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V Due | 4 ottobre 2012 | Numero 38 Musica MUSICA: LA SETTIMANA TRA LE NOTE LISCIO E NON SOLO CASTEL SAN PIETRO | Paolo Caruso presenta il suo cd prodotto dalla Peter’s Castle Records «Nessuno» suona il berimbao e la kalimba Fabio Ravaglia Tra le recenti produzioni dell’eti- chetta discografica indipendente di Castel San Pietro «Peter’s Ca- stle Records» spicca il cd Nessu- no, primo lavoro solista del bravo percussionista siciliano, oramai castellano d’adozione, Paolo Ca- ruso. Da anni sulla scena musi- cale italiana dopo aver seguito i corsi di specializzazione del «Drummer’s Collective» di New York sotto la guida di personaggi come Cyro Baptista, Caruso non ha mai smesso di studiare, appro- fondire la grande arte delle per- cussioni con il suo mondo, i suoi strumenti e le sue diverse tradi- zioni. Musicista eclettico, aper- to, curioso, nel corso della sua carriera si è impegnato in diversi generi spaziando dalla canzone d’autore di Luca Carboni e Vini- cio Capossela al pop degli Stadio e di Neffa, fino al jazz, alla mu- sica brasiliana, alla musica popo- lare italiana e alle collaborazioni teatrali con personaggi come Paolo Rossi e Andrea Roncato. Questo suo nuovo cd intitolato singolarmente Nessuno ha avuto una lunga gestazione e vede al fianco di Paolo molti musicisti con i quali negli anni ha collabo- rato in diversi contesti e progetti. Troviamo il trombettista castel- lano Maurizio Piancastelli, con il quale aveva condiviso l’esperien- za discografica dei «Rara Avis», un interessante progetto di etno jazz realizzato nel 1993, i sassofo- nisti James Thompson e Gugliel- mo Pagnozzi, il pianista Pippo Guarnera, i chitarristi Giancarlo Bianchetti e Giorgio Cavalli e ancora la cantante Silvia Testoni e Guido Sodo, voce e mente dei «Canto e Discanto». Nelle tredici tracce che compongono il cd, Ca- ruso spazia nel suo universo mu- sicale, alternando generi diversi, mischiandoli ma soprattutto ci- mentandosi con passione e com- petenza nel suonare una vasta gamma di strumenti a percussio- ne dal berimbao alla kalimba, dal darboka al pandeiro. Un lavoro convincente, curioso, che pulsa della personalità del suo autore collocandosi fuori da schemi pre- costituiti, difficile da incasellare. Questo primo disco a tuo nome arriva dopo una lunga carriera professionale che ti ha portato a collaborare con molti musicisti e anche a con- frontarti con generi diversi tra loro. Raccontaci un po’ come è nato questo cd dalla lunga gestazione, a partire dal nome Nessuno. Pensavi ad Ulisse? «In realtà, così come avviene per ogni creazione artistica, ciascun fruitore può dare un proprio sen- so al termine “nessuno” e legger- ci quello che gli pare. Uno dei temi del cd è proprio quello dei tanti punti di vista e differenti prospettive attraverso le quali si può osservare la realtà, dunque anche la musica. Potrei anche dirti che il cd, in un certo modo, si è “fatto da sé”, poiché questa è stata spesso la mia sensazione quando partendo da un’idea ini- ziale mi accorgevo che il brano prendeva, ad un certo punto, una direzione tutta sua, senza che io stesso me lo aspettassi: devo dire che questa è la sensazione più piacevole e sorprendente che possa capitare. Comunque un in- put decisivo me lo hanno dato gli straordinari e toccanti versi della poetessa americana Emily Di- ckinson, che sono citati all’inizio del disco, in cui lei stessa dichiara di “essere nessuno”, in contrap- posizione con un mondo in cui tutti “devono essere qualcuno”, spesso a qualunque costo (infat- ti “nessuno” l’ha mai conosciuta fino a che, dopo morta, la sorella ha trovato un cofanetto con 1775 sue incredibili liriche)». Nel cd direi che affronti le sonorità di diverse «scuole» e tradizioni del mondo delle percussioni, muovendoti tra Medio Oriente, Africa e Su- damerica (Brasile in partico- lare). A quale di queste ti senti più vicino? «Intanto io vorrei provocatoria- mente dichiarare che mi sento, più che un percussionista, fiera- mente un musicista o, se vuoi, un “percus-suonista”, cioè un inda- gatore dei suoni e quindi della musica. Gli strumenti a percus- sione sono stati i primi strumenti musicali in assoluto, secondo i musicologi, dopo l’uso dei suoni del corpo e della voce, e sono sta- ti utilizzati in tutte le culture, e ancora adesso lo sono, per creare musica. Dunque il mio interesse per questi “oggetti misteriosi” è a 360 gradi, e quello che ho cercato di realizzare nel disco è proprio questo utilizzo delle percussioni di ogni genere e di ogni tradizio- ne per creare delle orchestrazioni e delle atmosfere musicali, senza una preferenza specifica. In fon- do in fondo la musica è una, e sia- mo poi noi a dare delle “etichet- tature di comodo” che però spes- so possono risultare fuorvianti». Nell’ascolto dei brani ti sei affidato alla collaborazione di molti musicisti con cui hai suonato negli anni e di cui sei anche amico. E’ stata una coincidenza oppure una scel- ta ponderata e ricercata? «In alcuni casi ho deliberatamen- te cercato il tocco, che conoscevo già, del musicista in questione, convocandolo personalmente; altre volte, come accade anche nella vita, “il caso” ha fatto sì che da un incontro non programma- to venissero fuori alcune idee e alcune registrazioni che, succes- sivamente, hanno portato alla nascita del brano in questione. Ne approfitto per ringraziare “de core” tutti i musicisti e non, che hanno contribuito alla realizza- zione del cd». Come mai ti sei affidato ad una piccola etichetta locale indipendente per pubblicar- lo? «Perché “nessu- no” degli altri a cui ho spedito il demo ha avuto neanche la buo- na educazione di rispondere, e potrei affermare che non lo hanno nemmeno ascol- tato (“Ma chi è questo qua?... “Nessuno”, per l’appunto…). L’unico che lo ha ascoltato a fondo più volte (così mi ha detto) è stato Alex Vittorio della Peter’s Castle Records, che ringrazio per il suo prezioso so- stegno, il quale mi ha detto anche: “Se non lo pubblichi è un peccato mortale”! Così abbiamo deciso di stamparlo. Ma gran parte della cultura musicale italiana è, a mio parere, di un provincialismo tale che un cd come il mio non può essere pienamente compreso e digerito, come invece potrebbe accadere in luoghi come la Fran- cia, la Germania o gli Stati Uniti. Pensa che in Brasile, a San Paolo, un’orchestra sinfonica, con gli ar- rangiamenti di un grande musi- cista come Egberto Gismonti, ha eseguito un concerto per orche- stra e “berimbao”, lo strumento che considero “meu amigo” for- se più di ogni altro, che appare sulla copertina del cd e che ho suonato in diverse composizioni nel disco. Puoi immaginare in Italia qualcosa del genere?». Ho trovato molto simpatici i «saggi» interventi sul cd di «Zia Nilde». Come ti è venuta l’idea di questi inserimenti? «Sono spesso attraversato da pensieri o aforismi di uomini dal cuore profondo che mi colpisco- no, e che sento particolarmente miei. Ma volevo che a leggerli fosse non un dicitore con voce impostata, ma una “voce inno- cente” , di una donna del popolo: così ho chiesto alla zia Nilde (la mamma di Maurizio Piancastel- li) di leggerli per me, e lei è stata involontariamente bravissima». Hai deciso di presentarlo dal vivo in una veste di perfor- mance insolita e originale. Ce ne vuoi parlare? «Ho coinvolto nel progetto una ventiudenne musicista abruzze- se che vive a Bologna, la quale suona il violino e il theremin, “lo strumento che si suona senza toc- carlo”, ed è una delle pochissime in Italia a suonarlo così bene. Con lei ho subito trovato un otti- mo feeling: nonostante la giovane età, il suo fraseggio e il suo saper ascoltare rivelano una sorpren- dente maturità artistica. Ho poi coinvolto nel progetto anche Cri- stiano Zapparoli, che io definisco maestro di movenze e danzatore visionario, che interagisce con noi inventandosi sempre qualco- sa di curioso e interessante du- rante le performance». Dei tanti musicisti che hai co- nosciuto, con cui hai studiato o collaborato, quale ricordi con maggiore intensità? «Dave Liebman: in special modo per le sue qualità umane, oltre che artistiche, e la sua attenzio- ne ai dettagli e a far sì che tut- ta la band si sentisse a proprio agio, in modo da poter suonare in maniera confortevole e rilas- sata. In quell’occasione, assieme a Liebman, ho suonato accanto a musicisti del calibro di Massimo Manzi, Fabrizio Puglisi, Achille Succi e Paolo Ghetti: ed ho im- parato tantissimo». CD

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V Due | 4 ottobre 2012 | Numero 38

Musica

Musica: la settiMana tra le note liscio e non solo

castel san Pietro | Paolo caruso presenta il suo cd prodotto dalla Peter’s castle records

«Nessuno» suona il berimbao e la kalimbaFabio ravaglia

Tra le recenti produzioni dell’eti-chetta discografica indipendente di Castel San Pietro «Peter’s Ca-stle Records» spicca il cd Nessu-no, primo lavoro solista del bravo percussionista siciliano, oramai castellano d’adozione, Paolo Ca-ruso. Da anni sulla scena musi-cale italiana dopo aver seguito i corsi di specializzazione del «Drummer’s Collective» di New York sotto la guida di personaggi come Cyro Baptista, Caruso non ha mai smesso di studiare, appro-fondire la grande arte delle per-cussioni con il suo mondo, i suoi strumenti e le sue diverse tradi-zioni. Musicista eclettico, aper-to, curioso, nel corso della sua carriera si è impegnato in diversi generi spaziando dalla canzone d’autore di Luca Carboni e Vini-cio Capossela al pop degli Stadio e di Neffa, fino al jazz, alla mu-sica brasiliana, alla musica popo-lare italiana e alle collaborazioni teatrali con personaggi come Paolo Rossi e Andrea Roncato. Questo suo nuovo cd intitolato singolarmente Nessuno ha avuto una lunga gestazione e vede al fianco di Paolo molti musicisti con i quali negli anni ha collabo-rato in diversi contesti e progetti. Troviamo il trombettista castel-lano Maurizio Piancastelli, con il quale aveva condiviso l’esperien-za discografica dei «Rara Avis», un interessante progetto di etno jazz realizzato nel 1993, i sassofo-nisti James Thompson e Gugliel-mo Pagnozzi, il pianista Pippo Guarnera, i chitarristi Giancarlo Bianchetti e Giorgio Cavalli e ancora la cantante Silvia Testoni e Guido Sodo, voce e mente dei «Canto e Discanto». Nelle tredici tracce che compongono il cd, Ca-ruso spazia nel suo universo mu-sicale, alternando generi diversi, mischiandoli ma soprattutto ci-mentandosi con passione e com-petenza nel suonare una vasta gamma di strumenti a percussio-ne dal berimbao alla kalimba, dal darboka al pandeiro. Un lavoro convincente, curioso, che pulsa della personalità del suo autore collocandosi fuori da schemi pre-costituiti, difficile da incasellare. Questo primo disco a tuo nome arriva dopo una lunga carriera professionale che ti ha portato a collaborare con molti musicisti e anche a con-frontarti con generi diversi tra loro. Raccontaci un po’

come è nato questo cd dalla lunga gestazione, a partire dal nome Nessuno. Pensavi ad Ulisse?«In realtà, così come avviene per ogni creazione artistica, ciascun fruitore può dare un proprio sen-so al termine “nessuno” e legger-ci quello che gli pare. Uno dei temi del cd è proprio quello dei tanti punti di vista e differenti prospettive attraverso le quali si può osservare la realtà, dunque anche la musica. Potrei anche dirti che il cd, in un certo modo, si è “fatto da sé”, poiché questa è stata spesso la mia sensazione quando partendo da un’idea ini-ziale mi accorgevo che il brano prendeva, ad un certo punto, una direzione tutta sua, senza che io stesso me lo aspettassi: devo dire che questa è la sensazione più piacevole e sorprendente che possa capitare. Comunque un in-put decisivo me lo hanno dato gli straordinari e toccanti versi della poetessa americana Emily Di-ckinson, che sono citati all’inizio del disco, in cui lei stessa dichiara di “essere nessuno”, in contrap-posizione con un mondo in cui tutti “devono essere qualcuno”, spesso a qualunque costo (infat-ti “nessuno” l’ha mai conosciuta fino a che, dopo morta, la sorella ha trovato un cofanetto con 1775 sue incredibili liriche)».Nel cd direi che affronti le sonorità di diverse «scuole» e tradizioni del mondo delle percussioni, muovendoti tra Medio Oriente, Africa e Su-damerica (Brasile in partico-lare). A quale di queste ti senti più vicino?«Intanto io vorrei provocatoria-mente dichiarare che mi sento, più che un percussionista, fiera-mente un musicista o, se vuoi, un “percus-suonista”, cioè un inda-gatore dei suoni e quindi della musica. Gli strumenti a percus-sione sono stati i primi strumenti musicali in assoluto, secondo i musicologi, dopo l’uso dei suoni del corpo e della voce, e sono sta-ti utilizzati in tutte le culture, e ancora adesso lo sono, per creare musica. Dunque il mio interesse per questi “oggetti misteriosi” è a 360 gradi, e quello che ho cercato di realizzare nel disco è proprio questo utilizzo delle percussioni di ogni genere e di ogni tradizio-ne per creare delle orchestrazioni e delle atmosfere musicali, senza una preferenza specifica. In fon-

do in fondo la musica è una, e sia-mo poi noi a dare delle “etichet-tature di comodo” che però spes-so possono risultare fuorvianti».Nell’ascolto dei brani ti sei affidato alla collaborazione di molti musicisti con cui hai suonato negli anni e di cui sei anche amico. E’ stata una coincidenza oppure una scel-ta ponderata e ricercata? «In alcuni casi ho deliberatamen-te cercato il tocco, che conoscevo già, del musicista in questione, convocandolo personalmente; altre volte, come accade anche nella vita, “il caso” ha fatto sì che da un incontro non programma-to venissero fuori alcune idee e alcune registrazioni che, succes-sivamente, hanno portato alla nascita del brano in questione. Ne approfitto per ringraziare “de core” tutti i musicisti e non, che hanno contribuito alla realizza-zione del cd».Come mai ti sei affidato ad una piccola etichetta locale indipendente per pubblicar-lo? «Perché “nessu-no” degli altri a cui ho spedito il demo ha avuto neanche la buo-na educazione di rispondere, e potrei affermare che non lo hanno nemmeno ascol-tato (“Ma chi è questo qua?... “Nessuno”, per l’appunto…). L’unico che lo ha ascoltato a fondo più volte (così mi ha detto) è stato Alex Vittorio della Peter’s Castle Records, che ringrazio per il suo prezioso so-stegno, il quale mi ha detto anche: “Se non lo pubblichi è un peccato mortale”! Così abbiamo deciso di stamparlo. Ma gran parte della cultura musicale italiana è, a mio parere, di un provincialismo tale che un cd come il mio non può essere pienamente compreso e digerito, come invece potrebbe accadere in luoghi come la Fran-cia, la Germania o gli Stati Uniti. Pensa che in Brasile, a San Paolo, un’orchestra sinfonica, con gli ar-rangiamenti di un grande musi-cista come Egberto Gismonti, ha eseguito un concerto per orche-stra e “berimbao”, lo strumento che considero “meu amigo” for-se più di ogni altro, che appare sulla copertina del cd e che ho suonato in diverse composizioni

nel disco. Puoi immaginare in Italia qualcosa

del genere?».Ho trovato molto simpatici i «saggi» interventi sul cd di «Zia Nilde». Come ti è venuta l’idea di questi inserimenti?«Sono spesso attraversato da pensieri o aforismi di uomini dal cuore profondo che mi colpisco-no, e che sento particolarmente miei. Ma volevo che a leggerli fosse non un dicitore con voce impostata, ma una “voce inno-cente”, di una donna del popolo: così ho chiesto alla zia Nilde (la mamma di Maurizio Piancastel-li) di leggerli per me, e lei è stata involontariamente bravissima».Hai deciso di presentarlo dal vivo in una veste di perfor-mance insolita e originale. Ce ne vuoi parlare?«Ho coinvolto nel progetto una ventiudenne musicista abruzze-se che vive a Bologna, la quale suona il violino e il theremin, “lo strumento che si suona senza toc-carlo”, ed è una delle pochissime

in Italia a suonarlo così bene. Con lei ho subito trovato un otti-mo feeling: nonostante la giovane età, il suo fraseggio e il suo saper ascoltare rivelano una sorpren-dente maturità artistica. Ho poi coinvolto nel progetto anche Cri-stiano Zapparoli, che io definisco maestro di movenze e danzatore visionario, che interagisce con noi inventandosi sempre qualco-sa di curioso e interessante du-rante le performance».Dei tanti musicisti che hai co-nosciuto, con cui hai studiato o collaborato, quale ricordi con maggiore intensità?«Dave Liebman: in special modo per le sue qualità umane, oltre che artistiche, e la sua attenzio-ne ai dettagli e a far sì che tut-ta la band si sentisse a proprio agio, in modo da poter suonare in maniera confortevole e rilas-sata. In quell’occasione, assieme a Liebman, ho suonato accanto a musicisti del calibro di Massimo Manzi, Fabrizio Puglisi, Achille Succi e Paolo Ghetti: ed ho im-parato tantissimo».

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