Dott Pol ILE

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STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHEPlatone: solo conoscendo l'animo dell'uditorio possibile che il discorso raggiunga il suo scopo.

Il potere politico in una societ identifica e dunque distingue tra colui/coloro che esercitano il potere politico, ovvero fonte del comando coercibile (governanti) , e coloro che al potere politico sono sottomessi/sottoposti (governati). Grazie al potere politico la societ necessariamente GERARCHICAMENTE organizzata non c' possibilit di societ paritetica e orizzontale.

Inizio della riflessione degli uomini sulla vita politicaSi inizia dal 5 a.C dal pensiero greco perch la filosofia nasce in Grecia tra il 6 e il 5 secolo a.C. Si parte dalla Grecia perch la parola "politica", come tante altre, deriva dal greco: polis, forma istituzionalizzata che assunse il potere politico dall'8 secolo in avanti in Grecia, fino al 43secolo quando la Polis muore inglobata, trascinata nell'impero di Alessandro il Macedone.La riflessione sistematica/filosofica della politica non nasce con la polis stessa ma un po' pi tardi. Non che manchino documenti scritti riguardanti la storia antica ma si tratta di testimonianze che cercano di descrivere la realt storica dandone una spiegazione di tipo mitico/religioso/etico. A noi interessa INVECE la riflessione ordinata, sistematica sulla vita della polis compiuta dalla RAGIONE. Focus sulla vita nella polis, riflessione condotta dalla ragione. Ci occuperemo della teorizzazione che muove dalla realt sociale, dalla vita sociale, per elevarsi e darne una ragione ricavando all'esperienza storica concreta dei principi che trascendano l'esperienza e rendano ragione della stessa esperienza.

La parola "dottrina politica" viene introdotta negli anni 30 dell'800 con un preciso significato in Francia a partire dagli autori della Restaurazione: dottrina politica , secondo tale significato coniato in Francia, la concezione sistematica della politica finalizzata all'attivit pratica. La disciplina inizia ad essere insegnata nelle universit negli anni 20 del ventesimo secolo (900), con grandi maestri come Gaetano Mosca, Felice Battaglia, Gioele Solari. Tale disciplina nasce quasi simultaneamente alla nascita delle facolt di Scienze Politiche a Padova, Roma, Modena. Secondo alcuni pensatori la storia delle dottrine politiche lo "studio del pensiero riflesso riguardante lo stato". Ma lo stato solamente una forma storica, forse la pi evoluta e raffinata, peculiare dell'et moderna di organizzare qualcosa che viene prima dello stesso Stato: il potere politico. Il concetto di Stato verr trattato quando si introdurr l'et moderna. Stato moderno nasce nel 1648, trattati di Westfalia. Cos' la storia delle dottrine politiche? E' la disciplina che assume come problema primario il potere politico ma soprattutto il modo in cui il potere politico stato considerato, visto, teorizzato, tematizzato, argomentato dai vari uomini politici/pensatori nel corso della storia. Il potere politico la fonte gerarchica di erogazione degli imperativi sociali a cui si accompagna l'uso della forza. Due definizioni di potere politico: 1 Potere politico esercizio duraturo in forma istituzionale del comando coercibile da parte di alcuni individui su altri al fine di conseguire l'ordine in una societ data. (+ analitica) 2 Potere politico rapporto istituzionalizzato di dominio da parte di alcuni su altri in vista dell'ordine sociale. (+ breve) Si tratta di due definizioni formali che spiegano qualsiasi forma storica di organizzazione del potere politico stesso. Formali dunque NON contenutistiche.

La polis la precondizione per riflettere sulla politica. Politica: cose relative alla polis. Polis era

la citt stato, estensione territoriale ridotta; raggruppamento ottimale a cui aspirano gli esseri umani, unit per antonomasia della vita sociale; per essere umani si intendeva all'epoca i greci e non i barbari, uomini liberi e non schiavi. autarchica, autogovernava e autosufficiente sotto tutti i profili, per questo le citt erano perfette; ogni polis era indipendente dallaltra, come gli abitanti di una conducevano una vita separata da quelli delle altre polis.

Tra gli abitanti della polis la vita in comune era intensa, affettivamente rilevante. I rapporti che si stringevano erano simili a quelli di parentela, ciascuno sentiva gli altri come fossero membri della stessa famiglia, (il destino di uno interesse, e non di pettegolezzo, per gli altri). La vita era una vita ricca sotto tutti i profili, intellettuale, economico, giuridico, (e ovviamente politico). Nella polis la vita in comune consentiva di sviluppare tutte le potenzialit dell'uomo. All'interno della polis furono diverse le forme organizzative adottate: inizialmente monarchica, poi aristocratica, poi democratica, ecc. La riflessione sistematica e razionale sulla vita politica inizia ad ATENE nel 5 secolo, quando, prima con Cristene poi con Pericle, si introduce la forma di governo democratica. L'assetto democratico consentiva la pi ampia partecipazione dei cittadini (sempre intesi come maschi, adulti e liberi) alla vita e all'amministrazione della polis, e con questa sorge anche la riflessione sulla politica. Dunque la democrazia

il potere politico ha a che fare con l'esercizio della forza (rif. coercibile) che ne istituzionalizza e razionalizza l'uso della forza stessa. conseguimento dell'ordine in una societ, questo lo scopo. Ordine ovvero assenza di conflitti, disposizione di alcuni elementi secondo determinati criteri per evitare contrasti.

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quell'aspetto istituzionale che, basandosi sulla pratica della libert e favorendo l'uguaglianza, connesso alla riflessione sulla politica. Le leggi che vigevano nella polis erano elaborate quasi spontaneamente dai cittadini, i quali ripetendo una serie di comportamenti considerati conformi a giustizia e a bont, facevano diventare tali comportamenti in una sorta di regole e dunque, da un lato esprimevano il comune sentire di coloro che le praticavano senza necessit di renderle scritte, e dall'altro le rendevano necessarie. Il processo di formazione CONSUETUDINARIO. Le leggi per questo avevano carattere morale intrinseco, e si avvertivano come leggi NECESSARIE, alle quali difficilmente si poteva derogare. La deroga alle leggi era vista come disattendere ad un ordine che faceva male alla propria vita, all'intera Polis, al cosmo. La partecipazione alla vita della polis e il fatto che la tradizione culturale greca non prevedesse distinzione tra natura e leggi (o tra leggi della natura e leggi etiche/giuridiche) fa comprendere come l'uomo greco non potesse pensare a s stesso in termini individualistici. La percezione di s come un qualche cosa di diviso rispetto agli altri non era propria della mentalit dell'uomo greco il quale percepiva s stesso come membro indiviso, ma non riassorbito nella polis. L'uomo greco vede s come un tutt'uno senza tuttavia essere annullato nella polis. La polis cio non solo entit politica, amministrativa, giuridica, economica... La polis ha un carattere eminentemente etico. L'ethos della polis racchiude in s unitariamente aspetti politici, giuridici, morali, economici. Ogni uomo, ogni cittadino realizza s stesso in modo pieno all'interno della polis. La polis capace di soddisfare tutti i bisogni dell'uomo al massimo grado. In essa ciascuno trova la propria felicit. Ciascuno parte integrante della polis, partecipa pienamente alla vita della Polis, considerandola come fosse casa sua. E' l'habitat naturale dove si svolge la vita di ciascun uomo, e non avvertita come qualcosa di estraneo a s stessi. Non si avverte, nella polis, frattura tra vita pubblica e propria individualit. Non esiste uno iato tra pubblico e privato, non c' separazione, contrapposizione tra sfera privata e sfera pubblica. Non per forzatura, ma per SPONTANEO MODO DI SENTIRE E VEDERE. Le leggi che governano la citt, inizialmente prima del quinto secolo, sono sia della natura sia della citt, un tutt'uno, senza distinzione.

La rivoluzione che determina i cambiamenti della Polis si ha a partire dai sofisti. I sofisti sono uomini dotati di cultura. Nella Atene democratica esercitavano la loro attivit di insegnamento ai giovani. Tale attivit avveniva, come di consueto, pubblicamente ma anche sulla base di una remunerazione pagata loro da coloro che richiedevano l'istruzione per i figli. I sofisti insegnavano l'arte retorica (ne erano ottimi maestri): l'arte della persuasione. La forma di governo democratica che consentiva la partecipazione alle assemblee da parte dei cittadini offriva la possibilit di intervenire, ed essi insegnavano ai giovani a confezionare orazioni, discorsi, tesi con il fine di influenzare le assemblee, convincendole (carattere della persuasione) della bont dei contenuti dei discorsi stessi. Se il cittadino desidera che la propria tesi venga approvata deve essere un ottimo, abile oratore, deve egli stesso diventare maestro di arte della retorica per far prevalere la propria posizione in assemblea. Egli dovr far prevalere la giustezza della propria tesi (e non tanto la giustizia). ATTENZIONE PERO' ... L'arte del persuadere non legata al valore intrinseco di verit ma deve apparire giusta INDIPENDENTEMENTE DAL suo valore. I sofisti in altre parole trasmettevano la capacit di far in modo che una qualsiasi tesi fosse considerata VALIDA, senza un presupposto di VERITA'. L'opinione che prevale diventa vera solo per il fatto di essere stata considerata valida e approvata. I sofisti non hanno cuore il problema della verit, non si chiedono, come facevano i primi filosofi, qual il principio della realt ma si chiedono come CONVINCERE I CITTADINI AL DI LA' DELLA VERITA', OLTRE LA VERITA'. Ogni realt, secondo i sofisti, presenta contemporaneamente due facce opposte, una bianca e una nera. Non si pu dire quale sia la faccia autentica. La realt antinomica e antilogica, presenta sempre due facce. Ogni opinione pu essere buona o cattiva se viene fatta credere buona o cattiva a seconda della capacit dell'oratore. Si iniziano a insinuare nella cultura greca lo SCETTICISMO. Come definire lo scetticismo? Da un lato come posizione teoretica per cui la verit non esiste, dall'altro come scetticismo gnoseologico sulla base del quale si sostiene invece non tanto che la verit non esiste ma che la verit non conoscibile. La conseguenza pratica, che solo le capacit dell'oratore faranno giudicare buona o cattiva, giusta o ingiusta una determinata tesi. Non esiste un giudizio veritativo.Il termine "sofista" non differisce molto dal termine "sapiente". Il sofista l'esperto, "colui che sa" ma nel linguaggio comune tale vocabolo, da Platone in avanti (dunque fin dalla nascita del sofismo stesso), assume accezione negativa. Erano considerati mercenari, che vendevano sapienza conoscenza a pagamento, venditori di sapienza a buon mercato. L'immagine negativa riguardo i sofisti per certi versi fu corretta nel corso dell'800 quando metodologie di ricerca rivalutarono il ruolo dei sofisti. Non si pu non ammettere che i dialoghi di Platone somigliassero a quelli sofisti. Era difficile distinguere tra sofisti e antisofisti. Socrate fu considerato come il maggiore antisofista da Platone, Aristotele e altri. Aristofane e altri invece lo consideravano sofista.

Poi le leggi furono scritte, sistematizzate, ordinate: si inizi a ordinare un complesso di leggi che gi, per consuetudine, venivano rispettate.

La visione unitaria della polis entra in crisi a partire dal 5 secolo a.C.Tale secolo sia apogeo per Atene che riesce a stringere rapporti di pace con gli spartani e persiani, attuare ordinamenti democratici, far emergere opere architettoniche e tragediografe di indubbio valore ma anche secolo in cui per altri aspetti per si rivelano i germi della decadenza, che porteranno alla fine della polis nel suo complesso (non solo Atene dunque). L'indistinzione tra legge della natura e legge giuridica comincia ad essere posta in dubbio grazie alla pratica di governo democratico che ha luogo in Atene in quel periodo, grazie alla quale i sofisti possono dare la loro visione.

Perch questa difficolt nell'individuare il confine tra l'essere sofista e antisofista? Perch tutti i pensatori, almeno apparentemente, sembravano fare la stessa cosa: parlare, discorrere cercando di convincere gli altri con le proprie tesi.

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I sofisti insegnavano a pagamento ai figli dell'aristocrazia, e ci non solo gett discredito alla loro posizione ma introdusse anche novit nella cultura greca: la virt non legata esclusivamente alla nascita ma acquistabile, conseguibile grazie all'insegnamento. Anche coloro che non sono virtuosi per nascita, non provenendo da famiglia nobile, possono tuttavia acquisire nobilt e virt grazie all'apprendimento. La cultura greca, ateniese, inizia a conoscere una nuova forma di uguaglianza. L'azione virtuosa era sempre stata considerata come azione conforme alle leggi. Lo scetticismo pone in crisi tale concezione e la legge opinione travestita da legge. La legge, non discrimina pi comportamento giusto da quello sbagliato, non c' pi criterio oggettivo di giudizio, decade il criterio della bont oggettiva delle azioni, delle leggi proprie della tradizione etico-politica della cultura greca. Viene a mancare il ricorso alla tradizione. In altre parole i sofisti introducono nella cultura greca, e poi in generale, i germi di SCETTICISMO E RELATIVISMO. L'oratore abile sa travestire di verit la sua opinione e ad essa riuscir a dare una forma normativa se riuscir a persuadere l'assemblea. Il contenuto normativo delle leggi legato alle abilit degli uomini politici. Socrate, Platone e Aristotele si resero conto della gravit delle conseguenze di una visione sofista, cercarono di frenare i germi di decadenza che porteranno alla fine della Polis.

vale solo per coloro che di quello stato fanno parte. Ippia getta le basi per una totale dissacrazione delle leggi umane, dato che sono frutto dell'arbitrio. Egli manifesta un ideale cosmopolita ed egualitario, in contrasto alla mentalit corrente: solo la legge divide l'uomo. Antifonte introduce la separazione fra pubblico e privato, secondo Antifonte luomo sempre portato per natura a soddisfare i propri bisogni e perseguire il proprio utile. Proprio perch quasi una necessit per l'uomo pensare al proprio tornaconto, in pubblico, tende a ubbidire alle leggi, essendo esposto agli altri. In privato invece, non essendo visto da altri, decide se ubbidire o meno a seconda di ci che gli conviene di pi. La legge dello stato viene trasgredita solo quando possibile evitare la pena. Dunque esiste una dissonanza tra pubblico e privato. Il comportamento umano pur guidato dal soddisfacimento dei propri bisogni si divarica, conforme a natura corrisponde a verit, conforme alle leggi corrisponde allopinione. La legge di natura si deve seguire per quanto possibile. Ideale di uguaglianza fra tutti gli uomini, rompe il mito della radicale distinzione dei greci da tutti gli altri (i barbari). In modo diverso da Ippia e Antifonte ripropongono ed elaborano l'antitesi tra natura e legge, argomento che costituisce il portato maggiore dello scetticismo e del relativismo dei sofisti. Di Trasimaco ne parla Platone nel 1 libro di Repubblica. Egli sostiene che la giustizia per natura l'utile del pi forte: per natura (e dunque non per convenzione), gli uomini si associano, e tra essi comanda il pi forte ovvero colui che ha maggior grado di forza, ovvero potenza e forza fisica. Il pi forte dal profilo fisico detiene il potere per natura e perci comanda: quando il pi forte emana legge lo fa non tanto per il bene della comunit sottomessa ma per il suo personale utile e vantaggio. il valore della vita umana ricondotto alla conoscenza La giustizia non precede dunque lo stato, ma espressione della volont del pi forte. La volont perseguire il proprio vantaggio, vuole perpetuarsi, mantenersi e rinforzarsi, ci che al pi forte conviene e dunque ci che fa diventare ancora pi forte. Non esiste una giustizia antecedente alle leggi. La giustizia non valore universale trasfuso nelle leggi da un sapiente virtuoso che governa in quanto virtuoso. Platone lo identifica comunque come uno dei maggiori sofisti nel dialogo "Gorgia". Egli esprime una mentalit diffusa nel secolo 5 a.C. Secondo Callicle la giustizia l'utile dei pi deboli. Coloro che la esercitano il potere per Callicle sono i meno forti. Per Callicle, di fronte alla prevaricazione del pi forte, i pi deboli si coalizzano, associandosi e unendo le forze diventano essi i pi forti. In quanto pi forti assumono cos il potere. Nel gestire il potere hanno di mira l'utile e l'interesse loro proprio. Ci che differenzia la concezione di Trasimaco rispetto a quella di Callicle che la posizione dei pi deboli basata non tanto sulla natura, ma sulla convenzione, sull'accordo. Crizia riflette sulla religione/religiosit e osserva che in realt gli dei non esistono. Egli vuole dissacrare la religiosit tradizionale greca (elemento portante dell'intera civilt greca). Egli infatti afferma che gli dei sono stati inventati da un abile uomo politico che ha introdotto il

Protagora, Ippia, Antifonte, Trasimaco, Callicle, Crizia.Protagora considerato il massimo esponente del relativismo. "L'uomo misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. La parte "l'uomo misura di tutte le cose" dice che l'uomo, inteso non come concetto o idea dell'uomo ma bens come uomo singolo, in carne e ossa, ovvero ciascun uomo misura, criterio di giudizio di tutte le cose. Questo il manifesto del relativismo occidentale: ciascuno sulla base dei propri bisogni, criteri, opinioni, valori giudice e norma non solo per s stesso ma di tutte le cose. Nella sua opera "Le Antilogie" insegna l'abilit di far prevalere qualsiasi punto di vista. Il punto di vista di ciascun uomo importante perch la norma di giudizio. Chi stimola il consenso degli altri sulla propria norma di giudizio il migliore. La contrapposizione tra legge fisica e legge giuridica/politica della polis si realizza in particolare non tanto con Protagora quanto con Ippia e Antifonte. Ippia introduce la distinzione tra legge e diritto di natura e legge e diritto positivo dove positivo significa posto dallo Stato, dagli uomini. Secondo egli la natura unisce gli uomini. Tutti gli uomini sono uguali e tutti fratelli per natura. E' la legge delle polis che divide e separa le persone. La schiavit non esiste per natura, la legge che discrimina tra gli uomini. Ippia svaluta la legge dello stato quando questa si oppone alla legge della natura. Legge/diritto di natura sono universalmente ed eternamente validi. Legge/diritto positivo (dunque posti dagli uomini) sono invece caratterizzati dalla loro contingenza: la legge di uno stato legata ad un determinato territorio e momento storico e dunque

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timore degli dei per fare in modo che gli uomini ubbidissero alle leggi dello stato. Le leggi dello stato non sono capaci di imporsi in quanto tali; esse vengono rispettate dall'uomo perch teme di essere punito dagli dei con punizioni e castighi che possono avvenire sia nel corso della storia, come la pestilenza, ma anche nel mondo ultraterreno.

SOCRATE (469-399a.C.)Questi elementi, l'origine degli dei, la concezione della giustizia, la divisione tra physis (natura) e nomos (legge), sono espressioni della mentalit dei sofisti ai quali si oppose strenuamente Socrate. Socrate si oppone alla mentalit diffusa dai sofisti per cui si riteneva che nessuna verit fosse conoscibile. Per i sofisti infatti nessun oggetto era riconoscibile univocamente. Socrate fu considerato dal popolo ateniese sia come massimo sofista sia come maggiore anti sofista. Egli infatti si avvaleva apparentemente dello stesso metodo dei sofisti: l'oralit dialettica e il dialogo. Aristofane lo presenta (Le Nuvole) come il maggiore dei sofisti dandone un ritratto assai gradevole. Oggi ritenuto il maggiore degli anti sofisti. Socrate cerca disperatamente di fermare la decadenza della polis ateniese e della Grecia nel suo complesso attraverso i propri insegnamenti. Socrate chiacchierava molto e ricorreva spesso al dialogo. Il motto di Socrate riprende quanto detto dall'oracolo di Delfi: conosci te stesso. Gli uomini devono conoscere s stessi. La verit la conoscenza che va oltre l'opinione (greco, doxa). L'opinione una conoscenza fragile, apparente, destinata/sottomessa a discussione e analisi. Per definizione, l'opinione esprime conoscenza passeggera, che pu diventare occasione di approfondimento se ci si chiede la ragione della stessa opinione, il perch della diffusione. In s l'opinione non necessariamente sbagliata. L'opinione diventa l'occasione per conoscere ci che sta oltre e la sostiene. Questo qualcosa che sostiene l'opinione detto concetto. Il concetto fonda, sostiene, appoggia le opinioni ed al concetto che si deve "mirare" attraverso il metodo suggerito da Socrate. Nel dialogo platonico dal titolo "Sofista", Socrate dice che i sofisti hanno solo una conoscenza apparente delle cose, sono esperti dell'arte retorica MA non conoscono la verit. Per Socrate uno scherzo il fatto che i sofisti affermino di conoscere molte cose e di essere in grado di insegnarle in poco tempo e a poco prezzo. Per Socrate infatti si pu imparare solo nel lungo periodo e a nessun prezzo. La conoscenza non valutabile economicamente. Socrate cerca il concetto, ci che Platone chiamer poi "essenza". Egli invita l'uomo a conoscere s stesso: l'identit dell'uomo risiede nella sua anima, che per Socrate la ragione. L'anima, intesa come ragione, sede della vita intellettuale e morale, quella facolt che consente all'uomo di praticare la virt secondo tutti i suoi aspetti. Per Socrate la virt (o azione virtuosa) l'azione conforme al bene, l'azione buona in s stessa. Deriva che l'uomo virtuoso colui che abitualmente agisce per il bene, l'uomo che sa e che conosce, che agisce virtuosamente proprio in quanto sa.

Socrate ritiene che la virt si identifichi con la conoscenza, il vizio con l'ignoranza. Se virt conoscenza e vizio ignoranza, allora significa che chi agisce conforme al bene lo fa perch sa cos' il bene. Per converso chi compie il male lo fa perch si sbagliato credendo di ottenere il bene a causa di un errore e non perch la sua volont orientata al male. Il male non mai voluto per s stesso. Dunque il vizio, ci che si contrappone al bene ovvero il male, frutto dell'ignoranza e non imputabile a chi lo compie. La conoscenza il fulcro della vita umana. Per Socrate tutta la vita dell'uomo finalizzata alla conoscenza. Tale posizione detta intellettualismo etico e appare criticabile sotto diversi fronti. Critiche: non solo possibile agire conformemente a ci che contrario al bene, ma inoltre non sufficiente conoscere il bene per realizzarlo. (Esempio: So che fumare fa male, ma questo non basta a non farmi fumare). Il problema che rimane irrisolto sta nel fatto che non preso in considerazione il valore della volont. L'uomo non solo intelletto, ma la sua natura e la sua ricchezza sta anche in un'altra facolt: la volont. Per cercare la verit necessario un metodo dialettico che si compone di due momenti: 1. confutazione 2. maieutica. (la praticava questo metodo avviene mediante la maschera dell'ironia, che gli consentiva di affermare di non sapere: "so di non sapere". La dichiarazione di Socrate che afferma di non sapere l'affermazione di colui che umilmente interroga chiedendo di poter conoscere. Socrate, si oppone a chi afferma di sapere e di poter insegnare quel che sa. Socrate vuole far vedere che alla verit non si giunge da soli: la conoscenza della verit possibile solo grazie al dialogo e alla discussione, rinunciando a definizioni dogmatiche presuntuosamente affermate. Il sapere vero si costruisce solo grazie al dialogo tra gli uomini. Nessun uomo onnisciente. L'uomo pu conoscere attraverso il confronto. Ammettere la propria pochezza affermare gi una verit. Questa, il non disporre di conoscenza assoluta, l'unica precondizione necessaria per giungere a conoscenza. 1.Nella confutazione, Socrate si mette la maschera dellironia e dunque pone continuamente domande all'interlocutore, facendo risaltare le incoerenze della sua posizione. Dalla confutazione si giunge alla seconda fase, quella maieutica. 2Larte maieutica ,in questo momento Socrate pratica l'arte dell'ostetrica (l'arte del far nascere bambini). Cos come l'ostetrica fa in modo che le mamme partoriscano senza problemi, cos dice di fare Socrate. Attraverso le domande poste all'interlocutore egli fa in modo che l'interlocutore stesso si renda conto dell'errore ma inoltre giunga, attraverso le domande opportunamente poste, ad affermare una conoscenza vera. La verit viene fatta venire alla luce come un bambino e dunque non attraverso un percorso agevole e comodo ma anzi a tratti doloroso. La verit gi dentro l'uomo. Alla verit gli uomini possono giungere proprio perch gi in loro c' la verit. Le certezze apparenti che l'interlocutore esibiva sono scalfite dalla confutazione e convertite in sapere vero e autentico grazie all'arte maieutica.

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Socrate non giunge ad elaborare una teoria della logica in senso stretto. Le regole della logica saranno sistematizzate daAristotele. Il compito di Socrate condurre gli allievi, Platone in primis, ad un metodo di studio che tutti possono praticare ma solo i pi capaci sanno approfondire. Tale metodo va applicato anche alla politica dato che tutta la vita vita politica e tutti gli uomini devono conoscere. Sarebbe auspicabile che coloro che governano fossero virtuosi ovvero conoscessero la storia, il presente, lanimo umano, oltre le tecniche per amministrare bene la citt. La vita nella polis possibile solo se la virt praticata diffusamente. Non tutti gli uomini sono virtuosi e non sempre quindi possibile una vita felice. Socrate stesso "vittima" dell'ignoranza degli uomini. Egli venne infatti condannato a morte in quanto considerato responsabile di corruzione della giovent e di aver inventano nuovi dei. Fu prima imprigionato e poi condannato a morte (a bere la cicuta). Nell'attesa della morte i suoi allievi tentarono di convincerlo a fuggire. Socrate rifiuta di fuggire dalla prigione raccontando un sogno che aveva fatto: la prosopopea delle leggi. Tali leggi gli dissero che ad esse egli doveva la sua vita. Ora queste leggi, pur intese non conformemente al bene, gli davano la morte. Ma Socrate, per far in modo che venisse affermata l'importanza di tutte le leggi, sostiene che grazie ad esse ha avuto assicurata una vita felice e buona. Ad esse egli si sottomette anche se al momento della condanna gli appaiono INGIUSTE. La sottomissione alle leggi, che dunque fu assoluta, voleva dire sottomissione alla citt e riconoscere importanza della polis. Senza le leggi la polis non esiste, siano esse buone o cattive. Esse stesse rendono possibile la vita al loro interno e dunque ad esse SEMPRE CI SI DEVE SOTTOMETTERE. Socrate muore serenamente bevendo cicuta.

Platone insegna filosofia, nominata cos in onore di un eroe greco la cui statua era collocata nelle vicinanze. Sulla base del progetto che egli elabora nella sua opera "La Repubblica" torna una seconda e una terza volta a Siracusa, ma senza alcun successo. Dunque egli prova fuori dalla patria Atene a realizzare un progetto di stato perfetto elaborato nella scuola, senza per riscuotere successo. Ad Atene, Platone rifiuter sempre non solo di praticare l'attivit di Governo ma anche di predisporre una Costituzione per la citt. La condanna etica nei confronti della propria citt da parte di Platone stata totale, in ragione della morte data a Socrate. Platone scrive 34 dialoghi, un discorso "Apologia di Socrate" e un corpo di lettere. Le fonti scritte sono molte. Tutte le opere di Platone sono nella forma del dialogo. Perch questa forma? Tra la fine del 5 sec. a.C. e il 4 sec. a.C. in Grecia si passa da una forma di cultura orale a una cultura in cui fa l'ingresso decisivo la scrittura. La scrittura diventa mezzo di comunicazione e di trasmissione del sapere. Ecco la rivoluzione. Fino ad un certo punto la trasmissione della conoscenza avveniva in modo orale: la parola era l'unico veicolo riconosciuto in grado di diffondere il sapere. Nel corso del 6 secolo gli autori avevano iniziato a scrivere le opere presentando il testo, il libro, come farmaco per la memoria. L'utilit dello scritto era di essere sussidio alla memoria che a volte tradisce e inganna, alle facolt mnemoniche. Solo poi nel corso del tempo, inizia ad avere ruolo diverso. A partire da Platone in avanti il libro non pi solo medicina ma diventa una forma per acquisire il sapere. La fine di questo processo sta nel giungere a far in modo che con il testo scritto si IMPARI qualcosa di nuovo. Il testo, dopo essere stato scritto, acquista vita propria indipendente dall'autore, vita che si ricrea e riparte ogni volta che un lettore intraprende la lettura, determinando una vita diversa per lo stesso testo. Una persona che legge un testo pu apprendere nozioni mai conosciute prima e dunque arricchire il proprio bagaglio. I sofisti hanno iniziato ad usare il testo scritto come strumento di apprendimento per fissare nei testi scritti le tecniche che essi stessi impartivano ai discenti in modo orale. Attraverso i sofisti i libri diventano riferimenti/manuali per apprendere. Socrate non scrisse nulla perch a suo parere il testo scritto non avrebbe potuto dare la possibilit di conoscere alcun che: la verit, ovvero il conoscere, raggiungibile solo con il confronto e il dialogo. Platone, miglior allievo di Socrate, si pone a met tra i sofisti e il maestro per quanto riguarda l'approcio alla forma scritta. Mentre Socrate non aveva scritto nulla e mentre i sofisti avevano messo nei libri anche le tecniche che i loro discenti dovevano apprendere, Platone non disdegna lo scritto ma cerca di scrivere in modo da rispecchiare la tecnica del maestro, per conoscere e conoscere bene. Ecco il perch dei dialoghi: per evitare il tradimento totale del maestro riconosce che il dialogo la via attraverso cui giungere a conoscenza ammettendo per che i dialoghi possano esseri scritti e narrati. Con il dialogo si giunge a veicolare la conoscenza, con un avvertimento per. L'avvertimento espresso da Platone nel Fedro. Platone, nel Fedro scrive che filosofo solo colui che conosce qualcosa di pi rispetto a quello che scrive nei testi. Chi esaurisce tutto il proprio

PLATONE(428/7 347 Atene)Proviene da famiglia aristocratica e presto avviato alla carriera politica. Il suo maestro fu Socrate. Platone non era di orientamento democratico. Platone rimane sconvolto dalla morte di Socrate e non riesce ad accettare che la sua citt abbia dato morte ad uomo cos sapiente. L'entusiasmo dei primi anni gli fece pensare che la vita potesse essere conforme al bene, mai pi, dopo la morte del maestro, si impegna nel governo della polis ad Atene. Egli continua a dedicarsi alla politica attiva altrove, in Sicilia, a Siracusa, dove si reca per tre volte. Egli conosceva Dione, cognato di Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa. Dopo la morte di Socrate, Platone compie un viaggio attorno al Mediterraneo. In quel periodo erano diverse le scuole filosofiche che stavano assumendo identit. A Taranto era attiva la Scuola Pitagorica che avr qualche eco nella vita di Platone. Siracusa fu una delle citt pi fiorenti del Mediterraneo e qui, con 3 tentativi, Platone cerca di realizzare la citt ideale, facendo quasi da "consigliere del regnante". I tre tentativi non andarono a buon fine. Dopo il primo tentativo Platone viene imprigionato e venduto come schiavo: appena viene liberato, torna in patria. I suoi disegni politici non erano stati considerati accettabili e praticabili dai siracusani. Nel tornare ad Atene fonda l'Accademia: scuola in cui

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sapere nei testi non filosofo. Il vero filosofo possiede cose di maggior valore rispetto a quelle che affida al testo scritto. Egli stesso scrive nella lettera settima "delle cose supreme e prime non si pu e non si deve scrivere". Di questi principi supremi non si pu scrivere nulla perch di essi il maestro parla ai suoi allievi e quando discepoli e maestro insieme parlano di questi temi essi sono in grado di capirsi e di capire a fondo il principio; una volta che il maestro abbia affidato/condiviso con gli allievi la conoscenza dei principi primi, tali allievi mai pi dimenticheranno quanto imparato. Ci che il maestro riesce a insegnare agli allievi riguardo i principi primi rester inciso in modo indelebile nel loro animo e dunque non necessario affidare tali principi agli scritti perch lo scritto non ha valore di sussidio. Inoltre Platone ritiene che se si scrivesse delle verit ultime si rischierebbe di banalizzarle. Le verit ultime sono infatti le pi semplici e chi le leggesse su un testo scritto rischierebbe da un lato di affermare di averle capite ma con il rischio di travisarne inesorabilmente il significato. Necessariamente queste verrebbero volgarizzare e impoverite. Gli scritti di Platone dunque sono stati composti come dialoghi e sono IMMAGINI DELL'ORALIT'. Come ogni immagine hanno un rango inferiore della realt che vogliono esprimere ma in quanto immagini cercano di riprodurre fedelmente il modello, ovvero la realt. Essendo opere alla ricerca della verit, sono composte in forma del dialogo proprio perch alla verit vogliono giungere e far giungere. I dialoghi di Platone sono validi anche sotto il profilo letterario ("La Repubblica" un capolavoro). Le sue opere hanno una ottima valenza drammaturgica, i personaggi sono ben caratterizzati anche sotto il profilo psicologico. Socrate protagonista di quasi tutti i dialoghi, tranne le leggi. Inizialmente, nei dialoghi della giovinezza, attraverso il personaggio "Socrate", Platone esprime s stesso esprimendo le proprie convinzioni. Nei dialoghi della maturit invece Platone, attraverso il personaggio di Socrate, esprime la filosofia platonica vera e propria. Dialoghi della vecchiaia: povera vividezza. Nel Fedro, Platone scrive "un buon scrittore di discorsi deve avere tre punti essenziali": 1. conoscere la verit da comunicare = esperto, deve egli stesso avere la conoscenza da trasmettere 2. deve essere esperto del metodo con cui si giunge alla verit (dunque non solo contenuti ma anche il metodo che porta ai contenuti) 3. conoscere l'anima delle persone a cui si rivolge. Lo scrittore deve innanzi tutto conoscere la verit: cos' la verit? Per Platone conoscere la verit significa conoscere l'essenza stessa delle cose. L'essenza l'idea. L'idea quello che fa si che una cosa sia quello che . Idea essenza della realt, la verit. L'idea, in altre parole, ci che rimane identico in tutte le cose che portano lo stesso nome. L'idea ci che non muta cambiando una singolarit. In quanto essenza, qualcosa che non nasce e non muore: non nascendo e non morendo sempre uguale a s stessa, non muta, eterna ed ci senza la quale la mente non potrebbe pensare. Ha carattere di unit. Si giunge all'idea se si riesce a unificare la molteplicit delle cose e se al di l delle

apparenze si riesce a trovare ci che comune a tutto quello che porta lo stesso nome. Nelle opere di Platone ha una grande rilevanza il mito. (La filosofia un discorso su base razionale, ricerca dei principi della realt che si compie mediante ragione). Platone ritiene che alcune verit non siano trasmissibili in forma logica razionale, dunque la forma efficace un forma alogica (senza logica), ovvero il mito. La vita ha parti non sempre razionali. La mente umana si esprime attraverso le immagini e non solo attraverso concetti. L'artista non ha declinazione esclusivamente logica e razionale. La filosofia nasce proprio segnando il passaggio da una spiegazione mitica della realt a una spiegazione su base razionale della realt stessa. Hegel, 19 secolo, nelle sue lezioni di storia della filosofia: il mito si usa quando il pensiero non ancora completamente autonomo e libero. Nel 900 Heidegger: il mito si usa quando si deve dar ragione non tanto del pensiero ma della vita, non sempre esprimibile in termini razionali. Dato che sostanzialmente l'uomo esprime s stesso con la ragione ma anche con le immagini in Platone possiamo rinvenire due modalit:di comunicazione e di trasmissione. Platone presenta alcune verit con i miti perch la spiegazione diventa pi accessibile, comunicabile, ostensibile. Attraverso un mito Platone descrive il processo conoscitivo nell'uomo. L'idea l'essenza della realt: come per conoscere le idee? Qual la modalit per l'uomo di conoscere? Platone per rispondere si avvale di un mito: il mito della Caverna. E' raccontato nel capolavoro di Platone, "Repubblica". Platone immagina che gli uomini siano rinchiusi in una caverna, nella quale non c' luce naturale. Questa scavata nelle profondit della terra e si pu uscire solo attraverso uno stretto cunicolo. L'uomo a cui si fa riferimento uno schiavo in catene, imprigionato assieme ad altri. Tali prigionieri sono incatenati e seduti, con il viso e dunque gli occhi rivolti verso la parete di fondo della stessa caverna. Platone immagina che sia costruita una cortina dietro gli uomini incatenati. Viene acceso un fuoco dietro la cortina stessa e sul muricciolo vengono fatte scorrere delle statuine che riproducono fedelmente la vita che si conduce nella polis, la realt. Dall'esterno inoltre giungono voci che fanno sentire come scorre la vita all'esterno. Essi ritengono che la realt esterna sia completamente riconducibili allo scorrere delle ombre. Gli schiavi sono tali dalla nascita e dunque possono solo immaginare. Uno schiavo riesce a liberarsi e, girandosi, vede innanzi tutto le statuine: capisce che le ombre erano solo apparenza della realt, il vero erano le statuine. Platone suppone inoltre che, con grande fatica, questo schiavo riesca a guadagnare l'uscita dell'altro. La fatica dovuta al fatto che le sue forze, in quanto schiavizzato, fossero minime, ma anche al fatto che l'uscita fosse raggiungibile solo percorrendo una salita molto erta. Con grande sforzo lo schiavo riesce ad uscire dalla caverna. Platone ipotizza che l'uscita avvenga la notte e che vicino all'uscita dell'antro vi sia un lago. Sullo specchio d'acqua illuminato dalla luna piena si riflettono immagini della natura circostante. La notte consente allo schiavo che si libera di guardare le immagini specchiate e di scorgere gli alberi che crescono lungo la riva. Con il fare del giorno la luce si fa sempre pi viva e le immagini che si specchiano sul lago cambiano di continuo. Gli occhi dello schiavo non sono abituati alla luce, perch era stato per molto tempo al buio: Era abituato alla scarsa luminosit, non alla luce. Per un po' di tempo dunque lo schiavo costretto a tenere gli occhi bassi e solo dopo potr guardare con i propri occhi il cielo e al mondo.

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Tutto ci rappresenta il percorso conoscitivo che l'uomo, non tutti gli uomini, pu e potrebbe compiere. Vi sono 4 momenti identificati che rappresentano altrettanti gradi del processo gnoseologico. La prima forma/modalit conoscitiva di cui ciascun uomo si avvale nella vita, facendone esperienza, la conoscenza di tipo sensoriale. Ogni conoscenza muove necessariamente dalle sensazioni corporee. Il secondo momento quello legato alla liberazione dello schiavo stesso che si gira e vede le statuine. La conoscenza che ne deriva la conoscenza delle opinioni fondata su ci che si dice e su ci che la gente pensa e ritiene sia vero. E la rielaborazione delle sensazioni. Solo con difficolt e sforzo l'uomo giunge al terzo grado della conoscenza: le immagini della realt che si specchiano sul lago. Questa immagine del mondo sul lago rappresentata dalla conoscenza di tipo matematico: per essere conquistata richiede grande fatica. Platone era stato introdotto allo studio della matematica a Taranto nella Scuola Pitagorica. Per i pitagorici il numero l'essenza della realt. La conoscenza della matematica una conoscenza senza dubbio pi elevata delle opinioni e sensazioni ma tuttavia non l'ultima fase del processo conoscitivo. L'apice si ha con la conoscenza delle idee: lo schiavo, definitivamente libero e in grado di alzare gli occhi al cielo, alza lo sguardo alla luce e vede il mondo. In quel momento si realizza la conoscenza delle idee, dell'essenza della realt. Non tutti gli schiavi riescono a liberarsi. Tra l'altro, tra coloro che si liberano, non tutti riescono a raggiungere l'uscita. Lo schiavo che, avendo guadagnato l'uscita, giunge al quarto gradino, ovvero alla conoscenza delle idee, colui che nella realt il filosofo. Solo il filosofo giunge alla conoscenza delle idee. La conoscenza delle idee conoscenza intuitiva e non di tipo discorsivo: il filosofo vede le idee e le riconosce ad istinto senza esserne partecipe n riuscire a descriverle pienamente, neanche a s stesso. Il filosofo che arriva al quarto grado messo nelle condizioni di conoscere le idee, e le conosce in modo indistinto, unitario, intuitivo (Platone parla a tal proposito di conoscenza noetica basata sul nous, che si contrappone alla conoscenza dianoetica). Il filosofo conosce le idee ma non ne partecipa in maniera piena: diversamente sarebbe egli stesso una idea. Il filosofo non possiede le idee e difficilmente le pu comunicare agli altri, se non in maniera parziale e approssimativa. Per quanto approfondita e chiara gli pervenga la conoscenza delle idee, egli non sar mai capace (nemmeno essendo il pi virtuoso di tutti) di rendere partecipi gli altri del contenuto delle idee stesse in modo pieno. Platone non rischia di cadere nel razionalismo: posizione teoretica che ritiene possibile alla ragione umana attingere la verit in modo pieno ed esaustivo. La posizione razionalistica una posizione dogmatica che presuppone nell'uomo una facolt razionale perfetta, che permette alluomo di riconoscere la verit, ma si scontra con la realt dei fatti e con la constatazione che tanti uomini hanno ciascuno una loro ragione e con il fatto che l'uomo non riesce a pronunciare nessuna parola definitiva sulla verit. Ma la perfezione implica l'immobilit, la ragione dell'uomo per questo non perfetta, essendo l'uomo mobile e mutabile. Dopo aver conosciuto le idee, il filosofo non si limita a contemplare. Platone racconta che lo schiavo/filosofo deve tornare, dentro alla caverna e svolgere un ruolo pedagogico nei confronti degli altri schiavi (deve renderli partecipi di quanto visto fuori) per far si che anche loro possano liberarsi e guadagnare cos nuove tappe del processo conoscitivo. Gli

schiavi sono, in sostanza, tutti gli uomini. Alcuni potranno arrivare alla prima fase, altri alla seconda, altri alla terza, e cos via: pochi arriveranno alla conoscenza delle idee. Quei pochi dovranno cercare di convincere gli altri. La Repubblica il dialogo pi lungo che Platone abbia mai composto. Rappresenta la sua piena maturit. Fu scritta attorno ai 40 anni. Tale dialogo a livello stilistico molto raffinato. Platone ritorna pi volte nella stesura data la perfezione stilistica dell'opera. Dieci libri. Il primo fu scritto per ultimo e costituisce il proemio/introduzione ai temi trattati. E' un dialogo eminentemente politico. Il titolo la traduzione del latino "res publica" (cosa pubblica) che traduce il greco "politeia" (tutte le cose che riguardano la vita della polis). Platone, in questa opera, vuole presentare lo stato nella sua interezza e complessit. Egli affronta il tema della giustizia, dell'origine naturale o convenzionale dello stato stesso, dell'organizzazione interna dello stato, dell'educazione dei cittadini e dei governanti. Egli tratta anche della descrizione della degenerazione dello stato individuando le ragioni della decadenza. Primo libro: narrazione e presentazione della scena in cui si svolge il dialogo. Secondo libro: viene introdotto e approfondito il tema della giustizia. Terzo libro: educazione dei custodi. Quarto libro: Platone specifica che lo stato del quale sta parlando lo stato ideale. Specificando unanalogia fra struttura dello stato e anima delluomo. Settimo libro: mito della caverna Ottavo libro: ciclo delle costituzioni La repubblica fu scritta con l'intento di presentare lo stato ideale ma venne composta dopo il fallimento del primo viaggio a Siracusa. Nonostante la delusione della polis siracusana (o forse proprio in ragione di ci). Personaggi sono Socrate, Trasimaco, Glaucone e Adimanto e figli di Cefalo. Socrate partecipa ad una festa nel porto di Atene, il Pireo, in onore di una dea della Tracia. Insieme con amici egli stava rientrando verso casa. Cefalo invita gli altri a fermarsi a casa sua e l si svolge il dialogo. Inizia una discussione su che cosa sia la giustizia. Ciascuno presenta la propria concezione in merito, rifacendosi ai luoghi comuni sulla giustizia stessa. Ad un certo punto, durante il dialogo, interviene Trasimaco per il quale la giustizia non altro che l'utile del pi forte. Essa infatti esclusivamente manifestazione del vantaggio di chi governa, legata al capriccio di chi governa e semplice manifestazione della volont di chi governa. La giustizia ha origine,non dunque naturale, ma esclusivamente umana. Concezione formale e non contenutistica, valoriale. Questa concezione viene analizzata da Socrate. Socrate si avvale della metafora dell'arte medica: dire che la giustizia utile del pi forte equivale ad affermare che il medico cerca esclusivamente il proprio utile: sarebbe come dire che per il malato giusto ci che conviene ed utile al medico. Il medico quando guarisce qualcuno acquista indirettamente dei vantaggi in termini di ritorno dimmagine, ma prima di tutto il buon medico cerca la salute del paziente e allo stesso modo anche l'uomo che governa la citt deve cercare e promuovere il bene della citt stessa. Una azione si pu considerare come politica solo se ha come riferimento il bene della polis. L'azione finalizzata all'utile di chi governa non pu essere nemmeno definita come azione politica. L'azione politica sar poi giusta se sar conforme alle regole dell'arte regia. La politica viene definita da Socrate

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arte regia. L'agire giustamente da parte dell'uomo di governo avr ricadute benefiche su tutti i cittadini e anche su egli stesso. Trasimaco dunque avrebbe confuso l'effetto particolare, il ritorno d'immagine che ha il politico e che ha l'attivit di governo, con l'effetto generale. Quando ci si chiede chi sia l'uomo giusto e quando si possa definire giusto l'uomo, Socrate propone di fare come fanno i miopi. Il miope vede bene gli oggetti vicini e male quelli lontani. Anzich chiedersi quando l'uomo giusto, si pu esaminare la giustizia nell'uomo: la giustizia nello stato la stessa cosa che la giustizia nell'uomo. Per Platone lo Stato l'uomo in grande. Fondamentale ed definire una visione organicistica dello stato stesso. La differenza tra singolo uomo e lo stato una differenza esclusivamente quantitativa e non qualitativa. Questo significa che la polis costituita da una pluralit di uomini che costituiscono un tutto unico che ha fisionomia analoga a quella del singolo uomo. L'uomo singolo la polis in piccolo ma la polis non la mera somma numerica degli uomini. La polis ha fisionomia e identit propria pur essendo analoga a quella dell'uomo. Come ognuno ha vita biologica, cos accade per la polis: nasce, cresce, matura, decade. Concezione organicistica anche sostenere che lo stato non ha una origine convenzionale. Cos come la vita biologica sottratta alla volont dell'uomo che la vive, anche la vita dello stato ha un decorso naturale. La vita politica quindi una vita secondo natura e non esiste una vita apolitica. Platone ricorre alla ricchezza e molteplicit dei bisogni dell'uomo per spiegare la sua necessit di vivere in comunit. Ciascun uomo non in grado di soddisfare i bisogni da solo deve vivere insieme con i suoi simili poich c l'uomo pi abile nel lavoro intellettuale, quello abile nel lavoro manuale, quello abile in ... , ecc (concezione moderna della divisione del lavoro o visione classica di specializzazione). Solo grazie al fatto che ciascun uomo dia il meglio di s ed esprima al meglio le proprie capacit mettendole al servizio degli altri, consente agli uomini stessi di realizzare al massimo le proprie potenzialit razionali e morali. Gli uomini sono interdipendenti. Lo stato nasce dalla differenziazione dei bisogni e sulla base del principio della competenza e ognuno svolge il ruolo che pi si addice alle proprie capacit. ( Rifacendosi al principio socratico dellintellettualismo etico, ciascuno fa quello che sa fare, conosce meglio) Per Platone, l'uomo non si pu accontentare di soddisfare esclusivamente i bisogni primari ma aspira ad una vita piena. L'uomo animale destinato a vita sociale (vita sociale corrisponde a vita politica per greci) proprio in ragione della sua natura ricca, della necessit di soddisfare tutti i bisogni e della impossibilit di farlo da soli. Lo stato perfetto, stato ideale, stato organizzato sulla base della divisione del lavoro e delle competenze. Platone individua almeno 3 funzioni necessarie alla vita dello stato: 1. Funzione di produzione dei beni: funzione economica, che prevede coltivazione della terra e sviluppo dell'artigianato, per rendere comoda la vita nella Polis. Vi poi una funzione di coordinamento e comando, che divisa in due, determina: 2. Funzione eminentemente organizzativa. Nello stato necessario che ci siano uomini capaci di mantenere l'ordine interno e difendere lo stato da nemici esterni. 3. Funzione di governo vera e propria, detta oggi in modo improprio e riduttivo "politica".

A queste corrispondono 3 classi di uomini che esercitano tali funzioni: 1. Demiurgoi: artigiani, contadini, e il resto della classe produttiva (funzione di produzione beni). 2. Custodi guerrieri: assicurano l'ordine interno e la difesa dai nemici esterni (funzione eminentemente organizzativa) sono assicurati dai custodi guerrieri. 3. Custodi reggitori: esercitano la funzione di governo ovvero di comando. Sono coloro che reggono le fila dello stato. I custodi reggitori hanno la funzione di guidare lo stato e di controllarlo in quanto essi conoscono l'idea di stato e cercano di renderla realizzabile, concretizzandola. Essi sono coloro che conoscendo l'idea di stato presiedono alla vita sociale e sono competenti nell'arte regia, di governo. Per conoscere l'idea di stato necessario che chi governa sia un filosofo. Come si gi detto nel mito della caverna, non tutti gli uomini sono in grado di arrivare a conoscenza delle idee: solo i filosofi possono. Tali filosofi hanno anche il compito di far conoscere anche gli altri e di condurli alla conoscenza nei gradi superiori. Il ruolo del filosofo nello stato innanzitutto di cercare l'idea di stato. Dopo aver cercato, conosciuto, contemplato l'idea di stato, essi devono necessariamente proporre modelli di stato conformi all'idea di stato che hanno conosciuto e linee politiche concrete. I custodi reggitori hanno un compito cos elevato che ad essi richiesta una dedizione assoluta al compito che devono svolgere nello stato stesso. La conoscenza delle idee non traguardo ottenibile senza fatica. Solo con la fatica si trovano e propongono forme di stato sulla base dell'idea. A tutte e tre le classi, custodi e demiurgoi, richiesta dunque dedizione assoluta al compito. Diversamente infatti, lo stato non sarebbe uno stato ben organizzato ma soprattutto giusto. Per Platone uno stato giusto se organizzato sul principio del fare competente e ciascuno all'interno dello stato svolge la funzione che pi si addice alle proprie doti e caratteristiche. Lo stato l'uomo in grande, e come l'uomo conosce una sorta di vita biologica. Parallelismo stato-uomo: cos come lo stato ha una struttura tripartita, anche nell'uomo Platone individua 3 funzioni vitali, denominate anime: Questo avviene nel dialogo Fedro, e ne riparla nella Repubblica. 1. concupiscibile: La prima anima, la concupiscibile (concupiscenza: passione) destinata a soddisfare le pulsioni, i bisogni umani, le passioni ineliminabili di cui l'uomo vive. (temperanza) 2. irascibile: La seconda anima, irascibile legata all'aggressivit (ira). Si tratta di una pulsione positiva che deve essere convogliata in modo buono e ben indirizzata per far si che l'uomo dia il meglio di s. L'anima irascibile dunque presiede alla gestione dell'ira/aggressivit. (coraggio/fortezza - no forza) 3. razionale: La terza anima, razionale, orientata alla conoscenza. (sapienza) Per spiegare queste anime, Platone ricorre al mito della biga alata. Vi una biga trainata da cavalli, che vola in cielo. I due cavalli rappresentano l'anima irascibile e l'anima concupiscibile. L'aurga che guida il cocchio l'anima razionale. Il cavallo che identifica l'anima concupiscibile tende a muoversi verso la terra per soddisfare le passioni. Il cavallo che identifica l'anima

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irascibile mediano: pu andare sia verso alto sia verso basso e dunque pu trascinare il cavallo verso l'alto se l'auriga guida il cocchio con mano sicura e ferma. L'alto verso cui il cocchio dovrebbe tendere l'Iperuranio, la sede delle idee a cui ciascun uomo dovrebbe aspirare. La conoscenza di tali idee, ricordiamolo, rappresenta il fine di ogni uomo. Se l'auriga non tiene la mano ferma, l'uomo tender a farsi dominare dalle passioni e dunque il cocchio tender alla terra. Dunque l'uomo ritenuto giusto quando le 3 anime sono condotte dall'anima razionale. Ci avviene quando ogni anima agisce secondo virt. Se l'anima razionale agisce con la virt della sapienza sapr guidare il cocchio verso l'empireo. Se l'anima irascibile viene guidata alla virt del coraggio o della fortezza (e non forza che fatto e non virt) allora l'aggressivit sar gestita in modo buono. L'anima concupiscibile, deve essere praticata e vissuta secondo una giusta misura, che virt della temperanza. Per Platone, essere virtuosi significa agire secondo giusta misura. La giustizia si esprime, a parere di Platone, anche come armonia. Quando in ciascuno c' armonia tra le 3 anime e quando nello stato c' armonia tra le classi, l'uomo e lo stato saranno giusti. L'armonia un termine ripreso dalla musica. Platone lo mutua dalla filosofia pitagorica. Il "3", che per i pitagorici il numero perfetto, torna nella composizione delle classi dello stato ideale e delle anime dell'uomo ideale. La corrispondenza tra organizzazione dello stato-struttura dell'uomo significa anche che i custodi reggitori esercitano la propria funzione secondo sapienza, che i guerrieri custodiscono lo stato con coraggio e fortezza, e che i demiurgoi praticano attivit secondo temperanza. Platone si chiede poi: Come viene selezionata la classe dirigente? Ci sono abbastanza individui per classe? Come avviene la divisione in classi? I custodi reggitori hanno il compito di individuare la capacit di ciascuno affinch ognuno possa dare il meglio di s stesso e possa essere collocato nella classe adeguata. Platone non immagina una societ con mobilit sociale, salvo casi rarissimi. In concreto, generalmente, l'educazione impartita in una stessa classe fa in modo che si generino nelle classi stesse dei fanciulli preparati al compito che dovranno svolgere. I filosofi presiedono anche all'educazione leducazione del cittadino spetta necessariamente allo stato. Lo stato stabilisce le discipline da impartire ai giovani a seconda della classe di appartenenza identificandone i contenuti. I reggitori, ovvero filosofi e sapienti, hanno il compito di regolare gli accoppiamenti in modo da assicurare il ricambio generazionale nelle classi: la procreazione controllata e gestita dallo stato. Per far si che ci accada interviene un sistema occulto che lega maschio e femmina "compatibili" in termini di classe. Questa funzione presieduta dai filosofi perch essi conoscono la verit, e conoscono dunque anche il bene. Conoscendo il bene, possono praticarlo e realizzarlo da impartire nelle classi. Per quanto riguarda l'educazione non devono e non possono mancare la ginnastica e la musica: diversamente, se mancassero, la rozzezza si diffonderebbe.

Il fine dell'educazione infatti far in modo che ogni uomo diventi un buon cittadino nello stato. Dunque elevare l'uomo per insegnargli a sottomettere le proprie passioni e aggressivit al dominio dell'anima razionale. Tutto questo per rendere lo stato realmente giusto. Platone identifica 2 misure necessarie per far si che nello stato ciascuno svolga al meglio le proprie funzioni. Sono misure che intervengono su due istituzioni fondamentali: istituzione della propriet privata e istituzione della famiglia. Per le due classi ricondotte al coordinamento e al comando, ovvero i custodi reggitori e guerrieri, egli propone l'abolizione di propriet privata e della famiglia. Questo detto comunismo platonico. (Non un comunismo basato sulla visione economica: lo scopo non assolutamente di tipo economico. L'economia per Platone, e fino a Marx, sempre stata considerata subalterna rispetto alla Politica). Lo scopo che ogni custode eserciti la sua funzione nel miglior modo possibile e per questo non possono dunque avere n famiglia n propriet privata. Per Platone ci fondamentale. La propriet privata istituisce un rapporto privilegiato ed esclusivo tra un uomo e alcune cose delle quali proprietario. Detenere propriet privata di alcuni beni vuol dire poter disporre di questi beni ma anche rivolgere loro le proprie attenzioni ed energie al fine di aumentare il numero dei beni posseduti. L'attenzione che l'uomo rivolge a questi beni fa si che egli non rivolga tutte le attenzioni necessarie alla funzione da esercitare nello stato. Per quanto concerne la famiglia, era pensata come insieme di persone legate da vincoli di sangue e affetto. Era pensata come nucleo dotato di ampia autonomia rispetto allo stato. Inoltre, nel matrimonio si concretizzava un legame tra due famiglie. Questo legame, visto e sentito come molto rigido, avveniva con un contratto. Con il matrimonio si creava un tutt'uno tra uomo, famiglia e patrimonio. Dunque l'unione tra due famiglie diverse aveva anche finalit economiche: il continuum uomo-famiglia-patrimonio rende quindi necessario eliminare per le due classi di custodia non solo la propriet privata ma anche la famiglia, poich questo dannoso. L'uomo che si dedichi all'educazione dei figli, alla moglie, al patrimonio, non pu occuparsi della gestione dello stato in modo adeguato. Non pu governare in maniera adeguata e avrebbe anche altri problemi come il rischio di portare le problematiche familiari nella funzione di gestione del potere. Per quanto riguarda i Demiurgoi, per la stessa ragione, secondo Platone, devono essere mantenute e rafforzate le istituzioni della famiglia e della propriet privata. Infatti, l'artigiano esercita al meglio il proprio lavoro se proprietario della bottega in cui lavora e se i figli possono succedergli, ereditando il laboratorio di cui proprietario. Cos il contadino lavora meglio se il campo suo e se i figli potranno ereditare. Il continuum famiglia-propriet privata che per le due classi preposte alla custodia dannoso, per i demiurgoi anzi funzionale. Riguardo ai guerrieri, ci sono diversi ranghi nell'esercito: ranghi pi e meno bassi. I soldati semplici possono avere famiglia e propriet. Chi destinato a funzioni di comando NO.

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Questa l'idea di stato perfetto per Platone. Lo stato per Platone organismo che vive (concezione organicistica) e infatti anche essendo perfetto, a causa di errori che i custodi reggitori possono compiere nel programmare le nascite, conoscer la sua decadenza. Lo stato cos descritto aristocratico (aristocrazia non legata al censo ma a virt). Questa degenera nella timocrazia (governo basato sul desiderio degli onori, compiacimento dellesercizio delle cariche). Questa degenera poi in oligarchia (chi governa migliore solo per ricchezza). L'involuzione oligarchica determiner rivolte popolari che porteranno alla forma di democrazia (dominio del popolo, forma corrotta perch ha dato a morte Socrate e generato la sofistica). Infine si passa alla tirannide, forma peggiore di stato (in cui comanda un individuo solo per il proprio interesse). La classificazione della degenerazione delle forme di governo per Platone nella Repubblica ha un ordine assiologico (deriva da una posizione valoriale, da un valore). Sia aristocrazia, sia oligarchia, sia timocrazia prevedono un numero ristretto, ovvero un'lite, al potere. Da queste forme si differenzia la democrazia. Mentre la Repubblica rappresenta il momento teoretico della riflessione politica di Platone, vi sono altri due momenti "pratici" che emergono da due altri dialoghi: Il Politico e Le Leggi. "Il politico" rappresenta in particolare, il momento eminentemente pratico, rispetto a quello teoretico realizzato nella Repubblica. Scritto durante la vecchiaia. Il politico dialogo che avrebbe dovuto formare una trilogia assieme al "sofista" e "filosofo". Il sofista fu scritto poco prima del politico, ma Il filosofo non fu mai scritto. Il politico presenta due protagonisti (+ altri minori personaggi): Socrate il giovane e uno straniero non identificato che la voce principale. L'oggetto del dialogo il Re filosofo detto in greco Basileus: colui che in concreto deputato a realizzare lo stato perfetto. Non si parla di monarca. Secondo Platone non conta tanto la forma di governo: qualsiasi essa sia se segue il modello dello stato ideale, forma retta. Deve essere sapiente per far si che la polis rivolta al bene, dunque giusta. Diversamente se chi governa non sapiente, la polis in tempi rapidi si corrompe. Nel Politico Platone tratta della politica come arte regia. Sotto il profilo teorico, la politica prevede la conoscenza di tutto ci che ha a che fare con l'organizzazione della polis, lidea di stato da parte di chi svolge funzione di reggitore dello stato, o l'essere filosofi o il diventarlo. Sotto il profilo pratico si fa eminentemente riferimento all'attivit di governo vera e propria, in senso stretto, come l'esercizio di un'arte, appunto regia. La politica arte regia, ed superiore a qualsiasi altra arte esercitata nello stato. La politica richiede grande competenza da parte di chi la esercita non prevede il dilettantismo: pu governare solo colui che conosce la storia, le costituzioni, l'organizzazione dello stato, tutti i segreti dell'arte politica. Platone identifica 3 problemi generali di politica pratica: 1. generalit della scienza politica 2. scopo dell'azione del re filosofo 3. criterio ispiratore che guida l'azione del politico

1.La politica assimilata all'architettura. Il politico, uomo di governo, ha ruolo simile a quello dell'architetto: cos come l'architetto elabora il progetto della casa e controlla la realizzazione senza per altro intervenire nei lavori (architetto organizza le attivit degli interventi, ma non svolge l'attivit) cos deve fare il politico. Il politico colui che, avendo conosciuto l'idea di stato, il progetto di stato e sottintende a tutte le attivit di realizzazione. 2. Il riferimento allo scopo dell'azione del re filosofo, l'analogia con l'arte del tessitore: per tessere il tessitore deve conoscere bene le regole e le tecniche per comporre sia l'ordito che per la trama. Il re filosofo tesse la tela della societ per far si che gli uomini diventino cittadini. La trama costituita, per Platone, da tutte le attivit esercitate nella polis, l'ordito dato dal filo d'oro della giustizia che compone insieme tutte le attivit. La giustizia parte integrante delle attivit che si svolgono nella polis e della societ stessa. 3. Il criterio ispiratore dell'arte del politico quello della giusta misura: ci che intermedio tra un eccesso e un difetto. Si tratta di un criterio quantitativo, ovvero evitare sia troppo sia troppo poco, per realizzare qualcosa che ha valore eminentemente qualitativo, ovvero la virt. Sempre nel Politico, Platone parla del rapporto tra il re filosofo e le leggi. Ci si chiede: chi detiene potere politico sottomesso alle leggi o superiore alle leggi stesse? E' vincolato al rispetto delle leggi o superiore ad esse? Ogni polis ha assetto giuridico, una costituzione propria. Ogni costituzione composta sia da leggi scritte sia da consuetudini. Secondo Platone il Basileus non vincolato al rispetto delle leggi. L'unico vincolo a cui egli sottomesso la ricerca e conoscenza della verit. Il Basileus deve essere un ottimo filosofo, e dunque costantemente deve ricercare la verit, le idee e far si che sia possibile realizzarle. L'unico vincolo normativo a cui il Basileus sottomesso sono le idee stesse. A tal proposito Platone si avvale di due similitudini: l'arte medica e l'arte nautica. Il medico e il nocchiero (colui che governa la nave, timoniere/traghettatore) sono vincolati al rispetto delle regole dell'arte che esercitano? Si e no al tempo stesso. Sia il medico sia il nocchiero devono ben conoscere il loro ambito: il medico deve conoscere le malattie e le cure, il nocchiero le rotte. Essi per si affidano anche alle proprie capacit personali e alle proprie intuizioni personali purch servano al raggiungimento dello scopo. Se il medico inventa una nuova terapia deve praticarla o no al paziente? Secondo Platone, se si tratta di una nuova terapia, non perch nuova e non perch non conforme ai manuali, non deve praticarla. Il ruolo del medico fare il modo che il paziente guarisca e quindi se identifica una cura per guarire egli dovr senz'altro praticarla. Se al nocchiero pare di scoprire una nuova rotta non dovr seguirla? Si ma lo far. La novit non deve essere scartata a priori in quanto novit. Non si deve essere legati alla precedente cultura. Ma sia il medico che il nocchiero, ergo anche il re filosofo pu anche innovare, restando fedele all'unica cosa verso cui provare fede ovvero la ricerca della verit inesausta e inesauribile, non termina mai. Cos come Socrate fingeva di non sapere per continuare a conoscere e progredire, cos dovr fare il Basileus. Il re filosofo non potr essere considerato tiranno che si pone sopra le leggi. La costituzione della polis infatti il portato di tradizione, storia, saggezza, conoscenza che non pu essere dimenticata. Non impossibile che il re filosofo si trasformi in tiranno per questo

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non deve succedere. Il rischio che se il re filosofo non un vero re filosofo pu condurre la polis alla corruzione. Nel Politico, Platone fornisce classificazione delle costituzioni imperfette e storiche, raccolte da Socrate e Aristotele,diversa dalla precedente classificazione data. Egli presenta le costituzioni sulla base della conformit maggiore o minore all'idea di stato. Si tratta della classificazione delle costituzioni imperfette. E' la classificazione considerata come tradizionale che verr cambiata solo da Montesquieu. E' basata sul numero di coloro che esercitano potere politico e fine perseguito. Il potere pu essere detenuto -nell'ordine- da uno, pochi, molti. Il fine pu essere: bene della polis, interesse di chi governa. Sulla base di tali criteri si distinguono 6 forme costituzionali: 3 forme rette, con fine del bene della polis, e 3 forme corrotte, con il fine di chi governa verso il suo personale utile. Le tre forme rette sono: Quando uno solo governa nell'interesse dello stato: forma costituzionale monarchica; Quando pochi governano per bene dello stato e questi pochi sono i migliori in base alla virt: forma costituzionale aristocratica; Quando in molti governano e per il bene di tutti: forma costituzionale democratica/Polita; Le tre forme corrotte sono: Tirannide: degenerazione della monarchia; Oligarchia: degenerazione della aristocrazia; Demagogia/democrazia corrotta: degenerazione della democrazia. Secondo visioni, la democrazia retta dovrebbe chiamarsi polita, e quella corrotta semplicemente "democrazia". Tra queste 6 forme costituzionali, la tirannide la forma peggiore. Tra le peggiori invece, la migliore la democrazia: il potere politico infatti essendo diviso tra molti, dotato di un freno che impedisce l'eccesso della corruzione. L'oligarchia e l'aristocrazia si distinguono perch nell'oligarchia chi ha potere politico, lo esercita perch detiene pi ricchezze a livello economico. E' una delle forme pi peggiori perch accentua la differenza ricchi-poveri che causa della rovina dello stato stesso. Tale classificazione delle costituzioni teorica e riguarda costituzioni che comunque sono imperfette. Si tratta di una classificazione con riferimento alle costituzioni storiche. Leggi un dialogo scritto nella vecchiaia, caratterizzato da 12 libri, incompiuto e lunghissimo. Scritto nella forma del dialogo ma gli interlocutori dibattono pochissimo tra loro, manca di vividezza, il protagonista che esprime tutte le sue teorie. I protagonisti sono 3: Clinia (cretese), Megillo (spartano), un ateniese sconosciuto. Mentre nel Politico il re filosofo al di sopra delle leggi (l'unico limite l'idea), nelle Leggi Platone presenta un grande realismo. Se il re filosofo non ubbidisce alle leggi ed egli in realt non fosse un vero re filoso ma solo un presunto re filosofo (in quanto in realt non ha visto alcuna idea di stato), rischierebbe di spacciare per stato perfetto e per modello conforme all'idea, uno stato che non ha nulla a che vedere con l'idea di stato stesso. Dunque rischierebbe di imporre ai cittadini con la forza un modello di stato non conforme al bene.

Il rischio che il re filosofo sia solo un presunto tale, rende necessario per Platone controllare ci che il re filosofo fa. Il problema che per i cittadini non essendo filosofi non riescono a controllare il re filosofo. Dunque in quest'ultimo dialogo, Platone recupera il valore delle leggi. Le leggi potrebbero rischiare di essere una emanazione volontaristica del re filosofo stesso, finendo per rappresentare il capriccio di chi detiene potere politico. Per tutelate, invece le leggi esprimono, anzi sono, l'ethos della polis, esprimendo valori insieme etici e giuridici impostisi nel lungo periodo. Sulla base di questi valori gli abitanti hanno organizzato la vita nella citt. Nelle Leggi Platone auspica che le leggi siano sempre al di sopra del re filosofo. L'ateniese, che con Clinia e Megillo, protagonista del dialogo, si stava recando a Cnosso per rendere omaggio a Zeus. Lungo il tragitto i 3 discutono sulle costituzioni, su quella da dare ad una nuova citt. I 3 personaggi si chiedono come deve essere guidato uno stato in presenza di un non re filosofo. Primi 6 libri: analisi delle costituzioni di Sparta e Creta, organizzazione interna delle poelis. Ultimi 6 libri: problematiche sull'educazione tanto cara a Platone in quanto tutte le poleis dovevano occuparsi dell'educazione dei cittadini con programmi adeguati. Gli uomini devono essere educati ad agire secondo virt. Nel dialogo delle Leggi si trova una delle prime, se non la prima concezione sistematica di ordinamento giuridico: le leggi della polis vengono presentate in forma sistematica, organica, minuziosa. I 3 che dialogano pongono in evidenza che lo scopo delle leggi far in modo che ordine e pace regnino nella polis tra i cittadini. Nelle Leggi, Platone si dimostra molto pi realista rispetto ai dialoghi Repubblica e Politico: nelle Leggi egli pensa che la citt sia abitata da uomini virtuosi ma non eroi (come invece avviene nella Repubblica), bens da uomini in carne ed ossa. Egli propone una costituzione che fa rientrare la propriet privata e la famiglia come istituzioni importanti. Nessuna citt era disposta ad accettare il comunismo. Platone si rende conto in tarda et che pochi, o forse nessuno, erano disposti a privarsi di famiglia e propriet privata. Introduce una propriet privata per strettamente connessa alla struttura dello stato. Egli prevede una sorta di distribuzione dall'alto delle terre ai cittadini in maniera uguale al singolo. Lo stato distribuisce terra della quale i cittadini diventano proprietari. Non tutte le terre vengono distribuite: una parte rimane accessibile e disponibile per essere acquistata dai cittadini intraprendenti che con la loro laboriosit possono ampliare la propriet. Dunque la propriet non viene intesa come originario frutto del lavoro, perch essa viene fornita dallo stato ai cittadini in maniera uguale. Resta comunque il fatto che grazie al lavoro la propriet stessa pu essere accresciuta. Anche nelle Leggi Platone stabilisce un numero ottimale di cittadini che nella Repubblica aveva identificato in 5.250. Anche nelle leggi prevede una politica di tipo demografico, anche se meno invasiva di quella esposta nella Repubblica. In ogni caso ritiene che sia necessario che il potere politico intervenga nel controllo delle nascite per far si che il numero di cittadini sia sempre adeguato alle necessit. Il lavoro manuale spetta agli schiavi e non ad una parte dei cittadini come affermava in Repubblica dove a questa mansione

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erano addetti i demiurgoi (che erano cittadini). Aspetto interessante della filosofia platonica che emerge sia nella Repubblica sia nelle Leggi, la parit di genere: le donne non sono considerate sottomesse agli uomini, diversamente da quanto previsto dalla cultura greca e non solo. Secondo le loro attitudini, le donne, come gli uomini, possono svolgere anche funzioni politiche, sia nelle Leggi sia nella Repubblica. Nella Repubblica egli presenta lo stato perfetto. Secondo Platone, lo stato ideale era realizzabile e egli riteneva che se i filosofi fossero stati capaci di educare i cittadini alla virt, la polis perfetta si sarebbe realizzata. Uno degli elementi dell'utopia proprio l'irrealizzabilit del progetto utopico che comunque non sembra essere pertinente parlando di Platone (egli crede nella realizzabilit dello stato ideale). Lo stato ideale ha natura etica oltre che organicistica: all'interno dello stato , e solo al suo interno, ciascuno - uomo/donna - pu esprimere s stesso realizzandosi. La politica eugenetica guidata da una mano invisibile. Lo stato molto presente nella vita per regolarla altamente. Solo l'errore nella programmazione delle nascite determina la decadenza della citt ideale. Errore che fatalmente, in ogni caso, viene compiuto. La Repubblica lo stato ideale immaginato quando in giovent Platone prova ad applicarsi all'attivit politica. Lettura lettera settima, parte finale. Lo stato perfetto del quale Platone da conto l'idea di stato, e non lo stato storicamente realizzato. Platone lettera VII[...]Da giovane anchio feci lesperienza che molti hanno condiviso. Pensavo, non appena divenuto padrone del mio destino, di volgermi allattivit politica. Avvennero nel frattempo alcuni bruschi mutamenti nella situazione politica della citt. Il governo di allora, attaccato da pi parti, pass in altre mani, finendo in quelle di cinquantun uomini di cui undici erano in citt e dieci al Pireo; ciascuno di questi aveva il compito di presiedere al mercato e aveva incarichi amministrativi. Al di sopra di tutti cerano per trenta magistrati che erano dotati di pieni poteri. Caso volle che fra questi si trovassero alcuni miei parenti e conoscenti che non esitarono a invitarmi nel governo, ritenendo questa unesperienza adatta a me. Considerata la mia giovane et, non deve meravigliare il mio stato danimo: ero convinto che avrebbero portato lo Stato da una condizione di illegalit ad una di giustizia. E cos prestai la massima attenzione al loro operato. Mi resi conto, allora, che in breve tempo questi individui riuscirono a far sembrare let delloro il periodoi precedente, e fra le altre scelleratezze di cui furono responsabili, mandarono, insieme ad altri, il vecchio amico Socrate una persona che non ho dubbi a definire luomo pi giusto di allora- a rapire con la forza un certo cittadino al fine di sopprimerlo. E fecero questo con lintenzione di coinvolgerlo con le buone o con le cattive nelle loro losche imprese. Ma Socrate si guard bene dallobbedire, deciso ad esporsi a tutti i rischi, pur di non farsi complimenti delle loro malefatte. A vedere queste cose ed altre simili a queste di non minore gravit, restai davvero disgustato e ritrassi lo sguardo dalle nefandezze di quei tempi.

Poco dopo avvenne che il potere dei Trenta crollasse e con esso tutto il loro sistema di governo. Ed ecco di nuovo prendermi quella mia passione per la vita pubblica e politica; questa volta per fu un desiderio pi pacato. Anche in quel momento di confusione si verificarono molti episodi vergognosi, ma non fa meraviglia che nelle rivoluzioni anche le vendette sui nemici siano molto pi feroci. Tuttavia gli uomini che in quella circostanza tornarono al governo si comportarono con mitezza. Avvenne per che alcuni potentati coinvolgessero in un processo quel nostro amico Socrate, accusandolo del pi grave dei reati, e, fra laltro, di quello che meno di tutti si addiceva ad no come Socrate. Insomma, lo incriminarono per empiet, lo ritennero colpevole e lo uccisero; e pensare che proprio lui si era rifiutato di prender parte allarresto illegale di uno dei loro amici, quando erano banditi dalla Citt e la malasorte li perseguitava. Di fronte a tali episodi, a uomini siffatti che si occupavano di politica, a tali leggi e costumi, quanto pi, col passare degli anni, riflettevo, tanto pi mi sembrava difficile dedicarmi alla politica mantenendomi onesto. Senza uomini devoti e amici fidati non era possibile combinare nulla e daltra parte non era per niente facile trovarne di disponibili, dato che ormai il nostro stato non era pi retto secondo i costumi e il modo di vivere dei padri ed era impossibile acquisirne di nuovi nellimmediato. Il testo delle leggi, e anche i costumi andavano progressivamente corrompendosi ad un ritmo impressionante, a tal punto che uno come me, allinizio pieno di entusiasmo per limpegno nella politica, ora, guardando ad essa e vedendola completamente allo sbando, alla fine fu preso da vertigini. In verit, non cessai mai di tenere sottocchio la situazione, per vedere se si verificavano miglioramenti o riguardo a questi specifici aspetti oppure nella vita pubblica nel suo complesso, ma prima di impegnarmi concretamente attendevo sempre loccasione propizia. Ad un certo punto mi feci lidea che tutte le citt soggiacevano a un cattivo governo, in quanto le loro leggi, senza un intervento straordinario e una buona dose di fortuna, si trovavano in condizioni pressoch disperate. In tal modo, a lode della buona filosofia, fui costretto ad ammettere che solo da essa viene il criterio per discernere il giusto nel suo complesso, sia a livello pubblico che privato. I mali, dunque, non avrebbero mai lasciato lumanit finch una generazione di filosofi veri e sinceri non fosse assurta alle somme cariche dello Stato, oppure finch la classe dominante negli Stati, per un qualche intervento divino, non si fosse essa stessa votata alla filosofia. [...]

ARISTOTELE (Stagira 384- Isola di Eubea322)Maggior allievo di Platone. Il padre Nicomaco era medico alla corte del Re di Macedonia Aminta III, padre di Filippo II e dunque nonno di Alessandro Magno. Aristotele rimane orfano in giovane et e viene allevato dal marito di una delle sue sorelle. Attorno al 367 a.C, all'et di 17/18 anni, si reca ad Atene dove inizia a frequentare l'accademia platonica e dove compie studi assidui e di lunga durata. I suoi studi dureranno 20 anni. Gi il padre lo aveva iniziato a studi scientifici e filosofici. Con Platone conosce la vera filosofia e inizia a formarsi in maniera piena. Quando muore Platone, Aristotele lascia Atene pare per motivi di non condivisione della linea organizzativa intrapresa in Accademia dopo la morte del suo maestro. Compie un viaggio di 4-5 anni

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nella penisola greca e dintorni. Nel 343 sar chiamato dal Re Filippo II di Macedonia, a fare da precettore al figlio Alessandro Magno. Aristotele educa e istruisce Alessandro Magno. Torna poi ad Atene dove nel 335 fonda la propria scuola, in un giardino. La scuola prende il nome di Liceo. Egli svolgeva lezione attraverso le passeggiate. Per questo la scuola detta peripatetica. Per dodici anni Aristotele svolge le sue lezioni ad Atene. Quando nel 323 muore Alessandro Magno, Atene tenta, con altre polis, una ribellione verso la Macedonia. Aristotele viene considerato nemico di Atene essendo stato precettore di Alessandro Magno. Per evitare d'essere condannato da Atene e per evitare la stessa fine toccata a Socrate, lascia la sua citt rifugiandosi nell'isola di Eubea. Nel 322 muore. Aristotele uno dei maggiori filosofi dell'umanit. A lui si riconosce l'avere compiuto la sistemazione e sistematizzazione delle conoscenza in tutti i campi. Egli si occup di tutti gli ambiti della conoscenza umana. Il sapere e la conoscenza di Aristotele erano eccezionali. Grandissima fu la sua produzione scritta, distinguibile in due filoni/ambiti diversi: Opere essoteriche: scritti destinati al pubblico, ai lettori che non frequentavano le sue lezioni. La forma quella del dialogo a scopo divulgativo. Sono state per buona parte perdute. Opere esoteriche: scritti per gli allievi della sua scuola, destinate agli iniziati, una sorta di appunti di anno in anno integrati. Noi disponiamo di questo filone di opere. Presentano lacune, ripetizioni, spesso incoerenti. Parleremo di due opere, ovvero della Politica e dell'Etica Nicomachea (o Etica a Nicomaco). Politica un trattato politico composto da 8 libri: hanno particolare partizione interna. E' un'opera incompiuta. Il primo libro ha carattere introduttivo e si pensa sia stato composto per ultimo, introducendo tutti i temi che verranno trattati. Primo libro: composto per ultimo. Introduzione. 2-3, 7-8: temi legati alla natura dello stato ideale. 4-5-6: trattano della polis reale tematizzando problemi legati all'esperienza pratica. . Con Aristotele avviene il passaggio dall'idealismo di Platone al realismo. Egli ha a cuore lo studio della realt e dell'esperienza concreta dalla quale parte per costruire una scienza. E dalla quale cerca di trarre principi e leggi di carattere generale che riescano a ricondurre l'esperienza alla scienza. La verit non risiede nelle idee, nelliperuranio che sono troppo distanti dagli uomini. La verit gi nella realt stessa e si conosce grazie alle capacit conoscitive dell'uomo. L'uomo animale politico per natura. Inoltre ogni polis esiste per natura, ed esiste per rendere la vita felice. (Anche Platone aveva detto che per natura gli uomini vivono insieme gli uni con gli altri perch solo nella polis l'uomo pu esprimere le sue capacit specializzandosi nello svolgere la funzione pi congeniale). Partendo da considerazioni antropologiche: la natura dell'uomo, losservazione di Aristotele ma si radica su una considerazione e interpretazione della storia umana.

La polis inizialmente non c'era, ma risulta dalla aggregazione di pi villaggi. Pi sotto nel testo lo stesso Aristotele dice per che ogni polis esiste per natura. Dunque come conciliare le due affermazioni? Se esiste per natura, dovrebbe essere esistita e tendenzialmente dovrebbe esistere per l'eternit, diversamente non si potrebbe affermare il suo carattere naturale. Queste due frasi, in apparenza contrastanti e contraddittorie, vanno intese cercando di capire quale sia la concezione di Aristotele della natura. Possiamo capire appieno tali affermazioni soffermandoci sul valore semantico del termine "natura". Cos' natura? Egli scrive "La natura il fine", ci a cui ogni cosa tende, ovvero il fine, lo scopo. Quando si parla di natura di un oggetto, essere, ente, animale, cosa, intendiamo ci che quella cosa , ma non solo: intendiamo, e cos faceva Aristotele, anche lo scopo verso cui quella cosa tende. L'esempio del neonato: quando vediamo un neonato diciamo di aver di fronte un neonato ma possiamo anche dire un uomo appena nato. E' un uomo, ma non lo in atto, ancora un bambino (per capacit, possibilit di esprimersi, maturit intellettiva), tuttavia nel neonato noi vediamo l'uomo. In quanto l'uomo il fine di quel neonato. E' un uomo ma lo in potenza: diventer un uomo. Le infinite capacit che ha devono essere espresse. Si esprimeranno solo a tempo debito. La natura rappresenta ci che una cosa quando ha raggiunto il massimo dello sviluppo e dunque il suo fine. Si parlato di potenza e dell'atto. La teoria della potenza e dell'atto uno dei tratti fondamentali della filosofia generale di Aristotele che consente di comprendere l'affermazione generale da cui si partiti: ogni cosa, ogni ente, composta di materia e di forma. L'uomo composto da materia, il suo corpo, e da una forma, detta anima (intesa diversamente da come la intendiamo noi). Materia il sostrato di ogni realt ma la materia non sussiste senza una forma. Grazie alla forme si identificano enti, oggetti, cose. Ogni ente che esiste sinolo, ovvero sintesi, di materia e di forma. Tutta la realt materia+forma. Tutta la realt gerarchicamente ordinata perch vi un livello pi basso, un primo grado, ( materia pura, informe, che pura potenza, pu esprime re ogni potenzialit). Al vertice che forma pura, e atto puro, assenza di potenzialit poich sono dispiegate e realizzate. Dalla materia informe si passa alla natura inanimata, gli animali, l'uomo e infine Dio, concepito come atto puro (non creatore della realt secondo le religioni). Dio inteso come puro atto ovvero come assenza di potenzialit. La dinamicit presente in tutta la realt. Il fine di tutta la realt realizzare s stessa. Dunque quando usiamo il termine "physis" - natura diciamo al tempo stesso la natura fisica, la natura oggetto di studio delle scienza naturali, diciamo ci che una cosa MA DICIAMO ANCHE E SOPRATTUTTO ci che quella cosa deve e pu diventare. La concezione della natura, del mondo, della realt non statica ma anzi dinamica perch la natura in continuo movimento, un continuo muoversi dalla potenza all'atto verso la

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perfezione. Non esiste uno iato durante il processo di passaggio e laltro nella trasformazione (stacco, frattura) tra neonato e ci che era prima di nascere, tra il neonato e bambino, adolescente, ecc., ma bens esiste un continuum di sviluppo e tensione verso lo scopo finale. La natura dell'uomo politica: l'uomo vive cio nella polis e questo rappresenta anche il suo fine/scopo. La polis la comunit perfetta, ed perfetta perch autosufficiente. Ci per cui una cosa esiste il suo fine, il meglio. L'autosufficienza nella polis il fine e il meglio. Dire che l'uomo animale politico per natura significa dire che l'uomo realizza compiutamente s stesso SOLO nella polis. Tuttavia, dal brano sembra emergere che la polis inizialmente non esisteva perch essa risultato della confluenza di pi villaggi. In effetti Aristotele scrive che l'uomo nasce nella famiglia. L'uomo non pu essere concepito come individuo, un singolo diviso rispetto ai suoi simili Ovviamente per famiglia si intende un nucleo formato da uomo, donna e almeno un figlio. Solo il fatto che queste 3 persone vivano insieme unite, consente al figlio di vivere. Se i genitori si separassero dopo la nascita del figlio, non potrebbero assicurare al figlio la continuit della vita e dunque uneducazione, beni materiali per vivere, conoscenza. (Platone aveva negato ai reggitori e ai guerrieri la possibilit di costituire famiglia). Aristotele riconosce nella famiglia non solo il primo momento storico e logico proprio dell'uomo, egli dice che ciascun uomo innanzi tutto figlio di padre e madre. L'istituzione fondamentale all'interno della polis. Un nucleo solidale di affetti che la prima pietra dell'edificio sociale senza il quale lo stato non pu essere pensato. L'uomo nella famiglia non solo impara a relazionarsi con gli altri ma vive inoltre in piccolo alcune dinamiche di potere che saranno poi riprodotte in grande nella polis. Rapporto tra marito e moglie rapporto gerarchico, tra genitori e figli gerarchico, tra capo famiglia e i servi liberi o schiavi gerarchico. Questi ripeteranno alcune modalit di relazione gerarchica nella polis (ad esempio rapporto re/sudditi, magistrato/cittadini sono rapporti ugualmente gerarchici). La famiglia il momento originario della storia. L'unione di pi famiglie da vita ad un trib, che rappresenta il gradino successivo dello sviluppo storico. L'unione di pi trib determina il villaggio. Famiglia-trib-villaggio- polis (il fine). Polis tappa finale del processo verso lo scopo delluomo. TIPICA DOMANDA D'ESAME: L'osservazione "animale politico per natura" si addice anche a "uomo che vive nella famiglia"? Si. Come possiamo affermare che l'uomo animale politico per natura se la polis non ancora stata istituita/pensata/dettata? RISPOSTA: Possiamo affermare che l'uomo animale politico per natura tenendo a mente la dinamica tra potenza e atto, e ricordando cos' la natura per Aristotele. L'uomo animale politico, e quando vive nella famigloa non lo in atto ma in potenza. Questo percorso logico descrive alcune tappe storiche percorse dall'umanit

Aristotele non pensa e non ipotizza passi ulteriori rispetto alla polis:perch? la ragione risiede nel carattere della polis a cui si fatto riferimento pi volte. La polis il momento insuperato e insuperabile dello sviluppo storico della socialit umana perch essa autosufficiente, non necessita di altro per esistere, autarchica. L'autarchia rende la polis l'esito ultimo del processo di evoluzione della socialit umana. . Chi vive fuori dalla polis per natura, e non per caso fortuito, una bestia o un essere superiore, ovvero un Dio. Per natura l'uomo animale politico e solo chi bestia o dio non vive nella Polis. Qual' il motivo di ci? E' vero che gli animali conoscono delle modalit di vita sociale (vivono in branco, es.) ma non conoscono una vita politica. E neppure conoscono una vita politica gli dei. Essi sono tanti, nell'orizzonte religioso greco, e tra loro vige una gerarchia, tuttavia per le