Due donne un carisma 2 - 2014

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Elisabetta Girelli Maddalena Girelli Due donne un carisma ANNO XIX maggio 2014 2

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Pubblicazione sulla spiritualità della sorelle Girelli - Anno XIX, n. 2 a cura della Compagnia di S. Orsola via F. Crispi 23 - 25121 Brescia

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Elisabetta Girelli Maddalena Girelli

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uncarisma

ANNO XIX maggio 20142

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g s h g s hSommario

1) Le beatitudini ..................................................pag. 3

2) Elisabetta e Maddalena Girelli: la meditazione sulle beatitudini ...............pag. 6

3) Il discorso della montagna .........................pag. 8

4) Due Papi Santi ..................................................pag. 12

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Pubblicazione sulla spiritualità delle sorelle Girelli - Anno XIX, 2014, n. 2a cura della Compagnia S. Orsola

Via F. Crispi, 23 - 25121 BresciaTel. 030 295675 - 030 3757965

Direttore Responsabile: D. Antonio Fappani

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Le beatitudini

Dal 9 al 15 novembre 2015 si svolgerà a Firenze il V° Convegno na-zionale della Chiesa italiana. L’argomento proposto ha un titolo impegna-tivo: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. A tutte le diocesi viene inviata una lettera, “Invito al Convegno”, che spiega le motivazioni e il significato dell’iniziativa e chiede la collaborazione di tutti per una preparazione il più attenta possibile.

Dopo il Concilio Vaticano II° il cammino della Chiesa italiana è stato accompagnato da questi eventi che hanno seguito un percorso di catechesi ben definito: nel 1976 il Convegno di Roma fu dedicato a “Evangelizza-zione e promozione umana”, nel 1985 a Loreto si parlò di “Riconciliazio-ne cristiana e comunità degli uomini”, nel 1995 a Palermo ci si soffermò su “Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia”; infine nel 2006 il grande incontro di Verona fu dedicato alla speranza: “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”.

In tutti i Convegni il centro dell’attenzione è stato sempre un ripen-samento dell’umano per proporre la riflessione su che cosa significhi esse-re, oggi, persone veramente realizzate come tali. Nella mentalità corrente predominano infatti concezioni riduttive, spesso sbagliate, dell’uomo, vi-sto come individuo che vive per coltivare i propri interessi e disposto a par-tecipare alla vita della comunità solo se gli conviene; il principale coman-damento sembra essere quello dell’utile, del proprio vantaggio. Nemmeno le difficoltà indubbie e pesanti di un lungo periodo di crisi economica so-no riuscite a far capire a tutti che la solidarietà è il modello più completo e corretto di comportamento. Infatti l’uomo è un essere in continua rela-zione con gli altri, appartiene a una lunga tradizione, è inserito vitalmente in una società nella quale il conseguimento del bene comune porta al bene dei singoli e crea un ambiente sereno e costruttivo per la loro vita.

Il Convegno di Firenze indica una prospettiva di valutazione dell’u-mano molto diversa da quella oggi dominante: “l’essere umano è pensato e si realizza solo nelle sue relazioni”. Il modello di questa umanità più vera è la figura di Gesù Cristo, la fede ne sostiene la realizzazione, il filo con-

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g s hduttore per prepararsi al Convegno è quello delle beatitudini, considerate come il modo indicato dal Signore con cui gli uomini e le donne posso-no vivere pienamente la loro umanità. Del resto Papa Francesco ha scelto proprio “la scuola delle beatitudini” come tema per le prossime Giornate Mondiali della Gioventù.

La domanda sempre fondamentale su chi siamo e su come dobbia-mo comportarci nei confronti del mondo in cui viviamo, dei nostri simili e di noi stessi interpella tutti, oggi, in modo particolarmente urgente. La necessità di darle una risposta permette di riscoprire proprio nel Discor-so della montagna la traccia di un percorso personale di liberazione e di verità, che rivelerà le grandi potenzialità dell’uomo, spesso mortificate dal vivere attuale. Si tratta di lasciarsi guidare in quel radicale capovolgimento della mentalità corrente che porta alla tranquilla sicurezza della pace inte-riore. “Beati!” Beati sono coloro che non mettono il proprio io al centro del mondo, che hanno consapevolezza dei loro limiti, che combattono con serenità le difficoltà di ogni giorno, che si rendono disponibili all’ac-coglienza, all’ascolto, al dialogo. In questa prospettiva essi trovano la forza e l’equilibrio per vivere nel modo giusto quanto può capitare e sperimen-tano quotidianamente che, aprendosi a Dio e affidandosi a Lui, il Regno dei Cieli è vicino anche alla nostra spesso difficile vita.

Irma Bonini Valetti

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Elisabetta e Maddalena Girelli: la meditazione

sulle beatitudini

Nel suo volume sulla vita di Gesù Elisabetta Girelli dedica alcuni ca-pitoli (9 - 13) al commento del Discorso della montagna, il messaggio fon-damentale del Signore a quanti vogliono seguirlo. Le pagine di Elisabetta e le riflessioni tolte dalle “Memorie” di Maddalena mostrano quanto tale messaggio abbia accompagnato la loro vita impegnandole in una continua revisione di opere e pensieri, serena e fiduciosa anche se severa. La prima beatitudine sollecita una domanda: “Chi sono mai questi poveri in spiri-to?” Dopo una prima risposta che definisce poveri in spirito coloro che, per amore di Dio, rinunciano ad ogni bene e coloro che accettano senza lamentarsi il loro stato di povertà, l’analisi di Elisabetta si fa più minuzio-sa e più direttamente riferita alla sua personale situazione: “Possono essere veri poveri di spirito anche quelli che vivono fra le ricchezze, purché abbia-no cuore staccato e libero da ogni affetto alle medesime in modo che sia-no sempre disposti a perdere e sacrificare tutto per Dio senza rammarico, che portino la prosperità come un peso vile e lo depongano con allegrezza mediante una santa liberalità, che fra gli agi stessi si contentino delle cose semplici e necessarie e si facciano poveri in molte cose per amore di Dio”. Sembra di leggere la trama della vita di queste sorelle che vissero con di-stacco dalle loro ricchezze, amministrandole con accortezza a sostegno di tante iniziative di bene.

Riguardo alla mansuetudine, appare interessante la riflessione di Maddalena sulla ricaduta educativa dell’essere mansueti: “Sarà mio studio speciale ed assiduo, di usare tutta la mansuetudine possibile nel trattare col mio prossimo. Se dovrò avvertire alcuno di qualche sbaglio, procurerò di farlo in un momento di calma, con la massima prudenza e dolcezza, umi-liandomi prima davanti a Dio per i miei numerosi peccati”.

Anche “quelli che piangono” e quelli “che hanno fame e sete di giusti-zia” si rivelano anime in cammino verso quel Regno di Dio di cui riescono

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a pregustare la dolcezza con la paziente fedeltà e la rettitudine del loro agi-re. Così i pacifici, vivendo in pace con Dio “a Lui sottomessi e obbedienti in ogni cosa”, godono di una grande serenità interiore, “indizio e pegno dell’adozione divina”. Essi vivono anche in pace con il prossimo e questo “è frutto di molta pazienza, perché in questa vita tutti siamo miseri e difet-tosi e tutti scambievolmente ci arrechiamo continue occasioni di disgusto”.

Particolarmente significativa per noi oggi appare la riflessione sui mi-sericordiosi. Il papa Francesco ci parla continuamente della misericordia di Dio e ci invita a essere in ogni ambito misericordiosi come il nostro padre che è nei Cieli. Ma come essere misericordiosi? Risponde Elisabetta Girel-li: “Per essere nel numero dei misericordiosi non basta usare al prossimo quegli atti di carità, a cui siamo tenuti sotto pena di peccato, come sono il perdonare le offese e soccorrere con quello che abbiamo di superfluo il prossimo che si trovi in qualche estrema necessità; ma bisogna passar oltre facendo anche di più di ciò che la legge espressamente comanda. Se per esempio ricambi con benefici le ingiurie, se per fare elemosina ti privi non solo del superfluo ma anche di qualche cosa che ti sembra necessario al tuo comodo o al tuo decoro, se per visitare o servire un infermo con solleci-ta e industriosa carità, se non aspetti di essere pregato a fare del bene, ma previeni il prossimo con sollecita ed industriosa carità, allora tu eserciti la misericordia. E così nel correggere, nel confortare, nel sopportare, quando non fossi obbligato da uno stretto dovere, saresti misericordioso, e otterre-sti dal Signore la misericordia promessa nella vita presente e nella futura”.

A proposito dei “perseguitati per la giustizia” viene infine proposta un’esortazione forte perché le virtù che ci sforziamo di coltivare hanno bi-sogno del coronamento della pazienza, e perché ognuno di noi riceve una sia pur “piccola parte di persecuzione”. E questo suggerisce la sintesi di quanto è stato proposto per calare le beatitudini nell’esperienza quotidia-na: “ È facil cosa essere poveri e umili quando nessuno ci disprezza, essere mansueti quando nessuno ci offende, essere zelanti quando nessuno ci de-ride, essere santi quando nessuno ci molesta, ma il fare queste cose a fronte di quella persecuzione, che il mondo suscita contro la virtù, è impresa de-gna di anime forti e, convien dirlo, tale fortezza a molti vien meno. Non tutti quelli che si mettono a ben fare arrivano a ben soffrire”.

Irma Bonini Valetti

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Il discorso della montagna

Saliamo sul monte delle beatitudiniQuale discepolo di Cristo, tra coloro che si sono radunati, è degno di

ascendere con Lui dalla terra, dalle cavità terrestri e dai bassi pensieri, fino al monte spirituale della superiore contemplazione? Questo monte mette in fuga ogni ombra che proviene dai cumuli crescenti della malvagità; es-so è circonfuso da ogni lato dal raggio della luce vera e nell’aria pura della verità permette di vedere tutto dall’alto, tutto quanto è invisibile a coloro che sono rinchiusi nella caverna. Lo stesso Cristo, chiamando beati quelli che sono ascesi con Lui, spiega quali e quante siano le realtà che si vedono da questa altura; mostra, per esempio, con un dito, qui il regno dei cieli, là l’eredità della terra superiore; poi mostra la misericordia, la giustizia, la consolazione, l’avvenuta parentela di tutto il creato con Dio e il frutto delle persecuzioni, che è divenire familiari di Dio; Cristo mostra poi quante al-tre cose è a loro possibile vedere, indicando con il dito, dall’alto del monte, ciò che è scorto dalla superiore visione, attraverso la speranza.

Dal momento che il Signore ascende al monte, ascoltiamo Isaia che grida: “Venite, ascendiamo al monte del Signore” (Is 35,4). Se anche ci asteniamo dal peccato, fortifichiamo, come indica la profezia, le mani ab-bandonate nella stanchezza e le ginocchia indebolite! Se infatti saremo sul-la sommità, troveremo colui che medica ogni malattia ed ogni infermità, prendendo su di sé le nostre debolezze e caricandosi delle nostre malattie. Pertanto corriamo anche noi per ascendere al monte, perché stabiliti con Isaia sulla sommità della speranza, possiamo vedere dall’alto tutti quei be-ni che Cristo mostra a coloro che lo seguono sulla vetta. Cristo dischiuda anche per noi la bocca e ci insegni quelle verità il cui ascolto è beatitudine. Siano per noi l’inizio della contemplazione di quanto abbiamo detto, le parole iniziali del suo insegnamento. “Beati i poveri di spirito, perché di es-si è il regno dei cieli”. Se un uomo, avido di ricchezze, trovasse delle lettere che indicano il luogo di un tesoro e se il luogo che contiene il tesoro richie-

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desse, a coloro che aspirano alle ricchezze lì sepolte, molto sudore e fatica, forse quell’uomo perderebbe coraggio di fronte alle fatiche? Forse trascure-rebbe il guadagno? Stimerebbe forse più dolce della ricchezza il non dover sopportare nessuna fatica per lo sforzo? No, certamente no! Chiamerebbe, anzi, tutti i suoi amici a questa impresa e, radunato attorno a sé, da ogni parte e per quanto fosse possibile, l’aiuto necessario allo scopo, grazie al numero della manodopera farebbe suo il bene nascosto. Questo, fratelli, è quel tesoro indicato dalla lettera, ma il bene prezioso è nascosto dall’o-scurità. Anche noi, dunque, che aspiriamo all’oro incorrotto, facciamo uso delle molte “mani” della preghiera, così che la ricchezza venga per noi alla luce e tutti ci dividiamo equamente il tesoro e ognuno lo possegga intero.

La spartizione della virtù, infatti, è di tale natura che, pur venendo divisa tra tutti coloro che se ne contendono il possesso, in ciascuno è pre-sente tutta intera, senza diminuire in coloro che vi partecipano. Nella spar-tizione della ricchezza terrena, infatti, colui che ha tratta per sé la parte più grande, commette ingiustizia verso coloro che volevano dividere in parti uguali; infatti rende più piccola la parte dei compagni, chi sovrabbonda nella sua. La ricchezza spirituale, invece, fa come il sole, che si distribuisce a tutti coloro che guardano verso di lui e rimane intero in ciascuno. Poiché dunque si spera, dopo la fatica, un guadagno uguale per ciascuno, uguale per noi tutti sia la collaborazione, attraverso la preghiera, nel richiedere ciò che cerchiamo.

Beatitudine ineffabilePer prima cosa, io dico, bisogna pensare attentamente alla beatitudi-

ne, cosa mai essa sia. Beatitudine è il possesso di tutte le cose che sono pen-sate come bene, a cui non manchi nulla di ciò che un desiderio buono può volere. Per noi potrebbe diventare più chiaro il significato di beatitudine; confrontandolo con il suo contrario. Il contrario di beato è infelice. L’in-felicità è la tribolazione nelle prove penose e non volute. L’atteggiamento delle persone che si trovano in queste due situazioni è diametralmente op-posto. Sicuramente, infatti, l’uomo che si stima beato, gioisce di ciò che gli è posto innanzi per il suo godimento e se ne compiace, l’uomo che si ritiene infelice, al contrario, si rattrista e si addolora della sua presente con-

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dizione. Ciò che è da ritenere veramente beato, dunque, è la divinità stessa. Qualsiasi cosa, infatti, noi stabiliamo che essa sia, la beatitudine è

quella vita incorrotta, è il bene ineffabile e incomprensibile, è l’inenarrabile bellezza, è la carità stessa, è la sapienza, la potenza, la luce vera, la sorgente di ogni bontà, la potenza che sovrasta ogni cosa; è il solo amabile, è ciò che permane perennemente inalterato, è il compiacimento senza fine, letizia eterna di cui, se uno dicesse tutto ciò che può, non direbbe nulla di ciò che la sua dignità comporta. Il pensiero, infatti, non può giungere a compren-dere ciò che la beatitudine è e se anche riuscissimo a pensare, riguardo ad essa, qualche cosa di ciò che è più sublime, l’oggetto del nostro pensiero non potrebbe essere comunicato con nessun discorso.

“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” Che cosa è dunque la povertà di spirito che permette di impadro-

nirsi del regno dei cieli? Nella Scrittura abbiamo imparato due generi di ricchezza; una è ricercata con sollecitudine, l’altra è condannata. È ricer-cata la ricchezza della virtù, rigettata quella materiale terrena, poiché una è possesso dell’anima, l’altra, al contrario, è conforme all’inganno dei beni sensibili. Perciò il Signore vieta di accumulare quel tipo di tesoro che gia-ce esposto al pasto delle tarme e all’insidia dei ladri (Mt 6,19). Egli ordina invece di avere sollecitudine per la ricchezza di quei beni superiori che la corruzione non può intaccare.

Parlando di tarme e di ladro Egli indicò colui che rovina i tesori dell’a-nima. Se dunque si oppongono la povertà e la ricchezza, certamente, se-condo l’analogia, anche la povertà che è insegnata nella Scrittura è doppia. L’una è da rigettare, l’altra è da stimarsi beata. Colui che è povero di tempe-ranza, o del prezioso bene della giustizia, o della sapienza, o della prudenza, o di qualsiasi altro tesoro prezioso, risulta povero e privo di beni, mendico, afflitto per la privazione e da compassionare per la povertà di beni prezio-si. Colui che, al contrario, è povero volontariamente di tutto ciò che viene pensato come male e non tiene nessun tesoro diabolico custodito nei suoi magazzini, ma vivendo di spirito si guadagna, grazie ad esso, il tesoro della povertà dei vizi, questo dovrebbe trovarsi in quella povertà beata indicata da Cristo, il cui frutto è il regno dei cieli.

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“Beati i miti, perché erediteranno la terra”Coloro che salgono in alto con una scala, quando calcano il primo

gradino, grazie ad esso si portano su quello superiore e, di nuovo, il secon-do gradino conduce al terzo colui che sale e questo al successivo e quello al gradino dopo di lui. Così anche colui che sale, sollevandosi dal luogo in cui si trova sempre più su, arriva fino al culmine della salita. Con quale mira inizio da queste considerazioni? A me pare che l’ordine delle beatitudini si disponga quasi come quello dei gradini, rendendo facilmente percorribile al discorso la salita dall’una all’altra.

Colui, infatti, che è salito con la mente al primo grado della beatitudi-ne, per una necessaria consequenzialità dei pensieri, raggiunge quello suc-cessivo, sebbene il discorso, ad un primo momento, sembri strano. “Non è possibile - dirà forse colui che ascolta - che, seguendo la disposizione dei gradini, l’eredità della terra venga dopo il regno dei cieli; se il discorso do-veva seguire la natura degli esseri, era più conseguente che la terra fosse po-sta prima del cielo, dal momento che per noi l’ascesa è dalla terra al cielo”.

Ma se saremo, per così dire, sollevati in alto dalla parola divina e se ci stabiliremo nelle regioni superiori alla volta celeste, troveremo là la ter-ra sovraceleste che è lasciata in eredità a coloro che hanno vissuto secondo virtù; non deve pertanto sembrare errato l’ordine della sequenza delle bea-titudini: prima i cieli, poi la terra che ci è proposta da Dio nelle promesse.

(S. Gregorio di Nissa)

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Due Papi Santi

Nella II domenica di Pasqua, 27 aprile 2014, sono stati canonizzati da papa Francesco, i papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Nel libretto del rito, distribuito in Piazza S. Pietro, compaiono i seguenti dati biogra-fici del loro papato.

S. Giovanni XXIIIAlla morte di Pio XII fu eletto

Papa, il 28 ottobre 1958, e assun-se il nome di Giovanni XXIII. Nel suo quinquennio papale, apparve al mondo come l’immagine auten-tica del Buon Pastore. Mite e soave, intraprendente e coraggioso, sem-plice e attivo compì i gesti cristiani delle opere di misericordia corpo-rali e spirituali, visitando i car cerati e gli ammalati, accogliendo uomi-ni di ogni nazione e di ogni fede esercitando verso tutti uno squisi-to sentimento di paternità. Il suo magistero sociale è contenuto nelle Encicliche Mater et ma gistra (1961) e Pacem in terris (1963).

Convocò il Sinodo Romano, istituì la Commissione per la revisione del Codice di diritto canonico, convocò il Concilio Vaticano II. Fu pre-sente come Vescovo nella Diocesi di Roma, visitando parrocchie e chiese del centro storico e della periferia.

Il popolo vide in lui un raggio della benignitas evangelica e lo chiamò «il Papa della bontà». Lo sosteneva un profondo spirito di preghiera; tra-spariva da lui, iniziatore di un rinnovamento nella Chiesa, la pace di chi confida sempre nel Signore. Si inoltrò decisamente sui sentieri della evan-gelizzazione, dell’ecumenismo, del dialogo con tutti, avendo la paterna

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preoccupazione di raggiungere i suoi fratelli e figli maggiormente tribolati.Morì la sera del 3 giugno 1963, all’indomani della Pentecoste, in

profondo spirito di abbandono a Gesù, nel desiderio del suo abbraccio, circondato dalla preghiera corale del mondo, che pare va essersi raccolto intorno a lui, per respirare con lui nell’amore del Padre.

Giovanni XXIII fu dichiarato beato da Papa Giovanni Paolo II, il 3 settembre 2000 in Piazza San Pietro, nel corso della celebrazione del Grande Giubileo dell’anno 2000.

S. Giovanni Paolo IIVenne eletto Papa il 16 otto-

bre 1978 e il 22 ottobre ebbe inizio il suo ministero di Pastore Univer-sale della Chiesa.

Papa Giovanni Paolo II ha compiuto 146 visite pastorali in Italia e come Vescovo di Roma, ha visitato 317 delle attuali 332 par-rocchie romane. I viaggi apostoli-ci nel mondo, espressione della co-stante sollecitudine pastorale del Successore di Pietro per tutte le Chiese, sono stati 104. Tra i suoi documenti principali si annovera-no 14 Encicliche, 15 Esortazioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. A Papa Giovanni Paolo II si attribuiscono anche 5 libri: “Varcare la soglia della speranza” (ottobre 1994); “Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio” (no vembre 1996); “Trit-tico romano”, meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); “Alzatevi, an-diamo!” (maggio 2004) e “Memoria e Identità” (febbraio 2005).

Papa Giovanni Paolo II ha celebrato 147 riti di beatificazione, nei quali ha proclamato 1338 beati, e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha tenuto 9 concistori, in cui ha creato 231 cardinali (e 1 in pec-tore). Ha presieduto anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio. Dal 1978 ha convocato 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 ge nerali

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ordinarie, 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali. Il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro ha subito un grave attentato.

Salvato dalla mano materna della Madre di Dio, dopo una lunga degenza, ha perdonato il suo attentatore e, consapevole di aver ricevuto una nuova vita, ha intensificato i suoi impegni pastorali con eroica generosità.

La sua sollecitudine di pastore trovò espressione, inoltre, nella erezio-ne di numerose diocesi e circoscrizioni ecclesiastiche, nella promulgazione dei Codici di Diritto Canonico latino e delle Chiese Orientali, del Cate-chismo della Chiesa Cattolica. Proponendo al Popolo di Dio momenti di particolare intensità spirituale indisse l’Anno della Redenzione, l’Anno Mariano e l’Anno dell’Eucaristia nonché il Grande Giubileo del 2000. Avvicinò le nuove generazioni indicendo la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù.

Nessun Papa ha incontrato tante persone come Giovanni Paolo II. Alle Udienze Generali del mercoledì (oltre 1160) hanno parteci palo più di 17 milioni e 600 mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze spe-ciali e le cerimonie religiose più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000. Ha incontrato milioni di fedeli nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo. Sono state numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite uffi-ciali e le altre 738 udienze e incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.

È morto a Roma, nel Palazzo Apostolico Vaticano, sabato 2 aprile 2005, alle ore 21.37, nella vigilia della Domenica in Albis o della Divina Misericordia, da lui istituita. I solenni funerali in Piazza San Pietro e la sepoltura nelle Grotte Vaticane sono stati celebrati l’8 aprile. Il rito solen-ne della beatificazione, sul sagrato della Basilica Papale di San Pietro il 1° maggio 2011, è stato presieduto dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, suo immediato successore e prezioso colla boratore per lunghi anni quale Pre-fetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Dai discorsi di Giovanni XXIII“In tutto il tempo pasquale la Chiesa farà risuonare il festoso annun-

zio: «Surrexit Doninus vere!». Il Signore è veramente risorto! Questo si deve dire anche di ciascuno dei suoi fratelli: «Surrexit vere!». È veramente risorto

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chi era in peccato! Sono risorti i dubbiosi, i diffidenti, i paurosi, i tiepidi! Sono risorti i tribolati, i do lenti, gli oppressi, i miseri! Questo è l’augurio che Noi vi facciamo diletti figli, con l’affetto paterno del Nostro cuore, che racchiude in sé le gioie e le prove di tutti coloro che la misericordia di Dio ci ha affidati. La Nostra preghiera sale fervidamente al Divin Salva tore per tutti e per ciascuno di voi: per i sacerdoti e per le anime a Dio consa-crate; per la gioventù balda e pensosa, futura speranza della Chiesa; per le famiglie cristiane, specialmente per quelle che nel loro grembo custodisco-no con maggiore fedeltà e sacrificio il deposito prezioso di una numerosa figliolanza; per coloro cui l’età avanzata fa mirare con ferma speranza la patria celeste; per colo ro che studiano, che insegnano, che lavorano; spe-cialmente per gli operai che compiono pesanti lavori nelle ore del giorno e della not te; per i malati, che tanto ci sono cari. A tutti vogliamo assicurare che non soltanto la Nostra particolare predilezione costantemente li segue, ma altresì che la loro vita, anche se nascosta e umile, è tanto preziosa da-vanti a Dio: «Vita vestra abscondita est cum Christo in Deo»(Radiomessaggio di Giovanni XXIII, Sabato Santo, 28 marzo 1959).

“Quasi nessuno sfugge alla triste seduzione del peccato. Le parole del Libro Antico attestano come la iniquità riempie il mondo, e segnano purtroppo la conferma del disordine individuale e collet tivo, che copre la terra.Una voce apostolica scrisse esplicitamente, a questo riguardo: «Se diremo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi». Ma ad ogni peccato vi è remissione. Il mondo ancora e sempre si regge perché la voce e il sangue di Cristo gridano pietà e misericordia.

A questo grido di pietà e di misericordia che il Cristo ripete dalle stille del sangue suo, con grande grido e lacrime, risponde l’invito dello stesso Divino Redentore al reciproco perdono dei fratelli tra loro, e al vero trion-fo, - diciamo: non illusione, non inganno, non pervertimento, ma vero trionfo di perdono e di pace.

Ripete lo stesso Evangelista, divenuto novantenne di età ma sempre giovane di innocenza e di spirito, Giovanni, il confidente di Gesù e di Ma-ria: Amiamoci scambievolmente, sinceramente e farete la pace(Giovanni XXIII, Udienza Generale, mercoledì 28 ottobre 1959).

don Mario Trebeschi

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O SS. Trinità,sorgente di ogni bene,

profondamente Vi adoroe, con la massima fiducia,Vi supplico di glorificare

le vostre fedeli ServeVenerabili Maddalena ed Elisabetta Girelli

e di concedermiper loro intercessione

la grazia...Padre nostro, Ave Maria e Gloria

N.B.: 1) Chi si rivolge al Signore con la suddetta preghiera, specie in caso di novena, affidi la propria intenzione all’intercessione di entrambe le venerabili sorelle.

2) Ottenendo grazie per intercessione delle Venerabili Serve di Dio Maddalena ed Elisabetta si prega darne sollecita comunicazione a: Compagnia S. Orsola - Figlie di S. Angela - Via Crispi, 23 - 25121 Brescia.

Chi desiderasse avere questo inserto da distribuire in Parrocchia, può richiederlo telefonando allo 030.295675.

Preghiera alle VenerabiliSorelle Girelli

per ottenere grazie!

Supplemento a “la Voce della compagnia di S. angela. BreScia”, maggio 2014, n. 2

Elisabetta Girelli Maddalena Girelli