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Introduzione Le caratteristiche principali delle cellule sta- minali mesenchimali (CSM) comprendono la loro elevata capacità di replicazione ed automanteni- mento, consentendo la persistenza di una progenie capace di rigenerarsi continuamente e di intra- prendere percorsi maturativi e differenziativi di- versificati in relazione al tessuto di destinazione. La crescente acquisizione di dati sulla biologia del- le CSM, derivanti dall’uso delle più moderne tec- nologie, ha contribuito ad accrescere il bagaglio di conoscenze sulle peculiarità biologiche di queste cellule e, nello stesso tempo, a delineare nuove pro- spettive per il loro impiego terapeutico. Numerosi gruppi di ricerca hanno infatti dimo- strato come sia possibile utilizzare CSM isolate da fonti tessutali diverse, tra cui gli embrioni umani per le cellule “staminali embrionali” e svariati tes- suti organici per le cellule “staminali adulte”. Que- ste ultime possono essere coltivate ed espanse in vi- tro, mantenendo inalterate le loro caratteristiche iniziali e, in alcuni casi, possono essere modificate geneticamente ex vivo, prestandosi efficacemente alla ricostituzione di tessuti o alla sostituzione di cellule funzionalmente danneggiate da processi pa- tologici. In questo contesto, sono già noti gli ap- procci sperimentali di rigenerazione del miocardio ischemico, dei glomeruli renali in alcune nefropa- tie, nonché del tessuto emopoietico in svariate pa- tologie onco-ematologiche 1 . Queste applicazioni ed altre ancora in fase di studio per la rigenerazione di ulteriori organi ed apparati, rientrano nell’affasci- nante capitolo della “medicina rigenerativa”. Come già accennato, gli studi applicativi utiliz- zano principalmente due popolazioni cellulari sta- minali: quelle embrionali derivate dalla blastocisti nei 4-5 giorni successivi alla formazione dello zi- gote, definite “totipotenti” poiché in grado di dar luogo a tutti i tessuti dell’organismo; quelle adul- te, parzialmente differenziate, capaci di dare ori- gine ad una sola o a poche linee cellulari e quindi dette “uni- o multipotenti”. Tra queste, la popola- zione di cellule genericamente definite CSM è da alcuni anni oggetto di intensa attività di ricerca a scopi applicativi 2 . Le CSM di derivazione mesodermica sono più cospicuamente presenti nel midollo osseo, dove co- stituiscono la controparte stromale della compo- nente staminale ematopoietica, ma sono presenti anche in altre sedi fra cui il tessuto muscolare e quello adiposo 2,3 . Cellule staminali mesenchimali e medicina rigenerativa dell’osso Sabino Ciavarella, Monica De Matteo, Paola Cafforio, Franco Dammacco, Franco Silvestris Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università, Policlinico, Bari. Pervenuto il 10 luglio 2007. Riassunto. Cellule staminali mesenchimali con spiccate potenzialità proliferative e dif- ferenziative sono presenti in svariati tessuti fetali e dell’adulto. L’acquisizione di tecni- che di espansione e manipolazione genica di questi elementi cellulari consente di piani- ficare strategie di rigenerazione cellulare per il trattamento di patologie dell’apparato scheletrico, caratterizzate da insufficiente formazione di tessuto osseo. Parole chiave. Cellule staminali mesenchimali, manipolazione genica, medicina rige- nerativa, tessuto osseo. Summary. Mesenchymal stem cells and bone regeneration. Mesenchymal stem cells (MSC) are a cell population present not only in the bone mar- row, but also in a number of adult and fetal tissues. Their multilineage differentiation in vitro emphasizes their potential usefulness in the field of the regenerative medicine. New techniques of molecular biology and genetic manipulation of MSC are under investigation for cell therapy of several bone diseases. Key words. Bone disease, cell therapy, mesenchymal stem cells, regenerative medicine. Domani Vol. 99, N. 2, Febbraio 2008 Pagg. 75-82

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Introduzione

Le caratteristiche principali delle cellule sta-minali mesenchimali (CSM) comprendono la loroelevata capacità di replicazione ed automanteni-mento, consentendo la persistenza di una progeniecapace di rigenerarsi continuamente e di intra-prendere percorsi maturativi e differenziativi di-versificati in relazione al tessuto di destinazione.La crescente acquisizione di dati sulla biologia del-le CSM, derivanti dall’uso delle più moderne tec-nologie, ha contribuito ad accrescere il bagaglio diconoscenze sulle peculiarità biologiche di questecellule e, nello stesso tempo, a delineare nuove pro-spettive per il loro impiego terapeutico.

Numerosi gruppi di ricerca hanno infatti dimo-strato come sia possibile utilizzare CSM isolate dafonti tessutali diverse, tra cui gli embrioni umaniper le cellule “staminali embrionali” e svariati tes-suti organici per le cellule “staminali adulte”. Que-ste ultime possono essere coltivate ed espanse in vi-tro, mantenendo inalterate le loro caratteristicheiniziali e, in alcuni casi, possono essere modificategeneticamente ex vivo, prestandosi efficacementealla ricostituzione di tessuti o alla sostituzione dicellule funzionalmente danneggiate da processi pa-

tologici. In questo contesto, sono già noti gli ap-procci sperimentali di rigenerazione del miocardioischemico, dei glomeruli renali in alcune nefropa-tie, nonché del tessuto emopoietico in svariate pa-tologie onco-ematologiche1. Queste applicazioni edaltre ancora in fase di studio per la rigenerazione diulteriori organi ed apparati, rientrano nell’affasci-nante capitolo della “medicina rigenerativa”.

Come già accennato, gli studi applicativi utiliz-zano principalmente due popolazioni cellulari sta-minali: quelle embrionali derivate dalla blastocistinei 4-5 giorni successivi alla formazione dello zi-gote, definite “totipotenti” poiché in grado di darluogo a tutti i tessuti dell’organismo; quelle adul-te, parzialmente differenziate, capaci di dare ori-gine ad una sola o a poche linee cellulari e quindidette “uni- o multipotenti”. Tra queste, la popola-zione di cellule genericamente definite CSM è daalcuni anni oggetto di intensa attività di ricerca ascopi applicativi2.

Le CSM di derivazione mesodermica sono piùcospicuamente presenti nel midollo osseo, dove co-stituiscono la controparte stromale della compo-nente staminale ematopoietica, ma sono presentianche in altre sedi fra cui il tessuto muscolare equello adiposo2,3.

Cellule staminali mesenchimalie medicina rigenerativa dell’osso

Sabino Ciavarella, Monica De Matteo, Paola Cafforio, Franco Dammacco, Franco Silvestris

Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università, Policlinico, Bari.Pervenuto il 10 luglio 2007.

Riassunto. Cellule staminali mesenchimali con spiccate potenzialità proliferative e dif-ferenziative sono presenti in svariati tessuti fetali e dell’adulto. L’acquisizione di tecni-che di espansione e manipolazione genica di questi elementi cellulari consente di piani-ficare strategie di rigenerazione cellulare per il trattamento di patologie dell’apparatoscheletrico, caratterizzate da insufficiente formazione di tessuto osseo.

Parole chiave. Cellule staminali mesenchimali, manipolazione genica, medicina rige-nerativa, tessuto osseo.

Summary. Mesenchymal stem cells and bone regeneration.Mesenchymal stem cells (MSC) are a cell population present not only in the bone mar-

row, but also in a number of adult and fetal tissues. Their multilineage differentiation invitro emphasizes their potential usefulness in the field of the regenerative medicine. Newtechniques of molecular biology and genetic manipulation of MSC are under investigationfor cell therapy of several bone diseases.

Key words. Bone disease, cell therapy, mesenchymal stem cells, regenerative medicine.

Domani Vol. 99, N. 2, Febbraio 2008Pagg. 75-82

Se adeguatamente sti-molate, le CSM si diffe-renziano nelle tre linee diderivazione mesodermica,cioè in osteoblasti, con-drociti e adipociti, pre-standosi a varie possibi-lità applicative nella rige-nerazione dei tessuti ed inparticolare di quello os-seo. Quest’ultima applica-zione delle CSM rivesteuno straordinario interesse per il potenziale uti-lizzo in numerose patologie scheletriche. Diversistudi hanno infatti dimostrato, in modelli murinidi osteogenesi imperfetta, nell’osteoporosi speri-mentale e nelle fratture traumatiche, l’efficacia ri-generativa del tessuto osseo da parte di CSM4,mentre altre ricerche di base sono rivolte all’indi-viduazione di sedi tissutali ottimali per il loro iso-lamento, purificazione e manipolazione genetica ascopi terapeutici5.

Il midollo osseo è una ricca sorgente di CS emo-poietiche. Analogamente al sangue periferico, ilmidollo è la sede anatomica più ricca e, pertanto,correntemente più utilizzata nelle procedure di re-cupero di CS emopoietiche per il trattamento di al-cune emopatie. Tuttavia, già dagli anni ’80, è sta-ta dimostrata la possibilità di isolare elementi cel-lulari indifferenziati dal sangue placentare o dalcordone ombelicale, caratterizzati da elevata ca-pacità clonogenica e minore reattività immunolo-gica6,7. Le staminali cordonali hanno rappresenta-to, soprattutto nei trapianti allogenici, una validaalternativa alle cellule staminali midollari o dasangue periferico, tanto da consentire l’istituzionedi “banche” di sangue cordonale criopreservato.

La disponibilità di sangue e tessuto cordonale,le semplici procedure di isolamento, il minor rischiodi contaminazioni infettive e la spiccata capacità

proliferativa e differenzia-tiva delle CS fetali, hannorecentemente sollecitato iricercatori ad approfondi-re le conoscenze sulleCSM di derivazione cordo-nale. Il sangue cordonalee lo stesso tessuto connet-tivo cordonale sono infattiparticolarmente ricchi dicellule progenitrici indif-ferenziate di origine me-

senchimale, con capacità di automantenimento edifferenziamento simili a quelle derivate da midol-lo e da tessuto muscolare o adiposo8.

Caratteristiche delle CSMe metodiche di studio

A differenza delle CS di derivazione ematopoie-tica, isolate da midollo osseo o da sangue periferi-co, i progenitori cellulari di origine mesenchimalecostituiscono una popolazione con caratteristichenon completamente note. Ancora oggi il midollo os-seo rappresenta la fonte più utilizzata di precurso-ri mesenchimali. Queste cellule, isolate per la pri-ma volta da Friendenstein, furono denominate conl’acronimo CFU-F (Colony Forming Unit-Fibrobla-sts) poiché si presentavano in coltura come singoligruppi di cellule aderenti, dalla morfologia simil-fi-broblastica (figura 1), caratterizzate da una spicca-ta capacità proliferativa e differenziativa9. Infatti,le colonie di CSM, sviluppate in coltura da elemen-ti mononucleati del sangue midollare, formano ra-pidamente popolazioni omogenee di cellule simil-fi-broblastiche aderenti che, se adeguatamente sti-molate, possono differenziarsi nelle tre lineecellulari ontogenetiche di appartenenza, cioè osteo-blastica, condrocitica e adipocitaria.

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In questa rassegna saranno descritte re-centi metodologie di studio delle CSM dacordone ombelicale e verranno rivisitate al-cune possibilità applicative di queste cellu-le nella medicina rigenerativa del tessutoosseo, alla luce dei risultati conseguiti innumerosi Centri e degli studi in corso pres-so il nostro laboratorio.

Figura 1. Caratteristiche strutturali delle CSM di cordone ombelicale in immunofluorescenza: A) Microscopia a fluorescenza di CSMindifferenziate di cordone ombelicale dopo una settimana di coltura, fotografate a 20X, sono state marcate con falloidina (verde) perla colorazione dell’actina citoscheletrica e ioduro di propidio (rosso) per gli acidi nucleici; B) Le cellule aderenti, fotografate a 50X,si presentano con una duplice morfologia: cellule fusiformi simil-fibroblastiche con estesi prolungamenti citoplasmatici (1) ed ele-menti cellulari dal citoplasma più ampio e irregolare (2) e nucleo eccentrico.

A B

L’esposizione ad acido ascorbico, desametasonee beta-glicerofosfato, ad esempio, induce le CSMdel midollo ad acquisire proprietà osteoblastogeni-che con produzione di osteocalcina, fosfatasi alcali-na e formazione in vitro di noduli di matrice osseamineralizzata10. La figura 2 dimostra il potenzialedifferenziativo delle CSM in relazione al condizio-namento in coltura.

Pertanto, la necessità di standardizzare proto-colli di purificazione ed espansione di CSM indiffe-renziate da varie fonti tessutali ha indotto i ricer-catori a caratterizzare le proprietà fenotipiche e bio-logiche specifiche, individuando marcatori cellularispecifici.

In diversi studi, CSM derivate da midollo osseohanno dimostrato di non esprimere marker emato-poietici come CD14, CD45, CD34, né endoteliali co-me il CD31, il CD38 e il fattore VIII, ma di esserecontraddistinte dalla presenza sulla superficie cel-lulare di importanti recettori e molecole di adesione,tra cui CD90 (Thy-1), CD105 (SH2) endoglina,CD73 (SH3), CD13 e CD44. Queste cellule esprimo-no inoltre molecole HLA di classe I11, ma sono privedella classe II e di molecole costimolatorie (CD40,CD80, CD86), dimostrando minore immunogenicitàrispetto alle cellule staminali emopoietiche.

Studi in vitro hanno dimostrato come tali cellu-le siano in grado di inibire la risposta mediata dailinfociti T verso epitopi antigenici differenti12 e dimodulare la risposta immunitaria durante le pro-cedure di trapianto di staminali ematopoietiche13.Le CSM possiedono, inoltre, la capacità di produr-re componenti della matrice extracellulare, come ilcollagene tipo I-III-IV, la fibronectina, la laminina;e secernere fattori di crescita e citochine ad azioneautocrina e paracrina, tra cui il granulocyte-colonystimulating factor (G-CSF), il granulocyte/monocy-te-colony stimulating factor (GM-CSF) e varie in-terleuchine essenziali nei processi di commissiona-mento, differenziamento e maturazione funzionale.Un elenco incompleto dei marker fenotipici espres-si dalle CSM è rappresentato nella tabella 1 (a pa-gina seguente).

S. Ciavarella et al.: Cellule staminali mesenchimali e medicina rigenerativa dell’osso 77

A

Figura 2. Potenzialità differenziative delle CSM di cordoneombelicale: A) Aspetto in microscopia ottica delle CSM indiffe-renziate al secondo passaggio in coltura. Le cellule, fotografa-te in microscopia ottica (20X), presentano la caratteristicamorfologia fusiforme simil-fibroblastica con citoplasma granu-lato; B) La differenziazione delle CSM in senso osteogenico, in-dotta con desametasone, acido ascorbico e β-glicerofosfato, èstata dimostrata mediante colorazione specifica per la fosfata-si alcalina. Le cellule positive presentano nel citoplasma gra-nuli citoplasmatici di colore blu-violetto contenenti l’enzima(20X); C) Microscopia ottica (50X) di CSM differenziate in sen-so adipogenico. Dopo due settimane di induzione con desame-tasone, insulina, indometacina e isobutilmetilxantina (IBMX),la differenziazione è stata confermata con la colorazione conOil-Red O, che ha evidenziato i tipici vacuoli lipidici intracito-plasmatici.

B

C

Tuttavia, anche cellule stromali isolate da tessu-ti diversi dal midollo osseo, ad esempio dal san-gue e dal tessuto connettivo di cordone ombelica-le o da placenta e liquido amniotico7, possiedonocaratteristiche immunofenotipiche e potenzialitàdifferenziative analoghe a quelle del midollo.

In particolare, le analisi citofluorimetriche con-dotte nel nostro laboratorio su CSM estratte da cor-done ombelicale hanno mostrato positività perCD90, CD105, CD44, CD54, CD13, HLA-ABC e ne-gatività per i marker ematopoietici, confermandopertanto la prevalenza dei marker mesenchimali.La figura 3 illustra la caratterizzazione citofluori-metrica di una popolazione di CSM di derivazionecordonale. Inoltre, queste cellule possono trasfor-marsi non solo in elementi di derivazione mesoder-mica, ma anche in cellule di origine neuroectoder-mica ed endodermica (gliociti, epatociti, miocardio-citi)14,15.

Recenti evidenze hanno dimostrato che tali pre-cursori mesenchimali conservano la loro plasticitàdifferenziativa in colture a lungo termine presen-tando, nonostante l’elevata attitudine replicativa,una particolare stabilità genomica. In realtà, CSMadulte, isolate da tessuti diversi, mostrano unanetta riduzione della propria velocità di crescita,dopo esposizione a fattori in grado di indurne ildifferenziamento con l’acquisizione del fenotipotessuto-specifico7.

Nonostante la loro uniformità fenotipica nel-l’ambito di CSM indifferenziate, è possibile ricono-scere due differenti tipologie cellulari: una carat-terizzata da elementi dal citoplasma più ampio egranulare, capaci di dividersi più lentamente;un’altra comprendente cellule di dimensioni infe-riori, caratterizzate da elevata attitudine prolife-rativa. Studi sul ciclo cellulare hanno confermatoche queste ultime, in fase S/G2/M, costituisconouna piccola frazione (circa il 10%) delle CSM, men-tre la quota maggiore è rappresentata da cellule infase G0/G1 che, pertanto, sono quiescenti dal pun-to di vista replicativo, ma deputate all’automante-nimento del clone staminale. Tale eterogeneità bio-logica è stata riscontrata anche su progenitori me-senchimali adulti derivati da fonti tessutalidiverse dal midollo1.

Una recente teoria ipotizza che il processo didifferenziamento delle CSM attraversi due fasidistinte ma in continuità tra loro: nella prima, laCS multipotente è in grado di generare cellule

identiche a sé stessa attraverso divisioni asim-metriche, mentre nella seconda le divisioni sim-metriche permetterebbero l’emergenza di pre-cursori cellulari con potenzialità differenziativebi- o tri-lineari e ridotta capacità di autorinno-vamento.

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Tabella 1. Elenco di antigeni, citochine, recettori, mole-cole di adesione e della matrice extracellulare espressida parte delle CSM.

Marker

Antigeni specifici CD105, CD73, CD90, CD13,CD44, STRO-1, HLA-ABC

Citochinee fattori di crescita

IL-1, IL-6, IL-7, IL-11, SCF,GM-CSF, G-CSF, M-CSF

RecettoriIL-1R, IL-6R, TNFII-R,TGF‚I-R, TGF‚II-R, SCF-R,EGF-R

Molecole di adesione aVβ3, ICAM-1, ICAM-2,VCAM-1

Componenti dellamatrice extracellulare

Collagene tipo I, III, IV, V,VI, Fibronectina, Laminina

Figura 3. Caratterizzazione immunofenotipica in citometria aflusso di CSM estratte da cordone ombelicale.L’analisi citofluorimetrica ha mostrato un’elevata espressionedei caratteristici marcatori mesenchimali tra cui CD105, CD90,CD44, CD13, CD54 e minore positività per gli antigeni HLA diclasse I (A), mentre gli antigeni di origine ematopoietica (CD34)ed in particolare della linea differenziativa monocito-macrofa-gica (CD14, CD45), eritropoietica (GLY-A) e degli antigeni HLAdi classe II sono assenti. Queste cellule sono negative per ilmarcatore CD117, tipicamente espresso da cellule staminaliembrionali, a conferma della loro caratteristica di cellule sta-minali “adulte”. La popolazione cellulare è stata selezionata inbase ai parametri fisici di forward (FSC) e side scatter (SSC).

A) Marker mesenchimali

B) Marker emopoietici

La relativa facilità con cui è possibile isolare edespandere in vitro CSM adulte con le suddettecaratteristiche biologiche e con elevato poten-ziale differenziativo, ha consentito di pianificarenuove strategie applicative di queste cellule ascopi terapeutici, come nella rigenerazione ditessuti lesi da processi patologici di tipo dege-nerativo, tumorale o traumatico1.

Queste ultime continuano a dividersi per darvita a progenitori “commissionati”, capaci di ac-quisire proprietà biologiche e fenotipo tessuto-specifici1. Tuttavia, i meccanismi molecolari cheregolano il processo di commissionamento e diffe-renziamento cellulare non sono ancora intera-mente chiariti.

Le CSM, a differenza delle staminali embriona-li, presentano stabile attività telomerasica in col-tura a lungo termine, mantengono la caratteristica“inibizione da contatto” e non sviluppano alterazio-ni cromosomiche, mostrando quindi di non posse-dere potenzialità oncogeniche in vitro14.

Applicazioni in medicina rigenerativa

L’utilizzo di CSM geneticamente manipolate èattualmente oggetto di intensa attività di ricerca.Tra le numerose tecniche che negli ultimi anni sonostate elaborate allo scopo di rendere efficace e sta-bile la modificazione genica delle cellule staminali,quella che ha riscosso più ampio successo è basatasull’utilizzo di vettori costituiti da particelle virali.

Le metodiche di manipolazione genetica, infatti,adottano virus opportunamente ingegnerizzati perveicolare con estrema efficienza sequenze nucleoti-diche specifiche all’interno di cellule bersaglio. Taleprocesso, definito di “trasduzione” cellulare, per-mette di integrare nel genoma della cellula da mo-dificare frammenti di materiale genico o consente dimantenerli nel nucleo in forma episomale, garan-tendo un’espressione a lungo termine del transgeneche codifica per una moleco-la proteica d’interesse.

Le famiglie di virus chepossono essere utilizzatecon lo scopo di modificarel’espressione di specifichemolecole proteiche in cellu-le staminali mesenchimalisono numerose, tra questele più utilizzate sono rap-presentate da adenovirus evirus adeno-associati, her-pes-virus e retrovirus16. Inparticolare, i Lentivirus(appartenenti alla famigliadei vettori retrovirali) han-no suscitato un particolareinteresse poiché presenta-no un meccanismo attivo ditrasporto del proprio geno-ma nel nucleo cellulare, chegarantisce loro la possibi-lità di infettare anche cel-lule in uno stato biologico diquiescenza. Questi vettorivirali presentano inoltre si-ti di integrazione genomicasignificativamente più ri-stretti rispetto ad altre fa-miglie di virus con un mi-nor rischio oncogeno, legato

alla comparsa di mutazioni geniche durante il pro-cesso di trasfezione17. La figura 4 illustra schema-ticamente la struttura del vettore di clonaggio, il si-to di inserzione del gene della proteina di interes-se, la trasfezione e la traduzione in CSM.

Negli ultimi anni sono stati effettuati numero-si studi, finalizzati da un lato all’individuazionedella fonte ottimale di isolamento dei precursorimesenchimali indifferenziati; dall’altro, all’appli-cazione in vivo ed in vitro di metodiche di rigene-razione tissutale mediante l’utilizzo di CSM gene-ticamente modificate.

Il differenziamento di una CSM in senso osteo-blastico è un processo finemente regolato da unacomplessa cascata di eventi molecolari. Fattori dicrescita, ormoni, proteine della matrice extracel-lulare e molecole solubili che legano specifici re-cettori transmembrana, sono tutti in grado di in-nescare cascate di reazioni intracellulari ed atti-vare vie di trasduzione del segnale che convergonosu fattori trascrizionali di funzioni cellulari.

In particolare, le nuove tecniche di ingegneriz-zazione cellulare hanno trovato una potenzialeapplicazione nelle affezioni del tessuto osseo.L’osteogenesi imperfetta, l’osteoporosi e le frat-ture traumatiche e patologiche rappresentanoattualmente un importante campo di sperimen-tazione delle più moderne tecnologie connesseallo studio delle CS16.

S. Ciavarella et al.: Cellule staminali mesenchimali e medicina rigenerativa dell’osso 79

Figura 4. Ingegnerizzazione cellulare mediante vettori virali.Il segmento di DNA che codifica per la proteina d’interesse viene inserito all’interno di unasequenza genica virale privata dei geni necessari alla replicazione del virus e contenuta in unDNA plasmidico. Il costrutto così ottenuto viene trasfettato all’interno di cellule competentiin grado di dare origine a virioni che contengono il gene esogeno. Tale sistema virale è in gra-do di trasdurre direttamente le cellule bersaglio e di integrare il proprio genoma in quello del-la cellula ospite. La sequenza genica integrata permette quindi la stabile espressione del pro-dotto proteico d’interesse.

La codifica di sequenze geniche peculiari mediail differenziamento terminale della cellula proge-nitrice, conferendole la capacità di deporre matri-ce ossea mineralizzata. Recentemente è stata ve-rificata la capacità di indurre osteogenesi in vitroda parte di CSM derivate da midollo osseo, nonchéda connettivo di cordone ombelicale8. Quest’ulti-ma fonte di CSM sembra particolarmente adattaall’isolamento di precursori mesenchimali pluripo-tenti.

Nuovi protocolli di ricerca sono fondati propriosull’impiego di CSM sottoposte a trasduzione dipromotori inducibili di specifiche sequenze geni-che, capaci di iper-esprimere le “Bone Morphoge-netic Proteins” (BMPs) ed in particolare BMP-218.Tale molecola proteica è, infatti, maggiormentecoinvolta nei processi di attivazione osteoblastoge-nica in quanto esplica potenti effetti osteoindutti-vi in vivo, mediando l’attivazione di circuiti preva-lentemente paracrini.

Già negli anni ’90, alcuni gruppi di ricerca ave-vano ottenuto risultati incoraggianti nella ricosti-tuzione di osso in modelli animali di fratture, me-diante l’impiego di BMP-2 ricombinante. L’utilizzodi questo potente agente osteo-induttivo in trialclinici sull’uomo aveva tuttavia evidenziato che leelevate dosi di BMP-2 necessarie a produrre unadeguato effetto biologico in vivo erano gravatedall’insorgenza di effetti collaterali. Più recente-mente è stata verificata in vivo la possibilità diiniettare direttamente nei siti di lesione vettori ge-nici della BMP-2, in particolare adenovirus e re-trovirus, in grado di stimolare con elevata effi-cienza la neoformazione di tessuto in situ. La di-mostrazione che CSM, isolate da fonti tessutalidiverse, manifestano in vitro un elevato potenzia-le osteogenico e l’acquisizione di metodiche inno-vative di ingegnerizzazione cellulare, hanno con-sentito approcci sperimentali innovativi di rigene-razione ossea in vivo.

Infatti, le CS ingegnerizzate per la produzionedi discrete quantità di BMPs, reiniettate in vivo,ricostruiscono una trabecolatura ossea ben più ro-busta rispetto a quella che si ottiene mediante uti-lizzazione di proteine morfogenetiche ricombinan-ti. Questo effetto è legato all’attitudine della cellu-la staminale mesenchimale di differenziare insenso osteoblastico nel sito da riparare e di prov-vedere alla deposizione di nuovo tessuto osseo nel-la stessa sede. Tali evidenze sono state ottenute invivo in modelli murini preclinici di osteolisi19. Indiversi studi, CSM midollari, trasfettate per il ge-ne della BMP-2 mediante vettori adenovirali, sonostate inoculate per via intramuscolare in animalida esperimento. Le indagini radiografiche effet-tuate dopo circa 15 giorni dall’infusione delle sta-minali hanno mostrato la formazione di aree dimatrice ossea mineralizzata nella compagine deltessuto muscolare20.

L’impiego di CSM, indotte all’iper-espressione alungo termine di proteine morfogenetiche median-te l’utilizzo di vettori genici lentivirali, è in corso disperimentazione in modelli murini di fratture fe-morali. Risultati preliminari dimostrano che pre-cursori mesenchimali midollari geneticamentemodificati sono in grado di produrre stabilmenteBMP-2 e, iniettati in vivo, inducono con efficienzala rigenerazione di tessuto osseo in lesioni prodot-te in topi immunocompetenti19.

In particolare, il frequente coinvolgimento deltessuto osseo che si osserva in una patologia di inte-resse onco-ematologico quale il mieloma multiplo,potrebbe rappresentare un valido campo di applica-zione per la medicina rigenerativa. Infatti, nella fi-siopatologia della malattia ossea mielomatosa unruolo cruciale è rivestito non solo dall’incrementataattività osteoclastica di riassorbimento osseo, ma an-che dal deficit permanente della funzione osteobla-stogenica nelle sedi di osteolisi che caratterizzano lamalattia. Caratteristicamente, nella malattia osseain corso di mieloma non viene riscontrata rigenera-zione di matrice ossea nei siti di erosione21. Le pla-smacellule tumorali presenti nel midollo osseo sonoin grado, infatti, sia di impedire la maturazione del-le cellule dello stroma midollare, che costituiscono iprecursori degli osteoblasti, sia di inibirne la so-pravvivenza e l’efficienza funzionale, come dimo-strato dal riscontro di ridotti livelli di BMPs proprionelle sedi di erosione ossea22. Il trapianto di CSM in-dotte alla produzione di elevate quantità di BMP-2potrebbe quindi costituire, nei pazienti con gravecoinvolgimento scheletrico, un approccio terapeuticoinnovativo di rigenerazione del tessuto osseo.

80 Recenti Progressi in Medicina, 99, 2, 2008

Uno degli obiettivi più recenti e di partico-lare interesse nel campo della medicina ri-generativa è rappresentato dal trattamento dialcune patologie dell’apparato scheletrico comel’osteogenesi imperfetta, l’osteoporosi, le frattu-re patologiche e traumatiche. Il riconoscimentodel ruolo primario svolto dalle proteine morfoge-netiche dell’osso, ed in particolare della BMP-2,nella fisiopatologia di tale tessuto, ha consentitodi pianificare approcci sperimentali diversificati.

Studi attualmente in corso anche nel no-stro laboratorio sono orientati ad unamaggiore definizione funzionale delleCSM che, caratterizzate dalla facile espansibi-lità e dal ridotto potere immunogeno, possonoessere facilmente indotte al differenziamento insenso osteoblastico e ben si prestano pertanto ametodiche di manipolazione genica.

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S. Ciavarella et al.: Cellule staminali mesenchimali e medicina rigenerativa dell’osso 81

Considerazioni conclusive e prospettive

1. La terapia genica è oggetto di grande interesse da parte di numerosi gruppi di ricerca. Infatti, gra-zie all’acquisizione di nuove e più semplici metodiche di isolamento ed espansione in vitro di cellu-le staminali adulte da fonti tessutali diverse, è stato possibile già da alcuni anni pianificare strate-gie di applicazione innovative.

2. Le cellule staminali mesenchimali sono caratterizzate da un’estrema plasticità differenziativa e ciòle rende particolarmente idonee ad essere impiegate nella rigenerazione di tessuti patologici, men-tre sono estremamente stabili geneticamente in colture a lungo termine. Quest’ultima caratteristi-ca ha permesso di ideare diverse strategie di manipolazione genica, tra cui quelle basate sull’uti-lizzo di vettori virali che integrano nel genoma cellulare il DNA esogeno d’interesse.

3. Le tecniche di trasduzione cellulare mediante vettori virali permettono di confezionare in vitropopolazioni di cellule staminali mesenchimali ad un determinato livello di differenziamento e dimaturazione, in grado di produrre molecole proteiche e di stimolare, una volta reiniettate in vi-vo, il recupero di porzioni o di funzioni essenziali del tessuto malato. Sebbene i raffinati mecca-nismi molecolari che regolano i processi di differenziamento e di maturazione tessuto-specificanon siano ancora completamente noti, tali precursori mesenchimali sono stati impiegati con suc-cesso in studi sperimentali di rigenerazione tessutale e terapia genica in modelli sperimentalidi patologie dell’apparato scheletrico.

3. Molto più recente è l’acquisizione di metodiche di estrazione di cellule staminali mesenchimali datessuti fetali, come il cordone ombelicale e, in minor misura, il sangue cordonale ed il liquido am-niotico. Questi elementi cellulari, del tutto simili a quelli isolati da midollo osseo, presentano ele-vata capacità replicativa e differenziativa a lungo termine, sono dotati di ridotta cancerogenicitàe immunogenicità in vitro, e sono potenzialmente suscettibili di manipolazione genica. Inoltre, lafacile reperibilità di tessuto cordonale rispetto ad altri tipi tessutali e soprattutto le minori im-plicazioni di ordine etico correlate all’isolamento di cellule staminali da questa fonte tessutale,inducono ad attribuire alle cellule staminali mesenchimali cordonali un estremo interesse da par-te di ricercatori di base e clinici nel settore della medicina rigenerativa.

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82 Recenti Progressi in Medicina, 99, 2, 2008

Indirizzo per la corrispondenza:Prof. Franco SilvestrisPoliclinico UniversitarioDIMOSezione di Medicina Interna e Oncologia ClinicaPiazza Giulio Cesare, 1170124 BariE-mail: [email protected]