Durkheim su rituale e gruppo sociale - capacitedaffect.net · “Il potere che [la società]...
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“Una società [totemica] è divisa in un certo numero di gruppi che portano il nome di piante o di animali (alcuni, di oggetti inanimati); tutti i membri di ogni gruppo si considerano come uniti da un legame di
parentela stretta agli oggetti che servono loro da nome collettivo. Questi sono in breve i caratteri esteriori del
totemismo.”
Émile Durkheim, “Sur le totémisme” (1901)
“Un totem, in effetti, non è soltanto un nome; è innanzitutto e soprattutto un principio religioso che non fa che uno con l’individuo in cui risiede, che fa
parte della sua personalità.”
Émile Durkheim, “Sur le totémisme” (1901)
“Il principio essenziale di questo sistema religioso è che l’uomo e l’animale che gli serve da totem sono uniti da una stretta parentela. Non solo: in realtà c’è tra di essi una vera identità sostanziale. L’animale è del clan come l’uomo che porta il suo nome è della specie animale.
Ora, è una regola generale che i membri di un medesimo clan sono tenuti a rispettare reciprocamente
le proprie vite ... Di conseguqnza, a partire dal momento in cui l’animale è stato concepito come fatto della medesima sostanza dell’uomo, appartenente allo stesso gruppo sociale, gli deve essere evidentemente
interdetto di ucciderlo.”
Émile Durkheim, “Sur le totémisme” (1901)
“In generale, non c’è dubbio che una società ha tutto ciò che serve per risvegliare negli spiriti, attraverso la sola azione che esercita su di essi, la sensazione del divino; perché essa è agli occhi dei suoi membri quel
che un dio è per i suoi fedeli.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“Il potere che [la società] esercita sulle coscienze ha meno a che vedere con la supremazia fisica di cui essa dispone che all’autorità morale di cui è investita. Se noi
non disobbediamo ai suoi ordini, non è solo perché essa si è armata per trionfare contro ogni resistenza,
ma anzitutto perché essa è l’oggetto di un vero e proprio rispetto.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“Un dio non è solo una autorità da cui dipendiamo; è anche una forza sulla quale si appoggia la nostra forza. L’uomo che ha obbedito al suo dio e che, per questa
ragione, crede di averlo dalla sua parte, affronta il mondo con fiducia e con il sentimento di una energia accresciuta. Allo stesso modo, l’azione sociale non si
limita a pretendere da noi dei sacrifici, delle privazioni e degli sforzi. Perché la forza collettiva non è affatto
esteriore a noi; essa non ci muove affatto dal di fuori; ma, dato che la società non può esistere che nelle
coscienze individuali e attraverso di esse, è necessario che essa penetri e si organizzi in noi; essa diviene così parte integrante del nostro essere e perciostesso lo
può elevare e ingrandire.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“In una assemblea che si riscalda di una passione comune, diventiamo capaci di sentimenti e di atti di cui non siamo capaci quando siamo ridotti alle sole nostre
forze; e quando l’assemblea è sciolta, quando, ritrovandoci soli, torniamo al nostro livello ordinario,
possiamo misurare allora tutta l’altezza a cui siamo stati precedentemente trasportati al di sopra di noi stessi.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
Insediamento del presidente Barack Obama, Washington DC, 20 gennaio 2009(photos by Mustafah Abdulaziz)
“L’uomo che fa il suo dovere trova, in qualsiasi manifestazione in cui si esprimono la simpatia, la stima,
l’affetto che i suoi simili provano per lui, una impressione di conforto, di cui spesso non si rende conto, ma che lo sostiene. La considerazione che la
società ha di lui rialza la considerazione che egli ha di se stesso. Entrando in armonia morale con i suoi
contemporanei, egli ha più fiducia, più coraggio, più audacia nell’azione, esattamente come il fedele che
crede di sentire gli sguardi del proprio dio voltati verso di lui. Si produce in questo modo un sostegno continuo
del nostro essere morale.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“L’ambiente in cui viviamo ci appare popolato di forze allo stesso tempo imperative e caritatevoli, altere e benvolenti, con le quali ci troviamo in rapporto. Dal
momento che esse esercitano su di noi una pressione di cui siamo consapevoli, le localizziamo fuori di noi, come
facciamo con le altre cause oggettive delle nostre sensazioni.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“Ma d’altra parte i sentimenti che esse ci ispirano sono di natura diversa da quelli che abbiamo per le cose sensibili. In quanto queste ultime sono ridotte ai loro caratteri empirici come si manifestano nell’esperienza quotidiana, in quanto nessuna immaginazione religiosa li ha trasformati, noi non
nutriamo per esse nulla che somigli a una forma di rispetto ed esse non ci forniscono nulla che possa elevarci al di sopra di noi stessi. Le rappresentazioni che le esprimono ci appaiono
dunque molto diverse da quelle che risvegliano in noi le influenze collettive. Le une e le altre formano nella nostra
coscienza due cerchie di stati mentali, distinti e separati, come le due forme di vita a cui corrispondono.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“La vita delle società australiane passa alternativamente attraverso due fasi diverse. A volte la popolazione si trova
dispersa in piccoli gruppi che, indipendentemente gli uni dagli altri, attendono alle loro occupazioni; ogni famiglia vive allora per conto proprio, cacciando, pescando, ovvero in una parola
cercando con ogni mezzo di procurarsi il cibo indispensabile. A volte, al contrario, la popolazione si
concentra e si condensa, per un periodo che varia da alcuni giorni ad alcuni mesi, in certi luoghi determinati. Questa
concentrazione ha luogo quando un clan o una porzione di tribù viene convocata dalle sue sedi, e in questa occasione si celebra una cerimonia religiosa, ovvero si tiene quello che
nel linguaggio degli etnografi chiamiamo un corrobbori.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“Ora, il semplice fatto dell’agglomerazione agisce come un eccitante eccezionalmente potente. Una volta che gli
individui sono riuniti si scatena dal loro ravvicinamento una specie di elettricità che li trasporta presto a un grado
straordinario di esaltazione. Ogni sentimento espresso viene risentito, senza resistenza, in tutte le coscienze ampiamente aperte alle impressioni esterne: ognuna di esse fa eco alle
altre e reciprocamente. L’impulso iniziale va così amplificandosi mano a mano che si riverbera, come una
valanga che si ingrandisce a mano a mano che avanza. E dato che delle passioni così vive e affrancate da ogni controllo
non possono non espandersi all’esterno, dappertutto vi sono gesti violenti, grida, veri e propri urli, rumori assordanti di
ogni tipo che contribuiscono ad intensificare ancora di più lo stato che manifestano.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“Si comprende facilmente che, giunto a un tale stato di esaltazione, l’uomo non si conosce più. Sentendosi dominato,
trascinato da una sorta di potere esterno che lo fa pensare e agire diversamente che nei tempi normali, egli ha naturalmente
l'impressione di non essere più se stesso. Gli sembra di essere diventato un essere nuovo: le decorazioni di cui si agghinda, le
maschere con le quali si ricopre il viso esprimono materialmente questa trasformazione interiore, più ancora di quanto non
contribuiscano a determinarla. E dal momento che nello stesso tempo tutti i suoi compagni si sentono trasfigurati allo stesso
modo e traducono il proprio sentire in grida, gesti ed atteggiamenti, tutto accade come se venissero davvero trasportati
in un mondo speciale, completamente diverso da quello in cui vivono di solito, in un ambiente popolato di forze eccezionalmente
intense, che lo invadono e lo trasformano.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“Come potrebbero delle esperienze del genere, soprattutto ripetute per settimane intere, non lasciare la
convinzione che esistono effettivamente due mondi eterogenei e incomparabili tra loro? Uno è il mondo in cui si trascina lentamente la vita quotidiana; al contrario, non si può entrare nell’altro senza entrare in rapporto con delle potenze straordinarie che galvanizzano fino alla frenesia. Il
primo è il mondo profano, il secondo, quello delle cose sacre.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“È grazie a questa duplice natura che la religione ha potuto costituire la matrice in cui si sono elaborati tutti i principali
germi della civiltà umana. Dato che in essa si trova avviluppata la realtà nella sua interezza, tanto l’universo
fisico quanto quello morale, tanto le forze che muovono i corpi quanto quelle che conducono gli spriti sono stato
concepite sotto forma religiosa. Ecco come le tecniche e le pratiche le più diverse, quelle che assicurano il
funzionamento della vita morale (diritto, morale, belle arti) e quelle che servono alla vita materiale (scienze della
natura, tecniche, industrali), sono, direttamente o indirettamente, derivate dalla religione.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“La forza religiosa non è altro che il sentimento che la collettività ispira ai propri membri, ma
proiettato fuori dalle coscienze che lo provano, e oggettivato. Per oggettivarsi, infatti, esso si fissa su
un oggetto che diviene così sacro.”
Émile Durkheim, Les formes élémentaires de la vie religieuse (1912), Libro II, capitolo VII
“Tabù è una parola polinesiana, la cui traduzione è resa difficile dal fatto che manca presso di noi il concetto cui può riferirsi. Questo era ancora vivo presso gli antichi romani. Il sacer romano era il corrispettivo del tabù dei
polinesiani, così anche l’agios dei Greci e il Kadosh ebraico dovettero avere lo stesso significato ... La
parola tabù esprime due opposti significati: in un senso significa sacro, consacrato, nell'altro, sinistro, pericoloso,
proibito, impuro. Il termine opposto a tabù è, per i Polinesiani, noa, che significa comune, qualcosa a cui
ognuno può accostarsi.”
Sigmund Freud, Totem un Tabu (1913)
“Il puro e l’impuro [sono] forze equivoche ...Ogni forza, allo stato latente, provoca al tempo stesso
desiderio e paura, suscita nei fedeli la paura della sconfitta e la speranza del soccorso. Ma ogni volta che essa si manifesta è in un unico senso, o come fonte di benedizione o come nucleo di maledizione. Virtuale,
essa è ambigua; passando all’atto, diviene univoca: a quel punto non è più consentita alcuna esitazione.”
Roger Caillois, L’homme et le sacré (1939)
“I due poli del sacro si oppongono indistamente al dominio profano. Di fronte ad esso, il loro antagonismo
si attenua, tende a scomparire. Ugualmente, d’altra parte, la santità teme al tempo stesso la sporcizia e il
profano, che rappresentano per essa dei gradi diversi di impurità. Inversamente, la sporcizia non è meno capace
del profano di contaminare la santità, dato che essi possono ugualmente soffrire dei suoi attatcchi. Così, i tre elementi dell’universo religioso, il puro, il profano e l’impuro, manifestano una notevole attitudine a legarsi a
due a due contro il terzo.”
Roger Caillois, L’homme et le sacré (1939)
“In un’occasione solenne il clan uccide crudelmente il suo animale totem e lo divora crudo – carne, sangue, ossa; i membri
del clan sono vestiti in modo da assomigliare al totem, di cui imitano i versi e i movimenti, come volessero mettere in risalto la loro identità con lui. C’è la coscienza di compiere un’azione che è proibita a ciascuno individualmente, ma che è giustificata
nel momento in cui tutti vi prendono parte; d’altro lato, nessuno può sottrarvisi. Dopo che il fatto si è compiuto, l'animale ucciso
viene compianti e rimpianto. Il pianto provocato da questa morte è imposto dal timore di un castigo ed ha soprattutto lo
scopo, secondo l’osservazione di Robertson Smith, di sottrarre il clan alla responsabilità per l’uccisione compiuta. Ma a questo
lutto fa seguito la festa più strepitosa e più gioiosa, lo scaternarsi di tutti gli istinti e l'ammissione di ogni soddisfacimento. Qui
vediamo davvero la natura, l’essenza della festa.”
Sigmund Freud, Totem un Tabu (1913)
“L’orda paterna è stata sostituita dal clan fraterno, fondato su vincoli di sangue. La società si poggia su una
colpa comune, su un crimine di cui tutti sono stati complici; la religione, sul senso di colpa e sul
pentimento; la morale, sulla necessità di questa società, da una parte, sul bisogno di espiazione generato dal
senso di colpa, dall’altra.”
Sigmund Freud, Totem un Tabu (1913)
“Senza la premessa di un’anima collettiva, di una continuità della vita psichica dell’uomo, che consenta di non tener conto delle interruzioni degli atti psichici per
la scomparsa dei singoli individui, la psicologia collettiva, la psicologia dei popoli, non potrebbe
esistere.”
Sigmund Freud, Totem un Tabu (1913)
“Le istituzioni sociali ... devono essere anche rigenerate periodicamente e purificate dei rifiuti velenosi che rappresentano la parte nefasta lasciata da ogni atto compiuto per il bene della comunità. Per quanto
necessario lo immaginiamo, ammettiamo che questo bene comporti una forma di contaminazione per
l’officiante che se ne assume la responsabilità e, per contagio, per la società intera.”
Roger Caillois, L’homme et le sacré (1939)
“La festa si presenta in effetti come un’attualizzazione dei primi tempi dell’universo, dell’Urzeit, dell’era
originale eminentamente creatrice che ha visto tutte le cose, tutti gli esseri, tutte le istituzioni fissarsi nella loro
forma tradizionale e definitiva.”
Roger Caillois, L’homme et le sacré (1939)