DOCUMENTO ATTIVITA’ 2010 · utilizzando la check-list Ocra hanno dimostrato un rischio...

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DOCUMENTO ATTIVITA’ 2010 A cura di : Giancarlo Cattaneo e Narcisa Piuselli – Responsabili del progetto e Cassinelli Veronica Sorrentino Luca Colombo Giovanni Battista Cordisco Federica Di Giorgio Jessica Fulco Maria Grazia Nola Assunta Prandi Enzandrea Spada Danilo Villa Cristina Zanoni Graziella

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DOCUMENTO ATTIVITA’ 2010

A cura di :

Giancarlo Cattaneo e Narcisa Piuselli – Responsabili del progetto

e

Cassinelli Veronica

Sorrentino Luca

Colombo Giovanni Battista

Cordisco Federica

Di Giorgio Jessica

Fulco Maria Grazia

Nola Assunta

Prandi Enzandrea

Spada Danilo

Villa Cristina

Zanoni Graziella

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1. PRESENTAZIONE

Il documento che viene presentato è frutto del lavoro del gruppo che ha seguito per il 2010 il

Progetto “Imprese di Pulizia”, lavoro in parte sviluppato attraverso sopralluoghi in Aziende

appaltatrici e in parte costruito dall’analisi dei Documenti di Valutazione dei Rischi (DVR) di

Aziende contattate attraverso lettera.

Sono state scelte Aziende Ospedaliere come oggetto dell’attività di sopralluogo sia per i possibili

specifici rischi interferenziali (che l’indagine ha confermato), sia per dimensioni specifiche delle

imprese di pulizia coinvolte, in un quadro generale dove il 92% delle Aziende ha meno di 10

addetti.

Sono stati effettuati sopralluoghi in 12 Aziende Ospedaliere per un totale

di 19 imprese di pulizia: in aggiunta ai 19 DVR analizzati in Aziende

operanti negli Ospedali oggetto di sopralluogo, sono stati analizzati 52

DVR di altrettante imprese operanti in uffici, alberghi, mense. I principali

risultati di questo lavoro sono descritti nel documento e si possono così

sintetizzare: il fenomeno infortunistico nelle imprese di pulizia è

significativo, gli indici di incidenza ricavati dai dati INAIL sono nettamente

superiori all’indice di incidenza medio per tutte le attività e sono confrontabili con quelle di settori

ad alto rischio infortunistico (trasporti, edilizia).

Non abbiamo invece dati certi sulla gravità, non essendo stato possibile calcolare l’indice

specifico: dalla bassa percentuale di infortuni permanenti sul totale (2-4%) si può ipotizzare una

ridotta gravità degli infortuni, i più gravi dei quali risultano (pure nei limiti del ridotto campione nel

quale viene fatta questa valutazione) quelli da caduta da scala portatile, spesso utilizzata in

attività che comportano l’utilizzo di entrambe le mani, movimento degli arti che facilitano lo

sbandamento e la perdita di equilibrio, pesi da sollevare (secchio d’acqua).

Prevalgono gli infortuni legati a condizioni lavorative specifiche quali scivolando, cadendo

(pavimenti bagnati, scivolosi), urto-schiacciamento (attrezzature, spazi ridotti), movimentazione

manuale dei carichi (sacchi pesanti da sollevare, arredi, tavoli da

spingere, spostare, sollevare secchi). Sono segnalati infortuni da

contatto o inalazione con prodotti chimici (es. crisi respiratorie acute, di

inalazione di vapori di cloro prodotti dalla miscelazione di ipoclorito di

sodio con acidi forti).

Di particolare interesse gli infortuni a rischio biologico prevalentemente

da aghi o taglienti a sospetta contaminazione, più raramente da

contatto con materiale biologico: nel gruppo di imprese che operano

in Ospedale quasi il 18% degli infortuni è di questo tipo, nelle imprese in generale la percentuale è

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intorno al 4%, espressione di un rischio che non riguarda solo gli Ospedali, ma anche gli alberghi

(punture da ago, lamette, forbicine).

L’analisi della letteratura (in particolare del rapporto redatto nel 2005 dalla “European Agency For

Safety And Healt At Work”, dal titolo “Preventing harm to cleaning workers”) e i dati raccolti in 365

questionari da noi somministrati a lavoratori di imprese di pulizia che operano negli Ospedali,

hanno permesso di mettere a fuoco gli altri rischi tipici del settore. A partire dai carichi di lavoro

che sono elevati, ancor più in un contesto di forte competitività che spinge a ridurre i costi, che

significa fare lo stesso lavoro con meno persone. L’alta percentuale di lavoratori che nel nostro

campione giudica pesante il lavoro, intensi i ritmi, insufficiente il personale e inadeguato il tempo a

disposizione conferma gli studi riportati in letteratura: tra questi di particolare interesse quelli che

evidenziano per alcune attività elevati carichi cardiorespiratori, dato rilevante tenuto conto

dell’età media elevata di questa popolazione lavorativa (il 50%, secondo stima europea, ha più di

45 anni).

L’attività di pulizia comporta atteggiamenti posturali spesso sfavorevoli e spesso associati a

movimentazione di pesi (secchi, attrezzature): schiena flessa

anteriormente e inarcata, braccia a livello delle spalle o più in

alto, torsione del tronco, posizione accovacciata, sono posture

che occupano la gran parte del tempo di lavoro; attività come

l’utilizzo dello straccio bagnato comportano un significativo

sovraccarico biomeccanico degli arti superiori; studi effettuati

utilizzando la check-list Ocra hanno dimostrato un rischio

significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori; anche l’attività di spinta dei carrelli valutata

col metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo.

Le valutazioni espresse dai lavoratori del nostro campione confermano le criticità di atteggiamenti

posturali, movimentazione dei carichi, movimenti ripetitivi degli arti superiori: a ciò fa riscontro la

prevalenza significativa di disturbi dell’apparato locomotore, in particolare delle spalle e della

schiena e con un significativo interessamento del polso (il 20% dei lavoratori soffre o ha sofferto di

sindrome del tunnel carpale, che nella popolazione non esposta è attestato sul 9%).

L’utilizzo di numerosi prodotti e la liberazione di sostanze chimiche durante i processi di pulizia

condizionano un rischio chimico che in letteratura viene riferito in

particolare all’asma bronchiale (1.7 volte più frequente nei

lavoratori delle imprese di pulizia rispetto alle altre occupazioni) e

alla dermatite irritativa o allergica alle mani: nella nostra indagine

si è evidenziata una significativa presenza di disturbi irritativi

durante l’attività lavorativa (bruciore agli occhi, tosse stizzosa,

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arrossamento e bruciore alle mani) con un’asma bronchiale, diagnosticati nel 9% del campione.

Una sintomatologia piuttosto frequente è quella da fenomeno di Raynaud, dove il contatto

frequente con acqua fredda si combina con un possibile problema di vibrazioni mano-braccia

collegato alla cattiva manutenzione o alle vetustà delle attrezzature utilizzate.

Per quanto riguarda quello che viene definito “rischio psicosociale” molti sono i fattori che

vengono evidenziati: il rapporto di lavoro spesso precario, il

lavoro per turni, il lavoro notturno, il lavoro isolato, la

mancata chiarezza riguardo a compiti e responsabilità, lo

scarso riconoscimento sociale. In letteratura sono segnalati

disturbi psichici soprattutto nelle fasce di età più elevate e

nei lavoratori immigrati.

L’attività di sopralluogo con somministrazione dei questionari e quella di acquisizione di registro

infortuni e DVR sono servite prima di tutto ad acquisire i dati che sono stati fin qui riportati, ma

anche a prescrivere una serie di provvedimenti frutto degli accertamenti svolti nel corso del

sopralluogo e dell’analisi della documentazione acquisita.

Alcuni provvedimenti hanno riguardato i locali a disposizione dei

lavoratori come spogliatoi, servizi igienici, refettori: a nove

aziende operanti in 6 ospedali, sono state contestate violazioni

dell’art. 63 punto 1 del D.Lgs 81/2008 con relativo verbale di

prescrizione. A due Aziende, in due diversi Ospedali, è stato

contestato l’art. 71 punto 6 per l’inadeguatezza delle attrezzature

messe a disposizione per i lavoratori, con relativo verbale di prescrizione. A 15 Aziende operanti in 9

Ospedali è stato contestato l’art. 77 punto 4 comma A in riferimento all’obbligo del datore di

lavoro di assicurare le condizioni di igiene delle divise di lavoro

mediante il loro lavaggio. Inoltre in alcuni casi (7 Aziende) è stata

data una disposizione per una revisione dei rispettivi DVR. Al termine di

questa fase, si è svolto un incontro con gli RLS, RSA, CGIL, CISL e UIL

dove sono stati presentati alcuni dati relativi al lavoro svolto e discussi i

problemi e le difficoltà legati anche alle caratteristiche del settore.

Di fronte alla debolezza della rete di RLS, molti nominati in modo

estemporaneo, molti privi di formazione, appare necessario

perseguire in tutte le situazioni accordi tra organizzazioni sindacali e

aziende, che permettano una presenza di Rappresentanti dei lavoratori adeguata sia dal punto di

vista quantitativo che dal punto di vista della formazione.

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Una prima considerazione va fatta e riguarda i DVR esaminati: il fatto che solo in 7 casi si sia data

una disposizione per una loro revisione non deve trarre in

inganno, essendo espressione della “prudenza” con cui fino

ad oggi si è gestito come organo di vigilanza il problema

della inadeguatezza del DVR, inadeguatezza diffusa ma in

questo settore particolarmente marcata. Non che manchi

l’impegno dei datori di lavoro (anche le più piccole aziende

hanno provveduto a redigere un documento) nè le

capacità degli estensori (molti DVR sono veri e propri

manuali omnicomprensivi), ma manca il senso reale del DVR, cosi come è ben descritto dall’art. 28

del D.Lgs 81/2008 secondo il quale il datore di lavoro deve “garantire la completezza e l’idoneità

(del DVR) quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione

per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza”. Noi abbiamo invece trovato

manuali, più o meno ben fatti, dove nel migliore dei casi, per ogni rischio vengono descritti

definizioni, criteri di valutazione, indici di rischio, procedure attuate e azioni di intervento previste

ma in astratto, senza alcun reale riferimento a specifiche, concrete mansioni/attività.

Il che spiega come sia possibile fare un unico DVR adattabile a qualsiasi luogo di lavoro in cui si

operi. È anche l’espressione di un non funzionamento reale del sistema di prevenzione aziendale

come voluto dal D.Lgs 626/94 e poi ripreso nel D.Lgs 81/2008. Non c’è traccia di consultazione di

RLS (art. 50 1 b) né più in generale di un coinvolgimento dei lavoratori; non c’è traccia di

coinvolgimento del medico competente (art. 29 punto 1) dal quale possono venire indicazioni

anche più precise di quelle che noi abbiamo ottenuto attraverso i questionari, indispensabili per

una corretta valutazione dei rischi; in nessun caso sono presi in considerazione gli infortuni,

anch’essi, con tutta evidenza, indicatori estremamente utili e in generale non c’è alcun riferimento

ai luoghi “fisici” in cui questi lavoratori si cambiano, utilizzano i servizi igienici, mangiano.

Noi crediamo che questi DVR debbano essere rivisti alla luce dell’art. 28 perché diventino quelli

che dovrebbero essere ”strumenti operativi di pianificazione degli interventi di prevenzione” e

crediamo che l’organo di vigilanza debba utilizzare lo strumento della prescrizione in tutti i casi in

cui non ci sia rispondenza a quanto previsto dalla norma.

Per quanto riguarda il medico competente crediamo che, in linea di

massima, il rischio da patologia da sovraccarico biomeccanico renda

obbligatoria la sua nomina: i non molti programmi sanitari che abbiamo

visto riproducono per lo più la tendenza a inserire nei protocolli inutili esami

ematochimici da ripetersi con inutile regolarità assieme a esami

strumentali magari utili (vedi prove di funzionalità respiratoria) ma con

periodicità senza significato. Come sempre anamnesi ed esame obiettivo

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sono in grado di fornire gli elementi più preziosi. Un intervento specifico del medico competente

riguarda situazioni lavorative in cui sussiste un rischio biologico il che si può verificare, come si è

visto, nelle strutture sanitarie e sociosanitarie: qui è necessario che si applichi l’art. 279 punto 2 a del

D.Lgs 81/2008 che obbliga il datore di lavoro, “su parere conforme del medico competente” a

mettere a disposizione vaccini efficaci che nel nostro caso sono il vaccino per l’Epatite A (è

dimostrata la significativa prevalenza di Epatite A in operatori sociosanitari presso RSA) e per

l’Epatite B (significative percentuali di ferita da punture e taglio).

Per quel che riguarda spogliatoi, refettori e servizi igienici abbiamo verificato condizioni varie, ma

spesso non rispondenti ai requisiti igienico strutturali che il D.Lgs 81/2008 prevede. È necessario che

la rispondenza a questi requisiti entri nel contratto fra Azienda appaltatrice e appaltante, fermo

restando che l’organo di vigilanza emetterà in tutti questi casi verbali di prescrizione.

Da ultimo la questione del lavaggio delle divise da parte dell’azienda, che è stato oggetto di

numerosi verbali di prescrizione. Noi partiamo da un dato incontrovertibile e cioè che gli addetti

delle pulizie svolgono un’attività che li espone a contatto con

polveri o sporcizia più grossolana, allo stato solido o gassoso,

che possono contenere diversi tipi di particolato come detriti

umani, carta, microrganismi, composti volatili organici e

composti organici non volatili: alcuni studi indicano la presenza

di circa 200 diversi tipi di VOC. Oltre alla polvere ci può essere

un contatto con i liquidi utilizzati per le attività di pulizia, con

vapori che si liberano durante la miscelazione di prodotti e, in

ambito sanitario, con materiale biologico. Assimilare in questa situazione il vestito da lavoro ad

un’uniforme di riconoscimento tipo portiere di albergo non sembra sostenibile: è molto più

ragionevole riconoscere che la divisa ha anche lo scopo di “proteggere la salute dei lavoratori” e

assimilarla a un DPI per il quale il datore di lavoro deve assicurare le condizioni di igiene e quindi

provvedere anche al suo lavaggio.

Si ottengono due risultati aggiuntivi: evitare che il lavoratore si porti a casa abiti da lavoro

variamente imbrattati, con i problemi igienici connessi, e assicurare che il lavaggio, centralizzato,

avvenga in modo corretto. Una sentenza della Corte di Cassazione del 14 Novembre 2005 n.

22929, una circolare del Ministero del Lavoro del 29 Aprile 1999 n. 34/99 e una Sentenza del Giudice

del Lavoro di Arezzo dell’11/01/2010 supportano la nostra posizione e i conseguenti provvedimenti.

PROPRIO A PARTIRE DA QUESTI ELEMENTI, ACQUISITI NEL CORSO DELL’ATTIVITÀ DI

QUEST’ANNO, POSSIAMO PROMUOVERE IL PROSEGUIMENTO DEL PROGETTO CON

UN’ESTENSIONE DEI CONTROLLI OLTRE CHE CON AZIONI DI INFORMAZIONE E PROMOZIONE.

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In un recente rapporto dell’European Agency for Safety and Health at Work (“Preventing harm to

clearing workers” 2009), le imprese di pulizia vengono definite “uno dei settori più importanti e

dinamici tra i settori dei servizi nella U.E.” In effetti il numero di imprese di pulizia è andato

aumentando a livello europeo in modo continuo: nel 1989 erano 31.809, nel 1996 erano 47.439 fino

ad arrivare a 129.000 nel 2006 con circa 3.600.000 addetti, dato che deve essere considerato una

sottostima dal momento che molti lavoratori lavorano in nero. Il settore è costituito

prevalentemente da imprese piccole o molto piccole. Nel 2006 circa l’85% delle aziende di pulizia

ha meno di 50 addetti ma soprattutto il 70 % delle aziende ha meno di 10 addetti. Circa il 70% dei

lavoratori lavora part-time; altra caratteristica il lavoro femminile: il 77 % degli addetti sono donne.

Occorre poi tenere presente l’alto numero di lavoratori che lavorano “in proprio”, soprattutto nelle

case private. Nel settore pulizie affluiscono diversi tipi di attività, le più comuni delle quali sono

pulizie degli uffici, delle scuole, ristorazione e alberghi, case di ricovero e cura e ospedali, abitazioni

private e condomini, industrie. Il giro di affari generato nel 2006 è 54 miliardi di euro contro i 44,5 nel

2003: prevale la pulizia degli uffici (55,4%), la pulizia nelle industrie, comprese le catene di

ristorazione (11,7%), pulizia di facciate e finestre (6,1%), pulizia di ospedali e case di cura (7%),

scuole (3,4%), ecc.. La forza lavoro è per l’86,2% costituita da operai, solo una piccola parte è

rappresentata da manager, preposti, personale tecnico e amministrativo. Per quanto riguarda

l’età, secondo uno studio finlandese, il 50% dei lavoratori europei del settore ha più di 45 anni.

Un’ampia percentuale di lavoratori delle pulizie è costituita da immigrati: nell’Unione Europea la

stima è intorno al 30% con punte elevate in Austria (70%) e Svezia (53%).

Per quanto riguarda l’Italia dati più precisi vengono dai Flussi Informativi INAIL (Tariffe INAIL 04

Codice Ateco 74): nel 2006 le aziende complessive sono 49.175 con più di 290.000 addetti (vedi

tab. 1).

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IMPRESE DI PULIZIA - ITALIA

Tab. 1 – Fonte INAIL Il dato del numero di imprese differisce notevolmente da quello di fonte europea perché le

aziende lì rappresentate sono quelle comprese nella “European Federation of Cleaning Industries”

(quindi un numero ridotto rispetto al totale), mentre gli addetti che risultano dai “Flussi Informativi

INAIL” sono proporzionalmente inferiori perché non sono il numero assoluto di addetti ma “addetti

INAIL”, espressione delle ore effettivamente lavorate. Il numero di addetti INAIL si ottiene attraverso

un algoritmo che mette in rapporto il totale dei salari annui percepiti dai lavoratori del settore e la

retribuzione media annuale. Un addetto Inail, proprio per sua caratteristica, rappresenta quindi

qualcosa di più di un lavoratore in carne e ossa, corrisponde infatti mediamente a circa 1,1 – 1,2

lavoratori reali. La frammentazione del settore appare nei dati italiani molto più evidente: il 92%

delle imprese ha meno di 10 addetti e il 98,8% ha meno di 50 addetti.

Per quanto riguarda la Regione Lombardia i dati sono riportati nelle Tab. 2 e 3. La tendenza

all’aumento di imprese e addetti appare evidente così come la frammentazione del settore (92,3%

Dimensione gruppo

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Aziende 41317 42321 45228 44719 42653 44446 44852 <10

Micro impresa Addetti 74650 79814 84649 86126 82856 88085 89171

Aziende 2599 2845 2923 3038 2963 3573 3480 10-49

Piccola impresa Addetti 49171 54586 55821 58622 46753 69949 68880

Aziende 438 465 470 478 464 720 742 50-249

Media impresa Addetti 44127 45812 45897 47692 45568 70394 71910

Aziende 48 62 57 61 57 97 101

>249 Grande impresa

Addetti 42108 47777 50761 46477 43728 63286 65845

Aziende 44402 45693 48678 48298 46137 48836 49175 Totale

Addetti 210056 227989 237128 238917 218905 291714 295806

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meno di 10 addetti). Per quel che riguarda Milano (vedi tab. 4 e 5), le considerazioni sono

sovrapponibili (93,6% di aziende con meno di 10 addetti).

Se si osservano i dati della Lombardia si nota un peso rilevante sul totale nazionale: nel 2006 il

numero di imprese lombarde è il 27,8% del totale e il numero di addetti il 22,4%.

IMPRESE DI PULIZIA – LOMBARDIA

Anno Aziende Dipendenti Artigiani Atipici Totale2000 11843 32193,3 6580,9 0,0 38774,2

2001 12264 38847,3 6752,7 0,0 45600,0

2002 14061 42678,4 6920,8 864,4 50463,6

2003 14419 47618,0 6903,7 1485,0 56006,7

2004 13541 49842,3 7130,4 2959,4 59932,1

2005 13573 51254,3 7330,0 3386,4 61970,7

2006 13683 53040,1 7475,8 4633,7 65149,6

2007 14533 58348,5 7922,0 4988,8 71259,32008 15057 63513,7 8475,9 5173,5 77163,1

Tab. 2 - Fonte INAIL

IMPRESE DI PULIZIA PER CLASSI DI ADDETTI – LOMBARDIA

Classi Addetti 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20080 330 354 470 537 407 418 419 412 592

da 0,1 a 1 6602 6501 7692 7340 6483 6484 6520 7013 7135

da 1,1 a 3 2872 3051 3286 3592 3474 3491 3539 3739 3805

da 3,1 a 10 1478 1695 1841 2051 2170 2205 2214 2282 2347

da 10,1 a 15 208 246 293 335 367 347 340 353 386

da 15,1 a 20 107 124 132 150 183 151 157 190 200

da 20,1 a 30 120 131 145 173 166 179 175 191 214

da 30,1 a 100 101 127 168 204 242 243 256 290 302

da 100,1 a 200 14 20 20 23 30 37 40 44 50

da 200,1 a 500 10 11 12 12 17 15 18 15 21

da 500,1 a 1.000 1 4 2 2 2 3 4 2 3da 1000,1 a 5.000 0 0 0 0 0 0 1 2 2

Tab. 3 - Fonte INAIL

IMPRESE DI PULIZIA – MILANO

Anno Aziende Dipendenti Artigiani Atipici Totale2000 4234 12680,8 2015,5 0,0 14696,3

2001 4371 14456,6 2083,9 0,0 16540,5

2002 5162 15478,1 2185,8 210,5 17874,4

2003 5189 16008,0 2219,0 437,0 18664,0

2004 4754 16298,9 2262,1 978,2 19539,2

2005 4717 16854,9 2297,8 1094,8 20247,5

2006 4751 17795,8 2327,3 1363,3 21486,4

2007 5050 19684,4 2478,1 1591,0 23753,52008 5189 21760,3 2636,4 1834,0 26230,7

Tab. 4 - Fonte INAIL

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IMPRESE DI PULIZIA PER CLASSI DI ADDETTI – MILANO

Classi Addetti 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20080 135 111 153 168 137 123 117 144 206

da 0,1 a 1 2655 2639 3243 3015 2630 2640 2700 2846 2881

da 1,1 a 3 843 943 1027 1173 1083 1092 1040 1134 1135

da 3,1 a 10 416 472 505 573 603 573 599 629 646

da 10,1 a 15 63 78 85 96 110 103 95 88 96

da 15,1 a 20 34 34 35 39 57 41 48 48 45

da 20,1 a 30 33 34 44 47 39 46 47 48 54

da 30,1 a 100 36 40 51 62 74 75 77 87 93

da 100,1 a 200 12 12 11 10 14 17 18 16 19

da 200,1 a 500 6 6 7 5 6 6 8 8 11

da 500,1 a 1.000 1 2 1 1 1 1 2 1 2da 1000,1 a 5.000 0 0 0 0 0 0 0 1 1

Tab. 5 - Fonte INAIL Il rapporto Europeo precedentemente citato riporta alcuni dati, peraltro assai disomogenei, sul

fenomeno infortunistico nel settore delle pulizie in alcuni paesi della CE.

In Belgio gli infortuni nei lavoratori delle pulizie sono aumentati tra il 1999 e il 2001 del 18,2% (IF1 da

38,16 a 45,16) e sono poi calati tra il 2001 e il 2004 del 31,9% (IF da 45,16 a 30,72). Anche l’indice di

gravità2 è calato. In ogni caso gli incidenti nel settore delle pulizie accadono con più frequenza e

sono più gravi della media di tutti i settori (IF 30,72 contro 26,6; IG 0,90 contro 0,64)

annonumero

infortuni

n° infortuni

mortali

n° giorni

persi

indice di

Frequenza

indice di

Gravità1999 1622 2 44476 38,16 1,05

2000 1945 2 51489 44,36 1,17

2001 2013 1 48435 45,13 1,09

2002 1797 0 50366 41,19 1,15

2003 1487 1 39961 33,76 0,91

2004 1380 3 40616 30,72 0,90

INFORTUNI IMPRESE DI PULIZIA - BELGIO

Fonte EU-OSHA

Lo studio belga esamina 1525 infortuni accaduti nel 2005, 157 con esiti permanenti. In 650 casi gli

infortunati sono donne contro 868 maschi.

Sebbene le donne rappresentino la maggior parte degli addetti, sono gli uomini ad avere più

infortuni il che può essere collegato al tipo di lavoro a più alto rischio (pulizia industriale, pulizia

finestre, smaltimento rifiuti). Le contusioni rappresentano l’esito più frequente degli infortuni (43%).

Le parti del corpo più colpite sono dita, piedi e anca, mani e braccia.

In Gran Bretagna gli infortuni stimati nel 2005 - 2006 sono approssimativamente 3.500 di cui più di

700 classificati come gravi. Un’analisi degli incidenti gravi avvenuti tra il 2003 e il 2006 evidenzia che

1 I.F. Indice di Frequenza = (numero infortuni/ore lavorate) * 1.000.000

2 I.G. Indice di Gravità = (numero giorni infortuni/numero ore lavorate) * 1.000

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scivolamento e caduta, movimentazione manuale di carichi, caduta dall’alto sono i più frequenti

infortuni. Stupisce il numero assoluto degli infortuni inglesi se confrontato con quelli di Germania

(circa 13.000) e Italia (circa 23.000).

In Germania gli infortuni sono aumentati notevolmente tra il 2002 e 2003 (+23%) e sono poi andati in

calo. La maggior parte degli infortuni con assenza da lavoro riguarda la fascia di età 50 - 59 seguiti

dal gruppo 60 - 64: è un andamento che non muta negli anni. La maggior parte degli infortuni con

esiti permanenti accade nella fascia di età 60 - 64 mentre quelli mortali prevalgono nella fascia 50

- 59. Sono dati assoluti che andrebbero correlati con il numero di addetti per fascia di età ma che

rappresentano comunque una situazione molto diversa da quella italiana in cui, come vedremo,

una estrema minoranza di infortuni avviene oltre i 50 anni.

inabilità

temp.

inabiltà

perm.mortali

inabilità

temp.

inabiltà

perm.mortali

inabilità

temp.

inabiltà

perm.mortali

inabilità

temp.

inabiltà

perm.mortali

<20 187 0 0 170 0 0 102 0 0 220 0 0

20-24 480 2 0 587 2 0 605 2 0 425 5 0

25-29 1366 3 0 1938 8 0 1745 3 1 1389 2 0

30-34 1236 7 0 1776 8 0 1516 6 0 1308 5 0

35-39 1633 9 0 1841 16 1 1881 6 0 1147 11 0

40-49 1866 7 0 2323 15 0 2053 15 0 1603 11 0

50-59 3707 28 2 4819 51 2 4197 38 0 3403 49 1

60-64 2610 61 0 2808 69 2 2818 64 1 2658 66 2

>65 511 26 0 499 26 1 572 30 0 468 22 0

Sconosc. 210 18 0 250 40 1 330 34 1 175 34 0

Totale 13806 161 2 17011 235 7 15819 198 3 12796 205 3

INFORTUNI IMPRESE DI PULIZIA - GERMANIA

Fonte EU-OSHA

2005età

2002 2003 2004

Le cause più frequenti sono scivolamento e caduta (28%) spostando oggetti (38%) caduta dall’alto

(6%) e usando attrezzi (6%). Le più importanti conseguenze sono contusioni (34%) distorsioni (19%)

fratture (12%). L’indice di frequenza nei lavoratori immigrati è più alto di quello dei lavoratori

autoctoni.

Non sono riportati dati relativi all’Italia e non sono ritrovabili nella letteratura italiana studi relativi

agli infortuni in questo settore dei servizi. Il Servizio di Prevenzione e sicurezza negli Ambienti di

Lavoro della ASL di Milano ha avviato, nel corso del 2010 un “Progetto Imprese di Pulizia” volto a

studiare il fenomeno degli infortuni e più in generale a delineare il profilo di rischio in un settore

dove il oltre al rischio di infortuni sono presenti altri rischi come il rischio chimico, il rischio biologico, il

rischio da movimentazione manuale dei carichi e da movimenti ripetitivi, il rischio “psicosociale”.

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PRIMO CAPITOLO

3.1 Infortuni (Italia, Lombardia, Milano):

Se si osserva l’andamento del fenomeno infortunistico in Italia nel periodo che va dal 2000 al 2006

(tab. 6) si nota che il numero di infortuni temporanei è leggermente aumentato (+8,4%), quello

degli infortuni permanenti è nettamente aumentato (+83,3%), gli infortuni mortali sono passati da 28

a 26 (dopo essere scesi fino a 15 nel 2003), l’indice di incidenza3 è calato (da 98,9 a 77,8), la

percentuale di infortuni permanenti sul totale nettamente aumentata (dal 2,6% al 4,4%).

IMPRESE DI PULIZIA - ITALIA

Tab. 6 – fonte INAIL

3 Indice di Incidenza = (numero di infortuni / addetti INAIL) * 1.000

Dimensione gruppo 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Inf. Mortali 10 7 12 4 5 9 6 Inf. Permanenti 157 174 194 206 220 262 245 Inf. Temporanei 3986 4203 3917 3746 3282 3822 3641 Inf. Indennizzati 4153 4384 4123 3956 3507 4093 3982

<10 Micro impresa

Ind. incidenza 55.63 54.9 48.7 45.9 42.3 46.5 43.6 Inf. Mortali 6 11 8 8 8 4 9

Inf. Permanenti 166 161 178 207 203 273 291 Inf. Temporanei 5246 5215 4917 4876 4359 5665 5331 Inf. Indennizzati 5418 5387 5103 5091 4570 5942 5631

10-49 Piccola impresa

Ind. incidenza 110.2 98.7 91.4 86.8 80.5 84.9 81.7 Inf. Mortali 8 0 2 1 3 4 6

Inf. Permanenti 116 105 130 144 151 267 248 Inf. Temporanei 4968 4888 4585 4242 4164 6200 6347 Inf. Indennizzati 5092 4993 4717 4397 4318 6971 6601

50-249 Media impresa

Ind. incidenza 115.4 109 102.7 91.9 94.7 91.7 91.8 Inf. Mortali 4 4 2 2 3 2 5

Inf. Permanenti 112 108 110 125 110 194 226 Inf. Temporanei 5996 6784 5365 5299 4378 5994 6571 Inf. Indennizzati 6112 6896 5477 5426 4491 6190 6802

>249 Grande impresa

Ind. incidenza 145.1 144.3 107.9 116.7 102.7 97.8 103.3 Inf. Mortali 28 22 24 15 19 19 26

Inf. Permanenti 551 548 612 682 684 996 1010 Inf. Temporanei 20196 21090 18784 18163 16183 21681 21890 Inf. Indennizzati 20775 21660 19420 18870 16886 23196 23016

Totale

Ind. incidenza 98.9 95.0 81.9 78.9 77.1 79.5 77.8

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addetti

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

< 10 35,94 33,48 32,35 31,10 30,23 29,20 28,06

da 10 a 49 47,99 44,23 43,25 41,14 40,12 38,71 37,91

da 50 a 249 46,68 44,62 43,32 41,37 40,65 39,03 39,11

> 249 29,34 28,68 28,11 26,99 27,37 27,23 26,56

totale 39,04 36,87 35,38 33,92 33,27 32,33 34,52

INDICE DI INCIDENZA INFORTUNI PER TUTTE LE ATTIVITA' PER CLASSI SI ADDETTI

anno

Tab. 7 - Fonte INAIL Si può rilevare che l’indice di incidenza, se paragonato a quello medio di tutte le attività (che

rappresenta sia il settore industriale che quello del commercio e dei servizi - vedi tab. 7), è

significativamente più elevato, addirittura il doppio. Si può ancora rilevare la marcatissima

differenza tra le imprese con meno di 10 addetti e le altre imprese rispetto all’indice di incidenza

che è nettamente più basso nelle “microimprese”. E’ una differenza che non si rileva negli indici di

incidenza che riguardano “tutte le attività” che non presentano sostanziali differenze nelle diverse

categorie di addetti (vedi tab. 7). È verosimile che, almeno in parte, il fenomeno sia legato a un

omissione di denuncia di una quota di infortuni, in particolare quelli con prognosi più bassa. Per

quanto riguarda il fenomeno infortunistico in Lombardia nelle tabelle 8 – 9 – 10 - 11 sono riportati

una serie di dati che caratterizzano questo fenomeno: il numero di infortuni tra 2000 e 2008 oscilla

tra 3.700 e 4.000 con una prevalenza per le donne (53% del totale) che però non corrisponde alle

differenze tra occupati maschi e occupati femmine, essendo quest’ultime nettamente

maggioritarie (il 77% secondo il dato europeo). Sicuramente una componente di rilievo sta nel tipo

di attività di pulizia che vengono affidate a lavoratori maschi, più impegnative e più pericolose. Il

giorno della settimana con più infortuni è il lunedì (circa il 20% del totale). Per quanto riguarda l’ora

solare se dividiamo la giornata in una parte che va dalle 8:00 alle 17:00, una che va dalle 18:00

alle 22:00 e una che va dalle 22:00 alle 7:00 otteniamo una percentuale di infortuni rispettivamente

del 71,5%, del 16,9% e del 11,6%: si tratta di un puro dato descrittivo mancando quello degli addetti

nelle rispettive fasce orarie che permetterebbe qualche ragionamento in più. Per quanto riguarda

le classi di età degli infortunati il dato 2008 vede il 33,8% nella classe di età 30 - 40, il 31% nella classe

di età 41 - 50, il 13,2% nella classe di età 51 - 60, l’1,2% oltre il 60 anni: anche qui mancando gli

addetti per classi di età non sono possibili considerazioni particolari: si può peraltro segnalare un

progressivo calo degli infortuni nelle classi di età 18 - 29 e 30 - 40 cui fa riscontro un tendenziale

aumento nelle classi di età 41 - 50 e 51 - 60: la differenza col dato tedesco è però estremamente

marcata.

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INFORTUNI PER SESSO – LOMBARDIA

Sesso 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleF 1826 1900 1954 2014 1926 2098 2075 2214 2182 18189

M 1925 1762 1766 1909 1786 1690 1763 1810 1689 16100

Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289

Tab. 8 - Fonte INAIL INFORTUNI PER GIORNO DELLA SETTIMANA – LOMBARDIA

GiornoSettimana 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleLunedì 718 725 698 754 732 707 732 778 764 6608

Martedì 674 627 616 680 628 642 666 747 669 5949

Mercoledì 652 618 652 696 669 651 648 680 662 5928

Giovedì 644 616 638 725 642 676 693 727 643 6004

Venerdì 601 632 639 602 617 651 642 621 652 5657

Sabato 339 333 361 336 302 330 304 341 329 2975

Domenica 123 111 116 130 122 131 153 130 152 1168

Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289

Tab. 9 - Fonte INAIL INFORTUNI PER CLASSE DI ETA’ – LOMBARDIA

Classi Età 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 33 18 11 2 1 2 1 4 0 72

da 15 a 17 14 7 3 6 5 4 3 10 7 59

da 18 a 29 1186 946 873 911 820 783 707 737 638 7601

da 30 a 40 1376 1327 1392 1537 1430 1535 1460 1425 1312 12794

da 41 a 50 728 884 914 946 934 954 1064 1200 1202 8826

da 51 a 60 374 440 484 475 471 463 564 603 648 4522

da 61 a 65 36 34 41 40 46 40 28 31 58 354

Oltre 65 4 6 2 6 4 7 11 12 6 58

Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289

Tab. 10 - Fonte INAIL

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INFORTUNI PER ORA SOLARE – LOMBARDIA

Ora Solare 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 55 74 213 215 214 302 364 445 551 2433

1 23 21 23 21 32 29 20 32 33 234

2 21 12 23 22 19 20 16 11 15 159

3 19 16 18 8 15 13 15 23 21 148

4 13 15 14 16 15 10 21 23 15 142

5 33 34 46 38 52 39 39 49 40 370

6 95 82 105 112 114 144 125 101 115 993

7 142 153 169 186 169 189 177 174 182 1541

8 262 276 252 280 293 276 302 294 268 2503

9 325 335 301 332 283 287 265 277 284 2689

10 449 446 370 418 397 372 347 353 321 3473

11 307 294 324 348 304 292 283 285 281 2718

12 231 252 208 266 194 225 222 259 217 2074

13 193 186 183 175 175 176 175 205 157 1625

14 223 214 194 226 196 216 207 215 190 1881

15 216 220 206 220 231 186 216 189 188 1872

16 257 204 232 219 214 216 221 235 204 2002

17 216 211 229 222 215 219 225 238 193 1968

18 200 175 193 191 176 166 183 170 182 1636

19 146 146 140 132 144 135 126 146 139 1254

20 120 130 120 115 121 100 117 129 108 1060

21 93 68 70 81 76 85 77 81 83 714

22 57 55 43 41 38 38 45 53 40 410

23 41 28 32 28 18 42 38 30 36 293

24 14 15 12 11 7 11 12 7 8 97

Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289

Tab. 11 - Fonte INAIL

INFORTUNI PER ESITO – LOMBARDIA

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008morte 5 4 1 2 1 6 7 5 0

inab. perm. 87 63 67 113 124 123 134 134 101

inab. temp. 3241 3084 2924 3114 2946 3006 3055 3095 2956

ind. inc 96,7 80,3 73,7 70,1 61,2 61,1 58,4 56,5 50,1

Tab. 12 - Fonte INAIL

Page 16: DOCUMENTO ATTIVITA’ 2010 · utilizzando la check-list Ocra hanno dimostrato un rischio significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori; anche l’attività di spinta

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La percentuale degli infortuni permanenti sul totale è, per il 2006, del 3,5% mentre nel 2001 era del

2,3%: si tratta come si vede di dati sostanzialmente in linea con quelli nazionali (tab. 6). Gli infortuni

mortali nel periodo 2000 - 2008 sono stati complessivamente 31 con un andamento molto

oscillante: nel 2008 non si è riscontrato in Lombardia alcun caso di infortunio mortale (Tab. 12). Per

Milano i dati sono riportati in Tab. 13 – 14 – 15 - 16: negli ultimi anni gli infortuni si assestano attorno ai

1000 con una leggera prevalenza negli uomini (52%), anche in questo caso molto più bassa se

raffrontata con il dato relativo all’occupazione femminile nel settore. Anche qui gli infortuni sono

più numerosi il lunedì; per quanto riguarda le classi di età degli infortunati il dato del 2008 vede il

32% nella classe di età 30 - 40, il 30,5% nella classe di età 41 - 50, il 20,5% nella classe di età 51 - 60, il

2,2% oltre i 60 anni: anche qui registriamo un tendenziale aumento degli infortuni nelle classi di età

più avanzate, più marcato rispetto al dato regionale.

INFORTUNI PER SESSO – MILANO

Sesso 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleF 489 501 507 491 468 474 506 552 549 4537

M 600 672 610 550 481 491 490 488 489 4871

Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408

Tab. 13 - Fonte INAIL INFORTUNI PER GIORNO DELLA SETTIMANA – MILANO

Giorno Settimana 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleLunedì 206 234 193 192 177 192 194 205 204 1797

Martedì 177 203 186 175 171 166 176 201 179 1634

Mercoledì 180 191 193 183 166 162 157 166 170 1568

Giovedì 181 183 188 190 184 160 188 187 169 1630

Venerdì 197 184 193 165 143 162 163 155 183 1545

Sabato 91 125 112 90 69 91 73 94 84 829

Domenica 57 53 52 46 39 32 45 32 49 405

Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408

Tab. 14 - Fonte INAIL INFORTUNI PER CLASSE DI ETA’ - MILANO

Classi Età 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 20 5 5 1 0 0 0 0 0 31

da 15 a 17 4 0 1 1 0 0 0 1 1 8

da 18 a 29 297 241 206 186 182 161 147 140 148 1708

da 30 a 40 388 422 394 398 366 391 359 335 336 3389

da 41 a 50 226 316 316 274 248 265 301 361 317 2624

da 51 a 60 142 167 177 166 139 133 180 187 213 1504

da 61 a 65 10 18 16 12 12 13 6 11 20 118

Oltre 65 2 4 2 3 2 2 3 5 3 26

Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408

Tab. 15 - Fonte INAIL

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16

INFORTUNI PER ORA SOLARE – MILANO

Ora Solare 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 29 21 51 50 65 58 74 120 126 594

1 10 10 11 4 8 10 7 7 9 76

2 6 6 10 14 13 9 9 6 5 78

3 7 11 11 2 3 3 6 8 10 61

4 2 5 8 5 9 3 7 5 4 48

5 7 7 11 9 10 11 12 20 10 97

6 23 22 26 27 26 26 36 19 33 238

7 31 44 48 50 47 67 47 34 49 417

8 70 75 71 75 78 68 81 81 61 660

9 98 119 89 95 74 86 81 81 68 791

10 134 148 120 129 96 89 98 81 100 995

11 87 99 127 111 77 70 83 76 89 819

12 64 77 56 68 49 63 55 65 61 558

13 69 62 73 43 51 52 44 58 49 501

14 65 85 54 57 61 61 61 67 53 564

15 67 81 61 71 60 50 62 43 55 550

16 77 58 64 51 45 51 54 52 60 512

17 44 54 52 49 45 55 35 48 41 423

18 56 51 45 38 37 34 37 45 39 382

19 38 37 40 34 28 36 31 34 35 313

20 44 44 39 25 32 24 31 33 33 305

21 32 24 19 17 22 16 20 22 23 195

22 13 17 13 10 9 12 9 22 11 116

23 11 11 13 5 3 10 9 10 13 85

24 5 5 5 2 1 1 7 3 1 30

Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408

Tab. 16 - Fonte INAIL

INFORTUNI PER ESITO – MILANO

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008morte 1 2 0 0 0 1 0 1 0

inab. perm. 19 14 10 17 23 33 28 37 24

inab. temp. 917 982 846 818 752 758 780 777 770

ind. Inc. 74,1 70,9 62,5 55,8 48,6 47,7 46,3 43,8 39,6

Tab. 17 - Fonte INAIL

La percentuale degli infortuni permanenti sul totale è, per il 2008, il 2,3% mentre nel 2000 era lo

1,7%. Gli infortuni mortali nel periodo 2000 - 2008 sono stati 5 (tab. 17). Per comprendere meglio la

natura e le dinamiche degli infortuni nel settore abbiamo analizzato 18.692 infortuni provenienti dai

“flussi informativi INAIL”, avvenuti nel settore pulizie in Lombardia tra il 2000 e il 2008. Nello schema

seguente sono rappresentate le percentuali di incidenza delle diverse tipologie di infortuni espresse

dalle voci: “forma – deviazione – contatto – attività fisica” così come previsto dal sistema ESAW. Il

progetto ESAW (European Statitstics on Accidents at Work) nasce nel 1990 con lo scopo di

uniformare il metodo di raccolta dei dati relativi agli infortuni sul lavoro in tutti i paesi dell’unione

europea così che, anche se le legislazioni nazionali sugli infortuni sul lavoro presentano

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caratteristiche diverse, sia possibile per l’Eurostat analizzare i dati di ciascun paese ed elaborare

statistiche confrontabili tra loro. Le variabili previste sono otto e vanno dal tipo di luogo al tipo di

lavoro svolto ma ognuna di esse presenta almeno tre livelli di ulteriore descrizione dell’evento

traumatico. È poi presente una voce “deviazione” che specifica come si è verificato l’infortunio e

una voce “contatto” che descrive l’elemento che ha provocato la lesione. In Italia il metodo ESAW

è operativo dal 2002 in fase sperimentale e dal 2006 in fase operativa.

INFORTUNI IMPRESE DI PULIZIA – LOMBARDIA (2000 – 2008)

Forma % Deviazione % Contatto % Attività Fisica %

urtato da

schiacciato da26,00%

perdita di controllo

attrezzatura/utensile16,10%

attrezzi

apparecchiature10,60%

lavorare con

utensili a mano o

motorizzati

12,30%

scivolando

inciampando20,20%

scivolando

inciampando19,50%

superficie di lavoro

e transito22,50%

movimenti scoordinati

torsione rotazione

girandosi sollevando

spostando

21,80%

spingendo tirando 1,50%

ha inalato 5,60%

traboccamento

vaporizzazione

aerosol

3,10% liquidi vapori schizzi 2,70%

si è punto con

punto da5,00%

caduta

dall'alto4,80% caduta dall'alto 5,70% scale passerelle 8,70%

sollevando

spostando

facendo sforzi

11,40%

Tab. 18 - Fonte INAIL

Il luogo dove è avvenuto l’infortunio può essere di qualche interesse: nel 17,7% dei casi si tratta di

“luoghi di produzione, officine, laboratori”, 10,8% in luoghi destinati a “magazzinaggio”, 13,8% in

“Uffici”, 1,5% “Ristoranti Alberghi”. Infine la natura e la sede della lesione: le contusioni sono il 40,3%

delle lesioni, le distorsioni sono il 25,6%, le ferite il 15%, le fratture il 9,7% mentre lesioni acute da

sforzo sono lo 0,7%; la sede della lesione è la colonna vertebrale nel 15,7% dei casi, arti superiori nel

31,5% dei casi, arti inferiori nel 27,4% dei casi, le spalle sono coinvolte nel 5,5%.

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18

Cadute da scale portatiliCadute da scale portatiliCadute da scale portatiliCadute da scale portatili

Nelle imprese di pulizia il dato preso dai flussi informativi INAIL oscilla tra un 4,8% (forma) e un 8,7%

(contatto); nel campione che deriva dal registro infortuni che lavorano in uffici, alberghi, aziende

(521 infortuni) gli infortuni da scale portatili sono il 7,1% del totale mentre nel campione che deriva

dal registro infortuni delle ditte che lavorano in ospedali (591 infortuni) il dato è decisamente più

basso (3,2%). La differenza è dovuta al fatto che la pulizia dei vetri non è svolta da queste aziende

per cui l’utilizzo di scale portatili è molto ridotto. Prestiamo particolare

attenzione agli infortuni da scale portatili poiché si tratta di infortuni

spesso gravi e talvolta mortali. Negli ultimi tre anni (giugno 2007 –

giugno 2010) la UOPSAL 1 della ASL di Milano ha svolto accertamenti su

251 segnalazioni di infortuni da caduta da scale portatili: il settore più

rappresentato è quello dell’edilizia con il 39% del totale seguito dalle

imprese di pulizia (29%) mentre il 18% degli infortunati stava svolgendo

interventi su impianti elettrici. Nell’analizzare questi infortuni due aspetti

sembrano di particolare interesse: il primo è determinato come si è

detto dalla gravità di questi infortuni. Non sono possibili raffronti statistici

data l’estemporaneità del campione esaminato ma ci sono alcuni

indicatori particolarmente evidenti quali gli infortuni mortali (tre) e gli infortuni con prognosi

superiore a 40 giorni che sono il 76% del totale. L’altro aspetto di interesse è che solo in un quarto

dei casi (25,1%) sono state riscontrate irregolarità o nelle caratteristiche delle scale o nelle modalità

del loro utilizzo (tipicamente situazioni di instabilità senza l’assistenza di un’altra persona). In realtà

la grande maggioranza degli infortuni avviene perché le scale portatili vengono utilizzate come

luoghi di lavoro, dove i lavoratori svolgono attività impegnando le due mani, spesso spostando o

sollevando pesi e spesso assumendo posture che facilitano lo sbilanciamento. In sostanza la

maggioranza degli infortuni avviene per perdita di equilibrio con un fattore aggravante spesso

presente che è la difficoltà o l’impossibilità di proteggersi dalla caduta con le mani impegnate

nell’attività lavorativa.

Per quanto riguarda i tre casi mortali in un caso il lavoratore è caduto da una scala doppia in

alluminio mentre cercava di sfilare con entrambe le mani un cavo che faceva resistenza (caduta

all’indietro da circa 2,5 m. con trauma cranico ed ematoma cerebrale); in un secondo caso il

lavoratore stava smantellando una parete divisoria a circa 2 m. su una scala doppia in legno, ha

perso l’equilibrio ed è caduto all’indietro (sfondamento della calotta cranica), nel terzo caso il

lavoratore è caduto all’indietro da una a scala a pioli in legno con i piedi a circa 1,80 m. da terra

(frattura base cranica). Se si osserva il tipo di lesioni riportate nell’infortunio si rileva ovviamente la

prevalenza di fratture dell’arto superiore (32,1%) ma nel 27,8% dei casi le lesioni riguardano gli arti

inferiori; nel 19,5 % dei casi c’è una diagnosi di trauma cranico, nel 12,4% frattura dei corpi

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vertebrali. Gli infortuni che riguardano le imprese di pulizia sono naturalmente legati alle pulizie in

quota, tipicamente le pulizie dei vetri, delle tapparelle, degli androni: si tratta di attività che

comportano l’utilizzo delle due mani, movimenti degli arti che facilitano lo sbandamento e la

perdita di equilibrio, pesi da sollevare (secchio). Nel nostro campione gli infortuni che riguardano le

imprese di pulizia sono 72 e riproducono sostanzialmente i fenomeni che sono stati descritti

precedentemente. L’infortunio mortale che abbiamo già descritto è legato a un lavoro di pulizia di

un soffitto con sbilanciamento della scala a pioli: la tipologia di lesione e la gravità riproducono

quanto già visto. Il problema, come si è detto, sta nell’utilizzo di scale portatili come posti di lavoro.

Il problema è presente anche al legislatore che ha cercato di limitarlo con l’articolo 111 del D.L.vo

9 aprile 2008 n°81 che al comma 3 prevede che “Il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata

una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di

lavoro considerate più sicure non è giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve

durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare”. Resta

peraltro il problema di decidere quando si può parlare di “limitato livello di rischio” e si può definire

“breve” la durata di impiego della scala: allo stato attuale l’articolo è ampiamente disatteso e il

lavoro su scale a pioli viene svolto senza alcun tipo di valutazione da parte del datore di lavoro.

IIIInfortuni a rischio biologiconfortuni a rischio biologiconfortuni a rischio biologiconfortuni a rischio biologico

Il problema degli infortuni da taglienti in ambito sanitario è un problema ancora ben presente: nel

luglio 2009 HOSPEEM (European Hospital and Heathcare Employers Association) e EPSU (European

Public Service Union) hanno firmato un “accordo in materia di prevenzione degli infortuni originati

da oggetti taglienti all’interno dell’ospedale e nel settore sanitario” che viene applicato a “tutti i

lavoratori all’interno di ospedali e nel settore sanitario”, sia addetti a servizi (compresi i servizi di

pulizia) che a “specifiche attività sanitarie”. A seguito di tale accordo, nel marzo 2010, il Consiglio

dell’Unione Europea ha emanato una direttiva (7023

(Presse49)) che obbliga gli stati membri a introdurre nella

propria legislazione norme atte ad implementare le

procedure di sicurezza relative all’utilizzo e allo smaltimento

di attrezzature mediche che possono provocare ferite entro

il termine di tre anni dalla data di sottoscrizione della stessa.

Accanto agli operatori sanitari sono quindi presi in

considerazione altri lavoratori a rischio: in uno studio

riguardante 24 ospedali tedeschi tra il 30 ottobre 2003 e il 21 ottobre 2008 sono stati registrati gli

infortuni da punture d’ago o da taglienti con sangue o liquidi biologici: sono stati registrati 2.452

casi di cui 71 (il 3% del totale) hanno riguardato gli addetti alle pulizie. Nella nostra indagine nelle

imprese di pulizia in 12 ospedali milanesi la percentuale di infortuni da ago o taglienti è il 17,6% su

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un totale di 591 infortuni avvenuti tra il 2005 e il 2010. Tale dato è sostanzialmente sovrapponibile a

quello ricavabile dai questionari somministrati dove il 16% degli intervistati dichiara di aver avuto

almeno un infortunio da puntura di ago. Alla domanda “a chi si rivolge in caso di infortunio da

puntura “ il 33% risponde “al responsabile”, il 28% “al pronto soccorso”, il 18% non sa a chi rivolgersi,

il 16% si rivolge “al capo servizio” e poi “capo area” (3%), direzione sanitaria, rappresentante dei

lavoratori per la sicurezza, medico di base. La percentuale di infortuni da ago o taglienti negli

ospedali risulta invece significativamente più elevata del dato che emerge dall’analisi del registro

infortuni di 21 aziende medio-piccole operanti sempre nel settore delle pulizie ma in ambito non

sanitario (4,5%). Negli ospedali si registrano poi alcuni infortuni (0,7%) da contatto con liquidi

biologici. Nello studio compiuto su 18.962 infortuni estratti dai “flussi informativi INAIL”, avvenuti tra il

2000 e il 2008 nelle imprese di pulizia si constata che la forma “si è punto con” rappresenta il 5% del

totale. Che il problema non sia esclusivo degli ospedali o degli ambiti sanitari lo dimostra uno studio

condotto dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano in 20 alberghi milanesi dove sono stati presi in

considerazione 401 infortuni avvenuti tra il 2003 e il 2008 nel personale addetto alle pulizie: il 6,2%

degli infortuni era da punture d’ago o da taglienti, in larga prevalenza siringhe buttate nel cestino

della spazzatura ma anche lamette e forbicine.

Infortuni da rischio chimicoInfortuni da rischio chimicoInfortuni da rischio chimicoInfortuni da rischio chimico

I lavoratori delle pulizie usano molti tipi di prodotti per rendere più agevole la rimozione della

polvere e dello sporco piuttosto che per disinfettare superfici. L’esposizione dipende dal tipo di

prodotti usati e dalle condizioni con cui sono usati: frequenza e modalità di utilizzo, l’efficienza del

ricambio d’aria durante e dopo la pulizia, l’uso di misure protettive condizionano la dose di

esposizione e quindi l’effetto. Talvolta è l’uso scorretto

dei prodotti che può accrescere il rischio per i lavoratori,

come ad esempio l’utilizzo in quantità eccessiva, la

miscelazione incongrua di differenti prodotti,

inappropriati metodi di pulizia. In linea di massima

l’esposizione a sostanze chimiche in attività di pulizie è

causa di affezioni croniche sia dell’apparato respiratorio

che, in misura maggiore, della cute. Come si può rilevare

dalla tabella 19 ci sono però una serie di sostanze ad

azione irritativa o corrosiva che possono determinare

eventi acuti quindi veri e propri infortuni. Una situazione

tipica di rischio è data dalla miscelazione di prodotti diversi: la situazione più pericolosa è quella in

cui si miscela ipoclorito di sodio con acido fosforico (pulizia del wc) o con acido cloridrico

(decalcificante) perché si sviluppano vapori di cloro asfissianti. Meno frequente è la miscela di

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ipoclorito di sodio con sali di ammonio utilizzata per lavare i pavimenti con lo straccio. Tale miscela,

peraltro è preparata perlopiù senza conoscere la proporzione corretta tra candeggina e sali di

ammonio, può portare anch’essa alla liberazione di vapori di cloro o cloramine con possibili effetti

acuti a carico dell’apparato respiratorio.

Rischi chimici nei lavoratori addetti alle pulizie

Esempi di sostanze chimiche presenti nei prodotti di pulizia

Prodotti che contengono queste sostanze

Possibili effetti sulla salute

Azione corrosiva

Bruciore della pelle, dermatiti, in caso di contatto con gli occhi riduzione della vista o cecità (es. acido cloridrico)

Acidi (solforico, acetico, citrico, cloridrico, fosforico)

Pulizia di Servizi Igienici

Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose; problemi respiratori, possibile asma

Agenti Alcalini (e.g. idrossido d’ammonio,idrossido di sodio, silicati, carbonati)

Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose

Ipoclorito di sodio, aldeidi, composti di ammonio quaternario

disinfettanti Sensibilizzazione, irritazione delle mucose

Solventi (es. toluene alcoli, etere di glicoli come 2-butossietanolo)

Detergenti per pavimenti, prodotti per la pulizia sgrassanti, disinfettanti, detergenti, cere

Irritanti per la pelle e per le vie respiratorie, neurotossici, agenti tossici per la riproduzione

Sali di acidi grassi, organici solfonati

Detergenti, saponi Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose;

formaldeide

Usato come agente di conservazione o disinfettante nei detergenti per pavimenti, cere, detergenti, ecc.

Soprattutto reazioni allergiche, sensibilizzazioni

Agenti complessanti, es. EDTA, acido nitrilotriacetico (NTA)

Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose;

Prodotti coprenti, lucidanti(cera, polimeri acrilici, polietilene)

Prodotti per il trattamento delle superfici

Azione sensibilizzante

etanolamina

Prodotti anticorrosione, tensioattivi presenti nei prodotti per i pavimenti, prodotti per la pulizia di vetri e del bagno

Sensibilizzazione della pelle, irritazione delle vie respiratorie alte e basse asma-lavoro correlata

Tab. 19 – Fonte EU-OSHA L’esame degli infortuni analizzati attraverso i flussi informativi INAIL (vedi tab. 18) permette di rilevare

che questo tipo di infortuni non è così infrequente: si va da un 2,7% se ci si riferisce al “contatto”

“liquidi, vapori, schizzi” a un 3,1% se si fa riferimento alla voce “deviazione” (traboccamento,

vaporizzazione, aerosol), fino a un 5,6% con la forma “ha inalato” (in termini assoluti sono un

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migliaio gli infortuni tra il 2000 e il 2008). Qualche ulteriore elemento di giudizio ci viene dall’esame

del registro degli infortuni negli altri due gruppi di aziende: nel gruppo di aziende che operano in

ospedale 14 infortuni (2,4%) di cui 4 ustioni, 9 cheratocongiuntiviti, 1 broncopatia irritativa da

inalazione; nell’altro gruppo 17 infortuni (3,3%) di cui 12 danni oculari e 5 ustioni.

Scivolare, inciampare, cadereScivolare, inciampare, cadereScivolare, inciampare, cadereScivolare, inciampare, cadere

L’infortunio più frequente nel settore delle pulizie è la caduta in piano dovuta in generale all’essere

scivolati o all’aver inciampato contro un ostacolo. Peraltro è lo stesso processo di pulizia che può

creare rischio di scivolamento, inciampo, caduta, come ad esempio la pulizia con straccio

bagnato che crea superfici scivolose. Anche se i pavimenti hanno buone caratteristiche

antiscivolo la presenza di sporcizia annulla questa caratteristica: in caso di pavimenti lisci la

presenza di sporcizia infatti crea una specie di film sul pavimento

e qualsiasi tipo di calzatura non è più in grado di evitare lo

scivolamento. Nel campione di infortuni ottenuto attraverso i

flussi informativi INAIL la voce “forma” è costituita per il 20,2% da

“scivolando, inciampando”, dato confermato dalla voce

“deviazione” (scivolando, inciampando 19,5%) e

sostanzialmente coerente con la voce “agente materiale”

costituita da “superficie di lavoro e transito” che costituisce il

22,5% del totale. L’esame degli infortuni presenti nei registri

infortuni delle imprese di pulizia oggetto di indagine evidenzia

che la percentuale di questo tipo di infortuni è elevata (26,4%

nelle imprese che lavorano in ospedale, 26,1% nelle altre) e

permette di ricostruire una serie di cause descritte: pavimento scivoloso, pavimento di per se non

scivoloso ma sporco o bagnato, scarsa aderenza della suola delle scarpe (DPI non adeguato),

ostacoli inaspettati (mobili bassi, bidoni della spazzatura, fili delle attrezzature utilizzate per le pulizie,

agglomerato di fili dispersi sul pavimento.

Rischio da movimentazione manuale dei carichiRischio da movimentazione manuale dei carichiRischio da movimentazione manuale dei carichiRischio da movimentazione manuale dei carichi

L’esame degli infortuni contenuti nel campione ottenuto attraverso i flussi informativi INAIL mette in

evidenza la presenza di infortuni legati alla movimentazione manuale dei carichi associata a

posture incongrue: la forma “sollevando, spostando, facendo sforzo” rappresenta l’11,4% ma

analizzando la voce deviazione si passa al 21,8% rappresentato da “movimenti scoordinati,

torsione, rotazione, girandosi, sollevando, spostando” cui si aggiunge un 1,5% di “spingendo,

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tirando”. L’attività di pulizia comporta diversi atteggiamenti posturali che si alternano con elevata

frequenza: studi finlandesi hanno calcolato che il 36 - 56% del tempo lavorativo viene passato con

la schiena flessa anteriormente o inarcata, mentre il 24 - 43% del tempo con entrambe le braccia a

livello delle spalle o più in alto. Per un altro 14% viene assunta la posizione accovacciata (De Vito e

al. 2000). Sono valutazioni sostanzialmente confermate da altri studi (Bohile 2004 – Kimer 2006)

secondo i quali la percentuale di ore di lavoro passate piegati in avanti e/o con torsioni del tronco

varia dal 36 al 50% mentre dal 3 al 14% del tempo lavorativo

è svolto in posizione accovacciata. Durante la pulizia con lo

straccio la schiena dei lavoratori è piegata in avanti con un

angolo di circa 28° rispetto alla normale posizione verticale e

le spalle sono piegate in avanti a 50°. Un altro aspetto che

va considerato è quello del sollevamento/trasporto di pesi:

va peraltro sottolineato che allo sforzo statico e dinamico si

accompagna l’elevata frequenza di movimenti ripetitivi

delle braccia che costituiscono un elemento di rischio

aggiuntivo. Uno studio effettuato dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano utilizzando le check-list

O.C.R.A. sui camerieri di albergo addetti alle pulizie ha dimostrato l’esistenza di un rischio

significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori. Frequenti sono pure le attività di spinta di

carrelli: lo studio citato, applicando il metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo legato

alla spinta del carrello. In uno studio di Molteni e al. (2000) è stata registrata la forza in gioco

durante la spinta di un carrello per la sanificazione lungo un corridoio caratterizzato da pendenze

non superiori ai 4°: la movimentazione del carrello a pieno carico di liquidi risulta ai limiti proposti

per il 90% della popolazione normale. Gli autori ritengono peraltro, in considerazione della riduzione

della capacità lavorativa delle lavoratrici anziane, che sia opportuna una applicazione dei limiti

suggeriti da Snook-Ciriello ridotti del 10 - 20%. Un discorso a parte meritano le macchine utilizzate

che possono, in taluni casi, richiedere l’applicazione di elevata forza. Uno studio di Woods (1999)

evidenzia che molti problemi che riguardano gli addetti alle pulizie sono dovuti all’utilizzo e al

trasporto di macchine per pulizia (aspirapolvere, lucidatrici) inadatte per dimensioni e forma

rispetto alle necessità. Questo può costringere a posture incongrue con necessità di torsioni e/o

piegamenti. Nel caso di macchine con cattiva manutenzione (es. lucidatrici) la maggior parte dei

lavoratori riferisce la necessità di un significativo sforzo muscolare quando la macchina si muove

perché bisogna compensare con la forza fisica le difficoltà di controllo. Gli infortuni descritti nei

registri infortuni presi in visione, nel confermare una significativa prevalenza di questi infortuni (14,6%

nelle aziende che operano in ospedale, 15,8% nelle altre), permettono di comprendere meglio le

dinamiche: sollevare sacchi pesanti, spingere o tirare parti di arredi, tavoli, armadi per pulire,

sollevare secchi pieni d’acqua, chinarsi per sollevare il secchio dal pavimento al lavandino,

lucidatrici pesanti da spostare, contraccolpi da avviamento di macchine.

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InInInInfortuni da urto, schiacciamentofortuni da urto, schiacciamentofortuni da urto, schiacciamentofortuni da urto, schiacciamento

Nel campione ricavato dai flussi informativi Inail la “forma” più frequente di infortunio è “urtato da”

che rappresenta il 26% del totale; la voce “attività fisica” ”lavorare con utensili a mano motorizzati”

il 12,3% del totale, la voce “agente materiale” comprendente “attrezzi, apparecchiature” il 10,6%

mentre la “deviazione” “perdita di controllo attrezzatura – utensile” rappresenta il 16,9% del totale.

Anche in questo caso il dato emerso dall’analisi dei registri infortuni analizzati concorda con quello

dei flussi informativi INAIL riportando una percentuale di infortuni da “urto, schiacciamento” del

25,2% negli ospedali e del 24,1% negli altri settori. L’analisi dei registri ha inoltre confermato che gli

infortuni da “urto, schiacciamento” sono per una parte consistente legati alle attrezzature ma

anche agli spazi ridotti in cui, spesso, ci si trova ad operare.

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DISCUSSIONE

Il primo elemento che emerge dai dati presentati riguarda l’entità del fenomeno infortunistico nelle

imprese di pulizia, entità che si può sicuramente definire assai rilevante. In termini assoluti si tratta

(anno 2006) di poco più di 23.000 infortuni con un andamento in crescita (erano poco meno di

21.000 nel 2000 – vedi tab. 6): l’indicatore però al quale fare riferimento è l’indice di incidenza

definito come il rapporto tra numero di infortuni indennizzati e numero di addetti INAIL per mille. Si

può osservare che questo indice è in calo (98.9 nel 2000, 78,9 nel 2003, 77,8 nel 2006 – vedi tab. 6)

ma soprattutto che è nettamente più elevato (più del doppio) dell’indice di incidenza calcolato

sulla media di tutte le attività (34,52 nel 2006 – vedi tab. 7). Più significativo un confronto con altri

settori con un fenomeno infortunistico più importante come i trasporti (43,04) o le costruzioni (56,42).

Un altro dato che emerge con evidenza è l’estrema divaricazione tra indice di incidenza nelle

microimprese (quelle con meno di 10 addetti) e quello delle piccole e ancor più delle medie e

grandi imprese: nel 2006 si passa da 43,6 a 81,7 a 91,8 a 103,3 e in generale l’indice di incidenza è

dimezzato nelle microimprese rispetto alle altre. E’ un fenomeno che non è presente nei dati relativi

alle medie di tutte le attività e che è di notevole rilievo se si considera che le microimprese sono il

91,2% del totale e occupano il 30,1% degli addetti. Un spiegazione certa non è facile da darsi,

atteso che le microimprese non svolgono certamente attività di pulizia con minor rischio di

infortunio. È verosimile che una delle cause sia rappresentata da una mancata denuncia di una

quota di infortuni, in particolare quelli lievi, con prognosi basse. Certo è che se si prende la

percentuale di infortuni permanenti sul totale usandola come, seppur grossolano, indicatore di

gravità verifichiamo per il 2006 una percentuale del 4,4% totale: nelle microimprese questa

quantità sale significativamente (6,1%). Si verifica un andamento inverso a quello dell’indice di

incidenza: qui si passa da una percentuale di infortuni “permanenti” del 6,1% nelle microimprese al

5,2% nelle piccole, 3,7% nelle medie e 3,3% nelle grandi imprese. Esaminando i dati della

Lombardia si osserva un numero assoluto di infortuni che oscilla tra 3.700 e 4.000 all’anno: se si

osserva però l’indice di incidenza si rileva un netto, progressivo calo dal 2000 in poi fino a portare

questo indice nel 2008 a 50,1% (vedi tab. 12), nettamente più basso quindi del dato nazionale. Per

quanto riguarda la gravità degli infortuni, sempre utilizzando la percentuale di infortuni permanenti,

si osserva una percentuale per il 2008 del 2,6% (senza infortuni mortali) mentre era del 2,3% nel 2000

(ma con 5 infortuni mortali), del 2,9% nel 2003, 3,5% nel 2006 (con 6 infortuni mortali – vedi tab. 12). I

dati regionali comprendono la divisione per sessi: è importante rilevare che la leggera prevalenza

di infortuni nelle donne (il 53% prendendo il totale tra il 2000 e il 2008) non corrisponde al rapporto

tra occupati maschi e occupati femmine, essendo queste ultime in netta maggioranza (77%

secondo il dato europeo); dato che è espressione della maggiore pericolosità delle mansioni che

vengono affidate ai maschi. La divisione degli infortuni per classi di età (tab. 10) si presta a una

valutazione limitata dalla mancanza della classificazione per classi di età degli addetti: possiamo

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certamente rilevare il significativo numero di infortuni nelle classi di età 51 – 60 mentre il numero di

infortuni dopo i 60 anni è molto limitato. Anche se in lieve crescita niente di paragonabile coi dati

tedeschi dove le classi di età 50 - 59 e > 60 vedono concentrati il maggior numero di infortuni e la

quasi totalità di quelli permanenti. Entrando nel merito delle dinamiche degli infortuni, l’analisi di

18.962 infortuni provenienti dai “flussi informativi INAIL”, avvenuti tra il 2000 e il 2008 nelle imprese di

pulizia della Lombardia e l’analisi del registro degli infortuni di imprese di pulizia che operano negli

ospedali e delle imprese di pulizie che operano in altri settori ha permesso di mettere a fuoco con

sufficiente chiarezza le situazioni tipiche di rischio infortunistico nel settore. Le abbiamo suddivise in

caduta da scale portatili, infortuni a rischio biologico, infortuni da rischio chimico, scivolare,

inciampare, cadere, rischio da movimentazione manuale dei carichi, infortuni da urto,

schiacciamento e abbiamo descritto con sufficiente precisione le diverse condizioni che

determinano il rischio da infortuni. Va detto che nella maggioranza dei documenti di valutazione

dei rischi che abbiamo analizzato, queste situazioni tipiche di rischio infortunistico sono, in modo più

o meno approfondito, descritte ma senza alcun collegamento con le realtà lavorative alle quali si

riferiscono. Sono documenti di valutazione del rischio che in linea di massima non sono quello che

dovrebbero essere e cioè “strumento operativo di pianificazione degli interventi di prevenzione”4:

significativo in questo senso che in nessun documento di valutazione del rischio si trovi un analisi del

fenomeno infortunistico in azienda, senza la quale mancano i presupposti per i conseguenti

interventi preventivi. Tornando alla tipologia di infortuni che caratterizza il settore imprese di pulizie,

abbiamo sottolineato che la caduta da scale portatili rappresenta un tipo di infortunio frequente

ma soprattutto caratterizzato da una particolare gravità. Anche in questo caso occorre riferirsi alla

necessità di una corretta valutazione del rischio, anzi alla necessità che sia fatta dal datore di

lavoro quella valutazione prevista dal già ricordato comma 3 dell’articolo 111 del D.L.vo 81/08

secondo il quale: “il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata una scala a pioli quale posto di

lavoro in quota solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non sia

giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle

caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare”: quindi il datore di lavoro dovrebbe

valutare se, dato il limitato livello di rischio e la breve durata dell’impiego, è giustificato l’utilizzo

della scala a pioli quale posto di lavoro in quota: solo se ha proceduto a questa valutazione potrà

assegnare un lavoro in quota a un dipendente che utilizza una scala a pioli. In realtà, anche

prendendo a pretesto la genericità della disposizione “limitato livello di rischio” e “breve durata di

impiego” (ma sono due concetti che si possono prestare a una ragionevole interpretazione)

l’utilizzo di scale a pioli per lavori in quota è pressoché indiscriminato: per gli addetti alle imprese di

pulizie si tratta di pulizia dei vetri, delle tapparelle, degli androni, allungando le due mani, con

movimenti di sfregamento che facilitano lo sbandamento delle scale e la perdita di equilibrio,

sollevando pesi (secchi). Viene spesso obiettato che non è possibile usare un trabattello per lavori

4 art. 28 Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n° 81

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in quota come i lavori di pulizia che hanno una durata limitata (ma livello di rischio elevato

abbiamo visto). Va peraltro fatto rilevare che il comma 1 del già citato art. 111 del D.L.vo 81/08

dice che “il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti

in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo

scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro

sicure….” il che significa che devono essere scelte scale idonee in relazione all’utilizzo specifico

quali ad esempio scale “a castello”, magari richiudibili per facilitarne il trasporto, dotate di

corrimano e vaschetta porta oggetti, scale apribili “a doppia rampa” idonee all’utilizzo anche su

terreni non livellati, fino a prevedere anche, ad esempio, l’utilizzo di scale “semplici” dotate di

corrimani e ganci di trattenuta che possono essere facilmente fissate ad appositi ancoraggi

predisposti sulle strutture da pulire.

Alcune considerazioni si possono fare anche per gli infortuni a rischio biologico che, come

abbiamo visto, riguardano non solo gli addetti alle pulizie negli ambienti sanitari ma anche gli

addetti alle pulizie negli altri settori: anche in questo caso non sembra esserci consapevolezza del

problema, che richiederebbe un’attenta revisione del DUVRI dato che l’infortunio da punture

d’ago o taglienti o contatto rappresenta la più tipica delle interferenze tra due attività lavorative

che coesistono: ci si punge con aghi o taglienti che sono stati utilizzati da personale sanitario, ci si

sporca di sangue pulendo superfici contaminate da personale sanitario (molto spesso abbiamo

visto svolgere funzioni che il DUVRI attribuisce sulla carta al personale sanitario dagli addetti alle

pulizie). È un problema certo di procedure corrette e di formazione ma è anche un problema

affrontabile sostituendo ad esempio gli aghi tradizionali con aghi di sicurezza che consentano in

sostanza un “reincappucciamento” dell’ago in tutta sicurezza in modo da evitare punture anche

nel caso in cui l’ago non fosse correttamente smaltito. Per inciso l’obbligo di vaccinazione previsto

dall’art. 279 del D.L.vo 81/08, “il datore di lavoro, ….. mette a disposizione vaccini efficaci ….. da

somministrare a cura del medico competente” va evidentemente esteso agli addetti alle pulizie

che devono essere necessariamente vaccinati prima di essere addetti alla mansione. Ci sembra di

dover sottolineare un altro aspetto che emerge dai questionari somministrati agli operatori durante

i sopralluoghi negli ospedali e che riguarda i comportamenti in caso di infortunio da ago: la

frammentazione delle risposte e il significativo numero di lavoratori che non sanno cosa fare dà

l’idea di procedure che non sono sufficientemente conosciute. Per quanto riguarda gli infortuni a

rischio biologico negli alberghi un utile riferimento è contenuto nella comunicazione del Servizio

PSAL della ASL di Milano del 6 agosto 2007 avente come oggetto “Alberghi, smaltimento siringhe

nelle camere ai piani” per il quale:” il datore di lavoro dovrà valutare nel documento di

valutazione dei rischi anche la possibile esposizione dei lavoratori al rischio biologico, dovuto

all’eventuale contatto con siringhe usate o altri dispositivi medici potenzialmente infetti. Gli obblighi

di legge prevedono, pertanto, la predisposizione di misure di sicurezza quali:

1. procedure di lavoro sicure per la gestione dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo;

2. impiego di dispositivi di sicurezza adeguati;

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3. informazioni rivolte sia ai lavoratori che ai clienti degli alberghi.

Le procedure di lavoro indicheranno le modalità con le quali dovranno essere raccolti e smaltiti i

rifiuti potenzialmente pericolosi. Sarà cura del datore di lavoro informare e formare gli addetti alle

pulizie delle camere sulle precauzioni particolari da acquisire in funzione della prevenzione di

infezioni (quindi non toccare aghi, siringhe o altro materiale pericoloso a mani nude; manipolare i

sacchetti dei rifiuti tenendoli lontano dal corpo ed evitando la loro chiusura per pressione). Il

datore di lavoro, inoltre, formerà i lavoratori circa le modalità di gestione dei dispositivi di sicurezza

(chiusura e trasporto del contenitore rigido per l’eliminazione di aghi e altri oggetti taglianti). Tali

rifiuti sono da considerarsi pericolosi, di conseguenza sarà necessario predisporre una procedura di

allontanamento e smaltimento diversa da quella effettuata per il comune rifiuto urbano.

L’informazione dovrà essere attuata anche ai clienti degli alberghi affiggendo in ogni camera un

regolamento (procedura) sull’eliminazione degli aghi, o alti oggetti taglienti (lamette, forbicine,

siringhe), tramite l’utilizzo dei presidi predisposti in ogni camera. Tenendo in considerazione che non

tutti i cittadini tendono ad osservare le comuni regole di vita sociale anche in materia di igiene e

sicurezza, il datore di lavoro dovrà fornire i lavoratori addetti di apposite “pinze” per la presa del

materiale tagliente e pericoloso qualora fosse depositato fuori dagli appositi contenitori. Si rende

infine necessario ricordare che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre misure di intervento

immediato in caso di esposizione accidentale. Tali misure prevedono l’elaborazione di procedure

operative che i lavoratori sono tenuti a conoscere alle quali devono attenersi scrupolosamente in

casi di infortunio a rischio biologico”.

Anche per quanto riguarda gli infortuni da rischio chimico va prima di tutto ribadito, sulla base dei

dati che abbiamo prima citato, che si tratta di infortuni che hanno una frequenza non trascurabile,

dovuti spesso a una incongrua miscelazione di prodotti diversi, effettuata da personale che non

conosce le proporzioni corrette da utilizzare e non lavora in sicurezza. In termini preventivi si tratta

sicuramente di formare correttamente il personale sia sulle procedure operative sia sull’utilizzo di

DPI ma anche di ridurre al minimo il numero dei lavoratori che potrebbero essere esposti, così

come indicato dall’art. 224 comma 1lettera c) del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n° 81: questo

significa che le miscelazioni dei prodotti devono essere effettuate da una persona formata ed

adeguatamente protetta così che i lavoratori utilizzino miscele già preparate.

Le ultime tre tipologie di infortuni “scivolare, inciampare, cadere”, “movimentazione manuale dei

carichi” e “urto o schiacciamento” richiedono una valutazione specifica degli ambienti dove si

opera, delle operazioni che si svolgono, delle attrezzature che si utilizzano: i provvedimenti

preventivi potranno riguardare l’utilizzo di DPI adeguati (ad esempio scarpe antiscivolo), di natura

tecnica (manutenzione attrezzature) ed organizzativi (per quanto riguarda ad esempio la

movimentazione manuale dei carichi).

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Vengono descritti ed analizzati, sulla base di quanto riportato in letteratura, i principali rischi

lavorativi del settore delle imprese di pulizia, con la sola esclusione del rischio infortunistico, oggetto

di una trattazione separata dal presente elaborato.

Occorre precisare che con il termine “rischio” qui si include la descrizione di una serie di

comportamenti pericolosi o un’esposizione a sostanze o situazioni possibilmente dannose per la

salute e non esclusivamente la mera probabilità che un’esposizione si evidenzi in patologia.

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SECONDO CAPITOLO

RISCHIO CHIMICORISCHIO CHIMICORISCHIO CHIMICORISCHIO CHIMICO I lavoratori delle pulizie usano molti tipi di prodotti per rendere più agevole la rimozione della

polvere e dello sporco piuttosto che per disinfettare superfici. L’esposizione dipende dal tipo di

prodotti usati e dalle condizioni con cui sono usati: frequenza e modalità di utilizzo, l’efficienza del

ricambio d’aria durante e dopo la pulizia, l’uso di misure protettive

condizionano la dose di esposizione e quindi l’effetto. Talvolta è l’uso

scorretto dei prodotti che può accrescere il rischio per i lavoratori, come

ad esempio l’utilizzo in quantità eccessiva, la miscelazione incongrua di

differenti prodotti, inappropriati metodi di pulizia. Inoltre, quando le

pulizie vengono effettuate in orari non lavorativi (molto prima o molto

dopo l’orario di lavoro) la ventilazione, il ricambio dell’aria o il sistema di

condizionamento possono essere non funzionanti, così da aumentare l’esposizione a sostanze

chimiche.

Talvolta la stessa sporcizia che il lavoratore rimuove usando determinati prodotti può essere causa

di rischio chimico o anche biologico. Il processo di pulizia può essere considerato una reazione

chimica che determina, in relazione al materiale (polvere o materiale grassoso), la dissoluzione di

depositi di sali minerali o inorganici, con la formazione di una complessa miscela di prodotti di

reazione con l’acqua, di miscele di sporco o polvere alle quali i lavoratori possono essere esposti.

Quindi se si vuole mettere in evidenza il rischio chimico al quale sono esposti i lavoratori delle

pulizie, oltre alle sostanze chimiche presenti nei prodotti per la pulizia va considerata l’esposizione a

sostanze chimiche presenti in polvere, sporco, particelle che vengono rimosse dalle superfici che

devono essere pulite.

L’esame degli infortuni analizzati attraverso i flussi informativi INAIL permette di rilevare che questo

tipo di infortuni non è così infrequente: si va da un 2,7% se ci si riferisce al

“contatto” “liquidi, vapori, schizzi” a un 3,1% se si fa riferimento alla voce

“deviazione” (traboccamento, vaporizzazione, aerosol), fino a un 5,6%

con la forma “ha inalato” (in termini assoluti sono un migliaio gli infortuni

tra il 2000 e il 2008). Qualche ulteriore elemento di giudizio ci viene

dall’esame del registro degli infortuni negli altri due gruppi di aziende: nel

gruppo di aziende che operano in ospedale 14 infortuni (2,4%) di cui 4

ustioni, 9 cheratocongiuntiviti, 1 broncopatia irritativa da inalazione; nell’altro gruppo 17 infortuni

(3,3%) di cui 12 danni oculari e 5 ustioni.

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Esposizione a sostanze chimiche generate nei processi di puliziaEsposizione a sostanze chimiche generate nei processi di puliziaEsposizione a sostanze chimiche generate nei processi di puliziaEsposizione a sostanze chimiche generate nei processi di pulizia

Durante le pulizie può essere sollevata polvere che si disperde nell’aria talvolta in concentrazioni

significative. È stato dimostrato che, spolverando a secco, particelle di polvere si disperdono

nell’aria assai rapidamente mentre l’uso di uno spray pulente diminuisce drasticamente il

fenomeno.

Le proprietà tossicologiche della polvere sono

influenzate dai componenti biologicamente o

chimicamente attivi che la polvere può contenere.

Questi componenti attivi possono entrare nel corpo

umano per diverse vie come il contatto cutaneo di

particelle sospese che si depositano sulla cute,

l’assorbimento attraverso le congiuntive, l’inalazione,

con il deposito a livello alveolare nel sistema linfatico,

la deglutizione. Ognuno dei componenti chimici o biologici della polvere può rappresentare un

diverso rischio per la salute che può essere condizionato anche dall’una o l’altra via d’esposizione.

In uno studio danese (Molhouse 2000) sono stati analizzati circa 11 kg di polvere “aspirapolverata”

in sette uffici con una superficie complessiva di 12.751 m2 e 1047 occupanti. Oltre ai microrganismi

di cui poi tratteremo, sono state riscontrate concentrazioni di composti organici volatili (VOC) a

livelli tra 176 e 319 mg/g, con una prevalenza di aldeidi e ftalati (dibutilftalato DBP e 2-etilesilftalato

DEHP). La polvere può contenere diversi tipi di particolato come detriti umani, carta, microrganismi

(batteri, virus, muffe), composti volatili organici e composti non volatili come surfattanti, quarzo,

minerali, metalli. Alcuni studi indicano la presenza di circa 200 VOC, inclusa formaldeide e pesticidi.

Esposizione a sostanze chimiche presenti nei proEsposizione a sostanze chimiche presenti nei proEsposizione a sostanze chimiche presenti nei proEsposizione a sostanze chimiche presenti nei prodotti per puliziedotti per puliziedotti per puliziedotti per pulizie

I prodotti per pulizia più usati sono di solito una miscela di differenti sostanze chimiche con uno o

più principi attivi a seconda della funzione del prodotto, additivi, acqua. I surfattanti sono

considerati i componenti più attivi dei prodotti per pulizia e responsabili di una serie di disturbi della

cute riportati dai lavoratori. Altre sostanze attive possono essere acidi o basi, aldeidi, solventi.

Composti con acidi come l’HCl sono presenti ad esempio in prodotti usati per pulire il water, con

rischi legati all’azione corrosiva per occhi e pelle. Quelli per pulire forni, griglie contengono basi forti

e sono anch’essi corrosivi. La formaldeide è usata in molti prodotti di pulizia come disinfettante:

uno studio francese del 2005 evidenza che il 54.4% dei prodotti di pulizia ad uso domestico

contiene formaldeide. La concentrazione di formaldeide in questi prodotti è in genere inferiore

all’1% (di solito 0.2-0.3%). Per alcuni tipi di pulizia (water, stanza da bagno) la formaldeide viene

usata come disinfettante con concentrazioni molto variabili comprese tra l’ 1% e il 40%. Nei prodotti

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più recenti si nota una certa tendenza a diminuire la concentrazione di formaldeide o sostituirla

con altri composti: peraltro parecchi di questi composti usati come detergenti liberano

formaldeide come sottoprodotto.

In uno studio condotto attraverso 28 misure di concentrazione di formaldeide nell’aria, effettuate

durante lavori di pulizia in vari contesti, è stata evidenziata una concentrazione media di 1.65

mg/m3 che rappresenta un’esposizione molto significativa (0.5 mg/m3 è l’occupational exposure

limit OEL). Altra esposizione riguarda i VOC che possono essere liberati dai prodotti di pulizia: uno

studio condotto in una camera climatizzata dopo le pulizie avvenute in condizioni normali, ha

evidenziato circa 100 VOC nell’aria della camera.

La concentrazione di VOC misurata era appena al di sotto

degli OEL delle sostanze il cui OEL è noto. Per quanto

riguarda gli additivi i più comuni sono fragranze e profumi

che servono a profumare e togliere cattivi odori.

Molte di queste sostanze sono allergizzanti. Inoltre molte

fragranze possono reagire con altre presenti nell’aria e

formare prodotti secondari. Per esempio i terpeni

(idrocarburi prodotti dalle piante, soprattutto conifere),

contenuti in alcune fragranze, possono reagire

rapidamente con componenti nell’aria indoor come l’ozono generando inquinanti secondari

come la formaldeide o radicali idrossilici che sono molto reattivi con sostanze organiche portando

alla formazione di altri composti. Prodotti enfatizzati come “naturali” o “verdi” hanno in realtà una

maggiore presenza di terpeni come alfa pirene, limonene e delta-carene. Una ricerca del NIOSH

dimostra che, quando combinato con l’ozono, l’alfa terpinolo, che è uno dei componenti comuni

che danno l’odore di pino ai prodotti, trasforma alcuni composti organici ossidati in gas e la

reazione crea nuovi prodotti potenzialmente pericolosi, sensibilizzanti e irritanti, che potrebbero

essere responsabili dell’aumento di asma lavoro correlata che è stato osservato.

Più in generale i composti organici insaturi presenti nei prodotti di pulizia hanno la capacità di

reagire con ossidanti come ipoclorito, ozono e ossidi nitrosi producendo inquinanti secondari: molti

di questi prodotti non sono evidenziabili con i metodi attuali.

Un problema significativo è quello legato alla miscela di prodotti non compatibili: la più segnalata

è quella tra ipoclorito di sodio e acidi (ad es. acido fosforico per pulire il WC o acido cloridrico per

decalcificare) con rilascio di cloro. La miscela di ipoclorito di sodio con ammoniaca provoca

rilascio di cloramine, fortemente irritanti per le vie aeree.Un fattore aggravante per il rischio

chimico è la mancanza di informazione relativa ai prodotti per le pulizie, al loro corretto utilizzo, alle

modalità con cui si miscelano in sicurezza e alla possibilità di sostituire prodotti pericolosi con quelli

che presentano meno rischi.

L’etichetta e la scheda di sicurezza sono spesso non prese in considerazione e spesso non di facile

interpretazione. Peraltro molti componenti che sono presenti nelle soluzioni pronte all’uso non sono

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riportati nella scheda di sicurezza perché l’obbligo riguarda solo i componenti presenti in

concentrazione superiore all’1%. Sarebbe invece importante considerare la composizione delle

soluzioni pronte all’uso per una corretta valutazione del rischio, con particolare riguardo ai

sensibilizzanti dato che la sensibilizzazione può avvenire anche per piccole concentrazioni.

ESEMPI DI SOSTANZE CHIMICHE

PRESENTI NEI PRODOTTI DI PULIZIA

PRODOTTI CHE CONTENGONO

QUESTE SOSTANZE POSSIBILI EFFETTI SULLA SALUTE

Acidi (solforico, acetico,

citrico, cloridrico, fosforico)

Prodotti per la pulizia di Servizi

Igienici

Azione corrosiva

Bruciore della pelle, dermatiti, in caso di

contatto con gli occhi riduzione della vista o

cecità (es. acido cloridrico)

Irritazione della pelle, degli occhi e delle

mucose; problemi respiratori, possibile asma

Agenti Alcalini (e.g. idrossido

d’ammonio, idrossido di

sodio, silicati, carbonati)

Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle

mucose

Ipoclorito di sodio, composti

di ammonio quaternario Disinfettanti Irritazione delle mucose

Solventi (es. toluene alcoli,

etere di glicoli come 2-

butossietanolo)

Detergenti per pavimenti,

prodotti per la pulizia

sgrassanti, disinfettanti,

detergenti, cere

Irritanti per la pelle e per le vie respiratorie,

neurotossici, agenti tossici per la riproduzione

Sali di acidi grassi, organici

solfonati Detergenti, saponi

Irritazione della pelle, degli occhi e delle

mucose;

Formaldeide

Usato come agente di

conservazione o disinfettante

nei detergenti per pavimenti,

cere, detergenti, ecc.

Soprattutto reazioni allergiche, sensibilizzazioni

Agenti complessanti, es.

EDTA, acido nitrilotriacetico

(NTA)

Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle

mucose;

Prodotti coprenti, lucidanti

(cera, polimeri acrilici,

polietilene)

Prodotti per il trattamento

delle superfici Azione sensibilizzante

Etanolammina

Prodotti anticorrosione,

tensioattivi presenti nei

prodotti per i pavimenti,

prodotti per la pulizia di vetri e

del bagno

Sensibilizzazione della pelle, irritazione delle vie

respiratorie alte e basse asma-lavoro correlata

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RISCHIO RISCHIO RISCHIO RISCHIO BIOLOGICOBIOLOGICOBIOLOGICOBIOLOGICO

Il personale addetto alle pulizie può essere esposto a differenti tipi di agenti biologici come

microrganismi, batteri, virus e muffe e ai loro prodotti come secrezioni fungine ed endotossine

batteriche presenti in particolare nella polvere e nelle dispersioni di aerosol durante le fasi di pulizia

o nell’uso dell’aspirapolvere.

Le modalità di esposizione agli agenti biologici sono inalazione,

assorbimento cutaneo e ingestione accidentale.

L’esposizione a muffe o a spore si verifica soprattutto nello svuotare

l’aspirapolvere e nel pulire i filtri e può essere causa di manifestazioni

allergiche e patologie irritative a naso, occhi, gola.

L’esposizione a virus (epatite A) e batteri (E. coli) può avvenire per

trasmissione oro-fecale a causa di mani sporche o attraverso i

guanti da lavoro contaminati e portati alla bocca. Uno studio di

Krőger (1993) riporta due articoli pubblicati nel 1993 che evidenzia un’alta prevalenza di epatite A

negli addetti alle pulizie all’interno di ospedali e in una scuola dell’infanzia.

Uno studio su un focolaio gastroenterico in una casa di cura ha mostrato un incremento del rischio

da infezioni a Norovirus nel personale che esegue le pulizie (rr = 2.8) simile a quello dei lavoratori

che offrono assistenza sanitaria con un elevato contatto con i residenti.

Le infezioni da Salmonella e Campobacter possono avvenire attraverso il contatto diretto con

animali infetti o loro escrezioni, soprattutto nella pulizia delle aree riservate agli animali.

Pulendo il selciato di piazze i lavoratori possono venire a contatto con piume di piccioni o loro

escrementi che li portano al rischio di contaminazione con batteri che potrebbero portare

differenti malattie (Psittacosi, Salmonella).

L’inalazione è un’altra possibile via di esposizione a virus e a batteri

durante la pulizia, per il possibile formarsi di bioaerosol. Per esempio

la legionella, batterio presente in concentrazioni basse nel suolo e

nell’acqua, può entrare nelle vie aeree attraverso l’inalazione di

goccioline contenenti il batterio.

Facendo le pulizie con idropulitrici si possono originare vapori che

possono essere inalati.

La legionella è in grado di moltiplicarsi nell’acqua ad una temperatura compresa tra i 20° e i 50° C.

Coloro che effettuano pulizie possono essere anche esposti ad agenti biologici per via

parenterale.

Gli addetti alle pulizie maggiormente a rischio sono gli operatori negli ospedali, nelle case di cura,

nelle cliniche, nei laboratori; i fattori di rischio biologico più pericolosi per la salute dei lavoratori

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sono i virus ematici come l’epatite C (HCV) e B (HBV) e il virus da immunodeficienza (HIV) sia HIV-1

che HIV-2.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato HCV, HBV e HIV-1 come

cancerogeni per l’uomo (gruppo 1) e HIV-2 come possibili cancerogeno (gruppo 2B).

La contaminazione da patogeni ematici può avvenire quando sangue o liquidi infetti entrano

nell’organismo attraverso ferite cutanee, attraverso le mucose o direttamente nel sangue ad

esempio se ci si punge con un ago infetto.

Il 17 Luglio 2009, HOSPEM (European Hospital and Healthcare Emplorers Association) e EPSU

(European Public Service Union) hanno firmato un “accordo in materia di prevenzione degli

infortuni originati da effetti taglienti all’interno dell’ospedale e nel settore sanitario”, che viene

applicato a “tutti i lavoratori all’interno di ospedali e nel settore sanitario relativi ai servizi e alle

attività”.

Nel marzo 2010, il Consiglio dell’Unione Europea ha emanato una direttiva (7023 (Presse49)) che

obbliga gli stati membri a introdurre nella propria

legislazione norme atte ad implementare le

procedure di sicurezza relative all’utilizzo e allo

smaltimento di attrezzature mediche che possono

provocare ferite entro il termine di tre anni dalla data

di sottoscrizione della stessa.

Accanto agli operatori sanitari sono quindi presi in

considerazione altri lavoratori a rischio: in uno studio

riguardante 24 ospedali tedeschi tra il 30 ottobre 2003

e il 21 ottobre 2008 sono stati registrati gli infortuni da punture d’ago o da taglienti con sangue o

liquidi biologici: sono stati registrati 2.452 casi di cui 71 (il 3% del totale) hanno riguardato gli addetti

alle pulizie.

Nella nostra indagine nelle imprese di pulizia in 12 ospedali milanesi la percentuale di infortuni da

ago o taglienti è il 17,6% su un totale di 591 infortuni avvenuti tra il 2005 e il 2010.

Tale dato è sostanzialmente sovrapponibile a quello ricavabile dai questionari somministrati dove il

16% degli intervistati dichiara di aver avuto almeno un infortunio da puntura di ago.

Alla domanda “a chi si rivolge in caso di infortunio da puntura “ il 33% risponde “al responsabile”, il

28% “al pronto soccorso”, il 18% non sa a chi rivolgersi, il 16% si rivolge “al capo servizio” e poi

“capo area” (3%), direzione sanitaria, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, medico di

base. La percentuale di infortuni da ago o taglienti negli ospedali risulta invece significativamente

più elevata del dato che emerge dall’analisi del registro infortuni di 21 aziende medio-piccole

operanti sempre nel settore delle pulizie ma in ambito non sanitario (4,5%).

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Negli ospedali si registrano poi alcuni infortuni (0,7%) da contatto con liquidi biologici. Nello studio

compiuto su 18.962 infortuni estratti dai “flussi informativi INAIL”, avvenuti tra il 2000 e il 2008 nelle

imprese di pulizia si constata che la forma “si è punto con” rappresenta il 5% del totale.

Che il problema non sia esclusivo degli ospedali o degli ambiti sanitari lo dimostra uno studio

condotto dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano in 20 alberghi milanesi dove sono stati presi in

considerazione 401 infortuni avvenuti tra il 2003 e il 2008 nel personale addetto alle pulizie: il 6,2%

degli infortuni era da punture d’ago o da taglienti, in larga prevalenza siringhe buttate nel cestino

della spazzatura ma anche lamette e forbicine.

La tabella 5 che segue, riporta un elenco di agenti biologici, patologie possibili, lavoratori a rischio e misure preventive nel comparto delle imprese di pulizia. In linea teorica riguarda tutti i lavoratori del comparto pulizia, ma si tenga presente che evidenzia un quadro generale che tiene conto delle diverse condizioni sociali e sanitarie dei vari soggetti ricoverati.

TABELLA 5 “The occupational safety and health of cleaning workers” – european agency for safety and health at work, 2009

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RISCHIO ERGONOMICORISCHIO ERGONOMICORISCHIO ERGONOMICORISCHIO ERGONOMICO

Rischio ergonomico legato aRischio ergonomico legato aRischio ergonomico legato aRischio ergonomico legato alle attrezzature e alla conformazione degli lle attrezzature e alla conformazione degli lle attrezzature e alla conformazione degli lle attrezzature e alla conformazione degli

ambientiambientiambientiambienti

L’attività di pulizia comporta diversi atteggiamenti posturali che si alternano con elevata

frequenza: studi finlandesi hanno calcolato che il 36-56% del tempo lavorativo viene passato con

la schiena flessa anteriormente o inarcata, mentre il 24-43%

del tempo con entrambe le braccia a livello delle spalle o più

in alto. Per un altro 14% viene assunta la posizione

accovacciata (De Vito e al. 2000).

Sono valutazioni sostanzialmente confermate da altri studi

(Bohile 2004 – Kimer 2006) secondo i quali la proporzione di ore

di lavoro passate piegati in avanti e/o con torsioni del tronco

varia dal 36 al 50% e dal 3 al 14% del tempo lavorativo è svolto in posizione accovacciata.

Durante la pulizia con lo straccio la schiena dei lavoratori è piegata in avanti con un angolo di

circa 28° rispetto alla normale posizione verticale e le spalle sono piegate in avanti a 50°.

Un altro aspetto che va considerato è quello del sollevamento/trasporto di pesi: va peraltro

sottolineato che allo sforzo statico e dinamico si accompagna

l’elevata frequenza di movimenti ripetitivi delle braccia che

costituiscono un elemento di rischio aggiuntivo. Uno studio effettuato

utilizzando le check-list O.C.R.A. (Fontani e al. 2009) sui camerieri di

albergo addetti alle pulizie ha dimostrato l’esistenza di un rischio

significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori.

Frequenti sono pure le attività di spinta di carrelli: lo studio citato,

applicando il metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo

legato al traino del carrello. In uno studio di Molteni e al. (2000) è stata

registrata la forza in gioco durante la spinta di un carrello per la

sanificazione lungo un corridoio caratterizzato da pendenze non

superiori ai 4°: la movimentazione del carrello a pieno carico di liquidi

risulta ai limiti proposti per il 90% della popolazione normale.

Gli autori ritengono peraltro, in considerazione della riduzione della capacità lavorativa delle

lavoratrici anziane, che sia opportuna una applicazione dei limiti suggeriti da Snook-Ciriello ridotti

del 10-20%.

Secondo gli studi di Hopsu circa l’80% delle pulizie negli uffici, scuole ed istituti richiede lavoro

muscolare effettuato mediante l’uso di attrezzature, il 10% l’uso delle macchine, mentre la

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percentuale di operazioni relative alla pianificazione, preparazione ed organizzazione del lavoro si

aggira attorno al 10%.

Sia il carico lavorativo che la fatica dipendono enormemente dalle caratteristiche tecniche

dell’attrezzatura utilizzata manualmente.

Ad esempio nell’uso del “mocio” molto bagnato il movimento viene eseguito mediante un lungo

manico con attaccato, ad un’estremità, un attrezzo costituito da filamenti o listelle in tessuto: la

rimozione meccanica dello sporco dal pavimento così richiede l’uso di elevata forza muscolare a

causa della frizione da esercitare.

In letteratura è stato dimostrato, mediante misurazioni della frequenza cardiaca, della valutazione

delle posture e dello sforzo percepito, che l’utilizzo del “mocio” bagnato, del peso di circa 3 kg., è

in grado di determinare un eccessivo sovraccarico biomeccanico muscolo scheletrico.

Per queste ragioni sono preferibili i metodi “a secco” o “a semi-secco” (peso 1-2 kg.) mediante

l’eliminazione del liquido in eccesso attraverso gli appositi strizzatori.

Nelle attività di pulizia professionali, il 25-35% del tempo di lavoro viene impiegato usando

attrezzature dotate di manici lunghi.

Poiché le caratteristiche tecniche delle attrezzature influenzano il carico di lavoro, è importante

utilizzare manici aggiustabili al 5-95esimo percentile dell’altezza delle donne e degli uomini; il

disegno del manico deve permettere alla mano superiore di trasferire la forza direttamente.

Un discorso a parte meritano le macchine utilizzate che possono, in taluni casi, richiedere

l’applicazione di elevata forza. Uno studio di Woods (1999) evidenzia che molti problemi che

riguardano gli addetti alle pulizie sono dovuti all’utilizzo e al

trasporto di macchine per pulizia (aspirapolvere, lucidatrici)

inadatte per dimensioni e forma rispetto alle necessità.

Questo può costringere a posture incongrue con necessità di

torsioni e/o piegamenti. Ricerche di Woods e Buckly hanno

evidenziato che le attrezzature per pulire spesso non sono

adatte alle caratteristiche fisiche e alle capacità dei lavoratori

e alle condizioni nelle quali vengono utilizzate: eccesso di

materiali e macchine per una necessità limitata, lavoro in posti

angusti.

L’uso corretto delle attrezzature dipende non solo dalle loro caratteristiche (peso, forma) ma

anche:

• Se sono adatte rispetto alle caratteristiche degli utilizzatori (antropometriche, capacità

fisiche) e ad eventuali esigenze individuali.

• Se i compiti richiesti sono conformi alle attrezzature disponibili

• Dall’organizzazione del lavoro in termini di durata, frequenza di una specifica attività in uno

specifico ambito di lavoro.

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• Dalla interazione con altre attrezzature;

• Dall’addestramento e formazione.

Nel caso di macchine con cattiva manutenzione (es. lucidatrici) la maggior parte dei lavoratori

riferisce la necessità di un significativo sforzo muscolare quando la macchina si muove perché

bisogna compensare con la forza fisica le difficoltà di controllo.

Negli ultimi anni si sono sviluppate nuove tecniche e attrezzature di pulizia; nello studio di Woods e

Buckly si sostiene che, sebbene sul mercato siano ritrovabili sistemi di pulizia moderni più

ergonomici, le aziende non sempre acquistano migliori attrezzature per i propri dipendenti.

In generale il personale non è consultato nell’ acquisto di attrezzature e non c’è una valutazione

della loro idoneità ergonomica.

Un’attenzione alle caratteristiche delle attrezzature anche attraverso la consultazione dei lavoratori

nel loro acquisto, un migliore addestramento per l’utilizzo in sicurezza delle attrezzature stesse, un

piano di manutenzione adeguato,adeguate procedure per l’utilizzo, sono tutti provvedimenti utili.

Rischi ergonomiRischi ergonomiRischi ergonomiRischi ergonomici relativi alle diverse attivitàci relativi alle diverse attivitàci relativi alle diverse attivitàci relativi alle diverse attività

Attrezzature/Attività Rischi/Conseguenze

Movimento controllato del polso che richiede una forza elevata.

Questa combinazionedi movimento ripetitivo e forza elevata può

provocare disturbi a mano/polso

Sforzo statico elevato braccio e muscoli della schiena

Movimenti ripetitivi di gomito e polso provocano alterazioni

strutturali nella zona del tunnel carpaleLavare con straccio Si determina un carico cardiorespiratorio più elevato se

bagnato comparato a straccio secco o umidoMacchine per lavare Disturbi a mani (riportati dal 39% dei lavoratori), spalle (19%)

a disco singolo polsi (7%), rachide lombare (7%) e braccia (6%)

Le scope con manico corto causano maggiori disturbi di quelle

con manico lungo

La forza necessaria per usare una lucidatrice può essere molto

alta soprattutto se la macchina è difettosa o senza manutenzione

Un'impropria impugnatura, uno sbandamento mal controllato e uno

scarso addestramento possono provocare movimenti bruschi o

scosse dell'aspirapolvere che può colpire il lavoratore

Aspirapolvere

Fattori di rischio e possibili danni alla salute

Lavare con straccio

Scopa

Lucidatrice

TABELLA 6. Rischi possibili causati dalle attrezzature di lavoro utilizzate

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TABELLA 7. Rischi possibili causati dalle specifiche mansioni

Attività Fattori di Rischio Possibili Soluzioni

Distendere le braccia verso l'alto, Attrezzi ad impugnatura regolabile,

curvarsi, inginocchiarsi, accovacciarsi, strumenti per pulire più leggeri possibile

flettere i polsi, eseguiremovimenti ripetitivi, (es. stracci in microfibra)

sforzi per impugnare

Movimenti ripetitivi mano-braccio, forza per Attrezzi leggeri, magevoli, dotati di

impugnare, spingere e tirare, sollevare e impugnature regolabili e a bassi livelli

abbassare, flettere polsi e schiena, rumore di rumore(aumento stress e tensione muscolare)

Sollevare secchi, piegarsi, chinarsi per Attrezzi leggeri, regolabili, secchi dotati

sollevare il secchio dal livello del pavimento di ruote, disposizione più comoda di

a quello del lavandino, torsione del tronco, rubinetti e lavandini, miglioramento delle

sollevare e trascinare lo straccio bagnato, procedure e dell'organizzazione del lavoro

movimenti ripetitivi e pavimenti scivolosi

Posizione scomoda dovuta alle caratteristiche modelli di macchina più moderni, riduzione

morfologiche delle macchine, torsione del polso delle vibrazioni mediante accurate

alla partenza, trasmissione vibrazioni mano manutenzioni, procedure per segnalare

braccio, macchina pesante da spostare, difetti dopo l'utilizzo

pavimento scivoloso con rischio di caduta

Sollevare sacchi pesanti, spingere e tirare Sostituire i sacchi per la spazzatura con

bidoni con elevato sforzo altri più piccoli, bidoni più leggeri

Sollevare, trasportare, spingere e tirare parti Mobili più leggeri, uso di attrezzature

di arredi, tavoli e frigoriferi per pulire idonee per sollevare e spostare arredi

Lucidare

Smaltimento rifiuti

Spostare arredi

Lavorazioni, rischi e misure di prevenzione

Spolverare/Strofinare

Passare l'aspirapolvere

Lavare con straccio

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CARICHI DI LAVOROCARICHI DI LAVOROCARICHI DI LAVOROCARICHI DI LAVORO

I carichi di lavoro sono indubbiamente elevati. C’è stata un’intensificazione dei carichi dovuta alla

richiesta di aumentare produttività e flessibilità data l’alta concorrenza nel settore: quindi taglio dei

costi che significa fare lo stesso lavoro con meno lavoratori, intensificazione e prolungamento del

lavoro. Studi finlandesi (2009) riferiscono il 50 - 70% dei lavoratori accusa affaticamento da

eccessivo carico di lavoro. In uno studio sulle malattie muscolo scheletriche presso lavoratori della

Gran Bretagna (2006) il 56% dei lavoratori riferisce un elevato carico di lavoro e forte pressione sui

tempi, il 26% riferisce che fa molta fatica a svolgere il lavoro nel tempo assegnato, il 25% sostiene di

non avere mai avuto tempo sufficiente a svolgere il lavoro e il 51% dice che questo problema si è

manifestato alcune volte. La grande maggioranza dice di dover fare il lavoro velocemente (46%

spesso, 47% talvolta).In letteratura vengono riportati molti studi che hanno analizzato il carico

cardio-respiratorio nelle attività di pulizia. Nell’articolo “Invecchiamento e lavoro, effetti sanitari

nelle attività di pulizia” su “La Medicina del Lavoro” 2000 91-4, vengono sintetizzati i risultati di questi

studi svolti in industrie, uffici, scuole, ospedali o con simulazioni effettuate in laboratorio.

I parametri presi in considerazione sono il massimo consumo di ossigeno (VO2max) e la percentuale

di variazione della frequenza cardiaca (%FCV). Non andrebbero superati valori di 30-35% VO2max

durante lavori per 8 ore senza pause e valori di 50% VO2max in caso di pause.

La % FCV non deve superare il valore di 35-40% nelle 8 ore. Un valore di 40% FCV può essere

considerato una stima accettabile del 40% VO2max e i valori superiori a questo livello possono

essere considerati sforzo intenso. Per quanto riguarda gli studi citati i valori misurati indicano una

media di consumo di ossigeno stimata che si attesta intorno a 0,8-0,9 l/min. e con un range che va

da un minimo di 0,5 l/min. ad un massimo di 1,2 l/min. Il carico aerobico relativo ha fatto registrare

livelli oscillanti dal 33 al 63% VO2max. Questi dati indicano che per alcuni compiti si raggiungono

delle aree di relativo sovraccarico cardiorespiratorio. Per la Frequenza Cardiaca, i valori medi

oscillano tra 97 e 104 battiti/min. per turni di 8 o 4 ore. In alcuni compiti particolari, come il lavaggio

dei pavimenti con il “mocio” bagnato, la frequenza cardiaca media raggiunge valori di 130

battiti/min. E’ stato possibile reperire in letteratura dati riferiti specificatamente agli addetti alle

pulizie superiori a 45 anni. Torgen ha valutato le ausiliarie svedesi addette all’assistenza domiciliare;

sono stati rilevati valori medi di %FCV pari a 34 mentre la quota di tempo trascorsa a livelli di %FCV

superiori a 40 è stata del 18% ed il consumo medio di O2 è stato di 0,65 l/min., pari al 35% VO2max.

Valori più elevati vengono forniti dal lavoro danese di Sogaard che in laboratorio ha simulato l’uso

del “mocio” e dello straccio tradizionale, utilizzando un gruppo di professioniste con età

prevalentemente superiore a 45 anni.

La %VO2max. è risultata compresa tra il 50-55% e la %FCV tra il 45 ed il 50%. Louhevaara

confrontando gli stessi parametri negli addetti alle pulizie di scuole, uffici ed ospedali finlandesi

trovava circa il 40% VO2max. e circa il 38% FCV.

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RISCHIO FISICORISCHIO FISICORISCHIO FISICORISCHIO FISICO

VibrazioniVibrazioniVibrazioniVibrazioni

Le vibrazioni possono aggravare gli effetti delle altre sollecitazioni fisiche come posture incongrue,

trasporto di pesi rilevanti, movimenti ripetitivi.

C’è evidenza scientifica che l’utilizzo delle macchine per la pulizia come aspirapolveri, lucidatrici e

altre attrezzature che devono essere guidate manualmente, espongono i lavoratori delle pulizie a

vibrazioni mano-braccia che possono determinare problemi

muscolo scheletrici specie se combinate con uno sforzo

muscolare statico, o anche disturbi neurologici e vascolari fino ad

arrivare in un lungo periodo di tempo a una vera e propria

sindrome da vibrazioni mano-braccio. Possono manifestarsi sintomi

quali dolore urente, intorpidimento, iposensibilità, difficoltà del

movimento, dolore alle articolazioni delle mani e delle braccia

che possono essere accompagnati dal fenomeno di Reynaud.

Il livello di rischio dipende dalle caratteristiche delle macchine e

dal periodo di tempo in cui vengono utilizzate: in uno studio di Woods e Buckle le vibrazioni emesse

dalle macchine per pulizia sono spesso risultate effetto di cattive modalità d’uso e cattiva

manutenzione.

Una valutazione delle vibrazioni in tre nuove lucidatrici indica che anche se nuove le macchine

producono alti livelli di vibrazione al momento in cui la macchina inizia a funzionare (Woods e al.

2004).

RumoreRumoreRumoreRumore

In alcuni studi è stata esaminata l’esposizione dei lavoratori al rumore con riscontro di valori inferiori

ai limiti di azione di 85 dB(A) di esposizione quotidiana.

Cattive condizioni microclimaticheCattive condizioni microclimaticheCattive condizioni microclimaticheCattive condizioni microclimatiche

In alcuni ambienti caldi, come cucine dei ristoranti, bagni ecc. durante le pulizie si possono creare

condizioni in grado di provocare stress da calore. Il lavoro in ambienti caldi e umidi può provocare

rush da calore è dovuto al sudore non evaporato tra la cute e i vestiti.

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Sintomi possibili sono prurito, bruciore, eruzione di pomfi che possono interessare zone cutanee

circoscritte o tutto il corpo.

Se è coinvolta una larga parte del corpo, la produzione di sudore può creare una condizione di

impossibilità di continuare il lavoro.

Infatti un cattivo funzionamento del meccanismo di sudorazione può provocare effetti sistemici

conosciuti come sindrome da “Ritenzione del sudore”.

Campi elettromagneticiCampi elettromagneticiCampi elettromagneticiCampi elettromagnetici

La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) è un esame comune nella diagnostica medica.

L’esposizione a elevati livelli di campi elettromagnetici riguarda non solo lo staff medico, ma anche

gli addetti alle pulizie del locale.

Campi statici di intensità notevole sono infatti presenti anche

quando l’apparecchiatura della RMN non è in uso, per la

semplice presenza del magnete (EU-OSHA 2008).

RISCHIO PSICORISCHIO PSICORISCHIO PSICORISCHIO PSICO----SOCIALESOCIALESOCIALESOCIALE

Flessibilità del lavoroFlessibilità del lavoroFlessibilità del lavoroFlessibilità del lavoro

L’organizzazione del lavoro in un settore di forte concorrenza richiede alta flessibilità:

• Flessibilità a livello del tipo di rapporto di lavoro (contratti a tempo determinato, lavoro

interinale, ecc) in modo da rispondere rapidamente alle domande dei clienti.

• Flessibilità a livello di orari di lavoro (part-time, straordinario, rapida modifica dei turni di

lavoro, ecc).

• Flessibilità nei compiti da svolgere (multifunzionalità).

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Periodo di lavoroPeriodo di lavoroPeriodo di lavoroPeriodo di lavoro

I lavoratori delle pulizie lavorano per lo più in periodi diversi da quelli del normale tempo di lavoro.

Di giorno (6-9), di sera (18-21) o di notte, nei momenti in cui le attività degli uffici e delle aziende

sono chiuse. In un’indagine in 18 Paesi dell’Unione Europea effettuata nel 2003 appare che il 26%

delle attività di pulizia è svolto il mattino presto, il 43% nel tardo pomeriggio e la sera e il 25%

durante il giorno. Il lavoro di pulizia di notte non è molto diffuso nell’Unione Europea rimanendo

limitato a specifici posti di lavoro come le pulizie in locali industriali, ospedali, aeroporti.

Durata del lavoroDurata del lavoroDurata del lavoroDurata del lavoro

Il part-time rimane la più frequente forma di impiego: a livello europeo riguarda il 66% della forza

lavoro nel 2003 e il 70% nel 2006; la durata media di impiego è di 23 ore settimanali.

Molti lavoratori del settore svolgono più attività lavorando ad esempio in case private. Altri hanno

rapporti di lavoro con più aziende per cui spesso i lavoratori delle pulizie dedicano al lavoro 10 – 12

ore al giorno spostamenti compresi. I lunghi spostamenti spesso la mattina presto o la sera tardi o

durante i picchi di traffico sono un’ulteriore fonte di stress e fatica.

Altri rischiAltri rischiAltri rischiAltri rischi

L’insicurezza del posto di lavoro legata al tipo di contratto, spesso di cooperativa o a tempo

determinato o comunque atipico, la mancanza di chiarezza riguardo ai compiti e alle

responsabilità, i conflitti di ruolo, il lavoro isolato, lo scarso riconoscimento sociale rappresentano

senza dubbio altre importanti forme di rischio in questo particolare settore che, ovviamente,

possono concorrere ad accentuare disagi o comportamenti tali da rendere rischiosa l’attività

lavorativa.

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Qualche volta le cattive condizioni di lavoro possono riguardare anche i locali in cui i lavoratori

trascorrono il tempo libero durante l’attività, come mense, locali di ristoro, spogliatoi o uffici. Le foto

sopra mostrano alcune tra le situazioni di questi locali dove le condizioni microclimatiche sono

inficiate da correnti d’aria fastidiosa, temperatura al di sotto dei 15 gradi in inverno per la poca

tenuta degli infissi, la mancanza di dispositivi per l’oscuramento nei mesi estivi o lo sviluppo di muffe

al plafone e alle pareti.

Ovviamente tutto questo deve essere tenuto in considerazione nella valutazione da rischio stress e

fatica fisica.

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TERZO CAPITOLO

DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)

Diversi gruppi di fattori possono determinare MSD: fattori fisici e biomeccanici, fattori organizzativi e

psico-sociali, fattori individuali.

FATTORI FISICI E BIOMECCANICI:

• applicazione di forze: trascinare, lucidare, strofinare, usare lo straccio;

• movimenti ripetitivi e posture incongrue e statiche: quando le mani sono sopra le spalle o

quando si sta a lungo in piedi fermi o accovacciati;

• vibrazioni;

• freddo e caldo eccessivo;

• alti livelli di rumore che possono causare tensione muscolare.

FATTORI ORGANIZZATIVI E PSICO-SOCIALI:

• sollecitazioni al lavoro;

• scarso controllo sui compiti richiesti;

• bassi livelli di autonomia;

• basso livello di soddisfazione lavorativa;

• lavoro ripetitivo, monotono ed alti ritmi;

• scarsa collaborazione tra colleghi;

• scarso supporto dei supervisor.

FATTORI INDIVIDUALI:

• storia medica;

• capacità fisiche;

• età;

• obesità;

• fumo.

Nel capitolo “Rischio ergonomico” sono state descritte e analizzate le condizioni di rischio legate a

posture e sforzo fisico.

Altri fattori di rischio sono di carattere organizzativo. L’importanza dei fattori organizzativi è

sottolineata da uno studio svedese su due gruppi di lavoratori di pulizie in ospedale, uno con

un’organizzazione del lavoro “tradizionale” e un altro con organizzazione del lavoro “ diversa”.

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Nell’ospedale con organizzazione del lavoro tradizionale i lavoratori sono organizzati in gruppi di

lavoro di 20 con un supervisor che svolge compiti amministrativi (redige il piano di lavoro giornaliero

e definisce i turni).

I lavoratori operano tutti i giorni nella stessa area di lavoro. Nell’altro gruppo i lavoratori sono

organizzati in squadre di 6/8 persone: un lavoratore è stato designato capo di ogni squadra e ha

compiti specifici (ad esempio sostituire le assenze per ferie, malattie, ecc.), ma lavorando come gli

altri.

Lo studio evidenzia che gli addetti alle pulizie in ospedale hanno un’alta prevalenza di disturbi del

collo e degli arti superiori, ma i lavoratori del gruppo organizzato tradizionalmente hanno carichi di

lavoro più alti, condizioni psico-sociali peggiori e più MSD, in particolare un’alta prevalenza di

disturbi al collo e alle spalle.

Ci sono evidenze scientifiche per dire che la scadente organizzazione del lavoro associata a

sollecitazioni psico-sociali forti e ad elevata sollecitazione fisica contribuisce allo sviluppo di MSD.

Alti carichi di lavoro, necessità di lavorare sottopressione per la difficoltà di stare dentro i tempi, in

combinazione con un lavoro svolto per lungo tempo con le stesse modalità e caratterizzato da

posture incongrue e cattive condizioni ergonomiche, sono complessivamente il presupposto per

alte prevalenze di MSD.

Sebbene l’introduzione di innovazioni organizzative caratterizzate da maggiore flessibilità possa

ridurre i MSD, in realtà le attività di pulizia non hanno subito variazioni sufficienti a modificare le

condizioni fisiche così da prevenire MSD o altri problemi.

Uno studio tedesco su 109 addetti alle pulizie ( per lo più in scuole) evidenza che il 72% è affetto da

MSD e il 61% è stato in malattia per MSD. Una ricerca di Werigall (2006) dimostra che:

• 83% dei lavoratori ha avuto dolore al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 12 mesi;

• 66% ha avuto dolore/fastidio al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 7 giorni;

• la più alta prevalenza di disturbi muscolo-scheletrici negli ultimi 12 mesi è costituita da

lombalgie (48,5%), polso-mani (48%), spalle (39,5%).

• Woods (2006) ha studiato l’incidenza di parestesie, intorpidimento e dita bianche come

indicatore di sintomi da vibrazioni mano-braccio in 800 addetti alle pulizie.

• Il 34% riferisce parestesia intorpidimento, il 16% dita bianche.

• La combinazione di questi sintomi nello stesso individuo avviene nel 12% dei casi.

• Per quanto riguarda la lombalgia il 46% di 1216 lavoratori esaminati riferisce dolori nella

regione lombare negli ultimi 12 mesi e il 24% dolori negli ultimi 7 giorni.

• In uno studio portoghese la lombalgia era presente nel 67,5% dei 114 lavoratori esaminati

con un grado medio di fastidio 4.6 su scala da 1 a 6.

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• Per quanto riguarda il polso uno studio danese riporta che il 46% dei 1166 lavoratori

esaminati riferisce qualche tipo di problema.

• Una sindrome del tunnel carpale è stata diagnosticata nel 48,3% di lavoratrici (145) addette

alle pulizie in ospedale (Mordelli 2006).

• Uno studio italiano su 99 addette alle pulizie in ospedale dimostra una prevalenza di STC del

24% significativamente superiore a quella riscontrata nella popolazione generale femminile

non esposta (9,2%).

• Per quanto riguarda i problemi alle mani il 43% dei lavoratori esaminati in uno studio

svedese riferisce dolori o disturbi mentre in un altro studio portoghese il 35,1 %dei lavoratori

riferisce persistenti rischi alla mano destra e il 28,9% riferisce parestesie o intorpidimento della

mano e delle dita.

MALATTIE DELLA PELLEMALATTIE DELLA PELLEMALATTIE DELLA PELLEMALATTIE DELLA PELLE

Le malattie della pelle sono le più frequenti malattie lavoro correlate negli addetti alle pulizie.

Le cause possono essere:

• Esposizione cutanea alle sostanze chimiche presenti nei prodotti di pulizia;

• Lavoro umido per frequente contato con l’acqua;

• Contatto cutaneo con agenti biologici (batteri, miceti);

• Abrasioni meccaniche.

In più l’uso dei guanti non permette alla pelle di

traspirare, il che può causare macerazione o altre

alterazioni della pelle.

Nel periodo 1990-94 Dorsow ha esaminato 435 operai di

cui 417 donne. La diagnosi più frequente è stata

dermatite allergica da contatto (178 casi pari al 40,5%) e

dermatite irritativa da contatto (92 casi pari al 21%).

L’anzianità lavorativa non era collegata con la dermatite. Una review di Messine (2009)

confermache gli addetti alle pulizie hanno un’alta prevalenza di disturbi della pelle, in modo

particolare dermatite da eczema e che quelli che per più tempo hanno le mani bagnate hanno

più problemi degli altri.

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50

MALATTIE RESPIRATORIE E ASMAMALATTIE RESPIRATORIE E ASMAMALATTIE RESPIRATORIE E ASMAMALATTIE RESPIRATORIE E ASMA Una review condotta da Bello (2009) dimostra che l’incidenza di asma è cresciuta tra i lavoratori

delle pulizie negli ultimi dieci anni: molti studi epidemiologici lo confermano. Secondo European

Community Respiratory Health Survey le pulizie sono la quarta attività lavorativa con il più alto

rischio di asma dopo agricoltori, verniciatori, operai dell’industria plastica.

Uno studio su Lancet del 2007 dimostra che il rischio di sviluppare l’asma nei lavoratori di pulizia è

1,7 volte più alto delle altre occupazioni.

Uno studio finlandese dimostra che le lavoratrici di pulizie hanno un rischio relativo di asma 1,5 volte

maggiore del campione di controllo. L’esposizione ad alcune sostanze chimiche, a bioaerosol, al

lattice dei guanti, sono tutti fattori di rischio per l’asma.

Il rischio di asma differisce a seconda delle attività e dei locali dove si svolgono i lavori di pulizia ed

è più alto per le pulizie di cucine, lucidature mobili, uso di aspirapolvere e pulizia dei sanitari.

Questo si può spiegare con l’uso di spray e prodotti per pulire come clorina, sale di ammonio,

composti di ammonio quaternario ed etanolammine.

Uno studio pubblicato su Eur. Respir. 5 (Zock e al. 2002)

confronta le caratteristiche cliniche, immunologiche e

funzionali dell’asma in questi lavoratori in confronto ad altri

gruppi di lavoratori, uno di esposti ad agenti ad alto P.M., uno

di esposti ad agenti a basso P.M., uno di impiegati. E’ stata

studiata l’influenza di sesso, fumo, età, atopia: i diversi gruppi

sono stati confrontati per frequenza di sintomi respiratori,

iperattività bronchiale, sensibilizzazione, funzionalità respiratoria. Le caratteristiche dell’asma negli

addetti alle pulizie non differiscono sostanzialmente da quella dei lavoratori esposti a molecole a

basso P.M.: l’atopia non gioca un ruolo significativo. In uno studio pubblicato da Occup. Env. Med.

(Medina-Roman 2005) si sono trovate discrete concentrazioni di cloro (media 0.4 ppm.) e ammonio

(6.4 ppm.) durante le attività di pulizia domestica: uno studio caso-controllo ha dimostrato che

sintomi da asma bronchiale sono più frequenti rispetto ai controlli nel caso di esposizione anche

moderata all’ipoclorito di sodio. L’associazione è più accentuata per l’asma rispetto alla bronchite

cronica e non è legata alla sensibilizzazione ad allergeni. Sono associati anche inalazione

accidentale di gas e uso di strofinaccio. Casi di asma sono descritti in addetti alle pulizie

sensibilizzati ad amine quaternarie.

DISTDISTDISTDISTURBI PSICHICIURBI PSICHICIURBI PSICHICIURBI PSICHICI In uno studio norvegese su 374 donne addette alle pulizie il 17,5% ha riferito problemi psichici

(2006). Le lavoratrici domestiche, le addette alla lavanderia, le addette alle pulizie hanno 4,1

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probabilità di sviluppare schizofrenia (considerando fattori di confondimento come uso di alcol e

droghe.). I più alti rischi di problemi mentali si hanno nella fascia di età 50-59 anni e riguardano più

gli immigrati dei residenti.

Uno studio dell’istituto di sociologia di Bruxelles (2007) conferma che la condizione di immigrato è

un importante fattore di rischio per disturbi psichici nelle donne addette alle pulizie.

I problemi psichici possono essere associati a cattive relazioni con i capi e con i colleghi di lavoro.

Un ruolo importante gioca la qualità delle relazioni così come la qualità della collaborazione tra

lavoratori e supervisors.

Questo studio non evidenza relazioni tra disturbi psichici e orari di lavoro.

DISTURBI RIPRODUTTIVIDISTURBI RIPRODUTTIVIDISTURBI RIPRODUTTIVIDISTURBI RIPRODUTTIVI Una review condotta nel 1997 e basata su sei studi riguardanti la salute riproduttiva dei lavoratori

delle imprese di pulizia conclude evidenziando un

incremento del rischio di aborto spontaneo, parto

prematuro, basso peso alla nascita e rischio di ipertensione

durante la gravidanza.

Questi rischi sono collegati alla prolungata posizione eretta,

allo spostamento di pesi e all’aumento di pressione

addominale durante i piegamenti o quando ci si china.

TUMORITUMORITUMORITUMORI Un recente studio (Mc. Lean 2009) dimostra elevate frequenze di leucemia linfatica cronica negli

addetti alle pulizie.

Un incremento di rischio di leucemia era stato già evidenziato in uno studio caso-controllo

condotto negli Stati Uniti nel 2001 e in uno studio danese del 1996.

Uno studio pubblicato in Nuova Zelanda nel 2008 dimostra un rischio significamene più elevato di

linfoma non Hodcking.

Uno studio americano condotto tra il 1991 e il 1996 per studiare le cause del carcinoma a cellule

squamose dell’esofago trova una mortalità elevata negli addetti alle pulizie: lo studio conclude

che questo tipo di carcinoma è potenzialmente associato alla esposizione a solventi e detergenti

così come all’esposizione a silice.

Uno studio svedese pubblicato nel 2002 sulla relazione tra tumore allo stomaco e occupazione

evidenzia un eccesso di rischio nei lavoratori delle pulizie.

Va poi sottolineato che la valutazione relativa alla cancerogenicità delle sostanze chimiche ha

portato a considerare alcune sostanze presenti nei detergenti come cancerogeni o mutageni.

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Sono stati acquisiti complessivamente 71 documenti di valutazione dei rischi (DVR) di altrettante

aziende, 19 dei quali relativi ad aziende operanti in altrettanti ospedali di Milano. Per ogni rischio, si

sono analizzate le modalità con cui le diverse aziende hanno provveduto a quanto previsto

dall’art. 28 comma 2 del D.Lgs. 9 Aprile 2008 n. 81: sulla base di questa analisi, i DVR sono stati

inseriti, rischio per rischio, in una classificazione da noi effettuata che rappresenta una scala di

pertinenza della valutazione dei diversi rischi.

Nel caso delle aziende operanti in ospedale è stato effettuato un sopralluogo da parte di operatori

del Servizio PSAL (Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) delle ASL di Milano nel corso del

quale è stato somministrato, durante assemblee del personale, un questionario con domande sulla

organizzazione del lavoro, sulle modalità operative e sui disturbi/malattie. Sono stati somministrati

365 questionari.

In due grandi aziende, oggetto di sopralluogo, sono stati presi in considerazione, su segnalazione

dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), rispettivamente un problema di tipo di

attrezzature utilizzate e un problema di manutenzione delle attrezzature: i due casi sono utilizzati

come casi-studio volti ad evidenziare l’efficacia della valutazione dei rischi finalizzata

all’individuazione di provvedimenti preventivi.

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QUARTO CAPITOLO

RISULTATIRISULTATIRISULTATIRISULTATI

Risultati dall’analisi dei DVRRisultati dall’analisi dei DVRRisultati dall’analisi dei DVRRisultati dall’analisi dei DVR

Il campione di imprese analizzate ha la seguente composizione:

TIPOLOGIA AZIENDA QUANTITA’ PERCENTUALE

Piccole imprese

10-49 addetti 42/71 59,1%

Medie imprese

50-250 addetti 23/71 32,4%

Grandi imprese

> 250 addetti 6/71 8,5%

TABELLA 8: composizione del campione delle imprese.

Nel campione mancano le micro imprese per le quali il DVR è sostituito fino al 30 giugno 2012 dalla

autocertificazione della avvenuta valutazione dei rischi (art. 29 comma 5 del D.Lgs 81/08). Ne

consegue che il campione rappresenta le piccole, medie e

grandi imprese che nei dati generali rappresentano solo il

7%, il 0,5% e lo 0,2% rispettivamente.

Va precisato comunque che il campione in analisi occupa

quasi il 70 % dei lavoratori del settore.

Nelle tabelle sono riportate, per i diversi rischi, le

classificazioni per diversi DVR raggruppate in funzione alle

dimensioni aziendali.

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RISULTATI SUL RISCHIO CHIMIRISULTATI SUL RISCHIO CHIMIRISULTATI SUL RISCHIO CHIMIRISULTATI SUL RISCHIO CHIMICOCOCOCO

Per il rischio chimico, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente

classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:

Classe 0: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: non motivato;

Classe 1: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: motivato con

piccole quantità e asserita non tossicità senza elenco prodotti.

Classe 2: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: motivato con

piccole quantità e asserita non tossicità con elenco prodotti.

Classe 3: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: motivato con

procedure/azioni previste o attuate.

Classe 4: Valutazione con indici di esposizione cute/inalazione.

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4

PICCOLE 4/42 25/42 11/42 2/42 0/42

MEDIE 2/23 9/23 5/23 6/23 1/23

GRANDI 0/6 0/6 0/6 4/6 2/6

TOTALE 6/71 34/71 16/71 12/71 3/71

TABELLA 9: scala di pertinenza della valutazione del rischio chimico

Una valutazione con un calcolo di indici di esposizione e quindi un giudizio motivato sull’entità del

rischio (classe 4 della tabella) è presente in tre registri su 71 (4,2%); nella stragrande maggioranza

dei casi (51 DVR pari al 70,4%) il giudizio di rischio “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”

è motivato dalle “piccole quantità di prodotti” e dalla asserita non tossicità ; nel 22,5% dei casi

questo giudizio è accompagnato da un elenco di prodotti usati. 12 DVR (16,4%) esprimono un

giudizio di “rischio basso e rilevante per la salute” motivato con le “procedure/azioni previste o

attuate”. Non è in realtà una valutazione, ma un elenco anche assai analitico di tutti i

provvedimenti tecnici e organizzativi da mettere in atto per contenere il rischio chimico: non c’è

alcuna verifica su come e se queste indicazioni hanno riscontro nella realtà. Infine in 6 DVR (8,4%) il

giudizio di “rischio basso e irrilevante” non è in alcun modo motivato (classe 1 tabella).

Come era immaginabile, le dimensioni delle aziende hanno importanza: su 3 valutazioni esaminate

due sono i DVR di grandi aziende, 1 il DVR di una media azienda.

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RISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICORISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICORISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICORISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICO

Per il rischio biologico, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente

classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:

Classe 0: Non considerato.

Classe 1: Escluso motivando con “non agenti biologici nel ciclo produttivo”.

Classe 2: Descrizione degli agenti biologici e loro effetti.

Classe 3: Elenco procedure e azioni da attuare.

Classe 4: Valutazione con descrizione provvedimenti.

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4

PICCOLE 34/42 2/42 4/42 2/42 0/42

MEDIE 15/23 2/23 2/23 4/23 0/23

GRANDI 0/6 0/6 2/6 3/6 1/6

TOTALE 49/71 4/71 8/71 9/71 1/71

TABELLA 10: scala di pertinenza della valutazione del rischio biologico

Il rischio biologico non è preso in considerazione in 49 DVR su 71 (69%), in 4 casi è escluso per la

mancanza “di agenti biologici nel ciclo produttivo, ” in 8 casi sono descritti gli agenti biologici e i

loro effetti, in 9 casi (12,6%) sono descritte le modalità

operative e gli interventi tecnici e organizzativi da attuare

in relazione al rischio biologico. Sono DVR di aziende che

operano in ambiente sanitario dove il problema si pone

con evidenza: una vera e propria valutazione con

riferimento alle modalità di andamento degli infortuni a

rischio biologico con conseguenti indicazioni operative è

presente in un solo DVR.

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RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE

MANUALE DEI CARICHIMANUALE DEI CARICHIMANUALE DEI CARICHIMANUALE DEI CARICHI

Per il rischio inerente la movimentazione manuale dei carichi, sulla base delle informazioni presenti

nel DVR, si è formulata la seguente classificazione della scala di pertinenza della valutazione del

rischio:

Classe 0: Non considerato

Classe 1: Escluso motivando “non sollevamento pesi > 25 Kg”

Classe 2: Descritto con possibili effetti

Classe 3: Elenco procedure e azioni da attuare

Classe 4: Valutazione con indici

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4

PICCOLE 0/42 29/42 11/42 2/42 0/42

MEDIE 0/23 9/23 6/23 6/23 2/23

GRANDI 0/6 0/6 0/6 2/6 4/6

TOTALE

0/71 38/71 17/71 10/71 6/71

TABELLA 11: scala di pertinenza della movimentazione manuale dei carichi

Tutti i DVR prendono in considerazione la MMC, 38 (53,5%) escludendo il rischio perché “non si

sollevano pesi superiori a 25 Kg”. In 17 registri (23,9%) sono descritte le fasi lavorative a rischio e gli

effetti sulla salute; in 10 casi (14,08%) si elencano i provvedimenti tecnici e organizzativi da attuare,

in 6 casi (8,4%) la valutazione è fatta attraverso il calcolo di indici di rischio: 4 di questi DVR sono di

grandi aziende, 2 di medie aziende.

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RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI

E POSTUREE POSTUREE POSTUREE POSTURE

Per il rischio inerente i movimenti ripetitivi e posture, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si

è formulata la seguente classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:

Classe 0: Non considerato

Classe 1: Descritto con possibili effetti

Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare

Classe 3: Valutazione con indici

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3

PICCOLE 29/42 11/42 2/42 0/42

MEDIE 12/23 3/23 6/23 2/23

GRANDI 0/6 0/6 4/6 2/6

TOTALE

41/71 14/71 12/71 4/71

TABELLA 12: scala di pertinenza dei movimenti ripetitivi e posture

Il rischio posturale e da movimenti ripetitivi non è preso in considerazione in 41 DVR, pari al 57,7%

del totale. In 14 registri il rischio è citato con i possibili danni; in 12 sono elencati i provvedimenti

necessari; in soli 4 DVR la valutazione avviene con il calcolo dell’indice OCRA: sono registri di 2

grandi aziende e due medie aziende.

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RISULTATI SRISULTATI SRISULTATI SRISULTATI SUL RUMOREUL RUMOREUL RUMOREUL RUMORE

Per il rischio rumore, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente

classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:

Classe 0: Non considerato

Classe 1: Descritto con possibili effetti

Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare

Classe 3: Valutazione con misure

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3

PICCOLE 38/42 3/42 1/42 0/42

MEDIE 15/23 4/23 4/23 0/23

GRANDI 0/6 2/6 3/6 1/6

TOTALE

53/71 9/71 8/71 1/71

TABELLA 13: scala di pertinenza della valutazione del rischio rumore

53 DVR (81,7%) non prendono in considerazione il rischio rumore, 9 lo citano con relativi effetti, 8

elencano i provvedimenti necessari, 1 solo DVR riporta misure di rumorosità di alcune attrezzature

utilizzate.

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RISULTATI SULLE VIBRAZIONIRISULTATI SULLE VIBRAZIONIRISULTATI SULLE VIBRAZIONIRISULTATI SULLE VIBRAZIONI

Per il rischio vibrazioni, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente

classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:

Classe 0: Non considerato

Classe 1: Descritto con possibili effetti

Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare

Classe 3: Valutazione con misure

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

TABELLA 14: scala di pertinenza della valutazione del rischio vibrazioni

44 DVR (61,9%) non considerano il rischio vibrazioni, 14 lo citano con relativi effetti, 11 elencano i

provvedimenti necessari, 2 riportano le misure effettuate per

vibrazione mano-braccia da attrezzature.

MPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 3 Classe 3

PICCOLE 34/42 7/42 1/42 0/42

MEDIE 10/23 7/23 6/23 0/23

GRANDI 0/6 0/6 4/6 2/6

TOTALE

44/71 14/71 11/71 2/71

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RRRRISULTATI SUISULTATI SUISULTATI SUISULTATI SUL MICROCLIMAL MICROCLIMAL MICROCLIMAL MICROCLIMA

Per il rischio microclima, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente

classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:

Classe 0: Non considerato

Classe 1: Descritto

Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare

Classe 3: Valutazione con indicazioni

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

TABELLA 15: scala di pertinenza della valutazione del rischio microclima

57 DVR (80,2%) non considerano il rischio microclima, 5 lo citano con relativi effetti, 8 riportano

provvedimenti necessari, in un caso viene valutato il rischio per i lavori di pulizia

all’aperto.

IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3

PICCOLE 39/42 2/42 1/42 0/42

MEDIE 18/23 3/23 2/23 0/23

GRANDI 0/6 0/6 5/6 1/6

TOTALE

57/71 5/71 8/71 1/71

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RISULTATI SUL RISCHIO PSICORISULTATI SUL RISCHIO PSICORISULTATI SUL RISCHIO PSICORISULTATI SUL RISCHIO PSICO----SOCIALESOCIALESOCIALESOCIALE

Per il rischio psico-sociale, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente

classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:

Classe 0: Non considerato

Classe 1: Negato senza valutazione

Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare

Classe 3: Valutazione rischio stress

Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:

TABELLA 16: scala di pertinenza della valutazione del rischio psicosociale

57 DVR su 71 (pari all’80,2%) non considerano il rischio psicosociale, 4 DVR su 71 (pari al 5,6%)

riportano il problema stress in generale; 9 DVR su 71 (il 12,6%)

danno indicazioni di carattere generale, in 1 solo caso il DVR

descrive la procedura per valutare il rischio stress che sarà

obbligatorio.

IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3

PICCOLE 40/42 1/42 1/42 0/42

MEDIE 17/23 3/23 3/23 0/23

GRANDI 0/6 0/6 5/6 1/6

TOTALE

57/71 4/71 9/71 1/71

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Risultati del questionarioRisultati del questionarioRisultati del questionarioRisultati del questionario

I lavoratori scelti per la compilazione dei questionari sono quelli dipendenti delle dodici imprese di

pulizia incontrate durante i sopralluoghi da noi effettuati presso le diverse aziende ospedaliere.

La somministrazione dei questionari è avvenuta durante le assemblee sindacali organizzate dai

rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) delle aziende e in momenti di incontri informativi,

grazie ai quali è stata possibile la presenza di un numero soddisfacente di dipendenti.

Durante questi momenti, in cui non erano ovviamente presenti i diversi datori di lavoro o altre figure

dirigenziali, i lavoratori venivano da invitati a compilare il questionario dopo una nostra breve

descrizione delle motivazioni ed una puntuale spiegazione delle domande, concepite in modo da

non essere troppe ma allo stesso tempo da non perdere importanti informazioni. Le domande

riguardano una prima parte generale, una seconda parte relativa alla fisicità del lavoro, ed una

terza parte meramente sanitaria.

TABELLE DI SINTESI DEI DATI RILEVATI MEDIANTE IL QUESTIONARIO

Tabella 17: riepilogo dati del questionario somministrato ai lavoratori

La prevalenza femminile è un dato che immediatamente emerge dalla tabella, con una

percentuale dell’86%.

E’ interessante notare come alcuni risultati generali coincidano perfettamente con i dati generali

riportati dalle Agenzie Europee del capitolo primo: l’età media dei lavoratori, 45 anni (età media

nettamente spostata in aventi rispetto al 2000, quando la prevalenza dei lavoratori era più

giovane; ciò è da tener presente in relazione alla suscettibilità alle patologie della popolazione di

riferimento), e l’importante quota del 30% dei lavoratori di nazionalità straniera.

LAVORATORI INTERVISTATI 365

MASCHI 51

FEMMINE 314

ETA’ MEDIA LAVORATORI 44.8

NAZIONALITA’ ITALIANA 258

NAZIONALITA’ STRANIERA 107

TIPO ASSUNZIONE

Tempo indeterminato n. 325

Tempo determinato n. 34

Contratto somministrazione n. 4

Contratto a progetto n. 2

MEDIA N. ORE SETTIMANALI 30

ANZIANITA’ LAVORATIVA MEDIA 10 anni

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63

Fig. 2

I RITMI SONO INTENSI

molto

26%poco

10%

per niente

3%

non dice

4%

abbastanza

57%

Fig. 4

CORRO PER PORTARE A TERMINE IL

LAVORO

si

67%

no

30%

non dice

3%

GRAFICI FIGURE 1GRAFICI FIGURE 1GRAFICI FIGURE 1GRAFICI FIGURE 1----5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO

Fig. 1

GIUDICA PESANTE IL LAVORO

abbastanza

63%

non dice

2%

per niente

5%poco

8%

molto

22%

Fig. 3

IL TEMPO A DISPOSIZIONE E' SUFFICIENTE

si

55%

no

39%

non dice

6%

Le prime domande riguardano carichi e ritmi di

lavoro: una consistente maggioranza di lavoratori

(rispettivamente 85% e 83%) giudica abbastanza o

molto pesante il proprio lavoro e abbastanza o

molto intensi i ritmi di lavoro. Alla domanda se il

tempo a disposizione è sufficiente risponde di sì il 55%

degli intervistati, dato che viene però contraddetto

sia dalle risposte alla domanda “corre per portare a

termine il suo lavoro” alla quale risponde sì il 67% che

dalle risposte alla domanda “il personale è insufficiente”, alla quale risponde sì il 60% degli

operatori.

Fig. 5

IL PERSONALE E' INSUFFICIENTE

si

60%

no

32%

non dice

8%

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64

Fig. 7

LA RELAZIONE COL CAPO E' BUONA

molto

22%

poco

13%

per niente

9%non dice

2%

abbastanza

54%

Fig. 6

IL LAVORO LE DA' SODDISFAZIONE

molto

14%

poco

28%

per niente

12%

non dice

4%

abbastanza

42%

GRAFICI FIGURE 6GRAFICI FIGURE 6GRAFICI FIGURE 6GRAFICI FIGURE 6----10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO

Un altro gruppo di domande riguarda aspetti di

“qualità del lavoro” a partire dal grado di

soddisfazione che risulta tra abbastanza e

molto nel 56% del personale a fronte di un 40%

che è poco o per nulla soddisfatto. I rapporti

con i capi e con i colleghi non sembrano un

gran problema: giudicano abbastanza o molto

buoni i rapporti con i capi il 76% degli intervistati

(il 22% dà invece un giudizio negativo) mentre i

rapporti con i colleghi sono molto o

abbastanza buoni nel 79% dei casi (16% di giudizi negativi). Una domanda riguarda il grado di

considerazione di cui gode il lavoro svolto: la maggioranza lo ritiene poco considerato (29%) o per

niente considerato (27%) mentre un giudizio positivo viene dato dal 5% dei lavoratori. Alla

domanda “dovete fare un secondo lavoro” quasi la metà (48%) risponde di sì, il che naturalmente

è un aspetto che va considerato nel valutare il carico lavorativo complessivo di questi lavoratori.

Fig. 8

LA RELAZIONE CON I COLLEGHI E' BUONA

molto

20%

poco

12%

per niente

4%non dice

5%

abbastanza

59%

Fig. 9

COME E' CONSIDERATO IL PROPRIO LAVORO

molto

5%

poco

29%

per niente

27%

non dice

6% abbastanza

33%

Fig. 10

E' NECESSARIO UN SECONDO LAVORO

si

48%

no

44%

non dice

8%

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65

GRAFICI FGRAFICI FGRAFICI FGRAFICI FIGURE 11IGURE 11IGURE 11IGURE 11----15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO

Per quanto riguarda i contenuti “fisici” del lavoro

alla domanda relativa al sollevamento di pesi

eccessivi una risposta affermativa viene dal 70%

dei lavoratori (il 22% spesso), mentre movimenti

ripetitivi e prolungati nel tempo riguardano l’83%

degli intervistati (67% spesso). Alla domanda

relativa alla scomodità della postura rispondono

affermativamente il 76% (29% spesso): nel merito

la postura caratterizzata dall’innalzamento delle

braccia sopra le spalle riguarda il 48% dei lavoratori (il 19% non risponde) mentre una posizione

accovacciata (in media 1.5 ore al giorno) è assunta dal 45% (il 19% non risponde).

Fig. 11

SOLLEVA PESI ECCESSIVI

qualche

volta

48%

non dice

5%mai

25%

spesso

22%

Fig. 12

EFFETTUA MOVIMENTI PROLUNGATI NEL

TEMPO

qualche

volta

16%

non dice

8%mai

9%

spesso

67%

Fig. 14

BRACCIA SOPRA LE SPALLE

si

48%no

33%

non dice

19%

Fig. 15

ACCOVACCIATO: media 1,5 h al giorno

si

45%no

36%

non dice

19%

Fig. 13

ASSUME POSIZIONI SCOMODE

qualche

volta

47%

non dice

11%

mai

13%

spesso

29%

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66

GRAFICI FIGURE 16GRAFICI FIGURE 16GRAFICI FIGURE 16GRAFICI FIGURE 16----17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO

Si è punto con aghi il 16% delle persone intervistate e con parti taglienti il 42%.

Fig. 13

ASSUME POSIZIONI SCOMODE

qualche

volta

47%

non dice

11%

mai

13%

spesso

29%

Fig. 16

CAPITA DI PUNGERSI CON AGHI

qualche

volta

14%

non dice

9%

mai

75%

spesso

2%

Fig. 17

CAPITA DI FERIRSI CON MATERIALE

TAGLIENTE

qualche

volta

33%

non dice

5%

mai

53%

spesso

9%

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67

GRAFICI FIGURE 18GRAFICI FIGURE 18GRAFICI FIGURE 18GRAFICI FIGURE 18----21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A 21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A 21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A 21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A

SOSTANZE CHIMICHESOSTANZE CHIMICHESOSTANZE CHIMICHESOSTANZE CHIMICHE

Sono stati indagati alcuni sintomi espressione di possibile esposizione a sostanze irritanti durante il

lavoro: il 42% riferisce episodi di bruciore e di lacrimazione agli occhi durante il lavoro (9% spesso), il

49% ha episodi di tosse secca (spesso il 6%), che in circa la metà dei casi si accompagnano a

mancanza di fiato, il 14% ha crisi di broncospasmo (il 5% spesso).

Fig. 19

TOSSE SECCA

qualche

volta

33%non dice

8%

mai

53%

spesso

6%

Fig. 18

BRUCIORE AGLI OCCHI E LACRIMAZIONE

qualche

volta

33%

non dice

5%

mai

53%

spesso

9%

Fig. 20

TOSSE E MANCANZA DI FIATO

qualche

volta

23%non dice

9%

mai

63%

spesso

5%

Fig. 21

CRISI DI ASMA

qualche

volta

9%non dice

10%

mai

76%

spesso

5%

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68

GRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORIGRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORIGRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORIGRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORI

Una vera e propria diagnosi di asma bronchiale

riguarda l’8% del gruppo.

GRAFICI FIGURE 23GRAFICI FIGURE 23GRAFICI FIGURE 23GRAFICI FIGURE 23----26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI

Irritazione cutanea (bruciore, eritema) è segnalata dal 45% dei lavoratori (12% spesso): nell’11% è stata fatta

una vera e propria diagnosi di dermatite irritativa, nel 9% una diagnosi di eczema. Da segnalare un 10% di

allergie al latice.

Fig. 22

ASMA BRONCHIALE

si

8%

no

92%

Fig. 23

ARROSSAMENTO E BRUCIORE DELLA PELLE

qualche

volta

33%

non dice

6%

mai

49%

spesso

12%

Fig. 24

DERMATITE IRRITATIVA

si

11%

no

89%

Fig. 25

ECZEMA

si

9%

no

91%

Fig. 26

ALLERGIA AL LATTICE

si

10%

no

90%

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69

GRAFICI FIGURE 27GRAFICI FIGURE 27GRAFICI FIGURE 27GRAFICI FIGURE 27----31: DISTURBI SULL’APPARATO 31: DISTURBI SULL’APPARATO 31: DISTURBI SULL’APPARATO 31: DISTURBI SULL’APPARATO

llllOCOMOTORIOOCOMOTORIOOCOMOTORIOOCOMOTORIO

Per quanto riguarda i sintomi soggettivi a carico

dell’apparato locomotore, i lavoratori riferiscono

dolore alle braccia (74%, 40% spesso), dolore alle

spalle (76%, 38% spesso), dolore alla schiena (80%,

42% spesso), dolore al polso (27%) con una

percentuale significativa di lavoratrici affette da

sindrome del tunnel carpale (20%). Quest’ultimo

dato corrisponde a quanto riportato in letteratura

dove in un’indagine fatta in imprese di pulizie

operanti in ospedale, la prevalenza di STC è del 24%

significativamente superiore a quelle riscontrate nella popolazione generale femminile non esposta

(9,2%). Nella nostra indagine il polso destro è interessato nel 70% dei casi, mentre nel 15% la

localizzazione è sinistra e bilaterale.

Fig. 28

DOLORE ALLE SPALLE

qualche

volta

38%

non dice

7%mai

17%

spesso

38%

Fig. 29

DOLORE ALLA SCHIENA

qualche

volta

36%

non dice

5%mai

17%spesso

42%

Fig. 30

DOLORE AL POLSO

si

27%

no

73%

Fig. 31

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

si

20%

no

80%

Fig. 27

DOLORE ALLE BRACCIA

qualche

volta

34%

non dice

6%

mai

20%

spesso

40%

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70

GRAFICO FIGURA 32GRAFICO FIGURA 32GRAFICO FIGURA 32GRAFICO FIGURA 32: DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI : DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI : DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI : DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI

SUPERIORISUPERIORISUPERIORISUPERIORI

Segnaliamo un 11% di lavoratrici che accusa sintomi

indicatori di Fenomeno di Raynaud (pallore dita,

parestesie).

GRAFICI FIGURE 33GRAFICI FIGURE 33GRAFICI FIGURE 33GRAFICI FIGURE 33----35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI

Alcune domande erano riferite ad eventuali disturbi della

sfera psichica: il 16% degli intervistati riferisce sindrome

ansiosa, il 12% sindrome depressiva, il 16% ha

importanti disturbi del sonno

Fig. 34

DEPRESSIONE

si

12%

no

88%

Fig. 33

DISTURBI DI ANSIA

si

16%

no

84%

Fig. 35

DISTURBI DEL SONNO

si

16%

no

84%

Fig. 32

MANI BIANCHE

si

11%

no

89%

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71

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72

QUINTO CAPITOLO

CARICHI DI LAVORO

L’indagine che è stata condotta conferma prima di tutto quanto ampiamente descritto in

letteratura rispetto ai rischi lavorativi nel settore imprese di pulizia, a partire dai carichi di lavoro,

che sono indubbiamente elevati.

Come si è già accennato, c’è stata un’intensificazione dei carichi dovuta alla richiesta di

aumentare produttività e flessibilità data l’alta concorrenza nel settore:

quindi taglio dei costi, che significa fare lo stesso lavoro con meno

lavoratori, intensificazione e prolungamento del lavoro. Studi finlandesi

(2009) riferiscono che il 50 - 70% dei lavoratori accusa affaticamento da

eccessivo carico di lavoro. In uno studio inglese (2006) il 56% dei lavoratori

riferisce un elevato carico di lavoro e forte pressione sui tempi, il 26%

riferisce che fa molta fatica a svolgere il lavoro nel tempo assegnato, il

25% sostiene di non avere mai avuto tempo sufficiente a svolgere il lavoro e il 51% dice che questo

problema si è manifestato alcune volte. La grande maggioranza dice di dover fare il lavoro

velocemente (46% spesso, 47% talvolta).

Sono dati che nel campione dei 365 lavoratori da noi esaminati appaiono anche più evidenti:

circa l’85% degli intervistati parla di carichi abbastanza o molto pesanti e di ritmi abbastanza o

molto intensi, che costringono a “correre per terminare il lavoro” (67% degli intervistati) anche per

l’insufficienza del personale (60%). Va rilevato peraltro come non ci sia nel campione esaminato un

atteggiamento pregiudizialmente negativo nei confronti del proprio lavoro: più della metà degli

intervistati è abbastanza o molto soddisfatto del lavoro e la grande maggioranza (76 e 79%

rispettivamente) giudica abbastanza o molto buoni i rapporti con capi e colleghi. Per contro

prevale un giudizio negativo sul grado di considerazione in cui è tenuto il proprio lavoro.

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI, POSTURE E

MOVIMENTI RIPETUTI

Anche il rischio da MMC, posture e movimenti ripetitivi, è abbastanza rappresentato in letteratura.

L’attività di pulizia comporta diversi atteggiamenti posturali che si alternano con elevata

frequenza: studi finlandesi hanno calcolato che il 36-56% del tempo lavorativo viene passato con

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73

la schiena flessa anteriormente o inarcata, mentre il 24-43% del tempo con entrambe le braccia a

livello delle spalle o più in alto. Per un altro 14% viene assunta la posizione accovacciata (De Vito e

al. 2000).

Sono valutazioni sostanzialmente confermate da altri studi (Bohile 2004 – Kimer 2006) secondo i

quali la proporzione di ore di lavoro passate piegati in avanti e/o con torsioni del tronco varia dal

36 al 50% e dal 3 al 14% del tempo lavorativo è svolto in posizione accovacciata.

Un altro aspetto che va considerato è quello del sollevamento/trasporto di pesi: va peraltro

sottolineato che allo sforzo statico e dinamico si accompagna l’elevata frequenza di movimenti

ripetitivi delle braccia che costituiscono un elemento di rischio aggiuntivo. Uno studio effettuato

utilizzando le check-list O.C.R.A. (Fontani e al. 2009) sui camerieri di

albergo addetti alle pulizie ha dimostrato l’esistenza di un rischio

significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori.

Frequenti sono pure le attività di spinta di carrelli: lo studio citato,

applicando il metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo

legato al traino del carrello.

Uno studio tedesco su 109 addetti alle pulizie ( per lo più in scuole) evidenza che il 72% è affetto da

MSD e il 61% è stato in malattia per MSD. Una ricerca di Werigall (2006) dimostra che:

• 83% dei lavoratori ha avuto dolore al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 12 mesi;

• 66% ha avuto dolore/fastidio al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 7 giorni;

• Uno studio italiano su 99 addette alle pulizie in ospedale dimostra una prevalenza di

Sindrome del Tunnel Carpale (STC) del 24% significativamente superiore a quella riscontrata

nella popolazione generale femminile non esposta (9,2%).

• la più alta prevalenza di disturbi muscolo-scheletrici negli ultimi 12 mesi è costituita da

lombalgie (48,5%), polso-mani (48%), spalle (39,5%).

• Woods (2006) ha studiato l’incidenza di parestesie, intorpidimento e dita bianche come

indicatore di sintomi da vibrazioni mano-braccio in 800 addetti alle pulizie.

• Il 34% riferisce parestesia intorpidimento, il 16% dita bianche.

• La combinazione di questi sintomi nello stesso individuo avviene nel 12% dei casi.

Anche nella nostra indagine, il rischio da MMC, posture e movimenti ripetitivi emerge con

evidenza: alla domanda relativa alla scomodità della postura rispondono affermativamente il 76%

(29% spesso): nel merito la postura caratterizzata dall’innalzamento delle braccia sopra le spalle

riguarda il 48% dei lavoratori (il 19% non risponde) mentre una posizione accovacciata (in media

1.5 ore al giorno) è assunta dal 45% (il 19% non risponde). Per quanto riguarda i sintomi soggettivi a

carico dell’apparato locomotore, i lavoratori riferiscono dolore alle braccia (74%, 40% spesso),

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74

dolore alle spalle (76%, 38% spesso), dolore alla schiena (80%, 42% spesso), dolore al polso (27%)

con una percentuale significativa di lavoratrici affette da sindrome del tunnel carpale (20%).

Quest’ultimo dato corrisponde a quanto riportato in letteratura dove in un’indagine fatta in

imprese di pulizie operanti in ospedale, la prevalenza di STC è del 24% significativamente superiore

a quelle riscontrate nella popolazione generale femminile non esposta (9,2%).

Nella nostra indagine il polso destro è interessato nel 70% dei casi, mentre nel 15% la localizzazione

è sinistra e bilaterale. A questi dati fa riscontro una valutazione del rischio palesemente inadeguati:

solo l’8,4% dei DVR valuta il rischio da MMC attraverso il calcolo di indici di rischio e solo il 7,8%

valuta il rischio da movimenti ripetitivi attraverso un indice di rischio.

RISCHIO CHIMICO

Per quanto riguarda il rischio chimico abbiamo visto che è molto descritto in letteratura sia in

riferimento alle sostanze chimiche presenti nei prodotti di pulizia sia alle sostanze chimiche

generate nei processi di pulizia. Tra le sostanze più significative, la formaldeide (secondo uno studio

francese il 54,4% dei prodotti di pulizia contiene formaldeide), l’ipoclorito di sodio, terpeni, alcoli.

Alcuni studi evidenziano significative patologie di dermatite allergica da contatto e dermatite

irritativa da contatto in questi lavoratori; altri studi riferiscono l’incidenza di

disturbi respiratori e asma bronchiale. Una review condotta da Bello

(2009) dimostra che l’incidenza di asma è cresciuta tra i lavoratori delle

pulizie negli ultimi dieci anni: molti studi epidemiologici lo confermano.

Secondo European Community Respiratory Health Survey le pulizie sono la

quarta attività lavorativa con il più alto rischio di asma dopo agricoltori,

verniciatori, operai dell’industria plastica.

Uno studio su Lancet del 2007 dimostra che il rischio di sviluppare l’asma nei lavoratori di pulizia è

1,7 volte più alto delle altre occupazioni.

Sono segnalati episodi di insufficienza respiratoria acuta per esposizione a vapori di cloro dovuti a

miscelazione incongrua tra ipoclorito di sodio e acidi (ad esempio acido fosforico per pulire i WC o

acido cloridrico per decalcificare). Nella nostra indagine, disturbi cutanei alle mani riguarda il 45%

degli intervistati, mentre bruciore e lacrimazione agli occhi durante il lavoro interessano il 42% e

tosse secca il 39%. Il 28% riferisce di avere avuto nel corso dell’attività lavorativa crisi di mancanza

di fiato, un dato al quale fa riscontro un 14% affetto da asma bronchiale diagnosticata.

L’esame degli infortuni analizzati attraverso i flussi informativi INAIL permette di rilevare che questo

tipo di infortuni non è così infrequente: si va da un 2,7% se ci si riferisce al “contatto” “liquidi, vapori,

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75

schizzi” a un 3,1% se si fa riferimento alla voce “deviazione” (traboccamento, vaporizzazione,

aerosol), fino a un 5,6% con la forma “ha inalato” (in termini assoluti sono un migliaio gli infortuni tra

il 2000 e il 2008). Qualche ulteriore elemento di giudizio ci viene dall’esame del registro degli

infortuni negli altri due gruppi di aziende: nel gruppo di aziende che operano in ospedale 14

infortuni (2,4%) di cui 4 ustioni, 9 cheratocongiuntiviti, 1 broncopatia irritativa da inalazione;

nell’altro gruppo 17 infortuni (3,3%) di cui 12 danni oculari e 5 ustioni.

A fronte di questa considerazione, la valutazione del rischio chimico nei DVR è quella che abbiamo

rappresentato: Una valutazione con un calcolo di indici di esposizione e quindi un giudizio

motivato sull’entità del rischio è presente in tre registri (4,2%); nella stragrande maggioranza dei

casi (51 DVR pari al 70,4%) il giudizio di rischio “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute” è

motivato dalle “piccole quantità di prodotti” e dalla asserita non tossicità ; nel 22,5% dei casi

questo giudizio è accompagnato da un elenco di prodotti usati. 12 DVR (16,4%) esprimono un

giudizio di “rischio basso e rilevante per la salute” motivato con le “procedure/azioni previste o

attuate”.

Non è in realtà una valutazione, ma un elenco anche assai analitico di tutti i provvedimenti tecnici

e organizzativi da mettere in atto per contenere il rischio chimico: non c’è alcuna verifica su come

e se queste indicazioni hanno riscontro nella realtà. Infine in 6 DVR (8,4%) il giudizio di “rischio basso

e irrilevante” non è in alcun modo motivato.

Come era immaginabile, le dimensioni delle aziende hanno importanza: su 3 valutazioni esaminate

due sono i DVR di grandi aziende, 1 il DVR di una media azienda.

Questo può essere dovuto almeno in parte al fatto che le aziende di maggiori dimensioni svolgono

attività più impegnative anche dal punto di vista dell’utilizzo dei di prodotti chimici, mentre le

piccole aziende lavorano prevalentemente presso uffici.

RISCHIO BIOLOGICO

Per quel che riguarda il rischio biologico, nel marzo 2010, il Consiglio

dell’Unione Europea ha emanato una direttiva (7023 (Presse49)) che obbliga

gli stati membri a introdurre nella propria legislazione norme atte ad

implementare le procedure di sicurezza relative all’utilizzo e allo smaltimento

di attrezzature mediche che possono provocare ferite entro il termine di tre

anni dalla data di sottoscrizione della stessa.

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76

Accanto agli operatori sanitari sono quindi presi in considerazione altri lavoratori a rischio: in uno

studio riguardante 24 ospedali tedeschi tra il 30 ottobre 2003 e il 21 ottobre 2008 sono stati registrati

gli infortuni da punture d’ago o da taglienti con sangue o liquidi biologici: sono stati registrati 2.452

casi di cui 71 (il 3% del totale) hanno riguardato gli addetti alle pulizie. Nella nostra indagine nelle

imprese di pulizia in 12 ospedali milanesi la percentuale di infortuni da ago o taglienti è il 17,6% su

un totale di 591 infortuni avvenuti tra il 2005 e il 2010. Tale dato è sostanzialmente sovrapponibile a

quello ricavabile dai questionari somministrati dove il 16% degli intervistati dichiara di aver avuto

almeno un infortunio da puntura di ago. Alla domanda “a chi si rivolge in caso di infortunio da

puntura “ il 33% risponde “al responsabile”, il 28% “al pronto soccorso”, il 18% non sa a chi rivolgersi,

il 16% si rivolge “al capo servizio” e poi “capo area” (3%), direzione sanitaria, rappresentante dei

lavoratori per la sicurezza, medico di base.

La percentuale di infortuni da ago o taglienti negli ospedali risulta invece significativamente più

elevata del dato che emerge dall’analisi del registro infortuni di 21 aziende medio-piccole operanti

sempre nel settore delle pulizie ma in ambito non sanitario (4,5%). Negli

ospedali si registrano poi alcuni infortuni (0,7%) da contatto con liquidi

biologici. Nello studio compiuto su 18.962 infortuni estratti dai “flussi

informativi INAIL”, avvenuti tra il 2000 e il 2008 nelle imprese di pulizia si

constata che la forma “si è punto con” rappresenta il 5% del totale.

Che il problema non sia esclusivo degli ospedali o degli ambiti sanitari lo

dimostra uno studio condotto dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano in 20

alberghi milanesi dove sono stati presi in considerazione 401 infortuni avvenuti tra il 2003 e il 2008 nel

personale addetto alle pulizie: il 6,2% degli infortuni era da punture d’ago o da taglienti, in larga

prevalenza siringhe buttate nel cestino della spazzatura ma anche lamette e forbicine.

Il rischio biologico non è preso in considerazione in 49 DVR (69%), in 4 casi è escluso per la

mancanza “di agenti biologici nel ciclo produttivo, ” in 8 casi sono descritti gli agenti biologici e i

loro effetti, in 9 casi (12,6%) sono descritte le modalità operative e gli interventi tecnici e

organizzativi da attuare in relazione al rischio biologico. Sono DVR di aziende che operano in

ambiente sanitario dove il problema si pone con evidenza: una vera e propria valutazione con

riferimento alle modalità di andamento degli infortuni a rischio biologico con conseguenti

indicazioni operative è presente in un solo DVR.

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77

RISCHIO DA VIBRAZIONI

Un rischio descritto in letteratura è quello delle vibrazioni.

Le vibrazioni possono aggravare gli effetti delle altre sollecitazioni fisiche come posture incongrue,

trasporto di pesi rilevanti, movimenti ripetitivi.

C’è evidenza scientifica che l’utilizzo delle macchine per la pulizia come aspirapolveri, lucidatrici e

altre attrezzature che devono essere guidate manualmente, espongono i lavoratori delle pulizie a

vibrazioni mano-braccia che possono determinare problemi muscolo scheletrici specie se

combinate con uno sforzo muscolare statico, o anche disturbi neurologici e vascolari fino ad

arrivare in un lungo periodo di tempo a una vera e propria sindrome da vibrazioni mano-braccio.

Possono manifestarsi sintomi quali dolore urente, intorpidimento, iposensibilità, difficoltà del

movimento, dolore alle articolazioni delle mani e delle braccia che possono essere accompagnati

dal fenomeno di Reynaud.

La nostra indagine ha evidenziato, come già detto, una significativa prevalenza di sindrome del

tunnel carpale (che le vibrazioni mano-braccio certamente possono favorire) e un 11% di disturbi

riconducibili al fenomeno di Reynaud. È un problema poco valutato dai DVR: il 61,9% dei quali non

lo prende in considerazione, 4 lo citano, 11 elencano quello che si

dovrebbe fare, 2 riportano misure effettuate.

E’ un problema che è stato oggetto di un nostro intervento specifico a

partire da una segnalazione di formicolio alle mani e pallore alle dita di

addetti alle pulizie dopo aver usato la levigatrice. L’eliminazione delle

levigatrici più vecchie ed un programma di manutenzione su tutte le

attrezzature hanno ridotto drasticamente l’incidenza dei disturbi.

Un altro intervento diretto ha riguardato un’altra situazione lavorativa dove gli addetti alle pulizie

lamentavano dolori alle spalle e alla schiena. Una volta

collegati i disturbi alla postura col dorso flesso, necessaria per

pulire sotto tavoli e sedie, sono state modificate le

attrezzature, in particolare gli spazzoloni con l’utilizzo di manici

più lunghi e conseguenti posture più corrette.

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SESTO CAPITOLO

Fornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratoriFornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratoriFornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratoriFornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratori

COMPITO Gli addetti alle pulizie all’interno di un’organizzazione dovevano lavare i pavimenti per circa due

ore al giorno in ambienti diversi (per esempio, corridoi, cucine, docce e bagni).

PROBLEMA Spesso gli addetti alle pulizie di statura più alta riferivano al loro RLS dolori alle spalle e alla schiena.

Collegavano l’insorgenza di questi problemi ai piegamenti del dorso necessari per lavare i

pavimenti, per esempio per pulire sotto tavoli e sedie, o semplicemente ai movimenti che

compivano lavando.

Figura 1: Esempio di pulizia a umido con spazzolone

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO E INDIVIDUAZIONE DI UNA

SOLUZIONE I maggiori problemi individuati erano:

• piegandosi per pulire sotto i mobili, gli addetti alle pulizie si protendevano molto in

avanti

• gli addetti alle pulizie dovevano allungarsi per raggiungere alcuni punti scomodi

• spesso gli addetti alle pulizie dovevano assume posizioni scorrette delle spalle

• usando lo spazzolone, gli addetti alle pulizie ruotavano il tronco.

È stata adottata una soluzione semplice: agli addetti alle pulizie più alti sono

stati dati spazzoloni con manici più lunghi.

RISULTATO • Gli addetti alle pulizie che hanno ricevuto gli spazzoloni con i manici più lunghi riuscivano a

svolgere le loro mansioni con più facilità e hanno riferito un’attenuazione dei dolori alla schiena.

• L’utilizzo di un manico lungo 1,5 m anziché 1,2 m ha permesso ai lavoratori di mantenere una

posizione più eretta durante l’attività lavorativa.

• Il personale addetto alla salute e alla sicurezza ha osservato che gli addetti alle pulizie

lavoravano tenendo la schiena più diritta.

• Il costo dei manici più lunghi è solo leggermente più elevato.

INDICAZIONI PREVENTIVE • L’adattamento dell’attrezzatura ai bisogni dell’utente si è dimostrato molto efficace nel ridurre il

dolore, il fastidio e i problemi di postura. Lo stesso esempio sarebbe adatto anche per i lavoratori di

statura più bassa, che al contrario avrebbero bisogno di uno spazzolone con un manico più corto.

• Una soluzione alternativa sarebbe quella di fornire spazzoloni con manici allungabili, che sono già

disponibili in commercio. L’uso di manici più lunghi (grazie a prolunghe tubolari) permette anche di

ridurre i piegamenti di meno quando si usa l’aspirapolvere ed è stato riscontrato che le attrezzature

con queste caratteristiche riducono lo sforzo a carico della schiena quando si spazza.

• È importante garantire che gli addetti alle pulizie sappiano come usare e far funzionare

correttamente l’attrezzatura. Il personale deve ricevere tutta la formazione e le informazioni del

caso, tra cui non devono mancare le istruzioni su come regolare l’attrezzatura per adattarla alle

esigenze individuali.

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Manutenzione dell’attrezzaturaManutenzione dell’attrezzaturaManutenzione dell’attrezzaturaManutenzione dell’attrezzatura

COMPITO Una squadra di addetti alle pulizie effettuava quotidiane operazioni di levigatura dei pavimenti in

alcuni grandi magazzini.

PROBLEMA Le levigatrici erano in uso nel luogo di lavoro ormai da molti anni. Alcuni degli addetti alle pulizie

lamentavano formicolio alle mani e intorpidimento e pallore delle dita dopo aver usato la

levigatrice. Questi sono i classici sintomi della sindrome da vibrazione mano-braccio.

Figura 2: Immagine di una levigatrice tradizionale

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VALUTAZIONE DEL RISCHIO E INDIVIDUAZIONE DI UNA

SOLUZIONE Quando le levigatrici sono state ispezionate, è emerso che alcune parti delle macchine erano

usurate. Si è quindi ritenuto che il fastidio degli addetti alle pulizie fosse dovuto alla vibrazione delle

macchine. Da un’indagine più approfondita è emerso inoltre che il problema non si limitava alle

levigatrici e che altre attrezzature si trovavano in condizioni analoghe di cattiva conservazione.

Sono state valutate alcune soluzioni e alla fine si è deciso di attuare un programma di

manutenzione comprendente un’ispezione e manutenzione periodica dell’attrezzatura, nonché la

sostituzione delle macchine più vecchie.

È stato introdotto un sistema per la segnalazione dei problemi delle attrezzature, per poter

rapidamente comunicare agli addetti alle pulizie quando l’attrezzatura sarà sottoposta a

manutenzione, riparata o sostituita.

RISULTATO • L’incidenza dei disturbi alle mani è stata ridotta.

INDICAZIONI PREVENTIVE • Come tutte le apparecchiature elettriche, le levigatrici devono essere sottoposte a regolare

manutenzione e controllo. È importante garantire che tutte le parti dell’attrezzatura come i

cuscinetti e le spazzole siano installate correttamente e si trovino in buone condizioni di

funzionamento, in modo da evitare uno sforzo eccessivo da parte dell’utente per far funzionare

l’attrezzatura.

• È indispensabile attuare un programma di manutenzione regolare al fine di individuare le

macchine, le attrezzature e i pezzi che devono essere sostituiti, ripristinati o riparati. Ciò ridurrà

problemi come il dolore e il fastidio alle braccia e alle mani dovuti all’eccessiva vibrazione causata

da una scarsa manutenzione o dall’usura delle parti.

• Gli addetti alle pulizie dovrebbero disporre di un sistema di segnalazione facile da usare per

riferire eventuali problemi riscontrati con le attrezzature, provvisto di un’azione di follow-up

integrata.