DOCUMENTO ATTIVITA’ 2010 · utilizzando la check-list Ocra hanno dimostrato un rischio...
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DOCUMENTO ATTIVITA’ 2010
A cura di :
Giancarlo Cattaneo e Narcisa Piuselli – Responsabili del progetto
e
Cassinelli Veronica
Sorrentino Luca
Colombo Giovanni Battista
Cordisco Federica
Di Giorgio Jessica
Fulco Maria Grazia
Nola Assunta
Prandi Enzandrea
Spada Danilo
Villa Cristina
Zanoni Graziella
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1. PRESENTAZIONE
Il documento che viene presentato è frutto del lavoro del gruppo che ha seguito per il 2010 il
Progetto “Imprese di Pulizia”, lavoro in parte sviluppato attraverso sopralluoghi in Aziende
appaltatrici e in parte costruito dall’analisi dei Documenti di Valutazione dei Rischi (DVR) di
Aziende contattate attraverso lettera.
Sono state scelte Aziende Ospedaliere come oggetto dell’attività di sopralluogo sia per i possibili
specifici rischi interferenziali (che l’indagine ha confermato), sia per dimensioni specifiche delle
imprese di pulizia coinvolte, in un quadro generale dove il 92% delle Aziende ha meno di 10
addetti.
Sono stati effettuati sopralluoghi in 12 Aziende Ospedaliere per un totale
di 19 imprese di pulizia: in aggiunta ai 19 DVR analizzati in Aziende
operanti negli Ospedali oggetto di sopralluogo, sono stati analizzati 52
DVR di altrettante imprese operanti in uffici, alberghi, mense. I principali
risultati di questo lavoro sono descritti nel documento e si possono così
sintetizzare: il fenomeno infortunistico nelle imprese di pulizia è
significativo, gli indici di incidenza ricavati dai dati INAIL sono nettamente
superiori all’indice di incidenza medio per tutte le attività e sono confrontabili con quelle di settori
ad alto rischio infortunistico (trasporti, edilizia).
Non abbiamo invece dati certi sulla gravità, non essendo stato possibile calcolare l’indice
specifico: dalla bassa percentuale di infortuni permanenti sul totale (2-4%) si può ipotizzare una
ridotta gravità degli infortuni, i più gravi dei quali risultano (pure nei limiti del ridotto campione nel
quale viene fatta questa valutazione) quelli da caduta da scala portatile, spesso utilizzata in
attività che comportano l’utilizzo di entrambe le mani, movimento degli arti che facilitano lo
sbandamento e la perdita di equilibrio, pesi da sollevare (secchio d’acqua).
Prevalgono gli infortuni legati a condizioni lavorative specifiche quali scivolando, cadendo
(pavimenti bagnati, scivolosi), urto-schiacciamento (attrezzature, spazi ridotti), movimentazione
manuale dei carichi (sacchi pesanti da sollevare, arredi, tavoli da
spingere, spostare, sollevare secchi). Sono segnalati infortuni da
contatto o inalazione con prodotti chimici (es. crisi respiratorie acute, di
inalazione di vapori di cloro prodotti dalla miscelazione di ipoclorito di
sodio con acidi forti).
Di particolare interesse gli infortuni a rischio biologico prevalentemente
da aghi o taglienti a sospetta contaminazione, più raramente da
contatto con materiale biologico: nel gruppo di imprese che operano
in Ospedale quasi il 18% degli infortuni è di questo tipo, nelle imprese in generale la percentuale è
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intorno al 4%, espressione di un rischio che non riguarda solo gli Ospedali, ma anche gli alberghi
(punture da ago, lamette, forbicine).
L’analisi della letteratura (in particolare del rapporto redatto nel 2005 dalla “European Agency For
Safety And Healt At Work”, dal titolo “Preventing harm to cleaning workers”) e i dati raccolti in 365
questionari da noi somministrati a lavoratori di imprese di pulizia che operano negli Ospedali,
hanno permesso di mettere a fuoco gli altri rischi tipici del settore. A partire dai carichi di lavoro
che sono elevati, ancor più in un contesto di forte competitività che spinge a ridurre i costi, che
significa fare lo stesso lavoro con meno persone. L’alta percentuale di lavoratori che nel nostro
campione giudica pesante il lavoro, intensi i ritmi, insufficiente il personale e inadeguato il tempo a
disposizione conferma gli studi riportati in letteratura: tra questi di particolare interesse quelli che
evidenziano per alcune attività elevati carichi cardiorespiratori, dato rilevante tenuto conto
dell’età media elevata di questa popolazione lavorativa (il 50%, secondo stima europea, ha più di
45 anni).
L’attività di pulizia comporta atteggiamenti posturali spesso sfavorevoli e spesso associati a
movimentazione di pesi (secchi, attrezzature): schiena flessa
anteriormente e inarcata, braccia a livello delle spalle o più in
alto, torsione del tronco, posizione accovacciata, sono posture
che occupano la gran parte del tempo di lavoro; attività come
l’utilizzo dello straccio bagnato comportano un significativo
sovraccarico biomeccanico degli arti superiori; studi effettuati
utilizzando la check-list Ocra hanno dimostrato un rischio
significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori; anche l’attività di spinta dei carrelli valutata
col metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo.
Le valutazioni espresse dai lavoratori del nostro campione confermano le criticità di atteggiamenti
posturali, movimentazione dei carichi, movimenti ripetitivi degli arti superiori: a ciò fa riscontro la
prevalenza significativa di disturbi dell’apparato locomotore, in particolare delle spalle e della
schiena e con un significativo interessamento del polso (il 20% dei lavoratori soffre o ha sofferto di
sindrome del tunnel carpale, che nella popolazione non esposta è attestato sul 9%).
L’utilizzo di numerosi prodotti e la liberazione di sostanze chimiche durante i processi di pulizia
condizionano un rischio chimico che in letteratura viene riferito in
particolare all’asma bronchiale (1.7 volte più frequente nei
lavoratori delle imprese di pulizia rispetto alle altre occupazioni) e
alla dermatite irritativa o allergica alle mani: nella nostra indagine
si è evidenziata una significativa presenza di disturbi irritativi
durante l’attività lavorativa (bruciore agli occhi, tosse stizzosa,
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arrossamento e bruciore alle mani) con un’asma bronchiale, diagnosticati nel 9% del campione.
Una sintomatologia piuttosto frequente è quella da fenomeno di Raynaud, dove il contatto
frequente con acqua fredda si combina con un possibile problema di vibrazioni mano-braccia
collegato alla cattiva manutenzione o alle vetustà delle attrezzature utilizzate.
Per quanto riguarda quello che viene definito “rischio psicosociale” molti sono i fattori che
vengono evidenziati: il rapporto di lavoro spesso precario, il
lavoro per turni, il lavoro notturno, il lavoro isolato, la
mancata chiarezza riguardo a compiti e responsabilità, lo
scarso riconoscimento sociale. In letteratura sono segnalati
disturbi psichici soprattutto nelle fasce di età più elevate e
nei lavoratori immigrati.
L’attività di sopralluogo con somministrazione dei questionari e quella di acquisizione di registro
infortuni e DVR sono servite prima di tutto ad acquisire i dati che sono stati fin qui riportati, ma
anche a prescrivere una serie di provvedimenti frutto degli accertamenti svolti nel corso del
sopralluogo e dell’analisi della documentazione acquisita.
Alcuni provvedimenti hanno riguardato i locali a disposizione dei
lavoratori come spogliatoi, servizi igienici, refettori: a nove
aziende operanti in 6 ospedali, sono state contestate violazioni
dell’art. 63 punto 1 del D.Lgs 81/2008 con relativo verbale di
prescrizione. A due Aziende, in due diversi Ospedali, è stato
contestato l’art. 71 punto 6 per l’inadeguatezza delle attrezzature
messe a disposizione per i lavoratori, con relativo verbale di prescrizione. A 15 Aziende operanti in 9
Ospedali è stato contestato l’art. 77 punto 4 comma A in riferimento all’obbligo del datore di
lavoro di assicurare le condizioni di igiene delle divise di lavoro
mediante il loro lavaggio. Inoltre in alcuni casi (7 Aziende) è stata
data una disposizione per una revisione dei rispettivi DVR. Al termine di
questa fase, si è svolto un incontro con gli RLS, RSA, CGIL, CISL e UIL
dove sono stati presentati alcuni dati relativi al lavoro svolto e discussi i
problemi e le difficoltà legati anche alle caratteristiche del settore.
Di fronte alla debolezza della rete di RLS, molti nominati in modo
estemporaneo, molti privi di formazione, appare necessario
perseguire in tutte le situazioni accordi tra organizzazioni sindacali e
aziende, che permettano una presenza di Rappresentanti dei lavoratori adeguata sia dal punto di
vista quantitativo che dal punto di vista della formazione.
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Una prima considerazione va fatta e riguarda i DVR esaminati: il fatto che solo in 7 casi si sia data
una disposizione per una loro revisione non deve trarre in
inganno, essendo espressione della “prudenza” con cui fino
ad oggi si è gestito come organo di vigilanza il problema
della inadeguatezza del DVR, inadeguatezza diffusa ma in
questo settore particolarmente marcata. Non che manchi
l’impegno dei datori di lavoro (anche le più piccole aziende
hanno provveduto a redigere un documento) nè le
capacità degli estensori (molti DVR sono veri e propri
manuali omnicomprensivi), ma manca il senso reale del DVR, cosi come è ben descritto dall’art. 28
del D.Lgs 81/2008 secondo il quale il datore di lavoro deve “garantire la completezza e l’idoneità
(del DVR) quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione
per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza”. Noi abbiamo invece trovato
manuali, più o meno ben fatti, dove nel migliore dei casi, per ogni rischio vengono descritti
definizioni, criteri di valutazione, indici di rischio, procedure attuate e azioni di intervento previste
ma in astratto, senza alcun reale riferimento a specifiche, concrete mansioni/attività.
Il che spiega come sia possibile fare un unico DVR adattabile a qualsiasi luogo di lavoro in cui si
operi. È anche l’espressione di un non funzionamento reale del sistema di prevenzione aziendale
come voluto dal D.Lgs 626/94 e poi ripreso nel D.Lgs 81/2008. Non c’è traccia di consultazione di
RLS (art. 50 1 b) né più in generale di un coinvolgimento dei lavoratori; non c’è traccia di
coinvolgimento del medico competente (art. 29 punto 1) dal quale possono venire indicazioni
anche più precise di quelle che noi abbiamo ottenuto attraverso i questionari, indispensabili per
una corretta valutazione dei rischi; in nessun caso sono presi in considerazione gli infortuni,
anch’essi, con tutta evidenza, indicatori estremamente utili e in generale non c’è alcun riferimento
ai luoghi “fisici” in cui questi lavoratori si cambiano, utilizzano i servizi igienici, mangiano.
Noi crediamo che questi DVR debbano essere rivisti alla luce dell’art. 28 perché diventino quelli
che dovrebbero essere ”strumenti operativi di pianificazione degli interventi di prevenzione” e
crediamo che l’organo di vigilanza debba utilizzare lo strumento della prescrizione in tutti i casi in
cui non ci sia rispondenza a quanto previsto dalla norma.
Per quanto riguarda il medico competente crediamo che, in linea di
massima, il rischio da patologia da sovraccarico biomeccanico renda
obbligatoria la sua nomina: i non molti programmi sanitari che abbiamo
visto riproducono per lo più la tendenza a inserire nei protocolli inutili esami
ematochimici da ripetersi con inutile regolarità assieme a esami
strumentali magari utili (vedi prove di funzionalità respiratoria) ma con
periodicità senza significato. Come sempre anamnesi ed esame obiettivo
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sono in grado di fornire gli elementi più preziosi. Un intervento specifico del medico competente
riguarda situazioni lavorative in cui sussiste un rischio biologico il che si può verificare, come si è
visto, nelle strutture sanitarie e sociosanitarie: qui è necessario che si applichi l’art. 279 punto 2 a del
D.Lgs 81/2008 che obbliga il datore di lavoro, “su parere conforme del medico competente” a
mettere a disposizione vaccini efficaci che nel nostro caso sono il vaccino per l’Epatite A (è
dimostrata la significativa prevalenza di Epatite A in operatori sociosanitari presso RSA) e per
l’Epatite B (significative percentuali di ferita da punture e taglio).
Per quel che riguarda spogliatoi, refettori e servizi igienici abbiamo verificato condizioni varie, ma
spesso non rispondenti ai requisiti igienico strutturali che il D.Lgs 81/2008 prevede. È necessario che
la rispondenza a questi requisiti entri nel contratto fra Azienda appaltatrice e appaltante, fermo
restando che l’organo di vigilanza emetterà in tutti questi casi verbali di prescrizione.
Da ultimo la questione del lavaggio delle divise da parte dell’azienda, che è stato oggetto di
numerosi verbali di prescrizione. Noi partiamo da un dato incontrovertibile e cioè che gli addetti
delle pulizie svolgono un’attività che li espone a contatto con
polveri o sporcizia più grossolana, allo stato solido o gassoso,
che possono contenere diversi tipi di particolato come detriti
umani, carta, microrganismi, composti volatili organici e
composti organici non volatili: alcuni studi indicano la presenza
di circa 200 diversi tipi di VOC. Oltre alla polvere ci può essere
un contatto con i liquidi utilizzati per le attività di pulizia, con
vapori che si liberano durante la miscelazione di prodotti e, in
ambito sanitario, con materiale biologico. Assimilare in questa situazione il vestito da lavoro ad
un’uniforme di riconoscimento tipo portiere di albergo non sembra sostenibile: è molto più
ragionevole riconoscere che la divisa ha anche lo scopo di “proteggere la salute dei lavoratori” e
assimilarla a un DPI per il quale il datore di lavoro deve assicurare le condizioni di igiene e quindi
provvedere anche al suo lavaggio.
Si ottengono due risultati aggiuntivi: evitare che il lavoratore si porti a casa abiti da lavoro
variamente imbrattati, con i problemi igienici connessi, e assicurare che il lavaggio, centralizzato,
avvenga in modo corretto. Una sentenza della Corte di Cassazione del 14 Novembre 2005 n.
22929, una circolare del Ministero del Lavoro del 29 Aprile 1999 n. 34/99 e una Sentenza del Giudice
del Lavoro di Arezzo dell’11/01/2010 supportano la nostra posizione e i conseguenti provvedimenti.
PROPRIO A PARTIRE DA QUESTI ELEMENTI, ACQUISITI NEL CORSO DELL’ATTIVITÀ DI
QUEST’ANNO, POSSIAMO PROMUOVERE IL PROSEGUIMENTO DEL PROGETTO CON
UN’ESTENSIONE DEI CONTROLLI OLTRE CHE CON AZIONI DI INFORMAZIONE E PROMOZIONE.
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In un recente rapporto dell’European Agency for Safety and Health at Work (“Preventing harm to
clearing workers” 2009), le imprese di pulizia vengono definite “uno dei settori più importanti e
dinamici tra i settori dei servizi nella U.E.” In effetti il numero di imprese di pulizia è andato
aumentando a livello europeo in modo continuo: nel 1989 erano 31.809, nel 1996 erano 47.439 fino
ad arrivare a 129.000 nel 2006 con circa 3.600.000 addetti, dato che deve essere considerato una
sottostima dal momento che molti lavoratori lavorano in nero. Il settore è costituito
prevalentemente da imprese piccole o molto piccole. Nel 2006 circa l’85% delle aziende di pulizia
ha meno di 50 addetti ma soprattutto il 70 % delle aziende ha meno di 10 addetti. Circa il 70% dei
lavoratori lavora part-time; altra caratteristica il lavoro femminile: il 77 % degli addetti sono donne.
Occorre poi tenere presente l’alto numero di lavoratori che lavorano “in proprio”, soprattutto nelle
case private. Nel settore pulizie affluiscono diversi tipi di attività, le più comuni delle quali sono
pulizie degli uffici, delle scuole, ristorazione e alberghi, case di ricovero e cura e ospedali, abitazioni
private e condomini, industrie. Il giro di affari generato nel 2006 è 54 miliardi di euro contro i 44,5 nel
2003: prevale la pulizia degli uffici (55,4%), la pulizia nelle industrie, comprese le catene di
ristorazione (11,7%), pulizia di facciate e finestre (6,1%), pulizia di ospedali e case di cura (7%),
scuole (3,4%), ecc.. La forza lavoro è per l’86,2% costituita da operai, solo una piccola parte è
rappresentata da manager, preposti, personale tecnico e amministrativo. Per quanto riguarda
l’età, secondo uno studio finlandese, il 50% dei lavoratori europei del settore ha più di 45 anni.
Un’ampia percentuale di lavoratori delle pulizie è costituita da immigrati: nell’Unione Europea la
stima è intorno al 30% con punte elevate in Austria (70%) e Svezia (53%).
Per quanto riguarda l’Italia dati più precisi vengono dai Flussi Informativi INAIL (Tariffe INAIL 04
Codice Ateco 74): nel 2006 le aziende complessive sono 49.175 con più di 290.000 addetti (vedi
tab. 1).
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IMPRESE DI PULIZIA - ITALIA
Tab. 1 – Fonte INAIL Il dato del numero di imprese differisce notevolmente da quello di fonte europea perché le
aziende lì rappresentate sono quelle comprese nella “European Federation of Cleaning Industries”
(quindi un numero ridotto rispetto al totale), mentre gli addetti che risultano dai “Flussi Informativi
INAIL” sono proporzionalmente inferiori perché non sono il numero assoluto di addetti ma “addetti
INAIL”, espressione delle ore effettivamente lavorate. Il numero di addetti INAIL si ottiene attraverso
un algoritmo che mette in rapporto il totale dei salari annui percepiti dai lavoratori del settore e la
retribuzione media annuale. Un addetto Inail, proprio per sua caratteristica, rappresenta quindi
qualcosa di più di un lavoratore in carne e ossa, corrisponde infatti mediamente a circa 1,1 – 1,2
lavoratori reali. La frammentazione del settore appare nei dati italiani molto più evidente: il 92%
delle imprese ha meno di 10 addetti e il 98,8% ha meno di 50 addetti.
Per quanto riguarda la Regione Lombardia i dati sono riportati nelle Tab. 2 e 3. La tendenza
all’aumento di imprese e addetti appare evidente così come la frammentazione del settore (92,3%
Dimensione gruppo
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Aziende 41317 42321 45228 44719 42653 44446 44852 <10
Micro impresa Addetti 74650 79814 84649 86126 82856 88085 89171
Aziende 2599 2845 2923 3038 2963 3573 3480 10-49
Piccola impresa Addetti 49171 54586 55821 58622 46753 69949 68880
Aziende 438 465 470 478 464 720 742 50-249
Media impresa Addetti 44127 45812 45897 47692 45568 70394 71910
Aziende 48 62 57 61 57 97 101
>249 Grande impresa
Addetti 42108 47777 50761 46477 43728 63286 65845
Aziende 44402 45693 48678 48298 46137 48836 49175 Totale
Addetti 210056 227989 237128 238917 218905 291714 295806
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meno di 10 addetti). Per quel che riguarda Milano (vedi tab. 4 e 5), le considerazioni sono
sovrapponibili (93,6% di aziende con meno di 10 addetti).
Se si osservano i dati della Lombardia si nota un peso rilevante sul totale nazionale: nel 2006 il
numero di imprese lombarde è il 27,8% del totale e il numero di addetti il 22,4%.
IMPRESE DI PULIZIA – LOMBARDIA
Anno Aziende Dipendenti Artigiani Atipici Totale2000 11843 32193,3 6580,9 0,0 38774,2
2001 12264 38847,3 6752,7 0,0 45600,0
2002 14061 42678,4 6920,8 864,4 50463,6
2003 14419 47618,0 6903,7 1485,0 56006,7
2004 13541 49842,3 7130,4 2959,4 59932,1
2005 13573 51254,3 7330,0 3386,4 61970,7
2006 13683 53040,1 7475,8 4633,7 65149,6
2007 14533 58348,5 7922,0 4988,8 71259,32008 15057 63513,7 8475,9 5173,5 77163,1
Tab. 2 - Fonte INAIL
IMPRESE DI PULIZIA PER CLASSI DI ADDETTI – LOMBARDIA
Classi Addetti 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20080 330 354 470 537 407 418 419 412 592
da 0,1 a 1 6602 6501 7692 7340 6483 6484 6520 7013 7135
da 1,1 a 3 2872 3051 3286 3592 3474 3491 3539 3739 3805
da 3,1 a 10 1478 1695 1841 2051 2170 2205 2214 2282 2347
da 10,1 a 15 208 246 293 335 367 347 340 353 386
da 15,1 a 20 107 124 132 150 183 151 157 190 200
da 20,1 a 30 120 131 145 173 166 179 175 191 214
da 30,1 a 100 101 127 168 204 242 243 256 290 302
da 100,1 a 200 14 20 20 23 30 37 40 44 50
da 200,1 a 500 10 11 12 12 17 15 18 15 21
da 500,1 a 1.000 1 4 2 2 2 3 4 2 3da 1000,1 a 5.000 0 0 0 0 0 0 1 2 2
Tab. 3 - Fonte INAIL
IMPRESE DI PULIZIA – MILANO
Anno Aziende Dipendenti Artigiani Atipici Totale2000 4234 12680,8 2015,5 0,0 14696,3
2001 4371 14456,6 2083,9 0,0 16540,5
2002 5162 15478,1 2185,8 210,5 17874,4
2003 5189 16008,0 2219,0 437,0 18664,0
2004 4754 16298,9 2262,1 978,2 19539,2
2005 4717 16854,9 2297,8 1094,8 20247,5
2006 4751 17795,8 2327,3 1363,3 21486,4
2007 5050 19684,4 2478,1 1591,0 23753,52008 5189 21760,3 2636,4 1834,0 26230,7
Tab. 4 - Fonte INAIL
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IMPRESE DI PULIZIA PER CLASSI DI ADDETTI – MILANO
Classi Addetti 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 20080 135 111 153 168 137 123 117 144 206
da 0,1 a 1 2655 2639 3243 3015 2630 2640 2700 2846 2881
da 1,1 a 3 843 943 1027 1173 1083 1092 1040 1134 1135
da 3,1 a 10 416 472 505 573 603 573 599 629 646
da 10,1 a 15 63 78 85 96 110 103 95 88 96
da 15,1 a 20 34 34 35 39 57 41 48 48 45
da 20,1 a 30 33 34 44 47 39 46 47 48 54
da 30,1 a 100 36 40 51 62 74 75 77 87 93
da 100,1 a 200 12 12 11 10 14 17 18 16 19
da 200,1 a 500 6 6 7 5 6 6 8 8 11
da 500,1 a 1.000 1 2 1 1 1 1 2 1 2da 1000,1 a 5.000 0 0 0 0 0 0 0 1 1
Tab. 5 - Fonte INAIL Il rapporto Europeo precedentemente citato riporta alcuni dati, peraltro assai disomogenei, sul
fenomeno infortunistico nel settore delle pulizie in alcuni paesi della CE.
In Belgio gli infortuni nei lavoratori delle pulizie sono aumentati tra il 1999 e il 2001 del 18,2% (IF1 da
38,16 a 45,16) e sono poi calati tra il 2001 e il 2004 del 31,9% (IF da 45,16 a 30,72). Anche l’indice di
gravità2 è calato. In ogni caso gli incidenti nel settore delle pulizie accadono con più frequenza e
sono più gravi della media di tutti i settori (IF 30,72 contro 26,6; IG 0,90 contro 0,64)
annonumero
infortuni
n° infortuni
mortali
n° giorni
persi
indice di
Frequenza
indice di
Gravità1999 1622 2 44476 38,16 1,05
2000 1945 2 51489 44,36 1,17
2001 2013 1 48435 45,13 1,09
2002 1797 0 50366 41,19 1,15
2003 1487 1 39961 33,76 0,91
2004 1380 3 40616 30,72 0,90
INFORTUNI IMPRESE DI PULIZIA - BELGIO
Fonte EU-OSHA
Lo studio belga esamina 1525 infortuni accaduti nel 2005, 157 con esiti permanenti. In 650 casi gli
infortunati sono donne contro 868 maschi.
Sebbene le donne rappresentino la maggior parte degli addetti, sono gli uomini ad avere più
infortuni il che può essere collegato al tipo di lavoro a più alto rischio (pulizia industriale, pulizia
finestre, smaltimento rifiuti). Le contusioni rappresentano l’esito più frequente degli infortuni (43%).
Le parti del corpo più colpite sono dita, piedi e anca, mani e braccia.
In Gran Bretagna gli infortuni stimati nel 2005 - 2006 sono approssimativamente 3.500 di cui più di
700 classificati come gravi. Un’analisi degli incidenti gravi avvenuti tra il 2003 e il 2006 evidenzia che
1 I.F. Indice di Frequenza = (numero infortuni/ore lavorate) * 1.000.000
2 I.G. Indice di Gravità = (numero giorni infortuni/numero ore lavorate) * 1.000
10
scivolamento e caduta, movimentazione manuale di carichi, caduta dall’alto sono i più frequenti
infortuni. Stupisce il numero assoluto degli infortuni inglesi se confrontato con quelli di Germania
(circa 13.000) e Italia (circa 23.000).
In Germania gli infortuni sono aumentati notevolmente tra il 2002 e 2003 (+23%) e sono poi andati in
calo. La maggior parte degli infortuni con assenza da lavoro riguarda la fascia di età 50 - 59 seguiti
dal gruppo 60 - 64: è un andamento che non muta negli anni. La maggior parte degli infortuni con
esiti permanenti accade nella fascia di età 60 - 64 mentre quelli mortali prevalgono nella fascia 50
- 59. Sono dati assoluti che andrebbero correlati con il numero di addetti per fascia di età ma che
rappresentano comunque una situazione molto diversa da quella italiana in cui, come vedremo,
una estrema minoranza di infortuni avviene oltre i 50 anni.
inabilità
temp.
inabiltà
perm.mortali
inabilità
temp.
inabiltà
perm.mortali
inabilità
temp.
inabiltà
perm.mortali
inabilità
temp.
inabiltà
perm.mortali
<20 187 0 0 170 0 0 102 0 0 220 0 0
20-24 480 2 0 587 2 0 605 2 0 425 5 0
25-29 1366 3 0 1938 8 0 1745 3 1 1389 2 0
30-34 1236 7 0 1776 8 0 1516 6 0 1308 5 0
35-39 1633 9 0 1841 16 1 1881 6 0 1147 11 0
40-49 1866 7 0 2323 15 0 2053 15 0 1603 11 0
50-59 3707 28 2 4819 51 2 4197 38 0 3403 49 1
60-64 2610 61 0 2808 69 2 2818 64 1 2658 66 2
>65 511 26 0 499 26 1 572 30 0 468 22 0
Sconosc. 210 18 0 250 40 1 330 34 1 175 34 0
Totale 13806 161 2 17011 235 7 15819 198 3 12796 205 3
INFORTUNI IMPRESE DI PULIZIA - GERMANIA
Fonte EU-OSHA
2005età
2002 2003 2004
Le cause più frequenti sono scivolamento e caduta (28%) spostando oggetti (38%) caduta dall’alto
(6%) e usando attrezzi (6%). Le più importanti conseguenze sono contusioni (34%) distorsioni (19%)
fratture (12%). L’indice di frequenza nei lavoratori immigrati è più alto di quello dei lavoratori
autoctoni.
Non sono riportati dati relativi all’Italia e non sono ritrovabili nella letteratura italiana studi relativi
agli infortuni in questo settore dei servizi. Il Servizio di Prevenzione e sicurezza negli Ambienti di
Lavoro della ASL di Milano ha avviato, nel corso del 2010 un “Progetto Imprese di Pulizia” volto a
studiare il fenomeno degli infortuni e più in generale a delineare il profilo di rischio in un settore
dove il oltre al rischio di infortuni sono presenti altri rischi come il rischio chimico, il rischio biologico, il
rischio da movimentazione manuale dei carichi e da movimenti ripetitivi, il rischio “psicosociale”.
11
PRIMO CAPITOLO
3.1 Infortuni (Italia, Lombardia, Milano):
Se si osserva l’andamento del fenomeno infortunistico in Italia nel periodo che va dal 2000 al 2006
(tab. 6) si nota che il numero di infortuni temporanei è leggermente aumentato (+8,4%), quello
degli infortuni permanenti è nettamente aumentato (+83,3%), gli infortuni mortali sono passati da 28
a 26 (dopo essere scesi fino a 15 nel 2003), l’indice di incidenza3 è calato (da 98,9 a 77,8), la
percentuale di infortuni permanenti sul totale nettamente aumentata (dal 2,6% al 4,4%).
IMPRESE DI PULIZIA - ITALIA
Tab. 6 – fonte INAIL
3 Indice di Incidenza = (numero di infortuni / addetti INAIL) * 1.000
Dimensione gruppo 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Inf. Mortali 10 7 12 4 5 9 6 Inf. Permanenti 157 174 194 206 220 262 245 Inf. Temporanei 3986 4203 3917 3746 3282 3822 3641 Inf. Indennizzati 4153 4384 4123 3956 3507 4093 3982
<10 Micro impresa
Ind. incidenza 55.63 54.9 48.7 45.9 42.3 46.5 43.6 Inf. Mortali 6 11 8 8 8 4 9
Inf. Permanenti 166 161 178 207 203 273 291 Inf. Temporanei 5246 5215 4917 4876 4359 5665 5331 Inf. Indennizzati 5418 5387 5103 5091 4570 5942 5631
10-49 Piccola impresa
Ind. incidenza 110.2 98.7 91.4 86.8 80.5 84.9 81.7 Inf. Mortali 8 0 2 1 3 4 6
Inf. Permanenti 116 105 130 144 151 267 248 Inf. Temporanei 4968 4888 4585 4242 4164 6200 6347 Inf. Indennizzati 5092 4993 4717 4397 4318 6971 6601
50-249 Media impresa
Ind. incidenza 115.4 109 102.7 91.9 94.7 91.7 91.8 Inf. Mortali 4 4 2 2 3 2 5
Inf. Permanenti 112 108 110 125 110 194 226 Inf. Temporanei 5996 6784 5365 5299 4378 5994 6571 Inf. Indennizzati 6112 6896 5477 5426 4491 6190 6802
>249 Grande impresa
Ind. incidenza 145.1 144.3 107.9 116.7 102.7 97.8 103.3 Inf. Mortali 28 22 24 15 19 19 26
Inf. Permanenti 551 548 612 682 684 996 1010 Inf. Temporanei 20196 21090 18784 18163 16183 21681 21890 Inf. Indennizzati 20775 21660 19420 18870 16886 23196 23016
Totale
Ind. incidenza 98.9 95.0 81.9 78.9 77.1 79.5 77.8
12
addetti
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
< 10 35,94 33,48 32,35 31,10 30,23 29,20 28,06
da 10 a 49 47,99 44,23 43,25 41,14 40,12 38,71 37,91
da 50 a 249 46,68 44,62 43,32 41,37 40,65 39,03 39,11
> 249 29,34 28,68 28,11 26,99 27,37 27,23 26,56
totale 39,04 36,87 35,38 33,92 33,27 32,33 34,52
INDICE DI INCIDENZA INFORTUNI PER TUTTE LE ATTIVITA' PER CLASSI SI ADDETTI
anno
Tab. 7 - Fonte INAIL Si può rilevare che l’indice di incidenza, se paragonato a quello medio di tutte le attività (che
rappresenta sia il settore industriale che quello del commercio e dei servizi - vedi tab. 7), è
significativamente più elevato, addirittura il doppio. Si può ancora rilevare la marcatissima
differenza tra le imprese con meno di 10 addetti e le altre imprese rispetto all’indice di incidenza
che è nettamente più basso nelle “microimprese”. E’ una differenza che non si rileva negli indici di
incidenza che riguardano “tutte le attività” che non presentano sostanziali differenze nelle diverse
categorie di addetti (vedi tab. 7). È verosimile che, almeno in parte, il fenomeno sia legato a un
omissione di denuncia di una quota di infortuni, in particolare quelli con prognosi più bassa. Per
quanto riguarda il fenomeno infortunistico in Lombardia nelle tabelle 8 – 9 – 10 - 11 sono riportati
una serie di dati che caratterizzano questo fenomeno: il numero di infortuni tra 2000 e 2008 oscilla
tra 3.700 e 4.000 con una prevalenza per le donne (53% del totale) che però non corrisponde alle
differenze tra occupati maschi e occupati femmine, essendo quest’ultime nettamente
maggioritarie (il 77% secondo il dato europeo). Sicuramente una componente di rilievo sta nel tipo
di attività di pulizia che vengono affidate a lavoratori maschi, più impegnative e più pericolose. Il
giorno della settimana con più infortuni è il lunedì (circa il 20% del totale). Per quanto riguarda l’ora
solare se dividiamo la giornata in una parte che va dalle 8:00 alle 17:00, una che va dalle 18:00
alle 22:00 e una che va dalle 22:00 alle 7:00 otteniamo una percentuale di infortuni rispettivamente
del 71,5%, del 16,9% e del 11,6%: si tratta di un puro dato descrittivo mancando quello degli addetti
nelle rispettive fasce orarie che permetterebbe qualche ragionamento in più. Per quanto riguarda
le classi di età degli infortunati il dato 2008 vede il 33,8% nella classe di età 30 - 40, il 31% nella classe
di età 41 - 50, il 13,2% nella classe di età 51 - 60, l’1,2% oltre il 60 anni: anche qui mancando gli
addetti per classi di età non sono possibili considerazioni particolari: si può peraltro segnalare un
progressivo calo degli infortuni nelle classi di età 18 - 29 e 30 - 40 cui fa riscontro un tendenziale
aumento nelle classi di età 41 - 50 e 51 - 60: la differenza col dato tedesco è però estremamente
marcata.
13
INFORTUNI PER SESSO – LOMBARDIA
Sesso 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleF 1826 1900 1954 2014 1926 2098 2075 2214 2182 18189
M 1925 1762 1766 1909 1786 1690 1763 1810 1689 16100
Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289
Tab. 8 - Fonte INAIL INFORTUNI PER GIORNO DELLA SETTIMANA – LOMBARDIA
GiornoSettimana 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleLunedì 718 725 698 754 732 707 732 778 764 6608
Martedì 674 627 616 680 628 642 666 747 669 5949
Mercoledì 652 618 652 696 669 651 648 680 662 5928
Giovedì 644 616 638 725 642 676 693 727 643 6004
Venerdì 601 632 639 602 617 651 642 621 652 5657
Sabato 339 333 361 336 302 330 304 341 329 2975
Domenica 123 111 116 130 122 131 153 130 152 1168
Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289
Tab. 9 - Fonte INAIL INFORTUNI PER CLASSE DI ETA’ – LOMBARDIA
Classi Età 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 33 18 11 2 1 2 1 4 0 72
da 15 a 17 14 7 3 6 5 4 3 10 7 59
da 18 a 29 1186 946 873 911 820 783 707 737 638 7601
da 30 a 40 1376 1327 1392 1537 1430 1535 1460 1425 1312 12794
da 41 a 50 728 884 914 946 934 954 1064 1200 1202 8826
da 51 a 60 374 440 484 475 471 463 564 603 648 4522
da 61 a 65 36 34 41 40 46 40 28 31 58 354
Oltre 65 4 6 2 6 4 7 11 12 6 58
Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289
Tab. 10 - Fonte INAIL
14
INFORTUNI PER ORA SOLARE – LOMBARDIA
Ora Solare 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 55 74 213 215 214 302 364 445 551 2433
1 23 21 23 21 32 29 20 32 33 234
2 21 12 23 22 19 20 16 11 15 159
3 19 16 18 8 15 13 15 23 21 148
4 13 15 14 16 15 10 21 23 15 142
5 33 34 46 38 52 39 39 49 40 370
6 95 82 105 112 114 144 125 101 115 993
7 142 153 169 186 169 189 177 174 182 1541
8 262 276 252 280 293 276 302 294 268 2503
9 325 335 301 332 283 287 265 277 284 2689
10 449 446 370 418 397 372 347 353 321 3473
11 307 294 324 348 304 292 283 285 281 2718
12 231 252 208 266 194 225 222 259 217 2074
13 193 186 183 175 175 176 175 205 157 1625
14 223 214 194 226 196 216 207 215 190 1881
15 216 220 206 220 231 186 216 189 188 1872
16 257 204 232 219 214 216 221 235 204 2002
17 216 211 229 222 215 219 225 238 193 1968
18 200 175 193 191 176 166 183 170 182 1636
19 146 146 140 132 144 135 126 146 139 1254
20 120 130 120 115 121 100 117 129 108 1060
21 93 68 70 81 76 85 77 81 83 714
22 57 55 43 41 38 38 45 53 40 410
23 41 28 32 28 18 42 38 30 36 293
24 14 15 12 11 7 11 12 7 8 97
Totale 3751 3662 3720 3923 3712 3788 3838 4024 3871 34289
Tab. 11 - Fonte INAIL
INFORTUNI PER ESITO – LOMBARDIA
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008morte 5 4 1 2 1 6 7 5 0
inab. perm. 87 63 67 113 124 123 134 134 101
inab. temp. 3241 3084 2924 3114 2946 3006 3055 3095 2956
ind. inc 96,7 80,3 73,7 70,1 61,2 61,1 58,4 56,5 50,1
Tab. 12 - Fonte INAIL
15
La percentuale degli infortuni permanenti sul totale è, per il 2006, del 3,5% mentre nel 2001 era del
2,3%: si tratta come si vede di dati sostanzialmente in linea con quelli nazionali (tab. 6). Gli infortuni
mortali nel periodo 2000 - 2008 sono stati complessivamente 31 con un andamento molto
oscillante: nel 2008 non si è riscontrato in Lombardia alcun caso di infortunio mortale (Tab. 12). Per
Milano i dati sono riportati in Tab. 13 – 14 – 15 - 16: negli ultimi anni gli infortuni si assestano attorno ai
1000 con una leggera prevalenza negli uomini (52%), anche in questo caso molto più bassa se
raffrontata con il dato relativo all’occupazione femminile nel settore. Anche qui gli infortuni sono
più numerosi il lunedì; per quanto riguarda le classi di età degli infortunati il dato del 2008 vede il
32% nella classe di età 30 - 40, il 30,5% nella classe di età 41 - 50, il 20,5% nella classe di età 51 - 60, il
2,2% oltre i 60 anni: anche qui registriamo un tendenziale aumento degli infortuni nelle classi di età
più avanzate, più marcato rispetto al dato regionale.
INFORTUNI PER SESSO – MILANO
Sesso 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleF 489 501 507 491 468 474 506 552 549 4537
M 600 672 610 550 481 491 490 488 489 4871
Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408
Tab. 13 - Fonte INAIL INFORTUNI PER GIORNO DELLA SETTIMANA – MILANO
Giorno Settimana 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleLunedì 206 234 193 192 177 192 194 205 204 1797
Martedì 177 203 186 175 171 166 176 201 179 1634
Mercoledì 180 191 193 183 166 162 157 166 170 1568
Giovedì 181 183 188 190 184 160 188 187 169 1630
Venerdì 197 184 193 165 143 162 163 155 183 1545
Sabato 91 125 112 90 69 91 73 94 84 829
Domenica 57 53 52 46 39 32 45 32 49 405
Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408
Tab. 14 - Fonte INAIL INFORTUNI PER CLASSE DI ETA’ - MILANO
Classi Età 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 20 5 5 1 0 0 0 0 0 31
da 15 a 17 4 0 1 1 0 0 0 1 1 8
da 18 a 29 297 241 206 186 182 161 147 140 148 1708
da 30 a 40 388 422 394 398 366 391 359 335 336 3389
da 41 a 50 226 316 316 274 248 265 301 361 317 2624
da 51 a 60 142 167 177 166 139 133 180 187 213 1504
da 61 a 65 10 18 16 12 12 13 6 11 20 118
Oltre 65 2 4 2 3 2 2 3 5 3 26
Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408
Tab. 15 - Fonte INAIL
16
INFORTUNI PER ORA SOLARE – MILANO
Ora Solare 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 TotaleIndeterminata 29 21 51 50 65 58 74 120 126 594
1 10 10 11 4 8 10 7 7 9 76
2 6 6 10 14 13 9 9 6 5 78
3 7 11 11 2 3 3 6 8 10 61
4 2 5 8 5 9 3 7 5 4 48
5 7 7 11 9 10 11 12 20 10 97
6 23 22 26 27 26 26 36 19 33 238
7 31 44 48 50 47 67 47 34 49 417
8 70 75 71 75 78 68 81 81 61 660
9 98 119 89 95 74 86 81 81 68 791
10 134 148 120 129 96 89 98 81 100 995
11 87 99 127 111 77 70 83 76 89 819
12 64 77 56 68 49 63 55 65 61 558
13 69 62 73 43 51 52 44 58 49 501
14 65 85 54 57 61 61 61 67 53 564
15 67 81 61 71 60 50 62 43 55 550
16 77 58 64 51 45 51 54 52 60 512
17 44 54 52 49 45 55 35 48 41 423
18 56 51 45 38 37 34 37 45 39 382
19 38 37 40 34 28 36 31 34 35 313
20 44 44 39 25 32 24 31 33 33 305
21 32 24 19 17 22 16 20 22 23 195
22 13 17 13 10 9 12 9 22 11 116
23 11 11 13 5 3 10 9 10 13 85
24 5 5 5 2 1 1 7 3 1 30
Totale 1089 1173 1117 1041 949 965 996 1040 1038 9408
Tab. 16 - Fonte INAIL
INFORTUNI PER ESITO – MILANO
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008morte 1 2 0 0 0 1 0 1 0
inab. perm. 19 14 10 17 23 33 28 37 24
inab. temp. 917 982 846 818 752 758 780 777 770
ind. Inc. 74,1 70,9 62,5 55,8 48,6 47,7 46,3 43,8 39,6
Tab. 17 - Fonte INAIL
La percentuale degli infortuni permanenti sul totale è, per il 2008, il 2,3% mentre nel 2000 era lo
1,7%. Gli infortuni mortali nel periodo 2000 - 2008 sono stati 5 (tab. 17). Per comprendere meglio la
natura e le dinamiche degli infortuni nel settore abbiamo analizzato 18.692 infortuni provenienti dai
“flussi informativi INAIL”, avvenuti nel settore pulizie in Lombardia tra il 2000 e il 2008. Nello schema
seguente sono rappresentate le percentuali di incidenza delle diverse tipologie di infortuni espresse
dalle voci: “forma – deviazione – contatto – attività fisica” così come previsto dal sistema ESAW. Il
progetto ESAW (European Statitstics on Accidents at Work) nasce nel 1990 con lo scopo di
uniformare il metodo di raccolta dei dati relativi agli infortuni sul lavoro in tutti i paesi dell’unione
europea così che, anche se le legislazioni nazionali sugli infortuni sul lavoro presentano
17
caratteristiche diverse, sia possibile per l’Eurostat analizzare i dati di ciascun paese ed elaborare
statistiche confrontabili tra loro. Le variabili previste sono otto e vanno dal tipo di luogo al tipo di
lavoro svolto ma ognuna di esse presenta almeno tre livelli di ulteriore descrizione dell’evento
traumatico. È poi presente una voce “deviazione” che specifica come si è verificato l’infortunio e
una voce “contatto” che descrive l’elemento che ha provocato la lesione. In Italia il metodo ESAW
è operativo dal 2002 in fase sperimentale e dal 2006 in fase operativa.
INFORTUNI IMPRESE DI PULIZIA – LOMBARDIA (2000 – 2008)
Forma % Deviazione % Contatto % Attività Fisica %
urtato da
schiacciato da26,00%
perdita di controllo
attrezzatura/utensile16,10%
attrezzi
apparecchiature10,60%
lavorare con
utensili a mano o
motorizzati
12,30%
scivolando
inciampando20,20%
scivolando
inciampando19,50%
superficie di lavoro
e transito22,50%
movimenti scoordinati
torsione rotazione
girandosi sollevando
spostando
21,80%
spingendo tirando 1,50%
ha inalato 5,60%
traboccamento
vaporizzazione
aerosol
3,10% liquidi vapori schizzi 2,70%
si è punto con
punto da5,00%
caduta
dall'alto4,80% caduta dall'alto 5,70% scale passerelle 8,70%
sollevando
spostando
facendo sforzi
11,40%
Tab. 18 - Fonte INAIL
Il luogo dove è avvenuto l’infortunio può essere di qualche interesse: nel 17,7% dei casi si tratta di
“luoghi di produzione, officine, laboratori”, 10,8% in luoghi destinati a “magazzinaggio”, 13,8% in
“Uffici”, 1,5% “Ristoranti Alberghi”. Infine la natura e la sede della lesione: le contusioni sono il 40,3%
delle lesioni, le distorsioni sono il 25,6%, le ferite il 15%, le fratture il 9,7% mentre lesioni acute da
sforzo sono lo 0,7%; la sede della lesione è la colonna vertebrale nel 15,7% dei casi, arti superiori nel
31,5% dei casi, arti inferiori nel 27,4% dei casi, le spalle sono coinvolte nel 5,5%.
18
Cadute da scale portatiliCadute da scale portatiliCadute da scale portatiliCadute da scale portatili
Nelle imprese di pulizia il dato preso dai flussi informativi INAIL oscilla tra un 4,8% (forma) e un 8,7%
(contatto); nel campione che deriva dal registro infortuni che lavorano in uffici, alberghi, aziende
(521 infortuni) gli infortuni da scale portatili sono il 7,1% del totale mentre nel campione che deriva
dal registro infortuni delle ditte che lavorano in ospedali (591 infortuni) il dato è decisamente più
basso (3,2%). La differenza è dovuta al fatto che la pulizia dei vetri non è svolta da queste aziende
per cui l’utilizzo di scale portatili è molto ridotto. Prestiamo particolare
attenzione agli infortuni da scale portatili poiché si tratta di infortuni
spesso gravi e talvolta mortali. Negli ultimi tre anni (giugno 2007 –
giugno 2010) la UOPSAL 1 della ASL di Milano ha svolto accertamenti su
251 segnalazioni di infortuni da caduta da scale portatili: il settore più
rappresentato è quello dell’edilizia con il 39% del totale seguito dalle
imprese di pulizia (29%) mentre il 18% degli infortunati stava svolgendo
interventi su impianti elettrici. Nell’analizzare questi infortuni due aspetti
sembrano di particolare interesse: il primo è determinato come si è
detto dalla gravità di questi infortuni. Non sono possibili raffronti statistici
data l’estemporaneità del campione esaminato ma ci sono alcuni
indicatori particolarmente evidenti quali gli infortuni mortali (tre) e gli infortuni con prognosi
superiore a 40 giorni che sono il 76% del totale. L’altro aspetto di interesse è che solo in un quarto
dei casi (25,1%) sono state riscontrate irregolarità o nelle caratteristiche delle scale o nelle modalità
del loro utilizzo (tipicamente situazioni di instabilità senza l’assistenza di un’altra persona). In realtà
la grande maggioranza degli infortuni avviene perché le scale portatili vengono utilizzate come
luoghi di lavoro, dove i lavoratori svolgono attività impegnando le due mani, spesso spostando o
sollevando pesi e spesso assumendo posture che facilitano lo sbilanciamento. In sostanza la
maggioranza degli infortuni avviene per perdita di equilibrio con un fattore aggravante spesso
presente che è la difficoltà o l’impossibilità di proteggersi dalla caduta con le mani impegnate
nell’attività lavorativa.
Per quanto riguarda i tre casi mortali in un caso il lavoratore è caduto da una scala doppia in
alluminio mentre cercava di sfilare con entrambe le mani un cavo che faceva resistenza (caduta
all’indietro da circa 2,5 m. con trauma cranico ed ematoma cerebrale); in un secondo caso il
lavoratore stava smantellando una parete divisoria a circa 2 m. su una scala doppia in legno, ha
perso l’equilibrio ed è caduto all’indietro (sfondamento della calotta cranica), nel terzo caso il
lavoratore è caduto all’indietro da una a scala a pioli in legno con i piedi a circa 1,80 m. da terra
(frattura base cranica). Se si osserva il tipo di lesioni riportate nell’infortunio si rileva ovviamente la
prevalenza di fratture dell’arto superiore (32,1%) ma nel 27,8% dei casi le lesioni riguardano gli arti
inferiori; nel 19,5 % dei casi c’è una diagnosi di trauma cranico, nel 12,4% frattura dei corpi
19
vertebrali. Gli infortuni che riguardano le imprese di pulizia sono naturalmente legati alle pulizie in
quota, tipicamente le pulizie dei vetri, delle tapparelle, degli androni: si tratta di attività che
comportano l’utilizzo delle due mani, movimenti degli arti che facilitano lo sbandamento e la
perdita di equilibrio, pesi da sollevare (secchio). Nel nostro campione gli infortuni che riguardano le
imprese di pulizia sono 72 e riproducono sostanzialmente i fenomeni che sono stati descritti
precedentemente. L’infortunio mortale che abbiamo già descritto è legato a un lavoro di pulizia di
un soffitto con sbilanciamento della scala a pioli: la tipologia di lesione e la gravità riproducono
quanto già visto. Il problema, come si è detto, sta nell’utilizzo di scale portatili come posti di lavoro.
Il problema è presente anche al legislatore che ha cercato di limitarlo con l’articolo 111 del D.L.vo
9 aprile 2008 n°81 che al comma 3 prevede che “Il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata
una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di
lavoro considerate più sicure non è giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve
durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare”. Resta
peraltro il problema di decidere quando si può parlare di “limitato livello di rischio” e si può definire
“breve” la durata di impiego della scala: allo stato attuale l’articolo è ampiamente disatteso e il
lavoro su scale a pioli viene svolto senza alcun tipo di valutazione da parte del datore di lavoro.
IIIInfortuni a rischio biologiconfortuni a rischio biologiconfortuni a rischio biologiconfortuni a rischio biologico
Il problema degli infortuni da taglienti in ambito sanitario è un problema ancora ben presente: nel
luglio 2009 HOSPEEM (European Hospital and Heathcare Employers Association) e EPSU (European
Public Service Union) hanno firmato un “accordo in materia di prevenzione degli infortuni originati
da oggetti taglienti all’interno dell’ospedale e nel settore sanitario” che viene applicato a “tutti i
lavoratori all’interno di ospedali e nel settore sanitario”, sia addetti a servizi (compresi i servizi di
pulizia) che a “specifiche attività sanitarie”. A seguito di tale accordo, nel marzo 2010, il Consiglio
dell’Unione Europea ha emanato una direttiva (7023
(Presse49)) che obbliga gli stati membri a introdurre nella
propria legislazione norme atte ad implementare le
procedure di sicurezza relative all’utilizzo e allo smaltimento
di attrezzature mediche che possono provocare ferite entro
il termine di tre anni dalla data di sottoscrizione della stessa.
Accanto agli operatori sanitari sono quindi presi in
considerazione altri lavoratori a rischio: in uno studio
riguardante 24 ospedali tedeschi tra il 30 ottobre 2003 e il 21 ottobre 2008 sono stati registrati gli
infortuni da punture d’ago o da taglienti con sangue o liquidi biologici: sono stati registrati 2.452
casi di cui 71 (il 3% del totale) hanno riguardato gli addetti alle pulizie. Nella nostra indagine nelle
imprese di pulizia in 12 ospedali milanesi la percentuale di infortuni da ago o taglienti è il 17,6% su
20
un totale di 591 infortuni avvenuti tra il 2005 e il 2010. Tale dato è sostanzialmente sovrapponibile a
quello ricavabile dai questionari somministrati dove il 16% degli intervistati dichiara di aver avuto
almeno un infortunio da puntura di ago. Alla domanda “a chi si rivolge in caso di infortunio da
puntura “ il 33% risponde “al responsabile”, il 28% “al pronto soccorso”, il 18% non sa a chi rivolgersi,
il 16% si rivolge “al capo servizio” e poi “capo area” (3%), direzione sanitaria, rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza, medico di base. La percentuale di infortuni da ago o taglienti negli
ospedali risulta invece significativamente più elevata del dato che emerge dall’analisi del registro
infortuni di 21 aziende medio-piccole operanti sempre nel settore delle pulizie ma in ambito non
sanitario (4,5%). Negli ospedali si registrano poi alcuni infortuni (0,7%) da contatto con liquidi
biologici. Nello studio compiuto su 18.962 infortuni estratti dai “flussi informativi INAIL”, avvenuti tra il
2000 e il 2008 nelle imprese di pulizia si constata che la forma “si è punto con” rappresenta il 5% del
totale. Che il problema non sia esclusivo degli ospedali o degli ambiti sanitari lo dimostra uno studio
condotto dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano in 20 alberghi milanesi dove sono stati presi in
considerazione 401 infortuni avvenuti tra il 2003 e il 2008 nel personale addetto alle pulizie: il 6,2%
degli infortuni era da punture d’ago o da taglienti, in larga prevalenza siringhe buttate nel cestino
della spazzatura ma anche lamette e forbicine.
Infortuni da rischio chimicoInfortuni da rischio chimicoInfortuni da rischio chimicoInfortuni da rischio chimico
I lavoratori delle pulizie usano molti tipi di prodotti per rendere più agevole la rimozione della
polvere e dello sporco piuttosto che per disinfettare superfici. L’esposizione dipende dal tipo di
prodotti usati e dalle condizioni con cui sono usati: frequenza e modalità di utilizzo, l’efficienza del
ricambio d’aria durante e dopo la pulizia, l’uso di misure protettive condizionano la dose di
esposizione e quindi l’effetto. Talvolta è l’uso scorretto
dei prodotti che può accrescere il rischio per i lavoratori,
come ad esempio l’utilizzo in quantità eccessiva, la
miscelazione incongrua di differenti prodotti,
inappropriati metodi di pulizia. In linea di massima
l’esposizione a sostanze chimiche in attività di pulizie è
causa di affezioni croniche sia dell’apparato respiratorio
che, in misura maggiore, della cute. Come si può rilevare
dalla tabella 19 ci sono però una serie di sostanze ad
azione irritativa o corrosiva che possono determinare
eventi acuti quindi veri e propri infortuni. Una situazione
tipica di rischio è data dalla miscelazione di prodotti diversi: la situazione più pericolosa è quella in
cui si miscela ipoclorito di sodio con acido fosforico (pulizia del wc) o con acido cloridrico
(decalcificante) perché si sviluppano vapori di cloro asfissianti. Meno frequente è la miscela di
21
ipoclorito di sodio con sali di ammonio utilizzata per lavare i pavimenti con lo straccio. Tale miscela,
peraltro è preparata perlopiù senza conoscere la proporzione corretta tra candeggina e sali di
ammonio, può portare anch’essa alla liberazione di vapori di cloro o cloramine con possibili effetti
acuti a carico dell’apparato respiratorio.
Rischi chimici nei lavoratori addetti alle pulizie
Esempi di sostanze chimiche presenti nei prodotti di pulizia
Prodotti che contengono queste sostanze
Possibili effetti sulla salute
Azione corrosiva
Bruciore della pelle, dermatiti, in caso di contatto con gli occhi riduzione della vista o cecità (es. acido cloridrico)
Acidi (solforico, acetico, citrico, cloridrico, fosforico)
Pulizia di Servizi Igienici
Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose; problemi respiratori, possibile asma
Agenti Alcalini (e.g. idrossido d’ammonio,idrossido di sodio, silicati, carbonati)
Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose
Ipoclorito di sodio, aldeidi, composti di ammonio quaternario
disinfettanti Sensibilizzazione, irritazione delle mucose
Solventi (es. toluene alcoli, etere di glicoli come 2-butossietanolo)
Detergenti per pavimenti, prodotti per la pulizia sgrassanti, disinfettanti, detergenti, cere
Irritanti per la pelle e per le vie respiratorie, neurotossici, agenti tossici per la riproduzione
Sali di acidi grassi, organici solfonati
Detergenti, saponi Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose;
formaldeide
Usato come agente di conservazione o disinfettante nei detergenti per pavimenti, cere, detergenti, ecc.
Soprattutto reazioni allergiche, sensibilizzazioni
Agenti complessanti, es. EDTA, acido nitrilotriacetico (NTA)
Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose;
Prodotti coprenti, lucidanti(cera, polimeri acrilici, polietilene)
Prodotti per il trattamento delle superfici
Azione sensibilizzante
etanolamina
Prodotti anticorrosione, tensioattivi presenti nei prodotti per i pavimenti, prodotti per la pulizia di vetri e del bagno
Sensibilizzazione della pelle, irritazione delle vie respiratorie alte e basse asma-lavoro correlata
Tab. 19 – Fonte EU-OSHA L’esame degli infortuni analizzati attraverso i flussi informativi INAIL (vedi tab. 18) permette di rilevare
che questo tipo di infortuni non è così infrequente: si va da un 2,7% se ci si riferisce al “contatto”
“liquidi, vapori, schizzi” a un 3,1% se si fa riferimento alla voce “deviazione” (traboccamento,
vaporizzazione, aerosol), fino a un 5,6% con la forma “ha inalato” (in termini assoluti sono un
22
migliaio gli infortuni tra il 2000 e il 2008). Qualche ulteriore elemento di giudizio ci viene dall’esame
del registro degli infortuni negli altri due gruppi di aziende: nel gruppo di aziende che operano in
ospedale 14 infortuni (2,4%) di cui 4 ustioni, 9 cheratocongiuntiviti, 1 broncopatia irritativa da
inalazione; nell’altro gruppo 17 infortuni (3,3%) di cui 12 danni oculari e 5 ustioni.
Scivolare, inciampare, cadereScivolare, inciampare, cadereScivolare, inciampare, cadereScivolare, inciampare, cadere
L’infortunio più frequente nel settore delle pulizie è la caduta in piano dovuta in generale all’essere
scivolati o all’aver inciampato contro un ostacolo. Peraltro è lo stesso processo di pulizia che può
creare rischio di scivolamento, inciampo, caduta, come ad esempio la pulizia con straccio
bagnato che crea superfici scivolose. Anche se i pavimenti hanno buone caratteristiche
antiscivolo la presenza di sporcizia annulla questa caratteristica: in caso di pavimenti lisci la
presenza di sporcizia infatti crea una specie di film sul pavimento
e qualsiasi tipo di calzatura non è più in grado di evitare lo
scivolamento. Nel campione di infortuni ottenuto attraverso i
flussi informativi INAIL la voce “forma” è costituita per il 20,2% da
“scivolando, inciampando”, dato confermato dalla voce
“deviazione” (scivolando, inciampando 19,5%) e
sostanzialmente coerente con la voce “agente materiale”
costituita da “superficie di lavoro e transito” che costituisce il
22,5% del totale. L’esame degli infortuni presenti nei registri
infortuni delle imprese di pulizia oggetto di indagine evidenzia
che la percentuale di questo tipo di infortuni è elevata (26,4%
nelle imprese che lavorano in ospedale, 26,1% nelle altre) e
permette di ricostruire una serie di cause descritte: pavimento scivoloso, pavimento di per se non
scivoloso ma sporco o bagnato, scarsa aderenza della suola delle scarpe (DPI non adeguato),
ostacoli inaspettati (mobili bassi, bidoni della spazzatura, fili delle attrezzature utilizzate per le pulizie,
agglomerato di fili dispersi sul pavimento.
Rischio da movimentazione manuale dei carichiRischio da movimentazione manuale dei carichiRischio da movimentazione manuale dei carichiRischio da movimentazione manuale dei carichi
L’esame degli infortuni contenuti nel campione ottenuto attraverso i flussi informativi INAIL mette in
evidenza la presenza di infortuni legati alla movimentazione manuale dei carichi associata a
posture incongrue: la forma “sollevando, spostando, facendo sforzo” rappresenta l’11,4% ma
analizzando la voce deviazione si passa al 21,8% rappresentato da “movimenti scoordinati,
torsione, rotazione, girandosi, sollevando, spostando” cui si aggiunge un 1,5% di “spingendo,
23
tirando”. L’attività di pulizia comporta diversi atteggiamenti posturali che si alternano con elevata
frequenza: studi finlandesi hanno calcolato che il 36 - 56% del tempo lavorativo viene passato con
la schiena flessa anteriormente o inarcata, mentre il 24 - 43% del tempo con entrambe le braccia a
livello delle spalle o più in alto. Per un altro 14% viene assunta la posizione accovacciata (De Vito e
al. 2000). Sono valutazioni sostanzialmente confermate da altri studi (Bohile 2004 – Kimer 2006)
secondo i quali la percentuale di ore di lavoro passate piegati in avanti e/o con torsioni del tronco
varia dal 36 al 50% mentre dal 3 al 14% del tempo lavorativo
è svolto in posizione accovacciata. Durante la pulizia con lo
straccio la schiena dei lavoratori è piegata in avanti con un
angolo di circa 28° rispetto alla normale posizione verticale e
le spalle sono piegate in avanti a 50°. Un altro aspetto che
va considerato è quello del sollevamento/trasporto di pesi:
va peraltro sottolineato che allo sforzo statico e dinamico si
accompagna l’elevata frequenza di movimenti ripetitivi
delle braccia che costituiscono un elemento di rischio
aggiuntivo. Uno studio effettuato dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano utilizzando le check-list
O.C.R.A. sui camerieri di albergo addetti alle pulizie ha dimostrato l’esistenza di un rischio
significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori. Frequenti sono pure le attività di spinta di
carrelli: lo studio citato, applicando il metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo legato
alla spinta del carrello. In uno studio di Molteni e al. (2000) è stata registrata la forza in gioco
durante la spinta di un carrello per la sanificazione lungo un corridoio caratterizzato da pendenze
non superiori ai 4°: la movimentazione del carrello a pieno carico di liquidi risulta ai limiti proposti
per il 90% della popolazione normale. Gli autori ritengono peraltro, in considerazione della riduzione
della capacità lavorativa delle lavoratrici anziane, che sia opportuna una applicazione dei limiti
suggeriti da Snook-Ciriello ridotti del 10 - 20%. Un discorso a parte meritano le macchine utilizzate
che possono, in taluni casi, richiedere l’applicazione di elevata forza. Uno studio di Woods (1999)
evidenzia che molti problemi che riguardano gli addetti alle pulizie sono dovuti all’utilizzo e al
trasporto di macchine per pulizia (aspirapolvere, lucidatrici) inadatte per dimensioni e forma
rispetto alle necessità. Questo può costringere a posture incongrue con necessità di torsioni e/o
piegamenti. Nel caso di macchine con cattiva manutenzione (es. lucidatrici) la maggior parte dei
lavoratori riferisce la necessità di un significativo sforzo muscolare quando la macchina si muove
perché bisogna compensare con la forza fisica le difficoltà di controllo. Gli infortuni descritti nei
registri infortuni presi in visione, nel confermare una significativa prevalenza di questi infortuni (14,6%
nelle aziende che operano in ospedale, 15,8% nelle altre), permettono di comprendere meglio le
dinamiche: sollevare sacchi pesanti, spingere o tirare parti di arredi, tavoli, armadi per pulire,
sollevare secchi pieni d’acqua, chinarsi per sollevare il secchio dal pavimento al lavandino,
lucidatrici pesanti da spostare, contraccolpi da avviamento di macchine.
24
InInInInfortuni da urto, schiacciamentofortuni da urto, schiacciamentofortuni da urto, schiacciamentofortuni da urto, schiacciamento
Nel campione ricavato dai flussi informativi Inail la “forma” più frequente di infortunio è “urtato da”
che rappresenta il 26% del totale; la voce “attività fisica” ”lavorare con utensili a mano motorizzati”
il 12,3% del totale, la voce “agente materiale” comprendente “attrezzi, apparecchiature” il 10,6%
mentre la “deviazione” “perdita di controllo attrezzatura – utensile” rappresenta il 16,9% del totale.
Anche in questo caso il dato emerso dall’analisi dei registri infortuni analizzati concorda con quello
dei flussi informativi INAIL riportando una percentuale di infortuni da “urto, schiacciamento” del
25,2% negli ospedali e del 24,1% negli altri settori. L’analisi dei registri ha inoltre confermato che gli
infortuni da “urto, schiacciamento” sono per una parte consistente legati alle attrezzature ma
anche agli spazi ridotti in cui, spesso, ci si trova ad operare.
25
DISCUSSIONE
Il primo elemento che emerge dai dati presentati riguarda l’entità del fenomeno infortunistico nelle
imprese di pulizia, entità che si può sicuramente definire assai rilevante. In termini assoluti si tratta
(anno 2006) di poco più di 23.000 infortuni con un andamento in crescita (erano poco meno di
21.000 nel 2000 – vedi tab. 6): l’indicatore però al quale fare riferimento è l’indice di incidenza
definito come il rapporto tra numero di infortuni indennizzati e numero di addetti INAIL per mille. Si
può osservare che questo indice è in calo (98.9 nel 2000, 78,9 nel 2003, 77,8 nel 2006 – vedi tab. 6)
ma soprattutto che è nettamente più elevato (più del doppio) dell’indice di incidenza calcolato
sulla media di tutte le attività (34,52 nel 2006 – vedi tab. 7). Più significativo un confronto con altri
settori con un fenomeno infortunistico più importante come i trasporti (43,04) o le costruzioni (56,42).
Un altro dato che emerge con evidenza è l’estrema divaricazione tra indice di incidenza nelle
microimprese (quelle con meno di 10 addetti) e quello delle piccole e ancor più delle medie e
grandi imprese: nel 2006 si passa da 43,6 a 81,7 a 91,8 a 103,3 e in generale l’indice di incidenza è
dimezzato nelle microimprese rispetto alle altre. E’ un fenomeno che non è presente nei dati relativi
alle medie di tutte le attività e che è di notevole rilievo se si considera che le microimprese sono il
91,2% del totale e occupano il 30,1% degli addetti. Un spiegazione certa non è facile da darsi,
atteso che le microimprese non svolgono certamente attività di pulizia con minor rischio di
infortunio. È verosimile che una delle cause sia rappresentata da una mancata denuncia di una
quota di infortuni, in particolare quelli lievi, con prognosi basse. Certo è che se si prende la
percentuale di infortuni permanenti sul totale usandola come, seppur grossolano, indicatore di
gravità verifichiamo per il 2006 una percentuale del 4,4% totale: nelle microimprese questa
quantità sale significativamente (6,1%). Si verifica un andamento inverso a quello dell’indice di
incidenza: qui si passa da una percentuale di infortuni “permanenti” del 6,1% nelle microimprese al
5,2% nelle piccole, 3,7% nelle medie e 3,3% nelle grandi imprese. Esaminando i dati della
Lombardia si osserva un numero assoluto di infortuni che oscilla tra 3.700 e 4.000 all’anno: se si
osserva però l’indice di incidenza si rileva un netto, progressivo calo dal 2000 in poi fino a portare
questo indice nel 2008 a 50,1% (vedi tab. 12), nettamente più basso quindi del dato nazionale. Per
quanto riguarda la gravità degli infortuni, sempre utilizzando la percentuale di infortuni permanenti,
si osserva una percentuale per il 2008 del 2,6% (senza infortuni mortali) mentre era del 2,3% nel 2000
(ma con 5 infortuni mortali), del 2,9% nel 2003, 3,5% nel 2006 (con 6 infortuni mortali – vedi tab. 12). I
dati regionali comprendono la divisione per sessi: è importante rilevare che la leggera prevalenza
di infortuni nelle donne (il 53% prendendo il totale tra il 2000 e il 2008) non corrisponde al rapporto
tra occupati maschi e occupati femmine, essendo queste ultime in netta maggioranza (77%
secondo il dato europeo); dato che è espressione della maggiore pericolosità delle mansioni che
vengono affidate ai maschi. La divisione degli infortuni per classi di età (tab. 10) si presta a una
valutazione limitata dalla mancanza della classificazione per classi di età degli addetti: possiamo
26
certamente rilevare il significativo numero di infortuni nelle classi di età 51 – 60 mentre il numero di
infortuni dopo i 60 anni è molto limitato. Anche se in lieve crescita niente di paragonabile coi dati
tedeschi dove le classi di età 50 - 59 e > 60 vedono concentrati il maggior numero di infortuni e la
quasi totalità di quelli permanenti. Entrando nel merito delle dinamiche degli infortuni, l’analisi di
18.962 infortuni provenienti dai “flussi informativi INAIL”, avvenuti tra il 2000 e il 2008 nelle imprese di
pulizia della Lombardia e l’analisi del registro degli infortuni di imprese di pulizia che operano negli
ospedali e delle imprese di pulizie che operano in altri settori ha permesso di mettere a fuoco con
sufficiente chiarezza le situazioni tipiche di rischio infortunistico nel settore. Le abbiamo suddivise in
caduta da scale portatili, infortuni a rischio biologico, infortuni da rischio chimico, scivolare,
inciampare, cadere, rischio da movimentazione manuale dei carichi, infortuni da urto,
schiacciamento e abbiamo descritto con sufficiente precisione le diverse condizioni che
determinano il rischio da infortuni. Va detto che nella maggioranza dei documenti di valutazione
dei rischi che abbiamo analizzato, queste situazioni tipiche di rischio infortunistico sono, in modo più
o meno approfondito, descritte ma senza alcun collegamento con le realtà lavorative alle quali si
riferiscono. Sono documenti di valutazione del rischio che in linea di massima non sono quello che
dovrebbero essere e cioè “strumento operativo di pianificazione degli interventi di prevenzione”4:
significativo in questo senso che in nessun documento di valutazione del rischio si trovi un analisi del
fenomeno infortunistico in azienda, senza la quale mancano i presupposti per i conseguenti
interventi preventivi. Tornando alla tipologia di infortuni che caratterizza il settore imprese di pulizie,
abbiamo sottolineato che la caduta da scale portatili rappresenta un tipo di infortunio frequente
ma soprattutto caratterizzato da una particolare gravità. Anche in questo caso occorre riferirsi alla
necessità di una corretta valutazione del rischio, anzi alla necessità che sia fatta dal datore di
lavoro quella valutazione prevista dal già ricordato comma 3 dell’articolo 111 del D.L.vo 81/08
secondo il quale: “il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata una scala a pioli quale posto di
lavoro in quota solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non sia
giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle
caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare”: quindi il datore di lavoro dovrebbe
valutare se, dato il limitato livello di rischio e la breve durata dell’impiego, è giustificato l’utilizzo
della scala a pioli quale posto di lavoro in quota: solo se ha proceduto a questa valutazione potrà
assegnare un lavoro in quota a un dipendente che utilizza una scala a pioli. In realtà, anche
prendendo a pretesto la genericità della disposizione “limitato livello di rischio” e “breve durata di
impiego” (ma sono due concetti che si possono prestare a una ragionevole interpretazione)
l’utilizzo di scale a pioli per lavori in quota è pressoché indiscriminato: per gli addetti alle imprese di
pulizie si tratta di pulizia dei vetri, delle tapparelle, degli androni, allungando le due mani, con
movimenti di sfregamento che facilitano lo sbandamento delle scale e la perdita di equilibrio,
sollevando pesi (secchi). Viene spesso obiettato che non è possibile usare un trabattello per lavori
4 art. 28 Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n° 81
27
in quota come i lavori di pulizia che hanno una durata limitata (ma livello di rischio elevato
abbiamo visto). Va peraltro fatto rilevare che il comma 1 del già citato art. 111 del D.L.vo 81/08
dice che “il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti
in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo
scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro
sicure….” il che significa che devono essere scelte scale idonee in relazione all’utilizzo specifico
quali ad esempio scale “a castello”, magari richiudibili per facilitarne il trasporto, dotate di
corrimano e vaschetta porta oggetti, scale apribili “a doppia rampa” idonee all’utilizzo anche su
terreni non livellati, fino a prevedere anche, ad esempio, l’utilizzo di scale “semplici” dotate di
corrimani e ganci di trattenuta che possono essere facilmente fissate ad appositi ancoraggi
predisposti sulle strutture da pulire.
Alcune considerazioni si possono fare anche per gli infortuni a rischio biologico che, come
abbiamo visto, riguardano non solo gli addetti alle pulizie negli ambienti sanitari ma anche gli
addetti alle pulizie negli altri settori: anche in questo caso non sembra esserci consapevolezza del
problema, che richiederebbe un’attenta revisione del DUVRI dato che l’infortunio da punture
d’ago o taglienti o contatto rappresenta la più tipica delle interferenze tra due attività lavorative
che coesistono: ci si punge con aghi o taglienti che sono stati utilizzati da personale sanitario, ci si
sporca di sangue pulendo superfici contaminate da personale sanitario (molto spesso abbiamo
visto svolgere funzioni che il DUVRI attribuisce sulla carta al personale sanitario dagli addetti alle
pulizie). È un problema certo di procedure corrette e di formazione ma è anche un problema
affrontabile sostituendo ad esempio gli aghi tradizionali con aghi di sicurezza che consentano in
sostanza un “reincappucciamento” dell’ago in tutta sicurezza in modo da evitare punture anche
nel caso in cui l’ago non fosse correttamente smaltito. Per inciso l’obbligo di vaccinazione previsto
dall’art. 279 del D.L.vo 81/08, “il datore di lavoro, ….. mette a disposizione vaccini efficaci ….. da
somministrare a cura del medico competente” va evidentemente esteso agli addetti alle pulizie
che devono essere necessariamente vaccinati prima di essere addetti alla mansione. Ci sembra di
dover sottolineare un altro aspetto che emerge dai questionari somministrati agli operatori durante
i sopralluoghi negli ospedali e che riguarda i comportamenti in caso di infortunio da ago: la
frammentazione delle risposte e il significativo numero di lavoratori che non sanno cosa fare dà
l’idea di procedure che non sono sufficientemente conosciute. Per quanto riguarda gli infortuni a
rischio biologico negli alberghi un utile riferimento è contenuto nella comunicazione del Servizio
PSAL della ASL di Milano del 6 agosto 2007 avente come oggetto “Alberghi, smaltimento siringhe
nelle camere ai piani” per il quale:” il datore di lavoro dovrà valutare nel documento di
valutazione dei rischi anche la possibile esposizione dei lavoratori al rischio biologico, dovuto
all’eventuale contatto con siringhe usate o altri dispositivi medici potenzialmente infetti. Gli obblighi
di legge prevedono, pertanto, la predisposizione di misure di sicurezza quali:
1. procedure di lavoro sicure per la gestione dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo;
2. impiego di dispositivi di sicurezza adeguati;
28
3. informazioni rivolte sia ai lavoratori che ai clienti degli alberghi.
Le procedure di lavoro indicheranno le modalità con le quali dovranno essere raccolti e smaltiti i
rifiuti potenzialmente pericolosi. Sarà cura del datore di lavoro informare e formare gli addetti alle
pulizie delle camere sulle precauzioni particolari da acquisire in funzione della prevenzione di
infezioni (quindi non toccare aghi, siringhe o altro materiale pericoloso a mani nude; manipolare i
sacchetti dei rifiuti tenendoli lontano dal corpo ed evitando la loro chiusura per pressione). Il
datore di lavoro, inoltre, formerà i lavoratori circa le modalità di gestione dei dispositivi di sicurezza
(chiusura e trasporto del contenitore rigido per l’eliminazione di aghi e altri oggetti taglianti). Tali
rifiuti sono da considerarsi pericolosi, di conseguenza sarà necessario predisporre una procedura di
allontanamento e smaltimento diversa da quella effettuata per il comune rifiuto urbano.
L’informazione dovrà essere attuata anche ai clienti degli alberghi affiggendo in ogni camera un
regolamento (procedura) sull’eliminazione degli aghi, o alti oggetti taglienti (lamette, forbicine,
siringhe), tramite l’utilizzo dei presidi predisposti in ogni camera. Tenendo in considerazione che non
tutti i cittadini tendono ad osservare le comuni regole di vita sociale anche in materia di igiene e
sicurezza, il datore di lavoro dovrà fornire i lavoratori addetti di apposite “pinze” per la presa del
materiale tagliente e pericoloso qualora fosse depositato fuori dagli appositi contenitori. Si rende
infine necessario ricordare che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre misure di intervento
immediato in caso di esposizione accidentale. Tali misure prevedono l’elaborazione di procedure
operative che i lavoratori sono tenuti a conoscere alle quali devono attenersi scrupolosamente in
casi di infortunio a rischio biologico”.
Anche per quanto riguarda gli infortuni da rischio chimico va prima di tutto ribadito, sulla base dei
dati che abbiamo prima citato, che si tratta di infortuni che hanno una frequenza non trascurabile,
dovuti spesso a una incongrua miscelazione di prodotti diversi, effettuata da personale che non
conosce le proporzioni corrette da utilizzare e non lavora in sicurezza. In termini preventivi si tratta
sicuramente di formare correttamente il personale sia sulle procedure operative sia sull’utilizzo di
DPI ma anche di ridurre al minimo il numero dei lavoratori che potrebbero essere esposti, così
come indicato dall’art. 224 comma 1lettera c) del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n° 81: questo
significa che le miscelazioni dei prodotti devono essere effettuate da una persona formata ed
adeguatamente protetta così che i lavoratori utilizzino miscele già preparate.
Le ultime tre tipologie di infortuni “scivolare, inciampare, cadere”, “movimentazione manuale dei
carichi” e “urto o schiacciamento” richiedono una valutazione specifica degli ambienti dove si
opera, delle operazioni che si svolgono, delle attrezzature che si utilizzano: i provvedimenti
preventivi potranno riguardare l’utilizzo di DPI adeguati (ad esempio scarpe antiscivolo), di natura
tecnica (manutenzione attrezzature) ed organizzativi (per quanto riguarda ad esempio la
movimentazione manuale dei carichi).
29
Vengono descritti ed analizzati, sulla base di quanto riportato in letteratura, i principali rischi
lavorativi del settore delle imprese di pulizia, con la sola esclusione del rischio infortunistico, oggetto
di una trattazione separata dal presente elaborato.
Occorre precisare che con il termine “rischio” qui si include la descrizione di una serie di
comportamenti pericolosi o un’esposizione a sostanze o situazioni possibilmente dannose per la
salute e non esclusivamente la mera probabilità che un’esposizione si evidenzi in patologia.
30
SECONDO CAPITOLO
RISCHIO CHIMICORISCHIO CHIMICORISCHIO CHIMICORISCHIO CHIMICO I lavoratori delle pulizie usano molti tipi di prodotti per rendere più agevole la rimozione della
polvere e dello sporco piuttosto che per disinfettare superfici. L’esposizione dipende dal tipo di
prodotti usati e dalle condizioni con cui sono usati: frequenza e modalità di utilizzo, l’efficienza del
ricambio d’aria durante e dopo la pulizia, l’uso di misure protettive
condizionano la dose di esposizione e quindi l’effetto. Talvolta è l’uso
scorretto dei prodotti che può accrescere il rischio per i lavoratori, come
ad esempio l’utilizzo in quantità eccessiva, la miscelazione incongrua di
differenti prodotti, inappropriati metodi di pulizia. Inoltre, quando le
pulizie vengono effettuate in orari non lavorativi (molto prima o molto
dopo l’orario di lavoro) la ventilazione, il ricambio dell’aria o il sistema di
condizionamento possono essere non funzionanti, così da aumentare l’esposizione a sostanze
chimiche.
Talvolta la stessa sporcizia che il lavoratore rimuove usando determinati prodotti può essere causa
di rischio chimico o anche biologico. Il processo di pulizia può essere considerato una reazione
chimica che determina, in relazione al materiale (polvere o materiale grassoso), la dissoluzione di
depositi di sali minerali o inorganici, con la formazione di una complessa miscela di prodotti di
reazione con l’acqua, di miscele di sporco o polvere alle quali i lavoratori possono essere esposti.
Quindi se si vuole mettere in evidenza il rischio chimico al quale sono esposti i lavoratori delle
pulizie, oltre alle sostanze chimiche presenti nei prodotti per la pulizia va considerata l’esposizione a
sostanze chimiche presenti in polvere, sporco, particelle che vengono rimosse dalle superfici che
devono essere pulite.
L’esame degli infortuni analizzati attraverso i flussi informativi INAIL permette di rilevare che questo
tipo di infortuni non è così infrequente: si va da un 2,7% se ci si riferisce al
“contatto” “liquidi, vapori, schizzi” a un 3,1% se si fa riferimento alla voce
“deviazione” (traboccamento, vaporizzazione, aerosol), fino a un 5,6%
con la forma “ha inalato” (in termini assoluti sono un migliaio gli infortuni
tra il 2000 e il 2008). Qualche ulteriore elemento di giudizio ci viene
dall’esame del registro degli infortuni negli altri due gruppi di aziende: nel
gruppo di aziende che operano in ospedale 14 infortuni (2,4%) di cui 4
ustioni, 9 cheratocongiuntiviti, 1 broncopatia irritativa da inalazione; nell’altro gruppo 17 infortuni
(3,3%) di cui 12 danni oculari e 5 ustioni.
31
Esposizione a sostanze chimiche generate nei processi di puliziaEsposizione a sostanze chimiche generate nei processi di puliziaEsposizione a sostanze chimiche generate nei processi di puliziaEsposizione a sostanze chimiche generate nei processi di pulizia
Durante le pulizie può essere sollevata polvere che si disperde nell’aria talvolta in concentrazioni
significative. È stato dimostrato che, spolverando a secco, particelle di polvere si disperdono
nell’aria assai rapidamente mentre l’uso di uno spray pulente diminuisce drasticamente il
fenomeno.
Le proprietà tossicologiche della polvere sono
influenzate dai componenti biologicamente o
chimicamente attivi che la polvere può contenere.
Questi componenti attivi possono entrare nel corpo
umano per diverse vie come il contatto cutaneo di
particelle sospese che si depositano sulla cute,
l’assorbimento attraverso le congiuntive, l’inalazione,
con il deposito a livello alveolare nel sistema linfatico,
la deglutizione. Ognuno dei componenti chimici o biologici della polvere può rappresentare un
diverso rischio per la salute che può essere condizionato anche dall’una o l’altra via d’esposizione.
In uno studio danese (Molhouse 2000) sono stati analizzati circa 11 kg di polvere “aspirapolverata”
in sette uffici con una superficie complessiva di 12.751 m2 e 1047 occupanti. Oltre ai microrganismi
di cui poi tratteremo, sono state riscontrate concentrazioni di composti organici volatili (VOC) a
livelli tra 176 e 319 mg/g, con una prevalenza di aldeidi e ftalati (dibutilftalato DBP e 2-etilesilftalato
DEHP). La polvere può contenere diversi tipi di particolato come detriti umani, carta, microrganismi
(batteri, virus, muffe), composti volatili organici e composti non volatili come surfattanti, quarzo,
minerali, metalli. Alcuni studi indicano la presenza di circa 200 VOC, inclusa formaldeide e pesticidi.
Esposizione a sostanze chimiche presenti nei proEsposizione a sostanze chimiche presenti nei proEsposizione a sostanze chimiche presenti nei proEsposizione a sostanze chimiche presenti nei prodotti per puliziedotti per puliziedotti per puliziedotti per pulizie
I prodotti per pulizia più usati sono di solito una miscela di differenti sostanze chimiche con uno o
più principi attivi a seconda della funzione del prodotto, additivi, acqua. I surfattanti sono
considerati i componenti più attivi dei prodotti per pulizia e responsabili di una serie di disturbi della
cute riportati dai lavoratori. Altre sostanze attive possono essere acidi o basi, aldeidi, solventi.
Composti con acidi come l’HCl sono presenti ad esempio in prodotti usati per pulire il water, con
rischi legati all’azione corrosiva per occhi e pelle. Quelli per pulire forni, griglie contengono basi forti
e sono anch’essi corrosivi. La formaldeide è usata in molti prodotti di pulizia come disinfettante:
uno studio francese del 2005 evidenza che il 54.4% dei prodotti di pulizia ad uso domestico
contiene formaldeide. La concentrazione di formaldeide in questi prodotti è in genere inferiore
all’1% (di solito 0.2-0.3%). Per alcuni tipi di pulizia (water, stanza da bagno) la formaldeide viene
usata come disinfettante con concentrazioni molto variabili comprese tra l’ 1% e il 40%. Nei prodotti
32
più recenti si nota una certa tendenza a diminuire la concentrazione di formaldeide o sostituirla
con altri composti: peraltro parecchi di questi composti usati come detergenti liberano
formaldeide come sottoprodotto.
In uno studio condotto attraverso 28 misure di concentrazione di formaldeide nell’aria, effettuate
durante lavori di pulizia in vari contesti, è stata evidenziata una concentrazione media di 1.65
mg/m3 che rappresenta un’esposizione molto significativa (0.5 mg/m3 è l’occupational exposure
limit OEL). Altra esposizione riguarda i VOC che possono essere liberati dai prodotti di pulizia: uno
studio condotto in una camera climatizzata dopo le pulizie avvenute in condizioni normali, ha
evidenziato circa 100 VOC nell’aria della camera.
La concentrazione di VOC misurata era appena al di sotto
degli OEL delle sostanze il cui OEL è noto. Per quanto
riguarda gli additivi i più comuni sono fragranze e profumi
che servono a profumare e togliere cattivi odori.
Molte di queste sostanze sono allergizzanti. Inoltre molte
fragranze possono reagire con altre presenti nell’aria e
formare prodotti secondari. Per esempio i terpeni
(idrocarburi prodotti dalle piante, soprattutto conifere),
contenuti in alcune fragranze, possono reagire
rapidamente con componenti nell’aria indoor come l’ozono generando inquinanti secondari
come la formaldeide o radicali idrossilici che sono molto reattivi con sostanze organiche portando
alla formazione di altri composti. Prodotti enfatizzati come “naturali” o “verdi” hanno in realtà una
maggiore presenza di terpeni come alfa pirene, limonene e delta-carene. Una ricerca del NIOSH
dimostra che, quando combinato con l’ozono, l’alfa terpinolo, che è uno dei componenti comuni
che danno l’odore di pino ai prodotti, trasforma alcuni composti organici ossidati in gas e la
reazione crea nuovi prodotti potenzialmente pericolosi, sensibilizzanti e irritanti, che potrebbero
essere responsabili dell’aumento di asma lavoro correlata che è stato osservato.
Più in generale i composti organici insaturi presenti nei prodotti di pulizia hanno la capacità di
reagire con ossidanti come ipoclorito, ozono e ossidi nitrosi producendo inquinanti secondari: molti
di questi prodotti non sono evidenziabili con i metodi attuali.
Un problema significativo è quello legato alla miscela di prodotti non compatibili: la più segnalata
è quella tra ipoclorito di sodio e acidi (ad es. acido fosforico per pulire il WC o acido cloridrico per
decalcificare) con rilascio di cloro. La miscela di ipoclorito di sodio con ammoniaca provoca
rilascio di cloramine, fortemente irritanti per le vie aeree.Un fattore aggravante per il rischio
chimico è la mancanza di informazione relativa ai prodotti per le pulizie, al loro corretto utilizzo, alle
modalità con cui si miscelano in sicurezza e alla possibilità di sostituire prodotti pericolosi con quelli
che presentano meno rischi.
L’etichetta e la scheda di sicurezza sono spesso non prese in considerazione e spesso non di facile
interpretazione. Peraltro molti componenti che sono presenti nelle soluzioni pronte all’uso non sono
33
riportati nella scheda di sicurezza perché l’obbligo riguarda solo i componenti presenti in
concentrazione superiore all’1%. Sarebbe invece importante considerare la composizione delle
soluzioni pronte all’uso per una corretta valutazione del rischio, con particolare riguardo ai
sensibilizzanti dato che la sensibilizzazione può avvenire anche per piccole concentrazioni.
ESEMPI DI SOSTANZE CHIMICHE
PRESENTI NEI PRODOTTI DI PULIZIA
PRODOTTI CHE CONTENGONO
QUESTE SOSTANZE POSSIBILI EFFETTI SULLA SALUTE
Acidi (solforico, acetico,
citrico, cloridrico, fosforico)
Prodotti per la pulizia di Servizi
Igienici
Azione corrosiva
Bruciore della pelle, dermatiti, in caso di
contatto con gli occhi riduzione della vista o
cecità (es. acido cloridrico)
Irritazione della pelle, degli occhi e delle
mucose; problemi respiratori, possibile asma
Agenti Alcalini (e.g. idrossido
d’ammonio, idrossido di
sodio, silicati, carbonati)
Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle
mucose
Ipoclorito di sodio, composti
di ammonio quaternario Disinfettanti Irritazione delle mucose
Solventi (es. toluene alcoli,
etere di glicoli come 2-
butossietanolo)
Detergenti per pavimenti,
prodotti per la pulizia
sgrassanti, disinfettanti,
detergenti, cere
Irritanti per la pelle e per le vie respiratorie,
neurotossici, agenti tossici per la riproduzione
Sali di acidi grassi, organici
solfonati Detergenti, saponi
Irritazione della pelle, degli occhi e delle
mucose;
Formaldeide
Usato come agente di
conservazione o disinfettante
nei detergenti per pavimenti,
cere, detergenti, ecc.
Soprattutto reazioni allergiche, sensibilizzazioni
Agenti complessanti, es.
EDTA, acido nitrilotriacetico
(NTA)
Sgrassanti Irritazione della pelle, degli occhi e delle
mucose;
Prodotti coprenti, lucidanti
(cera, polimeri acrilici,
polietilene)
Prodotti per il trattamento
delle superfici Azione sensibilizzante
Etanolammina
Prodotti anticorrosione,
tensioattivi presenti nei
prodotti per i pavimenti,
prodotti per la pulizia di vetri e
del bagno
Sensibilizzazione della pelle, irritazione delle vie
respiratorie alte e basse asma-lavoro correlata
34
RISCHIO RISCHIO RISCHIO RISCHIO BIOLOGICOBIOLOGICOBIOLOGICOBIOLOGICO
Il personale addetto alle pulizie può essere esposto a differenti tipi di agenti biologici come
microrganismi, batteri, virus e muffe e ai loro prodotti come secrezioni fungine ed endotossine
batteriche presenti in particolare nella polvere e nelle dispersioni di aerosol durante le fasi di pulizia
o nell’uso dell’aspirapolvere.
Le modalità di esposizione agli agenti biologici sono inalazione,
assorbimento cutaneo e ingestione accidentale.
L’esposizione a muffe o a spore si verifica soprattutto nello svuotare
l’aspirapolvere e nel pulire i filtri e può essere causa di manifestazioni
allergiche e patologie irritative a naso, occhi, gola.
L’esposizione a virus (epatite A) e batteri (E. coli) può avvenire per
trasmissione oro-fecale a causa di mani sporche o attraverso i
guanti da lavoro contaminati e portati alla bocca. Uno studio di
Krőger (1993) riporta due articoli pubblicati nel 1993 che evidenzia un’alta prevalenza di epatite A
negli addetti alle pulizie all’interno di ospedali e in una scuola dell’infanzia.
Uno studio su un focolaio gastroenterico in una casa di cura ha mostrato un incremento del rischio
da infezioni a Norovirus nel personale che esegue le pulizie (rr = 2.8) simile a quello dei lavoratori
che offrono assistenza sanitaria con un elevato contatto con i residenti.
Le infezioni da Salmonella e Campobacter possono avvenire attraverso il contatto diretto con
animali infetti o loro escrezioni, soprattutto nella pulizia delle aree riservate agli animali.
Pulendo il selciato di piazze i lavoratori possono venire a contatto con piume di piccioni o loro
escrementi che li portano al rischio di contaminazione con batteri che potrebbero portare
differenti malattie (Psittacosi, Salmonella).
L’inalazione è un’altra possibile via di esposizione a virus e a batteri
durante la pulizia, per il possibile formarsi di bioaerosol. Per esempio
la legionella, batterio presente in concentrazioni basse nel suolo e
nell’acqua, può entrare nelle vie aeree attraverso l’inalazione di
goccioline contenenti il batterio.
Facendo le pulizie con idropulitrici si possono originare vapori che
possono essere inalati.
La legionella è in grado di moltiplicarsi nell’acqua ad una temperatura compresa tra i 20° e i 50° C.
Coloro che effettuano pulizie possono essere anche esposti ad agenti biologici per via
parenterale.
Gli addetti alle pulizie maggiormente a rischio sono gli operatori negli ospedali, nelle case di cura,
nelle cliniche, nei laboratori; i fattori di rischio biologico più pericolosi per la salute dei lavoratori
35
sono i virus ematici come l’epatite C (HCV) e B (HBV) e il virus da immunodeficienza (HIV) sia HIV-1
che HIV-2.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato HCV, HBV e HIV-1 come
cancerogeni per l’uomo (gruppo 1) e HIV-2 come possibili cancerogeno (gruppo 2B).
La contaminazione da patogeni ematici può avvenire quando sangue o liquidi infetti entrano
nell’organismo attraverso ferite cutanee, attraverso le mucose o direttamente nel sangue ad
esempio se ci si punge con un ago infetto.
Il 17 Luglio 2009, HOSPEM (European Hospital and Healthcare Emplorers Association) e EPSU
(European Public Service Union) hanno firmato un “accordo in materia di prevenzione degli
infortuni originati da effetti taglienti all’interno dell’ospedale e nel settore sanitario”, che viene
applicato a “tutti i lavoratori all’interno di ospedali e nel settore sanitario relativi ai servizi e alle
attività”.
Nel marzo 2010, il Consiglio dell’Unione Europea ha emanato una direttiva (7023 (Presse49)) che
obbliga gli stati membri a introdurre nella propria
legislazione norme atte ad implementare le
procedure di sicurezza relative all’utilizzo e allo
smaltimento di attrezzature mediche che possono
provocare ferite entro il termine di tre anni dalla data
di sottoscrizione della stessa.
Accanto agli operatori sanitari sono quindi presi in
considerazione altri lavoratori a rischio: in uno studio
riguardante 24 ospedali tedeschi tra il 30 ottobre 2003
e il 21 ottobre 2008 sono stati registrati gli infortuni da punture d’ago o da taglienti con sangue o
liquidi biologici: sono stati registrati 2.452 casi di cui 71 (il 3% del totale) hanno riguardato gli addetti
alle pulizie.
Nella nostra indagine nelle imprese di pulizia in 12 ospedali milanesi la percentuale di infortuni da
ago o taglienti è il 17,6% su un totale di 591 infortuni avvenuti tra il 2005 e il 2010.
Tale dato è sostanzialmente sovrapponibile a quello ricavabile dai questionari somministrati dove il
16% degli intervistati dichiara di aver avuto almeno un infortunio da puntura di ago.
Alla domanda “a chi si rivolge in caso di infortunio da puntura “ il 33% risponde “al responsabile”, il
28% “al pronto soccorso”, il 18% non sa a chi rivolgersi, il 16% si rivolge “al capo servizio” e poi
“capo area” (3%), direzione sanitaria, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, medico di
base. La percentuale di infortuni da ago o taglienti negli ospedali risulta invece significativamente
più elevata del dato che emerge dall’analisi del registro infortuni di 21 aziende medio-piccole
operanti sempre nel settore delle pulizie ma in ambito non sanitario (4,5%).
36
Negli ospedali si registrano poi alcuni infortuni (0,7%) da contatto con liquidi biologici. Nello studio
compiuto su 18.962 infortuni estratti dai “flussi informativi INAIL”, avvenuti tra il 2000 e il 2008 nelle
imprese di pulizia si constata che la forma “si è punto con” rappresenta il 5% del totale.
Che il problema non sia esclusivo degli ospedali o degli ambiti sanitari lo dimostra uno studio
condotto dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano in 20 alberghi milanesi dove sono stati presi in
considerazione 401 infortuni avvenuti tra il 2003 e il 2008 nel personale addetto alle pulizie: il 6,2%
degli infortuni era da punture d’ago o da taglienti, in larga prevalenza siringhe buttate nel cestino
della spazzatura ma anche lamette e forbicine.
La tabella 5 che segue, riporta un elenco di agenti biologici, patologie possibili, lavoratori a rischio e misure preventive nel comparto delle imprese di pulizia. In linea teorica riguarda tutti i lavoratori del comparto pulizia, ma si tenga presente che evidenzia un quadro generale che tiene conto delle diverse condizioni sociali e sanitarie dei vari soggetti ricoverati.
TABELLA 5 “The occupational safety and health of cleaning workers” – european agency for safety and health at work, 2009
37
RISCHIO ERGONOMICORISCHIO ERGONOMICORISCHIO ERGONOMICORISCHIO ERGONOMICO
Rischio ergonomico legato aRischio ergonomico legato aRischio ergonomico legato aRischio ergonomico legato alle attrezzature e alla conformazione degli lle attrezzature e alla conformazione degli lle attrezzature e alla conformazione degli lle attrezzature e alla conformazione degli
ambientiambientiambientiambienti
L’attività di pulizia comporta diversi atteggiamenti posturali che si alternano con elevata
frequenza: studi finlandesi hanno calcolato che il 36-56% del tempo lavorativo viene passato con
la schiena flessa anteriormente o inarcata, mentre il 24-43%
del tempo con entrambe le braccia a livello delle spalle o più
in alto. Per un altro 14% viene assunta la posizione
accovacciata (De Vito e al. 2000).
Sono valutazioni sostanzialmente confermate da altri studi
(Bohile 2004 – Kimer 2006) secondo i quali la proporzione di ore
di lavoro passate piegati in avanti e/o con torsioni del tronco
varia dal 36 al 50% e dal 3 al 14% del tempo lavorativo è svolto in posizione accovacciata.
Durante la pulizia con lo straccio la schiena dei lavoratori è piegata in avanti con un angolo di
circa 28° rispetto alla normale posizione verticale e le spalle sono piegate in avanti a 50°.
Un altro aspetto che va considerato è quello del sollevamento/trasporto di pesi: va peraltro
sottolineato che allo sforzo statico e dinamico si accompagna
l’elevata frequenza di movimenti ripetitivi delle braccia che
costituiscono un elemento di rischio aggiuntivo. Uno studio effettuato
utilizzando le check-list O.C.R.A. (Fontani e al. 2009) sui camerieri di
albergo addetti alle pulizie ha dimostrato l’esistenza di un rischio
significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori.
Frequenti sono pure le attività di spinta di carrelli: lo studio citato,
applicando il metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo
legato al traino del carrello. In uno studio di Molteni e al. (2000) è stata
registrata la forza in gioco durante la spinta di un carrello per la
sanificazione lungo un corridoio caratterizzato da pendenze non
superiori ai 4°: la movimentazione del carrello a pieno carico di liquidi
risulta ai limiti proposti per il 90% della popolazione normale.
Gli autori ritengono peraltro, in considerazione della riduzione della capacità lavorativa delle
lavoratrici anziane, che sia opportuna una applicazione dei limiti suggeriti da Snook-Ciriello ridotti
del 10-20%.
Secondo gli studi di Hopsu circa l’80% delle pulizie negli uffici, scuole ed istituti richiede lavoro
muscolare effettuato mediante l’uso di attrezzature, il 10% l’uso delle macchine, mentre la
38
percentuale di operazioni relative alla pianificazione, preparazione ed organizzazione del lavoro si
aggira attorno al 10%.
Sia il carico lavorativo che la fatica dipendono enormemente dalle caratteristiche tecniche
dell’attrezzatura utilizzata manualmente.
Ad esempio nell’uso del “mocio” molto bagnato il movimento viene eseguito mediante un lungo
manico con attaccato, ad un’estremità, un attrezzo costituito da filamenti o listelle in tessuto: la
rimozione meccanica dello sporco dal pavimento così richiede l’uso di elevata forza muscolare a
causa della frizione da esercitare.
In letteratura è stato dimostrato, mediante misurazioni della frequenza cardiaca, della valutazione
delle posture e dello sforzo percepito, che l’utilizzo del “mocio” bagnato, del peso di circa 3 kg., è
in grado di determinare un eccessivo sovraccarico biomeccanico muscolo scheletrico.
Per queste ragioni sono preferibili i metodi “a secco” o “a semi-secco” (peso 1-2 kg.) mediante
l’eliminazione del liquido in eccesso attraverso gli appositi strizzatori.
Nelle attività di pulizia professionali, il 25-35% del tempo di lavoro viene impiegato usando
attrezzature dotate di manici lunghi.
Poiché le caratteristiche tecniche delle attrezzature influenzano il carico di lavoro, è importante
utilizzare manici aggiustabili al 5-95esimo percentile dell’altezza delle donne e degli uomini; il
disegno del manico deve permettere alla mano superiore di trasferire la forza direttamente.
Un discorso a parte meritano le macchine utilizzate che possono, in taluni casi, richiedere
l’applicazione di elevata forza. Uno studio di Woods (1999) evidenzia che molti problemi che
riguardano gli addetti alle pulizie sono dovuti all’utilizzo e al
trasporto di macchine per pulizia (aspirapolvere, lucidatrici)
inadatte per dimensioni e forma rispetto alle necessità.
Questo può costringere a posture incongrue con necessità di
torsioni e/o piegamenti. Ricerche di Woods e Buckly hanno
evidenziato che le attrezzature per pulire spesso non sono
adatte alle caratteristiche fisiche e alle capacità dei lavoratori
e alle condizioni nelle quali vengono utilizzate: eccesso di
materiali e macchine per una necessità limitata, lavoro in posti
angusti.
L’uso corretto delle attrezzature dipende non solo dalle loro caratteristiche (peso, forma) ma
anche:
• Se sono adatte rispetto alle caratteristiche degli utilizzatori (antropometriche, capacità
fisiche) e ad eventuali esigenze individuali.
• Se i compiti richiesti sono conformi alle attrezzature disponibili
• Dall’organizzazione del lavoro in termini di durata, frequenza di una specifica attività in uno
specifico ambito di lavoro.
39
• Dalla interazione con altre attrezzature;
• Dall’addestramento e formazione.
Nel caso di macchine con cattiva manutenzione (es. lucidatrici) la maggior parte dei lavoratori
riferisce la necessità di un significativo sforzo muscolare quando la macchina si muove perché
bisogna compensare con la forza fisica le difficoltà di controllo.
Negli ultimi anni si sono sviluppate nuove tecniche e attrezzature di pulizia; nello studio di Woods e
Buckly si sostiene che, sebbene sul mercato siano ritrovabili sistemi di pulizia moderni più
ergonomici, le aziende non sempre acquistano migliori attrezzature per i propri dipendenti.
In generale il personale non è consultato nell’ acquisto di attrezzature e non c’è una valutazione
della loro idoneità ergonomica.
Un’attenzione alle caratteristiche delle attrezzature anche attraverso la consultazione dei lavoratori
nel loro acquisto, un migliore addestramento per l’utilizzo in sicurezza delle attrezzature stesse, un
piano di manutenzione adeguato,adeguate procedure per l’utilizzo, sono tutti provvedimenti utili.
Rischi ergonomiRischi ergonomiRischi ergonomiRischi ergonomici relativi alle diverse attivitàci relativi alle diverse attivitàci relativi alle diverse attivitàci relativi alle diverse attività
Attrezzature/Attività Rischi/Conseguenze
Movimento controllato del polso che richiede una forza elevata.
Questa combinazionedi movimento ripetitivo e forza elevata può
provocare disturbi a mano/polso
Sforzo statico elevato braccio e muscoli della schiena
Movimenti ripetitivi di gomito e polso provocano alterazioni
strutturali nella zona del tunnel carpaleLavare con straccio Si determina un carico cardiorespiratorio più elevato se
bagnato comparato a straccio secco o umidoMacchine per lavare Disturbi a mani (riportati dal 39% dei lavoratori), spalle (19%)
a disco singolo polsi (7%), rachide lombare (7%) e braccia (6%)
Le scope con manico corto causano maggiori disturbi di quelle
con manico lungo
La forza necessaria per usare una lucidatrice può essere molto
alta soprattutto se la macchina è difettosa o senza manutenzione
Un'impropria impugnatura, uno sbandamento mal controllato e uno
scarso addestramento possono provocare movimenti bruschi o
scosse dell'aspirapolvere che può colpire il lavoratore
Aspirapolvere
Fattori di rischio e possibili danni alla salute
Lavare con straccio
Scopa
Lucidatrice
TABELLA 6. Rischi possibili causati dalle attrezzature di lavoro utilizzate
40
TABELLA 7. Rischi possibili causati dalle specifiche mansioni
Attività Fattori di Rischio Possibili Soluzioni
Distendere le braccia verso l'alto, Attrezzi ad impugnatura regolabile,
curvarsi, inginocchiarsi, accovacciarsi, strumenti per pulire più leggeri possibile
flettere i polsi, eseguiremovimenti ripetitivi, (es. stracci in microfibra)
sforzi per impugnare
Movimenti ripetitivi mano-braccio, forza per Attrezzi leggeri, magevoli, dotati di
impugnare, spingere e tirare, sollevare e impugnature regolabili e a bassi livelli
abbassare, flettere polsi e schiena, rumore di rumore(aumento stress e tensione muscolare)
Sollevare secchi, piegarsi, chinarsi per Attrezzi leggeri, regolabili, secchi dotati
sollevare il secchio dal livello del pavimento di ruote, disposizione più comoda di
a quello del lavandino, torsione del tronco, rubinetti e lavandini, miglioramento delle
sollevare e trascinare lo straccio bagnato, procedure e dell'organizzazione del lavoro
movimenti ripetitivi e pavimenti scivolosi
Posizione scomoda dovuta alle caratteristiche modelli di macchina più moderni, riduzione
morfologiche delle macchine, torsione del polso delle vibrazioni mediante accurate
alla partenza, trasmissione vibrazioni mano manutenzioni, procedure per segnalare
braccio, macchina pesante da spostare, difetti dopo l'utilizzo
pavimento scivoloso con rischio di caduta
Sollevare sacchi pesanti, spingere e tirare Sostituire i sacchi per la spazzatura con
bidoni con elevato sforzo altri più piccoli, bidoni più leggeri
Sollevare, trasportare, spingere e tirare parti Mobili più leggeri, uso di attrezzature
di arredi, tavoli e frigoriferi per pulire idonee per sollevare e spostare arredi
Lucidare
Smaltimento rifiuti
Spostare arredi
Lavorazioni, rischi e misure di prevenzione
Spolverare/Strofinare
Passare l'aspirapolvere
Lavare con straccio
41
CARICHI DI LAVOROCARICHI DI LAVOROCARICHI DI LAVOROCARICHI DI LAVORO
I carichi di lavoro sono indubbiamente elevati. C’è stata un’intensificazione dei carichi dovuta alla
richiesta di aumentare produttività e flessibilità data l’alta concorrenza nel settore: quindi taglio dei
costi che significa fare lo stesso lavoro con meno lavoratori, intensificazione e prolungamento del
lavoro. Studi finlandesi (2009) riferiscono il 50 - 70% dei lavoratori accusa affaticamento da
eccessivo carico di lavoro. In uno studio sulle malattie muscolo scheletriche presso lavoratori della
Gran Bretagna (2006) il 56% dei lavoratori riferisce un elevato carico di lavoro e forte pressione sui
tempi, il 26% riferisce che fa molta fatica a svolgere il lavoro nel tempo assegnato, il 25% sostiene di
non avere mai avuto tempo sufficiente a svolgere il lavoro e il 51% dice che questo problema si è
manifestato alcune volte. La grande maggioranza dice di dover fare il lavoro velocemente (46%
spesso, 47% talvolta).In letteratura vengono riportati molti studi che hanno analizzato il carico
cardio-respiratorio nelle attività di pulizia. Nell’articolo “Invecchiamento e lavoro, effetti sanitari
nelle attività di pulizia” su “La Medicina del Lavoro” 2000 91-4, vengono sintetizzati i risultati di questi
studi svolti in industrie, uffici, scuole, ospedali o con simulazioni effettuate in laboratorio.
I parametri presi in considerazione sono il massimo consumo di ossigeno (VO2max) e la percentuale
di variazione della frequenza cardiaca (%FCV). Non andrebbero superati valori di 30-35% VO2max
durante lavori per 8 ore senza pause e valori di 50% VO2max in caso di pause.
La % FCV non deve superare il valore di 35-40% nelle 8 ore. Un valore di 40% FCV può essere
considerato una stima accettabile del 40% VO2max e i valori superiori a questo livello possono
essere considerati sforzo intenso. Per quanto riguarda gli studi citati i valori misurati indicano una
media di consumo di ossigeno stimata che si attesta intorno a 0,8-0,9 l/min. e con un range che va
da un minimo di 0,5 l/min. ad un massimo di 1,2 l/min. Il carico aerobico relativo ha fatto registrare
livelli oscillanti dal 33 al 63% VO2max. Questi dati indicano che per alcuni compiti si raggiungono
delle aree di relativo sovraccarico cardiorespiratorio. Per la Frequenza Cardiaca, i valori medi
oscillano tra 97 e 104 battiti/min. per turni di 8 o 4 ore. In alcuni compiti particolari, come il lavaggio
dei pavimenti con il “mocio” bagnato, la frequenza cardiaca media raggiunge valori di 130
battiti/min. E’ stato possibile reperire in letteratura dati riferiti specificatamente agli addetti alle
pulizie superiori a 45 anni. Torgen ha valutato le ausiliarie svedesi addette all’assistenza domiciliare;
sono stati rilevati valori medi di %FCV pari a 34 mentre la quota di tempo trascorsa a livelli di %FCV
superiori a 40 è stata del 18% ed il consumo medio di O2 è stato di 0,65 l/min., pari al 35% VO2max.
Valori più elevati vengono forniti dal lavoro danese di Sogaard che in laboratorio ha simulato l’uso
del “mocio” e dello straccio tradizionale, utilizzando un gruppo di professioniste con età
prevalentemente superiore a 45 anni.
La %VO2max. è risultata compresa tra il 50-55% e la %FCV tra il 45 ed il 50%. Louhevaara
confrontando gli stessi parametri negli addetti alle pulizie di scuole, uffici ed ospedali finlandesi
trovava circa il 40% VO2max. e circa il 38% FCV.
42
RISCHIO FISICORISCHIO FISICORISCHIO FISICORISCHIO FISICO
VibrazioniVibrazioniVibrazioniVibrazioni
Le vibrazioni possono aggravare gli effetti delle altre sollecitazioni fisiche come posture incongrue,
trasporto di pesi rilevanti, movimenti ripetitivi.
C’è evidenza scientifica che l’utilizzo delle macchine per la pulizia come aspirapolveri, lucidatrici e
altre attrezzature che devono essere guidate manualmente, espongono i lavoratori delle pulizie a
vibrazioni mano-braccia che possono determinare problemi
muscolo scheletrici specie se combinate con uno sforzo
muscolare statico, o anche disturbi neurologici e vascolari fino ad
arrivare in un lungo periodo di tempo a una vera e propria
sindrome da vibrazioni mano-braccio. Possono manifestarsi sintomi
quali dolore urente, intorpidimento, iposensibilità, difficoltà del
movimento, dolore alle articolazioni delle mani e delle braccia
che possono essere accompagnati dal fenomeno di Reynaud.
Il livello di rischio dipende dalle caratteristiche delle macchine e
dal periodo di tempo in cui vengono utilizzate: in uno studio di Woods e Buckle le vibrazioni emesse
dalle macchine per pulizia sono spesso risultate effetto di cattive modalità d’uso e cattiva
manutenzione.
Una valutazione delle vibrazioni in tre nuove lucidatrici indica che anche se nuove le macchine
producono alti livelli di vibrazione al momento in cui la macchina inizia a funzionare (Woods e al.
2004).
RumoreRumoreRumoreRumore
In alcuni studi è stata esaminata l’esposizione dei lavoratori al rumore con riscontro di valori inferiori
ai limiti di azione di 85 dB(A) di esposizione quotidiana.
Cattive condizioni microclimaticheCattive condizioni microclimaticheCattive condizioni microclimaticheCattive condizioni microclimatiche
In alcuni ambienti caldi, come cucine dei ristoranti, bagni ecc. durante le pulizie si possono creare
condizioni in grado di provocare stress da calore. Il lavoro in ambienti caldi e umidi può provocare
rush da calore è dovuto al sudore non evaporato tra la cute e i vestiti.
43
Sintomi possibili sono prurito, bruciore, eruzione di pomfi che possono interessare zone cutanee
circoscritte o tutto il corpo.
Se è coinvolta una larga parte del corpo, la produzione di sudore può creare una condizione di
impossibilità di continuare il lavoro.
Infatti un cattivo funzionamento del meccanismo di sudorazione può provocare effetti sistemici
conosciuti come sindrome da “Ritenzione del sudore”.
Campi elettromagneticiCampi elettromagneticiCampi elettromagneticiCampi elettromagnetici
La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) è un esame comune nella diagnostica medica.
L’esposizione a elevati livelli di campi elettromagnetici riguarda non solo lo staff medico, ma anche
gli addetti alle pulizie del locale.
Campi statici di intensità notevole sono infatti presenti anche
quando l’apparecchiatura della RMN non è in uso, per la
semplice presenza del magnete (EU-OSHA 2008).
RISCHIO PSICORISCHIO PSICORISCHIO PSICORISCHIO PSICO----SOCIALESOCIALESOCIALESOCIALE
Flessibilità del lavoroFlessibilità del lavoroFlessibilità del lavoroFlessibilità del lavoro
L’organizzazione del lavoro in un settore di forte concorrenza richiede alta flessibilità:
• Flessibilità a livello del tipo di rapporto di lavoro (contratti a tempo determinato, lavoro
interinale, ecc) in modo da rispondere rapidamente alle domande dei clienti.
• Flessibilità a livello di orari di lavoro (part-time, straordinario, rapida modifica dei turni di
lavoro, ecc).
• Flessibilità nei compiti da svolgere (multifunzionalità).
44
Periodo di lavoroPeriodo di lavoroPeriodo di lavoroPeriodo di lavoro
I lavoratori delle pulizie lavorano per lo più in periodi diversi da quelli del normale tempo di lavoro.
Di giorno (6-9), di sera (18-21) o di notte, nei momenti in cui le attività degli uffici e delle aziende
sono chiuse. In un’indagine in 18 Paesi dell’Unione Europea effettuata nel 2003 appare che il 26%
delle attività di pulizia è svolto il mattino presto, il 43% nel tardo pomeriggio e la sera e il 25%
durante il giorno. Il lavoro di pulizia di notte non è molto diffuso nell’Unione Europea rimanendo
limitato a specifici posti di lavoro come le pulizie in locali industriali, ospedali, aeroporti.
Durata del lavoroDurata del lavoroDurata del lavoroDurata del lavoro
Il part-time rimane la più frequente forma di impiego: a livello europeo riguarda il 66% della forza
lavoro nel 2003 e il 70% nel 2006; la durata media di impiego è di 23 ore settimanali.
Molti lavoratori del settore svolgono più attività lavorando ad esempio in case private. Altri hanno
rapporti di lavoro con più aziende per cui spesso i lavoratori delle pulizie dedicano al lavoro 10 – 12
ore al giorno spostamenti compresi. I lunghi spostamenti spesso la mattina presto o la sera tardi o
durante i picchi di traffico sono un’ulteriore fonte di stress e fatica.
Altri rischiAltri rischiAltri rischiAltri rischi
L’insicurezza del posto di lavoro legata al tipo di contratto, spesso di cooperativa o a tempo
determinato o comunque atipico, la mancanza di chiarezza riguardo ai compiti e alle
responsabilità, i conflitti di ruolo, il lavoro isolato, lo scarso riconoscimento sociale rappresentano
senza dubbio altre importanti forme di rischio in questo particolare settore che, ovviamente,
possono concorrere ad accentuare disagi o comportamenti tali da rendere rischiosa l’attività
lavorativa.
45
Qualche volta le cattive condizioni di lavoro possono riguardare anche i locali in cui i lavoratori
trascorrono il tempo libero durante l’attività, come mense, locali di ristoro, spogliatoi o uffici. Le foto
sopra mostrano alcune tra le situazioni di questi locali dove le condizioni microclimatiche sono
inficiate da correnti d’aria fastidiosa, temperatura al di sotto dei 15 gradi in inverno per la poca
tenuta degli infissi, la mancanza di dispositivi per l’oscuramento nei mesi estivi o lo sviluppo di muffe
al plafone e alle pareti.
Ovviamente tutto questo deve essere tenuto in considerazione nella valutazione da rischio stress e
fatica fisica.
46
47
TERZO CAPITOLO
DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)DISTURBI MUSCOLO SCHELETRICI (MSD)
Diversi gruppi di fattori possono determinare MSD: fattori fisici e biomeccanici, fattori organizzativi e
psico-sociali, fattori individuali.
FATTORI FISICI E BIOMECCANICI:
• applicazione di forze: trascinare, lucidare, strofinare, usare lo straccio;
• movimenti ripetitivi e posture incongrue e statiche: quando le mani sono sopra le spalle o
quando si sta a lungo in piedi fermi o accovacciati;
• vibrazioni;
• freddo e caldo eccessivo;
• alti livelli di rumore che possono causare tensione muscolare.
FATTORI ORGANIZZATIVI E PSICO-SOCIALI:
• sollecitazioni al lavoro;
• scarso controllo sui compiti richiesti;
• bassi livelli di autonomia;
• basso livello di soddisfazione lavorativa;
• lavoro ripetitivo, monotono ed alti ritmi;
• scarsa collaborazione tra colleghi;
• scarso supporto dei supervisor.
FATTORI INDIVIDUALI:
• storia medica;
• capacità fisiche;
• età;
• obesità;
• fumo.
Nel capitolo “Rischio ergonomico” sono state descritte e analizzate le condizioni di rischio legate a
posture e sforzo fisico.
Altri fattori di rischio sono di carattere organizzativo. L’importanza dei fattori organizzativi è
sottolineata da uno studio svedese su due gruppi di lavoratori di pulizie in ospedale, uno con
un’organizzazione del lavoro “tradizionale” e un altro con organizzazione del lavoro “ diversa”.
48
Nell’ospedale con organizzazione del lavoro tradizionale i lavoratori sono organizzati in gruppi di
lavoro di 20 con un supervisor che svolge compiti amministrativi (redige il piano di lavoro giornaliero
e definisce i turni).
I lavoratori operano tutti i giorni nella stessa area di lavoro. Nell’altro gruppo i lavoratori sono
organizzati in squadre di 6/8 persone: un lavoratore è stato designato capo di ogni squadra e ha
compiti specifici (ad esempio sostituire le assenze per ferie, malattie, ecc.), ma lavorando come gli
altri.
Lo studio evidenzia che gli addetti alle pulizie in ospedale hanno un’alta prevalenza di disturbi del
collo e degli arti superiori, ma i lavoratori del gruppo organizzato tradizionalmente hanno carichi di
lavoro più alti, condizioni psico-sociali peggiori e più MSD, in particolare un’alta prevalenza di
disturbi al collo e alle spalle.
Ci sono evidenze scientifiche per dire che la scadente organizzazione del lavoro associata a
sollecitazioni psico-sociali forti e ad elevata sollecitazione fisica contribuisce allo sviluppo di MSD.
Alti carichi di lavoro, necessità di lavorare sottopressione per la difficoltà di stare dentro i tempi, in
combinazione con un lavoro svolto per lungo tempo con le stesse modalità e caratterizzato da
posture incongrue e cattive condizioni ergonomiche, sono complessivamente il presupposto per
alte prevalenze di MSD.
Sebbene l’introduzione di innovazioni organizzative caratterizzate da maggiore flessibilità possa
ridurre i MSD, in realtà le attività di pulizia non hanno subito variazioni sufficienti a modificare le
condizioni fisiche così da prevenire MSD o altri problemi.
Uno studio tedesco su 109 addetti alle pulizie ( per lo più in scuole) evidenza che il 72% è affetto da
MSD e il 61% è stato in malattia per MSD. Una ricerca di Werigall (2006) dimostra che:
• 83% dei lavoratori ha avuto dolore al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 12 mesi;
• 66% ha avuto dolore/fastidio al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 7 giorni;
• la più alta prevalenza di disturbi muscolo-scheletrici negli ultimi 12 mesi è costituita da
lombalgie (48,5%), polso-mani (48%), spalle (39,5%).
• Woods (2006) ha studiato l’incidenza di parestesie, intorpidimento e dita bianche come
indicatore di sintomi da vibrazioni mano-braccio in 800 addetti alle pulizie.
• Il 34% riferisce parestesia intorpidimento, il 16% dita bianche.
• La combinazione di questi sintomi nello stesso individuo avviene nel 12% dei casi.
• Per quanto riguarda la lombalgia il 46% di 1216 lavoratori esaminati riferisce dolori nella
regione lombare negli ultimi 12 mesi e il 24% dolori negli ultimi 7 giorni.
• In uno studio portoghese la lombalgia era presente nel 67,5% dei 114 lavoratori esaminati
con un grado medio di fastidio 4.6 su scala da 1 a 6.
49
• Per quanto riguarda il polso uno studio danese riporta che il 46% dei 1166 lavoratori
esaminati riferisce qualche tipo di problema.
• Una sindrome del tunnel carpale è stata diagnosticata nel 48,3% di lavoratrici (145) addette
alle pulizie in ospedale (Mordelli 2006).
• Uno studio italiano su 99 addette alle pulizie in ospedale dimostra una prevalenza di STC del
24% significativamente superiore a quella riscontrata nella popolazione generale femminile
non esposta (9,2%).
• Per quanto riguarda i problemi alle mani il 43% dei lavoratori esaminati in uno studio
svedese riferisce dolori o disturbi mentre in un altro studio portoghese il 35,1 %dei lavoratori
riferisce persistenti rischi alla mano destra e il 28,9% riferisce parestesie o intorpidimento della
mano e delle dita.
MALATTIE DELLA PELLEMALATTIE DELLA PELLEMALATTIE DELLA PELLEMALATTIE DELLA PELLE
Le malattie della pelle sono le più frequenti malattie lavoro correlate negli addetti alle pulizie.
Le cause possono essere:
• Esposizione cutanea alle sostanze chimiche presenti nei prodotti di pulizia;
• Lavoro umido per frequente contato con l’acqua;
• Contatto cutaneo con agenti biologici (batteri, miceti);
• Abrasioni meccaniche.
In più l’uso dei guanti non permette alla pelle di
traspirare, il che può causare macerazione o altre
alterazioni della pelle.
Nel periodo 1990-94 Dorsow ha esaminato 435 operai di
cui 417 donne. La diagnosi più frequente è stata
dermatite allergica da contatto (178 casi pari al 40,5%) e
dermatite irritativa da contatto (92 casi pari al 21%).
L’anzianità lavorativa non era collegata con la dermatite. Una review di Messine (2009)
confermache gli addetti alle pulizie hanno un’alta prevalenza di disturbi della pelle, in modo
particolare dermatite da eczema e che quelli che per più tempo hanno le mani bagnate hanno
più problemi degli altri.
50
MALATTIE RESPIRATORIE E ASMAMALATTIE RESPIRATORIE E ASMAMALATTIE RESPIRATORIE E ASMAMALATTIE RESPIRATORIE E ASMA Una review condotta da Bello (2009) dimostra che l’incidenza di asma è cresciuta tra i lavoratori
delle pulizie negli ultimi dieci anni: molti studi epidemiologici lo confermano. Secondo European
Community Respiratory Health Survey le pulizie sono la quarta attività lavorativa con il più alto
rischio di asma dopo agricoltori, verniciatori, operai dell’industria plastica.
Uno studio su Lancet del 2007 dimostra che il rischio di sviluppare l’asma nei lavoratori di pulizia è
1,7 volte più alto delle altre occupazioni.
Uno studio finlandese dimostra che le lavoratrici di pulizie hanno un rischio relativo di asma 1,5 volte
maggiore del campione di controllo. L’esposizione ad alcune sostanze chimiche, a bioaerosol, al
lattice dei guanti, sono tutti fattori di rischio per l’asma.
Il rischio di asma differisce a seconda delle attività e dei locali dove si svolgono i lavori di pulizia ed
è più alto per le pulizie di cucine, lucidature mobili, uso di aspirapolvere e pulizia dei sanitari.
Questo si può spiegare con l’uso di spray e prodotti per pulire come clorina, sale di ammonio,
composti di ammonio quaternario ed etanolammine.
Uno studio pubblicato su Eur. Respir. 5 (Zock e al. 2002)
confronta le caratteristiche cliniche, immunologiche e
funzionali dell’asma in questi lavoratori in confronto ad altri
gruppi di lavoratori, uno di esposti ad agenti ad alto P.M., uno
di esposti ad agenti a basso P.M., uno di impiegati. E’ stata
studiata l’influenza di sesso, fumo, età, atopia: i diversi gruppi
sono stati confrontati per frequenza di sintomi respiratori,
iperattività bronchiale, sensibilizzazione, funzionalità respiratoria. Le caratteristiche dell’asma negli
addetti alle pulizie non differiscono sostanzialmente da quella dei lavoratori esposti a molecole a
basso P.M.: l’atopia non gioca un ruolo significativo. In uno studio pubblicato da Occup. Env. Med.
(Medina-Roman 2005) si sono trovate discrete concentrazioni di cloro (media 0.4 ppm.) e ammonio
(6.4 ppm.) durante le attività di pulizia domestica: uno studio caso-controllo ha dimostrato che
sintomi da asma bronchiale sono più frequenti rispetto ai controlli nel caso di esposizione anche
moderata all’ipoclorito di sodio. L’associazione è più accentuata per l’asma rispetto alla bronchite
cronica e non è legata alla sensibilizzazione ad allergeni. Sono associati anche inalazione
accidentale di gas e uso di strofinaccio. Casi di asma sono descritti in addetti alle pulizie
sensibilizzati ad amine quaternarie.
DISTDISTDISTDISTURBI PSICHICIURBI PSICHICIURBI PSICHICIURBI PSICHICI In uno studio norvegese su 374 donne addette alle pulizie il 17,5% ha riferito problemi psichici
(2006). Le lavoratrici domestiche, le addette alla lavanderia, le addette alle pulizie hanno 4,1
51
probabilità di sviluppare schizofrenia (considerando fattori di confondimento come uso di alcol e
droghe.). I più alti rischi di problemi mentali si hanno nella fascia di età 50-59 anni e riguardano più
gli immigrati dei residenti.
Uno studio dell’istituto di sociologia di Bruxelles (2007) conferma che la condizione di immigrato è
un importante fattore di rischio per disturbi psichici nelle donne addette alle pulizie.
I problemi psichici possono essere associati a cattive relazioni con i capi e con i colleghi di lavoro.
Un ruolo importante gioca la qualità delle relazioni così come la qualità della collaborazione tra
lavoratori e supervisors.
Questo studio non evidenza relazioni tra disturbi psichici e orari di lavoro.
DISTURBI RIPRODUTTIVIDISTURBI RIPRODUTTIVIDISTURBI RIPRODUTTIVIDISTURBI RIPRODUTTIVI Una review condotta nel 1997 e basata su sei studi riguardanti la salute riproduttiva dei lavoratori
delle imprese di pulizia conclude evidenziando un
incremento del rischio di aborto spontaneo, parto
prematuro, basso peso alla nascita e rischio di ipertensione
durante la gravidanza.
Questi rischi sono collegati alla prolungata posizione eretta,
allo spostamento di pesi e all’aumento di pressione
addominale durante i piegamenti o quando ci si china.
TUMORITUMORITUMORITUMORI Un recente studio (Mc. Lean 2009) dimostra elevate frequenze di leucemia linfatica cronica negli
addetti alle pulizie.
Un incremento di rischio di leucemia era stato già evidenziato in uno studio caso-controllo
condotto negli Stati Uniti nel 2001 e in uno studio danese del 1996.
Uno studio pubblicato in Nuova Zelanda nel 2008 dimostra un rischio significamene più elevato di
linfoma non Hodcking.
Uno studio americano condotto tra il 1991 e il 1996 per studiare le cause del carcinoma a cellule
squamose dell’esofago trova una mortalità elevata negli addetti alle pulizie: lo studio conclude
che questo tipo di carcinoma è potenzialmente associato alla esposizione a solventi e detergenti
così come all’esposizione a silice.
Uno studio svedese pubblicato nel 2002 sulla relazione tra tumore allo stomaco e occupazione
evidenzia un eccesso di rischio nei lavoratori delle pulizie.
Va poi sottolineato che la valutazione relativa alla cancerogenicità delle sostanze chimiche ha
portato a considerare alcune sostanze presenti nei detergenti come cancerogeni o mutageni.
52
Sono stati acquisiti complessivamente 71 documenti di valutazione dei rischi (DVR) di altrettante
aziende, 19 dei quali relativi ad aziende operanti in altrettanti ospedali di Milano. Per ogni rischio, si
sono analizzate le modalità con cui le diverse aziende hanno provveduto a quanto previsto
dall’art. 28 comma 2 del D.Lgs. 9 Aprile 2008 n. 81: sulla base di questa analisi, i DVR sono stati
inseriti, rischio per rischio, in una classificazione da noi effettuata che rappresenta una scala di
pertinenza della valutazione dei diversi rischi.
Nel caso delle aziende operanti in ospedale è stato effettuato un sopralluogo da parte di operatori
del Servizio PSAL (Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) delle ASL di Milano nel corso del
quale è stato somministrato, durante assemblee del personale, un questionario con domande sulla
organizzazione del lavoro, sulle modalità operative e sui disturbi/malattie. Sono stati somministrati
365 questionari.
In due grandi aziende, oggetto di sopralluogo, sono stati presi in considerazione, su segnalazione
dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), rispettivamente un problema di tipo di
attrezzature utilizzate e un problema di manutenzione delle attrezzature: i due casi sono utilizzati
come casi-studio volti ad evidenziare l’efficacia della valutazione dei rischi finalizzata
all’individuazione di provvedimenti preventivi.
53
QUARTO CAPITOLO
RISULTATIRISULTATIRISULTATIRISULTATI
Risultati dall’analisi dei DVRRisultati dall’analisi dei DVRRisultati dall’analisi dei DVRRisultati dall’analisi dei DVR
Il campione di imprese analizzate ha la seguente composizione:
TIPOLOGIA AZIENDA QUANTITA’ PERCENTUALE
Piccole imprese
10-49 addetti 42/71 59,1%
Medie imprese
50-250 addetti 23/71 32,4%
Grandi imprese
> 250 addetti 6/71 8,5%
TABELLA 8: composizione del campione delle imprese.
Nel campione mancano le micro imprese per le quali il DVR è sostituito fino al 30 giugno 2012 dalla
autocertificazione della avvenuta valutazione dei rischi (art. 29 comma 5 del D.Lgs 81/08). Ne
consegue che il campione rappresenta le piccole, medie e
grandi imprese che nei dati generali rappresentano solo il
7%, il 0,5% e lo 0,2% rispettivamente.
Va precisato comunque che il campione in analisi occupa
quasi il 70 % dei lavoratori del settore.
Nelle tabelle sono riportate, per i diversi rischi, le
classificazioni per diversi DVR raggruppate in funzione alle
dimensioni aziendali.
54
RISULTATI SUL RISCHIO CHIMIRISULTATI SUL RISCHIO CHIMIRISULTATI SUL RISCHIO CHIMIRISULTATI SUL RISCHIO CHIMICOCOCOCO
Per il rischio chimico, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente
classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:
Classe 0: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: non motivato;
Classe 1: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: motivato con
piccole quantità e asserita non tossicità senza elenco prodotti.
Classe 2: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: motivato con
piccole quantità e asserita non tossicità con elenco prodotti.
Classe 3: Giudizio di “Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”: motivato con
procedure/azioni previste o attuate.
Classe 4: Valutazione con indici di esposizione cute/inalazione.
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4
PICCOLE 4/42 25/42 11/42 2/42 0/42
MEDIE 2/23 9/23 5/23 6/23 1/23
GRANDI 0/6 0/6 0/6 4/6 2/6
TOTALE 6/71 34/71 16/71 12/71 3/71
TABELLA 9: scala di pertinenza della valutazione del rischio chimico
Una valutazione con un calcolo di indici di esposizione e quindi un giudizio motivato sull’entità del
rischio (classe 4 della tabella) è presente in tre registri su 71 (4,2%); nella stragrande maggioranza
dei casi (51 DVR pari al 70,4%) il giudizio di rischio “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute”
è motivato dalle “piccole quantità di prodotti” e dalla asserita non tossicità ; nel 22,5% dei casi
questo giudizio è accompagnato da un elenco di prodotti usati. 12 DVR (16,4%) esprimono un
giudizio di “rischio basso e rilevante per la salute” motivato con le “procedure/azioni previste o
attuate”. Non è in realtà una valutazione, ma un elenco anche assai analitico di tutti i
provvedimenti tecnici e organizzativi da mettere in atto per contenere il rischio chimico: non c’è
alcuna verifica su come e se queste indicazioni hanno riscontro nella realtà. Infine in 6 DVR (8,4%) il
giudizio di “rischio basso e irrilevante” non è in alcun modo motivato (classe 1 tabella).
Come era immaginabile, le dimensioni delle aziende hanno importanza: su 3 valutazioni esaminate
due sono i DVR di grandi aziende, 1 il DVR di una media azienda.
55
RISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICORISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICORISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICORISULTATI SUL RISCHIO BIOLOGICO
Per il rischio biologico, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente
classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:
Classe 0: Non considerato.
Classe 1: Escluso motivando con “non agenti biologici nel ciclo produttivo”.
Classe 2: Descrizione degli agenti biologici e loro effetti.
Classe 3: Elenco procedure e azioni da attuare.
Classe 4: Valutazione con descrizione provvedimenti.
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4
PICCOLE 34/42 2/42 4/42 2/42 0/42
MEDIE 15/23 2/23 2/23 4/23 0/23
GRANDI 0/6 0/6 2/6 3/6 1/6
TOTALE 49/71 4/71 8/71 9/71 1/71
TABELLA 10: scala di pertinenza della valutazione del rischio biologico
Il rischio biologico non è preso in considerazione in 49 DVR su 71 (69%), in 4 casi è escluso per la
mancanza “di agenti biologici nel ciclo produttivo, ” in 8 casi sono descritti gli agenti biologici e i
loro effetti, in 9 casi (12,6%) sono descritte le modalità
operative e gli interventi tecnici e organizzativi da attuare
in relazione al rischio biologico. Sono DVR di aziende che
operano in ambiente sanitario dove il problema si pone
con evidenza: una vera e propria valutazione con
riferimento alle modalità di andamento degli infortuni a
rischio biologico con conseguenti indicazioni operative è
presente in un solo DVR.
56
RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE RISULTATI SULLA MOVIMENTAZIONE
MANUALE DEI CARICHIMANUALE DEI CARICHIMANUALE DEI CARICHIMANUALE DEI CARICHI
Per il rischio inerente la movimentazione manuale dei carichi, sulla base delle informazioni presenti
nel DVR, si è formulata la seguente classificazione della scala di pertinenza della valutazione del
rischio:
Classe 0: Non considerato
Classe 1: Escluso motivando “non sollevamento pesi > 25 Kg”
Classe 2: Descritto con possibili effetti
Classe 3: Elenco procedure e azioni da attuare
Classe 4: Valutazione con indici
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4
PICCOLE 0/42 29/42 11/42 2/42 0/42
MEDIE 0/23 9/23 6/23 6/23 2/23
GRANDI 0/6 0/6 0/6 2/6 4/6
TOTALE
0/71 38/71 17/71 10/71 6/71
TABELLA 11: scala di pertinenza della movimentazione manuale dei carichi
Tutti i DVR prendono in considerazione la MMC, 38 (53,5%) escludendo il rischio perché “non si
sollevano pesi superiori a 25 Kg”. In 17 registri (23,9%) sono descritte le fasi lavorative a rischio e gli
effetti sulla salute; in 10 casi (14,08%) si elencano i provvedimenti tecnici e organizzativi da attuare,
in 6 casi (8,4%) la valutazione è fatta attraverso il calcolo di indici di rischio: 4 di questi DVR sono di
grandi aziende, 2 di medie aziende.
57
RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI RISULTATI SUI MOVIMENTI RIPETITIVI
E POSTUREE POSTUREE POSTUREE POSTURE
Per il rischio inerente i movimenti ripetitivi e posture, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si
è formulata la seguente classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:
Classe 0: Non considerato
Classe 1: Descritto con possibili effetti
Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare
Classe 3: Valutazione con indici
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3
PICCOLE 29/42 11/42 2/42 0/42
MEDIE 12/23 3/23 6/23 2/23
GRANDI 0/6 0/6 4/6 2/6
TOTALE
41/71 14/71 12/71 4/71
TABELLA 12: scala di pertinenza dei movimenti ripetitivi e posture
Il rischio posturale e da movimenti ripetitivi non è preso in considerazione in 41 DVR, pari al 57,7%
del totale. In 14 registri il rischio è citato con i possibili danni; in 12 sono elencati i provvedimenti
necessari; in soli 4 DVR la valutazione avviene con il calcolo dell’indice OCRA: sono registri di 2
grandi aziende e due medie aziende.
58
RISULTATI SRISULTATI SRISULTATI SRISULTATI SUL RUMOREUL RUMOREUL RUMOREUL RUMORE
Per il rischio rumore, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente
classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:
Classe 0: Non considerato
Classe 1: Descritto con possibili effetti
Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare
Classe 3: Valutazione con misure
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3
PICCOLE 38/42 3/42 1/42 0/42
MEDIE 15/23 4/23 4/23 0/23
GRANDI 0/6 2/6 3/6 1/6
TOTALE
53/71 9/71 8/71 1/71
TABELLA 13: scala di pertinenza della valutazione del rischio rumore
53 DVR (81,7%) non prendono in considerazione il rischio rumore, 9 lo citano con relativi effetti, 8
elencano i provvedimenti necessari, 1 solo DVR riporta misure di rumorosità di alcune attrezzature
utilizzate.
59
RISULTATI SULLE VIBRAZIONIRISULTATI SULLE VIBRAZIONIRISULTATI SULLE VIBRAZIONIRISULTATI SULLE VIBRAZIONI
Per il rischio vibrazioni, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente
classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:
Classe 0: Non considerato
Classe 1: Descritto con possibili effetti
Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare
Classe 3: Valutazione con misure
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
TABELLA 14: scala di pertinenza della valutazione del rischio vibrazioni
44 DVR (61,9%) non considerano il rischio vibrazioni, 14 lo citano con relativi effetti, 11 elencano i
provvedimenti necessari, 2 riportano le misure effettuate per
vibrazione mano-braccia da attrezzature.
MPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 3 Classe 3
PICCOLE 34/42 7/42 1/42 0/42
MEDIE 10/23 7/23 6/23 0/23
GRANDI 0/6 0/6 4/6 2/6
TOTALE
44/71 14/71 11/71 2/71
60
RRRRISULTATI SUISULTATI SUISULTATI SUISULTATI SUL MICROCLIMAL MICROCLIMAL MICROCLIMAL MICROCLIMA
Per il rischio microclima, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente
classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:
Classe 0: Non considerato
Classe 1: Descritto
Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare
Classe 3: Valutazione con indicazioni
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
TABELLA 15: scala di pertinenza della valutazione del rischio microclima
57 DVR (80,2%) non considerano il rischio microclima, 5 lo citano con relativi effetti, 8 riportano
provvedimenti necessari, in un caso viene valutato il rischio per i lavori di pulizia
all’aperto.
IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3
PICCOLE 39/42 2/42 1/42 0/42
MEDIE 18/23 3/23 2/23 0/23
GRANDI 0/6 0/6 5/6 1/6
TOTALE
57/71 5/71 8/71 1/71
61
RISULTATI SUL RISCHIO PSICORISULTATI SUL RISCHIO PSICORISULTATI SUL RISCHIO PSICORISULTATI SUL RISCHIO PSICO----SOCIALESOCIALESOCIALESOCIALE
Per il rischio psico-sociale, sulla base delle informazioni presenti nel DVR, si è formulata la seguente
classificazione della scala di pertinenza della valutazione del rischio:
Classe 0: Non considerato
Classe 1: Negato senza valutazione
Classe 2: Elenco procedure e azioni da attuare
Classe 3: Valutazione rischio stress
Con questa scala di valutazione, i DVR analizzati mostrano la seguente scomposizione:
TABELLA 16: scala di pertinenza della valutazione del rischio psicosociale
57 DVR su 71 (pari all’80,2%) non considerano il rischio psicosociale, 4 DVR su 71 (pari al 5,6%)
riportano il problema stress in generale; 9 DVR su 71 (il 12,6%)
danno indicazioni di carattere generale, in 1 solo caso il DVR
descrive la procedura per valutare il rischio stress che sarà
obbligatorio.
IMPRESE Classe 0 Classe 1 Classe 2 Classe 3
PICCOLE 40/42 1/42 1/42 0/42
MEDIE 17/23 3/23 3/23 0/23
GRANDI 0/6 0/6 5/6 1/6
TOTALE
57/71 4/71 9/71 1/71
62
Risultati del questionarioRisultati del questionarioRisultati del questionarioRisultati del questionario
I lavoratori scelti per la compilazione dei questionari sono quelli dipendenti delle dodici imprese di
pulizia incontrate durante i sopralluoghi da noi effettuati presso le diverse aziende ospedaliere.
La somministrazione dei questionari è avvenuta durante le assemblee sindacali organizzate dai
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) delle aziende e in momenti di incontri informativi,
grazie ai quali è stata possibile la presenza di un numero soddisfacente di dipendenti.
Durante questi momenti, in cui non erano ovviamente presenti i diversi datori di lavoro o altre figure
dirigenziali, i lavoratori venivano da invitati a compilare il questionario dopo una nostra breve
descrizione delle motivazioni ed una puntuale spiegazione delle domande, concepite in modo da
non essere troppe ma allo stesso tempo da non perdere importanti informazioni. Le domande
riguardano una prima parte generale, una seconda parte relativa alla fisicità del lavoro, ed una
terza parte meramente sanitaria.
TABELLE DI SINTESI DEI DATI RILEVATI MEDIANTE IL QUESTIONARIO
Tabella 17: riepilogo dati del questionario somministrato ai lavoratori
La prevalenza femminile è un dato che immediatamente emerge dalla tabella, con una
percentuale dell’86%.
E’ interessante notare come alcuni risultati generali coincidano perfettamente con i dati generali
riportati dalle Agenzie Europee del capitolo primo: l’età media dei lavoratori, 45 anni (età media
nettamente spostata in aventi rispetto al 2000, quando la prevalenza dei lavoratori era più
giovane; ciò è da tener presente in relazione alla suscettibilità alle patologie della popolazione di
riferimento), e l’importante quota del 30% dei lavoratori di nazionalità straniera.
LAVORATORI INTERVISTATI 365
MASCHI 51
FEMMINE 314
ETA’ MEDIA LAVORATORI 44.8
NAZIONALITA’ ITALIANA 258
NAZIONALITA’ STRANIERA 107
TIPO ASSUNZIONE
Tempo indeterminato n. 325
Tempo determinato n. 34
Contratto somministrazione n. 4
Contratto a progetto n. 2
MEDIA N. ORE SETTIMANALI 30
ANZIANITA’ LAVORATIVA MEDIA 10 anni
63
Fig. 2
I RITMI SONO INTENSI
molto
26%poco
10%
per niente
3%
non dice
4%
abbastanza
57%
Fig. 4
CORRO PER PORTARE A TERMINE IL
LAVORO
si
67%
no
30%
non dice
3%
GRAFICI FIGURE 1GRAFICI FIGURE 1GRAFICI FIGURE 1GRAFICI FIGURE 1----5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO5 DOMANDE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO
Fig. 1
GIUDICA PESANTE IL LAVORO
abbastanza
63%
non dice
2%
per niente
5%poco
8%
molto
22%
Fig. 3
IL TEMPO A DISPOSIZIONE E' SUFFICIENTE
si
55%
no
39%
non dice
6%
Le prime domande riguardano carichi e ritmi di
lavoro: una consistente maggioranza di lavoratori
(rispettivamente 85% e 83%) giudica abbastanza o
molto pesante il proprio lavoro e abbastanza o
molto intensi i ritmi di lavoro. Alla domanda se il
tempo a disposizione è sufficiente risponde di sì il 55%
degli intervistati, dato che viene però contraddetto
sia dalle risposte alla domanda “corre per portare a
termine il suo lavoro” alla quale risponde sì il 67% che
dalle risposte alla domanda “il personale è insufficiente”, alla quale risponde sì il 60% degli
operatori.
Fig. 5
IL PERSONALE E' INSUFFICIENTE
si
60%
no
32%
non dice
8%
64
Fig. 7
LA RELAZIONE COL CAPO E' BUONA
molto
22%
poco
13%
per niente
9%non dice
2%
abbastanza
54%
Fig. 6
IL LAVORO LE DA' SODDISFAZIONE
molto
14%
poco
28%
per niente
12%
non dice
4%
abbastanza
42%
GRAFICI FIGURE 6GRAFICI FIGURE 6GRAFICI FIGURE 6GRAFICI FIGURE 6----10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO10: DOMANDE SULLA QUALITÀ DEL LAVORO
Un altro gruppo di domande riguarda aspetti di
“qualità del lavoro” a partire dal grado di
soddisfazione che risulta tra abbastanza e
molto nel 56% del personale a fronte di un 40%
che è poco o per nulla soddisfatto. I rapporti
con i capi e con i colleghi non sembrano un
gran problema: giudicano abbastanza o molto
buoni i rapporti con i capi il 76% degli intervistati
(il 22% dà invece un giudizio negativo) mentre i
rapporti con i colleghi sono molto o
abbastanza buoni nel 79% dei casi (16% di giudizi negativi). Una domanda riguarda il grado di
considerazione di cui gode il lavoro svolto: la maggioranza lo ritiene poco considerato (29%) o per
niente considerato (27%) mentre un giudizio positivo viene dato dal 5% dei lavoratori. Alla
domanda “dovete fare un secondo lavoro” quasi la metà (48%) risponde di sì, il che naturalmente
è un aspetto che va considerato nel valutare il carico lavorativo complessivo di questi lavoratori.
Fig. 8
LA RELAZIONE CON I COLLEGHI E' BUONA
molto
20%
poco
12%
per niente
4%non dice
5%
abbastanza
59%
Fig. 9
COME E' CONSIDERATO IL PROPRIO LAVORO
molto
5%
poco
29%
per niente
27%
non dice
6% abbastanza
33%
Fig. 10
E' NECESSARIO UN SECONDO LAVORO
si
48%
no
44%
non dice
8%
65
GRAFICI FGRAFICI FGRAFICI FGRAFICI FIGURE 11IGURE 11IGURE 11IGURE 11----15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO15: DOMANDE SULLA FISICITÀ DEL LAVORO
Per quanto riguarda i contenuti “fisici” del lavoro
alla domanda relativa al sollevamento di pesi
eccessivi una risposta affermativa viene dal 70%
dei lavoratori (il 22% spesso), mentre movimenti
ripetitivi e prolungati nel tempo riguardano l’83%
degli intervistati (67% spesso). Alla domanda
relativa alla scomodità della postura rispondono
affermativamente il 76% (29% spesso): nel merito
la postura caratterizzata dall’innalzamento delle
braccia sopra le spalle riguarda il 48% dei lavoratori (il 19% non risponde) mentre una posizione
accovacciata (in media 1.5 ore al giorno) è assunta dal 45% (il 19% non risponde).
Fig. 11
SOLLEVA PESI ECCESSIVI
qualche
volta
48%
non dice
5%mai
25%
spesso
22%
Fig. 12
EFFETTUA MOVIMENTI PROLUNGATI NEL
TEMPO
qualche
volta
16%
non dice
8%mai
9%
spesso
67%
Fig. 14
BRACCIA SOPRA LE SPALLE
si
48%no
33%
non dice
19%
Fig. 15
ACCOVACCIATO: media 1,5 h al giorno
si
45%no
36%
non dice
19%
Fig. 13
ASSUME POSIZIONI SCOMODE
qualche
volta
47%
non dice
11%
mai
13%
spesso
29%
66
GRAFICI FIGURE 16GRAFICI FIGURE 16GRAFICI FIGURE 16GRAFICI FIGURE 16----17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO17: DOMANDE SUL RISCHIO BIOLOGICO
Si è punto con aghi il 16% delle persone intervistate e con parti taglienti il 42%.
Fig. 13
ASSUME POSIZIONI SCOMODE
qualche
volta
47%
non dice
11%
mai
13%
spesso
29%
Fig. 16
CAPITA DI PUNGERSI CON AGHI
qualche
volta
14%
non dice
9%
mai
75%
spesso
2%
Fig. 17
CAPITA DI FERIRSI CON MATERIALE
TAGLIENTE
qualche
volta
33%
non dice
5%
mai
53%
spesso
9%
67
GRAFICI FIGURE 18GRAFICI FIGURE 18GRAFICI FIGURE 18GRAFICI FIGURE 18----21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A 21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A 21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A 21: DOMANDE SULL’ESPOSIZIONE A
SOSTANZE CHIMICHESOSTANZE CHIMICHESOSTANZE CHIMICHESOSTANZE CHIMICHE
Sono stati indagati alcuni sintomi espressione di possibile esposizione a sostanze irritanti durante il
lavoro: il 42% riferisce episodi di bruciore e di lacrimazione agli occhi durante il lavoro (9% spesso), il
49% ha episodi di tosse secca (spesso il 6%), che in circa la metà dei casi si accompagnano a
mancanza di fiato, il 14% ha crisi di broncospasmo (il 5% spesso).
Fig. 19
TOSSE SECCA
qualche
volta
33%non dice
8%
mai
53%
spesso
6%
Fig. 18
BRUCIORE AGLI OCCHI E LACRIMAZIONE
qualche
volta
33%
non dice
5%
mai
53%
spesso
9%
Fig. 20
TOSSE E MANCANZA DI FIATO
qualche
volta
23%non dice
9%
mai
63%
spesso
5%
Fig. 21
CRISI DI ASMA
qualche
volta
9%non dice
10%
mai
76%
spesso
5%
68
GRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORIGRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORIGRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORIGRAFICO FIGURA 22: DOMANDE SUI DISTURBI RESPIRATORI
Una vera e propria diagnosi di asma bronchiale
riguarda l’8% del gruppo.
GRAFICI FIGURE 23GRAFICI FIGURE 23GRAFICI FIGURE 23GRAFICI FIGURE 23----26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI26: DOMANDE SUI DISTURBI CUTANEI
Irritazione cutanea (bruciore, eritema) è segnalata dal 45% dei lavoratori (12% spesso): nell’11% è stata fatta
una vera e propria diagnosi di dermatite irritativa, nel 9% una diagnosi di eczema. Da segnalare un 10% di
allergie al latice.
Fig. 22
ASMA BRONCHIALE
si
8%
no
92%
Fig. 23
ARROSSAMENTO E BRUCIORE DELLA PELLE
qualche
volta
33%
non dice
6%
mai
49%
spesso
12%
Fig. 24
DERMATITE IRRITATIVA
si
11%
no
89%
Fig. 25
ECZEMA
si
9%
no
91%
Fig. 26
ALLERGIA AL LATTICE
si
10%
no
90%
69
GRAFICI FIGURE 27GRAFICI FIGURE 27GRAFICI FIGURE 27GRAFICI FIGURE 27----31: DISTURBI SULL’APPARATO 31: DISTURBI SULL’APPARATO 31: DISTURBI SULL’APPARATO 31: DISTURBI SULL’APPARATO
llllOCOMOTORIOOCOMOTORIOOCOMOTORIOOCOMOTORIO
Per quanto riguarda i sintomi soggettivi a carico
dell’apparato locomotore, i lavoratori riferiscono
dolore alle braccia (74%, 40% spesso), dolore alle
spalle (76%, 38% spesso), dolore alla schiena (80%,
42% spesso), dolore al polso (27%) con una
percentuale significativa di lavoratrici affette da
sindrome del tunnel carpale (20%). Quest’ultimo
dato corrisponde a quanto riportato in letteratura
dove in un’indagine fatta in imprese di pulizie
operanti in ospedale, la prevalenza di STC è del 24%
significativamente superiore a quelle riscontrate nella popolazione generale femminile non esposta
(9,2%). Nella nostra indagine il polso destro è interessato nel 70% dei casi, mentre nel 15% la
localizzazione è sinistra e bilaterale.
Fig. 28
DOLORE ALLE SPALLE
qualche
volta
38%
non dice
7%mai
17%
spesso
38%
Fig. 29
DOLORE ALLA SCHIENA
qualche
volta
36%
non dice
5%mai
17%spesso
42%
Fig. 30
DOLORE AL POLSO
si
27%
no
73%
Fig. 31
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE
si
20%
no
80%
Fig. 27
DOLORE ALLE BRACCIA
qualche
volta
34%
non dice
6%
mai
20%
spesso
40%
70
GRAFICO FIGURA 32GRAFICO FIGURA 32GRAFICO FIGURA 32GRAFICO FIGURA 32: DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI : DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI : DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI : DOMANDE SUI DISTURBI AGLI ARTI
SUPERIORISUPERIORISUPERIORISUPERIORI
Segnaliamo un 11% di lavoratrici che accusa sintomi
indicatori di Fenomeno di Raynaud (pallore dita,
parestesie).
GRAFICI FIGURE 33GRAFICI FIGURE 33GRAFICI FIGURE 33GRAFICI FIGURE 33----35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI35: DOMANDE SUI DISTURBI PSICHICI
Alcune domande erano riferite ad eventuali disturbi della
sfera psichica: il 16% degli intervistati riferisce sindrome
ansiosa, il 12% sindrome depressiva, il 16% ha
importanti disturbi del sonno
Fig. 34
DEPRESSIONE
si
12%
no
88%
Fig. 33
DISTURBI DI ANSIA
si
16%
no
84%
Fig. 35
DISTURBI DEL SONNO
si
16%
no
84%
Fig. 32
MANI BIANCHE
si
11%
no
89%
71
72
QUINTO CAPITOLO
CARICHI DI LAVORO
L’indagine che è stata condotta conferma prima di tutto quanto ampiamente descritto in
letteratura rispetto ai rischi lavorativi nel settore imprese di pulizia, a partire dai carichi di lavoro,
che sono indubbiamente elevati.
Come si è già accennato, c’è stata un’intensificazione dei carichi dovuta alla richiesta di
aumentare produttività e flessibilità data l’alta concorrenza nel settore:
quindi taglio dei costi, che significa fare lo stesso lavoro con meno
lavoratori, intensificazione e prolungamento del lavoro. Studi finlandesi
(2009) riferiscono che il 50 - 70% dei lavoratori accusa affaticamento da
eccessivo carico di lavoro. In uno studio inglese (2006) il 56% dei lavoratori
riferisce un elevato carico di lavoro e forte pressione sui tempi, il 26%
riferisce che fa molta fatica a svolgere il lavoro nel tempo assegnato, il
25% sostiene di non avere mai avuto tempo sufficiente a svolgere il lavoro e il 51% dice che questo
problema si è manifestato alcune volte. La grande maggioranza dice di dover fare il lavoro
velocemente (46% spesso, 47% talvolta).
Sono dati che nel campione dei 365 lavoratori da noi esaminati appaiono anche più evidenti:
circa l’85% degli intervistati parla di carichi abbastanza o molto pesanti e di ritmi abbastanza o
molto intensi, che costringono a “correre per terminare il lavoro” (67% degli intervistati) anche per
l’insufficienza del personale (60%). Va rilevato peraltro come non ci sia nel campione esaminato un
atteggiamento pregiudizialmente negativo nei confronti del proprio lavoro: più della metà degli
intervistati è abbastanza o molto soddisfatto del lavoro e la grande maggioranza (76 e 79%
rispettivamente) giudica abbastanza o molto buoni i rapporti con capi e colleghi. Per contro
prevale un giudizio negativo sul grado di considerazione in cui è tenuto il proprio lavoro.
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI, POSTURE E
MOVIMENTI RIPETUTI
Anche il rischio da MMC, posture e movimenti ripetitivi, è abbastanza rappresentato in letteratura.
L’attività di pulizia comporta diversi atteggiamenti posturali che si alternano con elevata
frequenza: studi finlandesi hanno calcolato che il 36-56% del tempo lavorativo viene passato con
73
la schiena flessa anteriormente o inarcata, mentre il 24-43% del tempo con entrambe le braccia a
livello delle spalle o più in alto. Per un altro 14% viene assunta la posizione accovacciata (De Vito e
al. 2000).
Sono valutazioni sostanzialmente confermate da altri studi (Bohile 2004 – Kimer 2006) secondo i
quali la proporzione di ore di lavoro passate piegati in avanti e/o con torsioni del tronco varia dal
36 al 50% e dal 3 al 14% del tempo lavorativo è svolto in posizione accovacciata.
Un altro aspetto che va considerato è quello del sollevamento/trasporto di pesi: va peraltro
sottolineato che allo sforzo statico e dinamico si accompagna l’elevata frequenza di movimenti
ripetitivi delle braccia che costituiscono un elemento di rischio aggiuntivo. Uno studio effettuato
utilizzando le check-list O.C.R.A. (Fontani e al. 2009) sui camerieri di
albergo addetti alle pulizie ha dimostrato l’esistenza di un rischio
significativo da movimenti ripetitivi degli arti superiori.
Frequenti sono pure le attività di spinta di carrelli: lo studio citato,
applicando il metodo Snook-Ciriello evidenzia un rischio significativo
legato al traino del carrello.
Uno studio tedesco su 109 addetti alle pulizie ( per lo più in scuole) evidenza che il 72% è affetto da
MSD e il 61% è stato in malattia per MSD. Una ricerca di Werigall (2006) dimostra che:
• 83% dei lavoratori ha avuto dolore al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 12 mesi;
• 66% ha avuto dolore/fastidio al collo, braccia, schiena, gambe negli ultimi 7 giorni;
• Uno studio italiano su 99 addette alle pulizie in ospedale dimostra una prevalenza di
Sindrome del Tunnel Carpale (STC) del 24% significativamente superiore a quella riscontrata
nella popolazione generale femminile non esposta (9,2%).
• la più alta prevalenza di disturbi muscolo-scheletrici negli ultimi 12 mesi è costituita da
lombalgie (48,5%), polso-mani (48%), spalle (39,5%).
• Woods (2006) ha studiato l’incidenza di parestesie, intorpidimento e dita bianche come
indicatore di sintomi da vibrazioni mano-braccio in 800 addetti alle pulizie.
• Il 34% riferisce parestesia intorpidimento, il 16% dita bianche.
• La combinazione di questi sintomi nello stesso individuo avviene nel 12% dei casi.
Anche nella nostra indagine, il rischio da MMC, posture e movimenti ripetitivi emerge con
evidenza: alla domanda relativa alla scomodità della postura rispondono affermativamente il 76%
(29% spesso): nel merito la postura caratterizzata dall’innalzamento delle braccia sopra le spalle
riguarda il 48% dei lavoratori (il 19% non risponde) mentre una posizione accovacciata (in media
1.5 ore al giorno) è assunta dal 45% (il 19% non risponde). Per quanto riguarda i sintomi soggettivi a
carico dell’apparato locomotore, i lavoratori riferiscono dolore alle braccia (74%, 40% spesso),
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dolore alle spalle (76%, 38% spesso), dolore alla schiena (80%, 42% spesso), dolore al polso (27%)
con una percentuale significativa di lavoratrici affette da sindrome del tunnel carpale (20%).
Quest’ultimo dato corrisponde a quanto riportato in letteratura dove in un’indagine fatta in
imprese di pulizie operanti in ospedale, la prevalenza di STC è del 24% significativamente superiore
a quelle riscontrate nella popolazione generale femminile non esposta (9,2%).
Nella nostra indagine il polso destro è interessato nel 70% dei casi, mentre nel 15% la localizzazione
è sinistra e bilaterale. A questi dati fa riscontro una valutazione del rischio palesemente inadeguati:
solo l’8,4% dei DVR valuta il rischio da MMC attraverso il calcolo di indici di rischio e solo il 7,8%
valuta il rischio da movimenti ripetitivi attraverso un indice di rischio.
RISCHIO CHIMICO
Per quanto riguarda il rischio chimico abbiamo visto che è molto descritto in letteratura sia in
riferimento alle sostanze chimiche presenti nei prodotti di pulizia sia alle sostanze chimiche
generate nei processi di pulizia. Tra le sostanze più significative, la formaldeide (secondo uno studio
francese il 54,4% dei prodotti di pulizia contiene formaldeide), l’ipoclorito di sodio, terpeni, alcoli.
Alcuni studi evidenziano significative patologie di dermatite allergica da contatto e dermatite
irritativa da contatto in questi lavoratori; altri studi riferiscono l’incidenza di
disturbi respiratori e asma bronchiale. Una review condotta da Bello
(2009) dimostra che l’incidenza di asma è cresciuta tra i lavoratori delle
pulizie negli ultimi dieci anni: molti studi epidemiologici lo confermano.
Secondo European Community Respiratory Health Survey le pulizie sono la
quarta attività lavorativa con il più alto rischio di asma dopo agricoltori,
verniciatori, operai dell’industria plastica.
Uno studio su Lancet del 2007 dimostra che il rischio di sviluppare l’asma nei lavoratori di pulizia è
1,7 volte più alto delle altre occupazioni.
Sono segnalati episodi di insufficienza respiratoria acuta per esposizione a vapori di cloro dovuti a
miscelazione incongrua tra ipoclorito di sodio e acidi (ad esempio acido fosforico per pulire i WC o
acido cloridrico per decalcificare). Nella nostra indagine, disturbi cutanei alle mani riguarda il 45%
degli intervistati, mentre bruciore e lacrimazione agli occhi durante il lavoro interessano il 42% e
tosse secca il 39%. Il 28% riferisce di avere avuto nel corso dell’attività lavorativa crisi di mancanza
di fiato, un dato al quale fa riscontro un 14% affetto da asma bronchiale diagnosticata.
L’esame degli infortuni analizzati attraverso i flussi informativi INAIL permette di rilevare che questo
tipo di infortuni non è così infrequente: si va da un 2,7% se ci si riferisce al “contatto” “liquidi, vapori,
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schizzi” a un 3,1% se si fa riferimento alla voce “deviazione” (traboccamento, vaporizzazione,
aerosol), fino a un 5,6% con la forma “ha inalato” (in termini assoluti sono un migliaio gli infortuni tra
il 2000 e il 2008). Qualche ulteriore elemento di giudizio ci viene dall’esame del registro degli
infortuni negli altri due gruppi di aziende: nel gruppo di aziende che operano in ospedale 14
infortuni (2,4%) di cui 4 ustioni, 9 cheratocongiuntiviti, 1 broncopatia irritativa da inalazione;
nell’altro gruppo 17 infortuni (3,3%) di cui 12 danni oculari e 5 ustioni.
A fronte di questa considerazione, la valutazione del rischio chimico nei DVR è quella che abbiamo
rappresentato: Una valutazione con un calcolo di indici di esposizione e quindi un giudizio
motivato sull’entità del rischio è presente in tre registri (4,2%); nella stragrande maggioranza dei
casi (51 DVR pari al 70,4%) il giudizio di rischio “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute” è
motivato dalle “piccole quantità di prodotti” e dalla asserita non tossicità ; nel 22,5% dei casi
questo giudizio è accompagnato da un elenco di prodotti usati. 12 DVR (16,4%) esprimono un
giudizio di “rischio basso e rilevante per la salute” motivato con le “procedure/azioni previste o
attuate”.
Non è in realtà una valutazione, ma un elenco anche assai analitico di tutti i provvedimenti tecnici
e organizzativi da mettere in atto per contenere il rischio chimico: non c’è alcuna verifica su come
e se queste indicazioni hanno riscontro nella realtà. Infine in 6 DVR (8,4%) il giudizio di “rischio basso
e irrilevante” non è in alcun modo motivato.
Come era immaginabile, le dimensioni delle aziende hanno importanza: su 3 valutazioni esaminate
due sono i DVR di grandi aziende, 1 il DVR di una media azienda.
Questo può essere dovuto almeno in parte al fatto che le aziende di maggiori dimensioni svolgono
attività più impegnative anche dal punto di vista dell’utilizzo dei di prodotti chimici, mentre le
piccole aziende lavorano prevalentemente presso uffici.
RISCHIO BIOLOGICO
Per quel che riguarda il rischio biologico, nel marzo 2010, il Consiglio
dell’Unione Europea ha emanato una direttiva (7023 (Presse49)) che obbliga
gli stati membri a introdurre nella propria legislazione norme atte ad
implementare le procedure di sicurezza relative all’utilizzo e allo smaltimento
di attrezzature mediche che possono provocare ferite entro il termine di tre
anni dalla data di sottoscrizione della stessa.
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Accanto agli operatori sanitari sono quindi presi in considerazione altri lavoratori a rischio: in uno
studio riguardante 24 ospedali tedeschi tra il 30 ottobre 2003 e il 21 ottobre 2008 sono stati registrati
gli infortuni da punture d’ago o da taglienti con sangue o liquidi biologici: sono stati registrati 2.452
casi di cui 71 (il 3% del totale) hanno riguardato gli addetti alle pulizie. Nella nostra indagine nelle
imprese di pulizia in 12 ospedali milanesi la percentuale di infortuni da ago o taglienti è il 17,6% su
un totale di 591 infortuni avvenuti tra il 2005 e il 2010. Tale dato è sostanzialmente sovrapponibile a
quello ricavabile dai questionari somministrati dove il 16% degli intervistati dichiara di aver avuto
almeno un infortunio da puntura di ago. Alla domanda “a chi si rivolge in caso di infortunio da
puntura “ il 33% risponde “al responsabile”, il 28% “al pronto soccorso”, il 18% non sa a chi rivolgersi,
il 16% si rivolge “al capo servizio” e poi “capo area” (3%), direzione sanitaria, rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza, medico di base.
La percentuale di infortuni da ago o taglienti negli ospedali risulta invece significativamente più
elevata del dato che emerge dall’analisi del registro infortuni di 21 aziende medio-piccole operanti
sempre nel settore delle pulizie ma in ambito non sanitario (4,5%). Negli
ospedali si registrano poi alcuni infortuni (0,7%) da contatto con liquidi
biologici. Nello studio compiuto su 18.962 infortuni estratti dai “flussi
informativi INAIL”, avvenuti tra il 2000 e il 2008 nelle imprese di pulizia si
constata che la forma “si è punto con” rappresenta il 5% del totale.
Che il problema non sia esclusivo degli ospedali o degli ambiti sanitari lo
dimostra uno studio condotto dalla UOPSAL 1 della ASL di Milano in 20
alberghi milanesi dove sono stati presi in considerazione 401 infortuni avvenuti tra il 2003 e il 2008 nel
personale addetto alle pulizie: il 6,2% degli infortuni era da punture d’ago o da taglienti, in larga
prevalenza siringhe buttate nel cestino della spazzatura ma anche lamette e forbicine.
Il rischio biologico non è preso in considerazione in 49 DVR (69%), in 4 casi è escluso per la
mancanza “di agenti biologici nel ciclo produttivo, ” in 8 casi sono descritti gli agenti biologici e i
loro effetti, in 9 casi (12,6%) sono descritte le modalità operative e gli interventi tecnici e
organizzativi da attuare in relazione al rischio biologico. Sono DVR di aziende che operano in
ambiente sanitario dove il problema si pone con evidenza: una vera e propria valutazione con
riferimento alle modalità di andamento degli infortuni a rischio biologico con conseguenti
indicazioni operative è presente in un solo DVR.
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RISCHIO DA VIBRAZIONI
Un rischio descritto in letteratura è quello delle vibrazioni.
Le vibrazioni possono aggravare gli effetti delle altre sollecitazioni fisiche come posture incongrue,
trasporto di pesi rilevanti, movimenti ripetitivi.
C’è evidenza scientifica che l’utilizzo delle macchine per la pulizia come aspirapolveri, lucidatrici e
altre attrezzature che devono essere guidate manualmente, espongono i lavoratori delle pulizie a
vibrazioni mano-braccia che possono determinare problemi muscolo scheletrici specie se
combinate con uno sforzo muscolare statico, o anche disturbi neurologici e vascolari fino ad
arrivare in un lungo periodo di tempo a una vera e propria sindrome da vibrazioni mano-braccio.
Possono manifestarsi sintomi quali dolore urente, intorpidimento, iposensibilità, difficoltà del
movimento, dolore alle articolazioni delle mani e delle braccia che possono essere accompagnati
dal fenomeno di Reynaud.
La nostra indagine ha evidenziato, come già detto, una significativa prevalenza di sindrome del
tunnel carpale (che le vibrazioni mano-braccio certamente possono favorire) e un 11% di disturbi
riconducibili al fenomeno di Reynaud. È un problema poco valutato dai DVR: il 61,9% dei quali non
lo prende in considerazione, 4 lo citano, 11 elencano quello che si
dovrebbe fare, 2 riportano misure effettuate.
E’ un problema che è stato oggetto di un nostro intervento specifico a
partire da una segnalazione di formicolio alle mani e pallore alle dita di
addetti alle pulizie dopo aver usato la levigatrice. L’eliminazione delle
levigatrici più vecchie ed un programma di manutenzione su tutte le
attrezzature hanno ridotto drasticamente l’incidenza dei disturbi.
Un altro intervento diretto ha riguardato un’altra situazione lavorativa dove gli addetti alle pulizie
lamentavano dolori alle spalle e alla schiena. Una volta
collegati i disturbi alla postura col dorso flesso, necessaria per
pulire sotto tavoli e sedie, sono state modificate le
attrezzature, in particolare gli spazzoloni con l’utilizzo di manici
più lunghi e conseguenti posture più corrette.
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SESTO CAPITOLO
Fornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratoriFornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratoriFornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratoriFornitura di attrezzature adatte a tutti i lavoratori
COMPITO Gli addetti alle pulizie all’interno di un’organizzazione dovevano lavare i pavimenti per circa due
ore al giorno in ambienti diversi (per esempio, corridoi, cucine, docce e bagni).
PROBLEMA Spesso gli addetti alle pulizie di statura più alta riferivano al loro RLS dolori alle spalle e alla schiena.
Collegavano l’insorgenza di questi problemi ai piegamenti del dorso necessari per lavare i
pavimenti, per esempio per pulire sotto tavoli e sedie, o semplicemente ai movimenti che
compivano lavando.
Figura 1: Esempio di pulizia a umido con spazzolone
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO E INDIVIDUAZIONE DI UNA
SOLUZIONE I maggiori problemi individuati erano:
• piegandosi per pulire sotto i mobili, gli addetti alle pulizie si protendevano molto in
avanti
• gli addetti alle pulizie dovevano allungarsi per raggiungere alcuni punti scomodi
• spesso gli addetti alle pulizie dovevano assume posizioni scorrette delle spalle
• usando lo spazzolone, gli addetti alle pulizie ruotavano il tronco.
È stata adottata una soluzione semplice: agli addetti alle pulizie più alti sono
stati dati spazzoloni con manici più lunghi.
RISULTATO • Gli addetti alle pulizie che hanno ricevuto gli spazzoloni con i manici più lunghi riuscivano a
svolgere le loro mansioni con più facilità e hanno riferito un’attenuazione dei dolori alla schiena.
• L’utilizzo di un manico lungo 1,5 m anziché 1,2 m ha permesso ai lavoratori di mantenere una
posizione più eretta durante l’attività lavorativa.
• Il personale addetto alla salute e alla sicurezza ha osservato che gli addetti alle pulizie
lavoravano tenendo la schiena più diritta.
• Il costo dei manici più lunghi è solo leggermente più elevato.
INDICAZIONI PREVENTIVE • L’adattamento dell’attrezzatura ai bisogni dell’utente si è dimostrato molto efficace nel ridurre il
dolore, il fastidio e i problemi di postura. Lo stesso esempio sarebbe adatto anche per i lavoratori di
statura più bassa, che al contrario avrebbero bisogno di uno spazzolone con un manico più corto.
• Una soluzione alternativa sarebbe quella di fornire spazzoloni con manici allungabili, che sono già
disponibili in commercio. L’uso di manici più lunghi (grazie a prolunghe tubolari) permette anche di
ridurre i piegamenti di meno quando si usa l’aspirapolvere ed è stato riscontrato che le attrezzature
con queste caratteristiche riducono lo sforzo a carico della schiena quando si spazza.
• È importante garantire che gli addetti alle pulizie sappiano come usare e far funzionare
correttamente l’attrezzatura. Il personale deve ricevere tutta la formazione e le informazioni del
caso, tra cui non devono mancare le istruzioni su come regolare l’attrezzatura per adattarla alle
esigenze individuali.
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Manutenzione dell’attrezzaturaManutenzione dell’attrezzaturaManutenzione dell’attrezzaturaManutenzione dell’attrezzatura
COMPITO Una squadra di addetti alle pulizie effettuava quotidiane operazioni di levigatura dei pavimenti in
alcuni grandi magazzini.
PROBLEMA Le levigatrici erano in uso nel luogo di lavoro ormai da molti anni. Alcuni degli addetti alle pulizie
lamentavano formicolio alle mani e intorpidimento e pallore delle dita dopo aver usato la
levigatrice. Questi sono i classici sintomi della sindrome da vibrazione mano-braccio.
Figura 2: Immagine di una levigatrice tradizionale
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VALUTAZIONE DEL RISCHIO E INDIVIDUAZIONE DI UNA
SOLUZIONE Quando le levigatrici sono state ispezionate, è emerso che alcune parti delle macchine erano
usurate. Si è quindi ritenuto che il fastidio degli addetti alle pulizie fosse dovuto alla vibrazione delle
macchine. Da un’indagine più approfondita è emerso inoltre che il problema non si limitava alle
levigatrici e che altre attrezzature si trovavano in condizioni analoghe di cattiva conservazione.
Sono state valutate alcune soluzioni e alla fine si è deciso di attuare un programma di
manutenzione comprendente un’ispezione e manutenzione periodica dell’attrezzatura, nonché la
sostituzione delle macchine più vecchie.
È stato introdotto un sistema per la segnalazione dei problemi delle attrezzature, per poter
rapidamente comunicare agli addetti alle pulizie quando l’attrezzatura sarà sottoposta a
manutenzione, riparata o sostituita.
RISULTATO • L’incidenza dei disturbi alle mani è stata ridotta.
INDICAZIONI PREVENTIVE • Come tutte le apparecchiature elettriche, le levigatrici devono essere sottoposte a regolare
manutenzione e controllo. È importante garantire che tutte le parti dell’attrezzatura come i
cuscinetti e le spazzole siano installate correttamente e si trovino in buone condizioni di
funzionamento, in modo da evitare uno sforzo eccessivo da parte dell’utente per far funzionare
l’attrezzatura.
• È indispensabile attuare un programma di manutenzione regolare al fine di individuare le
macchine, le attrezzature e i pezzi che devono essere sostituiti, ripristinati o riparati. Ciò ridurrà
problemi come il dolore e il fastidio alle braccia e alle mani dovuti all’eccessiva vibrazione causata
da una scarsa manutenzione o dall’usura delle parti.
• Gli addetti alle pulizie dovrebbero disporre di un sistema di segnalazione facile da usare per
riferire eventuali problemi riscontrati con le attrezzature, provvisto di un’azione di follow-up
integrata.