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DUE TORRI E UN OBELISCO: SISTEMAZIONE DELLA TERRAZZA DEL PINCIO E RICOLLOCAZIONE PARZIALE DELLA COLLEZIONE TORLONIA

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DUE TORRI E UN OBELISCO:

SISTEMAZIONE DELLA TERRAZZA DEL PINCIO E RICOLLOCAZIONE PARZIALE DELLA COLLEZIONE

TORLONIA

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INTRODUZIONE

La terrazza del Pincio è uno dei luoghi più suggestivi e caratteristici di Roma. Sorge sulle pendici del colle Pincio e affacciandosi su Piazza del Popolo offre ai visitatori un panorama mozzafiato su tutti i monumenti principali della città eterna. L'area in questione si relazione sia con la sottostante Piazza del Popolo, dalla quale si accede alla terrazza con una serie di scalinate e strade a tornanti, sia con il parco di Villa Borghese. La tesi parte dall'analisi dell'evoluzione storica e urbanistica di queste due realtà, che fino alla realizzazione della passeggiata del Pincio erano totalmente distinte, riallacciandosi agli interventi compiuti da Giuseppe Valadier negli anni compresi dal 1816 al 1834, tramite i quali egli ha modificato radicalmente l'assetto urbanistico della piazza, conferendole l'attuale forma ovale e introducendo così un secondo asse che collega la terrazza al Tevere e, se prolungato, giunge fino ai Cortili del Belvedere in Vaticano. Il fronte della terrazza, articolato su diversi livelli, rappresenta dunque la testata di questo nuovo asse ed è pensato come una facciata fortemente scenografica decorata da statue e colonne rostrate. Il progetto di tesi prevede innanzitutto la valorizzazione di tale prospetto, relazionandosi in primo luogo con le chiese gemelle che si affacciano sulla stessa piazza, Santa Maria di Monte Santo e Santa Maria dei Miracoli, ma anche con la vicina Piazza di Spagna che presenta un altro fronte altamente scenografico con la sua famosa scalinata sormontata dalla chiesa di Trinità dei Monti. Il principale intervento consiste dunque nella realizzazione di due torri ai lati della terrazza e alla ricollocazione dell’obelisco di Antinoo al centro di essa, già presente lungo la passeggiata del Pincio ma in una posizione secondaria. Data la forte presenza di istituzioni culturali presenti nell’area del parco di Villa Borghese, non a caso denominato “parco dei musei”, tali torri sono pensate con funzione espositiva ed è prevista inoltre la realizzazione di

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una galleria museale ipogea dedicata ad una selezione di opere provenienti dalla collezione Torlonia, la collezione di scultura antica privata più ricca al mondo che per anni non è stata accessibile al pubblico e che, dal 2016, grazie un accordo tra il MiBACT e la Fondazione Torlonia, sarà nuovamente visibile.

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PIAZZA DEL POPOLO

1.Introduzione

Piazza del Popolo è una delle piazze più note e frequentate di Roma, sia per la posizione centralissima nella città, sia per la sua straordinaria bellezza. Si trova infatti ai piedi del colle Pincio, nell’area del Campo Marzio, nel cuore storico della città, al limite delle mura Aureliane costruite tra il 270 e il 273 d.C. Data la sua grande estensione oggi è spesso sede di numerose manifestazione pubbliche e concerti, che l’hanno resa famosa nel panorama internazionale. Nonostante ciò che si possa pensare, il nome non si riferisce alla popolazione che ha sempre animato la vita della Piazza, ma si ritiene derivi dalla parola latina popolus, ossia pioppo, poiché secondo la tradizione in passato era presente un boschetto di pioppi in prossimità di essa.

2. Le trasformazioni di Piazza del Popolo: il posizionamento dell’obelisco Flaminio

Piazza del Popolo come la conosciamo oggi è il risultato di numerosissime stratificazioni avvenute nel corso dei secoli per volontà dei diversi pontefici che si sono succeduti.La sua storia comincia nel 1099, quando Papa Pasquale II ordina la costruzione della Chiesa di Santa Maria del Popolo. Allora però si trattava solamente di uno slargo più che di una piazza, e diventa tale solo

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nel ‘500 con la riqualificazione urbanistica di Papa Sisto V. La grande presenza di obelischi a Roma è dovuta proprio a questo Papa, il quale decise di posizionarli nei luoghi chiave della città, come le porte delle mura e i punti panoramici, al fine di collegare i vari monumenti e punti di interesse. «Gli obelischi funzionarono da guida futura per il piano urbanistico di tutta la città, nonché formarono una scala di grandezza o un punto di riferimento per tutti i successivi progettisti e urbanisti.»1 Tale progetto urbanistico fu affidato a Domenico Fontana e il 25 Maggio 1589 l’obelisco Flaminio, alto ben 24 metri, fu posizionato al centro di Piazza del Popolo. L’obelisco in questione è il più antico presente a Roma dopo quello del Laterano, e proveniva dal Tempio del Sole di Eliopoli, trasportato poi a Roma sotto Augusto e fino a quel momento posto presso il Circo Massimo. La scelta del Fontana fu quella di posizionare l’antico obelisco al centro dell’intersezione immaginaria degli assi delle tre strade che dipartivano dalla piazza - Via del Babuino, Via del Corso e Via Ripetta - diventando così il focus della composizione. La particolarità di queste tra strade è nella loro angolazione, presentano infatti un angolo di circa 22-23° l’una dall’altra e un angolo complessivo di 45° circa. Per questa ragione, dal punto in cui si trova l’obelisco, è possibile vedere le tre strade in un’unica visuale, questo tipo di scorcio è chiamato “piede d’oca” in Italia ed è stato molto utilizzato dall’architettura barocca. La piazza però era molto diversa da come la conosciamo oggi, non aveva infatti la caratteristica forma ovale odierna ma era trapezoidale e aveva dimensioni molto più ridotte. Tra la fine del Cinquecento e l’inizio

1 La Rocca A., Storia Architettonica e Urbanistica di Piazza del Popolo, in Laboratorio Roma, 30 Settembre 2011, http://www.laboratorioroma.it/ALR/Piazza%20Popolo/piazza%20del%20popolo.htm

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del Seicento ai lati della Piazza iniziano a sorgere edifici adibiti ad abitazioni.Nel 1655 la regina Cristina di Svezia compie un viaggio per visitare la città di Roma, e per l’occasione la piazza subisce delle nuove modifiche: vengono infatti risistemate le facciate della Chiesa di Santa Maria del Popolo e la Porta del Popolo.

3. Il tridente barocco e le chiese gemelle di Santa Maria di Monte Santo e Santa Maria dei Miracoli

Nel ‘600 Carlo Rainaldi con un astuto espediente rende il tridente formato dalle tre vie un elemento «di carattere e persuasione barocca»2: costruisce due chiese gemelle nelle aree che si formavano ai lati delle tre strade in modo da sottolinearlo e valorizzarlo. Il 15 Marzo 1662 inizia la costruzione di Santa Maria di Montesanto, la prima delle due chiese, e successivamente, nel 1675, realizza Santa Maria dei Miracoli. In questo modo l’intera piazza assum una forma più simmetrica e ordinata.«Rainaldi non si limita però solo a risolvere le testate degli isolati, ma progetta un piano più generale per tutta l’area della piazza, concepita in una sistemazione trapezoidale convergente verso la porta: una razionalizzazione degli interventi già attuati e un programma per i futuri.»3

2 La Rocca A., Storia Architettonica e Urbanistica di Piazza del Popolo, in Laboratorio Roma, 30 Settembre 2011, http://www.laboratorioroma.it/ALR/Piazza%20Popolo/piazza%20del%20popolo.htm

3 Ciucci G., La piazza del Popolo. Storia, architettura, urbanistica., 1974, Officina Edizioni, Roma, p.65

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Ai fini della ricerca di totale simmetrie del Rainaldi si presentava però un ostacolo, ossia il terreno tra Via Ripetta e Via del Corso risultava più largo rispetto a quello tra Via del Corso e Via del Babuino, dunque le due chiese non potevano essere davvero “gemelle” e le cupole sarebbero risultate differenti ad occhio nudo. La soluzione dell’architetto a tale problema fu ingegnosa: progettò per la chiesa di Santa Maria di Montesanto una cupola ovale in cui il raggio minore dell’ellisse era uguale al diametro della cupola dell’altra chiesa. Grazie a questo stratagemma, le due chiese viste dall’ingresso di Porta del Popolo risultavano uguali.Negli anni seguenti al progetto di Santa Maria di Montesanto lavorano anche Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana che non compiono però sostanziali modifiche in quanto gran parte della chiesa era già stata costruito secondo il progetto originale di Rainaldi. In generale in entrambe le chiese però è rintracciabile l’apporto degli altri due architetti e, se l’idea di costruire in quel punto due chiese gemelle è attribuibile solo al Rainaldi, i prospetti sono il risultato della collaborazione tra i tre. Ad oggi le chiese presentano due campanili diversi, che nel progetto originario non erano previsti e sono stati aggiunti solo in un secondo momento; quello di Santa Maria di Montesanto è del 1761 ed è attribuito a Francesco Navona, mentre il secondo è di Gerolamo Theodoli costruito alla fine del ‘600. «I due campanili, collocati uno di fronte all’altro sulla via del Corso, accentuano la centralità della composizione pur senza investire direttamente il rapporto chiese-piazza; essi vengono concepiti a scala di tutto l’insieme, entrando in relazione con il tridente e con la piazza.»4

4 Ciucci G., La piazza del Popolo. Storia, architettura, urbanistica., 1974, Officina Edizioni, Roma, p.71

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Il risultato finale della sistemazione seicentesca è dunque fortemente scenografico e altamente rappresentativo.4. L’intervento di Valadier

La forma attuale della piazza si deve all’intervento di Giuseppe Valadier che, per volontà di Napoleone, lavora alla sua trasformazione urbanistica ed architettonica dal 1816 al 1834.Nel 1798 infatti la città di Roma viene occupata dai francesi e Pio VI, pontefice durante quegli anni, è costretto a lasciare la città. Solo nel 1800 il suo successore, Papa Pio VII, può finalmente tornare a Roma e grazie al Concordato di Parigi dell’anno successivo la religione cattolica viene riconosciuta come religione ufficiale della Francia e gli stati della Chiesa vengono annessi all’Impero Napoleonico: inizia così un periodo di stretto contatto tra Napoleone e il Papa. Ciò comporta una serie di cambiamenti all’interno dello Stato Pontificio e di Roma, tra cui il rilancio dell’attività edilizia ai fini di trovare una soluzione per la crisi economica di quegli anni. Il 27 Luglio del 1811 viene così emanato un fondo speciale per l’abbellimento della città di Roma, ed è grazie a questi fondi che viene attuata la modifica definitiva di Piazza del Popolo.5

Le vicende precedenti all’attuazione del progetto sono lunghe e complesse e i disegni dell’architetto vengono spesso modificati dalla Commision pour les Embellissements, la quale nel 1812 decide di sostituirlo con Louis Marie Berthault. Nel Gennaio 1814 i francesi lasciano Roma e il Papa torna al governo della città, decidendo che il progetto venga nuovamente affidato a Valadier, che riceva

5Crf. Ciucci G., La piazza del Popolo. Storia, architettura, urbanistica., 1974, Officina Edizioni, Roma, p.95

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l’approvazione definitiva nel 1816.Il fulcro del progetto finale di Valadier è nell’introduzione di un secondo asse all’interno della piazza, trasversale a quello principale che da Porta del Popolo passa per Via del Corso, ossia l’asse di simmetria delle due Chiese gemelle. Il risultato è quello dell’«annullamento di quella direttrice che era stata, per secoli, l’elemento organizzatore della piazza.»6 Tramite questo secondo asse l’architetto vuole collegare la piazza al fianco del colle Pincio da un lato e al fiume Tevere dall’altro, questo ha comportato la demolizione di moltissimi fabbricati intorno alla piazza. L’asse in questione è definito da exadrae su entrambi i lati della piazza che assume così la forma ovale con cui è nota oggi, chiaro riferimento sia a Piazza del Campidoglio di Michelangelo che alla famosissima Piazza San Pietro di Bernini. Valedier inoltre progetta nei quattro angoli dei nuovi palazzi uguali tra loro, ma con destinazioni d’uso differenti: quelli verso la città, di proprietà di Giovanni Torlonia e Giuseppe Valenti, sono ad uso abitativo; quelli verso le mura sono uno pensati uno come caserma e l’altro come monastero per gli Agostiniani. L’obiettivo che persegue nel costruire i quattro palazzi uguali è quello di sottolineare ulteriormente la simmetria della piazza e dargli una visione di insieme unitaria, reso difficoltoso dalla notevole estensione degli spazi. Inoltre progetta anche l’arredo di Piazza del Popolo, tra cui la fontana con i leoni intorno all’obelisco, le fontane ai due lati dell’asse maggiore dell’ovale e i gruppi di statue e bassorilievi le adornano. Si tratta delle statue delle Quattro Stagioni, che includono Nettuno con il Tridente e due Tritoni, tema tipico del barocco sviluppato in stile neoclassico.

6 Ciucci G., La piazza del Popolo. Storia, architettura, urbanistica., 1974, Officina Edizioni, Roma, p.95

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Il risultato alla fine dei lavori, nel 1824, è quello di una piazza estremamente scenografica e dalla dimensioni monumentali, dove però il tridente barocco perde la sua forza e viene totalmente meno la forte direzionalità che la caratterizzava in precedenza. Le alberature e gli spazi verdi che circondano la piazza aiutano a definirne lo spazio e perciò assumono un ruolo fondamentale. «Tutta l’attenzione così si viene a concentrare nello spazio creato dai due archi di cerchio; uno spazio che appare inserito nella natura [...]. La piazza così concepita diventa il fuoco attorno al quale organizzare la nuova espansione della città. Mentre da un lato la soluzione del Rainaldi tendeva a definire la chiusura della città sulla Porta del Popolo, [...], la soluzione del Valadier propone sul modello francese, larghi spazi disegnati all’interno di un costruito.»7

Inoltre la piazza ora è pensata per essere ammirata anche dalla terrazza del Pincio, quindi in una visione complessiva dall’alto, e ciò fa perdere ancora di più la direttrice originale e oltretutto svela il trucco delle cupole adottato dal Rainaldi.Gli ampliamenti successivi della città non possono dunque ignorare il nuovo assetto dato dal Valadier, anzi partono proprio da questo e viene dunque progettata una via che proseguisse l’asse Pincio-obelisco-Tevere in direzione del Vaticano: nasce così Via Cola di Rienzo, a seguito della realizzazione del ponte Margherita che unisce le due sponde del Tevere (1877-78).

5. I gruppi scultorei di Piazza del Popolo

7 Ciucci G., La piazza del Popolo. Storia, architettura, urbanistica., 1974, Officina Edizioni, Roma, p.117

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Come si è già detto nel paragrafo precedente, contestualmente alla trasformazione urbanistica di piazza del Popolo, Valedier posiziona anche la fontana dei Leoni intorno l’obelisco e i due gruppi marmorei che ornano le fontane al centro delle due esedre. Il progetto è dell’architetto mentre è un giovane Giovanni Ceccarini a scolpire il marmo. Il primo gruppo di statue,ultimato nel 1823 e posizionato alle pendici del Pincio, rappresenta la Dea Roma. Le due figure maschile sedute ai piedi della Dea rappresentano il Tevere e l’Aniene, i due fiumi di Roma, ed è inoltre presente il più antico e famoso simbolo dell’origine città: la lupa che allatta i gemelli.Nel lato opposto, esattamente di fronte, troviamo invece il gruppo del Nettuno. La figura principale al centro è appunto quella di Nettuno con il tridente in mano, e ai suoi lati sono rappresentati due tritoni appoggiati a dei delfini. Le fontane sono costruite in travertino ed erano originariamente alimentate dalla fonte della Vergine.

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PASSEGGIATA DEL PINCIO

1.Introduzione

La passeggiata del Pincio, voluta dall’amministrazione Napoleonica insediatasi a Roma agli inizi dell’Ottocento, è stata per anni il parco pubblico e la passeggiata cittadina per eccellenza della città. Tramite essa sono collegati diversi punti di interesse quali Trinità dei Monti, Villa Medici, Piazza del Popolo, il Muro torto e, attraverso il cavalcavia di Viale delle Magnolie, Villa Borghese.La bellezza di tale parco è nell’intrecciarsi di ornamenti e arredi architettonici proveniente da epoche diverse poiché è stata arricchita negli anni in modo continuativo.

2. Il Pincio: da Collis Hortulorum della Roma Antica a vigneto.

Roma, e in particolare l’area del Campo Marzio, vanta un’antica tradizione in materia di verde pubblico e arte dei giardini. Le loro origini possono sicuramente essere rintracciate nei Luci, boschi verdi sacri sparsi all’interno dell’urbe, i quali successivamente furono sostituiti dai Nemora, ossia spazi verdi molto curati, ispirati alla tradizione ellenistica. Proprio nell’area del Campo Marzio è documentata nel 432 a.C. la realizzazione della Villa Pubblica, dove si succedevano una serie di passeggiate coperte - ambulationes - e edifici monumentali.8 Oltre che parchi pubblici, tra il I e il II secolo d.C. sopra i maggiori colli di tale area iniziano a sorgere una serie di giardini privati - gli horti -, ciò accade anche sul Pincio, l’”ottavo colle”, che infatti prende in quegli

8 crf. AA. VV., La passeggiata del Pincio, Edizioni De Luca, Roma, 2000, p.12

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anni il nome di Collis Hortulorum. Nonostante non si sia riusciti ad attribuire con certezza a quali famiglie patrizia tali giardini appartenessero, al giorno d’oggi essi vengono comunemente chiamati Horti Loculliani, è infatti usanza comune pensare che siano appartenuti al generale repubblicano Lucio Lucinio Lucullo (115-57 a.C.)Il colle Pincio si presentava dunque come ricco di giardini e spazi dedicati agli otium, ma con l’avvento dei Goti nel 410 d.C. e il saccheggio della città inizia il suo declino e pian piano si spopola trasformandosi in un vigneto.Durante la seconda metà del XV secolo l’area è interessata dall’insediamento da parte degli Agostiniani di Santa Maria del Popolo, chiesa costruita alle pendici del colle nel 1099. Viene dunque costruito un edificio monastico sui resti di un’antica cisterna di epoca romana, dove al giorno d’oggi troviamo la Casina Valadier. Dal XVI si registrano una serie di nuove realizzazioni nei pressi dell’area indicata, viene infatti costruita Trinità dei Monti, Villa Medici e sopratutto si da inizio a quella serie di trasformazioni che vede protagonista Piazza del Popolo, a partire dall’innalzamento dell’obelisco nel 1589 per volontà di Sisto V. Probabilmente fu proprio questo pontefice a intuire la possibilità di un collegamento tra «Trinità dei Monti e Santa Maria del Popolo tramite un prolungamento della Via Sistina che doveva attraversare il Pincio stesso, come realizzato più di due secoli dopo.»9

3. L’intervento di Valadier: la trasformazione del Pincio in elegante passeggiata borghese

Alla fine del Settecento, nonostante le forti trasformazioni che avevano già interessato Piazza del Popolo, essa si presentava ancora con carattere principalmente agreste e risultava evidente la necessità di intervenire sia

9 AA.VV., La passeggiata del Pincio, Edizioni De Luca, Roma, 2000, p.14

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sulla piazza stessa che sulle aree verdi circostanti. Viene così presentato nel 1794 il primo progetto di Giuseppe Valadier per l’intera area Flaminia, al quale negli anni successivi seguirono diverse varianti. Nel 1805 presenta il Nuovo Campo Marzio, e nel 1809 Villa Napoleone, due progetti di sistemazione della zona da Ponte Milvio a Piazza del Popolo che prevedevano molte aree sistemate a verde e la realizzazione di un grande parco urbano. Del resto la cultura illuminista porta alla riscoperta del giardino pubblico, al quale attribuisce un valore pedagogico oltre che ricreativo e inoltre si presenta come perfetta risposta ai problemi sociali sorti a seguito dell’industrializzazione. Di conseguenza nel ‘700 vengono redatti numerosi trattati riguardanti questo argomento, e in tutta Italia si assiste alla realizzazione di numerose passeggiate alberate e parchi pubblici.Nessuno dei due progetti vede però la luce, e nel 1809 viene creata la Consulta Straordinaria a seguito della dichiarazione di Roma città imperiale. L’anno successivo la Consulta decide di realizzare una passeggiata pubblica proprio dove un tempo sorgevano le vigne degli agostiniani. «Sorgeva allora nel Valadier l’idea di uno stretto collegamento tra la sistemazione di Piazza del Popolo e gli studi del giardino sul colle pinciano, di un rapporto organico tra i due elementi - colle e piazza - l’uno concepito come ampio fondale scenografico dell’altro, a sua volta non più inteso come spazio chiuso.»10 In un primo momento i disegni di Valadier trattano il terreno irregolare del colle con viali asimmetrici ma in seguito egli si orienta verso soluzioni rigorosamente simmetriche e con una forte presenza di elementi decorativi quali fontane e monumenti. Uno dei problemi principali che l’architetto si trova ad affrontare è sicuramente quello dell’ascesa al colle e di raccordo effettivo della piazza con esso, con il quale da subito si era posto l’obbiettivo di dare un aspetto scenografico all’intero sistema. Da Parigi vengono mandati due

10 AA.VV., La passeggiata del Pincio, Edizioni De Luca, Roma, 2000, p.15

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architetti francesi per collaborare con Valadier in questo ambizioso progetto: Louis Matin Berthault e Guy Gisors. Le complicate vicende politiche dell’epoca nell’urbe continuano però a influire anche sulle trasformazioni architettoniche ed urbanistiche della città, così la collaborazione tra i tre viene bloccata dopo poco con il ritorno del Papa a Roma nel 1814, e la gestione del progetto torna tutta in mano di Valadier. La soluzione finale è quella di un viale a tornanti che permetteva anche l’accesso da parte delle carrozze. Per quanto riguarda il parco l’architetto italiano fonde la cultura del giardino all’italiana con quella della tradizione inglese, unendo quindi zone sistemate a verde molto regolari a zone più boschive. Inoltre trasforma completamente il fabbricato costruito sui resti dell’antica cisterna romana dando origine alla nota Casina Valadier, in stile neoclassico. Negli anni seguenti si assiste a numerosi altri interventi nell’area, dalla collocazione dei busti degli uomini illustri all’ampliamento delle specie di piante e fiori presenti nella passeggiata, e in generale si può dire che le opere di abbellimento del giardino continuano senza sosta anche negli anni di Roma Capitale. «Nato come pubblico passeggio, creato per lo svago della popolazione intera a modello di quelli già presenti nelle maggiori capitali europee, il colle pinciano ed i suoi splendidi giardini divennero presto il ritrovo obbligato della società romana più elegante e di quella straniera che, numerosissima, affollava Roma in alcuni mesi dell’anno.»11

Il Pincio rappresenta dunque nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento il salotto della Roma Borghese, non a caso troviamo molte testimonianze del suo splendore anche in letteratura, tra cui anche nel Piacere di Gabriele D’Annunzio.All’aumentare della popolazione romana gli spazi del Pincio non risultavano più adeguati e per questo, nel momento in cui Villa Borghese diventa proprietà pubblica, si provvede immediatamente all’annessione

11 AA.VV., La passeggiata del Pincio, Edizioni De Luca, Roma, 2000, p.19

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della passeggiata al parco della villa tramite un cavalcavia costruito nel 1908, rendendo Piazza del Popolo, la Passeggiata del Pincio e Villa Borghese un grandioso sistema unico.

4. I recenti scavi archeologici

Dal 2004 si è iniziato a parlare di un parcheggio sotterraneo di sette piani del Pincio, proprio in corrispondenza di Piazza Napoleone I, proposto dall’ex sindaco di Roma Walter Veltroni e promosso successivamente anche da Alemanno. Nel 2007 iniziano i lavori ma il progetto del parcheggio viene interrotto, dopo una lunga serie di dibattiti, poiché dagli scavi emergono diversi resti archeologici romani. Interviene infatti la Sovrintendenza dei Beni Archeologici e Culturali che consegna al sindaco un report con i vari ritrovamenti avvenuti nell’area e la desgina come da salvaguardare integralmente. Inoltre era preoccupazione di molti che l’intervento, oltre a distruggere i tesori sotterranei del colle, potesse alterare l’identità storica e culturale di un luogo di tale bellezza e importanza artistica e comprometterne il valore. Nel 2008 il progetto viene definitivamente abbandonato e dai dati emersi dagli scavi e dalle successive indagini archeologiche è stato possibile ampliare le conoscenze sul ruolo che avesse il colle pinciano in antichità. Si è concluso infatti che in età Repubblicana l’area dovesse essere sistemata a giardino ma non resta traccia degli edifici che verosimilmente lo completavano. Già nella seconda metà del I sec. a.C., fu edificato un imponente sistema sostruttivo su cui fu costruito un elegante edificio termale privato. Costituiti da ambienti a pianta mistilinea finemente decorati, i bagni, che si sviluppano su una fronte di quasi 50 m, dovevano far parte di un più vasto complesso residenziale che, come indicato dai risultati dei sondaggi geognostici, si estendeva su vari livelli fino alla pendice sostruita dal Muro Torto. La presenza di materiale laterizio proveniente dalle figlinae tuscolane di Asinio Pollione rende plausibile riferire la proprietà a un personaggio della cerchia augustea. L’approvvigionamento idrico era senz’altro assicurato dal

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grande serbatoio sotto la Casina Valadier, rifornito dall’Acqua Marcia. Probabilmente appartenevano alla decorazione dell’edificio alcuni dei materiali recuperati in giacitura secondaria nelle stratigrafie di obliterazione. Si tratta di una lastra Campana con scena nilotica, di due antefisse con panoplia, di frammenti marmorei di rilievi figurati e di alcune lastrine di marmi colorati per rivestimento parietale.Un secolo più tardi, l’edificio, più volte modificato, sembra perdere la funzione termale in favore di quella abitativa o di servizio, con la realizzazione di grandi ambienti regolari e poderose murature che riempirono anche gli spazi precedentemente lasciati liberi. Nella media età imperiale fu aggiunto un criptoportico con bocche di lupo aperte sul pendio verso il Campo Marzio, che permise un collegamento coperto in direzione delle strutture residenziali nell’area della Casina Valadier. Già nel IV secolo l’edificio indagato sembrerebbe dismesso e le strutture ad esso pertinenti in buona parte demolite. L’area circostante verosimilmente rimase a giardino. Questa sistemazione potrebbe intendersi come pertinenza periferica di una più vasta proprietà senatoria o imperiale, che si estendeva fino a questa parte del colle, un ipotetica domus pinciana.

5. La prospettiva scenografica del Pincio

Tutto il disegno della Passeggiata del Pincio risponde alla volontà del Valadier di conferire al complesso un aspetto scenografico, e in particolar modo è pensata per questo scopo la splendida prospettiva che da Piazza del Popolo collega, visivamente e fisicamente, la piazza al colle e alla terrazza che si affaccia su tutta città. Egli infatti unì quello che era definito il colle più bello di Roma con la monumentale piazza in un unicum neoclassico e per superare la pendenza di circa 20 metri si servì di un delicato disegno con due tornanti. Il punto di arrivo di questo percorso è la terrazza panoramica dedicata a Napoleone I, nota a tutti

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come Terrazza del Pincio. Sempre di Valadier è il progetto della “quinta verde” che presenta numerose specie di piante e delle scenografiche palme. Tale prospettiva è inquadrata da due colonne rostrate in granito grigio prelevate dal Tempio di Venere a Roma e posizionate da Valadier nell’area dopo essere state arricchite da rostri e trofei di guerra per celebrare la gloria di Roma. Partendo dal livello della piazza la prospettiva si apre con la fontana della Dea Roma, di cui si è già parlato nel capitolo riguardante Piazza del Popolo. Salendo al primo livello troviamo invece nella nicchia centrale la statua di Igea, ossia la dea della salute, realizzata nel 1834 dall’artista neoclassico Alessandro Massimiliano Labourer. Sul basamento della statua è incisa un’iscrizione che descrive perfettamente le finalità con cui è nata la passeggiata.

DEFESSUS STUDIIS NEGOTIISUESI QUANDO FUERIS LABORAE FRANGINI VELIS NIMIO LOCA HAEC ADITOAC MENTE RICREA, AMBULATIONEPROSPECTU AUT DOMINAM HINC PATENTE IN URBEMHOC AIO TIBI SUADEO HOC HYGIA 12

Nelle due nicchie ai lati della dea troviamo invece due figure che rappresentano il Genio della Pace e il Genio delle Arti, ad opera di Filippo Gnaccarini, lo stesso artista a cui si deve la statua della Primavera, una delle statue delle quattro stagioni realizzate per ornare i lati dei due emicicli della piazza.Sulla balconata della prima rampa invece, immediatamente sopra le statue appena descritte, troviamo le quattro statue dei Prigioni, eseguite nel 1830 da Gnaccarini, Baini, Stocchi e Laboureur. Evidente richiamo alla Roma imperiale, le statue rappresentano i prigionieri Daci, tema già presente nell’Arco di Costantino.

12 trad: “Stanco degli studi e degli affari/ se non vuoi essere affranto da soverchia fatica/ accedi a questi luoghi/ e ricrea la mente con il passeggio o con la vista che si apre sulla città dominatrice/questo io ti dico e a questo ti esorto io Igea

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Salendo al secondo livello è possibile invece ammirare un rilievo perfettamente simmetrico al centro del quale spicca la figura della Fama che incorna con l’alloro i Geni delle Arti e del Commercio. Realizzato nel 1833, il rilievo di stampo neoclassico nasce dalla collaborazione tra il Baini e Stocchi, gli stessi autori che realizzarono in precedenza rispettivamente l’Inverno e l’Autunno delle quattro Stagioni di Piazza del Popolo.Nell’ultimo livello invece è presente una loggia sopra quale posa la terrazza del Pincio sorretta da quattro colonne corinzie, alla quale si accede tramite due rampe di scale.

6. Obelisco di Antinoo

L’obelisco di Antinoo, conosciuto anche come obelisco del Pincio, fu posizionato da Valadier nel 1822 all’interno della passeggiata verde da lui ideata lungo il viale dell’obelisco per volere di Papa Pio VII. La sua origine però è molto più antica e prima di arrivare nei giardini del Pincio ha subito diversi trasferimenti. Venne fatto costruire dall’imperatore Adriano nel 130 d.C. in onore di Antinoo, il suo amante annegato nel Nilo in circostanze misteriose. L’imperatore infatti promesse un vero e proprio culto in onore di questo ragazzo, fino a renderlo simbolo della bellezza e della giovinezza. L’ obelisco fu ritrovato diviso in tre parti nel Circo di Eliogabalo, nelle vicinanze di Porta Maggiore, nel 1589. In seguito, nel 1633, fu donato alla famiglia Barberini che lo utilizzò per decorare il suo palazzo, lasciandolo però diviso. Successivamente fu donato al Papa Clemente XIV che lo fece innalzare nel cortile della Pigna, in Vaticano.Si tratta di un obelisco in granito rosso alto 9,24 metri e presenta delle iscrizioni in geroglifico uguali a quelle degli obelischi provenienti dall’antico Egitto. Tali iscrizioni si riferiscono tutte ad Antinoo celebrando la sua bellezza, mentre l’iscrizione latina sul piedistallo celebra Papa Pio VII, colui che lo ha donato.

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7. I busti degli uomini illustri

Lungo i viali della passeggiata del Pincio sono presenti 224 busti rappresentati gli uomini illustri che hanno lasciato un segno nella storia di Italia in ogni campo, da Caio Giulio Cesare a Leon Battista Alberti, da Cavour a Boccaccio, da Cristoforo Colombo a Leonardo da Vinci. I busti appartengono a una tradizione rinascimentale tipicamente italiana, quando adornavano gli studioli degli umanisti, a simboleggiare una determinata virtù che l’uomo rappresentato possedeva. Dalla fine del Settecento si sviluppa in tutta Europa, e specialmente in Italia, la moda di posizionare questo genere di statue all’esterno, come fossero dei piccoli monumenti celebrativi. Nel 1849 vengono stanziati 10000 scudi dalla Repubblica Romana affinché venisse realizzata la prima serie di busti, il che è perfettamente in linea con lo spirito patriottico che si respirava in quegli anni, allorché i busti non avrebbero avuto esclusivamente uno scopo pedagogico e ornamentale ma sarebbero stati anche un mezzo per divulgare gli ideali patriottici. Successivamente però a Roma torna il governo pontificio e i 52 busti già ultimati vengono depositati presso il Ministero del Commercio e delle Belle Arti per poi essere posizionati sul Pincio solo nel Giugno 1851. Alcuni di questi però vengono modificati per volontà del Papa che non li riteneva idonei ed è così che il busto di Leopardi diventa quello di Zeus, Machiavelli diventa Archimede e così via. Dal 1870 il Comune di Roma è l’unico responsabile dei busti del Pincio che nel corso degli anni sono cresciuti di numero e dal 1883 si è deciso che è possibile posizionare solamente il busto di personaggi morti da almeno 25 anni.Il posizionamento delle statue non segue una logica precisa ed è piuttosto casuale, ad eccezione per il gruppo che si trova presso Piazza dei Martiri che rappresenta esclusivamente eroi caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Per quanto riguarda le figure femminili ne sono presenti solamente tre: Grazia Deledda, Santa Caterina da Siena e Vittoria Colonna.

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8. Casina Valadier

Come si è detto nei paragrafi precedenti la Casina Valadier sorge sulle rovine dell’antica cisterna romana presente sul colle, al posto dell’ edificio monastico costruito nel XVI secolo che aveva funzione di “dépendance” rispetto al convento Agostiniano. Si pensa che Valadier volesse farne la propria dimora, ma non vi abitò mai e l’edificio è da sempre utilizzato come caffetteria e luogo di incontro per gli avventori dell’elegante passeggiata del Pincio. Si tratta di una «nuova tipologia di edilizia borghese di piccole dimensioni pittoresca ed elegante»13.I lavori cominciarono nel 1817 e si concludono nel 1834. Il risultato finale è di un piccolo edificio su tre piani a forma di croce con delle belle terrazze sui fronti laterali sostenute da colonne doriche a loro volta ornate da colonne ioniche. 14

Negli anni successivi l’edificio viene modificato più volte e passa da una gestione all’altra fino a che, nell’agosto del 1922, conosce il suo massimo splendore e viene solennemente inaugurata. Per questa occasione la passeggiata viene predisposta per essere illuminata elettricamente e l’orario di apertura viene prolungato fino alla mezzanotte. Il successo di questo raffinato luogo di ritrovo è talmente grande che viene aggiunto anche un belvedere al primo piano per aumentare il numero di clienti che la Casina poteva accogliere. Si trattava infatti di uno dei luoghi mondani più in voga del tempo, frequentato da nobili e esponenti del regime, tra cui lo stesso Mussolini.Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale segna l’inizio del suo declino, durante il conflitto infatti essa viene occupata dai militari

13 AA.VV., La passeggiata del Pincio, Edizioni De Luca, Roma, 2000, p.22

14 crf. AA.VV., La passeggiata del Pincio, Edizioni De Luca, Roma, 2000, p.23

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tedeschi e subisce diversi danni e, una volta terminata la guerra, ricomincia ad essere passata di proprietà in proprietà fino a che non viene definitivamente chiusa al pubblico nel 1990.Dopo una serie di restauri viene finalmente riaperta al pubblico del 2004, ed oggi è caffè e ristorante panoramico, meta di numerosi turisti e cittadini.

9. Villa Medici - Accademia di Francia Una breve menzione va fatta anche di Villa Medici, poiché rientra nel sistema culturale che la passeggiata del Pincio mette in comunicazione. Costruita per volontà di Ferdinando De Medici, che acquista il terreno sul quale sorge nel 1576, e progettata dall’architetto fiorentino Bartolomeo Ammanati, è pensata da subito come una villa-museo maestosa degna della ricca famiglia a cui apparteneva. Una forte attenzione è riservata anche alla progettazione del parco fortemente scenografico. Secondo il gusto del tempo alcuni ruderi vengono interrati mentre le statue antiche rinvenute vengono utilizzate come decorazione del giardino e della villa. Nel 1587 Ferdinando de Medici è costretto a tornare a Firenze e diventa Granduca di Toscana, la Villa diventa così sede degli ambasciatori del granducato. Nel 1737 la Villa passa ai Lorena poiché la linea di successione dei Medici si estingue e viene ordinata la spoliazione di tutte le opere della Villa che vengono trasportate a Firenze e alcune di esse oggi sono visibili agli Uffizi o presso la Loggia dei Lanzi. Con l’arrivo di Napoleone a Roma la Villa diventa nel 1803 Académie de France à Rome dove venivano ospitati i vincitori del Prix de Rome.Nel 1961, con la nomina del famoso pittore Balthus a direttore dell’ Accademia, iniziano una serie di restauri di ispirazione rinascimentale. Inoltre vengono rinvenuti dei resti archeologici proveniente dal palazzo dell’imperatore Onorio, risalenti al V secolo d.C.Dal 2000 l’Accademia ospita mostre ed eventi culturali di grande prestigio e nel 2003 ha festeggiato il suo bicentenario con una una

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mostra diffusa “La Maestà di Roma”, che aveva sede oltre che nei locali della Villa anche presso il Quirinale e la Galleria Nazionale di Arte Moderna. In questi ultimi giorni è aperto un dibattito tra le istituzioni culturali francesi ed italiane che vede come protagonista proprio Villa Medici. L’argomento di discussione riguarda un eventuale chiusura dell’Accademia di Francia e conseguente vendita della Villa.

10. Trinità dei Monti

A conclusione della passeggiata del Pincio troviamo la Chiesa di Trinità dei Monti e, di fronte ad essa, la celeberrima scalinata di Piazza di Spagna. La costruzione della Chiesa risale intorno al 1500 in stile gotico con volte a crociera. Solo successivamente, nel XVI secolo, viene progettato da Carlo Maderno e Giacomo della Porta un nuovo fabbricato con volte a botte e una facciata con due campanili simmetrici.La scalinata invece è inaugurata nel 1725 da Papa Benedetto XIII per collegare l’ambasciata spagnola - che da il nome a Piazza di Spagna - con Trinità dei Monti. Il progetto è di Alessandro Specchi e Francesco de Sanctis ed è pensata come una scalinata con terrazze giardino, infatti nei mesi caldi dell’anno è decorata con fiori e piante. Anche in questo caso l’aspetto scenografico è centrale nella composizione ed è studiata affinché percorrendo Via dei Condotti gli aspetti scenici aumentino man mano che ci si avvicina. Del resto è un modo di progettare tipico della grande architettura barocca quello di posizionare alla fine di lunghe prospettive delle quinte sceniche a carattere monumentale e un procedimento analogo è quello adattato da Valadier per l’accesso al Pincio dall’estremità opposta su Piazza del Popolo. La scalinata ha recentemente subito un grande intervento di restauro terminato il 21 settembre del 2016 e finanziato da Bvlgari.Per quanto riguarda la Piazza di Spagna invece risale al primo periodo barocco ed è caratterizzata dalla fontana della Barcaccia del Bernini.

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La Piazza e la scalinata sono tra i luoghi più iconici di Roma tanto da diventare uno dei simboli della città.

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VILLA BORGHESE

1.Le ville suburbane romane del ‘500 e ‘600

Con il termine Villa Borghese solitamente ci si riferisce, al giorno d’oggi, all’enorme parco urbano nel cuore della Roma moderna che occupa circa ottanta ettari, ed è compreso tra il confine del tratto delle antiche mura Aureliane che unisce Porta Pinciana a Porta Flaminia ed i quartieri Pinciano e Salario. Il parco nacque però come giardino di proprietà della Villa suburbana voluta da Scipione Borghese nel 1606, tipologia di cui è uno degli esempi più importanti. Nel Cinquecento e in particolare nel Seicento le trasformazioni urbanistiche che segnarono Roma sono il segno tangibile della rinascita e dello splendore della città in quel periodo. Il ripristino degli antichi acquedotti consentì l’utilizzo dei colli intorno al nucleo urbano e favorì la costruzione di fontane sempre più monumentali a decoro delle maggiori piazze. Oltre alle splendide fontane sorsero anche palazzi, chiese e nuove strade all’interno della città. I nobili romani cominciarono a commissionare ville suburbane sui colli che già al tempo dell’antica Roma erano stati scelti da Ovidio e Sallustio per i loro Otia. A partire da Villa Madama, nacque un sistema di ville concepite in emulazione dell’antico con visuali spettacolari su Roma e la sua campagna, alcune di esse concepite come delle vere e proprie città verdi. Queste ville di delizia, tipiche dello status nobiliare, presentavano tutte le innovazioni architettoniche dell’epoca e al loro interno solitamente ospitavano delle collezioni d’arte di enorme valore.

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1. storia di Villa Borghese

Villa Borghese viene impiantata fuori le mura Aureliane, il che consentiva un’immensa possibilità di ampliamento dei confini. I Borghese, originari di Siena, possedevano in quell’area un piccolo terreno coltivato a vigna già dal 1850, sito sul quale è stata identificata anche la posizione degli Horti Loculliani risalenti al I secolo a.C. Con l’elezione di Camillo Borghese al soglio pontificio con il nome di Paolo V, inizia a farsi avanti l’idea della costruzione di una sontuosa villa in quell’area. Il cardinale Scipione Borghese, nipote del Papa, avviò la lunga serie di acquisizioni dei terreni limitrofi al loro possedimento e diede inizio ai lavori per la costruzione della villa di delizie. La realizzazione della Villa fu affidata dal cardinale agli architetti Flaminio Ponzio e Giovanni Vasanzio, ai quali si aggiunse Domenico Savini da Montepulciano per occuparsi dei giardini. Parteciparono ai lavori un enorme numero di artisti tra cui anche Giovanni Lanfranco e Gian Lorenzo Bernini. I lavori si fermarono solo nel 1933, anno delle morte di Scipione Borghese, a villa quasi completamente ultimata. La prima configurazione che questa assunse copriva circa cinquanta ettari e comprendeva il Casino nobile, edificio principale del complesso nato appositamente per contenere la collezione d’arte della famiglia, al quale poi si aggiungevano edifici minori e una serie di curatissimi giardini, fontane, boschetti e terreni di caccia. Il parco, organizzato secondo la tipologia tipica delle ville del Cinquecento, risultava un capolavoro raffinatissimo: diviso in pars urbana e pars rustica, ospitava sia giardini organizzati ed elaborati secondo schemi geometrici sia aree di campagna. Il Casino si presentava invece come un edificio su due piani sovrastati da due torri, ciascuna di tre piani; sia il prospetto anteriore che posteriore erano dotati di logge e la decorazione delle facciate era estremamente elaborata da essere anche criticata per questo. Tutta la

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successione delle sale era stata appositamente studiata in funzione delle opere da ospitare.

Alla fine del XVIII secolo Marcantonio IV Borghese finanziò dei nuovi lavori di ampliamento e abbellimento della Villa, ma l’aspetto esterno non fu mutato. Nel giardino invece fece sistemare il Giardino del lago, ad opera di Antonio Asprucci e aggiunse fontane e piccoli monumenti lungo tutto il parco. “Nell’arco di qualche decennio tutti gli edifici rurali della Villa mutarono il loro aspetto, e il parco si arricchì di sistemazioni alla moda come il Giardino del lago, e di numerosi nuovi monumenti ispirati al revival della classicità”. 15 Lungo i viali principali, sopratutto presso le zone di nuova acquisizione o in quelle che originariamente furono lasciate a campagna, vennero costruiti il Tempio di Diana, il Tempio di Antonino e Faustina - esempio di false rovine - la Fontana dei Cavalli Marini e la fontana dell’Acqua Felix. Inoltre fu realizzata la scenografica Piazza di Siena, che voleva ricordare Piazza del Campo di Siena, ideata proprio per ospitare manifestazioni in stampo medievale.

L’aspetto attuale dei prospetti del Casino risale alla sistemazione degli inizi dell’Ottocento dell’architetto Luigi Canina, per volontà del figlio di Marcantonio, Camillo Borghese, a cui si deve anche l’acquisto di altri terreni verso Porta Pinciana e Piazzale Flaminio che furono poi annessi alla Villa. Il Canina “rese omogenee le superfici, chiudendo le nicchie absidate tra le finestre e colmando quei vuoti lasciati dalle opere asportate. A quell’intervento risale anche l’eliminazione della doppia, sontuosa e articolata scalinata barocca, in nome di soluzione più

15 CAMPITELLI Alberta, Villa Borghese, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, pp. 42-43

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lineare.”16 Queste scelte rispecchiavano il gusto neoclassico dell’Ottocento e andavano a sopperire alle spoliazioni dell’occupazione napoleonica di rilievi, busti e fregi che decoravano le facciate. Infatti nonostante Camillo Borghese avesse sposato la sorella di Napoleone, Paolina Bonaparte, la Villa subì numerose spoliazioni ed egli dovette cedere al governo francese moltissime opere della sua collezione. Canina inoltre dimostrò una certa conoscenza dell’arte dei giardini, ai quali aggiunse delle costruzioni interessanti come l’Arco di Settimio Severo, i Propilei greci, i Propilei egizi, la Fontana del Fiocco e il Portico dei leoni. Tutti i suoi interventi erano finalizzati alla connessione del nucleo antico della Villa con le nuove aree che consentivano un nuovo accesso da Piazzale Flaminio. A quel punto risultò evidente la necessità di un nuovo collegamento con l’ ingresso settentrionale, verso la Porta del Popolo, la quale aveva appena subito delle modifiche che l’avevano resa monumentale grazie al disegno di Giuseppe Valadier. Il nuovo ingresso venne costruito nel 1829 in posizione arretrata di circa 70 metri rispetto alla Via Flaminia, e si aggiunse a quello già esistente da Porta Pinciana. Qualche anno dopo vennero fatti ulteriori ampliamenti acquistando le aree tra Villa Borghese e le Mura Aureliane in direzione di Porta Pinciana, come l’attuale Galoppatoio, equilibrando così l’intero complesso e rappresentando il momento di massimo splendore dell’intera Villa.Nel 1849 però i bombardamenti francesi colpirono anche la Villa causando enormi danni sia alle alberature che agli edifici, tra i quali i più colpiti risultarono il Casino di Raffaello e il Casino dei Giuochi d’Acqua. Il primo, quasi completamente distrutto, non venne mai ricostruito, il secondo venne ricostruito anni successivi ma in forme più semplici e diventò l’attuale Aranciera.

16 CAMPITELLI Alberta, Villa Borghese, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, p. 10

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E’ documentata l’ospitalità dei Borghese nei confronti del popolo romano al quale era concesso il libero accesso alla Villa, inoltre a partire dalla seconda metà del Settecento venivano spesso organizzate feste popolari, fiere e manifestazioni sopratutto presso il Giardino del lago e Piazza di Siena. Subito dopo l’Unità di Italia si aprì una battaglia tra la famiglia Borghese e lo Stato Italiano per il possesso della Villa che, proprio perché era da sempre aperta al popolo romano, veniva rivendicata come luogo pubblico. “L’intervento dello Stato fu provvidenziale, in quanto le mutate condizioni sociali della nobilità e la pressione della speculazione edilizia avevano indotto i Borghese a programmare la vendita di numero opere della collezione e la distruzione di buona parte della Villa per far posto a lottizzazioni.” 17

L’Acquisizione da parte dello Stato nel 1901, poi ceduto al Comune di Roma, garantì la conservazione dello splendido parco anche se furono necessari dei lavori per agevolare l’ingresso da parte degli abitanti dei quartieri vicini e i viali principali vennero asfaltati e aperti al traffico. Nell’atto di cessione al Comune di Roma del 1903 lo Stato mantenne la proprietà del Casino nobile e della ricca collezione artistica in esso contenuta, per trasformarlo in museo pubblico. Nel 1908 venne infine inaugurato il cavalcavia che connetteva la Villa alla terrazza e alla passeggiata del Pincio.Lo scoppio della guerra segnò un altro momento buio anche nella storia della Villa che venne privata da tutti i monumentali cancelli e recinzioni metalliche per fornire ferro alla patria, mentre i giardini che ospitavano specie rare di fiori e piante vennero trasformati in orti di guerra coltivati a cavoli e patate.

17 CAMPITELLI Alberta, Villa Borghese, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma, pp. 82

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Alla fine della guerra sono stati numerosi gli interventi di restauro, ma comunque risultano ancora insufficienti rispetto alle necessità, anche se lo splendore del passato è ancora evidente lungo ogni viale alberato della Villa.

2.Principali edifici, giardini e monumenti all’interno del parco

Ad oggi Villa Borghese è uno dei luoghi più noti e frequentati di Roma ed è ancora possibile ammirare i maestosi giardini e gli eleganti edifici e monumenti che nel corso dei secoli sono stati costruiti per arricchire il parco, rendendolo un patrimonio storico-culturale inestimabile. Molti di questi sono stati adattati a nuove funzioni e ospitano musei o istituzioni culturali di vario genere oltre che luoghi di svago come teatri, cinema e ristoranti. Segue una lista dei principali giardini, monumenti ed edifici sopravvissuti fino al giorno d’oggi, con una breve descrizione e l’indicazione della destinazione d’uso attuale.

-Casino nobile - Galleria BorgheseProgettato appositamente per ospitare la collezione della famiglia Borghese da Flaminio Ponzio e Giovanni Vasanzio nel 1606, ha subito nel corso della storia diverse modifiche, sopratutto per quanto riguarda i prospetti. Le ricchissime decorazioni barocche, vennero trasformati nell’Ottocento da Luigi Canina secondo il gusto neoclassico.Oggi il Casino è la sede della Galleria Borghese, uno dei musei più famosi e frequentati di Roma.La collezione Borghese vanta la presenza di sculture, bassorilievi e mosaici antichi oltre che dipinti e sculture dal XV al XVIII secolo. Il nucleo principale della opere presenti nella Galleria risale alla collezione

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del cardinale Scipione Borghese (1579-1633) che riunì capolavori d’arte antica, rinascimentale e barocca, spesso da lui stesso commissionati. Nel corso dei secoli la collezione è stata modificata con la cessione e l’acquisto di alcuni dipinti e sculture e oggi si possono ammirare opere di fama mondiale di artisti come Antonello da Messina, Giovanni Bellini, Raffaello, Tiziano, Correggio, Caravaggio, Bernini e Canova.Tra le più famose ricordiamo Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini, realizzata tra il 1622 e il 1625 per volontà di Scipione Borghese; il ratto di Proserpina (1621-1622), sempre di Bernini, originariamente donato da Scipione al Cardinale Ludovisi e poi tornato nella Villa dopo l’acquisizione di essa da parte delle Stato; Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano e molte altre ancora. Nella Galleria è inoltre presente il ritratto di Paolina Borghese, sorella di Napoleone Bonaparte e moglie di Camillo Borghese, realizzato da Canova tra il 1805 e il 1809, e presente nella Villa dal 1834.

- UccellieraRealizzato contestualmente al Casino nobile, a completamento prospettico del secondo giardino segreto. E’ documentato che in antichità ospitava specie rare e pregiate di uccelli che potevano essere ammirati dai visitatori.

- MeridianaRealizzato dal Rainaldi nel 1688 come sostituzione di un modesto edificio esistente, con lo scopo di concludere in maniera monumentale il terzo giardino segreto. Caratteristico è l’orologio solare che presenta, da cui prende il nome.

- Casina dell’orologio

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Si tratta dell’antica casa del giardiniere poi modificata nel 1791 da Antonio Asprucci che aggiunse un porticato e una torretta con l’orologio, da cui prende il nome.

- Piazza di SienaRealizzata dall’Asprucci nel 1792 nell’area dove prima si trovava la Gran Ragnaia. Si ispira alla piazza della città omonima, dalla quale proveniva la famiglia Borghese. Si tratta di una delle piazze più importanti della Villa poiché per tutto l’Ottocento i Borghese vi ospitavano feste e manifestazioni, tradizione poi portata avanti anche a seguito dell’apertura della parco al pubblico. Ancora oggi, nel mese di Maggio, è sede del Concorso Ippico Internazionale.

- Casina di RaffaelloGià presente all’epoca di Scipione Borghese e rimaneggiata in seguito dall’Asprucci, era originariamente destinata ad ospitare il guardarobiere della famiglia. Nonostante il nome possa trarre in inganno, non è da attribuirsi al famoso architetto ma è così denominata poiché vanta degli affreschi della scuola di Raffaello. A seguito di consistenti interventi di restauro, dal 2006 la Casina è adibita a Ludoteca dedicata ai bambini dai 3 ai 10 anni.

- Casina delle Rose - Casa del CinemaOriginariamente si chiamava Villa Manfroni Bernini, e fu annessa a Villa Borghese e restaurata dal Canina che la trasformò in un ristorante, a seguito delle acquisizione del 1833. Nel corso dei secoli ha modificato spesso la propria destinazione d’uso, diventando stalla, latteria, locale per eventi mondani, finchè non venne abbandonata e lasciata in rovina. Nel 2001 divenne la sede per la Casa del Cinema, con tre sale di

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proiezione e diverse sale espositive.

- Aranciera - Museo Carlo BilottiGià presente nell’area prima della realizzazione della Villa, l’edificio conobbe il suo massimo splendore grazie agli interventi voluti da Marcantonio IV Borghese alla fine del Settecento. Egli infatti lo fece ampliare e decorare e lo rese il perno del nuovo assetto del Giardino del Lago, rinominandolo Casino dei giuochi d’acqua. L’edificio però fu ridotto in ruderi dai cannoneggiamenti del 1849, e una volta ricostruito in maniera molto meno elaborata, fu adibito ad Aranciera. Dal 2006, a seguito di un accurato restauro, è sede del Museo Carlo Bilotti che ospita le opere di arte contemporanea che il collezionista ha voluto donare alla città di Roma. Nella collezione spiccano i nomi di artisti come Giorgio de Chirico, Gino Severini, Andy Warhol, Larry Rivers e Giacomo Manzù.

- Giardino del lago e Tempio di EsculapioSi tratta di uno dei pochi esempi di giardino all’Inglese presenti nella capitale, voluto da Marcantonio IV Borghese secondo la moda del tempo. Vi lavorarono, oltre che ad Asprucci, moltissimi artisti e giardinieri, tra cui Jacon More, famoso paesaggista inglese del tempo. Il nome è dovuto alla presenza di un laghetto artificiale al centro del quale è posizionato un tempietto in stile classico, il tempio di Esculapio, dove furono posizionate delle sculture antiche restaurate. Il tempio venne realizzato da Antonio Asprucci tra il 1785 e il 1892. Inoltre il giardino vantava di piante esotiche che lo rendevano decisamente unico.

- Fortezzuola - Museo Pietro CanonicaNei documenti più antichi è indicato come “Gallinaro”, ossia dove

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venivano allevati struzzi, anatre e pavoni. Oggi è chiamato “fortezzuola” per la cinta turrita di stampo medievale attribuita all’Asprucci. Dal 1926 fu ceduta in uso allo scultore Pietro Canonica, che trasformò le stalle in aree espositive. Alla sua morte, nel 1959, l’intero edificio venne convertito in museo.

- Bioparco La trasformazione di parte dei giardini delle Villa in Bioparco fu iniziata nel 1998. Inaugurato nel 1911, il Bioparco occupa oggi più di 17 ettari di estensione.

- Propilei NeoclassiciRealizzati su progetto di Luigi Canina nel 1829 per dotare la Villa di un secondo ingresso monumentale da Piazzale Flaminio, in direzione di Porta del Popolo. Si tratta di due imponenti corpi simmetrici ai lati dell’ingresso, con funzione di vestibolo, realizzati in ordine ionico.

3. Progetto Parco dei Musei

Il parco di Villa Borghese, di per se’ descrivibile come un enorme museo a cielo aperto, racchiude al proprio interno, a poca distanza gli uni dagli altri, un grande numero di musei che ospitano collezioni di fama internazionale. Per questa ragione nel 1997 fu avviato un progetto da Walter Veltroni e Francesco Rutelli, allora rispettivamente Ministro dei Beni Culturali e sindaco della città, noto come Parco dei Musei. L’iniziativa puntava a promuovere il parco, valorizzando al suo interno il sistema di musei e istituzioni culturali internazionali, affinché esso potesse diventare il parco culturale più importante d’Europa. Il primo passo al fine dell’attuazione di questo progetto fu il restauro del Casino

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Nobile, nello stesso 1997, seguito dalla realizzazione di un sistema di segnaletica e di trasporto interno al parco per collegare i vari punti di interesse. Il risultato è quello di un “grande parco culturale nel quale storia, arte e natura sono coniugate in un disegno armonico unico al

mondo” 18. Oltre alla celebre Galleria Borghese, all’interno del parco è possibile oggi visitare i già citati Museo Carlo Bilotti, Museo Pietro Canonica e la Casa del Cinema. Inoltre nell’area di Valle Giulia, zona limitrofa agli antichi confini della Villa, si trovano le maggiori istituzioni culturali straniere e accademie internazionali oltre che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Entrambi i musei fanno parte del progetto Parco dei Musei data l’estrema vicinanza alla Villa, tanto che vengono ormai considerati parte di essa.La Galleria Nazionale d’Arte Moderna trova sede all’interno del Palazzo delle Belle Arti, uno dei padiglioni costruiti appositamente per l’Esposizione Nazionale di Roma del 1911, poco dopo l’apertura al pubblico della Villa. L’edificio fu progettato dall’architetto Cesare Bazzani, il quale successivamente fu chiamato anche ad occuparsi del suo ampliamento. La Galleria vanta numerosissime opere di artisti come Coubert, Van Gogh, Degas, Monet, Cezanne, Klimt, oltre che ai maestri delle avanguardie, fino ai contemporanei. Villa Giulia fu invece commissionata da Papa Giulio III Ciocchi del Monte tra il 1550 e il 1555 e vi lavorarono i maggiori artisti dell’epoca tra cui il Vignola, il Vasari e l’Ammanati. Dal 1889 è sede del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e raccoglie tutte le antichità pre-romane rinvenute tra Lazio, Umbria ed Etruria meridionale appartenenti

18 R. Liuzzi, “Villa Borghese, il parco culturale più grande d’Europa”, in Panorma, http://archivio.panorama.it/archivio/Villa-Borghese-il-parco-culturale-piu-grande-d-Europa

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alle civiltà etrusche. Tra i suoi vari tesori vanta la presenza di opere famosissime come il Sarcofago degli Sposi di Cerveteri e la statua di Apollo Veio, entrambe datate intorno al IV sec. a.C.

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COLLEZIONE TORLONIA

1.Le vicende della “collezione fantasma”

Le vicende riguardanti la collezione Torlonia, quella che Francesco Zeri definì la collezione privata di scultura antica più importante al mondo, sono negli ultimi anni al centro dell’interesse delle amministrazioni pubbliche e degli amanti dell’arte. Tale preziosa collezione che conta 620 opere, un tempo ospitate nel Museo Torlonia, non è infatti più visibile al pubblico a partire dagli anni Settanta, ossia da quando il Principe Alessandro Torlonia ottenne l’autorizzazione per restaurare il tetto della villa, vincolata dal 1948, ma colse l’occasione per trasformale in 93 mini-appartamenti spostando le statue nelle cantine. La risposta da parte dello Stato non è mancata ed è ovviamente iniziata una guerra legale tra le due parti. La Corte di Cassazione ha confermato l’abuso con una sentenza del 27 Aprile 1979 che accertava che la collezione era stata rimossa dai locali museali e nascosta ed addossata in spazi angusti, e ciò rappresentava dunque la distruzione del Museo. La conclusione fu che «un simile tesoro d'arte va difeso con la rigorosa applicazione delle leggi e che il privato che abbia disperso o distrutto una cosa artisticamente protetta, e che non sia quindi suscettibile di riduzione in pristino, è condannato al pagamento in favore dello Stato di una somma pari al valore della cosa perduta o della diminuzione di valore subita per effetto del suo comportamento.»19 La sentenza purtroppo non è mai stata applicata e attualmente la collezione non è ancora visitabile, nonostante negli anni si siano cercati anche diversi accordi con la famiglia Torlonia.

19Cass., III sez. penale, sentenza n. 2284/1979

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Nel 1990 circolava l’ipotesi di trasferire ed esporre le opere nel palazzo Torlonia in Via della Conciliazione, sempre a Roma, ma non ebbe successo. Successivamente fu proposto un progetto per rendere l’ex mattatoio del Testaccio la nuova sede della collezione e in seguito venne proposto anche un nuovo museo a Villa Albani, anche essa di proprietà dei Torlonia, ma anche in questo caso l’ipotesi fu declinata. Negli anni inoltre ci sono state grandi offerte da parte di privati per acquistare la collezione, senza mai giungere a conclusione, tra cui anche quella di Silvio Berlusconi che offrì alla famiglia 125 milioni di euro. Nel 2002 fu avanzata una proposta di legge che prevedeva l’acquisizione totale delle opere della collezione da parte del demanio dello Stato come risarcimento per il danno subito dall’intera collettività, ma anche in questo caso la situazione non conobbe nessuna svolta.

2. L’accordo tra MiBACT e Fondazione Torlonia

Nel 2016 sembra finalmente che un’accordo si sia trovato anche se incompleto, infatti esclude quelli che sono tra i pezzi più importanti dell’intera collezione, ossia gli affreschi della Tomba Francois e i 200 vasi della necropoli Vulci, esclusi perché su di loro è in atto un altro contenzioso ereditario con la famiglia Cesarini Sforza. La firma dell’accordo tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e la Fondazione Torlonia è stato firmato il 15 marzo del 2016 dove si sancisce una reciproca collaborazione per la valorizzazione della collezione. Come primo passo è stata decisa la realizzazione di una mostra dove saranno esposte una selezione di 60-90 statue, le più rappresentative, per far conoscere la collezione al pubblico ed evidenziarne l’importanza. A sostenere le spese di restauro delle opere sarà la Fondazione mentre il Ministero si occuperà della realizzazione della mostra di cui sarà curatore il Prof. Salvatore Settis coadiuvato da un Comitato d’Onore in cui sarà presente anche il Prof. Carlo Gasparri. Per quanto riguarda la sede in un primo momento essa sarà esposta negli ex spazi del Museo novo di scultura antica, a Palazzo Caffarelli, e

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successivamente sarà spostata in almeno altre due tappe all’estero per renderla visibile anche a un pubblico internazionale. Alla fine di questo tour si provvederà infine a trovare una sede definitiva sia per questa prima sezione di opere che per tutte le altre, che nel frattempo verrano restaurate, e così Roma potrà finalmente godere di questo inestimabile tesoro. 20

La scelta delle selezione di opere è strettamente legata al tema che la mostra vorrà raccontare. Sono infatti moltissimi gli spunti che la collezione offre per la scelta del tema ma il più gettonato sembra essere al momento quello che incentra il percorso espositivo sulla storia del collezionismo di antichità e dunque delle pratiche ad esso connesse come l’antiquaria e l’archeologia.

3. La nascita della collezione

Il primo membro della famiglia Torlonia a trasferirsi dalla Francia a Roma nel 1750 è Marin Tourlonias, il quale nonostante l’origine umile, inizia la scalata sociale ed economica che porterà la famiglia a diventare una delle più ricche e potenti della città. Il figlio, Giovanni (1755-1829), diventa un famoso banchiere ed entra in contatto con l’aristocrazia romana. Molte famiglie nobili che si ritrovano in difficoltà economica finiscono per ipotecare e successivamente svendergli le loro proprietà, comprese le opere d’arte che avevano collezionato negli anni. I Giustiniani sono tra questi, i quali sono costretti a vendere quasi per intero la loro ricchissima collezione. Dopo essersi affermati dal punto di vista economico nella società romana, i Torlonia ricevono anche diversi titoli nobiliari: Giovanni diventa presto marchese di Romavecchia, principe di Civitella Cesi, duca di Poli e, per mezzo di un matrimonio, principe Cesarini Sforza. Il figlio, Alessandro, finisce per consolidare

20crf. http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1615312430.html

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l’impero economico della famiglia ed è per merito suo che la collezione d’arte continua a crescere per mezzo di acquisti di opere in ogni parte di Europa. In breve tempo riunisce così una collezione vastissima con opere provenienti da altre collezioni private come quella dei Giustiniani, Cavaceppi, Vitali, Albacini Savelli, Caetani ecc. Inoltre Alessandro acquisisce anche diverse ville e terreni e, dagli scavi effettuati in alcuni di questi possedimenti, vengono rinvenuti reperti e opere antiche che vanno ad arricchire ulteriormente la collezione.«Un immenso tesoro d’erudizione ed arte si è andato ammassando nel silenzio, durante il corso di molti e molti anni. Il museo di antica scultura formato dal principe Don Alessandro Torlonia, di gran lunga eccedendo i limiti d’ogni privata raccolta, più non trova paragone, se non solo nelle sovrane e pubbliche collezioni, che insigni sono nel Vaticano e nel Campidoglio; nelle quali pure non pochi degli oggetti di questo nuovo museo essere potrebbero desiderati.»21 Anche prima che la collezione scomparisse e iniziassero le vicende giudiziarie precedentemente citate, la visita a tale collezione non era libera e per accedere agli spazi museali era necessario fare richiesta direttamente all’Amministrazione Torlonia e, inoltre, esiste un solo catalogo del 1880 che descrive le 616 opere. Per queste ragioni la collezione, sempre accompagnata da un velo di mistero, desta una grande curiosità e non è facile farsi un idea precisa di quali siano i tesori scomparsi. Le opere più note sono sicuramente l’Hestia Giustiniani, la Pallade di Porto, la testa di Apollo di Kanachos, l’Afrodite Anadiomene, due esemplari dell’Eirene di Cefisodoto, l’Atleta di Mirone e il Diadumeno di Policleto. Inoltre dalle pagine dell’antico catologo si apprende che nel Museo Torlonia erano presenti una grande quantità di bassorilievi, vasi, sarcofagi, una straordinaria raccolta di busti antiche e statue rappresentati figure animali.

21 Visconti P. E., Catalogo del museo torlonia di sculture antiche, Tipografia Tiberina, Roma, 1880

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CAMPITELLI A. (a cura di), Villa Borghese - Storia e gestione - atti del Convegno internazionale di studi, Skira, Milano, 2005

CIUCCI G., La Piazza del Popolo : storia, architettura, urbanistica, Officina, Roma, 1974

VISCONTI P. E., Catologo del Museo Torlonia di sculture antiche, Tipografia Tiberina, Roma, 1880

SITOGRAFIA

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http://www.galleriaborghese.it

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Collezione-Torlonia-un-tesoro-n a s c o s t o - i n - u n a - c a n t i n a - F r a n c e s c h i n i - i n c o n t r a - i l -principe-0946ca0b-0279-4fa8-a6b0-2285acc91859.html

http://www.museivillatorlonia.it/il_museo/villa_torlonia

http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1458040126455_AccordoTorlonia.pdf

http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/C o n t e n u t i / M i b a c U n i f / C o m u n i c a t i /visualizza_asset.html_1615312430.html