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AFFINCHÉ BREXIT NON CI SEPARI La festa di Villa Wolkonsky a Roma The Queen’s Birthday I tre neoparlamentari “Londinesi” I Forum de Il Club dossier Il Club nella storica sede di Londra TRIMESTRALE NUMERO 4 | LUGLIO 2018 in ricordo di HAWKING Stephen

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AFFINCHÉ BREXIT NON CI SEPARI

La festa di Villa Wolkonsky a RomaThe Queen’s Birthday

I tre neoparlamentari “Londinesi”I Forum de Il Club

dossier Il Club nella storica

sede di Londra

TrimesTrale

Numero 4 | luglio 2018

in ricordo di

HAWKINGStephen

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editoriale

FrancescoDeLeo

I

L’Uomo delle Stelle

l numero che avete tra le mani è dedicato a Stephen Hawking. Le sue ceneri sono conservate dallo scorso 15 giugno accanto a quelle di Isaac Newton e Charles Darwin, in un luogo straordinario, l’Abbazia di Westminster. La celebre chiesa di Londra ospita i resti e i ricordi di uomini che hanno scritto storie leggendarie. Le tombe e i monumenti sono ancor oggi la testimonianza della dignità e delle conquiste umane. Più di 3.000 persone sono sepolte o commemorate qui: re, regine, principi, duchi, poeti, letterati, scienziati, musicisti, artisti, esploratori e politici. La cavalcata delle Valchirie di Wagner ha salutato a Westminster l’uomo delle stelle.

Leggendo la testimonianza a Il Club del fisico Remo Ruffini, che con Hawking ha lavorato, possiamo comprendere quanto sia inestimabile il contributo dato dallo scienziato inglese al genere umano: “La conoscenza scientifica è l’incontro che permette all’uomo di evolvere e alla natura di esprimersi. Se non ci fosse la scienza, la natura sarebbe un insieme di pietre. È solo lo sforzo incredibile della mente umana nella conoscenza a far si che la natura possa capire di esistere e capire cosa sia l’universo”.

“Ricordatevi sempre di guardare le stelle, non i piedi”, diceva Hawking. Un onda sonora con la sua voce è stata sparata nello spazio, meta il black hole più vicino alla terra. Quando fra miliardi di anni quel buco nero evaporerà, quel messaggio di pace e speranza “sul bisogno di vivere in armonia con il nostro pianeta” diverrà universale. Per diffondere il messaggio, della durata di sei minuti e registrato su una base musicale realizzata dal compositore greco Vangelis, è stata utilizzata l’antenna dell’Esa Cerebros.

Il buco nero, chiamato 1A 0620-00, è a circa 3500 anni luce dal nostro pianeta. Nel tempo che viviamo ci terrà compagnia uno dei suoi tantissimi insegnamenti: “La prossima volta che pensi di non riuscire a fare qualcosa, che pensi che la vita ti abbia trattato male, prova a pensare: “Cosa farebbe Stephen Hawking?”.

“La strada che porta alla conoscenza è una strada che passa per dei buoni incontri”, scriveva il filosofo Baruch Spinoza. Il Club ha conversato con persone che Stephen Hawking lo hanno incontrato e le loro testimonianze sono un dono ai lettori della rivista.

Il Club readers | Leggono Il Club: Ambasciata del Regno Unito in Italia, The British Chamber of Commerce for Italy (Milano), British Council, UK Trade & Investment, London & Partners, The British School of Milan (Milano), British Institute of Florence, All Saints’ Anglican Church Rome, Sezione Bilaterale di Amicizia UIP Italia-Gran Bretagna, Camera di Commercio & Industria Italiana per il Regno Unito, Ufficio di Londra ICE Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Istituto Italiano di Cultura Londra, Istituto Italiano di Cultura Edimburgo, Business Club Italia, British-Italian Society, LSE Italian Society, KCL Italian Society, The Italian Society at the Queen Mary University of London, BAA London, Chiesa Italiana di San Pietro a Londra, Artstur – Accademia Italiana Club, The Army & Navy Club, The Arts Club, Boodle’s, The Carlton Club, The Caledonian Club, Cavalry and Guards Club, City of London Club Membership, The In & Out (Naval and Military Club).

Giorgio Armani

Elegance is not about being noticed, it’s about being remembered.

L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare.

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N.4 | Luglio 2018

We thank you for your support

Direttore responsabile:Francesco De LeoCollaboratori: Giovanni Caccavello, Diletta Cherra, Davide De Leo, Paola Peduzzi, Alessandra Rizzo, Alberto Simoni.

Comunicazione, progetto grafico e impaginazione: Ubaldo Cillo

Traduzioni: hobbesandsushi.com

Webmaster: Francesco D’Ambrosio COMITATO SCIENTIFICO Presidente: Jill Morris CMG (Ambasciatore del Regno Unito in Italia)Membri: Paolo Alli, Giuliano Amato, Gianluca Ansalone, Antonio Armellini, Gianfranco Baldini, Tim Bale, Annamaria Bernini, Philip Booth, Edoardo Bressanelli, Sabrina Corbo, Elena Di Giovanni, Filippo di Robilant, Alessandro Dragonetti, Francesco Giavazzi, Claudio Giua, Sandro Gozi, Giulia Guazzaloca, Nadey Hakim, Dominic Johnson, Tim Knox, Andrea Manciulli, Alessandro Minuto Rizzo, Domenico Meliti, Michela Montevecchi, Nello Pasquini, Andrea Peruzy, Marco Piantini, Stefano Polli, Gaetano Quagliariello, Lia Quartapelle, Fabrizio Ravoni, Andrea Romano, Vittorio Sabadin, Giulio Sapelli, Paul Sellers, Daniel Shillito, Stefania Signorelli, Leonardo Simonelli, Massimo Teodori, Giulio Tremonti, Raffaele Trombetta, Raffele Volpi, Philip Willan.Stampa:RUBBETTINO EDITORE S.r.l.Viale Rosario Rubbettino , 1088049 Soveria Mannelli (CZ)Tel. 0968.6664201 | Fax 0968.662055www.rubbettino.it | e-mail: [email protected]. - Cap. soc. Euro 10.400,00 i.v. -Reg. Impr. di CatanzaroCod. Fisc. e P.IVA 01933480798

Proprietà: IL CLUB LTDTop Floor, 58 High Street, Wimbledon Village, SW19 5EE, United KingdomRegistered in the United Kingdom, Number 10864461

Il Club è distribuito esclusivamente in abbonamento. Costo annuale (per 4 numeri): € 100,00

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sommario

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6 | Evento. La sicurezza dell’Individuo.

8 | DOSSIER . Il Tempo, la Conoscenza, il Male. In ricordo di Stephen Hawking.

9 | Quei tre giorni con Stephen Hawking.Testimonianze del Direttore e dell’equipe del Centro Clinico NEMO di Roma.

11 | Il mio amico Stephen.Intervista al Prof. Remo Ruffini.

14 | La speranza oltre il male. Di M. A. Farina Coscioni

16 | Il Club nella storica sede dei Lloyd a Londra. Di Davide De Leo

22 | Conversazione con Ivo Impronta, grande broker della City.

24 | I Forum de Il Club. I tre neoparlamentari “londinesi”.

28 | Il Queen’s Birthday Party a Villa Wolkonsky.

30 | The Gentlemen’s Clubs of London: The Travellers Club. Di Sheila Markham

32 | Il Club a Londra.

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Politiche europee di sicurezza.

“Che Brexit non ci separi!”

Il 3 maggio scorso, presso la Biblioteca della Camera dei Deputati, nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto a Roma, in occasione della presentazione del terzo nu-mero della rivista Il Club, si è tenuto l’incontro “La si-

curezza dell’individuo” al quale hanno partecipato, con Jill Morris CMG (Ambasciatore del Regno Unito in Italia), Marco Minniti (Ministro degli Interni), Claudio Galzerano (Direttore Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo esterno), Andrea Manciulli (Presidente della Delegazione ita-liana presso l’Assemblea parlamentare della NATO), Raffaello Pantucci (Direttore dell’International Security Studies Royal United Services Institute (RUSI), Alberto Simoni (Capo della Redazione Esteri de La Stampa) e Francesco De Leo (Direttore de Il Club).

Pubblichiamo un estratto dell’articolo scritto sull’evento da Stefano Pioppi per la rivista Formiche.In questo sforzo comune non può mancare il Regno Unito, “un pezzo importante delle politiche di sicurezza europee”, ha detto il ministro dell’Interno Marco Minniti. “Quando la Brexit sarà compiuta, l’Europa dovrà fare qualcosa per mantenere e preservare i rapporti di sicurezza tra Europa e Regno Unito, e con l’altra sponda dell’Atlantico; dobbiamo trovare dei canali speciali per la cooperazione su questi temi”, ha aggiunto il mi-nistro dell’Interno. Difatti, “la sicurezza è un tema emblemati-co per dimostrare l’importanza di non permettere che Brexit ci separi”, ha confermato l’ambasciatore del Regno Unito in Italia Jill Morris. “La sicurezza e la difesa dell’Europa sono al cuore dell’approccio del Regno Unito; condividiamo gli stessi valori e non esiste Paese che possa affrontare da solo la minaccia alla sicurezza; la collaborazione è fondamentale, con gli alleati eu-ropei e con l’Italia, oltre a quella che si realizza a livello interna-zionale multilaterale”. Su questo non impatterà la Brexit, ha as-sicurato la diplomatica: “La nostra dedizione è incondizionata, nel senso che non è legata ai negoziati sui rapporti economici e commerciali del futuro. L’Europa – ha rimarcato la Morris – è il nostro continente; lasciamo l’Unione europea e non l’Euro-pa; la vostra sicurezza è la nostra sicurezza”.

Roma. La Sicurezza dell’Individuo. In alto i relatori della conferenza organizzata da Il Club (foto 1). Al centro Andrea Manciulli (foto 2) e Raffaello Pantucci (foto 3). All’Ambasciatore Jill Morris viene donata una Italy Star originale, la medaglia concessa a personale militare d’esercito del Regno Unito nella Campagna d’Italia (foto 4). Il ministro Marco Minniti con “il cagnolino”, simbolo de Il Club (foto 5).

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Il tempo, la conoscenza, il male

Questo numero de Il Club è dedicato a uno fra i più autorevoli e conosciuti fisici teorici al mondo, il prof. Stephen William Hawking, scomparso a Cambridge il 14 marzo 2018. Il cosmologo,

matematico e astrofisico britannico, è noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo. Hawking è stato Titolare della cattedra lucasiana di matematica all’Università di Cambridge per trent’anni, dal 1979 al 2009, è stato poi direttore del Dipartimento di Matematica Applicata e Fisica Teorica di Cambridge. Lo scienziato inglese, nato a Oxford l’8 gennaio del 1942, era vincolato all’immobilità dagli anni ottanta a causa di una malattia del motoneurone, diagnosticatagli già nel 1963: una forma a lenta progressione di sclerosi laterale amiotrofica. Hawking era limitato dalla patologia a comunicare con un sintetizzatore vocale, ma la sua immagine pubblica è divenuta una delle icone popolari della scienza moderna.

in ricordo di

HAWKINGStephen

Nel dicembre del 2016 Stephen Hawking è a Roma per una conferenza all’Acca-demia delle Scienze in Vaticano. In quei giorni lo scienziato, in seguito a una crisi respiratoria, viene ricoverato presso il Centro Clinico NEMO di Roma (Neuro Muscular Omnicentre) Fondazione Policlinico A. Gemelli. Il Club ha

visitato il Centro e ha conversato con il Direttore, il professor Mario Sabatelli, con il neuro-logo Amelia Conte e con il pneumologo Emiliana Meleo, esperta in ventilazione meccanica. Riportiamo le loro testimonianze in ricordo di quei giorni.

HAWKING AL NEMO“Eravamo stati informati della visita di Hawking a Roma e allertati per qualsiasi evenienza. Sapevano che ci occupiamo in maniera multidisciplinare di patologie del motoneurone. Lo scienziato era membro dell’Accademia delle Scienze del Vaticano e il professor Pontecorvi, il responsabile dei servizi sanitari, che è un nostro medico, ci disse di organizzare una rete in caso di problemi. Il proble-ma si verificò. Ebbe problemi respiratori. Inizialmente ci recammo a visitarlo nel suo albergo, ma vista la situazione decidemmo subito di portarlo qui nel Centro Clinico Nemo dove è rimasto per tre giorni. Era esausto, in una situazione molto critica, temevamo che morisse. Capiva perfettamente, ma non comunicava per-ché troppo affaticato. Aveva un équipe medica di 20 persone… impenetrabili, e a turno era sempre circondato da quattro assistenti. Ogni decisione che prendem-mo fu concordata con l’equipe di Cambridge che lo seguiva. Il ricovero fu neces-sario per passarlo ad un’altra modalità di ventilazione. Rimase molto colpito dal nostro apparecchio per la tosse, per la gestione delle secrezioni, che da loro non si usava, tant’è che quando andò via voleva portarlo con se”.

Il racconto del Prof. Mario Sabatelli e del

team del Centro Clinico Nemo di Roma.

Quei tre giorni con il grande

astrofisico inglese

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ENGLISH BREAKFAST“Durante il giorno assumeva integratori con la Peg, ma con un artificio tecnico – un intervento che ha fatto solo lui per-ché nella pratica clinica non si utilizza – riusciva ad assapora-re il cibo. Al mattino, verso le 11.00, si faceva portare la tipica English breakfast, composta da fagioli, salsicce, pancetta, uova, funghi, patate fritte e pane tostato. La sera, verso le 23.00, ce-nava… preferibilmente sushi, ma anche pollo o hamburger. Geniale! Lui poteva avere la sensazione del cibo in bocca. Ricordo che una sera voleva assolutamente conoscere la tradu-zione inglese di “cicoria”, ma non c’è una traduzione, la cicoria è la cicoria gli dicemmo. Se la fece portare e poi ci disse che non gli era piaciuta”.

LA SLA“Stephen Hawking si era ammalato a 21 anni e a 30 decise di fare la tracheostomia (L’operazione chirurgica tramite la quale si crea, a livello del collo, una via di passaggio per l’aria destinata ai pol-moni, N.d.R.). Non è una scelta facile. A seconda dei casi ti può aiutare o rendere la vita un inferno. È vissuto quasi 40 anni con la tracheostomia e il messaggio più importante che ci ha lasciato è che puoi fare grandi cose nonostante una malattia grave e nonostante dei limiti fisici. In lui la malattia ha avuto un’evoluzione molto lenta. Il 5% dei casi di SLA ha un evoluzio-ne molto lenta, ma ci sono tantissimi tipi di SLA. Sicuramente il fatto di avere un’équipe medica continuamente a disposizio-ne, in grado di gestire qualsiasi aspetto della malattia – con la possibilità di fare trattamento fisioterapico e manovre partico-lari di gestione della tracheostomia e che ti permette di evitare tante acuzie – ti da la possibilità di giocare d’anticipo sull’even-tuale complicanza. Se invece il paziente è lasciato all’assistenza del familiare, non potrà usufruire delle competenze adeguate. Certo dipende anche dalle condizioni di base del paziente. Per esempio il fenotipo di malattia di Hawking gli permetteva an-che di avere dei tempi più lunghi rispetto ad altre persone che, anche se accudite egregiamente, hanno una malattia molto più aggressiva”.

L’INSEGNAMENTO“Non c’è motivo per cui una persona affetta da SLA non pos-sa continuare a esercitare il suo lavoro, come ad esempio l’in-segnamento, perché, nella maggior parte dei casi, la malattia

non colpisce le capacità cognitive. Quelle di Hawking erano integre. Non potendo parlare faceva uso di un comunicatore oculare. In Italia c’è anche un problema culturale da superare. È evidente che se non riesco ad esprimermi verbalmente, ci sono altri canali di comunicazione, come quello di modulare la domanda in base alla capacità della persona di rispondere. Lui comunque era uno scienziato, guardava al di là di quelle che sono le situazioni concrete e questa è una grande spinta anche per chi fa ricerca”.

VIVERE“Il rispetto delle scelte della persona con SLA deve essere centrale. Rispettare chi vuole accettare le cure e chi vuole ri-nunciarvi, comprendere la dignità del morire, ma nello stes-so tempo la dignità del vivere, di chi decide di andare avanti. La Regione Lazio è l’unica regione che fornisce una parte di assistenza, nel resto d’Italia non esiste niente del genere. Sia chiaro, il punto non è solo la dignità di avere un tubo in gola, perché quello è sopravvivere, bisogna dare a questi malati la possibilità di continuare a svolgere la loro vita, qualunque essa sia. Se dipingi, permettergli di continuare ad apprezzare l’arte. A chi vuole vedere crescere i propri figli, devi permettergli di essere partecipi della loro vita. Molto spesso fare la tracheosto-mia significa stare in una stanza a guardare una parete e que-sto è sopravvivere, non certo vivere. Tutto questo ha un costo. I costi non sono enormi, molto meno di tante altre cose su cui la politica decide di investire. Questo è un grande problema ancora irrisolto purtroppo… c’è molta disattenzione su questo aspetto. Scegliere di aiutare le persone che decidono di andare avanti, vuol dire fare delle terapie palliative. Noi curiamo sin-tomi di diversissima natura senza curare la malattia e qui entra in gioco un aspetto culturale che fa fatica ad affermarsi. La SLA è una malattia incurabile e prendersi cura di una persona che ha una malattia inguaribile, affrontando i costi della situazione, è molto spesso una sfida per il senso comune”.

I SUOI OCCHI“Quando Hawking è andato via, non potrò mai dimenticare il suo sorriso. Sono gli occhi più belli che abbia mai visto. Era veramente contento e i suoi occhi trasmettevano un’energia immensa. Scrisse: “I think you did well”, “penso che abbiate la-vorato bene”.

Nelle foto il Prof. Stephen Hawking, il Prof. Mario Sabatelli e membri dell’equipe del Centro Clinico NEMO di Roma, Fondazione Policlinico A. Gemelli

Intervista al fisico, Prof. Remo Ruffini (Direttore ICRANet)

StephenI

ncontriamo il professor Remo Ruffini nella sua stanza all’Università Sapienza di Roma, presso il Dipartimento di Fisica. Ruffini è direttore dell’International Centre for Relativistic Astrophysics Network (ICRANet), presi-

dente dell’International Centre for Relativistic Astrophysics (ICRA) e direttore del Dottorato Internazionale di Astrofisica Relativistica (IRAP PhD).

Lei ha collaborato con Stephen Hawking nelle ricerche sui buchi neri, sulla cosmologia quantistica e sull’origine dell’universo. Quando lo ha incontrato per la prima volta? “Avevo ventidue anni quando mi recai a Cambridge. L’incontro avvenne in una sala da tè, un pomeriggio. Stephen era già ammalato. Si muoveva con difficoltà. Quel primo incontro fu già molto importante, anche se molto breve. Ci siamo poi incontrati di anno in anno. Ricordo sul Monte Bianco, a La Suche, dove alla famosa scuola di astrofisica per la prima volta i nostri gruppi presentarono i risultati che Stephen aveva ottenuto a Cambridge e io a Princeton”.

Poi cosa accadde?“Proprio questi incontri, e poi gli studi epocali che ne segui-rono, ci portarono alla formula di massa dei buchi neri e poi verso mete più importanti. Gli studi di Stephen erano diret-ti alla micro fisica, ai piccoli Black Hole, i miei invece – se-

Il mio amico

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guendo le tracce di Riccardo Giacconi che aveva introdotto per la prima volta le osservazioni a raggi X nella nostra ga-lassia – furono orientati ai Black Hole più grandi, quelli che si formano alla fine dell’evoluzione delle stelle. Parliamo di centinaia di milioni di masse solari… una cosa enorme. Sono i centri della galassia. La cosa fantastica è che siamo andati in parallelo in questa ricerca praticamente per cin-quant’anni. Poco prima della sua scomparsa celebrammo a Cambridge, Roy Kerr, a cui era stato assegnato il Premio Crafoord, considerato il Premio Nobel per l’astronomia. Fu indimenticabile. Ci avevano detto che Stephen stava male e di non chiedere neppure di incontrarlo. Ci mettem-mo a discutere nella sua università dell’ultimo lavoro fat-to da Hawking. Teorizzava la possibilità di usare delle vele spinte da laser per mandare un micro osservatorio in un sistema planetario vicino, per realizzare delle immagini, per vedere se ci fosse vita e se fosse possibile e interessan-te andarci. Stephen aveva preso questo progetto sul serio e questa sua idea era molto pubblicizzata. Roy e io eravamo molto critici. Io sostenevo con Roy la drammaticità della situazione storica in cui siamo. Sperare di muoversi oggi, come nei secoli passati si andava da un luogo geografico a un altro per migliorare la qualità della vita, a noi sembrava impossibile. Il problema vero non è di spostarsi in un altro punto geografico, ma cercare la soluzione dentro la nostra vita, all’interno del nostro pianeta. Paradossalmente nella nostra discussione prendevamo proprio l’esempio che ci veniva dato dalla vita di Stephen, che seppur massacrato dalle contingenze umane, riusciva ad avere una serenità e un piacere che si vedeva trapelare dai suoi occhi. Questo è quello che dovremmo fare sul pianeta Terra, avere l’obietti-vo di essere felici. Ricordo che poi, quando gli fu detto della nostra presenza, volle incontrarci immediatamente”.

Cosa ricorda del suo vivere la malattia?“Quanto per me era più sconcertante era la serenità della sua situazione. Una persona nelle sue condizioni, se non avesse avuto la possibilità intellettuale di ottenere delle en-

dorfine dalle sue scoperte sarebbe mancato in pochissimo tempo. Mentre invece lui riusciva, non solo a trasmettere all’umanità le sue idee, ma a gioirne a tal punto che poteva anche permettersi il lusso di scherzare in ogni momento. Una volta durante un’accesa discussione mi prese da parte. Non riuscivo a capire cosa cercasse di comunicarmi. Solo dopo qualche minuto, mi resi conto che mi raccontava una barzelletta. Gli chiesi come mai tutto quello sforzo smisu-rato per una barzelletta. Volevo vederti sorridere, mi disse con fatica”.

“Potrebbe essere possibile compiere viaggi nel passato. Anche se questa potrebbe essere una bella cosa per gli scrittori di fantascienza, significherebbe però anche che non sarebbe mai sicura la vita di nessuno: qualcuno po-

La fisica è ben più che un’equazione,è qualcosa che davvero ha l’ampiezza del credere religioso.

“Assolutamente. Abbiamo capito per la prima volta dove si formano gli elementi pesanti, nel cosmo. Noi troviamo sulla terra l’oro, l’uranio, sepolti nelle rocce. Ma non ave-vamo capito, sino a poco fa, dove questi oggetti nascessero. Quello che abbiamo capito oggi è che questo avviene nel-le più grandi esplosioni dell’universo: nei GRBs, i game-ray bursts. Ora perché “der Gott” ha creato queste esplosioni, in tutto l’universo, fino dalle fasi primordiali a qualche mi-lione di anni dall’inizio del Big Bang? Perché? La risposta è semplice. Per permettere a tutte le stelle dell’universo, sin da 50 miliardi di anni fa, di essere arricchite degli elementi pesanti. Questo per permettere la vita “democraticamente” in tutto l’universo. Questo dunque l’abbiamo capito. Sta a noi adesso, visto che la natura ci ha messo a disposizione tutte queste cose, andare a identificare non solo dove, ma anche quali forme di vita la natura ha scelto di far evolvere. È questa di gran lunga la frontiera più bella che noi dobbia-mo guardare”.

Cosa è la conoscenza, professor Ruffini?“La conoscenza scientifica è l’incontro che permette all’uo-mo di evolvere e alla natura di esprimersi. Se non ci fosse la scienza, la natura sarebbe un insieme di pietre. È solo lo sforzo incredibile della mente umana nella conoscenza a far si che la natura possa capire di esistere e capire cosa sia l’u-niverso”.

trebbe infatti andare nel passato e uccidere tuo padre o tua madre prima che tu fossi concepito!”. Questo scriveva Stephen Hawking. “Lo spazio, il tempo… È un argomento affascinante che non ha ancora un termine. Riusciamo a comprenderlo solo in parte. È un mistero soprattutto quando interfacciato ad un altro grande mistero: la presenza della materia e dell’anti-materia. Il fatto che l’antimateria sembra andare indietro nel tempo, invece che avanti, come la materia, e che quando si incontrano si annichilano in un plutone. Beh tutto que-sto è ancora un profondo mistero con cui viviamo. Da un punto di vista spirituale, l’idea del tempo in quanto tale è toccata anche da Einstein, oltre che da Stephen. Fu Einstein a parlare di “noi fisici credenti”. Cosa significava? Credenti nella fisica, per i quali la fisica è ben più che un’equazione, è qualcosa che davvero ha l’ampiezza del credere religio-so. Per i “fisici credenti” il presente, il passato, il futuro non sono altro che un’illusione, anche se un’illusione molto pro-fonda e verace”.

Altre due storiche frasi di Stephen Hawking : “Confinare la nostra attenzione alle questioni terrestri significherebbe limitare lo spirito umano”. E ancora: “In un universo infinito, deve esserci altra vita. Non vi è dubbio più grande. È tempo di impegnarsi per trovare una risposta.”

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Stephen Hawking: una mente tra le più brillanti del no-stro tempo, un grande scienziato; ma soprattutto un indomito combattente, che mai si è lasciato abbattere dalla malattia che lo colpisce appena ventenne. Mi piace ricordarlo perché Hawking è stato il primo punto di ri-ferimento di mio marito Luca Coscioni: entrambi malati di SLA, entrambi combattono la battaglia per la libertà di ricerca scientifica. Danno speranza perché sono essi stessi speranza. Quando con Luca e con Marco Pannella anche in Italia gettiamo le basi per questa lotta, rispon-dono 50 premi Nobel e oltre 500 scienziati e ricercatori di tutto il mondo; tra loro, al nostro fianco, fin che ha potuto, Stephen Hawking. Di questo sostegno, di questa adesione, gli sarò eternamente grata. Per Luca, e per tutti noi è stato motivo di conforto e forza.Una volta Hawking ha detto: “A volte soffro di solitudine, mi è difficile parlare con le persone che non conosco, e spesso la gente ha paura di parlare con me o non mi lascia il tem-po di scrivere una risposta”. Affermazione sintomatica: il problema non è Hawking, i tanti Hawking, ma come noi sappiamo rapportarci con loro. Ne abbiamo paura… non lasciamo loro il tempo; non comprendiamo che il loro è un tempo diverso dal nostro; con ‘leggerezza’ Hawking pone il problema di un imperativo che troppo spesso non avvertiamo come categorico: quello di assicurare una adeguata assistenza al nostro prossimo.

Maria Antonietta Farina Coscioni di(Presidente dell’Istituto Luca Coscioni)

La speranzaoltre il male

SMentre scrivo mi passano davanti agli occhi le immagini struggenti di un grande film “La teoria del tutto”, tratto da un libro altrettanto bello, di Jane Wilde, moglie di Hawking per 25 anni. Un formidabile intreccio di amore, disperazione, speranza. Una mente, un cuore e un corpo, quel-lo di Hawking, che ha saputo superare i limiti del suo stesso male. E penso a Luca: non ha avuto alcun premio a onorificenza. Credo non ci sia neppure una stra-da o una piazza a suo nome. Per questo, ho volu-to dar vita, nel 2014, a un Istituto a lui intitolato, assieme ad amici che credono nei valori e negli obiettivi che erano di Luca. Un progetto (e un luogo) che consenta di approfondire la ricerca, la riflessione, l’impegno culturale, civile e politico incarnati emblematicamente dalla vita di Luca; per allargare le sue visioni e i suoi orizzonti. Ci abbiamo pensato a lungo, e ci siamo detti che sì, la cosa va fatta. Ci sembra il modo migliore per ricordare quello che ha cercato di fare e quello che ha fatto. Così nasce anche il CoscioniLAB: un luogo, uno spazio, di ricerca, cultura scientifica, politica. Un luogo dell’arte e della conoscenza, di coworking. Nasce dall’idea che nel nostro Paese, la libertà di ricerca è ancora ostaggio di proibizioni che im-pediscono di sviluppare la ricerca in determinati campi della biomedicina e delle applicazioni te-rapeutiche. Luca, dunque, ‘vive’ in un luogo, in uno spazio ri-generato e condiviso dall’integrazione di compe-tenze professionali diverse, da studiosi, ricercato-ri, volontari a Roma, in Via Rimini 14, nel quartiere San Giovanni, a due passi dalla ‘madre di tutte le chiese del mondo’, la cattedrale di Roma, San Giovanni in Laterano. Qui si produrrà e ci si formerà dell’autentica visione politica liberale, riformatrice, radicale. La parola d’ordine è nelle parole che il premio Nobel per la Letteratura José Saramago rivolge a Luca: “La sua arma è la ragione, il suo unico obiettivo la difesa della dignità umana”.

COSCIONILAB

“CoscioniLAB: un luogo, uno spazio di ricerca, cultura scientifica, politica, dell’arte e della conoscenza, di coworking. Nasce dall’idea che nel nostro Paese, la libertà di ricerca è ancora ostaggio di proibizioni che impediscono di sviluppare la ricerca in determinati campi della biomedicina e delle applicazioni terapeutiche. Qui si produrrà e si formerà della autentica visione politica liberale, riformatrice, radicale.”

A sinistra: Luca Coscioni, Maria Antonietta Farina Coscioni e José Saramago, Premio Nobel per la Letteratura 1998. A destra: Maria Antonietta Farina Coscioni.

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Il Club nella storica sede di Londra

Davide De LeodiTraduttore

C he ci fanno dozzine di cimeli, quadri e ri-cordi di figure leggendarie, quali Nelson e Churchill, ma anche di eventi memorabili, quali le tragedie del Titanic e dell’11 settem-bre, riuniti sotto lo stesso tetto?

Siamo nell’edificio dei Lloyd’s, nella city di Londra (foto 02), quella strana creatura dell’architetto Richard Rogers che sbalordì la comunità finanziaria londinese quando fu ultimata nel 1986 (ne vediamo un modellino nella foto 03). Non è facile entrarvi per chi non ci lavora, ma gra-zie al dott. Ivo Impronta, Chief Executive Officer della Marine Aviation & General Ltd (MAG), Lloyd’s Broker, riusciamo a visitare un luogo magico, un paio d’ore pri-ma che si animi del tutto e cominci il fragore delle nego-ziazioni. “I Lloyd’s non sono una compagnia,” ci dice il dott. Impronta, “sono un mercato. All’interno di questo mercato vi sono diverse compagnie in concorrenza tra loro, ma appaiono tutte con lo stesso nome, Lloyd’s ap-punto, e hanno un margine di solvibilità comune, un fon-do che impedisce il fallimento qualora una delle compa-gnie fosse in difficoltà. Talvolta le suindicate compagnie si dividono la copertura assicurativa di un determinato rischio. Questo modo di operare va avanti da 300 anni”.

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Il nome Lloyd’s compare per la prima volta sulla London Gazette nel febbraio del 1688. Su Tower Street vi era un caffè, che apparteneva a Edward Lloyd. Vista la vicinan-za al Tamigi e ai docks, il caffè era frequentato da ar-matori, capitani di vascello e mercanti. In quel luogo, cominciarono a stringersi accordi che assomigliavano agli odierni contratti assicurativi. All’epoca vi erano già più di 80 caffè all’interno delle mura della City, ognuno era un centro di ritrovo per imprenditori e mercanti. La Lloyd’s Coffee House era specializzata nel dare infor-mazioni su spedizioni e viaggi marittimi. La storia dei Lloyd’s, che data tre secoli, può essere in parte seguita anche dalle pagine del Lloyd’s List, giornale pubblicato puntualmente dal 1734, periodico tra i più antichi del mondo ancora in attività. Uno dei pezzi forti della visita ai Lloyds, che operano in un gigantesco edificio un po’ ufficio, un po’ museo, è la campana della nave di Sua Maestà (HMS) Lutine. La campana si trovava a bordo della fregata francese Le Lutine (il folletto), che si era arresa agli inglesi nel 1793. Ormai sotto bandiera britannica, la HMS Lutine partì per Amburgo sei anni dopo. Il carico di oro e ar-gento che trasportava, valutato un milione di sterline di allora, fu assicurato dai Lloyds. Ma ad Amburgo non arrivò mai: colpita da una tempesta, il 9 ottobre si infranse contro la costa olandese. Perirono l’equi-paggio, il Capitano Lancelot e la nave si inabissò. I Lloyds risarcirono completamente il valore del carico. Dopo numerosi tentativi di recupero andati a vuoto, nel 1859 fu ritrovata la campana, appesa nella stanza delle sottoscrizioni dei Lloyds. La tradizione vuole che ogni volta che si perde traccia di una nave, la campana venga suonata una volta, e che quando venga ritrova-ta, sia suonata due volte (foto 04 e 14). I sinistri di una certa entità vengono ancora oggi riportarti in un regi-stro, esposto anch’esso nella sala delle contrattazioni,

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da riempire tassativamente a mano, con penna e inchio-stro (foto 07 e 08). La campana ha già traslocato cinque volte: dalla HMS Lutine è stata appesa per la prima vol-ta nella sede dei Lloyds al Royal Exchange (1890-1928), quindi a Leadenhall Street (1928-1958), poi a Lime Street (1958-1986), prima di passare all’edificio attuale nel 1986. Un quadro raffigura l’inaugurazione ufficiale del pri-mo edificio su Lime Street, in presenza della Regina Elisabetta la Regina Madre, il 14 novembre 1957. (foto 11). “Ai traslochi”, ci racconta il dott. Ivo Impronta, “è legato un altro episodio da raccontare. I dirigenti dei Lloyd’s erano così legati al Salone del Comitato, che chiesero a Richard Rogers di trasportare dal vecchio edificio le mura del salone, e di trasferirlo nella nuova sede (foto 05). Come spesso nel Regno Unito, la tradizione si spo-sa con quanto di più moderno possa esistere (in questo caso, il Lloyds’ Building nel 1986).” Nel salone, vi è un quadro in cui è raffigurato Winston Churchill sotto una quercia a Chartwell. La carriera del-lo statista incrociò i Lloyds più di una volta. Divenuto Primo Signore dell’Ammiragliato nel 1911, Churchill poté rendersi conto più chiaramente del rapporto stori-co tra i Lloyds e la Royal Navy. Agli inizi del XX secolo, l’impero britannico dominava il commercio mondiale e il Regno Unito poteva vantare i più grandi cantieri na-

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vali del mondo. A differenza dei concorrenti, i Lloyds avevano sempre fornito copertura assicurativa contro i rischi bellici. Secondo il Lloyd’s List, nel 1936 Churchill visitò gli uffici dei Lloyds, fu ricevuto a colazione dal Presidente Neville Dixey, visitando successivamente la stanza delle sottoscrizioni (nella foto 13, un antico banchetto utilizzato per le negoziazioni), la biblioteca e la collezione di Nelson, altra grande icona del Regno Unito. Vi è una teca (foto 01), in cui è oggi conservato il lascito di Horatio Nelson (foto 09) ai Lloyds, in partico-lare un modello della HMS Victory – la nave del famoso ammiraglio – e l’argenteria, che comprende una specia-le posata, coltello-forchetta, con la quale Nelson riusciva a mangiare, pur avendo perso un braccio in battaglia. Ma c’è un’altra ragione per la quale gli assicuratori erano grati a Churchill: senza la vittoria delle marine alleate nella battaglia dell’Atlantico durante la Seconda Guerra Mondiale, il costo delle riparazioni in caso di sconfitta sarebbe stato troppo alto, e avrebbe forse comportato il fallimento dei Lloyds. Nel 1944 i Lloyds mostrarono la propria gratitudine nominando Churchill membro ono-rario della loro Society. Nel salone si può vedere la lette-ra di nomina (foto 12) e appunto il quadro di Churchill (foto 06), dipinto nel 1954, quando lo statista compì 80 anni. L’anno successivo, quando Sir Winston annunciò le dimissioni da primo ministro, i giornali erano in scio-

pero. Ma il Lloyds’ List, unico giornale londinese (insie-me al Guardian di Manchester), riportò la notizia la mat-tina del 6 aprile 1955. Dieci anni dopo, il giorno dopo il decesso di Churchill, il 25 gennaio 1965, venne suonata la campana del Lutine in segno di rispetto per l’illustre Membro Onorario. “Il rispetto per il passato crea un clima di fiducia. La fiducia è alla base di questo mestiere”, ci dice il dott. Impronta. Sono diversi gli episodi che narrano di come i Lloyd’s abbiano ricompensato il credito di fiducia fat-to dai sottoscrittori. Nel 1906, dopo il terremoto di San Francisco, Cuthbert Heath, che aveva assicurato migliaia di cittadini contro i danni da terremoto, insistette per-ché fossero pagati anche i sinistri risultati dagli incendi che distrussero la città per tre giorni dopo le scosse più forti. Così le istruzioni date all’agente di San Francisco: “Pagate tutto ciò che era in possesso di chi ha sottoscrit-to la nostra polizza, a prescindere dai termini delle po-lizze’. Se poi si pensa alla tragedia del Titanic, assicurato nel gennaio del 1912 per 1 milione di sterline, il rischio marittimo più grande mai assicurato, sorprenderebbe solo chi non conosce i Lloyds che il sinistro fu pagato per intero entro un mese dal disastro. Il risarcimento “singolo” più ingente mai versato dai Lloyds è però legato alle Twin Towers e agli attacchi dell’11 settembre 2001.

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Lasciati gli uffici dei Lloyd’s, il dott. Impronta ci accoglie nella sede della MAG, nel cuore della City, da cui si gode di una vista a 360° impressionante, dai grattacieli della City allo Shard, da Westminster e il Tamigi alla collina di Crystal Palace.“Siamo la terza generazione della nostra famiglia a svolgere il lavoro di broker assicurativi. Papà iniziò a collaborare con i Lloyds già all’inizio degli anni ’70, collocando a Londra i rischi italiani. C’è una foto che lo ritrae nel famoso giornale Lloyds List, nel 1971, in un articolo chiamato “A stranger in the room” (foto 10). Siamo riusciti a vincere la diffidenza dell’epoca verso gli italiani che si respirava in un ambiente molto conservatore.

Il nome Lloyds è famoso in tutto il mondo: è motivo di vanto collaborare con loro?“Tenete conto che in Italia vi saranno 4000 broker, mentre solo 150 sono i Lloyd’s brokers al mondo. Quindi si parla di un club esclusivo. Questo rapporto la nostra famiglia ce l’ha da circa 50 anni. Dal 1993 abbiamo un accesso diretto al mercato dei Lloyd’s e due anni dopo ne siamo diventati ufficialmente Lloyd’s broker. I Lloyds sono il numero uno al mondo per tutti quei rischi speciali, per i tipi di copertura alternativi a quelle tradizionali, sia per capacità, che per novità. Abbiamo sempre ritenuto che il mercato italiano fosse un mercato ristretto e con poche alternative. La nostra forza viene dal fatto che abbiamo tutti i giorni 20 o 30 dei nostri brokers che negoziano rischi con i Lloyd’s di Londra. La cosa particolare è che abbiamo un uffi-cio con 50 dipendenti, nel cuore di Londra, ma non abbiamo clienti inglesi. Il nostro obiettivo è proporre alle aziende italiane un alternativa al mercato locale sia in termini di condizioni che di prizing.Il tipo di struttura del mercato dei Lloyd’s ci consente di chiu-dere una trattativa in tempi brevissimi . Per esempio, due anni fa abbiamo dovuto assicurare per 40 milioni di euro un bigliet-to della lotteria, in cui vi era il rischio delle dimensioni ridottis-sime di un pezzo di carta e il rischio di infedeltà di chi traspor-tava il biglietto. Abbiamo chiuso la trattativa in poco tempo. Parliamo quindi di cose molto complesse, eppure qui ai Lloyd’s in due ore riusciamo ad avere la risposta a tutto. Quindi, rapidi-tà nelle negoziazioni, rapporto face-to-face ed in più un mercato con un ottimo rating. Attenzione però: è un mondo in cui non puoi fare errori perché è tutto basato sulla fiducia. Se fai errori, sei fuori dal mercato. Riuscire a stabilire questo rapporto di fi-ducia ha richiesto molti anni.”

Davide De LeodiTraduttore

Ivo Impronta. Conversazione

con il grande broker della City

La nuova generazione Impronta propone soluzioni innovati-ve nel campo assicurativo.“Sì, sia nel mondo Fine Art e CIT che per le gioiellerie. Assicuriamo i Bronzi di Riace, il Museo Egizio di Torino, e Bulgari; ma anche il rischio cyber, quello per eventi catastrofali, la RC professionale, con continue soluzioni innovative. Fino ai rischi che fanno parte della nostra tradizione nel settore Marine & aviation. Sempre alla ricerca di soluzioni nuove che in Italia sarebbero impossibili da trovare. Ma c’è anche lo sport”. E qui il dott. Ivo Impronta ci mostra, incorniciate, alcune magliette di Real Madrid, Barcellona, Juventus, Inter: “Abbiamo assicurato rischi per queste squadre che il mercato italiano non avrebbe mai assicurato, come i pre-mi per i giocatori in caso di vittoria di trofei”. Un altro esempio: il mondo dei portavalori. “Nessuno sul mer-cato italiano, ormai da 20-30 anni, assicura più una società che trasporta valori in giro per il mondo, perché è considerato troppo pericoloso. In Italia il mercato è molto competitivo per i rischi tradizionali, come auto e vita, ma non si presta a trova-re soluzioni per casi particolari. Oggi la MAG colloca presso i Lloyds circa 70 milioni di premi italiani, lavorando sempre per il cliente in ultima analisi, ma con i Lloyd’’s per il collocamento degli affari. Per fare tutto quello che abbiamo fatto qui in 25

anni ci sarebbero volute altre tre generazioni della mia famiglia in Italia.”

Premessa la vostra capacità e ingegnosità imprenditoriale, da dove viene questo valore aggiunto della sede londinese? “Viene dal territorio: per i britannici tutto è assicurabile. C’è una propensione al rischio molto più alta. C’è una cultura del rischio e della sua gestione che in Italia non c’è. Paragonerei questo mondo a quello delle scommesse: i britannici scommettono su tutto. Anche in quel mondo si rischia in mille settori diversi.” Una cosa che il dott. Ivo Impronta tiene ad aggiungere è la scelta strategica di internazionalizzarsi, pur restando italiani, compiu-ta 5 anni fa: “Volevamo fornire servizi ai nostri clienti in tutto il mondo. Abbiamo raggiunto un accordo con la JLT, il quarto broker al mondo, con 10.000 dipendenti. Quando abbiamo avanzato la proposta per la prima volta sem-brava impossibile ma alla lunga si sono fidati della tradizione della nostra famiglia. Abbiamo acquisito il 100% della JLT in Italia e la JLT ha acquisito il 25% della nostra società. La nostra famiglia continua a controllare l’azienda italiana, ma possiamo contare su una presenza internazionale pari a quella garantita dalle compagnie multinazionali”.

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I tre neoparlamentari “Londinesi”

Tra gli eletti nella circoscrizione Europa alle ultime elezioni politiche italiane, tre sono “londinesi”: Raffaele Fantetti (Forza Italia), Elisa Siragusa (Movimento 5 Stelle) e Massimo Ungaro (Partito Democratico). Il Club ha organizzato con loro un forum

per conversare su Italia e Regno Unito. Presentiamo così ai nostri lettori i tre nuovi parlamentari.

Raffaele Fantettiè risultato eletto al Senato come capolista della lista unitaria di centrodestra all’estero, in quota Forza Italia.

LE ELEZIONI. “Io sono a Londra dal 1992, sono avvoca-to, ho una società di consulenza che si occupa di procu-rement, cioè di gare d’appalto internazionali. Da cinque anni sono vicepresidente di un organismo delle Nazioni Unite a Ginevra che si occupa di commercio. Ho fatto di-verse campagne elettorali. Va ricordato che la campagna elettorale per il voto all’estero è estremamente impegnati-va, sia per il rapporto eletto-elettori che è completamente sfalsato, sia per la difficoltà di raggiungere gli elettori. Nella circoscrizione estero, il collegio Europa è di gran lunga il più complicato e se non hai risorse economiche di peso, ti è necessario utilizzare molto i social e i contatti diretti. Il Consolato Generale di Londra è il più grande del mondo,

però un elezione si vince in Europa e quindi non si può essere forti e rappresentativi solo in Inghilterra. Noi erava-mo diversi candidati e c’è stata molta competizione, come è giusto che sia. Noi in Parlamento, votati all’estero, siamo in dodici deputati e sei senatori. Una goccia nel mare, che però potrebbe avere una certa efficacia se fossimo uniti. Faccio sempre l’esempio della Südtiroler Volkspartei. Beh loro, anche se in pochi, riescono sempre ad ottenere quello che vogliono perché sanno che, nell’ambito di tutta la legi-slatura, arriverà il momento in cui qualcuno avrà bisogno anche di loro”.

IL REGNO UNITO. “Per quanto riguarda l’organizzazione della politica nel Regno Unito io apprezzo soprattutto due cose: la prima è il rapporto con il tuo rappresentante. In ogni momento sai chi è il tuo rappresentante parlamenta-re, lo puoi chiamare, puoi fissare un appuntamento e an-darci a parlare. Naturalmente funziona nei limiti del pos-sibile e del praticabile. Quello che è lecito chiedere, quello che è possibile dare. L’altra cosa è la velocità di azione del Governo nella logica della relazione Governo-Parlamento. Nei dibattiti, per esempio, il Primo Ministro risponde in tempo reale e tutti possono assistere se lo desiderano. C’è poi una grande accountability e nei dibattiti uno stret-to legame con l’attualità. Per quanto riguarda la giustizia, essendo io un avvocato, dopo 20 anni di frequentazioni dei Tribunali italiani e britannici, non ho ancora concluso quale dei due sistemi sia il migliore. Potrei dire che sono totalmente diversi, che noi abbiamo alcuni vantaggi e loro ne hanno altri”.

LA BREXIT. “All’origine della Brexit, secondo me, non c’è stata una repulsione rispetto all’invasione degli italiani, forse altre comunità hanno spostato l’ago della bilancia, pensate che la seconda lingua più parlata nel Regno Unito è il polac-co. Credo si sia trattato innanzitutto di una questione cultu-rale, di un retaggio coloniale e anche della conseguenza di una forte e continua pressione mediatica: a Bruxelles fanno cose losche, c’è corruzione, c’è statalismo… e questa storia è

passata negli strati meno acculturati della popolazione. Ce la faranno? Io guardo molto alle questioni del commercio estero. I britannici contano molto sul fatto che saranno li-beri e sulla possibilità di poter fare accordi internazionali. È veramente una scommessa enorme. Loro sono convinti che potranno mettersi alla pari in un tavolo negoziale di accordi con l’India, con gli Stati Uniti o con il Canada. Non va comunque sottaciuto che in ogni caso “la botta sia sta-ta forte”, come dicono le associazioni di industriali. Il loro mercato di riferimento è quello europeo, producono più macchine nello stabilimento Nissan di Swindon che noi in tutta Italia. Sono dei grandi produttori ma, una cosa è en-trare nel mercato europeo dei veicoli senza dazi, un’altra è pagare il 10% come fanno gli Stati Uniti. Insomma è molto impegnativo, anche se potrebbe essere lo sbocco per grandi mercati, l’occasione per negoziare un’entrata nel NAFTA e, in questo caso, ci sarebbe la fila di imprese europee per en-trare nel Regno Unito e avere accesso a quel mercato, così ricco e competitivo. Ma sono altresì convinto che america-ni e canadesi gliela faranno sudare. Il tutto è molto com-plesso”.

Elisa Siragusa è stata eletta alla Camera con il Movimento 5 Stelle nella ripartizione in Europa.

LE ELEZIONI. “Io vivo in Inghilterra dalla fine del 2012, lavoro in un azienda e mi occupo di previsioni di vendita. Sono in questa azienda da cinque anni a differenza di molti che vengono a Londra e cambiano lavoro frequentemen-te. La campagna elettorale è stata insolita per me, eravamo due candidate, ma c’è stata molta unione tra noi. Abbiamo utilizzato molto i social per raggiungere tutti gli Stati, inve-ce nelle zone intorno a Londra abbiamo avuto molti incon-tri anche nelle piazze. Quando sei in un Paese estero, sei tu che devi andare a cercare gli italiani e parlarci”.

IL REGNO UNITO. “Io sono giovane come migrazio-ne, non ho una grande conoscenza del Regno Unito.

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Posso però dire che ci sono tanti buoni costumi lì che a me piacerebbe portare in Italia. Sono buoni costumi pratici che ti fanno vedere quanto il sistema inglese funzioni e sia vicino ai cittadini. Il primo periodo che ero qui ho subito un furto in casa ed è venuta la polizia. Dopo due giorni la polizia mi ha chiamata per sapere come stavo. Una grande sorpresa per me! C’è poi pochissima burocrazia ed è tutto più semplice. Conosco tante persone che si sono licenziate per aprire una propria attività. Insomma proprio nella vita concreta delle persone è davvero tutto molto più sempli-ce. Faccio sempre l’esempio dei siti inglesi, se tu vuoi avere informazioni sulla maternità o sulle pensioni, vai sul sito e trovi subito quanto ti occorre, anche se l’inglese non è la tua lingua, indicazioni chiare e quello che ti spetta. Se tu vai invece sul sito dell’INPS, ti metti le mani nei capelli! Mi chiedo sempre “ma se qui funziona, perché da noi non può funzionare? Ecco io queste cose pratiche le porterei subito in Italia”

LA BREXIT. “Ritengo sbagliato che quando il popolo vota in una maniera che non ci si aspetta o che non si condi-vide, si tenda poi a dar colpa all’ignoranza. Questo non credo sia giusto e rispettoso per le persone che votano. Bisognerebbe chiedersi come mai è successo, cosa ha così allontanato i cittadini dall’Europa, perché in tanti la vedo-no come una minaccia. L’Europa poi, dovrebbe chieder-si... come mai? Cosa si è sbagliato? Bisognerebbe sempre chiedersi perché le persone prendono certe decisioni. Ora vedo che dei pre-accordi sono stati presi per la difesa dei diritti di tutte le persone che si sono trasferite nel Regno Unito prima della Brexit, e anche per quelli che si trasferi-ranno nel periodo di transizione, quindi fino alla fine del 2020. Su questo punto credo che l’Europa stia lavorando bene e stia facendo gli interessi di tutti i cittadini europei. Io resto molto fiduciosa e sicura che il Regno Unito possa farcela”.

Massimo Ungaro è stato eletto alla Camera con il Partito Democratico.

LE ELEZIONI. “Sono a Londra da oltre 13 anni e lavo-ro nel campo finanziario, nel settore degli investimenti, nell’economia in via di sviluppo. Nel 2007 con un gruppo di ragazzi ho fondato il PD di Londra di cui sono segre-tario dallo scorso anno. La campagna elettorale è stata molto bella e intensa. Ho scoperto una grande famiglia, quella del Partito Democratico in Europa, oltre sessan-ta circoli, oltre due mila militanti. Questa campagna si è distinta per una grande attenzione ai programmi, meno esposizione mediatica, anche se con molta competizione. Insomma l’atmosfera con i candidati degli altri partiti è stata di reciproco rispetto”.

IL REGNO UNITO. “Ci sono quattro cose del Regno Unito di cui sono davvero molto rispettoso: la prima è la forza delle loro istituzioni, una cultura parlamentare se-colare, talmente forte che la Costituzione non è neanche scritta. La seconda cosa è la legge elettorale maggiorita-ria, forse un po’ eccessiva per la nostra cultura politica, ma resto convinto che un vero maggioritario dia stabilità. La terza cosa è la cultura dell’accountability, del rendere conto dell’amministrazione pubblica, della trasparenza degli atti pubblici. Credo che su questo dobbiamo vera-mente imparare molto. E la quarta è un welfare-state ve-ramente universale o almeno universalistico, cosa che io vorrei copiare. Penso al salario minimo legale nazionale”.

LA BREXIT. “Qui siamo innanzi tutto di fronte ad un pro-blema di identità profonda. Mentre per noi continentali che abbiamo perso la Guerra, l’Ue è un’ancora che ci salva da noi stessi, il Regno Unito ha delle istituzioni talmente forti che ha sempre mantenuto la pace, la democrazia, la stabili-tà. Questo è un fattore identitario che c’è sempre stato. Si è però aggiunto un grande disagio sociale, una narrativa me-diatica che ha dato la colpa ai polacchi, agli italiani o ai ben-galesi… e questi due fattori hanno portato al voto del giugno 2016. La soluzione non è uscire, l’isolazionismo politico è peggiore. Ora per gli italiani residenti nel Regno Unito ci sono dei buoni segnali nei negoziati, anche se non ancora conferma-ti. Non dobbiamo assolutamente abbassare la guardia, per-ché il rischio rimane elevato e il caso Windrush può essere da esempio. Dobbiamo essere coscienti che il Settled Status, (la condizione giuridica che permette agli italiani di rimanere a vivere nel Regno Unito anche dopo la data effettiva in cui il Regno Unito lascerà l’Unione Europea, N.d.R) entrerà in azione a fine novembre, dicembre, e per i nostri connazionali deboli sarà difficile ottenere il Settled Status, se non sono online. Molte persone non hanno accesso a internet o familiarità col computer, e bisogna avere un passaporto biometrico valido per ottenere il Settled Status. A un anno da oggi c’è il rischio che datori di lavoro e proprietari di casa faranno distinzione tra chi ne è in possesso e chi no. Sono problemi seri per la no-stra comunità e noi abbiamo due anni – e probabilmente altri due – per registrare settecentomila italiani, in un momento in cui i nostri servizi consolari sono allo stremo.

Da qui nasce l’esigenza di ampliarli visto che sono del tutto inadeguati. Dunque i fronti sono: quello italiano per migliorare e au-mentare decisamente i servizi consolari, quello britanni-co per la tutela dei nostri diritti acquisiti e per far sì che il Settled Status risponda alle esigenze delle fasce più deboli. Bisognerà poi aiutare chi vuole tornare in Italia, sperando tuttavia che il controesodo possa essere ampliato ed esteso, raccogliendo così i semi di coloro che hanno seminato pri-ma di noi. Bisognerà lavorare sull’equipollenza dei titoli di studio, sul-la mobilità dei lavoratori, sull’assistenza sanitaria che al mo-mento è garantita solo in via emergenziale, visto che se non ti iscrivi all’Aire non ha più la copertura sanitaria. Sono solo alcune tematiche specifiche, ma su tutte, per tornare ai pas-saporti, la situazione del consolato a Londra è catastrofica!”.

Il tema dei passaporti – “il nostro consolato ne emette 27mila l’anno, rispetto ad un numero di italiani calcolati tra i 700mila e gli 800mila” – è denunciato in modo trasvesale dai tre par-lamentari neoeletti. “Chiediamo a Il Club di aiutarci in questa battaglia”, hanno detto con fermezza i partecipanti al forum, denunciando l’esiguo e insufficiente numero di dipendenti del Consolato italiano a Londra. “Come possiamo promuovere

il made in Italy e il sistema Italia, se non riusciamo nem-meno a garantire il passaporto ai nostri connazio-

nali in un momento in cui stanno perdendo i loro diritti? È una vera emergenza:

non si riesce a rinnovare il passaporto a Londra!”. Il Club tornerà nei prossimi nu-

meri ad occuparsi della que-stione.

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QUEEN’SBirthday Party

Welcome to the

S i è tenuto giovedì 14 giugno a Roma il secondo dei tre Queen’s Birthday Parties in programma per l’Italia, un ciclo di eventi per celebrare la fe-sta nazionale britannica in onore di Sua Maestà, la Regina Elisabetta II. Gli altri QBP si sono tenuti a Napoli e Milano.

Costruita nel 1830 dalla principessa russa Zenaide Wolkonsky, la splendida villa che porta il suo nome è oggi residenza dell’Ambasciatore del Regno Unito in Italia, Jill Morris. Nel cuore dell’Esquilino ha accolto ieri a Roma più di duemila persone che non hanno voluto mancare al Queen’s Birthday Party per brindare a Sua Maestà, la Regina Elisabetta II. “Mai qui in così tanti…”, dice uno degli incaricati alla sicurezza in-dicandomi una lunghissima fila di cui non si riesce a vedere la fine.Questa villa è un incanto. Querce, palme, un romantico rose-to, splendidi prati attraversati da un acquedotto che al tem-po di Nerone portava acqua ai palazzi imperiali del Palatino. È un luogo in cui la storia sembra essersi data più di un ap-puntamento. Negli anni tante trasformazioni, diverse pro-prietà. Sono in mostra oltre 350 reperti marmorei della Roma Imperiale rinvenuti in questi giardini, dove secoli più tardi si sarebbero incontrati artisti e letterati come Gogol, Stendhal e Donizetti. Qui, dove ieri sera si è creata l’occasione per ri-cordare i 100 anni di vita della Royal Air Force – “Mai tanti hanno dovuto tanto a cosi pochi” dirà Churchill degli aviatori britannici durante la Guerra – ebbero il loro ufficio Herbert Kappler, il capo della Gestapo a Roma, e il suo vice, l’aguzzino Erich Priebke. Per merito di un console tedesco, fu però pro-prio a Villa Wolkonsky che furono salvati degli ebrei romani, durante il periodo più nefasto della nostra storia. Nel 1961, la festeggiata Regina Elisabetta, in un soggiorno romano con la Regina Madre e la principessa Margaret, aiutò a piantare un albero nella villa.Tema della serata il ‘Bridging the Gaps’. Spazi espositivi, un percorso immersivo e olistico suggestivo, la presenza di arti-sti britannici e italiani di fama internazionale, eccellenze dei due Paesi. “Per scelta dell’Ambasciatore”, tiene a sottolinea-re Pierluigi Puglia, Direttore della Comunicazione & Public Affairs del governo di Sua Maestà in Italia, “quest’anno mas-simo risalto alle associazioni di volontariato che operano nel campo della solidarietà che si sono distinte per la loro atten-zione a donne, migranti e ambiente”.Ma eccola l’Ambasciatore, come sempre elegantissima. Grande silenzio dei migliaia di presenti. “È sempre un grande piace-re aprire la mia splendida residenza a tanti colleghi e partner, italiani e stranieri. Un’occasione unica per ringraziare tutti i nostri amici. Il Regno Unito e l’Italia sono da sempre partner affiatati, condividiamo un rapporto di forte stima e stretta col-laborazione, che sono certa continuerà a rafforzarsi negli anni a venire”. Brindisi al Presidente Mattarella e a Sua Maestà la Regina, inni nazionali suonati dalla Band of HM Royal Marines Plymouth e dalla Banda della Marina italiana, prelibatezze cu-linarie servite con piatti, posate e bicchieri solo in bioplastica, all’insegna della politica ‘plastic free’ voluta dal Governo. Che la festa cominci! C’è n’è per tutti i gusti. Dalla performan-ce inedita dell’unico DiploChoir tra le ambasciate britanniche al mondo – un coro composto dai dipendenti della missione in Italia – una marching band di violiniste che gira per i giardini, a una deejay che ha trasformato alcuni saloni della residenza in una sala da ballo trendy e affollatissima. I fuochi d’artificio colorano la notte romana e lo scoccare della mezzanotte con-clude i festeggiamenti.

Articolo pubblicato da La Stampa nella rubrica ‘Affari Reali’

Nelle foto: L’Ambasciatore del Regno Unito in Italia Jill Morris CMG

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The TravellersClub

Club Patron: HRH The Prince Philip, Duke of EdinburghFiduciario e Membro fondatore del Club:William Richard HamiltonChairman: Rt. Hon Sir John Wheeler, DLData di Fondazione: 1819 Sede: 106 Pall Mall, London, SW1Y 5EP

Sheila Markhamdi Librarian, The Travellers Club, London

Nato da un’idea di Lord Castlereagh all’indomani delle guerre napoleoniche, The Travellers Club co-stituì fin da subito un forum di gentiluomini che si erano recati all’estero e potevano intrattenere

illustri ospiti stranieri. Le porte si aprirono ai membri nell’a-gosto del 1819, in un edificio di Waterloo Place che non esiste più. Nel 1822 le dimensioni del locale originale si rivelarono oramai troppo anguste per The Travellers, che si trasferì in un edificio al 49 di Pall Mall e quindi, un decennio dopo, nell’at-tuale club house al 106 di Pall Mall. L’architetto della club house era il giovane Charles Barry, che in seguito divenne famoso per il progetto del nuovo Palazzo di Westminster, che ospita il parlamento del Regno Unito.Barry, tornato di recente dal Grand Tour, era l’architetto ideale per The Travellers Club. I suoi viaggi continentali, in partico-lare in Italia, lasciarono un segno distintivo e influente sull’ar-chitettura della club house. In effetti le facciate dell’edificio, sia sul Pall Mall, sia sul lato del giardino, affermarono lo stile del ‘palazzo italiano’ come la scelta alla moda nell’architettura in-glese, dopo il dominio del greco e del gotico.Le sale principali del Club sono decorate con raffinati esempi di mobili in mogano e lampade in ottone, in gran parte dise-gnate dallo stesso Barry. Uno speciale corrimano sul parapetto della scalinata principale fu sistemato a beneficio del prin-cipe Talleyrand, ambasciatore francese a Londra dal 1830 al 1834. Talleyrand era un frequentatore abituale del club, soprattutto della sala da gioco, su un piano superiore, dove giocava a whist. Camminava con dif-ficoltà a causa di un difetto congenito, e la modifica della balaustra sopravvive fino ad oggi quale tangibi-le ricordo dell’intenzione di Lord Castlereagh di fare del Club un luogo ospitale per i visitatori stranieri.I membri fondatori di The Travellers erano immersi nella tradizione del Grand Tour e avevano viaggiato princi-palmente in Italia, impegnandosi in vari studi accademici e archeologici. William Richard Hamilton, fiduciario e membro fondatore del Club, si era adoperato nel 1815 per fare in modo che il secondo Trattato di Parigi contenesse disposizioni per il ritorno in Italia delle opere d’arte “saccheggiate” durante il periodo napoleonico. Il Cardinale Consalvi, rappresentante del Papa al Congresso di Vienna, era amico intimo di Lord Castlereagh e antenato del Maggiore Carandini, che era il segretario de The Travellers Club negli anni precedenti alla Prima guerra mondiale.Fu Elisabetta, Duchessa del Devonshire, a informare il Cardinale Consalvi della morte di Lord Castlereagh nel 1821. Sopraffatto dalla dolorosa notizia, si dice che Consalvi tornò a esprimersi nella propria lingua madre, descrivendosi “incon-solato”. C’è un bel ritratto della Duchessa del Devonshire di George Romney nella Outer Morning Room, dove i membri ricevono gli ospiti che visitano il Club.

Un Libro di viaggio con una particolarità: è una collezione di storie scritte da membri del Travellers Club. Gli autori raccontano alcune tra le loro più avventurose esperienze come diplomatici (molti dei membri lo sono), esploratori, naviganti, avvocati o semplici viaggiatori.

Molti importanti statisti sono stati membri del Club, tra cui Canning, Wellington, Palmerston, Balfour e Baldwin, così come alcuni dei grandi nomi dei viaggi e delle esplora-zioni: Francis Beaufort, il Capitano Fitzroy di “The Beagle”, Sir Roderick Murchison, Sir William Parry e, natural-mente, Sir Wilfred Thesiger. Oggi i membri hanno estrazioni varie, ma c’è molto spesso un’enfasi continua sui viaggi nelle loro vite professionali o personali. Oggi la Biblioteca è la stanza del Club più stret-tamente associata ai viaggi. Occupa una magnifica stanza esposta a sud, si affaccia sul giardino del Club, con finestre

ad arco veneziane quali si possono ammirare in un palaz-zo sul Canal Grande. Il disegno della stanza ha riscos-

so la grande ammirazione di tante personalità, da Lord Curzon, viceré dell’India, a John Betjeman e a Elisabetta la Regina Madre, per la quale non vi era-no ambienti d’interno più belli in tutta Londra. La collezione di libri d’antiquariato dedicati ai viaggi è il gioiello nella corona della Biblioteca e rappresenta

una raccolta costantemente accumulata, provenien-te da acquisti o donazioni negli ultimi duecento anni.

Il Comitato della Biblioteca del Club è sempre stato ricco di eminenti scrittori ed editori. Nel passato, Anthony Powell, Raleigh Trevelyan, Allen Lane, Kingsley Amis e Nigel Nicolson ne sono tutti stati membri. È una collezione vivente, per la quale il Comitato della Biblioteca riceve un budget annuale per l’acquisto di libri nuovi e antichi in campi di interesse consoli-dati, vale a dire viaggi, storia e diplomazia. La biblioteca ospita regolarmente mostre e conferenze per accrescere la consape-volezza della ricchezza della collezione. Particolarmente ben rappresentati sono i libri sull’Italia, che includono tesori qua-li la Description des Tombeaux de Canosa di Aubin Louis Millin, pubblicata nel 1816, con magnifiche incisioni a mano di arte classica di Canusium, nell’antica Puglia.Il Club si prepara a celebrare il suo 200° anniversario nel 2019: i membri e tutti coloro che sono interessati all’affascinan-te storia dei club per gentiluomini di Londra attendono con impazienza la storia bicentenaria di John Martin Robinson de The Travellers Club, che verrà pubblicata questo autunno.

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a Londra

La popolazione italiana nel Regno Unito è con buo-na stima, superiore alle cinquecentomila unità. Sono i nostri connazionali che, come ci ha detto Sua Altezza Reale Carlo, Principe del Galles, in occasione della sua visita dello scorso anno in Italia, “hanno scelto il Regno Unito per la vita”. Il Club nato dall’esigenza di creare uno strumento di informazione per dibattere della cultura British in un momento storico complesso, caratteriz-zato dagli effetti della scelta del Regno Unito di uscire dall’Unione europea, guarda con grande interesse alla comunità italiana in Gran Bretagna. Il Club, progetto editoriale appena nato, mira a diventare un piccolo, ma importante punto di riferimento per i numerosi italiani che vivono e lavorano nel Regno Unito. Vorremmo che la piccola preziosa comunità de Il Club – i lettori della rivista e quanti partecipano ai nostri eventi – possa co-noscere e condividere quello che avviene oltremanica. Il Club è la rivista fondata in nome di questa relazio-ne speciale, lunga 20 secoli, che unisce Italia e Regno Unito. Crediamo in valori comuni, quelli che hanno po-sto le basi della democrazia e dello stato di diritto e la Brexit non dovrà mai recidere il nostro legame.

Il Club ha incontrato l’Ambasciatore d’Italia nel Regno Unito, Raffaele Trombetta, presso l’Ambasciata del no-stro Paese al numero 4 di Grosvenor Square a Londra. È un luogo di grande fascino sia per la collezione di opere d’arte che possiede, sia per la storia del palazzo in cui è ospitata. Il suolo occupato oggi dalla piazza e l’area circostante erano un tempo parte del feudo di Ebury, che apparteneva all’Abbazia di Westminster e successi-vamente passò alla Corona. Dopo aver presentato a Sua Eccellenza le nostre nuove iniziative editoriali, gli è stato consegnato ‘il cagnolino’, simbolo della nostra testata.

LIn basso: l’Ambasciatore d’Italia nel Regno Unito, Raffaele Trombetta

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the book

Il Club ha una Rappresentante ufficiale a Londra. La dott.ssa Sabrina Corbo, fondatrice e Vice Presidente Esecutiva di Green Network Group, ha accolto con

piacere la proposta de Il Club. Green Network produce energia da fonti rinnovabili, fornisce migliaia di privati e imprese, offre consigli su come risparmiare energia. Il Club ha incontrato Sabrina Corbo presso la prestigio-sa sede londinese della Green Network Energy Ltd, ubi-cata nella City, centro finanziario del mondo, l’area più moderna della capitale inglese e allo stesso tempo la più antica. All’incontro ha partecipato Pierluigi Puglia (Direttore della Comunicazione & Public Affairs del governo di Sua Maestà in Italia). A Sabrina Corbo è stato consegnato “il cagnolino”, simbolo de Il Club.

L’incontro con il Direttore Generale del Business Club Italia, Sidney Celia Ross, ha sancito un accordo di part-nership tra Il Club e il celebre think tank con sede a Londra, composto da professionisti, imprenditori, finanzieri ed avvocati italiani. Il Business Club Italia è divenuto il luogo di confronto delle problematiche italiane, viste dalla City. Non ha alcuna connotazione politica, ma lo scopo di svi-luppare un dibattito costruttivo tra i propri soci e perso-naggi illustri del panorama italiano in ambito economico, politico, accademico e imprenditoriale. Il Business Club Italia vuole inoltre essere uno strumen-to di contatto e di comunicazione tra l’Italian community che opera nella City ed i protagonisti dell’economia ita-liana, un Club degli operatori e per gli operatori italiani che offra un Forum per far giungere le istanze dei Soci e del mercato locale alle forze economiche, offrendo loro la possibilità di avere una view preferenziale e qualitati-va dell’Italia vista dalla City. Ospita personaggi del mondo degli affari e della politica, accademici, professionisti ed imprenditori per avere l’opportunità di scambiare opinio-ni e conoscere, più profondamente da vicino e attraverso i suoi personaggi di spicco, il Sistema Italia. Organizza in-contri, convegni, tavole rotonde in cui sarà diffusa anche la nostra rivista. L’organo guida del Business Club è il consi-glio composto da 15 membri scelti tra i soci. L’Ambasciatore d’Italia nel Regno Unito è Presidente Onorario. Presidente Esecutivo è Giovanni Sanfelice di Monteforte, il Direttore Generale è Sidney Celia Ross. Le attività del Business Club Italia troveranno spazio ne Il Club. La rivista e il think tank collaboreranno ad un pros-simo osservatorio sulla sicurezza in Italia e Regno Unito che, con gli eventi e le pubblicazioni previste, sancirà l’i-nizio della partnership tra le due realtà.

Al centro nella foto, la dott.ssa Sabrina Corbo, fondatrice e Vice Presidente Esecutiva di Green Network Group. Alla sua destra Pierluigi Puglia, Direttore della Comunicazione & Public Affairs del governo di Sua Maestà in Italia; a sinistra Francesco De Leo, Direttore de Il Club.

Membri del consiglio del Business Club Italia