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Fegato e sistema immune Le epatopatie autoimmuni Dossier N.15

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Fegato e sistema immune

Le epatopatieautoimmuni

Dossier N.15

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Dossier N. 15Ottobre 2011

Parte i: Le maLattie autoimmuNi DeL fegatoIntroduzione 4Epatite autoimmune 6Cirrosi Biliare Primitiva 9Colangite sclerosante primitiva 12

Parte 2: gLi autoaNticorPi NeLLe maLattie ePaticheGli Autoanticorpi nelle malattie epatiche 14La diagnostica di laboratorio nelle epatopatie autoimmuni 16Gli autoanticorpi 18Diagnostica di laboratorio della Cirrosi Biliare Primitiva (PBC) 24Diagnostica di laboratorio della Colangite Sclerosante (PSC) 26Impressum 26Bibliografia Parte 1 e 2 26

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iNtroDuZioNe

fegato e sistema immuneNell‘antichità il fegato ha sempre suscitato un notevo­le fascino. Non solo veniva considerato essenziale per la vita, in quanto da quest‘organo si pensava ori­ginasse il sangue, ma addirittura si credeva fosse sede dell‘anima, della compassione e dell‘amore. Anche nella letteratura Araba, mentre il cuore era con­siderato la sede dell‘intelletto, il fegato quella dell‘anima.Nelle arti divinatorie molti popoli sacrificavano ani­mali (soprattutto il montone) e dall‘osservazione del fegato e delle vie biliari traevano auspici sul futuro e il destino.Oggi chiaramente non crediamo più che il fegato sia la sede dell‘anima o dell‘amore, ma siamo semplicemente consapevoli che sia il laboratorio cen­trale, dove innumerevoli reazioni bio­chimiche si svolgono allo scopo di mantenere in equilibrio il nostro orga­nismo.Un‘altra peculiare caratteristica del fe­gato è rappresentata dal fatto che è un organo in cui il sistema immune in presenza di vari agenti esterni è relati­vamente poco efficace; così nelle epa­titi B e C è frequente la non completa eliminazione del virus con cronicizza­zione della malattia e frequente evolu­zione in cirrosi. Altro esempio è la malaria dove a livello epatico si consta­ta una quasi assenza di risposta immu­nologica nei confronti del parassita malarico che migra attraverso il fegato stesso e dove subisce una sostanziale parte della sua maturazione. Moltepli­ci meccanismi sono stati invocati per spiegare i motivi per cui nel fegato la risposta immunologica è spesso devia­ta verso una relativa immunotolleran­za. Recentemente si sta sottolineando, per spiegare questa caratteristica, il

ruolo della presentazione degli Antigeni. Nel fegato le cellule deputate a questo compito sono molteplici: le cellule dentritiche, i fagociti, le cellule di Ito, le stesse cellule epatiche, ecc. Molte di queste cellule avrebbero le caratteristiche di favorire più una immu­nosoppressione che una immunostimolazione (secre­zione di IL­10, TGF­beta1, particolari chemochine, ecc.). A questo proposito si legga una recente review di Ian Nicholas Crispe („Liver antigen­presenting cells“ J.Hepatol. 54, 357­365, 2011).

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Pertanto, essendo in circostanze normali il fegato un organo dal punto di vista immunologico relativamente tollerante, le malattie autoimmuni sono più rare rispet­to a quelle interessanti altri organi o apparati (tiroiditi, artrite reumatoide, glomerulonefriti, diabete mellito di tipo 1, ecc.).Anche per questa relativa rarità le diagnosi di queste malattie sono sovente tardive o addirittura miscono­sciute, soprattutto in quei paesi dove le forme virali, tossiche e metaboliche che colpiscono il fegato sono assai frequenti. Non scordiamo che la seconda reale causa di cirrosi criptogenetica, dopo quella di steato­epatite non alcolica, è proprio l‘epatite autoimmune.E ciò è particolarmente grave, considerando che un trattamento adeguato è in grado di portare in remissi­one totale la malattia in quasi tutti i pazienti. Ne con­segue l‘ovvia importanza di una diagnosi il più possi­bile precoce e precisa. Purtroppo spesso la clinica non aiuta, essendo la sintomatologia assai variabile, andando da forme blande e poco evolutive a epatiti fulminanti, per fortuna assai rare, per le quali l‘unico intervento utile è un urgente trapianto di fegato. La diagnostica risiede sull‘esclusione di altre cause di malattia, ma soprattutto su esami immunologici di la­boratorio (positività di anticorpi antinucleo, antimusco­lo liscio, anti LKM, anti SLA/LP), sulla biopsia epatica e su algoritmi clinici.Un‘altra patologia del fegato interessante le vie biliari, dove è anche coinvolto il sistema immune con tipica presenza di colestasi cronica, è la cirrosi biliare primi­tiva. Anche in questo caso la diagnosi è incentrata su test immunologici (positività di anticorpi antimitocon­drio) ed esame istologico del fegato.Infine esistono, anche se meno numerose, delle forme intermedie (cosiddette „overlap syndromes“) dove è presente, in vario grado, sia una componente colesta­tica, sia una componente infiammatoria e che richie­dono trattamenti misti che agiscono sulle vie biliari (acido ursodesossicolico) e sull‘attività epatica (corti­sone).

Questa Brochure è rivolta ai Medici, soprattutto di Medicina generale Ospedalieri e non Ospedalieri, ai Biologi laboratoristi, che „lavorano sul campo“, ed ha lo scopo di presentare i dati essenziali riguardanti la clinica e la diagnostica delle principali malattie au­toimmuni del fegato. Gli autori sono dei Clinici e Ri­cercatori noti in tutto il mondo, con lavori personali pubblicati sulle più qualificate Riviste Internazionali.Dal momento che fondamentali per una diagnosi pre­cisa sono il riscontro della presenza di relativamente specifici, spesso eterogenei autoanticorpi, abbiamo dedicato un capitolo alla diagnostica. Da sottolineare che le metodiche sono varie, alcune complesse, che spesso richiedono esperienza del personale di labora­torio e del Medico che deve interpretare e correlare questi dati con la clinica. Non è certamente come valutare i livelli delle transaminasi sieriche!

Gaetano Ideo

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ePatite autoimmuNe

Il fegato può essere aggredito da noxae patogene di varia natura, non ultima quella autoimmune. Si può affermare altresì che il fegato sia stato il “pioniere” dell’autoimmunità, essendo stato il primo organo ad essere identificato come bersaglio di tale tipologia di danno [1]. Sessant’anni fa, prima delle scoperte di Ian R. Mackay sull’epatite autoimmune, si credeva che tutte le epatiti croniche “attive” fossero il risultato di un’infezione virale persistente nel fegato [2, 3]. Ad oggi le malattie autoimmuni del fegato si possono classificare in tre grandi entità, che racchiudono al loro interno alcune varianti, così come sindromi da sovrapposizione cosiddette “overlap”. L‘Epatite Autoimmune è un’infiammazione cronica del fegato a causa sconosciuta, nella quale viene persa la tolleranza immunitaria verso l’epatocita [4]. Si ca­ratterizza per: a) un’epatite periportale (infiammazione dello spazio portale); b) movimento di autoanticorpi e aumento delle immunoglobuline cirocolanti c) esclusio­ne di altre patologie epatiche ed epatiti croniche (per es. da virus HCV, HBV, emocromatosi, morbo di Wilson ecc., cirrosi biliare primitiva, steatoepatite alcolica) [5]. La malattia colpisce soprattutto le donne, sia in età pediatrica che in età adulta [6]. E’ un processo autoimmune e pertanto si associa, talora, ad altri quadri autoimmuni come la colite ulcerosa [7] e la malattia di Graves [8].

classificazioneSi è soliti classificare l’epatite autoimmune sulla base del riscontro degli autoanticorpi, che sono per il tipo 1 rappresentati massimamente dagli ANA (antinucleo) e SMA (antimuscolo liscio); il tipo 2 presenta invece gli anticorpi LKM1 (liver­kidney microsomial antibo­dies type 1) che non coesistono con i primi citati. Gli autoanticorpi anti­LKM1 sono diretti contro il citocro­mo P450 (CYP) 2D6. L’epatite autoimmune cosiddetta di tipo 3 si caratterizza per anticorpi anti-SLA (soluble liver antigens) e anti-LP (liver-pancreas). L’11% dei pa­zienti con epatite autoimmune di tipo 1 ha anti­SLA. Altri tipi di anticorpi riscontrati sono quelli diretti contro le asialoglicoproteine (anti-ASGPR), contro il citosol epatico di tipo 1 (anti-LC1) e anticorpi citoplasmatici antineutrofili perinucleari (pANCA). Questi ultimi sono stati riscontrati specialmente nella colangite sclerosante [9­11].

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DiagnosiI criteri diagnostici per l’epatite autoimmu­ne sono un rialzo di immunoglobuline > di 1,5 volte rispetto al limite superiore del­la norma e i titoli sierici di SMA ed ANA ed LKM1 > di 1:80. Non vi deve essere stato uso di alcool, né epatite cronica vi­rus B e C correlata, né da virus di Epstein­Barr, né Cytomegalovirus.

Esiste un punteggio (score), vedi tabella 1, per fare diagnosi di certezza dell‘epatite autoimmune [12].

criterio PuNteggio

Sesso femminile +2Rapporto ALP:AST (o ALT)< 1.5 +21.5­3.0 0> 3.0 ­2Immunoglobuline sieriche o IgG> 2.0 +31.5­2.0 +21.0­1.5 +1< 1.0 0ANA, ASMA, anti-LKM1> 1:80 +31:80 +21:40 +1<1:40 0AMAPositivo ­ 4Negativo 0Markers virali epatititiciPositivi ­ 3Negativi +3Utilizzo di farmaci epatotossiciSi ­ 4No +1Consumo di alcol<25 g/die +2>60 g/die ­ 2IstologiaEpatite dell’interfaccia +3Infiltrato prevalentemente linfoplasmacitoide +1Rosetting liver cells +1Nessuna delle precedenti ­ 5Alterazioni dei dotti biliari ­ 3Altre lesioni ­ 3Altre malattie autoimmuni +2Parametri aggiuntiviPositivita’ per altri autoanticorpi (pANCA, anti­SLA, anti­ASGPR)

+2

HLA DR3 o DR4 +1Risposta al trattamento immunosoppressivoCompleta +2Riacutizzazione +3

Interpretazione del punteggio totale: pre­trattamento: certezza della patolo­gia se > 15, probabilità se 10­15. post­trattamento: certezza della patolo­gia se > 17, probabilità se 12­17.

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Quando la curaLa gravità dell’attività infiammatoria vie­ne valutata sulla base degli indici bio­chimici di citolisi, per es. un rialzo delle AST almeno di 10 volte (10X) la norma o più, oppure AST > 5X associata ad ipergammaglobulinemia. Il quadro isto­logico evidenzierà ponti necrotici o ne­crobiosi confluente, associati ad infiltra­to linfoplasmacellulare ed epatite d’interfaccia. Meritano una terapia i soggetti che presentino un rialzo delle transaminasi, delle immunoglobuline, evidenza istologica di epatite

dell’interfaccia o attività necroinfiam­matoria. Il trattamento precoce sembra essere associato ad una prognosi più favorevole. Una biopsia epatica a tempo zero è utile per la diagnosi ma anche per studiare grado e stadio dell’epatopatia [16]. Sono molto pochi i pazienti che debbono essere esclusi dal trattamento e sono rappresentati da coloro che pre­sentano una cirrosi scompensata in lista per trapianto oppure con cirrosi epatica e senza attività di malattia [4]. L’età di per sé non costituisce un’esclusione dalla terapia [17].

terapiaSi basa su cicli di cortisonici per 4 settimane iniziando con 60 mg di prednisone. Segue un periodo di déca­lage di 10 mg a settimana, poi cicli di mantenimento attorno ai 10 mg o meno; tuttavia è possibile una terapia di combinazione con cortisonico + azatiopri­na, che permette di ridurre al minimo il dosaggio di steroide durante il mantenimento [18­20]. In caso questi farmaci siano controindicati o mal tollerati, op­pure si assista ad una non risposta o ad una risposta solo parziale, si può ricorrere ad immunosoppressori di seconda scelta: ciclosporina [21] e micofenolato [22]. La Budesonide sembra sortire una risposta miglio­re rispetto a quella del prednisone, con minori effetti collaterali [23].

eziologia e patogenesi del danno epaticoL’origine della malattia è ancora oggetto di controver­sie [13].Sono riportate diverse associazioni con antigeni di istocompatibilità e in particolare HLA A1 e B8 [14]I meccanismi che stanno alla base del danno epatico sono rappresentati da:A) citotossicità cellulo-mediata anticorpo­dipendente.

Esistono autoanticorpi diretti contro le normali pro­teine di membrana dell’epatocita ed il complesso antigene­anticorpo sulla superficie dell’epatocita diventa bersaglio per i linfociti che hanno i recettori Fc per le molecole anticorpali (cellule Natural Killer).

B) citotossicità diretta. E’ un meccanismo mediato dai T CD8+ in cui un autoantigene malattia­specifico viene esposto in modo anomalo sulla superficie dell’epatocita in associazione agli antigeni HLA (cioè di istocompatibilità): ne deriva che il linfocita citotossico non riconosce più come self la struttura e si attiva per distruggerla. Le linfochine che vengono liberate facilitano la comunicazione tra le cellule e promuovono l’espressione di neoantigeni HLA di classe II. Esiste dunque in entrambi i casi un incre­mento dell’immunoreattività cellulo­mediata [15].

Fig. 1: Quadro istologico di epatite autoimmune.

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La Cirrosi Biliare Primitiva (CBP) è una malattia croni­ca del fegato caratterizzata da innalzamento degli indici di colestasi, positività degli autoanticorpi anti­mitocondrio (AMA), istologia epatica peculiare (dapprima proliferazione duttulare, poi duttopenia e infine fibrosi e cirrosi; reperto caratteristico è la pre­senza di granulomi). Il termine “cirrosi”, applicato a questa malattia, è da considerarsi quantomeno inesat­to, dal momento che la essa rappresenta solamente l’ultima fase della storia naturale, dopo 10­20 anni dall’esordio, in assenza di trattamento [24].

eziologiaNonostante sia noto il coinvolgimento del sistema im­munitario nella CBP, non è a tutt’oggi stato individuato alcun agente causale. Vi sono però numerose eviden­ze rispetto ai fattori di rischio ambientali: il fumo di sigaretta e le infezioni ricorrenti delle mucose, e in particolare del tratto urinario (specie se sostenute da E. Coli) hanno un ruolo riconosciuto. Un altro batterio, Novosphingobium Aromaticivorans, gram­negativo, aerobio, free­living, ubiquitario nell’ambiente (acque, suolo) potrebbe avere un ruolo di iniziatore della ri­sposta autoimmune. Il ruolo dei cosmetici, così come delle gravidanze e di terapie ormonali non è invece del tutto chiarito [25]. Oltre alle esposizioni ambienta­li, i fattori genetici sono critici nel determinare la su­scettibilità alla malattia. Ciò risulta evidente anche per una certa quota di clustering familiare e di concordan­za fra i gemelli monozigotici. Particolari varianti alleli­che del MHC di classe II sembrano conferire una maggiore suscettibilità alla malattia. In generale viene riportata un’associazione con DRB1*08 ma con am­pie differenze geografiche; gli alleli DRB1*11 e *13 sembrano invece avere un effetto protettivo. Gli alleli HLA non sembrano invece essere un fattore determi­nante particolari espressioni fenotipiche della malattia stessa, come la presenza di cirrosi o il titolo anticorpa­le. Numerosi componenti dell’immunità innata (C4*Q0, C4B*2, NRAMP1/SLC11A1, MBL, VDR) e adattativa (CTLA4, IL beta, TNF alpha, IL12A, IL­12RB2) si sono dimostrati in grado di determinare un aumentato rischio di sviluppare CBP [26].

epidemiologiaLa malattia ha una prevalenza molto variabile a se­conda dell’area geografica ed è compresa fra 6.7 e 402 per milione. E’ probabile, tuttavia, che una simile variabilità non rispecchi il dato reale, ma sia piuttosto il frutto di una diversa sensibilità alla diagnosi fra le differenti aree geografiche, oppure in una profonda differenza nelle metodiche di case finding [27]. Non esistono dati affidabili di prevalenza/incidenza in Ita­lia perché è una patologia di interesse specialistico che spesso viene indirizzata a centri di riferimento. E’ più frequente nelle donne con un rapporto femmine:maschi di 10:1. Una simile polarizzazione di tale rapporto potrebbe essere dovuta a difetti del cromosoma X e particolarmente alla monosomia dell’X nelle cellule mononucleate del sangue periferico [28]. Il 20% dei pazienti con CBP presenta simultaneamen­te o consecutivamente un’altra malattia autoimmune, fra cui le più frequenti sono sclerosi sistemica, tirodite autoimmune, sindrome di Sjogren, malattia celiaca [29].

DiagnosiNella metà dei casi la PBC viene diagnosticata in modo casuale quando, per altri accertamenti o duran­te uno screening, vengono rilevati anomali livelli dei marcatori di patologia epatica: le transaminasi (AST e ALT) e soprattutto gli indici di colestasi (gamma­GT e Fosfatasi Alcalina).

La diagnosi è data dalla presenza di almeno due dei seguenti tre criteri:

•positività della ricerca degli AMA (che si riscontra nel 95% dei casi) a titolo adeguato (1:40 all‘immu no­fluorescenza indiretta);

•persistenza per oltre 6 mesi di alti valori di fosfatasi alcalina (maggiori di 1.5 volte);

•biopsia epatica compatibile.

Gli AMA sono considerati anticorpi altamente specifi­ci e sensibili, e la loro presenza nel siero è virtualmen­te diagnostica. Talora si rileva anche la presenza de­gli ANA, soprattutto nei casi in cui siano assenti gli AMA [30].

cirrosi BiLiare PrimitiVa

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La biopsia epatica dà la certezza diagnostica e mos­tra una „colangite cronica destruente non suppurativa“ (ovvero la presenza di granulomi che danneggiano i dotti biliari). Il danno istologico è classificato in 4 sta­di, solo l‘ultimo dei quali corrisponde ad una franca cirrosi:

•Stadio 1: Infiltrato infiammatorio portale

•Stadio 2: Infiammazione e/o fibrosi periportale con proliferazione dei piccoli dotti biliari

•Stadio 3: Setti Fibrosi

•Stadio 4: Cirrosi Biliare (noduli di rigenerazione) [31]

aspetti cliniciLa CBP è una malattia cronica ad andamento, nella maggior parte dei casi, indolente. Inizialmente la sin­tomatologia è aspecifica e, dove presente, è domina­ta da astenia e prurito. Può comparire ittero, steator­rea, xantelasmi, iperpigmentazione cutanea. Oggi raramente si osserva una malattia avanzata al mo­mento della diagnosi, con segni di cirrosi, ipertensio­ne portale e/o insufficienza epatica. La colestasi cro­nica, però, produce un danno epatico che, se mantenuto efficiente, conduce alla cirrosi. Le compli­canze extra­epatiche della colestasi cronica compren­dono il malassorbimento di vitamine liposolubili (in particolare D3) con conseguente osteoporosi anche

precoce o accelerata. Raramente può associarsi aci­dosi tubulare renale di tipo 1 (distale) [32]. I dati di laboratorio documentano tipicamente un quadro di colestasi anitterica con aumento della fosfatasi alcalina e delle gammaGT, del colesterolo totale solitamente con valori tra i 220 e i 290 mg/dl. L’ipercolesterolemia, tuttavia, se mantenuta entro tali valori, non sembra as­sociarsi ad un aumentato rischio cardiovascolare e non necessiterebbe di terapia. Può associarsi un rial­zo delle transaminasi, di solito modesto. Aumentati valori di IgM sono piuttosto frequenti. I casi più ag­gressivi sono caratterizzati da duttopenia precoce con severa colestasi itterica e da sviluppo di fibrosi e cirro­si in un tempo medio di circa 5 anni. La diagnosi dif­ferenziale si pone con la colangite sclerosante primiti­va, con epatiti di diversa natura (virali, autoimmuni, tossiche, da accumulo…) che presentino aspetti di colestasi, la colelitiasi, con il Morbo di Caroli e la Fi­brosi Epatica Congenita. Altre malattie che possono dare colestasi sono inoltre la sarcoidosi e il linfoma di Hodgkin.

Esistono poi sindromi cosiddette “overlap” con Epatite Autoimmune (AIH), caratterizzate da elevazione più marcata delle transaminasi, risposta allo steroide simi­le a quella osservata in AIH e istologicamente aspetti di epatite d’interfaccia con peacemeal necrosis e infil­trato plasmacellulare, oltre ai reperti caratteristici della colangiopatia granulomatosa. La diagnosi di Sindrome Overlap risponde ai 3 criteri seguenti: ALT > 5 volte la norma, IgG > 2 volte la norma e/o anticorpi Anti­Sm positivi, istologia caratterizzata da infiammazione pe­riportale o perisettale moderata o severa [33].

complicanzeRilevante è la possibilità che alla PBC si associno altre malattie autoimmuni, per questo è consigliabile effettu­are uno screening sierologico per rilevarne la presen­za. Fino al 70% delle pazienti lamenta i sintomi della Sindrome di Sjögren (caratterizzata da secchezza orale ed oculare e da artralgie). Frequente è anche la tiroidite di Hashimoto, che può presentare i sintomi dell‘ipotiroidismo (stanchezza, torpore, aumento pon­derale). Meno comuni sono la celiachia, l‘epatite auto­

Fig. 2: Quadro istologico di cirrosi biliare primitiva

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quella della popolazione generale. L’UDCA è global­mente un farmaco sicuro, con pochi effetti collaterali. Alcuni pazienti possono sviluppare diarrea, sintomi da reflusso, cui si può ovviare con l’assunzione del farmaco alla fine del pasto, e con l’impiego di un PPI (Inibitori di Pompa Protonica). Nei pazienti con cole­stasi marcata e prurito, l’introduzione di UDCA a pie­no dosaggio può aumentare il prurito, sicché è buona norma in questi pazienti iniziare il trattamento con do­saggi sub ottimali, e quindi aumentare in 4­8 settima­ne. Si considera risposta ottimale una livello di biliru­bina totale < 1 mg/dl, AST < 2 volte la norma e ALP < 3 volte la norma. Circa il 40% dei pazienti ha una risposta subottimale e richiede perciò terapie adiuvanti, ovvero l’arruolamento in trial clinici [37]

E’ utile altresì provvedere alla supplementazione con calcio e vitamina D per prevenire, ove possibile, la perdita di massa ossea. Un problema considerevole nella gestione dei pazienti con CBP è il trattamento del prurito, che si può giovare dell’impiego di colesti­ramina. Altri farmaci efficaci sono la rifampicina, gli antiistaminici, il naloxone. La plasmaferesi e la MARS (Molecular Adsorbent Recirculating System) sono prov­vedimenti utili nei casi gravi e resistenti ad altri tratta­menti [38]. Il trapianto di fegato trova indicazione nella malattia avanzata, complicata da cirrosi scom­pensata e/o insufficienza epatica, come pure nei casi di prurito refrattario e severamente invalidante. La CBP ricorre post­trapianto in circa il 20% dei casi [39].

Alcuni farmaci vecchi e nuovi, promettenti, fra cui menzioniamo agonisti di FXR (recettore X dei Farnesoi­di, coinvolto nella regolazione della sintesi degli acidi biliari) e farmaci biologici sono in sperimentazione per l’impiego nella CBP, nella speranza di ottenere una terapia soddisfacente anche in quella percentua­le, non trascurabile, di casi refrattari ai trattamenti at­tuali.

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immune (sindrome overlap), ed il diabete di tipo 1. Più rare sono l‘artrite reumatoide, la porpora trombocito­penica immune, la sclerosi sistemica, e la glomerulo nefrite membranosa. L‘osteoporosi è piuttosto frequen­te in quanto 1) le pazienti sono donne di mezza età e pertanto possono essere affette dall‘osteoporosi post­menopausale 2) la stasi biliare non consente un corret­to assorbimento intestinale della vitamina D esogena (che è liposolubile) 3) il danno epatico determina una ridotta attivazione della vitamina D endogena [34]. Inoltre è aumentato il rischio di epatocarcinoma, per il quale è consigliabile intraprendere un programma di sorveglianza semestrale (ecografia epatica e dosag­gio dell‘alfa­fetoproteina) [35]. Nelle fasi avanzate della malattia compaiono i segni dell‘insufficienza epatica e dell‘ipertensione portale e non vi è differen­za con la cirrosi da altra causa.

PrognosiI principali fattori prognostici sono:

•la precocità della diagnosi;

•lo stadio istopatologico rivelato dalla biopsia;

•l‘entità della sintomatologia;

•la positività a specifici tipi di ANA (anticorpi anti­nucleo), come gli anti­gp210 e gli anti­sp100;

•la risposta alla terapia (in particolare la diminuzione della fosfatasi alcalina ed i livelli di bilirubina);

•la sovrapposizione con altre patologie autoimmuni.

La prognosi a breve termine (fino a 2 anni) può essere calcolata secondo il „Mayo Score“, un sistema di pun­teggio elaborato dalla Mayo Clinic di Rochester [36]

terapiaL’unica terapia attualmente approvata per la CBP è l’acido ursodesossicolico (UDCA) a dosaggio di 13­15 mg/kg/die, che è in grado di abbassare fino al range di normalità gli indici di colestasi e migliorare la prognosi di questi pazienti che, nella maggior par­te degli studi long­term si è dimostrata paragonabile a quella dei gruppi di controllo. La spettanza di vita dei pazienti che rispondono a UDCA è sovrapponibile a

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coLaNgite scLerosaNte PrimitiVa

Sindrome colestatica cronica caratterizzata da una fi­brosi infiammatoria dei dotti biliari intra­ ed extraepa­tici che porta alla stenosi e, con l’evoluzione della malattia, all‘occlusione dei dotti biliari, con conse­guente colestasi cronica e sviluppo di cirrosi. Nella maggior parte dei casi vi anche il coinvolgimento della colecisti [40].

eziologiaLa causa della colangite sclerosante primitiva (CSP) è sconosciuta. Le teorie patogenetiche comprendono le tossine, gli agenti infettivi e le anomalie della regola­zione immunitaria. Sebbene sia stato sospettato anche l‘eccesso di rame, i pazienti non hanno risposto alla terapia chelante con penicillamina, suggerendo in questo modo che l‘elevata concentrazione epatica di rame sia un fenomeno secondario (come nella cirrosi biliare primitiva). Anche se il cytomegalovirus e il reo­virus tipo 3 possono interessare i dotti biliari intraepa­tici, ci sono poche evidenze che questi virus siano presenti in tutti i pazienti affetti da CSP. L‘alterazione dei meccanismi immunitari sembra essere la causa più probabile; anche l‘HLA­B8 e l‘HLA­DR3, spesso pre­senti in corso di malattie autoimmuni, sono stati asso­ciati alla CSP. Inoltre, la distruzione dei dotti biliari che si verifica in caso di CSP, coinvolge anche i linfo­citi T e sono state notate alterazioni in molte funzioni del sistema immunitario [41].

sintomi e segni La CSP interessa in genere maschi di giovane età ed è comunemente associata a una malattia infiammato­ria dell‘intestino, specialmente la colite ulcerosa. L‘inizio è generalmente insidioso con l‘insorgenza gra­duale e progressiva di affaticamento, prurito e ittero. Gli episodi di colangite ascendente con dolore al quadrante superiore destro dell‘addome e febbre, sono un’altra modalità di presentazione. Alcuni pa­zienti presentano un‘epatosplenomegalia o i reperti della cirrosi. La fase terminale è caratterizzata da una cirrosi scompensata con ipertensione portale, ascite e insufficienza epatica.

Diagnosi La maggior parte dei pazienti con CSP presenta un‘elevazione della fosfatasi alcalina sierica che può essere accompagnata da un modesto aumento delle transaminasi. L‘elevazione della bilirubina sierica è variabile. Diversamente dalla cirrosi biliare primitiva, nella CSP il test per gli anticorpi anti­mitocondrio è negativo. Oggi la diagnosi viene posta più rapida­mente mediante una colangio­RMN. Solo nei casi in cui questa non sia praticabile o sia in programma una procedura terapeutica si ricorre ad una colangiogra­fia percutanea o, preferibilmente, alla ERCP (Endosco­pic retrograde cholangiopancreatography). Brevi ste­nosi multiple, con dilatazioni sacciformi a carico dei dotti biliari intra­ ed extraepatici, danno all‘albero bili­are un aspetto irregolare cosiddetto “a corona di rosa­rio”.

La diagnosi è anche supportata dal reperto bioptico epatico che mostra la proliferazione dei dotti biliari, la fibrosi periduttale, l‘infiammazione e la scomparsa dei dotti biliari. Con il progredire della malattia, la fi­brosi si estende dalle regioni portali e, alla fine, causa una cirrosi biliare [42].

Fig. 3: Immagine ERCP di soggetto affetto da CSP

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Prognosi e terapia Alcuni pazienti possono essere asintomatici per molti anni. Questi casi possono richiedere solo un controllo continuo (p. es., esame clinico ed ecografia epatica di routine e test biochimici per il fegato 2 volte/anno). In genere però la malattia è progressiva. La terapia di supporto è indicata per i sintomi della colestasi croni­ca e per le complicanze della cirrosi. Le colangiti bat­teriche ricorrenti sono trattate, se necessario, con una terapia antibiotica. Le stenosi importanti possono esse­

re trattate con una dilatazione transepatica o endo­scopica, con o senza il posizionamento di una protesi.

Nel trattamento della CSP, la proctocolectomia per i pazienti affetti anche da colite ulcerosa non è effi­cace. I corticosteroidi, l‘azatioprina, la penicillamina e il metotrexato hanno dato risultati variabili e sono associati a importanti effetti tossici.

L‘acido ursodesossicolico, pur non essendo approvato con questa indicazione, può ridurre il prurito e miglio­ra i parametri biochimici [43].

Il trapianto di fegato è la sola terapia ovvia che si rende necessaria qualora la malattia progredisca fino allo stadio di cirrosi terminale.

Dei pazienti con CSP, il 7­10% sviluppa un colangio­carcinoma [44]. Non si sa quale sia il momento otti­male per eseguire il trapianto, al fine di prevenire questa complicanza.

In Tabella 2 sono sintetizzate le caratteristiche princi­pali dell’epatite autoimmune, della cirrosi biliare primi­tiva e della colangite sclerosante primitiva.

Fig. 4: Immagine ERCP di soggetto affetto da CSP

ea (tipo 1 e 2) cBP csP

Rapporto donne: uomini

4:1 9:1 1:2

Profilo biochimico AST, ALT elevate FA; γGT elevate FA; γGT elevate

Immunoglobuline IgG elevate IgM elevateIgG/IgM possono essere elevate

AutoanticorpiANA, ASMA anti­LKM1

AMA pANCA

Istologia Epatite d’interfacciaLesioni floride a livello dei dotti biliari. Granulomi

Lesioni fibrotiche concentri­che dei dotti biliari (“bulbo di cipolla”)

Diagnosi Score > 15

AMA positivita’, istologia compatibile, rialzo degli indici di colestasi cronico (> 6 mesi)

Presenza di stenosi/dilata­zioni alla colangiografia (ERCP o PTC)

Terapia di elezione Prednisone (+/­ aza) UDCA UDCA

Gli autoanticorpi specifici epatici si riscontrano nelle Epatopatie autoimmuni primarie, ma anche nelle for­me secondarie, come le Malattie autoimmuni extrae­patiche o nell’ambito di infezioni epatiche.

Le tre forme principali di epatopatie autoimmuni pri­marie (Malattie autoimmuni del fegato – AILD) sono:

•L’epatite autoimmune (AIH – Autoimmune Hepatitis)

•Cirrosi biliare primitiva (PBC – Primary biliary cir­rhosis)

•Colangite sclerosante primitiva (PSC – Primary sclerosing cholangitis)

Gli autoanticorpi specifici sono importanti come sup­porto alla diagnostica, in associazione alla sintomato­logia clinica, al fine di differenziare le diverse forme di epatopatie. La determinazione degli autoanticorpi diventa quindi essenziale ai fini della diagnosi.

L’epatite autoimmune viene classificata a seconda de­gli autoanticorpi individuati in Tipo I (test ANA e/o ASMA e/o anti­SLA/LP) e Tipo II (anti­LKM­1)1.

Per quanto riguarda la cirrosi biliare primitiva, nella maggior parte dei casi (90­95%) vengono individuati autoanticorpi anti­mitocondri (AMA), occasionalmente associati con specifici patterns di autoanticorpi anti nucleo ANA (nuclear dot/SP100, Nuclear pore gly­coprotein­210 (gp210), Lamin B receptor (LBR). In rari casi, tuttavia, non possono essere rilevati autoanticor­pi. Alcuni autori definiscono la cirrosi biliare primitiva AMA­negativa come Colangite autoimmune (AIC)2. Per quanto riguarda i pazienti affetti da colangite sclerosante primitiva, fino nell’80% dei casi sono stati individuati infatti autoanticorpi anti­citoplasma dei neu­trofili tipo p­ANCA , che tuttavia non sono marcatori specifici della malattia.

In alcuni pazienti si riscontra la sovrapposizione di più malattie autoimmuni, sindrome da Overlap, come ad esempio l’associazione tra epatite autoimmune e cirro­si biliare primitiva, o tra epatite autoimmune e colan­gite sclerosante primitiva. L’overlap tra AIH e PBC si presenta in due forme: AIH con colangite autoimmune (PBC AMA­negativa) o AIH con cirrosi biliare primiti­va. Tra i bambini e gli adolescenti si osserva invece

14

gLi autoaNticorPi NeLLe maLattie ePatiche2

più frequentemente la sindrome da overlap AIH/PSC. Per quanto riguarda l’overlap tra PSC e PBC, esistono solo “case report”. L’individuazione di una sindrome da overlap può essere complicata e vengono indivi­duate per lo più a seguito dell’analisi dei rispettivi au­toanticorpi e dell’analisi istologica.

La formazione degli autoanticorpi epatici può tuttavia avvenire in un secondo momento e questo accade soprattutto per le malattie autoimmuni extraepatiche o sistemiche che determinano la formazione di alcuni autoanticorpi. Per esempio, nel corso della vita del 25­50% dei pazienti affetti da LES (Lupus Eritematoso Sistemico) si riscontrano autoanticorpi specifici epati­ci. Di questi pazienti, circa il 70% soddisfa i criteri diagnostici di AILD (Autoimmune Liver Disease), ma solo il 20% ha cambiamenti istologici conformi alla malattia. La prevalenza di AILD nei pazienti affetti da LES è circa del 5%3.

Le altre associazioni con patologie autoimmuni di ori­gine extraepatica sono:

•AIH e tiroidite autoimmune

•PBC e sindrome CREST

•PSC e colite ulcerosa

Una formazione di autoanticorpi secondaria può es­sere osservata anche in caso di epatite virale: in pre­senza di infezione da HCV, in più del 50% dei casi vengono individuati autoanticorpi, per lo più sono fattori reumatoidi con crioglobulinemia. Nel 5­10% dei casi questi autoanticorpi sono altamente predittivi e portano spesso a sintomi clinicamente manifesti. Nel 2­5% circa dei pazienti con infezione da HCV si riscontrano anticorpi anti­LKM­1, che sono normalmen­te associati all’epatite autoimmune di tipo II; quindi i pazienti con anticorpi LKM­1 dovrebbero in ogni caso essere sottoposti ad accertamenti per verificare la pre­senza di un’infezione da HCV4.

Comunque, un’infezione da HCV con la presenza di autoanticorpi anti LKM­1 non pregiudica il successo della terapia con sostanze immunostimolanti come l’Interferone α.

Le malattie autoimmuni sono caratterizzate da una tri­ade di fattori ricorrenti:

•La predominanza di sesso femminile

•La presenza di autoanticorpi

•Una buona risposta alla terapia immunosoppressiva

Per le Malattie epatiche autoimmuni queste caratteri­stiche sono parzialmente soddisfatte rendendo più complessa la determinazione di queste patologie.

Infatti, sebbene la Cirrosi Biliare Primitiva abbia una maggiore predominanza nel genere femminile e auto­anticorpi altamente specifici, non risponde o risponde limitatamente alla terapia immunosoppressiva; mentre la Colangite Sclerosante Primitiva ha una predominan­za negli uomini e non presenta autoanticorpi specifici.

15

16

La DiagNostica Di LaBoratorio NeLLe ePatoPatie autoimmuNi6,7

Diagnostica di base•Transaminasi (GOT/AST, GPT/ALT)•Parametri di colestasi (gGT, ALP)

A causa dell’eterogeneità delle epatopatie autoimmuni, ogni paziente con livelli di transaminasi (aminotran­sferasi) e parametri di colestasi elevati deve essere sottoposto a diagnosi differenziale per le epatopatie autoimmuni.

Diagnosi differenziale delle epatiti (Tabella 1)Per chiarire l’origine non autoimmune di un’epatopatia bisogna procedere a seconda delle probabili cause come indicato di seguito:In primo luogo si effettua una valutazione dei risultati clinici e dei test di funzionalità epatica, con particola­re riguardo all’eventuale abuso di farmaci e di alcol.Quindi si dovrebbe valutare la presenza di epatite vi­rale cronica, in primo luogo attraverso i parametri HBsAg e anti­HCV.Per valutare la presenza di emocromatosi o della ma­lattia di Wilson si esegue la determinazione di ferriti­na, saturazione della transferrina e ferrossidasi, con­centrazione di rame nelle urine.Infine, si raccomanda la determinazione quantitativa dell’ α1­antitripsina. La tipizzazione elettroforetica o genetica deve avvenire ad una concentrazione ridotta.Per determinare la steatoepatite non alcolica (NASH), che può essere conseguenza di un diabete mellito non controllato o di una iperlipidemia, si esegue la determinazione dei livelli di colesterolo, trigliceridi e HbA1c.

I risultati di elettroforesi del siero e l’aumento delle im­munoglobuline sono in grado di fornire la prima evi­denza della presenza di un’epatopatia autoimmune. In questo senso queste analisi dovrebbero essere inclu­se nella valutazione di una patologia del fegato.

2

17

elettroforesi del siero Nel caso di molte epatopatie croniche, nell’elettroforesi del siero si riscontra un’ipergammaglobulinemia. Ciò è particolarmente evidente nel caso dell’epatite au­toimmune, mentre in presenza di cirrosi biliare primiti­va risulta meno evidente e, nel caso della colangite sclerosante primitiva, invece, non si riscontrano parti­colari variazioni.

Determinazione quantitativa delle immuno­globuline•IgG: un innalzamento selettivo delle IgG, solitamente

> 1,5 volte rispetto al valore massimo di riferimento, è tipico dell’AIH.

•IgM: nel caso delle epatopatie autoimmuni colesta­tiche (PBC e PSC) si presenta un innalzamento selet­tivo delle IgM, più significativo nel caso della PBC.

•IgG ed IgM: un innalzamento combinato di IgG ed IgM è stato riscontrato nei pazienti affetti da sin­drome da Overlap (AIH/PBC e AIH/PSC).

•IgA: un innalzamento selettivo delle IgA, al contra­rio, è indicativo di un’epatotossicità (alcol, droghe, steatoepatite non alcolica)

Determinazione human Leukocyte anti­gen (hLa)8

Per tutte le tre forme di epatopatie autoimmuni consi­derate in questo dossier sono state identificate delle associazioni HLA. Queste associazioni sono general­mente deboli, quindi non dovrebbero essere utilizzate per la valutazione della malattia epatica nella dia­gnostica di routine. Nelle popolazioni europee gli aplotipi HLA­B8, DR3 o DR4 sono associati alla pre­senza di epatite autoimmune, mentre in Giappone è l’aplotipo DR4 e in Sudamerica il DR13. Le associazioni con PBC e PSC sono invece più limitate.

PatoLogia DiagNostica Di Base DiagNostica Di LaBoratorio sPecifica osserVaZioNi

Per tutte le forme Transaminasi (AST/GOT, ALT/GPT)Parametri di colestasi (ALP, γGT)

Anamnesi

Tossica (Alcolica) Rilevazione dell‘alcol, CDT nel siero

Ammoniaca, Etilglucuronide nelle urine (Metabolita dell’alcol)

Anamnesi; spesso diagnosi per esclusione

Tossica (Farmaci) Farmacogenetica Anamnesi; spesso diagnosi per esclusione

Virale Sierologia: HAV, HBV, HCV, HDV (IgG e IgM)

PCR quantitativo per HBV e HCV e, se necessaria, tipiz­zazione genetica

Diagnosi definitiva da laboratorio

Emocromatosi Ferritina, saturazione della transferrina

HFE (gene) Diagnosi definitiva da laboratorio

Deficit α 1-AT Elettroforesi sierica, quantitativa Determinazione quantitativa α1­AT

Tipizzazione α 1­AT (chimica e genetica delle proteine)

Diagnosi definitiva da laboratorio

Morbo di Wilson Ceruloplasmina, rame libero nel siero, rame nelle urine

Diagnostica genetica Diagnosi definitiva da laboratorio

NASH (epatite non alcolica)

Trigliceridi, Colesterolemia, HDL, LDL Glucosio, HbA1c

Istologia Definizione diabete, obesità, disturbi nel metabolismo dei grassi

Malattie epati-che autoimmuni (si veda tabella 2)

Per il 90% diagnosi definitiva da laboratorio; per il 10% diagnosi da esclusione in ac­cordo con l’istologia

Quota: 10­20% delle epatiti croniche

Tab. 1: Diagnosi differenziale per sospetto di epatite

in IFA, ancora meglio in associazione con ELISA o Immunoblot in particolare per l’antigene SLA). In caso non vengano individuati autoanticorpi, si deve proce­dere con la determinazione di anticorpi anti­LC1: questi anticorpi si trovano solitamente in associazione con LKM­1, e in alcuni casi, soprattutto nei bambini, possono presentarsi in presenza di epatite autoimmu­ne di tipo II, oppure anche come singoli autoanticorpi. Gli autoanticorpi ASGPR, LMA (Liver Membrane Auto­antibodies) ed LSP (Liver Specific Protein) hanno poco valore diagnostico supplementare, mentre in caso di sospetta colangite sclerosante primitiva si dovrebbe determinare il p­ANCA.

Diagnostica di laboratorio specifica per le malattie epatiche autoimmuni: gli autoan­ticorpi9

Nella figura 1 viene mostrato un algoritmo per la rile­vazione degli anticorpi relativi alle epatopatie autoim­muni con il metodo in immunofluorescenza (IFI), mentre gli autoanticorpi più importanti sono descritti nella Tabella 2. A causa della clinica spesso ambigua, dell’incidenza della sindrome da overlap, della gravità della malattia e delle conseguenze terapeutiche, per la prima diagnosi dev’essere richiesta un’indagine di base più ampia (ANA, ASMA, LKM­1 e AMA almeno

gLi autoaNticorPi

18

Tab. 2: Criteri diagnostici per le epatopatie autoimmuni

2

criterio aih PBc Psc

Autoanticorpi (necessari per la dia-gnosi di AIH e PBC)

Tipo 1 (SLA/LP, ANA, ASMA)

Tipo2 (LKM)

AMA (IFT), AMA­M2, ANA specifici per la PBC (Nuclear dots/Sp100, membrana nucleare/gp210, centromero/CENP)

p­ANCA; in parte anche come ANCA atipici (a­AN­CA) che a differenza del p­ANCA associati alla vascu­lite non mostrano alcuna fluorescenza specifica dei granulociti fissati in formalina (“sensibili alla formalina”)

Forme speciali PBC AMA negativa (colangi­te autoimmune), per lo più ANA positivi specifici per la PBC

Colangite associata agli IgG4; Small­duct­PSC (Colan­giografia normale, tipiche alterazioni istologiche nei dotti biliari di piccole dimensioni)

Risultati dell’ERCP (necessaria per la dia-gnosi della PSC)

Non specifico Non specifico Caratteristico

Istologia epatica Epatite marcata +/– Fibrosi

Colangite non suppurativa + Fibrosi

Colangite, mancanza di dotti biliari

Ipergammaglobulinemia Si No No

Innalzamento delle immunoglobuline quan-titative

IgG IgM No (IgG4 – si veda sopra)

Associazione HLA B8, DR3, DR4 DR8 B8, DR3

19

Fig. 1: Algoritmo diagnostico per la differenziazione delle epatopatie autoimmuni attraverso lo Screening degli autoanticorpi nel test in Immunofluorescenza Indiretta. ANA, Anti nuclear antibodies; ASMA, anti-smooth-muscle-antibodies (muscolatura liscia); SLA/LP, soluble liver antigen/liver pancreas antigen; LKM, liver-kidney-microso-mal; AMA, anti-mitochondrial antibodies; ENA, extractable nuclear antigens; AIH, autoimmune Hepatitis; PBC, cirrosi biliare primitiva; PSC, Colangite sclerosante primitiva

ANA Fluorescenza nucleare (so-prattutto cellule

HEp2)

Omogeneo,punteggiato, inparte nucleolare

o misto

ENA, dsDNAPer lo piùnegativo

ASMAFluorescenza della F-Actina(soprattutto stomaco di

Ratto, cellule HEp2)

Nuclear Dots,lamina

nucleare,centromero

AIH Tipo 1

SLA/LP(ELISA, Immuno-

blot)

Test di immunofluorescenza(celluleHEp2, Triplo tessuto fegato,

rene, stomaco di Ratto)

LKMFluor. Tubuli distali (Reni) Fluor. citopla-

smatica (fegato)

AIH Tipo 2

Citocromop450 2D6

Sp100,gp210

PBC

AMA-M2

AMAFluor. Tubulare

(Reni) Fluor. citopla-

smatica (soprat-tutto fegato)

cell. parietalicellule HEp2

M AMA SLA/LP LKA/LANA AS

s,

d D

A

N l D

SMASMA KMKM MAMA

Diagnostica specifica della malattiaLa diagnostica di laboratorio è indispensabile per la determinazione dell’AIH e della PBC tra le epatopatie autoimmuni primarie. La PSC, tuttavia, viene diagno­sticata sulla base di specifici risultati derivanti dall’ERCP (colangiopancreatografia retrograda endo­scopica): in questo caso la diagnostica di laboratorio rappresenta un supporto a completamento della diagno­si come parte di un “puzzle”. Il valore cruciale della diagnostica degli autoanticorpi sta nelle conseguenze terapeutiche. Un’epatite autoimmune deve essere trat­tata al più presto con una terapia immunosoppressiva, mentre nel caso della cirrosi biliare primitiva non è

indicata e nel caso di un’epatite virale la terapia im­munosoppressiva è addirittura controindicata. Prima della determinazione degli autoanticorpi, la diagnosi di epatite autoimmune avveniva per pura esclusione; oggi invece in più del 90% dei pazienti affetti da AIH vengono determinati autoanticorpi rilavanti ai fini della diagnostica.

20

Il valore prognostico dei titoli autoanticorpali è contro­verso11, poiché non sono correlati con il successo del­la terapia immunosoppressiva. E’ vero che spesso il titolo autoanticorpale di ANA ed ASMA in presenza di AIH diminuisce, tuttavia può persistere invariato, così come per gli anti­SLA/LP o gli anti­LKM­1, senza evi­denze che confermino l’attività della malattia.Allo stesso modo, dopo un trapianto, gli autoanticorpi spesso persistono, senza che il paziente presenti se­gni di una recidiva.La mancata determinazione di autoanticorpi non esclude la presenza di un’epatopatia autoimmune (per esempio una PBC AMA­negativa). Al contrario, possono presentarsi autoanticorpi anche in presenza di epatopatie non autoimmuni, come per esempio in presenza di malattie autoimmuni extraepatiche o di infezioni. La frequenza di rilevazione degli autoanti­corpi nelle epatopatie croniche viene riportata nella tabella 3, mentre in tabella 4 sono descritti gli anticorpi con limitata importanza per la diagnostica e la classi­ficazione dell’epatite autoimmune.

Il metodo di indagine più importante in fase di scree­ning è il test di immunofluorescenza su sezioni di tes­suto, soprattutto di ratto (fegato, rene, stomaco) e le cellule HEp­2. Il test di immunofluorescenza consente la rilevazione di ANA, ASMA, LKM­1 e AMA (figura 1 e 2). Nei giovani il test ANA viene classificato come debolmente positivo un titolo di 1:80 o di 1:100, nei bambini anche titoli pari a 1:40 possono indicare una malattia autoimmune, mentre in persone più anziane (>50 anni) si possono rilevare titoli ≥ 1:320 senza correlazioni con una malattia. A secon­da del produttore, per il test di immunofluorescenza vengono utilizzate diverse diluizioni di siero, in cui ti­toli pari a 1:80 e 1:100 sono da valutare pratica­mente come diluizioni identiche.Variazioni di un unico titolo anticorpale sulla base di cambiamenti metodologici non sono da considerarsi significative. La determinazione di anti­SLA/LP con ELI­SA od Immunoblot è metodologicamente limitata a queste tecniche di indagine, poiché questi anticorpi non possono essere rilevati nello screening con il test di Immunofluorescenza.

DiagNosi aNa asma sLa/LP LKm aNca ama

AIH 50 50 25 10 50 10*

PBC 50 10 – – <5 95

PSC 25 15 – – 80 –

Epatite tossica. 10 10 – – <5 –

Epatite B 5 10 – – <5 –

Epatite C 10 15 – <5 <5 –

Epatite D 5 10 – 10 <5 –

HH – <5 – – – –

Morbo di Wilson – – – – – –

Deficit α1-AT – – – – – –

Le percentuali variano considerevolmente a seconda dello studio e sono da intendersi solo in ordine di grandezza; * nella sindrome da Overlap AIH con PBC; AIH, Epatite autoimmune; PBC, Cirrosi biliare primitiva; PSC, Colangite sclerosante primitiva; HH, Emocromatosi ereditaria

Tab. 3: Frequenza (%) degli autoanticorpi nelle epatopatie croniche

21

Muscularis Glomerulum 6-20 Dots/nucleoMuscularis mucosae Distale Tubuli

Cellule muscolari liscienel setto della mucosa

stomaco di ratto(asma)

cellule hep2(aNa­Nuclear Dots)

rene di ratto(LKm­1)

Fig. 2: Differenziazione delle epatopatie autoimmuni attraverso lo screening degli anticorpi nel test di immuno-fluorescenza. Descrizione esemplificativa di alcuni pattern di colorazione specifica. ASMA, anti-smooth-muscle-antibodies (muscolatura liscia); LKM, liver-kidney-microsomal; ANA, anti nuclear antibodies (Foto EUROIMMUN).

DiagNosi aNa

Asialoglycoprotein receptor (ASGPR)

ASGPR è probabilmente una componente delle proteine specifiche del fegato. L‘ ASGPR regola l’assorbimento delle proteine glicosilate negli epatociti. Gli anticorpi anti­ASGPR erano stati classificati in alcuni precedenti lavori come dia ­gnosticamente significativi. Questi risultati, tuttavia, non hanno potuto essere confermati. La specificità e la sensibilità è troppo bassa, così che la determi­nazione di anticorpi anti­ASGPR ha pochi benefici aggiuntivi e viene eseguita poco nella routine. La determinazione viene fatta tramite RIA o ELISA.

Liver specific protein (LSP) Gli anticorpi anti LSP sono state riscontrate in immunofluorescenza su sezioni di fegato. Parte della reattività può essere probabilmente spiegata attraverso gli anticorpi anti ASGPR. L’assegnazione certa è difficile, il valore scarso.

Liver membrane antibodies (LMA)

All’immunofluorescenza si riscontra a volte una colorazione lineare distinta della membrana epatocitaria. Anche qui un’assegnazione certa è difficile, e il valore scarso.

Liver microsomes (LM) Epatite farmaco­indotta da Dihydralazine. Prova nell’IFT su fegato di ratto. Colorazione solo nel fegato; epatociti vicino alla zona centrolobulare. L’antigene non è definito, l’assegnazione certa è difficile, il valore scarso.

Tab. 4: Gli autoanticorpi con minore rilevanza nelle epatopatie autoimmuni

22

Fig. 3: Percentuale di pazienti affetti da PBC diagnosticati attraverso autoanticorpi specifici. Attraverso una combinazione di tutti gli anticorpi e dei metodi è possibile diagnosticare quasi il 100% dei casi di PBC.

complesso, queste proteine sono molto più rare del PDH come auto antigeni.

La sensibilità può essere aumentata ulteriormente sen­za deterioramento della specificità quando gli antige­ni ANA specifici della PBC (gp210 e SP100) sono inclusi nella diagnostica (Figura 3).Gli anticorpi SLA/LP in ELISA sono altamente specifici per AIH, ma dovrebbero essere confermati con un Im­munoblot sulla base delle conseguenze terapeutiche. L’ELISA può in alcuni casi presentare dei falsi positivi, per esempio con gli anticorpi eterofili, e con anticorpi cross­reattivi, che per esempio si formano nell’ambito di infezioni virali.Soprattutto in presenza di bassi titoli in ELISA, viene richiesto un controllo intermedio e un secondo test di conferma (ELISA di un altro fornitore, Blot). Diversi stu­di dimostrano una maggiore sensibilità dell’Immuno­assay (ELISA, Blot) rispetto al test di immunofluorescen­za, per cui è assolutamente giustificato, in casi dubbi, considerare una combinazione di risultati ottenuti con diversi metodi anche in presenza di IFA negativo. La figura 3 mostra la percentuale di pazienti diagnostica­ti con la combinazione di diversi metodi .

test di confermaIl pattern rappresentativo di fluorescenza descritto indi­rizza già verso quale struttura cellulare sono diretti gli autoanticorpi; quindi la fluorescenza risultante dalla presenza di anticorpi anti ASMA, LKM­1 e AMA, è relativamente caratteristica e suggestiva di epatite au­toimmune o di cirrosi biliare primitiva. Occa sionalmente i pattern di fluorescenza non possono essere assegnati in modo univoco (soprattutto la distin zione tra AMA e LKM­1), così talvolta è necessario eseguire ulteriori test per l’antigene specifico:

Anti-LKM-1: la conferma di anticorpi anti­LKM­1 avviene tramite ELISA o Immunoblot, Antigene Citocromo P450 2D6.

AMA: per confermare questi anticorpi è adatto l’Immunoblot o l’ELISA con piruvato deidrogenasi (PDH)­E2 come antigene (AMA­M2). Per aumentare la sensibilità, in alcuni sistemi sono stati implementati anche 2 ulteriori epitopi (“branched chain alphaketoacid dehydroge­nase” (BCKDH), ossoglutarato deidrogenasi (OCK­DH), in parte sottoforma di proteine ricombinanti. Nel

ca. 80% ca. 90% ca. 93% ca. 98%

AM-AIFI AMA-Immunoassay(Blot, ELISA):

PDH-E2

AMA-Immunoassay(Blot, ELISA):

PDH-E2BCKD-E2OADC-E2(AMA-M2)

ANA specifici per la PBC (IFI,

Blot, ELISA):Nuclear Dots, Sp100,

gp210 lamina nucleare in IFI, LBR (inner nuclear

membrane protein lamin B receptor)

23

Fig. 4: Immunoblot per la differenziazione di epato-patie autoimmuni attraverso la determinazione di autoanticorpi tipici (EUROIMMUN). AMA-M2, anti-corpi anti-mitocondri vs l’antigene principale degli AMA, la sottounità E2 del piruvato deidrogenasi (PDH-E2); 3E BPO: proteina ricombinante con com-ponenti E2 dell’antigene “bersaglio” degli AMA-M2 (Branched Chain Keto Dehydrogenase-E2, Pyruvat-Dehydrogenase-E2, Oxo acid Dehydrogenase-E2); Sp100, antigeni specifici degli ANA anti Nuclear Dots; PML, proteina descritta nei pazienti con leuce-mia acuta promielocitica; gp210, antigene principa-le degli ANA con fluorescenza membranosa; LKM-1, Liver-kidney-microsomal antibodies; LC-1, liver cytosol antibodies; SLA/LP, soluble liver antigen / liver pan-creas antigen; Ro-52, Sub-Antigen des SS-A/Ro Antigens

AMA M2

3E (BPO)

Sp100

PML

gp210

LKM-1

LC-1

SLA/LP

Ro-52

control

classificazione dell’epatite autoimmune12

L’AIH si classifica in Tipo 1 e Tipo 2 in funzione degli autoanticorpi rilevati contro l’antigene “bersaglio”. In entrambe le tipologie predomina comunemente il ses­so femminile.

Tipo 1: ANA e/o ASMA o anti-SLA/LP positivoQuesta è la tipologia più comune di AIH e colpisce prevalentemente le giovani donne. La malattia si pre­senta precocemente, ha un decorso severo e reagisce bene all’immunosoppressione. Circa il 20% dei pazi­enti presenta un’insorgenza acuta analoga a quella del virus dell’epatite.

Tipo2: anti-LKM-1 positivoLa malattia si presenta spesso già nell’infanzia, ma presenta un picco d’incidenza nella fascia 35­65 anni. Il decorso della malattia è peggiore rispetto al tipo 1, nella metà dei casi si presenta una diagnosi di cirrosi epatica. Rispetto al Tipo 1, il Tipo 2 presenta più comunemente un’associazione con sindrome au­toimmuni extraepatiche come la tiroidite, l’artrite, la neuropatia, l’anemia perniciosa. Secondo alcuni autori esiste anche un Tipo 3, definito dall’individuazione di autoanticorpi SLA. Tuttavia questa è l’unica differenza sostanziale rispetto al tipo 1; per questo motivo la classificazione del tipo 3 non è stata unanimemente condivisa ed è stata abbandonata.

24

DiagNostica Di LaBoratorio DeLLa cirrosi BiLiare PrimitiVa (PBc)

A partire dalla scoperta e dalla clonazione degli au­toanticorpi mitocondriali, la diagnostica di laboratorio per la PBC ha fatto enormi progressi. Sulla base delle reattività nell’Immunoblot sono stati definiti nove diver­si sottotipi di AMA, tra i quali, per quanto riguarda la diagnostica di laboratorio, è stato studiato soprattutto l’AMA­M2, altamente specifico e quasi patognomonico. Gli anticorpi AMA­M2 possono essere diretti contro tre antigeni principali: piruvato deidrogenasi (PDH); Branched chain keto acid dehydrogenase E1, alpha polipeptide (BCKDHA); ossoglutarato deidrogenasi (NADP+).Gli AMA­M4, AMA­M8 e ANA­M9 hanno un minore valore diagnostico22 (Tabella 5).

Oltre agli AMA, anche determinati ANA possono in­dicare la presenza di PBC. A tal proposito valgono gli ANA anti antigene SP100, che nel test di immuno­fluorescenza sono evidenziati come pattern “nuclear dots”, così come gli anticorpi anti gp210, che nell’IFI determinano una positività della lamina nucleare. Questi ANA possono essere ritrovati sia come anticorpi isolati, sia in combinazione con gli AMA. Gli AMA sono rilevabili nel 90­95% dei pazienti affet­ti da PBC quando vengono utilizzate più metodi che includano tutti gli antigeni conosciuti. Gli ANA speci­fici per la PBC sono rilevabili in circa il 50% dei pa­zienti AMA negativi, così che, in definitiva, solo nel 2­5% dei pazienti la PBC può non essere chiaramente diagnosticata per mezzo degli autoanticorpi (Figura 3, Tabella 6)23,24. Il quadro clinico della PBC AMA­negativa viene defi­nita anche Colangite autoimmune (AIC).

25

criteriocLasse (vecchia

classificazione)

NuoVa cLassifica­

ZioNe

Peso moLec.

(kD)

fre­QueNZa

VaLeNZa

Autoanticorpi rilevanti

M2a PDH­E2 74 95% AMA­M2 – la maggiore sensi­bilità diagnostica e specificità

M2d PDH­E1a 41 41­66%

M2e PDH­E1ß 36 5%

M2c Protein X 52 95%

M2c BCKD­E2 50 53­55% AMA­M2 – la maggiore sensi­bilità diagnostica e specificità

M2c BCKD­E1a 46 –

M2c BCKD­E1ß 38 –

M2c OADC­E2 48 39­88% AMA­M2 – la maggiore sensi­bilità diagnostica e specificità

M2c OADC­E1 110 <5%

M2c OADC­E3 55 38%

Sottotipi AMA descritti in precedenza (La classificazione oggi non ha più valore)

M1 < 5% Anti­Cardiolipin; non specifico; per es 100% tra i npositivi alla sifilide attiva

M2 s.o. AMA­M2 (si veda sopra)

M3 < 5% Pseudolupus

M4 50% PBC, poco valore aggiunto

M5a/b < 5% Collagene

M6 < 5% Epatite

M7 < 5% Miocarditie

M8 50% PBC, poco valore aggiunto

M9 80% PBC, poco valore aggiunto

ANA specifici per la PBC

IFT Immunoassay MG (kD) Frequenza Valore

Nuclear Dots Sp100 100 30% Alta specificità per la PBC, successiva manifestazione nella sclerodermia

Alcuni nuclear Dots

Coilin­p80 80 15% SI manifesta nella PBC, sclero­dermia, ma anche senza una specifica associazione clinica

Lamina nucleare Gp210 inner nuclearmembraneprotein laminB receptor(LBR)

210 25%<5%

Alta specificità per la PBC

Centromero CENP 30% Alta specificità per CREST e PBC

Tab. 5: Classificazione degli AMA ANA specifici per la PBC e frequenza nella PBC

26

DiagNostica Di LaBoratorio DeLLa coLaNgite scLerosaNte (Psc)

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imPressumParte 1Le malattie autoimmuni del fegato, a cura di P. Invernizzi, L. Moroni, I. Bianchi, A. Lleo, M. PoddaDr. Pietro InvernizziDr. Luca MoroniDr.ssa Ilaria BianchiDr.ssa Ana LleoCentro per le Malattie Autoimmuni del Fegato, Clinica Medica, Dipartimento di MedicinaIRCCS Istituto Clinico Humanitas Milano

Prof. Mauro Podda Responsabile Dipartimento Medicina IRCCS Istituto Clinico Humanitas Milano

Parte 2Gli Autoanticorpi nelle malattie epatiche, a cura di R. Gruber, S. Borgmann

Allo stadio iniziale asintomatico è evidente solo un innalzamento dei valori dell’ALP e delle gGT ed even­tualmente un leggero innalzamento delle ammino­transferasi (Transaminasi). Nel corso della malattia l’ALP può aumentare fino a 20 volte rispetto ai valori normali, mentre le amminotransferasi possono aumen­tare fino a 5 volte. Al momento della diagnosi, in cir­ca il 50% dei pazienti la bilirubina presenta un lieve innalzamento e aumenta poi continuamente presen­tando valori oscillanti. La concentrazione di acidi bi­liari è aumentata di molto rispetto ai normali valori, mentre tutte le forme della colestasi vanno definite per diagnostica differenziale.

La diagnosi specifica di PSC viene effettuata in contrap­posizione a quelle dell’AIH e della PBC per mezzo del quadro fornito dalla colangiopancreatografia re­trograda endoscopica e sussidiata solo marginalmente dal laboratorio. Utile alla diagnosi si è rivelata la de­terminazione degli anticorpi anti citoplasma dei neu­trofili (ANCA) con un quadro fluoroscopico p­ANCA in etanolo, presente anche nell’80% dei pazienti affet­ti da colite ulcerosa. Questo quadro fluoroscopico, a differenza del p­ANCA anti –Mieloperossidasi speci­fico associato alla vasculite, non presenta sui granulo­citi fissati in formalina una colorazione granulare cito­plasmatica, ma un’insolita fluorescenza filamentosa o addirittura nessuna fluorescenza. Questi ANCA vengono definiti quindi come “sensibili alla formalina” o a­ANCA (ANCA atipici), o, secondo alcuni autori, x­ANCA27

27

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