DUE OPERAI MUOIONO A CERIANO MILANESE · Web viewL'uomo ha terminato la propria drammatica corsa...

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MORTI & FERITI MARZO 2006 San Pellegrino: operaio grave dopo un volo di tre metri Un operaio addetto alla manutenzione è stato ricoverato in gravi condizioni agli Ospedali Riuniti di Bergamo: mentre stava lavorando con alcuni colleghi all'interno dello stabilimento della San Pellegrino, è caduto da un'altezza di circa tre metri battendo violentemente anche la testa. L'infortunio è avvenuto ieri sera intorno alle 22,30: nello stabilimento di San Pellegrino era in corso la manutenzione di un pressore, un macchinario che serve per imballare i bancali pieni di bottiglie. Per poter raggiungere meglio il punto in cui era necessario intervenire il 44enne, residente a San Pellegrino, s'è fatto sollevare da un collega con un elevatore. Purtroppo però, mentre era in corso l'intervento, il macchinario si è mosso e l'operaio ha perso l'equilibrio. L'allarme è stato dato immediatamente dai colleghi, che hanno prestato anche i primi soccorsi. Il 118 ha trasportato il ferito agli Ospedali Riuniti di Bergamo, dove gli sono stati riscontrati un violento trauma cranico ed altri traumi in varie parti del corpo. La prognosi dei medici è riservata. Sul posto, per gli accertamenti, sono intervenuti fino a tarda notte i carabinieri di San Pellegrino e i responsabili dell'Asl di Zogno. L’Eco di Bergamo 1/03/2006 Incidenti in edilizia, paralizzato immigrato Paralisi agli arti inferiori. Questa la diagnosi del medici del Niguarda dopo il ricovero, ieri mattina poco prima delle 8, di un operaio di 34 anni rimasto ferito in un cantiere a Milano. Georgi G., georgiano, è stato colpito dal braccio meccanico di una macchina semovente. Stava lavorando alla copertura dei tetti nel cantiere per la costruzione del canile municipale nell’area Cascina Codovero. Liberazione 1/03/06 Inail, invalidi protestano per la riduzione dei premi Gli invalidi del lavoro hanno protestato contro la decisione del Cda di ridurre i premi assicurativi per le imprese senza

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MORTI & FERITI MARZO 2006

San Pellegrino: operaio grave dopo un volo di tre metri

Un operaio addetto alla manutenzione è stato ricoverato in gravi condizioni agli Ospedali Riuniti di Bergamo: mentre stava lavorando con alcuni colleghi all'interno dello stabilimento della San Pellegrino, è caduto da un'altezza di circa tre metri battendo violentemente anche la testa. L'infortunio è avvenuto ieri sera intorno alle 22,30: nello stabilimento di San Pellegrino era in corso la manutenzione di un pressore, un macchinario che serve per imballare i bancali pieni di bottiglie. Per poter raggiungere meglio il punto in cui era necessario intervenire il 44enne, residente a San Pellegrino, s'è fatto sollevare da un collega con un elevatore. Purtroppo però, mentre era in corso l'intervento, il macchinario si è mosso e l'operaio ha perso l'equilibrio. L'allarme è stato dato immediatamente dai colleghi, che hanno prestato anche i primi soccorsi. Il 118 ha trasportato il ferito agli Ospedali Riuniti di Bergamo, dove gli sono stati riscontrati un violento trauma cranico ed altri traumi in varie parti del corpo. La prognosi dei medici è riservata. Sul posto, per gli accertamenti, sono intervenuti fino a tarda notte i carabinieri di San Pellegrino e i responsabili dell'Asl di Zogno.

L’Eco di Bergamo 1/03/2006

Incidenti in edilizia, paralizzato immigrato

Paralisi agli arti inferiori. Questa la diagnosi del medici del Niguarda dopo il ricovero, ieri mattina poco prima delle 8, di un operaio di 34 anni rimasto ferito in un cantiere a Milano. Georgi G., georgiano, è stato colpito dal braccio meccanico di una macchina semovente. Stava lavorando alla copertura dei tetti nel cantiere per la costruzione del canile municipale nell’area Cascina Codovero.

Liberazione 1/03/06

Inail, invalidi protestano per la riduzione dei premi

Gli invalidi del lavoro hanno protestato contro la decisione del Cda di ridurre i premi assicurativi per le imprese senza contestualmente aumentare le prestazioni per gli infortunati. Una rappresentanza dell’Anmil ha presieduto la sede dell’Inail, ritardando l’inizio dell’assemblea. Gli invalidi sono poi stati ricevuti.

Liberazione 1/03/06

Operaio morto schiacciato titolare d'azienda a giudizio

Rinviato a giudizio per omicidio colposo. Sarà il processo, che si aprirà il prossimo 4 aprile, a stabilire cause e responsabilità dell'incidente sul lavoro costato la vita a Moreno Marangon, 38enne di Porto Tolle, schiacciato da una pala meccanica mentre eseguiva alcuni lavori nell'azienda agricola di Porto Tolle di Mario Visentini. E proprio Visentini è stato rinviato a giudizio su richiesta del pubblico ministero Silvia Ferrari. L'accusa di

omicidio colposo è riconducibile a una mancanza di rispetto delle norme di sicurezza che potrebbe essere all'origine della morte del bassopolesano. L'incidente risale all'aprile del 2004, quando Moreno Marangon è intento a manovrare un Fai 338 sul piazzale dell'azienda agricola "Visentini Francesco & Attilio" il cui legale rappresentante è proprio Mario Visentini, che gestisce come fattore, un Fai 338, ossia una pala meccanica molto versatile. Poi la dinamica si fa oscura, fatto sta che il corpo senza vita dell'uomo, schiacciato dalla pala meccanica, viene scoperto dalla moglie. Nessuno aveva assistito all'incidente. Forse un malore improvviso o forse una scivolata risultata fatale, che hanno sbalzato il fattore giù dal mezzo agricolo. Vengono allertati i soccorsi, il pronto intervento, sul posto piombano anche gli ispettori dello Spisal di Adria. I medici non possono far altro che accertare il decesso per schiacciamento toracico, sul corpo dell'uomo si era abbattuta la pala del Fai 338. Sarà il processo che ora dovrà valutare se c'è stata osservanza o meno della normativa di sicurezza, se tutte le protezioni relative all'utilizzo del mezzo meccanico erano presenti al momento dell'incidente o erano, invece, state eliminate. Interrogativi cui si inizierà a dare risposta dal prossimo 4 aprile.

Il Gazzettino – Cronaca di Rovigo 1/03/06

Operaio cade da una piattaformaPrecipita da cinque metri mentre lavora in una ditta di via Gloria a Porto Marghera

Grave infortunio sul lavoro ieri mattina in un'azienda di Porto Marghera in via Gloria. Per cause in corso di accertamento da parte delle Volanti della Polizia e del servizio anti-infortuni Spisal dell'Ulss 12 di Venezia, un uomo D.A., 43 anni, di Roncegno in provincia di Trento, è improvvisamente caduto da un'altezza di cinque metri mentre si trovava su una piattaforma. L'uomo ha terminato la propria drammatica corsa sfondando parzialmente il tetto di un capannone e finendo sul selciato. Subito è scattato l'allarme e sul posto è giunta subito un'ambulanza del Suem, una pattuglia delle Volanti e anche gli uomini del commissariato di polizia di Marghera. L'uomo è stato prontamente trasferito al pronto soccorso dell'Umberto dove gli sono stati riscontrate ferite multiple e politrauma agli arti. L'uomo, in gravi condizioni, è stato ricoverato nel reparto di Traumatologia dell'ospedale mestrino. L'episodio di ieri è solo l'ultimo di una serie di incidenti sul lavoro che si sono verificati in questi ultimi mesi nella zona industriale di Marghera. Solo un mese fa, un operaio dipendente di una ditta del settore metalmeccanico era morto schiaccato da alcune lastre di alluminio.

Il Gazzettino 1/03/06

L’odontotecnico Amerigo Vettorato è morto il 22 aprile 1999 stroncato da un tumore ai polmoni. Nel capo d’imputazione si sosteneva che il lavoratore era morto di silicosiNon è stato ucciso dalla polvere delle dentiere. Il giudice monocratico Sonia Bello ha assolto il titolare del laboratorio "Vital protesi srl", che ha sede in città in via Bovolenta

La silicosi non ha nulla a che vedere con la morte dell'odontotecnico. Il fumo o altre cause naturali gli hanno provocato il tumore ai polmoni che sette anni fa ha ucciso l'uomo. Insomma, l'odontotecnico non è stato ucciso dalle polveri della lavorazione delle dentiere. E così ieri mattina il giudice monocratico Sonia Bello ha assolto il titolare del laboratorio, a

giudizio con l'accusa di omicidio colposo. Si tratta di Ezio Garetto, settantanovenne, residente a Torri del Benaco, in provincia di Verona, difeso dall'avvocato Ferdinando Bonon. L'uomo è titolare della ditta "Vital protesi srl", il cui laboratorio ha sede in città, in via Bovolenta 8. Il fatto non sussiste è la formula adottata dal giudice monocratico. Non era possibile affermare con assoluta sicurezza che la vittima era deceduta a causa della silicosi, provocata dalle polveri della lavorazione delle protesi dentarie. Il dottor Massimo Montisci, dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Padova, lo aveva detto senza esitazione al giudice Bello. L'esperto era stato incaricato dallo stesso giudice, che aveva voluto un suo perito, dal momento che erano su posizioni opposte le conclusioni dei consulenti del pubblico ministero e della difesa. Montisci aveva detto che non aveva avuto la possibilità di accertare se veramente il tumore ai polmoni che ha ucciso la vittima era stato causato dalla silicosi. Aveva potuto analizzare soltanto un linfonodo. Contro l'ipotesi della silicosi aveva concluso anche il professor Ambrogio Fassina, consulente della difesa dell'imputato, nominato dall'avvocato Bonon. Invece il dottor Natale Penelli, consulente del pubblico ministero Orietta Canova, sosteneva che la vittima era stata uccisa dalla silicosi. I primi sintomi della malattia sono comparsi nel 1997. L'operaio venne sottoposto anche ad un intervento chirurgico ai polmoni. E due anni dopo il decesso. È morto al Policlinico di Padova il 22 aprile 1999. Amerigo Vettorato, residente in città, aveva quarantanove anni.Nel capo d'imputazione si accusava il titolare della "Vital Protesi srl" di aver omesso di predisporre nel laboratorio strumenti che evitassero l'inalazione delle polveri di silice da parte dei lavoratori. Inoltre, di aver omesso di far sottoporre periodicamente i suoi dipendenti a visite mediche e di informarli sui rischi che correvano. E anche di predisporre che i lavori fossero eseguiti con metodi e modalità tali da abbattere il rischio. Vettorato era dipendente della ditta di apparecchiature dentarie fin dal 19979. Dapprima come addetto allo sviluppo delle impronte dentarie in gesso. Poi, dal 1984, addetto alla duplicazione degli stampi in gesso. L.L.

Il Gazzettino 2/03/06

CERVARESE SANTA CROCE Il giudice Lolli ha inflitto ieri pomeriggio un anno di reclusione all’avvocato Dalla Francesca, legale rappresentante della "Trachite" di MontemerloL'operaio morì in cava, condannato il titolare La vittima manovrava l’escavatore quando un masso si è staccato dalla parete e lo ha schiacciato. Era la mattina dell’11 aprile 2003

Padova . È passata la tesi dell'accusa. Il pubblico ministero Paola De Franceschi sosteneva che la parete di trachite doveva essere abbattuta con mine da cava ad innesco comandato a distanza. Oppure con un escavatore dotato di un braccio di almeno undici metri, una lunghezza sufficiente ad evitare che l'arco di caduta dei blocchi finisse sulla macchina operatrice. In questo modo, secondo i consulenti del pubblico ministero, si sarebbe potuto salvare la vita di Fabio Panighello, quanrant'anni, residente a Lovertino di Albettone, nel vicentino, deceduto l'11 aprile 2003 a Montemerlo di Cervarese. L'uomo è stato schiacciato da un masso mentre era ai comandi di un escavatore. È stato un omicidio colposo. Il giudice monocratico Nicoletta Lolli ha condannato ieri pomeriggio il titolare della cava. Si tratta l'avvocato Gianfilippo Cappello Dalla Francesca, sessantacinque anni, residente a Padova, legale rappresentante della "Trachite di Montemerlo srl", difeso dall'avvocato Franco Antonelli. Il giudice lo ha condannato ad un anno di reclusione, con la sospensione della pena. Mentre ha assolto il direttore dei lavori del cantiere, Jacopo De Rossi, qurantatreenne di Limena, difeso dall'avvocato Domenico Giuri.

Il pubblico ministero ha chiesto per entrambi gli imputati una condanna ad un anno e quattro mesi di reclusione. L'escavatore che l'operaio manovrava aveva un braccio meccanico che serviva per rompere la parete di trachite. Ma anzichè pietre, quella mattina si staccò un enorme masso che è piombato sulla macchina operatrice. Nella caduta il macigno, del peso di oltre 70 quintali, si è spezzato in due parti. L'operaio è stato colpito in pieno. Panighello ha intuito quello che stava accadendo. Ha cercato di allontanarsi dalla macchina operatrice, ma il masso non gli ha lasciato via di scampo. Il vicentino è morto sul colpo. Letteralmente schiacciato sul terreno. C'è una drammatica coincidenza. Fabio Panighello aveva un fratello di nome Luigino. È morto nel 1996 mentre stava lavorando con l'escavatore in una cava di Verona.

Il Gazzettino – Cronaca di Padova 2/03/06

Siracusa, operaio dell’Enel muore folgorato

Un operaio dell’Enel di 26 anni, Salvatore Carrabino è morto in un incidente sul lavoro accaduto a Villasmundo (Siracusa). L’uomo ha tentato di soccorrere un collega che era stato folgorato ma è stato ucciso dalla scarica. Ferito invece il 52enne che con lui stava lavorando su una linea elettrica. «Questo incidente è inaccettabile», il commento della Filcem Cgil e della Uilcem Uil.

Liberazione 2/03/06

Carichi di lavoro, la Fiat a processo

Roberto Farneti...... Altro fronte caldo, quello giudiziario. E’ stato fissato per il 5 ottobre il processo a carico di 68 ex dirigenti e manager di Fiat Auto per i quali la Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per lesioni personali colpose a danno di circa 200 operai di Mirafiori, vittime di malattie professionali. Si tratta di patologie da sforzo ripetuto che riguardano gli arti superiori e che, secondo l’ipotesi d’accusa, sarebbero state causate dalle modalità con cui erano stati organizzati i ritmi della produzione. Un altro filone dell’inchiesta aperta dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello è quello partito dopo un esposto della Fiom proprio contro l’aumento dei ritmi di lavorazione.

Tesi respinta dalla difesa. «I sistemi e i metodi di organizzazione del lavoro - ribattono i legali di Fiat Auto - sono stati introdotti nello stabilimento previo accordo intervenuto con le più rappresentative organizzazioni sindacali dei metalmeccanici di Torino e con la maggioranza dei rappresentanti sindacali di Mirafiori». Peraltro, aggiungono gli avvocati dello Studio Chiusano, «i metodi di analisi del lavoro attuati nello stabilimento sono a norma e certificati dall’International MTM Directorate».

Non la pensa così la Fiom: «Ora la giustizia deve fare il suo corso risarcendo chi ha subito danni e impedendo che per lavorare ci si debba ammalare», commenta il segretario provinciale Giorgio Airaudo. La via giudiziaria non piace però alla Uilm: «Se la Fiom è a conoscenza di fatti particolari che possono interessare la magistratura - osserva Antonino Ragazzi - ce ne renda partecipi e svolga una concreta azione sindacale con Fim e Uilm. In caso contrario le strade tra le nostre organizzazioni possono separarsi».

Liberazione 2/03/06

San Pellegrino: operaio grave dopo un volo di tre metri

Un operaio addetto alla manutenzione è stato ricoverato in gravi condizioni agli Ospedali Riuniti di Bergamo: mentre stava lavorando con alcuni colleghi all'interno dello stabilimento della San Pellegrino, è caduto da un'altezza di circa tre metri battendo violentemente anche la testa. L'infortunio è avvenuto ieri sera intorno alle 22,30: nello stabilimento di San Pellegrino era in corso la manutenzione di un pressore, un macchinario che serve per imballare i bancali pieni di bottiglie. Per poter raggiungere meglio il punto in cui era necessario intervenire il 44enne, residente a San Pellegrino, s'è fatto sollevare da un collega con un elevatore. Purtroppo però, mentre era in corso l'intervento, il macchinario si è mosso e l'operaio ha perso l'equilibrio. L'allarme è stato dato immediatamente dai colleghi, che hanno prestato anche i primi soccorsi. Il 118 ha trasportato il ferito agli Ospedali Riuniti di Bergamo, dove gli sono stati riscontrati un violento trauma cranico ed altri traumi in varie parti del corpo. La prognosi dei medici è riservata. Sul posto, per gli accertamenti, sono intervenuti fino a tarda notte i carabinieri di San Pellegrino e i responsabili dell'Asl di Zogno.

L’Eco di Bergamo 1/03/2006

DUE OPERAI MUOIONO A CERIANO MILANESE

Grave incidente sul lavoro ieri presso la ditta Termo Inox di Ceriano Laghetto, nel milanese: due operai sono rimasti sepolti vivi dentro la fossa nella quale stavano lavorando. Una delle pareti non ha tenuto, il terreno ha ceduto di colpo e i due uomini, di 69 e 27 anni, sono stati investiti in pieno da quintali di terra argillosa. Secondo quanto riferito dai vigili del fuoco di Milano, i due operai erano all'interno di una buca larga circa 3 metri e profonda il doppio. Stavano eseguendo dei lavori di scavo ma il terreno risulta in quel punto particolarmente argilloso. Una ruspa che stava lavorando in superficie ha probabilmente causato il cedimento delle pareti della buca. Fino alla serata di ieri i vigili del fuoco erano riusciti a estrarre solo una delle due vittime.

Il Manifesto 3/03/06

Cade con il trattore in vascone acque reflue, morto

(ANSA) -FROSINONE, 4 MAR - Un giovane operaio e' morto dopo essere caduto in un vascone di acque reflue mentre stava lavorando con un trattore nel Frusinate. Il vascone, largo 80 metri e profondo 10, e' stato scandagliato per ore dai vigili del fuoco dopo che un collega del giovane si era accorto della sua scomparsa. La vittima si chiamava Attilio Marra, aveva 23 anni, e risiedeva in provincia di Caserta.

ANSA 4/03/06

Siracusa, pastore romeno muore dentro una cisterna

Lavorava come pastore nelle campagne di Canicattini Bagni (Siracusa), in contrada Timpa Rossa. Alexa Marion, 25 anni, di origine rumena, è stato trovato morto dai vigili del fuoco in un cisterna piena d’acqua in un’azienda dalla zona. Secondo i primi accertamenti, il giovane è finito dentro la vasca, profonda oltre due metri, nel tentativo di recuperare un secchio.

Liberazione 4/03/06

Muore schiacciato dai detriti

RIMINI - Un incidente incredibile. Mai vista una cosa simile. Non crede ai propri occhi neppure il funzionario dell’Inail che con un collega, poco dopo le 13,30, arriva in via Zanzur 49, dove 90 minuti prima ha perso la vita Sulo Jonuzowski, artigiano macedone 42enne, seconda vittima del lavoro a Rimini nel 2006. Un anno nero: in appena 65 giorni il numero dei morti è infatti raddoppiato rispetto al 2005: lo scorso 22 febbraio, in via Teodorico alle Celle, colpito dalla benna di un escavatore, aveva perso la vita il 50enne Giancarlo Depaoli. Non crede ai propri occhi l’uomo dell’Inail, perché quel padre di famiglia - lascia la moglie e due figli che al momento della tragedia sono ancora seduti sulle seggioline della scuola elementare che frequentano a Rimini, dove vivono in viale Tripoli - è stato ucciso da alcuni cilindri di un tubo scarica macerie e dai detriti trattenuti al suo interno cadutigli addosso. Un incidente mai visto prima. Sulo era in piedi nel cassone del camion che doveva recuperare i detriti e portarli in discarica. All’improvviso dal tubo i pezzi dei balconi demoliti al quarto piano da un muratore, hanno smesso di arrivare. L’artigiano, messosi in proprio dopo aver lavorato un anno come dipendente di un’impresa edile, ha cercato di rimuovere l’ostruzione. Ha impugnato un tubo di ferro da impalcatura e lo ha infilato all’interno del “tunnel”. Lo ha girato per un po’. Poi, visto che non accadeva nulla, con le mani ha impugnato l’estremità finale dello “scarica maceri” ed ha iniziato a scuoterlo. Per quanto tempo lo ha agitato, non si sa. E’ stato però sufficiente a “sganciare” il collettore al quarto piano, assicurato alle altre prolunghe da una catena d’acciaio. La torre a questo punto si è “afflosciata”, colpendo in pieno con diversi pezzi carichi di detriti l’artigiano macedone.Il primo soccorritore è stato il camionista che avrebbe dovuto portare i detriti in discaricaPoi, per una ventina di minuti, sono stati infermieri e medico del 118 a mettere in atto tutte le manovre rianimatorie, nel disperato tentativo di far ripartire il cuore di Sulo. Tutto inutile. Quando il corpo dell’artigiano è stato rimosso dalla Polizia mortuaria, la mancanza della benchè minima traccia di sangue sull’asfalto e sugli stessi indumenti della vittima, ha fatto intuire che la causa del decesso molto probabilmente è da attribuire a gravi lesioni interne. Certezze verranno dall’autopsia disposta dalla procura della Repubblica. Nel frattempo la Medicina del lavoro - intervenuta subito dopo il 113 - ha disposto il sequestro dell’ala del condominio in ristrutturazione da cui il tubo si è sganciato. Fondamentale sarà il suo esame come di quello di tutta l’attrezzatura per capire le cause del cedimento del tubo scarica macerie. Enrico Chiavegatti

Il Corriere di Rimini 6/03/06

Mancano qualità e sicurezza

RIMINI - ”Il settore edilizio nella provincia ha avuto negli ultimi anni un enorme sviluppo, a cui però non ha corrisposto un altrettanto sviluppo della qualità dell’impresa e della qualità

del lavoro. Appalti e subappalti hanno parcellizzato l’impresa e rese più precarie le condizioni di lavoro”. Lascia pochi margini al contraddittorio il duro interventi di Gabriella Baldini, segretario della Fillea Cgil dopo la tragedia costata la vita a Sulo Jonuzowski. Parole rese ancor più forti dai numeri: i dati Inail parlano di 1.190 infortuni nei cantieri nel 2004. Nello stesso anno gli incidenti occorsi a lavoratori extracomunitari sono cresciuti del 55,56 per cento. “Davanti a infortuni di questa gravità - prosegue la Baldini - non si può parlare di casualità e non bisogna lasciare solo alle normative e alla burocrazia il tema della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro. Occorre che la prevenzione sugli infortuni non sia affidata ai singoli lavoratori sempre più precari e quindi con meno formazione”.Nel sottolineare come tutti gli attori del mondo del lavoro devono far la loro parte, Gabriella Baldini conclude il proprio intervento riaffermando che “bisogna rilanciare la formazione, migliorare il funzionamento degli organismi previsti dalla legge 626/94”.

Il Corriere di Rimini 6/03/06

GOZZANO E’ LA VERTENZA PIU’ GRANDE PER NUMERO DI DIPENDENTI CHE LAVORARONO A COPERTURE E RIVESTIMENTI Amianto, 400 richieste di danni Operai ex Bemberg rivendicano benefici per gli anni 1980-1990

GOZZANO .Quattrocento dipendenti della ex Bemberg, l’attuale Filatura di Gozzano, hanno fatto richiesta attraverso i patronati del sindacato Cgil, Cisl e Uil, di avere il riconoscimento dei benefici per l’esposizione all’amianto nell’ambito del loro lavoro. I lavoratori fanno riferimento al periodo intercorso fra il 1980 e il 1990, decennio in cui, nello stabilimento di Gozzano erano presenti coperture e rivestimenti contenenti amianto. La vertenza, la più grande in Italia per il numero dei dipendenti coinvolti riguardo all’amianto, è stata presentata dal sindacato anche all’assessore regionale Teresa Angela Migliasso. «La documentazione è già stata presentata - dice Maurizio Bertona, responsabile dei chimici per la Cgil, che segue il caso di Gozzano con i colleghi della Cisl, Silvano Birolo, e della Uil, Roberto Vittorio - ed è stato richiesto e sollecitato l’intervento degli ispettori regionali dell’Inail. Questa verifica consentirà di sapere per quanti addetti ed in che misura sarà possibile benficiare dei provvedimenti che spettano a chi si vede riconosciuto il danno che deriva dal lavorare a contatto con l’amianto». La vertenza sull’amianto ha un grosso rilievo per molti dipendenti della Filatura di Gozzano perchè in questo momento 428 addetti si trovano in cassa integrazione straordinaria, con scadenza a novembre, e, per quelli a cui verrà riconosciuto il beneficio derivato dall’esposizione all’amianto, sarà più facile arrivare al limite del pensionamento con l’aggiunta della mobilità. Nel frattempo l’amministratore straordinario dell’azienda, Guido Tronconi, ha presentato la proposta di concordato preventivo al comitato dei creditori: «Siamo in attesa della risposta - dice Bertona - che è molto importante per il futuro dell’azienda di Gozzano. Se infatti il piano dell’amministratore verrà accettato, come ci auguriamo, ci potrebbe essere la ripresa dell’attività, in caso contrario si prospetterebbe la vendita dello stabile». L’obiettivo, è quello di potere accedere alla legge Prodi bis, che determina la salvaguardia della occupazione e assicura il prosieguo dell’attività produttiva. Attualmente la Filatura di Gozzano ha mantenuto la linea produttiva del poliammidico, che di fatto è però ferma da un anno. Completamente diversa la situazione dell’altra società, Bembergcell, che in una parte dello stabilimento di Gozzano si occupa della produzione del filo cupro, la fibra sintetica che vanta ancora un grosso prestigio sul mercato internazionale e che infatti continua a venire prodotta. Bembergcell, che ha acquisito anche il marchio «Bemberg», è in fase di forte rilancio aziendale ed ha avviato con il Politecnico di Torino, sede di Alessandria, una serie di ricerche per applicare le

«nanotecnologie» alle fibre tessili. Il risultato potrebbe migliorare notevolmente le proprietà fisiche e le prestazioni dei filati, oltre ad arricchirne le proprietà funzionali; nello specifico, questo si tradurrebbe in filati idrorepellenti, termoregolabili, antibatterici e antifiamma. BembergCell è infatti dotata di una struttura interna dedicata alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Esistono laboratori di ricerca e sviluppo presso i siti produttivi di Magenta e Gozzano.

La Stampa – Sezione Novara 7/03/06

“Consiglio provinciale aperto sugli incidenti sul lavoro”

Rimini - Un consiglio provinciale a tema sugli incidenti sul lavoro. Lo chiede il consigliere Luigino Garattoni (Verdi) dopo la morte del lavoratore macedone, lunedì, rimasto schiacciato dalle macerie di una casa. “Intendo esprimere, innanzitutto, la mia personale solidarietà ai familiari della vittima” esordisce Garattoni, che sostiene che la legge 626 debba essere rivista “anche alla luce degli infortuni che non ha saputo fermare”, e “comunque una discussione in questa materia debba essere affrontata. Proprio per questo, nella conferenza dei capigruppo di ieri ho richiesto la convocazione urgente di un consiglio provinciale aperto” con gli enti di controllo.

Il Corriere di Rimini 8/03/06

Incidenti sul lavoro, morti un ingegnere e un operaio Un ingegenere di 58 anni è morto ieri durante un sopralluogo in una villa in ristrutturazione di Roma Imperiale, a Forte dei Marmi. L’uomo sarebbe caduto da un’altezza di circa due metri mentre saliva una scala. Infortunio mortale anche in provincia di Reggio Emilia, dove un operaio milanese di 35 anni è caduto da un traliccio di una rete telefonica alto 25 metri ed è morto.

Liberazione 8/03/06

Morto per trauma toracico

rimini - E’ morto in seguito ad un terribile trauma toracico il lavoratore macedone che lunedì mattina è rimasto schiacciato dalle macerie conseguenti ai lavori in un cantiere edile.Emerge dall’autopsia sulla sua salma, disposta dalla magistratura ed effettuata ieri mattina dal dottor Pierpaolo Balli.Il medico legale ha verificato che in zona toracica si è verificato un trauma da sfondamento che può rappresentare causa di morte, e che non vi erano ulteriori problemi di tipo fisico nell’operaio che, da tempo residente a Rimini, lascia la moglie e tre figli.Elementi che saranno messi a disposizione della magistratura e della Medicina del lavoro dell’Ausl che sta conducendo l’inchiesta sull’accaduto.

Il Corriere di Rimini 10/03/06

FESTA DELLA DONNA OMAGGIO DELL’ANMIL ALLE VITTIME DI INFORTUNI E MALATTIE «Diamo più tutela al lavoro femminile» Sicurezza, Mirici Cappa rilancia l’impegno

OMEGNA .In Italia ogni tre o quattro giorni una donna muore sul lavoro e altre 17 quotidiamente riportano gravi ferite e con conseguenze permanenti. Dati statistici dolorosi che Giovanni Mirici Cappa, presidente provinciale dell’Associazione fra mutilati e invalidi

del lavoro ha voluto evidenziare ieri nel suo intervento che vede l’Anmil consacrare anche quest’anno l’Otto Marzo, Festa delle Donne, alle vittime di infortuni e malattie professionali. «A loro - ha detto Mirici Cappa - va oggi il nostro ringraziamento e il nostro pensiero». Durante l’incontro tenuto al Centro per l’Impiego di Omegna, presente il direttore Mario Ventrella, il presidente dell’Anmil ha ricordato che nel Verbano Cusio Ossola fra i 2600 titolari di rendite Inail, oltre il 10 per cento è rappresentato da donne, infortunate o vedove che percepiscono la reversibilità. Componente che l’Amil non dimentica. «Il fenomeno infortuni tra le donne è sempre più in ascesa, in misura anche maggiore rispetto all’aumento dei tassi di occupazione. Il nostro impegno è di garantire più sicurezza sul lavoro e una più efficace tutela in caso di incidente. Il nostro gruppo di lavoro per le Politiche Femminili ha elaborato un disegno di legge: affronta il tema del sostegno psicologico alle donne vittime di infortuni, soprattutto in chiave di reitegrazione lavorativa e sociale. Presentato in Parlamento da circa cento deputati di tutte le parti politiche - ha lamentato Mirici Cappa - non è mai stato esaminato, come mille altri argomenti che l’Anmil ha posto in un’ampia piattaforma rivedicativa. Nessuna proposta fra rielaborazioni, emendamenti e promesse ha poi trovato effettivo accoglimento. Eppure erano interventi che in tutto non superavano i 130 milioni di euro». Fondi che servono. «Ci sono invalidi del lavoro con gravi patologie - ha rammentato il presidente Anmil- che hanno bisogno di cure riabilitiative e fisioterapiche per lunghi periodi o per tutta la vita. Per questo abbiamo chiesto l’adeguamento delle rendite». Altro problema sono i tempi d’attesa per i superstiti: vedove e orfani talvolta devono attendere la rendita anche più di sei mesi, con punte fino all’anno e mezzo. Ora potranno contare sulla Fondazione Anmil «Sosteniamoli subito», che ha trovato pronta risposta da alcuni personaggi dell’arte, dello spettacolo, della cultura e dello sport, da Bruno Ceccobelli a Fiorello, da Sandra Milo a Max Blardone, che hanno realizzato artistici piatti autografati da mettere all’asta il 21 marzo. Legata alla difesa dei diritti delle lavoratrici c’è un’ulteriore iniziativa, indetta con l’Inail, che lega arte e solidarietà: il concorso «L’altra metà del lavoro», riservata ad autori under 35. Le opere finaliste formano una mostra che s’inaugura oggi al Palazzo della Cancelleria in Roma.

La Stampa 8/03/06

FRONT . OPERAIO S’INFORTUNIA ALLA CARTIERA

Non è in pericolo di vita Vincenzo S., 38 anni, di Cirié, che ieri pomeriggio è rimasto vittima di un infortunio sul lavoro alla cartiera Giacosa di Front. L'uomo, che ha riportato un trauma cranico, è stato trasportato con l'elisoccorso alle Molinette, le sue condizioni non sarebbero gravi. L'incidente è avvenuto poco prima delle 14 nello stabilimento di via Borello. Secondo una prima ricostruzione dell'infortunio Vincenzo S. sarebbe rimasto agganciato con la maglia ad un macchinario sbattendo la testa in modo violento. L'allarme lo hanno lanciato i suoi compagni di lavoro. Poco più tardi nel prato che costeggia la strada provinciale Caselle-Valperga è atterrato l'elicottero del 118. I medici e gli infermieri hanno prestato le cure all'operaio che è poi stato trasportato al pronto soccorso delle Molinette. Adesso saranno i tecnici del settore prevenzione e sicurezza sugli ambienti di lavoro dell'Asl 6 che dovranno cercare di capire se Vincenzo S. stava lavorando tenendo conto di tutte le norme imposte dalla legge 626. g. gia.

La Stampa 9/03/06

ACTV Identificato, grazie alle testimonianze, l’uomo che martedì pomeriggio ha colpito il trentenne di Chioggia sul vaporetto della linea 1 È un veneziano l'aggressore del marinaio Nei suoi confronti è scattata la denuncia a piede libero per lesioni, minacce e interruzione di pubblico servizio

È stato identificato l'uomo che nel tardo pomeriggio di martedì ha aggredito un marinaio dell'Actv in servizio sulla linea 1, tra gli imbarcaderi di Sant'Angelo e San Tomà. Si tratta di un veneziano, M.D., di 35 anni. È stato denunciato a piede libero e deve rispondere di lesioni e minacce e interruzione di pubblico servizio. Come è stato riferito, l'uomo è stato identificato dalle forze dell'ordine, in particolare dagli agenti del Traffico Acqueo della Polizia Municipale, grazie alle numerose testimonianze di quanti erano sul vaporetto e alla profonda conoscenza del tessuto sociale della città. Tra l'altro il giorno dopo il fatto l'uomo si era recato normalmente al lavoro. Martedì era sul vaporetto e quasi in corrispondenza di San Tomà aveva aggredito alle spalle il marinaio perché aveva ripreso poco prima un ragazzo che era salito sul vaporetto a Sant'Angelo scavalcando il barcarizzo già chiuso. Dopo averlo colpito era fuggito.«Sono sollevato per il fatto che è stato identificato - ha detto il marinaio - Quei cinque minuti che ho vissuto sono stati terribili. Tra l'altro subito dopo essere stato aggredito, quando ero caduto e stavo male, ho avuto tutti i passeggeri accanto. Mi hanno aiutato e consolato per quello che era successo. Amo molto il mio mestiere, mi piace stare a contatto con le persone. Non vedo l'ora di tornare al lavoro non appena mi sarò ristabilito perché ho avuto lesioni alla gamba destra ». La questione delle aggressioni al personale Actv non è nuova. Cub Rdb Trasporti è intervenuta più volte per chiedere una soluzione al problema. Già il 30 agosto dell'anno scorso aveva scritto al direttore generale di Actv, Maurizio Castagna, segnalando l'aggressione tra il 28 e il 29 agosto a un pilota e a un marinaio da parte di alcuni punk a bestia «che volevano salire con i loro cani senza museruola e guinzaglio sul vaporetto e che hanno reagito nel peggiore dei modi, prima minacciandoli, poi colpendoli e ferendoli, quando questi sono stati invitati a mettere la museruola ai loro cani». In quell'occasione era stato chiesto un incontro per affrontare l'argomento e prevedere soluzioni. Martedì poi, lo stesso giorno in cui è avvenuta l'aggressione, il sindacato ha inviato una lettera tra l'altro al Sindaco e al Presidente della Provincia. Lettera nella quale Cub Trasporti Rdb «riscontrando un aumento significativo delle aggressioni al personale Actv, ritiene indispensabile arrivare a un accordo che preveda un'assicurazione che copra gli infortuni sul lavoro derivanti da tale casualità. Tale necessità oggi è indispensabile in quanto, grazie all'ultimo accordo sulla malattia sottoscritto tra le parti a livello nazionale, i lavoratori che incappano in tali infortuni , oltre a subire il danno dell'aggressione, sono costretti a subire anche la beffa perché si vedono decurtato lo stipendio».

Il Gazzettino – Cronaca di Venezia 10/03/06

Milano, cade nel cantiere. Edile muore nel messinese

E’ morto precipitando da 5 metri di altezza mentre demoliva il muro di un vecchio edificio a Sant’Alessio Siculo (Messina). Si chiamava Luigi Failla, 56 anni, di Letojanni. Indagato l’imprenditore. E’ invece in ospedale, in condizioni gravi per le fratture riportate, un perito di 40 anni caduto da un’altezza di 7 metri in un cantiere in via Cascina Belcasule a Milano.

Liberazione 10/03/06

Piacenza, capotreno finisce sotto le ruote: piedi amputati

Stava dando l’ok per la partenza dalla stazione di Piacenza, quando all’improvviso la porta del treno si è chiusa. Il braccio di Antonio Di Luccio, 51 anni, è rimasto incastrato. Nel tentativo di liberarsi, il capotreno è scivolato sotto il convoglio, perdendo entrambi i piedi. «La manutenzione dei mezzi e delle porte in particolare è scarsa per mancanza di personale e di pezzi di ricambio», denunciano i sindacati.

Liberazione 10/03/06

Bruciate vive a 13 anni per 70 centesimi al giorno

Andrea MilluzziNonostante la gravità dell’accaduto, probabilmente è necessario fare uno sforzo per ricordarsi cosa è successo nelle primissime ore della mattina del 23 febbraio scorso in quel di Chittagong, nel Bangladesh. Alle 5 e 30 la fabbrica Kts prese fuoco e molti dei 500 operai presenti al momento dello scoppio del radiatore all’origine del disastro persero la vita, bruciati dalle fiamme. Perché le uscite erano chiuse a chiave dall’esterno, le chiavi non si trovavano e i vigili del fuoco facevano fatica a scavare fra le macerie. Cinquantuno morti - si disse - molti dei quali erano donne. Poi, più niente. Fino a ieri, quando arriva un’e-mail che riporta i resoconti dei sopravvissuti raccolti dai giornali locali e aggiunge particolari sconosciuti. E agghiaccianti. I morti ufficiali finora sono 84, ma con i dispersi potrebbero raggiungere 200 o 300. Molte di loro sono ragazzine fra i 12 e i 15 anni e i loro corpi sono stati carbonizzati prima che arrivassero i soccorsi. Perché? Perché le uscite erano illegalmente bloccate, per impedire ai lavoratori di lasciare la propria postazione. Queste ragazzine che sono morte guadagnavano 7 centesimi all’ora. Era il salario previsto dalle multinazionali per cui la Kts lavorava: Ambiance Usa, Inc.; Uni Hosiery; VIDA Enterprise Corporation; ATT Enterprise, Inc. (tutte di Los Angeles); O’Rite International Corporation (Union City) e Leslee Scott, Inc di Ogden, nello Utah. Sei multinazionali americane, alla faccia del tanto sbandierato codice di condotta che colossi come la Nike, non tanto tempo fa, si sono vantate di aver adottato nelle loro fabbriche del sud-est asiatico per impedire lo sfruttamento dei lavoratori. Peccato però che ai sopravvissuti del disastro di Chittagong questo codice di condotta non risulti proprio. Non ne hanno mai sentito parlare.

Liberazione 10/03/06

Cina, 7 morti nella miniera allagata, altri 9 dispersi

Una miniera di carbone a Xuanwei, nella regione cinese dello Yunnan si è allagata e nell’incidente sette minatori sono rimasti uccisi e altri tre feriti. Al lavoro nei pozzi ieri poco dopo la mezzanotte c’erano soltanto dieci minatori. In un’altra miniera, la Wanguang di Guizhou, vicino allo Yunnan, i soccorritori stanno cercando di porre in salvo nove minatori intrappolati dall’allagamento dei pozzi.

Liberazione 11/03/06

Si tratta di un sindacalista dell’Orsa. Fausto Bertinotti: «Grave ed inaccettabile» Fs, licenziato perché denuncia l’inutilità dei sistemi di sicurezza

Fabio Sebastiani. Licenziato perché ha denunciato le assurdità del sistema di sicurezza della linea ferroviaria e si è rifiutato di partire con l’Eurostar. Non è la prima volta che Trenitalia utilizza strumenti repressivi contro sindacalisti e semplici dipendenti, ma questa volta il provvedimento ha tutta l’aria di rappresentare un atto politico. Dopo i quattro macchinisti che sbugiardarono l’azienda nel corso della trasmissione Report, ecco il quinto licenziamento. Si tratta di un sindacalista dell’Orsa (nonché rappresentante per la sicurezza), Dante De Angelis. Il confronto sulla sicurezza, occorre ricordare, è in pieno svolgimento. Per lunedì prossimo è addirittura in programma una nuova riunione tra le tre organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil insieme alla stessa Orsa, Fast e Ugl e i vertici di Trenitalia. Non solo, ormai tutti gli scioperi battono sempre sullo stesso punto. Dopo il disastro di Crevalcore (poco più di un anno fa), in cui morirono diciassette persone, la battaglia è ripresa con maggior vigore. Nella motivazione del licenziamento, l’azienda parla di un “rapporto di fiducia venuto a mancare”. A contestare il licenziamento di De Angelis sono tutti i sindacati del settore. «E’ un provvedimento che interviene a gamba tesa - si legge in un comunicato di Filt, Fit, Uilt, Fast, Ugl e Orsa - nel pieno di un confronto negoziale a cui l’azienda è stata costretta da più lotte attivate dalle organizzazioni sindacali». «A tale arroganza occorre reagire con forza e determinazione», si legge nel comunicato. Essendo già in programma un incontro per il prossimo lunedì, «in caso di esito negativo, le segreterie nazionali decideranno un’iniziativa di lotta da tenersi entro l’ultima decade di marzo». Per Raniero Casini, segretario nazionale del Sult/Fs, lo sciopero è la risposta più probabile, «a cui arriveremo con un percorso condiviso con i ferrovieri e senza una caratterizzazione di sigle sindacali». Il Vacma è il famigerato “sistema” che impone ai macchinisti di schiacciare un pedale posto nella cabina di guida. In questo modo, secondo le Ferrovie dello Stato, viene “testato” il grado di attenzione del macchinista stesso. Ciò dovrebbe servire a evitare gli incidenti che hanno alla base l’errore umano. I dipendenti delle Ferrovie dello Stato contestano da sempre questo sistema e propongono all’azienda di adottare un altro sistema, la “ripetizione del segnale” in cabina, ovvero una codificazione sul pannello di controllo dei segnali che via via il macchinista incontra sulla linea. Sulla vicenda, infine, è intervenuto il segretario del Prc Fausto Bertinotti che ha definito il licenziamento «grave ed inaccettabile». «Il macchinista si era rifiutato di partire con un Eurostar sul quale era montato il famigerato Vacma, il meccanismo che invece di garantire la sicurezza dovrebbe servire a ridurre il numero dei macchinisti stessi», si legge in un comunicato. «Meccanismo fra l’altro contestato da tutti i sindacati e contro il cui impiego si sono pronunciate pure le Asl», continua Bertinotti. «Sono così diventati cinque i ferrovieri licenziati per motivi che riguardano la sicurezza». Gli altri quattro sono quelli che hanno consentito le riprese della trasmissione televisiva “Report” proprio sulla sicurezza delle ferrovie. «Dopo i gravi incidenti di Cravalcore prima, e di Roccasecca poi, che testimoniano la carenza della sicurezza e l’ordinario sfascio quotidiano in particolare a danno dei pendolari, Trenitalia non si può permettere un licenziamento che sa di cieca rappresaglia. Il provvedimento di licenziamento andrebbe immediatamente ritirato, così come un atto di giustizia sarebbe rappresentato dal reintegro di tutti e cinque i ferrovieri in questione», conclude il segretario del Prc.

Liberazione 11/03/06

Sciopero per la sicurezza, una lotta tra le minacceRiesce a metà l'agitazione del «Coordinamento 12 gennaio». Sotto accusa azienda e Commissione di garanziaLa precettazione fantasma e il silenzio dei media hanno bloccato nell'incertezza molti ferrovieri. La solidarietà dei passeggeri alle prese con incidenti, cancellazioni, sporcizia e ritardi

FRANCESCO PICCIONI. «Viste le premesse, è stato comunque un successo». Il tam-tam tra i ferrovieri del «Coordinamento 12 gennaio», a proposito della riuscita dello sciopero di otto ore effettuato ieri, è un misto di sospiri di sollievo per aver evitato un flop che sarebbe stato politicamente grave e di consapevolezza che i numeri, stavolta, sono stati inferiori a quelli delle altre occasioni. La guerra delle cifre tra azienda e scioperanti, abituale, stavolta tocca limiti davvero ignoti. Le Ferrovie parlano di una «adesione insignificante», addirittura di «90 addetti su 97.000 dipendenti». Lo scenario offerto dalle stazioni - tra le 9 e le 17, orario fissato per l'agitazione - raccontava un'altra realtà. Molti i treni cancellati, ma nessuna rabbia tra i passeggeri rimasti a piedi. Anzi, alcuni di loro, intervistati dalla Rai, hanno espresso con nettezza la solidarietà ai lavoratori per l'incredibile stato di degrado in cui versano le ferrovie italiane. Le ragioni dello sciopero, infatti, non riguardavano «rivendicazioni salariali», ma semplicemente la sicurezza del trasporto su rotaia. Un tema che unisce chi sui treni lavora e chi ci viaggia. Gli incidenti mortali, quelli mancati per un soffio, gli innumerevoli casi di carrozze infestate da zecche e parassiti, la soppressione di numerose corse sulle tratte dei pendolari... Tutto contribuisce da tempo ad avvicinare viaggiatori e lavoratori.

Se così è, perché la partecipazione stavolta è stata minore? Molto ha pesato «la disinformazione», visto che i media - fino a ieri mattina - davano lo sciopero per revocato, vietato, illegittimo... Insomma, non si riusciva a capire se era confermato o meno. Questo, per un organismo spontaneo (supportato da due sindacati di base, Sult e Cub, con un numero di iscritti non eccelso), composto da delegati che hanno in tasca tessere di sindacati diversi, senza una vera organizzazione ben rodata, costituisce sempre un limite. Che si aggiunge alle vere e proprie intimidazioni. Dice infatti Savio Galvani, macchinista di lungo corso, «le pressioni psicologiche, le telefonate a tappeto fatte ai singoli ferrovieri, sono state devastanti e in molti casi hanno avuto effetto; ma non biasimiamo certo i colleghi che hanno lavorato».Alla radice di tutto, però, c'è l'operato della cosiddetta «Commissione di garanzia sul diritto di sciopero nei servizi pubblici», che da tempo agisce in modo da impedire qualunque azione di sciopero. Neppure Lunardi, stavolta, se l'è sentita di ordinare una precettazione, per evidente mancanza di appigli (la piattaforma era stata inviata, le procedure erano state rispettate, ecc); eppure la parola «precettazione» ha continuato a muovere l'aria fino all'ora dello stop. L'incertezza (e le «intimidazioni dell'azienda») hanno fatto il resto, impoverendo in parte la mobilitazione. Ma non fino al punto di provocarne l'insuccesso.«Ci stanno smontando le ferrovie sotto i piedi - aggiunge Dante De Angelis, del Coordinamento - e siamo noi ferrovieri quelli che si fanno carico di far funzionare l'azienda, perché gli attuali dirigenti, fra due anni, saranno da un'altra parte». Un'azienda, dice ancora Galvani, «che si scontra ormai quotidianamente con i propri dipendenti, nega i diritti contrattuali, ovunque può introduce forme di precariato, non genera prospettive per la qualità, l'efficienza e la sicurezza del servizio pubblico». Sul degrado del materiale rotabile - gli intervalli di tempo previsti per la manutenzione sono stati quasi quintuplicati, «per risparmiare» - parla il recente incidente di Loreto; in cui un treno è deragliato per la rottura dell'asse di una ruota e nonostante il macchinista avesse eseguito alla lettera tutte le procedure previste in caso di «surriscaldamento» del pezzo.

Lo sciopero nella regione Lazio, che doveva tenersi oggi, è stato spostato dai sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Orsa, ecc) al 26-27 gennaio, data della mobilitazione nazionale. Il prossimo appuntamento del Coordinamento è invece per il 20, a Roccasecca, a un mese dall'incidente in cui hanno perso la vita due passeggeri, per un'assemblea con le autorità locali che protestano a loro volta per il degrado e le corse cancellate. Ma il problema principale, ormai, si pone a livello politico. E' chiaro che i trasporti pubblici - dalle ferrovie ad Alitalia, agli autobus urbani - sono il settore usato come test per attaccare frontalmente il diritto di sciopero e la natura «pubblica» del trasporto collettivo. Su questo, la politica di sinistra, non può più tardare ad esprimersi in modo convincente.

Il Manifesto 13/01/06

SCIAGURA IN MINIERA Due esplosioni in Cina, 23 morti. I Minatori sono stati intrappolati, alcuni sono stati tratti in salvo, altri sono rimasti intrappolati

Pechino, 13 marzo 2006 - Sono almeno 23 i morti in due esplosioni separate avvenute fra ieri e oggi in miniere cinesi.

Secondo quanto comunica il governo di Pechino, uno scoppio nella miniera di carbone di Rong Sheng a Jiudonggou, paesino della Mongolia Interna, è avvenuto verso le 4 del mattino ora locale (le 21 in Italia) intrappolando i 33 minatori che lavoravano sottoterra.

Dodici sono stati salvati, altri 12 sono stati trovati morti, di nove si pensa siano ancora intrappolati.In un altro incidente, sono morti tutti e 11 i minatori che lavoravano in una miniera nella contea di Yongxing, nella provincia centrale di Hunan. Impossibile l'ingresso dei soccorritori per l'alta densità di gas sottoterra. Di tutti e undici, incluso il proprietario della miniera, è stata confermata la morte secondo l'agenzia Xinhua (Nuova Cina).

La licenza della miniera era stata sospesa per problemi di sicurezza il 2 marzo.Le miniere di carbone in Cina sono le più pericolose del mondo; ogni anno migliaia di minatori muoiono in incendi, inondazioni ed esplosioni.

Il Giorno 13 marzo 2006

I ferrovieri verso lo scioperoFs sanzionate per il Vacma, causa del licenziamento di DanteL'«uomo morto», sentenzia la Asl di Bologna, è dannoso per il macchinista e distrae dalla guida del treno. E' un pericolo per tutti

FRANCESCO PICCIONI. Trenitalia è un'azienda allo sbando con tentazioni autoritarie. Perciò, da un lato accumula disservizi e incidenti, dall'altro prova a tacitare i suoi «obiettori» interni, ossia i lavoratori. In entrambi i casi, in genere, risulta avere torto marcio. Ma qualche volta si rimane addirittura senza fiato. Venerdì scorso ha licenziato un macchinista - Dante De Angelis, delegato sindacale alla sicurezza (rls) - perché si era rifiutato di guidare un Eurostar dotato di Vacma, il famigerato meccanismo soprannominato «uomo morto». Un «rls» ha proprio questa funzione istituzionale: segnalare sia all'azienda che agli altri lavoratori qualsiasi inconveniente possa essere dannoso per chi lavora o pericoloso anche per i passeggeri. Quindi era non solo nel suo diritto, ma stava esercitando un suo preciso dovere.

Il giorno prima - questa la stupefacente notizia giunta solo ieri - Trenitalia era stata sanzionata dalla procura di Bologna per violazione dell'art. 35 della 626. In pratica perché impone l'uso del Vacma, che - come precisa la relazione della locale Asl - introduce «nuovi elementi di ripetitività, monotonia e costrittività, fonte di fatica psichica e stress; obbliga i macchinisti «ad assumere posture incongrue in postazioni di lavoro già carenti dal punto di vista ergonomico» e infine inuduce «una possibile riduzione della vigilanza esterna, derivante dalla costrizione a una maggiore attenzione verso l'interno della cabina di guida». Insomma: fa male a chi conduce il treno e lo distrae dalla funzione di guida. Niente male per un presunto «sistema di sicurezza».

Il fatto che il giorno dopo questa sanzione Trenitalia si sia sentita comunque in grado di emanare un provvedimento di licenziamento testimonia non solo della sua volontà di prevaricazione nei confronti dei lavoratori, ma anche un consistente disprezzo per le norme legali e le istituzioni che debbono farle riuspettare. Se poi ci si sofferma sulla formula usata per giustificare il licenziamento di Dante - «è venuto meno definitivamente il rapporto di fiducia» - bisogna ammettere che si tratta di una vera e propria ammissione: in effetti lavoratori, sindacati, viaggiatori, diversi media e persino qualche partito non nutrono più nessuna fiducia verso il management di questa società. Incidenti mortali in aumento, pulci e zecche, ritardi e soppressioni improvvise di convogli... tutto depone a sfavore del gruppo guidato da Roberto Testore.

Tutti e sei i sindacati firmatari del contratto hanno chiesto unitariamente all'azienda la revoca del licenziamento, peraltro «legato a una vertenza sindacale oggetto di un lungo confronto tra le parti». Nell'incontro di ieri, al momento di scrivere, non si è avuta notizia di passi indietro. Ma stamattina, a Roma, si terrà un'assemblea nazionale di ferrovieri per decidere le iniziative di lotta adeguate a far recedere Trenitalia da questa sua decisione «immotivata» e «assolutamente fuori misura». In effetti, che un «padrone» arrivi a pensare di poter licenziare un delegato «reo» di chiedere il rispetto delle norme statuali che l'azienda continua a violare (venendo anche sanzionata per questo) è davvero una cosa «assolutamente fuori misura».

Il Manifesto 14/03/06

Fs-Bologna, procura e Asl bocciano il Vacma

Nuova bocciatura per il Vacma, o “uomo morto”: la procura e la Asl di Bologna hanno sanzionato Trenitalia. A riferirlo sono alcuni sindacalisti (Rls) del trasporto regionale Emilia-Romagna che chiedono all’azienda di ritirare il licenziamento contro il macchinista, Dante De Angelis, che il 4 febbraio aveva fermato un’Eurostar alla stazione di Bologna, rifiutandosi di usare il pedale per la sicurezza Vacma.

Liberazione 14/03/06

L'assemblea dei ferrovieri decide lo sciopero Delegati da tutta Italia per ribattere al licenziamento di Dante De Angelis, responsabile per la sicurezza

FRANCESCO PICCIONI. ROMA . Sala strapiena, ieri mattina, nei pressi della stazione Termini. Oltre duecento delegati provenienti da tutta Italia sino ritrovati per l'assemblea

nazionale che doveva decidere le iniziative per «convincere» l'azienda a revocare il licenziamento di Dante De Angelis, il macchinista e delegato alla sicurezza (Rls) che si era rifiutato di guidare un Eurostar a bordo del quale era stato installato il Vacma, il cosiddetto pedale dell'«uomo morto» che ben quattro Asl hanno definito dannoso per la salute e la concentrazione del macchinista e, quindi, pericoloso per la sicurezza di equipaggio e viaggiatori. C'è tensione e consapevolezza della durezza della partita: se passa il licenziamento di un delegato «nell'esercizio delle sue funzioni» allora nessun altro lavoratore potrà più far valere, in Fs, un suo diritto. Lo spiega con parole chiarissime Luigi Ferraioli, giurista di grande cultura e sensibilità istituzionale: «illegittimo, senza giusta causa, dal sapore di rappresaglia, in violazione dell'art. 9 dello Statuto dei lavoratori». Ma il «consiglio pratico» che al termine del suo intervento ammannisce alla platea di ferrovieri è giustamente poco giuridico: «il rifiuto di usare il Vacma da parte di tutti voi è un atto di solidarietà con cui si riafferma il proprio diritto e la propria dignità». Come dire: la norma potrà esser fatta valere solo dagli uomini che ne sono toccati.

E' lo stesso ragionamento che Dante svolge, con grande equilibrio e senza retorica: «se nessuno pedala il pedale è morto, ma se tutti pedalano allora il Vacma diventa `giusto'». Su questo meccanismo infernale, che Fs si ostina a considerare un «sistema di sicurezza», i macchinisti della rivista «In marcia» (animata dal pensionato, ma inossidabile, Ezio Gallori) hanno ripubblicato il manuale di «istruzione sugli apparecchi di sicurezza `uomo morto'» edito nel 1939 (la data è quella giusta!) dal ministero delle comunicazioni fascista. E' bene leggerlo: «tali apparecchi richiedono al guidatore la ripetizione continua della manovra di una pedana e garantiscono quindi la presenza attiva e cosciente del guidatore». Insomma, questo aggeggio ormai settantenne, anche per i fascisti, garantiva la «sicurezza» solo nel caso di morte effettiva del guidatore (in quel caso il treno frena automaticamente). Per il resto, non serve a niente. Anzi...

Il tema della sicurezza è pesantemente sottovalutato dal gruppo Fs. La scorsa settimana un capotreno ha avuto entrambe le gambe tranciate a Piacenza. Stava risalendo sul convoglio, dopo aver dato il via, quando la porta si è improvvisamente chiusa, trattenendolo per un braccio. «Succede spesso - dicono in sala - Trenitalia fa manutenzione solo on condition, cioè quando qualcosa si rompe. Hanno calcolato che gli costa meno risarcire un paio di gambe ogni tanto che non fare la manutenzione di routine su tutto il materiale rotabile». E sempre ieri un altro ferroviere è morto a Foggia, mentre con una macchina, di notte, risistemava un binario; è sceso dal lato sbagliato ed è stato travolto da un intercity.

Anche i partiti del centrosinistra cominciano a capire che qualcosa, in Fs, non va. Paolo Cento, dei Verdi, è intervenuto in assemblea, come già altre volte aveva fatto. Paolo Brutti (Ds) e Luigi Zanda (Dl) hanno chiesto spiegazioni a Elio Catania (a.d. di Fs) sul licenziamento di Dante. Ma all'assemblea dei delegati (Rsu e Rls) era chiaro che solo una «iniziativa forte» può impedire che la vicenda - di Dante come dei 4 licenziati a Genova per aver collaborato con la trasmissione Report di RaiTre - si trascini a lungo. «Ci vorrebbero prendere per fame, ossia portarci al punto di cercarci un altro lavoro e dargliela vinta». Per questo l'assemblea si è chiusa dando mandato al «comitato di sostegno» (la rsu di Roma più un delegato per regione) di avviare le procedure per la proclamazione di uno sciopero generale in una data da fissarsi tra il 31 marzo e il 5 aprile. «Questa azione di lotta - annuncia il comunicato - sarà sospesa solo in presenza di una definitiva soluzione della vertenza Vacma e se come primo atto concreto verrà ritirato il provvedimento» a carico di Dante De Angelis. Improbabile che l'azienda, che ha scelto proprio un delegato

per mettere in atto la sua provocazione, rinunci alla prova di forza. Probabilissimo, dunque, che lo sciopero si tenga. E con la partecipazione di tutti i sindacati

Il Manifesto 15/03/06

INFORTUNIO PIACENZA: A CAPOTRENO AMPUTATI I PIEDI  

E' stato necessario amputare anche l'altro piede ad Antonio Di Lucio, il capotreno di 51 anni dell'Intercity 422, diretto a Milano, coinvolto nel grave incidente di questa mattina alla stazione di Piacenza durante le fasi legate alla partenza del convoglio. L'uomo, ricoverato in rianimazione all'ospedale piacentino, non sarebbe riuscito - per cause ancora da accertare - a salire sul convoglio, sembra per la chiusura automatica della porta. Quest'ultima dovrebbe invece essere chiusa manualmente dal macchinista - in quanto esclusa dal blocco automatico - proprio per evitare possibili incidenti. Sono in corso indagini della Polfer di Bologna per ricostruire l'accaduto. Nel pomeriggio la magistratura di Piacenza ha posto sotto sequestro la vettura, che e' stata staccata dal convoglio ed e' ora ferma in stazione a disposizione dell'autorita' giudiziaria. Secondo quanto riferiscono in una nota i sindacati Filt- Cgil, Fit- Cisl e Uil trasporti, Ugl, Orsa , Fast Ferrovie di Piacenza ed Emilia Romagna, la dinamica dell'incidente - ovvero l'indebita chiusura della porta - sarebbe confermata dai racconti di alcuni viaggiatori che hanno assistito al fatto. I sindacati ricordano che "la porta dove essere chiusa dal capotreno, una volta salito sul treno (tra l'altro esiste un meccanismo che dovrebbe essere tarato per la chiusura automatica a velocita' superiori ai 5 Km orari) e non si e' riaperta quando il braccio del capotreno e' rimasto intrappolato in mezzo alla porta". Da qui - concludono i sindacati, che rilanciano il tema della sicurezza sul lavoro denunciando l'aumento dei casi di infortuni sul lavoro - il tentativo di liberarsi del macchinista, per non essere trascinato, che avrebbe causato un probabile sbilanciamento e il drammatico incidente. (AGI)

AGI 9 MARZO 2006

Un guasto agli scambi? Scontro fra treni a Milano: morto il macchinista, quindici feriti

Un morto (il macchinista) e una quindicina di feriti. E’ il bilancio, ancora provvisorio, di un pauroso incidente ferroviario avvenuto ieri sera poco prima delle 21 tra le stazioni di Garbagnate e Serenella (Milano). Forse a causa di un guasto agli scambi, si sono scontrati il Malpensa Express e un convoglio di pendolari delle Ferrovie Nord, un “omnibus” Milano-Saronno. Entrambi i treni erano poco affollati vista l’ora: una fortuna, visto che sono ben dieci le carrozze uscite dai binari.

Liberazione 15/03/06

INCIDENTI. Sangue messo in conto

FRANCESCO PICCIONI. Due morti in due giorni. In tredici - a Garbagnate - sono rimasti feriti, quattro dei quali abbastanza seriamente. Solo una settimana fa, a Piacenza, un capotreno era rimasto col corpo fuori del vagone dopo aver dato il via: la porta cui era aggrappato si era improvvisamente richiusa, bloccandogli un braccio. Le ruote del treno gli avevano poi tranciato le gambe. Il prezzo pagato dai ferrovieri all'incuria in cui il gruppo Fs mantiene la rete e il materiale rotabile è ormai insopportabile. E anche i passeggeri - i «clienti», come si ostina a definirli l'irridente pubblicità aziendale - dopo la strage di

Crevalcore hanno capito tutto. Schierandosi con i primi contro i «padroni». Quanti teorizzano le privatizzazioni perché così si metterebbe al centro la «figura del consumatore» (sperando di utilizzarlo contro il «lavoratore», come se un pendolare avesse due nature, una finché viaggia e un'altra quando sta al lavoro), farebbe bene a misurarsi col disastro delle ferrovie italiane. Qui il personale è stato ridotto del 50%, ci si ostina a voler imporre l'«uomo morto» come sistema di sicurezza soltanto perché elimina il secondo macchinista in cabina. Qui non si fa più manutenzione se non on condition, ossia quando qualcosa si rompe. E' un calco cinico: costa di più controllare e riparare l'intero materiale rotabile che non risarcire le decine di dipendenti e viaggiatori che ci lasciano annualmente le penne o un pezzo di corpo. Basta pagare l'assicurazione e socializzarne il costo (le Fs sono ancora di proprietà dello stato, anche se ormai hanno assunto il profitto come unica stella polare). Un giurista potrebbe dedurne che si tratta di lesioni e omicidi premeditati, anche se nomi e corpi delle vittime sono lasciati al caso. O all'«errore umano», subito invocato anche per lo scontro di Garbagnate. Un treno è un blocco di ferro e acciaio di decine di tonnellate che corre su binari, attraversa scambi e incrocia segnali. E' un aggeggio pericolosissimo. E l'«errare» è una caratteristica ineliminabile della nostra imperfetta specie. Per questo esistono i sistemi di sicurezza automatici e la manutenzione, sui cui però le Fs (e Fnm) risparmiano. Per ridurre gli inevitabili errori. Senza farne solo una variabile contabile ampiamente scontata nei bilanci annuali.

Il Manifesto 16/03/06

L'azienda scarica le colpe«Errore umano», secondo le Ferrovie Nord, per il grave incidente di Garbagnate

GIOGIO SALVETTI. MILANO. Tre inchieste per cercare una sola verità. La procura di Milano, il ministero delle Infrastrutture e la Regione Lombardia indagheranno contemporaneamente sullo scontro fra il Malpensa Express e l'omnibus Milano-Saronno delle Ferrovie Nord avvenuto martedì sera nella stazione di Garbagnate Milanese. Domani verrà effettuata l'autopsia sul corpo di Giuseppe Girola, 40 anni, il macchinista dell'omnibus rimasto ucciso nello scontro. Rimane in ospedale invece l'altro macchinista. Gli altri dodici feriti sono già stati dimessi. Il pm di Milano, Nicola Piacente, sta indagando per disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose. Sono state sequestrate le scatole nere dei treni e sono in corso gli interrogatori della polfer, che ascolterà anche il macchinista ferito. Il tratto di binario dove è avvenuto lo scontro è stato filmato per documentare la dinamica dell'incidente. Anche il governatore lombardo, Roberto Formigoni, e il ministro Lunardi hanno promesso di scoprire le cause del disastro. Per loro è uno strano incidente. «Quello è un tratto modernissimo a binario plurimo», hanno dichiarato. Peccato che su quelle rotaie migliaia di pendolari siano ancora costretti a viaggiare su tradotte degli anni '50, con sistemi di sicurezza anteguerra, come l'«uomo morto». Le inchieste infatti potranno solo chiarire le dinamiche di un incidente che non stupisce chi conosce l'allucinante linea delle Ferrovie Nord. Avevano gli occhi sgranati, ma non per lo stupore, i colleghi e la piccola folla di abitanti di Garbagnate che la scorsa notte è accorsa sui binari, a meno di un chilometro dalla stazione del paese. Tutti hanno sentito il boato dello scontro. Fortissimo. Il Malpensa Express, appena uscito dalla piccola stazione, stava cambiando binario quando ha colpito sul lato sinistro l'omnibus che stava arrivando, dopo l'impatto ha proseguito la corsa per qualche decina di metri prima di deragliare e si è fermato soloquando il locomotore si è ribaltato su un lato. Il muso dell'omnibus invece ha continuato a urtare strisciando su tre carrozze posteriori del Malpensa Express, accartocciandosi paurosamente. Il macchinista dell'Omnibus, nell'impatto violentissimo, è stato sbalzato fuori dal treno. Il bilancio del disastro avrebbe

potuto essere ben più drammatico se le carrozze, data l'ora, non fossero state praticamente vuote. Sul posto è accorso un piccolo esercito di mezzi di soccorso, molte ambulanze e mezzi di vigili del fuoco e della protezione civile. Un'ora dopo era già tutto finito. Si è parlato di uno scambio difettoso, ma per l'amministratore unico delle Ferrovie Nord, Luigi Legnani, si è trattato di errore umano. L'omnibus non avrebbe rispettato un semaforo rosso. Una versione che già l'altra sera a Garbagnate veniva sussurrata a mezza voce tra gli addetti del Fnm. Quel vecchio treno, infatti, è provvisto di un sistema di arresto in caso di malore del macchinista, ma non di un dispositivo di stop automatico in caso di semaforo rosso. Inoltre, il Malpensa Express non avrebbe dovuto essere su quel binario normalmente destinato ai treni locali, ma è stato deviato dal suo abituale tragitto «veloce» perché nella Stazione di Garbagnate era fermo, per problemi al locomotore, un treno proveniente da Varese. Un fatto del tutto abituale, come sanno bene i pazientissimi pendolari delle Nord. Ieri per tutto il giorno la linea Saronno-Milano è rimasta chiusa al traffico, e neppure per oggi è certa la riapertura.

Il Manifesto 16/03/06

Vergognoso scaricabarile sulla pelle del macchinista morto, accusato di non aver visto il rosso: era da solo alla guida di un locomotore privo del ripetitore a bordo del segnale Milano, disastro annunciato: uno dei treni aveva 50 anni

Roberto FarnetiEra da solo alla guida di una “carretta dei binari”, entrata in servizio cinquant’anni fa e perciò priva della ripetizione a bordo del segnale, sistema di sicurezza fondamentale in caso di errore umano eppure ancora assente su molti convogli e su gran parte della rete ferroviaria italiana. Malgrado ciò, è già iniziato il tentativo di scaricare sul cadavere del macchinista Giuseppe Girola, 41 anni di Tradate (Varese), la colpa del disastro avvenuto la scorsa notte nei pressi della stazione di Garbagnate. Dalla prima ricostruzione dei tecnici delle Ferrovie Nord - società controllata dalla Regione Lombardia - è emerso che al momento dell’incidente i semafori erano regolarmente funzionanti. Il locale Milano-Saronno, appena partito da Serenella, a circa 600 metri dal luogo del disastro, non si sarebbe però fermato né al segnale giallo né al successivo rosso, causando lo scontro frontale ad una velocità di 60 chilometri all’ora con il rapido Malpensa Express, appena deviato su quella tratta secondo una procedura consolidata. La svista, se di svista si tratta, è stata poi pagata a caro prezzo da Girola, finito orribilimente stritolato tra le lamiere del suo locomotore. In realtà, sarebbe meglio parlare di disastro annunciato, visto che il 20% dei treni delle Ferrovie Nord continua ad essere utilizzato pur avendo da tempo raggiunto l’età della pensione. La Cgil Lombardia chiama in causa il governatore Roberto Formigoni: «I cittadini lombardi - attacca il segretario regionale Franco Giuffrida - meritano un trattamento migliore e sono costretti ad utilizzare convogli che ormai hanno più di 50 anni di vita». L’incidente di Garbagnate, sottolinea Giuffrida, «è avvenuto in un tratto di linea dotato di sistemi avanzati di sicurezza, ma al tempo stesso il materiale rotabile che circola nella stessa linea non è in condizione di rispondere ai requisiti di sicurezza richiesti». Da questo punto di vista, secondo la Cgil sono evidenti le «responsabilità della giunta della Regione Lombardia, in forte ritardo nell’opera di ammodernamento del materiale rotabile». Immediata la replica di Formigoni: 44 nuovi treni di ultima generazione sono stati ordinati nel 2001 - spiega - ma la Ansaldo Breda è in ritardo di 15 mesi sui tempi previsti per la consegna. «Ovviamente - sottolinea Formigoni - il nostro contratto prevedeva penali molto pesanti che incasseremo. Ma sulle penali non si fanno viaggiare i passeggeri». In attesa che i nuovi treni arrivino, la Regione avrebbe però potuto pretendere un organizzazione del lavoro adeguata a mantenere inalterati gli standard di sicurezza. «Qui, se uno sbaglia,

paga con la vita. Tutto questo è inaccettabile», sbotta Savio Galvani, macchinista del “coordinamento 12 gennaio”. Secondo Galvani, la dinamica del disastro di Garbagnate è legata a una situazione diffusa su tutto il territorio nazionale, come testimonia anche l’incidente del dicembre scorso a Roccasecca, «con mezzi di trazione sprovvisti di apparecchiature di ripetizione segnali e locomotori guidati dall’agente solo con il sistema dell’“uomo morto”», un’apparecchiatura costituita da un pedale che va premuto ogni 55 secondi per testare il grado di attenzione del macchinista. In realtà, ribattono i sindacati, in questo modo si ottiene l’effetto contrario, quello cioè di distrarre il ferroviere dalla guida. Opinione che trova conforto nei pronunciamenti di numerose Asl, che hanno certificato la nocività dell’“uomo morto”.Ma le Fs fanno finta di niente, perché vogliono che i treni vengano condotti da un solo macchinista invece che da due, con un evidente risparmio sul costo del lavoro. «Invece di preoccuparsi di migliorare le condizioni di sicurezza del sistema - accusa Galvani - Trenitalia minaccia e licenzia i ferrovieri che protestano a tutela anche dell’incolumità dei cittadini». L’ultimo caso riguarda il rappresentante per la sicurezza Dante De Angelis, in difesa del quale è stato programmato uno sciopero di otto ore tra il 31 marzo e il 5 di aprile. «La sospensione del provvedimento disciplinare a carico di De Angelis - precisa Galvani - è ambigua e non risolve il problema posto dall’assemblea di Roma. Per questa ragione lo sciopero, di cui abbiamo avviato le procedure, resta per il momento confermato».

Liberazione 16/03/06 Incendio a Bergamo, muore un pompiere

Un vigile del fuoco morto ed un altro ferito durante le operazioni di spegnimento di un incendio in provincia di Bergamo. Enio Salvi, 45 anni, è caduto dal tetto. Per la Cgil siamo di fronte a un’altra tragedia che non può essere spiegata «con l’offensiva giustificazione che si tratta dell’inevitabile tributo dovuto ad una professione complessa quanto rischiosa».

Liberazione 16/03/06

Ferrovie, ancora un incidente sul lavoro

Stava lavorando lungo i binari della Roma-Napoli nei pressi della stazioncina di Fontana Rosa, nel comune di Cervaro, quando è stato investito dallo spostamento d’aria di un treno. L’operaio è stato trasferito nell’ospedale di Cassino con gravi lesioni alla testa. Ha riportato ferite al torace un operaio di 50 anni di Genova rimasto schiacciato da un carrello elevatore in una ditta di Bolzaneto. Liberazione 17/03/06

(ER) TRENI. FEDERCONSUMATORI: CHIARIRE RISCHIO SCONTRO A BERCETO=L'8 MARZO MANCATA COLLISIONE TRA DUE CONVOGLI

(Dire) – Bologna - Lo scorso 8 marzo nei pressi della stazione di Berceto (in provincia di Parma), alle 15, "si e' verificata una mancata collisione tra due treni in marcia in senso opposto". su segnalazione dei pendolari, Federconsumatori rende noto il "grave episodio" in una lettera al direttore del trasporto regionale di Trenitalia, Matteo Monteverdi, e all'assessore regionale ai trasporti, Alfredo Peri, in cui specifica che, "successivamente al grave episodio, alcuni utenti segnalano di non aver avuto alcuna risposta alle domande

di merito sull'accaduto, di non aver potuto usufruire dei mezzi sostitutivi poi intervenuti e di essersi dovuti arrangiare per il rientro". di fatto, per Federconsumatori, "una denuncia di gravi carenze nella gestione dell'emergenza". Federconsumatori richiede dunque "urgenti e puntuali chiarimenti" e risposte in merito all'accaduto: l'esatta dinamica dell'accaduto e la quantificazione dei reali pericoli corsi dall'utenza; tempi e modi degli interventi di assistenza ai viaggiatori. ma l'associazione dei consumatori vuole anche conoscere quali sono gli attuali sistemi di sicurezza e quali potenziamenti e miglioramenti sono previsti, in particolare per la sicurezza, e con che tempi. resta però il severo giudizio critico sullo stato della rete ferroviaria: "mentre a livello centrale il ministro dei trasporti, Trenitalia ed RFI confermano le risorse necessarie al completamento sull'intera rete, la messa in sicurezza dell'infrastruttura ferroviaria, a livello locale si ripetono con troppa frequenza episodi piu' o meno gravi. sarebbe inaccettabile- afferma Giuseppe Poli, a nome di Federconsumatori - un atteggiamento che tenda a minimizzare o nascondere questi fatti; ancora piu' grave e inaccettabile sarebbe se questi fatti venissero giustificati con il fatalismo".

Agenzia Dire – 17 marzo 2006

PESARO . Incidente in cantiere, grave operaio rumeno E' finito sotto un lastrone di cemento che si è sganciato. Trasportato in elicosorso ad Ancona, è in prognosi riservata

Pesaro, 17 marzo 2006 - Un operaio romeno è rimasto gravemente ferito a Pesaro questa mattina mentre stava caricando un lastrone di cemento su un carro ponte: il gancio di sostegno si è aperto e l'uomo è stato schiacciato dalla lastra riportando un politrauma. Subito soccorso, il romeno è stato trasportato in eliambulanza nell'ospedale regionale diTorrette ad Ancona, dove i sanitari si sono riservati la prognosi. Il ferito era al lavoro in un cantiere di Casebruciate di Pesaro. Sul posto sono intervenuti il 118, i vigili del fuoco e le forze di polizia, che indagano anche sul rispetto delle norme di sicurezza

Il Resto del Carlino 17-03-06

Frosinone, operaio cade dall’impalcatura e muore

Un volo di sei metri e poi la morte. Era appena salito sull’impalcatura del cantiere a Castelliri (Frosinone) quando, all’improvviso, forse per colpa di una tavola scivolosa, è caduto nel vuoto. Paolo Mancini, 52 anni, è morto all’istante. In provincia di Frosinone, dall’inizio dell’anno, è il quarto operaio che muore per un infortunio sul lavoro.

Liberazione 18/03/06

Ancora grave ucraino ferito sul lavoro

Restano gravi le condizioni dell' ucraino, non ancora ventenne, rimasto vittima di un infortunio sul lavoro al campeggio «Internazionale Verbano Lido». E’ stato urtato dalla benna di un escavatore. Soccorso dai compagni di lavoro è stato, prima avviato

all'ospedale di Borgomanero, poi, con elisoccorso, al Cto di Torino, dove gli hanno ricomposto una grave frattura al femore e al bacino.f. f..

La Stampa Sezione Novara 20/03/06

COMUNICATO STAMPA 

SIENA  .  Ancora un grave incidente sul lavoro nella nostra provincia. Due lavoratori, il primo dipendente della "Intesa gas" e il secondo alle dipendenze di un'impresa specializzata in bonifiche, hanno perso la vita ed un terzo è rimasto ferito mentre svolgevano il loro lavoro. Non sono state ancora accertate le cause dell'incidente, né la dinamica dei fatti, non è nostro compito fare supposizioni sulle cause, cosa di competenza della Magistratura, possiamo e dobbiamo però esprimere preoccupazione per quanto riguarda lo stato della sicurezza nei posti di lavoro.Soprattutto quando incidenti di questa gravità avvengono in aziende che dovrebbero essere all'avanguardia nella sicurezza del personale ed in quella per i cittadini.Le Organizzazioni Sindacali CGIL - CISL - UIL unitamente alle Organizzazioni di Categoria FEMCA - CISL, FILCEM - CGIL e UILCEM - UIL,  nel condannare quanto avviene purtroppo quotidianamente sul versante degli infortuni, consapevoli che gran parte di essi sono dovuti ad una mancanza di applicazione delle regole previste dalla L.626 e dall'idea diffusa della sicurezza come optional, chiedono agli enti preposti di operare con massimo sforzo affinché questi tristi episodi non debbano più accadere.Le OO. SS. chiedono anche alle associazioni delle imprese di adoperarsi per costruire una cultura del lavoro e della sicurezza che possa ridimensionare un fenomeno tanto grave quanto diffuso e che va contrastato con tutti i mezzi possibili. CGIL - CISL - UIL      FILCEM - CGIL    FEMCA - CISL   UILCEM - UIL SIENA

Siena, 20 marzo 2006 

Firenze - Incidenti sul lavoro: morto operaio caduto da impalcatura l'8 marzo scorso

E' morto la scorsa notte all'ospedale di Careggi l'operaio di 51 anni caduto da un' impalcatura a Firenze in piazza Ghiberti. L'uomo, dipendente di una ditta che lavora in subappalto, lo scorso 8 marzo, al suo secondo giorno di lavoro, era precipitato da un'impalcatura del cantiere, cadendo da un'altezza di oltre tre metri. Immediatamente soccorso dai colleghi, l'operaio era stato trasportato a Careggi dove era stato ricoverato in prognosi riservata. Le indagini per valutare eventuali responsabilita' e verificare che il ponteggio da cui l'uomo e' precipitato fosse a norma sono ancora in corso. Nei prossimi giorni con tutta probabilita', verra' eseguita l'autopsia sul cadavere. 

Toscanatv.com - 20/03/2006

Siena, due operai uccisi dalle esalazioni di gas

Sono stati uccisi da esalazioni di gas mentre effettuavano una ricognizione in un’area ex deposito di metano in località Belriguardo, alla periferia di Siena. Le vittime: Stefano Panti, 43 anni, e Silvano Giramondi, 53 anni, socio della ditta. E’ in gravi condizioni un operaio

romano di 41 anni, dipendente di una ditta di pulizie, precipitato da un’altezza di 8 metri nella clinica Santa Lucia.

Liberazione 21/03/06

FERROVIE. Sciopero nazionale

il 5 aprile L'incontro tra i rappresentanti legali delle Fs e di Dante De Angelis, il macchinista e delegato alla sicurezza (Rls) licenziato giorni fa per essersi rifiutato di guidare un Eurostar equipaggiato con il famigerato «uomo morto» (pasudo-sistema di sicurezza di 70 anni fa), non ha prodotto risultati. Dante resta licenziato. Il coordinamento dei delegati Rsu e Rls ha perciò deciso uno sciopero generale nazionale di tutti i ferrovieri per il 5 aprile, dalle ore 10 alle 17

Il Manifesto 22/03/06

Fs, mobilitazioni in vista. Il 27 (10 minuti) e il 5 aprile (7 ore), in difesa di Dante

FRANCESCO PICCIONICinque anni di governo Berlusconi hanno introdotto un format davvero micidiale: l'azienda «illustra i risultati ottenuti», anche a dispetto della realtà, e pretende che tutti ci credano. La riprova ieri mattina a Milano, dove l'amministratore delegato di Trenitalia, Roberto Testore, ha presentato alla stampa un primo lotto di 62 carrozze «bonificate» da pulci e zecche. Ne è seguito il solito comizietto sulla «filosofia» dei vertici aziendali («pulizia, puntualità, informazione»), come se nessun problema serio investisse le ferrovie italiane. Una «operazione di immagine», come gli hanno immediatamente rinfacciato sia il Comitato No Tav (che manifestava alla stazione di Porta Garibaldi, teatro della «presentazione» che il sindacato. Il cislino Dario Balotta ha ricordato che «l'80% delle persone viaggiano su tratte brevi e invece l'80% dei finanziamenti va all'alta velocità; e si fa notizia dicendo che si puliscono i treni, come sarebbe normale» Mentre si è saputo proprio ieri del gravissimo incidente che il primo marzo, a Bologna, è costato la perdita di entrambe le gambe a R. G, 68 anni, una insegnante in pensione rimasta bloccata per un braccio dall'improvvisa chiusura della porta mentre saliva sul treno. Nel frattempo, nel settore ferroviario, si vanno preparando due mobilitazioni. La prima, addirittura mondiale, si terrà lunedì 27 marzo. L'Itf (LA federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti) ha indetto 10 minuti di sciopero «per la sicurezza». In Italia si effettueranno dalle 12,50 alle 13, per iniziativa dei sei sindacati firmatari di contratto (Cgil, Cisl, Uil, Orsa, Fast e gli ex fascisti dell'Ugl). La piattaforma «globale» parla di «aumentare gli investimenti su reti, materiale rotabile e tecnologie di sicurezza; clausole sociali vincolanti» e «sviluppo della modalità pubblica e collettiva del trasporto ferroviario». L'altra scadenza, indetta invece dal «Coordinamento 12 gennaio», ossia dai delegati Rsu e Rls - iscritti un po' a tutti i sindacati - si terrà il cinque aprile. Sette ore, a livello nazionale, per protestare contro il licenziamento di Dante De Angelis, macchinista e delegato alla sicurezza (Rls), iscritto all'Orsa, che all'inizio del mese si era rifiutato di guidare un Eurostar su cui era stato installato il famigerato «uomo morto», il presunto meccanismo di sicurezza inventato negli anni '30 che Fs vuole imporre come standard in luogo della «ripetizione di segnale in macchina». Su questa vicenda ieri si è tenuto il secondo incontro tra Fs e sindacati, presente Francesco Forlenza, direttore generale delle «risorse umane». Nulla di fatto; anzi, ad un certo punto sembrava che l'azienda volesse offrire una riassunzione di De Angelis, ma in un'altra società del gruppo e con un'altra mansione. I sindacati avrebbero, giustamente, rifiutato la proposta. La ragione del licenziamento, infatti, è abbastanza

chiara: Fs vuole mandare un messaggio intimidatorio a tutti i delegati sindacali. Sa benissimo che, davanti al tribunale, perderebbe la causa e sarebbe costretta a riassumere Dante nella sua funzione di macchinista. Cerca perciò di proporre soluzioni «intermedie » che suonino comunque all'orecchio dei ferrovieri come una sua «vittoria». Dalle voci che arrivano dagli impianti, la mobilitazione del 5 aprile sarà molto partecipata, perché stavolta proprio tutti capiscono l'antifona.

Il Manifesto 25/03/06

ASSEMBLEA GLI SCHMIDHEINY CONVOCATI A NOVEMBRE AL PROCESSO CIVILE DI GENOVA «Gli svizzeri paghino per i morti d’amianto»

CASALE MONFERRATO

I due fratelli svizzeri Schmidheiny potrebbero essere messi con le spalle al muro. Saranno infatti chiamati il 21 novembre all’udienza della sezione fallimentare del Tribunale di Genova come «terzi responsabili» nella vertenza civile che dovrebbe riconoscere un risarcimento ai familiari delle vittime o a chi si è ammalato a causa dell'amianto. La notizia è stata comunicata ieri a un'affollatissima assemblea al salone Tartara, organizzata da Associazione familiari vittime dell'amianto, Cgil e patronato Inca-Cgil, e dall’avvocato Paolo Pissarello che con Oberdan Forlenza e Sergio Bonetto da 20 anni combatte per il risarcimento dei lavoratori. Se poi la vertenza da civile agganciasse anche una vertenza penale per disastro colposo, la Regione e la Provincia si costituiterebbero parte civile. E questa notizia è stata annunciata dagli assessori regionale e provinciale all'Ambiente, Nicola De Ruggiero e Renzo Penna. Qualche passo avanti viene dunque compiuto e s'intravede la possibilità per ammalati e familiari di deceduti di accedere a risarcimenti, dopo il poco (7 milioni di lire) seguito al processo penale del 1993, che vide affermare fino alla Cassazione la colpevolezza dei massimi dirigenti Eternit per i numerossimi casi di morte o malattia professionale correlati all'amianto. Una piccola fetta di loro (è stato contattato circa il 30% dei 1700 che hanno già sottoscritto l'esposto contro l'Eternit) era presente ieri al Tartara, perchè c'è un nuovo documento da sottoscrivere per proseguire la vertenza, ma ci sono assenze che pesano come macigni, quelle di un compagno di lavoro, deceduto di mesotelioma quelle di un cognato morto di asbestosi solo l'altra settimana, quelle di un figlio, un padre, un fratello che lasciano vuoti incolmabili e tanta voglia di giustizia. Le cifre parlano da sole: circa un migliaio di morti accertati e 324 ammalati solo tra Casale e Cavagnolo, 8 nuovi casi di mesotelioma diagnosticati dall'inizio dell'anno e la paura di chi, avvertendo dolore mentre respira, pensa si tratti di «quello». «Ho promesso a mia figlia Maria Rosa (morta di mesotelioma due anni fa) di continuare a combattere» dice Romana Blasotti Pavesi, la presidente dell'Associazione familiari vittime amianto e ai candidati territoriali per le prossime elezioni - Paolo Ferrero per Rc, Cesare Damiano e Mario Lovelli per i Ds - sono stati chiesti da Bruno Pesce, Nicola Pondrano e da Pavesi «precisi impegni su rifinanziamento per le bonifiche, istituzione di un fondo nazionale per le vittime, sull'esempio francese, indagine parlamentare su previdenza e sanità legati all'amianto e convocazione di un'assemblea governativa nazionale sugli stessi temi (non si riunisce dal 1998)». Aprile, maggio, giugno dalle 9,30 alle 12 e dalle 15 alle 18 il martedì la Cgil sarà a disposizione di quanti dovranno ancora sottoscrivere documenti.Informazioni allo 0142-76543. Affollatissima assemblea ieri pomeriggio al Tartara sui problemi legati all’amianto

La Stampa - Sezione Alessandria 23/03/06

FUNERALI OGGI A CUNEO . Capotreno stroncato da tumore

E’ morto all’ospedale «Santa Croce» Pietro Giordano, 63 anni, capotreno in pensione, stroncato da tumore ai polmoni, che sarebbe stato provocato dalle polveri di amianto respirate negli oltre trent’anni di servizio alla Stazione di Cuneo. L’origine della malattia gli era stata ufficialmente riconosciuta. Il male si era manifestato un anno fa e vane sono state le cure per salvargli la vita. Pietro Giordano per lungo tempo viaggiò sulle carrozze che all’inizio degli Anni ‘90 vennero ritirate dalla circolazione perchè riconosciute pericolose per la salute dei ferrovieri. Spiega Guido Riba, già capotreno del personale viaggiante e quindi superiore di Pietro Giordano: «Era un grande lavoratore che ha iniziato l’attività come manovale e ha percorso tutta la carriera fino all’incarico di capotreno del personale viaggiante. Negli Anni ‘60 era stato manovratore alla Stazione di Cuneo ed era quindi a contatto con le polveri di amianto che si sprigionavano dalle vetture di cui allora non si conosceva la pericolosità». La notizia della scomparsa di Pietro Giordano ha suscitato cordoglio fra i ferrovieri e i colleghi in pensione. Giordano lascia la moglie Angela, le figlie Claudia e Monica. I funerali si svolgeranno oggi, alle 14,30, nella chiesa del Sacro Cuore. La salma sarà tumulata nel cimitero di San Rocco Castagnaretta. g.d.m.

La Stampa - Sezione Cuneo 25/03/06

PRECARI. Un solo record: gli infortuniDati impietosi. Sono quelli dell'Inail, relativi al 2004. Gli infortuni denunciati dai lavoratori «under 34» sono stati 380mila, con una percentuale quasi doppia rispetto ai lavoratori più anziani. Ma l'«inesperienza» c'entra molto poco. La maggior parte degli incidenti avviene tra i lavoratori in «somministrazione», soprattutto nei primi giorni di lavoro. E la stessa cosa accade tra gli interinali e in tutte le altre figure del lavoro «atipico».I tre quarti di queti lavoratori rivela di non essere mai stato informato sui pericoli connessi al posto di lavoro, di non essere stato «formato», di ignorare persino che esiste una normativa (e dei delegati sindacali) sulla sicurezza. l'Inail accusa i datori di lavoro di «scarsa sensibilità». Un eufemismo.

Il Manifesto 25/03/06

Nel 2004 oltre 380 mila “under 34” vittime di infortuni, quasi la metà di quelli totali. Giovani, la precarietà fa male. In aumento gli incidenti sul lavoro

Roberto Farneti. Sottopagati, senza futuro ed esposti più di altri al rischio di infortuni o di contrarre malattie sul lavoro. Le statistiche parlano chiaro: la precarietà nuoce soprattutto ai giovani, per i quali l’assunzione a tempo indeterminato è diventata l’eccezione, mentre una volta era la regola. Ormai, tra i lavoratori con un’età compresa tra i 15 e i 29 anni, «un contratto su due è a termine», dice la Banca d’Italia. La conseguenza immediatamente visibile è la perdita della sicurezza del posto di lavoro, ma le statistiche svelano altre insidie non meno gravi che pesano sulle spalle delle nuove generazioni.

Secondo i dati Inail, nel 2004 gli infortuni denunciati dagli “under 34” sono stati oltre 380 mila, quasi la metà di quelli complessivi registrati lungo il corso di tutto l’anno (869.522). Seppure la proporzione si è in parte ridotta in questi ultimi anni, in Italia, così come in Europa, l’incidenza di infortuni sugli occupati per la classe di età più giovane è ancora

quasi doppia rispetto a quella degli altri lavoratori. Non è un caso. Per capirlo, è sufficiente tornare ai dati dell’Inail, dai quali risultano in aumento gli infortuni, anche mortali, tra gli immigrati, mentre rimane alta la pericolosità dei cantieri edili, settore in cui c’è un’alta percentuale di lavoro al nero. Insomma, la probabilità di restare vittima di un incidente sul lavoro appare strettamente correlata alla “debolezza” contrattuale del lavoratore, al suo grado di ricattabilità. Del resto, non è facile chiedere il rispetto dei propri diritti, sapendo che si rischia il licenziamento o comunque il mancato rinnovo del contratto.

L’altro problema è che, quando si cambia lavoro troppo spesso, non si ha neanche il tempo di capire come ci si deve muovere in un determinato ambiente: «Dai dati che abbiamo noi - sottolinea Emilio Viafora, segretario generale di Nidil Cigl - si evince che il massimo degli infortuni avviene nelle somministrazioni, soprattutto nella prima missione». Il 73 per cento degli interinali, secondo un’indagine realizzata da Ispesl e Cgil, dice di non essere mai stato informato sui rischi presenti sull’attuale posto di lavoro e quasi sei su dieci non sanno neppure se nell’azienda esista o meno il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza». Non solo incidenti ma anche malattie professionali. Per la ricerca dell’European survey on working conditions i lavoratori sotto i 24 anni sono quelli più esposti ai rumori, alle vibrazioni e al calore. Quasi uno su cinque di loro lavora tenendo una postura dannosa, il 12,5% è chiamato a sopportare sforzi fisici gravosi e molti di loro effettuano movimenti ripetitivi (capita al 35,8% dei giovani contro il 30% del resto della forza lavoro). Senza contare che quasi un giovane su tre lavora “ad alta velocità”. Soprattutto in ragione del controllo diretto del capo (capita al 46,9% di loro), perché indotti dai loro colleghi (per il 42,7%) o per la velocità automatica dei macchinari (al 24,2%).

Secondo il rapporto pubblicato a fine 2005 dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha coinvolto esperti di 14 paesi europei e Stati Uniti, la mancanza di attività fisica è il principale rischio emergente. Chi lavora in un call center, dicono gli esperti dell’Agenzia, è esposto a rischi multipli e interagenti: troppo tempo seduti, scrivanie e sedie poco ergonomiche, rumore di sottofondo, cuffie inadeguate, pressione elevata sui tempi di lavoro con conseguente stress mentale ed emotivo.

Ma i giovani sembrano stufi di essere l’anello debole del sistema produttivo, come dimostra la rivolta in Francia contro il contratto di primo impiego. A pensarla così è il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti: «L’idea della demolizione dei diritti dei giovani e dei lavoratori che ha guidato le politiche neoliberiste - dice Bertinotti in una intervista a Reuters - oltre che sbagliata è ormai impraticabile, perché contro questa idea finalmente c’è una ribellione di massa. La legge Biagi va abbattuta nella sua ispirazione ed è quello che stanno chiedendo i giovani in Francia e non solo. Bisogna che le classi dirigenti europee si rendano conto che questa politica che precarizza il lavoro è arrivata al capolinea».

Liberazione 25 marzo 2006

Operaio cade da impalcatura

Un operaio rumeno è morto ieri mattina cadendo da una impalcatura in una corte interna di un palazzo in via Tintori, nel centro di Firenze. L'uomo, 53 anni, stava lavorando sul

tetto e avrebbe sfondato la tettoia di una corte interna dove ha sede un negozio di spedizioni internazionali facendo un volo di circa otto metri. A dare l'allarme è stato il figlio dell'operaio che risulta essere anche il proprietario della ditta edile che stava facendo dei lavori di ristrutturazione al secondo piano dell'edificio. Sul posto sono intervenuti i tecnici della Asl e la polizia scientifica. L'operaio, secondo i primi accertamenti, non avrebbe avuto alcuna imbracatura di protezione.

Il Manifesto 26/03/06

Una fermata di sicurezza. Treni fermi nel mondo. Il 5 aprile stop di 7 ore

FRANCESCO PICCIONI. Prove di sindacato globale. Non a caso avviene tra i ferrovieri, che già furono primo motore della nascita del movimento operaio. La fermata di ieri è stata poco più che simbolica - 10 minuti, in Italia dalle 12,50 alle 13 - ma è servita a stringere collegamenti, rapporti, tematiche e problemi davvero differenti tra loro. Proclamata dall'Itf, la federazione internazionale, la giornata di mobilitazione era incentrata sulla sicurezza del trasporto ferroviario. La piattaforma internazionale parla di aumento degli investimenti su reti, materiale rotabile e dispositivi di sicurezza; sviluppo della modalità pubblica e collettiva del trasporto per una mobilità sostenibile, il diritto all'attività sindacale. Temi particolarmente attuali qui da noi, dove gli incidenti aumentano e vengono licenziati quei lavoratori che attirano l'attenzione sulle falle del sistema. Proprio ieri, fra l'altro, il tribunale di Bologna ha rinviato a giudizio nove dirigenti e funzionari dell'Officina grandi riparazioni con l'imputazione di omicidio colposo e lesioni personali gravissime. Il caso riguarda la morte di 15 operai delle ferrovie e le malattie professionali di altre decine esposti a lavorare materiale contenente amianto. Tra gli anni '60 e gli '80, infatti, l'amianto veniva usato per coibentare le carrozze. Secondo l'accusa, le Fs non avrebbero fornito né informazioni né misure tecnico-organizzative adeguate a proteggere i lavoratori. Ma le Fs non sembrano voler cambiare registro. Il recente licenziamento di Dante De Angelis - il macchinista e delegato alla sicurezza (rls) licenziato qualche giorno fa per essersi rifiutato di guidare un eurostar dotato dell'«uomo morto» - sta lì a dimostrarlo. Per ottenere la sua riassunzione il coordinamento dei delegati rsu e rls ha indetto uno sciopero nazionale per il 5 aprile. Dei sindacati confederali per ora solo l'Orsa (la sigla cui Dante è iscritto) ha dichiarato esplicitamente la propria partecipazione, ma decine di delegati stanno premendo sulle organizzazioni di categoria per ottenere, se non un'adesione esplicita, quantomeno una partecipazione massiccia. Mercoledì, conferma Franco Nasso, della segreteria nazionale della Filt-Cgil, «avremo una riunione unitaria con gli altri sindacati per vedere il da farsi». D'altro canto è evidente a tutti che il licenziamento di un delegato nell'esercizio delle sue funzioni è una forzatura che non può esser fatta passare, pena la distruzione del ruolo del sindacato in qualsiasi azienda. Bruno Salustri, coordinatore nazionale dell'Orsa, ricorda che al momento sono rotti tutti i tavoli di trattativa con l'azienda, anche se alcuni «passi avanti, almeno a livello di impegni, sono stati fatti». La decisione di scioperare il 5 è convinta («perché Dante è uno dei delegati più attivi, di quelli che hanno fatto vincere più cause ai lavoratori». Così come lo è stato l'atteggiamento, assunto insieme alla Cgil, nei confronti dell'azienda che aveva proposto la riassunzione di Dante, «ma in un'altra società del gruppo e con un'altra qualifica ». Pesa, ed è un problema, l'atteggiamento dei politici. Fin qui, sulle questioni del lavoro e della sicurezza, si sono espressi solo quelli della sinistra radicale. Forse servirebbe convincere qualcuno di loro a «pedalare con l'uomo morto», come è stato fatto ieri a Bologna e si ripeterà oggi a Genova. Piccole dimostrazioni da cui i «volontari» che accettano di provare, giornalisti compresi, escono stravolti: «ma come si fa a lavorare così?». Infatti.

Il Manifesto 28/03/06

LA STORIA . Spoon River dell’amianto

UN giorno ancora di respirazione / scorrimento di sangue, sentimenti, / riflettere, mutare». Irrompono nella mente, estrapolati dal contesto, questi versi - intensi, colorati e in bianco e nero - di Giancarlo Majorino guardando la folla che a Casale Monferrato riempie silenziosa la sala dove il Comitato, le Autorità di Regione, Provincia, Comune, e soprattutto gli avvocati parlano di circa 700 morti per amianto - per tanti giorni respirato - e altri che sono tutt’ora ammalati di asbestosi o mesotelioma (cui aggiungere le cifre di Chivasso e Balangero, in provincia di Torino). Parecchi sono stati operai della Eternit, fallita negli Anni Ottanta, diversi sono familiari che inconsapevoli inalavano a casa la polvere depositata sulla tuta, alcuni forse soltanto ex-bambini che giocavano intorno allo stabilimento. E i versi di Majorino vengono in mente per la pacatezza, il senso di responsabilità di questa gente. «Riflettere», scrive il poeta. E - seppur coscienti che da gennaio ci sono stati dieci nuovi morti - quando i legali annunciano che la magistratura è pronta a chiamare in correo per «disastro colposo» i fratelli Shmidheiny, svizzeri, eredi degli ultimi titolari, non senti volare una mosca, non si levano un grido di soddisfazione o un cenno di eccitazione. E' una platea immobile, un modello di dignità, che assiste all’evolversi di quello che ritiene un percorso di giustizia e non una partita di calcio sulla pelle di chi se n'è andato o di chi ancora oggi, a ritmi monotoni e tetri, va a farsi visitare.

La Stampa - Sezione Cuneo 28/03/06

Frosinone, perde 4 dita preparando una mozzarella

Stava lavorando della mozzarella di bufala quando le lame taglienti di un’impastatrice le hanno reciso quattro dita della mano destra. E’ successo ieri ad un’operaia di 48 anni di un caseificio in provincia di Frosinone che produce latticini. La donna adesso è al Cto di Roma dove i medici stanno cercando di riattaccare almeno due delle quattro dita tranciate.

Liberazione 28/03/06

Dieci minuti di stop e volantinaggi, mentre è ancora fresco il ricordo del disastro di Garbagnate. Il Sult: «Occasione persa». Il 5 aprile lo sciopero di 7 ore indetto dalle Rsu Giornata mondiale per i treni sicuri, l’Italia aderisce solo simbolicamente

Roberto Farneti C’è una cosa che preme più di ogni altra a chi sceglie il treno per viaggiare: la sicurezza. I ritardi, la sporcizia delle carrozze, il prezzo del biglietto sono elementi importanti, certo, ma vengono dopo. Meglio sopportare qualche disagio, che rischiare di non arrivare a destinazione. Fermo restando che, se si riuscisse anche a viaggiare comodi, pagando tariffe ragionevoli, non sarebbe male. La giornata mondiale di mobilitazione dei ferrovieri promossa dall’Itf (International Transports Federation) doveva servire a questo, a ridare forza a un concetto che non sembra più di moda, sintetizzato nello slogan “La sicurezza, innanzitutto”. Ci si aspettava che ieri l’Italia partecipasse con entusiasmo, alla luce del recente scontro tra treni avvenuto dodici giorni fa a Garbagnate (Milano), nel quale un macchinista ha perso la vita. Invece, i sindacati si sono limitati ad una adesione simbolica, talmente simbolica da risultare praticamente invisibile: dieci

minuti di astensione dal lavoro indetti da Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt, Fast, Ugl e Orsa, qualche volantino distribuito nelle stazioni e nulla più.

«Cgil Cisl e Uil - attacca Raniero Casini, segretario del Sult - hanno perso l’occasione di trasformare quella che è una giornata dal valore simbolico in una giornata di mobilitazione reale su contenuti che difendano realmente la sicurezza. A partire dalla libertà dei ferrovieri di denunciare le carenze del sistema». Secondo il Sult, sarebbe stato doveroso aggiungere agli obiettivi indicati dall’Itf, «quelli del ritiro del licenziamento di Dante De Angelis (il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sanzionato dalle Fs perché si era rifiutato di guidare un Eurostar dotato dell’“Uomo morto”, pedale ritenuto nocivo dalle Asl ndr) e dei 4 ferrovieri licenziati dopo la trasmissione Report».

La Cub Trasporti e il Sult, per parte loro, hanno già aderito allo sciopero di 7 ore indetto dalle Rsu per il 5 aprile proprio per chiedere il ritiro dei licenziamenti. «Ci auguriamo - dice Casini - che anche gli altri sindacati facciano altrettanto».

La questione della sicurezza ha assunto una rilevanza fondamentale nel trasporto ferroviario. La ventata liberista degli ultimi anni ha ribaltato la gerarchia delle priorità. Al primo posto, sono state messe la capacità di un servizio di utilità pubblica di produrre utili e la riduzione dei costi. E i risultati si sono visti. Peggio di tutti è andata all’Inghilterra, costretta dai frequenti incidenti ferroviari ad una precipitosa marcia indietro rispetto alla privatizzazione imposta dal governo di Margaret Thatcher.

L’Itf denuncia il «taglio degli investimenti su reti, materiale rotabile e tecnologie di sicurezza», chiede «clausole sociali europee vincolanti all’interno delle regole per la concorrenza», si batte per lo «sviluppo della modalità pubblica e collettiva del trasporto ferroviario» contro «la frammentazione e la precarizzazione del lavoro». Anche in Italia è in corso una vertenza per costringere le Fs a mettere da parte l’“Uomo morto” e ad adottare tecnologie veramente efficaci per la sicurezza, come la ripetizione del segnale in macchina.

Il Sult sottolinea però la distanza tra i temi della mobilitazione internazionale e l’azione concreta portata avanti dai sindacati confederali in questi anni: «La precarizzazione non è stata contrastata - accusa Casini - anzi sono stati siglati accordi che l’hanno favorita e con i quali è stato persino introdotto il doppio salario per i nuovi assunti. Così come non è stata fatta - sottolinea il segretario del Sult - la battaglia contro le esternalizzazioni. Ad esempio, oggi vengono dati in appalto i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria dei binari. Tutta una serie di officine di riparazione dei veicoli ferroviari - ricorda ancora Casini - sono state chiuse senza una vera opposizione da parte di Cgil, Cisl e Uil».

Liberazione 28/03/06

Edili, Roma capitale degli infortuni. Il Comune lancia l’allarme e chiama sindacati e imprenditori a elaborare nuove strategie Ieri la seconda conferenza cittadina. «Fuori dagli appalti pubblici le aziende in nero»

Valeria Rey. Roma è capitale anche per il numero di morti bianche nei cantieri edili. Il triste primato è l’altra faccia di un settore che di anno in anno accresce il proprio fatturato e il numero di addetti, anche quelli in nero. A questa crescita non corrisponde, però, un miglioramento qualitativo delle condizioni di lavoro e degli standard di sicurezza.Nel 2005 sono stati 16, su 20 infortuni, gli incidenti mortali avvenuti solo nel Comune di Roma. Questo trend impressionante è in aumento rispetto al 2004. E il costo sociale per la collettività, come evidenzia l’Inail, cresce vistosamente. L’allarme lanciato da tempo dall’Assessorato alle politiche per le periferie, lo sviluppo locale e il lavoro e dall’Osservatorio comunale sulle condizioni di lavoro di Roma è tornato a farsi sentire ieri in occasione della seconda Conferenza cittadina sulla Sicurezza nei cantieri edili. L’obiettivo è quello di trovare strategie di intervento più efficaci nel garantire la vita e la qualità del lavoro agli operai, anche immigrati. Allarmanti i dati dei primi tre mesi del 2006 con 5 incidenti mortali che richiamano “la necessità della buona occupazione come obiettivo primario per la capitale - ha dichiarato Paolo Carrazza, assessore alle Politiche per le periferie - che deve sostanziarsi nel contrasto del lavoro nero, dell’evasione contributiva, dell’elusione dei contratti collettivi e nell’imporre il rispetto della sicurezza”.A Roma, maggiore città appaltante d’Italia, nel 2005 su 281 ispezioni sono stati rescissi 23 contratti di appalto, sospesi 3 cantieri e regolarizzati 89 operai. Ma sono le piccole imprese, che rappresentano il 69% di quelle operanti con 2,6 lavoratori in media, a dovere fare i conti con un meccanismo di aggiudicazione pubblica basato sul basso costo, che permette a qualle le medie e grandi di aggiudicarsi le gare, salvo poi esternalizzare l’appalto comprimendo i costi prima dichiarati. Sulla pelle dei lavoratori si risparmia in termini di contribuzione, di contratto, di salario, di sicurezza. I precari troppo spesso non sono professionalizzati o poco informati sulle norme di sicurezza. La legge consente, inoltre, a chiunque di aprire una ditta individuale nel settore dell’edilizia senza una competenza specifica: è sufficiente la registrazione alla Camera di commercio per intraprendere un’attività che, invece, richiede specifiche conoscenze soprattutto sulla prevenzione e la gestione dei rischi. Le organizzazioni dei lavoratori da sempre denunciano la mancata applicazione della 626. “Il 90% degli incidenti si potrebbe evitare - ha ricordato il direttore regionale dell’Inail, Antonio Napoletano. I più giovani muoiono per inesperienza e per la discontinuità del lavoro dovuta ai contratti atipici; i più anziani, invece, muoiono per la sottovaluzione del rischio”. I costi sociali sono altissimi e nella sola regione del Lazio superano i 500 milioni di euro (dati Inail 2004). Se si assommano anche quelli degli altri settori, commercio e servizi, e i costi per le malattie professionali si arriva a 2,28 milioni di euro pari al 2,1 % del Pil della regione. Soldi che potrebbero essere spesi per la prevenzione e la formazione. Proprio in questa direzione tutte le parti sociali si sono trovate d’accordo nell’individuare uno dei canali più importanti di intervento. Ma per Fillea Cgil non basta. “Bisogna fare pulizia nel settore edilizio nei confronti delle imprese recidive, che nonostante più volte siano state sanzionate, continuano ad operare”, ha denunciato Sandro Grugnetti, segretario del sindacato di settore. Il sindacalista ha ricordato come la regione Lazio abbia stanziato nel bilancio appena approvato 14 milioni di euro, ma che auspica “siano utilizzati con progetti mirati e non a pioggia, sulla base di una concertazione fra associazioni imprenditoriali, sindacati e istituzioni”.

Liberazione 29/03/06

COMPLETATA LA BONIFICA DALL’AMIANTO, IERI SONO ENTRATE IN AZIONE LE RUSPE: I LAVORI PROSEGUIRANNO PER QUASI UN ANNO Addio alla fabbrica della fibra-killer Cominciata la demolizione dell’ex Eternit, al suo posto sorgerà una collina

CASALE MONFERRATO .«Mi dispiace che Maria Rosa non possa vedere questo momento». Romana Blasotti Pavesi, presidente dell'associazione Familiari vittime dell'amianto, è emozionata quando l’escavatore comincia la demolizione dell’ex Eternit, la «fabbrica della morte». Maria Rosa era la figlia di Romana. A cinquant'anni, 16 mesi fa, è morta di mesotelioma. Quinta vittima dell'amianto in famiglia. E Romana non è sola ad assistere a questo momento storico. C’è chi ha perso marito, figli, mamma, cognati. Ci sono sindaco, assessori, consiglieri dell’opposizione, gente comune e anche, con un riguardo particolare a ciò che simbolicamente significa questo momento, gli assessori all'Ambiente regionale, Nicola De Ruggiero, e provinciale, Renzo Penna. «Che il disastro causato dalla lavorazione di questa fabbrica non si debba ripetere. Vigileremo perché non accada». «Ogni mattone che cade è il riscatto della città» è il commento politico e umano di assessori, sindaco, amministratori. Poche parole per commentare un fatto che si commenta da solo. Ieri è cominciata la demolizione dello stabilimento in cui per 80 anni si è lavorato amianto, che in città ha causato morti e malattie. Poi qui verrà creata una collina verde. In memoria delle vittime. «Là dentro lavoravo nel reparto che si chiamava ‘’Cremlino’’» dice Anna Gioanola, vedova Scaiola, che allattava la figlia nella pausa pranzo con addosso il camice usato per lavorare l'amianto. E ricorda il capo del personale Rubino: «Indossava un gran cappello nero e diceva che qui non c'era polvere». Fu allora che il sindacalista Laurenti gli strappò il cappello: «Venga a prenderlo domani». «Sono emozionata», dice Maria Ottone, a cui l’amianto ha portato via il fratello Guido e la cognata Carla Demichelis: «Non vorrei che questa demolizione fosse solo un momento elettorale. Temo altri disastri; nei giorni scorsi ho visto strutture abbattute e operai che raccoglievano la polvere con la scopa». Ma questa volta è polvere vera, non «la polvere», quella depositata nei polmoni che fa morire di asbestosi. Il dottor Angelo Mancini, dell'Asl, lo certifica. Polvere. Ne sa qualcosa Michele Attardo, che ha lavorato qui dentro 14 anni, come il padre. Non ha certificati di asbestosi e indennità Inail. Solo la voce che si abbassa. In disparte c’è Emilio Corigliano, amministratore delegato della Decam, la ditta che ha bonificato lo stabilimento. Ritardi accumulati, criticati dall'ex assessore regionale all'Ambiente Ugo Cavallera, nonostante il sostegno sempre dato dalla Regione alla bonifica e che promette ulteriore impegno per altri finanziamenti. «Quando avrete finito?». «Ci sono ancora perizie da svolgere per il maggiore lavoro affrontato e potremmo anche bloccare il cantiere». «Lo facciano pure - è il commento del sindaco Paolo Mascarino e dell'assessore Riccardo Revello -, risponderemo con un'ordinanza». Intanto, la Edil.Ma.Vi di Torino lavora. Luca Mangone, legale rappresentante, dice: «Faremo di tutto per ridurre i 300 giorni a disposizione per la demolizione».

La Stampa - Sezione Alessandria 31/03/06

Incidenti sul lavoro, ieri due morti e tre feriti Un operaio brasiliano è morto in un cantiere a Milano incastrato tra un’impalcatura e il montacarichi. Ad Ancona un operaio è morto ed un altro è rimasto ferito per il cedimento improvviso del terreno su cui stavano lavorando. In provincia di Bolzano un operaio è precipitato da un tetto alto 7 metri, riportando diversi politraumi. A Roma una gru si ribalta con un operaio a bordo.

Liberazione 31/03/06

L’azienda insiste sulla linea di punire chi lotta per la sicurezza. Il 5 aprile lo sciopero indetto dalle Rsu. Boghetta (Prc): «Non sono questi i manager che possono comminare sanzioni, intervenga l’Unione» Macchinista licenziato, Trenitalia va allo scontro

Bolognina di Crevalcore, Roccasecca, Garbagnate: tre gravissimi incidenti ferroviari nel giro di poco più di un anno. Invece di risolvere i problemi che sono all’origine dei disastri, frutto di una gestione tutta improntata sul contenimento dei costi, Trenitalia licenzia i lavoratori che lottano per la sicurezza. Un atteggiamento irresponsabile che potrebbe costar caro ai vertici delle Fs in caso di vittoria dell’Unione alle prossime elezioni politiche, stando a quanto dichiarato ieri da Ugo Boghetta, responsabile trasporti di Rifondazione. La decisione comunicata ieri di non ritirare il licenziamento del macchinista Dante De Angelis, a pochi giorni dallo sciopero già indetto dalle Rsu per il 5 aprile, suona come una dichiarazione di guerra che rischia di trasformarsi in un boomerang per Trenitalia: la classica goccia (qualcosa di più) che farà traboccare un vaso già colmo di cimici sulle carrozze, pendolari inferociti e inefficienze varie. Risulta pertanto poco credibile il tentativo dell’azienda di scaricare sui ferrovieri le responsabilità dei disagi che quotidianamente i viaggiatori sono costretti a sopportare.

De Angelis è stato punito con il licenziamento, spiega Trenitalia, per essersi rifiutato di «effettuare il servizio in qualità di “secondo agente” di condotta da Bologna a Roma sull’Eurostar 9311». La vicenda risale al 4 febbraio scorso. «Qualche minuto prima della partenza - è la versione dell’azienda - De Angelis ha chiesto la sostituzione del locomotore poiché attrezzato con apparecchiature di sicurezza che lui contestava, e che peraltro - proprio in quanto “secondo agente” - non avrebbe dovuto utilizzare». Il sistema in questione è il famigerato “uomo morto”, «pedale - ricorda Boghetta - che i macchinisti dovrebbero pigiare ogni pochi secondi», contestato dai sindacati «in quanto non portatore di sicurezza ma di stress». Al punto da essere stato dichiarato dannoso da molte Asl.

Una protesta sindacale, quindi, ma non per Trenitalia, secondo cui «Dante De Angelis non ha mandato di rappresentanza sindacale dei lavoratori». Il fatto che il treno sia poi ripartito «con ben 86 minuti di ritardo» autorizzerebbe a configurare, sempre, secondo l’azienda, l’ipotesi di reato di interruzione di pubblico servizio.

«Dante De Angelis - ribatte Savio Galvani, del Coordinamento 12 gennaio - è stato eletto rappresentante dei lavoratori per la sicurezza con oltre il 55% dei consensi nella divisione passeggeri di Roma. Ogni giorno - ricorda Galvani - ci sono oltre dieci casi di macchinisti che si rifiutano di usare il Vacma e naturalmente questo si ripercuote sulla regolarità delle partenze. In molti casi si arriva anche alla soppressione del treno». Non si capisce quindi l’accanimento delle Fs contro De Angelis. «Il macchinista - osserva Galvani - non è stato punito per il fatto in sé ma per l’attività che svolge a tutela della sicurezza dei lavoratori e dei viaggiatori. Cosi come è accaduto per i quattro licenziati a seguito della trasmissione Report. Per questa ragione è importante che il 5 aprile i ferrovieri scioperino uniti e che tutti i sindacati diano indicazione di partecipare».

Al fianco dei lavoratori in lotta per la sicurezza si schiera Rifondazione, che «propone all’Unione una posizione unitaria di adesione alla protesta con l’impegno, in caso di vittoria, alla riassunzione di De Angelis e degli altri quattro macchinisti licenziati a causa delle riprese della trasmissione Report». La riassunzione dei macchinisti ma anche «il licenziamento - aggiunge Boghetta - dei manager di Trenitalia che stanno portando, per la

prima volta, l’azienda allo sbando ed al collasso. Non sono questi i manager che possono comminare sanzioni».

Per il Prc, la questione, tuttavia, ha anche un altro risvolto. «Riteniamo infatti - spiega Boghetta - che le ferrovie non possano mettere in esercizio strumenti che non siano stati omologati con il consenso di Asl ed Ispettorati del lavoro e non concordati con le Organizzazioni Sindacali». E’ questo uno dei tanti motivi che porterà Rifondazione ad avanzare la proposta di trasferire le norme che riguardano la sicurezza FS in un testo di legge: il Codice del Ferro analogo al Codice della Strada. «Ciò - precisa Boghetta - anche al fine di risolvere il conflitto d’interessi che vede le Ferrovie quali elaboratori di norme, gestori, controllori dell’applicazione, sanzionatori delle mancanze. Un po’ troppo». Ro. Fa.

Liberazione 31/03/06