in atmospheras plane-tarum, et ibi condensari et converti inaquam, et sales, et sulphura, et limum, etlutum, et lapides, et substantias alias terre-stres migrare.

NEWTON, Principia, III, 671.

La strana visitatrice era discesa lentamente dalle pro-fondità dell'infinito. Non era apparsa bruscamente, tuttaa un tratto, ciò che più di una volta è accaduto per legrandi comete, sia che arrivino subito in vista della Ter-ra, dopo il loro passaggio al perifelio, sia che una lungaserie di notti nuvolose o illuminate dalla Luna abbia im-pedito l'osservazione del cielo ai ricercatori di comete. Ilfluttuante vapore sidereo era rimasto da principio neglispazî telescopici, osservato solamente dagli astronomi.Nei primi giorni che seguirono la sua scoperta, non fuaccessibile che ai potenti equatoriali degli osservatorî.Ma il pubblico colto non aveva tardato a cercarla da sè.Ogni casa moderna terminava con una terrazza sovra-stante tutti i piani, destinata alle imbarcazioni aeree:molte erano ornate da cupole girevoli. Non c'era fami-glia agiata che non avesse un canocchiale a sua disposi-

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CAPITOLO II.LA COMETA

Vapores qui ex caudis Cometarum oriun-tur incidere possunt in atmospheras plane-tarum, et ibi condensari et converti inaquam, et sales, et sulphura, et limum, etlutum, et lapides, et substantias alias terre-stres migrare.

NEWTON, Principia, III, 671.

La strana visitatrice era discesa lentamente dalle pro-fondità dell'infinito. Non era apparsa bruscamente, tuttaa un tratto, ciò che più di una volta è accaduto per legrandi comete, sia che arrivino subito in vista della Ter-ra, dopo il loro passaggio al perifelio, sia che una lungaserie di notti nuvolose o illuminate dalla Luna abbia im-pedito l'osservazione del cielo ai ricercatori di comete. Ilfluttuante vapore sidereo era rimasto da principio neglispazî telescopici, osservato solamente dagli astronomi.Nei primi giorni che seguirono la sua scoperta, non fuaccessibile che ai potenti equatoriali degli osservatorî.Ma il pubblico colto non aveva tardato a cercarla da sè.Ogni casa moderna terminava con una terrazza sovra-stante tutti i piani, destinata alle imbarcazioni aeree:molte erano ornate da cupole girevoli. Non c'era fami-glia agiata che non avesse un canocchiale a sua disposi-

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zione e nessun appartamento sembrava completo, senzauna biblioteca ben provvista di ogni libro scientifico.Nel venticinquesimo secolo, gli abitanti della Terra co-minciavano a pensare.

La cometa era stata osservata da tutti, si può dire, dalmomento in cui era divenuta accessibile agli strumentidi minore potenza. Quanto alle classi operaie, per cui lecomodità sono sempre contate, i cannocchiali posti sullepubbliche piazze erano stati assaliti da una folla impa-ziente fin dalla prima sera in cui la cometa si era vista; etutte le sere gli astronomi da piazza avevano fatto incas-si fantastici, senza precedenti. Del resto, anche un grannumero d'operai aveva il cannocchiale in casa, special-mente in provincia; e per la giustizia e la verità dobbia-mo riconoscere che il primo, in Francia, che aveva sapu-to scoprir la cometa (all'infuori, naturalmente, degli os-servatorî patentati) non era stato nè un uomo di mondo,nè un accademico, ma un modesto operaio, un sarto diun sobborgo di Soissons, che passava la più gran partedelle notti sotto il cielo sereno e che, colle economie fa-ticosamente risparmiate, era riuscito a comprarsi un pic-colo cannocchiale; con questo non si saziava di studiarele curiosità del cielo. Fatto degno d'attenzione, fino alventiquattresimo secolo quasi tutti gli abitanti della Ter-ra erano vissuti senza sapere dov'erano, senz'aver nep-pure la curiosità di domandarlo, come ciechi unicamentepreoccupati del loro appetito: ma da circa cento anni larazza umana si era messa ad osservar l'universo e a ra-gionare.

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zione e nessun appartamento sembrava completo, senzauna biblioteca ben provvista di ogni libro scientifico.Nel venticinquesimo secolo, gli abitanti della Terra co-minciavano a pensare.

La cometa era stata osservata da tutti, si può dire, dalmomento in cui era divenuta accessibile agli strumentidi minore potenza. Quanto alle classi operaie, per cui lecomodità sono sempre contate, i cannocchiali posti sullepubbliche piazze erano stati assaliti da una folla impa-ziente fin dalla prima sera in cui la cometa si era vista; etutte le sere gli astronomi da piazza avevano fatto incas-si fantastici, senza precedenti. Del resto, anche un grannumero d'operai aveva il cannocchiale in casa, special-mente in provincia; e per la giustizia e la verità dobbia-mo riconoscere che il primo, in Francia, che aveva sapu-to scoprir la cometa (all'infuori, naturalmente, degli os-servatorî patentati) non era stato nè un uomo di mondo,nè un accademico, ma un modesto operaio, un sarto diun sobborgo di Soissons, che passava la più gran partedelle notti sotto il cielo sereno e che, colle economie fa-ticosamente risparmiate, era riuscito a comprarsi un pic-colo cannocchiale; con questo non si saziava di studiarele curiosità del cielo. Fatto degno d'attenzione, fino alventiquattresimo secolo quasi tutti gli abitanti della Ter-ra erano vissuti senza sapere dov'erano, senz'aver nep-pure la curiosità di domandarlo, come ciechi unicamentepreoccupati del loro appetito: ma da circa cento anni larazza umana si era messa ad osservar l'universo e a ra-gionare.

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Se ci si vuol render conto del cammino percorso dallacometa nello spazio, basta esaminare con un po' d'atten-zione il disegno qui pubblicato (vedi figura a pagina se-guente). Esso rappresenta il piano dell'orbita della co-meta e la sua intersezione con quello dell'orbita terre-stre: poichè la cometa discende dall'infinito, si dirigeobliquamente verso la Terra e continua il suo corso av-vicinandosi al Sole, che non l'arresta e non l'attrae nelsuo passaggio al perifelio.

Non si è tenuto conto della perturbazione causata dal-la forza di attrazione della Terra: questa influenza avreb-be per effetto di ricondurre la cometa verso l'orbita ter-restre dopo una rivoluzione intorno al Sole, e di trasfor-mare l'orbita parabolica in ellissi.

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Cammino della cometa e incontro con la Terra.

Se ci si vuol render conto del cammino percorso dallacometa nello spazio, basta esaminare con un po' d'atten-zione il disegno qui pubblicato (vedi figura a pagina se-guente). Esso rappresenta il piano dell'orbita della co-meta e la sua intersezione con quello dell'orbita terre-stre: poichè la cometa discende dall'infinito, si dirigeobliquamente verso la Terra e continua il suo corso av-vicinandosi al Sole, che non l'arresta e non l'attrae nelsuo passaggio al perifelio.

Non si è tenuto conto della perturbazione causata dal-la forza di attrazione della Terra: questa influenza avreb-be per effetto di ricondurre la cometa verso l'orbita ter-restre dopo una rivoluzione intorno al Sole, e di trasfor-mare l'orbita parabolica in ellissi.

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Cammino della cometa e incontro con la Terra.

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Tutte le comete che gravitano intorno al Sole descri-vono orbite analoghe, più o meno allungate, ellissi dicui l'astro radioso occupa uno dei focolari: queste sonomolte.

Il disegno che si vede qui appresso dà un'idea delleloro intersezioni coll'orbita della Terra intorno al Sole ecolle altre orbite planetarie. Esaminando queste interse-zioni s'indovina che un incontro non avrebbe niented'impossibile, nè di anormale.

La cometa era arrivata in vista della Terra. In una not-te di luna nuova, con un cielo meravigliosamente puro,qualche occhio particolarmente acuto era arrivato a di-stinguerla ad occhio nudo, non lungi dallo Zenit, sulmargine della Via Lattea a sud della stella omicron diAndromeda, come una pallida nebulosità, come un leg-gerissimo sbuffo di fumo, molto piccola, appena allun-gata in una direzione opposta al Sole, come una speciedi coda rudimentale, formata da gaz. Ed è così che sipresentava anche al telescopio, dacchè era stata scoper-ta. Nessuno avrebbe potuto sospettare, dal suo aspettoinoffensivo, la parte così tragica che questo nuovo astroavrebbe rappresentato nella storia dell'umanità; il solocalcolo indicava, allora, il suo avanzarsi verso la Terra.Ma l'astro misterioso avanzava rapidamente. Il giornodipoi già la metà dei ricercatori riuscivano a scorgerla edue giorni dopo, soltanto quelli di vista corta, con bino-coli insufficienti, aspettavano ancora; in meno d'una set-timana tutti gli sguardi l'avevano scoperta; su tutte le

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Tutte le comete che gravitano intorno al Sole descri-vono orbite analoghe, più o meno allungate, ellissi dicui l'astro radioso occupa uno dei focolari: queste sonomolte.

Il disegno che si vede qui appresso dà un'idea delleloro intersezioni coll'orbita della Terra intorno al Sole ecolle altre orbite planetarie. Esaminando queste interse-zioni s'indovina che un incontro non avrebbe niented'impossibile, nè di anormale.

La cometa era arrivata in vista della Terra. In una not-te di luna nuova, con un cielo meravigliosamente puro,qualche occhio particolarmente acuto era arrivato a di-stinguerla ad occhio nudo, non lungi dallo Zenit, sulmargine della Via Lattea a sud della stella omicron diAndromeda, come una pallida nebulosità, come un leg-gerissimo sbuffo di fumo, molto piccola, appena allun-gata in una direzione opposta al Sole, come una speciedi coda rudimentale, formata da gaz. Ed è così che sipresentava anche al telescopio, dacchè era stata scoper-ta. Nessuno avrebbe potuto sospettare, dal suo aspettoinoffensivo, la parte così tragica che questo nuovo astroavrebbe rappresentato nella storia dell'umanità; il solocalcolo indicava, allora, il suo avanzarsi verso la Terra.Ma l'astro misterioso avanzava rapidamente. Il giornodipoi già la metà dei ricercatori riuscivano a scorgerla edue giorni dopo, soltanto quelli di vista corta, con bino-coli insufficienti, aspettavano ancora; in meno d'una set-timana tutti gli sguardi l'avevano scoperta; su tutte le

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pubbliche piazze, in tutti i villaggi, si vedevano gruppidi gente che cercava la cometa, o la mostrava agli altri.

Essa ingrandiva di giorno in giorno; gli strumenti co-minciavano a fare scorgere un nucleo ben distinto, assailuminoso, che era oggetto di dissertazioni appassionate.Poi la coda si divise a poco a poco in raggi divergentidal nucleo e prese insensibilmente la forma d'un venta-glio. La commozione invadeva già tutti gli animi, quan-do, dopo il primo quarto della luna, e durante i giorni diluna piena, sembrò che la cometa restasse stazionaria eche, anzi, il suo splendore diminuisse. Poichè si era cre-

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Come le comete possono incontrare la Terra e gli altri pianeti.

pubbliche piazze, in tutti i villaggi, si vedevano gruppidi gente che cercava la cometa, o la mostrava agli altri.

Essa ingrandiva di giorno in giorno; gli strumenti co-minciavano a fare scorgere un nucleo ben distinto, assailuminoso, che era oggetto di dissertazioni appassionate.Poi la coda si divise a poco a poco in raggi divergentidal nucleo e prese insensibilmente la forma d'un venta-glio. La commozione invadeva già tutti gli animi, quan-do, dopo il primo quarto della luna, e durante i giorni diluna piena, sembrò che la cometa restasse stazionaria eche, anzi, il suo splendore diminuisse. Poichè si era cre-

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Come le comete possono incontrare la Terra e gli altri pianeti.

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duto di vederla ingrandire rapidamente, si sperò chequalche errore di calcolo fosse stato commesso e si ebbeun periodo di calma e di tranquillità. Dopo la luna piena,il barometro abbassò tutto a un tratto notevolmente: ilcentro di depressione di una forte tempesta venivadall'Atlantico e passava al nord delle isole Britanniche;per dodici giorni il cielo restò completamente coperto suquasi tutta l'Europa.

Il sole brillò di nuovo nell'atmosfera purificata, le nu-vole si dissiparono, l'azzurro del cielo si mostrò puro esenza nebbie e quel giorno si aspettò con emozione iltramonto del sole; tanto più che molte spedizioni aereeerano riuscite a traversare gli strati delle nuvole e gli ae-ronauti assicuravano che la cometa si era notevolmentesviluppata. I messaggi telefonici mandati dalle monta-gne d'Asia e d'America annunziavano, d'altra parte, ilsuo arrivo imminente; ma, oh meraviglia!, quando, ca-duta la notte, tutti gli sguardi erano alzati al cielo percercarvi l'astro fiammeggiante, non ebbero dinanzi unacometa, una cometa classica, come quelle che si vedonodi solito: ma videro un'aurora boreale, di un nuovo ge-nere, una specie di prodigioso ventaglio celeste, a setterami, lanciante sette raggi verdastri, che parevano uscireda un fuoco nascosto sotto l'orizzonte.

Tutti erano certi che questa fantastica aurora borealeera la cometa, tanto più che questa non era visibile in al-cun punto del cielo stellato. L'apparizione era molto di-versa – è vero – dalle forme conosciute delle comete el'aspetto raggiante del misterioso visitatore era quello

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duto di vederla ingrandire rapidamente, si sperò chequalche errore di calcolo fosse stato commesso e si ebbeun periodo di calma e di tranquillità. Dopo la luna piena,il barometro abbassò tutto a un tratto notevolmente: ilcentro di depressione di una forte tempesta venivadall'Atlantico e passava al nord delle isole Britanniche;per dodici giorni il cielo restò completamente coperto suquasi tutta l'Europa.

Il sole brillò di nuovo nell'atmosfera purificata, le nu-vole si dissiparono, l'azzurro del cielo si mostrò puro esenza nebbie e quel giorno si aspettò con emozione iltramonto del sole; tanto più che molte spedizioni aereeerano riuscite a traversare gli strati delle nuvole e gli ae-ronauti assicuravano che la cometa si era notevolmentesviluppata. I messaggi telefonici mandati dalle monta-gne d'Asia e d'America annunziavano, d'altra parte, ilsuo arrivo imminente; ma, oh meraviglia!, quando, ca-duta la notte, tutti gli sguardi erano alzati al cielo percercarvi l'astro fiammeggiante, non ebbero dinanzi unacometa, una cometa classica, come quelle che si vedonodi solito: ma videro un'aurora boreale, di un nuovo ge-nere, una specie di prodigioso ventaglio celeste, a setterami, lanciante sette raggi verdastri, che parevano uscireda un fuoco nascosto sotto l'orizzonte.

Tutti erano certi che questa fantastica aurora borealeera la cometa, tanto più che questa non era visibile in al-cun punto del cielo stellato. L'apparizione era molto di-versa – è vero – dalle forme conosciute delle comete el'aspetto raggiante del misterioso visitatore era quello

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che di più inaspettato fosse comparso mai al mondo; maqueste formazioni gazose sono così bizzarre, così ca-pricciose, così svariate, che tutto è possibile. E poi nonera davvero la prima volta che una cometa offriva untale aspetto; gli annali astronomici ricordavano, fra lealtre, una immensa cometa a sei code, osservata nel1744, che era stata a quell'epoca soggetto di numerosedissertazioni. Un disegno molto pittoresco, fatto de visudall'astronomo Chéseaux, a Losanna (fig. 1) l'aveva inaltri tempi resa popolare. La cometa del 1861, colla suacoda a ventaglio, offriva un altro esempio di quel generedi visitatori celesti e si ricordava anche che il 30 giugnodi quell'anno vi era stato un incontro, molto innocuo, delresto, fra la Terra e l'estremità della coda; ma quandoanche non se ne fossero mai viste prima, bisognava benearrendersi all'evidenza.

Frattanto le discussioni continuavano ed era sorta unavera gara astronomica fra le riviste scientifiche del mon-do intero, i soli giornali che, come abbiamo visto, aves-sero conservato qualche credito nell'epidemia mercanti-le che da molto tempo aveva invaso l'umanità. Il puntocapitale dacchè si sapeva con certezza che l'astro siavanzava direttamente verso la Terra, era la distanza acui si trovava ogni giorno, questione corrispondente aquella della sua velocità. La giovane laureata dell'Istitu-to, di recente nominata Direttrice del Gabinetto dei cal-coli nell'Osservatorio, non lasciava passare un giorno,senza mandare una nota al Giornale ufficiale degli StatiUniti d'Europa.

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che di più inaspettato fosse comparso mai al mondo; maqueste formazioni gazose sono così bizzarre, così ca-pricciose, così svariate, che tutto è possibile. E poi nonera davvero la prima volta che una cometa offriva untale aspetto; gli annali astronomici ricordavano, fra lealtre, una immensa cometa a sei code, osservata nel1744, che era stata a quell'epoca soggetto di numerosedissertazioni. Un disegno molto pittoresco, fatto de visudall'astronomo Chéseaux, a Losanna (fig. 1) l'aveva inaltri tempi resa popolare. La cometa del 1861, colla suacoda a ventaglio, offriva un altro esempio di quel generedi visitatori celesti e si ricordava anche che il 30 giugnodi quell'anno vi era stato un incontro, molto innocuo, delresto, fra la Terra e l'estremità della coda; ma quandoanche non se ne fossero mai viste prima, bisognava benearrendersi all'evidenza.

Frattanto le discussioni continuavano ed era sorta unavera gara astronomica fra le riviste scientifiche del mon-do intero, i soli giornali che, come abbiamo visto, aves-sero conservato qualche credito nell'epidemia mercanti-le che da molto tempo aveva invaso l'umanità. Il puntocapitale dacchè si sapeva con certezza che l'astro siavanzava direttamente verso la Terra, era la distanza acui si trovava ogni giorno, questione corrispondente aquella della sua velocità. La giovane laureata dell'Istitu-to, di recente nominata Direttrice del Gabinetto dei cal-coli nell'Osservatorio, non lasciava passare un giorno,senza mandare una nota al Giornale ufficiale degli StatiUniti d'Europa.

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Una relazione matematica molto semplice collega larapidità di ogni cometa alla sua distanza dal Sole, e vi-ceversa; conoscendo l'una si può trovar l'altra, in un mo-mento. In sostanza, la rapidità di una cometa è sempli-cemente uguale alla velocità di un pianeta, moltiplicataper la radice quadrata di 2. Ora, la velocità di un piane-ta, a qualunque distanza esso sia, è regolata dalla terzalegge di Keplero, in virtù della quale i quadrati dei tem-pi delle rivoluzioni stanno fra loro come i cubi delle di-stanze. Si vede che non vi è nulla di più semplice.

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Fig. 1. – Cometa disegnata a Losannadall'astronomo Chéseaux, nel 1774.

Una relazione matematica molto semplice collega larapidità di ogni cometa alla sua distanza dal Sole, e vi-ceversa; conoscendo l'una si può trovar l'altra, in un mo-mento. In sostanza, la rapidità di una cometa è sempli-cemente uguale alla velocità di un pianeta, moltiplicataper la radice quadrata di 2. Ora, la velocità di un piane-ta, a qualunque distanza esso sia, è regolata dalla terzalegge di Keplero, in virtù della quale i quadrati dei tem-pi delle rivoluzioni stanno fra loro come i cubi delle di-stanze. Si vede che non vi è nulla di più semplice.

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Fig. 1. – Cometa disegnata a Losannadall'astronomo Chéseaux, nel 1774.

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Fig. 2. – La cometa del 1811.

Fig. 3. – Testa della cometa del 1861.

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Fig. 2. – La cometa del 1811.

Fig. 3. – Testa della cometa del 1861.

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Così, per esempio, alla distanza di Giove, questo ma-gnifico pianeta gravita intorno al Sole con una rapiditàdi 13.000 metri al secondo. Una cometa che si trova aquesta distanza, fila dunque colla velocità che abbiamodetto, moltiplicata per la radice quadrata di 2, vale a direper il numero 1.4142. Questa velocità è, per conseguen-za, di 18.380 metri al secondo.

Il pianeta Marte gira intorno al Sole con una velocitàdi 24.000 metri al secondo. A questa distanza la velocitàdella cometa è di 34.000 metri.

La velocità media della Terra sulla sua orbita è di29.460 metri al secondo, un po' minore in giugno, un po'maggiore in dicembre. In vicinanza della Terra quelladella cometa è, dunque, di 41.660 metri, indipendente-mente dall'acceleramento che l'attrazione della Terra po-trebbe produrle. Ecco ciò che la laureata dell'Istitutoebbe cura di ricordare al pubblico, iniziato soltanto inmaniera elementare alla teoria dei movimenti celesti.

Quando l'astro minaccioso arrivò alla distanza diMarte, le paure aumentarono e non furon più paure va-ghe, ma presero un carattere definito, fondato su di unapprezzamento esatto e facile di questa velocità: 34.000metri al secondo sono 2040 chilometri al minuto,122.400 chilometri all'ora!

Poichè la distanza dell'orbita di Marte da quella dellaTerra è soltanto di 76 milioni di chilometri, al calcolo di122.400 chilometri all'ora, questa distanza sarebbe supe-rata in seicento ventuna ora, o in ventisei giorni circa.Ma avvicinandosi al Sole, la cometa va sempre più velo-

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Così, per esempio, alla distanza di Giove, questo ma-gnifico pianeta gravita intorno al Sole con una rapiditàdi 13.000 metri al secondo. Una cometa che si trova aquesta distanza, fila dunque colla velocità che abbiamodetto, moltiplicata per la radice quadrata di 2, vale a direper il numero 1.4142. Questa velocità è, per conseguen-za, di 18.380 metri al secondo.

Il pianeta Marte gira intorno al Sole con una velocitàdi 24.000 metri al secondo. A questa distanza la velocitàdella cometa è di 34.000 metri.

La velocità media della Terra sulla sua orbita è di29.460 metri al secondo, un po' minore in giugno, un po'maggiore in dicembre. In vicinanza della Terra quelladella cometa è, dunque, di 41.660 metri, indipendente-mente dall'acceleramento che l'attrazione della Terra po-trebbe produrle. Ecco ciò che la laureata dell'Istitutoebbe cura di ricordare al pubblico, iniziato soltanto inmaniera elementare alla teoria dei movimenti celesti.

Quando l'astro minaccioso arrivò alla distanza diMarte, le paure aumentarono e non furon più paure va-ghe, ma presero un carattere definito, fondato su di unapprezzamento esatto e facile di questa velocità: 34.000metri al secondo sono 2040 chilometri al minuto,122.400 chilometri all'ora!

Poichè la distanza dell'orbita di Marte da quella dellaTerra è soltanto di 76 milioni di chilometri, al calcolo di122.400 chilometri all'ora, questa distanza sarebbe supe-rata in seicento ventuna ora, o in ventisei giorni circa.Ma avvicinandosi al Sole, la cometa va sempre più velo-

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cemente, poichè alla distanza della Terra la sua rapiditàè di 41660 metri al secondo. In ragione di quest'aumentodi velocità, la distanza fra le due orbite sarebbe superatain cinquecentocinquantotto ore, o in ventitrè giorni e seiore.

Ma non dovendo la Terra, al momento dell'incontro,trovarsi proprio nel punto d'intersezione fra la propriaorbita e una linea imaginaria dal Sole alla cometa – poi-chè la cometa non si precipitava sul Sole – l'incontronon doveva verificarsi che circa una settimana più tardi,ossia venerdì, 13 luglio, verso mezzanotte.

Non abbiamo bisogno d'aggiungere che in una circo-stanza simile, tutti gli abituali preparativi della festa na-zionale del 14 luglio erano stati dimenticati. Festa na-zionale! Non ci si pensava neppure. Il 14 luglio nonavrebbe piuttosto segnato il lutto universale degli uomi-ni e delle cose? Erano già più di cinque secoli, del resto,che quest'anniversario d'una data famosa era – con qual-che intermittenza è vero, – celebrato dai Francesi: pres-so gli stessi romani le commemorazioni festive dei «cir-censes» erano durate assai meno. Si sentiva dire da ogniparte che il 14 luglio aveva vissuto assai. Era già mortoquindici volte, ma non doveva più risuscitare.

Eravamo soltanto al lunedì 9 luglio. Da cinque giorniil cielo si manteneva bellissimo e tutte le notti il venta-glio della cometa si librava nell'immensità celeste con lasua testa, e col suo nucleo, ben visibile, picchiettato dipunti luminosi, che potevano rappresentare corpi solididi molti chilometri di diametro e che, secondo qualche

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cemente, poichè alla distanza della Terra la sua rapiditàè di 41660 metri al secondo. In ragione di quest'aumentodi velocità, la distanza fra le due orbite sarebbe superatain cinquecentocinquantotto ore, o in ventitrè giorni e seiore.

Ma non dovendo la Terra, al momento dell'incontro,trovarsi proprio nel punto d'intersezione fra la propriaorbita e una linea imaginaria dal Sole alla cometa – poi-chè la cometa non si precipitava sul Sole – l'incontronon doveva verificarsi che circa una settimana più tardi,ossia venerdì, 13 luglio, verso mezzanotte.

Non abbiamo bisogno d'aggiungere che in una circo-stanza simile, tutti gli abituali preparativi della festa na-zionale del 14 luglio erano stati dimenticati. Festa na-zionale! Non ci si pensava neppure. Il 14 luglio nonavrebbe piuttosto segnato il lutto universale degli uomi-ni e delle cose? Erano già più di cinque secoli, del resto,che quest'anniversario d'una data famosa era – con qual-che intermittenza è vero, – celebrato dai Francesi: pres-so gli stessi romani le commemorazioni festive dei «cir-censes» erano durate assai meno. Si sentiva dire da ogniparte che il 14 luglio aveva vissuto assai. Era già mortoquindici volte, ma non doveva più risuscitare.

Eravamo soltanto al lunedì 9 luglio. Da cinque giorniil cielo si manteneva bellissimo e tutte le notti il venta-glio della cometa si librava nell'immensità celeste con lasua testa, e col suo nucleo, ben visibile, picchiettato dipunti luminosi, che potevano rappresentare corpi solididi molti chilometri di diametro e che, secondo qualche

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calcolatore, dovevano per i primi precipitarsi sopra laTerra: giacchè la coda della cometa era sempre oppostaal Sole e, nel caso attuale, dietro al movimento dell'astroe sensibilmente obliqua. L'astro fiammeggiava nella co-stellazione dei Pesci: l'osservazione della vigilia, 8 lu-glio, dava come posizione precisa: ascensione destra =23h 10m 32s; declinazione boreale = 7° 36' 4". La codatraversava tutto il quadrato di Pegaso. La cometa si alza-va a 9h 49m e tutta la notte si librava nel cielo.

Durante i giorni di tranquillità di cui ora parleremo,l'opinione generale si era come ricreduta. Un astronomo,fatta una serie di calcoli retrospettivi, aveva conclusoche già molte volte la Terra aveva incontrato qualchecometa, e che ogni volta l'incontro si era risolto in unainoffensiva pioggia di stelle filanti. Ma uno dei suoi col-leghi aveva risposto che la cometa attuale era lungi dalpotersi paragonare a uno sciame di meteore, che era ga-zosa, col nucleo composto di concrezioni solide: e ave-va richiamato a questo proposito le osservazioni fatte sudi una famosa cometa storica, quella del 1811.

Questa cometa del 1811 giustificava (fig. 2), per certiriguardi, timori non chimerici: se ne ricordarono le di-mensioni. La sua lunghezza raggiungeva 180 milioni dichilometri, cioè più della distanza dalla Terra al Sole, ela sua coda, all'estremità, aveva 24 milioni di chilometridi larghezza. La sua testa misurava 1.800.000 chilometridi diametro, vale a dire cento quaranta volte il diametrodella Terra; e in questa testa nebulosa ed ellittica, note-volmente regolare, si notava un nucleo, brillante come

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calcolatore, dovevano per i primi precipitarsi sopra laTerra: giacchè la coda della cometa era sempre oppostaal Sole e, nel caso attuale, dietro al movimento dell'astroe sensibilmente obliqua. L'astro fiammeggiava nella co-stellazione dei Pesci: l'osservazione della vigilia, 8 lu-glio, dava come posizione precisa: ascensione destra =23h 10m 32s; declinazione boreale = 7° 36' 4". La codatraversava tutto il quadrato di Pegaso. La cometa si alza-va a 9h 49m e tutta la notte si librava nel cielo.

Durante i giorni di tranquillità di cui ora parleremo,l'opinione generale si era come ricreduta. Un astronomo,fatta una serie di calcoli retrospettivi, aveva conclusoche già molte volte la Terra aveva incontrato qualchecometa, e che ogni volta l'incontro si era risolto in unainoffensiva pioggia di stelle filanti. Ma uno dei suoi col-leghi aveva risposto che la cometa attuale era lungi dalpotersi paragonare a uno sciame di meteore, che era ga-zosa, col nucleo composto di concrezioni solide: e ave-va richiamato a questo proposito le osservazioni fatte sudi una famosa cometa storica, quella del 1811.

Questa cometa del 1811 giustificava (fig. 2), per certiriguardi, timori non chimerici: se ne ricordarono le di-mensioni. La sua lunghezza raggiungeva 180 milioni dichilometri, cioè più della distanza dalla Terra al Sole, ela sua coda, all'estremità, aveva 24 milioni di chilometridi larghezza. La sua testa misurava 1.800.000 chilometridi diametro, vale a dire cento quaranta volte il diametrodella Terra; e in questa testa nebulosa ed ellittica, note-volmente regolare, si notava un nucleo, brillante come

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una stella, che presentava, quello solo, un diametro di200.000 chilometri. Questo nucleo pareva densissimo.Essa fu osservata per sedici mesi e ventidue giorni. Maquel che fu più notevole è che raggiunse il massimo svi-luppo, senza avvicinarsi al Sole, perchè gli rimase di-stante almeno 150 milioni di chilometri; così rimasesempre più di 170 milioni di chilometri lontana dallaTerra. Se si fosse avvicinata di più al Sole, poichè la di-mensione delle comete aumenta quanto più subisconol'azione solare, il suo aspetto sarebbe stato certamenteanche più meraviglioso e più spaventevole, senza dub-bio, in ogni senso. E poichè la sua massa era tutt'altroche insignificante, se nel suo volo si fosse precipitata di-rettamente in mezzo al Sole, la velocità accelerata da500 a 600000 metri al secondo avrebbe potuto, nel mo-mento dell'incontro coll'astro radioso, per la sola trasfor-mazione del movimento in calore, elevare improvvisa-mente la radiazione solare a un tal grado che ogni vitavegetale e animale sulla terra sarebbe forse finita in po-chi giorni....

Un fisico aveva fatto anche questa curiosa osserva-zione: che una cometa, eguale o superiore a quella del1811, avrebbe potuto produrre la fine del mondo, purnon toccando la Terra, per una specie di esplosione diluce e di calore solari, simili a quelli che le stelle tempo-ranee presentano a chi le osservi. L'urto produrrebbe, insostanza, una quantità di calore uguale a seimila voltequello che sarebbe generato dalla combustione di unamassa di carbon fossile, uguale a quella della cometa.

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una stella, che presentava, quello solo, un diametro di200.000 chilometri. Questo nucleo pareva densissimo.Essa fu osservata per sedici mesi e ventidue giorni. Maquel che fu più notevole è che raggiunse il massimo svi-luppo, senza avvicinarsi al Sole, perchè gli rimase di-stante almeno 150 milioni di chilometri; così rimasesempre più di 170 milioni di chilometri lontana dallaTerra. Se si fosse avvicinata di più al Sole, poichè la di-mensione delle comete aumenta quanto più subisconol'azione solare, il suo aspetto sarebbe stato certamenteanche più meraviglioso e più spaventevole, senza dub-bio, in ogni senso. E poichè la sua massa era tutt'altroche insignificante, se nel suo volo si fosse precipitata di-rettamente in mezzo al Sole, la velocità accelerata da500 a 600000 metri al secondo avrebbe potuto, nel mo-mento dell'incontro coll'astro radioso, per la sola trasfor-mazione del movimento in calore, elevare improvvisa-mente la radiazione solare a un tal grado che ogni vitavegetale e animale sulla terra sarebbe forse finita in po-chi giorni....

Un fisico aveva fatto anche questa curiosa osserva-zione: che una cometa, eguale o superiore a quella del1811, avrebbe potuto produrre la fine del mondo, purnon toccando la Terra, per una specie di esplosione diluce e di calore solari, simili a quelli che le stelle tempo-ranee presentano a chi le osservi. L'urto produrrebbe, insostanza, una quantità di calore uguale a seimila voltequello che sarebbe generato dalla combustione di unamassa di carbon fossile, uguale a quella della cometa.

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Si era fatto notare che se, nel suo volo, una cometa si-mile, invece di precipitarsi contro al Sole incontrasse ilnostro pianeta, il mondo finirebbe, bruciato. Se incon-trasse Giove, darebbe a questo globo un grado tale ditemperatura da rendergli la luce perduta e da riportarloper un certo tempo allo stato di sole, in modo che la Ter-ra si troverebbe illuminata da due soli: Giove divenen-do, in tal caso, una specie di piccolo Sole notturno, mol-to più luminoso della Luna, e splendente di luce pro-pria.... rossa; rubino o granato del cielo, che girerebbe,in dodici anni, attorno a noi.... Sole notturno! Ciò signi-ficherebbe non aver quasi più notte, sul globo terrestre. Itrattati astronomici classici erano stati consultati: si era-no riletti i capitoli sulle comete di Newton, Halley, Mau-pertuis, Lalande, Laplace, Arago, le Memorie Scientifi-che di Faye, Tisseraud, Bouquet de la Gruye, H. Poinca-ré e dei loro successori. L'opinione di Laplace era sem-pre quella che aveva colpito di più e si erano rimesse inluce le sue testuali parole: —

L'asse e il movimento di rotazione della Terra cam-biati; i mari, abbandonata la loro sede antica, rovesciatia precipizio verso il nuovo equatore, una gran parte de-gli uomini e degli animali annegati in questo diluviouniversale, o distrutti dalla scossa violenta subita dalglobo terrestre; specie intiere annientate; tutti i monu-menti dell'industria umana abbattuti; tali sono i disastriche l'urto di una cometa potrebbe produrre. —

La costituzione fisica dei nuclei cometarî era sopratutto oggetto delle più dotte dispute. Si erano ricercati

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Si era fatto notare che se, nel suo volo, una cometa si-mile, invece di precipitarsi contro al Sole incontrasse ilnostro pianeta, il mondo finirebbe, bruciato. Se incon-trasse Giove, darebbe a questo globo un grado tale ditemperatura da rendergli la luce perduta e da riportarloper un certo tempo allo stato di sole, in modo che la Ter-ra si troverebbe illuminata da due soli: Giove divenen-do, in tal caso, una specie di piccolo Sole notturno, mol-to più luminoso della Luna, e splendente di luce pro-pria.... rossa; rubino o granato del cielo, che girerebbe,in dodici anni, attorno a noi.... Sole notturno! Ciò signi-ficherebbe non aver quasi più notte, sul globo terrestre. Itrattati astronomici classici erano stati consultati: si era-no riletti i capitoli sulle comete di Newton, Halley, Mau-pertuis, Lalande, Laplace, Arago, le Memorie Scientifi-che di Faye, Tisseraud, Bouquet de la Gruye, H. Poinca-ré e dei loro successori. L'opinione di Laplace era sem-pre quella che aveva colpito di più e si erano rimesse inluce le sue testuali parole: —

L'asse e il movimento di rotazione della Terra cam-biati; i mari, abbandonata la loro sede antica, rovesciatia precipizio verso il nuovo equatore, una gran parte de-gli uomini e degli animali annegati in questo diluviouniversale, o distrutti dalla scossa violenta subita dalglobo terrestre; specie intiere annientate; tutti i monu-menti dell'industria umana abbattuti; tali sono i disastriche l'urto di una cometa potrebbe produrre. —

La costituzione fisica dei nuclei cometarî era sopratutto oggetto delle più dotte dispute. Si erano ricercati

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negli annali di astronomia i disegni meglio indicanti lavarietà di questi nuclei, la loro attività luminosa, le evo-luzioni delle code. Si erano ricordati, tra le altre cose, ipunti luminosi osservati altre volte nel 1868, nella co-meta di Brorsen, e le radiazioni movimentate, osservatenella testa così curiosa della grande cometa del 1861(fig. 3), e si tiravano fuori le ipotesi relative a condensa-zioni gazose, pulvirulente, o anche solide, e a scaricheelettriche prodigiose, che da un giorno all'altro trasfor-mavano le teste chiomate di queste strane viaggiatrici.

Così correvano, dilagavano le discussioni, le ricercheretrospettive, i calcoli, le congetture.

Ma quello che in fondo non poteva non colpire glianimi, era il doppio fatto, constatato dall'osservazione,che la cometa attuale presentava un nucleo di una densi-tà considerevole e che l'ossido di carbonio predominavaincontestabilmente nella sua costituzione chimica.

Le paure, i terrori erano ritornati. Non si pensava al-tro che alla cometa, non si parlava che di questa.

Già alcuni spiriti ingegnosi avevano cercato mezzipratici, più o meno realizzabili, per sottrarsi alla sua in-fluenza. Qualche chimico pretendeva di poter metter daparte un po' dell'ossigeno atmosferico. Si escogitavanometodi per isolare questo gas dall'azoto e immagazzi-narlo in immensi vasi di vetro, ermeticamente chiusi.Un farmacista, pratico di réclame, assicurava di averlocondensato in pasticche, e in quindici giorni aveva di-spensato otto milioni di avvisi; i commercianti sapevanotrarre partito da tutto, anche dalla morte universale. Si

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negli annali di astronomia i disegni meglio indicanti lavarietà di questi nuclei, la loro attività luminosa, le evo-luzioni delle code. Si erano ricordati, tra le altre cose, ipunti luminosi osservati altre volte nel 1868, nella co-meta di Brorsen, e le radiazioni movimentate, osservatenella testa così curiosa della grande cometa del 1861(fig. 3), e si tiravano fuori le ipotesi relative a condensa-zioni gazose, pulvirulente, o anche solide, e a scaricheelettriche prodigiose, che da un giorno all'altro trasfor-mavano le teste chiomate di queste strane viaggiatrici.

Così correvano, dilagavano le discussioni, le ricercheretrospettive, i calcoli, le congetture.

Ma quello che in fondo non poteva non colpire glianimi, era il doppio fatto, constatato dall'osservazione,che la cometa attuale presentava un nucleo di una densi-tà considerevole e che l'ossido di carbonio predominavaincontestabilmente nella sua costituzione chimica.

Le paure, i terrori erano ritornati. Non si pensava al-tro che alla cometa, non si parlava che di questa.

Già alcuni spiriti ingegnosi avevano cercato mezzipratici, più o meno realizzabili, per sottrarsi alla sua in-fluenza. Qualche chimico pretendeva di poter metter daparte un po' dell'ossigeno atmosferico. Si escogitavanometodi per isolare questo gas dall'azoto e immagazzi-narlo in immensi vasi di vetro, ermeticamente chiusi.Un farmacista, pratico di réclame, assicurava di averlocondensato in pasticche, e in quindici giorni aveva di-spensato otto milioni di avvisi; i commercianti sapevanotrarre partito da tutto, anche dalla morte universale. Si

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erano anche formate, tutto a un tratto, compagnie d'assi-curazione, che s'impegnavano di chiudere ermeticamen-te tutte le aperture delle cantine e dei sotto suoli, e difornire in quattro giorni e quattro notti la quantità di os-sigeno puro (e profumato per di più antisetticamente)necessario al consumo di un numero determinato di pol-moni. Non tutte le speranze erano perdute, specialmenteper i ricchi. Si parlava anche di preparare tunnels per ilpopolo. Si discuteva, si tremava, ci si agitava, si freme-va, si moriva già.... ma si sperava ancora.

Infine le ultime notizie annunziavano che la cometa,essendosi sviluppata di mano in mano che si avvicinavaal calore e alla elettrizzazione del Sole, al momentodell'incontro avrebbe avuto un diametro sessantacinquevolte più grande di quello della Terra, cioè 828.000 chi-lometri.

In mezzo a questo stato di agitazione generale si aprìla seduta dell'Istituto, attesa come la suprema decisionedegli oracoli.

Per la sua stessa carica, il Direttore dell'Osservatoriodi Parigi fu inscritto come primo degli oratori. Ma quel-lo che sembrava sopra tutto attirare l'attenzione pubblicaera la previsione del Presidente dell'Accademia di medi-cina sui probabili effetti dell'ossido di carbonio. D'altraparte, anche il Presidente della Società geologica diFrancia doveva prendere la parola, e lo scopo generaledella seduta era di passare in rivista tutte le teorie scien-tifiche sulle diverse maniere per le quali il nostro mondodovrà fatalmente finire. Ma, è evidente, la discussione

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erano anche formate, tutto a un tratto, compagnie d'assi-curazione, che s'impegnavano di chiudere ermeticamen-te tutte le aperture delle cantine e dei sotto suoli, e difornire in quattro giorni e quattro notti la quantità di os-sigeno puro (e profumato per di più antisetticamente)necessario al consumo di un numero determinato di pol-moni. Non tutte le speranze erano perdute, specialmenteper i ricchi. Si parlava anche di preparare tunnels per ilpopolo. Si discuteva, si tremava, ci si agitava, si freme-va, si moriva già.... ma si sperava ancora.

Infine le ultime notizie annunziavano che la cometa,essendosi sviluppata di mano in mano che si avvicinavaal calore e alla elettrizzazione del Sole, al momentodell'incontro avrebbe avuto un diametro sessantacinquevolte più grande di quello della Terra, cioè 828.000 chi-lometri.

In mezzo a questo stato di agitazione generale si aprìla seduta dell'Istituto, attesa come la suprema decisionedegli oracoli.

Per la sua stessa carica, il Direttore dell'Osservatoriodi Parigi fu inscritto come primo degli oratori. Ma quel-lo che sembrava sopra tutto attirare l'attenzione pubblicaera la previsione del Presidente dell'Accademia di medi-cina sui probabili effetti dell'ossido di carbonio. D'altraparte, anche il Presidente della Società geologica diFrancia doveva prendere la parola, e lo scopo generaledella seduta era di passare in rivista tutte le teorie scien-tifiche sulle diverse maniere per le quali il nostro mondodovrà fatalmente finire. Ma, è evidente, la discussione

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dell'incontro colla cometa vi doveva tenere il primo po-sto.

D'altra parte, l'abbiamo visto, l'astro minaccioso erasospeso su tutte le teste: tutti lo vedevano; esso ingran-diva di giorno in giorno (fig. 4); arrivava con una velo-cità sempre crescente: si sapeva che era soltanto a17.992.000 chilometri e che avrebbe percorso questa di-stanza in cinque giorni.

Ogni ora avvicinava di ben 149 000 chilometri lamano celeste pronta a colpire.

Fra cinque giorni l'umanità allibita avrebbe respiratotranquillamente.... o non avrebbe respirato più affatto.

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dell'incontro colla cometa vi doveva tenere il primo po-sto.

D'altra parte, l'abbiamo visto, l'astro minaccioso erasospeso su tutte le teste: tutti lo vedevano; esso ingran-diva di giorno in giorno (fig. 4); arrivava con una velo-cità sempre crescente: si sapeva che era soltanto a17.992.000 chilometri e che avrebbe percorso questa di-stanza in cinque giorni.

Ogni ora avvicinava di ben 149 000 chilometri lamano celeste pronta a colpire.

Fra cinque giorni l'umanità allibita avrebbe respiratotranquillamente.... o non avrebbe respirato più affatto.

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CAPITOLO III.LA SEDUTA DELL'ISTITUTO

Facevano un tumulto, il qual s'aggiraSempre in quell'aria senza tempo tinta,Come la rena, quando il turbo spira.

DANTE, Inferno, III, 10.

Mai, a memoria d'uomo, l'immenso emiciclo costruitoalla fine del ventesimo secolo, era stato invaso da unafolla così serrata; sarebbe stato materialmente impossi-bile aggiungervi una sola persona. L'anfiteatro, i palchi,le tribune, lo spazio centrale, gli accessi, le scalinate, icorridoi, i vani delle porte, tutto, fino ai gradini del ban-co presidenziale, tutto era pieno di uditori, seduti, o inpiedi. Vi si notava il Presidente degli Stati-Uniti d'Euro-pa, direttore della Repubblica francese, il Direttore dellaRepubblica italiana e quello della Repubblica d'Iberia,l'ambasciatrice generale delle Indie, gli ambasciatoridelle Repubbliche britannica, tedesca, ungherese e mo-scovita, il re del Congo, il presidente del Comitato degliAmministratori, tutti i ministri, il prefetto della Borsainternazionale, il cardinale-arcivescovo di Parigi, la Di-rettrice generale della Telefonoscopia, il presidente delConsiglio delle aeronavi e delle strade elettriche, il Di-rettore dell'Ufficio internazionale della Previsione del

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CAPITOLO III.LA SEDUTA DELL'ISTITUTO

Facevano un tumulto, il qual s'aggiraSempre in quell'aria senza tempo tinta,Come la rena, quando il turbo spira.

DANTE, Inferno, III, 10.

Mai, a memoria d'uomo, l'immenso emiciclo costruitoalla fine del ventesimo secolo, era stato invaso da unafolla così serrata; sarebbe stato materialmente impossi-bile aggiungervi una sola persona. L'anfiteatro, i palchi,le tribune, lo spazio centrale, gli accessi, le scalinate, icorridoi, i vani delle porte, tutto, fino ai gradini del ban-co presidenziale, tutto era pieno di uditori, seduti, o inpiedi. Vi si notava il Presidente degli Stati-Uniti d'Euro-pa, direttore della Repubblica francese, il Direttore dellaRepubblica italiana e quello della Repubblica d'Iberia,l'ambasciatrice generale delle Indie, gli ambasciatoridelle Repubbliche britannica, tedesca, ungherese e mo-scovita, il re del Congo, il presidente del Comitato degliAmministratori, tutti i ministri, il prefetto della Borsainternazionale, il cardinale-arcivescovo di Parigi, la Di-rettrice generale della Telefonoscopia, il presidente delConsiglio delle aeronavi e delle strade elettriche, il Di-rettore dell'Ufficio internazionale della Previsione del

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tempo, i principali astronomi, chimici, fisiologi e medi-ci, accorsi da diversi punti della Francia, un gran nume-ro di Amministratori degli affari dello Stato (quelli chein altri tempi si chiamavano deputati o senatori), moltiscrittori e artisti celebri, in una parola un insieme, cheraramente si trova riunito, di rappresentanti della scien-za, della politica, del commercio, dell'industria, dellaletteratura, di tutte le forme dell'attività umana. L'ufficiodi Presidenza era al completo: presidente, vice presiden-ti, segretari perpetui, oratori iscritti; ma questi non in-dossavano più, come una volta, un abito verde colorpappagallo, nè erano camuffati con feluca, e spade anti-che; portavano il costume civile e da due secoli e mezzole decorazioni europee erano state soppresse: quelledell'Affrica centrale erano invece sfarzosissime.

Le scimmie domestiche, che da un mezzo secolo so-stituivano ormai i servitori umani, divenuti introvabili,stavano alle porte, più per obbedienza ai regolamentiche per verificare i biglietti d'ingresso, perchè molto pri-ma dell'ora non si era potuta frenare la folla invadente.

Il Presidente aprì la Seduta con queste parole3.Signore e Signori,

«Voi tutti conoscete lo scopo principale della nostrariunione. Mai, certamente, l'umanità ha traversato un pe-riodo simile a quello che noi passiamo in questo mo-mento: e mai, questa sala antica, del ventesimo secolo,

3 Sarebbe superfluo far notare ai nostri lettori che la lingua delventicinquesimo secolo è qui tradotta in quella del decimonono.

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tempo, i principali astronomi, chimici, fisiologi e medi-ci, accorsi da diversi punti della Francia, un gran nume-ro di Amministratori degli affari dello Stato (quelli chein altri tempi si chiamavano deputati o senatori), moltiscrittori e artisti celebri, in una parola un insieme, cheraramente si trova riunito, di rappresentanti della scien-za, della politica, del commercio, dell'industria, dellaletteratura, di tutte le forme dell'attività umana. L'ufficiodi Presidenza era al completo: presidente, vice presiden-ti, segretari perpetui, oratori iscritti; ma questi non in-dossavano più, come una volta, un abito verde colorpappagallo, nè erano camuffati con feluca, e spade anti-che; portavano il costume civile e da due secoli e mezzole decorazioni europee erano state soppresse: quelledell'Affrica centrale erano invece sfarzosissime.

Le scimmie domestiche, che da un mezzo secolo so-stituivano ormai i servitori umani, divenuti introvabili,stavano alle porte, più per obbedienza ai regolamentiche per verificare i biglietti d'ingresso, perchè molto pri-ma dell'ora non si era potuta frenare la folla invadente.

Il Presidente aprì la Seduta con queste parole3.Signore e Signori,

«Voi tutti conoscete lo scopo principale della nostrariunione. Mai, certamente, l'umanità ha traversato un pe-riodo simile a quello che noi passiamo in questo mo-mento: e mai, questa sala antica, del ventesimo secolo,

3 Sarebbe superfluo far notare ai nostri lettori che la lingua delventicinquesimo secolo è qui tradotta in quella del decimonono.

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ha riunito un simile uditorio. Il grande problema dellafine del mondo è, sopra tutto da quindici giorni, l'unicooggetto della discussione e dello studio dei dotti. Questediscussioni, questi studi, vi saranno qui esposti. Io doimmediatamente la parola al Signor Direttore dell'Osser-vatorio».

L'astronomo si alzò subito in piedi, tenendo in manoqualche appunto.

Aveva la parola facile, la voce gradevole, il viso gio-viale, il gesto sobrio e lo sguardo molto dolce. La suafronte era ampia e una magnifica capigliatura biancagl'incorniciava il volto. Era un erudito, un letterato edanche un uomo di scienza, e tutta la sua persona ispiravala simpatia, non meno che il rispetto. Il suo carattereevidentemente era ottimista, anche nelle circostanze piùgravi. Appena ebbe detto qualche parola, le fisonomie sitrasformarono e da lugubri ed alterate che erano diven-nero calme e rasserenate.

«Signore» incominciò – mi rivolgo a voi per le prime,supplicandovi di non tremare così per una minaccia chepotrebbe anche non essere tanto terribile quanto pare. Iospero di convincervi fra breve, cogli argomenti che avròl'onore di esporre innanzi a voi, che la cometa, di cuil'umanità intera attende il prossimo incontro, non porte-rà la totale rovina della creazione terrestre.

Senza dubbio possiamo, dobbiamo, anzi, aspettarciqualche catastrofe: ma quanto alla fine del mondo, vera-mente, tutto c'induce a pensare che non avverrà in que-sto modo. I mondi muoiono di vecchiaia, e non di acci-

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ha riunito un simile uditorio. Il grande problema dellafine del mondo è, sopra tutto da quindici giorni, l'unicooggetto della discussione e dello studio dei dotti. Questediscussioni, questi studi, vi saranno qui esposti. Io doimmediatamente la parola al Signor Direttore dell'Osser-vatorio».

L'astronomo si alzò subito in piedi, tenendo in manoqualche appunto.

Aveva la parola facile, la voce gradevole, il viso gio-viale, il gesto sobrio e lo sguardo molto dolce. La suafronte era ampia e una magnifica capigliatura biancagl'incorniciava il volto. Era un erudito, un letterato edanche un uomo di scienza, e tutta la sua persona ispiravala simpatia, non meno che il rispetto. Il suo carattereevidentemente era ottimista, anche nelle circostanze piùgravi. Appena ebbe detto qualche parola, le fisonomie sitrasformarono e da lugubri ed alterate che erano diven-nero calme e rasserenate.

«Signore» incominciò – mi rivolgo a voi per le prime,supplicandovi di non tremare così per una minaccia chepotrebbe anche non essere tanto terribile quanto pare. Iospero di convincervi fra breve, cogli argomenti che avròl'onore di esporre innanzi a voi, che la cometa, di cuil'umanità intera attende il prossimo incontro, non porte-rà la totale rovina della creazione terrestre.

Senza dubbio possiamo, dobbiamo, anzi, aspettarciqualche catastrofe: ma quanto alla fine del mondo, vera-mente, tutto c'induce a pensare che non avverrà in que-sto modo. I mondi muoiono di vecchiaia, e non di acci-

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dente, e voi sapete meglio di me, Signore, che il mondoè ben lungi dall'esser vecchio.

«Signori, io vedo qui rappresentanti di ogni sfera so-ciale, dalle più elevate alle più umili.

Si spiega perfettamente che davanti a una minacciacosì visibile della distruzione della vita terrestre, tutti gliaffari sieno assolutamente cessati. Eppure, io personal-mente vi confesso che, se la Borsa non fosse chiusa e ioavessi la disgrazia di farvi degli affari, non esiterei acomprare, oggi stesso, i titoli di rendita così improvvisa-mente ridotti al minimo».

Non aveva finito di pronunziar questa frase che un fa-moso Israelita americano, principe della finanza, diretto-re del giornale «Il XXV Secolo» che occupava uno degliscalini più alti dell'anfiteatro, si aprì, non si sa come, unpassaggio attraverso le file, si precipitò e rotolò come unbolide fino al corridoio, terminante con una piccola por-ta d'uscita, per la quale egli disparve.

Interrotto un istante da questo effetto inaspettato diuna riflessione puramente scientifica, l'oratore riprese ilsuo discorso.

«Il nostro argomento può dividersi in tre parti:1° La cometa incontrerà di sicuro la Terra?In caso affermativo dovremo esaminare:2° qual'è la sua natura e,3° quali potranno essere gli effetti dell'urto.Non ho bisogno di far notare all'illustre uditorio che

mi ascolta, che le parole fatidiche così spesso pronun-ziate da qualche tempo in qua: «Fine del mondo» signi-

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dente, e voi sapete meglio di me, Signore, che il mondoè ben lungi dall'esser vecchio.

«Signori, io vedo qui rappresentanti di ogni sfera so-ciale, dalle più elevate alle più umili.

Si spiega perfettamente che davanti a una minacciacosì visibile della distruzione della vita terrestre, tutti gliaffari sieno assolutamente cessati. Eppure, io personal-mente vi confesso che, se la Borsa non fosse chiusa e ioavessi la disgrazia di farvi degli affari, non esiterei acomprare, oggi stesso, i titoli di rendita così improvvisa-mente ridotti al minimo».

Non aveva finito di pronunziar questa frase che un fa-moso Israelita americano, principe della finanza, diretto-re del giornale «Il XXV Secolo» che occupava uno degliscalini più alti dell'anfiteatro, si aprì, non si sa come, unpassaggio attraverso le file, si precipitò e rotolò come unbolide fino al corridoio, terminante con una piccola por-ta d'uscita, per la quale egli disparve.

Interrotto un istante da questo effetto inaspettato diuna riflessione puramente scientifica, l'oratore riprese ilsuo discorso.

«Il nostro argomento può dividersi in tre parti:1° La cometa incontrerà di sicuro la Terra?In caso affermativo dovremo esaminare:2° qual'è la sua natura e,3° quali potranno essere gli effetti dell'urto.Non ho bisogno di far notare all'illustre uditorio che

mi ascolta, che le parole fatidiche così spesso pronun-ziate da qualche tempo in qua: «Fine del mondo» signi-

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ficano unicamente «Fine della Terra» la quale Terra è,del resto, senza discussione, il mondo che più c'interes-sa.

Se potessimo rispondere negativamente alla primaquestione, sarebbe press'a poco superfluo occuparci del-le altre due, l'interesse delle quali diverrebbe affatto se-condario.

«Purtroppo, devo riconoscere che i calcoli astronomi-ci sono questa volta, come di consueto, d'una esattezzascrupolosa. Sì, la cometa deve incontrare la Terra, e conuna velocità considerevole, poichè essa ci deve venirquasi di faccia nella nostra traslazione annuale intornoal Sole.

La rapidità della Terra è di 29.460 metri al secondo;quella dell'astro cometario è di 41.660 metri nella stessaunità di tempo, più l'accelerazione dovuta all'attrazionedel nostro pianeta. Dunque l'urto si produrrebbe alla ve-locità di 72.000 metri durante il primo secondo, se la co-meta arrivasse proprio di faccia. Essa arriverà, invece,un po' obliquamente.

L'urto è inevitabile, con tutte le sue conseguenze. Ma,ve ne prego, che l'uditorio non si turbi così!...Quest'incontro di per se stesso non prova niente. Se sicalcolasse, per esempio, che un treno dovesse incontrareun nuvolo di moscerini, questa predizione non preoccu-perebbe molto i viaggiatori. Potrebbe esser lo stesso perl'incontro del nostro globo con quest'astro gazoso.

Vogliatemi permettere d'esaminare tranquillamentegli altri due punti.

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ficano unicamente «Fine della Terra» la quale Terra è,del resto, senza discussione, il mondo che più c'interes-sa.

Se potessimo rispondere negativamente alla primaquestione, sarebbe press'a poco superfluo occuparci del-le altre due, l'interesse delle quali diverrebbe affatto se-condario.

«Purtroppo, devo riconoscere che i calcoli astronomi-ci sono questa volta, come di consueto, d'una esattezzascrupolosa. Sì, la cometa deve incontrare la Terra, e conuna velocità considerevole, poichè essa ci deve venirquasi di faccia nella nostra traslazione annuale intornoal Sole.

La rapidità della Terra è di 29.460 metri al secondo;quella dell'astro cometario è di 41.660 metri nella stessaunità di tempo, più l'accelerazione dovuta all'attrazionedel nostro pianeta. Dunque l'urto si produrrebbe alla ve-locità di 72.000 metri durante il primo secondo, se la co-meta arrivasse proprio di faccia. Essa arriverà, invece,un po' obliquamente.

L'urto è inevitabile, con tutte le sue conseguenze. Ma,ve ne prego, che l'uditorio non si turbi così!...Quest'incontro di per se stesso non prova niente. Se sicalcolasse, per esempio, che un treno dovesse incontrareun nuvolo di moscerini, questa predizione non preoccu-perebbe molto i viaggiatori. Potrebbe esser lo stesso perl'incontro del nostro globo con quest'astro gazoso.

Vogliatemi permettere d'esaminare tranquillamentegli altri due punti.

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«E prima di tutto, qual'è la natura della cometa?«Tutti, qui, lo sanno già: è gazosa e composta, princi-

palmente, d'ossido di carbonio. Alla temperatura dellospazio (273 gradi sotto zero) questo gas, invisibile nellecondizioni terrestri, è allo stato di nebbia, e anche dipolvere solida. La cometa ne è come satura. Anche qui,io non contradirò in nulla le scoperte della scienza».

Questa confessione portò una nuova contrazione do-lorosa sulla maggior parte dei visi e si udirono qua e làlunghi sospiri.

«Ma Signori – riprese l'astronomo – aspettando cheuno dei nostri illustri colleghi della sezione di fisiologiao dell'Accademia di medicina, ci voglia dimostrare chela densità della cometa è sufficente per penetrare nellanostra atmosfera respirabile, io penso che il suo incontrocolla Terra si ridurrà ad una bella pioggia di stelle filan-ti, e non eserciterà un'influenza fatale sulla vita umana.Non vi è una certezza: tuttavia questa probabilità è mol-to forte; si potrebbe forse scommettere un milione con-tro uno; tutt'al più i polmoni deboli ne sarebbero le vitti-me; si avrebbe una specie d'influenza, che potrebbe tri-plicare o quintuplicare la cifra delle morti quotidiane;una semplice epidemia!

Se, poi, come le esplorazioni telescopiche e le foto-grafie indicano concordi, se, poi, il nucleo contienemasse minerali, metalliche, senza dubbio, massicce, ura-noliti di molti chilometri di diametri e di milioni di ton-nellate di peso, non si può fare a meno di ammettere chei punti sui quali queste masse si precipiteranno con la

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«E prima di tutto, qual'è la natura della cometa?«Tutti, qui, lo sanno già: è gazosa e composta, princi-

palmente, d'ossido di carbonio. Alla temperatura dellospazio (273 gradi sotto zero) questo gas, invisibile nellecondizioni terrestri, è allo stato di nebbia, e anche dipolvere solida. La cometa ne è come satura. Anche qui,io non contradirò in nulla le scoperte della scienza».

Questa confessione portò una nuova contrazione do-lorosa sulla maggior parte dei visi e si udirono qua e làlunghi sospiri.

«Ma Signori – riprese l'astronomo – aspettando cheuno dei nostri illustri colleghi della sezione di fisiologiao dell'Accademia di medicina, ci voglia dimostrare chela densità della cometa è sufficente per penetrare nellanostra atmosfera respirabile, io penso che il suo incontrocolla Terra si ridurrà ad una bella pioggia di stelle filan-ti, e non eserciterà un'influenza fatale sulla vita umana.Non vi è una certezza: tuttavia questa probabilità è mol-to forte; si potrebbe forse scommettere un milione con-tro uno; tutt'al più i polmoni deboli ne sarebbero le vitti-me; si avrebbe una specie d'influenza, che potrebbe tri-plicare o quintuplicare la cifra delle morti quotidiane;una semplice epidemia!

Se, poi, come le esplorazioni telescopiche e le foto-grafie indicano concordi, se, poi, il nucleo contienemasse minerali, metalliche, senza dubbio, massicce, ura-noliti di molti chilometri di diametri e di milioni di ton-nellate di peso, non si può fare a meno di ammettere chei punti sui quali queste masse si precipiteranno con la

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velocità di cui ora parliamo saranno irrimediabilmenteschiacciati. Ma perchè questi punti dovrebbero esserproprio abitati? I tre quarti del globo sono copertid'acqua. Queste masse posson cadere in mare, formare,magari, nuove isole estra terrestri, portare in tutti i casinuovi elementi alla scienza: forse i germi d'esistenzesconosciute. La geodesia, la forma e il movimento di ro-tazione della Terra possono risentirne qualche conse-guenza. Notiamo anche che i deserti sul globo non man-cano. Il pericolo esiste, certamente, ma non immenso.

Oltre queste masse e questi gas, forse anche i bolididi cui parlavamo, potrebbero portare in sè cause d'incen-dio che seminerebbero un po' dappertutto sui continenti;la dinamite, la nitroglicerina, la panclastite, la roialite,l'imperialite stessa sono giuochi da ragazzi in confrontodi quello che potrebbe capitarci: ad ogni modo, non sa-rebbe mai un cataclisma universale: qualche città ridottain cenere non arresta la storia dell'umanità.

«Vedete, Signore e Signori, dall'esame metodico diquesti tre punti, resulta che il pericolo è senza alcundubbio grave, anche imminente, ma non così desolante,così straordinario, così assoluto come si proclama. Diròdi più. Questa curiosa circostanza astronomica, che fabattere tanti cuori e lavorare tanti cervelli, cambia appe-na, agli occhi del filosofo, la faccia abituale delle cose.Ognuno di noi è certo di dover morire un giorno, eppurequesta certezza non gl'impedisce di vivere tranquilla-mente. Come mai la minaccia di una morte un po' più

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velocità di cui ora parliamo saranno irrimediabilmenteschiacciati. Ma perchè questi punti dovrebbero esserproprio abitati? I tre quarti del globo sono copertid'acqua. Queste masse posson cadere in mare, formare,magari, nuove isole estra terrestri, portare in tutti i casinuovi elementi alla scienza: forse i germi d'esistenzesconosciute. La geodesia, la forma e il movimento di ro-tazione della Terra possono risentirne qualche conse-guenza. Notiamo anche che i deserti sul globo non man-cano. Il pericolo esiste, certamente, ma non immenso.

Oltre queste masse e questi gas, forse anche i bolididi cui parlavamo, potrebbero portare in sè cause d'incen-dio che seminerebbero un po' dappertutto sui continenti;la dinamite, la nitroglicerina, la panclastite, la roialite,l'imperialite stessa sono giuochi da ragazzi in confrontodi quello che potrebbe capitarci: ad ogni modo, non sa-rebbe mai un cataclisma universale: qualche città ridottain cenere non arresta la storia dell'umanità.

«Vedete, Signore e Signori, dall'esame metodico diquesti tre punti, resulta che il pericolo è senza alcundubbio grave, anche imminente, ma non così desolante,così straordinario, così assoluto come si proclama. Diròdi più. Questa curiosa circostanza astronomica, che fabattere tanti cuori e lavorare tanti cervelli, cambia appe-na, agli occhi del filosofo, la faccia abituale delle cose.Ognuno di noi è certo di dover morire un giorno, eppurequesta certezza non gl'impedisce di vivere tranquilla-mente. Come mai la minaccia di una morte un po' più

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vicina turba tutti gli spiriti? È il dispiacere di morir tuttiinsieme?

Questa dovrebbe essere piuttosto una consolazioneper l'egoismo umano. No. È il vedere la nostra vita ab-breviata di qualche giorno per gli uni, di qualche annoper gli altri, da uno straordinario cataclisma. La vita èbreve e ciascuno tiene a non vederla diminuita d'un iota:pare, anzi, da quel che si sente, che ciascuno preferireb-be veder crollare il mondo intiero e restare in vita solo,piuttosto che morire solo e sapere che gli altri sopravvi-veranno. È puro egoismo. Ma, signori, io persisto nelcredere che vi sarà soltanto una catastrofe parziale, laquale sarà del più alto interesse scientifico e lasceràdopo di sè storici per narrarla. Vi sarà urto, incontro, ca-tastrofe locale, ma indubbiamente nulla di più. Sarà lastoria d'un terremoto, d'una eruzione vulcanica, o d'unciclone.»

Così parlò l'illustre astronomo. La sua calma di filo-sofo, la finezza del suo spirito, il suo disprezzo evidentedel pericolo, tutto contribuì a tranquillizzare l'uditorio,senza, forse, tuttavia, convincerlo intieramente. Non sitrattava più della fine totale delle cose, ma d'una cata-strofe a cui, in fondo, probabilmente si potrebbe sfuggi-re. Si cominciava a comunicarsi le impressioni in milleconversazioni particolari; i commercianti e gli uominipolitici stessi pareva che avessero compreso esattamentegli argomenti della scienza, quando su invito della Presi-denza si vide avanzare lentamente verso la tribuna ilPresidente dall'Accademia di medicina. Era un uomo

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vicina turba tutti gli spiriti? È il dispiacere di morir tuttiinsieme?

Questa dovrebbe essere piuttosto una consolazioneper l'egoismo umano. No. È il vedere la nostra vita ab-breviata di qualche giorno per gli uni, di qualche annoper gli altri, da uno straordinario cataclisma. La vita èbreve e ciascuno tiene a non vederla diminuita d'un iota:pare, anzi, da quel che si sente, che ciascuno preferireb-be veder crollare il mondo intiero e restare in vita solo,piuttosto che morire solo e sapere che gli altri sopravvi-veranno. È puro egoismo. Ma, signori, io persisto nelcredere che vi sarà soltanto una catastrofe parziale, laquale sarà del più alto interesse scientifico e lasceràdopo di sè storici per narrarla. Vi sarà urto, incontro, ca-tastrofe locale, ma indubbiamente nulla di più. Sarà lastoria d'un terremoto, d'una eruzione vulcanica, o d'unciclone.»

Così parlò l'illustre astronomo. La sua calma di filo-sofo, la finezza del suo spirito, il suo disprezzo evidentedel pericolo, tutto contribuì a tranquillizzare l'uditorio,senza, forse, tuttavia, convincerlo intieramente. Non sitrattava più della fine totale delle cose, ma d'una cata-strofe a cui, in fondo, probabilmente si potrebbe sfuggi-re. Si cominciava a comunicarsi le impressioni in milleconversazioni particolari; i commercianti e gli uominipolitici stessi pareva che avessero compreso esattamentegli argomenti della scienza, quando su invito della Presi-denza si vide avanzare lentamente verso la tribuna ilPresidente dall'Accademia di medicina. Era un uomo

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alto, magro, sottile, tutto d'un pezzo, dalla faccia pallida,dall'aspetto ascetico, dal cranio calvo, con favoriti grigi,rasati. La sua voce aveva qualche cosa di cavernoso etutto il suo aspetto pareva più quello di un impiegato dipompe funebri che di un medico animato dalla speranzadi guarire i suoi malati. La sua convinzione sullo statodelle cose era molto diversa da quella dell'astronomo esi potè capire dalle prime parole che pronunziò:

«Signori – egli disse – io sarò breve come l'illustrescienziato che abbiamo udito testè, sebbene abbia passa-to lunghe notti ad analizzare nei loro più minuziosi par-ticolari le proprietà dell'ossido di carbonio. Vi voglioparlare proprio di questo gas, poichè è certo che essopredomina nella cometa e che l'incontro della cometastessa con la Terra è inevitabile.

Le sue proprietà sono deleterie: perchè non confessar-lo? Basta una quantità infinitesimale mescolata all'ariache respiriamo per arrestare in tre minuti il funziona-mento normale dei polmoni e far cessare la vita.

Tutti sanno che l'ossido di carbonio (in chimica CO) èun gas permanente, senza odore, senza colore e senzasapore, quasi insolubile nell'acqua. La sua densità para-gonata a quella dell'aria è 0,96. Brucia nell'aria, produ-cendo anidride carbonica con una fiamma azzurra pocosplendente, simile a un fuoco funebre.

L'ossido di carbonio ha una tendenza perpetua ad as-sorbire l'ossigeno (l'oratore accentuò queste ultime pa-role). Negli alti forni, per esempio, il carbone si trasfor-ma in ossido di carbonio al contatto d'una quantità d'aria

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alto, magro, sottile, tutto d'un pezzo, dalla faccia pallida,dall'aspetto ascetico, dal cranio calvo, con favoriti grigi,rasati. La sua voce aveva qualche cosa di cavernoso etutto il suo aspetto pareva più quello di un impiegato dipompe funebri che di un medico animato dalla speranzadi guarire i suoi malati. La sua convinzione sullo statodelle cose era molto diversa da quella dell'astronomo esi potè capire dalle prime parole che pronunziò:

«Signori – egli disse – io sarò breve come l'illustrescienziato che abbiamo udito testè, sebbene abbia passa-to lunghe notti ad analizzare nei loro più minuziosi par-ticolari le proprietà dell'ossido di carbonio. Vi voglioparlare proprio di questo gas, poichè è certo che essopredomina nella cometa e che l'incontro della cometastessa con la Terra è inevitabile.

Le sue proprietà sono deleterie: perchè non confessar-lo? Basta una quantità infinitesimale mescolata all'ariache respiriamo per arrestare in tre minuti il funziona-mento normale dei polmoni e far cessare la vita.

Tutti sanno che l'ossido di carbonio (in chimica CO) èun gas permanente, senza odore, senza colore e senzasapore, quasi insolubile nell'acqua. La sua densità para-gonata a quella dell'aria è 0,96. Brucia nell'aria, produ-cendo anidride carbonica con una fiamma azzurra pocosplendente, simile a un fuoco funebre.

L'ossido di carbonio ha una tendenza perpetua ad as-sorbire l'ossigeno (l'oratore accentuò queste ultime pa-role). Negli alti forni, per esempio, il carbone si trasfor-ma in ossido di carbonio al contatto d'una quantità d'aria

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insufficente e quest'ossido riduce poi il ferro allo statometallico, impossessandosi dell'ossigeno, al quale dap-prima era combinato.

Al sole l'ossido di carbonio si combina col cloro e dàorigine all'ossicloruro (cloruro di carbonio COCl2) cheha un odore sgradevole e soffocante e che assume lo sta-to gazoso.

Il fatto che merita ora la più grande attenzione è chequesto gas è uno dei più velenosi che esistano. È moltopiù tossico dell'acido carbonico; fissandosi sull'emoglo-bina, diminuisce la capacità respiratoria del sangue, equantità anche minime, accumulandosi nel globulo ros-so, impediscono, in maniera apparentemente spropor-zionata alle cause, al sangue di ossigenarsi. Così questosangue che assorbe da 23 a 24 centimetri cubi d'ossige-no per 100 volumi, non ne assorbe che la metà inun'atmosfera che contiene meno di un millesimo d'ossi-do di carbonio. Un decimillesimo è già deleterio e la ca-pacità respiratoria del sangue diminuisce sensibilmente.

Si produce, non una semplice asfissia, ma l'avvelena-mento del sangue, quasi istantaneo! L'ossido di carbonioagisce direttamente sui globuli del sangue, si combinacon essi e li rende incapaci di mantenere la vita: l'emato-si, la trasformazione del sangue venoso in sangue arte-rioso, è sospesa. Bastano tre minuti per produrre la mor-te. La circolazione si arresta: il sangue venoso, nero,riempie tanto le arterie quanto le vene; i vasi venosi, so-pratutto quelli del cervello, si ingorgano: la sostanza ce-rebrale è colpita: la base della lingua, la gola, l'arteria

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insufficente e quest'ossido riduce poi il ferro allo statometallico, impossessandosi dell'ossigeno, al quale dap-prima era combinato.

Al sole l'ossido di carbonio si combina col cloro e dàorigine all'ossicloruro (cloruro di carbonio COCl2) cheha un odore sgradevole e soffocante e che assume lo sta-to gazoso.

Il fatto che merita ora la più grande attenzione è chequesto gas è uno dei più velenosi che esistano. È moltopiù tossico dell'acido carbonico; fissandosi sull'emoglo-bina, diminuisce la capacità respiratoria del sangue, equantità anche minime, accumulandosi nel globulo ros-so, impediscono, in maniera apparentemente spropor-zionata alle cause, al sangue di ossigenarsi. Così questosangue che assorbe da 23 a 24 centimetri cubi d'ossige-no per 100 volumi, non ne assorbe che la metà inun'atmosfera che contiene meno di un millesimo d'ossi-do di carbonio. Un decimillesimo è già deleterio e la ca-pacità respiratoria del sangue diminuisce sensibilmente.

Si produce, non una semplice asfissia, ma l'avvelena-mento del sangue, quasi istantaneo! L'ossido di carbonioagisce direttamente sui globuli del sangue, si combinacon essi e li rende incapaci di mantenere la vita: l'emato-si, la trasformazione del sangue venoso in sangue arte-rioso, è sospesa. Bastano tre minuti per produrre la mor-te. La circolazione si arresta: il sangue venoso, nero,riempie tanto le arterie quanto le vene; i vasi venosi, so-pratutto quelli del cervello, si ingorgano: la sostanza ce-rebrale è colpita: la base della lingua, la gola, l'arteria

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tracheale, i bronchi divengono rossi di sangue e ben pre-sto tutto il cadavere presenta un colore violaceo, caratte-ristico, proveniente da questa sospensione dell'ematosi.

«Ma – o signori – non sono queste soltanto le proprie-tà deleterie dell'ossido di carbonio che ci son da temere:la sola tendenza di questo gas ad assorbire l'ossigeno,basterebbe già di per sè ad apportare conseguenze fune-ste. Sopprimete – ma che dico? – diminuite soltantol'ossigeno ed avrete la fine del genere umano. Tutti quiconoscono una delle innumerevoli storie che caratteriz-zano le epoche barbare, nelle quali gli uomini si assassi-navano legalmente tra loro, sotto il pretesto della gloriae del patriottismo: è un semplice episodio di una delleguerre degl'Inglesi nelle Indie.

Permettetemi di ricordarvela.«Centoquarantasei prigionieri erano stati chiusi in una

stanza che aveva per apertura soltanto due piccole fine-stre che guardavano su di una galleria. Il primo effettoprovato da questi disgraziati fu un sudore abbondante econtinuo, seguito da una sete insopportabile e ben prestoda una grande difficoltà nella respirazione.

Tentarono vari mezzi per stare meno stretti e procu-rarsi un po' d'aria: si spogliarono, agitarono l'aria coicappelli e presero finalmente il partito di mettersi tuttiinsieme in ginocchio e di alzarsi contemporaneamentedopo qualche minuto: ma ogni volta, molti di loro, prividi forza, cadevano, e venivano calpestati dai piedi deicompagni.... Morivano asfissiati, in un'atroce agonia.Prima di mezzanotte, cioè durante la quarta ora della

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tracheale, i bronchi divengono rossi di sangue e ben pre-sto tutto il cadavere presenta un colore violaceo, caratte-ristico, proveniente da questa sospensione dell'ematosi.

«Ma – o signori – non sono queste soltanto le proprie-tà deleterie dell'ossido di carbonio che ci son da temere:la sola tendenza di questo gas ad assorbire l'ossigeno,basterebbe già di per sè ad apportare conseguenze fune-ste. Sopprimete – ma che dico? – diminuite soltantol'ossigeno ed avrete la fine del genere umano. Tutti quiconoscono una delle innumerevoli storie che caratteriz-zano le epoche barbare, nelle quali gli uomini si assassi-navano legalmente tra loro, sotto il pretesto della gloriae del patriottismo: è un semplice episodio di una delleguerre degl'Inglesi nelle Indie.

Permettetemi di ricordarvela.«Centoquarantasei prigionieri erano stati chiusi in una

stanza che aveva per apertura soltanto due piccole fine-stre che guardavano su di una galleria. Il primo effettoprovato da questi disgraziati fu un sudore abbondante econtinuo, seguito da una sete insopportabile e ben prestoda una grande difficoltà nella respirazione.

Tentarono vari mezzi per stare meno stretti e procu-rarsi un po' d'aria: si spogliarono, agitarono l'aria coicappelli e presero finalmente il partito di mettersi tuttiinsieme in ginocchio e di alzarsi contemporaneamentedopo qualche minuto: ma ogni volta, molti di loro, prividi forza, cadevano, e venivano calpestati dai piedi deicompagni.... Morivano asfissiati, in un'atroce agonia.Prima di mezzanotte, cioè durante la quarta ora della

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loro reclusione, tutti quelli che erano sempre vivi e chenon avevano respirato dalle finestre un'aria meno infet-ta, erano caduti in uno stupore letargico, o in uno spa-ventoso delirio.

Quando, dopo alcune ore, la prigione fu aperta, venti-trè uomini soli ne uscirono vivi: erano in uno stato addi-rittura spaventoso: pareva che tornassero dalla tomba,alla quale, erano miracolosamente sfuggiti».

A questo potrei aggiungere mille altri esempi, ma sa-rebbe inutile giacchè nessun dubbio esiste. Io dunque, osignori, dichiaro che, da una parte la quantità più omeno grande dell'ossigeno atmosferico assorbitadall'ossido di carbonio, dall'altra le proprietà così poten-temente velenose di questo stesso gas sui globuli vitalidel sangue, devono dare, a mio parere, all'incontrodell'immensa massa della cometa col nostro globo (cheper più ore resterà immerso in quella) dichiaro chequest'incontro fatale è di una gravità, le cui conseguenzepossono assolutamente essere disastrose.

Si vedranno per le vie i disgraziati mortali cercareinutilmente un po' d'aria respirabile e cadere morti perasfissia. Io, per mia parte, non so trovare una via discampo.

E non ho parlato della trasformazione del movimentoin calore e dei resultati meccanici e chimici dell'urto.Lascio questo lato della questione alla competenza delSegretario perpetuo dell'Accademia delle scienze e deldotto Presidente della Società astronomica di Francia,che hanno fatto a questo riguardo calcoli importanti.

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loro reclusione, tutti quelli che erano sempre vivi e chenon avevano respirato dalle finestre un'aria meno infet-ta, erano caduti in uno stupore letargico, o in uno spa-ventoso delirio.

Quando, dopo alcune ore, la prigione fu aperta, venti-trè uomini soli ne uscirono vivi: erano in uno stato addi-rittura spaventoso: pareva che tornassero dalla tomba,alla quale, erano miracolosamente sfuggiti».

A questo potrei aggiungere mille altri esempi, ma sa-rebbe inutile giacchè nessun dubbio esiste. Io dunque, osignori, dichiaro che, da una parte la quantità più omeno grande dell'ossigeno atmosferico assorbitadall'ossido di carbonio, dall'altra le proprietà così poten-temente velenose di questo stesso gas sui globuli vitalidel sangue, devono dare, a mio parere, all'incontrodell'immensa massa della cometa col nostro globo (cheper più ore resterà immerso in quella) dichiaro chequest'incontro fatale è di una gravità, le cui conseguenzepossono assolutamente essere disastrose.

Si vedranno per le vie i disgraziati mortali cercareinutilmente un po' d'aria respirabile e cadere morti perasfissia. Io, per mia parte, non so trovare una via discampo.

E non ho parlato della trasformazione del movimentoin calore e dei resultati meccanici e chimici dell'urto.Lascio questo lato della questione alla competenza delSegretario perpetuo dell'Accademia delle scienze e deldotto Presidente della Società astronomica di Francia,che hanno fatto a questo riguardo calcoli importanti.

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Per me – ripeto – l'umanità terrestre è in pericolo evedo non una, ma due, tre, quattro cause di morte prontea piombar su di lei; sarebbe un miracolo se vi sfuggisse,e da secoli nessuno conta più sui miracoli».

Questo discorso, pronunziato con accento di convin-zione, con voce forte, calma, profonda, rigettò tuttol'uditorio nello stato da cui il discorso precedente avevaavuto la virtù di toglierlo.

La certezza del prossimo cataclisma si dipinse su tuttii visi: alcuni erano divenuti gialli, e quasi verdi; altri sierano accesi di un rosso scarlatto e pareva stessero peresser colti da apoplessia: un piccolissimo numerod'ascoltatori sembrava avesse conservato il suo sanguefreddo, e un po' di scetticismo, o avesse preso il suo par-tito con filosofia. Un immenso mormorio correva lasala, perchè ognuno comunicava al suo vicino le proprieriflessioni, generalmente più ottimiste che sincere: anessuno fa piacere mostrare di aver paura.

Il Presidente della Società astronomica di Francia sialzò a sua volta e si diresse alla tribuna. Le conversazio-ni particolari cessarono immediatamente. Ecco i passiessenziali del suo discorso: l'esordio, il mezzo e la pero-razione:

«Signore e signori, dopo gli argomenti che abbiamoudito, non può restare dubbio nella mente di alcuno sul-la certezza dell'incontro della cometa con la Terra e suipericoli di quest'incontro. Dobbiamo dunque aspettarcisabato....

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Per me – ripeto – l'umanità terrestre è in pericolo evedo non una, ma due, tre, quattro cause di morte prontea piombar su di lei; sarebbe un miracolo se vi sfuggisse,e da secoli nessuno conta più sui miracoli».

Questo discorso, pronunziato con accento di convin-zione, con voce forte, calma, profonda, rigettò tuttol'uditorio nello stato da cui il discorso precedente avevaavuto la virtù di toglierlo.

La certezza del prossimo cataclisma si dipinse su tuttii visi: alcuni erano divenuti gialli, e quasi verdi; altri sierano accesi di un rosso scarlatto e pareva stessero peresser colti da apoplessia: un piccolissimo numerod'ascoltatori sembrava avesse conservato il suo sanguefreddo, e un po' di scetticismo, o avesse preso il suo par-tito con filosofia. Un immenso mormorio correva lasala, perchè ognuno comunicava al suo vicino le proprieriflessioni, generalmente più ottimiste che sincere: anessuno fa piacere mostrare di aver paura.

Il Presidente della Società astronomica di Francia sialzò a sua volta e si diresse alla tribuna. Le conversazio-ni particolari cessarono immediatamente. Ecco i passiessenziali del suo discorso: l'esordio, il mezzo e la pero-razione:

«Signore e signori, dopo gli argomenti che abbiamoudito, non può restare dubbio nella mente di alcuno sul-la certezza dell'incontro della cometa con la Terra e suipericoli di quest'incontro. Dobbiamo dunque aspettarcisabato....

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— Venerdì – interruppe una voce dallo stesso Bancodell'Istituto.

— Sabato – continuò l'oratore senza interrompersi –un avvenimento straordinario, assolutamente nuovo nel-la storia dell'umanità.

— Dico sabato, sebbene tutti i giornali annunzinol'incontro per venerdì, giacchè l'incontro non potrà av-venire che il 14 luglio.

Noi – il nostro illustre collega ed io – abbiamo passa-to tutta la scorsa notte a confrontare le osservazionid'Asia e d'America e abbiamo trovato un errore di tra-smissione telefonografica».

Quest'affermazione produsse un dolce sollievonell'animo degli uditori: fu come un debole raggio diluce in una notte buia. Un giorno di dilazione è moltissi-mo per un condannato a morte. Già velleità di progetticominciavano ad agitarsi nei cervelli: la catastrofe erarimandata, era una specie di grazia. Non si pensava chequesto cambiamento puramente cosmografico non ave-va valore che per la data e non per il fatto dell'incontro,in se stesso. Ma anche le minime sfumature hanno unagrande importanza sull'impressione del pubblico. Epoi.... non era più il venerdì 13.

— Ecco, del resto – fece egli, andando alla lavagna –qual'è l'orbita definitiva della cometa calcolata in base atutte le osservazioni. E l'oratore tracciò le cifre seguenti:

Passaggio al perielio: agosto 11, a 0h 45m 442

Longitudine del perielio: 52° 43' 25"Distanza perielio, 0,76017

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— Venerdì – interruppe una voce dallo stesso Bancodell'Istituto.

— Sabato – continuò l'oratore senza interrompersi –un avvenimento straordinario, assolutamente nuovo nel-la storia dell'umanità.

— Dico sabato, sebbene tutti i giornali annunzinol'incontro per venerdì, giacchè l'incontro non potrà av-venire che il 14 luglio.

Noi – il nostro illustre collega ed io – abbiamo passa-to tutta la scorsa notte a confrontare le osservazionid'Asia e d'America e abbiamo trovato un errore di tra-smissione telefonografica».

Quest'affermazione produsse un dolce sollievonell'animo degli uditori: fu come un debole raggio diluce in una notte buia. Un giorno di dilazione è moltissi-mo per un condannato a morte. Già velleità di progetticominciavano ad agitarsi nei cervelli: la catastrofe erarimandata, era una specie di grazia. Non si pensava chequesto cambiamento puramente cosmografico non ave-va valore che per la data e non per il fatto dell'incontro,in se stesso. Ma anche le minime sfumature hanno unagrande importanza sull'impressione del pubblico. Epoi.... non era più il venerdì 13.

— Ecco, del resto – fece egli, andando alla lavagna –qual'è l'orbita definitiva della cometa calcolata in base atutte le osservazioni. E l'oratore tracciò le cifre seguenti:

Passaggio al perielio: agosto 11, a 0h 45m 442

Longitudine del perielio: 52° 43' 25"Distanza perielio, 0,76017

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Inclinazione: 103° 18' 35"Longitudine del nodo4 ascendente: 112°-54' 40".«La cometa taglierà l'eclittica nell'andata, al nodo di-

scendente, il 13 luglio dopo mezzanotte, precisamente il14 luglio a 0h 18m 232 del meridiano di Parigi, proprionel momento del passaggio della Terra per lo stessopunto. L'attrazione della Terra affretterà l'incontro disoli trenta secondi.

L'avvenimento sarà indiscutibilmente straordinario,ma io non credo che debba presentare il carattere tragicoche ci è stato ora dipinto e che possa proprio produrrel'avvelenamento del sangue e l'asfissia in ogni pettoumano. Quest'incontro offrirà piuttosto, a parer mio, ilbrillante aspetto d'un fuoco d'artificio celeste, perchèl'arrivo di quelle masse solide e gazose nell'atmosferanon potrà prodursi senza che il moto, così arrestato, sitrasformi in calore. Un meraviglioso incendio del firma-mento sarà senza dubbio il primo fenomeno dell'incon-tro e parrà che milioni di stelle filanti si stacchino dauno stesso punto luminoso.

La quantità di calore non può non essere considerevo-le. Ogni stella filante, per piccolissima che sia, arrivan-do nelle altezze della nostra atmosfera con rapidità dicometa, vi diviene immediatamente tanto calda che bru-cia e si consuma. Voi sapete – signori – che l'atmosfera

4 Nodo ascendente è il punto in cui l'orbita di un corpo celestetaglia l'eclittica avanzandosi verso il nord; nodo discendente è ilpunto opposto in cui la taglia passando verso il sud. [Nota d.trad.].

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Inclinazione: 103° 18' 35"Longitudine del nodo4 ascendente: 112°-54' 40".«La cometa taglierà l'eclittica nell'andata, al nodo di-

scendente, il 13 luglio dopo mezzanotte, precisamente il14 luglio a 0h 18m 232 del meridiano di Parigi, proprionel momento del passaggio della Terra per lo stessopunto. L'attrazione della Terra affretterà l'incontro disoli trenta secondi.

L'avvenimento sarà indiscutibilmente straordinario,ma io non credo che debba presentare il carattere tragicoche ci è stato ora dipinto e che possa proprio produrrel'avvelenamento del sangue e l'asfissia in ogni pettoumano. Quest'incontro offrirà piuttosto, a parer mio, ilbrillante aspetto d'un fuoco d'artificio celeste, perchèl'arrivo di quelle masse solide e gazose nell'atmosferanon potrà prodursi senza che il moto, così arrestato, sitrasformi in calore. Un meraviglioso incendio del firma-mento sarà senza dubbio il primo fenomeno dell'incon-tro e parrà che milioni di stelle filanti si stacchino dauno stesso punto luminoso.

La quantità di calore non può non essere considerevo-le. Ogni stella filante, per piccolissima che sia, arrivan-do nelle altezze della nostra atmosfera con rapidità dicometa, vi diviene immediatamente tanto calda che bru-cia e si consuma. Voi sapete – signori – che l'atmosfera

4 Nodo ascendente è il punto in cui l'orbita di un corpo celestetaglia l'eclittica avanzandosi verso il nord; nodo discendente è ilpunto opposto in cui la taglia passando verso il sud. [Nota d.trad.].

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terrestre si estende molto lungi nello spazio, tutt'intornoal nostro pianeta; non è illimitata, come certe ipotesi so-stengono, poichè la Terra gira su se stessa e intorno alSole: il suo limite matematico è l'altezza, alla quale laforza centrifuga, prodotta dal movimento di rotazionediurno, diviene uguale alla gravità: quest'altezza è 6.64se rappresentiamo con 1 il semi-diametro equatorialedel globo di 6378310 metri. Il limite massimo dell'atmo-sfera è dunque di 42352 chilometri.

«Io non voglio fare qui della matematica. Ma l'udito-rio che mi ascolta è troppo istruito per non conoscerel'equivalente meccanico del calore. Ogni corpo arrestatonel suo movimento produce una quantità di calore che si

esprime in calorie con la formula mv 2

8338, nella quale m

è la massa del corpo in chilogrammi, e v la sua velocitàin metri, al secondo. Per esempio, un corpo che pesa8338 chilogrammi e che si avanza di un metro al secon-do svilupperebbe, fermandosi, appunto una caloria: valea dire la quantità di calore sufficiente ad elevare di 1grado la temperatura di un chilogrammo d'acqua.

Se la velocità di questo corpo fosse di 500 metri al se-condo, il suo arrestarsi produrrebbe 250000 volte di piùdi calore, abbastanza per elevare da zero a 30 gradi latemperatura di una massa d'acqua, eguale al corpo stes-so. Se questa velocità fosse di 5000 metri, il calore pro-dotto sarebbe 5 milioni di volte più grande.

Ora voi sapete, o signori, che l'incontro di una cometacon la Terra può raggiungere la velocità di 72000 metri.

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terrestre si estende molto lungi nello spazio, tutt'intornoal nostro pianeta; non è illimitata, come certe ipotesi so-stengono, poichè la Terra gira su se stessa e intorno alSole: il suo limite matematico è l'altezza, alla quale laforza centrifuga, prodotta dal movimento di rotazionediurno, diviene uguale alla gravità: quest'altezza è 6.64se rappresentiamo con 1 il semi-diametro equatorialedel globo di 6378310 metri. Il limite massimo dell'atmo-sfera è dunque di 42352 chilometri.

«Io non voglio fare qui della matematica. Ma l'udito-rio che mi ascolta è troppo istruito per non conoscerel'equivalente meccanico del calore. Ogni corpo arrestatonel suo movimento produce una quantità di calore che si

esprime in calorie con la formula mv 2

8338, nella quale m

è la massa del corpo in chilogrammi, e v la sua velocitàin metri, al secondo. Per esempio, un corpo che pesa8338 chilogrammi e che si avanza di un metro al secon-do svilupperebbe, fermandosi, appunto una caloria: valea dire la quantità di calore sufficiente ad elevare di 1grado la temperatura di un chilogrammo d'acqua.

Se la velocità di questo corpo fosse di 500 metri al se-condo, il suo arrestarsi produrrebbe 250000 volte di piùdi calore, abbastanza per elevare da zero a 30 gradi latemperatura di una massa d'acqua, eguale al corpo stes-so. Se questa velocità fosse di 5000 metri, il calore pro-dotto sarebbe 5 milioni di volte più grande.

Ora voi sapete, o signori, che l'incontro di una cometacon la Terra può raggiungere la velocità di 72000 metri.

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Con questo calcolo, la proporzione sale a 5 miliardi digradi!

Questo è un massimo e, aggiungerò, un numero, percosì dire, inconcepibile. Ma, o signori, prendiamo unminimo, se volete; ammettiamo che gli urti si producanonon direttamente, di faccia, ma più o meno obliquamen-te e che la velocità media non sia che di 30000 metri.

Ogni chilogrammo di un bolide sviluppa in questocaso 107946 unità di calore quando, per la resistenzadell'aria, la velocità è stata ridotta a zero. In altri termi-ni, esso ha sviluppato un calore capace di portare dazero a 100 gradi, vale a dire dalla temperatura del ghiac-cio a quella dell'acqua bollente, un peso di 1079 chilo-grammi d'acqua. Un uranolito di 2000 chilogrammi, ar-rivando a terra con una velocità annullata dalla resisten-za dell'aria, avrebbe sviluppato calore sufficiente perportare a 3000 gradi una colonna d'aria di 30 metri qua-drati di sezione, alta quanto tutta l'altezza della nostraatmosfera, o per elevare da zero a 30 gradi una colonnadi 3000 metri quadrati.

Questi calcoli, che vi prego di scusare, erano necessa-ri per mostrare che la conseguenza immediatadell'incontro sarà una enorme quantità di calore, un no-tevole riscaldamento dell'aria. È, d'altra parte, quelloche accade in piccolo nelle cadute di bolidi isolati.L'uranolito è fuso, vetrificato in tutta la sua superfice eporta una specie di strato di vernice: ma la sua caduta siè effettuata così rapidamente che non ha avuto il tempodi riscaldarsi all'interno: se si spezza, si trova l'interno

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Con questo calcolo, la proporzione sale a 5 miliardi digradi!

Questo è un massimo e, aggiungerò, un numero, percosì dire, inconcepibile. Ma, o signori, prendiamo unminimo, se volete; ammettiamo che gli urti si producanonon direttamente, di faccia, ma più o meno obliquamen-te e che la velocità media non sia che di 30000 metri.

Ogni chilogrammo di un bolide sviluppa in questocaso 107946 unità di calore quando, per la resistenzadell'aria, la velocità è stata ridotta a zero. In altri termi-ni, esso ha sviluppato un calore capace di portare dazero a 100 gradi, vale a dire dalla temperatura del ghiac-cio a quella dell'acqua bollente, un peso di 1079 chilo-grammi d'acqua. Un uranolito di 2000 chilogrammi, ar-rivando a terra con una velocità annullata dalla resisten-za dell'aria, avrebbe sviluppato calore sufficiente perportare a 3000 gradi una colonna d'aria di 30 metri qua-drati di sezione, alta quanto tutta l'altezza della nostraatmosfera, o per elevare da zero a 30 gradi una colonnadi 3000 metri quadrati.

Questi calcoli, che vi prego di scusare, erano necessa-ri per mostrare che la conseguenza immediatadell'incontro sarà una enorme quantità di calore, un no-tevole riscaldamento dell'aria. È, d'altra parte, quelloche accade in piccolo nelle cadute di bolidi isolati.L'uranolito è fuso, vetrificato in tutta la sua superfice eporta una specie di strato di vernice: ma la sua caduta siè effettuata così rapidamente che non ha avuto il tempodi riscaldarsi all'interno: se si spezza, si trova l'interno

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assolutamente ghiacciato. L'aria che ha attraversato si èriscaldata.

«Uno dei resultati più curiosi dell'analisi che ho l'ono-re di riassumere davanti a voi è che le masse solide piùo meno grosse, che crediamo distinguere al telescopio,nel nucleo della cometa, proveranno una tale resistenzanel traversare la nostra atmosfera che, meno casi ecce-zionali, non arriveranno al suolo intere, ma sminuzzatein piccoli pezzi.

Davanti al bolide vi è aria compressa, dietro vuoto, ri-scaldamento esterno e incandescenza del corpo in movi-mento, violento rumore prodotto dal precipitare dell'ariache viene a colmare il vuoto, rumoreggiamento di tuo-no, esplosioni, disgregazioni, caduta dei materiali metal-lici, tanto densi da rimanere compatti cadendo, ed eva-porazione degli altri. Un bolide di zolfo, di fosforo, distagno o di zinco brucierebbe ed evaporerebbe moltoprima di raggiungere gli strati inferiori della nostra at-mosfera.

Quanto alle stelle filanti se, come pare, ve ne sarà unvero nuvolo, produranno soltanto l'effetto di un prodi-gioso fuoco d'artifizio alla rovescia.

«Se abbiamo dunque da temere qualche cosa, non è,ai miei occhi, l'infiltrazione nella nostra atmosfera dellamassa gazosa d'ossido di carbonio, qualunque essa sia,ma il notevole aumento di temperatura, immancabil-mente prodotto dalla trasformazione del movimento incalore.

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assolutamente ghiacciato. L'aria che ha attraversato si èriscaldata.

«Uno dei resultati più curiosi dell'analisi che ho l'ono-re di riassumere davanti a voi è che le masse solide piùo meno grosse, che crediamo distinguere al telescopio,nel nucleo della cometa, proveranno una tale resistenzanel traversare la nostra atmosfera che, meno casi ecce-zionali, non arriveranno al suolo intere, ma sminuzzatein piccoli pezzi.

Davanti al bolide vi è aria compressa, dietro vuoto, ri-scaldamento esterno e incandescenza del corpo in movi-mento, violento rumore prodotto dal precipitare dell'ariache viene a colmare il vuoto, rumoreggiamento di tuo-no, esplosioni, disgregazioni, caduta dei materiali metal-lici, tanto densi da rimanere compatti cadendo, ed eva-porazione degli altri. Un bolide di zolfo, di fosforo, distagno o di zinco brucierebbe ed evaporerebbe moltoprima di raggiungere gli strati inferiori della nostra at-mosfera.

Quanto alle stelle filanti se, come pare, ve ne sarà unvero nuvolo, produranno soltanto l'effetto di un prodi-gioso fuoco d'artifizio alla rovescia.

«Se abbiamo dunque da temere qualche cosa, non è,ai miei occhi, l'infiltrazione nella nostra atmosfera dellamassa gazosa d'ossido di carbonio, qualunque essa sia,ma il notevole aumento di temperatura, immancabil-mente prodotto dalla trasformazione del movimento incalore.

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«In questo caso, la salvezza sarebbe forse nel rifu-giarsi sull'emisfero terrestre, opposto a quello che devericevere in pieno l'urto della cometa.

L'aria è un cattivissimo conduttore del calore».Si alzò, a sua volta, il Segretario perpetuo dell'Acca-

demia. Degno successore dei Fontenelle e degli Arago,a una profonda scienza aggiungeva le qualità di unoscrittore elegante e di un oratore piacevole e raggiunge-va qualche volta, grandi altezze di eloquenza.

«Alla dotta teoria che avete ascoltato – egli disse –non ho niente da aggiungere, se non l'applicazione chese ne potrebbe fare a qualche cometa già nota. Si è ri-chiamato, in questi giorni, l'esempio della cometa del1811. Ebbene, supponiamo che una cometa delle stessedimensioni di quella, ci arrivi precisamente di faccia,nel nostro corso circolare intorno al Sole. Il globo terre-stre penetrerebbe nella nebulosità della cometa, senzatrovare, non v'è dubbio, una resistenza molto sensibile.

Ammettendo anche che questa resistenza fosse debo-lissima e che la densità del nucleo della cometa fossetrascurabile, il nostro globo, per traversare questa testacometaria di 1800000 chilometri di diametro, non im-piegherebbe meno di venticinquemila secondi, ossiaquattrocentodiciassette minuti, o, in cifra rotonda, setteore.... con una rapidità centoventi volte maggiore diquella di una palla di cannone, e continuando a girare suse stesso, nel suo movimento diurno. L'incontro comin-cerebbe circa alle sei del mattino per il nostro meridia-no.

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«In questo caso, la salvezza sarebbe forse nel rifu-giarsi sull'emisfero terrestre, opposto a quello che devericevere in pieno l'urto della cometa.

L'aria è un cattivissimo conduttore del calore».Si alzò, a sua volta, il Segretario perpetuo dell'Acca-

demia. Degno successore dei Fontenelle e degli Arago,a una profonda scienza aggiungeva le qualità di unoscrittore elegante e di un oratore piacevole e raggiunge-va qualche volta, grandi altezze di eloquenza.

«Alla dotta teoria che avete ascoltato – egli disse –non ho niente da aggiungere, se non l'applicazione chese ne potrebbe fare a qualche cometa già nota. Si è ri-chiamato, in questi giorni, l'esempio della cometa del1811. Ebbene, supponiamo che una cometa delle stessedimensioni di quella, ci arrivi precisamente di faccia,nel nostro corso circolare intorno al Sole. Il globo terre-stre penetrerebbe nella nebulosità della cometa, senzatrovare, non v'è dubbio, una resistenza molto sensibile.

Ammettendo anche che questa resistenza fosse debo-lissima e che la densità del nucleo della cometa fossetrascurabile, il nostro globo, per traversare questa testacometaria di 1800000 chilometri di diametro, non im-piegherebbe meno di venticinquemila secondi, ossiaquattrocentodiciassette minuti, o, in cifra rotonda, setteore.... con una rapidità centoventi volte maggiore diquella di una palla di cannone, e continuando a girare suse stesso, nel suo movimento diurno. L'incontro comin-cerebbe circa alle sei del mattino per il nostro meridia-no.

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«Un simile tuffo nell'oceano cometario, sia pure ete-reo quest'oceano celeste, non potrebbe prodursi senzaportare, come prima ed immediata conseguenza, a causadei principî termodinamici che vi sono stati ricordati,una elevazione di temperatura tale che, verosimilmente,tutta la nostra atmosfera prenderebbe fuoco! Mi pareche in questo caso particolare, il pericolo sarebbe gra-vissimo.

«Ma questo sarebbe un bello spettacolo per gli abitan-ti di Marte, o meglio ancora per quelli di Venere. Sì,questo sarebbe uno spettacolo celeste veramente ammi-revole, simile, ma più meraviglioso per chi vedesse davicino, alle strane conflagrazioni di astri temporanei,che abbiamo già osservati nel cielo.

L'ossigeno dell'aria avrebbe buon giuoco per alimen-tare l'incendio. Ma vi è un altro gas, al quale i fisici nonpensano spesso, per la semplicissima ragione che non lohanno mai trovato nelle loro analisi, cioè l'idrogeno.Che n'è stato di tutte le quantità d'idrogeno emanate dalsuolo terrestre, durante i milioni di anni dei tempi prei-storici?

Essendo la densità di questo gas sedici volte minoredi quella dell'aria, esso deve esser salito in alto e deveaver formato senza dubbio, intorno alla nostra atmosferaaerea un involucro d'idrogeno molto rarefatto. A causadella legge di diffusione dei gas, una gran parte di que-sto idrogeno si è certo mescolato intimamente coll'aria,ma anche gli strati rarefatti superiori ne devono contene-re in grande quantità.

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«Un simile tuffo nell'oceano cometario, sia pure ete-reo quest'oceano celeste, non potrebbe prodursi senzaportare, come prima ed immediata conseguenza, a causadei principî termodinamici che vi sono stati ricordati,una elevazione di temperatura tale che, verosimilmente,tutta la nostra atmosfera prenderebbe fuoco! Mi pareche in questo caso particolare, il pericolo sarebbe gra-vissimo.

«Ma questo sarebbe un bello spettacolo per gli abitan-ti di Marte, o meglio ancora per quelli di Venere. Sì,questo sarebbe uno spettacolo celeste veramente ammi-revole, simile, ma più meraviglioso per chi vedesse davicino, alle strane conflagrazioni di astri temporanei,che abbiamo già osservati nel cielo.

L'ossigeno dell'aria avrebbe buon giuoco per alimen-tare l'incendio. Ma vi è un altro gas, al quale i fisici nonpensano spesso, per la semplicissima ragione che non lohanno mai trovato nelle loro analisi, cioè l'idrogeno.Che n'è stato di tutte le quantità d'idrogeno emanate dalsuolo terrestre, durante i milioni di anni dei tempi prei-storici?

Essendo la densità di questo gas sedici volte minoredi quella dell'aria, esso deve esser salito in alto e deveaver formato senza dubbio, intorno alla nostra atmosferaaerea un involucro d'idrogeno molto rarefatto. A causadella legge di diffusione dei gas, una gran parte di que-sto idrogeno si è certo mescolato intimamente coll'aria,ma anche gli strati rarefatti superiori ne devono contene-re in grande quantità.

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Là certo si accendono le stelle filanti e le aurore bo-reali, a più di cento chilometri d'altezza. Notiamo a que-sto proposito che l'ossigeno dell'aria, ricevendo l'urtodella cometa carburata, basterebbe largamente ad ali-mentare il fuoco celeste.

«La fine del mondo accadrebbe dunque per l'incendiodell'atmosfera. Per circa sette ore, o, meglio, per un tem-po più lungo, giacchè la resistenza cometaria non puòessere nulla, vi sarebbe trasformazione continua del mo-vimento in calore. Idrogeno e ossigeno brucerebbero,combinati col carbonio della cometa. La temperaturadell'aria salirebbe a molte centinaia di gradi; i boschi, igiardini, le piante, le foreste, le abitazioni umane, gliedifizi, le città e i villaggi, tutto sarebbe rapidamente di-strutto; il mare, i laghi e i fiumi comincerebbero a bolli-re; gli uomini e gli animali, travolti da questo bruciantealito della cometa, morirebbero asfissiati prima d'esserbruciati, poichè i loro polmoni, ansimanti, non respireb-bero che fuoco.

Quasi subito tutti i cadaveri sarebbero carbonizzati,ridotti in cenere, e nell'immenso incendio celeste, sol-tanto l'angelo incombustibile dell'Apocalisse potrebbefare udire col suono lacerante della sua tromba, l'anticocanto mortuario, cadente lento dal cielo come un len-zuolo funebre:

Dies irae, dies illaSolvet saeclum in favilla!

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Là certo si accendono le stelle filanti e le aurore bo-reali, a più di cento chilometri d'altezza. Notiamo a que-sto proposito che l'ossigeno dell'aria, ricevendo l'urtodella cometa carburata, basterebbe largamente ad ali-mentare il fuoco celeste.

«La fine del mondo accadrebbe dunque per l'incendiodell'atmosfera. Per circa sette ore, o, meglio, per un tem-po più lungo, giacchè la resistenza cometaria non puòessere nulla, vi sarebbe trasformazione continua del mo-vimento in calore. Idrogeno e ossigeno brucerebbero,combinati col carbonio della cometa. La temperaturadell'aria salirebbe a molte centinaia di gradi; i boschi, igiardini, le piante, le foreste, le abitazioni umane, gliedifizi, le città e i villaggi, tutto sarebbe rapidamente di-strutto; il mare, i laghi e i fiumi comincerebbero a bolli-re; gli uomini e gli animali, travolti da questo bruciantealito della cometa, morirebbero asfissiati prima d'esserbruciati, poichè i loro polmoni, ansimanti, non respireb-bero che fuoco.

Quasi subito tutti i cadaveri sarebbero carbonizzati,ridotti in cenere, e nell'immenso incendio celeste, sol-tanto l'angelo incombustibile dell'Apocalisse potrebbefare udire col suono lacerante della sua tromba, l'anticocanto mortuario, cadente lento dal cielo come un len-zuolo funebre:

Dies irae, dies illaSolvet saeclum in favilla!

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Fig. 4. – La cometa arrivava crescendo di giorno in giorno.

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Fig. 4. – La cometa arrivava crescendo di giorno in giorno.

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Fig. 5. – (Cfr. Capitolo IV).

Ecco quel che potrebbe accadere, se una cometa comequella del 1811 incontrasse la Terra».

A queste parole il cardinale-arcivescovo si era alzatoe aveva chiesto la parola. Il Segretario perpetuo se n'eraaccorto e, per una cortesia tutta mondana, l'aveva saluta-to inchinandosi leggermente e pareva aspettare la repli-ca di Sua Eminenza.

«Io non voglio affatto – egli disse – interromperel'illustre oratore. Ma poichè la scienza annunzia comepreludio di un dramma che potrebbe segnare la fine del-le cose di questo mondo l'incendio dei cieli, non posso

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Fig. 5. – (Cfr. Capitolo IV).

Ecco quel che potrebbe accadere, se una cometa comequella del 1811 incontrasse la Terra».

A queste parole il cardinale-arcivescovo si era alzatoe aveva chiesto la parola. Il Segretario perpetuo se n'eraaccorto e, per una cortesia tutta mondana, l'aveva saluta-to inchinandosi leggermente e pareva aspettare la repli-ca di Sua Eminenza.

«Io non voglio affatto – egli disse – interromperel'illustre oratore. Ma poichè la scienza annunzia comepreludio di un dramma che potrebbe segnare la fine del-le cose di questo mondo l'incendio dei cieli, non posso

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trattenermi dal notare che la credenza universale dellaChiesa a questo riguardo è stata sempre precisamentequella:

«I cieli passeranno» disse S. Pietro, «gli elementi ab-bruciati si dissolveranno, e la Terra sarà arsa con tuttociò che racchiude». S. Paolo annunzia la resurrezionestessa dal fuoco. E noi invochiamo sempre alla messadei morti; Eum qui venturus est judicare vivos et mor-tuos et saeculum per ignem.... Sì: Solvet saeclum in fa-villa! Dio ridurrà l'universo in cenere.

— La scienza, replicò il Segretario a vita, si è piùd'una volta trovata d'accordo colla profezia dei nostriavi. L'incendio divorerebbe da principio le regioni terre-

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Fig. 6. – La Terra non sarà più che un'immensa pianura senzarilievi.

trattenermi dal notare che la credenza universale dellaChiesa a questo riguardo è stata sempre precisamentequella:

«I cieli passeranno» disse S. Pietro, «gli elementi ab-bruciati si dissolveranno, e la Terra sarà arsa con tuttociò che racchiude». S. Paolo annunzia la resurrezionestessa dal fuoco. E noi invochiamo sempre alla messadei morti; Eum qui venturus est judicare vivos et mor-tuos et saeculum per ignem.... Sì: Solvet saeclum in fa-villa! Dio ridurrà l'universo in cenere.

— La scienza, replicò il Segretario a vita, si è piùd'una volta trovata d'accordo colla profezia dei nostriavi. L'incendio divorerebbe da principio le regioni terre-

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Fig. 6. – La Terra non sarà più che un'immensa pianura senzarilievi.

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stri colpite dalla cometa. Tutta la parte della Terra urtatadalla immensa massa cometaria sarebbe bruciata, primache gli abitanti dell'altro emisfero si fossero resi contodel cataclisma. Ma l'aria è un cattivo conduttore del ca-lore e questo non si propagherebbe immediatamente alpunto opposto.

«Se proprio la nostra parte fosse voltata verso la co-meta nei primi minuti dell'incontro, sarebbero il tropicodel Cancro, gli abitanti del Marocco, dell'Algeria, di Tu-nisi, dell'Italia, della Grecia, dell'Egitto, a trovarsi nelleprime file della battaglia celeste, mentre i cittadinidell'Australia, della Nuova Caledonia, delle isoledell'Oceania e i nostri antipodi sarebbero i più favoriti.Ma la fornace europea attirerebbe tanta aria che un ven-to di tempesta, più violento di quanti se ne sieno maiformati negli uragani più spaventosi, e anche più formi-dabile della corrente di 400 kilometri all'ora, che regnacostantemente all'equatore di Giove, comincerebbe asoffiare dagli antipodi verso l'Europa, travolgendo tuttoal suo passaggio. La Terra, girando, su se stessa, porte-rebbe successivamente nell'asse dell'urto i paesi situati aovest del meridiano colpito per il primo. Un'ora dopol'Austria e la Germania sarebbe la volta della Francia;poi l'Oceano Atlantico, poi l'America del Nord, che nonsi troverebbe nello stesso asse, (essendo un po' obliquaper il cammino della cometa verso il suo perielio), altroche cinque o sei ore dopo la Francia, vale a dire verso lafine del passaggio della cometa.

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stri colpite dalla cometa. Tutta la parte della Terra urtatadalla immensa massa cometaria sarebbe bruciata, primache gli abitanti dell'altro emisfero si fossero resi contodel cataclisma. Ma l'aria è un cattivo conduttore del ca-lore e questo non si propagherebbe immediatamente alpunto opposto.

«Se proprio la nostra parte fosse voltata verso la co-meta nei primi minuti dell'incontro, sarebbero il tropicodel Cancro, gli abitanti del Marocco, dell'Algeria, di Tu-nisi, dell'Italia, della Grecia, dell'Egitto, a trovarsi nelleprime file della battaglia celeste, mentre i cittadinidell'Australia, della Nuova Caledonia, delle isoledell'Oceania e i nostri antipodi sarebbero i più favoriti.Ma la fornace europea attirerebbe tanta aria che un ven-to di tempesta, più violento di quanti se ne sieno maiformati negli uragani più spaventosi, e anche più formi-dabile della corrente di 400 kilometri all'ora, che regnacostantemente all'equatore di Giove, comincerebbe asoffiare dagli antipodi verso l'Europa, travolgendo tuttoal suo passaggio. La Terra, girando, su se stessa, porte-rebbe successivamente nell'asse dell'urto i paesi situati aovest del meridiano colpito per il primo. Un'ora dopol'Austria e la Germania sarebbe la volta della Francia;poi l'Oceano Atlantico, poi l'America del Nord, che nonsi troverebbe nello stesso asse, (essendo un po' obliquaper il cammino della cometa verso il suo perielio), altroche cinque o sei ore dopo la Francia, vale a dire verso lafine del passaggio della cometa.

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«Nonostante la velocità inaudita di questa e della Ter-ra, la pressione cometaria non sarebbe certamente enor-me, per l'estrema rarefazione della sostanza attraversatadalla Terra; ma questa sostanza, contenendo sopra tuttodel carbonio, è combustibile: e, nel colmo dei loro ardo-ri perielici, spesso questi astri aggiungono una luce pro-pria a quella che ricevono dal Sole: le comete divengo-no incandescenti. Che sarebbe mai nell'urto contro laTerra! L'incendiarsi delle stelle filanti, la fusione super-ficiale degli uranoliti che cadrebbero bruciando sulla su-perficie terrestre, tutto c'induce a credere che il più in-tenso calore sarebbe il primo e più grave effettodell'incontro; ciò che, evidentemente, non impedirebbeagli elementi solidi formanti il nucleo della cometa dischiacciare i punti colpiti dal loro passaggio e, forse, didisgregare tutto un continente.

«Il globo terrestre si troverebbe interamente avvoltodalla massa cometaria, per sette ore circa; la Terra si ag-girerebbe in mezzo a questo gas incandescente, il ventosoffierebbe con violenza sull'incendio, il mare comince-rebbe a bollire empiendo l'atmosfera di nuovi vapori,una pioggia calda cadrebbe dalle cateratte celesti, latempesta incomberebbe su tutto, le scariche elettrichelancerebbero fulmini da ogni parte, i muggiti del tuonosi unirebbero agli urli dell'uragano, l'antica luce dei beigiorni darebbe luogo al chiarore lugubre e scialbodell'atmosfera e tutto il globo non tarderebbe ad essereinvaso dal fragore del funebre rintocco e il cataclismadiverrebbe universale, benchè la morte di coloro che

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«Nonostante la velocità inaudita di questa e della Ter-ra, la pressione cometaria non sarebbe certamente enor-me, per l'estrema rarefazione della sostanza attraversatadalla Terra; ma questa sostanza, contenendo sopra tuttodel carbonio, è combustibile: e, nel colmo dei loro ardo-ri perielici, spesso questi astri aggiungono una luce pro-pria a quella che ricevono dal Sole: le comete divengo-no incandescenti. Che sarebbe mai nell'urto contro laTerra! L'incendiarsi delle stelle filanti, la fusione super-ficiale degli uranoliti che cadrebbero bruciando sulla su-perficie terrestre, tutto c'induce a credere che il più in-tenso calore sarebbe il primo e più grave effettodell'incontro; ciò che, evidentemente, non impedirebbeagli elementi solidi formanti il nucleo della cometa dischiacciare i punti colpiti dal loro passaggio e, forse, didisgregare tutto un continente.

«Il globo terrestre si troverebbe interamente avvoltodalla massa cometaria, per sette ore circa; la Terra si ag-girerebbe in mezzo a questo gas incandescente, il ventosoffierebbe con violenza sull'incendio, il mare comince-rebbe a bollire empiendo l'atmosfera di nuovi vapori,una pioggia calda cadrebbe dalle cateratte celesti, latempesta incomberebbe su tutto, le scariche elettrichelancerebbero fulmini da ogni parte, i muggiti del tuonosi unirebbero agli urli dell'uragano, l'antica luce dei beigiorni darebbe luogo al chiarore lugubre e scialbodell'atmosfera e tutto il globo non tarderebbe ad essereinvaso dal fragore del funebre rintocco e il cataclismadiverrebbe universale, benchè la morte di coloro che

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abitano agli antipodi dovesse essere indubbiamente di-versa da quella dei primi colpiti. Invece di essere imme-diatamente distrutti dal fuoco celeste, morirebbero sof-focati dai vapori o, per l'eccesso dell'azoto – giacchèl'ossigeno sarebbe in breve diminuito – o per l'avvelena-mento proveniente dall'ossido di carbonio; l'incendionon avrebbe dopo che da incenerire i loro cadaveri,mentre gli Europei e gli Africani sarebbero stati bruciativivi.

Io ho preso, come esempio, la cometa storica del1811: ma mi affretto ad aggiungere, concludendo, che lacometa attuale parrebbe incomparabilmente meno den-sa. E voi avete potuto vedere che ho trattato il problemain modo molto disinteressato, persuaso che, se saremovittime di un urto, non ne moriremo.

«Si è ben sicuri, gridò da una loggia una voce nota(era quella di un membro illustre dell'Accademia deichirurghi), si è ben sicuri che la cometa sia essenzial-mente composta di ossido di carbonio? Le osservazionispettroscopiche non vi hanno riscontrato anche raggi diazoto? Se vi fosse del protossido di azoto, il resultatodella mescolanza dell'atmosfera cometaria con la nostra,potrebbe essere l'anestesia degli abitanti della Terra.Tutto il mondo si addormenterebbe, forse per non più ri-svegliarsi, se la sospensione delle funzioni vitali durassesoltanto un po' più a lungo che nelle nostre operazionichirurgiche. Lo stesso accadrebbe, se la cometa fossecomposta di cloroformio o di etere. Questa sarebbe unafine assai calma.

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abitano agli antipodi dovesse essere indubbiamente di-versa da quella dei primi colpiti. Invece di essere imme-diatamente distrutti dal fuoco celeste, morirebbero sof-focati dai vapori o, per l'eccesso dell'azoto – giacchèl'ossigeno sarebbe in breve diminuito – o per l'avvelena-mento proveniente dall'ossido di carbonio; l'incendionon avrebbe dopo che da incenerire i loro cadaveri,mentre gli Europei e gli Africani sarebbero stati bruciativivi.

Io ho preso, come esempio, la cometa storica del1811: ma mi affretto ad aggiungere, concludendo, che lacometa attuale parrebbe incomparabilmente meno den-sa. E voi avete potuto vedere che ho trattato il problemain modo molto disinteressato, persuaso che, se saremovittime di un urto, non ne moriremo.

«Si è ben sicuri, gridò da una loggia una voce nota(era quella di un membro illustre dell'Accademia deichirurghi), si è ben sicuri che la cometa sia essenzial-mente composta di ossido di carbonio? Le osservazionispettroscopiche non vi hanno riscontrato anche raggi diazoto? Se vi fosse del protossido di azoto, il resultatodella mescolanza dell'atmosfera cometaria con la nostra,potrebbe essere l'anestesia degli abitanti della Terra.Tutto il mondo si addormenterebbe, forse per non più ri-svegliarsi, se la sospensione delle funzioni vitali durassesoltanto un po' più a lungo che nelle nostre operazionichirurgiche. Lo stesso accadrebbe, se la cometa fossecomposta di cloroformio o di etere. Questa sarebbe unafine assai calma.

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«Meno calma sarebbe, se la cometa assorbisse l'azotoinvece dell'ossigeno, perchè questa estrazione gradualeo totale dell'azoto produrrebbe, entro poche ore, in tuttigli abitanti della Terra, uomini, donne, fanciulli, vecchi,un cambiamento d'umore, che non avrebbe nulla disgradevole: da principio una deliziosa serenità, poi unagaiezza contagiosa, poi una gioia generale, una espan-sione rumorosa, una esaltazione febbrile, infine il deli-rio, la follia, e, secondo ogni probabilità, una danza fan-tastica, che finirebbe con la morte nervosa di tutti gli es-seri, nell'apoteosi di una sarabanda insensata e di unasovreccitazione inaudita di tutti i sensi. Tutto il mondoscoppierebbe da ridere.... Sarebbe una fine tragica?...

— La discussione rimane aperta, replicò il Segretarioperpetuo: – ciò che ho detto riguardo alle possibili con-seguenze d'incendî, prodotti dall'incontro, si può appli-care ad un urto diretto della Terra con una cometa similea quella del 1811: ora, quella che oggi ci minaccia èmeno colossale, ed il suo urto non sarà diretto, ma obli-quo. Come gli astronomi che mi hanno preceduto, iocrederei piuttosto, nel caso attuale, ad un semplice fuocod'artifizio.

Aggiungerò che potrebbero prodursi fenomeni chimi-ci molto inattesi. Così, per esempio, nessuno qui ignorache l'acqua e il fuoco si rassomigliano: dire idrogenoche brucia perchè è combinato coll'ossigeno, o dire idro-geno combinato coll'ossigeno è molto simile.

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«Meno calma sarebbe, se la cometa assorbisse l'azotoinvece dell'ossigeno, perchè questa estrazione gradualeo totale dell'azoto produrrebbe, entro poche ore, in tuttigli abitanti della Terra, uomini, donne, fanciulli, vecchi,un cambiamento d'umore, che non avrebbe nulla disgradevole: da principio una deliziosa serenità, poi unagaiezza contagiosa, poi una gioia generale, una espan-sione rumorosa, una esaltazione febbrile, infine il deli-rio, la follia, e, secondo ogni probabilità, una danza fan-tastica, che finirebbe con la morte nervosa di tutti gli es-seri, nell'apoteosi di una sarabanda insensata e di unasovreccitazione inaudita di tutti i sensi. Tutto il mondoscoppierebbe da ridere.... Sarebbe una fine tragica?...

— La discussione rimane aperta, replicò il Segretarioperpetuo: – ciò che ho detto riguardo alle possibili con-seguenze d'incendî, prodotti dall'incontro, si può appli-care ad un urto diretto della Terra con una cometa similea quella del 1811: ora, quella che oggi ci minaccia èmeno colossale, ed il suo urto non sarà diretto, ma obli-quo. Come gli astronomi che mi hanno preceduto, iocrederei piuttosto, nel caso attuale, ad un semplice fuocod'artifizio.

Aggiungerò che potrebbero prodursi fenomeni chimi-ci molto inattesi. Così, per esempio, nessuno qui ignorache l'acqua e il fuoco si rassomigliano: dire idrogenoche brucia perchè è combinato coll'ossigeno, o dire idro-geno combinato coll'ossigeno è molto simile.

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L'acqua dei mari, dei laghi, dei fiumi è formata dadue volumi d'idrogeno combinati con uno di ossigeno.All'origine del nostro pianeta, quest'acqua era fuoco.

Essa potrebbe tornare al suo antico stato, se, per certifenomeni di elettrolisi, i ferri magnetici di un nucleo co-metario venissero a decomporla disgregandone le mole-cole d'idrogeno e facendole bruciare: tutti i mari potreb-bero prender fuoco assai presto.... –

Mentre l'oratore parlava ancora, una giovanedell'amministrazione centrale dei telefoni era entrata dauna porta bassa, condotta da una scimmia addomestica-ta, e si era precipitata come un lampo al posto del Presi-dente, per consegnargli direttamente una grande bustainternazionale quadrata. Questa fu aperta immediata-mente. Conteneva un dispaccio inviato dall'Osservatoriodel Gaorisankar, con queste sole parole:

«Abitanti di Marte inviano messaggio fotofonico.Sarà decifrato fra qualche ora».

— Signori – disse il Presidente – io vedo molti uditoriconsultare l'orologio e penso con loro che ci è material-mente impossibile esaurire in questa seduta l'ordine delgiorno di quest'importante discussione, alla quale devo-no ancora prendere parte rappresentanti eminenti dellageologia, della storia naturale e della geonomia5.

Inoltre, il dispaccio del quale sono per darvi letturaintrodurrà senza dubbio un nuovo elemento nel proble-ma. Le sei si avvicinano. Io propongo una seduta com-

5 Antica fisica del globo.

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L'acqua dei mari, dei laghi, dei fiumi è formata dadue volumi d'idrogeno combinati con uno di ossigeno.All'origine del nostro pianeta, quest'acqua era fuoco.

Essa potrebbe tornare al suo antico stato, se, per certifenomeni di elettrolisi, i ferri magnetici di un nucleo co-metario venissero a decomporla disgregandone le mole-cole d'idrogeno e facendole bruciare: tutti i mari potreb-bero prender fuoco assai presto.... –

Mentre l'oratore parlava ancora, una giovanedell'amministrazione centrale dei telefoni era entrata dauna porta bassa, condotta da una scimmia addomestica-ta, e si era precipitata come un lampo al posto del Presi-dente, per consegnargli direttamente una grande bustainternazionale quadrata. Questa fu aperta immediata-mente. Conteneva un dispaccio inviato dall'Osservatoriodel Gaorisankar, con queste sole parole:

«Abitanti di Marte inviano messaggio fotofonico.Sarà decifrato fra qualche ora».

— Signori – disse il Presidente – io vedo molti uditoriconsultare l'orologio e penso con loro che ci è material-mente impossibile esaurire in questa seduta l'ordine delgiorno di quest'importante discussione, alla quale devo-no ancora prendere parte rappresentanti eminenti dellageologia, della storia naturale e della geonomia5.

Inoltre, il dispaccio del quale sono per darvi letturaintrodurrà senza dubbio un nuovo elemento nel proble-ma. Le sei si avvicinano. Io propongo una seduta com-

5 Antica fisica del globo.

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plementare per questa stessa sera alle nove. È probabileche allora avremo ricevuto dall'Asia la traduzione delmessaggio di Marte. Prego, d'altra parte, il Signor Diret-tore dell'Osservatorio a volersi tenere in comunicazionetelefonoscopica permanente col Gaorisankar. Nel casoche il messaggio non fosse stato decifrato alle nove, ilSignor Presidente della Società geologica di Francia po-trebbe aprir la seduta coll'esposizione dello studio cheegli ha terminato proprio ora su: «la fine naturale delmondo terrestre». Ognuno s'interessa appassionatamen-te, in questo momento, a tutto ciò che si riferisce a que-sta questione capitale, sia che la fine del nostro mondodebba veramente dipendere dalla minaccia misteriosa,sospesa ora sulle nostre teste, sia che debba prodursi peraltre cause da calcolarsi.

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plementare per questa stessa sera alle nove. È probabileche allora avremo ricevuto dall'Asia la traduzione delmessaggio di Marte. Prego, d'altra parte, il Signor Diret-tore dell'Osservatorio a volersi tenere in comunicazionetelefonoscopica permanente col Gaorisankar. Nel casoche il messaggio non fosse stato decifrato alle nove, ilSignor Presidente della Società geologica di Francia po-trebbe aprir la seduta coll'esposizione dello studio cheegli ha terminato proprio ora su: «la fine naturale delmondo terrestre». Ognuno s'interessa appassionatamen-te, in questo momento, a tutto ciò che si riferisce a que-sta questione capitale, sia che la fine del nostro mondodebba veramente dipendere dalla minaccia misteriosa,sospesa ora sulle nostre teste, sia che debba prodursi peraltre cause da calcolarsi.

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CAPITOLO IV.COME IL MONDO FINIRÀ

(cfr. fig. 5)

«L'ora della fine verrà, non vi èdubbio su questo: eppure la maggiorparte degli uomini non vi crede....»

MAOMETTO, il Corano, XI-61.

La folla immobile alle porte dell'Istituto s'era fatta in-dietro, per lasciar libera l'uscita a coloro che erano inter-venuti alla seduta, e ognuno si dava da fare per cono-scerne il resultato. Questo resultato, del resto, era giàtrapelato, non si sa come, dopo il discorso del Direttoredell'Osservatorio di Parigi, e circolava la voce chel'incontro della cometa con la Terra non sarebbe statoprobabilmente così fatale, come si era annunziato. Inol-tre, in tutta Parigi erano stati attaccati immensi manife-sti, annunzianti la riapertura della Borsa di Cicago. Eraun incoraggiamento imprevisto alla ripresa degli affaripubblici e alle attività della vita normale. Ecco quel cheera successo.

Dopo esser precipitato come una palla dall'alto al bas-so dell'emiciclo, il principe della finanza, la cui bruscauscita dall'assemblea ha forse colpito il lettore di questepagine, si era precipitato in aerocab al suo gabinetto del

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CAPITOLO IV.COME IL MONDO FINIRÀ

(cfr. fig. 5)

«L'ora della fine verrà, non vi èdubbio su questo: eppure la maggiorparte degli uomini non vi crede....»

MAOMETTO, il Corano, XI-61.

La folla immobile alle porte dell'Istituto s'era fatta in-dietro, per lasciar libera l'uscita a coloro che erano inter-venuti alla seduta, e ognuno si dava da fare per cono-scerne il resultato. Questo resultato, del resto, era giàtrapelato, non si sa come, dopo il discorso del Direttoredell'Osservatorio di Parigi, e circolava la voce chel'incontro della cometa con la Terra non sarebbe statoprobabilmente così fatale, come si era annunziato. Inol-tre, in tutta Parigi erano stati attaccati immensi manife-sti, annunzianti la riapertura della Borsa di Cicago. Eraun incoraggiamento imprevisto alla ripresa degli affaripubblici e alle attività della vita normale. Ecco quel cheera successo.

Dopo esser precipitato come una palla dall'alto al bas-so dell'emiciclo, il principe della finanza, la cui bruscauscita dall'assemblea ha forse colpito il lettore di questepagine, si era precipitato in aerocab al suo gabinetto del

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boulevard Saint-Cloud e aveva telefonato al suo socio diCicago, spiegandogli che all'istituto di Francia eranostati presentati nuovi calcoli, secondo i quali l'avveni-mento cometario non avrebbe avuto la gravità annuncia-ta, che la ripresa degli affari era imminente, che biso-gnava ad ogni costo riaprire la Borsa centrale americanae comprare tutti i titoli che si presentassero, qualunqueessi fossero. Quando a Parigi sono le quattro di sera, aCicago sono le dieci di mattina. Il finanziere era a cola-zione, quando ricevette il fonogramma di suo cugino.Non durò fatica a preparare la riapertura della Borsa e acomprare molte centinaia di milioni di titoli. La notiziadella riapertura della Borsa di Cicago era stata immedia-tamente affissa in Parigi, dove era tardi per fare lo stessocolpo, ma dove si potevano preparare nuove combina-zioni finanziare per l'indomani. Il pubblico aveva credu-to con piacere a un ritorno personale e spontaneo degliAmericani agli affari e, associando questo ritorno collabuona impressione ricevuta all'assemblea accademica, siera lasciato riprendere dalla speranza.

Tuttavia, la seduta delle nove non fu meno affollata diquella delle tre: e senza un servizio speciale delle guar-die di Francia, sarebbe stato impossibile anche agli udi-tori privilegiati di arrivare fino alle porte del palazzo.Era scesa la notte: la cometa troneggiava fiammeggian-te, più splendente, più ampia, più minacciosa del solito ese forse la metà del genere umano pareva più o menotranquillizzata, l'altra metà, e non la meno interessante,rimaneva agitata, nervosa, fremente.

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boulevard Saint-Cloud e aveva telefonato al suo socio diCicago, spiegandogli che all'istituto di Francia eranostati presentati nuovi calcoli, secondo i quali l'avveni-mento cometario non avrebbe avuto la gravità annuncia-ta, che la ripresa degli affari era imminente, che biso-gnava ad ogni costo riaprire la Borsa centrale americanae comprare tutti i titoli che si presentassero, qualunqueessi fossero. Quando a Parigi sono le quattro di sera, aCicago sono le dieci di mattina. Il finanziere era a cola-zione, quando ricevette il fonogramma di suo cugino.Non durò fatica a preparare la riapertura della Borsa e acomprare molte centinaia di milioni di titoli. La notiziadella riapertura della Borsa di Cicago era stata immedia-tamente affissa in Parigi, dove era tardi per fare lo stessocolpo, ma dove si potevano preparare nuove combina-zioni finanziare per l'indomani. Il pubblico aveva credu-to con piacere a un ritorno personale e spontaneo degliAmericani agli affari e, associando questo ritorno collabuona impressione ricevuta all'assemblea accademica, siera lasciato riprendere dalla speranza.

Tuttavia, la seduta delle nove non fu meno affollata diquella delle tre: e senza un servizio speciale delle guar-die di Francia, sarebbe stato impossibile anche agli udi-tori privilegiati di arrivare fino alle porte del palazzo.Era scesa la notte: la cometa troneggiava fiammeggian-te, più splendente, più ampia, più minacciosa del solito ese forse la metà del genere umano pareva più o menotranquillizzata, l'altra metà, e non la meno interessante,rimaneva agitata, nervosa, fremente.

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L'uditorio era evidentemente quello di prima, poichèognuno teneva a conoscer subito i resultati di questa di-scussione pubblica generale, fatta dai dotti di maggioreautorità, più insigni, sulla sorte riserbata al nostro piane-ta dagli accidenti celesti, o dall'attesa tranquilla di unamorte naturale. Tuttavia vi fu notata l'assenza del cardi-nale arcivescovo di Parigi, che, chiamato improvvisa-mente a Roma dal papa per un concilio ecumenico, par-tiva la sera stessa col tubo Parigi-Roma-Palermo-Tunisi.

«Signori – disse il Presidente – non abbiamo finoraricevuta la traduzione del dispaccio di Marte, segnalatodall'Osservatorio del Gaorisankar, ma possiamo aprirsubito la seduta, per ascoltare le importanti comunica-zioni annunziate dal Presidente della Società geologicae dal Segretario generale dell'Accademia metereologica.Do dunque la parola al primo».

L'oratore era già alla tribuna. Egli si espresse nei se-guenti termini, stenografati fedelmente da una giovanegeologa della nuova scuola.

«L'affluenza così straordinaria della folla che si accal-ca in questa sala, l'emozione che vedo dipinta su tutti ivisi, l'impazienza colla quale aspettate le discussioni chequi devono ancora agitarsi, tutto mi spingerebbe, o si-gnori, ad astenermi dall'esporre davanti a voi l'opinionealla quale i miei studi mi hanno condotto, su ciò che ri-guarda il problema che si agita sulla superfice intera delnostro globo, e a lasciar la parola a spiriti più immagi-nosi, o più audaci del mio.

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L'uditorio era evidentemente quello di prima, poichèognuno teneva a conoscer subito i resultati di questa di-scussione pubblica generale, fatta dai dotti di maggioreautorità, più insigni, sulla sorte riserbata al nostro piane-ta dagli accidenti celesti, o dall'attesa tranquilla di unamorte naturale. Tuttavia vi fu notata l'assenza del cardi-nale arcivescovo di Parigi, che, chiamato improvvisa-mente a Roma dal papa per un concilio ecumenico, par-tiva la sera stessa col tubo Parigi-Roma-Palermo-Tunisi.

«Signori – disse il Presidente – non abbiamo finoraricevuta la traduzione del dispaccio di Marte, segnalatodall'Osservatorio del Gaorisankar, ma possiamo aprirsubito la seduta, per ascoltare le importanti comunica-zioni annunziate dal Presidente della Società geologicae dal Segretario generale dell'Accademia metereologica.Do dunque la parola al primo».

L'oratore era già alla tribuna. Egli si espresse nei se-guenti termini, stenografati fedelmente da una giovanegeologa della nuova scuola.

«L'affluenza così straordinaria della folla che si accal-ca in questa sala, l'emozione che vedo dipinta su tutti ivisi, l'impazienza colla quale aspettate le discussioni chequi devono ancora agitarsi, tutto mi spingerebbe, o si-gnori, ad astenermi dall'esporre davanti a voi l'opinionealla quale i miei studi mi hanno condotto, su ciò che ri-guarda il problema che si agita sulla superfice intera delnostro globo, e a lasciar la parola a spiriti più immagi-nosi, o più audaci del mio.

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Perchè, a mio parere, la fine del mondo non è vicina el'umanità, invece di vederla in questa settimana, l'aspet-terà senza dubbio ancora.... molti milioni di anni.... sì, osignori, ho detto molti milioni e non molte migliaia.

«Voi mi vedete perfettamente tranquillo, in questomomento, e io non ho affatto la virtù di Archimede, che,mentre tracciava sereno le sue figure geometriche sullasabbia, fu sgozzato dal soldato romano dell'assedio diSiracusa.

Archimede aveva nozione del pericolo e lo dimenti-cava: io non credo al pericolo.

Voi non sarete dunque sorpresi nell'udirmi esporre da-vanti a voi colla più grande tranquillità la teoria dellafine naturale del nostro mondo a causa del lentissimo li-vellamento dei continenti e della graduale sommersionedelle terre sotto le acque invadenti. Ma forse farò me-glio a rimettere questa dissertazione alla prossima setti-mana.... poichè non dubito neppure per un momento chetutti – o quasi tutti – potremo ancora esser qui a trattaredelle grandi epoche della natura».

Qui l'oratore tacque un istante.Il Presidente si era alzato: «Caro ed illustre collega, –

egli disse – noi siamo tutti qui per ascoltarvi. Per fortu-na il panico di questi ultimi giorni è in parte calmato e sispera che il 14 luglio prossimo passerà come i giorniprecedenti. Tuttavia, più che mai c'interessiamo a tuttociò che riguarda il grande problema e nessuna parolapuò essere ascoltata più volentieri di quella dell'illustreautore del classico Trattato di geologia.

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Perchè, a mio parere, la fine del mondo non è vicina el'umanità, invece di vederla in questa settimana, l'aspet-terà senza dubbio ancora.... molti milioni di anni.... sì, osignori, ho detto molti milioni e non molte migliaia.

«Voi mi vedete perfettamente tranquillo, in questomomento, e io non ho affatto la virtù di Archimede, che,mentre tracciava sereno le sue figure geometriche sullasabbia, fu sgozzato dal soldato romano dell'assedio diSiracusa.

Archimede aveva nozione del pericolo e lo dimenti-cava: io non credo al pericolo.

Voi non sarete dunque sorpresi nell'udirmi esporre da-vanti a voi colla più grande tranquillità la teoria dellafine naturale del nostro mondo a causa del lentissimo li-vellamento dei continenti e della graduale sommersionedelle terre sotto le acque invadenti. Ma forse farò me-glio a rimettere questa dissertazione alla prossima setti-mana.... poichè non dubito neppure per un momento chetutti – o quasi tutti – potremo ancora esser qui a trattaredelle grandi epoche della natura».

Qui l'oratore tacque un istante.Il Presidente si era alzato: «Caro ed illustre collega, –

egli disse – noi siamo tutti qui per ascoltarvi. Per fortu-na il panico di questi ultimi giorni è in parte calmato e sispera che il 14 luglio prossimo passerà come i giorniprecedenti. Tuttavia, più che mai c'interessiamo a tuttociò che riguarda il grande problema e nessuna parolapuò essere ascoltata più volentieri di quella dell'illustreautore del classico Trattato di geologia.

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— Ebbene, signori, – riprese il Presidente della So-cietà geologica di Francia – ecco come il mondo moriràdi morte naturale, se nulla verrà a sviare l'attuale corsodelle cose, ciò che è probabile, visto che gli accidentisono rari, nell'ordine del cosmo. La natura non fa deisalti bruschi: i geologi non credono più alle rivoluzioniimprovvise, agli sconvolgimenti del globo, perchè han-no appreso che tutto procede gradualmente, con una len-ta evoluzione; in geologia, le cause attuali sono perma-nenti.

«È drammatico immaginare il nostro globo travolto inuna catastrofe universale: lo è meno certamente il vede-re la sola azione delle forze che attualmente agisconominacciare il nostro pianeta d'una distruzione certa. Inostri continenti non sembrano di una stabilità indefini-ta? Come si potrebbe sognare di mettere in dubbio ladurata eterna di questa terra su cui sono vissute tante ge-nerazioni prima della nostra, di cui i più antichi monu-menti dimostrano che se noi li vediamo oggi allo statodi rovine, non è perchè il suolo abbia rifiutato di soste-nerli, ma perchè hanno dovuto subire le ingiurie deltempo e specialmente quelle dell'uomo? Tempus edax,homo edacior!

Per quanto lungi nel tempo risalgano le nostre tradi-zioni, ci rappresentano i fiumi che scorrono nel medesi-mo letto di oggi, le montagne che si elevano alla mede-sima altezza: se qualche sbocco si chiude, se qualche ri-volgimento avviene, l'importanza di tali avvenimenti è

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— Ebbene, signori, – riprese il Presidente della So-cietà geologica di Francia – ecco come il mondo moriràdi morte naturale, se nulla verrà a sviare l'attuale corsodelle cose, ciò che è probabile, visto che gli accidentisono rari, nell'ordine del cosmo. La natura non fa deisalti bruschi: i geologi non credono più alle rivoluzioniimprovvise, agli sconvolgimenti del globo, perchè han-no appreso che tutto procede gradualmente, con una len-ta evoluzione; in geologia, le cause attuali sono perma-nenti.

«È drammatico immaginare il nostro globo travolto inuna catastrofe universale: lo è meno certamente il vede-re la sola azione delle forze che attualmente agisconominacciare il nostro pianeta d'una distruzione certa. Inostri continenti non sembrano di una stabilità indefini-ta? Come si potrebbe sognare di mettere in dubbio ladurata eterna di questa terra su cui sono vissute tante ge-nerazioni prima della nostra, di cui i più antichi monu-menti dimostrano che se noi li vediamo oggi allo statodi rovine, non è perchè il suolo abbia rifiutato di soste-nerli, ma perchè hanno dovuto subire le ingiurie deltempo e specialmente quelle dell'uomo? Tempus edax,homo edacior!

Per quanto lungi nel tempo risalgano le nostre tradi-zioni, ci rappresentano i fiumi che scorrono nel medesi-mo letto di oggi, le montagne che si elevano alla mede-sima altezza: se qualche sbocco si chiude, se qualche ri-volgimento avviene, l'importanza di tali avvenimenti è

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così piccola, rispetto alla massa enorme dei continenti,da non dare il pronostico di una distruzione finale.

«Così può ragionare chi volge al mondo esterno unosguardo superficiale e indifferente. Ma molto diversa èla conclusione di un osservatore abituato a scrutare, conocchio attento, le modificazioni che avvengono intornoa lui, siano pure insignificanti. Ad ogni passo, per pococh'egli sappia vedere, coglierà le tracce di una lotta in-cessante, ingaggiata dalle potenze esterne della naturacontro tutto ciò che sorpassa questo inflessibile livellodel mare, al di sotto del quale regnano il silenzio e il ri-poso. La pioggia, il gelo, la neve, il vento, le sorgenti, iruscelli, i fiumi, tutti gli agenti meteorici concorrono amodificare perpetuamente la superficie del globo. Levalli sono scavate dai corsi d'acqua e colmate poi daiterreni d'alluvione; tutto cambia incessantemente. Qui ilmare batte furiosamente sulle rive e le fa indietreggiaredi secolo in secolo, là parti di montagne crollano, in-ghiottendo in qualche minuto molti villaggi e seminan-do la desolazione tra le più ridenti vallate: le valanghe ei torrenti disgregano le montagne; contro coni vulcanicisi accaniscono le piogge tropicali, scavandovi burroniprofondi, le cui pareti sprofondano, e restano delle rovi-ne al posto di quei giganti; le Alpi e i Pirenei sono giàridotti alla metà della loro altezza primitiva.

Più silenziosa, ma non meno efficace, è l'azione diquei grandi fiumi come il Gange e il Mississipi, le cuiacque sono tanto cariche di particelle sospese. Ogni gra-no di sabbia che intorbida la limpidezza di quelle acque

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così piccola, rispetto alla massa enorme dei continenti,da non dare il pronostico di una distruzione finale.

«Così può ragionare chi volge al mondo esterno unosguardo superficiale e indifferente. Ma molto diversa èla conclusione di un osservatore abituato a scrutare, conocchio attento, le modificazioni che avvengono intornoa lui, siano pure insignificanti. Ad ogni passo, per pococh'egli sappia vedere, coglierà le tracce di una lotta in-cessante, ingaggiata dalle potenze esterne della naturacontro tutto ciò che sorpassa questo inflessibile livellodel mare, al di sotto del quale regnano il silenzio e il ri-poso. La pioggia, il gelo, la neve, il vento, le sorgenti, iruscelli, i fiumi, tutti gli agenti meteorici concorrono amodificare perpetuamente la superficie del globo. Levalli sono scavate dai corsi d'acqua e colmate poi daiterreni d'alluvione; tutto cambia incessantemente. Qui ilmare batte furiosamente sulle rive e le fa indietreggiaredi secolo in secolo, là parti di montagne crollano, in-ghiottendo in qualche minuto molti villaggi e seminan-do la desolazione tra le più ridenti vallate: le valanghe ei torrenti disgregano le montagne; contro coni vulcanicisi accaniscono le piogge tropicali, scavandovi burroniprofondi, le cui pareti sprofondano, e restano delle rovi-ne al posto di quei giganti; le Alpi e i Pirenei sono giàridotti alla metà della loro altezza primitiva.

Più silenziosa, ma non meno efficace, è l'azione diquei grandi fiumi come il Gange e il Mississipi, le cuiacque sono tanto cariche di particelle sospese. Ogni gra-no di sabbia che intorbida la limpidezza di quelle acque

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è un frammento strappato alla terra ferma. Lentamente,ma certamente, i flutti portano alla gran riserva del maretutto quello che ha perduto la superficie del suolo, e i re-sidui che si depositano nei delta non sono nulla in con-fronto ai depositi che riceve il mare, per dispensarli neisuoi abissi. Come potrebbe il filosofo testimone di taleopera demolitrice, sapendo che questa prosegue nei se-coli, sottrarsi all'idea che in realtà i fiumi, come le ondedell'oceano, portano permanentemente il lutto della terraferma?

La geologia conferma in ogni punto questa conclusio-ne. Essa ci mostra, su tutta la distesa dei continenti lasuperfice del suolo continuamente attaccata, sia dallevariazioni della temperatura, sia dall'alternarsi della sic-cità e dell'umidità, del gelo e del disgelo, sia anchedall'azione incessante dei vermi o dei vegetali: donde unprocesso di disgregazione, che finisce per consumareanche le rocce più compatte. I detriti rotolano da princi-pio per i pendii e nel letto dei torrenti, dove si consuma-no e si trasformano a poco a poco in ghiaia, sabbia emelma, poi nei fiumi, che conservano ancora, almenodurante le piene, una forza sufficente per trasportarli allafoce. È facile prevedere il resultato ultimo di una taleazione.

La legge di gravità, sempre presente, è soddisfattasoltanto quando i materiali soggetti al suo impero hannoconquistato la posizione più stabile: ciò che accadrà ilgiorno nel quale questi materiali non potranno più di-scendere. Bisogna dunque che sia soppressa ogni pen-

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è un frammento strappato alla terra ferma. Lentamente,ma certamente, i flutti portano alla gran riserva del maretutto quello che ha perduto la superficie del suolo, e i re-sidui che si depositano nei delta non sono nulla in con-fronto ai depositi che riceve il mare, per dispensarli neisuoi abissi. Come potrebbe il filosofo testimone di taleopera demolitrice, sapendo che questa prosegue nei se-coli, sottrarsi all'idea che in realtà i fiumi, come le ondedell'oceano, portano permanentemente il lutto della terraferma?

La geologia conferma in ogni punto questa conclusio-ne. Essa ci mostra, su tutta la distesa dei continenti lasuperfice del suolo continuamente attaccata, sia dallevariazioni della temperatura, sia dall'alternarsi della sic-cità e dell'umidità, del gelo e del disgelo, sia anchedall'azione incessante dei vermi o dei vegetali: donde unprocesso di disgregazione, che finisce per consumareanche le rocce più compatte. I detriti rotolano da princi-pio per i pendii e nel letto dei torrenti, dove si consuma-no e si trasformano a poco a poco in ghiaia, sabbia emelma, poi nei fiumi, che conservano ancora, almenodurante le piene, una forza sufficente per trasportarli allafoce. È facile prevedere il resultato ultimo di una taleazione.

La legge di gravità, sempre presente, è soddisfattasoltanto quando i materiali soggetti al suo impero hannoconquistato la posizione più stabile: ciò che accadrà ilgiorno nel quale questi materiali non potranno più di-scendere. Bisogna dunque che sia soppressa ogni pen-

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denza fino all'oceano, riserva comune dove ha fine ognipotenza di trasporto, e che le particelle ammucchiate suicontinenti sieno disseminate sul fondo del mare. In con-clusione, il resultato dell'azione demolitrice di cui parla-vamo, è il completo livellamento della terra ferma o, perdir meglio, la distruzione di ogni rilievo dei continenti.

Il resultato dell'erosione prodotta dalle acque correntidev'essere di far sorgere, sulla linea di confine d'un pae-se, delle creste acute dalle quali si deve scendere a pia-nure assolutamente piatte, su cui in ultima analisi nonpotrebbe restare nessun rilievo superiore a una cinquan-tina di metri.

Ma in nessun luogo le creste acute che secondo que-sto concetto sussisterebbero per la separazione dei baci-ni potrebbero assolutamente durare a lungo; perchè ilpeso, l'azione del vento, quella delle infiltrazioni e dellevariazioni di temperatura basterebbero a provocare lafrana.

Così è giustificato il dire che il resultato cui deve fa-talmente far capo l'erosione continentale è il completoappianamento della terra ferma, portata a un livellopress'a poco uguale a quello dei corsi d'acqua, sullafoce».

Il coadiutore dell'arcivescovo di Parigi che occupavail posto di S. Eminenza sulla tribuna degli alti funziona-ri, si alzò ed interruppe l'oratore:

«In ciò si avvereranno alla lettera le parole dellaScrittura: Ogni valle sarà colmata: ogni montagna edogni collina sarà spianata».

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denza fino all'oceano, riserva comune dove ha fine ognipotenza di trasporto, e che le particelle ammucchiate suicontinenti sieno disseminate sul fondo del mare. In con-clusione, il resultato dell'azione demolitrice di cui parla-vamo, è il completo livellamento della terra ferma o, perdir meglio, la distruzione di ogni rilievo dei continenti.

Il resultato dell'erosione prodotta dalle acque correntidev'essere di far sorgere, sulla linea di confine d'un pae-se, delle creste acute dalle quali si deve scendere a pia-nure assolutamente piatte, su cui in ultima analisi nonpotrebbe restare nessun rilievo superiore a una cinquan-tina di metri.

Ma in nessun luogo le creste acute che secondo que-sto concetto sussisterebbero per la separazione dei baci-ni potrebbero assolutamente durare a lungo; perchè ilpeso, l'azione del vento, quella delle infiltrazioni e dellevariazioni di temperatura basterebbero a provocare lafrana.

Così è giustificato il dire che il resultato cui deve fa-talmente far capo l'erosione continentale è il completoappianamento della terra ferma, portata a un livellopress'a poco uguale a quello dei corsi d'acqua, sullafoce».

Il coadiutore dell'arcivescovo di Parigi che occupavail posto di S. Eminenza sulla tribuna degli alti funziona-ri, si alzò ed interruppe l'oratore:

«In ciò si avvereranno alla lettera le parole dellaScrittura: Ogni valle sarà colmata: ogni montagna edogni collina sarà spianata».

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La Bibbia ha predetto tutto, – riprese il geologo –l'acqua ed il fuoco, il freddo ed il caldo, e gl'intelletti ge-niali possono trovarvi tutto ciò che desiderano. Quellodi cui possiamo esser certi è che, mantenendosi immuta-te le reciproche condizioni della terra ferma e dell'ocea-no, il rilievo dei continenti è fatalmente destinato ascomparire.

Quanto tempo ci vorrà?La terra ferma, se si potessero stendere in modo uni-

forme tutte le montagne, si presenterebbe come un alti-piano, dominante tutto il mare da scogliere di circa 700metri di altezza.

«Ammettendo che la superficie totale dei continentisia di 145 milioni di chilometri quadrati, ne resulteràche il volume della massa continentale emersa può esse-re calcolata di 145.000.000 × 0,7 oppure di101.500.000, cioè, in cifra tonda, di cento milioni di chi-lometri cubi. Questa è la riserva, certamente rispettabile,ma non illimitata, contro la quale si esercita l'azione del-le potenze demolitrici.

«Si può considerare che i fiumi tutti insieme portinoogni anno al mare 23.000 chilometri cubi d'acqua (in al-tre parole 23.000 volte un miliardo di metri cubi). Talequantità, per la proporzione stabilita di 38 parti su100.000 darebbe un volume di materie solide, uguale a10 chilometri cubi e 43. Questa cifra sta a quella del vo-lume totale dei continenti come 1 a 9.730.000: se la ter-ra ferma fosse un altipiano uniforme di 700 metri di al-tezza, perderebbe, per questa sola via, una fetta di circa

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La Bibbia ha predetto tutto, – riprese il geologo –l'acqua ed il fuoco, il freddo ed il caldo, e gl'intelletti ge-niali possono trovarvi tutto ciò che desiderano. Quellodi cui possiamo esser certi è che, mantenendosi immuta-te le reciproche condizioni della terra ferma e dell'ocea-no, il rilievo dei continenti è fatalmente destinato ascomparire.

Quanto tempo ci vorrà?La terra ferma, se si potessero stendere in modo uni-

forme tutte le montagne, si presenterebbe come un alti-piano, dominante tutto il mare da scogliere di circa 700metri di altezza.

«Ammettendo che la superficie totale dei continentisia di 145 milioni di chilometri quadrati, ne resulteràche il volume della massa continentale emersa può esse-re calcolata di 145.000.000 × 0,7 oppure di101.500.000, cioè, in cifra tonda, di cento milioni di chi-lometri cubi. Questa è la riserva, certamente rispettabile,ma non illimitata, contro la quale si esercita l'azione del-le potenze demolitrici.

«Si può considerare che i fiumi tutti insieme portinoogni anno al mare 23.000 chilometri cubi d'acqua (in al-tre parole 23.000 volte un miliardo di metri cubi). Talequantità, per la proporzione stabilita di 38 parti su100.000 darebbe un volume di materie solide, uguale a10 chilometri cubi e 43. Questa cifra sta a quella del vo-lume totale dei continenti come 1 a 9.730.000: se la ter-ra ferma fosse un altipiano uniforme di 700 metri di al-tezza, perderebbe, per questa sola via, una fetta di circa

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sette centesimi di millimetro all'anno, cioè un millimetroogni quattordici anni, o, diciamo, sette millimetri ognisecolo.

«Ecco, Signori, una cifra positiva, che esprime il va-lore attuale dell'erosione continentale. Applicandolaall'insieme dei continenti, si trova che questa erosione,di per sè sola, distruggerebbe in meno di dieci milioni dianni la massa intera delle terre emerse.

«Ma la pioggia ed i corsi d'acqua non sono soli aquest'opera demolitrice sul globo; altri fattori contribui-scono alla progressiva distruzione della terra ferma: e ilprimo è l'erosione marina.

«È difficile scegliere un esempio più tipico di erosio-ne di quello delle coste britanniche, esposte all'assalto,dei flutti dell'atlantico, che sono spinti dai venti domi-nanti del sud ovest, la violenza dei quali non è smorzatada alcun ostacolo. Ora, il ritirarsi medio delle coste in-glesi, complessivamente, è certo inferiore a tre metriogni secolo. Estendiamo questo calcolo a tutte le rivedel mare e vediamo che cosa ne risulterà.

«Si può procedere a questa ricerca in due maniere. Laprima consiste nel calcolare quale perdita di volumerappresenti, per tutte le rive, il ritrarsi di tre centimetriall'anno. Per far questo, occorre conoscere l'estensionedelle coste e la loro altezza media. Questa estensione,per tutto il globo, è di circa 200.000 chilometri.

Quanto all'altezza delle coste sul mare, è esageratofissarla, in media, a cento metri. D'altra parte, il ritirarsidi tre centimetri corrisponde a una perdita annuale di 3

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sette centesimi di millimetro all'anno, cioè un millimetroogni quattordici anni, o, diciamo, sette millimetri ognisecolo.

«Ecco, Signori, una cifra positiva, che esprime il va-lore attuale dell'erosione continentale. Applicandolaall'insieme dei continenti, si trova che questa erosione,di per sè sola, distruggerebbe in meno di dieci milioni dianni la massa intera delle terre emerse.

«Ma la pioggia ed i corsi d'acqua non sono soli aquest'opera demolitrice sul globo; altri fattori contribui-scono alla progressiva distruzione della terra ferma: e ilprimo è l'erosione marina.

«È difficile scegliere un esempio più tipico di erosio-ne di quello delle coste britanniche, esposte all'assalto,dei flutti dell'atlantico, che sono spinti dai venti domi-nanti del sud ovest, la violenza dei quali non è smorzatada alcun ostacolo. Ora, il ritirarsi medio delle coste in-glesi, complessivamente, è certo inferiore a tre metriogni secolo. Estendiamo questo calcolo a tutte le rivedel mare e vediamo che cosa ne risulterà.

«Si può procedere a questa ricerca in due maniere. Laprima consiste nel calcolare quale perdita di volumerappresenti, per tutte le rive, il ritrarsi di tre centimetriall'anno. Per far questo, occorre conoscere l'estensionedelle coste e la loro altezza media. Questa estensione,per tutto il globo, è di circa 200.000 chilometri.

Quanto all'altezza delle coste sul mare, è esageratofissarla, in media, a cento metri. D'altra parte, il ritirarsidi tre centimetri corrisponde a una perdita annuale di 3

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metri cubi ogni metro lineare, cioè, per 200.000 chilo-metri di coste, 600 milioni di metri cubi, ciò che dà sol-tanto sei decimi di chilometro cubo. In altri termini,l'erosione marina non rappresenterebbe che la diciasset-tesima parte del lavoro delle acque meteoriche!

«Si obbietterà forse a questo ragionamento che, cre-scendo l'altezza dalle rive al centro dei continenti, il me-desimo tratto di retrocessione delle rive dovrebbe, coltempo, corrispondere a una perdita maggiore in volume.Questa obbiezione sarebbe giusta? No: perchè l'azionedelle piogge e dei corsi d'acqua tendendo di per sè,come già abbiamo detto, all'appianamento completo del-la superfice terrestre, procederebbe sempre di pari passocoll'azione delle onde.

«D'altra parte, poichè la superfice della terra ferma èdi 145 milioni di chilometri quadrati, un cerchio dieguale superfice dovrebbe avere 6.800 chilometri di rag-gio. Ma la circonferenza di questo cerchio non sarebbeche di 40.000 chilometri, vale a dire che il mare avrebbeun'estensione di rive cinque volte minore di quella cheha attualmente per i frastagliamenti che portano la lun-ghezza delle coste a 2.000.000 chilometri. Si può dun-que ammettere che l'azione erosiva del mare sulle costeprocede cinque volte più rapida che sopra un cerchioequivalente. Con sicurezza possiamo dire che questa va-lutazione rappresenta un massimo: perchè quando le pe-nisole strette fossero rose dal mare, il rapporto del peri-metro alla superfice andrebbe sempre diminuendo, ciòche renderebbe meno efficace l'azione delle onde. In

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metri cubi ogni metro lineare, cioè, per 200.000 chilo-metri di coste, 600 milioni di metri cubi, ciò che dà sol-tanto sei decimi di chilometro cubo. In altri termini,l'erosione marina non rappresenterebbe che la diciasset-tesima parte del lavoro delle acque meteoriche!

«Si obbietterà forse a questo ragionamento che, cre-scendo l'altezza dalle rive al centro dei continenti, il me-desimo tratto di retrocessione delle rive dovrebbe, coltempo, corrispondere a una perdita maggiore in volume.Questa obbiezione sarebbe giusta? No: perchè l'azionedelle piogge e dei corsi d'acqua tendendo di per sè,come già abbiamo detto, all'appianamento completo del-la superfice terrestre, procederebbe sempre di pari passocoll'azione delle onde.

«D'altra parte, poichè la superfice della terra ferma èdi 145 milioni di chilometri quadrati, un cerchio dieguale superfice dovrebbe avere 6.800 chilometri di rag-gio. Ma la circonferenza di questo cerchio non sarebbeche di 40.000 chilometri, vale a dire che il mare avrebbeun'estensione di rive cinque volte minore di quella cheha attualmente per i frastagliamenti che portano la lun-ghezza delle coste a 2.000.000 chilometri. Si può dun-que ammettere che l'azione erosiva del mare sulle costeprocede cinque volte più rapida che sopra un cerchioequivalente. Con sicurezza possiamo dire che questa va-lutazione rappresenta un massimo: perchè quando le pe-nisole strette fossero rose dal mare, il rapporto del peri-metro alla superfice andrebbe sempre diminuendo, ciòche renderebbe meno efficace l'azione delle onde. In

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ogni caso, poichè, in ragione di 3 centimetri all'anno, unraggio di 6.800 chilometri è condannato a sparire in226.600.000 anni, il quinto di questa cifra, ossia circa45 milioni di anni, rappresenterebbe il minimo del tem-po necessario alla distruzione della terra ferma, da partedei flutti marini: sarebbe appena superiore, come inten-sità, alla quinta parte dell'azione continentale.

«Sembra dunque che l'insieme delle azioni meccani-che debba far perdere alla terra ferma un volume di 12chilometri cubi all'anno, ciò che, per un totale di 100milioni, porterebbe la distruzione completa, in poco piùdi otto milioni di anni (fig. 6).

Soltanto, è assolutamente necessario terminare l'ana-lisi dei fenomeni demolitori della massa continentale.L'acqua non è solamente un agente meccanico: è ancheun mezzo di dissoluzione, molto più attivo di quello chenon si creda generalmente, a causa della proporzioneconsiderevole di acido carbonico contenuto da tutte leacque, sia che lo prendano dall'atmosfera, sia che lo tro-vino nella scomposizione delle materie organiche delsuolo. Queste acque, circolando traverso tutti i terreni, sicaricano di sostanze che esse tolgono, per un vero e pro-prio attacco chimico, ai minerali delle rocce traversate.

«L'acqua dei fiumi contiene circa 182 tonnellate disostanze disciolte al chilometro cubo, e tutti i fiumi por-tano ogni anno al mare circa cinque chilometri cubi disostanze disciolte.

La terra ferma, dunque, per le diverse azioni che coo-perano alla sua distruzione, perderebbe ogni anno non

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ogni caso, poichè, in ragione di 3 centimetri all'anno, unraggio di 6.800 chilometri è condannato a sparire in226.600.000 anni, il quinto di questa cifra, ossia circa45 milioni di anni, rappresenterebbe il minimo del tem-po necessario alla distruzione della terra ferma, da partedei flutti marini: sarebbe appena superiore, come inten-sità, alla quinta parte dell'azione continentale.

«Sembra dunque che l'insieme delle azioni meccani-che debba far perdere alla terra ferma un volume di 12chilometri cubi all'anno, ciò che, per un totale di 100milioni, porterebbe la distruzione completa, in poco piùdi otto milioni di anni (fig. 6).

Soltanto, è assolutamente necessario terminare l'ana-lisi dei fenomeni demolitori della massa continentale.L'acqua non è solamente un agente meccanico: è ancheun mezzo di dissoluzione, molto più attivo di quello chenon si creda generalmente, a causa della proporzioneconsiderevole di acido carbonico contenuto da tutte leacque, sia che lo prendano dall'atmosfera, sia che lo tro-vino nella scomposizione delle materie organiche delsuolo. Queste acque, circolando traverso tutti i terreni, sicaricano di sostanze che esse tolgono, per un vero e pro-prio attacco chimico, ai minerali delle rocce traversate.

«L'acqua dei fiumi contiene circa 182 tonnellate disostanze disciolte al chilometro cubo, e tutti i fiumi por-tano ogni anno al mare circa cinque chilometri cubi disostanze disciolte.

La terra ferma, dunque, per le diverse azioni che coo-perano alla sua distruzione, perderebbe ogni anno non

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più dodici, ma diciassette chilometri cubi: così il totaledi 100 milioni sparirebbe non più in otto, ma in pocomeno di sei milioni di anni.

«Questa cifra, signori, deve subire ancora una notevo-le diminuzione. Infatti, non bisogna dimenticare che isedimenti portati al mare vi prendono il posto di unacerta quantità d'acqua e che perciò il livello dell'Oceanodeve elevarsi, finendo coll'incontrare la piattaforma con-tinentale che si abbassa e la cui fine viene ad essere perquesta ragione affrettata.

«La misura di questo movimento può essere facil-mente precisata. Infatti, per ogni data porzione perdutadal piano continentale che si suppone uniforme, bisognache il mare si elevi di una quantità tale che il volume delsuo letto sia facilmente corrispondente al volume dei se-dimenti introdotti, vale a dire della porzione distrutta. Ilcalcolo mostra che la perdita del volume si eleva, in ci-fre rotonde, a ventiquattro chilometri cubi.

«Possiamo dunque concludere, poichè questa cifra di24 chilometri cubi è contenuta 4.166.666 volte in quelladi 100 milioni rappresentante il volume dei continentiche la sola azione delle forze attualmente attive, conti-nuando senza altri movimenti del suolo, basterebbe aprodurre, in quattro milioni di anni circa, la totale spari-zione della terra ferma.

Il mare avrà sommerso l'intiera superfice terrestre.«Aggiungerò che se questa sparizione del rilievo con-

tinentale può preoccupare un geologo e un pensatore,non è davvero uno di quegli avvenimenti di cui debbano

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più dodici, ma diciassette chilometri cubi: così il totaledi 100 milioni sparirebbe non più in otto, ma in pocomeno di sei milioni di anni.

«Questa cifra, signori, deve subire ancora una notevo-le diminuzione. Infatti, non bisogna dimenticare che isedimenti portati al mare vi prendono il posto di unacerta quantità d'acqua e che perciò il livello dell'Oceanodeve elevarsi, finendo coll'incontrare la piattaforma con-tinentale che si abbassa e la cui fine viene ad essere perquesta ragione affrettata.

«La misura di questo movimento può essere facil-mente precisata. Infatti, per ogni data porzione perdutadal piano continentale che si suppone uniforme, bisognache il mare si elevi di una quantità tale che il volume delsuo letto sia facilmente corrispondente al volume dei se-dimenti introdotti, vale a dire della porzione distrutta. Ilcalcolo mostra che la perdita del volume si eleva, in ci-fre rotonde, a ventiquattro chilometri cubi.

«Possiamo dunque concludere, poichè questa cifra di24 chilometri cubi è contenuta 4.166.666 volte in quelladi 100 milioni rappresentante il volume dei continentiche la sola azione delle forze attualmente attive, conti-nuando senza altri movimenti del suolo, basterebbe aprodurre, in quattro milioni di anni circa, la totale spari-zione della terra ferma.

Il mare avrà sommerso l'intiera superfice terrestre.«Aggiungerò che se questa sparizione del rilievo con-

tinentale può preoccupare un geologo e un pensatore,non è davvero uno di quegli avvenimenti di cui debbano

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preoccuparsi le nostre generazioni: nè i nostri figlioli, nèi nostri nepoti potranno apprezzarlo in modo sensibile.Se dunque, signori, mi volete permettere di terminarequest'esposizione con una frase.... un po' fantastica, ag-giungerò che il colmo della previdenza sarebbe di co-struir fin da oggi una nuova arca, per scampare a questofuturo diluvio universale».

Questa fu la tesi dottamente sostenuta dal Presidentedella Società geologica di Francia.

La sua esposizione lenta e calma delle azioni secolaridegli agenti naturali, che dischiudeva un avvenire diquattro milioni di anni alle speranze della vita terrestre,aveva avuto per resultato di distendere i nervi, sovrecci-tati dall'apprensione della cometa.

L'uditorio era mirabilmente calmato. Appena l'oratorefu disceso dalla tribuna ed ebbe ricevuto le congratula-zioni dei colleghi, cominciarono a scambiarsi, tra i varigruppi, animate conversazioni. Una specie di bonacciamorale passava traverso tutti i cervelli. Si discorrevadella fine del mondo come della caduta di un governo, odell'arrivo delle rondini, senza passione, con un'indiffe-renza completamente disinteressata. Un avvenimento,anche fatale, rimandato a quaranta mila secoli di distan-za, veramente non ci tocca affatto.

Ma il Segretario generale dell'Accademia meteorolo-gica saliva sulla tribuna e tutti gli prestarono subitoun'attenzione piena di simpatia.

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preoccuparsi le nostre generazioni: nè i nostri figlioli, nèi nostri nepoti potranno apprezzarlo in modo sensibile.Se dunque, signori, mi volete permettere di terminarequest'esposizione con una frase.... un po' fantastica, ag-giungerò che il colmo della previdenza sarebbe di co-struir fin da oggi una nuova arca, per scampare a questofuturo diluvio universale».

Questa fu la tesi dottamente sostenuta dal Presidentedella Società geologica di Francia.

La sua esposizione lenta e calma delle azioni secolaridegli agenti naturali, che dischiudeva un avvenire diquattro milioni di anni alle speranze della vita terrestre,aveva avuto per resultato di distendere i nervi, sovrecci-tati dall'apprensione della cometa.

L'uditorio era mirabilmente calmato. Appena l'oratorefu disceso dalla tribuna ed ebbe ricevuto le congratula-zioni dei colleghi, cominciarono a scambiarsi, tra i varigruppi, animate conversazioni. Una specie di bonacciamorale passava traverso tutti i cervelli. Si discorrevadella fine del mondo come della caduta di un governo, odell'arrivo delle rondini, senza passione, con un'indiffe-renza completamente disinteressata. Un avvenimento,anche fatale, rimandato a quaranta mila secoli di distan-za, veramente non ci tocca affatto.

Ma il Segretario generale dell'Accademia meteorolo-gica saliva sulla tribuna e tutti gli prestarono subitoun'attenzione piena di simpatia.

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Signore e Signori,«Io vengo ad esporvi una teoria diametralmente op-

posta a quella del mio caro ed illustre collega dell'Istitu-to, basata sull'osservazione dei fatti non meno precisa esu di un metodo di ragionamento non meno rigoroso.

«Sì, o Signori, diametralmente opposta....» L'oratore,dotato di una vista eccellente, si accorse che tutti i visi sioscuravano.

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La Senna nell'età preistorica.

Signore e Signori,«Io vengo ad esporvi una teoria diametralmente op-

posta a quella del mio caro ed illustre collega dell'Istitu-to, basata sull'osservazione dei fatti non meno precisa esu di un metodo di ragionamento non meno rigoroso.

«Sì, o Signori, diametralmente opposta....» L'oratore,dotato di una vista eccellente, si accorse che tutti i visi sioscuravano.

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La Senna nell'età preistorica.

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«Oh!... – soggiunse – opposta, non riguardo al tempoche la natura riserba alla vita dell'umanità, ma riguardoalla maniera in cui il mondo dovrà finire: perchè credo,anch'io, a un avvenire di molti milioni di anni.

«Soltanto, invece di veder la terra continentale desti-nata a sparir sotto l'invasione graduale delle acque e adessere interamente sommersa, io la vedo, al contrario,destinata a morir di siccità.

«Avrei potuto obbiettare agli studi precedenti il fattoche, in molti punti, non è il mare che s'impadroniscedella terra, ma al contrario il suolo terrestre che usurpal'elemento liquido, qui colle sabbie, le dune, i cordonilittoranei, là col contributo dei fiumi, coi delta, colle al-luvioni. Ma non voglio aprire una discussione, che cicondurrebbe troppo lontani, paragonando l'azione delmare a quella della terra: voglio soltanto richiamarel'attenzione dell'uditorio sopra un fatto geologico inte-ressantissimo, e cioè che la quantità d'acqua esistentesul globo diminuisce gradatamente ogni secolo. Ungiorno non vi sarà più mare, nè nuvole, nè piogge, nèsorgenti, nè acqua; e la vita vegetale, come la vita ani-male, perirà e non per annegamento, ma per mancanzad'acqua.

«Infatti, alla superfice del globo l'acqua diminuisce;nei mari, nei fiumi, nelle piogge e nelle sorgenti.Senz'andare a cercar molto lontani i miei esempi, vi ri-corderò, signori, che in altri tempi, al principio del pe-riodo quaternario, il luogo dove ora si stende Parigi coisuoi nove milioni d'abitanti, dal monte S. Germano al

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«Oh!... – soggiunse – opposta, non riguardo al tempoche la natura riserba alla vita dell'umanità, ma riguardoalla maniera in cui il mondo dovrà finire: perchè credo,anch'io, a un avvenire di molti milioni di anni.

«Soltanto, invece di veder la terra continentale desti-nata a sparir sotto l'invasione graduale delle acque e adessere interamente sommersa, io la vedo, al contrario,destinata a morir di siccità.

«Avrei potuto obbiettare agli studi precedenti il fattoche, in molti punti, non è il mare che s'impadroniscedella terra, ma al contrario il suolo terrestre che usurpal'elemento liquido, qui colle sabbie, le dune, i cordonilittoranei, là col contributo dei fiumi, coi delta, colle al-luvioni. Ma non voglio aprire una discussione, che cicondurrebbe troppo lontani, paragonando l'azione delmare a quella della terra: voglio soltanto richiamarel'attenzione dell'uditorio sopra un fatto geologico inte-ressantissimo, e cioè che la quantità d'acqua esistentesul globo diminuisce gradatamente ogni secolo. Ungiorno non vi sarà più mare, nè nuvole, nè piogge, nèsorgenti, nè acqua; e la vita vegetale, come la vita ani-male, perirà e non per annegamento, ma per mancanzad'acqua.

«Infatti, alla superfice del globo l'acqua diminuisce;nei mari, nei fiumi, nelle piogge e nelle sorgenti.Senz'andare a cercar molto lontani i miei esempi, vi ri-corderò, signori, che in altri tempi, al principio del pe-riodo quaternario, il luogo dove ora si stende Parigi coisuoi nove milioni d'abitanti, dal monte S. Germano al

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confluente della Marna, era quasi interamente occupatodalle acque: soltanto la collina di Passy a Montmartre eal Père-Lachaise, l'altopiano di Montrouge al Panthéon ea Villejuif e il massiccio del Monte-Valérien emergeva-no sull'immensa distesa liquida. Le altitudini di questialtipiani non sono annientate, non vi sono stati solleva-menti: è soltanto diminuita l'acqua.

Ecco, del resto, – aggiunse l'oratore, spiegando unacarta sulla grande lavagna in fondo all'anfiteatro – eccoqual'era la Senna, nella regione di Parigi, nei tempi prei-storici.

«Una quantità d'acqua, molto piccola, è vero, nel suoinsieme, ma non disprezzabile, penetra traverso le pro-fondità del suolo, sia al di sopra del bacino dei mari, peri crepacci, le fessure, le aperture, dovute ai dislocamentie alle eruzioni sotto marine, sia in piena terra ferma,perchè tutta l'acqua delle piogge, imbevendo il suolo,non trova un letto d'argilla impermeabile. In generale,l'acqua piovana ritorna al mare per le sorgenti, i ruscelli,i torrenti ed i fiumi, ma occorre, per questo, che trovi unletto di argilla e che vi scorra, seguendo i pendii. Quan-do non trova un letto impermeabile, continua a discen-dere per infiltrazione nella scorza porosa del globo e vaa saturare le rocce profonde. È quella che si chiamal'acqua di cava.

«Quest'acqua è perduta per la circolazione. Essa sicombina chimicamente e forma degl'idrati. Se discendein un luogo molto profondo, raggiunge una temperaturasufficentemente elevata per essere trasformata in vapo-

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confluente della Marna, era quasi interamente occupatodalle acque: soltanto la collina di Passy a Montmartre eal Père-Lachaise, l'altopiano di Montrouge al Panthéon ea Villejuif e il massiccio del Monte-Valérien emergeva-no sull'immensa distesa liquida. Le altitudini di questialtipiani non sono annientate, non vi sono stati solleva-menti: è soltanto diminuita l'acqua.

Ecco, del resto, – aggiunse l'oratore, spiegando unacarta sulla grande lavagna in fondo all'anfiteatro – eccoqual'era la Senna, nella regione di Parigi, nei tempi prei-storici.

«Una quantità d'acqua, molto piccola, è vero, nel suoinsieme, ma non disprezzabile, penetra traverso le pro-fondità del suolo, sia al di sopra del bacino dei mari, peri crepacci, le fessure, le aperture, dovute ai dislocamentie alle eruzioni sotto marine, sia in piena terra ferma,perchè tutta l'acqua delle piogge, imbevendo il suolo,non trova un letto d'argilla impermeabile. In generale,l'acqua piovana ritorna al mare per le sorgenti, i ruscelli,i torrenti ed i fiumi, ma occorre, per questo, che trovi unletto di argilla e che vi scorra, seguendo i pendii. Quan-do non trova un letto impermeabile, continua a discen-dere per infiltrazione nella scorza porosa del globo e vaa saturare le rocce profonde. È quella che si chiamal'acqua di cava.

«Quest'acqua è perduta per la circolazione. Essa sicombina chimicamente e forma degl'idrati. Se discendein un luogo molto profondo, raggiunge una temperaturasufficentemente elevata per essere trasformata in vapo-

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re: e questa è l'origine più frequente dei vulcani e deiterremoti, Le fumate vulcaniche sono quasi del tuttocomposte di vapore acqueo. Ma tanto nell'interno dellaterra quanto all'aria libera, una parte non trascurabiledelle acque che sono in movimento nella circolazioneatmosferica si trasforma in idrati e anche in ossidi: nien-te, meglio dell'umidità, produce la ruggine. Così fissati,gli elementi dell'acqua, l'idrogeno e l'ossigeno, cessanodi esser combinati allo stato liquido. Le acque termali,del resto, non formano tutta una circolazione fluviale in-terna, e non provengono dalla superfice? Esse non vi ri-tornano, come non ritornano al mare.

«Sia fissandosi, sia combinandosi, sia penetrando neiprofondi alvei del globo, l'acqua alla superfice della Ter-ra diminuisce. Discenderà sempre di più, quanto più di-minuirà il calore interno.

«I pozzi di calore che sono stati scavati da cent'annipresso le principali città del mondo e che danno gratui-tamente il calore necessario per gli usi domestici, siesauriranno con la diminuzione della temperatura inter-na. Verrà il giorno in cui il globo terrestre sarà raffred-dato fino al centro e questo giorno coinciderà con lasparizione quasi totale delle acque.

«Pare del resto, o signori, che tale sia stata la sorte deidiversi corpi celesti del nostro sistema solare. La nostravicina, la luna, il cui volume e la cui massa sono di granlunga inferiori al volume e alla massa della Terra, si èraffreddata più rapidamente e ha percorso più presto lefasi della sua vita astrale. I suoi antichi mari, sui quali

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re: e questa è l'origine più frequente dei vulcani e deiterremoti, Le fumate vulcaniche sono quasi del tuttocomposte di vapore acqueo. Ma tanto nell'interno dellaterra quanto all'aria libera, una parte non trascurabiledelle acque che sono in movimento nella circolazioneatmosferica si trasforma in idrati e anche in ossidi: nien-te, meglio dell'umidità, produce la ruggine. Così fissati,gli elementi dell'acqua, l'idrogeno e l'ossigeno, cessanodi esser combinati allo stato liquido. Le acque termali,del resto, non formano tutta una circolazione fluviale in-terna, e non provengono dalla superfice? Esse non vi ri-tornano, come non ritornano al mare.

«Sia fissandosi, sia combinandosi, sia penetrando neiprofondi alvei del globo, l'acqua alla superfice della Ter-ra diminuisce. Discenderà sempre di più, quanto più di-minuirà il calore interno.

«I pozzi di calore che sono stati scavati da cent'annipresso le principali città del mondo e che danno gratui-tamente il calore necessario per gli usi domestici, siesauriranno con la diminuzione della temperatura inter-na. Verrà il giorno in cui il globo terrestre sarà raffred-dato fino al centro e questo giorno coinciderà con lasparizione quasi totale delle acque.

«Pare del resto, o signori, che tale sia stata la sorte deidiversi corpi celesti del nostro sistema solare. La nostravicina, la luna, il cui volume e la cui massa sono di granlunga inferiori al volume e alla massa della Terra, si èraffreddata più rapidamente e ha percorso più presto lefasi della sua vita astrale. I suoi antichi mari, sui quali

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anche oggi si riconoscono le innegabili tracce dell'azio-ne delle acque, sono interamente prosciugati: non vi sinota alcuna specie di evaporazione, alcuna nuvola,come pure lo spettroscopio non vi scopre traccia alcunadi vapore acqueo. Pianure aride, rocce dirupate, circhideserti. Da un'altra parte, il pianeta Marte, più piccoloanch'esso della Terra, è senza discussione più avanti nel-la sua carriera, e si è constatato che non possiede più unsolo Oceano degno di questo nome, ma dei mari medi-terranei, di estensione mediocre, poco profondi, collega-ti da canali. Che vi sia meno acqua su Marte che sullaTerra è un fatto constatato dall'osservazione; anche lenuvole vi sono molto più rare e l'atmosfera vi è più sec-ca: i fenomeni di evaporazione e di condensazione sonopiù rapidi; le nevi polari variano, secondo le stagioni,assai più delle nevi terrestri. D'altra parte ancora, il pia-neta Venere, più giovane della Terra, è circondato daun'immensa atmosfera, costantemente carica di nubi.Quanto all'immenso Giove, è ancora al principio dellasua vita: si può dire che non vi scorgiamo altro che va-pori e nubi. Così i quattro mondi da noi meglio cono-sciuti, confermano, ognuno dal suo canto, l'osservazioneterrestre della diminuzione delle acque nel corso dei se-coli.

«Sono lietissimo di farvi notare, a questo proposito,che la tesi dell'allivellamento generale, sostenuta dalmio illustre confratello, ha un grande appoggio dallostato attuale del pianeta Marte. L'eminente geologo cidiceva proprio ora che, in seguito all'azione secolare dei

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anche oggi si riconoscono le innegabili tracce dell'azio-ne delle acque, sono interamente prosciugati: non vi sinota alcuna specie di evaporazione, alcuna nuvola,come pure lo spettroscopio non vi scopre traccia alcunadi vapore acqueo. Pianure aride, rocce dirupate, circhideserti. Da un'altra parte, il pianeta Marte, più piccoloanch'esso della Terra, è senza discussione più avanti nel-la sua carriera, e si è constatato che non possiede più unsolo Oceano degno di questo nome, ma dei mari medi-terranei, di estensione mediocre, poco profondi, collega-ti da canali. Che vi sia meno acqua su Marte che sullaTerra è un fatto constatato dall'osservazione; anche lenuvole vi sono molto più rare e l'atmosfera vi è più sec-ca: i fenomeni di evaporazione e di condensazione sonopiù rapidi; le nevi polari variano, secondo le stagioni,assai più delle nevi terrestri. D'altra parte ancora, il pia-neta Venere, più giovane della Terra, è circondato daun'immensa atmosfera, costantemente carica di nubi.Quanto all'immenso Giove, è ancora al principio dellasua vita: si può dire che non vi scorgiamo altro che va-pori e nubi. Così i quattro mondi da noi meglio cono-sciuti, confermano, ognuno dal suo canto, l'osservazioneterrestre della diminuzione delle acque nel corso dei se-coli.

«Sono lietissimo di farvi notare, a questo proposito,che la tesi dell'allivellamento generale, sostenuta dalmio illustre confratello, ha un grande appoggio dallostato attuale del pianeta Marte. L'eminente geologo cidiceva proprio ora che, in seguito all'azione secolare dei

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fiumi, il rilievo finale della terra ferma sarà datonell'avvenire da piani quasi orizzontali. Questo è già ac-caduto per Marte. Le spiagge vicine al mare sono tantounite fra loro che sono spesso e facilmente inondate,come tutti sanno. Da una stagione all'altra, centinaia dimigliaia di chilometri sono alternativamente all'asciutto,o sommerse da una piccola quantità di acqua. Ciò si os-serva specialmente sulle spiagge orientali della SyrtisMagna.

Sulla Luna, tuttavia, il livellamento non è avvenuto.Sarà mancato il tempo e non vi saranno stati più nè ac-que, nè venti prima della sua estinzione. Del resto, lagravità quasi non vi esiste.

È dunque certo che la Terra, pur essendo soggetta nelcorso dei secoli a un fatale livellamento, come ha esau-rientemente dimostrato il mio illustre collega, subiscecontemporaneamente una diminuzione graduale dellaquantità d'acqua che possiede.

Secondo ogni apparenza, questa diminuzione procededi pari passo col livellamento.

Di mano in mano che il globo terrestre perderà il suocalore interno e si raffredderà, subirà senza dubbio lastessa sorte della Luna e si screpolerà. L'estinzione asso-luta del calore terrestre avrà per resultato di operare deiristringimenti, di produrre dei vuoti nell'interno, el'acqua dei mari scolerà in questi vuoti, senza trasfor-marsi in vapore; o sarà assorbita, o si combinerà con lerocce metalliche, allo stato d'idrati d'ossido di ferro. Laquantità d'acqua diminuirà indefinitamente, sino, forse,

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fiumi, il rilievo finale della terra ferma sarà datonell'avvenire da piani quasi orizzontali. Questo è già ac-caduto per Marte. Le spiagge vicine al mare sono tantounite fra loro che sono spesso e facilmente inondate,come tutti sanno. Da una stagione all'altra, centinaia dimigliaia di chilometri sono alternativamente all'asciutto,o sommerse da una piccola quantità di acqua. Ciò si os-serva specialmente sulle spiagge orientali della SyrtisMagna.

Sulla Luna, tuttavia, il livellamento non è avvenuto.Sarà mancato il tempo e non vi saranno stati più nè ac-que, nè venti prima della sua estinzione. Del resto, lagravità quasi non vi esiste.

È dunque certo che la Terra, pur essendo soggetta nelcorso dei secoli a un fatale livellamento, come ha esau-rientemente dimostrato il mio illustre collega, subiscecontemporaneamente una diminuzione graduale dellaquantità d'acqua che possiede.

Secondo ogni apparenza, questa diminuzione procededi pari passo col livellamento.

Di mano in mano che il globo terrestre perderà il suocalore interno e si raffredderà, subirà senza dubbio lastessa sorte della Luna e si screpolerà. L'estinzione asso-luta del calore terrestre avrà per resultato di operare deiristringimenti, di produrre dei vuoti nell'interno, el'acqua dei mari scolerà in questi vuoti, senza trasfor-marsi in vapore; o sarà assorbita, o si combinerà con lerocce metalliche, allo stato d'idrati d'ossido di ferro. Laquantità d'acqua diminuirà indefinitamente, sino, forse,

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alla sparizione completa. I vegetali mancheranno delloro elemento essenziale, si trasformeranno, ma finiran-no col deperire. Anche le specie animali si trasforme-ranno: ma vi saranno sempre erbivori e carnivori: i pri-mi spariranno da principio a poco a poco, portandosidietro la morte inevitabile degli altri, finchè anche lastessa razza umana, nonostante le sue trasformazioni,morrà di fame e di sete sopra la Terra disseccata.

«In conseguenza, signori, possiamo concludere che lafine del mondo non sarà causata da un nuovo diluvio,ma dalla diminuzione dell'acqua. Senz'acqua, la vita ter-restre è impossibile, l'acqua costituisce la parte essenzia-le di tutti i corpi viventi. Lo stesso corpo umano ne èformato, nell'enorme proporzione del 70 per 100.Senz'acqua non possono esistere nè piante, nè animali;sia allo stato liquido, sia a quello di vapore, essa reggetutta la vita terrestre: la sua soppressione è una sentenzadi morte. E questa sentenza la natura ce la darà.... trauna diecina di milioni di anni. Aggiungo che il livella-mento non può essere terminato prima. Il signor Presi-dente della Società geologica di Francia si è preso lacura di far notare che i suoi quattro milioni di anni van-no bene coll'ipotesi che le cause attuali di distruzionedella terra ferma agiscano sempre nella medesima misu-ra di oggi, senza che niente venga mai a turbare la loroazione; e d'altra parte egli stesso ci dice che le manife-stazioni dell'energia interna non possono cessare daoggi. Per lungo tempo ancora si avranno sollevamentiqua e là e l'aumento dei continenti a causa dei delta, le

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alla sparizione completa. I vegetali mancheranno delloro elemento essenziale, si trasformeranno, ma finiran-no col deperire. Anche le specie animali si trasforme-ranno: ma vi saranno sempre erbivori e carnivori: i pri-mi spariranno da principio a poco a poco, portandosidietro la morte inevitabile degli altri, finchè anche lastessa razza umana, nonostante le sue trasformazioni,morrà di fame e di sete sopra la Terra disseccata.

«In conseguenza, signori, possiamo concludere che lafine del mondo non sarà causata da un nuovo diluvio,ma dalla diminuzione dell'acqua. Senz'acqua, la vita ter-restre è impossibile, l'acqua costituisce la parte essenzia-le di tutti i corpi viventi. Lo stesso corpo umano ne èformato, nell'enorme proporzione del 70 per 100.Senz'acqua non possono esistere nè piante, nè animali;sia allo stato liquido, sia a quello di vapore, essa reggetutta la vita terrestre: la sua soppressione è una sentenzadi morte. E questa sentenza la natura ce la darà.... trauna diecina di milioni di anni. Aggiungo che il livella-mento non può essere terminato prima. Il signor Presi-dente della Società geologica di Francia si è preso lacura di far notare che i suoi quattro milioni di anni van-no bene coll'ipotesi che le cause attuali di distruzionedella terra ferma agiscano sempre nella medesima misu-ra di oggi, senza che niente venga mai a turbare la loroazione; e d'altra parte egli stesso ci dice che le manife-stazioni dell'energia interna non possono cessare daoggi. Per lungo tempo ancora si avranno sollevamentiqua e là e l'aumento dei continenti a causa dei delta, le

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isole vulcaniche e madreporiche etc.... si produrrannoancora per molto tempo. Il periodo indicato non sta dun-que a rappresentare che un minimo».

Così parlò il Segretario generale dell'Accademia me-teorologica. L'uditorio aveva ascoltato queste due tratta-zioni coll'attenzione più raccolta e col suo atteggiamen-to rivelava che era pienamente rassicurato sulla sorte at-tuale della Terra e pareva che avesse completamente di-menticato la cometa.

«La parola alla Signorina Direttrice dell'ufficio deiCalcoli dell'Osservatorio».

A quest'invito, la giovane laureata dell'Istituto, dotto-ressa in matematiche, fisica, e scienze naturali, con laquale abbiamo fatto conoscenza al principio di questo li-bro, si diresse verso la tribuna.

«I miei due illustri colleghi, – ella disse, senza inutiliesordi – hanno ragione tutti e due: poichè da una parte èinnegabile che gli agenti meteorici, aiutati dalla gravitàallivellano insensibilmente il globo terrestre, la cui scor-za diviene sempre più spessa e va sempre più solidifi-candosi: dall'altra è certo che la quantità d'acqua dimi-nuisce di secolo in secolo, sulla superfice del nostro pia-neta.

«Su questi due punti la scienza è sicura. Ma mi pare,o Signori, che la fine del mondo non dipenderà nè dallasommersione dei continenti, nè dalla mancanza di acquanecessaria alla conservazione delle piante e degli anima-li».

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isole vulcaniche e madreporiche etc.... si produrrannoancora per molto tempo. Il periodo indicato non sta dun-que a rappresentare che un minimo».

Così parlò il Segretario generale dell'Accademia me-teorologica. L'uditorio aveva ascoltato queste due tratta-zioni coll'attenzione più raccolta e col suo atteggiamen-to rivelava che era pienamente rassicurato sulla sorte at-tuale della Terra e pareva che avesse completamente di-menticato la cometa.

«La parola alla Signorina Direttrice dell'ufficio deiCalcoli dell'Osservatorio».

A quest'invito, la giovane laureata dell'Istituto, dotto-ressa in matematiche, fisica, e scienze naturali, con laquale abbiamo fatto conoscenza al principio di questo li-bro, si diresse verso la tribuna.

«I miei due illustri colleghi, – ella disse, senza inutiliesordi – hanno ragione tutti e due: poichè da una parte èinnegabile che gli agenti meteorici, aiutati dalla gravitàallivellano insensibilmente il globo terrestre, la cui scor-za diviene sempre più spessa e va sempre più solidifi-candosi: dall'altra è certo che la quantità d'acqua dimi-nuisce di secolo in secolo, sulla superfice del nostro pia-neta.

«Su questi due punti la scienza è sicura. Ma mi pare,o Signori, che la fine del mondo non dipenderà nè dallasommersione dei continenti, nè dalla mancanza di acquanecessaria alla conservazione delle piante e degli anima-li».

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Questa nuova dichiarazione, questo annunzio di unaterza ipotesi produsse nell'uditorio una meraviglia, assaivicina allo stupore.

«E neppur io credo, – si affrettò ad aggiungere l'ele-gante oratrice – che sia la cometa ad incaricarsi della ca-tastrofe finale: poichè penso, coi due illustri colleghiche prima di me hanno parlato da questa tribuna, che imondi non moriranno per un fenomeno accidentale, maper vecchiaia.

«Sì, indubbiamente, o Signori, – ella continuò –l'acqua diminuirà e sparirà forse completamente: manon è questa mancanza d'acqua in se stessa che produrràla fine delle cose, bensì l'effetto climatologico che nederiverà. La diminuzione del vapore acqueo nell'atmo-sfera darà luogo al raffreddamento generale, e i mieistudi mi hanno portato alla conclusione che l'umanitàmorrà di freddo.

«Io qui non devo insegnare a nessuno che l'atmosferaterrestre respirabile è composta del 79 per 100 di azoto,del 20 per 100 di ossigeno, e che il rimanente centesimoè formato dal vapore acqueo per un quarto, circa,dall'acido carbonico per 3 decimillesimi, da ozono o os-sigeno elettrizzato, dall'ammoniaca, dall'idrogeno e daqualche altro gas in quantità infinitamente piccola.L'azoto e l'ossigeno formano dunque 99 centesimi e ilvapore acqueo il quarto del centesimo che rimane.

«Ma, o Signore, dal punto di vista della vita vegetale,animale e umana, questo quarto di centesimo di vaporeacqueo è della più grande importanza, ed io oso affer-

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Questa nuova dichiarazione, questo annunzio di unaterza ipotesi produsse nell'uditorio una meraviglia, assaivicina allo stupore.

«E neppur io credo, – si affrettò ad aggiungere l'ele-gante oratrice – che sia la cometa ad incaricarsi della ca-tastrofe finale: poichè penso, coi due illustri colleghiche prima di me hanno parlato da questa tribuna, che imondi non moriranno per un fenomeno accidentale, maper vecchiaia.

«Sì, indubbiamente, o Signori, – ella continuò –l'acqua diminuirà e sparirà forse completamente: manon è questa mancanza d'acqua in se stessa che produrràla fine delle cose, bensì l'effetto climatologico che nederiverà. La diminuzione del vapore acqueo nell'atmo-sfera darà luogo al raffreddamento generale, e i mieistudi mi hanno portato alla conclusione che l'umanitàmorrà di freddo.

«Io qui non devo insegnare a nessuno che l'atmosferaterrestre respirabile è composta del 79 per 100 di azoto,del 20 per 100 di ossigeno, e che il rimanente centesimoè formato dal vapore acqueo per un quarto, circa,dall'acido carbonico per 3 decimillesimi, da ozono o os-sigeno elettrizzato, dall'ammoniaca, dall'idrogeno e daqualche altro gas in quantità infinitamente piccola.L'azoto e l'ossigeno formano dunque 99 centesimi e ilvapore acqueo il quarto del centesimo che rimane.

«Ma, o Signore, dal punto di vista della vita vegetale,animale e umana, questo quarto di centesimo di vaporeacqueo è della più grande importanza, ed io oso affer-

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mare che in quel che concerne la temperatura ed il cli-ma, questa piccola quantità di vapore acqueo è più es-senziale di tutto il resto dell'atmosfera!

E del resto, signori, me ne appello al giudizio deglistorici, non sono le cose piccole quelle che dirigono ilmondo?

«Le onde di calore che arrivano dal Sole alla Terra,che riscaldano il suolo e ne sono poi irraggiate per span-dersi nello spazio, traversando l'atmosfera, urtano, alloro passaggio, contro gli atomi d'ossigeno e d'azoto econtro le molecole di vapore acqueo sparse nell'aria.Queste molecole sono così rade (poichè il loro volumerappresenta soltanto la centesima parte dello spazio oc-cupato dalle altre) da far pensare che se un po' di caloreè conservato, lo è dall'azoto e dall'ossigeno, anzichè dalvapore acqueo. Infatti, se consideriamo gli atomi inmodo particolare, vediamo che su 200 di ossigeno ed'azoto ve n'è appena 1 di vapore acqueo. Ebbene!quest'atomo solo ha ottanta volte più energia, più valorereale per conservare il calore radiante, che i 200 d'ossi-geno e d'azoto! Per conseguenza, una molecola di vapo-re acqueo è sedici mila volte più efficace di una moleco-la d'aria asciutta per conservare il calore, come per ir-raggiarlo: poichè le due facoltà sono reciproche e pro-porzionali. Diminuite in una grande proporzione questemolecole invisibili di vapore acqueo e la Terra diverràimmediatamente inabitabile, nonostante l'ossigeno: tuttele regioni, anche quella dell'equatore e dei tropici, per-dono spesso il calore di cui vivono e sono condannate al

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mare che in quel che concerne la temperatura ed il cli-ma, questa piccola quantità di vapore acqueo è più es-senziale di tutto il resto dell'atmosfera!

E del resto, signori, me ne appello al giudizio deglistorici, non sono le cose piccole quelle che dirigono ilmondo?

«Le onde di calore che arrivano dal Sole alla Terra,che riscaldano il suolo e ne sono poi irraggiate per span-dersi nello spazio, traversando l'atmosfera, urtano, alloro passaggio, contro gli atomi d'ossigeno e d'azoto econtro le molecole di vapore acqueo sparse nell'aria.Queste molecole sono così rade (poichè il loro volumerappresenta soltanto la centesima parte dello spazio oc-cupato dalle altre) da far pensare che se un po' di caloreè conservato, lo è dall'azoto e dall'ossigeno, anzichè dalvapore acqueo. Infatti, se consideriamo gli atomi inmodo particolare, vediamo che su 200 di ossigeno ed'azoto ve n'è appena 1 di vapore acqueo. Ebbene!quest'atomo solo ha ottanta volte più energia, più valorereale per conservare il calore radiante, che i 200 d'ossi-geno e d'azoto! Per conseguenza, una molecola di vapo-re acqueo è sedici mila volte più efficace di una moleco-la d'aria asciutta per conservare il calore, come per ir-raggiarlo: poichè le due facoltà sono reciproche e pro-porzionali. Diminuite in una grande proporzione questemolecole invisibili di vapore acqueo e la Terra diverràimmediatamente inabitabile, nonostante l'ossigeno: tuttele regioni, anche quella dell'equatore e dei tropici, per-dono spesso il calore di cui vivono e sono condannate al

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clima delle alte montagne e soffrono di geli eterni: inve-ce delle piante lussureggianti, dei fiori e dei frutti, degliuccelli e dei nidi, della vita che pullula sul globo e nelleacque, invece dei ruscelli mormoranti, dei fiumi limpidi,dei laghi e dei mari, noi abbiamo intorno soltanto ghiac-ci immobili in un immenso deserto.

«E dico noi, signore; ma, voi mi capite, noi non reste-remo a lungo a veder tutto questo, perchè anche il no-stro sangue si ghiaccerebbe nelle arterie e nelle vene etutti i cuori umani cesserebbero ben presto di battere.Ecco quali sarebbero le conseguenze della mancanza divapore acqueo che, diffuso nella nostra atmosfera, agi-sce come una serra protettrice e benefica su tutta quantala vita terrestre.

«I principî della termodinamica dimostrano che latemperatura dello spazio è di 273 C. sotto zero.

«È questo, signori, il freddo ultra-glaciale in mezzo acui si addormenterà il nostro pianeta, quando sarà privodel velo aereo che l'avviluppa come un caldo manto pro-tettore.

«È questa la sorte riserbata alla Terra per la diminu-zione graduale dell'acqua che è sulla sua superfice; equesta morte per freddo è inevitabile, se il soggiornodella razza umana durerà tanto da aspettarla.

«Ed una tal fine è anche più certa in quanto non è ilsolo vapore acqueo che diminuisce, ma anche gli altrielementi dell'aria, l'ossigeno e l'azoto, in una parola tuttaquanto l'atmosfera. L'ossigeno si fissa insensibilmentemediante gli ossidi, che si formano continuamente alla

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clima delle alte montagne e soffrono di geli eterni: inve-ce delle piante lussureggianti, dei fiori e dei frutti, degliuccelli e dei nidi, della vita che pullula sul globo e nelleacque, invece dei ruscelli mormoranti, dei fiumi limpidi,dei laghi e dei mari, noi abbiamo intorno soltanto ghiac-ci immobili in un immenso deserto.

«E dico noi, signore; ma, voi mi capite, noi non reste-remo a lungo a veder tutto questo, perchè anche il no-stro sangue si ghiaccerebbe nelle arterie e nelle vene etutti i cuori umani cesserebbero ben presto di battere.Ecco quali sarebbero le conseguenze della mancanza divapore acqueo che, diffuso nella nostra atmosfera, agi-sce come una serra protettrice e benefica su tutta quantala vita terrestre.

«I principî della termodinamica dimostrano che latemperatura dello spazio è di 273 C. sotto zero.

«È questo, signori, il freddo ultra-glaciale in mezzo acui si addormenterà il nostro pianeta, quando sarà privodel velo aereo che l'avviluppa come un caldo manto pro-tettore.

«È questa la sorte riserbata alla Terra per la diminu-zione graduale dell'acqua che è sulla sua superfice; equesta morte per freddo è inevitabile, se il soggiornodella razza umana durerà tanto da aspettarla.

«Ed una tal fine è anche più certa in quanto non è ilsolo vapore acqueo che diminuisce, ma anche gli altrielementi dell'aria, l'ossigeno e l'azoto, in una parola tuttaquanto l'atmosfera. L'ossigeno si fissa insensibilmentemediante gli ossidi, che si formano continuamente alla

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superfice del globo; l'azoto mediante le piante e le terre,e non ritorna tutto allo stato gazoso: l'atmosfera, collasua pressione, penetra in tutti gli oceani e i continenti ediscende, anch'essa, nelle regioni sotterranee. A poco apoco, di secolo in secolo, l'atmosfera diminuisce.

«In altri tempi, nel periodo primario, per esempio,essa era immensa, le acque coprivano quasi tutto il glo-bo; soltanto i primi sollevamenti granitici emergevanodall'oceano universale e l'atmosfera era impregnatad'una quantità di vapore acqueo, incomparabilmente su-periore a quella dei tempi moderni. Ciò spiega l'altatemperatura di queste epoche passate, quando le piantetropicali dei giorni nostri, le felci arborescenti, le cala-mite, le equisetacee, le sigillarie, le lepidodendre cresce-vano in opulente foreste, tanto ai poli quanto all'equato-re. Oggi l'atmosfera e il vapore acqueo sono notevol-mente diminuiti: nel futuro son destinati a sparire. SopraGiove, che è ancora alla sua epoca primaria, l'atmosferaè immensa e piena di vapori. Sulla Luna pare che non visia quasi affatto atmosfera: la sua temperatura è sempresotto zero, anche in pieno sole. Su Marte l'atmosfera èsensibilmente più rarefatta di quel che non è la nostra.Sul nostro pianeta, in avvenire, la miserabile razza uma-na morirà di freddo.

«Quanto al tempo che passerà prima che venga il re-gno del freddo, causato dalla diminuzione dell'atmosferaumida che avvolge il globo, io mi terrò ai dieci milionidi anni, calcolati dall'oratore che mi ha preceduto.

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superfice del globo; l'azoto mediante le piante e le terre,e non ritorna tutto allo stato gazoso: l'atmosfera, collasua pressione, penetra in tutti gli oceani e i continenti ediscende, anch'essa, nelle regioni sotterranee. A poco apoco, di secolo in secolo, l'atmosfera diminuisce.

«In altri tempi, nel periodo primario, per esempio,essa era immensa, le acque coprivano quasi tutto il glo-bo; soltanto i primi sollevamenti granitici emergevanodall'oceano universale e l'atmosfera era impregnatad'una quantità di vapore acqueo, incomparabilmente su-periore a quella dei tempi moderni. Ciò spiega l'altatemperatura di queste epoche passate, quando le piantetropicali dei giorni nostri, le felci arborescenti, le cala-mite, le equisetacee, le sigillarie, le lepidodendre cresce-vano in opulente foreste, tanto ai poli quanto all'equato-re. Oggi l'atmosfera e il vapore acqueo sono notevol-mente diminuiti: nel futuro son destinati a sparire. SopraGiove, che è ancora alla sua epoca primaria, l'atmosferaè immensa e piena di vapori. Sulla Luna pare che non visia quasi affatto atmosfera: la sua temperatura è sempresotto zero, anche in pieno sole. Su Marte l'atmosfera èsensibilmente più rarefatta di quel che non è la nostra.Sul nostro pianeta, in avvenire, la miserabile razza uma-na morirà di freddo.

«Quanto al tempo che passerà prima che venga il re-gno del freddo, causato dalla diminuzione dell'atmosferaumida che avvolge il globo, io mi terrò ai dieci milionidi anni, calcolati dall'oratore che mi ha preceduto.

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«Tali sono, signore, i termini che la natura sembraaver segnato alla vita dei mondi, almeno nel sistemaplanetario a cui noi apparteniamo. Io concludo, dunque,che la Terra avrà la stessa sorte della Luna e finirà per ilfreddo, quando sarà spogliata dell'inviluppo aereo che laprotegge attualmente dalla dispersione continua del ca-lore che essa riceve dal Sole».

Il Cancelliere dell'Accademia colombiana, arrivato ilgiorno stesso da Bogota, in aeronave elettrica, per assi-stere a queste discussioni, domandò la parola.

Si sapeva che aveva fondato proprio all'equatore e atremila metri d'altezza un osservatorio dominante tutto ilnostro pianeta, da cui si potevano vedere contempora-neamente i due poli del cielo.

Si ricordava che, per testimoniare alla Francia la suasimpatia, aveva dato a questo tempio di Urania il nomedi un astronomo francese, il quale aveva consacrato tut-ta la sua vita a studiare gli altri mondi, a farli conoscerealle menti illuminate e a stabilire la parte prevalentedell'astronomia in ogni dottrina filosofica o religiosa. Siconosceva da lungo tempo la sua fama universale e siascoltò con un'attenzione tutta speciale.

«Signori, – disse appena salito alla tribuna – noi ab-biamo, in queste due sedute, udito riassumere mirabil-mente le curiose teorie che la scienza moderna può of-frire allo spirito umano sui modi diversi in cui il nostromondo terrestre potrà finire. L'incendio dell'atmosfera ol'asfissia dei nostri polmoni, causati dall'incontro dellacometa che si avvicina rapidamente, oppure, in un avve-

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«Tali sono, signore, i termini che la natura sembraaver segnato alla vita dei mondi, almeno nel sistemaplanetario a cui noi apparteniamo. Io concludo, dunque,che la Terra avrà la stessa sorte della Luna e finirà per ilfreddo, quando sarà spogliata dell'inviluppo aereo che laprotegge attualmente dalla dispersione continua del ca-lore che essa riceve dal Sole».

Il Cancelliere dell'Accademia colombiana, arrivato ilgiorno stesso da Bogota, in aeronave elettrica, per assi-stere a queste discussioni, domandò la parola.

Si sapeva che aveva fondato proprio all'equatore e atremila metri d'altezza un osservatorio dominante tutto ilnostro pianeta, da cui si potevano vedere contempora-neamente i due poli del cielo.

Si ricordava che, per testimoniare alla Francia la suasimpatia, aveva dato a questo tempio di Urania il nomedi un astronomo francese, il quale aveva consacrato tut-ta la sua vita a studiare gli altri mondi, a farli conoscerealle menti illuminate e a stabilire la parte prevalentedell'astronomia in ogni dottrina filosofica o religiosa. Siconosceva da lungo tempo la sua fama universale e siascoltò con un'attenzione tutta speciale.

«Signori, – disse appena salito alla tribuna – noi ab-biamo, in queste due sedute, udito riassumere mirabil-mente le curiose teorie che la scienza moderna può of-frire allo spirito umano sui modi diversi in cui il nostromondo terrestre potrà finire. L'incendio dell'atmosfera ol'asfissia dei nostri polmoni, causati dall'incontro dellacometa che si avvicina rapidamente, oppure, in un avve-

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nire lontano, la sommersione dei continenti a causa del-la loro generale discesa in fondo ai mari, il prosciuga-mento della Terra e dell'atmosfera per la graduale dimi-nuzione dell'acqua: e infine il raffreddamento del nostrodisgraziato pianeta, ridotto allo stato di luna morta e ge-lata. Ecco, se non m'inganno, cinque modi di fine possi-bili.

«Il signor Direttore dell'Osservatorio ha detto che noncredeva ai due primi e che, secondo lui, l'incontro dellacometa con la Terra sarà quasi innocuo. Io sono assolu-tamente dello stesso parere, e desidero aggiungere che,dopo avere attentamente ascoltato le tre dotte disserta-zioni dei miei illustri colleghi, non credo punto di piùagli altri tre.

«Signore, – continuò l'astronomo colombiano – voisapete al pari di noi che nulla è eterno. Tutto cambianell'immensa natura. Le gemme primaverili sboccianoin fiori, i fiori si trasformano in frutti, le generazioni sisuccedono e la vita compie l'opera sua. Il mondo dovenoi siamo finirà, dunque, poichè è cominciato, ma nonfinirà, almeno a parer mio, nè per la cometa, nè per latroppa acqua, nè per la mancanza di acqua. Il problemasta tutto, mi pare, nell'ultima parola dell'importante di-scorso pronunciato dalla nostra graziosa collega, signo-rina Direttrice dell'ufficio dei Calcoli.

«Sì, il sole; è tutto qui.«La vita terrestre è legata ai raggi del sole.«Che dico? Essa non è che una trasformazione del ca-

lore solare. Dal sole dipende lo stato liquido dell'acqua,

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nire lontano, la sommersione dei continenti a causa del-la loro generale discesa in fondo ai mari, il prosciuga-mento della Terra e dell'atmosfera per la graduale dimi-nuzione dell'acqua: e infine il raffreddamento del nostrodisgraziato pianeta, ridotto allo stato di luna morta e ge-lata. Ecco, se non m'inganno, cinque modi di fine possi-bili.

«Il signor Direttore dell'Osservatorio ha detto che noncredeva ai due primi e che, secondo lui, l'incontro dellacometa con la Terra sarà quasi innocuo. Io sono assolu-tamente dello stesso parere, e desidero aggiungere che,dopo avere attentamente ascoltato le tre dotte disserta-zioni dei miei illustri colleghi, non credo punto di piùagli altri tre.

«Signore, – continuò l'astronomo colombiano – voisapete al pari di noi che nulla è eterno. Tutto cambianell'immensa natura. Le gemme primaverili sboccianoin fiori, i fiori si trasformano in frutti, le generazioni sisuccedono e la vita compie l'opera sua. Il mondo dovenoi siamo finirà, dunque, poichè è cominciato, ma nonfinirà, almeno a parer mio, nè per la cometa, nè per latroppa acqua, nè per la mancanza di acqua. Il problemasta tutto, mi pare, nell'ultima parola dell'importante di-scorso pronunciato dalla nostra graziosa collega, signo-rina Direttrice dell'ufficio dei Calcoli.

«Sì, il sole; è tutto qui.«La vita terrestre è legata ai raggi del sole.«Che dico? Essa non è che una trasformazione del ca-

lore solare. Dal sole dipende lo stato liquido dell'acqua,

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e lo stato gassoso dell'aria; senza il sole tutto sarebbe so-lido e morto; il sole evapora l'acqua dei mari, dei laghi,dei fiumi, delle terre umide, forma le nuvole, dà luogoai venti, governa le piogge, la feconda circolazione delleacque; per virtù della luce e del calore del sole, le pianteassimilano il carbone contenuto nell'acido carbonicodell'aria: per separare l'ossigeno dal carbonio e trattene-re il carbonio, la pianta fa un lavoro immenso; la fre-schezza delle foreste si deve a questa conversione delcalore solare in lavoro vegetale, aggiunta all'ombra deglialberi dal folto fogliame; le legna che ci riscaldano nelfocolare non fanno che rendere il calore del sole imma-gazzinato, e quando bruciamo del gas o del carbon fos-sile non facciamo che rimettere in libertà i raggi del soleimprigionati da milioni di anni nelle foreste dell'epocaprimaria. L'elettricità stessa è la trasformazione del la-voro, di cui il sole è la prima sorgente. È dunque il soleche mormora nella fonte, che soffia nel vento, che gemenella tempesta, che fiorisce nella rosa, che gorgheggianel canto dell'usignolo, che scintilla nel baleno, che tuo-na nell'uragano, che canta o ruggisce in tutte le sinfoniedella natura.

«Così pure il calore solare si trasforma in correnti diaria o di acqua, in potenza espansiva dei gas e dei vapo-ri, in elettricità, in legno, in fiori, in frutti, in forza mu-scolare e nervosa: e finchè quest'astro radioso ci potràfornire un calore sufficente, la durata della vita e delmondo è assicurata.

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e lo stato gassoso dell'aria; senza il sole tutto sarebbe so-lido e morto; il sole evapora l'acqua dei mari, dei laghi,dei fiumi, delle terre umide, forma le nuvole, dà luogoai venti, governa le piogge, la feconda circolazione delleacque; per virtù della luce e del calore del sole, le pianteassimilano il carbone contenuto nell'acido carbonicodell'aria: per separare l'ossigeno dal carbonio e trattene-re il carbonio, la pianta fa un lavoro immenso; la fre-schezza delle foreste si deve a questa conversione delcalore solare in lavoro vegetale, aggiunta all'ombra deglialberi dal folto fogliame; le legna che ci riscaldano nelfocolare non fanno che rendere il calore del sole imma-gazzinato, e quando bruciamo del gas o del carbon fos-sile non facciamo che rimettere in libertà i raggi del soleimprigionati da milioni di anni nelle foreste dell'epocaprimaria. L'elettricità stessa è la trasformazione del la-voro, di cui il sole è la prima sorgente. È dunque il soleche mormora nella fonte, che soffia nel vento, che gemenella tempesta, che fiorisce nella rosa, che gorgheggianel canto dell'usignolo, che scintilla nel baleno, che tuo-na nell'uragano, che canta o ruggisce in tutte le sinfoniedella natura.

«Così pure il calore solare si trasforma in correnti diaria o di acqua, in potenza espansiva dei gas e dei vapo-ri, in elettricità, in legno, in fiori, in frutti, in forza mu-scolare e nervosa: e finchè quest'astro radioso ci potràfornire un calore sufficente, la durata della vita e delmondo è assicurata.

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«Il calore del sole si deve probabilmente alla conden-sazione della nebulosa che ha dato origine all'astro cen-trale del nostro sistema: questa trasformazione del mo-vimento ha dovuto produrre 28 milioni di gradi centi-gradi: voi sapete, signori, che un chilogrammo di carbonfossile, cadendo sul sole da una distanza infinita, pro-durrebbe col suo urto sei mila volte più calore di quelloche non ne produrrebbe con la sua combustione. Basan-doci sulla radiazione attuale, la provvista di calore sola-re rappresenta la radiazione dell'astro per 22 milioni dianni, ed è molto probabile che esso bruci da un tempoassai più lungo, poichè nulla prova che gli elementi del-la nebulosa sieno stati mai del tutto freddi: molto proba-bilmente, invece, essi avevano in sè una vera provvistadi calore. Sembra che l'astro del giorno non abbia perdu-to nulla della sua alta temperatura: esso continua a con-densarsi e questa condensazione può riparare alle perdi-te della radiazione.

«Pure, tutto ha una fine. Se il sole continuando a con-densarsi, arrivasse un giorno alla densità della terra,questa condensazione produrrebbe una nuova quantitàdi calore, bastante a mantenere per 17 milioni di anni lastessa intensità di calorico che alimenta attualmente lavita terrestre; e questo termine può essere anche prolun-gato, ammettendo una diminuzione nella quantità dellaradiazione, una caduta di meteore sull'astro divoratore,una condensazione continua oltre quella terrestre. Maper quanto rimandiamo più in là che sia possibile questotermine, esso arriverà fatalmente. I soli che si spengono

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«Il calore del sole si deve probabilmente alla conden-sazione della nebulosa che ha dato origine all'astro cen-trale del nostro sistema: questa trasformazione del mo-vimento ha dovuto produrre 28 milioni di gradi centi-gradi: voi sapete, signori, che un chilogrammo di carbonfossile, cadendo sul sole da una distanza infinita, pro-durrebbe col suo urto sei mila volte più calore di quelloche non ne produrrebbe con la sua combustione. Basan-doci sulla radiazione attuale, la provvista di calore sola-re rappresenta la radiazione dell'astro per 22 milioni dianni, ed è molto probabile che esso bruci da un tempoassai più lungo, poichè nulla prova che gli elementi del-la nebulosa sieno stati mai del tutto freddi: molto proba-bilmente, invece, essi avevano in sè una vera provvistadi calore. Sembra che l'astro del giorno non abbia perdu-to nulla della sua alta temperatura: esso continua a con-densarsi e questa condensazione può riparare alle perdi-te della radiazione.

«Pure, tutto ha una fine. Se il sole continuando a con-densarsi, arrivasse un giorno alla densità della terra,questa condensazione produrrebbe una nuova quantitàdi calore, bastante a mantenere per 17 milioni di anni lastessa intensità di calorico che alimenta attualmente lavita terrestre; e questo termine può essere anche prolun-gato, ammettendo una diminuzione nella quantità dellaradiazione, una caduta di meteore sull'astro divoratore,una condensazione continua oltre quella terrestre. Maper quanto rimandiamo più in là che sia possibile questotermine, esso arriverà fatalmente. I soli che si spengono

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nei cieli sono tanti esempi anticipati della sorte riserbataal sole che ci rischiara e che, del resto, in certi anni giàsi copre di macchie immense.

«Ma chi potrebbe dire, se fra diciassette, venti, trentamilioni di anni o più, le meravigliose facoltà di adatta-mento scoperte dalla fisiologia e dalla paleontologia intutte le specie annuali e vegetali, non avranno condottola specie umana, a forza di adattamento graduale, a unostato di perfezione fisica e intellettuale tanto superiore alnostro stato presente, quanto lo è questo, rispetto allescomparse epoche geologiche dell'iguanodonte, e dellostegosauro o al compsonoto delle epoche geologichescomparse? «Chi sa se i nostri scheletri fossilizzati nonsembreranno ai nostri successori mostruosi come quellidei dinosauri? Forse allora la stabilità della temperaturafarà dubitare che una razza veramente intelligente abbiapotuto vivere in un'epoca soggetta come la nostra aglisbalzi folli del termometro e alle variazioni fantastichedello stato del cielo che caratterizzano le nostre ridicolestagioni. E chi sa che di qui ad allora qualche immensarivoluzione del globo, qualche trasformazione generalenon seppellisca il passato in nuovi letti geologici, perdar luogo ad un'êra nuova, a nuovi periodi, quinquenna-rio, sessennario, tutti affatto diversi dalle varie epochequaternaria, terziaria, secondaria e primaria?

«Quel che è certo è che il sole finirà per perdere il suocalore; la sua massa si condenserà, si restringerà, la suafluidità andrà diminuendo.

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nei cieli sono tanti esempi anticipati della sorte riserbataal sole che ci rischiara e che, del resto, in certi anni giàsi copre di macchie immense.

«Ma chi potrebbe dire, se fra diciassette, venti, trentamilioni di anni o più, le meravigliose facoltà di adatta-mento scoperte dalla fisiologia e dalla paleontologia intutte le specie annuali e vegetali, non avranno condottola specie umana, a forza di adattamento graduale, a unostato di perfezione fisica e intellettuale tanto superiore alnostro stato presente, quanto lo è questo, rispetto allescomparse epoche geologiche dell'iguanodonte, e dellostegosauro o al compsonoto delle epoche geologichescomparse? «Chi sa se i nostri scheletri fossilizzati nonsembreranno ai nostri successori mostruosi come quellidei dinosauri? Forse allora la stabilità della temperaturafarà dubitare che una razza veramente intelligente abbiapotuto vivere in un'epoca soggetta come la nostra aglisbalzi folli del termometro e alle variazioni fantastichedello stato del cielo che caratterizzano le nostre ridicolestagioni. E chi sa che di qui ad allora qualche immensarivoluzione del globo, qualche trasformazione generalenon seppellisca il passato in nuovi letti geologici, perdar luogo ad un'êra nuova, a nuovi periodi, quinquenna-rio, sessennario, tutti affatto diversi dalle varie epochequaternaria, terziaria, secondaria e primaria?

«Quel che è certo è che il sole finirà per perdere il suocalore; la sua massa si condenserà, si restringerà, la suafluidità andrà diminuendo.

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«Verrà un'epoca in cui la circolazione che alimenta lafotosfera e che regolarizza la sua radiazione, facendovipartecipare quasi tutta l'enorme massa, sarà turbata e co-mincerà a venir meno. Allora la radiazione del calore edella luce diminuirà, e la vita vegetale e animale si ri-stringerà sempre più verso l'equatore terrestre.

«Quando questa circolazione sarà finita, la brillantefotosfera sarà sostituita da una crosta opaca e oscura chesopprimerà ogni radiazione luminosa. Il sole diverrà unapalla rosso-scura, poi una palla nera e la notte sarà eter-na. La luna, che brilla di luce solare riflessa, non illumi-nerà più le notti solitarie. Il nostro pianeta riceverà lasola luce delle stelle. Spento il calore solare, l'atmosferarimarrà in una calma assoluta, e il vento non potrà sof-fiare da nessuna parte. Se i mari esisteranno ancora, di-verranno solidi per il freddo: non vi sarà alcuna evapo-razione che possa formar delle nuvole, la pioggia noncadrà più, le sorgenti saranno essiccate: forse gli ultimiguizzi di una luce agonizzante, come si vede nelle stellevicine a spengersi, forse uno sviluppo casuale di calore,dovuto a qualche avvallamento della crosta solare, ri-sveglieranno per un momento il sole degli antichi gior-ni; ma anche questi non sarebbero che i sintomi dellafine eterna.

«E la terra, globo nero, cimitero gelato, continuerà agirare intorno al sole nero, e a navigare nella notte infi-nita, trascinata, con tutto il sistema solare, nell'abissoimmenso.

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«Verrà un'epoca in cui la circolazione che alimenta lafotosfera e che regolarizza la sua radiazione, facendovipartecipare quasi tutta l'enorme massa, sarà turbata e co-mincerà a venir meno. Allora la radiazione del calore edella luce diminuirà, e la vita vegetale e animale si ri-stringerà sempre più verso l'equatore terrestre.

«Quando questa circolazione sarà finita, la brillantefotosfera sarà sostituita da una crosta opaca e oscura chesopprimerà ogni radiazione luminosa. Il sole diverrà unapalla rosso-scura, poi una palla nera e la notte sarà eter-na. La luna, che brilla di luce solare riflessa, non illumi-nerà più le notti solitarie. Il nostro pianeta riceverà lasola luce delle stelle. Spento il calore solare, l'atmosferarimarrà in una calma assoluta, e il vento non potrà sof-fiare da nessuna parte. Se i mari esisteranno ancora, di-verranno solidi per il freddo: non vi sarà alcuna evapo-razione che possa formar delle nuvole, la pioggia noncadrà più, le sorgenti saranno essiccate: forse gli ultimiguizzi di una luce agonizzante, come si vede nelle stellevicine a spengersi, forse uno sviluppo casuale di calore,dovuto a qualche avvallamento della crosta solare, ri-sveglieranno per un momento il sole degli antichi gior-ni; ma anche questi non sarebbero che i sintomi dellafine eterna.

«E la terra, globo nero, cimitero gelato, continuerà agirare intorno al sole nero, e a navigare nella notte infi-nita, trascinata, con tutto il sistema solare, nell'abissoimmenso.

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«Lo spengersi del sole avrà prodotto la morte dellaterra.... fra una ventina di milioni di anni, o anche piùtardi.... fra quaranta, forse».

L'oratore tacque e si preparava a discendere dalla tri-buna, quando il Direttore delle Belle Arti chiese la paro-la:

— Signori, – diss'egli dal suo posto – se ho ben com-preso, la fine del mondo avverrà probabilmente a causadel freddo, e non prima che sieno passati molti milionidi anni. Dunque, se un pittore dovesse rappresentarel'ultima scena dovrebbe, nel suo quadro, coprire la Terradi ghiacci e di scheletri....

— Non proprio così, – replicò il Cancelliere colom-biano. – Non è il freddo la causa principale dei ghiacci,è.... il calore.

«Se il Sole non facesse evaporare l'acqua dei mari,nessuna nuvola si produrrebbe e non vi sarebbe neppu-re, senza l'astro del giorno, specie alcuna di venti. Perfabbricare dei ghiacci, occorre prima di tutto un sole chefaccia evaporare l'acqua e la riduca allo stato di nube, epoi un condensatore. Sapete che ogni chilogrammo divapore prodotto rappresenta una quantità di calore sola-re sufficiente ad elevare 5 chilogrammi di ghisa al suopunto di fusione. (1110 gradi)! Indebolendo quanto oc-corre l'azione del Sole, essicchiamo la sorgente deighiacci.

«Così, nè la neve, nè i ghiacciai seppelliranno la Ter-ra: ma quel che resterà di mare gelerà, non vi sarannoper molto tempo nè fiumi nè torrenti, ed ogni movimen-

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«Lo spengersi del sole avrà prodotto la morte dellaterra.... fra una ventina di milioni di anni, o anche piùtardi.... fra quaranta, forse».

L'oratore tacque e si preparava a discendere dalla tri-buna, quando il Direttore delle Belle Arti chiese la paro-la:

— Signori, – diss'egli dal suo posto – se ho ben com-preso, la fine del mondo avverrà probabilmente a causadel freddo, e non prima che sieno passati molti milionidi anni. Dunque, se un pittore dovesse rappresentarel'ultima scena dovrebbe, nel suo quadro, coprire la Terradi ghiacci e di scheletri....

— Non proprio così, – replicò il Cancelliere colom-biano. – Non è il freddo la causa principale dei ghiacci,è.... il calore.

«Se il Sole non facesse evaporare l'acqua dei mari,nessuna nuvola si produrrebbe e non vi sarebbe neppu-re, senza l'astro del giorno, specie alcuna di venti. Perfabbricare dei ghiacci, occorre prima di tutto un sole chefaccia evaporare l'acqua e la riduca allo stato di nube, epoi un condensatore. Sapete che ogni chilogrammo divapore prodotto rappresenta una quantità di calore sola-re sufficiente ad elevare 5 chilogrammi di ghisa al suopunto di fusione. (1110 gradi)! Indebolendo quanto oc-corre l'azione del Sole, essicchiamo la sorgente deighiacci.

«Così, nè la neve, nè i ghiacciai seppelliranno la Ter-ra: ma quel che resterà di mare gelerà, non vi sarannoper molto tempo nè fiumi nè torrenti, ed ogni movimen-

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to atmosferico sarà arrestato; «A meno che il Sole, pri-ma di render l'ultimo respiro, non abbia dato uno di queiguizzi d'agonia, di cui abbiamo parlato un momento fa,non abbia fuso i ghiacci addormentati, non abbia nuova-mente prodotto nubi e correnti aeree, non abbia risusci-tato le sorgenti e i ruscelli e, dopo questo periodo di per-fido risveglio, non sia subito ricaduto nel letargo. Quelgiorno non avrebbe dimani».

Una nuova voce, che si levava dal centro dell'emici-clo, si udì. Era quella di un celebre elettricista. «Tuttequeste specie di morti causate dal freddo – disse – sonoplausibili: ma.... o la fine del mondo prodotta dal fuoco?Non se n'è parlato che a proposito dell'incontro dellaTerra con la cometa: e potrebbe effettuarsi anche in altromodo.

«Senza parlare della possibilità che i continenti spro-fondino nel fuoco centrale, per un generale terremoto, oper qualche formidabile sconnessione nei suoi strati, mipare che senza bisogno di urti, basterebbe una volontàsuprema ad arrestare il movimento del nostro pianetanel suo corso e a trasformare questo movimento in calo-re. – Una volontà? – interruppe un'altra voce. Ma lascienza positiva non ammette miracoli, nella natura.

— E neppur io – replicò lo scienziato. – Quando dico:volontà, intendo dire forza invisibile e ideale. Mi spie-go.

«Il globo terrestre vola nello spazio con una velocitàdi 106.000 chilometri all'ora o di 29.460 metri al secon-do. Se un sole qualunque, splendente od oscuro, caldo o

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to atmosferico sarà arrestato; «A meno che il Sole, pri-ma di render l'ultimo respiro, non abbia dato uno di queiguizzi d'agonia, di cui abbiamo parlato un momento fa,non abbia fuso i ghiacci addormentati, non abbia nuova-mente prodotto nubi e correnti aeree, non abbia risusci-tato le sorgenti e i ruscelli e, dopo questo periodo di per-fido risveglio, non sia subito ricaduto nel letargo. Quelgiorno non avrebbe dimani».

Una nuova voce, che si levava dal centro dell'emici-clo, si udì. Era quella di un celebre elettricista. «Tuttequeste specie di morti causate dal freddo – disse – sonoplausibili: ma.... o la fine del mondo prodotta dal fuoco?Non se n'è parlato che a proposito dell'incontro dellaTerra con la cometa: e potrebbe effettuarsi anche in altromodo.

«Senza parlare della possibilità che i continenti spro-fondino nel fuoco centrale, per un generale terremoto, oper qualche formidabile sconnessione nei suoi strati, mipare che senza bisogno di urti, basterebbe una volontàsuprema ad arrestare il movimento del nostro pianetanel suo corso e a trasformare questo movimento in calo-re. – Una volontà? – interruppe un'altra voce. Ma lascienza positiva non ammette miracoli, nella natura.

— E neppur io – replicò lo scienziato. – Quando dico:volontà, intendo dire forza invisibile e ideale. Mi spie-go.

«Il globo terrestre vola nello spazio con una velocitàdi 106.000 chilometri all'ora o di 29.460 metri al secon-do. Se un sole qualunque, splendente od oscuro, caldo o

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freddo venisse di fondo allo spazio, in modo da formarecol nostro sole una specie di coppia elettrodinamica e damettere il nostro pianeta su quella linea di forza, agendosu di esso come un freno; se, in una parola, per una cau-sa qualunque, la Terra fosse improvvisamente arrestatanel suo corso, il suo movimento di massa si trasforme-rebbe in movimento molecolare, e il nostro pianeta sitroverebbe d'un tratto elevato ad un tal grado di calore,da essere ridotto quasi tutto in vapore.

«Mi pare, – aggiunse, dal suo posto, il Direttoredell'Osservatorio del Monte Bianco – che la Terra po-trebbe morir di fuoco, anche in altro modo.

«Abbiamo osservato, or non è molto, nel cielo, unastella temporanea, che, in qualche settimana, è passatadal sedicesimo ordine di splendore al quarto.

«Questo sole lontano era divenuto improvvisamentecinquantamila volte più luminoso e più caldo! Sì, cin-quantamila volte! Se una sorte simile toccasse al nostrosole, sul nostro pianeta nulla resterebbe in vita. Tutto inbreve sarebbe incendiato, consumato, disseccato o vapo-rizzato, i pianeti, gli animali, la specie umana e le sueopere.

«Questa specie di esaltazione subitanea potrebbe es-ser dovuta al sopraggiungere di questo astro in una spe-cie di nebulosa. Il nostro sole cammina con una grandevelocità e potrebbe offrirci, un giorno o l'altro, un incon-tro di questo genere; potrebbe anche esplodere per la di-sgregazione degli atomi sotto l'azione della formidabilepressione che è nell'interno dell'astro.

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freddo venisse di fondo allo spazio, in modo da formarecol nostro sole una specie di coppia elettrodinamica e damettere il nostro pianeta su quella linea di forza, agendosu di esso come un freno; se, in una parola, per una cau-sa qualunque, la Terra fosse improvvisamente arrestatanel suo corso, il suo movimento di massa si trasforme-rebbe in movimento molecolare, e il nostro pianeta sitroverebbe d'un tratto elevato ad un tal grado di calore,da essere ridotto quasi tutto in vapore.

«Mi pare, – aggiunse, dal suo posto, il Direttoredell'Osservatorio del Monte Bianco – che la Terra po-trebbe morir di fuoco, anche in altro modo.

«Abbiamo osservato, or non è molto, nel cielo, unastella temporanea, che, in qualche settimana, è passatadal sedicesimo ordine di splendore al quarto.

«Questo sole lontano era divenuto improvvisamentecinquantamila volte più luminoso e più caldo! Sì, cin-quantamila volte! Se una sorte simile toccasse al nostrosole, sul nostro pianeta nulla resterebbe in vita. Tutto inbreve sarebbe incendiato, consumato, disseccato o vapo-rizzato, i pianeti, gli animali, la specie umana e le sueopere.

«Questa specie di esaltazione subitanea potrebbe es-ser dovuta al sopraggiungere di questo astro in una spe-cie di nebulosa. Il nostro sole cammina con una grandevelocità e potrebbe offrirci, un giorno o l'altro, un incon-tro di questo genere; potrebbe anche esplodere per la di-sgregazione degli atomi sotto l'azione della formidabilepressione che è nell'interno dell'astro.

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«Noi dunque potremmo morire di calore o di siccità;la terra diverrebbe in pochi giorni un deserto ardente,arido e disseccato, dove non si potrebbe respirare chel'atmosfera d'una fornace.

— Confessiamo, signore, – aggiunse sorridendo ilPresidente – che la natura ci offre parecchi modi di mo-rire!

— Signori – disse, alzandosi, il Direttore dell'Osser-vatorio di Parigi – mi volete permettere di riassumere inpoche parole queste interessanti dissertazioni sul grandeproblema della fine del mondo?

«Dopo tutto quello che abbiamo udito, bisogna direche il nostro pianeta non avrà che l'imbarazzo della scel-ta per farla finita con la vita: io non credo punto al peri-colo della cometa.

«Ma bisogna confessare che, dal solo punto di vistaastronomico, questo povero globo errante è esposto apiù di un'insidia. Il fanciullo che nasce in questo mondoe che è destinato a divenire uomo o donna, può essereparagonato ad un individuo, posto all'imboccatura diuna via molto stretta, del genere di quelle strade pittore-sche covo d'armigeri del sedicesimo secolo, fiancheg-giata da case con le finestre occupate da un cacciatorearmato di uno di quei graziosi fucili-revolvers dell'ulti-mo secolo. Ora si tratta per questo individuo di percor-rer la strada in tutta la sua lunghezza, cercando di evita-re le fucilate dirette su lui a bruciapelo. Tutte le malattieson là a minacciarci e a spiarci: la dentizione, le convul-sioni, l'ipertosse, il croup, la meningite, il morbillo, il

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«Noi dunque potremmo morire di calore o di siccità;la terra diverrebbe in pochi giorni un deserto ardente,arido e disseccato, dove non si potrebbe respirare chel'atmosfera d'una fornace.

— Confessiamo, signore, – aggiunse sorridendo ilPresidente – che la natura ci offre parecchi modi di mo-rire!

— Signori – disse, alzandosi, il Direttore dell'Osser-vatorio di Parigi – mi volete permettere di riassumere inpoche parole queste interessanti dissertazioni sul grandeproblema della fine del mondo?

«Dopo tutto quello che abbiamo udito, bisogna direche il nostro pianeta non avrà che l'imbarazzo della scel-ta per farla finita con la vita: io non credo punto al peri-colo della cometa.

«Ma bisogna confessare che, dal solo punto di vistaastronomico, questo povero globo errante è esposto apiù di un'insidia. Il fanciullo che nasce in questo mondoe che è destinato a divenire uomo o donna, può essereparagonato ad un individuo, posto all'imboccatura diuna via molto stretta, del genere di quelle strade pittore-sche covo d'armigeri del sedicesimo secolo, fiancheg-giata da case con le finestre occupate da un cacciatorearmato di uno di quei graziosi fucili-revolvers dell'ulti-mo secolo. Ora si tratta per questo individuo di percor-rer la strada in tutta la sua lunghezza, cercando di evita-re le fucilate dirette su lui a bruciapelo. Tutte le malattieson là a minacciarci e a spiarci: la dentizione, le convul-sioni, l'ipertosse, il croup, la meningite, il morbillo, il

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vaiolo, l'influenza, la febbre tifoidea, la scarlattina, lapolmonite, l'enterite, la febbre cerebrale, l'aneurisma, latubercolosi, il diabete, il cancro, l'apoplessia, il colera,la rabbia etc. etc.: io ne tralascio più d'una, che i nostriuditori e le nostre uditrici non dureranno fatica ad ag-giungere a questa enumerazione di primo getto. Il nostrosfortunato viaggiatore arriverà sano e salvo al terminedella strada? Se ci arriverà sarà.... per morirvi lo stesso.

«Il nostro pianeta corre nell'orbita solare con una ve-locità di più di 100.000 chilometri all'ora; e nello stessotempo il sole lo trasporta coi suoi fratelli verso la costel-lazione d'Ercole. Riassumendo quello che è stato dettofino ad ora e ricordando quello che può essere stato di-menticato, esso può incontrare una cometa dieci o ventivolte più grossa di lui, composta di gas deleteri, che av-velenerebbero la nostra atmosfera respirabile. Esso puòincontrare uno sciame di uranoliti, che produrrebbero sudi lui l'effetto di una scarica di piombo su una lodola, epuò incontrare sul suo cammino un globo invisibile piùo meno denso, l'urto del quale basterebbe a ridurlo invapore; può incontrare un sole da cui sarebbe consuma-to istantaneamente, come un pomo in una fornace: puòessere preso in un sistema di forze elettriche, che eserci-terebbero l'azione di un freno sui suoi undici movimentie che lo fonderebbero o lo incendierebbero come un filodi platino, sotto l'azione di una doppia corrente.

«Può perdere l'ossigeno che ci fa vivere, e può esplo-dere come l'involucro d'un vulcano; può sprofondare perun immane terremoto, può sommergere la sua superfice

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vaiolo, l'influenza, la febbre tifoidea, la scarlattina, lapolmonite, l'enterite, la febbre cerebrale, l'aneurisma, latubercolosi, il diabete, il cancro, l'apoplessia, il colera,la rabbia etc. etc.: io ne tralascio più d'una, che i nostriuditori e le nostre uditrici non dureranno fatica ad ag-giungere a questa enumerazione di primo getto. Il nostrosfortunato viaggiatore arriverà sano e salvo al terminedella strada? Se ci arriverà sarà.... per morirvi lo stesso.

«Il nostro pianeta corre nell'orbita solare con una ve-locità di più di 100.000 chilometri all'ora; e nello stessotempo il sole lo trasporta coi suoi fratelli verso la costel-lazione d'Ercole. Riassumendo quello che è stato dettofino ad ora e ricordando quello che può essere stato di-menticato, esso può incontrare una cometa dieci o ventivolte più grossa di lui, composta di gas deleteri, che av-velenerebbero la nostra atmosfera respirabile. Esso puòincontrare uno sciame di uranoliti, che produrrebbero sudi lui l'effetto di una scarica di piombo su una lodola, epuò incontrare sul suo cammino un globo invisibile piùo meno denso, l'urto del quale basterebbe a ridurlo invapore; può incontrare un sole da cui sarebbe consuma-to istantaneamente, come un pomo in una fornace: puòessere preso in un sistema di forze elettriche, che eserci-terebbero l'azione di un freno sui suoi undici movimentie che lo fonderebbero o lo incendierebbero come un filodi platino, sotto l'azione di una doppia corrente.

«Può perdere l'ossigeno che ci fa vivere, e può esplo-dere come l'involucro d'un vulcano; può sprofondare perun immane terremoto, può sommergere la sua superfice

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sotto le acque e subire un nuovo diluvio, più universaledi quello che tutti sanno; e può, al contrario, perdere tut-ta l'acqua che costituisce l'elemento essenziale della suaorganizzazione vitale, può essere attirato dal passaggiodi un corpo celeste che lo staccherebbe dal sole e lo get-terebbe negli abissi ghiacciati dello spazio, può essereportato via dal sole stesso, divenuto satellite di un nuovosole preponderante ed esser preso nell'ingranaggio di unsistema di stella doppia: può perdere non solo gli ultimiresti del proprio calore interno, che ormai non agisce piùalla superfice, ma anche l'involucro protettore, che man-tiene la sua temperatura vitale: può, un bel giorno, nonessere più illuminato, rischiarato, fecondato dal Sole,oscurato o raffreddato: può, al contrario, essere bruciatoda un improvviso aumento del calore solare, simile aquello che è stato osservato nelle stelle temporarie,può.... ma, Signori miei, non esauriamo tutte le cause diaccidenti o di malattie mortali, e lasciamone la facileenumerazione alle cure dei signori geologi, dei paleon-tologi, dei meteorologi, dei fisici, dei chimici, dei biolo-gi, dei medici, dei botanici, e anche dei veterinari, datoche un'epidemia ben nota, o l'arrivo invisibile di unanuova armata di microbi ben letali potrebbe bastare a di-struggere l'umanità e le principali specie animali e vege-tali, senza portare per questo il menomo danno astrono-mico al pianeta propriamente detto.

«Non vi è dunque proprio che l'imbarazzo della scel-ta. Fontenelle diceva: ciascuno si tormenta per l'ideadella morte: ma, in fondo, tutti se ne cavano.

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sotto le acque e subire un nuovo diluvio, più universaledi quello che tutti sanno; e può, al contrario, perdere tut-ta l'acqua che costituisce l'elemento essenziale della suaorganizzazione vitale, può essere attirato dal passaggiodi un corpo celeste che lo staccherebbe dal sole e lo get-terebbe negli abissi ghiacciati dello spazio, può essereportato via dal sole stesso, divenuto satellite di un nuovosole preponderante ed esser preso nell'ingranaggio di unsistema di stella doppia: può perdere non solo gli ultimiresti del proprio calore interno, che ormai non agisce piùalla superfice, ma anche l'involucro protettore, che man-tiene la sua temperatura vitale: può, un bel giorno, nonessere più illuminato, rischiarato, fecondato dal Sole,oscurato o raffreddato: può, al contrario, essere bruciatoda un improvviso aumento del calore solare, simile aquello che è stato osservato nelle stelle temporarie,può.... ma, Signori miei, non esauriamo tutte le cause diaccidenti o di malattie mortali, e lasciamone la facileenumerazione alle cure dei signori geologi, dei paleon-tologi, dei meteorologi, dei fisici, dei chimici, dei biolo-gi, dei medici, dei botanici, e anche dei veterinari, datoche un'epidemia ben nota, o l'arrivo invisibile di unanuova armata di microbi ben letali potrebbe bastare a di-struggere l'umanità e le principali specie animali e vege-tali, senza portare per questo il menomo danno astrono-mico al pianeta propriamente detto.

«Non vi è dunque proprio che l'imbarazzo della scel-ta. Fontenelle diceva: ciascuno si tormenta per l'ideadella morte: ma, in fondo, tutti se ne cavano.

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«Lo stesso sarà per il nostro pianeta, ma non sarà, aducciderlo, la cometa attuale. Io divido l'opinione dellanostra giovane e valente Direttrice del gabinetto dei Cal-coli: la diminuzione del vapore acqueo dell'atmosferaprecederà l'estinzione del Sole, e la vita terrestre si spen-gerà per l'assenza d'acqua, e per il freddo. Questo sarà lafine».

Nel momento in cui l'oratore finiva di pronunciarequeste ultime parole, si udì improvvisamente venir giùdal soffitto una voce strana, che sembrava uscita dalleprofondità dello spazio.... Ma forse è utile dare qui qual-che parola di spiegazione.

Gli osservatorî posti sulle più alte montagne del globoerano, come abbiamo visto, collegati telefonicamentecoll'Osservatorio di Parigi, e i telefoni di arrivo parlava-no a distanza, senza che ci fosse bisogno di porre agliorecchi nessun apparecchio ricevitore.

Il lettore ricorda senza dubbio che alla fine della pre-cedente seduta era stato portato un fonogramma delmonte Gaorisankar, annunciante un messaggio fotofoni-co degli abitanti di Marte, che immediatamente era statodato a decifrare.

Poichè l'interpretazione di questo documento non erastata ricevuta ancora all'apertura della seconda seduta,l'amministrazione delle comunicazioni elettriche avevamesso l'Istituto in rapporto con l'Osservatorio, e un tele-fonoscopio era stato sospeso alla cupola dell'anfiteatronel momento stesso dell'apertura delle porte.

Cadendo dall'alto, la voce diceva:

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«Lo stesso sarà per il nostro pianeta, ma non sarà, aducciderlo, la cometa attuale. Io divido l'opinione dellanostra giovane e valente Direttrice del gabinetto dei Cal-coli: la diminuzione del vapore acqueo dell'atmosferaprecederà l'estinzione del Sole, e la vita terrestre si spen-gerà per l'assenza d'acqua, e per il freddo. Questo sarà lafine».

Nel momento in cui l'oratore finiva di pronunciarequeste ultime parole, si udì improvvisamente venir giùdal soffitto una voce strana, che sembrava uscita dalleprofondità dello spazio.... Ma forse è utile dare qui qual-che parola di spiegazione.

Gli osservatorî posti sulle più alte montagne del globoerano, come abbiamo visto, collegati telefonicamentecoll'Osservatorio di Parigi, e i telefoni di arrivo parlava-no a distanza, senza che ci fosse bisogno di porre agliorecchi nessun apparecchio ricevitore.

Il lettore ricorda senza dubbio che alla fine della pre-cedente seduta era stato portato un fonogramma delmonte Gaorisankar, annunciante un messaggio fotofoni-co degli abitanti di Marte, che immediatamente era statodato a decifrare.

Poichè l'interpretazione di questo documento non erastata ricevuta ancora all'apertura della seconda seduta,l'amministrazione delle comunicazioni elettriche avevamesso l'Istituto in rapporto con l'Osservatorio, e un tele-fonoscopio era stato sospeso alla cupola dell'anfiteatronel momento stesso dell'apertura delle porte.

Cadendo dall'alto, la voce diceva:

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«Gli astronomi della città equatoriale di Marte pre-vengono gli abitanti della Terra che la cometa arriveràdirettamente sopra di loro con una velocità press'a pocouguale al doppio della velocità orbitale di Marte. Movi-mento trasformato in calore e calore in elettricità. Burra-sca magnetica intensa. Allontanarsi dall'Italia».

La voce tacque in mezzo al silenzio e allo sgomentodi tutti gli animi, fatta eccezione di pochi scettici ostina-ti, uno dei quali, direttore del giornale «La Critica Gio-iosa», aggiustando un monocolo al suo occhio destro, siera alzato, sulla tribuna dei reporters, e aveva gridatocon voce rimbombante:

«Io temo, venerandi scienziati, che l'Istituto sia vitti-ma d'un'allegra farsa. Non mi si farà mai credere che gliabitanti di Marte, anche ammettendo che esistano e cimandino veramente degli avvisi, conoscano l'Italia colsuo nome. Per parte mia, dubito assai che qualcuno diloro abbia letto i Commentari di Cesare o la Storia deipapi, tanto più che....».

Improvvisamente l'oratore, che cominciava a lanciarsiin un interessante ditirambo, fu arrestato dallo spengersiimprovviso della luce elettrica. La sala si trovò tuttapiombata nel buio, meno un grande quadro luminoso sulsoffitto. La voce aggiunse quattro parole: «Ecco il di-spaccio di Marte» e subito si videro apparire, sulla plac-ca del telefonoscopio, i segni seguenti:

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«Gli astronomi della città equatoriale di Marte pre-vengono gli abitanti della Terra che la cometa arriveràdirettamente sopra di loro con una velocità press'a pocouguale al doppio della velocità orbitale di Marte. Movi-mento trasformato in calore e calore in elettricità. Burra-sca magnetica intensa. Allontanarsi dall'Italia».

La voce tacque in mezzo al silenzio e allo sgomentodi tutti gli animi, fatta eccezione di pochi scettici ostina-ti, uno dei quali, direttore del giornale «La Critica Gio-iosa», aggiustando un monocolo al suo occhio destro, siera alzato, sulla tribuna dei reporters, e aveva gridatocon voce rimbombante:

«Io temo, venerandi scienziati, che l'Istituto sia vitti-ma d'un'allegra farsa. Non mi si farà mai credere che gliabitanti di Marte, anche ammettendo che esistano e cimandino veramente degli avvisi, conoscano l'Italia colsuo nome. Per parte mia, dubito assai che qualcuno diloro abbia letto i Commentari di Cesare o la Storia deipapi, tanto più che....».

Improvvisamente l'oratore, che cominciava a lanciarsiin un interessante ditirambo, fu arrestato dallo spengersiimprovviso della luce elettrica. La sala si trovò tuttapiombata nel buio, meno un grande quadro luminoso sulsoffitto. La voce aggiunse quattro parole: «Ecco il di-spaccio di Marte» e subito si videro apparire, sulla plac-ca del telefonoscopio, i segni seguenti:

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Poichè non si poteva esaminare questo dispaccio alsoffitto che tenendo la testa alzata, in una posizione in-comodissima, il Presidente suonò un campanello; com-parve un usciere e con l'aiuto di un apparecchio di proie-zione e di uno specchio fece in modo che i geroglifici siriflettessero sullo schermo ch'era dietro il bancodell'assemblea. In questo modo, tutti gli occhi poteronovedere la comunicazione celeste ed analizzarla a loroagio.

Analisi facile, del resto, perchè non c'era nulla di piùsemplice di quella lettura.

La figura della cometa si spiega da sè. La freccia in-dica il suo movimento verso un corpo celeste che, vistoda Marte, offre delle fasi, ma ha dei raggi come una stel-la: questo corpo è la Terra, ed è molto naturale che gliabitanti di Marte la rappresentino sotto questo aspetto

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Poichè non si poteva esaminare questo dispaccio alsoffitto che tenendo la testa alzata, in una posizione in-comodissima, il Presidente suonò un campanello; com-parve un usciere e con l'aiuto di un apparecchio di proie-zione e di uno specchio fece in modo che i geroglifici siriflettessero sullo schermo ch'era dietro il bancodell'assemblea. In questo modo, tutti gli occhi poteronovedere la comunicazione celeste ed analizzarla a loroagio.

Analisi facile, del resto, perchè non c'era nulla di piùsemplice di quella lettura.

La figura della cometa si spiega da sè. La freccia in-dica il suo movimento verso un corpo celeste che, vistoda Marte, offre delle fasi, ma ha dei raggi come una stel-la: questo corpo è la Terra, ed è molto naturale che gliabitanti di Marte la rappresentino sotto questo aspetto

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perchè i loro occhi, formati in un ambiente meno lumi-noso del nostro, sono un po' più sensibili e distinguonole fasi della Terra: tanto più poi perchè la loro atmosferaè rarefatta e trasparente; (noi con la nostra facoltà visivapossiamo appena distinguere le fasi di Venere).

Si osserva poi il globo di Marte, visto dalla parte del-la Syrtis Magna, il più caratteristico della geografia diMarte; la linea che lo traversa indica che la velocità del-la cometa è uguale a un po' meno del doppio della velo-cità orbitale di Marte.

Le fiamme indicano la trasformazione del movimentoin calore: l'aurora boreale ed i fulmini che seguono latrasformazione in elettricità e in forza magnetica. Infinesi riconosce lo stivale dell'Italia ben visibile dalla distan-za di Marte, e la figura indica il punto che, secondo iloro calcoli, è minacciato da uno degli elementi più peri-colosi del nucleo della cometa: le quattro frecce volte aiquattro punti cardinali pare che consiglino ad allonta-narsi dal punto minacciato.

Il messaggio fotofonico degli abitanti di Marte era piùlungo e più complicato. Gli astronomi del Gaorisankarne avevano ricevuti già molti e avevan saputo che eranoinviati da un centro intellettuale e scientifico molto im-portante della zona equatoriale di Marte, non lontanodalla baia del Meridiano. Questo ultimo messaggio erail più grave e si riassumeva, d'altronde, nell'interpreta-zione precedente. Il resto non fu trasmesso. Era piùoscuro e la sua traduzione non era sicura.

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perchè i loro occhi, formati in un ambiente meno lumi-noso del nostro, sono un po' più sensibili e distinguonole fasi della Terra: tanto più poi perchè la loro atmosferaè rarefatta e trasparente; (noi con la nostra facoltà visivapossiamo appena distinguere le fasi di Venere).

Si osserva poi il globo di Marte, visto dalla parte del-la Syrtis Magna, il più caratteristico della geografia diMarte; la linea che lo traversa indica che la velocità del-la cometa è uguale a un po' meno del doppio della velo-cità orbitale di Marte.

Le fiamme indicano la trasformazione del movimentoin calore: l'aurora boreale ed i fulmini che seguono latrasformazione in elettricità e in forza magnetica. Infinesi riconosce lo stivale dell'Italia ben visibile dalla distan-za di Marte, e la figura indica il punto che, secondo iloro calcoli, è minacciato da uno degli elementi più peri-colosi del nucleo della cometa: le quattro frecce volte aiquattro punti cardinali pare che consiglino ad allonta-narsi dal punto minacciato.

Il messaggio fotofonico degli abitanti di Marte era piùlungo e più complicato. Gli astronomi del Gaorisankarne avevano ricevuti già molti e avevan saputo che eranoinviati da un centro intellettuale e scientifico molto im-portante della zona equatoriale di Marte, non lontanodalla baia del Meridiano. Questo ultimo messaggio erail più grave e si riassumeva, d'altronde, nell'interpreta-zione precedente. Il resto non fu trasmesso. Era piùoscuro e la sua traduzione non era sicura.

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Il Presidente agitò il campanello. Doveva, infatti,chiudere la seduta con una perorazione, con una conclu-sione a tutto quello che si era udito.

«Signori, – egli disse – l'ultimo dispaccio del Gaori-sankar non senza motivo vi ha impressionato. Pare chegli abitanti di Marte sieno più avanti di noi nelle scien-ze, ciò che non ha nulla di sorprendente poichè son mol-to più vecchi di noi e il progresso ha già avuto là innu-merevoli secoli per svilupparsi.

«D'altra parte, la loro organizzazione può essere piùperfetta della nostra: possono avere occhi più acuti, stru-menti più fini e facoltà intellettuali trascendenti. Consta-tiamo anche che i loro calcoli si accordano coi nostri, ri-guardo all'incontro della cometa con la Terra ma sonopiù precisi poichè indicano il punto del globo che saràcolpito con più violenza.

«Il consiglio di allontanarsi dall'Italia, è dunque daseguirsi, e io lo telefonerò immediatamente al papa che,in questo stesso momento, ha riuniti a Roma tutti i ve-scovi della cristianità.

«Così, la cometa incontrerà la Terra e nulla può anco-ra far prevedere quello che accadrà. Ma, secondo tutte leprobabilità, il perturbamento sarà parziale e non avràper effetto la fine del mondo. «L'ossido di carbonio,senza dubbio, non penetrerà negli strati respirabili dellanostra atmosfera: nonostante, vi sarà uno sviluppo enor-me di calore.

«Quanto alla fine reale del mondo, delle diverse ipo-tesi che ci permettono fin da oggi di presagirla, la più

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Il Presidente agitò il campanello. Doveva, infatti,chiudere la seduta con una perorazione, con una conclu-sione a tutto quello che si era udito.

«Signori, – egli disse – l'ultimo dispaccio del Gaori-sankar non senza motivo vi ha impressionato. Pare chegli abitanti di Marte sieno più avanti di noi nelle scien-ze, ciò che non ha nulla di sorprendente poichè son mol-to più vecchi di noi e il progresso ha già avuto là innu-merevoli secoli per svilupparsi.

«D'altra parte, la loro organizzazione può essere piùperfetta della nostra: possono avere occhi più acuti, stru-menti più fini e facoltà intellettuali trascendenti. Consta-tiamo anche che i loro calcoli si accordano coi nostri, ri-guardo all'incontro della cometa con la Terra ma sonopiù precisi poichè indicano il punto del globo che saràcolpito con più violenza.

«Il consiglio di allontanarsi dall'Italia, è dunque daseguirsi, e io lo telefonerò immediatamente al papa che,in questo stesso momento, ha riuniti a Roma tutti i ve-scovi della cristianità.

«Così, la cometa incontrerà la Terra e nulla può anco-ra far prevedere quello che accadrà. Ma, secondo tutte leprobabilità, il perturbamento sarà parziale e non avràper effetto la fine del mondo. «L'ossido di carbonio,senza dubbio, non penetrerà negli strati respirabili dellanostra atmosfera: nonostante, vi sarà uno sviluppo enor-me di calore.

«Quanto alla fine reale del mondo, delle diverse ipo-tesi che ci permettono fin da oggi di presagirla, la più

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probabile è quella adottata dal Direttore dell'Osservato-rio. Da una parte, la vita del nostro pianeta dipende dairaggi solari e, finchè il sole brillerà, la vita dell'umanitàè quasi sicura; ma, d'altra parte, la diminuzionedell'atmosfera e del vapore acqueo porterà forse prima ilregno del freddo. Nel primo caso avremo ancora unatrentina di milioni d'anni da vivere; nel secondo, unadiecina soltanto. Ma il resultato è lo stesso. Il mondo fi-nirà per il freddo.

«Aspettiamo, senza troppo commuoverci, l'avveni-mento del 14 luglio. Io, tuttavia, consiglierei a quelli chelo possono fare d'andare a passare questi giorni di crisi aCicago, o anche un po' più lontano, a S. Francisco, aHonolulu, a Liberty, o a Nouméa. I transatlantici aereielettrici sono assai numerosi e assai bene equipaggiatiper trasportare, da oggi a venerdì sera, milioni di viag-giatori.

«Aggiungerò infine che non a torto sono state presecerte precauzioni contro l'urto della cometa, sono statipreparati cantine, sotto suoli e gallerie; dovremo senzadubbio sopportare una terribile burrasca che potrà dura-re molte ore, e dovremo forse respirare un'atmosferamolto soffocante. Ma – o signori – le vittime – e ve nesaranno molte – saranno più che altro uccise dalla paura.Abbiamo dunque sangue freddo, pensando che l'incon-tro celeste che, del resto, non lo dimentichiamo, potreb-be anche essere del tutto innocuo, durerà soltanto qual-che ora e passerà, lasciando vivere gli uomini come pri-ma, sotto il buon sole della natura».

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probabile è quella adottata dal Direttore dell'Osservato-rio. Da una parte, la vita del nostro pianeta dipende dairaggi solari e, finchè il sole brillerà, la vita dell'umanitàè quasi sicura; ma, d'altra parte, la diminuzionedell'atmosfera e del vapore acqueo porterà forse prima ilregno del freddo. Nel primo caso avremo ancora unatrentina di milioni d'anni da vivere; nel secondo, unadiecina soltanto. Ma il resultato è lo stesso. Il mondo fi-nirà per il freddo.

«Aspettiamo, senza troppo commuoverci, l'avveni-mento del 14 luglio. Io, tuttavia, consiglierei a quelli chelo possono fare d'andare a passare questi giorni di crisi aCicago, o anche un po' più lontano, a S. Francisco, aHonolulu, a Liberty, o a Nouméa. I transatlantici aereielettrici sono assai numerosi e assai bene equipaggiatiper trasportare, da oggi a venerdì sera, milioni di viag-giatori.

«Aggiungerò infine che non a torto sono state presecerte precauzioni contro l'urto della cometa, sono statipreparati cantine, sotto suoli e gallerie; dovremo senzadubbio sopportare una terribile burrasca che potrà dura-re molte ore, e dovremo forse respirare un'atmosferamolto soffocante. Ma – o signori – le vittime – e ve nesaranno molte – saranno più che altro uccise dalla paura.Abbiamo dunque sangue freddo, pensando che l'incon-tro celeste che, del resto, non lo dimentichiamo, potreb-be anche essere del tutto innocuo, durerà soltanto qual-che ora e passerà, lasciando vivere gli uomini come pri-ma, sotto il buon sole della natura».

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CAPITOLO V.IL CONCILIO DEL VATICANO

«L'afflizione sarà così grande che nonce ne saranno state di simili dopo lacreazione del mondo».GESÙ CRISTO, Evangeli, Matteo, XXIII.

Mentre le discussioni scientifiche che abbiamo riferi-to avevano luogo a Parigi, assemblee dello stesso genereerano tenute a Londra, a Cicago, a Pietroburgo, a Iokoa-ma, a Melbourne, a New York, a Liberty, e in tutte leprincipali città del mondo: e ciascuna si sforzava, coipropri lumi, di esaminare le diverse soluzioni del grandeproblema, che preoccupava la generale attenzionedell'umanità. A Oxford specialmente la Chiesa riformatateneva un concilio teologico, nel quale le tradizioni e leinterpretazioni religiose erano a lungo discusse. Non sifinirebbe mai di riferire, o anche di riassumere qui tuttiquesti congressi; tuttavia, non possiamo tralasciare quel-lo del Vaticano, il più importante dal punto di vista reli-gioso, come le sedute dell'Istituto di Parigi erano state lepiù importanti dal punto di vista scientifico.

Un concilio ecumenico di tutti i vescovi era stato con-vocato da molto tempo dal Sovrano Pontefice PioXVIII, per votare l'adozione di un nuovo articolo di

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CAPITOLO V.IL CONCILIO DEL VATICANO

«L'afflizione sarà così grande che nonce ne saranno state di simili dopo lacreazione del mondo».GESÙ CRISTO, Evangeli, Matteo, XXIII.

Mentre le discussioni scientifiche che abbiamo riferi-to avevano luogo a Parigi, assemblee dello stesso genereerano tenute a Londra, a Cicago, a Pietroburgo, a Iokoa-ma, a Melbourne, a New York, a Liberty, e in tutte leprincipali città del mondo: e ciascuna si sforzava, coipropri lumi, di esaminare le diverse soluzioni del grandeproblema, che preoccupava la generale attenzionedell'umanità. A Oxford specialmente la Chiesa riformatateneva un concilio teologico, nel quale le tradizioni e leinterpretazioni religiose erano a lungo discusse. Non sifinirebbe mai di riferire, o anche di riassumere qui tuttiquesti congressi; tuttavia, non possiamo tralasciare quel-lo del Vaticano, il più importante dal punto di vista reli-gioso, come le sedute dell'Istituto di Parigi erano state lepiù importanti dal punto di vista scientifico.

Un concilio ecumenico di tutti i vescovi era stato con-vocato da molto tempo dal Sovrano Pontefice PioXVIII, per votare l'adozione di un nuovo articolo di

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fede, destinato a completare quello dell'infallibilità delpapa, proclamato nel 1870, e gli altri tre aggiunti dopo.Si trattava, questa volta, della divinità del papa. Si dove-va dichiarare che l'anima del pontefice romano, elettodal conclave per diretta ispirazione dello Spirito Santo,partecipava degli attributi dell'Essere eterno, era infalli-bile dal momento della sua elezione papale, non soltantonelle decisioni teologiche ex cathedra, ma anche in tuttigli affari puramente umani, e godeva, di pieno diritto,della celeste immortalità dei santi che stanno presso altrono di Dio e che partecipano della gloria dell'Altissi-mo. Un certo numero di prelati moderni, considerava, èvero, la religione soltanto dal punto di vista dell'impor-tanza sociale che essa ha, nell'opera della civiltà, ma ipontefici dell'antica scuola ammettevano ancora la Rive-lazione, molto sinceramente, e gli ultimi papi, tra gli al-tri, erano tutti stati veri modelli di saggezza, di virtù e disantità. Il concilio era stato anticipato di un mese, a cau-sa della minaccia della cometa; perchè si sperava che lasoluzione teologica della questione avrebbe diffuso unaviva luce nell'anima agitata dei fedeli e forse avrebbeportato la calma completa nelle coscienze tranquillizza-te.

Noi non dobbiamo qui preoccuparci delle sedute delconcilio relative al nuovo articolo di fede. Diciamo sol-tanto che era stato votato con una grande maggioranza(451 sì e 88 no). Erano stati molto notati i voti negatividi quattro cardinali e di venticinque arcivescovi o vesco-vi francesi; ma la maggioranza aveva forza di legge e,

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fede, destinato a completare quello dell'infallibilità delpapa, proclamato nel 1870, e gli altri tre aggiunti dopo.Si trattava, questa volta, della divinità del papa. Si dove-va dichiarare che l'anima del pontefice romano, elettodal conclave per diretta ispirazione dello Spirito Santo,partecipava degli attributi dell'Essere eterno, era infalli-bile dal momento della sua elezione papale, non soltantonelle decisioni teologiche ex cathedra, ma anche in tuttigli affari puramente umani, e godeva, di pieno diritto,della celeste immortalità dei santi che stanno presso altrono di Dio e che partecipano della gloria dell'Altissi-mo. Un certo numero di prelati moderni, considerava, èvero, la religione soltanto dal punto di vista dell'impor-tanza sociale che essa ha, nell'opera della civiltà, ma ipontefici dell'antica scuola ammettevano ancora la Rive-lazione, molto sinceramente, e gli ultimi papi, tra gli al-tri, erano tutti stati veri modelli di saggezza, di virtù e disantità. Il concilio era stato anticipato di un mese, a cau-sa della minaccia della cometa; perchè si sperava che lasoluzione teologica della questione avrebbe diffuso unaviva luce nell'anima agitata dei fedeli e forse avrebbeportato la calma completa nelle coscienze tranquillizza-te.

Noi non dobbiamo qui preoccuparci delle sedute delconcilio relative al nuovo articolo di fede. Diciamo sol-tanto che era stato votato con una grande maggioranza(451 sì e 88 no). Erano stati molto notati i voti negatividi quattro cardinali e di venticinque arcivescovi o vesco-vi francesi; ma la maggioranza aveva forza di legge e,

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solennemente proclamato il dogma della divinità delpapa, quattrocento cinquantun prelati si erano prosterna-ti a piè del trono pontificale, per adorare il «Divino Pa-dre» espressione che già da molto tempo sostituival'antico appellativo di «Santo Padre».

Fino dai primi secoli del cristianesimo, il titolo onori-fico dato al papa era stato: «Vostro Apostolato», più tar-di a questo titolo antico fu sostituito quello di «VostraSantità». Ormai si doveva dire «Vostra Divinità».L'ascensione del titolo era continuata fino allo Zenith.

Il concilio si era diviso in un certo numero di sezionie di comitati di studio, e la questione della fine del mon-do, spesso agitata, del resto, era divenuta l'argomentounico di uno di questi comitati.

È nostro dovere di riferir qui, più esattamente che siapossibile, il carattere della principale seduta destinata aquesta discussione.

Il patriarca di Gerusalemme, uomo di grande pietà edi fede profonda, aveva preso per il primo la parola. Siera espresso in latino; ma ecco la traduzione fedele dellesue parole:

— Venerandi Padri, io non posso far niente di meglioche aprire davanti a voi i Santi Evangeli.

Permettetemi di leggere testualmente:«Quando vedrete che l'abominio della desolazione,

predetta dal profeta Daniele sarà nel luogo santo che illettore comprende, che quelli che saranno nella Giudeafuggiranno verso le montagne, che colui che sarà soprail tetto non discenderà per portar via qualche cosa dalla

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solennemente proclamato il dogma della divinità delpapa, quattrocento cinquantun prelati si erano prosterna-ti a piè del trono pontificale, per adorare il «Divino Pa-dre» espressione che già da molto tempo sostituival'antico appellativo di «Santo Padre».

Fino dai primi secoli del cristianesimo, il titolo onori-fico dato al papa era stato: «Vostro Apostolato», più tar-di a questo titolo antico fu sostituito quello di «VostraSantità». Ormai si doveva dire «Vostra Divinità».L'ascensione del titolo era continuata fino allo Zenith.

Il concilio si era diviso in un certo numero di sezionie di comitati di studio, e la questione della fine del mon-do, spesso agitata, del resto, era divenuta l'argomentounico di uno di questi comitati.

È nostro dovere di riferir qui, più esattamente che siapossibile, il carattere della principale seduta destinata aquesta discussione.

Il patriarca di Gerusalemme, uomo di grande pietà edi fede profonda, aveva preso per il primo la parola. Siera espresso in latino; ma ecco la traduzione fedele dellesue parole:

— Venerandi Padri, io non posso far niente di meglioche aprire davanti a voi i Santi Evangeli.

Permettetemi di leggere testualmente:«Quando vedrete che l'abominio della desolazione,

predetta dal profeta Daniele sarà nel luogo santo che illettore comprende, che quelli che saranno nella Giudeafuggiranno verso le montagne, che colui che sarà soprail tetto non discenderà per portar via qualche cosa dalla

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casa; e che colui che sarà nei campi non tornerà a pren-dere le sue vesti:

«Infelici le donne che saranno incinte, o allatteranno iloro figlioli! Pregate allora che ciò non accada, durantel'inverno o in giorno di sabato; perchè l'afflizione saràcosì grande che non ce ne saranno state di simili dopo lacreazione del mondo.

«Se Dio non abbreviasse questi giorni di desolazione,nessuno sfuggirebbe alla distruzione; ma egli li abbre-vierà, a causa dei suoi eletti.

«...Come un baleno improvviso che viene dall'Orien-te, d'un tratto, fino all'Occidente, così sarà l'apparizionedel Figlio dell'uomo.

«Il Sole si oscurerà, la Luna non illuminerà più, lestelle cadranno dal cielo, le fondamenta dei cieli saran-no scosse.

«Allora si vedrà il Figlio dell'Uomo apparir sulle nubiin tutta la sua gloria e inviare i suoi angeli, che farannoudire la voce squillante delle loro trombe, e che riuni-ranno i loro eletti dalle quattro parti del mondo, daun'estremità all'altra dell'orizzonte».

Tali sono, miei venerabili fratelli, le parole di GesùCristo.

E il Signore ha avuto cura di aggiungere:«In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui

presenti non gusteranno la morte, che non abbiano ve-duto il Figliuolo dell'Uomo venire nel suo regno. Questagenerazione non passerà prima che queste cose sienogiunte».

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casa; e che colui che sarà nei campi non tornerà a pren-dere le sue vesti:

«Infelici le donne che saranno incinte, o allatteranno iloro figlioli! Pregate allora che ciò non accada, durantel'inverno o in giorno di sabato; perchè l'afflizione saràcosì grande che non ce ne saranno state di simili dopo lacreazione del mondo.

«Se Dio non abbreviasse questi giorni di desolazione,nessuno sfuggirebbe alla distruzione; ma egli li abbre-vierà, a causa dei suoi eletti.

«...Come un baleno improvviso che viene dall'Orien-te, d'un tratto, fino all'Occidente, così sarà l'apparizionedel Figlio dell'uomo.

«Il Sole si oscurerà, la Luna non illuminerà più, lestelle cadranno dal cielo, le fondamenta dei cieli saran-no scosse.

«Allora si vedrà il Figlio dell'Uomo apparir sulle nubiin tutta la sua gloria e inviare i suoi angeli, che farannoudire la voce squillante delle loro trombe, e che riuni-ranno i loro eletti dalle quattro parti del mondo, daun'estremità all'altra dell'orizzonte».

Tali sono, miei venerabili fratelli, le parole di GesùCristo.

E il Signore ha avuto cura di aggiungere:«In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui

presenti non gusteranno la morte, che non abbiano ve-duto il Figliuolo dell'Uomo venire nel suo regno. Questagenerazione non passerà prima che queste cose sienogiunte».

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Queste parole sono prese testualmente nei «SantiEvangeli»6. Sapete che su questo punto gli evangelistisono concordi.

Sapete anche, reverendissimi Padri, che l'Apocalissedi S. Giovanni espone in termini ancora più tragici lagrande catastrofe finale. Ma le Sante Scritture sono notea ciascuno di voi, parola per parola, e mi parrebbe su-perfluo, se non anche fuor di luogo, in cospetto dei dottiche mi ascoltano, aggiungere qui citazioni che voi tuttiavete sulle labbra. —

Tale fu l'esordio del discorso del patriarca di Gerusa-lemme. Egli divise il suo discorso in tre parti: 1° la pa-rola di Gesù Cristo 2° la tradizione evangelica 3° il dog-ma della resurrezione dei corpi e del giudizio finale. Ildiscorso, cominciato sotto forma d'esposizione storica,non tardò a trasformarsi in una specie di sermone di va-ste proporzioni; e l'oratore, quando, dopo essere passatoda S. Paolo a Clemente d'Alessandria, Tertulliano edOrigene, arrivò al concilio di Nicea e al dogma della re-surrezione universale, si lasciò trascinare dall'argomentoa una volata sublime, che commosse fino alle visceretutta l'assemblea dei vescovi. Molti che non vi credeva-no più, si sentirono invasi dalla fede apostolica dei primisecoli, tanto grande è la forza dell'eloquenza. Bisognadire che il luogo della riunione si prestava mirabilmenteal soggetto.

6 Matteo, XXIV. – Id. XVI, – Marc. XIII. – Luc. XVII e XXI.

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Queste parole sono prese testualmente nei «SantiEvangeli»6. Sapete che su questo punto gli evangelistisono concordi.

Sapete anche, reverendissimi Padri, che l'Apocalissedi S. Giovanni espone in termini ancora più tragici lagrande catastrofe finale. Ma le Sante Scritture sono notea ciascuno di voi, parola per parola, e mi parrebbe su-perfluo, se non anche fuor di luogo, in cospetto dei dottiche mi ascoltano, aggiungere qui citazioni che voi tuttiavete sulle labbra. —

Tale fu l'esordio del discorso del patriarca di Gerusa-lemme. Egli divise il suo discorso in tre parti: 1° la pa-rola di Gesù Cristo 2° la tradizione evangelica 3° il dog-ma della resurrezione dei corpi e del giudizio finale. Ildiscorso, cominciato sotto forma d'esposizione storica,non tardò a trasformarsi in una specie di sermone di va-ste proporzioni; e l'oratore, quando, dopo essere passatoda S. Paolo a Clemente d'Alessandria, Tertulliano edOrigene, arrivò al concilio di Nicea e al dogma della re-surrezione universale, si lasciò trascinare dall'argomentoa una volata sublime, che commosse fino alle visceretutta l'assemblea dei vescovi. Molti che non vi credeva-no più, si sentirono invasi dalla fede apostolica dei primisecoli, tanto grande è la forza dell'eloquenza. Bisognadire che il luogo della riunione si prestava mirabilmenteal soggetto.

6 Matteo, XXIV. – Id. XVI, – Marc. XIII. – Luc. XVII e XXI.

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L'assemblea era nella cappella Sistina. L'immenso egrandioso quadro di Michelangelo si ergeva come unnuovo cielo apocalittico davanti a tutti. Il formidabileammasso di corpi, di braccia, di gambe dagli scorci vio-lenti e bizzarri, il Cristo fulminante, i dannati trascinatidai diavoli dalle facce bestiali, i morti che escono dalletombe, gli scheletri che si rivestono di carne e ritornanoin vita, lo spavento terribile dell'umanità, tremante sottola collera di Dio, tutto questo insieme pareva dare unavita, una realtà agli eloquenti periodi oratorî del patriar-ca e, a momenti, sotto certi effetti di luce, pareva di ve-dere le trombe del giudizio avanzarsi, e di udire i suonilontani dell'appello celeste, di vedere agitarsi e riviverefra cielo e terra tutte queste carni resuscitate!

Il patriarca di Gerusalemme aveva appena chiuso laperorazione del suo discorso, quando un vescovo indi-pendente, uno dei più accesi dissidenti del concilio, ildotto Mayerstross, si precipitò alla tribuna e cominciò asostenere che non bisognava prender nulla alla letteranegli evangeli, nelle tradizioni della Chiesa e neppurenei dogmi. «La lettera uccide – gridò – lo spirito vivifi-ca! Tutto si trasforma, tutto subisce la legge del progres-so, il mondo cammina. I cristiani illuminati non possonopiù ammettere nè la resurrezione dei corpi, nè il ritornodi Gesù sopra un trono di nuvole, nè il giudizio finale.Tutte queste visioni, aggiunse, erano buone per la chiesadelle catacombe! È molto tempo che nessuno vi credepiù. Queste idee sono antiscientifiche, e, reverendissimiPadri, voi sapete come me che ora bisogna accordarsi

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L'assemblea era nella cappella Sistina. L'immenso egrandioso quadro di Michelangelo si ergeva come unnuovo cielo apocalittico davanti a tutti. Il formidabileammasso di corpi, di braccia, di gambe dagli scorci vio-lenti e bizzarri, il Cristo fulminante, i dannati trascinatidai diavoli dalle facce bestiali, i morti che escono dalletombe, gli scheletri che si rivestono di carne e ritornanoin vita, lo spavento terribile dell'umanità, tremante sottola collera di Dio, tutto questo insieme pareva dare unavita, una realtà agli eloquenti periodi oratorî del patriar-ca e, a momenti, sotto certi effetti di luce, pareva di ve-dere le trombe del giudizio avanzarsi, e di udire i suonilontani dell'appello celeste, di vedere agitarsi e riviverefra cielo e terra tutte queste carni resuscitate!

Il patriarca di Gerusalemme aveva appena chiuso laperorazione del suo discorso, quando un vescovo indi-pendente, uno dei più accesi dissidenti del concilio, ildotto Mayerstross, si precipitò alla tribuna e cominciò asostenere che non bisognava prender nulla alla letteranegli evangeli, nelle tradizioni della Chiesa e neppurenei dogmi. «La lettera uccide – gridò – lo spirito vivifi-ca! Tutto si trasforma, tutto subisce la legge del progres-so, il mondo cammina. I cristiani illuminati non possonopiù ammettere nè la resurrezione dei corpi, nè il ritornodi Gesù sopra un trono di nuvole, nè il giudizio finale.Tutte queste visioni, aggiunse, erano buone per la chiesadelle catacombe! È molto tempo che nessuno vi credepiù. Queste idee sono antiscientifiche, e, reverendissimiPadri, voi sapete come me che ora bisogna accordarsi

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con la Scienza che ha cessato d'essere, come al tempo diGalileo, l'umile ancella della teologia: Theologiae humi-lis ancilla. I corpi non si possono ricostituire, neppurecon un miracolo, dato che le loro molecole ritornanoalla natura e vanno ad appartenere successivamente avarie quantità d'esseri; vegetali, animali ed umani. Noisiamo formati dalla polvere dei morti e, nell'avvenire, lemolecole di ossigeno, d'idrogeno, d'azoto, di carbonio,di fosforo, di zolfo o di ferro, che costituiscono le vostrecarni e le vostre ossa, saranno incorporate in altri orga-nismi, di uomini e di bruti. È una trasformazione perpe-tua, anche durante la vita. Muore un essere umano al se-condo, vale a dire più di ottanta sei mila al giorno, più ditrenta milioni all'anno, più di tre miliardi al secolo. Cen-to secoli – e non è un'enormità nella storia d'un pianeta,cento secoli soltanto darebbero trecento miliardi di resu-scitati. L'umanità terrestre ha vissuto soltanto centomilaanni – e nessuno ignora che i periodi geologici ed astro-nomici si contano a milioni di anni – ed essa dovrebbegettare nella valle di Giosafat qualche cosa di simile atre mila miliardi di uomini, di donne e di fanciulli resu-scitati. E il mio conto è tutt'altro che esagerato, perchèio non tengo conto dell'accrescimento secolare della po-polazione terrestre. Potete rispondermi che soltanto icristiani resusciteranno! Che sarà allora degli altri? Duepesi e due misure! La morte e la vita! La notte e il gior-no! Il nero e il bianco! L'ingiustizia divina e l'arbitrio re-gnante sulla creazione! Ma no, voi non accettate questasoluzione. La legge eterna è uguale per tutti.

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con la Scienza che ha cessato d'essere, come al tempo diGalileo, l'umile ancella della teologia: Theologiae humi-lis ancilla. I corpi non si possono ricostituire, neppurecon un miracolo, dato che le loro molecole ritornanoalla natura e vanno ad appartenere successivamente avarie quantità d'esseri; vegetali, animali ed umani. Noisiamo formati dalla polvere dei morti e, nell'avvenire, lemolecole di ossigeno, d'idrogeno, d'azoto, di carbonio,di fosforo, di zolfo o di ferro, che costituiscono le vostrecarni e le vostre ossa, saranno incorporate in altri orga-nismi, di uomini e di bruti. È una trasformazione perpe-tua, anche durante la vita. Muore un essere umano al se-condo, vale a dire più di ottanta sei mila al giorno, più ditrenta milioni all'anno, più di tre miliardi al secolo. Cen-to secoli – e non è un'enormità nella storia d'un pianeta,cento secoli soltanto darebbero trecento miliardi di resu-scitati. L'umanità terrestre ha vissuto soltanto centomilaanni – e nessuno ignora che i periodi geologici ed astro-nomici si contano a milioni di anni – ed essa dovrebbegettare nella valle di Giosafat qualche cosa di simile atre mila miliardi di uomini, di donne e di fanciulli resu-scitati. E il mio conto è tutt'altro che esagerato, perchèio non tengo conto dell'accrescimento secolare della po-polazione terrestre. Potete rispondermi che soltanto icristiani resusciteranno! Che sarà allora degli altri? Duepesi e due misure! La morte e la vita! La notte e il gior-no! Il nero e il bianco! L'ingiustizia divina e l'arbitrio re-gnante sulla creazione! Ma no, voi non accettate questasoluzione. La legge eterna è uguale per tutti.

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Ebbene! queste migliaia di miliardi di resuscitati doveli mettete? Mostratemi una valle di Giosafat capace dicontenerli. Li spargete tutti intorno al globo? Sopprime-te gli oceani, i ghiacci polari? Avvolgete la terra d'unaforesta di corpi umani? Sia pure. Come, quelli degli an-tipodi, potranno vedere l'Uomo-Dio? Farà il giro delmondo! Voglio ammetterlo e dopo? Che sarà di questaimmensa popolazione? Trasportate gli eletti al cielo e idannati all'inferno? Dove?... Difficoltà su difficoltà, as-surdità su assurdità. No, miei reverendissimi Padri, lenostre credenze non devono, non possono essere presealla lettera. Vorrei che qui non vi fossero teologi dagliocchi chiusi che guardano dentro, ma astronomi dagliocchi aperti, che guardano fuori!»

Queste parole erano state pronunziate in mezzo a untumulto indescrivibile: più volte si era tentato di toglierela parola al vescovo croato che veniva minacciato coipugni e trattato di scismatico; ma le regole stesse delconcilio vi si opponevano e la più grande libertà era la-sciata alla discussione.

Un cardinale irlandese attirò su di sè i fulmini dellaChiesa, e parlò di scomunica e di anatema: ma si videun prelato della Chiesa gallicana, e non uno qualunque,l'arcivescovo di Parigi in persona salire alla tribuna e di-chiarare che il dogma della resurrezione dei morti si po-teva discutere senza incorrere in alcun biasimo canonicoe poteva essere interpretato, conciliando la ragione conla fede. Secondo lui, si poteva ammettere il dogma, pur

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Ebbene! queste migliaia di miliardi di resuscitati doveli mettete? Mostratemi una valle di Giosafat capace dicontenerli. Li spargete tutti intorno al globo? Sopprime-te gli oceani, i ghiacci polari? Avvolgete la terra d'unaforesta di corpi umani? Sia pure. Come, quelli degli an-tipodi, potranno vedere l'Uomo-Dio? Farà il giro delmondo! Voglio ammetterlo e dopo? Che sarà di questaimmensa popolazione? Trasportate gli eletti al cielo e idannati all'inferno? Dove?... Difficoltà su difficoltà, as-surdità su assurdità. No, miei reverendissimi Padri, lenostre credenze non devono, non possono essere presealla lettera. Vorrei che qui non vi fossero teologi dagliocchi chiusi che guardano dentro, ma astronomi dagliocchi aperti, che guardano fuori!»

Queste parole erano state pronunziate in mezzo a untumulto indescrivibile: più volte si era tentato di toglierela parola al vescovo croato che veniva minacciato coipugni e trattato di scismatico; ma le regole stesse delconcilio vi si opponevano e la più grande libertà era la-sciata alla discussione.

Un cardinale irlandese attirò su di sè i fulmini dellaChiesa, e parlò di scomunica e di anatema: ma si videun prelato della Chiesa gallicana, e non uno qualunque,l'arcivescovo di Parigi in persona salire alla tribuna e di-chiarare che il dogma della resurrezione dei morti si po-teva discutere senza incorrere in alcun biasimo canonicoe poteva essere interpretato, conciliando la ragione conla fede. Secondo lui, si poteva ammettere il dogma, pur

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riconoscendo razionalmente impossibile la resurrezionedei nostri corpi!

«Il Dottore angelico – disse – parlando di S. Tomma-so, assicurava che la dissoluzione completa di tutti corpiumani avverrà col fuoco, prima della resurrezione(Summa theologica III). Aggiungerò di buon grado, coldom. Calmet (Dissertazione sulla Resurrezione dei Mor-ti) che non è impossibile all'onnipotenza del Creatoreriunire le molecole disperse, in modo che il corpo, unavolta resuscitato non ne abbia nessuna che non gli siaappartenuta in qualche epoca della sua vita. Ma un simi-le miracolo non è poi necessario.

Lo stesso S. Tommaso ha dimostrato (loco citato) chequesta identità completa di materia non è affatto indi-spensabile per stabilire l'identità perfetta del corpo resu-scitato col corpo distrutto dalla morte. Io certamentenon condivido le idee un po' sovversive del nostro ono-revole collega, ma penso, al pari di lui, che la letteradebba far posto allo spirito.

«Qual è il principio dell'identità dei corpi viventi?Certo non consiste nell'identità completa e persistentedella materia di questi corpi. Infatti, in questo flussocontinuo, in questo rinnovamento incessante, che costi-tuiscono il giuoco della vita fisiologica, i materiali chehanno appartenuto successivamente a uno stesso corpoumano dall'infanzia alla vecchiezza basterebbero a for-mare una statua colossale. In questo torrente della vita imateriali passano e cambiano senza tregua; ma l'organi-smo resta lo stesso, nonostante le sue modificazioni di

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riconoscendo razionalmente impossibile la resurrezionedei nostri corpi!

«Il Dottore angelico – disse – parlando di S. Tomma-so, assicurava che la dissoluzione completa di tutti corpiumani avverrà col fuoco, prima della resurrezione(Summa theologica III). Aggiungerò di buon grado, coldom. Calmet (Dissertazione sulla Resurrezione dei Mor-ti) che non è impossibile all'onnipotenza del Creatoreriunire le molecole disperse, in modo che il corpo, unavolta resuscitato non ne abbia nessuna che non gli siaappartenuta in qualche epoca della sua vita. Ma un simi-le miracolo non è poi necessario.

Lo stesso S. Tommaso ha dimostrato (loco citato) chequesta identità completa di materia non è affatto indi-spensabile per stabilire l'identità perfetta del corpo resu-scitato col corpo distrutto dalla morte. Io certamentenon condivido le idee un po' sovversive del nostro ono-revole collega, ma penso, al pari di lui, che la letteradebba far posto allo spirito.

«Qual è il principio dell'identità dei corpi viventi?Certo non consiste nell'identità completa e persistentedella materia di questi corpi. Infatti, in questo flussocontinuo, in questo rinnovamento incessante, che costi-tuiscono il giuoco della vita fisiologica, i materiali chehanno appartenuto successivamente a uno stesso corpoumano dall'infanzia alla vecchiezza basterebbero a for-mare una statua colossale. In questo torrente della vita imateriali passano e cambiano senza tregua; ma l'organi-smo resta lo stesso, nonostante le sue modificazioni di

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grandezza, di forma e di costituzione intima. Il fusto na-scente della quercia, ravvolto tra i suoi due cotiledoni,non sarà forse più la medesima pianta, quando sarà di-venuto una quercia maestosa? L'insetto in embrione, an-cora contenuto nell'uovo, non sarà il medesimo insetto,divenuto una volta bruco, e poi crisalide, e poi farfalla?Il feto umano non sarà più lo stesso individuo, divenutofanciullo, uomo vecchio?

«Sì, certamente. Ora, nella quercia, nella farfalla,nell'uomo, è restata forse una sola delle molecole pon-derabili del fusto nascente della quercia, dell'embrione,del bruco, del feto umano? Qual è dunque il principioche persiste traverso tutti questi cambiamenti? Questoprincipio è qualche cosa di reale, non d'immaginario.Non è l'anima; perchè le piante vivono e non hanno ani-ma, nel senso che noi dobbiamo dare a questa parola. Ètuttavia qualche cosa d'imponderabile. Sopravvive alcorpo? Può darsi. S. Gregorio di Nyssa lo credeva. Seresta unito all'anima può essere destinato a renderle unnuovo corpo, identico a quello che la morte ha disciolto,ancorchè questo corpo non possedesse alcuna delle mo-lecole che aveva posseduto in un istante qualunque dellasua vita terrestre: e sarà anch'esso il nostro corpo, comequello che avemmo a cinque anni, a quindici, a trenta, oa settanta.

«Un tal corpo si accorda perfettamente con le espres-sioni della Santa Scrittura, secondo la quale, è certo chele anime, dopo aver vissuto di una vita separata, ripren-deranno i loro corpi alla fine dei tempi, e per sempre.

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grandezza, di forma e di costituzione intima. Il fusto na-scente della quercia, ravvolto tra i suoi due cotiledoni,non sarà forse più la medesima pianta, quando sarà di-venuto una quercia maestosa? L'insetto in embrione, an-cora contenuto nell'uovo, non sarà il medesimo insetto,divenuto una volta bruco, e poi crisalide, e poi farfalla?Il feto umano non sarà più lo stesso individuo, divenutofanciullo, uomo vecchio?

«Sì, certamente. Ora, nella quercia, nella farfalla,nell'uomo, è restata forse una sola delle molecole pon-derabili del fusto nascente della quercia, dell'embrione,del bruco, del feto umano? Qual è dunque il principioche persiste traverso tutti questi cambiamenti? Questoprincipio è qualche cosa di reale, non d'immaginario.Non è l'anima; perchè le piante vivono e non hanno ani-ma, nel senso che noi dobbiamo dare a questa parola. Ètuttavia qualche cosa d'imponderabile. Sopravvive alcorpo? Può darsi. S. Gregorio di Nyssa lo credeva. Seresta unito all'anima può essere destinato a renderle unnuovo corpo, identico a quello che la morte ha disciolto,ancorchè questo corpo non possedesse alcuna delle mo-lecole che aveva posseduto in un istante qualunque dellasua vita terrestre: e sarà anch'esso il nostro corpo, comequello che avemmo a cinque anni, a quindici, a trenta, oa settanta.

«Un tal corpo si accorda perfettamente con le espres-sioni della Santa Scrittura, secondo la quale, è certo chele anime, dopo aver vissuto di una vita separata, ripren-deranno i loro corpi alla fine dei tempi, e per sempre.

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«A S. Gregorio di Nyssa permettetemi, reverendissi-mi Padri, di aggiungere un filosofo, Leibnitz, l'opinionedel quale era che il principio della vita fisiologica è im-ponderabile, ma non incorporeo, e che l'anima resta uni-ta a questo principio quando è separata dal corpo ponde-rabile e visibile. Io non pretendo nè di accettare questaipotesi, nè di rigettarla. Faccio soltanto notare che puòservire a spiegare il dogma della resurrezione, al qualeogni cristiano deve credere in maniera assoluta.

«Questo tentativo di conciliare la ragione con la fede– interruppe il vescovo croato – è degno di elogi – mami sembra più ingegnoso che accettabile. Questi corpisomiglieranno ai nostri? Se sono perfetti, incorruttibili,adatti alla loro nuova condizione, non devono possederealcun organo, di cui non abbiano a servirsi. Perchè unabocca, se non mangeranno più? e perchè delle gambe, senon dovranno camminare? perchè braccia, poichè nonlavoreranno? Perchè? Uno dei nostri antichi Padri, Ori-gene, di cui non è dimenticato l'eroico sacrificio perso-nale, ha pensato che questi corpi dovrebbero essere pal-le perfette. Ciò sarebbe logico, ma non sarebbe bello,nè, certo, molto interessante.

«È preferibile ammettere con S. Gregorio di Nyssa eS. Agostino – replicò l'arcivescovo di Parigi – che i cor-pi resuscitati avranno la forma umana, velo trasparentedella bellezza dell'anima».

In questi termini fu riassunta dal cardinale francesel'opinione moderna della Chiesa sulla resurrezione deicorpi. In quanto alle obbiezioni presentate circa il luogo

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«A S. Gregorio di Nyssa permettetemi, reverendissi-mi Padri, di aggiungere un filosofo, Leibnitz, l'opinionedel quale era che il principio della vita fisiologica è im-ponderabile, ma non incorporeo, e che l'anima resta uni-ta a questo principio quando è separata dal corpo ponde-rabile e visibile. Io non pretendo nè di accettare questaipotesi, nè di rigettarla. Faccio soltanto notare che puòservire a spiegare il dogma della resurrezione, al qualeogni cristiano deve credere in maniera assoluta.

«Questo tentativo di conciliare la ragione con la fede– interruppe il vescovo croato – è degno di elogi – mami sembra più ingegnoso che accettabile. Questi corpisomiglieranno ai nostri? Se sono perfetti, incorruttibili,adatti alla loro nuova condizione, non devono possederealcun organo, di cui non abbiano a servirsi. Perchè unabocca, se non mangeranno più? e perchè delle gambe, senon dovranno camminare? perchè braccia, poichè nonlavoreranno? Perchè? Uno dei nostri antichi Padri, Ori-gene, di cui non è dimenticato l'eroico sacrificio perso-nale, ha pensato che questi corpi dovrebbero essere pal-le perfette. Ciò sarebbe logico, ma non sarebbe bello,nè, certo, molto interessante.

«È preferibile ammettere con S. Gregorio di Nyssa eS. Agostino – replicò l'arcivescovo di Parigi – che i cor-pi resuscitati avranno la forma umana, velo trasparentedella bellezza dell'anima».

In questi termini fu riassunta dal cardinale francesel'opinione moderna della Chiesa sulla resurrezione deicorpi. In quanto alle obbiezioni presentate circa il luogo

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della resurrezione, il numero dei resuscitati, la ristrettez-za della superfice del globo terrestre, il soggiorno defi-nitivo degli eletti e dei dannati, fu impossibile intender-si, a causa di contradizioni insolubili. Dobbiamo segna-lare l'idea molto originale di un predicatore dell'Orato-rio, candidato alla porpora, che il mondo futuro destina-to a ricevere i resuscitati, sarà un immenso globo cavo,illuminato nel centro da un sole inestinguibile, e abitatointernamente: – così – egli diceva – sarebbe risolto ilproblema del giorno eterno della vita futura.

L'impressione che rimase nelle menti, nonostante tut-te le opinioni fu che anche in questo caso le cose doves-sero essere intese in senso figurato: che nè il cielo, nèl'inferno dei teologi devono rappresentare luoghi precisi:che doveva trattarsi di stati d'animo, di felicità o di infe-licità, e che la vita eterna, qualunque sia la sua forma,potrà e dovrà compiersi nei mondi innumerevoli che po-polano lo spazio infinito.

Parrebbe così che il pensiero cristiano si fosse grada-tamente trasformato, negli spiriti illuminati, seguendo iprogressi dell'astronomia e di tutte le scienze.

Tuttavia il papa e la maggior parte dei cardinali si te-nevano sempre al senso stretto e assoluto delle antichecredenze e dei dogmi decretati dagli antichi concili.

Vi fu poca discussione intorno alla cometa. Pertanto,il papa ordinò per telefono a tutte le diocesi del mondo,che erano con lui in continua comunicazione, preghierepubbliche per calmare la collera divina e allontanaredalla cristianità il braccio del Giudice Sovrano. Appositi

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della resurrezione, il numero dei resuscitati, la ristrettez-za della superfice del globo terrestre, il soggiorno defi-nitivo degli eletti e dei dannati, fu impossibile intender-si, a causa di contradizioni insolubili. Dobbiamo segna-lare l'idea molto originale di un predicatore dell'Orato-rio, candidato alla porpora, che il mondo futuro destina-to a ricevere i resuscitati, sarà un immenso globo cavo,illuminato nel centro da un sole inestinguibile, e abitatointernamente: – così – egli diceva – sarebbe risolto ilproblema del giorno eterno della vita futura.

L'impressione che rimase nelle menti, nonostante tut-te le opinioni fu che anche in questo caso le cose doves-sero essere intese in senso figurato: che nè il cielo, nèl'inferno dei teologi devono rappresentare luoghi precisi:che doveva trattarsi di stati d'animo, di felicità o di infe-licità, e che la vita eterna, qualunque sia la sua forma,potrà e dovrà compiersi nei mondi innumerevoli che po-polano lo spazio infinito.

Parrebbe così che il pensiero cristiano si fosse grada-tamente trasformato, negli spiriti illuminati, seguendo iprogressi dell'astronomia e di tutte le scienze.

Tuttavia il papa e la maggior parte dei cardinali si te-nevano sempre al senso stretto e assoluto delle antichecredenze e dei dogmi decretati dagli antichi concili.

Vi fu poca discussione intorno alla cometa. Pertanto,il papa ordinò per telefono a tutte le diocesi del mondo,che erano con lui in continua comunicazione, preghierepubbliche per calmare la collera divina e allontanaredalla cristianità il braccio del Giudice Sovrano. Appositi

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fonografi fecero udire in tutte le chiese la stessa paroladel Pontefice romano.

La seduta precedente aveva avuto luogo il martedìsera, cioè l'indomani delle due sedute di Parigi, riferitesopra. Il Divino Padre aveva trasmesso l'invito del Pre-sidente dell'Istituto di allontanarsi dall'Italia per il gior-no temuto: ma non se ne era tenuto alcun conto: primaperchè la morte, per tutti i credenti, rappresenta una li-berazione; poi perchè la maggioranza dei teologi conte-stava l'esistenza stessa degli abitanti di Marte; in terzoluogo, perchè un concilio di vescovi, presieduto dal Di-vino Padre, non può mostrare di aver paura e deve con-servare una certa fiducia nell'efficacia della preghiera,elevazione delle anime verso il Dio che guida i corpi ce-lesti e che è onnipotente.

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fonografi fecero udire in tutte le chiese la stessa paroladel Pontefice romano.

La seduta precedente aveva avuto luogo il martedìsera, cioè l'indomani delle due sedute di Parigi, riferitesopra. Il Divino Padre aveva trasmesso l'invito del Pre-sidente dell'Istituto di allontanarsi dall'Italia per il gior-no temuto: ma non se ne era tenuto alcun conto: primaperchè la morte, per tutti i credenti, rappresenta una li-berazione; poi perchè la maggioranza dei teologi conte-stava l'esistenza stessa degli abitanti di Marte; in terzoluogo, perchè un concilio di vescovi, presieduto dal Di-vino Padre, non può mostrare di aver paura e deve con-servare una certa fiducia nell'efficacia della preghiera,elevazione delle anime verso il Dio che guida i corpi ce-lesti e che è onnipotente.

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CAPITOLO VI.LA CREDENZA NELLA FINE DEL

MONDO TRAVERSO LE ETÀ

«Vidi nella nube una tromba meravigliosaChe sembrava, sulla soglia profonda dei cieliAspettare, calma, il soffio immenso dell'Arcangelo».

V. HUGO, La trompette du Jugement.

È qui il caso di fare una breve pausa, in mezzo agliavvenimenti precipitosi che ci travolgono, paragonarequesta nuova attesa della fine del mondo a tutte quelleche l'hanno preceduta, e passare rapidamente in rivistala curiosa storia delle idee a questo proposito, traverso isecoli. Del resto, su tutto quanto il globo terrestre, intutti i paesi e in tutte le lingue, non vi era più altro temadi conversazione.

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CAPITOLO VI.LA CREDENZA NELLA FINE DEL

MONDO TRAVERSO LE ETÀ

«Vidi nella nube una tromba meravigliosaChe sembrava, sulla soglia profonda dei cieliAspettare, calma, il soffio immenso dell'Arcangelo».

V. HUGO, La trompette du Jugement.

È qui il caso di fare una breve pausa, in mezzo agliavvenimenti precipitosi che ci travolgono, paragonarequesta nuova attesa della fine del mondo a tutte quelleche l'hanno preceduta, e passare rapidamente in rivistala curiosa storia delle idee a questo proposito, traverso isecoli. Del resto, su tutto quanto il globo terrestre, intutti i paesi e in tutte le lingue, non vi era più altro temadi conversazione.

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I discorsi, tenuti dai Padri del concilio di Roma, sisuccedettero, nella cappella Sistina, e portarono com-plessivamente all'interpretazione definitiva, riassuntadal cardinale arcivescovo di Parigi, riguardante il dogma«Credo resurrectionem carnis». Quel che segue «et vi-tam aeternam» fu tacitamente abbandonato alle scopertefuture degli astronomi e degli psicologi. Questi discorsiavevano, in certo modo, fatto la storia della dottrina cri-stiana, sulla fine del mondo traverso i secoli.

Questo studio è curioso, perchè rappresenta anche lastoria del pensiero umano, messo di fronte alla sua defi-nitiva destinazione: Crediamo interessante esporla qui inun capitolo speciale. Abbandoniamo dunque per unistante il nostro ufficio di narratori del venticinquesimosecolo, per ritornare alla nostra epoca attuale e riassu-mere l'opinione delle età che ci hanno preceduto.

Vi sono stati secoli di fede convinta e profonda e, ciòche è degno d'attenzione, fuori della dottrina cristianatutte le religioni hanno lasciata aperta la medesima portasull'ignoto, all'estremità della vita terrestre. È la portadella Divina Commedia di Dante Alighieri, benchè nontutti abbiano immaginato, al di là di questa porta simbo-lica, il paradiso, l'inferno e il purgatorio dei cristiani.

Zoroastro e lo Zend-Avesta insegnavano che il mondodoveva morire a causa del fuoco. Si trova la stessa ideanell'epistola di S. Pietro. Poichè, secondo le tradizioni diNoè e di Deucalione, una prima distruzione dell'umanitàera avvenuta a causa del diluvio, pareva che la secondadovesse avvenire per una causa opposta.

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I discorsi, tenuti dai Padri del concilio di Roma, sisuccedettero, nella cappella Sistina, e portarono com-plessivamente all'interpretazione definitiva, riassuntadal cardinale arcivescovo di Parigi, riguardante il dogma«Credo resurrectionem carnis». Quel che segue «et vi-tam aeternam» fu tacitamente abbandonato alle scopertefuture degli astronomi e degli psicologi. Questi discorsiavevano, in certo modo, fatto la storia della dottrina cri-stiana, sulla fine del mondo traverso i secoli.

Questo studio è curioso, perchè rappresenta anche lastoria del pensiero umano, messo di fronte alla sua defi-nitiva destinazione: Crediamo interessante esporla qui inun capitolo speciale. Abbandoniamo dunque per unistante il nostro ufficio di narratori del venticinquesimosecolo, per ritornare alla nostra epoca attuale e riassu-mere l'opinione delle età che ci hanno preceduto.

Vi sono stati secoli di fede convinta e profonda e, ciòche è degno d'attenzione, fuori della dottrina cristianatutte le religioni hanno lasciata aperta la medesima portasull'ignoto, all'estremità della vita terrestre. È la portadella Divina Commedia di Dante Alighieri, benchè nontutti abbiano immaginato, al di là di questa porta simbo-lica, il paradiso, l'inferno e il purgatorio dei cristiani.

Zoroastro e lo Zend-Avesta insegnavano che il mondodoveva morire a causa del fuoco. Si trova la stessa ideanell'epistola di S. Pietro. Poichè, secondo le tradizioni diNoè e di Deucalione, una prima distruzione dell'umanitàera avvenuta a causa del diluvio, pareva che la secondadovesse avvenire per una causa opposta.

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Tra i Romani, Lucrezio, Cicerone, Virgilio, Ovidiotengono lo stesso linguaggio e annunziano la futura di-struzione della Terra, per opera del fuoco.

Abbiamo visto nel capitolo precedente che, secondo ilpensiero stesso di Gesù, la generazione alla quale egliparlava non sarebbe morta, prima che si compiesse lacatastrofe annunziata. S. Paolo, il vero fondatore del cri-stianesimo, pone questa credenza nella resurrezione enella prossima fine del mondo, come un dogma fonda-mentale della nuova Chiesa. Vi torna sopra otto e novevolte, nella sua prima epistola ai Corinti.

Disgraziatamente per la profezia, i discepoli di Gesù,ai quali egli aveva assicurato che non sarebbero mortiprima del suo avvento, soccombettero gli uni dopo glialtri alla legge comune. S. Paolo, che non aveva cono-sciuto personalmente Gesù, ma che era stato il più mili-tante tra gli apostoli della Chiesa nascente, credeva didover vivere egli stesso, fino alla grande apparizione7.

Ma, naturalmente, tutti morirono e l'annunziata finedel mondo, e la venuta del Messia non ebbero luogo.

7 Tessalonici, IV, 16:«Appena che il segnale sarà stato dato dalla voce dell'Arcange-

lo e dal suono della tromba di Dio, il Signore stesso discenderàdal cielo e coloro che saranno morti in Gesù Cristo subito resusci-teranno.

Poi, noi che siamo vivi e che saremo stati serbati fino ad allo-ra, saremo assunti con essi nelle nubi, per comparire davanti alSignore, nello spazio, e così saremo per sempre col Signore. Con-solatevi, dunque, gli uni cogli altri, per queste verità».

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Tra i Romani, Lucrezio, Cicerone, Virgilio, Ovidiotengono lo stesso linguaggio e annunziano la futura di-struzione della Terra, per opera del fuoco.

Abbiamo visto nel capitolo precedente che, secondo ilpensiero stesso di Gesù, la generazione alla quale egliparlava non sarebbe morta, prima che si compiesse lacatastrofe annunziata. S. Paolo, il vero fondatore del cri-stianesimo, pone questa credenza nella resurrezione enella prossima fine del mondo, come un dogma fonda-mentale della nuova Chiesa. Vi torna sopra otto e novevolte, nella sua prima epistola ai Corinti.

Disgraziatamente per la profezia, i discepoli di Gesù,ai quali egli aveva assicurato che non sarebbero mortiprima del suo avvento, soccombettero gli uni dopo glialtri alla legge comune. S. Paolo, che non aveva cono-sciuto personalmente Gesù, ma che era stato il più mili-tante tra gli apostoli della Chiesa nascente, credeva didover vivere egli stesso, fino alla grande apparizione7.

Ma, naturalmente, tutti morirono e l'annunziata finedel mondo, e la venuta del Messia non ebbero luogo.

7 Tessalonici, IV, 16:«Appena che il segnale sarà stato dato dalla voce dell'Arcange-

lo e dal suono della tromba di Dio, il Signore stesso discenderàdal cielo e coloro che saranno morti in Gesù Cristo subito resusci-teranno.

Poi, noi che siamo vivi e che saremo stati serbati fino ad allo-ra, saremo assunti con essi nelle nubi, per comparire davanti alSignore, nello spazio, e così saremo per sempre col Signore. Con-solatevi, dunque, gli uni cogli altri, per queste verità».

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La credenza non venne meno per questo. Bisognòdunque smettere di prendere alla lettera la predizionedel Maestro e si dovè cercare d'interpretarne lo spirito.

Si seppellivano devotamente i morti, si mettevanocon venerazione a giacere nella bara, invece di farli con-sumare dal fuoco, e si scriveva sulle loro tombe che essidormivano, aspettando la resurrezione. Gesù doveva«ben presto» tornare a giudicare «i vivi e i morti».

La parola di riconoscimento dei Cristiani era MaranAtha «il Signore sta per venire».

Gli apostoli Pietro e Paolo morirono, secondo ogniprobabilità, nell'anno 64, nell'orribile carneficina ordina-ta da Nerone dopo l'incendio di Roma, appiccato per or-dine suo, e del quale egli accusò i cristiani, per assapo-rare il piacere di nuovi supplizi. S. Giovanni scrissel'Apocalisse nell'anno 69. Una nebbia sanguigna offuscail regno di Nerone; il martirio sembrava la sorte naturaledella virtù. L'Apocalisse pare scritta sotto l'incubodell'allucinazione generale e rappresenta l'anticristo Ne-rone, che precede la venuta finale del Cristo. Prodigi simanifestano in ogni parte: comete, stelle filanti, eclissi,piogge di sangue, mostri, terremoti, carestie, pestilenzee, per di più, la guerra dei Giudei, la fine di Gerusalem-me; mai forse tanti orrori, tante crudeltà, tante follie,tante catastrofi, avvennero in un così breve giro di anni(dal 64 al 69). La piccola chiesa di Gesù pareva addirit-tura dispersa. Non era più possibile restare a Gerusalem-me. Il Terrore del 1793 e la Comune del 1871 non sonostate nulla, in confronto agli orrori della guerra civile

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La credenza non venne meno per questo. Bisognòdunque smettere di prendere alla lettera la predizionedel Maestro e si dovè cercare d'interpretarne lo spirito.

Si seppellivano devotamente i morti, si mettevanocon venerazione a giacere nella bara, invece di farli con-sumare dal fuoco, e si scriveva sulle loro tombe che essidormivano, aspettando la resurrezione. Gesù doveva«ben presto» tornare a giudicare «i vivi e i morti».

La parola di riconoscimento dei Cristiani era MaranAtha «il Signore sta per venire».

Gli apostoli Pietro e Paolo morirono, secondo ogniprobabilità, nell'anno 64, nell'orribile carneficina ordina-ta da Nerone dopo l'incendio di Roma, appiccato per or-dine suo, e del quale egli accusò i cristiani, per assapo-rare il piacere di nuovi supplizi. S. Giovanni scrissel'Apocalisse nell'anno 69. Una nebbia sanguigna offuscail regno di Nerone; il martirio sembrava la sorte naturaledella virtù. L'Apocalisse pare scritta sotto l'incubodell'allucinazione generale e rappresenta l'anticristo Ne-rone, che precede la venuta finale del Cristo. Prodigi simanifestano in ogni parte: comete, stelle filanti, eclissi,piogge di sangue, mostri, terremoti, carestie, pestilenzee, per di più, la guerra dei Giudei, la fine di Gerusalem-me; mai forse tanti orrori, tante crudeltà, tante follie,tante catastrofi, avvennero in un così breve giro di anni(dal 64 al 69). La piccola chiesa di Gesù pareva addirit-tura dispersa. Non era più possibile restare a Gerusalem-me. Il Terrore del 1793 e la Comune del 1871 non sonostate nulla, in confronto agli orrori della guerra civile

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dei Giudei. La famiglia di Gesù dovette abbandonare lacittà Santa e fuggire, Giacomo, il discepolo di Gesù, erastato ucciso, falsi profeti venivano fuori, com'era statopredetto. Il Vesuvio preparava la spaventosa eruzionedel 79 e già nel 63 Pompei era stata distrutta da un terre-moto.

Tutti gl'indizi della fine del mondo c'erano, nulla vimancava. L'Apocalisse l'annuncia: «Gesù discenderà so-pra un trono di nuvole, i martiri risusciteranno per i pri-mi. L'angelo del giudizio aspetta solamente il comandodi Dio».

Ma la tormenta si calma dopo l'uragano, l'orribileguerra dei Giudei è finita, il tempio di Gerusalemmenon si rialzerà più, Nerone cade sotto la rivoluzione diGalba, Vespasiano e Tito portano la pace dopo la guerra(anno 71) e.... la fine del mondo non avviene.

Fu necessario da allora interpretare di nuovo la paroladegli Evangeli. L'avvento di Gesù fu rimandato fino allarovina del vecchio mondo romano, ciò che lasciò un po'di margine ai commentatori. La catastrofe finale restacerta, e anzi assai vicina, in novissimo die, ma si circon-da di nuvole vaghe, che tolgono ogni precisione alla let-tera e anche allo spirito delle profezie. Tuttavia, si aspet-ta sempre.

S. Agostino dedica il XX libro della sua Città di Dio(nell'anno 426) a dipingere il rinnovamento del mondo,la resurrezione, il giudizio finale e la nuova Gerusalem-me; il suo XXI libro si occupa della descrizionedell'eterno fuoco infernale. Il vescovo di Cartagine, da-

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dei Giudei. La famiglia di Gesù dovette abbandonare lacittà Santa e fuggire, Giacomo, il discepolo di Gesù, erastato ucciso, falsi profeti venivano fuori, com'era statopredetto. Il Vesuvio preparava la spaventosa eruzionedel 79 e già nel 63 Pompei era stata distrutta da un terre-moto.

Tutti gl'indizi della fine del mondo c'erano, nulla vimancava. L'Apocalisse l'annuncia: «Gesù discenderà so-pra un trono di nuvole, i martiri risusciteranno per i pri-mi. L'angelo del giudizio aspetta solamente il comandodi Dio».

Ma la tormenta si calma dopo l'uragano, l'orribileguerra dei Giudei è finita, il tempio di Gerusalemmenon si rialzerà più, Nerone cade sotto la rivoluzione diGalba, Vespasiano e Tito portano la pace dopo la guerra(anno 71) e.... la fine del mondo non avviene.

Fu necessario da allora interpretare di nuovo la paroladegli Evangeli. L'avvento di Gesù fu rimandato fino allarovina del vecchio mondo romano, ciò che lasciò un po'di margine ai commentatori. La catastrofe finale restacerta, e anzi assai vicina, in novissimo die, ma si circon-da di nuvole vaghe, che tolgono ogni precisione alla let-tera e anche allo spirito delle profezie. Tuttavia, si aspet-ta sempre.

S. Agostino dedica il XX libro della sua Città di Dio(nell'anno 426) a dipingere il rinnovamento del mondo,la resurrezione, il giudizio finale e la nuova Gerusalem-me; il suo XXI libro si occupa della descrizionedell'eterno fuoco infernale. Il vescovo di Cartagine, da-

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vanti al naufragio di Roma e dell'impero, crede di assi-stere al primo atto del dramma. Ma il regno di Dio do-veva durare mille anni e Satana non doveva arrivare chedopo.

S. Gregorio vescovo di Tours (573), il primo storicodei Franchi, comincia la sua Storia, con queste parole:

«Sul punto di narrare le lotte dei re con le nazioni ne-miche, desidero esporre la mia credenza. Lo spaventoprodotto dall'attesa della prossima fine del mondo, midecide a raccogliere nelle cronache il numero degli annigià passati, perchè si sappia chiaramente quanti ne sonoscorsi dalla creazione del mondo».

Il Salvatore era venuto a purificare l'umanità. Checosa aspettava per trasportarla al cielo?

La tradizione cristiana si perpetuava, d'anno in anno,di secolo in secolo, nonostante le smentite della natura.Ogni genere di catastrofi, terremoti, epidemie, carestie,inondazioni, ogni sorta di fenomeni, eclissi, comete,uragani, notti improvvise, tempeste, erano ritenuti comesegni precorritori del cataclisma finale. I cristiani trema-vano, come foglie agitate dal soffio del vento, nell'attesaperpetua del giudizio, e i predicatori con fortuna teneva-no vivo in tutte le anime timorate questo mistico terrore.

Poichè le generazioni erano passate e si erano rinno-vate di continuo, fu necessario meglio definire il concet-to della storia universale.

Allora l'anno 1000 si fissò come termine nello spiritodei commentatori. Vi furono molte sette di «millenari»le quali credevano che Gesù Cristo avrebbe regnato sul-

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vanti al naufragio di Roma e dell'impero, crede di assi-stere al primo atto del dramma. Ma il regno di Dio do-veva durare mille anni e Satana non doveva arrivare chedopo.

S. Gregorio vescovo di Tours (573), il primo storicodei Franchi, comincia la sua Storia, con queste parole:

«Sul punto di narrare le lotte dei re con le nazioni ne-miche, desidero esporre la mia credenza. Lo spaventoprodotto dall'attesa della prossima fine del mondo, midecide a raccogliere nelle cronache il numero degli annigià passati, perchè si sappia chiaramente quanti ne sonoscorsi dalla creazione del mondo».

Il Salvatore era venuto a purificare l'umanità. Checosa aspettava per trasportarla al cielo?

La tradizione cristiana si perpetuava, d'anno in anno,di secolo in secolo, nonostante le smentite della natura.Ogni genere di catastrofi, terremoti, epidemie, carestie,inondazioni, ogni sorta di fenomeni, eclissi, comete,uragani, notti improvvise, tempeste, erano ritenuti comesegni precorritori del cataclisma finale. I cristiani trema-vano, come foglie agitate dal soffio del vento, nell'attesaperpetua del giudizio, e i predicatori con fortuna teneva-no vivo in tutte le anime timorate questo mistico terrore.

Poichè le generazioni erano passate e si erano rinno-vate di continuo, fu necessario meglio definire il concet-to della storia universale.

Allora l'anno 1000 si fissò come termine nello spiritodei commentatori. Vi furono molte sette di «millenari»le quali credevano che Gesù Cristo avrebbe regnato sul-

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la Terra coi suoi santi, per mille anni avanti il giorno delgiudizio. S. Ireneo, S. Papia, S. Sulpicio Severo profes-savano questa credenza. Molti l'esageravano, rivesten-dola di colori sensuali, parlando di una specie di nozzeuniversali fra gli eletti, durante questa era di voluttà. S.Gerolamo e S. Agostino contribuirono molto a scredita-re queste teorie, ma senza colpire la credenza riguardan-te il dogma della resurrezione. I commentari dell'Apoca-lisse continuarono a fiorire in mezzo alle tristi piante delmedio-evo e l'opinione che l'anno 1000 avrebbe segnatola fine delle cose e il loro rinnovamento, si sviluppò, so-pratutto nel decimo secolo.

La credenza nella fine prossima del mondo divenne,se non universale, almeno quasi generale. Molte cartedel tempo cominciavano con queste parole: «Terminomundi appropinquante» avvicinandosi la fine del mon-do. Benchè vi sia qualcuno di diverso parere, ci parreb-be difficile non condividere l'opinione degli storici, spe-cialmente di Michelet, Henri Martin, Guizot e Duruysulla generalità di questa credenza presso i cristiani.Certo, non pare che il monaco francese Gerberto, allorapapa sotto il nome di Silvestro II, e il re di Francia, Ro-berto, abbiano regolato la loro vita su questa credenza:ma essa non era perciò meno penetrata in fondo alle co-scienze timorate, ed il passo seguente dell'Apocalisseera il testo di molti Sermoni:

«Tra mille anni, Satana uscirà dalla sua prigione e se-durrà i popoli, che sono ai quattro angoli della Terra.... Illibro della vita sarà aperto: il mare renderà i suoi morti,

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la Terra coi suoi santi, per mille anni avanti il giorno delgiudizio. S. Ireneo, S. Papia, S. Sulpicio Severo profes-savano questa credenza. Molti l'esageravano, rivesten-dola di colori sensuali, parlando di una specie di nozzeuniversali fra gli eletti, durante questa era di voluttà. S.Gerolamo e S. Agostino contribuirono molto a scredita-re queste teorie, ma senza colpire la credenza riguardan-te il dogma della resurrezione. I commentari dell'Apoca-lisse continuarono a fiorire in mezzo alle tristi piante delmedio-evo e l'opinione che l'anno 1000 avrebbe segnatola fine delle cose e il loro rinnovamento, si sviluppò, so-pratutto nel decimo secolo.

La credenza nella fine prossima del mondo divenne,se non universale, almeno quasi generale. Molte cartedel tempo cominciavano con queste parole: «Terminomundi appropinquante» avvicinandosi la fine del mon-do. Benchè vi sia qualcuno di diverso parere, ci parreb-be difficile non condividere l'opinione degli storici, spe-cialmente di Michelet, Henri Martin, Guizot e Duruysulla generalità di questa credenza presso i cristiani.Certo, non pare che il monaco francese Gerberto, allorapapa sotto il nome di Silvestro II, e il re di Francia, Ro-berto, abbiano regolato la loro vita su questa credenza:ma essa non era perciò meno penetrata in fondo alle co-scienze timorate, ed il passo seguente dell'Apocalisseera il testo di molti Sermoni:

«Tra mille anni, Satana uscirà dalla sua prigione e se-durrà i popoli, che sono ai quattro angoli della Terra.... Illibro della vita sarà aperto: il mare renderà i suoi morti,

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l'abisso infernale i suoi: ciascuno sarà giudicato secondole sue opere da Colui che è assiso sul trono risplenden-te.... e vi sarà un nuovo cielo e una nuova terra».

Un eremita della Turingia, Bernardo, aveva preso pre-cisamente queste parole dell'Apocalisse come testo dellesue prediche: verso l'anno 960 aveva pubblicamente an-nunciato la fine del mondo.

Questi fu uno dei più zelanti promulgatori della pro-fezia: fissò la data fatale nel giorno in cui l'Annuncia-zione della Vergine avrebbe coinciso col venerdì Santo:ciò che ebbe luogo nel 992, senza produrre alcuna cata-strofe.

Un monaco di Corbia, Druthmare, annunciò di nuovola distruzione del globo per il 25 marzo dell'anno 1000.Lo spavento fu così grande che la popolazione, special-mente nelle città, andò a chiudersi, quel giorno, nellechiese, presso le reliquie dei Santi, e vi restò fino a mez-za notte per aspettarvi il segno del giudizio finale e mo-rire a piè della croce.

Da questa epoca cominciano numerose donazioni. Silasciavano le terre ed i beni ai monasteri.... che le accet-tavano, pur predicando la prossima fine delle cose terre-ne.

Ci resta appunto una cronaca autentica, molto curio-sa, scritta da un monaco dell'anno 1000, Raoul Glaber.Vi si legge nelle prime pagine:

«Satana sarà presto liberato dai ceppi, secondo la pro-fezia di Giovanni, poichè i mille anni sono compiuti.Parliamo di questi anni».

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l'abisso infernale i suoi: ciascuno sarà giudicato secondole sue opere da Colui che è assiso sul trono risplenden-te.... e vi sarà un nuovo cielo e una nuova terra».

Un eremita della Turingia, Bernardo, aveva preso pre-cisamente queste parole dell'Apocalisse come testo dellesue prediche: verso l'anno 960 aveva pubblicamente an-nunciato la fine del mondo.

Questi fu uno dei più zelanti promulgatori della pro-fezia: fissò la data fatale nel giorno in cui l'Annuncia-zione della Vergine avrebbe coinciso col venerdì Santo:ciò che ebbe luogo nel 992, senza produrre alcuna cata-strofe.

Un monaco di Corbia, Druthmare, annunciò di nuovola distruzione del globo per il 25 marzo dell'anno 1000.Lo spavento fu così grande che la popolazione, special-mente nelle città, andò a chiudersi, quel giorno, nellechiese, presso le reliquie dei Santi, e vi restò fino a mez-za notte per aspettarvi il segno del giudizio finale e mo-rire a piè della croce.

Da questa epoca cominciano numerose donazioni. Silasciavano le terre ed i beni ai monasteri.... che le accet-tavano, pur predicando la prossima fine delle cose terre-ne.

Ci resta appunto una cronaca autentica, molto curio-sa, scritta da un monaco dell'anno 1000, Raoul Glaber.Vi si legge nelle prime pagine:

«Satana sarà presto liberato dai ceppi, secondo la pro-fezia di Giovanni, poichè i mille anni sono compiuti.Parliamo di questi anni».

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La fine del decimo secolo e il principio dell'undicesi-mo segnano un'epoca veramente strana e sinistra. Pareche dall'anno 980 al 1040 lo spettro della morte distendale sue ali sul mondo. La carestia e la peste regnano intutta l'Europa.

Prima «il fuoco di S. Antonio» che brucia le membrae le stacca dal corpo: la carne dei malati pareva colpitadal fuoco, si distaccava dalle ossa e imputridiva. Questidisgraziati coprivano le vie che conducevano ai luoghidi pellegrinaggio, andavano a morire presso le chiese, visi ammassavano, le empivano di fetore, e restavanomorti sulle reliquie dei santi. Questa peste spaventosamietè più di quarantamila persone in Aquitania e desolòtutto il mezzogiorno della Francia.

Poi venne la carestia e sterminò una parte della cri-stianità. Di settantatrè anni – dal 987 al 1060 – quaran-totto ve ne furono di carestia e di epidemie. La barbarieera tornata; i lupi avevano abbandonato i boschi e gliuomini se ne difendevano a stento. L'invasione degliUngari, dal 910 al 945, aveva rinnovato gli orrori di At-tila. Poi si era tanto combattuto, fra castello e castello,fra provincia e provincia, si era tanto devastato che icampi non erano più coltivati. Piovve per tre anni: nonsi potè nè seminare, nè raccogliere; la terra non produ-ceva più; si abbandonava. Il prezzo di un moggio di gra-no – scrisse Raoul Glaber – salì a sessanta soldi d'oro; iricchi dimagrarono e impallidirono; i poveri rosicchiaro-no le radici degli alberi, molti arrivarono a divorare car-ni umane. Nelle strade i forti assalivano i deboli, li stra-

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La fine del decimo secolo e il principio dell'undicesi-mo segnano un'epoca veramente strana e sinistra. Pareche dall'anno 980 al 1040 lo spettro della morte distendale sue ali sul mondo. La carestia e la peste regnano intutta l'Europa.

Prima «il fuoco di S. Antonio» che brucia le membrae le stacca dal corpo: la carne dei malati pareva colpitadal fuoco, si distaccava dalle ossa e imputridiva. Questidisgraziati coprivano le vie che conducevano ai luoghidi pellegrinaggio, andavano a morire presso le chiese, visi ammassavano, le empivano di fetore, e restavanomorti sulle reliquie dei santi. Questa peste spaventosamietè più di quarantamila persone in Aquitania e desolòtutto il mezzogiorno della Francia.

Poi venne la carestia e sterminò una parte della cri-stianità. Di settantatrè anni – dal 987 al 1060 – quaran-totto ve ne furono di carestia e di epidemie. La barbarieera tornata; i lupi avevano abbandonato i boschi e gliuomini se ne difendevano a stento. L'invasione degliUngari, dal 910 al 945, aveva rinnovato gli orrori di At-tila. Poi si era tanto combattuto, fra castello e castello,fra provincia e provincia, si era tanto devastato che icampi non erano più coltivati. Piovve per tre anni: nonsi potè nè seminare, nè raccogliere; la terra non produ-ceva più; si abbandonava. Il prezzo di un moggio di gra-no – scrisse Raoul Glaber – salì a sessanta soldi d'oro; iricchi dimagrarono e impallidirono; i poveri rosicchiaro-no le radici degli alberi, molti arrivarono a divorare car-ni umane. Nelle strade i forti assalivano i deboli, li stra-

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ziavano, li arrostivano e li mangiavano; alcuni mostra-vano a qualche fanciullo un uovo, una frutta, e li attira-vano in disparte per divorarli. Questo delirio, questa fu-ria arrivò al punto che le bestie erano più sicure degliuomini; fanciulli uccidevano i loro parenti per mangiar-li, madri divoravano i loro figli. Come se ormai fossestato un uso ammesso di mangiare carne umana, vi fuun tale che osò mettersi a venderne nel mercato di Tour-nus. Non negò affatto e fu bruciato. Un altro andò dinotte a dissotterrare carne umana, la mangiò e anch'essofu bruciato.

È un contemporaneo, spesso un testimone oculare chescrive. Dappertutto i popoli muoiono di fame, mangianorettili, bestie immonde, carne umana. Nella foresta diMacon, presso una chiesa dedicata a S. Giovanni, per-duta in fondo ai boschi, un assassino aveva costruito unacapanna, dove sgozzava i passanti e i pellegrini. Ungiorno, un viaggiatore e sua moglie entrano nella capan-na per riposarvisi. Scorgono crani umani, teste di mortoche ricoprono il suolo: si levano per fuggire, ma l'ospitepretende di trattenerli. Essi si difendono, scampano eraccontano la storia, arrivati a Macon. Si mandano sol-dati al sanguinoso albergo; vi si contano quarantotto te-ste umane. L'assassino è trascinato alla città, attaccatoalla trave di una soffitta e bruciato vivo. Raoul Glaberha visto quel luogo e le ceneri del rogo.

Era l'uso di picchiarsi, di battersi, di saccheggiare. Iflagelli del cielo portano nelle menti un barlume di ra-gione; i vescovi si riunirono; si promise loro di non bat-

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ziavano, li arrostivano e li mangiavano; alcuni mostra-vano a qualche fanciullo un uovo, una frutta, e li attira-vano in disparte per divorarli. Questo delirio, questa fu-ria arrivò al punto che le bestie erano più sicure degliuomini; fanciulli uccidevano i loro parenti per mangiar-li, madri divoravano i loro figli. Come se ormai fossestato un uso ammesso di mangiare carne umana, vi fuun tale che osò mettersi a venderne nel mercato di Tour-nus. Non negò affatto e fu bruciato. Un altro andò dinotte a dissotterrare carne umana, la mangiò e anch'essofu bruciato.

È un contemporaneo, spesso un testimone oculare chescrive. Dappertutto i popoli muoiono di fame, mangianorettili, bestie immonde, carne umana. Nella foresta diMacon, presso una chiesa dedicata a S. Giovanni, per-duta in fondo ai boschi, un assassino aveva costruito unacapanna, dove sgozzava i passanti e i pellegrini. Ungiorno, un viaggiatore e sua moglie entrano nella capan-na per riposarvisi. Scorgono crani umani, teste di mortoche ricoprono il suolo: si levano per fuggire, ma l'ospitepretende di trattenerli. Essi si difendono, scampano eraccontano la storia, arrivati a Macon. Si mandano sol-dati al sanguinoso albergo; vi si contano quarantotto te-ste umane. L'assassino è trascinato alla città, attaccatoalla trave di una soffitta e bruciato vivo. Raoul Glaberha visto quel luogo e le ceneri del rogo.

Era l'uso di picchiarsi, di battersi, di saccheggiare. Iflagelli del cielo portano nelle menti un barlume di ra-gione; i vescovi si riunirono; si promise loro di non bat-

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tersi in tre giorni della settimana, i giorni santi, dal mer-coledì al sabato mattina. È quella che si chiamò la tre-gua di Dio.

La fine di un mondo così miserabile fu contempora-neamente la speranza e il terrore di questa epoca spa-ventosa.

Pure, l'anno mille passò come gli anni che l'avevanopreceduto e il mondo continuò ad esistere.

I profeti si erano ancora ingannati? Gesù era statocrocifisso a trentatrè anni; mille anni di cristianesimo sicompievano forse nell'anno 1033? Si attese ancora, sisperò. Ma proprio in quell'anno, il 29 giugno 1033, vi fuuna grande eclissi di sole. «L'astro della luce divennecolore di zafferano: gli uomini, guardandosi tra di loro,si vedevano pallidi come morti: tutte le cose presero unatinta livida, lo stupore piombò in tutti i cuori: si aspetta-va qualche catastrofe generale....».

La fine del mondo non venne ancora: a quell'epocacritica si dovette la costruzione delle magnifiche catte-drali, che son rimaste traverso le età e sono state oggettod'ammirazione nei secoli.

Doni immensi erano stati prodigati al clero e donazio-ni e successioni continuarono ad arricchirlo; vi fu comeuna nuova aurora.

«Dopo l'anno 1000 – è sempre Raoul Glaber che scri-ve – le sacre basiliche furono riedificate di cima in fon-do, in quasi tutto l'universo, e specialmente in Italia enelle Gallie, benchè per la maggior parte fossero ancoraabbastanza solide, e non avessero bisogno di riparazio-

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tersi in tre giorni della settimana, i giorni santi, dal mer-coledì al sabato mattina. È quella che si chiamò la tre-gua di Dio.

La fine di un mondo così miserabile fu contempora-neamente la speranza e il terrore di questa epoca spa-ventosa.

Pure, l'anno mille passò come gli anni che l'avevanopreceduto e il mondo continuò ad esistere.

I profeti si erano ancora ingannati? Gesù era statocrocifisso a trentatrè anni; mille anni di cristianesimo sicompievano forse nell'anno 1033? Si attese ancora, sisperò. Ma proprio in quell'anno, il 29 giugno 1033, vi fuuna grande eclissi di sole. «L'astro della luce divennecolore di zafferano: gli uomini, guardandosi tra di loro,si vedevano pallidi come morti: tutte le cose presero unatinta livida, lo stupore piombò in tutti i cuori: si aspetta-va qualche catastrofe generale....».

La fine del mondo non venne ancora: a quell'epocacritica si dovette la costruzione delle magnifiche catte-drali, che son rimaste traverso le età e sono state oggettod'ammirazione nei secoli.

Doni immensi erano stati prodigati al clero e donazio-ni e successioni continuarono ad arricchirlo; vi fu comeuna nuova aurora.

«Dopo l'anno 1000 – è sempre Raoul Glaber che scri-ve – le sacre basiliche furono riedificate di cima in fon-do, in quasi tutto l'universo, e specialmente in Italia enelle Gallie, benchè per la maggior parte fossero ancoraabbastanza solide, e non avessero bisogno di riparazio-

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ni. Ma i popoli cristiani sembravano rivaleggiare fraloro in magnificenza per inalzare chiese, le une più ma-gnifiche delle altre. Si sarebbe detto che il mondo inte-ro, in uno stesso accordo, avesse scosso gli stracci dellasua antichità, per indossare una candida veste. I fedelinon si contentarono di ricostruire quasi tutte le chieseepiscopali, ma abbellirono anche i monasteri dedicati avarî Santi, e perfino cappelle di villaggi».

Il funebre periodo dell'anno 1000 aveva raggiunto nelbaratro del tempo i secoli tramontati; ma per quali tribo-lazioni la Chiesa era passata! I papi erano divenuti il tra-gico giuoco degl'imperatori Sassoni e dei principi delLazio, in rivalità armata tra loro8.

8 Nel 1033, l'anno della grande carestia, i conti di Tuscolo ave-vano creato papa un ragazzo di dodici anni, Benedetto IX, moltoprecoce e già vizioso, ladro e assassino. Non aveva ancora sedicianni che lo scandalo era al colmo, e i capitani di Roma giuraronodi strangolarlo all'altare, nel momento in cui avrebbe tenuto Dionelle mani impure. L'eclisse di sole, cui abbiamo accennato sopra,lo salvò; i congiurati, atterriti, non osarono toccare il papa:(quest'eclisse del 1033 che impedisce l'assassinio del papa, unpapa di sedici anni, al momento dell'elevazione, non sarebbe unbel soggetto per un pittore?) Nondimeno dovette fuggire e riparòa Cremona presso l'imperatore Corrado. Enrico III lo rimise sulseggio pontificio nel 1038 e lo si vide regnare ancora per 16 anni,come un sultano, in mezzo a un harem. Si credette che stesse perabdicare, per sposare la figlia d'un barone romano, ma restò papa,e il popolo lo cacciò da Roma nel 1044, per sostituirlo con unpontefice più serio, Silvestro III. Quarantanove giorni dopo Bene-detto tornava, a capo di una banda di briganti. Alla fine abdicòl'anno seguente, facendosi dare in compenso la rendita dell'obolo

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ni. Ma i popoli cristiani sembravano rivaleggiare fraloro in magnificenza per inalzare chiese, le une più ma-gnifiche delle altre. Si sarebbe detto che il mondo inte-ro, in uno stesso accordo, avesse scosso gli stracci dellasua antichità, per indossare una candida veste. I fedelinon si contentarono di ricostruire quasi tutte le chieseepiscopali, ma abbellirono anche i monasteri dedicati avarî Santi, e perfino cappelle di villaggi».

Il funebre periodo dell'anno 1000 aveva raggiunto nelbaratro del tempo i secoli tramontati; ma per quali tribo-lazioni la Chiesa era passata! I papi erano divenuti il tra-gico giuoco degl'imperatori Sassoni e dei principi delLazio, in rivalità armata tra loro8.

8 Nel 1033, l'anno della grande carestia, i conti di Tuscolo ave-vano creato papa un ragazzo di dodici anni, Benedetto IX, moltoprecoce e già vizioso, ladro e assassino. Non aveva ancora sedicianni che lo scandalo era al colmo, e i capitani di Roma giuraronodi strangolarlo all'altare, nel momento in cui avrebbe tenuto Dionelle mani impure. L'eclisse di sole, cui abbiamo accennato sopra,lo salvò; i congiurati, atterriti, non osarono toccare il papa:(quest'eclisse del 1033 che impedisce l'assassinio del papa, unpapa di sedici anni, al momento dell'elevazione, non sarebbe unbel soggetto per un pittore?) Nondimeno dovette fuggire e riparòa Cremona presso l'imperatore Corrado. Enrico III lo rimise sulseggio pontificio nel 1038 e lo si vide regnare ancora per 16 anni,come un sultano, in mezzo a un harem. Si credette che stesse perabdicare, per sposare la figlia d'un barone romano, ma restò papa,e il popolo lo cacciò da Roma nel 1044, per sostituirlo con unpontefice più serio, Silvestro III. Quarantanove giorni dopo Bene-detto tornava, a capo di una banda di briganti. Alla fine abdicòl'anno seguente, facendosi dare in compenso la rendita dell'obolo

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Tutta la cristianità era in un disordine indescrivibile.La tempesta passò: ma non per questo il problema dellafine dei tempi era risolto, e l'attesa, per quanto vaga edincerta, non venne meno, tanto più che la credenza neldiavolo e nei prodigi doveva durare ancora per molti se-coli, come base delle superstizioni popolari. La scenaultima del giudizio finale fu scolpita sulle porte di tuttele cattedrali, e nessuno entrava nei santuari cristiani,senza passare sotto la bilancia dell'angelo, a sinistra delquale i diavoli e i dannati, e in procinto di essere preci-pitati tra le fiamme del fuoco eterno, si contorcevano instrane e fantastiche convulsioni.

Ma l'idea della fine del mondo andava lontana, al difuori delle chiese.

di S. Pietro: compenso pattuito dagl'inglesi col successore Grego-rio III. Nel 1045 vi erano tre papi: Benedetto IX, riconosciuto dalpartito feudale, che non aveva disarmato, Silvestro III che pontifi-cava in un castello fortificato dei monti della Sabina; e GregorioVI, curato di Roma in Vaticano.

L'imperatore Enrico III fece insieme deporre e rinchiudere inun chiostro – per deliberazione di un concilio – Gregorio e Silve-stro, e nominò un quarto papa, Clemente II, che fu consacrato lanotte di Natale del 1046. Ma Benedetto non dormiva e l'anno se-guente si precipitò come un avvoltoio su Roma, fece avvelenare ilpapa tedesco e regnò ancora otto mesi sul trono di S. Pietro.L'armata del conte di Toscana giunse a Roma con un nuovo papae lo tolse definitivamente di mezzo: Benedetto aveva allora venti-sei anni. Tale fu uno dei pontefici di quell'epoca. Il frate RaoulGlaber osa appena parlarne e si contenta di dire: «Sarebbe troppoorribile narrare le infamie della sua vita».

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Tutta la cristianità era in un disordine indescrivibile.La tempesta passò: ma non per questo il problema dellafine dei tempi era risolto, e l'attesa, per quanto vaga edincerta, non venne meno, tanto più che la credenza neldiavolo e nei prodigi doveva durare ancora per molti se-coli, come base delle superstizioni popolari. La scenaultima del giudizio finale fu scolpita sulle porte di tuttele cattedrali, e nessuno entrava nei santuari cristiani,senza passare sotto la bilancia dell'angelo, a sinistra delquale i diavoli e i dannati, e in procinto di essere preci-pitati tra le fiamme del fuoco eterno, si contorcevano instrane e fantastiche convulsioni.

Ma l'idea della fine del mondo andava lontana, al difuori delle chiese.

di S. Pietro: compenso pattuito dagl'inglesi col successore Grego-rio III. Nel 1045 vi erano tre papi: Benedetto IX, riconosciuto dalpartito feudale, che non aveva disarmato, Silvestro III che pontifi-cava in un castello fortificato dei monti della Sabina; e GregorioVI, curato di Roma in Vaticano.

L'imperatore Enrico III fece insieme deporre e rinchiudere inun chiostro – per deliberazione di un concilio – Gregorio e Silve-stro, e nominò un quarto papa, Clemente II, che fu consacrato lanotte di Natale del 1046. Ma Benedetto non dormiva e l'anno se-guente si precipitò come un avvoltoio su Roma, fece avvelenare ilpapa tedesco e regnò ancora otto mesi sul trono di S. Pietro.L'armata del conte di Toscana giunse a Roma con un nuovo papae lo tolse definitivamente di mezzo: Benedetto aveva allora venti-sei anni. Tale fu uno dei pontefici di quell'epoca. Il frate RaoulGlaber osa appena parlarne e si contenta di dire: «Sarebbe troppoorribile narrare le infamie della sua vita».

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Nel dodicesimo secolo, gli astrologhi spaventaronol'Europa, annunziando una congiunzione di tutti i piane-ti, nella costellazione della Bilancia. Essa ebbe luogo,infatti, poichè il 15 settembre 1186 tutti i pianeti si tro-varono riuniti fra 180 e 190° di longitudine. Ma la finedel mondo non venne.

Il celebre alchimista Armaud di Villeneuve l'annunziòdi nuovo per l'anno 1335. Nel 1406, sotto Carlo VI, unaeclissi di sole, del 16 giugno, produsse un panico gene-rale di cui Giovenale degli Orsini fu lo storico: «Era unospettacolo che faceva grande pietà vedere il popolo rifu-

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Una cometa del Prodigiorum Chronicon (1557).

Nel dodicesimo secolo, gli astrologhi spaventaronol'Europa, annunziando una congiunzione di tutti i piane-ti, nella costellazione della Bilancia. Essa ebbe luogo,infatti, poichè il 15 settembre 1186 tutti i pianeti si tro-varono riuniti fra 180 e 190° di longitudine. Ma la finedel mondo non venne.

Il celebre alchimista Armaud di Villeneuve l'annunziòdi nuovo per l'anno 1335. Nel 1406, sotto Carlo VI, unaeclissi di sole, del 16 giugno, produsse un panico gene-rale di cui Giovenale degli Orsini fu lo storico: «Era unospettacolo che faceva grande pietà vedere il popolo rifu-

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Una cometa del Prodigiorum Chronicon (1557).

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giarsi nelle chiese: si credeva che il mondo dovesse fini-re».

S. Vincenzo Ferrier scrisse nel 1491 un trattato intito-lato: Della fine del mondo e della scienza spirituale.Egli dà all'umanità tanti anni di vita quanti versetti sonocontenuti nel libro dei Salmi: 2537.

Un astrologo tedesco di nome Stoffer, annunziò a suavolta, per il 20 febbraio 1524, un diluvio universale,prodotto dalla congiunzione dei pianeti. Il panico fu ge-nerale. Le proprietà situate nelle valli, in riva ai fiumi, ovicine al mare furono vendute, dai proprietarî, a bassoprezzo, a gente meno credula. Un dottore di Tolosa, cer-to Auriol, si fece costruire un'arca per sè, per la famigliae per gli amici, e Bodin assicura che non fu il solo. Po-chi furono gli scettici. Al gran cancelliere di Carlo V furisposto da Pietro Martire, che egli aveva consultato,che il danno non sarebbe stato forse tanto grave quantosi temeva, ma che senza dubbio queste congiunzioniavrebbero prodotto grandi squilibrî.

Il giorno fatale arrivò.... e il mese di febbraio fu cosìasciutto, come non era mai stato! Pure questo non impe-dì che fossero messi fuori nuovi prognostici per l'anno1532 dall'astrologo dell'elettore di Brandeburgo, Gio-vanni Carion; e poi per l'anno 1584 dall'astrologo Ci-priano Leowtz. Si trattava ancora d'una congiunzione dipianeti e di un diluvio.

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giarsi nelle chiese: si credeva che il mondo dovesse fini-re».

S. Vincenzo Ferrier scrisse nel 1491 un trattato intito-lato: Della fine del mondo e della scienza spirituale.Egli dà all'umanità tanti anni di vita quanti versetti sonocontenuti nel libro dei Salmi: 2537.

Un astrologo tedesco di nome Stoffer, annunziò a suavolta, per il 20 febbraio 1524, un diluvio universale,prodotto dalla congiunzione dei pianeti. Il panico fu ge-nerale. Le proprietà situate nelle valli, in riva ai fiumi, ovicine al mare furono vendute, dai proprietarî, a bassoprezzo, a gente meno credula. Un dottore di Tolosa, cer-to Auriol, si fece costruire un'arca per sè, per la famigliae per gli amici, e Bodin assicura che non fu il solo. Po-chi furono gli scettici. Al gran cancelliere di Carlo V furisposto da Pietro Martire, che egli aveva consultato,che il danno non sarebbe stato forse tanto grave quantosi temeva, ma che senza dubbio queste congiunzioniavrebbero prodotto grandi squilibrî.

Il giorno fatale arrivò.... e il mese di febbraio fu cosìasciutto, come non era mai stato! Pure questo non impe-dì che fossero messi fuori nuovi prognostici per l'anno1532 dall'astrologo dell'elettore di Brandeburgo, Gio-vanni Carion; e poi per l'anno 1584 dall'astrologo Ci-priano Leowtz. Si trattava ancora d'una congiunzione dipianeti e di un diluvio.

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«Lo spavento del popolo fu enorme – scrive un con-temporaneo, Luigi Guyon: – le chiese non potevanocontenere tutti quelli che vi cercavano rifugio; molti fa-cevano testamento, senza riflettere che era una cosa inu-tile, poichè tutti dovevano morire; altri donavano i lorobeni agli ecclesiastici, nella speranza che le loro pre-ghiere ritardassero il giorno del giudizio».

Nel 1588 nuova predizione astrologica, nei seguentitermini apocalittici:

«Dopo mille cinquecento ottanta anni, cominciandodal parto della Vergine, l'ottavo anno che sorgerà sarà unanno strano e spaventoso. Se in questo anno terribile ilglobo terrestre non andrà in polvere, se la terra e i mari

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Apparizione nel Cielo, nel medio evo.

«Lo spavento del popolo fu enorme – scrive un con-temporaneo, Luigi Guyon: – le chiese non potevanocontenere tutti quelli che vi cercavano rifugio; molti fa-cevano testamento, senza riflettere che era una cosa inu-tile, poichè tutti dovevano morire; altri donavano i lorobeni agli ecclesiastici, nella speranza che le loro pre-ghiere ritardassero il giorno del giudizio».

Nel 1588 nuova predizione astrologica, nei seguentitermini apocalittici:

«Dopo mille cinquecento ottanta anni, cominciandodal parto della Vergine, l'ottavo anno che sorgerà sarà unanno strano e spaventoso. Se in questo anno terribile ilglobo terrestre non andrà in polvere, se la terra e i mari

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Apparizione nel Cielo, nel medio evo.

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non saranno distrutti, tutti gl'imperi del mondo sarannosconvolti e il dolore graverà sul genere umano».

Si trova nei libri di quest'epoca, specialmente nellaCronaca dei Prodigi, pubblicata nel 1557 da CorradoLicostene, una quantità veramente fantastica di descri-zioni e di figure che mettono bene in evidenza tutti que-sti terrori del medio-evo.

Noi ne offriamo qui qualche saggio ai nostri lettori:una cometa, soldati tra le nuvole, un combattimento nelcielo: tutto questo descritto come se fosse stato vedutoperfettamente da tutti gli spettatori.

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Apparizione nel Cielo, nel medio evo.

non saranno distrutti, tutti gl'imperi del mondo sarannosconvolti e il dolore graverà sul genere umano».

Si trova nei libri di quest'epoca, specialmente nellaCronaca dei Prodigi, pubblicata nel 1557 da CorradoLicostene, una quantità veramente fantastica di descri-zioni e di figure che mettono bene in evidenza tutti que-sti terrori del medio-evo.

Noi ne offriamo qui qualche saggio ai nostri lettori:una cometa, soldati tra le nuvole, un combattimento nelcielo: tutto questo descritto come se fosse stato vedutoperfettamente da tutti gli spettatori.

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Apparizione nel Cielo, nel medio evo.

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La cometa non è tanto esagerata; ma, quanto ai com-battimenti celesti, bisogna confessare che l'immagina-zione ha buoni occhi!

Il celebre indovino Nostradamus non poteva mancaredi far parte del gruppo dei profeti astrologi. Gli si attri-buisce specialmente la quartina seguente che è stata og-getto di molti commenti:

Quando Giorgio Dio crocifiggeràE Marco lo risusciteràE San Giovanni lo porteràLa fine del mondo arriverà.

Ciò significa che quando cadrà la Pasqua il 25 aprile(festa di S. Marco) il Venerdì Santo sarà il 23 (festa di S.Giorgio) e il Corpus Domini cadrà di giugno. Questaquartina non mancava di malizia, perchè a tempo di No-stradamus, morto nel 1566, il calendario non era statoancora riformato (lo fu infatti nel 1582) e la Pasqua nonpoteva cadere il 25 d'aprile. Nel sedicesimo secolo, il 25aprile corrispondeva al 15. Dopo la riforma gregorianaPasqua può essere il 25 aprile, che è la data estrema: eciò ebbe, o avrà luogo nel 1666, 1734, 1886, 1943,2033, 2190 etc., senza che questa coincidenza abbia perresultato la fine del mondo.

Le congiunzioni planetarie, le eclissi e le cometesembra che debbano dividersi fra di loro le predizionisinistre. Fra le comete storiche, le più memorabili daquesto punto di vista, segnaliamo: quella di Guglielmo

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La cometa non è tanto esagerata; ma, quanto ai com-battimenti celesti, bisogna confessare che l'immagina-zione ha buoni occhi!

Il celebre indovino Nostradamus non poteva mancaredi far parte del gruppo dei profeti astrologi. Gli si attri-buisce specialmente la quartina seguente che è stata og-getto di molti commenti:

Quando Giorgio Dio crocifiggeràE Marco lo risusciteràE San Giovanni lo porteràLa fine del mondo arriverà.

Ciò significa che quando cadrà la Pasqua il 25 aprile(festa di S. Marco) il Venerdì Santo sarà il 23 (festa di S.Giorgio) e il Corpus Domini cadrà di giugno. Questaquartina non mancava di malizia, perchè a tempo di No-stradamus, morto nel 1566, il calendario non era statoancora riformato (lo fu infatti nel 1582) e la Pasqua nonpoteva cadere il 25 d'aprile. Nel sedicesimo secolo, il 25aprile corrispondeva al 15. Dopo la riforma gregorianaPasqua può essere il 25 aprile, che è la data estrema: eciò ebbe, o avrà luogo nel 1666, 1734, 1886, 1943,2033, 2190 etc., senza che questa coincidenza abbia perresultato la fine del mondo.

Le congiunzioni planetarie, le eclissi e le cometesembra che debbano dividersi fra di loro le predizionisinistre. Fra le comete storiche, le più memorabili daquesto punto di vista, segnaliamo: quella di Guglielmo

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il Conquistatore che brillò nel 1066, e che si vede rap-presentata sulla tappezzeria della Regina Matilde aBayeux; quella dell'anno 1264, che, si dice, disparve ilgiorno stesso della morte del papa Urbano IV; quelladell'anno 1337, una delle più belle e delle più grandi chesi sieno vedute e che «presagì» la morte di Federico, redi Sicilia; quella del 1399, che Giovenale degli Orsiniqualificò «segnale di un gran male futuro», quella del1402, che si collegò colla morte di Gian Galeazzo Vi-sconti, duca di Milano; quella del 1456, che gettò lospavento in tutta la cristianità sotto il papa Callisto IIIdurante la guerra dei Turchi, e che è legata alla storiadell'Angelus, e quella del 1472, che precedette la mortedel fratello di Luigi XI. Altre ne vennero poi corrispon-denti, come le anteriori, alle catastrofi, alle guerre, e so-pra tutto alla minaccia dell'ultima fine. Quella del 1527è rappresentata da Ambrogio Paré e da Simone Goulart,come formata di teste tagliate, di pugnali e di nubi san-guinanti9. Quella del 1531 apparve annunciatrice dellamorte di Luisa di Savoia, madre di Francesco I°, e laprincipessa condivise l'errore comune intorno a questiastri, che si dicevano apportatori di disgrazia: «Ecco, –ella disse stando a letto e vedendola attraverso la fine-stra – ecco un segno che non si mostra, per una persona

9 La figura che segue è un fac-simile ottenuto colla fotoinci-sione del disegno originale, pubblicato nelle opere d'Ambrogio(ediz. 1633, pag. 810, capitolo dei mostri celesti). Questo curiosofac-simile è, come i tre precedenti, senza alcun ritocco. Essi citrasportano ai secoli dei nostri avi.

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il Conquistatore che brillò nel 1066, e che si vede rap-presentata sulla tappezzeria della Regina Matilde aBayeux; quella dell'anno 1264, che, si dice, disparve ilgiorno stesso della morte del papa Urbano IV; quelladell'anno 1337, una delle più belle e delle più grandi chesi sieno vedute e che «presagì» la morte di Federico, redi Sicilia; quella del 1399, che Giovenale degli Orsiniqualificò «segnale di un gran male futuro», quella del1402, che si collegò colla morte di Gian Galeazzo Vi-sconti, duca di Milano; quella del 1456, che gettò lospavento in tutta la cristianità sotto il papa Callisto IIIdurante la guerra dei Turchi, e che è legata alla storiadell'Angelus, e quella del 1472, che precedette la mortedel fratello di Luigi XI. Altre ne vennero poi corrispon-denti, come le anteriori, alle catastrofi, alle guerre, e so-pra tutto alla minaccia dell'ultima fine. Quella del 1527è rappresentata da Ambrogio Paré e da Simone Goulart,come formata di teste tagliate, di pugnali e di nubi san-guinanti9. Quella del 1531 apparve annunciatrice dellamorte di Luisa di Savoia, madre di Francesco I°, e laprincipessa condivise l'errore comune intorno a questiastri, che si dicevano apportatori di disgrazia: «Ecco, –ella disse stando a letto e vedendola attraverso la fine-stra – ecco un segno che non si mostra, per una persona

9 La figura che segue è un fac-simile ottenuto colla fotoinci-sione del disegno originale, pubblicato nelle opere d'Ambrogio(ediz. 1633, pag. 810, capitolo dei mostri celesti). Questo curiosofac-simile è, come i tre precedenti, senza alcun ritocco. Essi citrasportano ai secoli dei nostri avi.

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di bassa condizione. Dio lo fa apparire per avvertirci;prepariamoci alla morte». Tre giorni dopo essa era mor-ta.

Ma, fra tutte le comete, quella del 1556, la famosa co-meta di Carlo V, è forse la più memoranda. Essa era sta-ta identificata con quella del 1264 e se ne era annunziatoil ritorno per l'anno 1848 circa; ma invece non ritornò.La cometa del 1577, quella del 1607, quella del 1652 e

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La cometa dell'anno 1527, secondo Ambrogio Paré.

di bassa condizione. Dio lo fa apparire per avvertirci;prepariamoci alla morte». Tre giorni dopo essa era mor-ta.

Ma, fra tutte le comete, quella del 1556, la famosa co-meta di Carlo V, è forse la più memoranda. Essa era sta-ta identificata con quella del 1264 e se ne era annunziatoil ritorno per l'anno 1848 circa; ma invece non ritornò.La cometa del 1577, quella del 1607, quella del 1652 e

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La cometa dell'anno 1527, secondo Ambrogio Paré.

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quella del 1665 furono oggetto di dissertazioni intermi-nabili, la collezione delle quali costituisce tutto un re-parto di biblioteca.

È a questa ultima che Alfonso VI, re di Portogallo,tirò, nella sua collera, un colpo di pistola, lanciandole leminacce più grottesche.

Per ordine di Luigi XIV, Pierre Petit pubblicò unaistruzione contro timori chimerici «e politici» ispiratidalle comete. Il gran re ci teneva a restare senza rivale,sole unico, nec pluribus impar! e non ammetteva che sisupponesse che la perpetua gloria della Francia potesseessere minacciata, neppure da un fenomeno celeste.

Una delle più grandi comete, che abbiano mai colpitogli sguardi degli abitanti della Terra, è certamente quellafamosa del 1680, che fu l'oggetto dei calcoli di Newton.

— Essa si slanciò – disse Lemonnier – con la piùgrande rapidità, dal profondo dei cieli; parve cadere per-pendicolarmente sul sole, donde fu vista risalire con unavelocità uguale a quella con cui era caduta; si osservòper quattro mesi: si avvicinò molto alla Terra: alla suaapparizione antecedente Whiston aveva attribuito il di-luvio. Bayle pubblicò i suoi curiosi «Pensieri diversiscritti a un dottore della Sorbona, in occasione della co-meta» e mise in evidenza l'assurdità delle antiche cre-denze, relative ai segnali celesti. Madame de Sévignéscriveva a suo cugino, Conte de Bussy-Rabutin: «Noiabbiamo qui una cometa molto vasta, con la più bellacoda che si possa vedere. Tutti i grandi personaggi sonoallarmati e credono che il cielo, occupandosi molto della

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quella del 1665 furono oggetto di dissertazioni intermi-nabili, la collezione delle quali costituisce tutto un re-parto di biblioteca.

È a questa ultima che Alfonso VI, re di Portogallo,tirò, nella sua collera, un colpo di pistola, lanciandole leminacce più grottesche.

Per ordine di Luigi XIV, Pierre Petit pubblicò unaistruzione contro timori chimerici «e politici» ispiratidalle comete. Il gran re ci teneva a restare senza rivale,sole unico, nec pluribus impar! e non ammetteva che sisupponesse che la perpetua gloria della Francia potesseessere minacciata, neppure da un fenomeno celeste.

Una delle più grandi comete, che abbiano mai colpitogli sguardi degli abitanti della Terra, è certamente quellafamosa del 1680, che fu l'oggetto dei calcoli di Newton.

— Essa si slanciò – disse Lemonnier – con la piùgrande rapidità, dal profondo dei cieli; parve cadere per-pendicolarmente sul sole, donde fu vista risalire con unavelocità uguale a quella con cui era caduta; si osservòper quattro mesi: si avvicinò molto alla Terra: alla suaapparizione antecedente Whiston aveva attribuito il di-luvio. Bayle pubblicò i suoi curiosi «Pensieri diversiscritti a un dottore della Sorbona, in occasione della co-meta» e mise in evidenza l'assurdità delle antiche cre-denze, relative ai segnali celesti. Madame de Sévignéscriveva a suo cugino, Conte de Bussy-Rabutin: «Noiabbiamo qui una cometa molto vasta, con la più bellacoda che si possa vedere. Tutti i grandi personaggi sonoallarmati e credono che il cielo, occupandosi molto della

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loro rovina, abbia voluto avvertirli con questa cometa.Si dice che quando i medici ebbero tolto ogni speranzasulla salute del Cardinale Mazzarino, i cortigiani credet-tero che occorresse onorare la sua agonia con un prodi-gio e gli annunziarono che era apparsa una grande co-meta, da cui si sentivano impauriti. Egli ebbe la forza diburlarsi di loro, e disse scherzosamente che la cometagli faceva troppo onore».

«Si dovrebbe, in verità, ragionare tutti come lui:l'orgoglio umano presume troppo, credendo che gli astrisi dieno un gran da fare, quando si deve morire».

È proprio vero: le comete vanno sempre perdendo unpo' del loro prestigio.

Tuttavia, leggiamo in un trattato dell'astronomo Ber-nouilli questa osservazione assai bizzara: «Se il corpodella cometa non è un segno visibile della collera diDio, potrebbe bene esserlo la coda».

La paura della fin del mondo fu ancora associataall'apparizione delle comete nel 1773; un terrore panicoinvase l'Europa e anche Parigi. Ecco ciò che ognuno puòleggere nelle Memorie Segrete, di Bachaumont:

«6 maggio 1773. – Nell'ultima assemblea pubblicadell'accademia delle Scienze il Sig.r de Lalande dovevaleggere una memoria molto più curiosa di quelle già let-te; ciò che non ha potuto fare per mancanza di tempo.Essa trattava delle comete che possono, avvicinandosialla Terra, produrvi rivoluzioni, e specialmente si occu-pava di quella della quale si attende il ritorno fra diciot-to anni; ma, benchè abbia detto che essa non è tra le co-

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loro rovina, abbia voluto avvertirli con questa cometa.Si dice che quando i medici ebbero tolto ogni speranzasulla salute del Cardinale Mazzarino, i cortigiani credet-tero che occorresse onorare la sua agonia con un prodi-gio e gli annunziarono che era apparsa una grande co-meta, da cui si sentivano impauriti. Egli ebbe la forza diburlarsi di loro, e disse scherzosamente che la cometagli faceva troppo onore».

«Si dovrebbe, in verità, ragionare tutti come lui:l'orgoglio umano presume troppo, credendo che gli astrisi dieno un gran da fare, quando si deve morire».

È proprio vero: le comete vanno sempre perdendo unpo' del loro prestigio.

Tuttavia, leggiamo in un trattato dell'astronomo Ber-nouilli questa osservazione assai bizzara: «Se il corpodella cometa non è un segno visibile della collera diDio, potrebbe bene esserlo la coda».

La paura della fin del mondo fu ancora associataall'apparizione delle comete nel 1773; un terrore panicoinvase l'Europa e anche Parigi. Ecco ciò che ognuno puòleggere nelle Memorie Segrete, di Bachaumont:

«6 maggio 1773. – Nell'ultima assemblea pubblicadell'accademia delle Scienze il Sig.r de Lalande dovevaleggere una memoria molto più curiosa di quelle già let-te; ciò che non ha potuto fare per mancanza di tempo.Essa trattava delle comete che possono, avvicinandosialla Terra, produrvi rivoluzioni, e specialmente si occu-pava di quella della quale si attende il ritorno fra diciot-to anni; ma, benchè abbia detto che essa non è tra le co-

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mete che possono nuocere alla terra, e che d'altra parteera stato osservato che è impossibile fissare l'ordine diquesti avvenimenti, ne è resultata una generale inquietu-dine.

9 maggio. – Il gabinetto del Sig. de Lalande è sempreaffollato di curiosi che vanno a interrogarlo sulla memo-ria in questione, cui egli darà indubbiamente una neces-saria pubblicità, per rassicurare le teste sconvolte dallefiabe che si sono spacciate su questo argomento. Il fer-mento è stato tale che devoti creduloni sono andati asollecitare il Signor Arcivescovo di fare preghiere diquaranta ore per allontanare il tremendo diluvio che mi-nacciava la terra: e il prelato avrebbe ordinate questepreghiere, se alcuni accademici non gli avessero fattosentire il ridicolo di questo suo agire.

14 maggio. – La memoria del Sig. de Lalande vienfuori. Secondo lui delle sessanta comete conosciute, ottopotrebbero, avvicinandosi molto alla Terra, produrre unatale pressione, da fare uscire il mare dal suo letto e co-prire una parte del globo. –

Col tempo, il panico si spense; la paura delle cometecambiò natura; si cessò di vedervi i segni della colleradivina, e si discussero invece scientificamente i casipossibili d'incontro e si temettero quest'incontri. Allafine dell'ultimo secolo, Laplace formulava la sua opinio-ne su quest'argomento, nei termini piuttosto drammatici,sopra riportati (cap. II°).

Nel nostro secolo, la predizione della fine del mondoè stata ancora molte volte associata alle apparizioni del-

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mete che possono nuocere alla terra, e che d'altra parteera stato osservato che è impossibile fissare l'ordine diquesti avvenimenti, ne è resultata una generale inquietu-dine.

9 maggio. – Il gabinetto del Sig. de Lalande è sempreaffollato di curiosi che vanno a interrogarlo sulla memo-ria in questione, cui egli darà indubbiamente una neces-saria pubblicità, per rassicurare le teste sconvolte dallefiabe che si sono spacciate su questo argomento. Il fer-mento è stato tale che devoti creduloni sono andati asollecitare il Signor Arcivescovo di fare preghiere diquaranta ore per allontanare il tremendo diluvio che mi-nacciava la terra: e il prelato avrebbe ordinate questepreghiere, se alcuni accademici non gli avessero fattosentire il ridicolo di questo suo agire.

14 maggio. – La memoria del Sig. de Lalande vienfuori. Secondo lui delle sessanta comete conosciute, ottopotrebbero, avvicinandosi molto alla Terra, produrre unatale pressione, da fare uscire il mare dal suo letto e co-prire una parte del globo. –

Col tempo, il panico si spense; la paura delle cometecambiò natura; si cessò di vedervi i segni della colleradivina, e si discussero invece scientificamente i casipossibili d'incontro e si temettero quest'incontri. Allafine dell'ultimo secolo, Laplace formulava la sua opinio-ne su quest'argomento, nei termini piuttosto drammatici,sopra riportati (cap. II°).

Nel nostro secolo, la predizione della fine del mondoè stata ancora molte volte associata alle apparizioni del-

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le comete. La cometa di Biela, per esempio doveva in-crociare l'orbita terrestre il 29 ottobre 1832. Gran chias-so vi fu; di nuovo, la fine dei tempi era vicina, il genereumano era in pericolo. Che sarebbe successo?

Si era confusa l'orbita della Terra, cioè la via che essapercorre con la Terra stessa. Il nostro globo non dovevaaffatto passare in quel punto della sua orbita nello stessotempo della cometa, ma più di un mese dopo, il 30 no-vembre, e la cometa doveva restar sempre a più di 20milioni di leghe distante da noi.

Ancora una volta si fu liberi dalla paura. Lo stesso ac-cadde nel 1857. Qualche profeta di malaugurio avevaannunziato per il 13 giugno di quell'anno il ritorno dellafamosa cometa di Carlo V, alla quale si era attribuita unarivoluzione di tre secoli. Più di un'anima impaurita viprestò ancora fede e nella stessa Parigi i confessionaliaccolsero più penitenti del solito.

Nuova predizione nel 1872, sotto il nome d'un astro-nomo che non c'entrava per nulla (M. Plantamour, diret-tore dell'Osservatorio di Ginevra).

Come le comete, i grandi fenomeni celesti o terrestri,le eclissi totali di sole, le stelle misteriose che compaio-no d'improvviso nel cielo, le piogge di stelle filanti, leeruzioni vulcaniche formidabili, che spandono intorno asè l'oscurità di una notte profonda e pare che debbanoseppellire il mondo sotto un diluvio di cenere, i terremo-ti che sconvolgono le città, per i quali le abitazioni uma-ne sono inghiottite dalle viscere della terra, tutti questiavvenimenti grandiosi o terribili sono stati associati alla

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le comete. La cometa di Biela, per esempio doveva in-crociare l'orbita terrestre il 29 ottobre 1832. Gran chias-so vi fu; di nuovo, la fine dei tempi era vicina, il genereumano era in pericolo. Che sarebbe successo?

Si era confusa l'orbita della Terra, cioè la via che essapercorre con la Terra stessa. Il nostro globo non dovevaaffatto passare in quel punto della sua orbita nello stessotempo della cometa, ma più di un mese dopo, il 30 no-vembre, e la cometa doveva restar sempre a più di 20milioni di leghe distante da noi.

Ancora una volta si fu liberi dalla paura. Lo stesso ac-cadde nel 1857. Qualche profeta di malaugurio avevaannunziato per il 13 giugno di quell'anno il ritorno dellafamosa cometa di Carlo V, alla quale si era attribuita unarivoluzione di tre secoli. Più di un'anima impaurita viprestò ancora fede e nella stessa Parigi i confessionaliaccolsero più penitenti del solito.

Nuova predizione nel 1872, sotto il nome d'un astro-nomo che non c'entrava per nulla (M. Plantamour, diret-tore dell'Osservatorio di Ginevra).

Come le comete, i grandi fenomeni celesti o terrestri,le eclissi totali di sole, le stelle misteriose che compaio-no d'improvviso nel cielo, le piogge di stelle filanti, leeruzioni vulcaniche formidabili, che spandono intorno asè l'oscurità di una notte profonda e pare che debbanoseppellire il mondo sotto un diluvio di cenere, i terremo-ti che sconvolgono le città, per i quali le abitazioni uma-ne sono inghiottite dalle viscere della terra, tutti questiavvenimenti grandiosi o terribili sono stati associati alla

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paura della fine immediata e universale degli esseri edelle cose.

Gli annali delle eclissi basterebbero, essi soli, a for-mare un volume, non meno interessante della storia del-le comete. Per non parlare brevemente che dei moderni,una delle ultime eclissi totali di sole, la cui zona traver-sò la Francia, quella del 12 agosto 1654, era stata an-nunziata dagli astronomi e quest'annunzio era stato se-guito da un immenso terrore. Per qualcuno essa prelude-va ad un grande sconvolgimento degli Stati e alla rovinadi Roma; per altri, si trattava di un nuovo diluvio uni-versale, per altri ancora ne doveva conseguire nienteme-no che un incendio del globo terrestre: infine, per imeno esagerati, doveva ammorbare l'aria.

La credenza in questi effetti tragici era così generaleche, per ordine espresso dei medici, una moltitudine digente spaventata si rifugiò in sotto-suoli ben chiusi, ri-scaldati e profumati, per mettersi al riparo dall'influenzapericolosa. Questo si può leggere specialmente nel volu-me Les mondes di Fontenelle, 2a serata.

«Non avemmo una bella paura – egli scrive – perquesta eclissi, che, a dire il vero, fu totale? Un'infinità dipersone non se ne stettero chiuse nelle cantine? E i filo-sofi, che scrissero per rassicurarci, non scrissero invano,o quasi? Quelli che si erano rifugiati nelle cantine, neuscirono, forse?».

Un altro autore dello stesso secolo, P. Petit, di cui ab-biamo parlato poco fa, racconta nella sua «Dissertazionesulla natura delle comete» che la costernazione aumentò

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paura della fine immediata e universale degli esseri edelle cose.

Gli annali delle eclissi basterebbero, essi soli, a for-mare un volume, non meno interessante della storia del-le comete. Per non parlare brevemente che dei moderni,una delle ultime eclissi totali di sole, la cui zona traver-sò la Francia, quella del 12 agosto 1654, era stata an-nunziata dagli astronomi e quest'annunzio era stato se-guito da un immenso terrore. Per qualcuno essa prelude-va ad un grande sconvolgimento degli Stati e alla rovinadi Roma; per altri, si trattava di un nuovo diluvio uni-versale, per altri ancora ne doveva conseguire nienteme-no che un incendio del globo terrestre: infine, per imeno esagerati, doveva ammorbare l'aria.

La credenza in questi effetti tragici era così generaleche, per ordine espresso dei medici, una moltitudine digente spaventata si rifugiò in sotto-suoli ben chiusi, ri-scaldati e profumati, per mettersi al riparo dall'influenzapericolosa. Questo si può leggere specialmente nel volu-me Les mondes di Fontenelle, 2a serata.

«Non avemmo una bella paura – egli scrive – perquesta eclissi, che, a dire il vero, fu totale? Un'infinità dipersone non se ne stettero chiuse nelle cantine? E i filo-sofi, che scrissero per rassicurarci, non scrissero invano,o quasi? Quelli che si erano rifugiati nelle cantine, neuscirono, forse?».

Un altro autore dello stesso secolo, P. Petit, di cui ab-biamo parlato poco fa, racconta nella sua «Dissertazionesulla natura delle comete» che la costernazione aumentò

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di giorno in giorno, fino alla data fatale, e che un curatodi campagna, non potendo più, egli solo, confessare tuttii suoi parrocchiani, che si credevano vicini all'ultimaora, si vide costretto a dir loro dal pulpito di non affret-tarsi tanto, perchè l'eclissi era rimandata di quindicigiorni....

Questi bravi parrocchiani non ebbero più difficoltà acredere che l'eclissi fosse rimandata di quella che aves-sero avuto per credere al suo influsso.

In occasione delle ultime eclissi totali di sole, chehanno traversato la Francia, quelle del 12 maggio 1706,del 22 maggio 1724, dell'otto luglio 1842, e anche nontotali, ma quasi, come quelle del 9 ottobre 1847, del 28luglio 1851, del 15 marzo 1858, del 18 luglio 1860 e del22 dicembre 1870, si ebbero ancora in Francia impres-sioni più o meno vive, in un certo numero di spiriti ti-morati: almeno noi sappiamo, da fonte sicura, per mez-zo di relazioni riguardanti queste eclissi, che gli annunciastronomici di tali avvenimenti naturali furono di nuovointerpretati da una classe speciale di Europei, come as-sociati, secondo qualche probabilità, a segni di maledi-zione divina: e sappiamo che al loro apparire, in moltiistituti di educazione religiosa, gli allievi furono invitatia pregare. Questa interpretazione mistica tende a sparireaffatto nelle nazioni progredite e senza dubbio la prossi-ma eclissi totale di sole che passerà vicino alla Francia,sulla Spagna, il 28 maggio 1900 non ispirerà più alcuntimore, da questa parte dei Pirenei: non si potrebbe, for-

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di giorno in giorno, fino alla data fatale, e che un curatodi campagna, non potendo più, egli solo, confessare tuttii suoi parrocchiani, che si credevano vicini all'ultimaora, si vide costretto a dir loro dal pulpito di non affret-tarsi tanto, perchè l'eclissi era rimandata di quindicigiorni....

Questi bravi parrocchiani non ebbero più difficoltà acredere che l'eclissi fosse rimandata di quella che aves-sero avuto per credere al suo influsso.

In occasione delle ultime eclissi totali di sole, chehanno traversato la Francia, quelle del 12 maggio 1706,del 22 maggio 1724, dell'otto luglio 1842, e anche nontotali, ma quasi, come quelle del 9 ottobre 1847, del 28luglio 1851, del 15 marzo 1858, del 18 luglio 1860 e del22 dicembre 1870, si ebbero ancora in Francia impres-sioni più o meno vive, in un certo numero di spiriti ti-morati: almeno noi sappiamo, da fonte sicura, per mez-zo di relazioni riguardanti queste eclissi, che gli annunciastronomici di tali avvenimenti naturali furono di nuovointerpretati da una classe speciale di Europei, come as-sociati, secondo qualche probabilità, a segni di maledi-zione divina: e sappiamo che al loro apparire, in moltiistituti di educazione religiosa, gli allievi furono invitatia pregare. Questa interpretazione mistica tende a sparireaffatto nelle nazioni progredite e senza dubbio la prossi-ma eclissi totale di sole che passerà vicino alla Francia,sulla Spagna, il 28 maggio 1900 non ispirerà più alcuntimore, da questa parte dei Pirenei: non si potrebbe, for-

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se, concepire la stessa speranza riguardo ai suoi osserva-tori spagnuoli.

Anche oggi, nei paesi non inciviliti, questi fenomenisuscitano gli stessi terrori di cui in altri tempi erano cau-sa presso di noi. I viaggiatori lo hanno constatato, spe-cialmente in Africa.

In occasione del 18 luglio 1860, si videro in Algeriagli uomini e le donne mettersi gli uni a pregare, le altrea fuggire verso le loro case.

Durante l'eclissi del 28 luglio 1878, che fu totale, agliStati Uniti, un negro, preso da un subitaneo accesso diterrore e convinto che la fine del mondo fosse giunta,sgozzò la moglie e i figlioli.

Bisogna confessare, del resto, che tali fenomeni sonoadatti a colpire l'immaginazione. Il Sole, il dio del gior-no, l'astro ai cui raggi la nostra vita è sospesa, perde lasua luce che, prima di spengersi, diviene d'un pallorespaventoso e lugubre. Il cielo, trasformato, prende untono scialbo, gli animali sono disorientati, i cavalli nonvogliono più camminare, i bovi che lavorano si fermanocome masse inerti, il cane si rifugia vicino al padrone, ipolli rientrano precipitosamente nel pollaio, dopo averviriunito i loro pulcini, gli uccelli cessano di cantare e sene sono veduti cadere morti. Arago racconta che durantel'eclissi totale di sole, osservata a Perpignano l'8 luglio1842, ventimila spettatori formavano, là, un quadromolto espressivo.

«Quando il Sole, ridotto a una piccola fettuccia, co-minciò a mandare soltanto una luce debolissima, una

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se, concepire la stessa speranza riguardo ai suoi osserva-tori spagnuoli.

Anche oggi, nei paesi non inciviliti, questi fenomenisuscitano gli stessi terrori di cui in altri tempi erano cau-sa presso di noi. I viaggiatori lo hanno constatato, spe-cialmente in Africa.

In occasione del 18 luglio 1860, si videro in Algeriagli uomini e le donne mettersi gli uni a pregare, le altrea fuggire verso le loro case.

Durante l'eclissi del 28 luglio 1878, che fu totale, agliStati Uniti, un negro, preso da un subitaneo accesso diterrore e convinto che la fine del mondo fosse giunta,sgozzò la moglie e i figlioli.

Bisogna confessare, del resto, che tali fenomeni sonoadatti a colpire l'immaginazione. Il Sole, il dio del gior-no, l'astro ai cui raggi la nostra vita è sospesa, perde lasua luce che, prima di spengersi, diviene d'un pallorespaventoso e lugubre. Il cielo, trasformato, prende untono scialbo, gli animali sono disorientati, i cavalli nonvogliono più camminare, i bovi che lavorano si fermanocome masse inerti, il cane si rifugia vicino al padrone, ipolli rientrano precipitosamente nel pollaio, dopo averviriunito i loro pulcini, gli uccelli cessano di cantare e sene sono veduti cadere morti. Arago racconta che durantel'eclissi totale di sole, osservata a Perpignano l'8 luglio1842, ventimila spettatori formavano, là, un quadromolto espressivo.

«Quando il Sole, ridotto a una piccola fettuccia, co-minciò a mandare soltanto una luce debolissima, una

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specie d'inquietudine s'impadronì di tutti; ognuno prova-va il bisogno di comunicare agli altri le proprie impres-sioni. Ne venne un mugghio sordo, simile a quello di unmare lontano, dopo la tempesta. Il rumore cresceva dimano in mano che la falce solare diminuiva: poi sparì.Le tenebre seguirono d'un tratto alla luce e un silenzioassoluto segnò questa fase dell'eclissi, così nettamentecome il pendolo del nostro orologio astronomico. Il fe-nomeno, nella sua magnificenza, trionfava della petu-lanza della gioventù, della leggerezza, che alcuni pren-dono come un segno di superiorità, della chiassosaspensieratezza, di cui generalmente i soldati fanno pro-fessione!

Una calma profonda regnò anche nell'aria: gli uccelliavevano smesso di cantare....

Dopo un'attesa solenne di circa due minuti, scoppi digioia, applausi frenetici salutarono, con lo stesso accor-do, con la stessa spontaneità il riapparire dei primi raggisolari. Al malinconico raccoglimento, prodotto da senti-menti indefinibili, succedeva una soddisfazione viva efranca, che nessuno si sognava di frenare e di modera-re».

Ciascuno restava commosso da uno dei più grandiosispettacoli della natura, serbandone un ricordo incancel-labile.

Alcuni contadini furono spaventati dall'oscurità, so-pra tutto perchè credevano di esser divenuti ciechi.

Un povero ragazzo guardava la sua greggia. Ignoran-do completamente quel che doveva accadere, vide con

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specie d'inquietudine s'impadronì di tutti; ognuno prova-va il bisogno di comunicare agli altri le proprie impres-sioni. Ne venne un mugghio sordo, simile a quello di unmare lontano, dopo la tempesta. Il rumore cresceva dimano in mano che la falce solare diminuiva: poi sparì.Le tenebre seguirono d'un tratto alla luce e un silenzioassoluto segnò questa fase dell'eclissi, così nettamentecome il pendolo del nostro orologio astronomico. Il fe-nomeno, nella sua magnificenza, trionfava della petu-lanza della gioventù, della leggerezza, che alcuni pren-dono come un segno di superiorità, della chiassosaspensieratezza, di cui generalmente i soldati fanno pro-fessione!

Una calma profonda regnò anche nell'aria: gli uccelliavevano smesso di cantare....

Dopo un'attesa solenne di circa due minuti, scoppi digioia, applausi frenetici salutarono, con lo stesso accor-do, con la stessa spontaneità il riapparire dei primi raggisolari. Al malinconico raccoglimento, prodotto da senti-menti indefinibili, succedeva una soddisfazione viva efranca, che nessuno si sognava di frenare e di modera-re».

Ciascuno restava commosso da uno dei più grandiosispettacoli della natura, serbandone un ricordo incancel-labile.

Alcuni contadini furono spaventati dall'oscurità, so-pra tutto perchè credevano di esser divenuti ciechi.

Un povero ragazzo guardava la sua greggia. Ignoran-do completamente quel che doveva accadere, vide con

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inquietudine il Sole gradatamente oscurarsi, in un cielosenza nubi. Quando la luce a un tratto disparve, il pove-ro ragazzo, al colmo dello spavento, si mise a piangere ea chiamare: aiuto!

Piangeva ancora, quando il sole lanciò il suo primoraggio. Rassicurato da quella vista, il fanciullo incrociòle mani, gridando

— Oh beou souleou! Sole, bello!Il grido di questo ragazzo non è quello stesso

dell'umanità?Si spiega dunque facilmente come le eclissi abbiano

prodotto la più viva impressione e sieno state associateall'idea della fine del mondo, finchè non si è saputo chesono l'effetto naturalissimo del movimento della Lunaintorno alla Terra e che il calcolo può predirle con unaprecisione assoluta.

Vi sono stati anche grandi fenomeni celesti, e special-mente apparizioni improvvise di stelle sconosciute, mol-to più rare, del resto, delle eclissi. La più celebre è stataquella del 1527. L'11 novembre di quell'anno, pochimesi dopo la strage di S. Bartolomeo, una stella lumino-sa, di prima grandezza, apparve a un tratto nella costel-lazione di Cassiopea. Stupore generale, non soltanto nelpubblico, che tutte le sere la vedeva fiammeggiare nelcielo, ma anche negli scienziati, che non si sapevanospiegare quest'apparizione. Alcuni astrologi pensaronoche questo enigma celeste doveva essere la stella deiMagi, che veniva ad annunziare il ritorno dell'Uomo-Dio, il giudizio finale e la resurrezione. Di qui gran

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inquietudine il Sole gradatamente oscurarsi, in un cielosenza nubi. Quando la luce a un tratto disparve, il pove-ro ragazzo, al colmo dello spavento, si mise a piangere ea chiamare: aiuto!

Piangeva ancora, quando il sole lanciò il suo primoraggio. Rassicurato da quella vista, il fanciullo incrociòle mani, gridando

— Oh beou souleou! Sole, bello!Il grido di questo ragazzo non è quello stesso

dell'umanità?Si spiega dunque facilmente come le eclissi abbiano

prodotto la più viva impressione e sieno state associateall'idea della fine del mondo, finchè non si è saputo chesono l'effetto naturalissimo del movimento della Lunaintorno alla Terra e che il calcolo può predirle con unaprecisione assoluta.

Vi sono stati anche grandi fenomeni celesti, e special-mente apparizioni improvvise di stelle sconosciute, mol-to più rare, del resto, delle eclissi. La più celebre è stataquella del 1527. L'11 novembre di quell'anno, pochimesi dopo la strage di S. Bartolomeo, una stella lumino-sa, di prima grandezza, apparve a un tratto nella costel-lazione di Cassiopea. Stupore generale, non soltanto nelpubblico, che tutte le sere la vedeva fiammeggiare nelcielo, ma anche negli scienziati, che non si sapevanospiegare quest'apparizione. Alcuni astrologi pensaronoche questo enigma celeste doveva essere la stella deiMagi, che veniva ad annunziare il ritorno dell'Uomo-Dio, il giudizio finale e la resurrezione. Di qui gran

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commozione in ogni classe sociale. La stella diminuìgradatamente di splendore e finì con lo spengersi, incapo a diciotto mesi, senza aver prodotto nessun'altracatastrofe, all'infuori di tutte quelle che la sciocchezzaumana aggiunge alle miserie di un pianeta assai mal riu-scito.

La storia delle scienze riporta molte apparizioni diquesto genere, ma quella del 1572 è la più memorabile.

Commozioni dello stesso genere hanno accompagna-to sempre tutti i grandi fenomeni naturali, sopra tutto seimprevisti. Si può leggere nelle cronache del medio-evoe anche nelle memorie più recenti la commozione cheaurore boreali, piogge di stelle filanti, cadute di bolidihanno prodotto sui loro spettatori allarmati. Non è mol-to, a tempo della grande pioggia di stelle del 27 novem-bre 1872, quando furono nel cielo più di quarantamilameteore provenienti dalla dissoluzione della cometa diBiela, si son viste, a Nizza specialmente – non meno chea Roma – donne del popolo precipitarsi da quelli cheesse ritenevano capaci di informarle, per sapere la causadi questo fuoco d'artifizio celeste, a cui avevano imme-diatamente connessa l'idea della fine del mondo e dellacaduta delle stelle, annunciata come precedente al cata-clisma.

I terremoti e le eruzioni vulcaniche raggiungono qual-che volta proporzioni tali che la paura della fine delmondo ne è la conseguenza naturalissima.

Pensiamo allo stato d'animo degli abitanti di Ercolanoe di Pompei, al tempo dell'eruzione del Vesuvio, che li

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commozione in ogni classe sociale. La stella diminuìgradatamente di splendore e finì con lo spengersi, incapo a diciotto mesi, senza aver prodotto nessun'altracatastrofe, all'infuori di tutte quelle che la sciocchezzaumana aggiunge alle miserie di un pianeta assai mal riu-scito.

La storia delle scienze riporta molte apparizioni diquesto genere, ma quella del 1572 è la più memorabile.

Commozioni dello stesso genere hanno accompagna-to sempre tutti i grandi fenomeni naturali, sopra tutto seimprevisti. Si può leggere nelle cronache del medio-evoe anche nelle memorie più recenti la commozione cheaurore boreali, piogge di stelle filanti, cadute di bolidihanno prodotto sui loro spettatori allarmati. Non è mol-to, a tempo della grande pioggia di stelle del 27 novem-bre 1872, quando furono nel cielo più di quarantamilameteore provenienti dalla dissoluzione della cometa diBiela, si son viste, a Nizza specialmente – non meno chea Roma – donne del popolo precipitarsi da quelli cheesse ritenevano capaci di informarle, per sapere la causadi questo fuoco d'artifizio celeste, a cui avevano imme-diatamente connessa l'idea della fine del mondo e dellacaduta delle stelle, annunciata come precedente al cata-clisma.

I terremoti e le eruzioni vulcaniche raggiungono qual-che volta proporzioni tali che la paura della fine delmondo ne è la conseguenza naturalissima.

Pensiamo allo stato d'animo degli abitanti di Ercolanoe di Pompei, al tempo dell'eruzione del Vesuvio, che li

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inghiottì sotto una pioggia di cenere! Non era per loro lafine del mondo? E, più recentemente, i testimonidell'eruzione del Krakatoa, che poterono assistervi senzaesserne vittime, non ebbero proprio la stessa convinzio-ne? Una notte impenetrabile, che durò 18 ore: l'atmosfe-ra trasformata in un forno pieno di cenere che empiva ilnaso, gli occhi e le orecchie, il cannoneggiamento sordoe incessante del vulcano, la caduta delle pietre pomicidal cielo nero; la scena tragica era illuminata a intervallisoltanto da deboli chiarori o da fuochi fatui accesi suglialberi e sui cordami del naviglio; il fulmine cadeva dalcielo nel mare con un fragore satanico, la pioggia di ce-nere si cambiava in pioggia di fango: ecco quello chesoffrirono, in questa notte di 18 ore, dal 26 al 28 agosto1883, i numerosi passeggeri di un naviglio di Giava,mentre una parte dell'isola di Krakatoa saltava in aria eil mare, indietreggiando, saliva sulle terre fino aun'altezza di 35 metri, alla distanza da 1 a 10 chilometridalla riva, per un'estensione di 500 chilometri e som-mergeva, ritirandosi, quattro città: Tjringin, Mérak, Te-lok-Bétong, Anjer, tutta la popolazione della costa, piùdi quarantamila uomini! I passeggeri d'un vascello cheattraversò lo stretto, l'indomani, videro con spavento illoro naviglio ostacolato nel suo cammino da grappoli dicadaveri abbracciati, e molte settimane dopo si trovaro-no, nelle viscere dei pesci, dita con le unghie, pezzi diteste coi capelli attaccati. Quelli che si salvarono, quelliche assistettero al disastro sopra una nave e poterono, ilgiorno seguente, rivedere la luce del giorno, che pareva

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inghiottì sotto una pioggia di cenere! Non era per loro lafine del mondo? E, più recentemente, i testimonidell'eruzione del Krakatoa, che poterono assistervi senzaesserne vittime, non ebbero proprio la stessa convinzio-ne? Una notte impenetrabile, che durò 18 ore: l'atmosfe-ra trasformata in un forno pieno di cenere che empiva ilnaso, gli occhi e le orecchie, il cannoneggiamento sordoe incessante del vulcano, la caduta delle pietre pomicidal cielo nero; la scena tragica era illuminata a intervallisoltanto da deboli chiarori o da fuochi fatui accesi suglialberi e sui cordami del naviglio; il fulmine cadeva dalcielo nel mare con un fragore satanico, la pioggia di ce-nere si cambiava in pioggia di fango: ecco quello chesoffrirono, in questa notte di 18 ore, dal 26 al 28 agosto1883, i numerosi passeggeri di un naviglio di Giava,mentre una parte dell'isola di Krakatoa saltava in aria eil mare, indietreggiando, saliva sulle terre fino aun'altezza di 35 metri, alla distanza da 1 a 10 chilometridalla riva, per un'estensione di 500 chilometri e som-mergeva, ritirandosi, quattro città: Tjringin, Mérak, Te-lok-Bétong, Anjer, tutta la popolazione della costa, piùdi quarantamila uomini! I passeggeri d'un vascello cheattraversò lo stretto, l'indomani, videro con spavento illoro naviglio ostacolato nel suo cammino da grappoli dicadaveri abbracciati, e molte settimane dopo si trovaro-no, nelle viscere dei pesci, dita con le unghie, pezzi diteste coi capelli attaccati. Quelli che si salvarono, quelliche assistettero al disastro sopra una nave e poterono, ilgiorno seguente, rivedere la luce del giorno, che pareva

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dovesse essere spenta per sempre, raccontarono con or-rore che avevano aspettato rassegnati la fine del mondo,convinti di un cataclisma universale e dell'inabissarsidel creato. Un testimonio oculare ci assicurava, che pertutti i beni possibili e immaginabili, non avrebbe maivoluto riprovare simili emozioni. Il Sole era spento: illutto piombava sulla natura e la morte avrebbe regnatosovrana.

Questa eruzione fantastica fu di una tale violenza cheil contraccolpo si sentì, ai suoi antipodi, traverso tutta laTerra: il getto vulcanico raggiunse ventimila metrid'altezza: l'oscillazione atmosferica prodotta da questogetto si estese su tutta la superficie del globo, di cui ellafece il giro in trentacinque ore (a Parigi stesso i barome-tri abbassarono 4 millimetri): per più d'un anno il pulvi-scolo leggerissimo, lanciato nell'alto dell'atmosfera dallaforza dell'esplosione, ha prodotto, rischiarato dal Sole,le magnifiche luci crepuscolari che tutti hanno ammira-to.

Questi sono cataclismi formidabili, parziali fini delmondo. Certi terremoti meritano di essere paragonati aqueste terribili eruzioni vulcaniche per la tragica gran-dezza dei loro effetti. Nel terremoto di Lisbona, del 1°novembre 1755, trentamila persone morirono: la scossasi sentì su di una superfice, grande quattro volte quelladell'Europa. Nel tempo della distruzione di Lima, nel 28ottobre 1724, il mare si alzò 27 metri sul livello abitua-le, si precipitò sulla città e la portò via in modo così ra-dicale che neppure una casa restò. Si trovarono navi af-

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dovesse essere spenta per sempre, raccontarono con or-rore che avevano aspettato rassegnati la fine del mondo,convinti di un cataclisma universale e dell'inabissarsidel creato. Un testimonio oculare ci assicurava, che pertutti i beni possibili e immaginabili, non avrebbe maivoluto riprovare simili emozioni. Il Sole era spento: illutto piombava sulla natura e la morte avrebbe regnatosovrana.

Questa eruzione fantastica fu di una tale violenza cheil contraccolpo si sentì, ai suoi antipodi, traverso tutta laTerra: il getto vulcanico raggiunse ventimila metrid'altezza: l'oscillazione atmosferica prodotta da questogetto si estese su tutta la superficie del globo, di cui ellafece il giro in trentacinque ore (a Parigi stesso i barome-tri abbassarono 4 millimetri): per più d'un anno il pulvi-scolo leggerissimo, lanciato nell'alto dell'atmosfera dallaforza dell'esplosione, ha prodotto, rischiarato dal Sole,le magnifiche luci crepuscolari che tutti hanno ammira-to.

Questi sono cataclismi formidabili, parziali fini delmondo. Certi terremoti meritano di essere paragonati aqueste terribili eruzioni vulcaniche per la tragica gran-dezza dei loro effetti. Nel terremoto di Lisbona, del 1°novembre 1755, trentamila persone morirono: la scossasi sentì su di una superfice, grande quattro volte quelladell'Europa. Nel tempo della distruzione di Lima, nel 28ottobre 1724, il mare si alzò 27 metri sul livello abitua-le, si precipitò sulla città e la portò via in modo così ra-dicale che neppure una casa restò. Si trovarono navi af-

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fondate nei campi, a molti chilometri di distanza dallariva. Il 10 dicembre 1869, gli abitanti della città di On-lah, in Asia Minore, spaventati da rumori sotterranei eda una prima scossa molto violenta, si erano rifugiati sudi una collina vicina: videro coi loro occhi stupefattiaprirsi traverso la città molti crepacci e la città intierasparire in pochi minuti sotto questo suolo mobile! Ab-biamo testimoni oculari, che ci assicurano che nel terre-moto di Nizza del 23 febbraio 1887 l'idea della fine delmondo fu la prima a colpire lo spirito degli abitanti.

La storia del globoterrestre potrebbe of-frirci un numero note-vole di drammi dellostesso genere, di cata-clismi parziali e diminacce di distruzio-ne finale. Era questoil momento di soffer-marci su questi grandifenomeni, come sui

ricordi di questa credenza nella fine del mondo, che hatraversate tutte le età, modificandosi insieme col pro-gresso delle conoscenze umane. La fede in parte èscomparsa: l'aspetto mistico e leggendario che colpival'immaginazione dei nostri padri e di cui si ritrovano an-cora tante curiose rappresentazioni sulle porte delle no-stre belle cattedrali e nelle sculture e nelle pitture, ispi-rate dalla tradizione cristiana, quest'aspetto teologico

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fondate nei campi, a molti chilometri di distanza dallariva. Il 10 dicembre 1869, gli abitanti della città di On-lah, in Asia Minore, spaventati da rumori sotterranei eda una prima scossa molto violenta, si erano rifugiati sudi una collina vicina: videro coi loro occhi stupefattiaprirsi traverso la città molti crepacci e la città intierasparire in pochi minuti sotto questo suolo mobile! Ab-biamo testimoni oculari, che ci assicurano che nel terre-moto di Nizza del 23 febbraio 1887 l'idea della fine delmondo fu la prima a colpire lo spirito degli abitanti.

La storia del globoterrestre potrebbe of-frirci un numero note-vole di drammi dellostesso genere, di cata-clismi parziali e diminacce di distruzio-ne finale. Era questoil momento di soffer-marci su questi grandifenomeni, come sui

ricordi di questa credenza nella fine del mondo, che hatraversate tutte le età, modificandosi insieme col pro-gresso delle conoscenze umane. La fede in parte èscomparsa: l'aspetto mistico e leggendario che colpival'immaginazione dei nostri padri e di cui si ritrovano an-cora tante curiose rappresentazioni sulle porte delle no-stre belle cattedrali e nelle sculture e nelle pitture, ispi-rate dalla tradizione cristiana, quest'aspetto teologico

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dell'ultimo giorno della Terra ha ceduto il posto allo stu-dio scientifico della durata del sistema solare, al quale lanostra patria appartiene. La concezione geocentrica eantropocentrica dell'universo, che considerava l'uomocome il centro e lo scopo della creazione, s'è gradata-mente trasformata e ha finito per sparire: perchè noi orasappiamo che il nostro umile pianeta è un'isola nell'infi-nito, che la storia umana è stata fatta fin qui di pure illu-sioni e che la dignità dell'uomo risiede nel suo valore in-tellettuale e morale: lo spirito umano non ha per scopoprecipuo la conoscenza esatta delle cose, la ricerca dellaVerità?

Nel corso del di-ciannovesimo secolo,profeti di malaugurio,più o meno sinceri,hanno annunziato perventicinque volte lafine del mondo, basan-dosi su calcoli cabali-stici che non avevanonessun principio serio.Simili predizioni sirinnoveranno finchèdurerà l'umanità10.

10 La prima edizione di questo lavoro era appena pubblicatache un nuovo profeta, uno scienziato viennese, M. Rudolf Falb.annunziava di nuovo la fine del mondo, questa volta per il 13 no-vembre 1899, a causa dell'incontro di una cometa con la Terra.

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dell'ultimo giorno della Terra ha ceduto il posto allo stu-dio scientifico della durata del sistema solare, al quale lanostra patria appartiene. La concezione geocentrica eantropocentrica dell'universo, che considerava l'uomocome il centro e lo scopo della creazione, s'è gradata-mente trasformata e ha finito per sparire: perchè noi orasappiamo che il nostro umile pianeta è un'isola nell'infi-nito, che la storia umana è stata fatta fin qui di pure illu-sioni e che la dignità dell'uomo risiede nel suo valore in-tellettuale e morale: lo spirito umano non ha per scopoprecipuo la conoscenza esatta delle cose, la ricerca dellaVerità?

Nel corso del di-ciannovesimo secolo,profeti di malaugurio,più o meno sinceri,hanno annunziato perventicinque volte lafine del mondo, basan-dosi su calcoli cabali-stici che non avevanonessun principio serio.Simili predizioni sirinnoveranno finchèdurerà l'umanità10.

10 La prima edizione di questo lavoro era appena pubblicatache un nuovo profeta, uno scienziato viennese, M. Rudolf Falb.annunziava di nuovo la fine del mondo, questa volta per il 13 no-vembre 1899, a causa dell'incontro di una cometa con la Terra.

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Ma questo intermezzo storico, nonostante la sua op-portunità, ci ha momentaneamente staccato dal nostroracconto del venticinquesimo secolo. Affrettiamoci a ri-tornarvi, perchè eccoci arrivati alla conclusione.

Ora noi non aspettiamo comete per quest'epoca, ma soltantouna innocua pioggia di stelle filanti.

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Ma questo intermezzo storico, nonostante la sua op-portunità, ci ha momentaneamente staccato dal nostroracconto del venticinquesimo secolo. Affrettiamoci a ri-tornarvi, perchè eccoci arrivati alla conclusione.

Ora noi non aspettiamo comete per quest'epoca, ma soltantouna innocua pioggia di stelle filanti.

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CAPITOLO VII.L'URTO.

(Cfr. fig. 7)

«As stars with trains of fireand dews of blood».

SHAKESPEARE, Hamlet, 1.

Inesorabilmente, come una legge del destino che nes-suna potenza può piegare, come una palla che uscitadalla gola del cannone muove al bersaglio, la cometaavanzava sempre, seguendo la sua orbita regolare e pre-cipitandosi con una velocità sempre crescente verso ilpunto dello spazio, a cui il nostro pianeta doveva arriva-re nella notte dal 13 al 14 luglio (fig. 7).

I calcoli definitivi non si erano ingannati di un iota. Idue viaggiatori celesti, la Terra e la cometa, si correvanoincontro, come due treni lanciati uno contro l'altro nelfantastico e cieco galoppo del vapore, e che vanno acorpo morto a sprofondarsi, a sbriciolarsi nell'urto mo-struoso di due rabbie insaziate. Ma in questo caso la ve-locità dell'incontro doveva essere ottocentosessantacin-que volte superiore a quella dell'incontro di due treni ra-pidi lanciati uno contro l'altro, con la velocità di centochilometri l'ora per ciascuno!

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CAPITOLO VII.L'URTO.

(Cfr. fig. 7)

«As stars with trains of fireand dews of blood».

SHAKESPEARE, Hamlet, 1.

Inesorabilmente, come una legge del destino che nes-suna potenza può piegare, come una palla che uscitadalla gola del cannone muove al bersaglio, la cometaavanzava sempre, seguendo la sua orbita regolare e pre-cipitandosi con una velocità sempre crescente verso ilpunto dello spazio, a cui il nostro pianeta doveva arriva-re nella notte dal 13 al 14 luglio (fig. 7).

I calcoli definitivi non si erano ingannati di un iota. Idue viaggiatori celesti, la Terra e la cometa, si correvanoincontro, come due treni lanciati uno contro l'altro nelfantastico e cieco galoppo del vapore, e che vanno acorpo morto a sprofondarsi, a sbriciolarsi nell'urto mo-struoso di due rabbie insaziate. Ma in questo caso la ve-locità dell'incontro doveva essere ottocentosessantacin-que volte superiore a quella dell'incontro di due treni ra-pidi lanciati uno contro l'altro, con la velocità di centochilometri l'ora per ciascuno!

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Nella notte dal 12 al 13 luglio, la cometa si sviluppòsu quasi tutta la distesa dei cieli e si distinguevano, a oc-chio nudo, turbini di fuoco che giravano intorno adun'asse, obliqua alla verticale. Pareva che ci fosse tuttaun'armata di meteore in conflagrazioni disordinate, nellequali l'elettricità ed i lampi davan luogo a combattimentifantastici. L'astro fiammeggiante pareva girar su se stes-so e agitarsi internamente, come se fosse stato dotatod'una vita propria e fosse tormentato da dolori. Immensigetti di fuoco irrompevano da diversi focolari, alcuniverdastri, altri d'un rosso sangue; i più vivi abbagliavanotutti gli occhi colla loro smagliante bianchezza. Era evi-dente che l'illuminazione solare agiva sul turbine di va-pori, decomponendo alcuni corpi, producendo combina-zioni esplosive, elettrizzando le parti più vicine, spin-gendo fumate al di là dell'immensa testa che arrivava finsopra a noi: ma l'astro diffondeva fuochi molto diversidal vaporoso riflesso della luce solare e lanciava fiammesempre crescenti, come un mostro che si precipitassesulla Terra per divorarla, incendiandola. Ciò che colpivaforse anche più, in questo spettacolo, era il non sentirnulla: Parigi e tutte le agglomerazioni umane tacevanoistintivamente quella notte, come immobilizzate daun'attenzione che non aveva avuto l'eguale, cercando dicogliere qualche eco del tuono celeste che s'avanzava; enessun rumore giungeva dal pandemonio cometario.

La luna piena brillava, verde nella rossa fornace, masenza splendore: e non v'erano ombre.

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Nella notte dal 12 al 13 luglio, la cometa si sviluppòsu quasi tutta la distesa dei cieli e si distinguevano, a oc-chio nudo, turbini di fuoco che giravano intorno adun'asse, obliqua alla verticale. Pareva che ci fosse tuttaun'armata di meteore in conflagrazioni disordinate, nellequali l'elettricità ed i lampi davan luogo a combattimentifantastici. L'astro fiammeggiante pareva girar su se stes-so e agitarsi internamente, come se fosse stato dotatod'una vita propria e fosse tormentato da dolori. Immensigetti di fuoco irrompevano da diversi focolari, alcuniverdastri, altri d'un rosso sangue; i più vivi abbagliavanotutti gli occhi colla loro smagliante bianchezza. Era evi-dente che l'illuminazione solare agiva sul turbine di va-pori, decomponendo alcuni corpi, producendo combina-zioni esplosive, elettrizzando le parti più vicine, spin-gendo fumate al di là dell'immensa testa che arrivava finsopra a noi: ma l'astro diffondeva fuochi molto diversidal vaporoso riflesso della luce solare e lanciava fiammesempre crescenti, come un mostro che si precipitassesulla Terra per divorarla, incendiandola. Ciò che colpivaforse anche più, in questo spettacolo, era il non sentirnulla: Parigi e tutte le agglomerazioni umane tacevanoistintivamente quella notte, come immobilizzate daun'attenzione che non aveva avuto l'eguale, cercando dicogliere qualche eco del tuono celeste che s'avanzava; enessun rumore giungeva dal pandemonio cometario.

La luna piena brillava, verde nella rossa fornace, masenza splendore: e non v'erano ombre.

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La notte non era più notte. Le stelle erano scomparse,il cielo ardeva di una luce intensa.

La cometa si avvicinava alla Terra con una velocità di147.000 chilometri all'ora e il nostro pianeta si avanzavanello spazio, con la velocità di 104.000 chilometri, daovest verso est, in direzione obliqua all'orbita della co-meta che, per la posizione di un meridiano qualunque amezzanotte, si dirigeva a nord-est. La combinazionedelle due velocità avvicinava i due corpi celesti di173.000 chilometri all'ora. Quando le osservazioni, in-sieme col calcolo, constatarono che i contorni della testadell'astro non erano più distanti della Luna, si seppe cheil dramma doveva cominciare due ore dopo.

Contrariamente a quello che s'aspettava, la giornatadel venerdì 13 luglio fu meravigliosamente bella, cometutte le precedenti: il sole brillò in un cielo senza nuvo-le, l'aria era calma, la temperatura abbastanza elevata,ma rinfrescata gradevolmente da una brezza leggera:tutta la natura pareva in festa; le campagne erano lussu-reggianti di bellezza, i ruscelli mormoravano nelle valli,gli uccelli cantavano nei boschi. Le città umane soltantoerano affrante; l'umanità era avvilita e costernata.L'impassibilità tranquilla della natura e l'angosciosa an-sietà dei cuori, facevano un contrasto più doloroso e piùripugnante.

Milioni d'Europei erano fuggiti da Parigi, da Londra,da Vienna, da Berlino, da Pietroburgo, da Roma, da Ma-drid e s'erano rifugiati in Australia, cioè agli antipodi.

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La notte non era più notte. Le stelle erano scomparse,il cielo ardeva di una luce intensa.

La cometa si avvicinava alla Terra con una velocità di147.000 chilometri all'ora e il nostro pianeta si avanzavanello spazio, con la velocità di 104.000 chilometri, daovest verso est, in direzione obliqua all'orbita della co-meta che, per la posizione di un meridiano qualunque amezzanotte, si dirigeva a nord-est. La combinazionedelle due velocità avvicinava i due corpi celesti di173.000 chilometri all'ora. Quando le osservazioni, in-sieme col calcolo, constatarono che i contorni della testadell'astro non erano più distanti della Luna, si seppe cheil dramma doveva cominciare due ore dopo.

Contrariamente a quello che s'aspettava, la giornatadel venerdì 13 luglio fu meravigliosamente bella, cometutte le precedenti: il sole brillò in un cielo senza nuvo-le, l'aria era calma, la temperatura abbastanza elevata,ma rinfrescata gradevolmente da una brezza leggera:tutta la natura pareva in festa; le campagne erano lussu-reggianti di bellezza, i ruscelli mormoravano nelle valli,gli uccelli cantavano nei boschi. Le città umane soltantoerano affrante; l'umanità era avvilita e costernata.L'impassibilità tranquilla della natura e l'angosciosa an-sietà dei cuori, facevano un contrasto più doloroso e piùripugnante.

Milioni d'Europei erano fuggiti da Parigi, da Londra,da Vienna, da Berlino, da Pietroburgo, da Roma, da Ma-drid e s'erano rifugiati in Australia, cioè agli antipodi.

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Man mano che il giorno dell'incontro si avvicinava,l'amministrazione generale delle aeronavi transatlanti-che aveva dovuto triplicare, quadruplicare, decuplicare itreni aerei elettrici, che si precipitavano come nuvoled'uccelli su S. Francisco, Honolulu, Noumea e sulle ca-pitali australiane di Melbourne, Sydney, Liberty e Pax.Ma questi milioni di partenze riguardavano una mino-ranza privilegiata, e non ci si accorgeva neppure deifuggiti, tanto le città e i villaggi formicolavano d'uominierranti e affollati.

Già molte notti intere erano passate, senza che la gen-te prendesse sonno, poichè il terrore dell'ignoto avevatenuto svegli tutti gli animi: pareva che si stesse per dor-mire il sonno eterno e non si dovesse più conoscere lagioia del risveglio. Tutti i visi erano di un pallore livido,con le orbite incavate, i capelli incolti, gli occhi smarriti,la tinta scialba, coi segni dell'angoscia più spaventosa,che abbia mai pesato sui destini umani.

L'aria respirabile diventava sempre più secca e sem-pre più calda. Nessuno dalla vigilia si era sognato di ri-parare con una alimentazione qualsiasi alle forze spos-sate, e lo stomaco, organo ordinariamente così poco di-mentico di se stesso, non reclamava niente. Ma una seteardente fu il primo effetto fisiologico dell'ariditàdell'aria e i più sobri non poterono sottrarsi alla necessi-tà di tentare di calmarla, con tutti i mezzi possibili, sen-za riuscirvi. La sofferenza fisica cominciava l'opera suae doveva ben presto dominare le angosce morali; l'atmo-sfera diveniva sempre meno respirabile, più opprimente,

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Man mano che il giorno dell'incontro si avvicinava,l'amministrazione generale delle aeronavi transatlanti-che aveva dovuto triplicare, quadruplicare, decuplicare itreni aerei elettrici, che si precipitavano come nuvoled'uccelli su S. Francisco, Honolulu, Noumea e sulle ca-pitali australiane di Melbourne, Sydney, Liberty e Pax.Ma questi milioni di partenze riguardavano una mino-ranza privilegiata, e non ci si accorgeva neppure deifuggiti, tanto le città e i villaggi formicolavano d'uominierranti e affollati.

Già molte notti intere erano passate, senza che la gen-te prendesse sonno, poichè il terrore dell'ignoto avevatenuto svegli tutti gli animi: pareva che si stesse per dor-mire il sonno eterno e non si dovesse più conoscere lagioia del risveglio. Tutti i visi erano di un pallore livido,con le orbite incavate, i capelli incolti, gli occhi smarriti,la tinta scialba, coi segni dell'angoscia più spaventosa,che abbia mai pesato sui destini umani.

L'aria respirabile diventava sempre più secca e sem-pre più calda. Nessuno dalla vigilia si era sognato di ri-parare con una alimentazione qualsiasi alle forze spos-sate, e lo stomaco, organo ordinariamente così poco di-mentico di se stesso, non reclamava niente. Ma una seteardente fu il primo effetto fisiologico dell'ariditàdell'aria e i più sobri non poterono sottrarsi alla necessi-tà di tentare di calmarla, con tutti i mezzi possibili, sen-za riuscirvi. La sofferenza fisica cominciava l'opera suae doveva ben presto dominare le angosce morali; l'atmo-sfera diveniva sempre meno respirabile, più opprimente,

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più crudele; i bambini piangevano, per un male scono-sciuto, chiamando le mamme.

A Parigi, a Londra, a Roma, a Berlino, a Pietroburgo,in tutte le capitali, in tutte le città, in tutti i villaggi, lepopolazioni agitate andavano errando, come le formichenei loro formicai disturbati. Tutti gli affari della vitanormale erano trascurati, abbandonati, dimenticati: ogniprogetto era lasciato in asso.

Non si teneva più a niente, nè alla casa, nè ai parenti,nè alla propria vita. Era un'assoluta depressione morale,anche peggiore di quella prodotta dal mal di mare.

Le chiese cattoliche, i templi riformati, le sinagogheisraelitiche, le cappelle greche e ortodosse, le moscheemussulmane, le cupole cinesi buddiste, i santuari delleevocazioni spiritiche, le sale di studio dei gruppi teoso-fici, occultistici, psicosofici e antroposofici, le sedi dellanuova religione gallicana, tutti i luoghi di riunione deiculti così diversi, che si dividevano ancora l'umanità,erano affollati in quella memoranda giornata del venerdì13 luglio, e a Parigi stessa la folla ammassata sottol'arco delle porte non permetteva più a nessuno di avvi-cinarsi alle chiese, nell'interno delle quali si sarebberopotuti vedere i credenti colla faccia prona al suolo. Simormoravano preghiere a voce bassa; ma i canti, gli or-gani, le campane, tutto taceva. I confessionali erano cir-condati da penitenti che aspettavano il loro turno, comein quelle antiche epoche di fede sincera ed ingenua, dicui parlano gli storici del medio-evo.

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più crudele; i bambini piangevano, per un male scono-sciuto, chiamando le mamme.

A Parigi, a Londra, a Roma, a Berlino, a Pietroburgo,in tutte le capitali, in tutte le città, in tutti i villaggi, lepopolazioni agitate andavano errando, come le formichenei loro formicai disturbati. Tutti gli affari della vitanormale erano trascurati, abbandonati, dimenticati: ogniprogetto era lasciato in asso.

Non si teneva più a niente, nè alla casa, nè ai parenti,nè alla propria vita. Era un'assoluta depressione morale,anche peggiore di quella prodotta dal mal di mare.

Le chiese cattoliche, i templi riformati, le sinagogheisraelitiche, le cappelle greche e ortodosse, le moscheemussulmane, le cupole cinesi buddiste, i santuari delleevocazioni spiritiche, le sale di studio dei gruppi teoso-fici, occultistici, psicosofici e antroposofici, le sedi dellanuova religione gallicana, tutti i luoghi di riunione deiculti così diversi, che si dividevano ancora l'umanità,erano affollati in quella memoranda giornata del venerdì13 luglio, e a Parigi stessa la folla ammassata sottol'arco delle porte non permetteva più a nessuno di avvi-cinarsi alle chiese, nell'interno delle quali si sarebberopotuti vedere i credenti colla faccia prona al suolo. Simormoravano preghiere a voce bassa; ma i canti, gli or-gani, le campane, tutto taceva. I confessionali erano cir-condati da penitenti che aspettavano il loro turno, comein quelle antiche epoche di fede sincera ed ingenua, dicui parlano gli storici del medio-evo.

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Nelle strade, sui boulevards, dappertutto lo stesso si-lenzio; qua e là qualche gruppetto vacillante di genteche aveva cercato nell'ubriachezza l'oblio del pericolo eche si trascinava gemendo, o si precipitava contro imuri, proferendo minaccie insensate. Non si gridavapiù, non si stampava più nessun giornale. Nell'aria avia-tori, aereonavi, elicótteri, palloni dirigibili erano scom-parsi; le sole vetture che si vedevano passare erano icarri funebri che portavano a cremare le prime vittimedella cometa, già innumerevoli.

La giornata passò senza incidenti astronomici. Macon quale ansietà si aspettava la notte suprema! Mai for-se un tramonto fu così bello e un cielo così puro! L'astrodel giorno parve adagiarsi in un letto d'oro e di porpora:il suo disco rosso discese all'orizzonte, ma le stelle noncomparvero, la notte non giunse: al giorno solare seguìun giorno cometario e lunare, rischiarato da una luce in-tensa, che ricordava quella delle aurore boreali, sensibil-mente più viva, proveniente da un ampio focolare incan-descente, che non aveva brillato di giorno perchè era aldi sotto dell'orizzonte, ma che avrebbe certamente riva-leggiato di splendore col sole.

Questo luminoso focolare si levò ad oriente, quasi nelmedesimo tempo della luna piena – che sembrò salircon lui nel cielo – come un'ostia sepolcrale sopra un al-tare funebre, che dominasse il lutto immenso della natu-ra.

Mano mano che essa si alzava, la luna impallidiva:ma il Focolare cometario aumentava di splendore

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Nelle strade, sui boulevards, dappertutto lo stesso si-lenzio; qua e là qualche gruppetto vacillante di genteche aveva cercato nell'ubriachezza l'oblio del pericolo eche si trascinava gemendo, o si precipitava contro imuri, proferendo minaccie insensate. Non si gridavapiù, non si stampava più nessun giornale. Nell'aria avia-tori, aereonavi, elicótteri, palloni dirigibili erano scom-parsi; le sole vetture che si vedevano passare erano icarri funebri che portavano a cremare le prime vittimedella cometa, già innumerevoli.

La giornata passò senza incidenti astronomici. Macon quale ansietà si aspettava la notte suprema! Mai for-se un tramonto fu così bello e un cielo così puro! L'astrodel giorno parve adagiarsi in un letto d'oro e di porpora:il suo disco rosso discese all'orizzonte, ma le stelle noncomparvero, la notte non giunse: al giorno solare seguìun giorno cometario e lunare, rischiarato da una luce in-tensa, che ricordava quella delle aurore boreali, sensibil-mente più viva, proveniente da un ampio focolare incan-descente, che non aveva brillato di giorno perchè era aldi sotto dell'orizzonte, ma che avrebbe certamente riva-leggiato di splendore col sole.

Questo luminoso focolare si levò ad oriente, quasi nelmedesimo tempo della luna piena – che sembrò salircon lui nel cielo – come un'ostia sepolcrale sopra un al-tare funebre, che dominasse il lutto immenso della natu-ra.

Mano mano che essa si alzava, la luna impallidiva:ma il Focolare cometario aumentava di splendore

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coll'abbassarsi del sole sull'orizzonte occidentale e ora,nelle ore della notte regnava sul mondo, sole nebuloso,rosso scarlatto, con getti di fiamme gialle e verdi, chesembravano immense ali distese. Tutti gli occhi atterritivedevano in lui un gigante smisurato che, da sovrano,prendesse possesso del Cielo e della Terra.

Già l'avanguardia della chioma cometaria era penetra-ta nell'orbita lunare; da un istante all'altro avrebbe toc-cato le frontiere rarefatte dell'atmosfera terrestre, a circaduecento chilometri d'altezza.

In quest'attimo tutti gli occhi divennero quasi feroci espaventosamente folli, vedendo accendersi intornoall'orizzonte come un vasto incendio, che lanciava nelcielo piccole fiamme violacee. Quasi subito dopo la co-meta diminuì di splendore; senza dubbio perchè sul pun-to di toccare la terra era entrata nell'ombra del nostropianeta e aveva perduto una parte della sua luce, quellaproveniente dal sole. Questa estinzione apparente era,sopra tutto, effetto d'un contrasto perchè, quando gli oc-chi meno abbagliati si furono abituati a questo nuovochiarore, esso apparve intenso quasi come il primo, mascialbo, sinistro, sepolcrale. Mai la Terra era stata illu-minata da una simile luce: era una luce livida al di làdella quale trasparivano guizzi di lampi; l'ariditàdell'aria divenne insopportabile al respiro, il calore di unforno ardente soffiò dall'alto e un orribile odore di zolfo,dovuto senza dubbio all'ozono sovraelettrizzato ammor-bò l'atmosfera. Ognuno ebbe il senso dell'attimo supre-mo; un grande grido ruppe il silenzio e dominò tutte le

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coll'abbassarsi del sole sull'orizzonte occidentale e ora,nelle ore della notte regnava sul mondo, sole nebuloso,rosso scarlatto, con getti di fiamme gialle e verdi, chesembravano immense ali distese. Tutti gli occhi atterritivedevano in lui un gigante smisurato che, da sovrano,prendesse possesso del Cielo e della Terra.

Già l'avanguardia della chioma cometaria era penetra-ta nell'orbita lunare; da un istante all'altro avrebbe toc-cato le frontiere rarefatte dell'atmosfera terrestre, a circaduecento chilometri d'altezza.

In quest'attimo tutti gli occhi divennero quasi feroci espaventosamente folli, vedendo accendersi intornoall'orizzonte come un vasto incendio, che lanciava nelcielo piccole fiamme violacee. Quasi subito dopo la co-meta diminuì di splendore; senza dubbio perchè sul pun-to di toccare la terra era entrata nell'ombra del nostropianeta e aveva perduto una parte della sua luce, quellaproveniente dal sole. Questa estinzione apparente era,sopra tutto, effetto d'un contrasto perchè, quando gli oc-chi meno abbagliati si furono abituati a questo nuovochiarore, esso apparve intenso quasi come il primo, mascialbo, sinistro, sepolcrale. Mai la Terra era stata illu-minata da una simile luce: era una luce livida al di làdella quale trasparivano guizzi di lampi; l'ariditàdell'aria divenne insopportabile al respiro, il calore di unforno ardente soffiò dall'alto e un orribile odore di zolfo,dovuto senza dubbio all'ozono sovraelettrizzato ammor-bò l'atmosfera. Ognuno ebbe il senso dell'attimo supre-mo; un grande grido ruppe il silenzio e dominò tutte le

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angosce: «La terra brucia, la terra brucia!» si urlavadappertutto, in un tumulto formidabile....

Infatti, tutto l'orizzonte sembrò ardere d'una corona difiamme bluastre: era proprio, come si era preveduto,l'ossido di carbonio che bruciava nell'aria producendoanidride carbonica.

Pure, senza dubbio, vi si combinava lentamentedell'idrogeno cometario: pareva un fuoco funebre, acce-so intorno a un catafalco.

D'improvviso, mentre l'umanità atterrita guardava,immobile, silenziosa, trattenendo il respiro, scossa finoalle midolla, resa catalettica dal terrore, tutta la volta delcielo parve squarciarsi dall'alto in basso; e per la fendi-tura aperta, parve di vedere una gola enorme, vomitantefasci di fiamme verdi, abbaglianti; e gli spettatori furonocolpiti da un bagliore così accecante e da un rombo dituono così spaventoso che tutti quelli che non si eranoancora rinchiusi nelle cantine, uomini, donne, vecchi,ragazzi, dai più energici ai più timorosi, tutti, senza ec-cezione, si precipitarono alla prima porta che loro capitòe discesero come valanghe nei sotterranei, già quasi tuttiaffollati. Vi fu una gran quantità di morti, prima perschiacciamento, poi per apoplessia, rottura d'aneurismi,follie improvvise, degenerate in febbri cerebrali.

La ragione parve d'un tratto annientata fra gli uominie sostituita dallo stupore folle, incosciente, rassegnato,muto. Solo alcune coppie, abbracciate, parevano isolarsidal cataclisma, staccarsi dall'universale terrore e vivere

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angosce: «La terra brucia, la terra brucia!» si urlavadappertutto, in un tumulto formidabile....

Infatti, tutto l'orizzonte sembrò ardere d'una corona difiamme bluastre: era proprio, come si era preveduto,l'ossido di carbonio che bruciava nell'aria producendoanidride carbonica.

Pure, senza dubbio, vi si combinava lentamentedell'idrogeno cometario: pareva un fuoco funebre, acce-so intorno a un catafalco.

D'improvviso, mentre l'umanità atterrita guardava,immobile, silenziosa, trattenendo il respiro, scossa finoalle midolla, resa catalettica dal terrore, tutta la volta delcielo parve squarciarsi dall'alto in basso; e per la fendi-tura aperta, parve di vedere una gola enorme, vomitantefasci di fiamme verdi, abbaglianti; e gli spettatori furonocolpiti da un bagliore così accecante e da un rombo dituono così spaventoso che tutti quelli che non si eranoancora rinchiusi nelle cantine, uomini, donne, vecchi,ragazzi, dai più energici ai più timorosi, tutti, senza ec-cezione, si precipitarono alla prima porta che loro capitòe discesero come valanghe nei sotterranei, già quasi tuttiaffollati. Vi fu una gran quantità di morti, prima perschiacciamento, poi per apoplessia, rottura d'aneurismi,follie improvvise, degenerate in febbri cerebrali.

La ragione parve d'un tratto annientata fra gli uominie sostituita dallo stupore folle, incosciente, rassegnato,muto. Solo alcune coppie, abbracciate, parevano isolarsidal cataclisma, staccarsi dall'universale terrore e vivere

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per se stesse, abbandonate alla sola esaltazione del loroamore.

Sulle terrazze e negli osservatorî gli astronomi eranorimasti ai loro posti e molti fotografavano continuamen-te le trasformazioni del cielo. Questi furono, per pochis-simo tempo, i soli testimoni dell'incontro della cometacon la terra; e possiamo aggiungervi anche qualcuno, dieccezionale forza d'animo che osò guardare il catacli-sma dietro i vetri delle alte finestre degli appartamentipiù alti.

Il calcolo indicava che il globo terrestre doveva pene-trare nella cometa come una palla in una massa nebulo-sa, e che, dal momento del primo contatto delle zoneestreme dell'atmosfera cometaria con quelle dell'atmo-sfera terrestre, la traversata sarebbe durata quattro ore emezzo; ciò di cui è facile rendersi conto, giacchè la co-meta – sessantacinque volte circa più larga di diametrodella Terra – doveva essere attraversata non nel centro,ma a un quarto di distanza dal centro, con la velocità di173.000 chilometri all'ora. Erano circa quaranta minutidacchè era avvenuto il primo contatto, quando il caloredella fornace incandescente e l'odore orribile di zolfo di-vennero così soffocanti, che sarebbero bastati pochi mi-nuti ancora di questo supplizio perchè ogni vita fossefermata, nel suo corso, senza remissione. Gli astronomistessi si trascinarono nell'interno degli osservatorî, checercarono di chiudere ermeticamente, e discesero ancheloro nelle cantine: a Parigi soltanto la giovine calcolatri-ce, con la quale abbiamo fatto conoscenza, restò sulla

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per se stesse, abbandonate alla sola esaltazione del loroamore.

Sulle terrazze e negli osservatorî gli astronomi eranorimasti ai loro posti e molti fotografavano continuamen-te le trasformazioni del cielo. Questi furono, per pochis-simo tempo, i soli testimoni dell'incontro della cometacon la terra; e possiamo aggiungervi anche qualcuno, dieccezionale forza d'animo che osò guardare il catacli-sma dietro i vetri delle alte finestre degli appartamentipiù alti.

Il calcolo indicava che il globo terrestre doveva pene-trare nella cometa come una palla in una massa nebulo-sa, e che, dal momento del primo contatto delle zoneestreme dell'atmosfera cometaria con quelle dell'atmo-sfera terrestre, la traversata sarebbe durata quattro ore emezzo; ciò di cui è facile rendersi conto, giacchè la co-meta – sessantacinque volte circa più larga di diametrodella Terra – doveva essere attraversata non nel centro,ma a un quarto di distanza dal centro, con la velocità di173.000 chilometri all'ora. Erano circa quaranta minutidacchè era avvenuto il primo contatto, quando il caloredella fornace incandescente e l'odore orribile di zolfo di-vennero così soffocanti, che sarebbero bastati pochi mi-nuti ancora di questo supplizio perchè ogni vita fossefermata, nel suo corso, senza remissione. Gli astronomistessi si trascinarono nell'interno degli osservatorî, checercarono di chiudere ermeticamente, e discesero ancheloro nelle cantine: a Parigi soltanto la giovine calcolatri-ce, con la quale abbiamo fatto conoscenza, restò sulla

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terrazza pochi secondi di più, quelli che bastarono perassistere all'irruzione di un bolide formidabile, quindicio venti volte più grosso, a vedersi, della Luna, che siprecipitava verso il Sud con la rapidità del fulmine.

Ma le forze mancarono per qualunque osservazione.Non si respirava più: al calore e all'aridità, che di-

struggono ogni funzione vitale, si aggiungeva l'avvele-namento dell'atmosfera per la mescolanza dell'ossido dicarbonio, che si cominciava a produrre.

Le orecchie zufolavano, per una specie di tintinnio in-terno, i cuori acceleravano violentemente i loro battiti, esempre quest'odore di zolfo irrespirabile! Contempora-neamente, una pioggia di fuoco cadde dall'alto dei cieli,una pioggia di stelle filanti e di bolidi, di cui un'immen-sa maggioranza non arrivava al suolo, ma scoppiavacome bombe, traversando i tetti: si vedevano incendî datutte le parti. Il cielo s'infiammò e al fuoco del cielo ri-spondevano i fuochi della Terra, come se un'armata difulmini avesse d'un tratto dato fuoco al mondo.

Colpi di tuono che stordivano si succedevano ininter-rottamente: le esplosioni provenivano in parte dai bolidi,e in parte da un uragano immenso in cui sembrava chetutto il calore dell'atmosfera si fosse trasformato in elet-tricità. Un continuo rullo, che ricordava quello di tam-buri lontani, empiva gli orecchi di un prolungato e sordorombo, interrotto da orribili colpi e da sibili, somigliantial fischio sinistro dei serpenti: vi erano poi clamori sel-vaggi, come l'urlo di una immensa caldaia che bolle,esplosioni violente, cannonate ripetute, gemiti di vento,

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terrazza pochi secondi di più, quelli che bastarono perassistere all'irruzione di un bolide formidabile, quindicio venti volte più grosso, a vedersi, della Luna, che siprecipitava verso il Sud con la rapidità del fulmine.

Ma le forze mancarono per qualunque osservazione.Non si respirava più: al calore e all'aridità, che di-

struggono ogni funzione vitale, si aggiungeva l'avvele-namento dell'atmosfera per la mescolanza dell'ossido dicarbonio, che si cominciava a produrre.

Le orecchie zufolavano, per una specie di tintinnio in-terno, i cuori acceleravano violentemente i loro battiti, esempre quest'odore di zolfo irrespirabile! Contempora-neamente, una pioggia di fuoco cadde dall'alto dei cieli,una pioggia di stelle filanti e di bolidi, di cui un'immen-sa maggioranza non arrivava al suolo, ma scoppiavacome bombe, traversando i tetti: si vedevano incendî datutte le parti. Il cielo s'infiammò e al fuoco del cielo ri-spondevano i fuochi della Terra, come se un'armata difulmini avesse d'un tratto dato fuoco al mondo.

Colpi di tuono che stordivano si succedevano ininter-rottamente: le esplosioni provenivano in parte dai bolidi,e in parte da un uragano immenso in cui sembrava chetutto il calore dell'atmosfera si fosse trasformato in elet-tricità. Un continuo rullo, che ricordava quello di tam-buri lontani, empiva gli orecchi di un prolungato e sordorombo, interrotto da orribili colpi e da sibili, somigliantial fischio sinistro dei serpenti: vi erano poi clamori sel-vaggi, come l'urlo di una immensa caldaia che bolle,esplosioni violente, cannonate ripetute, gemiti di vento,

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ohi, ohi lamentosi, scosse del suolo, come se la Terras'inabissasse.

La tempesta divenne a questo punto così spaventosa,così strana, così selvaggia e furiosa, che l'Umanità sisentì come catalettica, muta di terrore, annichilita e poi,finalmente, tranquilla come una foglia morta, in balìadel vento.

Questa volta era proprio la fine di tutto. Ognuno sirassegnò, senza cercare neppure un momento soccorso,ad esser sepolto sotto le rovine dell'incendio universale.

Quelli che non si erano lasciati si abbracciarono inuna stretta suprema, aspirando soltanto alla consolazio-ne di morire insieme.

Ma il grosso dell'armata celeste era passato e una spe-cie di rarefazione, di vuoto, si era prodotta nell'atmosfe-ra, forse in seguito alle esplosioni meteoriche, perchèd'un tratto i vetri delle case si spezzarono, lanciate difuori, e le porte si aprirono da sè. Un uragano spavento-so soffiò, affrettando l'incendio e rianimando gli uomini,che simultaneamente tornarono a vivere e uscironodall'incubo. Seguì un vero diluvio.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

«Comprate il XXV secolo! La morte del papa e di tut-ti i vescovi. La caduta della cometa a Roma. Comprateil giornale»!

Dopo una mezz'ora che la furia celeste era finita, gliuomini cominciavano a risalire dalle cantine e a sentirsirivivere, uscivano a poco a poco come da un sogno, enon si rendevano ancora ben conto dei fuochi accesi no-

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ohi, ohi lamentosi, scosse del suolo, come se la Terras'inabissasse.

La tempesta divenne a questo punto così spaventosa,così strana, così selvaggia e furiosa, che l'Umanità sisentì come catalettica, muta di terrore, annichilita e poi,finalmente, tranquilla come una foglia morta, in balìadel vento.

Questa volta era proprio la fine di tutto. Ognuno sirassegnò, senza cercare neppure un momento soccorso,ad esser sepolto sotto le rovine dell'incendio universale.

Quelli che non si erano lasciati si abbracciarono inuna stretta suprema, aspirando soltanto alla consolazio-ne di morire insieme.

Ma il grosso dell'armata celeste era passato e una spe-cie di rarefazione, di vuoto, si era prodotta nell'atmosfe-ra, forse in seguito alle esplosioni meteoriche, perchèd'un tratto i vetri delle case si spezzarono, lanciate difuori, e le porte si aprirono da sè. Un uragano spavento-so soffiò, affrettando l'incendio e rianimando gli uomini,che simultaneamente tornarono a vivere e uscironodall'incubo. Seguì un vero diluvio.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

«Comprate il XXV secolo! La morte del papa e di tut-ti i vescovi. La caduta della cometa a Roma. Comprateil giornale»!

Dopo una mezz'ora che la furia celeste era finita, gliuomini cominciavano a risalire dalle cantine e a sentirsirivivere, uscivano a poco a poco come da un sogno, enon si rendevano ancora ben conto dei fuochi accesi no-

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nostante la pioggia torrenziale, e già le voci squillantidei giovani rivenditori di giornali riempivano Parigi,Lione, Marsiglia, Bruxelles, Londra, Vienna, Torino,Madrid, tutte le città, appena riavute; dappertutto la stes-sa notizia, i medesimi gridi; e prima di pensare ad arre-stare gl'incendi, tutti compravano il grande giornale po-polare a un centesimo, l'immenso foglio di sedici pagineillustrate, uscito allora allora dalla stamperia.

«Leggete la morte del papa e dei cardinali! Il SacroCollegio ucciso dalla cometa. Impossibilità di eleggereun nuovo papa. Comprate il giornale!»

E i rivenditori si succedevano e ognuno desideravasapere quello che c'era di vero in questa notizia, e com-prava il grande giornale socialista popolare.

Ecco ciò che era accaduto.L'israelita americano col quale abbiamo già fatto co-

noscenza, e che aveva trovato modo, il martedì prece-dente, di realizzare molti milioni colla riapertura dellaBorsa di Parigi e di Cicago, non aveva disperato che gliaffari continuassero: e come altre volte i monasteri ave-vano accettato i testamenti scritti in vista della fine delmondo, così il nostro instancabile speculatore aveva cre-duto bene di stare al suo telefono, portato per la circo-stanza in una vasta galleria sotterranea, ermeticamentechiusa. Essendo proprietario di fili speciali, che collega-vano Parigi alle principali città del mondo, non avevacessato di rimanere in comunicazione con loro.

Il nucleo della cometa conteneva, confuse in unamassa di gas incandescente, alcune concrezioni uranoli-

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nostante la pioggia torrenziale, e già le voci squillantidei giovani rivenditori di giornali riempivano Parigi,Lione, Marsiglia, Bruxelles, Londra, Vienna, Torino,Madrid, tutte le città, appena riavute; dappertutto la stes-sa notizia, i medesimi gridi; e prima di pensare ad arre-stare gl'incendi, tutti compravano il grande giornale po-polare a un centesimo, l'immenso foglio di sedici pagineillustrate, uscito allora allora dalla stamperia.

«Leggete la morte del papa e dei cardinali! Il SacroCollegio ucciso dalla cometa. Impossibilità di eleggereun nuovo papa. Comprate il giornale!»

E i rivenditori si succedevano e ognuno desideravasapere quello che c'era di vero in questa notizia, e com-prava il grande giornale socialista popolare.

Ecco ciò che era accaduto.L'israelita americano col quale abbiamo già fatto co-

noscenza, e che aveva trovato modo, il martedì prece-dente, di realizzare molti milioni colla riapertura dellaBorsa di Parigi e di Cicago, non aveva disperato che gliaffari continuassero: e come altre volte i monasteri ave-vano accettato i testamenti scritti in vista della fine delmondo, così il nostro instancabile speculatore aveva cre-duto bene di stare al suo telefono, portato per la circo-stanza in una vasta galleria sotterranea, ermeticamentechiusa. Essendo proprietario di fili speciali, che collega-vano Parigi alle principali città del mondo, non avevacessato di rimanere in comunicazione con loro.

Il nucleo della cometa conteneva, confuse in unamassa di gas incandescente, alcune concrezioni uranoli-

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tiche, di cui qualcuna misurava molti chilometri di dia-metro. Una di queste masse aveva colpito la Terra, pocolontano da Roma, e i fonogrammi del corrispondente ro-mano annunciavano quanto segue:

Tutti i cardinali, tutti i prelati del concilio erano riuni-ti alla festa solenne, sotto la cupola di S. Pietro, per lacelebrazione del dogma della divinità pontificia. La ce-rimonia dell'adorazione era stata fissata all'ora sacra del-la mezzanotte. In mezzo alla splendida illuminazionedel primo tempio della cristianità, tra le pietose invoca-zioni che si elevavano nell'aria coi canti delle confrater-nite, mentre gli altari fumavano dei profumi dell'incensoe i fremiti profondi degli organi echeggiavano nell'altodell'immensa chiesa, il papa assiso sul suo trono d'orovedeva prosternato ai suoi piedi il popolo di fedeli, rap-presentante tutta la cristianità di cinque parti del mondo,e si alzava per dare a tutti la benedizione suprema,quando un blocco di ferro massiccio, grosso quantomezza Roma, cadendo dall'alto dei cieli con fulminearapidità, aveva schiacciato il papa, la chiesa, e precipita-to tutto in un abisso di una profondità ignota: vera cadu-ta nel profondo inferno!

Tutta l'Italia aveva tremato e il rombo d'un terribileterremoto si era sentito fino a Marsiglia.

Il bolide era stato visto da tutte le città d'Italia, tral'immensa pioggia di stelle e l'incendio di tutta l'atmo-sfera, aveva illuminato la Terra come un nuovo sole,d'un rosso fulgente, e un immenso schianto, qualchecosa d'infernale era successo alla sua caduta come se ve-

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tiche, di cui qualcuna misurava molti chilometri di dia-metro. Una di queste masse aveva colpito la Terra, pocolontano da Roma, e i fonogrammi del corrispondente ro-mano annunciavano quanto segue:

Tutti i cardinali, tutti i prelati del concilio erano riuni-ti alla festa solenne, sotto la cupola di S. Pietro, per lacelebrazione del dogma della divinità pontificia. La ce-rimonia dell'adorazione era stata fissata all'ora sacra del-la mezzanotte. In mezzo alla splendida illuminazionedel primo tempio della cristianità, tra le pietose invoca-zioni che si elevavano nell'aria coi canti delle confrater-nite, mentre gli altari fumavano dei profumi dell'incensoe i fremiti profondi degli organi echeggiavano nell'altodell'immensa chiesa, il papa assiso sul suo trono d'orovedeva prosternato ai suoi piedi il popolo di fedeli, rap-presentante tutta la cristianità di cinque parti del mondo,e si alzava per dare a tutti la benedizione suprema,quando un blocco di ferro massiccio, grosso quantomezza Roma, cadendo dall'alto dei cieli con fulminearapidità, aveva schiacciato il papa, la chiesa, e precipita-to tutto in un abisso di una profondità ignota: vera cadu-ta nel profondo inferno!

Tutta l'Italia aveva tremato e il rombo d'un terribileterremoto si era sentito fino a Marsiglia.

Il bolide era stato visto da tutte le città d'Italia, tral'immensa pioggia di stelle e l'incendio di tutta l'atmo-sfera, aveva illuminato la Terra come un nuovo sole,d'un rosso fulgente, e un immenso schianto, qualchecosa d'infernale era successo alla sua caduta come se ve-

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ramente la volta del cielo si fosse squarciata dall'alto albasso. (È questo il bolide che era stato l'oggetto dell'ulti-ma osservazione della giovane calcolatrice dell'Osserva-torio di Parigi, nel momento in cui, nonostante tutto ilsuo zelo, le era stato impossibile rimanere nell'atmosferasoffocante del cataclisma).

Il nostro speculatore riceveva i dispacci, dava gli or-dini dal suo gabinetto telefonico e dettava le notizie sen-sazionali al suo giornale, stampato nello stesso momen-to a Parigi e nelle principali città del mondo. Ogni ordi-ne lanciato da lui compariva un quarto d'ora dopo, in te-sta al XXV Secolo, a New-York, a Pietroburgo, a Mel-bourne e in tutte le capitali vicine a Parigi. Unamezz'ora dopo la prima edizione, c'era già la seconda.

«Leggete l'incendio di Parigi e di quasi tutte le cittàdell'Europa, la fine definitiva della Chiesa cattolica. Ilpapa punito del suo orgoglio. Roma in cenere.... Com-prate il XXV Secolo, seconda edizione».

E, in questa nuova edizione, si poteva già leggere unadissertazione molto serrata, scritta da un competente,sugli effetti dell'annientamento del Sacro Collegio. Il re-dattore stabiliva che, dopo la costituzione del conciliodel Laterano del 179, del concilio di Lione del 1274, diVienna del 1312, dopo le ordinanze di Gregorio X eGregorio XIII, i sovrani pontefici non potevano essereeletti se non dal conclave dei cardinali.

Questi concili e queste ordinanze non avevano previ-sto il caso della morte simultanea di tutti i cardinali. Se-condo gli stessi termini della giurisdizione ecclesiastica

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ramente la volta del cielo si fosse squarciata dall'alto albasso. (È questo il bolide che era stato l'oggetto dell'ulti-ma osservazione della giovane calcolatrice dell'Osserva-torio di Parigi, nel momento in cui, nonostante tutto ilsuo zelo, le era stato impossibile rimanere nell'atmosferasoffocante del cataclisma).

Il nostro speculatore riceveva i dispacci, dava gli or-dini dal suo gabinetto telefonico e dettava le notizie sen-sazionali al suo giornale, stampato nello stesso momen-to a Parigi e nelle principali città del mondo. Ogni ordi-ne lanciato da lui compariva un quarto d'ora dopo, in te-sta al XXV Secolo, a New-York, a Pietroburgo, a Mel-bourne e in tutte le capitali vicine a Parigi. Unamezz'ora dopo la prima edizione, c'era già la seconda.

«Leggete l'incendio di Parigi e di quasi tutte le cittàdell'Europa, la fine definitiva della Chiesa cattolica. Ilpapa punito del suo orgoglio. Roma in cenere.... Com-prate il XXV Secolo, seconda edizione».

E, in questa nuova edizione, si poteva già leggere unadissertazione molto serrata, scritta da un competente,sugli effetti dell'annientamento del Sacro Collegio. Il re-dattore stabiliva che, dopo la costituzione del conciliodel Laterano del 179, del concilio di Lione del 1274, diVienna del 1312, dopo le ordinanze di Gregorio X eGregorio XIII, i sovrani pontefici non potevano essereeletti se non dal conclave dei cardinali.

Questi concili e queste ordinanze non avevano previ-sto il caso della morte simultanea di tutti i cardinali. Se-condo gli stessi termini della giurisdizione ecclesiastica

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non poteva più essere nominato nessun papa. Per questomedesimo fatto, la chiesa non avrebbe più capo e S. Pie-tro più successori. Era la fine della chiesa cattolica,come era costituita da tanti secoli.

…. «Comprate il XXV Secolo, quarta edizione. Lacomparsa di un nuovo vulcano in Italia, una rivoluzionea Napoli. Comprate il giornale».

Questa quarta edizione era successa alla seconda, sen-za preoccupazione della terza. In questa si raccontavache un bolide di centomila tonnellate e forse più si eraprecipitato, con la velocità sopra riferita, sulla solfataradi Pozzuoli, aveva traversato la crosta leggera e sonoradell'antica arena, che era sprofondata: le fiamme interneerano scaturite fuori, aggiungendo un nuovo vulcano alVesuvio e illuminando del loro splendore i campi Fle-grei. La rivoluzione, che covava sotto il terrore napole-tano, aveva visto in ciò un ordine del cielo e, capitanatada monaci fanatici, cominciava a saccheggiare il «Palaz-zo reale». «Comprate il XXV secolo, sesta edizione.L'apparizione di una nuova isola nel Mediterraneo, leconquiste dell'Inghilterra....»

Un frammento del nucleo della cometa era caduto nelMediterraneo, ad ovest di Roma, e aveva formatoun'isola irregolare, emergente di cinquanta metri sul li-vello delle acque, di cinquecento metri di lunghezza esettecento di larghezza. Il mare lì intorno aveva comin-ciato a bollire e notevolmente sollevato per la mareaaveva inondato le rive. Eppure, si era trovato là un In-glese che non aveva avuto altra cura che sbarcare in un

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non poteva più essere nominato nessun papa. Per questomedesimo fatto, la chiesa non avrebbe più capo e S. Pie-tro più successori. Era la fine della chiesa cattolica,come era costituita da tanti secoli.

…. «Comprate il XXV Secolo, quarta edizione. Lacomparsa di un nuovo vulcano in Italia, una rivoluzionea Napoli. Comprate il giornale».

Questa quarta edizione era successa alla seconda, sen-za preoccupazione della terza. In questa si raccontavache un bolide di centomila tonnellate e forse più si eraprecipitato, con la velocità sopra riferita, sulla solfataradi Pozzuoli, aveva traversato la crosta leggera e sonoradell'antica arena, che era sprofondata: le fiamme interneerano scaturite fuori, aggiungendo un nuovo vulcano alVesuvio e illuminando del loro splendore i campi Fle-grei. La rivoluzione, che covava sotto il terrore napole-tano, aveva visto in ciò un ordine del cielo e, capitanatada monaci fanatici, cominciava a saccheggiare il «Palaz-zo reale». «Comprate il XXV secolo, sesta edizione.L'apparizione di una nuova isola nel Mediterraneo, leconquiste dell'Inghilterra....»

Un frammento del nucleo della cometa era caduto nelMediterraneo, ad ovest di Roma, e aveva formatoun'isola irregolare, emergente di cinquanta metri sul li-vello delle acque, di cinquecento metri di lunghezza esettecento di larghezza. Il mare lì intorno aveva comin-ciato a bollire e notevolmente sollevato per la mareaaveva inondato le rive. Eppure, si era trovato là un In-glese che non aveva avuto altra cura che sbarcare in un

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golfo dell'isola nuova e scalare le rocce, per andare apiantare la bandiera britannica sulla cima più alta.

In tutte le parti del mondo, il giornale del famoso spe-culatore lanciò in questa notte dal 13 al 14 luglio milionidi esemplari, dettati telefonicamente dal gabinetto deldirettore, che aveva saputo monopolizzare tutte le noti-zie della crisi. Dappertutto la gente si era precipitata avi-damente su queste notizie, anche prima di mettersid'accordo sugli sforzi necessari per spengere gl'incendi.La pioggia fin dai primi momenti aveva portato un aiutoinsperato, ma i danni materiali erano immensi, benchèquasi tutte le costruzioni fossero in ferro. Le compagnied'assicurazione si valsero del caso di forza maggiore erifiutarono di pagare. D'altra parte, le assicurazioni con-tro l'asfissia avevano realizzato, in otto giorni, fortunecolossali.

«Comprate il XXV Secolo, decima edizione. Il mira-colo di Roma. Comprate il giornale».

Quale miracolo? Era molto semplice. Il XXV Secolodichiarava, in questa nuova edizione, che il suo corri-spondente da Roma si era fatto eco di una voce infonda-ta e che il bolide.... non aveva niente affatto schiacciataRoma, ma era caduto assai lontano dalla città. S. Pietroe il Vaticano erano miracolosamente scampati.

Ma il giornale era stato venduto, in tutti i paesi delmondo, a centinaia di milioni. Era un affare eccellente.

La crisi passò. A poco a poco l'umanità si riebbe, tuttafelice di vivere. La notte restò illuminata dalla stranaluce cometaria, tuttora sospesa sulle teste, per la caduta

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golfo dell'isola nuova e scalare le rocce, per andare apiantare la bandiera britannica sulla cima più alta.

In tutte le parti del mondo, il giornale del famoso spe-culatore lanciò in questa notte dal 13 al 14 luglio milionidi esemplari, dettati telefonicamente dal gabinetto deldirettore, che aveva saputo monopolizzare tutte le noti-zie della crisi. Dappertutto la gente si era precipitata avi-damente su queste notizie, anche prima di mettersid'accordo sugli sforzi necessari per spengere gl'incendi.La pioggia fin dai primi momenti aveva portato un aiutoinsperato, ma i danni materiali erano immensi, benchèquasi tutte le costruzioni fossero in ferro. Le compagnied'assicurazione si valsero del caso di forza maggiore erifiutarono di pagare. D'altra parte, le assicurazioni con-tro l'asfissia avevano realizzato, in otto giorni, fortunecolossali.

«Comprate il XXV Secolo, decima edizione. Il mira-colo di Roma. Comprate il giornale».

Quale miracolo? Era molto semplice. Il XXV Secolodichiarava, in questa nuova edizione, che il suo corri-spondente da Roma si era fatto eco di una voce infonda-ta e che il bolide.... non aveva niente affatto schiacciataRoma, ma era caduto assai lontano dalla città. S. Pietroe il Vaticano erano miracolosamente scampati.

Ma il giornale era stato venduto, in tutti i paesi delmondo, a centinaia di milioni. Era un affare eccellente.

La crisi passò. A poco a poco l'umanità si riebbe, tuttafelice di vivere. La notte restò illuminata dalla stranaluce cometaria, tuttora sospesa sulle teste, per la caduta

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delle meteore che durava ancora e per gli incendi tuttoraaccesi.

Quando venne la luce, verso le tre e mezzo, erano giàpiù di tre ore che il nucleo della cometa aveva urtatocontro il globo terrestre e la testa dell'astro era passataverso ovest: ma il nostro pianeta restava ancora comple-tamente immerso nella coda. L'urto aveva avuto luogonella notte dal 13 al 14 luglio, alla mezzanotte e dieci diParigi, vale a dire alla mezzanotte e cinquantotto diRoma, secondo l'esatta previsione del Presidente dellaSocietà astronomica di Francia, di cui i nostri lettori nonhanno forse dimenticato l'affermazione.

Mentre la più grande parte dell'emisfero terrestre vol-to verso la cometa nel momento dell'incontro era statacolpita dall'aridità, dal calore soffocante, dal pestilenzia-le odore solforoso e dallo stupore letargico causato dallaresistenza dell'atmosfera al corso dell'astro, dalla elet-trizzazione sovrasaturata dall'ozono e dalla mescolanzadel protossido d'azoto con l'aria superiore, l'altro emisfe-ro terrestre era rimasto quasi immune da ogni danno,non contando i turbamenti atmosferici inevitabili per larottura dell'equilibrio. I barometri registratori avevanotracciato curve fantastiche con montagne ed abissi. For-tunatamente, la cometa aveva appena sfiorato la Terra el'urto era stato tutt'altro che nel centro. Certo anche laforza d'attrazione terrestre aveva avuto una grande azio-ne nella caduta dei bolidi sull'Italia e sul Mediterraneo.In tutti i casi, l'orbita della cometa fu intieramente tra-sformata da questa perturbazione, mentre che la Terra e

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delle meteore che durava ancora e per gli incendi tuttoraaccesi.

Quando venne la luce, verso le tre e mezzo, erano giàpiù di tre ore che il nucleo della cometa aveva urtatocontro il globo terrestre e la testa dell'astro era passataverso ovest: ma il nostro pianeta restava ancora comple-tamente immerso nella coda. L'urto aveva avuto luogonella notte dal 13 al 14 luglio, alla mezzanotte e dieci diParigi, vale a dire alla mezzanotte e cinquantotto diRoma, secondo l'esatta previsione del Presidente dellaSocietà astronomica di Francia, di cui i nostri lettori nonhanno forse dimenticato l'affermazione.

Mentre la più grande parte dell'emisfero terrestre vol-to verso la cometa nel momento dell'incontro era statacolpita dall'aridità, dal calore soffocante, dal pestilenzia-le odore solforoso e dallo stupore letargico causato dallaresistenza dell'atmosfera al corso dell'astro, dalla elet-trizzazione sovrasaturata dall'ozono e dalla mescolanzadel protossido d'azoto con l'aria superiore, l'altro emisfe-ro terrestre era rimasto quasi immune da ogni danno,non contando i turbamenti atmosferici inevitabili per larottura dell'equilibrio. I barometri registratori avevanotracciato curve fantastiche con montagne ed abissi. For-tunatamente, la cometa aveva appena sfiorato la Terra el'urto era stato tutt'altro che nel centro. Certo anche laforza d'attrazione terrestre aveva avuto una grande azio-ne nella caduta dei bolidi sull'Italia e sul Mediterraneo.In tutti i casi, l'orbita della cometa fu intieramente tra-sformata da questa perturbazione, mentre che la Terra e

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la Luna continuarono tranquillamente il loro corso intor-no al sole, come se niente fosse accaduto. Da paraboli-ca, l'orbita della cometa divenne ellittica, con l'afelio vi-cino al punto dell'eclittica nel quale era stata attratta dalnostro pianeta.

Quando, più tardi, si fece la statistica delle vittime, sitrovò che il numero dei morti saliva al quarantesimodella popolazione europea. Solamente a Parigi, che sistendeva su di una parte degli antichi dipartimenti dellaSenna e della Senna-e-Oisa, e contava nove milionid'abitanti c'erano stati, in questo indimenticabile mese diluglio, più di duecentomila morti, da registrare così:

Settimana compiuta il 7 luglio 7750Giornata di Domenica 8 luglio 1648Giornata di Lunedì 9 luglio 1975Giornata di Martedì 10 luglio 1917Giornata di Mercoledì 11 luglio 2465Giornata di Giovedì 12 luglio 10098Giornata di Venerdì 13 luglio 100842Giornata di Sabato 14 luglio 81067Giornata di Domenica 15 luglio 11425Giornata di Lunedì 16 luglio 3783Giornata di Martedì 17 luglio 1893Cinque giorni seguenti (media di ciascuno) 980Dopo il 22 (media normale) 369

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la Luna continuarono tranquillamente il loro corso intor-no al sole, come se niente fosse accaduto. Da paraboli-ca, l'orbita della cometa divenne ellittica, con l'afelio vi-cino al punto dell'eclittica nel quale era stata attratta dalnostro pianeta.

Quando, più tardi, si fece la statistica delle vittime, sitrovò che il numero dei morti saliva al quarantesimodella popolazione europea. Solamente a Parigi, che sistendeva su di una parte degli antichi dipartimenti dellaSenna e della Senna-e-Oisa, e contava nove milionid'abitanti c'erano stati, in questo indimenticabile mese diluglio, più di duecentomila morti, da registrare così:

Settimana compiuta il 7 luglio 7750Giornata di Domenica 8 luglio 1648Giornata di Lunedì 9 luglio 1975Giornata di Martedì 10 luglio 1917Giornata di Mercoledì 11 luglio 2465Giornata di Giovedì 12 luglio 10098Giornata di Venerdì 13 luglio 100842Giornata di Sabato 14 luglio 81067Giornata di Domenica 15 luglio 11425Giornata di Lunedì 16 luglio 3783Giornata di Martedì 17 luglio 1893Cinque giorni seguenti (media di ciascuno) 980Dopo il 22 (media normale) 369

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La mortalità era triplicata da prima della settimana fa-tale ed era quintuplicata nel giorno 9. L'aumento si eraarrestato dopo le sedute dell'Istituto; che avevano tran-quillizzato gli spiriti e calmato le immaginazioni turba-te: aveva manifestato una sensibile diminuzione nelgiorno di martedì. Disgraziatamente, con l'avvicinarsidell'astro minaccioso, il panico aveva ripreso più forzache mai il mercoledì, e la mortalità era arrivata al sestu-plo della media normale: la maggior parte delle costitu-zioni deboli avevano dovuto soccombere. Il giovedì 12,all'approssimarsi del giorno fatale, a causa delle priva-zioni di ogni genere, della mancanza di nutrizione e disonno, della traspirazione cutanea, dello stato febbrile ditutti gli organi, della sovreccitazione cardiaca e dellecongestioni cerebrali, la mortalità aveva raggiunto, nellasola Parigi, la cifra enorme di 10.000 casi! Poi,nell'attacco generale della notte 13-14 luglio, per essic-camento di laringe, congestioni polmonari, soffocamentinelle cantine, anestesia degli organi respiratorî, arrestonella circolazione del sangue, le vittime erano state piùnumerose di quelle delle antiche battaglie vere e pro-prie, e la cifra dei morti salì a più di centomila. L'ossidodi carbonio, tanto temuto, non aveva fatto vittime, per-chè, ai limiti dell'atmosfera, la trasformazione del movi-mento in calore ne aveva prodotto la combustione, el'ossido non aveva potuto, per questa combustione e perla sua pochissima densità, mescolarsi in quantità suffi-ciente con gli strati inferiori dell'atmosfera. Una partedegli esseri colpiti mortalmente vissero fino al giorno

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La mortalità era triplicata da prima della settimana fa-tale ed era quintuplicata nel giorno 9. L'aumento si eraarrestato dopo le sedute dell'Istituto; che avevano tran-quillizzato gli spiriti e calmato le immaginazioni turba-te: aveva manifestato una sensibile diminuzione nelgiorno di martedì. Disgraziatamente, con l'avvicinarsidell'astro minaccioso, il panico aveva ripreso più forzache mai il mercoledì, e la mortalità era arrivata al sestu-plo della media normale: la maggior parte delle costitu-zioni deboli avevano dovuto soccombere. Il giovedì 12,all'approssimarsi del giorno fatale, a causa delle priva-zioni di ogni genere, della mancanza di nutrizione e disonno, della traspirazione cutanea, dello stato febbrile ditutti gli organi, della sovreccitazione cardiaca e dellecongestioni cerebrali, la mortalità aveva raggiunto, nellasola Parigi, la cifra enorme di 10.000 casi! Poi,nell'attacco generale della notte 13-14 luglio, per essic-camento di laringe, congestioni polmonari, soffocamentinelle cantine, anestesia degli organi respiratorî, arrestonella circolazione del sangue, le vittime erano state piùnumerose di quelle delle antiche battaglie vere e pro-prie, e la cifra dei morti salì a più di centomila. L'ossidodi carbonio, tanto temuto, non aveva fatto vittime, per-chè, ai limiti dell'atmosfera, la trasformazione del movi-mento in calore ne aveva prodotto la combustione, el'ossido non aveva potuto, per questa combustione e perla sua pochissima densità, mescolarsi in quantità suffi-ciente con gli strati inferiori dell'atmosfera. Una partedegli esseri colpiti mortalmente vissero fino al giorno

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dopo e alcuni ebbero prolungata di molti giorni ancoraun'esistenza ormai condannata. Soltanto una quindicinadi giorni dopo il cataclisma, la media normale si ristabi-lì. In questo mese disastroso diciassettemilacinquecentofanciulli erano nati a Parigi, ma erano morti quasi tutti,vittime dello spavento delle loro madri, e si erano affac-ciati al mondo come se fossero avvelenati, coi piccolicorpi illividiti.

La statistica medica, sottraendo dalla cifra totale dellemorti la media normale, calcolata sulla proporzionaleigienicamente raggiunta di 15 morti su 1000 abitanti,cioè di centotrentacinquemila all'anno, o trecento ses-santanove al giorno, e sottraendo dal numero precedentela cifra di undicimilaquattrocentotrentanove cittadini,che sarebbero morti anche senza la cometa, attribuì, na-turalmente, a questa la differenza tra i due numeri: due-centodiciottomila circa.

Su questa cifra, la malattia che aveva fatto più vittimeera stata:

La Paura . . . . . . . . . .150.000per sincopi, rotture di aneurismi, o congestioni cerebrali.

Ma questo cataclisma non portò affatto la fine delmondo. I vuoti non tardarono ad esser riparati con unaspecie di eccesso di vitalità umana, come era accadutoaltre volte dopo le guerre: sul globo terrestre i bambininacquero in ragione di uno al secondo e anche, nel pri-mo anno dopo il terrore, in ragione di cento al minuto:più ardente che mai, la Venere fisica provò che il mondonon era vicino a finire; la Terra continuò a girare sotto la

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dopo e alcuni ebbero prolungata di molti giorni ancoraun'esistenza ormai condannata. Soltanto una quindicinadi giorni dopo il cataclisma, la media normale si ristabi-lì. In questo mese disastroso diciassettemilacinquecentofanciulli erano nati a Parigi, ma erano morti quasi tutti,vittime dello spavento delle loro madri, e si erano affac-ciati al mondo come se fossero avvelenati, coi piccolicorpi illividiti.

La statistica medica, sottraendo dalla cifra totale dellemorti la media normale, calcolata sulla proporzionaleigienicamente raggiunta di 15 morti su 1000 abitanti,cioè di centotrentacinquemila all'anno, o trecento ses-santanove al giorno, e sottraendo dal numero precedentela cifra di undicimilaquattrocentotrentanove cittadini,che sarebbero morti anche senza la cometa, attribuì, na-turalmente, a questa la differenza tra i due numeri: due-centodiciottomila circa.

Su questa cifra, la malattia che aveva fatto più vittimeera stata:

La Paura . . . . . . . . . .150.000per sincopi, rotture di aneurismi, o congestioni cerebrali.

Ma questo cataclisma non portò affatto la fine delmondo. I vuoti non tardarono ad esser riparati con unaspecie di eccesso di vitalità umana, come era accadutoaltre volte dopo le guerre: sul globo terrestre i bambininacquero in ragione di uno al secondo e anche, nel pri-mo anno dopo il terrore, in ragione di cento al minuto:più ardente che mai, la Venere fisica provò che il mondonon era vicino a finire; la Terra continuò a girare sotto la

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feconda luce del Sole, e l'umanità continuò ad elevarsiverso più alti destini.

La cometa era stata sopra tutto occasione di tutte lediscussioni possibili intorno a questo grande e capitaleargomento della fine del mondo.

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feconda luce del Sole, e l'umanità continuò ad elevarsiverso più alti destini.

La cometa era stata sopra tutto occasione di tutte lediscussioni possibili intorno a questo grande e capitaleargomento della fine del mondo.

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PARTE SECONDAFRA DIECI MILIONI DI ANNI.

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PARTE SECONDAFRA DIECI MILIONI DI ANNI.

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CAPITOLO I.LE TAPPE DELL'AVVENIRE

«L'homme enfin prend son sceptre et jete son bâton,Et l'on voit s'envoler le calcul de NewtonMonté sur l'ode de Pindare».

V. HUGO, Plein Ciel.

L'avvenimento al quale abbiamo assistito e le discus-sioni che aveva suscitato si erano svolti nel venticinque-simo secolo dell'êra cristiana. L'umanità terrestre nonera finita per l'incontro della cometa con la terra, il piùgrande fenomeno di tutta la storia, avvenimento memo-rabile e mai dimenticato, nonostante le trasformazioni diogni genere subite, più tardi, dalla razza umana. La Ter-ra aveva continuato a girare; il Sole a brillare; i fanciullierano divenuti vecchi e si erano incessantemente rinno-vati nel flusso perpetuo delle generazioni; i secoli, i pe-riodi secolari si erano susseguiti; il Progresso, legge su-prema, aveva conquistato il mondo, a dispetto dei freni,degli ostacoli, degl'inciampi che gli uomini oppongonosempre al suo cammino, e l'umanità aveva lentamenteprogredito nella scienza e nel benessere, traverso a milleoscillazioni passeggere, per arrivare al suo apogeo epercorrere la via dei destini terrestri.

Ma traverso quali trasformazioni fisiche e mentali!

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CAPITOLO I.LE TAPPE DELL'AVVENIRE

«L'homme enfin prend son sceptre et jete son bâton,Et l'on voit s'envoler le calcul de NewtonMonté sur l'ode de Pindare».

V. HUGO, Plein Ciel.

L'avvenimento al quale abbiamo assistito e le discus-sioni che aveva suscitato si erano svolti nel venticinque-simo secolo dell'êra cristiana. L'umanità terrestre nonera finita per l'incontro della cometa con la terra, il piùgrande fenomeno di tutta la storia, avvenimento memo-rabile e mai dimenticato, nonostante le trasformazioni diogni genere subite, più tardi, dalla razza umana. La Ter-ra aveva continuato a girare; il Sole a brillare; i fanciullierano divenuti vecchi e si erano incessantemente rinno-vati nel flusso perpetuo delle generazioni; i secoli, i pe-riodi secolari si erano susseguiti; il Progresso, legge su-prema, aveva conquistato il mondo, a dispetto dei freni,degli ostacoli, degl'inciampi che gli uomini oppongonosempre al suo cammino, e l'umanità aveva lentamenteprogredito nella scienza e nel benessere, traverso a milleoscillazioni passeggere, per arrivare al suo apogeo epercorrere la via dei destini terrestri.

Ma traverso quali trasformazioni fisiche e mentali!

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La popolazione dell'Europa, dall'anno 1900 al 3000,era salita da trecentosessantacinque a settecento milioni;quella dell'Asia da ottocentosessantacinque milioni a unmiliardo; quella delle Americhe da centoventi milioni aun miliardo e mezzo; quella dell'Affrica, da sessantacin-que a duecento milioni, quella dell'Australia da cinque asessanta milioni: cioè, per la popolazione totale del glo-bo, un aumento da un miliardo e quattrocento cinquantamilioni a tre miliardi e quattrocento milioni. La progres-sione era sempre continuata, con qualche oscillazione.

Le lingue si erano modificate. Gl'incessanti progressidelle scienze e dell'industria avevano creato un gran nu-mero di vocaboli nuovi, formati per lo più dalle anticheetimologie greche; la lingua inglese si era diffusa su tut-ta la superfice del globo.

Tra il venticinquesimo e il trentesimo secolo, la lin-gua parlata in Europa era un misto d'inglese, di francesee di termini etimologicamente greci, a cui si erano ag-giunte alcune espressioni prese dal tedesco e dall'italia-no: nessun tentativo di lingua universale, creata artifi-cialmente, era riuscito.

Già prima del venticinquesimo secolo la guerra erascomparsa dalla logica umana, e non si comprendevapiù come una razza, che si riteneva intelligente e ragio-nevole avesse potuto imporsi per tanto tempo, sponta-neamente, un giogo brutale e stupido, che la ponevamolto al di sotto delle bestie. Alcuni episodi storici, po-polarizzati dalla pittura, mostravano in tutto il suo orro-re l'antica barbarie. Qui era Ramsete III, in Egitto, che

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La popolazione dell'Europa, dall'anno 1900 al 3000,era salita da trecentosessantacinque a settecento milioni;quella dell'Asia da ottocentosessantacinque milioni a unmiliardo; quella delle Americhe da centoventi milioni aun miliardo e mezzo; quella dell'Affrica, da sessantacin-que a duecento milioni, quella dell'Australia da cinque asessanta milioni: cioè, per la popolazione totale del glo-bo, un aumento da un miliardo e quattrocento cinquantamilioni a tre miliardi e quattrocento milioni. La progres-sione era sempre continuata, con qualche oscillazione.

Le lingue si erano modificate. Gl'incessanti progressidelle scienze e dell'industria avevano creato un gran nu-mero di vocaboli nuovi, formati per lo più dalle anticheetimologie greche; la lingua inglese si era diffusa su tut-ta la superfice del globo.

Tra il venticinquesimo e il trentesimo secolo, la lin-gua parlata in Europa era un misto d'inglese, di francesee di termini etimologicamente greci, a cui si erano ag-giunte alcune espressioni prese dal tedesco e dall'italia-no: nessun tentativo di lingua universale, creata artifi-cialmente, era riuscito.

Già prima del venticinquesimo secolo la guerra erascomparsa dalla logica umana, e non si comprendevapiù come una razza, che si riteneva intelligente e ragio-nevole avesse potuto imporsi per tanto tempo, sponta-neamente, un giogo brutale e stupido, che la ponevamolto al di sotto delle bestie. Alcuni episodi storici, po-polarizzati dalla pittura, mostravano in tutto il suo orro-re l'antica barbarie. Qui era Ramsete III, in Egitto, che

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vedeva vuotare davanti al suo carro i panieri pieni dimani, tagliate ai vinti, per contarli più facilmente, a cen-tinaia e migliaia; qua era Teglatpal-Asar, nelle pianuredella Caldea, che faceva scorticare vivi i prigionieri, eAssurbanipalo, in Assiria, che faceva strappare la linguaai Babilonesi e impalare i Susiani: più lontano si vede-vano, davanti alle mura di Cartagine, gli ostaggi croci-fissi per ordine di Amilcare; altrove Cesare, faceva, conun colpo di ascia, tagliare i pugni ai Galli ribellati; altriquadri mostravano Nerone che assiste al supplizio deicristiani, accusati dell'incendio di Roma e portati di pesoper esser bruciati vivi: e, di faccia, Filippo II di Spagnae la sua corte davanti ai roghi di eretici, bruciati in nomedi Gesù. Da un'altra parte ecco Gengis Khan che lasciasulla via delle sue vittorie piramidi di teste tagliate, Atti-la che incendia tutti i villaggi, dopo averli saccheggiati,i condannati dall'Inquisizione, morenti tra le torture, iCinesi nell'atto di seppellire i condannati fino al collo edi spalmarne di miele le teste, per lasciarle in pasto allemosche, o in quello di segare gli uomini chiusi tra duetavole: supplizio più sbrigativo! Giovanna d'Arco mo-rente tra le fiamme, Maria Stuard, con la testa sul ceppo,Lavoisier, Bailly, Andrea Chénier sul patibolo della ri-voluzione; le «dragonnades»11 delle Cevenne, le armatedi Luigi XIV che saccheggiano il Palatinato; i soldati diNapoleone morti sui campi nevosi della Russia e le città

11 Vessazioni esercitate dai dragoni, sotto Luigi XIV, contro iCalvinisti.

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vedeva vuotare davanti al suo carro i panieri pieni dimani, tagliate ai vinti, per contarli più facilmente, a cen-tinaia e migliaia; qua era Teglatpal-Asar, nelle pianuredella Caldea, che faceva scorticare vivi i prigionieri, eAssurbanipalo, in Assiria, che faceva strappare la linguaai Babilonesi e impalare i Susiani: più lontano si vede-vano, davanti alle mura di Cartagine, gli ostaggi croci-fissi per ordine di Amilcare; altrove Cesare, faceva, conun colpo di ascia, tagliare i pugni ai Galli ribellati; altriquadri mostravano Nerone che assiste al supplizio deicristiani, accusati dell'incendio di Roma e portati di pesoper esser bruciati vivi: e, di faccia, Filippo II di Spagnae la sua corte davanti ai roghi di eretici, bruciati in nomedi Gesù. Da un'altra parte ecco Gengis Khan che lasciasulla via delle sue vittorie piramidi di teste tagliate, Atti-la che incendia tutti i villaggi, dopo averli saccheggiati,i condannati dall'Inquisizione, morenti tra le torture, iCinesi nell'atto di seppellire i condannati fino al collo edi spalmarne di miele le teste, per lasciarle in pasto allemosche, o in quello di segare gli uomini chiusi tra duetavole: supplizio più sbrigativo! Giovanna d'Arco mo-rente tra le fiamme, Maria Stuard, con la testa sul ceppo,Lavoisier, Bailly, Andrea Chénier sul patibolo della ri-voluzione; le «dragonnades»11 delle Cevenne, le armatedi Luigi XIV che saccheggiano il Palatinato; i soldati diNapoleone morti sui campi nevosi della Russia e le città

11 Vessazioni esercitate dai dragoni, sotto Luigi XIV, contro iCalvinisti.

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bombardate, le battaglie navali, i mucchi di truppe ful-minate in un baleno per mezzo di esplosivi, i combatti-menti aerei che precipitavano veri grappoli umani nelleprofondità dello spazio.

Dappertutto e sempre la dominazione brutale del piùforte e la più spaventosa barbarie. Tutta la serie delleguerre internazionali, civili, politiche, sociali era passatain rivista e nessuno voleva credere che le infami aberra-zioni di questa follia omicida avessero potuto realmentedominare per tanto tempo la povera razza umana, arri-vata finalmente all'età della ragione.

Invano gli ultimi sovrani avevano tentato di procla-mare con un'enfasi rimbombante che la guerra era d'isti-tuzione divina, che era il resultato naturale della lottaper la vita, che costituiva il più nobile degli esercizi eche il patriottismo era la prima delle virtù: invano i cam-pi di battaglia erano stati qualificati campi d'onore e icapi vittoriosi avevano visto le loro statue gloriose do-minare le folle adulatrici. Si era finito per notare chenessuna specie animale, eccettuata qualche razza di for-miche, aveva dato l'esempio di una stoltezza così colos-sale; che la guerra segnava lo stato primitivo della spe-cie umana, obbligata a contendere la sua vita agli ani-mali; che da molto tempo l'uomo aveva rivolto questoistinto primitivo contro se stesso; che la lotta per la vitanon consisteva, per gli uomini, nell'uccidere loro stessi,ma nel conquistar la natura; che tutte le risorse dell'uma-nità erano sciupate, col gettarle nell'abisso senza fondodelle armate permanenti e che il solo obbligo del servi-

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bombardate, le battaglie navali, i mucchi di truppe ful-minate in un baleno per mezzo di esplosivi, i combatti-menti aerei che precipitavano veri grappoli umani nelleprofondità dello spazio.

Dappertutto e sempre la dominazione brutale del piùforte e la più spaventosa barbarie. Tutta la serie delleguerre internazionali, civili, politiche, sociali era passatain rivista e nessuno voleva credere che le infami aberra-zioni di questa follia omicida avessero potuto realmentedominare per tanto tempo la povera razza umana, arri-vata finalmente all'età della ragione.

Invano gli ultimi sovrani avevano tentato di procla-mare con un'enfasi rimbombante che la guerra era d'isti-tuzione divina, che era il resultato naturale della lottaper la vita, che costituiva il più nobile degli esercizi eche il patriottismo era la prima delle virtù: invano i cam-pi di battaglia erano stati qualificati campi d'onore e icapi vittoriosi avevano visto le loro statue gloriose do-minare le folle adulatrici. Si era finito per notare chenessuna specie animale, eccettuata qualche razza di for-miche, aveva dato l'esempio di una stoltezza così colos-sale; che la guerra segnava lo stato primitivo della spe-cie umana, obbligata a contendere la sua vita agli ani-mali; che da molto tempo l'uomo aveva rivolto questoistinto primitivo contro se stesso; che la lotta per la vitanon consisteva, per gli uomini, nell'uccidere loro stessi,ma nel conquistar la natura; che tutte le risorse dell'uma-nità erano sciupate, col gettarle nell'abisso senza fondodelle armate permanenti e che il solo obbligo del servi-

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zio militare iscritto nei codici costituiva un tale attentatoalla libertà, da poter dire che aveva addirittura ristabilitola schiavitù, sotto pretesto di dignità.

Le nazioni governate da re bellicosi e sacerdotali sierano ribellate, dopo avere imprigionato i loro sovrani edopo averli imbalsamati, alla loro morte, come tipi stori-ci degni di essere conservati: questi erano stati trasporta-ti a Aix-la-Chapelle ed erano stati messi in fila, comesatelliti di un'altra età, intorno alla vecchia tomba diCarlomagno.

Gli stati europei, costituiti in repubbliche e confedera-ti, riconobbero che il militarismo rappresentava, in tem-po di pace, un parassitismo divoratore, l'impotenza e lasterilità, in tempo di guerra il furto e l'assassinio legaliz-zato, il diritto brutale del più forte, regime stolto, mante-nuto da un'obbedienza passiva agli ordini di diplomatici,speculante soltanto sulla sciocchezza umana. Una volta,nei tempi antichi, si era combattuto tra villaggio e vil-laggio, per l'interesse e la gloria dei capi: e questa speciedi guerra perdurava, nel diciannovesimo secolo, fra ivillaggi dell'Africa centrale, dove si vedevano giovanot-ti e ragazze, convinti della loro parte di schiavi, arren-dersi spontaneamente, qualche volta, ai paesi, da cui do-vevano essere mangiati con grande cerimonia. In segui-to, dominata un po' la barbarie, erano sorte associazionicostituenti province e si era combattuto tra una provin-cia e l'altra, fra Atene e Sparta, fra Roma e Cartagine,fra Parigi e Digione, fra Londra e Edimburgo, e la storiaaveva celebrato i magnifici combattimenti del duca di

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zio militare iscritto nei codici costituiva un tale attentatoalla libertà, da poter dire che aveva addirittura ristabilitola schiavitù, sotto pretesto di dignità.

Le nazioni governate da re bellicosi e sacerdotali sierano ribellate, dopo avere imprigionato i loro sovrani edopo averli imbalsamati, alla loro morte, come tipi stori-ci degni di essere conservati: questi erano stati trasporta-ti a Aix-la-Chapelle ed erano stati messi in fila, comesatelliti di un'altra età, intorno alla vecchia tomba diCarlomagno.

Gli stati europei, costituiti in repubbliche e confedera-ti, riconobbero che il militarismo rappresentava, in tem-po di pace, un parassitismo divoratore, l'impotenza e lasterilità, in tempo di guerra il furto e l'assassinio legaliz-zato, il diritto brutale del più forte, regime stolto, mante-nuto da un'obbedienza passiva agli ordini di diplomatici,speculante soltanto sulla sciocchezza umana. Una volta,nei tempi antichi, si era combattuto tra villaggio e vil-laggio, per l'interesse e la gloria dei capi: e questa speciedi guerra perdurava, nel diciannovesimo secolo, fra ivillaggi dell'Africa centrale, dove si vedevano giovanot-ti e ragazze, convinti della loro parte di schiavi, arren-dersi spontaneamente, qualche volta, ai paesi, da cui do-vevano essere mangiati con grande cerimonia. In segui-to, dominata un po' la barbarie, erano sorte associazionicostituenti province e si era combattuto tra una provin-cia e l'altra, fra Atene e Sparta, fra Roma e Cartagine,fra Parigi e Digione, fra Londra e Edimburgo, e la storiaaveva celebrato i magnifici combattimenti del duca di

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Borgogna contro il re di Francia, dei Normanni contro iParigini, degl'Inglesi contro gli Scozzesi, dei Venezianicontro i Genovesi, dei Sassoni contro i Bavaresi etc. Piùtardi si erano formate nazioni più vaste, e si erano per-ciò soppresse le insegne e le divisioni provinciali, ma siera continuato ad insegnare ai fanciulli l'odio contro ipopoli vicini e ad abituare i cittadini all'idea di stermi-narsi tra loro. Si erano avute guerre interminabili, rinno-vate continuamente, tra la Francia, l'Inghilterra, la Ger-mania, l'Austria, l'Italia, la Spagna, la Russia, la Tur-chia, etc. Gli strumenti sterminatori avevano seguìto, nelloro perfezionarsi, i progressi della chimica, della mec-canica, dell'aeronautica e della maggior parte dellescienze: e c'erano perfino dei teorici – specialmente tragli uomini di Stato – che sostenevano che la guerra erala legge necessaria del progresso; dimenticando che lamaggior parte degl'inventori nelle scienze e nell'indu-stria – elettricità, fisica, meccanica, etc. sono stati inve-ce, tutti, gli uomini più pacifici e più antiguerrieri diquesto mondo. La statistica aveva stabilito che la guerrauccideva regolarmente quaranta milioni d'uomini al se-colo, mille cento al giorno, senza tregua nè riposo, eaveva fatto mille duecento milioni di cadaveri in tremilaanni.

Era naturale che le nazioni vi si fossero spossate e ro-vinate, poichè, soltanto nel diciannovesimo secolo, ave-vano speso per questo bel resultato la somma di sette-cento miliardi. Si obbiettava anche che era utile, qualchevolta, fare un salasso di questo genere, per impedire che

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Borgogna contro il re di Francia, dei Normanni contro iParigini, degl'Inglesi contro gli Scozzesi, dei Venezianicontro i Genovesi, dei Sassoni contro i Bavaresi etc. Piùtardi si erano formate nazioni più vaste, e si erano per-ciò soppresse le insegne e le divisioni provinciali, ma siera continuato ad insegnare ai fanciulli l'odio contro ipopoli vicini e ad abituare i cittadini all'idea di stermi-narsi tra loro. Si erano avute guerre interminabili, rinno-vate continuamente, tra la Francia, l'Inghilterra, la Ger-mania, l'Austria, l'Italia, la Spagna, la Russia, la Tur-chia, etc. Gli strumenti sterminatori avevano seguìto, nelloro perfezionarsi, i progressi della chimica, della mec-canica, dell'aeronautica e della maggior parte dellescienze: e c'erano perfino dei teorici – specialmente tragli uomini di Stato – che sostenevano che la guerra erala legge necessaria del progresso; dimenticando che lamaggior parte degl'inventori nelle scienze e nell'indu-stria – elettricità, fisica, meccanica, etc. sono stati inve-ce, tutti, gli uomini più pacifici e più antiguerrieri diquesto mondo. La statistica aveva stabilito che la guerrauccideva regolarmente quaranta milioni d'uomini al se-colo, mille cento al giorno, senza tregua nè riposo, eaveva fatto mille duecento milioni di cadaveri in tremilaanni.

Era naturale che le nazioni vi si fossero spossate e ro-vinate, poichè, soltanto nel diciannovesimo secolo, ave-vano speso per questo bel resultato la somma di sette-cento miliardi. Si obbiettava anche che era utile, qualchevolta, fare un salasso di questo genere, per impedire che

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la popolazione crescesse troppo, dimenticando che laTerra potrebbe nutrire un numero di abitanti dieci voltemaggiore di quello che le guerre distruggono. Queste di-visioni di patria, conservate con abilità dagli uomini po-litici che ne vivevano, avevano per molto tempo impedi-to all'Europa d'imitare l'America, sopprimendo le armate(che consumavano tutte le forze e assorbivano ormai piùdi dieci miliardi all'anno dai risparmi con tanta faticamessi insieme dai lavoratori), e costituendosi in Stati-Uniti d'Europa, vivendo di un lavoro utile, nell'abbon-danza: il ferro di Marte continuò a decapitare i miglioricittadini. Ma poichè gli uomini non si decidevano a get-tar via gli orpelli delle loro vanità nazionali, il sentimen-to femminile salvò l'umanità12.

Per ispirazione d'una donna di cuore, quasi tutte lemadri si collegarono, in tutta l'Europa, per allevare iloro figliuoli, e sopra tutto le figliuole, nell'orrore dellabarbarie militare. Le conversazioni fra parenti, le chiac-chiere della sera, i racconti, le letture mettevano in evi-denza la stoltezza degli uomini, la leggerezza dei prete-sti che avevano lanciato le nazioni l'una contro l'altra, lafurberia dei diplomatici, che mettevano in opera tutti iloro mezzi per sovreccitare il patriottismo e accecare glispiriti, la sostanziale inutilità delle guerre, nella storia,

12 Poche pagine danno più di queste una chiara idea dell'inge-nuo ottimismo e della profonda incomprensione della storia uma-na che ha contraddistinto talune cerchie intellettuali della societàfrancese ed europea negli ultimi decenni del sec. XIX. (Nota d.trad.).

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la popolazione crescesse troppo, dimenticando che laTerra potrebbe nutrire un numero di abitanti dieci voltemaggiore di quello che le guerre distruggono. Queste di-visioni di patria, conservate con abilità dagli uomini po-litici che ne vivevano, avevano per molto tempo impedi-to all'Europa d'imitare l'America, sopprimendo le armate(che consumavano tutte le forze e assorbivano ormai piùdi dieci miliardi all'anno dai risparmi con tanta faticamessi insieme dai lavoratori), e costituendosi in Stati-Uniti d'Europa, vivendo di un lavoro utile, nell'abbon-danza: il ferro di Marte continuò a decapitare i miglioricittadini. Ma poichè gli uomini non si decidevano a get-tar via gli orpelli delle loro vanità nazionali, il sentimen-to femminile salvò l'umanità12.

Per ispirazione d'una donna di cuore, quasi tutte lemadri si collegarono, in tutta l'Europa, per allevare iloro figliuoli, e sopra tutto le figliuole, nell'orrore dellabarbarie militare. Le conversazioni fra parenti, le chiac-chiere della sera, i racconti, le letture mettevano in evi-denza la stoltezza degli uomini, la leggerezza dei prete-sti che avevano lanciato le nazioni l'una contro l'altra, lafurberia dei diplomatici, che mettevano in opera tutti iloro mezzi per sovreccitare il patriottismo e accecare glispiriti, la sostanziale inutilità delle guerre, nella storia,

12 Poche pagine danno più di queste una chiara idea dell'inge-nuo ottimismo e della profonda incomprensione della storia uma-na che ha contraddistinto talune cerchie intellettuali della societàfrancese ed europea negli ultimi decenni del sec. XIX. (Nota d.trad.).

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l'equilibrio europeo sempre turbato e mai raggiunto, larovina dei popoli, i campi di battaglia coperti di morti edi feriti, straziati dalla mitraglia, morti e feriti che un'oraprima vivevano felici, sotto il buon sole della natura.... ele vedove, e gli orfani, e le miserie!... Una sola genera-zione educata con queste idee illuminate era stata suffi-cente per salvare i fanciulli da quel resto di animalitàcarnivora e per allevarli in un sentimento di disprezzo edi orrore contro tutto ciò che poteva ricordare l'anticabarbarie. Le donne erano elettrici ed eleggibili. Da prin-cipio ottennero che la prima condizione di eleggibilitàdegli Amministratori fosse l'impegno di non votare piùil bilancio della guerra; questa evoluzione più facilmen-te che altrove avvenne in Germania, per opera dei socia-listi internazionali. Ma, una volta in carica, più dellametà dei deputati dimenticarono assolutamente le loropromesse, sotto pretesto di ragione di Stato. Essi confes-sarono che avevano messa da parte la propria personali-tà e che non potevano fare altro che obbedire alla parolad'ordine dei capi dei gruppi parlamentari! In realtà, i go-vernanti rifiutavano di disarmare e il bilancio della guer-ra continuava ad esser votato tutti gli anni. Si immaginò,in seguito, che i soldati delle diverse patrie si differen-ziassero tra loro sopra tutto per le divise diverse e chebastasse soltanto sopprimere queste, per sopprimer glieserciti: ma una simile idea era troppo semplice perchèpotesse avere qualche buon successo. Allora le ragazzesi giurarono scambievolmente di non sposar mai un

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l'equilibrio europeo sempre turbato e mai raggiunto, larovina dei popoli, i campi di battaglia coperti di morti edi feriti, straziati dalla mitraglia, morti e feriti che un'oraprima vivevano felici, sotto il buon sole della natura.... ele vedove, e gli orfani, e le miserie!... Una sola genera-zione educata con queste idee illuminate era stata suffi-cente per salvare i fanciulli da quel resto di animalitàcarnivora e per allevarli in un sentimento di disprezzo edi orrore contro tutto ciò che poteva ricordare l'anticabarbarie. Le donne erano elettrici ed eleggibili. Da prin-cipio ottennero che la prima condizione di eleggibilitàdegli Amministratori fosse l'impegno di non votare piùil bilancio della guerra; questa evoluzione più facilmen-te che altrove avvenne in Germania, per opera dei socia-listi internazionali. Ma, una volta in carica, più dellametà dei deputati dimenticarono assolutamente le loropromesse, sotto pretesto di ragione di Stato. Essi confes-sarono che avevano messa da parte la propria personali-tà e che non potevano fare altro che obbedire alla parolad'ordine dei capi dei gruppi parlamentari! In realtà, i go-vernanti rifiutavano di disarmare e il bilancio della guer-ra continuava ad esser votato tutti gli anni. Si immaginò,in seguito, che i soldati delle diverse patrie si differen-ziassero tra loro sopra tutto per le divise diverse e chebastasse soltanto sopprimere queste, per sopprimer glieserciti: ma una simile idea era troppo semplice perchèpotesse avere qualche buon successo. Allora le ragazzesi giurarono scambievolmente di non sposar mai un

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uomo che portasse armi: rinunciarono al marito e man-tennero il giuramento.

I primi anni di questa lega furono assai duri, ancheper le ragazze; e, se non fosse stato il pensiero della ri-provazione generale, più d'un cuore avrebbe ceduto. Igiovanotti non mancavano di doti personali e l'uniformenon aveva perduto il vantaggio di una certa eleganza.Per dire la verità, ci fu qualche diserzione ma, poichè lecoppie di fanciulle e militari, furono, fino dal primogiorno, disprezzate dalla società e lasciate da parte,come se si trattasse di paria e di rinnegati, non furonomolte. L'opinione pubblica era affermata e sarebbe statoimpossibile, ormai, risalire la corrente.

Si vedevano un po' dappertutto sulle piazze pubblichescritti e appelli in favore della pace universale. – I parti-giani della guerra sono degli assassini e dei ladri. – Que-sta era la frase che si leggeva più spesso, specialmente aBerlino.

In cinque anni non vi fu, per modo di dire, un solomatrimonio, una sola unione. Tutti i cittadini erano sol-dati, in Francia, in Germania, in Italia, nella stessa In-ghilterra, dove «l'imposta del sangue» era stata votata,come nelle altre nazioni, nel ventesimo secolo: delle na-zioni d'Europa qualcuna era pronta a confederarsi inStati-Uniti, ma sempre, poi, si ritiravano per le loro que-stioni di bandiera. Le donne tenevan duro. Sentivanoche la verità era nelle loro mani, che la loro decisioneavrebbe liberato l'umanità dalla schiavitù che l'opprime-va e che la vittoria era certa. Alle preghiere appassionate

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uomo che portasse armi: rinunciarono al marito e man-tennero il giuramento.

I primi anni di questa lega furono assai duri, ancheper le ragazze; e, se non fosse stato il pensiero della ri-provazione generale, più d'un cuore avrebbe ceduto. Igiovanotti non mancavano di doti personali e l'uniformenon aveva perduto il vantaggio di una certa eleganza.Per dire la verità, ci fu qualche diserzione ma, poichè lecoppie di fanciulle e militari, furono, fino dal primogiorno, disprezzate dalla società e lasciate da parte,come se si trattasse di paria e di rinnegati, non furonomolte. L'opinione pubblica era affermata e sarebbe statoimpossibile, ormai, risalire la corrente.

Si vedevano un po' dappertutto sulle piazze pubblichescritti e appelli in favore della pace universale. – I parti-giani della guerra sono degli assassini e dei ladri. – Que-sta era la frase che si leggeva più spesso, specialmente aBerlino.

In cinque anni non vi fu, per modo di dire, un solomatrimonio, una sola unione. Tutti i cittadini erano sol-dati, in Francia, in Germania, in Italia, nella stessa In-ghilterra, dove «l'imposta del sangue» era stata votata,come nelle altre nazioni, nel ventesimo secolo: delle na-zioni d'Europa qualcuna era pronta a confederarsi inStati-Uniti, ma sempre, poi, si ritiravano per le loro que-stioni di bandiera. Le donne tenevan duro. Sentivanoche la verità era nelle loro mani, che la loro decisioneavrebbe liberato l'umanità dalla schiavitù che l'opprime-va e che la vittoria era certa. Alle preghiere appassionate

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di qualche uomo, rispondevano tutte ugualmente; «no,non vogliamo più degl'imbecilli!». Altre aggiungevano:«ci rifiutiamo di allevare dei figlioli per il macello». Ese la scissura fosse continuata, erano decise a mantenereil loro giuramento, o ad emigrare in America, dove giàda tanti secoli il militarismo era scomparso.

Al comitato degli Amministratori degli affari delloStato (che in altri tempi si chiamavano deputati o sena-tori) i cittadini più eloquenti reclamavano, ad ogni ses-sione, il disarmo. Finalmente, il quinto anno, di frontealla muraglia femminile, che diveniva di giorno in gior-no più forte e più inaccessibile, i deputati di tutti i paesi,come spinti da una stessa molla, misero fuori fiumi dieloquenza, per insistere ancora su tutti gli argomenti in-vocati dalle donne e la stessa settimana, in Italia, in Au-stria, in Spagna, il disarmo fu dichiarato. La Repubblicatedesca aveva trionfato dei vecchi pregiudizî, di cui ellastessa aveva dovuto soffrire di più.

Era primavera e non vi era alcuna rivoluzione. Innu-merevoli matrimoni ebbero luogo. La Russia e l'Inghil-terra erano restate indietro al movimento, poichè il suf-fragio femminile non vi era stato unanime. Ma poichèl'anno successivo, tutti i popoli dell'Europa, costituiti inrepubblica, si confederarono in un solo Stato, ad invitodel Governo degli Stati Uniti d'Europa, anche le duegrandi nazioni decretarono il disarmo graduale e a deci-mi.

Già da molto tempo le Indie non appartenevano piùall'Inghilterra, e questa era costituita in repubblica.

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di qualche uomo, rispondevano tutte ugualmente; «no,non vogliamo più degl'imbecilli!». Altre aggiungevano:«ci rifiutiamo di allevare dei figlioli per il macello». Ese la scissura fosse continuata, erano decise a mantenereil loro giuramento, o ad emigrare in America, dove giàda tanti secoli il militarismo era scomparso.

Al comitato degli Amministratori degli affari delloStato (che in altri tempi si chiamavano deputati o sena-tori) i cittadini più eloquenti reclamavano, ad ogni ses-sione, il disarmo. Finalmente, il quinto anno, di frontealla muraglia femminile, che diveniva di giorno in gior-no più forte e più inaccessibile, i deputati di tutti i paesi,come spinti da una stessa molla, misero fuori fiumi dieloquenza, per insistere ancora su tutti gli argomenti in-vocati dalle donne e la stessa settimana, in Italia, in Au-stria, in Spagna, il disarmo fu dichiarato. La Repubblicatedesca aveva trionfato dei vecchi pregiudizî, di cui ellastessa aveva dovuto soffrire di più.

Era primavera e non vi era alcuna rivoluzione. Innu-merevoli matrimoni ebbero luogo. La Russia e l'Inghil-terra erano restate indietro al movimento, poichè il suf-fragio femminile non vi era stato unanime. Ma poichèl'anno successivo, tutti i popoli dell'Europa, costituiti inrepubblica, si confederarono in un solo Stato, ad invitodel Governo degli Stati Uniti d'Europa, anche le duegrandi nazioni decretarono il disarmo graduale e a deci-mi.

Già da molto tempo le Indie non appartenevano piùall'Inghilterra, e questa era costituita in repubblica.

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Quanto alla Russia, la forma monarchica vi sussistevaancora. I ministeri della guerra furono dappertutto sop-pressi come una mostruosità sociale, come una macchiainfamante. Si era allora alla metà del ventiquattresimosecolo. Da questa epoca, il sentimento ristretto della pa-tria fu sostituito dal sentimento generale dell'umanità, ela ferocia internazionale dette luogo ad una federazioneintelligente.

Delle istituzioni militari non restò che la musica, lasola fantasia gradevole che sia stata associata al militari-smo, e che si volle conservare. Furono mantenute mili-zie speciali, soltanto perchè rimanesse questo genere dimusica marziale, così gaio, così vivace, così brillante.

In seguito, non si arrivò mai a capire che questa musi-ca era stata inventata per condurre degli eserciti al ma-cello.

Liberata dall'incubo della schiavitù militare, l'Europasi era immediatamente affrancata anche dalla burocraziache aveva, d'altra parte, indebolite le nazioni, le qualiparevano condannate a morir di pletora: ma c'era voluto,per questo, una rivoluzione radicale. I parassiti del bi-lancio si videro inesorabilmente tolti di mezzo. Da allo-ra l'Europa si era rapidamente alzata, con un volo radio-so, in un meraviglioso progresso sociale, scientifico, ar-tistico e industriale.

Si respirava, una buona volta, liberamente: si viveva.Per arrivare a pagare settecento miliardi al secolo, ai cit-tadini distolti da ogni lavoro produttivo, e per supplirealle esigenze della burocrazia, i governi erano stati co-

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Quanto alla Russia, la forma monarchica vi sussistevaancora. I ministeri della guerra furono dappertutto sop-pressi come una mostruosità sociale, come una macchiainfamante. Si era allora alla metà del ventiquattresimosecolo. Da questa epoca, il sentimento ristretto della pa-tria fu sostituito dal sentimento generale dell'umanità, ela ferocia internazionale dette luogo ad una federazioneintelligente.

Delle istituzioni militari non restò che la musica, lasola fantasia gradevole che sia stata associata al militari-smo, e che si volle conservare. Furono mantenute mili-zie speciali, soltanto perchè rimanesse questo genere dimusica marziale, così gaio, così vivace, così brillante.

In seguito, non si arrivò mai a capire che questa musi-ca era stata inventata per condurre degli eserciti al ma-cello.

Liberata dall'incubo della schiavitù militare, l'Europasi era immediatamente affrancata anche dalla burocraziache aveva, d'altra parte, indebolite le nazioni, le qualiparevano condannate a morir di pletora: ma c'era voluto,per questo, una rivoluzione radicale. I parassiti del bi-lancio si videro inesorabilmente tolti di mezzo. Da allo-ra l'Europa si era rapidamente alzata, con un volo radio-so, in un meraviglioso progresso sociale, scientifico, ar-tistico e industriale.

Si respirava, una buona volta, liberamente: si viveva.Per arrivare a pagare settecento miliardi al secolo, ai cit-tadini distolti da ogni lavoro produttivo, e per supplirealle esigenze della burocrazia, i governi erano stati co-

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stretti a metter tasse su tasse, in numero spaventoso.L'imposta progressiva, adottata nel ventesimo secolo,non era bastata, nonostante i miliardi ottenuti. Dal 31decembre 1950 al 31 decembre 1960, lo Stato franceseera entrato in possesso di tutte le linee ferroviarie fran-cesi e, malgrado i rimborsi, si era subito arricchito di uncapitale di venti miliardi: ma il frutto di questo capitaleera già stato prima scontato dalla Commissione del bi-lancio e dai mangiatori di bilancio, e le imposte, invecedi diminuire, erano andate sempre crescendo, fino alventunesimo secolo. Si era arrivati a tassare tutto: l'ariache si respira, l'acqua delle sorgenti e quella piovana, laluce e il calore del sole; il pane, il vino, tutti i commesti-bili, i vestiti, fino alla camicia, le case, le strade dellecittà, le vie di campagna, gli animali, cavalli, bovi, cani,gatti, polli, conigli, uccelli in gabbia, le piante, i fiori,gli strumenti musicali, piani, organi, violini, chitarre,flauti, corni da caccia; i mestieri, le varie condizioni so-ciali, i celibi e i coniugati, i bimbi e le balie, i mobili,tutto, proprio tutto; e le imposte erano cresciute fino algiorno in cui la loro cifra era stata uguale al prodottonetto dell'attività dei lavoratori, fatta eccezione del puro«pane quotidiano». Allora ogni lavoro era finito. Parevaormai impossibile vivere. E così era sorta la grande ri-voluzione sociale degli anarchici internazionali, di cui siparlò al principio di questo libro, e le rivoluzioni succes-sive.

Tutti gli Stati erano falliti, uno dopo l'altro. Ma questerivoluzioni non erano riuscite a liberare definitivamente

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stretti a metter tasse su tasse, in numero spaventoso.L'imposta progressiva, adottata nel ventesimo secolo,non era bastata, nonostante i miliardi ottenuti. Dal 31decembre 1950 al 31 decembre 1960, lo Stato franceseera entrato in possesso di tutte le linee ferroviarie fran-cesi e, malgrado i rimborsi, si era subito arricchito di uncapitale di venti miliardi: ma il frutto di questo capitaleera già stato prima scontato dalla Commissione del bi-lancio e dai mangiatori di bilancio, e le imposte, invecedi diminuire, erano andate sempre crescendo, fino alventunesimo secolo. Si era arrivati a tassare tutto: l'ariache si respira, l'acqua delle sorgenti e quella piovana, laluce e il calore del sole; il pane, il vino, tutti i commesti-bili, i vestiti, fino alla camicia, le case, le strade dellecittà, le vie di campagna, gli animali, cavalli, bovi, cani,gatti, polli, conigli, uccelli in gabbia, le piante, i fiori,gli strumenti musicali, piani, organi, violini, chitarre,flauti, corni da caccia; i mestieri, le varie condizioni so-ciali, i celibi e i coniugati, i bimbi e le balie, i mobili,tutto, proprio tutto; e le imposte erano cresciute fino algiorno in cui la loro cifra era stata uguale al prodottonetto dell'attività dei lavoratori, fatta eccezione del puro«pane quotidiano». Allora ogni lavoro era finito. Parevaormai impossibile vivere. E così era sorta la grande ri-voluzione sociale degli anarchici internazionali, di cui siparlò al principio di questo libro, e le rivoluzioni succes-sive.

Tutti gli Stati erano falliti, uno dopo l'altro. Ma questerivoluzioni non erano riuscite a liberare definitivamente

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l'Europa dall'antica barbarie: i pregiudizi patriottici rico-minciavano già l'indebitamento universale e l'umanitàdovette alla lega delle fanciulle quella liberazione.

Si vide allora una cosa inaudita, incredibile, inammis-sibile, senza precedenti nella storia: la diminuzione delletasse! Alleggerito di nove decimi di spese, il bilancioservì soltanto a mantenere l'ordine interno, alla sicurez-za dei cittadini, alle scuole di ogni genere, all'incorag-giamento delle nuove ricerche, al progresso sempre cre-scente delle scienze, delle arti, dell'industria e di tutte lemanifestazioni dell'attività intellettuale; ma l'iniziativaindividuale aveva preso il sopravvento sull'antico accen-tramento ufficiale che per tanti secoli, sperperando le fi-nanze pubbliche, aveva fatto abortire i più entusiasticitentativi, e la burocrazia era morta della sua bella morte.

La stoltezza del duello era scomparsa poco dopoquella della guerra. Si cessò di concepire che qualunquedivergenza potesse considerarsi come risolta da un col-po di pistola e di spada, come non si ammirava più af-fatto la cavalleria degli ufficiali francesi della battagliadi Fontanay che invitavano, col cappello in mano, «i si-gnori Inglesi a tirar per i primi». Tutto questo, ancheagli occhi dei ragazzi, pareva qualche cosa di stravec-chio e di eccessivamente stupido.

Nonostante le incoerenze, lo scetticismo vano, la nul-lità scientifica, l'incompetenza abituale, e anche le pre-varicazioni di alcuni uomini politici, aveva prevalso, sututte le altre, la forma di governo repubblicano, non ladominazione democratica. Si era riconosciuto che non

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l'Europa dall'antica barbarie: i pregiudizi patriottici rico-minciavano già l'indebitamento universale e l'umanitàdovette alla lega delle fanciulle quella liberazione.

Si vide allora una cosa inaudita, incredibile, inammis-sibile, senza precedenti nella storia: la diminuzione delletasse! Alleggerito di nove decimi di spese, il bilancioservì soltanto a mantenere l'ordine interno, alla sicurez-za dei cittadini, alle scuole di ogni genere, all'incorag-giamento delle nuove ricerche, al progresso sempre cre-scente delle scienze, delle arti, dell'industria e di tutte lemanifestazioni dell'attività intellettuale; ma l'iniziativaindividuale aveva preso il sopravvento sull'antico accen-tramento ufficiale che per tanti secoli, sperperando le fi-nanze pubbliche, aveva fatto abortire i più entusiasticitentativi, e la burocrazia era morta della sua bella morte.

La stoltezza del duello era scomparsa poco dopoquella della guerra. Si cessò di concepire che qualunquedivergenza potesse considerarsi come risolta da un col-po di pistola e di spada, come non si ammirava più af-fatto la cavalleria degli ufficiali francesi della battagliadi Fontanay che invitavano, col cappello in mano, «i si-gnori Inglesi a tirar per i primi». Tutto questo, ancheagli occhi dei ragazzi, pareva qualche cosa di stravec-chio e di eccessivamente stupido.

Nonostante le incoerenze, lo scetticismo vano, la nul-lità scientifica, l'incompetenza abituale, e anche le pre-varicazioni di alcuni uomini politici, aveva prevalso, sututte le altre, la forma di governo repubblicano, non ladominazione democratica. Si era riconosciuto che non

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v'è uguaglianza intellettuale e morale fra gli uomini, eche è meglio affidare il governo a un consiglio di pochispiriti illuminati, anzichè a una folla d'ambiziosi, il cuimerito principale era di esser provvisti di buoni polmonie di esser dotati di una inesauribile loquacità, che nonavevano mirato ad altro che a rivolgere in loro personaleprofitto il giuoco perpetuo delle passioni popolari. Erastato anche constatato che una Camera composta dimolte centinaia di deputati dimostrava assai meno acu-me e criterio di un uomo solo. Gli errori grossolani e glieccessi brutali della demagogia avevano messo piùd'una volta la Repubblica in pericolo di morte; ma poi-chè il governo monarchico ereditario non dava maggiorigaranzie di essere un governo razionale, si era finito conl'adottare una costituzione diretta da un piccolissimo nu-mero di cittadini, eletti con le garanzie di un suffragioristretto ed illuminato. Le cariche non vennero più con-cesse agl'intriganti che brigavano per averle, non si dettepiù ascolto a quelli che le ambivano; si andarono a cer-care quelli che le meritavano, intenti ai loro lavori.

L'unificazione dei popoli, delle idee, delle lingue ave-va avuto per complemento quello dei pesi e delle misu-re. Nessuna nazione era stata refrattaria ad adottare il si-stema metrico, stabilito sulla misura stessa del pianeta.Una sola moneta fu adottata universalmente, un solomeridiano iniziale regolò la geografia: questo meridianopassava dall'Osservatorio di Greenwich, ed al suo anti-podo il giorno cambiava nome a mezzodì: il meridiano

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v'è uguaglianza intellettuale e morale fra gli uomini, eche è meglio affidare il governo a un consiglio di pochispiriti illuminati, anzichè a una folla d'ambiziosi, il cuimerito principale era di esser provvisti di buoni polmonie di esser dotati di una inesauribile loquacità, che nonavevano mirato ad altro che a rivolgere in loro personaleprofitto il giuoco perpetuo delle passioni popolari. Erastato anche constatato che una Camera composta dimolte centinaia di deputati dimostrava assai meno acu-me e criterio di un uomo solo. Gli errori grossolani e glieccessi brutali della demagogia avevano messo piùd'una volta la Repubblica in pericolo di morte; ma poi-chè il governo monarchico ereditario non dava maggiorigaranzie di essere un governo razionale, si era finito conl'adottare una costituzione diretta da un piccolissimo nu-mero di cittadini, eletti con le garanzie di un suffragioristretto ed illuminato. Le cariche non vennero più con-cesse agl'intriganti che brigavano per averle, non si dettepiù ascolto a quelli che le ambivano; si andarono a cer-care quelli che le meritavano, intenti ai loro lavori.

L'unificazione dei popoli, delle idee, delle lingue ave-va avuto per complemento quello dei pesi e delle misu-re. Nessuna nazione era stata refrattaria ad adottare il si-stema metrico, stabilito sulla misura stessa del pianeta.Una sola moneta fu adottata universalmente, un solomeridiano iniziale regolò la geografia: questo meridianopassava dall'Osservatorio di Greenwich, ed al suo anti-podo il giorno cambiava nome a mezzodì: il meridiano

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di Parigi era caduto in disuso verso la metà del ventesi-mo secolo.

La sfera terrestre era stata per molti secoli divisa con-venzionalmente in fusi di 24 ore; ma poichè le differen-ze con l'ora vera avevano avuto per conseguenza irrego-larità illogiche ed inutili, le ore locali, assolutamente ne-cessarie nelle osservazioni astronomiche, erano ricom-parse, come satelliti dell'ora universale. Si contò conse-cutivamente da 0 a 24, e non più fanciullescamente,come in altri tempi, per due volte dodici ore.

Trasformazioni non meno complete vi furono nellescienze, nelle arti, nell'industria, sopratutto, e nelle lette-rature. La classificazione delle conoscenze umane, dalpunto di vista del loro valore intrinseco, cambiò col re-lativo progresso di ciascuna di loro. La meteorologia,per esempio, divenne una scienza esatta e raggiunse laprecisione dell'astronomia; verso il trentesimo secolo siarrivò a predire il tempo, come noi prediciamo, oggi,l'arrivo di una eclissi o il ritorno d'una cometa.

Gli antichi almanacchi fecero posto ad annuari preci-si, che predicevano a gran distanza di tempo, i fenomenidella natura. Le feste pubbliche, le partite di piacere fu-rono sempre accompagnate da un bel cielo, e le navinon andarono in mare incontro alle tempeste.

I boschi erano scomparsi interamente, distrutti per lacoltivazione, e per la fabbricazione della carta.

L'interesse legale era disceso a un mezzo per 100. Iltempo delle grosse rendite era tramontato come le etàfossili.

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di Parigi era caduto in disuso verso la metà del ventesi-mo secolo.

La sfera terrestre era stata per molti secoli divisa con-venzionalmente in fusi di 24 ore; ma poichè le differen-ze con l'ora vera avevano avuto per conseguenza irrego-larità illogiche ed inutili, le ore locali, assolutamente ne-cessarie nelle osservazioni astronomiche, erano ricom-parse, come satelliti dell'ora universale. Si contò conse-cutivamente da 0 a 24, e non più fanciullescamente,come in altri tempi, per due volte dodici ore.

Trasformazioni non meno complete vi furono nellescienze, nelle arti, nell'industria, sopratutto, e nelle lette-rature. La classificazione delle conoscenze umane, dalpunto di vista del loro valore intrinseco, cambiò col re-lativo progresso di ciascuna di loro. La meteorologia,per esempio, divenne una scienza esatta e raggiunse laprecisione dell'astronomia; verso il trentesimo secolo siarrivò a predire il tempo, come noi prediciamo, oggi,l'arrivo di una eclissi o il ritorno d'una cometa.

Gli antichi almanacchi fecero posto ad annuari preci-si, che predicevano a gran distanza di tempo, i fenomenidella natura. Le feste pubbliche, le partite di piacere fu-rono sempre accompagnate da un bel cielo, e le navinon andarono in mare incontro alle tempeste.

I boschi erano scomparsi interamente, distrutti per lacoltivazione, e per la fabbricazione della carta.

L'interesse legale era disceso a un mezzo per 100. Iltempo delle grosse rendite era tramontato come le etàfossili.

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L'elettricità aveva sostituito il vapore. Le ferrovie, itubi pneumatici funzionavano ancora, ma soprattutto peril trasporto dei materiali. Si viaggiava di preferenza,specialmente di giorno, in palloni dirigibili, in aeronavielettriche, in aeroplani, in elicotteri, in apparecchi aerei,alcuni più pesi dell'aria come gli uccelli, altri più legge-ri, come gli aerostati. Gli antichi vagoni, sporchi, pienidi fumo e di polvere, rumorosi e sobbalzanti, coi fischifantastici e strani delle locomotive, erano stati sostituitidai navigli aerei, leggeri, eleganti, che fendevano l'ariasilenziosi, nell'atmosfera pura delle grandi altezze.

Per il solo fatto della navigazione aerea, le frontiere –che, del resto, non sono mai esistite per la scienza nè peri dotti, nei loro scambievoli rapporti, – sarebbero statesoppresse, se già non lo fossero state dal progresso dellaragione. I viaggi continui su tutta la superfice del globoavevano portato l'internazionalismo e il libero scambiodel commercio e delle idee. Abolite le dogane: ricchez-za universale: nessun debito pubblico, nè armata, nè ma-rina, nè dogane, nè dazio. Tutto l'organismo sociale erasemplificato.

L'industria aveva fatto conquiste strepitose. Fin daltrentesimo secolo il mare era stato portato a Parigi permezzo di un largo canale e i navigli elettrici arrivavanodall'Atlantico – e dal Pacifico per l'istmo di Panama –allo scalo di S. Denis, al di là del quale la grande città sistendeva molto lontano al nord. I navigli facevano inpoche ore il tragitto da S. Denis al porto di Londra, e

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L'elettricità aveva sostituito il vapore. Le ferrovie, itubi pneumatici funzionavano ancora, ma soprattutto peril trasporto dei materiali. Si viaggiava di preferenza,specialmente di giorno, in palloni dirigibili, in aeronavielettriche, in aeroplani, in elicotteri, in apparecchi aerei,alcuni più pesi dell'aria come gli uccelli, altri più legge-ri, come gli aerostati. Gli antichi vagoni, sporchi, pienidi fumo e di polvere, rumorosi e sobbalzanti, coi fischifantastici e strani delle locomotive, erano stati sostituitidai navigli aerei, leggeri, eleganti, che fendevano l'ariasilenziosi, nell'atmosfera pura delle grandi altezze.

Per il solo fatto della navigazione aerea, le frontiere –che, del resto, non sono mai esistite per la scienza nè peri dotti, nei loro scambievoli rapporti, – sarebbero statesoppresse, se già non lo fossero state dal progresso dellaragione. I viaggi continui su tutta la superfice del globoavevano portato l'internazionalismo e il libero scambiodel commercio e delle idee. Abolite le dogane: ricchez-za universale: nessun debito pubblico, nè armata, nè ma-rina, nè dogane, nè dazio. Tutto l'organismo sociale erasemplificato.

L'industria aveva fatto conquiste strepitose. Fin daltrentesimo secolo il mare era stato portato a Parigi permezzo di un largo canale e i navigli elettrici arrivavanodall'Atlantico – e dal Pacifico per l'istmo di Panama –allo scalo di S. Denis, al di là del quale la grande città sistendeva molto lontano al nord. I navigli facevano inpoche ore il tragitto da S. Denis al porto di Londra, e

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molti viaggiatori li prendevano, nonostante il regolareservizio di aeronavi, il tunnel e il viadotto della Manica.

Fuori di Parigi c'era la stessa attività; perchè il canaledei Due-Mari, congiungendo il Mediterraneo all'Atlanti-co, da Narbona a Bordeaux, aveva reso inutile il lungogiro dello stretto di Gibilterra; e d'altra parte un tubometallico, costantemente percorso dai treni ad aria com-pressa, collegava la Repubblica d'Iberia (anticamenteSpagna e Portogallo) all'Algeria occidentale (antico Ma-rocco). Parigi e Cicago contenevano allora nove milionidi abitanti, Londra dieci, Nuova York dodici. Avendocontinuato la sua marcia secolare verso l'ovest, Parigi sistendeva dal confluente della Marna fino al di là di S.Germano. Soltanto pochi monumenti lasciati cadere inrovina ricordavano la Parigi del diciannovesimo e delventesimo secolo. Per non dirne che qualche aspetto, erailluminata di notte da cento lune artificiali, fari elettriciaccesi su torri alte 1000 metri; i camini ed il fumo eranoscomparsi, perchè il calore si prendeva dalla terra o dal-le sorgenti elettriche: la locomozione aerea aveva sosti-tuito le vetture primitive delle epoche barbare: non sivedeva più nelle strade nè pioggia, nè fango; tettoie divetro filato erano abbassate immediatamente alla primagocciola, e i milioni d'ombrelli antichi si trovavano convantaggio sostituiti da uno solo. Quel che oggi chiamia-mo civiltà non era che barbarie in confronto ai progressiche si erano effettuati.

Tutte le grandi città avevano progredito a scapito del-le campagne; i lavori agricoli si facevano per mezzo

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molti viaggiatori li prendevano, nonostante il regolareservizio di aeronavi, il tunnel e il viadotto della Manica.

Fuori di Parigi c'era la stessa attività; perchè il canaledei Due-Mari, congiungendo il Mediterraneo all'Atlanti-co, da Narbona a Bordeaux, aveva reso inutile il lungogiro dello stretto di Gibilterra; e d'altra parte un tubometallico, costantemente percorso dai treni ad aria com-pressa, collegava la Repubblica d'Iberia (anticamenteSpagna e Portogallo) all'Algeria occidentale (antico Ma-rocco). Parigi e Cicago contenevano allora nove milionidi abitanti, Londra dieci, Nuova York dodici. Avendocontinuato la sua marcia secolare verso l'ovest, Parigi sistendeva dal confluente della Marna fino al di là di S.Germano. Soltanto pochi monumenti lasciati cadere inrovina ricordavano la Parigi del diciannovesimo e delventesimo secolo. Per non dirne che qualche aspetto, erailluminata di notte da cento lune artificiali, fari elettriciaccesi su torri alte 1000 metri; i camini ed il fumo eranoscomparsi, perchè il calore si prendeva dalla terra o dal-le sorgenti elettriche: la locomozione aerea aveva sosti-tuito le vetture primitive delle epoche barbare: non sivedeva più nelle strade nè pioggia, nè fango; tettoie divetro filato erano abbassate immediatamente alla primagocciola, e i milioni d'ombrelli antichi si trovavano convantaggio sostituiti da uno solo. Quel che oggi chiamia-mo civiltà non era che barbarie in confronto ai progressiche si erano effettuati.

Tutte le grandi città avevano progredito a scapito del-le campagne; i lavori agricoli si facevano per mezzo

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dell'elettricità; l'idrogeno era estratto dall'acqua deimari, le cadute d'acqua e le maree mandavano lontana laloro forza, che si trasformava in luce; i raggi solari im-magazzinati nell'estate venivano distribuiti durantel'inverno e le stagioni erano quasi scomparse, special-mente da quando i pozzi sotterranei portavano alla su-perfice del suolo la temperatura interna del globo, chepareva inesauribile.

Tutti gli abitanti della Terra potevano comunicare traloro telefonicamente.

Il telefonoscopio faceva conoscere immediatamentedappertutto gli avvenimenti più importanti, o i più inte-ressanti. Uno spettacolo teatrale, dato a Cicago o a Pari-gi, si ascoltava e si vedeva da qualunque parte del mon-do. Premendo un bottone elettrico, si poteva assistere, apiacere, ad una rappresentazione teatrale, scelta a volon-tà.

Un commutatore trasportava immediatamente in fon-do all'Asia, facendo apparire le baiadere di una festa diCeylan o di Calcutta. Ma non soltanto si udiva e si vede-va a distanza: il genio dell'uomo era arrivato anche a tra-smettere, per mezzo d'influenze cerebrali, la sensazionedel tatto e quella dell'olfatto. L'immagine che apparivapoteva, in certe speciali condizioni, ricostituire intera-mente l'oggetto assente.

Nel cinquantesimo secolo strumenti meravigliosi diottica, di fisica furono immaginati; una nuova sostanzasostituì il vetro e portò la scienza a resultati assoluta-

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dell'elettricità; l'idrogeno era estratto dall'acqua deimari, le cadute d'acqua e le maree mandavano lontana laloro forza, che si trasformava in luce; i raggi solari im-magazzinati nell'estate venivano distribuiti durantel'inverno e le stagioni erano quasi scomparse, special-mente da quando i pozzi sotterranei portavano alla su-perfice del suolo la temperatura interna del globo, chepareva inesauribile.

Tutti gli abitanti della Terra potevano comunicare traloro telefonicamente.

Il telefonoscopio faceva conoscere immediatamentedappertutto gli avvenimenti più importanti, o i più inte-ressanti. Uno spettacolo teatrale, dato a Cicago o a Pari-gi, si ascoltava e si vedeva da qualunque parte del mon-do. Premendo un bottone elettrico, si poteva assistere, apiacere, ad una rappresentazione teatrale, scelta a volon-tà.

Un commutatore trasportava immediatamente in fon-do all'Asia, facendo apparire le baiadere di una festa diCeylan o di Calcutta. Ma non soltanto si udiva e si vede-va a distanza: il genio dell'uomo era arrivato anche a tra-smettere, per mezzo d'influenze cerebrali, la sensazionedel tatto e quella dell'olfatto. L'immagine che apparivapoteva, in certe speciali condizioni, ricostituire intera-mente l'oggetto assente.

Nel cinquantesimo secolo strumenti meravigliosi diottica, di fisica furono immaginati; una nuova sostanzasostituì il vetro e portò la scienza a resultati assoluta-

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mente imprevisti; nuove forze naturali furono conquista-te.

Il progresso sociale aveva camminato di pari passocol progresso scientifico.

Le macchine mosse dall'elettricità si erano gradata-mente sostituite ai lavori manuali. Per gli usi quotidianidella vita, si era dovuto rinunciare ai servitori umani,perchè non ce n'era più uno che non sfruttasse in modoodioso i suoi padroni e non aggiungesse alle paghe prin-cipesche un furto organizzato in tutte le regole.

Inoltre, in tutte le città importanti, i mercati eranoscomparsi, abbandonati dai clienti, a causa delle ingiurieche questi dovevano subire dai venditori. Per questa ra-gione si era arrivati a sopprimere a poco a poco tuttigl'intermediari e ad attingere direttamente, più che fossepossibile, alle sorgenti naturali, con l'aiuto d'apparecchiautomatici, manovrati da scimmie. Non vi furono altriservitori che le scimmie addomesticate. La servitù uma-na, del resto, non poteva fare a meno di sparire come erasparita, in altri tempi, la schiavitù.

Contemporaneamente, poi, il sistema dell'alimenta-zione si era interamente trasformato. La sintesi chimicaera giunta a sostituire zuccheri, albumine, amidi, grassiestratti dall'aria, dall'acqua e dai vegetali, composizionieccellenti, in proporzioni calcolate scientificamente, dicarbonio, d'idrogeno, d'ossigeno, d'azoto, etc. e i pastipiù sontuosi non si facevano più intorno a tavole fuman-ti di pezzi d'animali sgozzati, macellati, o asfissiati,bovi, vitelli, montoni, porci, polli, pesci, uccelli, ma in

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mente imprevisti; nuove forze naturali furono conquista-te.

Il progresso sociale aveva camminato di pari passocol progresso scientifico.

Le macchine mosse dall'elettricità si erano gradata-mente sostituite ai lavori manuali. Per gli usi quotidianidella vita, si era dovuto rinunciare ai servitori umani,perchè non ce n'era più uno che non sfruttasse in modoodioso i suoi padroni e non aggiungesse alle paghe prin-cipesche un furto organizzato in tutte le regole.

Inoltre, in tutte le città importanti, i mercati eranoscomparsi, abbandonati dai clienti, a causa delle ingiurieche questi dovevano subire dai venditori. Per questa ra-gione si era arrivati a sopprimere a poco a poco tuttigl'intermediari e ad attingere direttamente, più che fossepossibile, alle sorgenti naturali, con l'aiuto d'apparecchiautomatici, manovrati da scimmie. Non vi furono altriservitori che le scimmie addomesticate. La servitù uma-na, del resto, non poteva fare a meno di sparire come erasparita, in altri tempi, la schiavitù.

Contemporaneamente, poi, il sistema dell'alimenta-zione si era interamente trasformato. La sintesi chimicaera giunta a sostituire zuccheri, albumine, amidi, grassiestratti dall'aria, dall'acqua e dai vegetali, composizionieccellenti, in proporzioni calcolate scientificamente, dicarbonio, d'idrogeno, d'ossigeno, d'azoto, etc. e i pastipiù sontuosi non si facevano più intorno a tavole fuman-ti di pezzi d'animali sgozzati, macellati, o asfissiati,bovi, vitelli, montoni, porci, polli, pesci, uccelli, ma in

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eleganti saloni, ornati di piante sempre verdi, di fiorisempre sbocciati, in mezzo ad un'atmosfera pura, che iprofumi e la musica rallegravano con le loro armonie.Gli uomini e le donne non inghiottivano con una ghiot-toneria brutale pezzi di bestie immonde, senza neppurseparare l'utile dall'inutile. Da principio le carni eranostate distillate; in seguito, poichè gli animali sono for-mati di elementi tolti al regno vegetale e al regno mine-rale, si ricorse a questi elementi. In bevande squisite, infrutta, in dolci, in pillole la bocca assorbiva i principinecessari alla riparazione dei tessuti organici, liberatadalla grossolana necessità di masticar della carne.

L'elettricità e il sole, d'altra parte, fabbricavano perpe-tuamente l'analisi e la sintesi d'aria e delle acque.

I medici erano spariti, riconosciuti inutili. Una igienerazionale, tenendo conto dei temperamenti, delle età edei sessi, avevano sostituito fin dal trentesimo secolol'antica medicina, cieca ed interessata.

Ciascuno aveva riconosciuto che studiando se stessiera superfluo e pericoloso esporre il proprio corpo aipalpamenti della medicina empirica e ai veleni farma-ceutici. Rimasero soltanto degl'igienisti per la conserva-zione della salute normale, e dei chirurghi per le lesioniaccidentali dell'organismo umano.

A partire dal sessantesimo secolo specialmente, il si-stema nervoso s'era affinato e sviluppato in modo inatte-so. Il cervello femminile era rimasto sempre un po' piùpiccolo di quello maschile ed aveva continuato a pensa-re un po' diversamente (la squisita sensibilità femminile

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eleganti saloni, ornati di piante sempre verdi, di fiorisempre sbocciati, in mezzo ad un'atmosfera pura, che iprofumi e la musica rallegravano con le loro armonie.Gli uomini e le donne non inghiottivano con una ghiot-toneria brutale pezzi di bestie immonde, senza neppurseparare l'utile dall'inutile. Da principio le carni eranostate distillate; in seguito, poichè gli animali sono for-mati di elementi tolti al regno vegetale e al regno mine-rale, si ricorse a questi elementi. In bevande squisite, infrutta, in dolci, in pillole la bocca assorbiva i principinecessari alla riparazione dei tessuti organici, liberatadalla grossolana necessità di masticar della carne.

L'elettricità e il sole, d'altra parte, fabbricavano perpe-tuamente l'analisi e la sintesi d'aria e delle acque.

I medici erano spariti, riconosciuti inutili. Una igienerazionale, tenendo conto dei temperamenti, delle età edei sessi, avevano sostituito fin dal trentesimo secolol'antica medicina, cieca ed interessata.

Ciascuno aveva riconosciuto che studiando se stessiera superfluo e pericoloso esporre il proprio corpo aipalpamenti della medicina empirica e ai veleni farma-ceutici. Rimasero soltanto degl'igienisti per la conserva-zione della salute normale, e dei chirurghi per le lesioniaccidentali dell'organismo umano.

A partire dal sessantesimo secolo specialmente, il si-stema nervoso s'era affinato e sviluppato in modo inatte-so. Il cervello femminile era rimasto sempre un po' piùpiccolo di quello maschile ed aveva continuato a pensa-re un po' diversamente (la squisita sensibilità femminile

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è subito colpita dagli apprezzamenti sentimentali, primache il ragionamento completo abbia avuto il tempo diformarsi nelle cellule più profonde) e la testa della don-na era restata più piccola, con la fronte meno ampia, macosì elegantemente sorretta da un collo di leggiadrasveltezza e staccata con tanta grazia dalle spalle e dalbusto armonioso, che più che mai otteneva l'ammirazio-ne dell'uomo. Benchè, in confronto alla testa maschilefosse rimasta più piccola, pure era cresciuta, con l'eser-cizio delle facoltà intellettuali: ma sopra tutto le circon-voluzioni cerebrali erano divenute più numerose e pro-fonde, tanto sotto i crani femminili che sotto quelli ma-schili. In complesso, la testa era ingrossata; il corpo in-vece era diminuito: non c'erano più giganti.

Quattro cause permanenti avevano contributo a modi-ficare insensibilmente la forma umana: lo sviluppo dellefacoltà intellettuali e del cervello, la diminuzione dei la-vori manuali e degli esercizi corporali, la trasformazionedel sistema di alimentazione e la scelta dei fidanzati. Laprima aveva avuto per effetto di accrescere il cranio inproporzione del resto del corpo: la seconda aveva dimi-nuito la forza delle gambe e delle braccia; la terzal'ampiezza del ventre; e aveva rimpiccolito, affinato, ar-rotondito i denti; la quarta tendeva piuttosto a perpetua-re le forme classiche della bellezza umana, la staturamaschile, la nobiltà del viso, alzato al cielo, le curve sal-de e graziose della donna.

Verso il centesimo secolo della nostra èra, non si ebbeche una sola razza molto piccola, bianca, nella quale gli

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è subito colpita dagli apprezzamenti sentimentali, primache il ragionamento completo abbia avuto il tempo diformarsi nelle cellule più profonde) e la testa della don-na era restata più piccola, con la fronte meno ampia, macosì elegantemente sorretta da un collo di leggiadrasveltezza e staccata con tanta grazia dalle spalle e dalbusto armonioso, che più che mai otteneva l'ammirazio-ne dell'uomo. Benchè, in confronto alla testa maschilefosse rimasta più piccola, pure era cresciuta, con l'eser-cizio delle facoltà intellettuali: ma sopra tutto le circon-voluzioni cerebrali erano divenute più numerose e pro-fonde, tanto sotto i crani femminili che sotto quelli ma-schili. In complesso, la testa era ingrossata; il corpo in-vece era diminuito: non c'erano più giganti.

Quattro cause permanenti avevano contributo a modi-ficare insensibilmente la forma umana: lo sviluppo dellefacoltà intellettuali e del cervello, la diminuzione dei la-vori manuali e degli esercizi corporali, la trasformazionedel sistema di alimentazione e la scelta dei fidanzati. Laprima aveva avuto per effetto di accrescere il cranio inproporzione del resto del corpo: la seconda aveva dimi-nuito la forza delle gambe e delle braccia; la terzal'ampiezza del ventre; e aveva rimpiccolito, affinato, ar-rotondito i denti; la quarta tendeva piuttosto a perpetua-re le forme classiche della bellezza umana, la staturamaschile, la nobiltà del viso, alzato al cielo, le curve sal-de e graziose della donna.

Verso il centesimo secolo della nostra èra, non si ebbeche una sola razza molto piccola, bianca, nella quale gli

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antropologi avrebbero forse potuto ritrovare qualchetraccia della razza anglo-sassone e della razza cinese.

Nessun'altra razza venne a sostituire la nostra e a do-minarla. Quando i poeti avevano annunziato che l'uomoavrebbe finito, col progresso meraviglioso di tutte lecose, per mettere le ali e volare nell'aria con la sua solaforza muscolare, non avevano studiato le origini dellastruttura antropomorfica: non avevano pensato che, peravere insieme braccia ed ali, l'uomo avrebbe dovuto ap-partenere ad un ordine zoologico di sestupedi, che nonesiste sul nostro pianeta, mentre egli è tra i quadrupedi,il cui tipo si è a poco a poco trasformato. Ma se l'uomonon aveva acquistato nuovi organi naturali, ne aveva ac-quistati di artificiali. Sapeva sopra tutto dirigersi a vo-lontà nell'aria, librarsi nelle altezze celesti, con l'aiuto dileggeri apparecchi, mossi dall'elettricità, e l'atmosferaera divenuta il suo regno, come per gli uccelli. È moltoprobabile che se una razza di grandi volatori avesse po-tuto, sviluppando nei secoli le sue facoltà di osservazio-ne, acquistare un cervello simile a quello dell'uomo an-che più primitivo, non avrebbe tardato a dominare laspecie umana e a sostituire alla nostra una nuova razza.Ma poichè per la grande forza della gravità terrestre lerazze alate non avrebbero mai potuto acquistare uno svi-luppo simile, l'umanità, perfezionata, era rimasta la so-vrana del mondo.

Verso il ducentesimo secolo, la specie umana cessò disomigliare fisicamente alle scimmie, e moralmente aglianimali carnivori.

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antropologi avrebbero forse potuto ritrovare qualchetraccia della razza anglo-sassone e della razza cinese.

Nessun'altra razza venne a sostituire la nostra e a do-minarla. Quando i poeti avevano annunziato che l'uomoavrebbe finito, col progresso meraviglioso di tutte lecose, per mettere le ali e volare nell'aria con la sua solaforza muscolare, non avevano studiato le origini dellastruttura antropomorfica: non avevano pensato che, peravere insieme braccia ed ali, l'uomo avrebbe dovuto ap-partenere ad un ordine zoologico di sestupedi, che nonesiste sul nostro pianeta, mentre egli è tra i quadrupedi,il cui tipo si è a poco a poco trasformato. Ma se l'uomonon aveva acquistato nuovi organi naturali, ne aveva ac-quistati di artificiali. Sapeva sopra tutto dirigersi a vo-lontà nell'aria, librarsi nelle altezze celesti, con l'aiuto dileggeri apparecchi, mossi dall'elettricità, e l'atmosferaera divenuta il suo regno, come per gli uccelli. È moltoprobabile che se una razza di grandi volatori avesse po-tuto, sviluppando nei secoli le sue facoltà di osservazio-ne, acquistare un cervello simile a quello dell'uomo an-che più primitivo, non avrebbe tardato a dominare laspecie umana e a sostituire alla nostra una nuova razza.Ma poichè per la grande forza della gravità terrestre lerazze alate non avrebbero mai potuto acquistare uno svi-luppo simile, l'umanità, perfezionata, era rimasta la so-vrana del mondo.

Verso il ducentesimo secolo, la specie umana cessò disomigliare fisicamente alle scimmie, e moralmente aglianimali carnivori.

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Tutte le divisioni nazionali delle epoche primitiveerano successivamente scomparse, dopo grandi oscilla-zioni. L'Europa, una volta pacificata, aveva dovuto subi-re l'inondazione asiatica; finchè vi erano stati dei barba-ri, le varie civiltà erano state una alla volta schiacciatedalla brutalità, perchè i popoli arrivati al benessere allasicurezza, alla ricchezza, all'intellettualità, al sapere,cessano di concepire le divisioni nazionali, perdono ilsentimento di patria e soccombono sotto l'invasione deivicini, ancora barbari. Così fu dell'Egitto, della Persia,della Grecia, di Roma, della Francia, dell'Europa intiera;prima gli Slavi, poi i Cinesi avevano dominato. Ma colprogresso generale nei secoli, le civiltà erano risorte,sempre un po' più elevate e più forti, e i barbari avevanofinito per scomparire interamente dalla superfice delglobo. Scomparsa la forza brutale, l'umanità s'era idea-lizzata e aveva cominciato a vivere intellettualmente.

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Tutte le divisioni nazionali delle epoche primitiveerano successivamente scomparse, dopo grandi oscilla-zioni. L'Europa, una volta pacificata, aveva dovuto subi-re l'inondazione asiatica; finchè vi erano stati dei barba-ri, le varie civiltà erano state una alla volta schiacciatedalla brutalità, perchè i popoli arrivati al benessere allasicurezza, alla ricchezza, all'intellettualità, al sapere,cessano di concepire le divisioni nazionali, perdono ilsentimento di patria e soccombono sotto l'invasione deivicini, ancora barbari. Così fu dell'Egitto, della Persia,della Grecia, di Roma, della Francia, dell'Europa intiera;prima gli Slavi, poi i Cinesi avevano dominato. Ma colprogresso generale nei secoli, le civiltà erano risorte,sempre un po' più elevate e più forti, e i barbari avevanofinito per scomparire interamente dalla superfice delglobo. Scomparsa la forza brutale, l'umanità s'era idea-lizzata e aveva cominciato a vivere intellettualmente.

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CAPITOLO II.LE METAMORFOSI.

«Vidi ego, quod fuerat quondam solidissima tellus.Esse fretum: vidi fractas ex aequore terras.Et procul a pelago conchaee jacuere marinaeEt vetus inventa est in montibus anchora summis».

OVIDIUS, Metamorph. XV, 262.

È nota la leggenda dell'arabo di Kuzwini, raccontatada un viaggiatore del tredicesimo secolo, che non avevaalcuna idea della durata delle varie epoche delle natura.

«Passando un giorno – egli disse – da una città anti-chissima e di prodigiosa popolazione, domandai ad unodei suoi abitanti da quanto tempo fosse stata fondata.

— È davvero – quegli mi rispose – una città potente,ma noi non sappiamo da quando esista e i nostri antena-ti, su questo punto, erano ignoranti come noi».

Cinque secoli dopo ripassai dallo stesso luogo, e nonvidi alcuna traccia di quella città. Domandai a un conta-dino, occupato a cogliere delle erbe nel luogo dove unavolta la città sorgeva, da quanto tempo fosse stata di-strutta.

«Ecco, mi disse, una strana domanda davvero: questoterreno è stato sempre come ora».

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CAPITOLO II.LE METAMORFOSI.

«Vidi ego, quod fuerat quondam solidissima tellus.Esse fretum: vidi fractas ex aequore terras.Et procul a pelago conchaee jacuere marinaeEt vetus inventa est in montibus anchora summis».

OVIDIUS, Metamorph. XV, 262.

È nota la leggenda dell'arabo di Kuzwini, raccontatada un viaggiatore del tredicesimo secolo, che non avevaalcuna idea della durata delle varie epoche delle natura.

«Passando un giorno – egli disse – da una città anti-chissima e di prodigiosa popolazione, domandai ad unodei suoi abitanti da quanto tempo fosse stata fondata.

— È davvero – quegli mi rispose – una città potente,ma noi non sappiamo da quando esista e i nostri antena-ti, su questo punto, erano ignoranti come noi».

Cinque secoli dopo ripassai dallo stesso luogo, e nonvidi alcuna traccia di quella città. Domandai a un conta-dino, occupato a cogliere delle erbe nel luogo dove unavolta la città sorgeva, da quanto tempo fosse stata di-strutta.

«Ecco, mi disse, una strana domanda davvero: questoterreno è stato sempre come ora».

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«Ma non vi fu qui anticamente – replicai io – unasplendida città?».

«Mai – mi rispose – per quello almeno che noi abbia-mo visto; e i nostri padri stessi non ci hanno mai parlatodi nulla di simile».

«Ritornando cinquecento anni dopo, in quegli stessiluoghi, li trovai occupati dal mare: sulla spiaggia stavaun gruppo di pescatori, a cui io domandai da quandoquella terra era coperta dalle acque.

«È una domanda – mi dissero – che un uomo comevoi dovrebbe fare? Questo luogo è stato sempre comeoggi».

Dopo cinquecento anni vi tornai ancora e il mare erascomparso; m'informai da un uomo che incontrai solo inquel luogo, da quanto tempo era avvenuto quel cambia-mento, e mi rispose come gli altri.

Infine, dopo altrettanto tempo, vi ritornai per un'ulti-ma volta e vi trovai una città fiorente, più popolata e piùricca di monumenti della prima che avevo visitato; equando volli essere informato della sua origine, gli abi-tanti mi risposero: «La data della sua fondazione si per-de nell'antichità più remota: noi non sappiamo da quan-do esista e i nostri padri, a questo riguardo, non ne sape-vano più di noi».

Non è in questa leggenda l'immagine della brevitàdella memoria umana e della ristrettezza dei nostri oriz-zonti, così nel tempo come nello spazio?

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«Ma non vi fu qui anticamente – replicai io – unasplendida città?».

«Mai – mi rispose – per quello almeno che noi abbia-mo visto; e i nostri padri stessi non ci hanno mai parlatodi nulla di simile».

«Ritornando cinquecento anni dopo, in quegli stessiluoghi, li trovai occupati dal mare: sulla spiaggia stavaun gruppo di pescatori, a cui io domandai da quandoquella terra era coperta dalle acque.

«È una domanda – mi dissero – che un uomo comevoi dovrebbe fare? Questo luogo è stato sempre comeoggi».

Dopo cinquecento anni vi tornai ancora e il mare erascomparso; m'informai da un uomo che incontrai solo inquel luogo, da quanto tempo era avvenuto quel cambia-mento, e mi rispose come gli altri.

Infine, dopo altrettanto tempo, vi ritornai per un'ulti-ma volta e vi trovai una città fiorente, più popolata e piùricca di monumenti della prima che avevo visitato; equando volli essere informato della sua origine, gli abi-tanti mi risposero: «La data della sua fondazione si per-de nell'antichità più remota: noi non sappiamo da quan-do esista e i nostri padri, a questo riguardo, non ne sape-vano più di noi».

Non è in questa leggenda l'immagine della brevitàdella memoria umana e della ristrettezza dei nostri oriz-zonti, così nel tempo come nello spazio?

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Fig. 7. – Inesorabilmente la cometa avanzava.

Fig. 8. – Il suolo si livellò, poi le acque diminuirono.

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Fig. 7. – Inesorabilmente la cometa avanzava.

Fig. 8. – Il suolo si livellò, poi le acque diminuirono.

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Noi incliniamo a credere che la Terra sia stata semprecome ora; soltanto difficilmente possiamo rappresentar-ci le trasformazioni secolari che essa ha subito; l'esten-sione di questi tempi ci opprime, come, in astronomia,la grandezza dello spazio.

Pure tutto cambia, si trasforma, muta aspetto. Venneil giorno in cui Parigi, questo centro di attrazione di tut-te le nazioni, vide impallidir la sua luce e cessò di esserel'astro del mondo.

Dopo la fusione degli Stati-Uniti d'Europa in una solaconfederazione, la Repubblica russa aveva formato, daPietroburgo a Costantinopoli una specie di barriera allosviluppo dell'emigrazione chinese, che aveva già fonda-to città popolose sulle rive del mar Caspio. Ma le anti-che nazionalità erano scomparse col progresso. Poichèle bandiere europee, francese, inglese, tedesca, italiana,iberica si erano consunte e lacerate, tutte per le stessecause, poichè le comunicazioni da est ad ovest, fral'Europa e l'America, erano divenute sempre più facili,ed il mare non era più un ostacolo al cammino dell'uma-nità, conforme a quello del Sole, l'attività industriale-aveva preferito ai territorî esausti dell'Europa occidenta-le le nuove terre del vasto continente americano; e giànel venticinquesimo secolo il focolare della civiltà bril-lava sulle rive del lago Michigan, in una nuova Atene dinove milioni d'abitanti, come Parigi. Ma col tempo l'ele-gante capitale francese non aveva tardato a seguirel'esempio delle sue sorelle maggiori, Roma, Atene,

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Noi incliniamo a credere che la Terra sia stata semprecome ora; soltanto difficilmente possiamo rappresentar-ci le trasformazioni secolari che essa ha subito; l'esten-sione di questi tempi ci opprime, come, in astronomia,la grandezza dello spazio.

Pure tutto cambia, si trasforma, muta aspetto. Venneil giorno in cui Parigi, questo centro di attrazione di tut-te le nazioni, vide impallidir la sua luce e cessò di esserel'astro del mondo.

Dopo la fusione degli Stati-Uniti d'Europa in una solaconfederazione, la Repubblica russa aveva formato, daPietroburgo a Costantinopoli una specie di barriera allosviluppo dell'emigrazione chinese, che aveva già fonda-to città popolose sulle rive del mar Caspio. Ma le anti-che nazionalità erano scomparse col progresso. Poichèle bandiere europee, francese, inglese, tedesca, italiana,iberica si erano consunte e lacerate, tutte per le stessecause, poichè le comunicazioni da est ad ovest, fral'Europa e l'America, erano divenute sempre più facili,ed il mare non era più un ostacolo al cammino dell'uma-nità, conforme a quello del Sole, l'attività industriale-aveva preferito ai territorî esausti dell'Europa occidenta-le le nuove terre del vasto continente americano; e giànel venticinquesimo secolo il focolare della civiltà bril-lava sulle rive del lago Michigan, in una nuova Atene dinove milioni d'abitanti, come Parigi. Ma col tempo l'ele-gante capitale francese non aveva tardato a seguirel'esempio delle sue sorelle maggiori, Roma, Atene,

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Menfi, Tebe, Ninive, Babilonia. Le grandi ricchezze, lerisorse di ogni genere, le vere attrattive erano altrove.

L'Iberia, l'Italia, la Francia, a poco a poco andate indecadenza, avevano visto distendersi la solitudine sullerovine delle antiche città. Lisbona era scomparsa, sottole onde: Madrid, Roma, Napoli, Firenze erano cadute inrovina: Parigi, Lione, Marsiglia avevano seguito, un po'più tardi, la loro stessa sorte. I tipi e le favelle umaneavevano subito una tale trasformazione che sarebbe sta-to impossibile all'etnologo o al filologo trovare qualchecosa del passato. Da molto tempo non si parlava più nèfrancese, nè inglese, nè tedesco, nè italiano, nè spagno-lo, nè portoghese; l'Europa aveva emigrato al di làdell'Atlantico e l'Asia aveva emigrato in Europa. I Cine-si, in numero d'un miliardo, avevano invaso a poco apoco tutta l'Europa occidentale; mescolati alla razza an-glosassone, avevano, in certo modo, formato una nuovarazza umana. La loro capitale principale si era distesa,come una via interminabile, da una parte e dall'altra delcanale dei Due-Mari, da Bordeaux a Tolosa e a Narbo-na. Le cause per cui era sorta Lutezia nell'isola dellaSenna e si era gradatamente andata sviluppando la cittàdei Parigini fino agli splendori del venticinquesimo se-colo, non esistevano più, e Parigi era morta collo spariredelle cause che l'avevano fatta fiorire e risplendere. Ilcommercio si era impadronito del Mediterraneo e dellegrandi linee oceaniche, e il canale dei Due-Mari era di-venuto l'emporio del mondo.

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Menfi, Tebe, Ninive, Babilonia. Le grandi ricchezze, lerisorse di ogni genere, le vere attrattive erano altrove.

L'Iberia, l'Italia, la Francia, a poco a poco andate indecadenza, avevano visto distendersi la solitudine sullerovine delle antiche città. Lisbona era scomparsa, sottole onde: Madrid, Roma, Napoli, Firenze erano cadute inrovina: Parigi, Lione, Marsiglia avevano seguito, un po'più tardi, la loro stessa sorte. I tipi e le favelle umaneavevano subito una tale trasformazione che sarebbe sta-to impossibile all'etnologo o al filologo trovare qualchecosa del passato. Da molto tempo non si parlava più nèfrancese, nè inglese, nè tedesco, nè italiano, nè spagno-lo, nè portoghese; l'Europa aveva emigrato al di làdell'Atlantico e l'Asia aveva emigrato in Europa. I Cine-si, in numero d'un miliardo, avevano invaso a poco apoco tutta l'Europa occidentale; mescolati alla razza an-glosassone, avevano, in certo modo, formato una nuovarazza umana. La loro capitale principale si era distesa,come una via interminabile, da una parte e dall'altra delcanale dei Due-Mari, da Bordeaux a Tolosa e a Narbo-na. Le cause per cui era sorta Lutezia nell'isola dellaSenna e si era gradatamente andata sviluppando la cittàdei Parigini fino agli splendori del venticinquesimo se-colo, non esistevano più, e Parigi era morta collo spariredelle cause che l'avevano fatta fiorire e risplendere. Ilcommercio si era impadronito del Mediterraneo e dellegrandi linee oceaniche, e il canale dei Due-Mari era di-venuto l'emporio del mondo.

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Le nazioni che chiamiamo moderne erano decadutecome le antiche. Dopo aver vissuto circa due mila annid'una vita tutta sua, la Francia era sparita nel ventottesi-mo secolo, fondendosi nello stato europeo, e lo stessoera successo della Germania nel trentaduesimo edell'Italia nel ventinovesimo: l'Inghilterra si era sparsasulla superficie dell'oceano. L'antica Europa offriva agliocchi e alla mente i medesimi spettacoli delle pianuredell'Assiria, della Caldea, dell'Egitto e della Grecia. Al-tri tempi, altri uomini. Esseri nuovi popolarono le anti-che città. Così, ai nostri giorni, Roma e Atene vivono

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Villaggi della Zelanda sommersi nel secolodecimoquinto.

Le nazioni che chiamiamo moderne erano decadutecome le antiche. Dopo aver vissuto circa due mila annid'una vita tutta sua, la Francia era sparita nel ventottesi-mo secolo, fondendosi nello stato europeo, e lo stessoera successo della Germania nel trentaduesimo edell'Italia nel ventinovesimo: l'Inghilterra si era sparsasulla superficie dell'oceano. L'antica Europa offriva agliocchi e alla mente i medesimi spettacoli delle pianuredell'Assiria, della Caldea, dell'Egitto e della Grecia. Al-tri tempi, altri uomini. Esseri nuovi popolarono le anti-che città. Così, ai nostri giorni, Roma e Atene vivono

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Villaggi della Zelanda sommersi nel secolodecimoquinto.

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ancora: ma da lungo tempo i Romani e i Greci sonoscomparsi dalla faccia del mondo.

Le rive del sud e dell'ovest dell'antica Francia eranostate protette, per mezzo di dighe, dall'invasione delmare; ma il nord-ovest e il nord, essendo stati trascuratiper l'affluire delle popolazioni a sud e a sud-ovest,l'abbassamento lento e continuo delle rive continentali,osservato fin dall'epoca di Cesare, aveva fatto discende-re le antiche pianure al disotto del livello del mare el'Oceano, continuando ad allargare la Manica e a roderele scogliere, dall'Havre fino alla punta dell'Helder, le di-ghe olandesi non ressero più, ed il mare aveva invaso iPaesi Bassi, il Belgio e il Nord della Francia. Amster-dam, Utrecht, Rotterdam, Anversa, Bruxelles, Lilla,Amiens, Rouen, erano state sommerse dalle acque e lenavi avevano galleggiato sopra le loro rovine.

Parigi stessa, dopo essere stata a lungo porto di maree spiaggia marittima, aveva visto salire le acque finoall'altezza delle antiche torri di Nôtre-Dame, aveva vistocoperta dalle onde agitate tutta la famosa pianura su cuiper tanto tempo si erano svolti i più brillanti destini delmondo. Era accaduto per la Francia ciò che in altri tem-pi era stato per la Zelanda, dove per molto tempo si vi-dero galleggiare, sui flutti, le rovine dei villaggi inghiot-titi dal mare13.

13 Nel diciannovesimo secolo, gli studî degli storici della na-tura avevano scoperto le oscillazioni verticali secolari della crostaterrestre, varie a seconda delle regioni, e avevano constatato illento abbassamento del suolo occidentale e settentrionale della

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ancora: ma da lungo tempo i Romani e i Greci sonoscomparsi dalla faccia del mondo.

Le rive del sud e dell'ovest dell'antica Francia eranostate protette, per mezzo di dighe, dall'invasione delmare; ma il nord-ovest e il nord, essendo stati trascuratiper l'affluire delle popolazioni a sud e a sud-ovest,l'abbassamento lento e continuo delle rive continentali,osservato fin dall'epoca di Cesare, aveva fatto discende-re le antiche pianure al disotto del livello del mare el'Oceano, continuando ad allargare la Manica e a roderele scogliere, dall'Havre fino alla punta dell'Helder, le di-ghe olandesi non ressero più, ed il mare aveva invaso iPaesi Bassi, il Belgio e il Nord della Francia. Amster-dam, Utrecht, Rotterdam, Anversa, Bruxelles, Lilla,Amiens, Rouen, erano state sommerse dalle acque e lenavi avevano galleggiato sopra le loro rovine.

Parigi stessa, dopo essere stata a lungo porto di maree spiaggia marittima, aveva visto salire le acque finoall'altezza delle antiche torri di Nôtre-Dame, aveva vistocoperta dalle onde agitate tutta la famosa pianura su cuiper tanto tempo si erano svolti i più brillanti destini delmondo. Era accaduto per la Francia ciò che in altri tem-pi era stato per la Zelanda, dove per molto tempo si vi-dero galleggiare, sui flutti, le rovine dei villaggi inghiot-titi dal mare13.

13 Nel diciannovesimo secolo, gli studî degli storici della na-tura avevano scoperto le oscillazioni verticali secolari della crostaterrestre, varie a seconda delle regioni, e avevano constatato illento abbassamento del suolo occidentale e settentrionale della

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Sì, Parigi, la bella Parigi, l'antica e gloriosa città nonera che un mucchio di rovine. Il suolo dell'Europa, spe-cialmente all'ovest, al nord-ovest e al nord, si era insen-sibilmente abbassato, 30 centimetri al secolo in media,ed il mare aveva roso gli scogli, avanzandosi di circa tremetri al secolo nel posto delle terre disgregate dalle ac-que. La carta della Francia era a poco a poco cambiata.L'abbassamento era stato di 3 metri in mille anni, di 24metri in ottomila anni, e poichè il livello della Senna aParigi non è che di 25 metri su quello del mare, le gran-di maree avevano roso con le loro ondate le banchine diParigi, porto di mare a piè delle scogliere di S. Germa-no.

Francia e l'invasione progressiva del mare, dal principio delle tra-dizioni storiche. Si era visto il mare distaccar successivamente dalcontinente le isole di Jersey, dei Minquiers, di Chausey, degliEcrehous, di Cézembre, di Mont-Saint-Michel ed inghiottire lecittà d'Is, d'Hélion, di Tommen, di Portzmeur, di Harbour, diSaint-Louis, Monnij, Bourgneuf, la Feillette, Paluel, Nazado, e lapenisola Armoricana ritirarsi lentamente davanti all'invasione deiflutti. Di secolo in secolo, l'ora del diluvio oceanico aveva suona-to per Herbavilla, ad ovest di Nantes; per Saint-Denis-Chef-de-Caux, a nord dell'Havre: per Saint-Etienne-de-Paluel e Gardoine,a nord di Dol; per Tolente, ad ovest di Brest; per Porspican, vici-na a Cancale; più di ottanta luoghi abitati dell'Olanda erano statiinghiottiti nel quindicesimo secolo, etc. etc. In altre regioni, ilcambiamento era avvenuto in senso contrario ed il mare si era ri-tirato. Ma ad ovest e a nord di Parigi la doppia azione del lentoabbassamento del suolo e dell'inclinazione delle rive, aveva inotto mila anni portato il mare a Parigi, con una quantità d'acquanavigabile, sufficente alle navi di maggior tonnellaggio.

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Sì, Parigi, la bella Parigi, l'antica e gloriosa città nonera che un mucchio di rovine. Il suolo dell'Europa, spe-cialmente all'ovest, al nord-ovest e al nord, si era insen-sibilmente abbassato, 30 centimetri al secolo in media,ed il mare aveva roso gli scogli, avanzandosi di circa tremetri al secolo nel posto delle terre disgregate dalle ac-que. La carta della Francia era a poco a poco cambiata.L'abbassamento era stato di 3 metri in mille anni, di 24metri in ottomila anni, e poichè il livello della Senna aParigi non è che di 25 metri su quello del mare, le gran-di maree avevano roso con le loro ondate le banchine diParigi, porto di mare a piè delle scogliere di S. Germa-no.

Francia e l'invasione progressiva del mare, dal principio delle tra-dizioni storiche. Si era visto il mare distaccar successivamente dalcontinente le isole di Jersey, dei Minquiers, di Chausey, degliEcrehous, di Cézembre, di Mont-Saint-Michel ed inghiottire lecittà d'Is, d'Hélion, di Tommen, di Portzmeur, di Harbour, diSaint-Louis, Monnij, Bourgneuf, la Feillette, Paluel, Nazado, e lapenisola Armoricana ritirarsi lentamente davanti all'invasione deiflutti. Di secolo in secolo, l'ora del diluvio oceanico aveva suona-to per Herbavilla, ad ovest di Nantes; per Saint-Denis-Chef-de-Caux, a nord dell'Havre: per Saint-Etienne-de-Paluel e Gardoine,a nord di Dol; per Tolente, ad ovest di Brest; per Porspican, vici-na a Cancale; più di ottanta luoghi abitati dell'Olanda erano statiinghiottiti nel quindicesimo secolo, etc. etc. In altre regioni, ilcambiamento era avvenuto in senso contrario ed il mare si era ri-tirato. Ma ad ovest e a nord di Parigi la doppia azione del lentoabbassamento del suolo e dell'inclinazione delle rive, aveva inotto mila anni portato il mare a Parigi, con una quantità d'acquanavigabile, sufficente alle navi di maggior tonnellaggio.

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Contemporaneamente, l'erosione del continente pro-dotta dal mare, aveva sottratto 24 chilometri di coste.

Il logoramento delle montagne a causa delle piogge,dei ruscelli, dei torrenti aveva, in otto mila anni, un po'diminuito il rilievo dei continenti (di 56 centimetri sol-tanto). Ma il livello del mare non si era alzato per questaragione, perchè la quantità d'acqua era diminuita press'apoco nella stessa proporzione.

Dopo circa altrettanto tempo, diciassette mila anni,l'abbassamento era stato di 50 metri. Parigi, che era stataa poco a poco abbandonata, aveva finito coll'esserecompletamente sommersa. Il viaggiatore, errando sullerovine sparse sui colli, cercava il posto del Louvre, delleTuileries, dell'Istituto, di tutte le antiche glorie dellamorta capitale.

È curioso vedere quale variazione geografica portauna piccola differenza di livello.

Tracciamo due carte di Francia: una col suolo più alto50 metri di quello che è ora, come fu in altri tempi;un'altra con un abbassamento di suolo corrispondente,come sembra che dovrà essere in avvenire, e confrontia-mole. Quale trasformazione!

Tutte le rive dell'antica Francia si erano trasformatequasi in penisole. L'asse della provincia degli Stati Unitid'Europa che teneva il luogo del popolo francese scom-parso, era geograficamente tracciato da Colonia al cana-le dei Due Mari. Da allora Parigi, e la Francia, furonodel tutto scancellate dalla storia del nostro pianeta.L'Olanda, il Belgio, una parte del nord della Francia era-

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Contemporaneamente, l'erosione del continente pro-dotta dal mare, aveva sottratto 24 chilometri di coste.

Il logoramento delle montagne a causa delle piogge,dei ruscelli, dei torrenti aveva, in otto mila anni, un po'diminuito il rilievo dei continenti (di 56 centimetri sol-tanto). Ma il livello del mare non si era alzato per questaragione, perchè la quantità d'acqua era diminuita press'apoco nella stessa proporzione.

Dopo circa altrettanto tempo, diciassette mila anni,l'abbassamento era stato di 50 metri. Parigi, che era stataa poco a poco abbandonata, aveva finito coll'esserecompletamente sommersa. Il viaggiatore, errando sullerovine sparse sui colli, cercava il posto del Louvre, delleTuileries, dell'Istituto, di tutte le antiche glorie dellamorta capitale.

È curioso vedere quale variazione geografica portauna piccola differenza di livello.

Tracciamo due carte di Francia: una col suolo più alto50 metri di quello che è ora, come fu in altri tempi;un'altra con un abbassamento di suolo corrispondente,come sembra che dovrà essere in avvenire, e confrontia-mole. Quale trasformazione!

Tutte le rive dell'antica Francia si erano trasformatequasi in penisole. L'asse della provincia degli Stati Unitid'Europa che teneva il luogo del popolo francese scom-parso, era geograficamente tracciato da Colonia al cana-le dei Due Mari. Da allora Parigi, e la Francia, furonodel tutto scancellate dalla storia del nostro pianeta.L'Olanda, il Belgio, una parte del nord della Francia era-

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no interamente sommerse; Amsterdam, Rotterdam, An-versa, Lilla, erano sott'acqua; il mare arrivava a Londrada molto tempo. La piccola Bretagna era un'isola.

L'aspetto geografico della Francia, dell'Europa e dellaTerra intera si era modificato nel corso dei secoli. I mariavevano preso il posto dei continenti e nuovi depositi infondo alle acque ricoprivano le età scomparse, forman-do nuovi giacimenti geologici. D'altra parte, i continentiavevano preso il posto dei mari.

Alle Bocche-del-Rodano, per esempio, la terra fermache da principio aveva guadagnato sul mare, tuttal'estensione da Arles alla riva, aveva continuato adestendersi verso sud: in Italia, le alluvioni del Po aveva-no continuato ad avanzarsi nell'Adriatico, come quelledel Nilo, del Tevere e di molti fiumi più recenti nel Me-diterraneo. D'altra parte, dune e cordoni littoranei ave-vano accresciuto in proporzioni variabili il dominio del-la terra ferma: l'aspetto dei continenti e dei mari eracambiato al punto che era impossibile riconoscere le an-tiche carte geografiche della storia.

Non è più a periodi di cinque secoli ciascuno che lostorico delle epoche della natura deve contare, comel'Arabo del tredicesimo secolo, di cui poco fa abbiamoriferito la leggenda: il decuplo di questo periodo bastaappena per modificare sensibilmente le configurazionidella terra, perchè cinque mila anni sono un'inezia ri-spetto all'oceano delle età. Bisogna contare a diecine dimigliaia d'anni, per vedere l'insieme dei continenti di-scesi nel fondo delle acque e terre nuove emerse alla

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no interamente sommerse; Amsterdam, Rotterdam, An-versa, Lilla, erano sott'acqua; il mare arrivava a Londrada molto tempo. La piccola Bretagna era un'isola.

L'aspetto geografico della Francia, dell'Europa e dellaTerra intera si era modificato nel corso dei secoli. I mariavevano preso il posto dei continenti e nuovi depositi infondo alle acque ricoprivano le età scomparse, forman-do nuovi giacimenti geologici. D'altra parte, i continentiavevano preso il posto dei mari.

Alle Bocche-del-Rodano, per esempio, la terra fermache da principio aveva guadagnato sul mare, tuttal'estensione da Arles alla riva, aveva continuato adestendersi verso sud: in Italia, le alluvioni del Po aveva-no continuato ad avanzarsi nell'Adriatico, come quelledel Nilo, del Tevere e di molti fiumi più recenti nel Me-diterraneo. D'altra parte, dune e cordoni littoranei ave-vano accresciuto in proporzioni variabili il dominio del-la terra ferma: l'aspetto dei continenti e dei mari eracambiato al punto che era impossibile riconoscere le an-tiche carte geografiche della storia.

Non è più a periodi di cinque secoli ciascuno che lostorico delle epoche della natura deve contare, comel'Arabo del tredicesimo secolo, di cui poco fa abbiamoriferito la leggenda: il decuplo di questo periodo bastaappena per modificare sensibilmente le configurazionidella terra, perchè cinque mila anni sono un'inezia ri-spetto all'oceano delle età. Bisogna contare a diecine dimigliaia d'anni, per vedere l'insieme dei continenti di-scesi nel fondo delle acque e terre nuove emerse alla

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luce del sole, in seguito ai cambiamenti, avvenuti nei se-coli, del livello della superficie terrestre il cui spessore e

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Carta della Francia a un livello di 50 metri più elevato cheai nostri giorni.

luce del sole, in seguito ai cambiamenti, avvenuti nei se-coli, del livello della superficie terrestre il cui spessore e

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Carta della Francia a un livello di 50 metri più elevato cheai nostri giorni.

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la cui densità variano secondo le regioni e il cui peso sulnucleo planetario ancora plastico e mobile, fa oscillare

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Carta della Francia a un livello di 50 metri più basso che ainostri giorni.

la cui densità variano secondo le regioni e il cui peso sulnucleo planetario ancora plastico e mobile, fa oscillare

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Carta della Francia a un livello di 50 metri più basso che ainostri giorni.

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le più vaste regioni. Una leggera variazione d'equilibrio,un movimento di basculla insignificante, di meno di 100metri, spesso, sui 12.000 chilometri di diametro del glo-bo, basta a trasformare la faccia del mondo.

E, se noi esaminiamo nel suo insieme la storia dellaTerra, non a periodi di dieci, venti o trenta mila anni, madi centomila, per esempio, constatiamo che in una dieci-na di queste grandi epoche, cioè in un milione d'anni, lasuperficie del globo è stata molte volte trasformata, spe-cialmente in certe regioni di attività degli agenti internied esterni.

Inoltrandoci di uno o due milioni di anni nell'avveni-re, assistiamo ad un flusso e riflusso prodigioso degli es-seri e delle cose.

Quante volte, in questo corso di dieci o ventimila se-coli, quante volte le onde del mare sono venute a rove-sciarsi sulle antiche città umane! Quante volte la terraferma è uscita di nuovo, vergine e rigenerata, dagli abis-si dell'oceano! Queste variazioni erano avvenute in ad-dietro per brusche rivoluzioni e sprofondamenti del suo-lo, spostamenti di livello, rottura delle dighe naturali,terremoti, convulsioni del terreno, eruzioni vulcaniche,sollevamenti di montagne, nelle epoche primitive, in cuiil pianeta ancora caldo e liquido era ricoperto, esterior-mente, da una sola debole scorza ghiacciata sopra unoceano ardente. Poi le trasformazioni erano state lente,di mano in mano che questa crosta superficiale era dive-nuta più spessa e più solida: la contrazione graduale delglobo aveva prodotto la formazione di vuoti sotto l'invo-

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le più vaste regioni. Una leggera variazione d'equilibrio,un movimento di basculla insignificante, di meno di 100metri, spesso, sui 12.000 chilometri di diametro del glo-bo, basta a trasformare la faccia del mondo.

E, se noi esaminiamo nel suo insieme la storia dellaTerra, non a periodi di dieci, venti o trenta mila anni, madi centomila, per esempio, constatiamo che in una dieci-na di queste grandi epoche, cioè in un milione d'anni, lasuperficie del globo è stata molte volte trasformata, spe-cialmente in certe regioni di attività degli agenti internied esterni.

Inoltrandoci di uno o due milioni di anni nell'avveni-re, assistiamo ad un flusso e riflusso prodigioso degli es-seri e delle cose.

Quante volte, in questo corso di dieci o ventimila se-coli, quante volte le onde del mare sono venute a rove-sciarsi sulle antiche città umane! Quante volte la terraferma è uscita di nuovo, vergine e rigenerata, dagli abis-si dell'oceano! Queste variazioni erano avvenute in ad-dietro per brusche rivoluzioni e sprofondamenti del suo-lo, spostamenti di livello, rottura delle dighe naturali,terremoti, convulsioni del terreno, eruzioni vulcaniche,sollevamenti di montagne, nelle epoche primitive, in cuiil pianeta ancora caldo e liquido era ricoperto, esterior-mente, da una sola debole scorza ghiacciata sopra unoceano ardente. Poi le trasformazioni erano state lente,di mano in mano che questa crosta superficiale era dive-nuta più spessa e più solida: la contrazione graduale delglobo aveva prodotto la formazione di vuoti sotto l'invo-

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lucro solido, la caduta di diverse parti di quest'involucrosul nucleo pastoso e infine movimenti di basculla, cheavevano trasformato il rilievo del suolo terrestre. Piùtardi ancora, modificazioni insensibili erano avvenuteper gli agenti esterni: da una parte i fiumi, trasportandocontinuamente alla foce i detriti delle montagne, aveva-no elevato il fondo del mare ed aumentato lentamente ildominio della terra, avanzandosi lentamente nell'internodei mari, facendo ritirare, coi secoli, gli antichi portinella terra continentale: e d'altra parte l'azione delleonde e delle tempeste, rodendo di continuo le scogliere,aveva diminuito il dominio dei continenti a beneficiodel mare. Perpetuamente e senza tregua, la configura-zione geografica delle rive s'era trasformata, e più d'unavolta il mare aveva preso il posto della terra, e la terraquello del mare. Il nostro pianeta era divenuto, per lostorico, tutto un altro mondo. Tutto era cambiato. Conti-nenti, mari, configurazioni geografiche, razze, lingue,costumi, corpi e spirito, sentimenti, idee, tutto.

La Francia sott'acqua, il fondo dell'Atlantico emerso,una parte dell'America scomparsa, un continente al po-sto dell'Oceania, la China sotto il mare: la morte avevasostituito la vita e la vita la morte, con l'oblio eterno ditutto ciò che altre volte aveva fatto la gloria e la gran-dezza delle nazioni! Se l'umanità attuale emigrasse suMarte, forse vi si sentirebbe meno a disagio che se qual-cuno di noi ritornasse sulla Terra, dopo queste tappedell'avvenire.

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lucro solido, la caduta di diverse parti di quest'involucrosul nucleo pastoso e infine movimenti di basculla, cheavevano trasformato il rilievo del suolo terrestre. Piùtardi ancora, modificazioni insensibili erano avvenuteper gli agenti esterni: da una parte i fiumi, trasportandocontinuamente alla foce i detriti delle montagne, aveva-no elevato il fondo del mare ed aumentato lentamente ildominio della terra, avanzandosi lentamente nell'internodei mari, facendo ritirare, coi secoli, gli antichi portinella terra continentale: e d'altra parte l'azione delleonde e delle tempeste, rodendo di continuo le scogliere,aveva diminuito il dominio dei continenti a beneficiodel mare. Perpetuamente e senza tregua, la configura-zione geografica delle rive s'era trasformata, e più d'unavolta il mare aveva preso il posto della terra, e la terraquello del mare. Il nostro pianeta era divenuto, per lostorico, tutto un altro mondo. Tutto era cambiato. Conti-nenti, mari, configurazioni geografiche, razze, lingue,costumi, corpi e spirito, sentimenti, idee, tutto.

La Francia sott'acqua, il fondo dell'Atlantico emerso,una parte dell'America scomparsa, un continente al po-sto dell'Oceania, la China sotto il mare: la morte avevasostituito la vita e la vita la morte, con l'oblio eterno ditutto ciò che altre volte aveva fatto la gloria e la gran-dezza delle nazioni! Se l'umanità attuale emigrasse suMarte, forse vi si sentirebbe meno a disagio che se qual-cuno di noi ritornasse sulla Terra, dopo queste tappedell'avvenire.

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Nello stesso tempo, periodicamente, la popolazioneanimale del globo si era, a poco a poco, trasformata. Lebestie feroci, leoni, tigri, iene, pantere, elefanti, giraffe,canguri, al pari delle balene, dei capidogli, delle foche,spariti del tutto. Lo stesso era accaduto degli uccelli dirapina. L'umanità aveva conquistato e addomesticato lespecie che poteva utilizzare, e distrutto le altre, impa-dronendosi completamente del globo. Il regno della na-tura aveva indietreggiato continuamente con le vittoriedella civiltà.

Tutto il pianeta aveva finito per divenire il giardinodell'umanità, giardino ormai diretto scientificamente, ra-zionalmente, con intelligenza: non si videro più gli albe-ri fruttiferi e le vigne fiorire prima dei geli della prima-vera, nè la grandine devastare i frutti della terra, nè letempeste devastare i frumenti, nè i fiumi inondare i vil-laggi, nè le piogge o l'aridità mandare a male i raccolti,nè l'eccesso del calore o del freddo uccidere gli esseri.Si utilizzò in inverno il calore solare, immagazzinatocon cura durante l'estate; l'ordine naturale e l'ordine so-ciale furono organizzati; gli operai non morirono più difame, decimati dalla miseria, e i fannulloni non moriro-no più di apoplessia o di gastralgia, per aver mangiatotroppo. L'intelligenza regnò.

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Nello stesso tempo, periodicamente, la popolazioneanimale del globo si era, a poco a poco, trasformata. Lebestie feroci, leoni, tigri, iene, pantere, elefanti, giraffe,canguri, al pari delle balene, dei capidogli, delle foche,spariti del tutto. Lo stesso era accaduto degli uccelli dirapina. L'umanità aveva conquistato e addomesticato lespecie che poteva utilizzare, e distrutto le altre, impa-dronendosi completamente del globo. Il regno della na-tura aveva indietreggiato continuamente con le vittoriedella civiltà.

Tutto il pianeta aveva finito per divenire il giardinodell'umanità, giardino ormai diretto scientificamente, ra-zionalmente, con intelligenza: non si videro più gli albe-ri fruttiferi e le vigne fiorire prima dei geli della prima-vera, nè la grandine devastare i frutti della terra, nè letempeste devastare i frumenti, nè i fiumi inondare i vil-laggi, nè le piogge o l'aridità mandare a male i raccolti,nè l'eccesso del calore o del freddo uccidere gli esseri.Si utilizzò in inverno il calore solare, immagazzinatocon cura durante l'estate; l'ordine naturale e l'ordine so-ciale furono organizzati; gli operai non morirono più difame, decimati dalla miseria, e i fannulloni non moriro-no più di apoplessia o di gastralgia, per aver mangiatotroppo. L'intelligenza regnò.

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CAPITOLO III.L'APOGEO.

«Ali! Ali!Ali al di sopra della vita!Ali al di là della morte!»

RUCKERT.

Il progresso è la legge suprema imposta a tutti gli es-seri dal Creatore; ogni essere aspira al meglio; ci è igno-to donde veniamo e dove andiamo; i sistemi solari tra-sportano i mondi traverso gli spazi infiniti; noi non ve-diamo nè l'origine nè la fine e lo scopo resta sconosciu-to. Ma nella nostra sfera di percezione così circoscritta,così limitata, così incompleta, nonostante la mortedegl'individui, delle specie e dei mondi, constatiamo cheil progresso governa la natura e che ogni essere creato sievolve costantemente verso un grado più alto. Ognunovuol salire, nessuno discendere.

Traverso le metamorfosi secolari del pianeta, l'umani-tà era sempre andata perfezionandosi col progresso cheè la legge suprema, e dalle origini della vita sulla Terrafino al giorno in cui le condizioni di abitabilità del globocominciarono a diminuire, tutti gli esseri viventi si era-no sviluppati in bellezza, in ricchezza di organi e in per-fezionamenti. L'albero della vita terrestre, inaugurato al

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CAPITOLO III.L'APOGEO.

«Ali! Ali!Ali al di sopra della vita!Ali al di là della morte!»

RUCKERT.

Il progresso è la legge suprema imposta a tutti gli es-seri dal Creatore; ogni essere aspira al meglio; ci è igno-to donde veniamo e dove andiamo; i sistemi solari tra-sportano i mondi traverso gli spazi infiniti; noi non ve-diamo nè l'origine nè la fine e lo scopo resta sconosciu-to. Ma nella nostra sfera di percezione così circoscritta,così limitata, così incompleta, nonostante la mortedegl'individui, delle specie e dei mondi, constatiamo cheil progresso governa la natura e che ogni essere creato sievolve costantemente verso un grado più alto. Ognunovuol salire, nessuno discendere.

Traverso le metamorfosi secolari del pianeta, l'umani-tà era sempre andata perfezionandosi col progresso cheè la legge suprema, e dalle origini della vita sulla Terrafino al giorno in cui le condizioni di abitabilità del globocominciarono a diminuire, tutti gli esseri viventi si era-no sviluppati in bellezza, in ricchezza di organi e in per-fezionamenti. L'albero della vita terrestre, inaugurato al

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tempo dei protozoari rudimentali, acefali, ciechi, sordi,muti, quasi affatto sprovvisti di sensibilità, si era inalza-to nella luce, aveva acquistato successivamente gli orga-ni meravigliosi dei sensi ed era arrivato all'uomo che,perfezionato egli stesso di secolo in secolo, si era lenta-mente trasformato, dal selvaggio primitivo, schiavo del-la natura, fino al sovrano intellettuale, che aveva domi-nato il mondo e aveva fatto della terra un paradiso di fe-licità, di estetica gioiosa, di scienza e di voluttà.

La Scienza aveva trasfigurato il pianeta. Gli abitantidi questo globo vivevano finalmente nel cielo, sapendodi esserne cittadini. La fisica e la chimica avevano fattotanti progressi quanti ne aveva fatti l'astronomia. L'indu-stria aveva sostituito dappertutto macchine automatichealla schiavitù della mano d'opera. Le arti avevano rag-giunto l'ideale delle più nobili concezioni umane.

La sensibilità nervosa dell'uomo aveva acquistato unosviluppo prodigioso. I sei antichi sensi, la vista, l'udito,l'odorato, il tatto, il gusto, il senso della riproduzione sierano gradatamente elevati al di sopra delle grossolanesensazioni primitive, per raggiungere una delicatezzasquisita. Con lo studio delle proprietà elettriche degli es-seri viventi, un settimo senso, il senso elettrico, si era,per così dire, creato, e ogni donna aveva la facoltà, più omeno attiva, più o meno viva, secondo i temperamenti,di esercitare un'attrazione o una repulsione sui corpi, siavivi, sia inerti.

Ma il senso che dominava tutti gli altri e che teneva ilprimo posto nelle relazioni umane era certamente l'otta-

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tempo dei protozoari rudimentali, acefali, ciechi, sordi,muti, quasi affatto sprovvisti di sensibilità, si era inalza-to nella luce, aveva acquistato successivamente gli orga-ni meravigliosi dei sensi ed era arrivato all'uomo che,perfezionato egli stesso di secolo in secolo, si era lenta-mente trasformato, dal selvaggio primitivo, schiavo del-la natura, fino al sovrano intellettuale, che aveva domi-nato il mondo e aveva fatto della terra un paradiso di fe-licità, di estetica gioiosa, di scienza e di voluttà.

La Scienza aveva trasfigurato il pianeta. Gli abitantidi questo globo vivevano finalmente nel cielo, sapendodi esserne cittadini. La fisica e la chimica avevano fattotanti progressi quanti ne aveva fatti l'astronomia. L'indu-stria aveva sostituito dappertutto macchine automatichealla schiavitù della mano d'opera. Le arti avevano rag-giunto l'ideale delle più nobili concezioni umane.

La sensibilità nervosa dell'uomo aveva acquistato unosviluppo prodigioso. I sei antichi sensi, la vista, l'udito,l'odorato, il tatto, il gusto, il senso della riproduzione sierano gradatamente elevati al di sopra delle grossolanesensazioni primitive, per raggiungere una delicatezzasquisita. Con lo studio delle proprietà elettriche degli es-seri viventi, un settimo senso, il senso elettrico, si era,per così dire, creato, e ogni donna aveva la facoltà, più omeno attiva, più o meno viva, secondo i temperamenti,di esercitare un'attrazione o una repulsione sui corpi, siavivi, sia inerti.

Ma il senso che dominava tutti gli altri e che teneva ilprimo posto nelle relazioni umane era certamente l'otta-

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vo, il senso psichico, che faceva comunicare tra loro leanime, a distanza.

Due altri sensi si erano intravisti, ma avevano subitoun arresto fatale di sviluppo dalla loro nascita, per cosìdire. Il primo aveva avuto per oggetto la visibilità deiraggi ultra-violetti, così sensibili ai processi chimici, macompletamente oscuri per la retina umana: gli occhi, chesi erano esercitati in questo senso, non avevano acqui-stato quasi nulla di facoltà nuove e avevano perdutomolto delle antiche. Il secondo aveva avuto per scopol'orientazione ma non era riuscito meglio, neppure in se-guito ai tentativi di utilizzazione del magnetismo terre-stre.

Non si era arrivati a chiudere gli orecchi ai discorsinoiosi come si chiudono gli occhi a volontà, facoltà cheesiste in certi mondi più privilegiati del nostro. La no-stra organizzazione imperfetta s'era fatalmente opposta apiù di un progresso desiderabile.

La scoperta della periodicità sessuale dell'uovo pro-duttore di femmine aveva, per un certo tempo, prodottoun perturbamento pericoloso, nella proporzione dellenascite, perchè si temè che non vi sarebbero altro chemaschi. L'equilibrio fu ristabilito con una vera e propriatrasformazione sociale.

A poco a poco, in molte regioni, le donne di mondocessarono di esser madri e il peso della maternità, a cuile eleganze femminili non si adattarono più, fu abbando-nato alle ragazze del popolo e delle campagne.

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vo, il senso psichico, che faceva comunicare tra loro leanime, a distanza.

Due altri sensi si erano intravisti, ma avevano subitoun arresto fatale di sviluppo dalla loro nascita, per cosìdire. Il primo aveva avuto per oggetto la visibilità deiraggi ultra-violetti, così sensibili ai processi chimici, macompletamente oscuri per la retina umana: gli occhi, chesi erano esercitati in questo senso, non avevano acqui-stato quasi nulla di facoltà nuove e avevano perdutomolto delle antiche. Il secondo aveva avuto per scopol'orientazione ma non era riuscito meglio, neppure in se-guito ai tentativi di utilizzazione del magnetismo terre-stre.

Non si era arrivati a chiudere gli orecchi ai discorsinoiosi come si chiudono gli occhi a volontà, facoltà cheesiste in certi mondi più privilegiati del nostro. La no-stra organizzazione imperfetta s'era fatalmente opposta apiù di un progresso desiderabile.

La scoperta della periodicità sessuale dell'uovo pro-duttore di femmine aveva, per un certo tempo, prodottoun perturbamento pericoloso, nella proporzione dellenascite, perchè si temè che non vi sarebbero altro chemaschi. L'equilibrio fu ristabilito con una vera e propriatrasformazione sociale.

A poco a poco, in molte regioni, le donne di mondocessarono di esser madri e il peso della maternità, a cuile eleganze femminili non si adattarono più, fu abbando-nato alle ragazze del popolo e delle campagne.

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L'amore era divenuto la legge suprema, essendo finea se stesso, lasciando nell'ombra e nell'oblio l'antico do-vere di perpetuare la specie, avvolgendo l'essere sensiti-vo di carezze e di piaceri. La bellezza e il profumo deifiori fanno qualche volta dimenticare i frutti.

Da molto tempo, del resto, le forti generazioni usciva-no dalle file del popolo: poichè i talami aristocratici,snervati, non avevano che rari discendenti, deboli ed in-fermi; e nelle città brillanti si era vista da una nuovaspecie di donne riportare nel mondo il fascino carezze-vole e lascivo delle voluttà orientali, raffinate anche daiprogressi di un lusso stravagante. I costumi e le conven-zioni sociali avevano subito trasformazioni profonde. Ifanciulli erano allevati a spese dello Stato. Le ereditàerano state interamente soppresse. I legami del matrimo-nio legale erano stati rotti e nessuna legge poteva più in-catenare scambievolmente due esseri.

Le donne, elettrici ed eleggibili, che avevano conqui-stato un posto importante nella legislazione, avevanofatto tutti i loro sforzi per mantenere nella sua integritàl'antica e vantaggiosa istituzione del matrimonio; manon avevano potuto impedire che cadesse a poco a pocoin disuso, poichè le unioni ispirate dall'amore ardente ereciproco avevano sostituito tutte le antiche associazionid'interesse. La libera scelta dei fidanzati, la selezione el'ereditarietà produssero una razza di uomini rigenerati,che pareva uscita dalla terra fecondata da un nuovo dilu-vio e che, di nuovo, trasformò la faccia del mondo.

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L'amore era divenuto la legge suprema, essendo finea se stesso, lasciando nell'ombra e nell'oblio l'antico do-vere di perpetuare la specie, avvolgendo l'essere sensiti-vo di carezze e di piaceri. La bellezza e il profumo deifiori fanno qualche volta dimenticare i frutti.

Da molto tempo, del resto, le forti generazioni usciva-no dalle file del popolo: poichè i talami aristocratici,snervati, non avevano che rari discendenti, deboli ed in-fermi; e nelle città brillanti si era vista da una nuovaspecie di donne riportare nel mondo il fascino carezze-vole e lascivo delle voluttà orientali, raffinate anche daiprogressi di un lusso stravagante. I costumi e le conven-zioni sociali avevano subito trasformazioni profonde. Ifanciulli erano allevati a spese dello Stato. Le ereditàerano state interamente soppresse. I legami del matrimo-nio legale erano stati rotti e nessuna legge poteva più in-catenare scambievolmente due esseri.

Le donne, elettrici ed eleggibili, che avevano conqui-stato un posto importante nella legislazione, avevanofatto tutti i loro sforzi per mantenere nella sua integritàl'antica e vantaggiosa istituzione del matrimonio; manon avevano potuto impedire che cadesse a poco a pocoin disuso, poichè le unioni ispirate dall'amore ardente ereciproco avevano sostituito tutte le antiche associazionid'interesse. La libera scelta dei fidanzati, la selezione el'ereditarietà produssero una razza di uomini rigenerati,che pareva uscita dalla terra fecondata da un nuovo dilu-vio e che, di nuovo, trasformò la faccia del mondo.

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Nuove civiltà si succedettero, flusso e riflussodell'immensa marea della storia umana. La materia siumiliò a poco a poco sotto il dominio ascendente dellospirito.

I lavoratori intellettuali, per i quali le giornate passa-no così presto, erano giunti ad allungar di due ore, senzanuova fatica, il tempo che consacravano alle ricercheutili all'umanità, prendendo queste due ore agli uominisenza valore intellettuale, che desiderano di «ammazza-re il tempo». Di comune accordo, i primi si erano creatigiornate di ventisei ore e i secondi di ventidue, in questosenso: che i primi dormivano sei ore al giorno invece diotto, mentre gli altri dormivano dieci ore, durante lequali gente esperta sottraeva loro, con una impercettibileoperazione di pochi secondi, una certa dose di forza vi-rile che trasfondevano nelle arterie dei primi. Era comese avessero dormito tutti otto ore: ma in realtà erano dueore guadagnate per gli uomini utili.

L'ottavo senso, soprattutto, il senso psichico, tenevaun gran posto nelle relazioni umane.

Lo sviluppo delle facoltà intellettuali dell'uomo, lacultura degli studi psichici avevano cambiato del tutto lanostra razza. Si erano scoperte nell'anima forze latentiche avevano dormito nel primo periodo degl'istinti gros-solani, per più d'un milione di anni e, di mano in manoche l'alimentazione, da bestiale come era stata per tantotempo, era divenuta di ordine chimico, le facoltàdell'anima si erano elevate, ravvivate, ingrandite in unmagico slancio.

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Nuove civiltà si succedettero, flusso e riflussodell'immensa marea della storia umana. La materia siumiliò a poco a poco sotto il dominio ascendente dellospirito.

I lavoratori intellettuali, per i quali le giornate passa-no così presto, erano giunti ad allungar di due ore, senzanuova fatica, il tempo che consacravano alle ricercheutili all'umanità, prendendo queste due ore agli uominisenza valore intellettuale, che desiderano di «ammazza-re il tempo». Di comune accordo, i primi si erano creatigiornate di ventisei ore e i secondi di ventidue, in questosenso: che i primi dormivano sei ore al giorno invece diotto, mentre gli altri dormivano dieci ore, durante lequali gente esperta sottraeva loro, con una impercettibileoperazione di pochi secondi, una certa dose di forza vi-rile che trasfondevano nelle arterie dei primi. Era comese avessero dormito tutti otto ore: ma in realtà erano dueore guadagnate per gli uomini utili.

L'ottavo senso, soprattutto, il senso psichico, tenevaun gran posto nelle relazioni umane.

Lo sviluppo delle facoltà intellettuali dell'uomo, lacultura degli studi psichici avevano cambiato del tutto lanostra razza. Si erano scoperte nell'anima forze latentiche avevano dormito nel primo periodo degl'istinti gros-solani, per più d'un milione di anni e, di mano in manoche l'alimentazione, da bestiale come era stata per tantotempo, era divenuta di ordine chimico, le facoltàdell'anima si erano elevate, ravvivate, ingrandite in unmagico slancio.

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Da allora si pensò in modo tutt'affatto diverso daquello con cui l'umanità pensa attualmente. Le animecomunicarono, con facilità, tra loro, a distanza. Le vi-brazioni eteree che resultano dai movimenti cerebrali sitrasmettevano in virtù di un magnetismo trascendente dicui anche i fanciulli si sapevano servire. Ogni pensieroeccita nel cervello un movimento vibratorio; questo mo-vimento dà origine ad onde eteree e, quando questeonde incontrano un cervello in armonia col primo, pos-sono comunicargli il pensiero iniziale che le ha prodot-te: come una corda vibrante riceve a distanza l'ondula-zione emanata da un suono lontano, come la lamina deltelefono riproduce la voce, silenziosamente trasmessada un movimento elettrico. Queste facoltà, latenti perlungo tempo nell'organismo umano, erano state studiate,analizzate e sviluppate. Non era raro che un pensiero neevocasse un altro, distante, e facesse apparire con quellol'immagine dell'essere desiderato. L'essere evocaval'essere.

La donna continuò ad esercitare sull'uomo un'attra-zione più forte di quella che l'uomo esercitasse su lei.L'uomo rimase schiavo dell'amore. Nelle ore di assenza,di solitudine, di sogno, bastava che ella pensasse, desi-derasse, chiamasse, per veder comparire la dolce imma-gine del diletto. E qualche volta la comunicazione eracosì completa, che l'immagine diveniva tangibile ed udi-bile, tanto le vibrazioni dei due cervelli erano d'accordo.Ogni sensazione risiede nel cervello, non altrove.

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Da allora si pensò in modo tutt'affatto diverso daquello con cui l'umanità pensa attualmente. Le animecomunicarono, con facilità, tra loro, a distanza. Le vi-brazioni eteree che resultano dai movimenti cerebrali sitrasmettevano in virtù di un magnetismo trascendente dicui anche i fanciulli si sapevano servire. Ogni pensieroeccita nel cervello un movimento vibratorio; questo mo-vimento dà origine ad onde eteree e, quando questeonde incontrano un cervello in armonia col primo, pos-sono comunicargli il pensiero iniziale che le ha prodot-te: come una corda vibrante riceve a distanza l'ondula-zione emanata da un suono lontano, come la lamina deltelefono riproduce la voce, silenziosamente trasmessada un movimento elettrico. Queste facoltà, latenti perlungo tempo nell'organismo umano, erano state studiate,analizzate e sviluppate. Non era raro che un pensiero neevocasse un altro, distante, e facesse apparire con quellol'immagine dell'essere desiderato. L'essere evocaval'essere.

La donna continuò ad esercitare sull'uomo un'attra-zione più forte di quella che l'uomo esercitasse su lei.L'uomo rimase schiavo dell'amore. Nelle ore di assenza,di solitudine, di sogno, bastava che ella pensasse, desi-derasse, chiamasse, per veder comparire la dolce imma-gine del diletto. E qualche volta la comunicazione eracosì completa, che l'immagine diveniva tangibile ed udi-bile, tanto le vibrazioni dei due cervelli erano d'accordo.Ogni sensazione risiede nel cervello, non altrove.

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Gli esseri terrestri che vivevano così nella sfera spiri-tuale, comunicavano anche con esseri invisibili che vi-vono intorno a noi, sprovvisti di corpo materiale, e co-municavano anche da un mondo a un altro.

La prima comunicazione inter-astrale era stata colpianeta Marte, la seconda col pianeta Venere e durò sinoalla fine della Terra: ma quella di Marte finì per la mortedell'umanità marziale, mentre le comunicazioni conGiove cominciarono soltanto, e per pochi iniziati, versola fine dell'umanità terrestre.

Questi studi ultra mondani e una selezione bene inte-sa nelle unioni avevano finito per creare una razza dav-vero nuova, superlativamente nervosa, la cui forma or-ganica rassomigliava certamente alla nostra, ma avevafacoltà intellettuali tutte diverse. La conoscenzadell'ipnosi, l'azione ipnotica, magnetica, psichica avevasostituito con vantaggio gli antichi processi così barbarie così ciechi, talvolta, della medicina, della farmacia, eanche della chirurgia. La telepatia era divenuta unascienza vasta e feconda.

L'umanità aveva raggiunto un grado di ragione suffi-ciente, per vivere con tranquillità e con intelligenza. Glisforzi della mente e del lavoro erano stati rivolti allaconquista di nuove forze naturali e al perfezionamentocostante della civiltà. Insensibilmente, gradualmente, lapersona umana era stata trasformata o, meglio, trasfigu-rata.

Gli uomini erano quasi tutti intelligenti. Si ricordava-no, sorridendo, delle ambizioni fanciullesche dei loro

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Gli esseri terrestri che vivevano così nella sfera spiri-tuale, comunicavano anche con esseri invisibili che vi-vono intorno a noi, sprovvisti di corpo materiale, e co-municavano anche da un mondo a un altro.

La prima comunicazione inter-astrale era stata colpianeta Marte, la seconda col pianeta Venere e durò sinoalla fine della Terra: ma quella di Marte finì per la mortedell'umanità marziale, mentre le comunicazioni conGiove cominciarono soltanto, e per pochi iniziati, versola fine dell'umanità terrestre.

Questi studi ultra mondani e una selezione bene inte-sa nelle unioni avevano finito per creare una razza dav-vero nuova, superlativamente nervosa, la cui forma or-ganica rassomigliava certamente alla nostra, ma avevafacoltà intellettuali tutte diverse. La conoscenzadell'ipnosi, l'azione ipnotica, magnetica, psichica avevasostituito con vantaggio gli antichi processi così barbarie così ciechi, talvolta, della medicina, della farmacia, eanche della chirurgia. La telepatia era divenuta unascienza vasta e feconda.

L'umanità aveva raggiunto un grado di ragione suffi-ciente, per vivere con tranquillità e con intelligenza. Glisforzi della mente e del lavoro erano stati rivolti allaconquista di nuove forze naturali e al perfezionamentocostante della civiltà. Insensibilmente, gradualmente, lapersona umana era stata trasformata o, meglio, trasfigu-rata.

Gli uomini erano quasi tutti intelligenti. Si ricordava-no, sorridendo, delle ambizioni fanciullesche dei loro

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avi nell'epoca in cui, invece di essere «qualcuno» ognu-no cercava di essere «qualche cosa»: deputato, senatore,accademico, prefetto, generale, ministro, pontefice, di-rettore di questo o di quello, gran-croce d'una sciocchez-za nazionale qualunque, e combatteva febbrilmente nel-la lotta delle apparenze. Avevano finalmente compresoche la felicità consiste nell'intelligenza, che lo studio èla più elevata soddisfazione dell'anima, che l'amore è ilsole dei cuori, che la vita è breve, che non merita farconto delle esteriorità e tutti erano felici nell'indipen-denza del pensiero, senza preoccupazione di quei beniche non possono essere portati via.

Le donne avevano acquistato una bellezza perfetta,con le figure assottigliate, così diverse dall'abbondanzaellenica, con la carne d'una bianchezza diafana, gli occhiilluminati da una luce di sogno, i lunghi capelli di seta,di un castagno rosso in cui si erano fusi il bruno e ilbiondo d'altri tempi, colore nuovo illuminato dei tonifulvi del sole morente, temperato d'armoniosi riflessi;l'antica mascella, che aveva qualche cosa di bestiale, erascomparsa e si era idealizzata in una bocca minuscola: edavanti a quei graziosi sorrisi, a quelle perle rilucenti,incastrate nella tenera carne di rosa, non si poteva capirecome gli amanti primitivi avessero potuto baciare conardore le bocche delle donne primitive.

Sempre, nell'anima femminile, il sentimento domina-va la ragione, sempre i nervi avevano conservato la loroauto-eccitabilità, così curiosa, sempre la donna avevacontinuato a pensare un po' diversamente dall'uomo,

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avi nell'epoca in cui, invece di essere «qualcuno» ognu-no cercava di essere «qualche cosa»: deputato, senatore,accademico, prefetto, generale, ministro, pontefice, di-rettore di questo o di quello, gran-croce d'una sciocchez-za nazionale qualunque, e combatteva febbrilmente nel-la lotta delle apparenze. Avevano finalmente compresoche la felicità consiste nell'intelligenza, che lo studio èla più elevata soddisfazione dell'anima, che l'amore è ilsole dei cuori, che la vita è breve, che non merita farconto delle esteriorità e tutti erano felici nell'indipen-denza del pensiero, senza preoccupazione di quei beniche non possono essere portati via.

Le donne avevano acquistato una bellezza perfetta,con le figure assottigliate, così diverse dall'abbondanzaellenica, con la carne d'una bianchezza diafana, gli occhiilluminati da una luce di sogno, i lunghi capelli di seta,di un castagno rosso in cui si erano fusi il bruno e ilbiondo d'altri tempi, colore nuovo illuminato dei tonifulvi del sole morente, temperato d'armoniosi riflessi;l'antica mascella, che aveva qualche cosa di bestiale, erascomparsa e si era idealizzata in una bocca minuscola: edavanti a quei graziosi sorrisi, a quelle perle rilucenti,incastrate nella tenera carne di rosa, non si poteva capirecome gli amanti primitivi avessero potuto baciare conardore le bocche delle donne primitive.

Sempre, nell'anima femminile, il sentimento domina-va la ragione, sempre i nervi avevano conservato la loroauto-eccitabilità, così curiosa, sempre la donna avevacontinuato a pensare un po' diversamente dall'uomo,

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conservando la sua indomabile tenacità d'impressioni ed'idee; ma tutto il suo essere era così squisito, le qualitàdel suo cuore avvolgevano l'uomo in un'atmosfera cosìdolce e penetrante, era, nella donna, tanta abnegazione,tanta devozione e bontà, che non si poteva desiderarenulla di più e la felicità sembrava esser giunta per sem-pre al suo apogeo. Forse la giovinetta era come un fiore,troppo presto sbocciato: ma le sensazioni erano cosìvive, decuplicate, centuplicate dalle delicatezze dellatrasformazione nervosa a poco a poco avvenuta, che lagiornata della vita non aveva più aurora, nè crepuscolo.

D'altra parte, l'intelligenza, il pensiero, il sogno domi-navano l'antica materia. La bellezza regnò. Fu un'era divoluttà ideale. Più che in qualunque altra epoca dellastoria, in questo periodo d'iperestesia di tutti i sensi, gliuomini divennero pazzi per le donne, e le donne pazzedel loro corpo. Questa specie di sovreccitazione cerebra-le non impedì affatto che i più grandi lavori dell'intellet-to si compissero e che si realizzassero le più meraviglio-se scoperte scientifiche. Pareva proprio che fosse sortaun'altra razza umana, dominante da una magica altezzaquella di Aristotele, di Keplero, di Hugo, delle Frini,delle Diane di Poitiers, delle Paoline Borghese. La tra-sformazione era così completa che con uno stupore vici-no all'incredulità si guardavano, nei musei geologici, gliesemplari degli uomini fossili dal ventesimo al centesi-mo secolo, coi loro scheletri pesanti, i loro denti brutalie i loro grossi intestini: si ammetteva appena che organi-

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conservando la sua indomabile tenacità d'impressioni ed'idee; ma tutto il suo essere era così squisito, le qualitàdel suo cuore avvolgevano l'uomo in un'atmosfera cosìdolce e penetrante, era, nella donna, tanta abnegazione,tanta devozione e bontà, che non si poteva desiderarenulla di più e la felicità sembrava esser giunta per sem-pre al suo apogeo. Forse la giovinetta era come un fiore,troppo presto sbocciato: ma le sensazioni erano cosìvive, decuplicate, centuplicate dalle delicatezze dellatrasformazione nervosa a poco a poco avvenuta, che lagiornata della vita non aveva più aurora, nè crepuscolo.

D'altra parte, l'intelligenza, il pensiero, il sogno domi-navano l'antica materia. La bellezza regnò. Fu un'era divoluttà ideale. Più che in qualunque altra epoca dellastoria, in questo periodo d'iperestesia di tutti i sensi, gliuomini divennero pazzi per le donne, e le donne pazzedel loro corpo. Questa specie di sovreccitazione cerebra-le non impedì affatto che i più grandi lavori dell'intellet-to si compissero e che si realizzassero le più meraviglio-se scoperte scientifiche. Pareva proprio che fosse sortaun'altra razza umana, dominante da una magica altezzaquella di Aristotele, di Keplero, di Hugo, delle Frini,delle Diane di Poitiers, delle Paoline Borghese. La tra-sformazione era così completa che con uno stupore vici-no all'incredulità si guardavano, nei musei geologici, gliesemplari degli uomini fossili dal ventesimo al centesi-mo secolo, coi loro scheletri pesanti, i loro denti brutalie i loro grossi intestini: si ammetteva appena che organi-

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smi così materiali avessero davvero potuto essere gli an-tenati dell'elegante razza dell'apogeo.

Così l'umanità era giunta a uno stato di felicità fisicae morale, di grandezza intellettuale, di perfezionamentoscientifico artistico e industriale, incomparabilmente su-periore a tutto quello che possiamo immaginare. Abbia-mo detto che il calore centrale del globo era stato con-quistato e applicato al riscaldamento generale della su-perficie terrestre in inverno, a riscaldare città, villaggi,officine, industrie diverse, per molti milioni di anni.

Quando questo calore, essendosi a poco a poco ab-bassato, aveva finito con lo sparire, i raggi solari eranostati presi, immagazzinati, diretti a piacere dall'uomo:l'idrogeno era stato estratto dall'acqua dei mari; la forzadelle cadute d'acqua, prima, poi quella delle maree, erastata trasformata in forza calorifica e luminosa; tuttoquanto il pianeta terrestre era divenuto cosa della scien-za, che soggiogava a volontà tutti gli elementi. Gli anti-chi sensi umani elevati a un grado di raffinamento cheora si direbbe extra terrestre; i nuovi sensi, di cui abbia-mo parlato, perfezionati di generazione in generazione:l'essere umano sempre più alleggerito della grave mate-ria; il modo di alimentazione trasformato, l'intelligenzadivenuta dominatrice del corpo, gli appetiti volgari deiprimitivi tempi scomparsi, le facoltà psichiche in eserci-zio perpetuo, agenti a distanza su tutta la superfice delglobo, comunicanti, come abbiamo detto, con gli abitan-ti dei pianeti vicini; strumenti scientifici per noi incon-cepibili, in sostituzione degli antichi strumenti d'ottica,

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smi così materiali avessero davvero potuto essere gli an-tenati dell'elegante razza dell'apogeo.

Così l'umanità era giunta a uno stato di felicità fisicae morale, di grandezza intellettuale, di perfezionamentoscientifico artistico e industriale, incomparabilmente su-periore a tutto quello che possiamo immaginare. Abbia-mo detto che il calore centrale del globo era stato con-quistato e applicato al riscaldamento generale della su-perficie terrestre in inverno, a riscaldare città, villaggi,officine, industrie diverse, per molti milioni di anni.

Quando questo calore, essendosi a poco a poco ab-bassato, aveva finito con lo sparire, i raggi solari eranostati presi, immagazzinati, diretti a piacere dall'uomo:l'idrogeno era stato estratto dall'acqua dei mari; la forzadelle cadute d'acqua, prima, poi quella delle maree, erastata trasformata in forza calorifica e luminosa; tuttoquanto il pianeta terrestre era divenuto cosa della scien-za, che soggiogava a volontà tutti gli elementi. Gli anti-chi sensi umani elevati a un grado di raffinamento cheora si direbbe extra terrestre; i nuovi sensi, di cui abbia-mo parlato, perfezionati di generazione in generazione:l'essere umano sempre più alleggerito della grave mate-ria; il modo di alimentazione trasformato, l'intelligenzadivenuta dominatrice del corpo, gli appetiti volgari deiprimitivi tempi scomparsi, le facoltà psichiche in eserci-zio perpetuo, agenti a distanza su tutta la superfice delglobo, comunicanti, come abbiamo detto, con gli abitan-ti dei pianeti vicini; strumenti scientifici per noi incon-cepibili, in sostituzione degli antichi strumenti d'ottica,

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che avevano aperta la via ai progressi dell'astronomia fi-sica; tutto un mondo nuovo di percezioni e di studi, inuno stato sociale illuminato, dal quale l'invidia e la gelo-sia erano sparite insieme al furto, alla miseria e all'assas-sinio; era una umanità reale, in carne e in ossa come lanostra, ma superiore per grandezza intellettuale, per sen-sazioni squisite e finezza di spirito, a quella dei nostritempi; come noi siamo superiori, rispetto alle scimmiedell'epoca terziaria.

L'interesse del denaro, sopra tutto, aveva cessato didominare i pensieri e le azioni umane. Il sentimento gui-dava i cuori, l'intelligenza guidava gli spiriti.

Grazie ai progressi della fisiologia, all'igiene univer-sale, alle cure più scrupolose dell'antisepsi, all'assimila-zione degli estratti orchitici e vertebrali, al rinnovamen-to del sangue nei tessuti, allo sviluppo del benessere ge-nerale e all'esercizio di tutte le facoltà, la durata dellavita umana era stata molto prolungata, e non era raro ve-dere vecchi di cento cinquanta anni. Non si era potutasopprimere la morte, ma si era trovato il modo di noninvecchiare, e le potenze della gioventù si perpetuavanooltre i cento anni. La maggior parte delle malattie erastata vinta dalla scienza, dalla tisi al mal di denti. E ilcarattere della gente era quasi sempre amabile – tolte al-cune sfumature inevitabili – perchè esso dipende moltodal temperamento e dalla salute, e gli organismi eranoquasi tutti equilibrati.

L'umanità aveva mirato all'unità: una sola razza, unasola lingua, un solo governo generale, una sola religione

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che avevano aperta la via ai progressi dell'astronomia fi-sica; tutto un mondo nuovo di percezioni e di studi, inuno stato sociale illuminato, dal quale l'invidia e la gelo-sia erano sparite insieme al furto, alla miseria e all'assas-sinio; era una umanità reale, in carne e in ossa come lanostra, ma superiore per grandezza intellettuale, per sen-sazioni squisite e finezza di spirito, a quella dei nostritempi; come noi siamo superiori, rispetto alle scimmiedell'epoca terziaria.

L'interesse del denaro, sopra tutto, aveva cessato didominare i pensieri e le azioni umane. Il sentimento gui-dava i cuori, l'intelligenza guidava gli spiriti.

Grazie ai progressi della fisiologia, all'igiene univer-sale, alle cure più scrupolose dell'antisepsi, all'assimila-zione degli estratti orchitici e vertebrali, al rinnovamen-to del sangue nei tessuti, allo sviluppo del benessere ge-nerale e all'esercizio di tutte le facoltà, la durata dellavita umana era stata molto prolungata, e non era raro ve-dere vecchi di cento cinquanta anni. Non si era potutasopprimere la morte, ma si era trovato il modo di noninvecchiare, e le potenze della gioventù si perpetuavanooltre i cento anni. La maggior parte delle malattie erastata vinta dalla scienza, dalla tisi al mal di denti. E ilcarattere della gente era quasi sempre amabile – tolte al-cune sfumature inevitabili – perchè esso dipende moltodal temperamento e dalla salute, e gli organismi eranoquasi tutti equilibrati.

L'umanità aveva mirato all'unità: una sola razza, unasola lingua, un solo governo generale, una sola religione

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(la filosofia astronomica): non più sistemi religiosi uffi-ciali, la sola voce delle coscienze illuminate: e inquest'unità le differenze antropologiche antiche avevanofinito per fondersi. Non s'incontravano più teste a pan dizucchero, di fanatici creduli, nè teste piatte, di scetticiciechi. Le religioni di altri tempi, il cristianesimo, l'isla-mismo, il buddismo, il moseismo sembravano quasi leg-gende mitologiche. La Trinità cristiana abitava il cielopagano. Gli olocausti offerti per tanti secoli agli Dei an-tropomorfi e ai loro profeti, a Budda, a Osiride, a Ieova,a Baal, a Giove, a Gesù o a Maria, a Moisè o a Maomet-to, i culti dei tempi antichi e moderni, tutte queste astra-zioni del pensiero religioso erano spariti con l'incensodelle preghiere, si erano perduti nel cielo terrestre,nell'atmosfera nebulosa, senza aspettare l'Essere irrag-giungibile. Lo spirito umano non aveva potuto conosce-re l'inconoscibile.

L'astronomia era arrivata al suo scopo: la conoscenzadella natura degli altri mondi.

Come le lingue, come le idee, come i costumi, comele leggi, la maniera di computare il tempo era cambiata.Si contava sempre ad anni e a secoli; ma l'êra cristianaera scomparsa, come i santi del calendario, come l'êramussulmana, giudaica, cinese, affricana, come le altre.Le antiche religioni di Stato si erano spente col bilanciodei culti e coll'andar del tempo erano state sostituite, neicuori, dalla filosofia astronomica.

Vi era un solo calendario per tutta l'umanità, compo-sto di dodici mesi, divisi in quattro trimestri uguali, for-

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(la filosofia astronomica): non più sistemi religiosi uffi-ciali, la sola voce delle coscienze illuminate: e inquest'unità le differenze antropologiche antiche avevanofinito per fondersi. Non s'incontravano più teste a pan dizucchero, di fanatici creduli, nè teste piatte, di scetticiciechi. Le religioni di altri tempi, il cristianesimo, l'isla-mismo, il buddismo, il moseismo sembravano quasi leg-gende mitologiche. La Trinità cristiana abitava il cielopagano. Gli olocausti offerti per tanti secoli agli Dei an-tropomorfi e ai loro profeti, a Budda, a Osiride, a Ieova,a Baal, a Giove, a Gesù o a Maria, a Moisè o a Maomet-to, i culti dei tempi antichi e moderni, tutte queste astra-zioni del pensiero religioso erano spariti con l'incensodelle preghiere, si erano perduti nel cielo terrestre,nell'atmosfera nebulosa, senza aspettare l'Essere irrag-giungibile. Lo spirito umano non aveva potuto conosce-re l'inconoscibile.

L'astronomia era arrivata al suo scopo: la conoscenzadella natura degli altri mondi.

Come le lingue, come le idee, come i costumi, comele leggi, la maniera di computare il tempo era cambiata.Si contava sempre ad anni e a secoli; ma l'êra cristianaera scomparsa, come i santi del calendario, come l'êramussulmana, giudaica, cinese, affricana, come le altre.Le antiche religioni di Stato si erano spente col bilanciodei culti e coll'andar del tempo erano state sostituite, neicuori, dalla filosofia astronomica.

Vi era un solo calendario per tutta l'umanità, compo-sto di dodici mesi, divisi in quattro trimestri uguali, for-

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mati di tre mesi di 31, 30 e 30 giorni, poichè ogni trime-stre conteneva esattamente tredici settimane. Il «giornodell'anno» era un giorno di festa e non contavanell'annata. Negli anni bisestili ce n'erano due. La setti-mana era stata conservata. Tutti gli anni cominciavanonello stesso giorno, il lunedì, e le stesse date corrispon-devano indefinitamente agli stessi giorni della settima-na. L'anno cominciava, per tutto il globo, con la data an-tica del 20 marzo. L'êra, puramente astronomica, avevaper origine la coincidenza del solstizio di decembre colperielio e si rinnovava ogni venticinquemila settecentosessantacinque anni. La prima êra, abbracciando tutta lastoria antica e sopprimendo le date negative anteriorialla nascita di Gesù Cristo, datava dall'anno 24517avanti l'êra cristiana. La storia cominciava lì. La secon-da era era stata fissata nell'anno 1248 dell'êra nostra: laterza, con una festa universale, nell'anno 27013 e si eracontinuato così, tenendo conto, in seguito, delle varia-zioni astronomiche secolari, della precessione degliequinozi e dell'obliquità dell'eclittica.

I principî razionali avevano finito per trionfare di tut-te le bizzarrie fantastiche degli antichi calendari. Lascienza aveva saputo conquistare tutte le energie dellanatura e rivolgere tutte le forze psichiche e fisiche a pro-fitto dell'umanità: i soli limiti delle sue conquiste eranostati quelli delle facoltà umane certamente limitate inconfronto alle facoltà di alcuni esseri extra-terrestri matuttavia notevolmente superiori alle nostre facoltà attua-li.

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mati di tre mesi di 31, 30 e 30 giorni, poichè ogni trime-stre conteneva esattamente tredici settimane. Il «giornodell'anno» era un giorno di festa e non contavanell'annata. Negli anni bisestili ce n'erano due. La setti-mana era stata conservata. Tutti gli anni cominciavanonello stesso giorno, il lunedì, e le stesse date corrispon-devano indefinitamente agli stessi giorni della settima-na. L'anno cominciava, per tutto il globo, con la data an-tica del 20 marzo. L'êra, puramente astronomica, avevaper origine la coincidenza del solstizio di decembre colperielio e si rinnovava ogni venticinquemila settecentosessantacinque anni. La prima êra, abbracciando tutta lastoria antica e sopprimendo le date negative anteriorialla nascita di Gesù Cristo, datava dall'anno 24517avanti l'êra cristiana. La storia cominciava lì. La secon-da era era stata fissata nell'anno 1248 dell'êra nostra: laterza, con una festa universale, nell'anno 27013 e si eracontinuato così, tenendo conto, in seguito, delle varia-zioni astronomiche secolari, della precessione degliequinozi e dell'obliquità dell'eclittica.

I principî razionali avevano finito per trionfare di tut-te le bizzarrie fantastiche degli antichi calendari. Lascienza aveva saputo conquistare tutte le energie dellanatura e rivolgere tutte le forze psichiche e fisiche a pro-fitto dell'umanità: i soli limiti delle sue conquiste eranostati quelli delle facoltà umane certamente limitate inconfronto alle facoltà di alcuni esseri extra-terrestri matuttavia notevolmente superiori alle nostre facoltà attua-li.

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Il nostro pianeta arrivò così a formare una sola patria,illuminata da una viva luce intellettuale, trionfante neisuoi alti destini, come un cuore che si apra tra gli accor-di d'una immensa armonia.

Tuttavia, ogni mondo ha la sua sfera di espansionespirituale, e anche la nostra Terra aveva un limite, chenon poteva essere oltrepassato. Nei dieci milioni di annidella storia dell'umanità, la specie umana, sopravviven-do a tutte le generazioni, aveva subito questi grandi mu-tamenti fisici e morali. Era rimasta sempre la sovranadella Terra, e non era stata detronizzata da nessun'altrarazza, perchè nessun essere discende dal cielo, nè saledall'inferno, non nasce nessuna Minerva armata, nessu-na Venere si sveglia fanciulla in una conchiglia di ma-dreperla, a fior delle onde; tutto diviene e la specie uma-na, derivata dai suoi antenati, era stata, fino dalla suaorigine, il resultato naturale dell'evoluzione vitale delpianeta. La legge del progresso l'aveva fatta uscire dallimbo dell'animalità; e questa medesima legge avevacontinuato ad agire su lei e l'aveva a poco a poco perfe-zionata, trasformata, raffinata.

Ma venne il tempo in cui, cominciando a perdere diforza le condizioni atte alla vita terrestre, l'umanità do-veva smettere di progredire, doveva entrare, anch'essa,nella via della decadenza.

Il calore interno del globo, ancora considerevole neldiciannovesimo secolo, ma già senz'alcuna efficacia sul-la temperatura della superfice, che era mantenuta soltan-to dal Sole, era lentamente diminuito, e la Terra aveva

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Il nostro pianeta arrivò così a formare una sola patria,illuminata da una viva luce intellettuale, trionfante neisuoi alti destini, come un cuore che si apra tra gli accor-di d'una immensa armonia.

Tuttavia, ogni mondo ha la sua sfera di espansionespirituale, e anche la nostra Terra aveva un limite, chenon poteva essere oltrepassato. Nei dieci milioni di annidella storia dell'umanità, la specie umana, sopravviven-do a tutte le generazioni, aveva subito questi grandi mu-tamenti fisici e morali. Era rimasta sempre la sovranadella Terra, e non era stata detronizzata da nessun'altrarazza, perchè nessun essere discende dal cielo, nè saledall'inferno, non nasce nessuna Minerva armata, nessu-na Venere si sveglia fanciulla in una conchiglia di ma-dreperla, a fior delle onde; tutto diviene e la specie uma-na, derivata dai suoi antenati, era stata, fino dalla suaorigine, il resultato naturale dell'evoluzione vitale delpianeta. La legge del progresso l'aveva fatta uscire dallimbo dell'animalità; e questa medesima legge avevacontinuato ad agire su lei e l'aveva a poco a poco perfe-zionata, trasformata, raffinata.

Ma venne il tempo in cui, cominciando a perdere diforza le condizioni atte alla vita terrestre, l'umanità do-veva smettere di progredire, doveva entrare, anch'essa,nella via della decadenza.

Il calore interno del globo, ancora considerevole neldiciannovesimo secolo, ma già senz'alcuna efficacia sul-la temperatura della superfice, che era mantenuta soltan-to dal Sole, era lentamente diminuito, e la Terra aveva

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finito col raffreddarsi interamente. Questo raffredda-mento non aveva avuto diretta influenza sulle condizio-ni fisiche della vita terrestre, che era rimasta soggetta alcalore solare e all'atmosfera. Il raffreddamento internodel pianeta non può produrre la fine del mondo.

Insensibilmente, di secolo in secolo, il globo si era li-vellato (fig. 8). Le piogge, le nevi, i geli, il calore solare,i venti avevano esercitato la loro azione sulle montagne;le acque dei torrenti, dei ruscelli, dei fiumi avevano len-tamente trasportato al mare i detriti di tutti questi rilievicontinentali: il fondo del mare s'era rialzato e le monta-gne erano quasi interamente scomparse.... in nove milio-ni di anni. Intanto il pianeta era invecchiato più prestodel Sole: aveva perduto le sue condizioni di vitalità piùrapidamente di quel che l'astro del giorno non avesseperduto le sue facoltà raggianti di luce e di calore.

Questa evoluzione planetaria è conforme alla nostraattuale conoscenza dell'universo.

Senza dubbio la nostra logica è fatalmente incomple-ta, puerile, di fronte alla grande Verità universale edeterna, e vale quella delle due formiche, che parlavanofra loro della storia di Francia. Ma, nonostante la mode-stia inflitta al nostro sentimento dall'infinità delle cosecreate, nonostante l'umiltà del nostro essere, la sua nulli-tà davanti all'infinito, non possiamo sottrarci alla neces-sità di apparir logici a noi stessi: non possiamo preten-dere che dimettere la nostra ragione sia miglior garanziadi giudizio, che il farne uso. Noi crediamo ad una costi-tuzione intelligente dell'universo, a un destino dei mondi

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finito col raffreddarsi interamente. Questo raffredda-mento non aveva avuto diretta influenza sulle condizio-ni fisiche della vita terrestre, che era rimasta soggetta alcalore solare e all'atmosfera. Il raffreddamento internodel pianeta non può produrre la fine del mondo.

Insensibilmente, di secolo in secolo, il globo si era li-vellato (fig. 8). Le piogge, le nevi, i geli, il calore solare,i venti avevano esercitato la loro azione sulle montagne;le acque dei torrenti, dei ruscelli, dei fiumi avevano len-tamente trasportato al mare i detriti di tutti questi rilievicontinentali: il fondo del mare s'era rialzato e le monta-gne erano quasi interamente scomparse.... in nove milio-ni di anni. Intanto il pianeta era invecchiato più prestodel Sole: aveva perduto le sue condizioni di vitalità piùrapidamente di quel che l'astro del giorno non avesseperduto le sue facoltà raggianti di luce e di calore.

Questa evoluzione planetaria è conforme alla nostraattuale conoscenza dell'universo.

Senza dubbio la nostra logica è fatalmente incomple-ta, puerile, di fronte alla grande Verità universale edeterna, e vale quella delle due formiche, che parlavanofra loro della storia di Francia. Ma, nonostante la mode-stia inflitta al nostro sentimento dall'infinità delle cosecreate, nonostante l'umiltà del nostro essere, la sua nulli-tà davanti all'infinito, non possiamo sottrarci alla neces-sità di apparir logici a noi stessi: non possiamo preten-dere che dimettere la nostra ragione sia miglior garanziadi giudizio, che il farne uso. Noi crediamo ad una costi-tuzione intelligente dell'universo, a un destino dei mondi

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e degli esseri; pensiamo che i globi importanti del siste-ma solare devono durare più a lungo dei minori e che,per conseguenza, la vita dei pianeti non sia sospesa inugual modo ai raggi del Sole, e non debba durare uni-formemente quanto quell'astro. Del resto, l'osservazionediretta conferma anch'essa questo modo di vedere l'uni-verso. La Terra, sole spento, s'è raffreddata più prestodel Sole: Giove, immenso, è ancora alla sua epoca pri-mordiale: la Luna, più piccola di Marte, è avanzata piùdi lui nelle fasi della sua vita astrale (forse è giunta allafine), Marte, più piccolo della Terra, è avanzato nellavita più di noi, meno della Luna. Il nostro pianeta, a suavolta, deve precedere Giove nel suo destino finale, eprecedere anche lo spengersi del Sole.

Confrontiamo, infatti, la grandezza della Terra conquella degli altri pianeti: Giove è undici volte più largodi diametro del nostro globo, e il Sole è circa dieci voltepiù largo di Giove.

Il diametro di Saturno è nove volte quello della Terra.Ci sembra naturale pensare che Giove e Saturno vivran-no più a lungo della Terra, di Venere, Marte o Mercurio,pigmei del cielo!

I fatti confermarono queste deduzioni della scienzaumana. Mille agguati ci erano tesi nell'immensità: milleaccidenti potevano colpirci, comete, corpi celesti, oscurio infiammati, nubulose, etc.: ma il nostro pianeta nonmorì per questo. La vecchiezza attese lui, come gli altriesseri. Ed esso invecchiò più presto del Sole, perdette le

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e degli esseri; pensiamo che i globi importanti del siste-ma solare devono durare più a lungo dei minori e che,per conseguenza, la vita dei pianeti non sia sospesa inugual modo ai raggi del Sole, e non debba durare uni-formemente quanto quell'astro. Del resto, l'osservazionediretta conferma anch'essa questo modo di vedere l'uni-verso. La Terra, sole spento, s'è raffreddata più prestodel Sole: Giove, immenso, è ancora alla sua epoca pri-mordiale: la Luna, più piccola di Marte, è avanzata piùdi lui nelle fasi della sua vita astrale (forse è giunta allafine), Marte, più piccolo della Terra, è avanzato nellavita più di noi, meno della Luna. Il nostro pianeta, a suavolta, deve precedere Giove nel suo destino finale, eprecedere anche lo spengersi del Sole.

Confrontiamo, infatti, la grandezza della Terra conquella degli altri pianeti: Giove è undici volte più largodi diametro del nostro globo, e il Sole è circa dieci voltepiù largo di Giove.

Il diametro di Saturno è nove volte quello della Terra.Ci sembra naturale pensare che Giove e Saturno vivran-no più a lungo della Terra, di Venere, Marte o Mercurio,pigmei del cielo!

I fatti confermarono queste deduzioni della scienzaumana. Mille agguati ci erano tesi nell'immensità: milleaccidenti potevano colpirci, comete, corpi celesti, oscurio infiammati, nubulose, etc.: ma il nostro pianeta nonmorì per questo. La vecchiezza attese lui, come gli altriesseri. Ed esso invecchiò più presto del Sole, perdette le

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condizioni necessarie alla sua vita più presto di quelloche l'astro centrale perdesse il suo calore e la sua luce.

Durante i periodi secolari del suo splendore vitale,quando troneggiava nel coro dei mondi, dando vita, allasua superfice, ad una umanità intellettuale, vincitricedelle forze cieche della natura, allora una atmosfera vi-vificante avvolgeva i suoi regni d'un'aureola protettrice,sotto la quale si svolgevano tutti i giuochi della vita edella felicità.

Un elemento essenziale della natura, l'acqua, gover-nava la vita terrestre; questa sostanza era entrata fin daprincipio nella composizione di tutti i corpi, vegetali,animali ed umani; essa formava la parte attiva della cir-colazione atmosferica, costituiva l'organo principale deiclimi e delle stagioni, era la sovrana dello Stato terre-stre.

Di secolo in secolo, la quantità d'acqua era diminuitanei mari, nei fiumi, nell'atmosfera. Una parte dell'acquapiovana era stata dapprima assorbita nell'interno dellaTerra e non era tornata al mare, perchè, invece di di-scendere, scivolando su letti impermeabili, e di formareo sorgenti, o corsi d'acqua sotterranei e sotto-marini,s'era infiltrata profondamente e aveva riempito a poco apoco tutti i vuoti, tutte le fessure, saturando le rocce finoa una grande profondità. Finchè il calore interno del glo-bo era stato sufficiente ad opporsi alla discesa indefinitadi queste acque e a convertirle in vapore, la quantitàd'acqua alla superfice del globo era rimasta notevole.Ma passarono i secoli e venne il tempo in cui il calore

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condizioni necessarie alla sua vita più presto di quelloche l'astro centrale perdesse il suo calore e la sua luce.

Durante i periodi secolari del suo splendore vitale,quando troneggiava nel coro dei mondi, dando vita, allasua superfice, ad una umanità intellettuale, vincitricedelle forze cieche della natura, allora una atmosfera vi-vificante avvolgeva i suoi regni d'un'aureola protettrice,sotto la quale si svolgevano tutti i giuochi della vita edella felicità.

Un elemento essenziale della natura, l'acqua, gover-nava la vita terrestre; questa sostanza era entrata fin daprincipio nella composizione di tutti i corpi, vegetali,animali ed umani; essa formava la parte attiva della cir-colazione atmosferica, costituiva l'organo principale deiclimi e delle stagioni, era la sovrana dello Stato terre-stre.

Di secolo in secolo, la quantità d'acqua era diminuitanei mari, nei fiumi, nell'atmosfera. Una parte dell'acquapiovana era stata dapprima assorbita nell'interno dellaTerra e non era tornata al mare, perchè, invece di di-scendere, scivolando su letti impermeabili, e di formareo sorgenti, o corsi d'acqua sotterranei e sotto-marini,s'era infiltrata profondamente e aveva riempito a poco apoco tutti i vuoti, tutte le fessure, saturando le rocce finoa una grande profondità. Finchè il calore interno del glo-bo era stato sufficiente ad opporsi alla discesa indefinitadi queste acque e a convertirle in vapore, la quantitàd'acqua alla superfice del globo era rimasta notevole.Ma passarono i secoli e venne il tempo in cui il calore

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interno del globo fu interamente disperso nello spazio ecessò di opporsi all'infiltrazione delle acque in questamassa porosa.

Esse diminuirono a poco a poco alla superfice, si uni-rono alle rocce sotto forma d'idrati e si fissarono, e di-sparvero in parte dalla circolazione atmosferica.

Basta, infatti, che le acque del mare diminuiscano sol-tanto qualche decimo di millimetro all'anno, perchè indieci milioni di anni siano consumate.

L'infiltrazione graduale delle acque nell'interno delglobo, di mano in mano che il calore primitivo di questoglobo si perde nello spazio, il fissarsi lento degli ossidi edegl'idrati portarono, dopo otto milioni di anni circa,una diminuzione di tre quarti nella quantità d'acqua incircolazione sulla superfice della Terra. In seguito al li-vellamento dei rilievi continentali, dovuto all'opera se-colare delle piogge, delle nevi, dei ghiacci, dei venti, deiruscelli, dei torrenti, dei fiumi, che trasportavano lenta-mente tutti i detriti al mare, in obbedienza alle leggi digravità, il globo terrestre quasi divenne una superfice diuguale livello ed i mari non ebbero quasi più profondità.

Ma poichè, nell'evaporazione e nella formazione delvapore acqueo atmosferico, agisce soltanto la superficedelle acque e non la loro profondità, l'atmosfera erasempre molto ricca di vapore acqueo. Il nostro pianetaraggiunse allora le condizioni d'abitabilità che osservia-mo attualmente su Marte, mondo ancora abitabile peresseri simili a quelli che popolano la Terra, nel quale ve-diamo i grandi oceani scomparsi, i mari ridotti a stretti

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interno del globo fu interamente disperso nello spazio ecessò di opporsi all'infiltrazione delle acque in questamassa porosa.

Esse diminuirono a poco a poco alla superfice, si uni-rono alle rocce sotto forma d'idrati e si fissarono, e di-sparvero in parte dalla circolazione atmosferica.

Basta, infatti, che le acque del mare diminuiscano sol-tanto qualche decimo di millimetro all'anno, perchè indieci milioni di anni siano consumate.

L'infiltrazione graduale delle acque nell'interno delglobo, di mano in mano che il calore primitivo di questoglobo si perde nello spazio, il fissarsi lento degli ossidi edegl'idrati portarono, dopo otto milioni di anni circa,una diminuzione di tre quarti nella quantità d'acqua incircolazione sulla superfice della Terra. In seguito al li-vellamento dei rilievi continentali, dovuto all'opera se-colare delle piogge, delle nevi, dei ghiacci, dei venti, deiruscelli, dei torrenti, dei fiumi, che trasportavano lenta-mente tutti i detriti al mare, in obbedienza alle leggi digravità, il globo terrestre quasi divenne una superfice diuguale livello ed i mari non ebbero quasi più profondità.

Ma poichè, nell'evaporazione e nella formazione delvapore acqueo atmosferico, agisce soltanto la superficedelle acque e non la loro profondità, l'atmosfera erasempre molto ricca di vapore acqueo. Il nostro pianetaraggiunse allora le condizioni d'abitabilità che osservia-mo attualmente su Marte, mondo ancora abitabile peresseri simili a quelli che popolano la Terra, nel quale ve-diamo i grandi oceani scomparsi, i mari ridotti a stretti

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mediterranei, poco profondi, i continenti appianati,l'evaporazione facile, il vapore acqueo ancora in quanti-tà considerevole nell'atmosfera, le piogge rare, le neviabbondanti nelle regioni polari di condensazione e laloro fusione quasi totale durante le estati di ogni anno.

Questa epoca segnò l'apogeo dell'umanità terrestre.Di qui le condizioni della vita impoverirono. Di gene-

razione in generazione gli esseri subirono trasformazio-ni profonde. Specie vegetali, specie animali, razza uma-na, tutto ancora cambiò.

Ma mentre fin qui le varie metamorfosi avevano ar-ricchito, abbellito, perfezionato gli esseri, venne il gior-no in cui la decadenza cominciò.

L'intelligenza umana aveva conquistato così comple-tamente le forze della natura, da sembrare che mai lagrandezza così gloriosamente raggiunta potesse esservinta. La diminuzione dell'acqua, tuttavia, cominciò adare l'allarme ai più ottimisti. Gli oceani erano scompar-si. I poli erano rimasti gelati. I continenti che occupava-no le antiche latitudini dove Babilonia, Ninive, Ecbata-ne, Tebe, Menfi, Atene, Roma, Parigi, Londra, New-York, Cicago, Liberty, Pax e tanti altri focolari di civiltàavevano sparso un così vivo splendore, erano immensideserti, senza un fiume e senza un mare. A poco a pocol'umanità si era avvicinata alla zona tropicale, ancorabagnata da corsi d'acqua, laghi e mari. Non vi erano piùmontagne, più condensatori di nevi.

La terra era quasi appianata e mari mediterranei pocoprofondi, laghi, e qualche corso d'acqua, confinarono la

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mediterranei, poco profondi, i continenti appianati,l'evaporazione facile, il vapore acqueo ancora in quanti-tà considerevole nell'atmosfera, le piogge rare, le neviabbondanti nelle regioni polari di condensazione e laloro fusione quasi totale durante le estati di ogni anno.

Questa epoca segnò l'apogeo dell'umanità terrestre.Di qui le condizioni della vita impoverirono. Di gene-

razione in generazione gli esseri subirono trasformazio-ni profonde. Specie vegetali, specie animali, razza uma-na, tutto ancora cambiò.

Ma mentre fin qui le varie metamorfosi avevano ar-ricchito, abbellito, perfezionato gli esseri, venne il gior-no in cui la decadenza cominciò.

L'intelligenza umana aveva conquistato così comple-tamente le forze della natura, da sembrare che mai lagrandezza così gloriosamente raggiunta potesse esservinta. La diminuzione dell'acqua, tuttavia, cominciò adare l'allarme ai più ottimisti. Gli oceani erano scompar-si. I poli erano rimasti gelati. I continenti che occupava-no le antiche latitudini dove Babilonia, Ninive, Ecbata-ne, Tebe, Menfi, Atene, Roma, Parigi, Londra, New-York, Cicago, Liberty, Pax e tanti altri focolari di civiltàavevano sparso un così vivo splendore, erano immensideserti, senza un fiume e senza un mare. A poco a pocol'umanità si era avvicinata alla zona tropicale, ancorabagnata da corsi d'acqua, laghi e mari. Non vi erano piùmontagne, più condensatori di nevi.

La terra era quasi appianata e mari mediterranei pocoprofondi, laghi, e qualche corso d'acqua, confinarono la

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vegetazione e la vita nella zona ristretta delle regioniequatoriali.

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vegetazione e la vita nella zona ristretta delle regioniequatoriali.

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CAPITOLO IV.VANITAS VANITATUM.

«Eternité, néant, passé, sombres abîmes,Que faites-vous des jours que vous engloutissez?Parlez: nous rendrez-vous ces extases sublimesQue vous nous ravissez?»

LAMARTINE, Méditations.

Tutto questo immenso progresso dell'umanità, lenta-mente e gradualmente raggiunto con un lavoro di moltimilioni di anni, doveva – o legge misteriosa ed impene-trabile all'homunculus terrestre! – doveva finire allasommità di una curva, a un apogeo, ed arrestarsi.

E la curva geometrica che potrebbe segnare, rispettoalla nostra intelligenza, il diagramma della vita umana,discenderà come è salita.

Partita da zero, dalla nebulosa cosmica primitiva,inalzatasi, colle forze planetarie ed umane, alla sua cimaluminosa, ridiscende, per cadere nella notte eterna.

Sì, tutto questo progresso, tutta questa scienza, tuttaquesta felicità, tutte queste glorie dovevano un giornoarrivare all'ultimo sonno, al silenzio, all'annullamentodella storia stessa. La vita terrestre era nata: doveva fini-re. Il sole dell'umanità si era levato, altre volte, nellesperanze dell'aurora, era salito gloriosamente al suo me-

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CAPITOLO IV.VANITAS VANITATUM.

«Eternité, néant, passé, sombres abîmes,Que faites-vous des jours que vous engloutissez?Parlez: nous rendrez-vous ces extases sublimesQue vous nous ravissez?»

LAMARTINE, Méditations.

Tutto questo immenso progresso dell'umanità, lenta-mente e gradualmente raggiunto con un lavoro di moltimilioni di anni, doveva – o legge misteriosa ed impene-trabile all'homunculus terrestre! – doveva finire allasommità di una curva, a un apogeo, ed arrestarsi.

E la curva geometrica che potrebbe segnare, rispettoalla nostra intelligenza, il diagramma della vita umana,discenderà come è salita.

Partita da zero, dalla nebulosa cosmica primitiva,inalzatasi, colle forze planetarie ed umane, alla sua cimaluminosa, ridiscende, per cadere nella notte eterna.

Sì, tutto questo progresso, tutta questa scienza, tuttaquesta felicità, tutte queste glorie dovevano un giornoarrivare all'ultimo sonno, al silenzio, all'annullamentodella storia stessa. La vita terrestre era nata: doveva fini-re. Il sole dell'umanità si era levato, altre volte, nellesperanze dell'aurora, era salito gloriosamente al suo me-

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riggio; ne discendeva per svanire in una notte senza di-mani.

A che cosa, dunque, tutte queste glorie, tutte questelotte, tutte queste conquiste, tutte queste vanità avevanoservito, se la luce e la vita dovevano spengersi?

I martiri e gli apostoli di tutte le libertà avevano ver-sato il loro sangue per innaffiare questa terra, destinata amorire, a sua volta.

Tutto doveva sparire e la morte doveva restare l'ulti-ma sovrana del mondo. Avete mai pensato, contemplan-do un cimitero di villaggio, come è piccolo questo cimi-tero, per contenere tutte le generazioni, che si sono am-massate là per secoli e secoli? L'uomo esisteva già avan-ti l'ultima epoca glaciale anteriore a noi di due mila se-coli, e la sua antichità pare che risalga a più di duecentocinquanta mila anni. La storia scritta data da ieri. Si sontrovate a Parigi pietre tagliate e levigate che attestano lapresenza dell'uomo, sulle rive della Senna, molto innan-zi alla prima origine storica dei Galli. I Parigini dellafine del diciannovesimo secolo si muovono su di unaterra consacrata da più di diecimila anni d'antenati. Checosa resta di tutti quegli esseri che hanno formicolato inquesto fôro del mondo? Che cosa resta dei Romani, deiGreci, degli Egiziani, degli Asiatici, che hanno regnatoattraverso i secoli? Che cosa resta dei miliardi d'uominiche hanno vissuto? Neppure un pugno di ceneri!

Muore un essere umano al secondo, su tutto quanto ilglobo; ossia circa ottantaseimila uomini al giorno, e nenasce lo stesso numero o, per dir meglio, un po' di più.

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riggio; ne discendeva per svanire in una notte senza di-mani.

A che cosa, dunque, tutte queste glorie, tutte questelotte, tutte queste conquiste, tutte queste vanità avevanoservito, se la luce e la vita dovevano spengersi?

I martiri e gli apostoli di tutte le libertà avevano ver-sato il loro sangue per innaffiare questa terra, destinata amorire, a sua volta.

Tutto doveva sparire e la morte doveva restare l'ulti-ma sovrana del mondo. Avete mai pensato, contemplan-do un cimitero di villaggio, come è piccolo questo cimi-tero, per contenere tutte le generazioni, che si sono am-massate là per secoli e secoli? L'uomo esisteva già avan-ti l'ultima epoca glaciale anteriore a noi di due mila se-coli, e la sua antichità pare che risalga a più di duecentocinquanta mila anni. La storia scritta data da ieri. Si sontrovate a Parigi pietre tagliate e levigate che attestano lapresenza dell'uomo, sulle rive della Senna, molto innan-zi alla prima origine storica dei Galli. I Parigini dellafine del diciannovesimo secolo si muovono su di unaterra consacrata da più di diecimila anni d'antenati. Checosa resta di tutti quegli esseri che hanno formicolato inquesto fôro del mondo? Che cosa resta dei Romani, deiGreci, degli Egiziani, degli Asiatici, che hanno regnatoattraverso i secoli? Che cosa resta dei miliardi d'uominiche hanno vissuto? Neppure un pugno di ceneri!

Muore un essere umano al secondo, su tutto quanto ilglobo; ossia circa ottantaseimila uomini al giorno, e nenasce lo stesso numero o, per dir meglio, un po' di più.

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Questa statistica, fatta nel diciannovesimo secolo, puòservire per una lunga epoca, aumentando la cifra in pro-porzione del tempo. Il numero degli abitanti della Terraè andato sempre crescendo, di periodo in periodo. Altempo d'Alessandro vi era forse un miliardo d'uominisulla superficie del globo. Alla fine del diciannovesimosecolo ve ne era un miliardo e mezzo, nel ventiduesimodue miliardi, nel ventinovesimo tre. Al suo apogeo lapopolazione terrestre aveva raggiunto i dieci miliardi,poi aveva cominciato a diminuire.

Degl'innumerevoli corpi umani che hanno vissuto,nulla resta, tutto è ritornato agli elementi, per formarealtri esseri. Il cielo sorride, il campo fiorisce, la Mortemiete.

Di mano in mano che i giorni passano, ciò che è esi-stito durante quei giorni cade nel nulla; lavori, piaceri,dolori, felicità: il tempo è fuggito ed il giorno passatonon esiste più. Alle glorie d'altri tempi sono seguite del-le rovine.

Nella voragine dell'eternità, quel che fu è scomparso.Il mondo visibile sfugge ogni momento di più, la solacosa reale e durevole è l'invisibile. Le condizioni dellavita terrestre erano lentamente cambiate. L'acqua era di-minuita alla superficie del pianeta; era il vapore acqueodell'atmosfera che manteneva il calore e la vita e la suascomparsa portò il raffreddamento e la morte; sì, da al-lora il vapore acqueo doveva sparire dall'atmosfera, ilcalore solare diveniva incapace a conservare la vita ve-getale ed animale, vita che, d'altra parte, non avrebbe

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Questa statistica, fatta nel diciannovesimo secolo, puòservire per una lunga epoca, aumentando la cifra in pro-porzione del tempo. Il numero degli abitanti della Terraè andato sempre crescendo, di periodo in periodo. Altempo d'Alessandro vi era forse un miliardo d'uominisulla superficie del globo. Alla fine del diciannovesimosecolo ve ne era un miliardo e mezzo, nel ventiduesimodue miliardi, nel ventinovesimo tre. Al suo apogeo lapopolazione terrestre aveva raggiunto i dieci miliardi,poi aveva cominciato a diminuire.

Degl'innumerevoli corpi umani che hanno vissuto,nulla resta, tutto è ritornato agli elementi, per formarealtri esseri. Il cielo sorride, il campo fiorisce, la Mortemiete.

Di mano in mano che i giorni passano, ciò che è esi-stito durante quei giorni cade nel nulla; lavori, piaceri,dolori, felicità: il tempo è fuggito ed il giorno passatonon esiste più. Alle glorie d'altri tempi sono seguite del-le rovine.

Nella voragine dell'eternità, quel che fu è scomparso.Il mondo visibile sfugge ogni momento di più, la solacosa reale e durevole è l'invisibile. Le condizioni dellavita terrestre erano lentamente cambiate. L'acqua era di-minuita alla superficie del pianeta; era il vapore acqueodell'atmosfera che manteneva il calore e la vita e la suascomparsa portò il raffreddamento e la morte; sì, da al-lora il vapore acqueo doveva sparire dall'atmosfera, ilcalore solare diveniva incapace a conservare la vita ve-getale ed animale, vita che, d'altra parte, non avrebbe

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potuto sussistere, poichè gli esseri vegetali ed animalisono essenzialmente composti d'acqua.

Il vapore acqueo invisibile, diffuso nell'aria, esercitala più grande influenza sulla temperatura. Senza dubbio,la quantità di questo vapore è piccola e quasi trascurabi-le, poichè l'ossigeno e l'azoto soli formano i 99 centesi-mi e mezzo dell'aria che respiriamo, e nel mezzo cente-simo che resta vi è, oltre al vapore acqueo, acido carbo-nico, ammoniaca ed altre sostanze. Non vi è più di unquarto di centesimo di vapore acqueo. Considerando gliatomi che compongono l'aria, il fisico constata che suduecento atomi d'ossigeno e d'azoto, ve n'è appena unodi vapore acqueo. Ma quest'atomo ha ottanta volte piùenergia assorbente degli altri duecento.

Il calore raggiante del Sole viene a riscaldare la su-perficie della Terra, dopo aver traversato l'atmosfera. Leonde di calore che emanano dalla Terra riscaldata, nonsi perdono nello spazio, ma vanno ad urtare negli atomidi vapore acqueo, come in un soffitto che li trattiene e liconserva al nostro pianeta.

È questa una delle più geniali e feconde scoperte del-la fisica moderna. Le molecole di ossigeno e di azoto, diaria secca non si oppongono alla dispersione del calore.Ma, come dicevamo, una molecola di vapore acqueo haottanta volte più energia assorbente che le altre duecentod'aria secca, per conservare il calore! È dunque il vaporeacqueo, e non l'aria propriamente detta, che regola lecondizioni della vita terrestre. Se si togliesse dall'ariache ricuopre la Terra il vapore acqueo che essa contiene,

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potuto sussistere, poichè gli esseri vegetali ed animalisono essenzialmente composti d'acqua.

Il vapore acqueo invisibile, diffuso nell'aria, esercitala più grande influenza sulla temperatura. Senza dubbio,la quantità di questo vapore è piccola e quasi trascurabi-le, poichè l'ossigeno e l'azoto soli formano i 99 centesi-mi e mezzo dell'aria che respiriamo, e nel mezzo cente-simo che resta vi è, oltre al vapore acqueo, acido carbo-nico, ammoniaca ed altre sostanze. Non vi è più di unquarto di centesimo di vapore acqueo. Considerando gliatomi che compongono l'aria, il fisico constata che suduecento atomi d'ossigeno e d'azoto, ve n'è appena unodi vapore acqueo. Ma quest'atomo ha ottanta volte piùenergia assorbente degli altri duecento.

Il calore raggiante del Sole viene a riscaldare la su-perficie della Terra, dopo aver traversato l'atmosfera. Leonde di calore che emanano dalla Terra riscaldata, nonsi perdono nello spazio, ma vanno ad urtare negli atomidi vapore acqueo, come in un soffitto che li trattiene e liconserva al nostro pianeta.

È questa una delle più geniali e feconde scoperte del-la fisica moderna. Le molecole di ossigeno e di azoto, diaria secca non si oppongono alla dispersione del calore.Ma, come dicevamo, una molecola di vapore acqueo haottanta volte più energia assorbente che le altre duecentod'aria secca, per conservare il calore! È dunque il vaporeacqueo, e non l'aria propriamente detta, che regola lecondizioni della vita terrestre. Se si togliesse dall'ariache ricuopre la Terra il vapore acqueo che essa contiene,

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avverrebbe alla superficie del suolo una dispersione dicalore, simile a quella che ha luogo alle maggiori altez-ze: l'atmosfera aerea non è più efficace del vuoto a con-servare il calore. Si avrebbe un freddo simile a quelloche esiste sulla superficie della Luna. Il suolo potrebbeanche scaldarsi direttamente sotto l'azione del Sole; maanche durante il giorno, il calore non si conserverebbe e,dopo il tramonto dell'astro la Terra sarebbe esposta alfreddo ultra-glaciale dello spazio, che si crede di 273gradi sotto zero. Ciò significa che la vita vegetale, ani-male, umana sarebbe impossibile, se già non lo fosseper la mancanza dell'acqua.

Certo possiamo, dobbiamo ammettere che l'acqua nonè stata su tutti i mondi dell'infinito, come è stata sul no-stro la condizione essenziale della vita. La potenza dellanatura non è limitata dalla sfera dell'osservazione uma-na. Devono esistere, esistono, nei campi dell'immensitàsenza limiti, miriadi, milioni di soli differenti dal nostro,sistemi di mondi o di altre sostanze, di altre combinazio-ni chimiche, di altre condizioni fisiche e meccaniche; al-tri mezzi hanno prodotto esseri del tutto diversi da noi,che vivono un'altra vita, che sono forniti di altri sensi,incomparabilmente più lontani dal nostro organismo, diquel che il pesce o il mollusco delle profondità oceani-che non sieno dall'uccello o dalla farfalla. Ma qui noistudiamo le condizioni della vita terrestre, e queste con-dizioni sono determinate dalla costituzione stessa delnostro pianeta.

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avverrebbe alla superficie del suolo una dispersione dicalore, simile a quella che ha luogo alle maggiori altez-ze: l'atmosfera aerea non è più efficace del vuoto a con-servare il calore. Si avrebbe un freddo simile a quelloche esiste sulla superficie della Luna. Il suolo potrebbeanche scaldarsi direttamente sotto l'azione del Sole; maanche durante il giorno, il calore non si conserverebbe e,dopo il tramonto dell'astro la Terra sarebbe esposta alfreddo ultra-glaciale dello spazio, che si crede di 273gradi sotto zero. Ciò significa che la vita vegetale, ani-male, umana sarebbe impossibile, se già non lo fosseper la mancanza dell'acqua.

Certo possiamo, dobbiamo ammettere che l'acqua nonè stata su tutti i mondi dell'infinito, come è stata sul no-stro la condizione essenziale della vita. La potenza dellanatura non è limitata dalla sfera dell'osservazione uma-na. Devono esistere, esistono, nei campi dell'immensitàsenza limiti, miriadi, milioni di soli differenti dal nostro,sistemi di mondi o di altre sostanze, di altre combinazio-ni chimiche, di altre condizioni fisiche e meccaniche; al-tri mezzi hanno prodotto esseri del tutto diversi da noi,che vivono un'altra vita, che sono forniti di altri sensi,incomparabilmente più lontani dal nostro organismo, diquel che il pesce o il mollusco delle profondità oceani-che non sieno dall'uccello o dalla farfalla. Ma qui noistudiamo le condizioni della vita terrestre, e queste con-dizioni sono determinate dalla costituzione stessa delnostro pianeta.

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Di mano in mano che la quantità d'acqua era diminui-ta, che le pioggie si erano fatte più rare, che le sorgentierano prosciugate, che il vapore acqueo era calato, i ve-getali avevano cambiato aspetto, avevano aumentato lagrandezza delle foglie, allungato le radici, cercato in tut-ti i modi di assorbire l'umidità necessaria alla loro esi-stenza. Le specie che non avevano potuto adattarsi alnuovo regime erano scomparse, le altre si erano trasfor-mate. Nessun albero, nessuna pianta di quelle che cisono note avrebbe potuto essere riconosciuta: non vierano più nè querce, nè frassini, nè olmi, nè pioppi, nècàrpini, nè tigli, nè salci, ed i paesaggi non somigliava-no in nulla a quelli della nostra epoca.

Le sole specie rudimentali di crittogame erano rima-ste.

Lo stesso era accaduto nel regno animale.... Le formeerano notevolmente cambiate: la antiche razze selvaggeerano scomparse, o erano state addomesticate. La dimi-nuzione dell'acqua aveva modificato l'alimentazione de-gli erbivori e dei carnivori. Le specie nuove, trasforma-zione delle precedenti, erano più piccole, meno carnose,più fornite di ossa. Il numero delle piante era molto di-minuito; in conseguenza l'acido carbonico dell'aria erameno assorbito, e ce n'era di più.

La popolazione umana era gradatamente discesa dadieci miliardi a nove, a otto, a sette, quando poteva an-cora estendersi sulla metà della superfice terrestre.

Poi, di mano in mano che la zona abitabile si ristrin-geva all'equatore, aveva continuato a diminuire, mentre

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Di mano in mano che la quantità d'acqua era diminui-ta, che le pioggie si erano fatte più rare, che le sorgentierano prosciugate, che il vapore acqueo era calato, i ve-getali avevano cambiato aspetto, avevano aumentato lagrandezza delle foglie, allungato le radici, cercato in tut-ti i modi di assorbire l'umidità necessaria alla loro esi-stenza. Le specie che non avevano potuto adattarsi alnuovo regime erano scomparse, le altre si erano trasfor-mate. Nessun albero, nessuna pianta di quelle che cisono note avrebbe potuto essere riconosciuta: non vierano più nè querce, nè frassini, nè olmi, nè pioppi, nècàrpini, nè tigli, nè salci, ed i paesaggi non somigliava-no in nulla a quelli della nostra epoca.

Le sole specie rudimentali di crittogame erano rima-ste.

Lo stesso era accaduto nel regno animale.... Le formeerano notevolmente cambiate: la antiche razze selvaggeerano scomparse, o erano state addomesticate. La dimi-nuzione dell'acqua aveva modificato l'alimentazione de-gli erbivori e dei carnivori. Le specie nuove, trasforma-zione delle precedenti, erano più piccole, meno carnose,più fornite di ossa. Il numero delle piante era molto di-minuito; in conseguenza l'acido carbonico dell'aria erameno assorbito, e ce n'era di più.

La popolazione umana era gradatamente discesa dadieci miliardi a nove, a otto, a sette, quando poteva an-cora estendersi sulla metà della superfice terrestre.

Poi, di mano in mano che la zona abitabile si ristrin-geva all'equatore, aveva continuato a diminuire, mentre

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la durata stessa della vita diminuiva. Venne il giorno incui si ridusse a qualche centinaio di milioni, che viveva-no disseminati a gruppi, lungo l'equatore, con gli artifizidi un'industria sapiente e laboriosa.

Nelle abitazioni umane, il ferro e il vetro si erano so-stituiti alla pietra e al legno, e tanto le città quanto i vil-laggi parevano di cristallo. Ai vantaggi di quest'architet-tura s'era imposta, verso la fine dei tempi, una necessitàclimatologica: giacchè il vapore acqueo dell'atmosfera,essendo sensibilmente diminuito con la diminuzione deimari, l'aria si era notevolmente raffreddata.

La cosa più importante era stata di imprigionare i rag-gi solari e di conservarli.

Dappertutto, alti saloni a vetri immagazzinavano ilcalore solare. Gli antichi edifizi erano ormai rovine ab-bandonate.

Nonostante i milioni d'anni che erano passati, il Soleriversava ancora sulla Terra quasi la stessa quantità dicalore e di luce; per lo meno questa quantità non era va-riata di oltre un decimo. L'astro era soltanto un po' piùgiallo e un po' più piccolo.

La Luna girava sempre intorno alla Terra, ma più len-tamente; si era gradatamente allontanata dal nostro glo-bo e la sua dimensione apparente era diminuita (il Sole,invece, aveva cambiato realmente di dimensione).

Contemporaneamente, il movimento rotatorio dellaTerra si era rallentato. Questo triplice effetto – rallenta-mento del moto di rotazione del nostro globo, allontana-mento della Luna e allungamento del mese lunare – di-

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la durata stessa della vita diminuiva. Venne il giorno incui si ridusse a qualche centinaio di milioni, che viveva-no disseminati a gruppi, lungo l'equatore, con gli artifizidi un'industria sapiente e laboriosa.

Nelle abitazioni umane, il ferro e il vetro si erano so-stituiti alla pietra e al legno, e tanto le città quanto i vil-laggi parevano di cristallo. Ai vantaggi di quest'architet-tura s'era imposta, verso la fine dei tempi, una necessitàclimatologica: giacchè il vapore acqueo dell'atmosfera,essendo sensibilmente diminuito con la diminuzione deimari, l'aria si era notevolmente raffreddata.

La cosa più importante era stata di imprigionare i rag-gi solari e di conservarli.

Dappertutto, alti saloni a vetri immagazzinavano ilcalore solare. Gli antichi edifizi erano ormai rovine ab-bandonate.

Nonostante i milioni d'anni che erano passati, il Soleriversava ancora sulla Terra quasi la stessa quantità dicalore e di luce; per lo meno questa quantità non era va-riata di oltre un decimo. L'astro era soltanto un po' piùgiallo e un po' più piccolo.

La Luna girava sempre intorno alla Terra, ma più len-tamente; si era gradatamente allontanata dal nostro glo-bo e la sua dimensione apparente era diminuita (il Sole,invece, aveva cambiato realmente di dimensione).

Contemporaneamente, il movimento rotatorio dellaTerra si era rallentato. Questo triplice effetto – rallenta-mento del moto di rotazione del nostro globo, allontana-mento della Luna e allungamento del mese lunare – di-

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pendeva dalle maree, che agiscono un po' come un fre-no. Se la Terra e la Luna durassero molto a lungo, comegli oceani e le maree, il calcolo permette di prevedereche verrebbe un'epoca, in cui la rotazione del nostro glo-bo diverrebbe tanto lenta da divenire uguale al mese lu-nare, prolungato a tal punto che nell'anno non vi sareb-bero più che cinque giorni e un quarto: la Terra presen-terebbe allora sempre la stessa faccia alla Luna.

Ma per una tale trasformazione di cose non occorre-rebbero meno di 150 milioni d'anni: il periodo al qualesiamo arrivati (dieci milioni d'anni) non rappresenta chela quindicesima parte di quello spazio di tempo: invecedi essere settanta volte più lunga di oggi, la rotazionedella Terra era soltanto quattro volte e mezzo più lunga,circa cento dieci ore.

Queste giornate lunghe permettevano al Sole di scal-dare a lungo la superfice terrestre: ma questo calore nonera efficace, ormai, che nelle regioni che lo ricevevanodirettamente, cioè nella zona equatoriale, fra i due circo-li tropicali: l'obliquità dell'eclittica non era cambiata,l'asse della Terra era sempre inclinato allo stesso modo(circa 2 gradi) e le variazioni dell'eccentricità dell'orbitaterrestre non avevano prodotto alcun effetto sensibilesulle stagioni ed i climi.

Forza umana, alimentazione, respirazione, funzioniorganiche, vita fisica e intellettuale, idee, giudizî, reli-gioni, scienze, lingue, tutto era cambiato. Dell'uomo dialtri tempi non rimaneva quasi niente e un po' dappertut-to, sulla superfice del globo, il viaggiatore incontrava

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pendeva dalle maree, che agiscono un po' come un fre-no. Se la Terra e la Luna durassero molto a lungo, comegli oceani e le maree, il calcolo permette di prevedereche verrebbe un'epoca, in cui la rotazione del nostro glo-bo diverrebbe tanto lenta da divenire uguale al mese lu-nare, prolungato a tal punto che nell'anno non vi sareb-bero più che cinque giorni e un quarto: la Terra presen-terebbe allora sempre la stessa faccia alla Luna.

Ma per una tale trasformazione di cose non occorre-rebbero meno di 150 milioni d'anni: il periodo al qualesiamo arrivati (dieci milioni d'anni) non rappresenta chela quindicesima parte di quello spazio di tempo: invecedi essere settanta volte più lunga di oggi, la rotazionedella Terra era soltanto quattro volte e mezzo più lunga,circa cento dieci ore.

Queste giornate lunghe permettevano al Sole di scal-dare a lungo la superfice terrestre: ma questo calore nonera efficace, ormai, che nelle regioni che lo ricevevanodirettamente, cioè nella zona equatoriale, fra i due circo-li tropicali: l'obliquità dell'eclittica non era cambiata,l'asse della Terra era sempre inclinato allo stesso modo(circa 2 gradi) e le variazioni dell'eccentricità dell'orbitaterrestre non avevano prodotto alcun effetto sensibilesulle stagioni ed i climi.

Forza umana, alimentazione, respirazione, funzioniorganiche, vita fisica e intellettuale, idee, giudizî, reli-gioni, scienze, lingue, tutto era cambiato. Dell'uomo dialtri tempi non rimaneva quasi niente e un po' dappertut-to, sulla superfice del globo, il viaggiatore incontrava

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rovine silenziose e solitarie che, d'anno in anno, spro-fondavano e crollavano, per non risorger mai più.

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rovine silenziose e solitarie che, d'anno in anno, spro-fondavano e crollavano, per non risorger mai più.

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CAPITOLO V.OMÉGAR.

«Tu sais de quel linceul le temps couvre les hommes,Tu sais que, tôt ou tard, dans l'ombre de l'oubli,Siècles, peuples, héros, tout dort enseveli».

LAMARTINE, Harmonies.

Il freddo cresceva. Era come un inverno perpetuo, no-nostante il Sole. Tutte le specie animali e vegetali dive-nivano caduche, malgrado le loro trasformazioni, e nonlottavano più per l'esistenza, come se avessero compresola loro condanna. Le meravigliose facoltà di adattamen-to della specie umana e una specie d'energia selvaggia einfaticabile avevano prolungato la vita fisica e intellet-tuale della nostra razza più di quella delle razze animalisuperiori, ma soltanto in qualche centro di civiltà privi-legiata: perchè l'umanità in generale, condannata a unairrimediabile miseria, era lentamente caduta nella barba-rie e non doveva più rialzarsi.

Non restavano che due gruppi di qualche centinaiod'esseri umani, proprietari degli ultimi capitali dell'indu-stria. Su tutto il resto del globo la razza umana era quasiscomparsa, disseccata, spossata, degenerata, a poco apoco, di secolo in secolo, per mancanza di atmosfera as-similabile e di alimentazione.

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CAPITOLO V.OMÉGAR.

«Tu sais de quel linceul le temps couvre les hommes,Tu sais que, tôt ou tard, dans l'ombre de l'oubli,Siècles, peuples, héros, tout dort enseveli».

LAMARTINE, Harmonies.

Il freddo cresceva. Era come un inverno perpetuo, no-nostante il Sole. Tutte le specie animali e vegetali dive-nivano caduche, malgrado le loro trasformazioni, e nonlottavano più per l'esistenza, come se avessero compresola loro condanna. Le meravigliose facoltà di adattamen-to della specie umana e una specie d'energia selvaggia einfaticabile avevano prolungato la vita fisica e intellet-tuale della nostra razza più di quella delle razze animalisuperiori, ma soltanto in qualche centro di civiltà privi-legiata: perchè l'umanità in generale, condannata a unairrimediabile miseria, era lentamente caduta nella barba-rie e non doveva più rialzarsi.

Non restavano che due gruppi di qualche centinaiod'esseri umani, proprietari degli ultimi capitali dell'indu-stria. Su tutto il resto del globo la razza umana era quasiscomparsa, disseccata, spossata, degenerata, a poco apoco, di secolo in secolo, per mancanza di atmosfera as-similabile e di alimentazione.

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I suoi ultimi discendenti sembravano tornati alla bar-barie; vegetavano come selvaggi su di una terra d'Esqui-mesi, e morivano tutti lentamente di fame e di freddo. Idue antichi focolari di civiltà erano rimasti, gradatamen-te deperendo, a prezzo di lotte incessanti tra il genio in-dustriale e l'implacabilità della natura.

Le ultime regioni del globo, abitate, erano in due luo-ghi vicini all'equatore, in due larghe vallate, occupanti ilfondo degli antichi mari, da lungo tempo disseccati, val-late poco profonde a causa del generale livellamento ve-rificatosi. Non si vedevano più nè picchi, nè montagne,nè burroni, nè orridi abissi, nè valloni boscosi, nè preci-pizi: tutto era piano; fiumi e mari erano insensibilmentescomparsi. Ma poichè gli agenti meteorici, le piogge e itorrenti, erano diminuiti insieme con le acque, gli ultimiabissi marini non erano stati interamente colmati e resta-vano vallate poco profonde, vestigia della struttura anti-ca del globo. Là si trovavano ancora alcuni terreni umidie ghiacciati, ma non vi era, per dir così, nessuna circola-zione d'acqua nell'atmosfera, e gli ultimi fiumi scorreva-no in corti sotterranei, come vene invisibili.

Per l'assenza di vapore acqueo nell'aria, il cielo erasempre puro, senza nuvole, senza piogge e senza nevi. IlSole, meno abbagliante e caldo che negli antichi giornidel mondo, brillava d'un chiarore giallo, di topazio.

Il cielo era verde mare, piuttosto che azzurro, l'atmo-sfera era notevolmente diminuita di estensione. L'ossi-geno e l'azoto si erano in parte fissati ai minerali, allostato di ossidi e di azotati, e l'acido carbonico era leg-

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I suoi ultimi discendenti sembravano tornati alla bar-barie; vegetavano come selvaggi su di una terra d'Esqui-mesi, e morivano tutti lentamente di fame e di freddo. Idue antichi focolari di civiltà erano rimasti, gradatamen-te deperendo, a prezzo di lotte incessanti tra il genio in-dustriale e l'implacabilità della natura.

Le ultime regioni del globo, abitate, erano in due luo-ghi vicini all'equatore, in due larghe vallate, occupanti ilfondo degli antichi mari, da lungo tempo disseccati, val-late poco profonde a causa del generale livellamento ve-rificatosi. Non si vedevano più nè picchi, nè montagne,nè burroni, nè orridi abissi, nè valloni boscosi, nè preci-pizi: tutto era piano; fiumi e mari erano insensibilmentescomparsi. Ma poichè gli agenti meteorici, le piogge e itorrenti, erano diminuiti insieme con le acque, gli ultimiabissi marini non erano stati interamente colmati e resta-vano vallate poco profonde, vestigia della struttura anti-ca del globo. Là si trovavano ancora alcuni terreni umidie ghiacciati, ma non vi era, per dir così, nessuna circola-zione d'acqua nell'atmosfera, e gli ultimi fiumi scorreva-no in corti sotterranei, come vene invisibili.

Per l'assenza di vapore acqueo nell'aria, il cielo erasempre puro, senza nuvole, senza piogge e senza nevi. IlSole, meno abbagliante e caldo che negli antichi giornidel mondo, brillava d'un chiarore giallo, di topazio.

Il cielo era verde mare, piuttosto che azzurro, l'atmo-sfera era notevolmente diminuita di estensione. L'ossi-geno e l'azoto si erano in parte fissati ai minerali, allostato di ossidi e di azotati, e l'acido carbonico era leg-

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germente aumentato, mentre i vegetali, mancando di ac-qua, erano divenuti sempre più rari e ne avevano assor-bito sempre meno. L'atmosfera era meno vasta e lo stra-to d'aria meno elevato. Ma la massa della Terra si eraaccresciuta di secolo in secolo, per la caduta incessantedelle stelle filanti, dei bolidi e degli uranoliti, in modoche l'atmosfera, pur essendo divenuta più scarsa, avevamantenuto la stessa densità e quasi la stessa pressione.

Fenomeno inaspettato, le nevi ed i ghiacci erano di-minuiti, a misura che il globo si raffreddava, perchè lacausa di questo raffreddamento era l'assenza di vaporeacqueo nell'atmosfera, e questa diminuzione di vaporeera corrispondente a quella della superficie dei mari. Dimano in mano che le acque erano penetrate nell'internodel globo di cui prima la profondità – in seguito al livel-lamento – poi la superfice erano diminuite, la terra pro-tettrice della vita, formata dallo strato invisibile del va-pore acqueo, aveva gradualmente perduto il suo valoreed era venuto il giorno in cui il calore del sole, non es-sendo più conservato da una protezione sufficiente, siperdeva nello spazio, come se si fosse riversato su diuno specchio, incapace di riscaldarsi.

Tale era lo stato del globo terrestre. Gli ultimi rappre-sentanti della specie umana avevano potuto sopravvive-re a tutte queste trasformazioni fisiche, grazie al geniodell'industria, trasformatosi, esso pure. Gli ultimi sforziavevano mirato ad estrarre di continuo le sostanze ali-mentari dall'aria, dalle acque sotterranee e dalle piante, e

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germente aumentato, mentre i vegetali, mancando di ac-qua, erano divenuti sempre più rari e ne avevano assor-bito sempre meno. L'atmosfera era meno vasta e lo stra-to d'aria meno elevato. Ma la massa della Terra si eraaccresciuta di secolo in secolo, per la caduta incessantedelle stelle filanti, dei bolidi e degli uranoliti, in modoche l'atmosfera, pur essendo divenuta più scarsa, avevamantenuto la stessa densità e quasi la stessa pressione.

Fenomeno inaspettato, le nevi ed i ghiacci erano di-minuiti, a misura che il globo si raffreddava, perchè lacausa di questo raffreddamento era l'assenza di vaporeacqueo nell'atmosfera, e questa diminuzione di vaporeera corrispondente a quella della superficie dei mari. Dimano in mano che le acque erano penetrate nell'internodel globo di cui prima la profondità – in seguito al livel-lamento – poi la superfice erano diminuite, la terra pro-tettrice della vita, formata dallo strato invisibile del va-pore acqueo, aveva gradualmente perduto il suo valoreed era venuto il giorno in cui il calore del sole, non es-sendo più conservato da una protezione sufficiente, siperdeva nello spazio, come se si fosse riversato su diuno specchio, incapace di riscaldarsi.

Tale era lo stato del globo terrestre. Gli ultimi rappre-sentanti della specie umana avevano potuto sopravvive-re a tutte queste trasformazioni fisiche, grazie al geniodell'industria, trasformatosi, esso pure. Gli ultimi sforziavevano mirato ad estrarre di continuo le sostanze ali-mentari dall'aria, dalle acque sotterranee e dalle piante, e

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a sostituire il vapore acqueo scomparso, per mezzo ditettoie e costruzioni di vetro.

Come vedemmo, era stato assolutamente necessarioimprigionare i raggi solari e impedirne ogni dispersionenello spazio. Era facile farne una grande provvista, giac-chè il Sole brillava tutto il giorno, senza che una nuvolalo oscurasse: e il giorno era lungo; cinquantacinque ore.

Da gran tempo tutti gli sforzi degli architetti mirava-no soltanto ad imprigionare i raggi solari e a far sì chenon si disperdessero durante le cinquantacinque ore del-la notte.

Erano arrivati ad una ingegnosa combinazione diapertura e chiusura, mediante molti tetti di vetro sovrap-posti, con schermi mobili. Così pure, da molto tempo,non c'era più combustibile di nessun genere, perchèl'idrogeno stesso delle acque molto difficilmente si pote-va usare per l'industria.

La temperatura media del giorno, all'aria libera, nonera eccessivamente bassa, perchè non scendeva oltre 15gradi14 sotto zero. Benchè si fossero trasformate durante

14 Più d'un lettore considererà sopportabilissimo questo clima,poichè all'epoca nostra si possono citare regioni, la cui temperatu-ra media è molto inferiore a questa, e che pure sono abitate, peresempio Verchnoiansk, la cui temperatura media annuale è di-19°,3. Ma in queste regioni vi è un'estate, in cui il ghiaccio siscioglie e se in gennaio si ha una temperatura di 60° e più sottozero, in luglio si arriva a 15° e 20° sopra zero. Invece, al punto acui siamo arrivati nella storia del mondo, questa temperatura me-dia della zona equatoriale era costante, ed i ghiacci non potevanomai sciogliersi.

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a sostituire il vapore acqueo scomparso, per mezzo ditettoie e costruzioni di vetro.

Come vedemmo, era stato assolutamente necessarioimprigionare i raggi solari e impedirne ogni dispersionenello spazio. Era facile farne una grande provvista, giac-chè il Sole brillava tutto il giorno, senza che una nuvolalo oscurasse: e il giorno era lungo; cinquantacinque ore.

Da gran tempo tutti gli sforzi degli architetti mirava-no soltanto ad imprigionare i raggi solari e a far sì chenon si disperdessero durante le cinquantacinque ore del-la notte.

Erano arrivati ad una ingegnosa combinazione diapertura e chiusura, mediante molti tetti di vetro sovrap-posti, con schermi mobili. Così pure, da molto tempo,non c'era più combustibile di nessun genere, perchèl'idrogeno stesso delle acque molto difficilmente si pote-va usare per l'industria.

La temperatura media del giorno, all'aria libera, nonera eccessivamente bassa, perchè non scendeva oltre 15gradi14 sotto zero. Benchè si fossero trasformate durante

14 Più d'un lettore considererà sopportabilissimo questo clima,poichè all'epoca nostra si possono citare regioni, la cui temperatu-ra media è molto inferiore a questa, e che pure sono abitate, peresempio Verchnoiansk, la cui temperatura media annuale è di-19°,3. Ma in queste regioni vi è un'estate, in cui il ghiaccio siscioglie e se in gennaio si ha una temperatura di 60° e più sottozero, in luglio si arriva a 15° e 20° sopra zero. Invece, al punto acui siamo arrivati nella storia del mondo, questa temperatura me-dia della zona equatoriale era costante, ed i ghiacci non potevanomai sciogliersi.

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i secoli, le specie vegetali non potevano più vivere, nep-pure in questa zona equatoriale.

In quanto alle altre latitudini, già da migliaia di annierano divenute assolutamente inabitabili, nonostante tut-ti gli sforzi fatti dagli uomini per rimanervi. Alle latitu-dini dove vivono oggi Parigi, Nizza, Roma, Napoli, Al-geri, Tunisi, non essendo più l'atmosfera una specie diterra protettrice, i raggi solari, obliqui, non potevano ri-scaldare più affatto e la terra restava gelata a qualunqueprofondità accessibile, come una vera e propria rocca dighiaccio.

Anche fra i tropici e l'equatore, i due ultimi gruppiumani rimasti a costo di mille difficoltà che si facevanod'anno in anno sempre più grandi, sopravvivevanoall'umanità scomparsa, vegetando, si può dire, sui suoiultimi resti.

In queste due vallate oceaniche poste, l'una verso gliabissi attuali dell'Oceano Pacifico, l'altra verso il Suddell'attuale isola di Ceylan, si erano estese, nei secoliprecedenti, due immense città di vetro, giacchè il ferroed il vetro erano da molto tempo i materiali essenzial-mente impiegati per tutte le costruzioni. Erano come im-mensi giardini d'inverno, a un solo piano, coi soffitti tra-sparenti sospesi a grande altezza. Restava ancora qual-che sala di quegli antichi palazzi. Le ultime piante colti-vate erano là, oltre a quelle che erano raccolte nelle gal-lerie sotterranee, conducenti ai fiumi interni.

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i secoli, le specie vegetali non potevano più vivere, nep-pure in questa zona equatoriale.

In quanto alle altre latitudini, già da migliaia di annierano divenute assolutamente inabitabili, nonostante tut-ti gli sforzi fatti dagli uomini per rimanervi. Alle latitu-dini dove vivono oggi Parigi, Nizza, Roma, Napoli, Al-geri, Tunisi, non essendo più l'atmosfera una specie diterra protettrice, i raggi solari, obliqui, non potevano ri-scaldare più affatto e la terra restava gelata a qualunqueprofondità accessibile, come una vera e propria rocca dighiaccio.

Anche fra i tropici e l'equatore, i due ultimi gruppiumani rimasti a costo di mille difficoltà che si facevanod'anno in anno sempre più grandi, sopravvivevanoall'umanità scomparsa, vegetando, si può dire, sui suoiultimi resti.

In queste due vallate oceaniche poste, l'una verso gliabissi attuali dell'Oceano Pacifico, l'altra verso il Suddell'attuale isola di Ceylan, si erano estese, nei secoliprecedenti, due immense città di vetro, giacchè il ferroed il vetro erano da molto tempo i materiali essenzial-mente impiegati per tutte le costruzioni. Erano come im-mensi giardini d'inverno, a un solo piano, coi soffitti tra-sparenti sospesi a grande altezza. Restava ancora qual-che sala di quegli antichi palazzi. Le ultime piante colti-vate erano là, oltre a quelle che erano raccolte nelle gal-lerie sotterranee, conducenti ai fiumi interni.

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Dappertutto, del resto, alla superficie dell'antico mon-do terrestre, non v'erano che rovine, e anche là non sitrovavano che le ultime tracce delle grandezze svanite.

Nella prima di queste città di cristallo, gli ultimi su-perstiti erano due vecchi e il figlio di uno di loro, Omé-gar. Il giovinetto errava disperato nelle vaste solitudini,dopo aver visto morire successivamente, di consunzio-ne, la madre e le sorelle. I due vecchi erano un antico fi-losofo, che aveva consacrato la sua lunga esistenza allostudio della storia dell'umanità morente, e un medico,che aveva inutilmente dedicato gli anni della sua vita asalvare dalla lenta degenerazione gli ultimi abitanti dellaTerra. I loro corpi apparivano emaciati dall'anemia, piut-tostochè dall'età. Erano pallidi come spettri, con le lun-ghe barbe bianche, e soltanto la loro energia moralesembrava conservarli ancora un istante contro il destinofinale.

Ma non poterono lottare a lungo contro questo desti-no: gli ultimi superstiti della razza erano condannaticome i loro antenati, ed un giorno Omégar li trovò diste-si, senza vita, uno vicino all'altro. Il primo aveva lascia-to sfuggire dalle mani morenti l'ultima storia che fossestata scritta, un mezzo secolo prima, delle ultime tra-sformazioni dell'umanità. Il secondo si era spento, men-tre cercava di conservare nel suo laboratorio gli ultimitubi alimentari, funzionanti per mezzo di macchine,mosse con la forza solare.

Gli ultimi domestici, scimmie trasformate da lungotempo con l'educazione, erano morti già da molti anni.

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Dappertutto, del resto, alla superficie dell'antico mon-do terrestre, non v'erano che rovine, e anche là non sitrovavano che le ultime tracce delle grandezze svanite.

Nella prima di queste città di cristallo, gli ultimi su-perstiti erano due vecchi e il figlio di uno di loro, Omé-gar. Il giovinetto errava disperato nelle vaste solitudini,dopo aver visto morire successivamente, di consunzio-ne, la madre e le sorelle. I due vecchi erano un antico fi-losofo, che aveva consacrato la sua lunga esistenza allostudio della storia dell'umanità morente, e un medico,che aveva inutilmente dedicato gli anni della sua vita asalvare dalla lenta degenerazione gli ultimi abitanti dellaTerra. I loro corpi apparivano emaciati dall'anemia, piut-tostochè dall'età. Erano pallidi come spettri, con le lun-ghe barbe bianche, e soltanto la loro energia moralesembrava conservarli ancora un istante contro il destinofinale.

Ma non poterono lottare a lungo contro questo desti-no: gli ultimi superstiti della razza erano condannaticome i loro antenati, ed un giorno Omégar li trovò diste-si, senza vita, uno vicino all'altro. Il primo aveva lascia-to sfuggire dalle mani morenti l'ultima storia che fossestata scritta, un mezzo secolo prima, delle ultime tra-sformazioni dell'umanità. Il secondo si era spento, men-tre cercava di conservare nel suo laboratorio gli ultimitubi alimentari, funzionanti per mezzo di macchine,mosse con la forza solare.

Gli ultimi domestici, scimmie trasformate da lungotempo con l'educazione, erano morti già da molti anni.

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Lo stesso era successo della maggior parte delle specieanimali, adibite a servizio dell'umanità. I cani, i cavalli,le renne, gli orsi e certi grandi uccelli addetti ai trasportiaerei, sopravvivevano ancora, ma tanto trasformati danon somigliare più affatto ai loro antenati.

La condanna irrevocabile della razza umana era evi-dente. A poco a poco, le scienze erano sparite cogliscienziati, le arti cogli artisti e gli ultimi esseri umaninon vivevano che del passato. I cuori non conoscevanopiù la speranza, nè le menti l'ambizione. La luce era die-tro: l'avvenire era notte eterna. Più niente! Le gloried'altri tempi erano svanite per sempre. Se qualche viag-giatore, sperduto nelle solitudini profonde, avesse cre-duto, nei secoli precedenti, di ritrovare il posto dove sor-geva una volta Parigi, o Roma, o le splendide capitalisuccesse a queste, non avrebbe avuto che un'illusionedella sua fantasia, perchè da milioni di anni non esiste-vano più neppure quei luoghi, spazzati via dal mare.Erano rimaste tradizioni vaghe, fluttuanti attraverso leetà, grazie alla durata della stampa e ai copisti delle cosepiù salienti della storia: ma anche queste tradizioni era-no incerte e spesso false, perchè riguardo a Parigi, peresempio, gli annali dei popoli avevano conservato il ri-cordo di una Parigi marittima e le migliaia d'anni di Pa-rigi, capitale della Francia, non avevano lasciato alcunatraccia.

I nomi che ci sembrano incancellabili, di Gesù, diMosè, di Confucio, di Platone, di Maometto, d'Alessan-dro, di Cesare, di Carlomagno, di Napoleone, della

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Lo stesso era successo della maggior parte delle specieanimali, adibite a servizio dell'umanità. I cani, i cavalli,le renne, gli orsi e certi grandi uccelli addetti ai trasportiaerei, sopravvivevano ancora, ma tanto trasformati danon somigliare più affatto ai loro antenati.

La condanna irrevocabile della razza umana era evi-dente. A poco a poco, le scienze erano sparite cogliscienziati, le arti cogli artisti e gli ultimi esseri umaninon vivevano che del passato. I cuori non conoscevanopiù la speranza, nè le menti l'ambizione. La luce era die-tro: l'avvenire era notte eterna. Più niente! Le gloried'altri tempi erano svanite per sempre. Se qualche viag-giatore, sperduto nelle solitudini profonde, avesse cre-duto, nei secoli precedenti, di ritrovare il posto dove sor-geva una volta Parigi, o Roma, o le splendide capitalisuccesse a queste, non avrebbe avuto che un'illusionedella sua fantasia, perchè da milioni di anni non esiste-vano più neppure quei luoghi, spazzati via dal mare.Erano rimaste tradizioni vaghe, fluttuanti attraverso leetà, grazie alla durata della stampa e ai copisti delle cosepiù salienti della storia: ma anche queste tradizioni era-no incerte e spesso false, perchè riguardo a Parigi, peresempio, gli annali dei popoli avevano conservato il ri-cordo di una Parigi marittima e le migliaia d'anni di Pa-rigi, capitale della Francia, non avevano lasciato alcunatraccia.

I nomi che ci sembrano incancellabili, di Gesù, diMosè, di Confucio, di Platone, di Maometto, d'Alessan-dro, di Cesare, di Carlomagno, di Napoleone, della

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Francia, dell'Italia, della Grecia, dell'Europa, dell'Ame-rica, non erano rimasti, erano scomparsi.

L'arte aveva conservato dei bei ricordi, ma erano lon-tani dalle epoche dell'infanzia dell'umanità e datavano,al più, da qualche milione d'anni. Si sarebbe potuto cre-dere che il pianeta fosse stato abitato da molte razze vis-sute consecutivamente, separate da diluvi o da nuovecreazioni.

Omégar si era fermato nell'antica galleria di quadri ri-masta dai secoli antecedenti, e contemplava l'immaginedelle grandi città scomparse. La sola che riguardaval'Europa antica mostrava la veduta di una grande capita-le, consistente in un promontorio proteso nel mare, incima al quale era un tempio astronomico: il quadro eraanimato da elicotteri aerei che volavano presso terrazzedi alte torri. Navi immense vogavano sul mare. QuestaParigi classica era quella del centosettantesimo secolodell'êra cristiana, corrispondente al centocinquantasette-simo della prima êra astronomica: era la Parigi, che ave-va preceduto l'invasione definitiva dell'oceano: anche ilsuo nome si era trasformato, poichè le parole cambiano,come gli esseri e le cose. Accanto, altri quadri rappre-sentavano le grandi città meno antiche, che avevano ir-raggiato il loro splendore sull'America, sull'Australia,sull'Asia e più tardi, sulle terre oceaniche emerse. E cosìquesta specie di museo retrospettivo richiamava allamente la successione dei fasti storici dell'umanità, sinoalla fine.

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Francia, dell'Italia, della Grecia, dell'Europa, dell'Ame-rica, non erano rimasti, erano scomparsi.

L'arte aveva conservato dei bei ricordi, ma erano lon-tani dalle epoche dell'infanzia dell'umanità e datavano,al più, da qualche milione d'anni. Si sarebbe potuto cre-dere che il pianeta fosse stato abitato da molte razze vis-sute consecutivamente, separate da diluvi o da nuovecreazioni.

Omégar si era fermato nell'antica galleria di quadri ri-masta dai secoli antecedenti, e contemplava l'immaginedelle grandi città scomparse. La sola che riguardaval'Europa antica mostrava la veduta di una grande capita-le, consistente in un promontorio proteso nel mare, incima al quale era un tempio astronomico: il quadro eraanimato da elicotteri aerei che volavano presso terrazzedi alte torri. Navi immense vogavano sul mare. QuestaParigi classica era quella del centosettantesimo secolodell'êra cristiana, corrispondente al centocinquantasette-simo della prima êra astronomica: era la Parigi, che ave-va preceduto l'invasione definitiva dell'oceano: anche ilsuo nome si era trasformato, poichè le parole cambiano,come gli esseri e le cose. Accanto, altri quadri rappre-sentavano le grandi città meno antiche, che avevano ir-raggiato il loro splendore sull'America, sull'Australia,sull'Asia e più tardi, sulle terre oceaniche emerse. E cosìquesta specie di museo retrospettivo richiamava allamente la successione dei fasti storici dell'umanità, sinoalla fine.

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La fine! La sua ora suonava al quadrante della sorte.Omégar sapeva che tutta la vita della Terra consistevaormai nel suo passato, che non esisteva per essa avveni-re e che il presente stesso stava per svanire, come il so-gno d'un istante. L'erede del genere umano sentì, nel suopensiero, tutto il profondo senso dell'infinita vanità dellecose.

Aspetterebbe forse che un miracolo inconcepibile po-tesse salvarlo dall'evidente condanna? Avrebbe sepolto ivecchi e diviso con loro la tomba? Avrebbe cercato dicontinuare qualche giorno, qualche settimana, qualcheanno, forse, un'esistenza solitaria, inutile e disperata?Errò tutto il giorno nelle vaste gallerie silenziose, e lasera s'abbandonò al sonno: tutto era nero intorno a lui,come la notte al sepolcro.

Un dolce sogno risvegliò il suo pensiero oppresso eavvolse l'anima sua in un'angelica luce.

Il sonno gli portò l'illusione della vita: non era piùsolo. Un'immagine seducente, vista più d'una volta, ap-parve dinanzi a lui. Occhi carezzevoli, splendenti di lucecelestiale, profondi come l'infinito, lo guardavano, lo at-tiravano.

Era in un giardino, pieno di fiori olezzanti; degli uc-cellini cantavano nei nidi, sotto il fogliame; e, in fondo,le immense rovine delle città morte apparivano, incorni-ciate dalle piante e dai fiori. Poi scorse un lago solcatoda uccelli, e due cigni, sfiorando l'acqua, gli portavanouna culla, dalla quale un fanciullino appena nato gli ten-deva le braccia.

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La fine! La sua ora suonava al quadrante della sorte.Omégar sapeva che tutta la vita della Terra consistevaormai nel suo passato, che non esisteva per essa avveni-re e che il presente stesso stava per svanire, come il so-gno d'un istante. L'erede del genere umano sentì, nel suopensiero, tutto il profondo senso dell'infinita vanità dellecose.

Aspetterebbe forse che un miracolo inconcepibile po-tesse salvarlo dall'evidente condanna? Avrebbe sepolto ivecchi e diviso con loro la tomba? Avrebbe cercato dicontinuare qualche giorno, qualche settimana, qualcheanno, forse, un'esistenza solitaria, inutile e disperata?Errò tutto il giorno nelle vaste gallerie silenziose, e lasera s'abbandonò al sonno: tutto era nero intorno a lui,come la notte al sepolcro.

Un dolce sogno risvegliò il suo pensiero oppresso eavvolse l'anima sua in un'angelica luce.

Il sonno gli portò l'illusione della vita: non era piùsolo. Un'immagine seducente, vista più d'una volta, ap-parve dinanzi a lui. Occhi carezzevoli, splendenti di lucecelestiale, profondi come l'infinito, lo guardavano, lo at-tiravano.

Era in un giardino, pieno di fiori olezzanti; degli uc-cellini cantavano nei nidi, sotto il fogliame; e, in fondo,le immense rovine delle città morte apparivano, incorni-ciate dalle piante e dai fiori. Poi scorse un lago solcatoda uccelli, e due cigni, sfiorando l'acqua, gli portavanouna culla, dalla quale un fanciullino appena nato gli ten-deva le braccia.

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Mai un tal raggio di luce aveva illuminato l'animasua. La sua commozione fu così viva che si svegliòd'improvviso, aprì gli occhi e rivide l'oscura realtà. Al-lora una tristezza anche più cupa di quella dei giornipassati, s'impadronì di tutto il suo essere; non trovò piùun minuto di calma; si alzò, tornò a letto, aspettò il gior-no penosamente. Ricordò il sogno, ma non ci credette.Sentiva vagamente che un altro essere esisteva ancora;ma la sua razza degenerata aveva perduto in parte le fa-coltà psichiche e forse, anzi certamente, la donna parvesempre all'uomo esercitare su di lui una più intensa for-za d'attrazione di quella esercitata dall'uomo sulla don-na.

Quando il giorno riportò la sua luce inesorabile,quando l'ultimo uomo rivide le rovine della sua anticacittà profilarsi nel chiarore dell'aurora, quando si ritrovòsolo coi due ultimi morti, sentì più che mai l'irrevocabi-lità del suo destino e, in un istante, decise di porre subi-to fine a una vita miserabile e disperata.

Andato nel laboratorio, cercò una boccetta il cui con-tenuto gli era ben noto, la stappò e la portò alle labbra,per vuotarla d'un fiato. Ma mentre il veleno gli toccavale labbra, sentì che una mano afferrava il suo braccio.

Si volse bruscamente. Nel laboratorio non c'era nes-suno; e nella galleria non ritrovò che i due morti.

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Mai un tal raggio di luce aveva illuminato l'animasua. La sua commozione fu così viva che si svegliòd'improvviso, aprì gli occhi e rivide l'oscura realtà. Al-lora una tristezza anche più cupa di quella dei giornipassati, s'impadronì di tutto il suo essere; non trovò piùun minuto di calma; si alzò, tornò a letto, aspettò il gior-no penosamente. Ricordò il sogno, ma non ci credette.Sentiva vagamente che un altro essere esisteva ancora;ma la sua razza degenerata aveva perduto in parte le fa-coltà psichiche e forse, anzi certamente, la donna parvesempre all'uomo esercitare su di lui una più intensa for-za d'attrazione di quella esercitata dall'uomo sulla don-na.

Quando il giorno riportò la sua luce inesorabile,quando l'ultimo uomo rivide le rovine della sua anticacittà profilarsi nel chiarore dell'aurora, quando si ritrovòsolo coi due ultimi morti, sentì più che mai l'irrevocabi-lità del suo destino e, in un istante, decise di porre subi-to fine a una vita miserabile e disperata.

Andato nel laboratorio, cercò una boccetta il cui con-tenuto gli era ben noto, la stappò e la portò alle labbra,per vuotarla d'un fiato. Ma mentre il veleno gli toccavale labbra, sentì che una mano afferrava il suo braccio.

Si volse bruscamente. Nel laboratorio non c'era nes-suno; e nella galleria non ritrovò che i due morti.

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CAPITOLO VI.EVA.

Fragilité des choses qui sont,Eternité des choses qu'on rêve.

DARMESTETER.

Fra le rovine dell'altra città equatoriale, posta nel fon-do della valle un tempo sotto-marina, al sud dell'anticaisola di Ceylan, una giovinetta restava sola, dopo avervisto morire, vittime del freddo e della consunzione, lasorella maggiore e la madre. Era l'ultima famiglia super-stite. Supremo avanzo dell'universale rovina, dopo lagraduale decadenza di tutta la specie umana, l'ultimarazza aristocratica, che si era conservata mediante sforziinauditi, e aveva lottato costantemente contro la miseriagenerale, nella vana speranza di sopravvivere al restodel mondo, durava ancora in mezzo alle rovine dei pa-lazzi antichi, faticosamente disputati alle ingiurie deltempo. Un ritorno atavico, che le leggi dell'eredità pos-sono spiegare, aveva dato all'ultimo fiore dell'alberoumano un raggio di bellezza, da lungo tempo svanitonella decadenza universale.

Era come un fiore che a fin di stagione si dischiudeall'ultimo sole d'autunno, sul tronco d'un albero morto.Da molto tempo, nelle campagne sterili, gli esseri invec-

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CAPITOLO VI.EVA.

Fragilité des choses qui sont,Eternité des choses qu'on rêve.

DARMESTETER.

Fra le rovine dell'altra città equatoriale, posta nel fon-do della valle un tempo sotto-marina, al sud dell'anticaisola di Ceylan, una giovinetta restava sola, dopo avervisto morire, vittime del freddo e della consunzione, lasorella maggiore e la madre. Era l'ultima famiglia super-stite. Supremo avanzo dell'universale rovina, dopo lagraduale decadenza di tutta la specie umana, l'ultimarazza aristocratica, che si era conservata mediante sforziinauditi, e aveva lottato costantemente contro la miseriagenerale, nella vana speranza di sopravvivere al restodel mondo, durava ancora in mezzo alle rovine dei pa-lazzi antichi, faticosamente disputati alle ingiurie deltempo. Un ritorno atavico, che le leggi dell'eredità pos-sono spiegare, aveva dato all'ultimo fiore dell'alberoumano un raggio di bellezza, da lungo tempo svanitonella decadenza universale.

Era come un fiore che a fin di stagione si dischiudeall'ultimo sole d'autunno, sul tronco d'un albero morto.Da molto tempo, nelle campagne sterili, gli esseri invec-

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chiati, spossati, rimpiccioliti di corpo e di spirito, ritor-nati allo stato selvaggio erano rimasti quasi tutti, morti,nelle solitudini ghiacciate. La fiamma della vita eraspenta.

Assisa sotto gli ultimi arbusti polari che nell'alta terramorivano uno dopo l'altro, la giovinetta teneva nelle suele mani fredde della madre, morta il giorno avanti, diconsunzione, nel fiore degli anni. La notte era gelida. Laluna piena splendeva come una fiamma d'oro nell'altodei cieli, ma i suoi raggi dorati erano freddi come i raggid'argento dell'antica Selene. Un silenzio profondo re-gnava nell'immensa sala; solitudine di morte che il solorespiro della fanciulla animava d'una specie di vita si-lenziosa.

Non piangeva più. I suoi sedici anni racchiudevanopiù esperienza e saggezza che sessanta delle epoche tra-montate. Sapeva ch'era l'ultima superstite del gruppoumano, allora estinto, e che ogni felicità, ogni gioia,ogni speranza erano scomparse per sempre. Nè presente,nè avvenire. La solitudine, il silenzio, la difficoltà fisicae morale di vivere, e ben presto il sonno eterno. Essapensava alle donne d'altri tempi, che avevano vissuto lavita reale dell'umanità, alle amanti, alle spose, alle ma-dri, e i suoi occhi rossi e inariditi non vedevano intornoche visioni di morte, e, al di là delle pareti di vetro, ildeserto sterile, gli ultimi ghiacci e le ultime nevi. Qual-che volta il cuore le batteva violentemente nel petto gio-vanile e le sue piccole mani non riuscivano a comprime-re quel palpito tumultuoso; qualche volta, invece, ogni

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chiati, spossati, rimpiccioliti di corpo e di spirito, ritor-nati allo stato selvaggio erano rimasti quasi tutti, morti,nelle solitudini ghiacciate. La fiamma della vita eraspenta.

Assisa sotto gli ultimi arbusti polari che nell'alta terramorivano uno dopo l'altro, la giovinetta teneva nelle suele mani fredde della madre, morta il giorno avanti, diconsunzione, nel fiore degli anni. La notte era gelida. Laluna piena splendeva come una fiamma d'oro nell'altodei cieli, ma i suoi raggi dorati erano freddi come i raggid'argento dell'antica Selene. Un silenzio profondo re-gnava nell'immensa sala; solitudine di morte che il solorespiro della fanciulla animava d'una specie di vita si-lenziosa.

Non piangeva più. I suoi sedici anni racchiudevanopiù esperienza e saggezza che sessanta delle epoche tra-montate. Sapeva ch'era l'ultima superstite del gruppoumano, allora estinto, e che ogni felicità, ogni gioia,ogni speranza erano scomparse per sempre. Nè presente,nè avvenire. La solitudine, il silenzio, la difficoltà fisicae morale di vivere, e ben presto il sonno eterno. Essapensava alle donne d'altri tempi, che avevano vissuto lavita reale dell'umanità, alle amanti, alle spose, alle ma-dri, e i suoi occhi rossi e inariditi non vedevano intornoche visioni di morte, e, al di là delle pareti di vetro, ildeserto sterile, gli ultimi ghiacci e le ultime nevi. Qual-che volta il cuore le batteva violentemente nel petto gio-vanile e le sue piccole mani non riuscivano a comprime-re quel palpito tumultuoso; qualche volta, invece, ogni

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vita sembrava arrestata in lei e il respiro stesso restavasospeso. Appena si addormentava un momento, ricorda-va, in sogno, i suoi giochi d'altri tempi, sua sorella alle-gra e spensierata, sua madre che cantava, con una vocelimpida e penetrante, i versi ispirati degli ultimi poeti, ele pareva di rivedere le ultime feste di una brillante so-cietà, come riflesse nella luce di uno specchio lontano.Poi, al risveglio, l'incanto dei ricordi svaniva per darluogo alla funebre realtà! Sola! sola al mondo!

E domani la morte, senz'aver conosciuto la vita. Fineineluttabile, ribellioni inutili, condanna del destino, erala legge brutale: non c'era che da obbedire, da aspettar lafine che non poteva essere lontana, poichè nè l'alimenta-zione, nè la respirazione mantenevano le funzioni orga-niche, oppure non aspettarla, e liberarsi subito di unavita dolorosa e irrimediabilmente condannata.

Si diresse verso la sala da bagno, dove l'acqua tepidacircolava ancora, sebbene gli apparecchi fornitidall'industria per tutte le cure domestiche avessero ces-sato di essere mantenuti in uso: infatti gli ultimi servito-ri (razze speciali discendenti dalle antiche scimmie etrasformate come la razza umana per l'impoverirsi dellecondizioni della vita terrestre) erano morti, vittime delladiminuzione graduale delle acque. Si tuffò nell'acquaprofumata, girò un commutatore che fece arrivare la for-za elettrica, proveniente da corsi d'acqua sotterranei,non ancora gelati, e parve, in quel riposo riparatore, di-menticare un istante la condanna del destino. Uno spet-tatore indiscreto che l'avesse contemplata poco dopo, in

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vita sembrava arrestata in lei e il respiro stesso restavasospeso. Appena si addormentava un momento, ricorda-va, in sogno, i suoi giochi d'altri tempi, sua sorella alle-gra e spensierata, sua madre che cantava, con una vocelimpida e penetrante, i versi ispirati degli ultimi poeti, ele pareva di rivedere le ultime feste di una brillante so-cietà, come riflesse nella luce di uno specchio lontano.Poi, al risveglio, l'incanto dei ricordi svaniva per darluogo alla funebre realtà! Sola! sola al mondo!

E domani la morte, senz'aver conosciuto la vita. Fineineluttabile, ribellioni inutili, condanna del destino, erala legge brutale: non c'era che da obbedire, da aspettar lafine che non poteva essere lontana, poichè nè l'alimenta-zione, nè la respirazione mantenevano le funzioni orga-niche, oppure non aspettarla, e liberarsi subito di unavita dolorosa e irrimediabilmente condannata.

Si diresse verso la sala da bagno, dove l'acqua tepidacircolava ancora, sebbene gli apparecchi fornitidall'industria per tutte le cure domestiche avessero ces-sato di essere mantenuti in uso: infatti gli ultimi servito-ri (razze speciali discendenti dalle antiche scimmie etrasformate come la razza umana per l'impoverirsi dellecondizioni della vita terrestre) erano morti, vittime delladiminuzione graduale delle acque. Si tuffò nell'acquaprofumata, girò un commutatore che fece arrivare la for-za elettrica, proveniente da corsi d'acqua sotterranei,non ancora gelati, e parve, in quel riposo riparatore, di-menticare un istante la condanna del destino. Uno spet-tatore indiscreto che l'avesse contemplata poco dopo, in

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piedi, su una pelle d'orso davanti all'alto specchio che ri-fletteva la sua immagine, mentre s'intrecciava sulla testai riccioli della lunga capigliatura d'un castagno pallido,quasi biondo, avrebbe potuto vedere un sorriso sfiorarlele labbra, attestante che in quel momento ella dimentica-va il suo nero destino. La fanciulla ritrovava, in un altroluogo, le risorse che i giorni precedenti le avevano datogli elementi dell'alimentazione moderna, estratti delleacque, dell'aria, delle piante e dei frutti, automaticamen-te coltivati nelle serre dalla sola energia solare.

Tutto andava come un orologio. Da molte migliaia dianni, tutto il genio degli uomini era stato quasi esclusi-vamente rivolto a dominare la legge del destino.

Si erano costrette le ultime acque a circolare in canaliinterni dove si era fatto discendere il calore solare. Sierano conquistati gli ultimi animali per farne i servitoripassivi delle macchine, e le ultime piante per sviluppar-ne al massimo le proprietà nutritive. Si era finito per vi-vere di niente, come quantità, poichè ogni sostanza ali-mentare, recentemente creata, era completamente assi-milabile. Le ultime città umane erano serre soleggiate,dove arrivavano tutte le sostanze acquose necessarieall'alimentazione, sostituite alle antiche produzioni dellanatura. Ma di secolo in secolo era stato sempre più diffi-cile ottenere i prodotti indispensabili alla vita. La minie-ra aveva finito con l'esaurirsi. La materia era stata vintadall'intelligenza, ma era venuto il giorno in cui l'intelli-genza a sua volta, doveva esser vinta: tutti i lavoratorierano morti poichè la Terra aveva cessato di fornirne. Vi

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piedi, su una pelle d'orso davanti all'alto specchio che ri-fletteva la sua immagine, mentre s'intrecciava sulla testai riccioli della lunga capigliatura d'un castagno pallido,quasi biondo, avrebbe potuto vedere un sorriso sfiorarlele labbra, attestante che in quel momento ella dimentica-va il suo nero destino. La fanciulla ritrovava, in un altroluogo, le risorse che i giorni precedenti le avevano datogli elementi dell'alimentazione moderna, estratti delleacque, dell'aria, delle piante e dei frutti, automaticamen-te coltivati nelle serre dalla sola energia solare.

Tutto andava come un orologio. Da molte migliaia dianni, tutto il genio degli uomini era stato quasi esclusi-vamente rivolto a dominare la legge del destino.

Si erano costrette le ultime acque a circolare in canaliinterni dove si era fatto discendere il calore solare. Sierano conquistati gli ultimi animali per farne i servitoripassivi delle macchine, e le ultime piante per sviluppar-ne al massimo le proprietà nutritive. Si era finito per vi-vere di niente, come quantità, poichè ogni sostanza ali-mentare, recentemente creata, era completamente assi-milabile. Le ultime città umane erano serre soleggiate,dove arrivavano tutte le sostanze acquose necessarieall'alimentazione, sostituite alle antiche produzioni dellanatura. Ma di secolo in secolo era stato sempre più diffi-cile ottenere i prodotti indispensabili alla vita. La minie-ra aveva finito con l'esaurirsi. La materia era stata vintadall'intelligenza, ma era venuto il giorno in cui l'intelli-genza a sua volta, doveva esser vinta: tutti i lavoratorierano morti poichè la Terra aveva cessato di fornirne. Vi

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era stata una lotta gigantesca e di una formidabile ener-gia, da parte dell'uomo che non voleva morire.

Ma gli ultimi sforzi non avevano potuto impedire cheil globo terrestre assorbisse le acque, e le ultime riservemesse da parte da una scienza che pareva più forte dellanatura stessa erano arrivate all'estremo.

Eva era tornata presso il cadavere della madre: le pre-se ancora le mani gelate, tra le sue. Le facoltà psichichedegli esseri umani degli ultimi giorni avevano acquista-to – dicemmo – una potenza trascendentale. La fanciullapensò un momento di evocare sua madre dal mondo del-le ombre. Le pareva di desiderar da lei, se non un'appro-vazione, almeno un consiglio. Un'idea la dominava mi-steriosamente, la tormentava e l'affascinava. E soltantoquest'idea ora le impediva di desiderare una morte im-mediata.

Vedeva, da lontano, la sola anima che potesse rispon-dere alla sua. Dacchè era nata, nessun'uomo aveva vis-suto nelle tribù di cui essa era l'ultimo rampollo. Là, ledonne erano sopravvissute al sesso già qualificato sessoforte. I quadri sospesi lungo la grande sala della biblio-teca le raffiguravano gli antenati e gli antichi personaggicelebri della città. I libri, le incisioni, le statue le mostra-vano l'uomo, ma essa non lo aveva visto mai.

Tuttavia essa sognava e spesso immagini ignote chela turbavano passavano dinanzi ai suoi occhi chiusi.L'anima sua si perdeva nel mistero ignorato, il sogno latrasportava in una vita nuova, e l'amore non le sembravaancora del tutto esulato dalla Terra. Dopo il regno supre-

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era stata una lotta gigantesca e di una formidabile ener-gia, da parte dell'uomo che non voleva morire.

Ma gli ultimi sforzi non avevano potuto impedire cheil globo terrestre assorbisse le acque, e le ultime riservemesse da parte da una scienza che pareva più forte dellanatura stessa erano arrivate all'estremo.

Eva era tornata presso il cadavere della madre: le pre-se ancora le mani gelate, tra le sue. Le facoltà psichichedegli esseri umani degli ultimi giorni avevano acquista-to – dicemmo – una potenza trascendentale. La fanciullapensò un momento di evocare sua madre dal mondo del-le ombre. Le pareva di desiderar da lei, se non un'appro-vazione, almeno un consiglio. Un'idea la dominava mi-steriosamente, la tormentava e l'affascinava. E soltantoquest'idea ora le impediva di desiderare una morte im-mediata.

Vedeva, da lontano, la sola anima che potesse rispon-dere alla sua. Dacchè era nata, nessun'uomo aveva vis-suto nelle tribù di cui essa era l'ultimo rampollo. Là, ledonne erano sopravvissute al sesso già qualificato sessoforte. I quadri sospesi lungo la grande sala della biblio-teca le raffiguravano gli antenati e gli antichi personaggicelebri della città. I libri, le incisioni, le statue le mostra-vano l'uomo, ma essa non lo aveva visto mai.

Tuttavia essa sognava e spesso immagini ignote chela turbavano passavano dinanzi ai suoi occhi chiusi.L'anima sua si perdeva nel mistero ignorato, il sogno latrasportava in una vita nuova, e l'amore non le sembravaancora del tutto esulato dalla Terra. Dopo il regno supre-

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mo del freddo, da molti anni, le comunicazioni elettri-che fra gli ultimi focolari umani del globo si erano arre-state. Non si parlava, non si vedeva, non si sentiva più adistanza.

Ma essa conosceva la città oceanica, come se l'avessevista, e quando fissava lo sguardo sulla grande sfera,raffigurante la Terra, nel centro della biblioteca, quando,poi, chiudeva gli occhi e vi ripensava, quando applicavail suo senso psichico all'oggetto della sua volontà, agivaa distanza con una intensità d'un ordine differente, matanto efficace quanto quella degli antichi apparecchielettrici. Essa chiamava e sentiva che un altro pensierola intendeva.

La notte precedente era volata con la mente all'anticacittà di Omégar, e per un momento le era apparso in so-gno. La mattina aveva visto da lontano il suo atto dispe-rato, e, con un supremo sforzo di volontà, gli aveva fer-mato il braccio.

Ed ecco che subito era ricaduta, sognante e come as-sopita, nella sua poltrona, davanti al cadavere disteso disua madre: il suo pensiero errante si librava sulla cittàoceanica e l'anima sua cercava l'anima sorella, la solaanima che vivesse ancora sulla Terra. Nell'ultima cittàoceanica, Omégar la intese. Lentamente, come sveglian-dosi, salì sullo scalo delle aeronavi e quasi soggetto auna misteriosa influenza, obbedì alla voce lontana.L'aeronave elettrica prese il volo verso l'occidente, tra-versò le fredde terre tropicali che occupavano il postodell'antico Oceano Pacifico, della Polinesia, della Male-

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mo del freddo, da molti anni, le comunicazioni elettri-che fra gli ultimi focolari umani del globo si erano arre-state. Non si parlava, non si vedeva, non si sentiva più adistanza.

Ma essa conosceva la città oceanica, come se l'avessevista, e quando fissava lo sguardo sulla grande sfera,raffigurante la Terra, nel centro della biblioteca, quando,poi, chiudeva gli occhi e vi ripensava, quando applicavail suo senso psichico all'oggetto della sua volontà, agivaa distanza con una intensità d'un ordine differente, matanto efficace quanto quella degli antichi apparecchielettrici. Essa chiamava e sentiva che un altro pensierola intendeva.

La notte precedente era volata con la mente all'anticacittà di Omégar, e per un momento le era apparso in so-gno. La mattina aveva visto da lontano il suo atto dispe-rato, e, con un supremo sforzo di volontà, gli aveva fer-mato il braccio.

Ed ecco che subito era ricaduta, sognante e come as-sopita, nella sua poltrona, davanti al cadavere disteso disua madre: il suo pensiero errante si librava sulla cittàoceanica e l'anima sua cercava l'anima sorella, la solaanima che vivesse ancora sulla Terra. Nell'ultima cittàoceanica, Omégar la intese. Lentamente, come sveglian-dosi, salì sullo scalo delle aeronavi e quasi soggetto auna misteriosa influenza, obbedì alla voce lontana.L'aeronave elettrica prese il volo verso l'occidente, tra-versò le fredde terre tropicali che occupavano il postodell'antico Oceano Pacifico, della Polinesia, della Male-

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sia, delle isole della Sonda, e andò a posarsi sulla piatta-forma dell'antico palazzo di cristallo, dove la giovinettafu scossa dal suo sogno dalla caduta del viaggiatore ae-reo, che si precipitava ai suoi piedi.

Fuggì, spaventata, in fondo all'immensa sala; e solle-vava la pesante portiera che divideva quella sala dallabiblioteca, quando, giunto vicino a lei, egli si fermò, leprese, inginocchiandosi, una mano tra le sue e le dissecon semplicità:

— M'avete chiamato; son venuto.E aggiunse subito: – Io vi conoscevo da molto tempo,

sapevo che esistevate, vi ho veduta spesso; voi siete ilrichiamo perpetuo dell'anima mia. Ma io non avevo maiosato di venire. –

La fanciulla lo aveva rialzato: – Amico mio – disse –io so che siamo soli al mondo e che stiamo per morire.Una voce più forte di me m'ha ordinato di chiamarvi. Miè parso che fosse il pensiero ultimo di mia madre, l'ulti-mo, dall'al di là. Vedete! essa dorme così da ieri. Com'èlunga questa notte! –

Il giovane si era inginocchiato e aveva preso la manodella morta. Erano là tutti e due, davanti al letto funebre,come assorti in una preghiera.

Dolcemente si chinò verso la giovine.Le loro teste si sfiorarono. Egli abbandonò la mano

della morta.Eva ebbe un brivido. – No! – diss'ella.Ma, tutto a un tratto, Omégar si alzò, terrorizzato, con

gli occhi sbarrati. La morta si era svegliata. Aveva ritira-

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sia, delle isole della Sonda, e andò a posarsi sulla piatta-forma dell'antico palazzo di cristallo, dove la giovinettafu scossa dal suo sogno dalla caduta del viaggiatore ae-reo, che si precipitava ai suoi piedi.

Fuggì, spaventata, in fondo all'immensa sala; e solle-vava la pesante portiera che divideva quella sala dallabiblioteca, quando, giunto vicino a lei, egli si fermò, leprese, inginocchiandosi, una mano tra le sue e le dissecon semplicità:

— M'avete chiamato; son venuto.E aggiunse subito: – Io vi conoscevo da molto tempo,

sapevo che esistevate, vi ho veduta spesso; voi siete ilrichiamo perpetuo dell'anima mia. Ma io non avevo maiosato di venire. –

La fanciulla lo aveva rialzato: – Amico mio – disse –io so che siamo soli al mondo e che stiamo per morire.Una voce più forte di me m'ha ordinato di chiamarvi. Miè parso che fosse il pensiero ultimo di mia madre, l'ulti-mo, dall'al di là. Vedete! essa dorme così da ieri. Com'èlunga questa notte! –

Il giovane si era inginocchiato e aveva preso la manodella morta. Erano là tutti e due, davanti al letto funebre,come assorti in una preghiera.

Dolcemente si chinò verso la giovine.Le loro teste si sfiorarono. Egli abbandonò la mano

della morta.Eva ebbe un brivido. – No! – diss'ella.Ma, tutto a un tratto, Omégar si alzò, terrorizzato, con

gli occhi sbarrati. La morta si era svegliata. Aveva ritira-

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to la mano che egli aveva preso nelle sue; aperti gli oc-chi, fece un movimento e li guardò.

— Esco da uno strano sogno – disse, senza sembraresorpresa della presenza di Omégar: guardate, figli miei,eccolo. –

Stendendo la mano, mostrò loro nel cielo il pianetaGiove, raggiante di una splendida luce.

Guardando l'astro, essi lo videro avvicinare, ingrandi-re smisuratamente, prendere il posto del paesaggio pola-re, offrirsi, in tutta la sua estensione, alla loro contem-plazione attonita.

Mari immensi vi erano, coperti di navi: flottiglie ae-ree navigavano nell'aria; le rive dei mari, le foci deigrandi fiumi erano centri di attività prodigiosa: cittàsplendide apparivano, popolate di folla in movimento:non si distinguevano i particolari di queste abitazioni, nèla forma di questi esseri nuovi, ma s'indovinava che làdentro vi era un'umanità tutta diversa dalla nostra, cheviveva in mezzo a un'altra natura, che aveva a sua di-sposizione altri organi, altri sensi, e s'indovinava ancheche quello era un mondo meraviglioso, incomparabil-mente superiore alla Terra.

«Ecco dove saremo domani – disse la morta – e doveritroveremo tutta l'antica umanità terrestre, perfezionatae trasformata. Giove ha ricevuto l'eredità della Terra, ilnostro mondo ha compiuto l'opera sua. Non vi sarannoaltre generazione quaggiù. Addio!»

Ella tese loro le braccia. Il giovane e la fanciulla sichinarono sul suo pallido viso e posarono un lungo ba-

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to la mano che egli aveva preso nelle sue; aperti gli oc-chi, fece un movimento e li guardò.

— Esco da uno strano sogno – disse, senza sembraresorpresa della presenza di Omégar: guardate, figli miei,eccolo. –

Stendendo la mano, mostrò loro nel cielo il pianetaGiove, raggiante di una splendida luce.

Guardando l'astro, essi lo videro avvicinare, ingrandi-re smisuratamente, prendere il posto del paesaggio pola-re, offrirsi, in tutta la sua estensione, alla loro contem-plazione attonita.

Mari immensi vi erano, coperti di navi: flottiglie ae-ree navigavano nell'aria; le rive dei mari, le foci deigrandi fiumi erano centri di attività prodigiosa: cittàsplendide apparivano, popolate di folla in movimento:non si distinguevano i particolari di queste abitazioni, nèla forma di questi esseri nuovi, ma s'indovinava che làdentro vi era un'umanità tutta diversa dalla nostra, cheviveva in mezzo a un'altra natura, che aveva a sua di-sposizione altri organi, altri sensi, e s'indovinava ancheche quello era un mondo meraviglioso, incomparabil-mente superiore alla Terra.

«Ecco dove saremo domani – disse la morta – e doveritroveremo tutta l'antica umanità terrestre, perfezionatae trasformata. Giove ha ricevuto l'eredità della Terra, ilnostro mondo ha compiuto l'opera sua. Non vi sarannoaltre generazione quaggiù. Addio!»

Ella tese loro le braccia. Il giovane e la fanciulla sichinarono sul suo pallido viso e posarono un lungo ba-

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cio sulla sua fronte. Ma si accorsero che questa fronte,nonostante lo strano risveglio, era rimasta fredda comeun marmo. La morta aveva chiuso gli occhi e non li ria-prì più.

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cio sulla sua fronte. Ma si accorsero che questa fronte,nonostante lo strano risveglio, era rimasta fredda comeun marmo. La morta aveva chiuso gli occhi e non li ria-prì più.

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CAPITOLO VII.ULTIMO GIORNO.

«Amour, être de 1'être! Amour, âme de l'âme».LAMARTINE, Harmonies.

È dolce vivere.... L'amore tien luogo di tutto, fa di-menticar tutto. Musica ineffabile dei cuori, la tua divinamelodia avvolge l'essere nell'estasi delle voluttà infinite!Quali storici illustri hanno celebrato gli eroi del progres-so, la gloria delle armi, le conquiste dell'intelligenza e lescienze dell'intelletto? Dopo tanti secoli di lavoro e dilotte, non restava sulla Terra che il palpito di due cuori, ibaci di due esseri; non restava che l'amore. E l'amore eraormai il sentimento supremo, dominante, come un faroinestinguibile, l'immenso oceano delle età scomparse.

Morire! non vi pensavano neppure. Non si bastavano,loro soli? Il freddo li penetrava fino alle midolle; manon avevano in petto un ardore, sufficente a vincere lanatura? Il Sole non brillava sempre del più radioso ful-gore, e la condanna finale della Terra non poteva essereritardata ancora a lungo? Omégar cercava da molto tem-po di mantenere tutto il meraviglioso sistema organicoper mezzo dell'estrazione automatica di principî alimen-tari dall'aria, dall'acqua e dalle piante, e pareva che viriuscisse. In altri tempi, dopo la caduta dell'impero ro-

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CAPITOLO VII.ULTIMO GIORNO.

«Amour, être de 1'être! Amour, âme de l'âme».LAMARTINE, Harmonies.

È dolce vivere.... L'amore tien luogo di tutto, fa di-menticar tutto. Musica ineffabile dei cuori, la tua divinamelodia avvolge l'essere nell'estasi delle voluttà infinite!Quali storici illustri hanno celebrato gli eroi del progres-so, la gloria delle armi, le conquiste dell'intelligenza e lescienze dell'intelletto? Dopo tanti secoli di lavoro e dilotte, non restava sulla Terra che il palpito di due cuori, ibaci di due esseri; non restava che l'amore. E l'amore eraormai il sentimento supremo, dominante, come un faroinestinguibile, l'immenso oceano delle età scomparse.

Morire! non vi pensavano neppure. Non si bastavano,loro soli? Il freddo li penetrava fino alle midolle; manon avevano in petto un ardore, sufficente a vincere lanatura? Il Sole non brillava sempre del più radioso ful-gore, e la condanna finale della Terra non poteva essereritardata ancora a lungo? Omégar cercava da molto tem-po di mantenere tutto il meraviglioso sistema organicoper mezzo dell'estrazione automatica di principî alimen-tari dall'aria, dall'acqua e dalle piante, e pareva che viriuscisse. In altri tempi, dopo la caduta dell'impero ro-

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mano, si era visto per secoli che i barbari utilizzavanogli acquedotti, i bagni, le sorgenti termali e tutti i ritro-vati della civiltà, dal tempo di Cesare, e attingevano daindustrie scomparse gli elementi della loro vita.

Un giorno videro arrivare, in quest'ultimo palazzodell'ultima capitale, un gruppo di esseri deboli, disgra-ziati, mezzo selvaggi, che non avevano quasi più nullad'umano e che parevano ritornati alle primitive razzescimmiesche, sparite da tanto tempo.

Era una famiglia errante, avanzo d'una razza degene-rata, che veniva a cercare un rifugio contro la morte. Inseguito all'impoverimento secolare delle condizioni del-la vita sul pianeta terrestre, l'umanità, che per molti mi-lioni di anni aveva regnato, come sovrana vittoriosa del-la natura, raggiunta l'unità, così a lungo attesa, formataormai una sola specie, nella quale tutte le antiche varietàsi erano fuse, quest'umanità superiore e omogenea avevagradualmente perduto la sua forza e la sua grandezza.Le influenze locali di climi e di ambienti non avevanotardato ad esercitare la loro azione e a disgregare l'unitàraggiunta; e nuove varietà, nuove razze si erano forma-te. A gran fatica le due civiltà più solide e più energicheavevano resistito e si erano conservate, come abbiamovisto, intellettualmente elevate. Tutto il resto dell'umani-tà aveva subito il peso degli anni indebolendosi e modi-ficandosi sotto l'azione delle influenze preponderanti.L'antica legge del progresso aveva ceduto a una speciedi legge di decadenza; la materia aveva ripreso i suoi di-ritti e l'uomo ritornava verso l'animalità. Ma tutte quelle

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mano, si era visto per secoli che i barbari utilizzavanogli acquedotti, i bagni, le sorgenti termali e tutti i ritro-vati della civiltà, dal tempo di Cesare, e attingevano daindustrie scomparse gli elementi della loro vita.

Un giorno videro arrivare, in quest'ultimo palazzodell'ultima capitale, un gruppo di esseri deboli, disgra-ziati, mezzo selvaggi, che non avevano quasi più nullad'umano e che parevano ritornati alle primitive razzescimmiesche, sparite da tanto tempo.

Era una famiglia errante, avanzo d'una razza degene-rata, che veniva a cercare un rifugio contro la morte. Inseguito all'impoverimento secolare delle condizioni del-la vita sul pianeta terrestre, l'umanità, che per molti mi-lioni di anni aveva regnato, come sovrana vittoriosa del-la natura, raggiunta l'unità, così a lungo attesa, formataormai una sola specie, nella quale tutte le antiche varietàsi erano fuse, quest'umanità superiore e omogenea avevagradualmente perduto la sua forza e la sua grandezza.Le influenze locali di climi e di ambienti non avevanotardato ad esercitare la loro azione e a disgregare l'unitàraggiunta; e nuove varietà, nuove razze si erano forma-te. A gran fatica le due civiltà più solide e più energicheavevano resistito e si erano conservate, come abbiamovisto, intellettualmente elevate. Tutto il resto dell'umani-tà aveva subito il peso degli anni indebolendosi e modi-ficandosi sotto l'azione delle influenze preponderanti.L'antica legge del progresso aveva ceduto a una speciedi legge di decadenza; la materia aveva ripreso i suoi di-ritti e l'uomo ritornava verso l'animalità. Ma tutte quelle

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razze esistenti durante la vecchiezza del mondo, cadu-che e disgregate, avevano dovuto successivamente soc-combere. Solo qualche gruppo di spettri errava tra le ro-vine del passato.

Omégar cercò di adibire questi servitori di nuovo ge-nere al mantenimento degli apparecchi di chimica culi-naria, che ancora funzionavano, e sopra tutto alla con-servazione e alla utilizzazione del calore solare. La spe-ranza rifulse sulla loro amorosa convivenza, come il ful-gido arcobaleno dopo la tetra pioggia: obliarono il pas-sato e divennero incuranti dell'avvenire, tutti presi dallafelicità presente.

Vissero così molti mesi nell'ebbrezza della irresistibi-le passione che li univa. È stato detto che l'amore è lapoesia dei sensi e il bacio eterno delle anime, è statodetto anche che gloria, scienza, spirito, bellezza, gioven-tù, fortuna, tutto è impotente a dare la felicità senzal'amore. Noi potremmo aggiungere che in quell'ultimogiorno del mondo, quel solo amore brillava ancora,come una stella, nella notte universale.

I due amanti non si accorgevano di abbracciarsi nellabara.

Qualche volta la sera, quando il sole era tramontatodietro le rovine, Eva sentiva l'anima oppressa, contem-plando l'immenso deserto che li circondava e, pure strin-gendo il suo diletto tra le braccia, non poteva trattenerele lacrime che le annebbiavano gli occhi. Sì, speravanell'avvenire. Ma quale solitudine e quale silenzio! Qua-le strana eredità di una umanità così radiosa! I ricordi

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razze esistenti durante la vecchiezza del mondo, cadu-che e disgregate, avevano dovuto successivamente soc-combere. Solo qualche gruppo di spettri errava tra le ro-vine del passato.

Omégar cercò di adibire questi servitori di nuovo ge-nere al mantenimento degli apparecchi di chimica culi-naria, che ancora funzionavano, e sopra tutto alla con-servazione e alla utilizzazione del calore solare. La spe-ranza rifulse sulla loro amorosa convivenza, come il ful-gido arcobaleno dopo la tetra pioggia: obliarono il pas-sato e divennero incuranti dell'avvenire, tutti presi dallafelicità presente.

Vissero così molti mesi nell'ebbrezza della irresistibi-le passione che li univa. È stato detto che l'amore è lapoesia dei sensi e il bacio eterno delle anime, è statodetto anche che gloria, scienza, spirito, bellezza, gioven-tù, fortuna, tutto è impotente a dare la felicità senzal'amore. Noi potremmo aggiungere che in quell'ultimogiorno del mondo, quel solo amore brillava ancora,come una stella, nella notte universale.

I due amanti non si accorgevano di abbracciarsi nellabara.

Qualche volta la sera, quando il sole era tramontatodietro le rovine, Eva sentiva l'anima oppressa, contem-plando l'immenso deserto che li circondava e, pure strin-gendo il suo diletto tra le braccia, non poteva trattenerele lacrime che le annebbiavano gli occhi. Sì, speravanell'avvenire. Ma quale solitudine e quale silenzio! Qua-le strana eredità di una umanità così radiosa! I ricordi

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erano là. I libri della biblioteca raccontavano le gloriedel passato, le incisioni le facevano rivivere dinanzi agliocchi meravigliati; gli apparecchi fonografici facevanoudire, quando si voleva, le voci dei morti illustri, el'immagine stessa di quei morti poteva apparire a volon-tà sul lucido schermo delle proiezioni telefotiche. Neivecchi forzieri di metallo grandi come stanze, le mani sipotevano tuffare in miliardi di monete d'oro di ogni pesoe di ogni impronta, vana eredità di ricchezze inutilmenteaccumulate. Gli strumenti di fisica e d'astronomia cheavevano trasformato il mondo giacevano nella polvere.Padroni del mondo, di tutti quanti i suoi valori, posses-sori di tutto, i due erano più poveri dei più poveri deitempi antichi.

«A che ha servito, dunque, tutto? – diceva ella, men-tre i suoi occhi vagavano su quei ricordi della mortaumanità; – sì, a che hanno valso tutti i lavori, tutti glisforzi, tutte le scoperte e le conquiste, tutti i delitti e tut-te le virtù? Tutte le nazioni, a loro volta, hanno raggiun-to l'apogeo della grandezza e sono scomparse, ed ognicittà è stata raggiante di gloria e di piacere e si è sgreto-lata in polvere. Ecco le rovine; la Terra ne è coperta: leantiche sono sepolte dalle recenti; rovine su rovine. Leultime avranno la stessa sorte. Dei miliardi di uominiche hanno vissuto qui, che resta? Niente. E perchè dun-que, dì, o mio adorato, tu che sai tutto, perchè dunqueDio ha creato la Terra?... E perchè aveva creato l'umani-tà? Non è un poco folle Dio, o mio amore? Tutti i mi-liardi di uomini che hanno pullulato sulla Terra e si sono

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erano là. I libri della biblioteca raccontavano le gloriedel passato, le incisioni le facevano rivivere dinanzi agliocchi meravigliati; gli apparecchi fonografici facevanoudire, quando si voleva, le voci dei morti illustri, el'immagine stessa di quei morti poteva apparire a volon-tà sul lucido schermo delle proiezioni telefotiche. Neivecchi forzieri di metallo grandi come stanze, le mani sipotevano tuffare in miliardi di monete d'oro di ogni pesoe di ogni impronta, vana eredità di ricchezze inutilmenteaccumulate. Gli strumenti di fisica e d'astronomia cheavevano trasformato il mondo giacevano nella polvere.Padroni del mondo, di tutti quanti i suoi valori, posses-sori di tutto, i due erano più poveri dei più poveri deitempi antichi.

«A che ha servito, dunque, tutto? – diceva ella, men-tre i suoi occhi vagavano su quei ricordi della mortaumanità; – sì, a che hanno valso tutti i lavori, tutti glisforzi, tutte le scoperte e le conquiste, tutti i delitti e tut-te le virtù? Tutte le nazioni, a loro volta, hanno raggiun-to l'apogeo della grandezza e sono scomparse, ed ognicittà è stata raggiante di gloria e di piacere e si è sgreto-lata in polvere. Ecco le rovine; la Terra ne è coperta: leantiche sono sepolte dalle recenti; rovine su rovine. Leultime avranno la stessa sorte. Dei miliardi di uominiche hanno vissuto qui, che resta? Niente. E perchè dun-que, dì, o mio adorato, tu che sai tutto, perchè dunqueDio ha creato la Terra?... E perchè aveva creato l'umani-tà? Non è un poco folle Dio, o mio amore? Tutti i mi-liardi di uomini che hanno pullulato sulla Terra e si sono

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lamentati su questa piccola palla rotolante, a che hannoservito, se nulla rimane? Non è proprio come se non vifosse stato mai nulla?

Io so bene che gli abitanti di Marte hanno avuto lastessa sorte, e quando quelli di Venere comunicavanoancora con noi, qualche secolo fa, credevano di non mo-rir mai. Ecco quelli di Giove che cominciano e non sonoancora stati capaci di comprendere i nostri messaggi.Anche essi subiranno la stessa sorte. Dimmi, è una com-media o un dramma, la creazione? Il Creatore si divertecoi suoi burattini, e gode a farli soffrire?

— Perchè indagare, Eva mia? Oh, i tuoi begli occhinon si turbino così! Vieni a sederti sulle mie ginocchia,a riposare la tua bella testina sul mio cuore. Dio ha crea-to il mondo soltanto per l'amore. Dimentica il resto.

— Ma come dimenticarlo, come chiuder gli occhi,come far tacere la ragione ed il cuore in queste ore so-lenni? Sì, il nostro amore è tutto, assolutamente tutto.Ma, mia cara anima, come non pensare, anche, che tuttele coppie che ci hanno preceduto sulla Terra dal princi-pio del mondo sono sparite, anche loro, e che tuttigl'incantevoli amori che hanno cullato le visioni umane,tutte quelle bocche su cui si credeva di assaporare unagioia eterna, tutti quei baci divini, quegli abbracci ap-passionati, sono svaniti in fumo, sì, in fumo, e che nonresta più niente, nè di quegli amori, nè dei loro fruttiadorati, niente, niente! O mio Omégar, l'umanità ha vis-suto dieci milioni di anni, per non saper nulla! La scien-za meravigliosa tra tutte, la scienza dell'universo, la su-

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lamentati su questa piccola palla rotolante, a che hannoservito, se nulla rimane? Non è proprio come se non vifosse stato mai nulla?

Io so bene che gli abitanti di Marte hanno avuto lastessa sorte, e quando quelli di Venere comunicavanoancora con noi, qualche secolo fa, credevano di non mo-rir mai. Ecco quelli di Giove che cominciano e non sonoancora stati capaci di comprendere i nostri messaggi.Anche essi subiranno la stessa sorte. Dimmi, è una com-media o un dramma, la creazione? Il Creatore si divertecoi suoi burattini, e gode a farli soffrire?

— Perchè indagare, Eva mia? Oh, i tuoi begli occhinon si turbino così! Vieni a sederti sulle mie ginocchia,a riposare la tua bella testina sul mio cuore. Dio ha crea-to il mondo soltanto per l'amore. Dimentica il resto.

— Ma come dimenticarlo, come chiuder gli occhi,come far tacere la ragione ed il cuore in queste ore so-lenni? Sì, il nostro amore è tutto, assolutamente tutto.Ma, mia cara anima, come non pensare, anche, che tuttele coppie che ci hanno preceduto sulla Terra dal princi-pio del mondo sono sparite, anche loro, e che tuttigl'incantevoli amori che hanno cullato le visioni umane,tutte quelle bocche su cui si credeva di assaporare unagioia eterna, tutti quei baci divini, quegli abbracci ap-passionati, sono svaniti in fumo, sì, in fumo, e che nonresta più niente, nè di quegli amori, nè dei loro fruttiadorati, niente, niente! O mio Omégar, l'umanità ha vis-suto dieci milioni di anni, per non saper nulla! La scien-za meravigliosa tra tutte, la scienza dell'universo, la su-

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blime astronomia, tutto ci ha insegnato, ci ha dato lavera religione, e non ci ha mostrato la logica di Dio!

«Tu vuoi saper troppo. Eppure tu sai che l'umanitàterrestre ha navigato nell'inconoscibile: non possiamoconoscere l'inconoscibile. Il meccanismo di un orologiosa perchè è stato fabbricato e perchè gira? Bisogna ras-segnarci a non essere stati che dei meccanismi. Noi sia-mo esseri finiti, Dio è infinito: non vi è nulla di comunetra il finito e l'infinito. Noi siamo come la ruota dell'oro-logio che volesse ragionare, nella sua scatola, sull'indu-stria degli orologiari. A colpo sicuro si può dire che po-trebbe ragionare per dieci milioni di anni, senza trovareche l'apparecchio di cui fa parte ha per scopo di corri-spondere al movimento diurno del nostro pianeta. Miacara, una ruota d'orologio ha una sola funzione reale dacompiere: quella di girare. L'umanità terrestre, anche lei,non ha avuto altro compito che girare. Tutte le dottrinefilosofiche e religiose sono state vane nella ricercadell'assoluto.

«Tuttavia, la scienza non è del tutto illusoria. Sappia-mo che il mondo visibile, tangibile, percettibile per i no-stri sensi, non esiste sotto le forme ingannatrici che cicolpiscono, ed è soltanto il velo di un mondo reale invi-sibile. Sappiamo che l'atomo che costituisce la materia èintangibile, che la luce, il calore, il suono non esistono,come non esiste l'apparente solidità dei corpi. I nostrisensi, i nostri mezzi di percezione ci danno una sola fal-sa immagine della realtà. È qualche cosa saper questo, esapere anche che la realtà è nel mondo invisibile, che

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blime astronomia, tutto ci ha insegnato, ci ha dato lavera religione, e non ci ha mostrato la logica di Dio!

«Tu vuoi saper troppo. Eppure tu sai che l'umanitàterrestre ha navigato nell'inconoscibile: non possiamoconoscere l'inconoscibile. Il meccanismo di un orologiosa perchè è stato fabbricato e perchè gira? Bisogna ras-segnarci a non essere stati che dei meccanismi. Noi sia-mo esseri finiti, Dio è infinito: non vi è nulla di comunetra il finito e l'infinito. Noi siamo come la ruota dell'oro-logio che volesse ragionare, nella sua scatola, sull'indu-stria degli orologiari. A colpo sicuro si può dire che po-trebbe ragionare per dieci milioni di anni, senza trovareche l'apparecchio di cui fa parte ha per scopo di corri-spondere al movimento diurno del nostro pianeta. Miacara, una ruota d'orologio ha una sola funzione reale dacompiere: quella di girare. L'umanità terrestre, anche lei,non ha avuto altro compito che girare. Tutte le dottrinefilosofiche e religiose sono state vane nella ricercadell'assoluto.

«Tuttavia, la scienza non è del tutto illusoria. Sappia-mo che il mondo visibile, tangibile, percettibile per i no-stri sensi, non esiste sotto le forme ingannatrici che cicolpiscono, ed è soltanto il velo di un mondo reale invi-sibile. Sappiamo che l'atomo che costituisce la materia èintangibile, che la luce, il calore, il suono non esistono,come non esiste l'apparente solidità dei corpi. I nostrisensi, i nostri mezzi di percezione ci danno una sola fal-sa immagine della realtà. È qualche cosa saper questo, esapere anche che la realtà è nel mondo invisibile, che

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l'anima è una forza psichica indistruttibile, che divienepersonalmente immortale, cioè che ha coscienza dellasua immortalità, dal giorno in cui vive intellettualmente,in cui è libera del peso materiale. Tra i miliardi di esseriumani che hanno popolato la Terra, le anime che hannocoscienza della loro immortalità e che conservano il ri-cordo delle loro esistenze passate sono poche, anche suGiove, dove ora attualmente vivono. Ma il progresso èla legge della natura e tutte devono raggiungere un gior-no questo valore cosciente. È la forza psichica che muo-ve il mondo.

«L'universo è un dinamismo. Quello che è visibile,all'occhio del corpo, è composto di elementi invisibili,quel che si vede è fatto di cose che non si vedono. Leclassificazioni scientifiche, che per tanti milioni di annihanno costituito la scienza umana, sono state fondate susensazioni superficiali; ma l'umanità ha appreso,dall'analisi stessa di queste sensazioni, dall'osservazionee dall'esperienza, che forze immateriali reggono l'uni-verso, che le anime sono realtà, esseri indistruttibili, chepossono comunicare e manifestarsi a distanza, che lospazio non è soltanto una separazione dei mondi, ma unlegame, che la piccola Terra che termina in questo mo-mento la sua storia è un astro del cielo, come i suoi vici-ni, e che la sua umanità non sarà stata che una provinciadell'immensa creazione. E come quest'umanità si è per-petuata così a lungo? Per la legge suprema dell'attrazio-ne amorosa. L'amore ha gettato le anime nel crogiuolouniversale, esso è il creatore perpetuo, l'immagine sensi-

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l'anima è una forza psichica indistruttibile, che divienepersonalmente immortale, cioè che ha coscienza dellasua immortalità, dal giorno in cui vive intellettualmente,in cui è libera del peso materiale. Tra i miliardi di esseriumani che hanno popolato la Terra, le anime che hannocoscienza della loro immortalità e che conservano il ri-cordo delle loro esistenze passate sono poche, anche suGiove, dove ora attualmente vivono. Ma il progresso èla legge della natura e tutte devono raggiungere un gior-no questo valore cosciente. È la forza psichica che muo-ve il mondo.

«L'universo è un dinamismo. Quello che è visibile,all'occhio del corpo, è composto di elementi invisibili,quel che si vede è fatto di cose che non si vedono. Leclassificazioni scientifiche, che per tanti milioni di annihanno costituito la scienza umana, sono state fondate susensazioni superficiali; ma l'umanità ha appreso,dall'analisi stessa di queste sensazioni, dall'osservazionee dall'esperienza, che forze immateriali reggono l'uni-verso, che le anime sono realtà, esseri indistruttibili, chepossono comunicare e manifestarsi a distanza, che lospazio non è soltanto una separazione dei mondi, ma unlegame, che la piccola Terra che termina in questo mo-mento la sua storia è un astro del cielo, come i suoi vici-ni, e che la sua umanità non sarà stata che una provinciadell'immensa creazione. E come quest'umanità si è per-petuata così a lungo? Per la legge suprema dell'attrazio-ne amorosa. L'amore ha gettato le anime nel crogiuolouniversale, esso è il creatore perpetuo, l'immagine sensi-

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bile e affascinante dell'invisibile e inconoscibile poten-za, che splende eternamente nell'imperscrutabile miste-ro...».

Così, in quegli ultimi giorni del mondo, gli ultimi duediscendenti dell'umanità parlavano ancora fra loro deigrandi problemi che avevano eccitato in tutti i tempi lacuriosità umana. Si erano attaccati alla vita e alla spe-ranza divina dell'al di là, e in quell'istante supremo que-sta speranza brillava nei loro cuori, come una luce ful-gente ed inestinguibile. Era il vero, il reale sole. Il soleterrestre brillava e scaldava sempre, essi si vedevano invita per molto tempo ancora, il sistema di circolazionedelle acque e dell'estrazione dei principî alimentari fun-zionava, mediante gli sforzi dei servitori affaccendati, el'ultima ora non pareva vicina a suonare al quadrantecircolare del destino.

Ma un giorno questo sistema, per quanto meraviglio-so, si arrestò. Neppure le acque sotterranee circolaronopiù, il terreno ghiacciò fino a una grande profondità; iraggi del Sole riscaldavano sempre l'aria entro le abita-zioni dalle tettoie di vetro, ma nessuna pianta poteva piùvivere.... l'acqua mancava.

Tutti gli sforzi uniti della scienza e dell'industria nonavevano potuto dare all'atmosfera terrestre qualità nutri-tive, di cui è naturalmente dotata l'atmosfera di certimondi, e l'organismo umano reclamava sempre i princi-pî ricostituenti che questi sforzi avevano ottenuto comeabbiamo visto, dall'aria, dalle acque e dalle piante. Or-mai le risorse erano esaurite.

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bile e affascinante dell'invisibile e inconoscibile poten-za, che splende eternamente nell'imperscrutabile miste-ro...».

Così, in quegli ultimi giorni del mondo, gli ultimi duediscendenti dell'umanità parlavano ancora fra loro deigrandi problemi che avevano eccitato in tutti i tempi lacuriosità umana. Si erano attaccati alla vita e alla spe-ranza divina dell'al di là, e in quell'istante supremo que-sta speranza brillava nei loro cuori, come una luce ful-gente ed inestinguibile. Era il vero, il reale sole. Il soleterrestre brillava e scaldava sempre, essi si vedevano invita per molto tempo ancora, il sistema di circolazionedelle acque e dell'estrazione dei principî alimentari fun-zionava, mediante gli sforzi dei servitori affaccendati, el'ultima ora non pareva vicina a suonare al quadrantecircolare del destino.

Ma un giorno questo sistema, per quanto meraviglio-so, si arrestò. Neppure le acque sotterranee circolaronopiù, il terreno ghiacciò fino a una grande profondità; iraggi del Sole riscaldavano sempre l'aria entro le abita-zioni dalle tettoie di vetro, ma nessuna pianta poteva piùvivere.... l'acqua mancava.

Tutti gli sforzi uniti della scienza e dell'industria nonavevano potuto dare all'atmosfera terrestre qualità nutri-tive, di cui è naturalmente dotata l'atmosfera di certimondi, e l'organismo umano reclamava sempre i princi-pî ricostituenti che questi sforzi avevano ottenuto comeabbiamo visto, dall'aria, dalle acque e dalle piante. Or-mai le risorse erano esaurite.

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La condanna era pronunziata.Dopo avere urtato in tutti gli ostacoli insuperabili e

aver riconosciuto l'inutilità della lotta, l'ultima coppiaumana non si rassegnò ad aspettare la morte.

Prima di conoscersi, l'uno e l'altra l'attendevano senzapaura. Ma ora ciascuno di loro voleva disputare l'essereamato al crudele destino. La sola idea di vedere Omégaresanime accanto a sè, colpiva Eva così dolorosamente,che non poteva sopportarla. Egli, da parte sua, si dispe-rava di non potere strappare la sua diletta da questomondo condannato al nulla, volar con lei verso quel ful-gido Giove che li attendeva, senza lasciare alla Terraquel bel corpo adorato.

Pensò che forse esisteva ancora sul globo qualche re-gione che conservava un po' di quell'acqua benefica,senza la quale la vita se ne andava, e benchè già strematidi forza tutti e due, egli prese la risoluzione suprema dipartire a questa ricerca. L'aeronave elettrica funzionavaancora. Abbandonando l'ultima città umana, che oramaiera una tomba, i due ultimi discendenti dell'umanitàscomparsa dimenticarono le regioni inospitali, e partiro-no alla ricerca di qualche oasi sconosciuta.

Gli antichi regni del mondo passarono sotto i loropiedi. Riconobbero la vestigia degli ultimi illustri centridi civiltà, le cui rovine erano disseminate qua e là, lungola zona equatoriale. Tutto era morto.

Omégar rivide la vecchia città che aveva lasciatopoco prima, ma sapeva che anche in quella la risorsa su-prema della vita mancava, e non vi scesero. Percorsero

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La condanna era pronunziata.Dopo avere urtato in tutti gli ostacoli insuperabili e

aver riconosciuto l'inutilità della lotta, l'ultima coppiaumana non si rassegnò ad aspettare la morte.

Prima di conoscersi, l'uno e l'altra l'attendevano senzapaura. Ma ora ciascuno di loro voleva disputare l'essereamato al crudele destino. La sola idea di vedere Omégaresanime accanto a sè, colpiva Eva così dolorosamente,che non poteva sopportarla. Egli, da parte sua, si dispe-rava di non potere strappare la sua diletta da questomondo condannato al nulla, volar con lei verso quel ful-gido Giove che li attendeva, senza lasciare alla Terraquel bel corpo adorato.

Pensò che forse esisteva ancora sul globo qualche re-gione che conservava un po' di quell'acqua benefica,senza la quale la vita se ne andava, e benchè già strematidi forza tutti e due, egli prese la risoluzione suprema dipartire a questa ricerca. L'aeronave elettrica funzionavaancora. Abbandonando l'ultima città umana, che oramaiera una tomba, i due ultimi discendenti dell'umanitàscomparsa dimenticarono le regioni inospitali, e partiro-no alla ricerca di qualche oasi sconosciuta.

Gli antichi regni del mondo passarono sotto i loropiedi. Riconobbero la vestigia degli ultimi illustri centridi civiltà, le cui rovine erano disseminate qua e là, lungola zona equatoriale. Tutto era morto.

Omégar rivide la vecchia città che aveva lasciatopoco prima, ma sapeva che anche in quella la risorsa su-prema della vita mancava, e non vi scesero. Percorsero

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così, nella loro aeronave solitaria, le regioni che rappre-sentavano le ultime tappe della storia; ma dappertutto lerovine e la morte, dappertutto il silenzio e il desertoghiacciato. Non più praterie, nè piante, neppure quellepolari: gli ultimi corsi d'acqua si disegnavano, come suuna carta geografica, e si sentiva che lungo il loro per-corso la vita terrestre si era prolungata: ma erano ormaidisseccati per sempre; e se ogni tanto nei bassi fondi siscorgeva qualche lago immobile, quel lago era di pietra.Il Sole, anche all'equatore, non scioglieva più i ghiaccieterni. Gli animali, specie d'orsi dal lungo pelo, ancoraerranti sulla terra gelata, trovavano a stento, nelle anfrat-tuosità, una magra alimentazione vegetale.

Si vedevano anche, di quando in quando, specie ditrichechi e di pinguini camminare sui ghiacci e grandiuccelli polari, grigi, volare sinistramente qua e là, triste-mente abbattersi al suolo.

I condannati non trovarono in nessun luogo l'oasi checercavano. La Terra era proprio morta.

Calava la notte; non una nuvola in cielo. Una correntemeno fredda, che veniva dal sud, li aveva portati sopral'antica Affrica, divenuta una terra glaciale. Il meccani-smo dell'aeronave aveva cessato di funzionare. Il fred-do, anche più della fame, li gettava spossati in fondoalla loro navicella, costruita con pelli di orsi polari.

Parve loro di scorgere una rovina e misero piede aterra. Era un'immensa base quadrangolare, che mostravale tracce di strati di pietre immense: vi si poteva ancorariconoscere l'antica piramide egiziana. Costruzione se-

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così, nella loro aeronave solitaria, le regioni che rappre-sentavano le ultime tappe della storia; ma dappertutto lerovine e la morte, dappertutto il silenzio e il desertoghiacciato. Non più praterie, nè piante, neppure quellepolari: gli ultimi corsi d'acqua si disegnavano, come suuna carta geografica, e si sentiva che lungo il loro per-corso la vita terrestre si era prolungata: ma erano ormaidisseccati per sempre; e se ogni tanto nei bassi fondi siscorgeva qualche lago immobile, quel lago era di pietra.Il Sole, anche all'equatore, non scioglieva più i ghiaccieterni. Gli animali, specie d'orsi dal lungo pelo, ancoraerranti sulla terra gelata, trovavano a stento, nelle anfrat-tuosità, una magra alimentazione vegetale.

Si vedevano anche, di quando in quando, specie ditrichechi e di pinguini camminare sui ghiacci e grandiuccelli polari, grigi, volare sinistramente qua e là, triste-mente abbattersi al suolo.

I condannati non trovarono in nessun luogo l'oasi checercavano. La Terra era proprio morta.

Calava la notte; non una nuvola in cielo. Una correntemeno fredda, che veniva dal sud, li aveva portati sopral'antica Affrica, divenuta una terra glaciale. Il meccani-smo dell'aeronave aveva cessato di funzionare. Il fred-do, anche più della fame, li gettava spossati in fondoalla loro navicella, costruita con pelli di orsi polari.

Parve loro di scorgere una rovina e misero piede aterra. Era un'immensa base quadrangolare, che mostravale tracce di strati di pietre immense: vi si poteva ancorariconoscere l'antica piramide egiziana. Costruzione se-

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colare, fatta per l'eternità, era prima sopravvissuta, inmezzo al deserto, alla scomparsa di quella civiltà cherappresentava; poi era discesa sotto il livello del marecon tutta la terra dell'Egitto, della Nubia, dell'Abissinia;in seguito era tornata alla luce ed era stata accuratamen-te restaurata, nel centro di una nuova capitale e di unanuova civiltà più fulgida degli splendori di Tebe e diMenfi: poi, finalmente, era stata abbandonata in mezzoalle solitudini. Era il solo monumento superstite delleprime età e doveva la sua resistenza alla stabilità dellasua forma geometrica.

«Riposiamoci, restiamo qui – disse Eva – abbando-nandosi, sorridente e lamentevole. Poichè siamo con-dannati a morte – e, del resto, chi non lo è, stato? – iovoglio morire, riposando tra le tue braccia».

Cercarono un'anfrattuosità tra le rovine, e si sedetterol'uno accanto all'altra, dinanzi all'immensa solitudine.La giovine si rannicchiava febbricitante, stringendo ilsuo sposo tra le braccia, tentando di lottare ancora contutta la sua energia contro il freddo che la invadeva. Eglil'aveva attirata al suo cuore e la riscaldava coi baci.

— Io t'amo e muoio – fece ella. Ma no, tu l'hai detto,noi non morremo. Vedi la stella che ci chiama?

In questo momento, udirono dietro di loro un fruscioleggero, che usciva dalla tomba di Cheope, simile aquello del vento tra le foglie. Frementi, si voltarono in-sieme dalla parte donde veniva il rumore. Un'ombrabianca che sembrava splendere di luce interna – poichèla notte era già scura e non vi era lume di luna – scivola-

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colare, fatta per l'eternità, era prima sopravvissuta, inmezzo al deserto, alla scomparsa di quella civiltà cherappresentava; poi era discesa sotto il livello del marecon tutta la terra dell'Egitto, della Nubia, dell'Abissinia;in seguito era tornata alla luce ed era stata accuratamen-te restaurata, nel centro di una nuova capitale e di unanuova civiltà più fulgida degli splendori di Tebe e diMenfi: poi, finalmente, era stata abbandonata in mezzoalle solitudini. Era il solo monumento superstite delleprime età e doveva la sua resistenza alla stabilità dellasua forma geometrica.

«Riposiamoci, restiamo qui – disse Eva – abbando-nandosi, sorridente e lamentevole. Poichè siamo con-dannati a morte – e, del resto, chi non lo è, stato? – iovoglio morire, riposando tra le tue braccia».

Cercarono un'anfrattuosità tra le rovine, e si sedetterol'uno accanto all'altra, dinanzi all'immensa solitudine.La giovine si rannicchiava febbricitante, stringendo ilsuo sposo tra le braccia, tentando di lottare ancora contutta la sua energia contro il freddo che la invadeva. Eglil'aveva attirata al suo cuore e la riscaldava coi baci.

— Io t'amo e muoio – fece ella. Ma no, tu l'hai detto,noi non morremo. Vedi la stella che ci chiama?

In questo momento, udirono dietro di loro un fruscioleggero, che usciva dalla tomba di Cheope, simile aquello del vento tra le foglie. Frementi, si voltarono in-sieme dalla parte donde veniva il rumore. Un'ombrabianca che sembrava splendere di luce interna – poichèla notte era già scura e non vi era lume di luna – scivola-

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va, più che camminare, avvicinandosi a loro. Si fermòdavanti ai loro occhi paurosi e stupiti.

«Non temete – essa disse – io vengo a ricevervi. No,voi non morrete: nessuno, mai, è morto. Il tempo cadenell'eternità, l'eternità dura. Io fui Cheope, re d'Egitto, eho regnato qui negli antichi giorni del mondo terrestre.Poi, ho espiato i miei peccati in molte esistenze di schia-vo, e quando la mia anima ha meritato l'immortalità, hoabitato Nettuno, Ganimede, Reo, Titano, Saturno, Mar-te, altri mondi, a voi sconosciuti. Giove è attualmente lamia dimora. Ai tempi della grandezza dell'umanità terre-stre, questo globo era inabitabile per l'intelligenza: tra-versava i suoi periodi di preparazione. Ora questo mon-do immenso prende l'eredità dei progressi terrestri. Imondi si succedono nel tempo come nello spazio. Tuttoè eterno, tutto si confonde nel Divino. Fidate in me. Ve-nite!»

E mentre il vecchio Faraone parlava ancora, essi sen-tirono un delizioso fluido penetrare nel loro spirito:come accade talvolta che l'orecchio sia rapito da unasquisita melodia. La sensazione di una felicità calma edeterea passò per le loro vene. Mai nessun sogno, nessu-na estasi aveva trasportato l'anima nell'esaltazione diuna simile gioia.

Eva strinse ancora Omégar tra le deboli braccia.«T'amo, t'amo!» ripetè. La sua voce era un soffio. Egliposò le labbra sulla bocca di lei, già gelida, e l'udì anco-ra mormorare, con un brivido: «Oh, come l'avreiamato!...».

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va, più che camminare, avvicinandosi a loro. Si fermòdavanti ai loro occhi paurosi e stupiti.

«Non temete – essa disse – io vengo a ricevervi. No,voi non morrete: nessuno, mai, è morto. Il tempo cadenell'eternità, l'eternità dura. Io fui Cheope, re d'Egitto, eho regnato qui negli antichi giorni del mondo terrestre.Poi, ho espiato i miei peccati in molte esistenze di schia-vo, e quando la mia anima ha meritato l'immortalità, hoabitato Nettuno, Ganimede, Reo, Titano, Saturno, Mar-te, altri mondi, a voi sconosciuti. Giove è attualmente lamia dimora. Ai tempi della grandezza dell'umanità terre-stre, questo globo era inabitabile per l'intelligenza: tra-versava i suoi periodi di preparazione. Ora questo mon-do immenso prende l'eredità dei progressi terrestri. Imondi si succedono nel tempo come nello spazio. Tuttoè eterno, tutto si confonde nel Divino. Fidate in me. Ve-nite!»

E mentre il vecchio Faraone parlava ancora, essi sen-tirono un delizioso fluido penetrare nel loro spirito:come accade talvolta che l'orecchio sia rapito da unasquisita melodia. La sensazione di una felicità calma edeterea passò per le loro vene. Mai nessun sogno, nessu-na estasi aveva trasportato l'anima nell'esaltazione diuna simile gioia.

Eva strinse ancora Omégar tra le deboli braccia.«T'amo, t'amo!» ripetè. La sua voce era un soffio. Egliposò le labbra sulla bocca di lei, già gelida, e l'udì anco-ra mormorare, con un brivido: «Oh, come l'avreiamato!...».

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L'astro di Giove splendeva nel cielo.

Eva riaprì gli occhi, fissò lo sguardo sull'immensopianeta e parve inabissarsi nella sua luce, come affasci-nata da una visione. Tutt'a un tratto il viso le s'illuminòin un'estasi radiosa. Si vede spesso, nel momentodell'ultimo respiro, una luce di calma ineffabile disten-dersi sulla fisonomia del morente che, liberato dal suosoffrire, sembra addormentarsi in un sogno incantevole.Così, e in modo ancor più radioso, in una luce divina sitrasfigurò il volto dell'ultima donna. Ella volle parlare.Tese le braccia verso Giove. Rianimata da una forzanuova, gridò, trasportata dall'ammirazione:

«Sì, è vero. Eccola, la Verità, quella che tu mi hai fat-to presentire. Come son belli! Spiriti immortali, sonocon voi. Ah! l'hai detto, niente muore. Io sono consola-ta. Omégar è con me. Noi continuiamo a vivere, vivia-mo, viviamo, viviamo per sempre!»

E si esaltava ancora. I suoi occhi, accesi d'entusia-smo, si volsero ad Omégar. Ma non lo vide. «Sì – elladisse – è con me. Noi viviamo, sentiamo, vediamo. Lafelicità è nella vita, nella vita.... eterna».

Spinta da una forza sovrannaturale, si era alzata,come se avesse voluto involarsi nell'immensità celeste;ma girando su se stessa, era ricaduta nelle braccia diOmégar, che si era precipitato a riceverla. Ella era mor-ta, pronunciando l'ultima parola.

Il giovine premè le sue labbra su quelle della fanciul-la e, scosso da un brivido glaciale, sentì, anche lui, che

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L'astro di Giove splendeva nel cielo.

Eva riaprì gli occhi, fissò lo sguardo sull'immensopianeta e parve inabissarsi nella sua luce, come affasci-nata da una visione. Tutt'a un tratto il viso le s'illuminòin un'estasi radiosa. Si vede spesso, nel momentodell'ultimo respiro, una luce di calma ineffabile disten-dersi sulla fisonomia del morente che, liberato dal suosoffrire, sembra addormentarsi in un sogno incantevole.Così, e in modo ancor più radioso, in una luce divina sitrasfigurò il volto dell'ultima donna. Ella volle parlare.Tese le braccia verso Giove. Rianimata da una forzanuova, gridò, trasportata dall'ammirazione:

«Sì, è vero. Eccola, la Verità, quella che tu mi hai fat-to presentire. Come son belli! Spiriti immortali, sonocon voi. Ah! l'hai detto, niente muore. Io sono consola-ta. Omégar è con me. Noi continuiamo a vivere, vivia-mo, viviamo, viviamo per sempre!»

E si esaltava ancora. I suoi occhi, accesi d'entusia-smo, si volsero ad Omégar. Ma non lo vide. «Sì – elladisse – è con me. Noi viviamo, sentiamo, vediamo. Lafelicità è nella vita, nella vita.... eterna».

Spinta da una forza sovrannaturale, si era alzata,come se avesse voluto involarsi nell'immensità celeste;ma girando su se stessa, era ricaduta nelle braccia diOmégar, che si era precipitato a riceverla. Ella era mor-ta, pronunciando l'ultima parola.

Il giovine premè le sue labbra su quelle della fanciul-la e, scosso da un brivido glaciale, sentì, anche lui, che

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la vita se ne andava. Il suo cuore accelerò i battiti e, d'untratto, si arrestò.

I loro sguardi si erano spenti insieme, ricevendo i rag-gi di Giove, e i loro occhi si chiusero.

L'ombra di Cheope si alzò nello spazio e disparve.Chi avesse potuto vedere, non con gli occhi corporei,che ricevono soltanto le vibrazioni fisiche, ma con quel-li dello spirito, che possono accogliere le vibrazioni psi-chiche, avrebbe veduto due piccole fiamme, trasportateda quest'ombra, splendenti una accanto all'altra, strettein un medesimo amplesso, che salivano insieme nei cie-li.

Allora rimasero sulla Terra soltanto alcuni deboligruppi umani, morenti di freddo e di fame, specied'Esquimesi selvaggi, vestiti di pelli di bestie, che cerca-vano nelle ultime caverne il loro ultimo rifugio, l'ultimatomba. La razza umana intelligente era proprio finita.Specie di animali degenerate sopravvissero per qualchemigliaio di anni. Poi, insensibilmente, a poco a poco,tutta la vita terrestre si spense.

Questi avvenimenti accaddero, come abbiamo detto,dieci milioni d'anni, dopo l'epoca nella quale noi vivia-mo. Il Sole brillò ancora venti milioni di anni, mentreGiove e Saturno erano la sede di generazioni fiorenti.Ma la Terra era assolutamente morta. Continuò a rotola-re nello spazio come un malinconico cimitero, in cuinessun uccello cantava più. Un silenzio eterno avvolsele rovine dell'umanità morta; tutta la storia umana erasvanita in fumo.

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la vita se ne andava. Il suo cuore accelerò i battiti e, d'untratto, si arrestò.

I loro sguardi si erano spenti insieme, ricevendo i rag-gi di Giove, e i loro occhi si chiusero.

L'ombra di Cheope si alzò nello spazio e disparve.Chi avesse potuto vedere, non con gli occhi corporei,che ricevono soltanto le vibrazioni fisiche, ma con quel-li dello spirito, che possono accogliere le vibrazioni psi-chiche, avrebbe veduto due piccole fiamme, trasportateda quest'ombra, splendenti una accanto all'altra, strettein un medesimo amplesso, che salivano insieme nei cie-li.

Allora rimasero sulla Terra soltanto alcuni deboligruppi umani, morenti di freddo e di fame, specied'Esquimesi selvaggi, vestiti di pelli di bestie, che cerca-vano nelle ultime caverne il loro ultimo rifugio, l'ultimatomba. La razza umana intelligente era proprio finita.Specie di animali degenerate sopravvissero per qualchemigliaio di anni. Poi, insensibilmente, a poco a poco,tutta la vita terrestre si spense.

Questi avvenimenti accaddero, come abbiamo detto,dieci milioni d'anni, dopo l'epoca nella quale noi vivia-mo. Il Sole brillò ancora venti milioni di anni, mentreGiove e Saturno erano la sede di generazioni fiorenti.Ma la Terra era assolutamente morta. Continuò a rotola-re nello spazio come un malinconico cimitero, in cuinessun uccello cantava più. Un silenzio eterno avvolsele rovine dell'umanità morta; tutta la storia umana erasvanita in fumo.

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E nell'abisso celeste non una pietra mortuaria, non unricordo segnò il posto nel quale il nostro povero pianetaaveva reso l'ultimo respiro.

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E nell'abisso celeste non una pietra mortuaria, non unricordo segnò il posto nel quale il nostro povero pianetaaveva reso l'ultimo respiro.

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EPILOGODOPO LA FINE DEL MONDO TERRESTRE.

DISSERTAZIONE FILOSOFICA FINALE.

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EPILOGODOPO LA FINE DEL MONDO TERRESTRE.

DISSERTAZIONE FILOSOFICA FINALE.

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I.

«Allora l'angelo giurò, per Coluiche vive ne' secoli de' secoli, chenon vi sarebbe più tempo».

Apocalisse, X, 6.

La Terra era morta, gli altri pianeti, uno dopo l'altro,erano morti, il Sole era spento, ma le stelle brillavanosempre: vi erano ancora dei soli e dei mondi.

Nell'eternità senza limite, il tempo, essenzialmente re-lativo, è determinato dal movimento di ogni mondo, eogni mondo è diversamente apprezzato, a seconda dellesensazioni personali degli esseri. Ogni globo misura lasua durata. Gli anni della Terra non sono quelli di Nettu-no, l'anno di Nettuno equivale a centosessantaquattrodei nostri e, valutato assolutamente, non è più lungo.Non vi è misura comune tra il tempo e l'eternità. Nellospazio vuoto non vi sono tempi, non vi sono anni, nonvi sono secoli; vi è tuttavia la possibilità di una misura,che vi sarebbe determinata dall'arrivo di un globo.

Senza movimento periodico, non si può aver nozionedi un tempo qualunque.

La Terra non esisteva più. Nè la Terra, nè la sua vici-na celeste, la piccola isola di Marte, nè il bel globo diVenere, nè il mondo colossale di Giove, nè l'universostrano di Saturno, che aveva perduto la sua aureola, nè i

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I.

«Allora l'angelo giurò, per Coluiche vive ne' secoli de' secoli, chenon vi sarebbe più tempo».

Apocalisse, X, 6.

La Terra era morta, gli altri pianeti, uno dopo l'altro,erano morti, il Sole era spento, ma le stelle brillavanosempre: vi erano ancora dei soli e dei mondi.

Nell'eternità senza limite, il tempo, essenzialmente re-lativo, è determinato dal movimento di ogni mondo, eogni mondo è diversamente apprezzato, a seconda dellesensazioni personali degli esseri. Ogni globo misura lasua durata. Gli anni della Terra non sono quelli di Nettu-no, l'anno di Nettuno equivale a centosessantaquattrodei nostri e, valutato assolutamente, non è più lungo.Non vi è misura comune tra il tempo e l'eternità. Nellospazio vuoto non vi sono tempi, non vi sono anni, nonvi sono secoli; vi è tuttavia la possibilità di una misura,che vi sarebbe determinata dall'arrivo di un globo.

Senza movimento periodico, non si può aver nozionedi un tempo qualunque.

La Terra non esisteva più. Nè la Terra, nè la sua vici-na celeste, la piccola isola di Marte, nè il bel globo diVenere, nè il mondo colossale di Giove, nè l'universostrano di Saturno, che aveva perduto la sua aureola, nè i

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lenti pianeti di Urano e di Nettuno, nè il Sole, sublime,il cui fuoco aveva fecondato per tanti secoli le patrie ce-lesti, che gravitavano nella sua luce. Il Sole era un globonero, ed altrettanti globi neri i pianeti; e questo sistemainvisibile continuava a correre nell'immensità stellata,nel freddo dello spazio oscuro. Dal punto di vista dellavita, tutti questi mondi erano morti, non esistevano più.Sopravvivevano alla loro antica storia, come le rovinedelle morte città assire che l'archeologia scopre nel de-serto selvaggio, e volteggiavano, oscuri, nell'invisibile enello sconosciuto. Tutto era ultra gelato, a 273° sottozero.

Nessun genio, nessun indovino avrebbe potuto rico-struire il tempo svanito, risuscitare gli antichi giorni, incui la Terra vagava, ebbra di luce, e si svegliava, al mat-tino, con le sue belle piante verdi, i suoi fiumi serpeg-gianti lungo i prati, i suoi boschi, animati dal canto degliuccelli, le sue foreste profonde dalle ombre misteriose, imari sollevantisi sotto l'influsso delle maree, o muggentinelle tempeste, le montagne i cui versanti rigurgitavanodi sorgenti e di cascate, i suoi filoni d'oro, i giardinismaltati di fiori, i nidi degli uccelli, le culle di bimbi, leumane popolazioni laboriose, la cui attività l'aveva tra-sformata e che avevano vissuto con tanta gioia al soledella vita, perpetuate dal rapimento d'un amore senzafine. Allora tutta questa felicità pareva eterna. Che n'èstato di quelle mattine, di quelle sere? di quei fiori e diquegli amanti, di quei raggi e di quei profumi, di quelle

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lenti pianeti di Urano e di Nettuno, nè il Sole, sublime,il cui fuoco aveva fecondato per tanti secoli le patrie ce-lesti, che gravitavano nella sua luce. Il Sole era un globonero, ed altrettanti globi neri i pianeti; e questo sistemainvisibile continuava a correre nell'immensità stellata,nel freddo dello spazio oscuro. Dal punto di vista dellavita, tutti questi mondi erano morti, non esistevano più.Sopravvivevano alla loro antica storia, come le rovinedelle morte città assire che l'archeologia scopre nel de-serto selvaggio, e volteggiavano, oscuri, nell'invisibile enello sconosciuto. Tutto era ultra gelato, a 273° sottozero.

Nessun genio, nessun indovino avrebbe potuto rico-struire il tempo svanito, risuscitare gli antichi giorni, incui la Terra vagava, ebbra di luce, e si svegliava, al mat-tino, con le sue belle piante verdi, i suoi fiumi serpeg-gianti lungo i prati, i suoi boschi, animati dal canto degliuccelli, le sue foreste profonde dalle ombre misteriose, imari sollevantisi sotto l'influsso delle maree, o muggentinelle tempeste, le montagne i cui versanti rigurgitavanodi sorgenti e di cascate, i suoi filoni d'oro, i giardinismaltati di fiori, i nidi degli uccelli, le culle di bimbi, leumane popolazioni laboriose, la cui attività l'aveva tra-sformata e che avevano vissuto con tanta gioia al soledella vita, perpetuate dal rapimento d'un amore senzafine. Allora tutta questa felicità pareva eterna. Che n'èstato di quelle mattine, di quelle sere? di quei fiori e diquegli amanti, di quei raggi e di quei profumi, di quelle

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armonie e di quelle gioie, di quelle bellezze e di quei so-gni? Tutto è scomparso.

La Terra morta, tutti i pianeti morti, il Sole spento,tutto il sistema solare finito, il tempo stesso arrestato!

Il tempo cadde nell'eternità. Ma l'eternità dura e iltempo resuscita.

Prima dell'esistenza della Terra, per tutta un'eternità,vi sono stati soli e mondi, umanità, che vivevano e agi-vano come la nostra. Quelle vivevano nel cielo, milionie milioni d'anni or sono, e allora la nostra Terra non esi-steva. L'universo antecedente al nostro non era menofulgido del nostro. Dopo di noi, sarà come prima di noi:l'epoca nostra non ha importanza.

Esaminando la storia passata della Terra, potremo pri-ma risalire all'epoca primitiva, in cui il nostro pianetabrillava nello spazio, come un vero sole: la vedremo piùtardi nell'epoca in cui, simile a Giove e a Saturno, è sta-ta avvolta da un'atmosfera densa e carica di vapori caldi,e potremo seguirla nelle sue trasformazioni fino al pe-riodo umano. Noi abbiamo visto che quando il suo calo-re fu interamente finito, quando le acque furono assorbi-te, quando il vapore acqueo dell'atmosfera fu scomparsoe quell'atmosfera fu, più o meno, assorbita dal pianeta, ilnostro globo dovette offrir l'immagine di quei grandi de-serti lunari rivelati dal telescopio, con le differenze indi-viduali della natura terrestre governata dai suoi proprielementi, con le sue ultime configurazioni geografiche,le sue ultime rive e i suoi ultimi corsi d'acqua disseccati.Cadavere planetario! Terra morta e gelata, essa ha tutta-

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armonie e di quelle gioie, di quelle bellezze e di quei so-gni? Tutto è scomparso.

La Terra morta, tutti i pianeti morti, il Sole spento,tutto il sistema solare finito, il tempo stesso arrestato!

Il tempo cadde nell'eternità. Ma l'eternità dura e iltempo resuscita.

Prima dell'esistenza della Terra, per tutta un'eternità,vi sono stati soli e mondi, umanità, che vivevano e agi-vano come la nostra. Quelle vivevano nel cielo, milionie milioni d'anni or sono, e allora la nostra Terra non esi-steva. L'universo antecedente al nostro non era menofulgido del nostro. Dopo di noi, sarà come prima di noi:l'epoca nostra non ha importanza.

Esaminando la storia passata della Terra, potremo pri-ma risalire all'epoca primitiva, in cui il nostro pianetabrillava nello spazio, come un vero sole: la vedremo piùtardi nell'epoca in cui, simile a Giove e a Saturno, è sta-ta avvolta da un'atmosfera densa e carica di vapori caldi,e potremo seguirla nelle sue trasformazioni fino al pe-riodo umano. Noi abbiamo visto che quando il suo calo-re fu interamente finito, quando le acque furono assorbi-te, quando il vapore acqueo dell'atmosfera fu scomparsoe quell'atmosfera fu, più o meno, assorbita dal pianeta, ilnostro globo dovette offrir l'immagine di quei grandi de-serti lunari rivelati dal telescopio, con le differenze indi-viduali della natura terrestre governata dai suoi proprielementi, con le sue ultime configurazioni geografiche,le sue ultime rive e i suoi ultimi corsi d'acqua disseccati.Cadavere planetario! Terra morta e gelata, essa ha tutta-

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via nel suo seno una energia non perduta, quella del suomovimento di traslazione intorno al Sole; la quale ener-gia, trasformata in calore dall'arrestarsi di quel movi-mento, basterebbe a fondere il globo intero, ridurne unaparte in vapore e far ricominciare al nostro pianeta unanuova storia, ma di breve durata perchè, se questo movi-mento di traslazione venisse a cessare, la Terra cadrebbenel Sole e perderebbe la sua propria esistenza. Fermatad'un colpo, cadrebbe in linea retta verso il Sole, con unavelocità crescente che la farebbe precipitare su lui insessantacinque giorni: arrestata gradatamente cadrebbea spirale e si perderebbe, dopo un tempo più lungo,nell'astro centrale.

La storia intera della vita terrestre è davanti ai nostriocchi, essa ha il suo principio e la sua fine: la sua dura-ta, qualunque sia il numero dei secoli che la compongo-no, è preceduta da un'eternità, seguita da un'eternità, inmodo che essa in sostanza non rappresenta che un mo-mento perduto nell'infinito, un'onda impercettibilenell'immenso oceano delle età.

Per molto tempo dopo che la Terra ebbe cessato di es-sere la sede della vita, i mondi giganteschi di Giove e diSaturno, arrivati più lentamente dalla fase solare allafase planetaria, regnarono a loro volta nel sistema sola-re, raggiando di una vitalità incomparabilmente superio-re alla storia organica del nostro globo.

Ma anche per loro giunsero i giorni della vecchiezza,e anche loro discesero nella notte del sepolcro.

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via nel suo seno una energia non perduta, quella del suomovimento di traslazione intorno al Sole; la quale ener-gia, trasformata in calore dall'arrestarsi di quel movi-mento, basterebbe a fondere il globo intero, ridurne unaparte in vapore e far ricominciare al nostro pianeta unanuova storia, ma di breve durata perchè, se questo movi-mento di traslazione venisse a cessare, la Terra cadrebbenel Sole e perderebbe la sua propria esistenza. Fermatad'un colpo, cadrebbe in linea retta verso il Sole, con unavelocità crescente che la farebbe precipitare su lui insessantacinque giorni: arrestata gradatamente cadrebbea spirale e si perderebbe, dopo un tempo più lungo,nell'astro centrale.

La storia intera della vita terrestre è davanti ai nostriocchi, essa ha il suo principio e la sua fine: la sua dura-ta, qualunque sia il numero dei secoli che la compongo-no, è preceduta da un'eternità, seguita da un'eternità, inmodo che essa in sostanza non rappresenta che un mo-mento perduto nell'infinito, un'onda impercettibilenell'immenso oceano delle età.

Per molto tempo dopo che la Terra ebbe cessato di es-sere la sede della vita, i mondi giganteschi di Giove e diSaturno, arrivati più lentamente dalla fase solare allafase planetaria, regnarono a loro volta nel sistema sola-re, raggiando di una vitalità incomparabilmente superio-re alla storia organica del nostro globo.

Ma anche per loro giunsero i giorni della vecchiezza,e anche loro discesero nella notte del sepolcro.

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II.

«Navigateurs lancés pour n'atteindre aucun port».SULLY-PRUDHOMME, le Zénith.

Se la Terra avesse conservato assai a lungo i suoi ele-menti di vitalità, come Giove, per esempio, non sarebbemorta che in seguito allo spengersi del Sole stesso. Mala durata della vita dei mondi è in proporzione della lorograndezza e dei loro elementi di vitalità.

Il calore solare è dovuto a due sorgenti principali: lacondensazione della nebulosa primitiva e la caduta dimeteore. La prima causa ha prodotto, secondo i calcolimeglio accertati della termo-dinamica, un calore diciot-to milioni di volte superiore a quello che il Sole irraggiain un anno, supponendo che la nebulosa primitiva siastata fredda, ciò che non è probabile. Continuando acondensarsi, il Sole può mantenersi sempre raggianteper secoli e secoli.

Il calore che emette ogni secondo è uguale a quelloche resulterebbe dalla combustione di 11 quadrilioni,600.000 miliardi di tonnellate di carbon fossile, che bru-cino tutti insieme! La Terra non trattiene al passaggioche la mezzo-miliardesima parte di questo irraggiamen-to, e questa parte basta per mantenere l'immenso fuocodi tutta quanta la vita terrestre. Dei sessantasette milioni

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II.

«Navigateurs lancés pour n'atteindre aucun port».SULLY-PRUDHOMME, le Zénith.

Se la Terra avesse conservato assai a lungo i suoi ele-menti di vitalità, come Giove, per esempio, non sarebbemorta che in seguito allo spengersi del Sole stesso. Mala durata della vita dei mondi è in proporzione della lorograndezza e dei loro elementi di vitalità.

Il calore solare è dovuto a due sorgenti principali: lacondensazione della nebulosa primitiva e la caduta dimeteore. La prima causa ha prodotto, secondo i calcolimeglio accertati della termo-dinamica, un calore diciot-to milioni di volte superiore a quello che il Sole irraggiain un anno, supponendo che la nebulosa primitiva siastata fredda, ciò che non è probabile. Continuando acondensarsi, il Sole può mantenersi sempre raggianteper secoli e secoli.

Il calore che emette ogni secondo è uguale a quelloche resulterebbe dalla combustione di 11 quadrilioni,600.000 miliardi di tonnellate di carbon fossile, che bru-cino tutti insieme! La Terra non trattiene al passaggioche la mezzo-miliardesima parte di questo irraggiamen-to, e questa parte basta per mantenere l'immenso fuocodi tutta quanta la vita terrestre. Dei sessantasette milioni

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di raggi di luce e di calore che il Sole manda nello spa-zio, uno solo è ricevuto ed utilizzato dai pianeti.

Ebbene, per conservare questa sorgente di calore, ba-sterebbe che il globo solare continuasse a condensarsi,in modo che il suo diametro non diminuisse che 77 me-tri all'anno, vale a dire 1 chilometro in tredici anni. Que-sta contrazione è così lenta, che sarebbe impercettibileall'osservazione. Occorrerebbero novemilacinquecentoanni, per ridurre il diametro di un solo secondo d'arco.

Se anche il Sole attualmente fosse sempre gazoso, ilsuo calore, nonchè diminuire, o restare stazionario, cre-scerebbe ancora, per il fatto solo della contrazione sola-re: perchè se un corpo gazoso si condensa da una parte,raffreddandosi, d'altra parte il calore prodotto dalla con-trazione è più che sufficente a impedire alla temperaturadi abbassarsi e il calore aumenta fino a che la condensa-zione comincia sotto forma liquida. Tale è il probabilestato attuale del sole.

La condensazione del globo solare, la cui densità nonè ancora che il quarto di quella del globo terreste, puòdunque, da sè sola, mantenere per secoli (almeno diecimilioni d'anni) il calore e la luce dell'astro radioso.

Ma parleremo ora di una seconda causa di conserva-zione di questa temperatura: la caduta delle meteore. Necadono continuamente sulla Terra: centoquarantasei mi-liardi di stelle cadenti all'anno. Ne cadono incomparabil-mente di più sul sole, a causa della sua attrazione pre-ponderante.

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di raggi di luce e di calore che il Sole manda nello spa-zio, uno solo è ricevuto ed utilizzato dai pianeti.

Ebbene, per conservare questa sorgente di calore, ba-sterebbe che il globo solare continuasse a condensarsi,in modo che il suo diametro non diminuisse che 77 me-tri all'anno, vale a dire 1 chilometro in tredici anni. Que-sta contrazione è così lenta, che sarebbe impercettibileall'osservazione. Occorrerebbero novemilacinquecentoanni, per ridurre il diametro di un solo secondo d'arco.

Se anche il Sole attualmente fosse sempre gazoso, ilsuo calore, nonchè diminuire, o restare stazionario, cre-scerebbe ancora, per il fatto solo della contrazione sola-re: perchè se un corpo gazoso si condensa da una parte,raffreddandosi, d'altra parte il calore prodotto dalla con-trazione è più che sufficente a impedire alla temperaturadi abbassarsi e il calore aumenta fino a che la condensa-zione comincia sotto forma liquida. Tale è il probabilestato attuale del sole.

La condensazione del globo solare, la cui densità nonè ancora che il quarto di quella del globo terreste, puòdunque, da sè sola, mantenere per secoli (almeno diecimilioni d'anni) il calore e la luce dell'astro radioso.

Ma parleremo ora di una seconda causa di conserva-zione di questa temperatura: la caduta delle meteore. Necadono continuamente sulla Terra: centoquarantasei mi-liardi di stelle cadenti all'anno. Ne cadono incomparabil-mente di più sul sole, a causa della sua attrazione pre-ponderante.

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Se questo ne ricevesse circa la centesima parte dellamassa terrestre, ogni anno questa caduta basterebbe amantenere il suo irraggiamento, non già per la combu-stione delle meteore, – perchè se il Sole stesso si consu-masse, non potrebbe durare più di seimila anni – ma perla trasformazione in calore del movimento improvvisa-mente arrestato, ed uguale a 650.000 metri nell'ultimosecondo di caduta; tanto l'attrazione solare è intensa.

La Terra, cadendo sul Sole, manterrebbe per 95 anniil dispendio attuale d'energia del Sole;

Venere per 84 anni;Mercurio per 7 anni;Marte per 13 anni;Giove per 32254 anni;Saturno per 9562 anni;Urano per 1610 anni;e Nettuno per 1890 anni.Vale a dire che la caduta di tutti i pianeti nel Sole da-

rebbe luogo a un calore sufficente a conservare la suaproduzione per 46000 anni.

È dunque certo che la caduta delle meteore aggiungeuna gran durata al mantenimento del calore solare. Untrentatremilionesimo della massa solare, aggiunto ognianno, basterebbe a compensare la perdita, e anche lametà, ammettendo che la condensazione abbia una parteuguale a quella delle meteore nella conservazione delcalore solare: ci vorrebbero dei secoli, perchè gli astro-nomi se ne accorgessero dall'accelerazione delle rivolu-zioni planetarie.

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Se questo ne ricevesse circa la centesima parte dellamassa terrestre, ogni anno questa caduta basterebbe amantenere il suo irraggiamento, non già per la combu-stione delle meteore, – perchè se il Sole stesso si consu-masse, non potrebbe durare più di seimila anni – ma perla trasformazione in calore del movimento improvvisa-mente arrestato, ed uguale a 650.000 metri nell'ultimosecondo di caduta; tanto l'attrazione solare è intensa.

La Terra, cadendo sul Sole, manterrebbe per 95 anniil dispendio attuale d'energia del Sole;

Venere per 84 anni;Mercurio per 7 anni;Marte per 13 anni;Giove per 32254 anni;Saturno per 9562 anni;Urano per 1610 anni;e Nettuno per 1890 anni.Vale a dire che la caduta di tutti i pianeti nel Sole da-

rebbe luogo a un calore sufficente a conservare la suaproduzione per 46000 anni.

È dunque certo che la caduta delle meteore aggiungeuna gran durata al mantenimento del calore solare. Untrentatremilionesimo della massa solare, aggiunto ognianno, basterebbe a compensare la perdita, e anche lametà, ammettendo che la condensazione abbia una parteuguale a quella delle meteore nella conservazione delcalore solare: ci vorrebbero dei secoli, perchè gli astro-nomi se ne accorgessero dall'accelerazione delle rivolu-zioni planetarie.

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Possiamo dunque ammettere, come minimo, venti mi-lioni d'anni all'avvenire solare, per queste due sole cau-se, e si potrebbe, senza esagerare, arrivare anche a tren-ta. E questa durata può essere ancora aumentata da cau-se sconosciute, non pensando all'incontro di uno sciamemeteorico.

Il Sole rimase dunque l'ultimo vivente del suo siste-ma, l'ultimo animato dal fuoco della vita.

Ma anch'esso si spense. Dopo avere per tanto tempoversato sui suoi figli celesti i raggi vivificatori della sualuce, vide le sue macchie crescere in numero e in esten-sione, la sua brillante fotosfera oscurarsi, e la sua super-fice, già splendente, oscurarsi e congelarsi. Una enormepalla rossa prese, nello spazio, il posto dell'abbagliantefocolare dei mondi scomparsi.

Per molto tempo l'enorme astro conservò, alla super-fice, una temperatura elevata e una specie d'atmosferafosforescente; il suo terreno vergine produsse fiori me-ravigliosi, una fauna sconosciuta, esseri assolutamentediversi, nei loro organismi, da tutti quelli che si eranosucceduti sui mondi del suo sistema, rischiarati dallaluce delle stelle e dalle emanazioni elettriche, formantiuna specie d'atmosfera intorno all'antico focolare.

Anche per lui arrivò la fine e all'orologio eterno deldestino suonò l'ora in cui tutto il sistema solare fu radia-to dal libro della vita. E successivamente tutte le stelle,di cui ciascuna è un sole, tutti i sistemi solari, tutti imondi ebbero la stessa sorte....

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Possiamo dunque ammettere, come minimo, venti mi-lioni d'anni all'avvenire solare, per queste due sole cau-se, e si potrebbe, senza esagerare, arrivare anche a tren-ta. E questa durata può essere ancora aumentata da cau-se sconosciute, non pensando all'incontro di uno sciamemeteorico.

Il Sole rimase dunque l'ultimo vivente del suo siste-ma, l'ultimo animato dal fuoco della vita.

Ma anch'esso si spense. Dopo avere per tanto tempoversato sui suoi figli celesti i raggi vivificatori della sualuce, vide le sue macchie crescere in numero e in esten-sione, la sua brillante fotosfera oscurarsi, e la sua super-fice, già splendente, oscurarsi e congelarsi. Una enormepalla rossa prese, nello spazio, il posto dell'abbagliantefocolare dei mondi scomparsi.

Per molto tempo l'enorme astro conservò, alla super-fice, una temperatura elevata e una specie d'atmosferafosforescente; il suo terreno vergine produsse fiori me-ravigliosi, una fauna sconosciuta, esseri assolutamentediversi, nei loro organismi, da tutti quelli che si eranosucceduti sui mondi del suo sistema, rischiarati dallaluce delle stelle e dalle emanazioni elettriche, formantiuna specie d'atmosfera intorno all'antico focolare.

Anche per lui arrivò la fine e all'orologio eterno deldestino suonò l'ora in cui tutto il sistema solare fu radia-to dal libro della vita. E successivamente tutte le stelle,di cui ciascuna è un sole, tutti i sistemi solari, tutti imondi ebbero la stessa sorte....

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III.

«Tutto sarà, tutto sembra esseree tutto non è che nulla».

BUDDA.

E tuttavia l'universo continuò ad esistere come oggi.La matematica ci dice: – Pare che il sistema solare

non possieda attualmente che la quattrocentocinquanta-quattresima parte dell'energia trasformabile che aveva,quando era allo stato di nebulosa. Benchè questo resi-duo costituisca ancora una riserva, la cui enormità con-fonde la nostra immaginazione, un giorno sarà consu-mato.

Poi, la trasformazione sarà completa per tutto l'uni-verso, e finirà per stabilirsi un equilibrio generale, tantodi temperatura, quanto di pressione.

Allora l'energia non sarà più suscettibile di trasforma-zione. Ciò sarà non l'immobilità assoluta, poichè la stes-sa somma d'energia esisterà sempre sotto forma di mo-vimenti atomici, ma l'assenza di ogni movimento sensi-bile, di ogni differenza e di ogni tendenza, vale a dire lamorte definitiva.

Ecco quel che dice la nostra matematica attuale.L'osservazione, infatti, stabilisce che, da una parte, la

quantità di materia resta costante e dall'altra la quantità

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III.

«Tutto sarà, tutto sembra esseree tutto non è che nulla».

BUDDA.

E tuttavia l'universo continuò ad esistere come oggi.La matematica ci dice: – Pare che il sistema solare

non possieda attualmente che la quattrocentocinquanta-quattresima parte dell'energia trasformabile che aveva,quando era allo stato di nebulosa. Benchè questo resi-duo costituisca ancora una riserva, la cui enormità con-fonde la nostra immaginazione, un giorno sarà consu-mato.

Poi, la trasformazione sarà completa per tutto l'uni-verso, e finirà per stabilirsi un equilibrio generale, tantodi temperatura, quanto di pressione.

Allora l'energia non sarà più suscettibile di trasforma-zione. Ciò sarà non l'immobilità assoluta, poichè la stes-sa somma d'energia esisterà sempre sotto forma di mo-vimenti atomici, ma l'assenza di ogni movimento sensi-bile, di ogni differenza e di ogni tendenza, vale a dire lamorte definitiva.

Ecco quel che dice la nostra matematica attuale.L'osservazione, infatti, stabilisce che, da una parte, la

quantità di materia resta costante e dall'altra la quantità

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di forza o d'energia resta pure costante, a traverso tuttele trasformazioni dei corpi e delle posizioni, ma chel'universo tende a uno stato d'equilibrio, allo stato delcalore, uniformemente repartito. Il calore del Sole e ditutti gli astri parrebbe dovuto alla trasformazione deimovimenti iniziali, agli urti delle molecole; il calore at-tuale, proveniente da questa trasformazione di movi-mento, raggia costantemente nello spazio; ciò che dure-rà finchè tutti gli astri non sieno raffreddati sino allatemperatura dello spazio stesso. Se consideriamo atten-dibili le nostre scienze attuali, la meccanica, la fisica ele matematiche, e se ammettiamo la permanenza delleleggi, che governano oggi la natura e il nostro umanoraziocinio, questa è la sorte riserbata all'universo.

Lungi dall'essere eterna, la Terra su cui noi viviamo,ha avuto un principio.

Nell'eternità, cento milioni di anni, un miliardo dianni o di secoli sono come un giorno; vi è l'eternità,avanti e dopo; e la lunga apparente durata della vita ter-restre svanisce, per ridursi a un punto. Lo studio scienti-fico della natura e la conoscenza delle sue leggi ci ripor-tano dunque alla questione altre volte posta dai teologi,si chiamino essi Zoroastro, Platone, S. Agostino, o S.Tommaso d'Aquino, o si tratti di un ingenuo seminari-sta, tonsurato la vigilia

«Che faceva Dio prima della creazione del mondo, eche farà dopo la sua fine?» o, sotto una forma meno an-tropomorfica, poichè Dio è inconoscibile: «Qual era lo

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di forza o d'energia resta pure costante, a traverso tuttele trasformazioni dei corpi e delle posizioni, ma chel'universo tende a uno stato d'equilibrio, allo stato delcalore, uniformemente repartito. Il calore del Sole e ditutti gli astri parrebbe dovuto alla trasformazione deimovimenti iniziali, agli urti delle molecole; il calore at-tuale, proveniente da questa trasformazione di movi-mento, raggia costantemente nello spazio; ciò che dure-rà finchè tutti gli astri non sieno raffreddati sino allatemperatura dello spazio stesso. Se consideriamo atten-dibili le nostre scienze attuali, la meccanica, la fisica ele matematiche, e se ammettiamo la permanenza delleleggi, che governano oggi la natura e il nostro umanoraziocinio, questa è la sorte riserbata all'universo.

Lungi dall'essere eterna, la Terra su cui noi viviamo,ha avuto un principio.

Nell'eternità, cento milioni di anni, un miliardo dianni o di secoli sono come un giorno; vi è l'eternità,avanti e dopo; e la lunga apparente durata della vita ter-restre svanisce, per ridursi a un punto. Lo studio scienti-fico della natura e la conoscenza delle sue leggi ci ripor-tano dunque alla questione altre volte posta dai teologi,si chiamino essi Zoroastro, Platone, S. Agostino, o S.Tommaso d'Aquino, o si tratti di un ingenuo seminari-sta, tonsurato la vigilia

«Che faceva Dio prima della creazione del mondo, eche farà dopo la sua fine?» o, sotto una forma meno an-tropomorfica, poichè Dio è inconoscibile: «Qual era lo

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stato dell'universo, prima dell'ordine attuale delle cose, equale sarà dopo?»

La questione è la stessa, sia che si ammetta un Diopersonale, che ragioni ed agisca con un fine determina-to, sia che non si ammetta spirito alcuno nella natura,ma soltanto atomi indistruttibili e forze rappresentantiuna quantità d'energia invariabile, e non meno indistrut-tibile. Nel primo caso, perchè Dio, potenza eterna e noncreata, sarebbe da principio rimasto inattivo, o, essendorimasto inattivo, soddisfatto della sua immensità assolu-ta ed inaccrescibile, perchè avrebbe cambiato questostato e avrebbe creato la materia e le forze? Il teologopuò rispondere: «Perchè gli ha fatto piacere». Ma il filo-sofo non è soddisfatto di questo cambiamento nell'ideadivina.

Nella seconda concezione del mondo, poichè l'originedell'ordine attuale delle cose non risale che a una dataepoca e non vi è effetto senza causa, abbiamo il dirittodi domandare qual'era lo stato anteriore alla formazionedell'universo attuale.

Non si può certamente contestare che, sebbene l'ener-gia sia indistruttibile, vi è una tendenza universale allasua dispersione, che deve finire con uno stato di riposouniversale e di morte; e il ragionamento matematico èimpeccabile.

Pure, noi non lo ammettiamo.Perchè?Perchè l'universo non è una quantità limitata.

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stato dell'universo, prima dell'ordine attuale delle cose, equale sarà dopo?»

La questione è la stessa, sia che si ammetta un Diopersonale, che ragioni ed agisca con un fine determina-to, sia che non si ammetta spirito alcuno nella natura,ma soltanto atomi indistruttibili e forze rappresentantiuna quantità d'energia invariabile, e non meno indistrut-tibile. Nel primo caso, perchè Dio, potenza eterna e noncreata, sarebbe da principio rimasto inattivo, o, essendorimasto inattivo, soddisfatto della sua immensità assolu-ta ed inaccrescibile, perchè avrebbe cambiato questostato e avrebbe creato la materia e le forze? Il teologopuò rispondere: «Perchè gli ha fatto piacere». Ma il filo-sofo non è soddisfatto di questo cambiamento nell'ideadivina.

Nella seconda concezione del mondo, poichè l'originedell'ordine attuale delle cose non risale che a una dataepoca e non vi è effetto senza causa, abbiamo il dirittodi domandare qual'era lo stato anteriore alla formazionedell'universo attuale.

Non si può certamente contestare che, sebbene l'ener-gia sia indistruttibile, vi è una tendenza universale allasua dispersione, che deve finire con uno stato di riposouniversale e di morte; e il ragionamento matematico èimpeccabile.

Pure, noi non lo ammettiamo.Perchè?Perchè l'universo non è una quantità limitata.

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IV.

«Devant l'éternité tout siècle est du même-âge».LAMARTINE, Harmonies.

È impossibile concepire un limite all'estensione dellamateria. Abbiamo davanti a noi, in uno spazio senzafine, la sorgente inesauribile della trasformazionedell'energia potenziale in movimento sensibile, e daquesto in calore e in altre forze, e non un semplice mec-canismo limitato che cammina come un orologio, e poisi ferma per sempre.

L'avvenire dell'universo è il suo passato. Se l'universodovesse avere una fine, già da molto tempo sarebbegiunta, e noi non saremmo qui a studiare questo proble-ma.

Noi vediamo nelle cose un principio e una fine, per ilfatto che le nostre concezioni sono limitate. Non possia-mo concepire che una serie di trasformazioni assoluta-mente infinite possano esistere nell'avvenire, o nel pas-sato, e che una serie pure infinita di combinazioni mate-riali possano succedersi, da pianeti in soli, da soli in si-stemi di soli, da questi in vie lattee, in universi stellari,etc. etc.

Pure, lo spettacolo attuale del cielo sta a mostrarcil'infinito. Noi certo non comprendiamo l'infinità dello

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IV.

«Devant l'éternité tout siècle est du même-âge».LAMARTINE, Harmonies.

È impossibile concepire un limite all'estensione dellamateria. Abbiamo davanti a noi, in uno spazio senzafine, la sorgente inesauribile della trasformazionedell'energia potenziale in movimento sensibile, e daquesto in calore e in altre forze, e non un semplice mec-canismo limitato che cammina come un orologio, e poisi ferma per sempre.

L'avvenire dell'universo è il suo passato. Se l'universodovesse avere una fine, già da molto tempo sarebbegiunta, e noi non saremmo qui a studiare questo proble-ma.

Noi vediamo nelle cose un principio e una fine, per ilfatto che le nostre concezioni sono limitate. Non possia-mo concepire che una serie di trasformazioni assoluta-mente infinite possano esistere nell'avvenire, o nel pas-sato, e che una serie pure infinita di combinazioni mate-riali possano succedersi, da pianeti in soli, da soli in si-stemi di soli, da questi in vie lattee, in universi stellari,etc. etc.

Pure, lo spettacolo attuale del cielo sta a mostrarcil'infinito. Noi certo non comprendiamo l'infinità dello

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spazio, nè l'infinità del tempo, eppure ancor meno con-cepiamo un limite qualunque allo spazio o al tempo,perchè il nostro pensiero salta al di là di questo limite econtinua a vedere. Si potrebbe camminar sempre in unadirezione qualunque dello spazio, senza trovarne la fine,e così si può sempre immaginare un ordine di successio-ne nelle cose future. Parlando assolutamente, noi nondobbiamo mai dire lo spazio e il tempo, ma l'infinito el'eternità, rispetto ai quali ogni misura, per lunga che sia,non è che un punto. Noi non concepiamo, non compren-diamo l'infinito, nello spazio o nella durata, perchè nesiamo incapaci, ma questa nostra incapacità non provanulla contro l'assoluto. Pur confessando che non com-prendiamo, sentiamo che l'infinito ci circonda e che unospazio limitato da un muro, da una barriera qualunque èun'idea assurda in sè, come, in un momento qualunquedell'eternità, non possiamo ammettere la possibilitàdell'esistenza d'un sistema di mondi, i cui movimentimisurerebbero il tempo, senza crearlo. Sono gli orologiche creano il tempo? No. Essi non fanno che misurarlo.Le nostre misure di tempo e di spazio cadono, davantiall'assoluto. Ma l'assoluto rimane.

Noi viviamo nell'infinito, senz'accorgercene. La manoche regge questa penna è composta d'elementi eterni eindistruttibili, e gli atomi che la costituiscono esistevanogià nella nebulosa solare donde il nostro pianeta è usci-to, e al di là dei secoli esisteranno sempre. I vostri pettirespirano, i vostri cervelli pensano, con materiali e forze

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spazio, nè l'infinità del tempo, eppure ancor meno con-cepiamo un limite qualunque allo spazio o al tempo,perchè il nostro pensiero salta al di là di questo limite econtinua a vedere. Si potrebbe camminar sempre in unadirezione qualunque dello spazio, senza trovarne la fine,e così si può sempre immaginare un ordine di successio-ne nelle cose future. Parlando assolutamente, noi nondobbiamo mai dire lo spazio e il tempo, ma l'infinito el'eternità, rispetto ai quali ogni misura, per lunga che sia,non è che un punto. Noi non concepiamo, non compren-diamo l'infinito, nello spazio o nella durata, perchè nesiamo incapaci, ma questa nostra incapacità non provanulla contro l'assoluto. Pur confessando che non com-prendiamo, sentiamo che l'infinito ci circonda e che unospazio limitato da un muro, da una barriera qualunque èun'idea assurda in sè, come, in un momento qualunquedell'eternità, non possiamo ammettere la possibilitàdell'esistenza d'un sistema di mondi, i cui movimentimisurerebbero il tempo, senza crearlo. Sono gli orologiche creano il tempo? No. Essi non fanno che misurarlo.Le nostre misure di tempo e di spazio cadono, davantiall'assoluto. Ma l'assoluto rimane.

Noi viviamo nell'infinito, senz'accorgercene. La manoche regge questa penna è composta d'elementi eterni eindistruttibili, e gli atomi che la costituiscono esistevanogià nella nebulosa solare donde il nostro pianeta è usci-to, e al di là dei secoli esisteranno sempre. I vostri pettirespirano, i vostri cervelli pensano, con materiali e forze

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che agivano già milioni di anni or sono, e che agirannosenza fine.

E il piccolo globo che noi abitiamo è in fondo all'infi-nito, – non già nel centro d'un universo limitato – al fon-do dell'infinito, come la stella più lontana che il telesco-pio possa scoprire.

La miglior definizione dell'universo che sia stata dataè sempre quella che Pascal ha ripetuto, e alla quale nonc'era e non c'è niente da aggiungere:

«Una sfera il cui centro è dappertutto, la circonferen-za in nessun luogo».

È questo infinito che assicura l'eternità dell'universo.Stelle su stelle, sistemi su sistemi, miriadi su miriadi,

miliardi su miliardi, universi su universi si succedonosenza fine in tutti i sensi. Noi non abitiamo in un centroche non esiste; e, al pari della stella più lontana cui ac-cennammo poco fa, la Terra giace in fondo all'infinito.

Senza fine nello spazio. Voliamo col pensiero in unadirezione qualunque del cielo, con una qualsiasi veloci-tà, per dei mesi, degli anni, dei secoli; sempre, sempre!Mai saremo arrestati da un limite, mai ci avvicineremo auna frontiera: resteremo sempre al vestibolo dell'infinitoaperto davanti a noi....

Senza fine nel tempo. Viviamo col pensiero al di làdelle età future, aggiungiamo i secoli ai secoli, i periodisecolari ai periodi secolari, mai raggiungeremo la fine:resteremo sempre al vestibolo dell'eternità aperta davan-ti a noi.

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che agivano già milioni di anni or sono, e che agirannosenza fine.

E il piccolo globo che noi abitiamo è in fondo all'infi-nito, – non già nel centro d'un universo limitato – al fon-do dell'infinito, come la stella più lontana che il telesco-pio possa scoprire.

La miglior definizione dell'universo che sia stata dataè sempre quella che Pascal ha ripetuto, e alla quale nonc'era e non c'è niente da aggiungere:

«Una sfera il cui centro è dappertutto, la circonferen-za in nessun luogo».

È questo infinito che assicura l'eternità dell'universo.Stelle su stelle, sistemi su sistemi, miriadi su miriadi,

miliardi su miliardi, universi su universi si succedonosenza fine in tutti i sensi. Noi non abitiamo in un centroche non esiste; e, al pari della stella più lontana cui ac-cennammo poco fa, la Terra giace in fondo all'infinito.

Senza fine nello spazio. Voliamo col pensiero in unadirezione qualunque del cielo, con una qualsiasi veloci-tà, per dei mesi, degli anni, dei secoli; sempre, sempre!Mai saremo arrestati da un limite, mai ci avvicineremo auna frontiera: resteremo sempre al vestibolo dell'infinitoaperto davanti a noi....

Senza fine nel tempo. Viviamo col pensiero al di làdelle età future, aggiungiamo i secoli ai secoli, i periodisecolari ai periodi secolari, mai raggiungeremo la fine:resteremo sempre al vestibolo dell'eternità aperta davan-ti a noi.

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Nella nostra piccola sfera d'osservazione terrestre,constatiamo che, traverso tutti i cambiamenti d'aspettodi materia e di movimento, la stessa quantità di materiae di movimento rimane, sotto altre forme. Materia e for-ze si trasformano, ma la stessa quantità di massa e di po-tenza sussiste.

Gli esseri viventi ci danno questo esempio perpetuo;nascono, crescono, aggregandosi sostanze attinte nelmondo esteriore e quando muoiono si disgregano e ren-dono alla natura tutti gli elementi di cui il loro corpo erastato formato. Una legge permanente ricostituisce dicontinuo altri corpi con quegli stessi elementi. Ogniastro si può paragonare ad un essere organizzato, anchedal punto di vista del suo calore interno. Un corpo rima-ne in vita finchè le energie diverse dei suoi organi fun-zionano in seguito ai movimenti della respirazione edella circolazione. Quando l'equilibrio e il riposo songiunti, ne consegue la morte; ma dopo la morte tutte lesostanze, di cui il corpo era formato, vanno a ricostituirealtri esseri. La dissoluzione è il preludio di un rinnova-mento e della formazione di esseri nuovi. L'analogia ciporta a credere che lo stesso sia nel sistema cosmico.Niente può essere distrutto.

Ciò che sussiste, invariabile come quantità, ma sem-pre mutevole di forma sotto le apparenze sensibili chel'universo ci presenta, è una Potenza incommensurabile,che siamo obbligati a riconoscere come illimitata nellospazio e senza principio nè fine nel tempo.

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Nella nostra piccola sfera d'osservazione terrestre,constatiamo che, traverso tutti i cambiamenti d'aspettodi materia e di movimento, la stessa quantità di materiae di movimento rimane, sotto altre forme. Materia e for-ze si trasformano, ma la stessa quantità di massa e di po-tenza sussiste.

Gli esseri viventi ci danno questo esempio perpetuo;nascono, crescono, aggregandosi sostanze attinte nelmondo esteriore e quando muoiono si disgregano e ren-dono alla natura tutti gli elementi di cui il loro corpo erastato formato. Una legge permanente ricostituisce dicontinuo altri corpi con quegli stessi elementi. Ogniastro si può paragonare ad un essere organizzato, anchedal punto di vista del suo calore interno. Un corpo rima-ne in vita finchè le energie diverse dei suoi organi fun-zionano in seguito ai movimenti della respirazione edella circolazione. Quando l'equilibrio e il riposo songiunti, ne consegue la morte; ma dopo la morte tutte lesostanze, di cui il corpo era formato, vanno a ricostituirealtri esseri. La dissoluzione è il preludio di un rinnova-mento e della formazione di esseri nuovi. L'analogia ciporta a credere che lo stesso sia nel sistema cosmico.Niente può essere distrutto.

Ciò che sussiste, invariabile come quantità, ma sem-pre mutevole di forma sotto le apparenze sensibili chel'universo ci presenta, è una Potenza incommensurabile,che siamo obbligati a riconoscere come illimitata nellospazio e senza principio nè fine nel tempo.

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Ecco perchè vi saranno sempre soli e mondi, che nonsaranno nè i nostri soli, nè i nostri mondi attuali, che sa-ranno altri, ma che si succederanno sempre nell'intermi-nabile eternità.

E questo universo visibile non deve rappresentare peril nostro spirito che le apparenze variabili e mutevolidella Realtà assoluta ed eterna, costituita dall'universoinvisibile.

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Ecco perchè vi saranno sempre soli e mondi, che nonsaranno nè i nostri soli, nè i nostri mondi attuali, che sa-ranno altri, ma che si succederanno sempre nell'intermi-nabile eternità.

E questo universo visibile non deve rappresentare peril nostro spirito che le apparenze variabili e mutevolidella Realtà assoluta ed eterna, costituita dall'universoinvisibile.

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V.

«Il mit l'éternité par delà tous les âges;Par delà tous les cieux il jeta l'infini».

V. HUGO, Jèhovah.

È in virtù di questa legge trascendentale che moltotempo dopo la morte della Terra, dei pianeti giganteschi,dello stesso astro centrale, mentre il nostro vecchio solenero navigava nell'immensità sconfinata, portando consè i mondi defunti in cui le umanità terrestri e planetarieavevano in altri tempi lottato nelle futili battaglie dellavita quotidiana, un altro sole spento, proveniente,anch'esso, dalle profondità dell'infinito, lo incontrò.... el'arrestò!

Allora, nella profonda notte dello spazio, queste duepalle formidabili, crearono d'un tratto, per quell'urtoprodigioso, un fuoco celeste immenso, una vasta nebu-losa gazosa, che oscillò, dapprima, come una fiammafolle, e poi volò verso cieli sconosciuti. La sua tempera-tura era di parecchi milioni di gradi. Tutto quello che erastato quaggiù, terra, acqua, aria, minerali, piante, uomi-ni, tutto quello che era stato carne, sguardi, cuori palpi-tanti d'amore, bellezze seduttrici, cervelli pensanti, maniche avevano impugnato la spada, vincitori o vinti, car-nefici o vittime, atomi e anime inferiori non libere dalla

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V.

«Il mit l'éternité par delà tous les âges;Par delà tous les cieux il jeta l'infini».

V. HUGO, Jèhovah.

È in virtù di questa legge trascendentale che moltotempo dopo la morte della Terra, dei pianeti giganteschi,dello stesso astro centrale, mentre il nostro vecchio solenero navigava nell'immensità sconfinata, portando consè i mondi defunti in cui le umanità terrestri e planetarieavevano in altri tempi lottato nelle futili battaglie dellavita quotidiana, un altro sole spento, proveniente,anch'esso, dalle profondità dell'infinito, lo incontrò.... el'arrestò!

Allora, nella profonda notte dello spazio, queste duepalle formidabili, crearono d'un tratto, per quell'urtoprodigioso, un fuoco celeste immenso, una vasta nebu-losa gazosa, che oscillò, dapprima, come una fiammafolle, e poi volò verso cieli sconosciuti. La sua tempera-tura era di parecchi milioni di gradi. Tutto quello che erastato quaggiù, terra, acqua, aria, minerali, piante, uomi-ni, tutto quello che era stato carne, sguardi, cuori palpi-tanti d'amore, bellezze seduttrici, cervelli pensanti, maniche avevano impugnato la spada, vincitori o vinti, car-nefici o vittime, atomi e anime inferiori non libere dalla

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materia, tutto era divenuto fuoco. E così era accadutodei mondi di Marte, Venere, Giove, Saturno e dei lorofratelli. Era la resurrezione della natura visibile, mentrele anime superiori che avevano acquistato l'immortalitàcontinuavano a vivere senza fine nelle gerarchiedell'universo psichico invisibile. La coscienza di tutti gliesseri umani che avevano vissuto sulla Terra s'era eleva-ta nell'idea; gli esseri avevano sempre progredito nelleloro trasmigrazioni traverso i mondi e rivivevano tutti inDio, liberati dal peso della materia, librantisi nella luceeterna, in continuo perfezionamento. L'universo appa-rente, il mondo visibile è il crogiuolo nel quale si elabo-ra incessantemente l'universo psichico, il solo reale edefinitivo.

L'urto spaventoso dei due soli spenti creò un'immensanebulosa gazosa che assorbì tutti gli antichi mondi, tra-sformati in vapore, e che, superba, gigantesca, sospesanello spazio infinito, si mise a girare su se stessa.

E nelle zone di condensazione di quella nebulosa pri-mordiale, nuovi globi nacquero, come, in altri tempi eraavvenuto, all'aurora della Terra.

E questo fu un ricominciare del mondo, una genesiche futuri Mosè e futuri Laplace raccontarono.

E la creazione continuò, nuova, diversa, non terrestre,non marziale, non saturniana, non solare; un'altra, extra-terrestre, sovrumana, inesauribile.

E vi furono altre umanità, altre civiltà, altre vanità: al-tre Babilonie, altre Tebi, altre Ateni, altre Rome, altreParigi; altri palazzi, altri templi; altre glorie, altri amori,

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materia, tutto era divenuto fuoco. E così era accadutodei mondi di Marte, Venere, Giove, Saturno e dei lorofratelli. Era la resurrezione della natura visibile, mentrele anime superiori che avevano acquistato l'immortalitàcontinuavano a vivere senza fine nelle gerarchiedell'universo psichico invisibile. La coscienza di tutti gliesseri umani che avevano vissuto sulla Terra s'era eleva-ta nell'idea; gli esseri avevano sempre progredito nelleloro trasmigrazioni traverso i mondi e rivivevano tutti inDio, liberati dal peso della materia, librantisi nella luceeterna, in continuo perfezionamento. L'universo appa-rente, il mondo visibile è il crogiuolo nel quale si elabo-ra incessantemente l'universo psichico, il solo reale edefinitivo.

L'urto spaventoso dei due soli spenti creò un'immensanebulosa gazosa che assorbì tutti gli antichi mondi, tra-sformati in vapore, e che, superba, gigantesca, sospesanello spazio infinito, si mise a girare su se stessa.

E nelle zone di condensazione di quella nebulosa pri-mordiale, nuovi globi nacquero, come, in altri tempi eraavvenuto, all'aurora della Terra.

E questo fu un ricominciare del mondo, una genesiche futuri Mosè e futuri Laplace raccontarono.

E la creazione continuò, nuova, diversa, non terrestre,non marziale, non saturniana, non solare; un'altra, extra-terrestre, sovrumana, inesauribile.

E vi furono altre umanità, altre civiltà, altre vanità: al-tre Babilonie, altre Tebi, altre Ateni, altre Rome, altreParigi; altri palazzi, altri templi; altre glorie, altri amori,

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Page 306: E-book campione Liber Liber · 2018. 7. 3. · C APITOLO I. LA MINACCIA CELESTE «Impiaque aeternam timuerunt saecula noctem». VIRGILIO, Georgiche, I, 468. Il magnifico ponte di

altri fulgori. Ma tutte queste cose non ebbero più nulladi comune con la Terra, le cui immagini si erano dile-guate come ombre spettrali.

E questi universi passarono a loro volta. Ed altri se-guirono. In una certa epoca, perduta nell'eternità futura,tutte le stelle della via lattea caddero verso un centro co-mune di gravità e formarono un immenso e formidabilesole, centro d'un sistema, i cui mondi enormi furono po-polati da esseri organizzati, con una temperatura incan-descente per noi, ai quali i sensi, vibranti per altre radia-zioni, in un'altra chimica, in un'altra fisica, mostraronol'universo sotto aspetti, del tutto inconoscibili per i no-stri occhi terrestri.... Altre creazioni, altri esseri, altripensieri.

E sempre lo spazio infinito rimase popolato di mondie di stelle, di anime e di soli; e l'eternità durò per sem-pre.

Perchè non può esserci nè fine, nè principio.

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altri fulgori. Ma tutte queste cose non ebbero più nulladi comune con la Terra, le cui immagini si erano dile-guate come ombre spettrali.

E questi universi passarono a loro volta. Ed altri se-guirono. In una certa epoca, perduta nell'eternità futura,tutte le stelle della via lattea caddero verso un centro co-mune di gravità e formarono un immenso e formidabilesole, centro d'un sistema, i cui mondi enormi furono po-polati da esseri organizzati, con una temperatura incan-descente per noi, ai quali i sensi, vibranti per altre radia-zioni, in un'altra chimica, in un'altra fisica, mostraronol'universo sotto aspetti, del tutto inconoscibili per i no-stri occhi terrestri.... Altre creazioni, altri esseri, altripensieri.

E sempre lo spazio infinito rimase popolato di mondie di stelle, di anime e di soli; e l'eternità durò per sem-pre.

Perchè non può esserci nè fine, nè principio.

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