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-1- “ARRIVANO I NOSTRI ” Distribuzione gratuita Bollettino periodico dei giovani da 8 a 98 anni S.Pio X - Balduina www.sanpiodecimo.it Numero 30 Marzo 2010 Anno V° In questo numero: SO OGNI NOTA DI TE (don Paolo Tammi) IL MIO CORO VIVAVOCE (Agnese Ortone racconta) LA MUSICA (Un po’ di cielo in noi) IO E L’OBOE (Il LA della mia vita) LA PRIMA MESSA BEAT (27 aprile 1966) NOSTALGIC MUSIC (Il classico è sempre bello) UNA BREVE NOTA (Serata all’Auditorium) MIA NONNA MUSICISTA (Il diario di Giorgia) CHITARRE IN GARAGE (L’epoca dei complessini) LA MUSICA PER ME (Da Gershwin a Buscaglione) JENNY SORRENTI (Intervista esclusiva) LA MUSICA E’ ETERNA (Arte per sempre) NATA CON LA MUSICA (Aria musicale in famiglia) CHI SI ACCONTENTAVA (Carllon, campane e bande) AFRICA EXPRESS (Il Nilo) La musica per noi !

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“ARRIVANO I NOSTRI ”

Distribuzione gratuita

Bollettino periodico deigiovani da 8 a 98 anni

S . P i o X - Balduinawww.sanpiodecimo.it

Numero 30

Marzo 2010

A n n o V °

In questo numero:

SO OGNI NOTA DI TE(don Paolo Tammi)

IL MIO CORO VIVAVOCE(Agnese Ortone racconta)

LA MUSICA(Un po’ di cielo in noi)

IO E L’OBOE(Il LA della mia vita)

LA PRIMA MESSA BEAT(27 aprile 1966)

NOSTALGIC MUSIC(Il classico è sempre bello)

UNA BREVE NOTA(Serata all’Auditorium)

MIA NONNA MUSICISTA(Il diario di Giorgia)

CHITARRE IN GARAGE(L’epoca dei complessini)

LA MUSICA PER ME(Da Gershwin a Buscaglione)

JENNY SORRENTI(Intervista esclusiva)

LA MUSICA E’ ETERNA(Arte per sempre)

NATA CON LA MUSICA(Aria musicale in famiglia)

CHI SI ACCONTENTAVA(Carllon, campane e bande)

AFRICA EXPRESS(Il Nilo)

La musicaper noi !

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IL FESTIVAL DISANREMO

Tutto cominciò con la vitto-ria di ‘Grazie dei fiori’ e NillaPizzi nel 1951. In garac’erano la Pizzi, AchilleTogliani e il duo Fasano.L’anno scorso ha vinto Marco Carta e quest’anno ValerioScanu, trascinati dal voto dei fan di ‘Amici’, il più seguitodei talent show. Basterebbe questo confronto a riassume-re quante cose sono accadute e cambiate nei 60 anni distoria del festival di Sanremo. Difficile raccontarle tutte inpoche righe, difficile sintetizzare la vicenda di una mani-festazione che, comunque la si voglia mettere, continua arappresentare al tempo stesso un mondo a sé, con regolee meccanismi che esistono solo lì. Il primo scossone allasua storia è arrivato nel 1958 grazie a ‘Nel blu dipinto di

blu’ e Domenico Modugnoche hanno aperto le portedella modernità alla canzoneitaliana. Sono tante le canzo-ni che hanno vinto il festivale poi hanno avuto successo,per esempio, ‘Romantica’,‘Canzone per te’, ‘Zingara’,‘Adesso tu’, ‘Si puo’ dare dipiu”, ‘Perdere l’amore, ‘Tilascerò’’, ‘Come saprei’,‘Luce (tramonti a nord est)’,per non dire di quelle cheaffermandosi nella sezionegiovani hanno rivelato dellestar future, il Ramazzotti di

‘Terra promessa’, il Masini di ‘Disperato’, la Pausini della‘Solitudine’, il Bocelli del ‘Mare calmo della sera’, per faresolo qualche nome. Ma la storia di Sanremo è fatta anchedi grandi canzoni e cantanti eliminati o trascurati dallagiurie (solo attraverso tutti i cambiamenti dei meccanismidi voto si potrebbe raccontare la storia del festival) bastapensare al povero Tenco, a Lucio Battisti (nella foto inalto, ndr), Lucio Dalla con ‘Piazza grande’, Vasco Rossicon ‘Vita spericolata’, Zucchero, per dire solo dei casi piùclamorosi. Così come, a parte la parentesi del declino acavallo degli anni ‘70 e ‘80, sono diversi i casi di vittorierimaste negli annali del festival ma cancellate dalla storiaoppure diventate un boomerang, di cui I Jalisse e ‘Fiumi diparole’ restano il simbolo.

L’elenco della star stranie-re passate dal festival èimpressionante: c’é statoun periodo in cui eranoanche in gara e abbiamovisto Louis Armstrong(nella foto, ndr), WilsonPickett e Lionel Hamptonche eseguivano i pezzi delfestival. Ma poi sul palcodell’Ariston è passato ilgotha della musica internazionale dagli Yardbirds diJimmy Page a Paul McCartney alla Whitney Houstonsplendente dei suoi esordi (il suo manager che non le con-sentì di fare il bis fu licenziato), Madonna. Tra gli anni ‘80e I ‘90 non c’é stato praticamente un artista o un gruppodi successo internazionale che non sia passato daSanremo.Così come non sono mancate rumorosissimedefezioni come quella di Elton John, che non scese dall’ae-reo e se ne ripartì mentre Baudo aveva portato in scena latorta per festeggiare il compleanno della capricciosissimastar, o quella di Rod Stewart, cacciato per inadempienzeda Aragozzini mentre parlava con i giornalisti. Se c’é statoil periodo in cui i casi li creavano i comici, Grillo, il trioSolenghi-Marchesini-Lopez, Benigni, ora ci pensano i can-tanti e qualche canzone. Lo specialista è diventato Poviama intanto Morgan è entrato nella storia del festival comeil primo squalificato per doping. Il bello è che tutto ècominciato con Grazie dei fiori.

Vincitori del FestivalSopra - A sinistra: Domenico Modugno ha vinto per 3 volte. Nel 1958con “Nel blu dipinto di blu”, nel 1959 con “Piove” e nel 1962 con “Diocome ti amo”. Secondo i dati riportati dalla Siae, “Nel blu dipinto diblu”(Volare) è stata la canzone italiana più eseguita al mondo dal 1958ad oggi, ed ha avuto innumerevoli versioni in moltissime lingue, venden-do più di 23 milioni di dischi. Sulla destra: Tony Dallara e Renato Rascelche hanno vinto con “Romantica” nel 1960.Sotto- Giorgia ha vinto nel 1995 con “Come saprei”- Eros Ramazzotti havinto nel 1986 con “Adesso tu”

Elvis Presley è stato uno dei piùcelebri cantanti di tutti i tempi,tanto da meritarsi il sopranno-me de Il Re del Rock and Roll osemplicemente The King. Intutta la sua carriera Presley hapubblicato 61 album, vendendooltre 1 miliardo di copie in tuttoil mondo.

I Beatles sono quelliche hanno venduto

più dischi in assolutoin tutta la storia della

musica.

Charles Trenet è stato forse ilpiù grande cantautore e paro-

liere francese.A chi gli domandava il segretodel suo costante buonumore,

Trenet rispondeva: “Non vedo mai le cose come

realmente sono".

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SO OGNI NOTA DI TEdon Paolo Tammi

“Tu sei una musica che direi ho ascoltato già, non ricor-do più nè ieri, come nè perché, ma so ogni nota di te”.Sono le parole – che spesso canticchio – di una bellis-sima canzone dei Ricchi e Poveri, quando ancora esi-stevano e quando erano ancora quattro, due ricchi edue poveri. E’ bello dire all’altro: tu sei una musica! Ancor più belloè dirgli: so ogni nota di te. Vuolo dire: ti conosco bene,mi sei nel cuore e nella mente. Conoscere una persona– anche quando non la si ama – è segno di intimità e dicalore, comunque.Gli altri possono essere per noi un musica o una melodia stonata. Così come noipossiamo esserlo per gli altri. A scuola media si studiava musica. Era una materiacon tanto di voto e di media. La mia prof, che non era – come dire – una di quelle che di anno anno rinnovanoil programma, ci ci fece cantare per tre inesorabili anni: “Và pensiero, sull’ali dora-te...”. Quando scoprì che avevo una bella voce, mi costrinse a cantare una canzone diRita Pavone, che era uno dei miei miti. Vergogna assoluta e prese in giro dei com-pagni assicurate per mesi! Eppure la musica mi è sempre piaciuta. Era anzitutto una cosa condivisa. Sanremo era “Non ho l’età”. Ma quanto ancorasi canta “ non ho l’età” ! Le canzoni che cantavo io le cantavano anche papà emamma. L’abisso tra culture non s’era ancora scavato. E poi la tv veicolava e face-va conoscere i cantanti per la loro voce. Non si stava attaccati al varietà del saba-to sera per sapere con chi stava Mina o con chi aveva fatto un figlio. Si stava ad ascoltare le note di “Insieme” o di “Amor mio” e la sua voce stupenda.Si rimaneva lì per apprezzare il valore della persona e dell’arte che ne emanava,non per il gossip o le ciance giornalistiche. C’era musica per tutti e la musica era cultura. Mamma amava la musica operisti-ca, papà era neutro, i miei fratelli si affacciavano ai Beatles e- un po’ più tardi – aCat Stevens, a Carole King, alla musica che contestava e che era anche un mododi lottare con l’ugola per ciò in cui si credeva. “C’era un ragazzo che come me...” usciva dalla bocca di chiunque non digerisse laguerra nel Vietnam. La musica era politica (un po’ troppo). Alla festa dell’Unità ciandavano quasi tutti i cantanti (ma qualcuno si salvò) e tutti sembravano di sini-stra. Una musica che portava sostegno anche se – grazie al cielo – i cantanti rima-nevano tali e non si sognavando di candidarsi nelle liste dei partiti per entrare inparlamento. Andò meglio, al riguardo, a uno che suonava una musica sonora esevera col fischietto: l’arbitro Concetto Lo Bello. Fu eletto deputato nelle liste dellaDC quando io ero all’università.Con la musica si comunica. Su tutti i libretti dei canti delle chiese c’è scritta unafrase attribuita a S. Agostino: “Chi canta prega due volte”. Meno male che non laprendiamo alla lettera nelle nostre parrocchie, altrimenti c’è da star freschi quan-to a capacità di pregare dei fedeli. Le musiche sacre – che hanno spesso messo inmelodia dei bellisssimi inni sacri – sono qualcosa di grande. Pensiamo a cosasignifichi di fronte al sacramento dell’Eucarestia cantare “Adoro te devote”, o nelgiorno di Pentecoste cantare “Veni creator spiritus”. Non è questione di “latinorum”, è questione di volontà. Nemmeno è questione divoce intonata. E’ questione di credere alla partecipazione vera alla liturgia. La musica è certo preghiera. A parte alcuni canti di dubbia serietà, oggi si è molto rinnovata la musica sacra eliturgica. San Pio X fece una gran bella riforma e, stanco dei mottetti che giurava-no per le chiese più per gratificare le devote ugole che per aiutare a pregare lagente, impose il gregoriano per tutti. Pensate: nei primi del ‘900 il canto gregoria-no era la riforma! Era il taglio col passato e l’inizio di un nuovo modo di cantare. Oggi persino a molti preti non va di cantare. Talora celebrano come SpeedyGonzales e pensano che il canto sia un’inutile aggiunta. A loro va applicato, perprimi, il monito a pregare due volte attraverso il canto. Un mondo in cui non ci sia più musica è un mondo triste. Un mondo in cui i ragaz-zi e la gente non cantino più insieme è un mondo sconfittto. Un mondo in cui ognu-no se la goda con gli auticolari e si ascolti da sè la sua musica, senza condivider-la, è un mondo di grande solitudine. Un mondo in cui non si suoni più la chitarra ola gente non voglia più andare al coro è un mondo appesantito dalla tristezza. SeDio canta è perchè è felice e si compiace degli uonmini, se noi cantiamo a Lui, Glisiamo più vicini e più vicini a quella parte di noi cui piace vivere.

ARRIVANO I

NOSTRIAutorizzazione del Tribunale n°89

del 6 marzo 2008

Direttore responsabileGiulia BondolfiTerza pagina

don Paolo TammiDirettore editoriale

Marco Di Tillo

Collaboratori:

Francesca Adrower, Lùcia eMiriam Aiello, Bianca MariaAlfieri, Renato Ammannati,Alessandra e Marco Angeli,Paola Baroni, Giancarlo e

Fabrizio Bianconi, Tommaso Carratelli,

Cesare Catarinozzi, Laura,Giuseppe e Rosa Del Coiro,

Gabriella Ambrosio De Luca,Anna Garibaldi, Massimo

Gatti, Paola Giorgetti, PietroGregori, Giampiero

Guadagni, Lucio, Rossella eSilvia Laurita Longo,

Giuliana Lilli, don NicoLugli, don Roberto Maccioni,Maria Pia Maglia, Luciano

Milani, Cristian Molella,Alfonso Molinaro, SandroMorici, Agnese Ortone,

Alfredo Palieri, GregorioPaparatti, Giorgia Pergolini,

Maria Rossi, EugeniaRugolo, Maria Lucia

Saraceni, Elena Scurpa,Francesco Tani, Stefano

Valariano, Gabriele, Robertoe Valerio Vecchione, Celina

e Giuseppe Zingale.

I numeri arretrati li trovate

online

sul sito della parrocchia :

www.sanpiodecimo.it

NUOVICOLLABORATORI

Chi vuole inviare articoli,disegni, vignette,

critiche,suggerimenti o soloofferte per sostenere la pub-blicazione, può lasciare unabusta nella nostra buca diposta presso la SegreteriaParrocchiale di viaFrioggeri.Oppure inviate una mail a:

[email protected]

Stampato presso la tipografia Medaglie d’Oro

di via Appiano

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LA MUSICAPER ME

Franco Tani

Tra le varieforme di arte la musica,insieme alle lettere, èquella che più mi affa-scina, forse perché è laforma di espressioneche riesce a coinvolgeretutta la mia persona, asuscitare belle emozio-ni, a creare stati d’animo. Inoltre con la sua armonia, con labellezza dei temi e dei suoni, con le passioni che esprime indiversi casi mi fa avvicinare a Dio.Il mio rapporto con la musica ha origini lontane. Fin da pic-colissimo, sapevo appena camminare, mio padre mi mettevadavanti alla radio facendomi ascoltare arie dalle opere, spe-rando che diventassi un tenore. Con il risultato di una delu-sione per lui e di una frustrazione per me: amo la musica masono inguaribilmente stonato, al punto di dover tacere anchequando si canta nella S. Messa.Sono stato, perciò, iniziato alla musica fin da assai giovane,da mio padre che la amava tutta prediligendo però la lirica; enel corso della mia vita, ormai non breve, alla musica hodedicato, quando ho potuto, due diverse modalità di ascolto.Un ascolto per conoscere, esplorando i vari generi ed i variautori alla scoperta del vasto mondo della espressione musi-cale, talvolta anche facendomi aiutare da letture o da amicipiù esperti ed anche conoscitori delle tecniche musicali. Edun ascolto e riascolto, per il mio piacere, di quei generi e diquegli autori che la ricerca fatta mi ha portato a sceglieresecondo la mia sensibilità e la mia capacità di comprensione.Quando desidero sentire e godere appieno la musica facen-domi coinvolgere tutto cerco di isolarmi dal mondo circostan-te, sia che lo faccia in casa sia in una sala da concerto, finoanche a chiudere gli occhi. La ascolto anche facendo altro, adesempio in auto, ma in questo caso non si crea quella situa-zione necessaria perché l’ascolto si trasformi in un pienocoinvolgimento, in una piena percezione di quello che lamusica vuole trasmettere. Apprezzo ed amo tutti i generimusicali ma con diverse intensità e con predilezioni più omeno ampie. Della musica leggera non ho mai gradito lamelodica ed il campo dei miei favoriti è limitato. Mina sopraa tutti per la sua splendida voce, per il modo e la duttilità concui la utilizza e per le scelte musicali mai banali e sempreinnovative. Modugno ed in particolare le sue canzoni con lachitarra come “l’uomo in frak”, “lu pisci spada”, “la donnariccia” e altre. Fred Buscaglione per la sua ironia musicale, larottura con gli stereotipi, il suo modo di porgere la canzone.Il quartetto Cetra per la grandissima armonia vocale e la sim-patia dei loro brani. Ed Adriano Celentano che ha saputounire una buona musica al rock. Sono tutti datati, come me,ma nessuno dei più recenti, salvo qualche sporadico pezzorock, riesce a coinvolgere la mia sensibilità musicale.Certamente più della musica leggera apprezzo il jazz ed igospel. La cosa si può intuire anche dalle mie scelte di musi-ca leggera: diversi dei miei preferiti si sono fatti contamina-re dalle cadenze e dalle modalità jazzistiche. Qui le sceltesono numerose, legate principalmente al periodo classico del

jazz dagli anni ‘40 ai ’70, partendo da Benny Goodman edArmstrong fino a Miles Davies. I gospel mi danno il senso diuna preghiera fatta non solo con l’anima ma con tutta la per-sona, trasmettono la gioia dell’incontro con Dio ed il doloredell’uomo che lo cerca o che si è allontanato da Lui, sono ric-chi di suoni e di melodie e di tonalità vocali spesso eccezio-nali. La mia grande passione è, però, la musica classica emetto sopra a tutto la musica strumentale, anche se vi sonodelle opere liriche che apprezzo molto ascoltare.Ogni periodo ed ogni autore destano in me stati d’animodiversi e spesso scelgo un ascolto in funzione delle sensazio-ni che, in quel momento, desidero provare.L’eleganza unita alla leggerezza ed alla perfezione formalenon priva di validi contenuti, la trovo nella musica del sette-cento: Vivaldi, Albinoni, Galuppi, che ha un breve pezzo perpiano di una semplicità e di una bellezza sublime, e tanti altri.Per culminare nel più grande di tutti, che a queste caratteri-stiche portate quasi alla perfezione unisce una grande varie-tà di invenzioni musicali ed un pathos spesso sottile ma sem-pre presente: Mozart. Trovo ancora perfezione formale unitaalla continuità nel divenire del flusso musicale in Bach unitaad una costruzione musicale complessa al limite dell’intellet-tualismo. Se cerco la forza, la vitalità, la profondità dei sen-timenti e della passioni espressa con pienezza ma anche condelicatezza ascolto Tchaikovsky, Brahms ed il compositoreche considero il più grande di tutti: Beethoven. Le armonieromantiche un po’ decadenti e con un fondo di tristezza letrovo in Chopin; la raffinatezza dei suoni dell’orchestra, laloro perfetta fusione e l’armonica combinazione dei timbridei diversi strumenti unita alla bellezza di alcuni temi sono,per me, nella musica russa dell’800: Mussorgsky, Borodin masoprattutto Rimsky-Korsakov. La musica di atmosfera, simileall’effetto che ispirano i quadri impressionisti, la cerco inRavel e ancor più in Debussy. La nostalgia e l’evocazione diluoghi, paesaggi, miti e leggende mi viene da autori di perio-di diversi: Dvorak, De Falla, Rodrigo, Sibelius, Smetana,Respighi. Un discorso a parte per me è stato sempreGershwin, la mia prima passione musicale giovanile. Unascolto ricco di spunti, facile, pieno di dinamismo ed in cui lamusica classica si fa contaminare dal jazz e dal blues. Vi è poiun compositore la cui musica riesce a prendere ed a scuote-re tutto il mio essere e che, con Beethoven, è quello che amodi più: Stravinsky. Molte delle sue composizioni hanno in séil senso del primordiale, le dissonanze, le esplosioni ed iquasi silenzi che portano ad un mondo che cerca di uscire dauna condizione di caos, di liberarsi per purificarsi, e sonosempre costruite con grandi effetti timbrici, suoni che siaprono ed esplodono o si attenuano ed una piena sapienzamusicale. Faccio invece fatica a capire ed ascoltare i moder-ni come Berio, Ligeti, Schoemberg certamente per la difficol-tà che provo ad entrare nella loro costruzione, ma dovrei diredecostruzione, musicale; ma principalmente perché la loromusica, certamente figlia del tempo, genera in me una sen-sazione di angoscia anche fisica, non libera ed eleva il mioanimo, ma lo incupisce. Voglio chiudere questo mio excursusattraverso le sensazioni e gli stati d’animo che la musica ècapace di provocare in me con un genere molto specifico epuramente vocale: il canto gregoriano. Questo, specie se ese-guito dai monaci, ed ancor più se benedettini, con le suecadenze e con l’armonia serena delle voci mi porta a sentir-mi in preghiera e dona al mio animo una grande sensazionedi pace di serenità e di vicinanza a Dio. Insomma mi fa sen-tire come se fossi nell’anticamera del Paradiso.

YETIMaclo & Torti

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“AFRICA EXPRESS”I GRANDI

FIUMID’AFRICA:

IL NILO

Il fiume Nilo (inarabo Bar al-Nil) coni suoi 6.695 km dilunghezza è il piùlungo fiume africa-no, secondo almondo solo al Riodelle Amazzoni con isuoi 7.040 km.Il Nilo è stato, però, fin dagli inizi della civiltà, il fiume chepiù ha dato vita a molte leggende (a cominciare dal luogoove nasce) ed ha sempre spinto numerosi esploratori allaricerca della sua vera fonte ed a svelare i misteri che lohanno avvolto nel corso dei secoli. Si ha notizia che anche Nerone inviò due soldati per esplo-rarlo ma questi furono fermati nella loro risalita dalla impra-ticabilità del Grande Sudd, groviglio di paludi ed acquitrinitra Assuan ed il Sudan, che resero impossibile il prosegui-mento.Successivamente tentarono la risalita anche gli arabi con leloro carovane commerciali ma pure loro furono fermati dallainaccessibilità dell’Africa centrale, con il suo clima torrido eumido, dalla impenetrabilità delle foreste e dalle guerre chespesso contrapponevano le popolazioni di quelle regioni. A questi ostacoli pratici si aggiungeva anche l’alone dimistero che circondava questi luoghi in seguito ai raccontidelle poche persone che avevano osato avventurarvisi e neerano tornate vive e che parlavano di popoli dediti a prati-che mostruose, se non addirittura al cannibalismo.In pratica l’intero percorso di questo lunghissimo fiume èrimasto avvolto nel mistero fino a poche centinaia di anni fa.Resta, però, inspiegabile capire come, nel II^ secolo d. C., ilgrande cartografo alessandrino Tolomeo possa aver traccia-to una carta in cui compaiono già le Montagne della Luna,(posizionate nella attuale regione etiope) così chiamate per-chè confinavano con il limite conosciuto dell’universo ter-racqueo. Queste montagne vengono descritte alte ed inne-vate con alle pendici una grossa regione lacustre (il GrandeSudd) dalla quale partivano alcuni emissari che andavano aformare il Nilo. La cartina di Tolomeo, certamente basata inparte sulla immaginazione e sui racconti fatti dai carovanie-ri, è molto simile alla realtà e si può quindi dire che gli anti-chi avevano già individuato i principali elementi geograficidell’alto corso del Nilo. Solo agli inizi dell’800, con lo svilup-parsi del colonialismo e della ricerca di terre da conquistare,venne dato nuovo impulso alle esplorazioni, in particolarenel continente africano. Il Nilo fu subito tra i primi luoghi ascatenare la fantasia dei viaggiatori del tempo.Già all’epoca si era a conoscenza che il Nilo vero e proprioaveva due grandi affluenti, Nilo Azzurro ed il Nilo Bianco.Del primo, detto Bahr el Azrak, si hanno notizie abbastanzacerte fin dal XVII^ sec. Nasce dal Lago Tana, sull’altopianoEtiope e, essendo più lungo del Nilo Bianco, apporta unamaggiore quantità di acqua ed anche il famoso limo, che fer-tilizza tutti i territori situati lungo le rive del fiume. Il suo percorso è serpeggiante e, dopo aver attraversato ilterritorio etiope, scende velocemente verso sud fino adentrare in Sudan dove forma il lago Rusayris per poi prose-guire verso nord fino a Khartoum e qui confluire con il NiloBianco dando vita al Nilo propriamente detto.Il Nilo Bianco, chiamato Bahr el Abyad, invece, comunemen-te si dice che nasce dal Lago Vittoria le cui acque fanno partedella Tanzania, dell’Uganda e del Kenia. Nel 1858 due esploratori inglesi, Francis Burton e JohnSpeke, raggiunsero questo lago risalendo il fiume, pensandocosì di aver finalmente scoperto l’altra fonte.Per avere, finalmente, la certezza del luogo di origine del

Nilo Bianco, però, occorrerà attendere il 1934 quandol’esploratore tedesco Waldecker capì che il Lago Vittoria era,a sua volta, alimentato dal fiume Kagera che, con vari nomia seconda dei territori che attraversa, nasceva nell’altopia-no del Burundi. Oggi il quadro geografico del Nilo è ben conosciuto e si puòdire con certezza che i paesi che fanno parte del suo bacinoidrografico sono 10: Etiopia, Eritrea, Sudan, Kenia,Tanzania, Uganda, Burundi, Ruanda, R.D. del Congo edEgitto. Da Khartoum il vero e proprio Nilo scorre in direzione nord-est e dopo circa 300 km riceve le acque del fiume Atabarah,il suo ultimo affluente. Da qui prosegue verso nord, attra-versando la Nubia per poi superare una serie di 6 catarattee giungere fino ad Assuan. Presso questa città il fiume èsbarrato da una enorme diga idroelettrica che, completatanel 1970, ha anche creato il grande lago Nasser esteso perben 5.300 kmq. Da questo punto fino al delta, il fiume haun’ampiezza media di circa 500 mt ed è interamente naviga-bile. Prima di sfociare nel Mediterraneo, a nord del Cairo,esso si divide in due rami, il Ramo di Rosetta e quello diDamietta che formano un delta di ben 24.000 kmq.Il Nilo ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita e nellosviluppo della cultura e della storia Egizia rappresentando,da sempre, una inesauribile fonte di vita per tutta la popola-zione che viveva lungo il suo corso. Le annuali inondazionihanno garantito, nel corso secoli, la coltivazione di numero-si prodotti agricoli, a cominciare dal grano, atti a soddisfarele esigenze alimentari di tutti gli abitanti.Nell’antichità era adorato con il nome Hapi ed era ancheconsiderato il confine tra la vita e la morte. L’Est, infatti, simboleggiava la vita (il Dio del Sole, Ra, nascead est) mentre l’ovest era l’oltretomba, governato da Osiris. Per questo motivo tutte le famose tombe egizie sono situa-te ad ovest del Nilo. Egli rappresentava anche la principale via di comunicazioneed era costantemente percorso da migliaia di barche di ognitipo che trasportavano persone, animali e merci di ognigenere. Si può senz’altro dire che la Civiltà Egizia deve sicu-ramente la sua durata (oltre 3000 anni) e la sua grandezzaalla presenza di questo fiume.Anche oggi gran parte della vita economica dell’Egittodipende dal Nilo visto che il 90% della popolazione vivenella fascia di terreno fertile ai lati delle due rive.Ne consegue che la questione del suo sfruttamento è consi-derata fondamentale per una nazione ad alto incrementodemografico, peraltro coinvolta sempre di più nel processodi desertificazione che da tempo colpisce tutta l’area magre-bina. L’utilizzazione delle acque di questo fiume, quindi,assume contorni sempre più vitali per i paesi che vi sibagnano. L’Egitto, ovviamente, fa la parte del leone con unconsumo di oltre 55 miliardi di mc d’acqua l’anno, destinatiad aumentare a seguito dell’avvio di un programma gover-nativo che prevede la creazione di nuovi centri urbani tra lesabbie del deserto ma collegati tra loro tramite canali navi-gabili. Tutto ciò ha innescato gravi tensioni con gli altripaesi, in primis con l’Etiopia che, pur fornendo circa l’85%del flusso annuo del grande fiume, ben poco beneficia del-l’apporto delle sue acque. Nel 2005 ha chiesto di poterneincrementare lo sfruttamento per sostenere circa 20 milionidi persone dedite all’agricoltura, sempre più in difficoltà acausa della siccità che ha diminuito i raccolti e decimato ilbestiame. Questa richiesta, però, è stata bloccata dall’Egittoche avrebbe visto ridurre di molto i propri programmi di svi-luppo legati alle risorse idriche. Un rapporto ONU della fine degli anni ’90 ha messo in risal-to come i sempre maggiori contrasti tra le nazioni per losfruttamento dell’acqua siano una delle minacce più graviper il progresso umano. Nel 1995 un dirigente della Banca Mondiale affermava: “Sele guerre del XX^ sec. sono state combattute per il petrolio,quelle del XXI^ lo saranno per l’acqua”. Questa previsioneinquietante, oggi, si sta rivelando assolutamente reale.

NOTIZIE, CURIOSITA’ E RICETTE DAL CONTINENTE NERO

a cura di Lucio Laurita Longo

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L’OBOE: IL “LA” DELLA MIA VITAGiulia Bondolfi

Amo la musica, canto da prima di parlare e per tanti anni ho pen-sato che fosse scritta nel mio DNA. E invece no. Alla fine non hoscelto di fare la musicista, forse non avevo tutte le capacitànecessarie per navigare nelmondo delle note, ma lamusica è rimasta impressanel mio cuore.A dodici anni, dopo averriempito la casa paterna conla mia voce, finalmente hoconvinto i miei genitori adiscrivermi ad un coro. Duevolte alla settimana prende-vo l’autobus direttaall’Accademia Filarmonica divia Flaminia. Qui mi aspetta-vano quaranta adolescentitutte in divisa rigorosamentebianca e blu dirette da unostravagante sacerdote, DonPablo Colino, allora anchealla guida delle voci bianche della Cappella Sistina. La disciplinaera ferrea: Don Colino non lasciava spazio alle chiacchiere e cicomandava a bacchetta per due ore di fila. Dopo aver fatto la prova della voce e inserita nel comparto deimezzo-soprani, iniziai un cammino musicale meraviglioso fattodi rigore ma anche di tante esperienze particolari. Oltre a canta-re per battesimi, comunioni e matrimoni, Don Colino almeno unavolta l’anno ci portava a cantare in giro per il mondo. E’ così che,a cominciare dai miei tredici anni, ho viaggiato su e giù perl’Europa, cantando con il mio coro in meravigliose sedi diploma-tiche e chiese. Il clima era quello di un collegio femminile d’altritempi, senza tralasciare lo studio della musica. I miei diciottoanni per esempio li ho festeggiati a Barcellona con paella dipesce guarnita da candeline dopo un memorabile concertoall’Ambasciata Italiana. Ma l’esperienza più bella è stata a Parigidove noi coriste alternavamo ai concerti ufficiali delle piccolepromenade in strada per guadagnare qualche soldo tra i passan-ti. La musica sembrava essere la mia vita. Non vedevo altre pro-spettive all’orizzonte ed è per questo che verso i quindici anni hodeciso di fare il grande passo iscrivendomi al Conservatorio diSanta Cecilia. Mi ricordo ancora quando parlai ai miei dello stru-mento che volevo scegliere e il loro stupore “L’oboe? Ma di chestrumento si tratta. Non sono meglio il violino o il pianoforte?”Naturalmente tutti sanno che cos’è un oboe ma per chi avesseancora dei dubbi ricordo che l’oboe è quel piccolo strumento afiato simile al clarinetto che da il LA all’orchestra, cioè in parolepovere, dà l’intonazione giusta a tutti gli strumenti.Dopo un primo momento di smarrimento i miei genitori hannoacconsentito a comprarmi il mio prezioso oboe facendomi giura-re però che, contemporaneamente al Conservatorio, mi sareiiscritta anche all’Università, perché non si poteva mai sapere. Col passare del tempo a casa mia e tra i miei amici ero diventatauna specie di celebrità. Tutti volevano sentire il fascinoso suonodell’oboe . E così cominciai una vita fatta di molti sacrifici, si per-ché la vita di un musicista è come quella di un atleta. Tanto studio e molta concentrazione per ottenere magari piccolirisultati. A questo bisogna aggiungere la famosa “stoffa” ovverocapacità che si hanno o che non si hanno. E qui sta la differenza tra un buon allievo e un vero musicista. Iol’ho capito quasi alla fine dei miei sette anni di Conservatorio: eroun’ottima allieva ma assolutamente non una buona musicista.Credo che il Diploma in Oboe sia stata la sfida più difficile ma ilvero LA della mia vita.La musica mi ha insegnato il rigore, l’impegno, la disciplina,l’amore per l’armonia e la bellezza, mi ha fatto “scavallare”senza troppi intoppi l’adolescenza e mi ha involontariamenteavvicinato a Dio. Ancora oggi come ieri, quando sento un Canto Gregoriano o unaSinfonia di Mozart, sono convinta che se tanta bellezza e perfe-zione esistono, possono essere stati ispirati solo da Dio.

LA PRIMAMESSA

“BEAT” OMESSA DEIGIOVANI:

27 APRILE1966

La “messa beat” trae ispirazione dalle innovazioniimpresse alla Chiesa cattolica dal Concilio EcumenicoVaticano II. In ambito liturgico, il Concilio tendeva inparticolare ad ottenere un maggior coinvolgimentodel popolo nelle celebrazioni: viene così introdotto ilnuovo rito della messa, recitata in italiano anziché inlatino e con il sacerdote rivolto verso l’assemblea enon più verso l’altare. Verso la metà degli anni ‘60, ilmaestro Marcello Giombini, autore di colonne sonoredi western all’italiana, ebbe così l’idea di scrivere, incollaborazione con il paroliere Giuseppe Scoponi,canzoni a sfondo religioso, con sonorità beat: nel1965 appare sul mercato discografico il 45 giri Nonuccidere, interpretato dal complesso sardo I Barrittas(nella foto,ndr). Sempre nel 1965, il complesso GliAmici pubblica, su etichetta Edizioni Paoline, l’EPChinati ai tuoi piedi/Osanna nell’alto dei cieli/AveMaria no morro che, al momento, pare essere l’ante-signano della nuova corrente in ambito liturgico.Incoraggiato dai risultati, Giombini decide di scrivereLa Messa dei Giovani, divenuta la “messa beat” perantonomasia. Tiziano Tarli riferisce che ne fu ispira-tore mons. Sinaldo Sinaldi, un padre domenicano vici-no al mondo del cinema (quale noto critico e autore-vole componente del Centro CattolicoCinematografico), il quale conosceva sicuramenteGiombini come compositore. La Messa dei Giovaniviene eseguita per la prima volta presso l’AulaBorrominiana dell’Oratorio di San Filippo Neri allaVallicella, il 27 aprile del 1966, alla presenza di un fol-tissimo pubblico (2000 persone non riuscirono adentrare e fu necessario allestire degli altoparlanti perl’estero) e dei mass media, compresa una troupe tele-visiva della RAI. Per l’occasione vengono reclutati,oltre ai ricordati I Barrittas, i complessi Angel and theBrains (nella foto qui sotto, ndr) e The Bumpers. Aitesti collaborarono ben tre autori: Giuseppe Scoponi,il prof. Tommaso Federici e padre Carlo Gasbarri.Scoponi introdusse alcune modifiche anche alle for-mule sancite dall’ordinarium missae, lasciandonecomunque inalterato il significato. I brani erano voltia sottolineare i momenti della celebrazione liturgicasecondo lo schema trazionale.

GIUSEPPE VERDI E LA TEGLIA DI PASTASCIUTTAAlfredo Palieri

E’successo veramente a Roma, verso la metà deglianni ’30. Torquato, un buontempone padre di bennove figli, un giorno prese dalla cucina di casa unabella teglia di pastasciutta ed uscì per andare agustarsela insieme agli amici. Fu inseguito in stradadalla moglie che gli intimò perentoriamente di “posa-re l’osso” perché la teglia serviva per la cena dei loronove figli. La moglie disse: “ A Torquà, tu vai a fa’ bal-doria con gli amici ma noi che facciamo ? Restiamo abocca asciutta a fischiettà l’Ernani ? “ Il grande Verdi si sarà arrabbiato? La musica dellasua celebre opera “Ernani” contrapposta ad una sem-plice spaghettata ?

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NOSTALGIC MUSICSandro Morici

Sull’aereo di ritorno da Barcellona di alcuni giorni fa riflet-tevo sulle mie esperienze “musicali” vissute in quella città:ero passato dall’esaltanteconcerto di musica classicaascoltato due sere prima alPalazzo della Musica, alreboante ambiente del con-gresso mondiale della tele-fonia mobile, dove musicherock di intrattenimento evociare di migliaia di visita-tori si mescolavano disar-monicamente negli elegantistand dei più noti produttoridi tecnologie informatiche,per finire a quell’atmosferaestatica della chiesa diSanta Maria del Mar al cen-tro del Barrio Gotico, dove, percorrendo la sua lunga nava-ta centrale, si può gustare in sottofondo una delicata melo-dia di musica sacra.Tutte esperienze svoltesi nell’arco di tre giorni, che dimo-strano e confermano l’importanza della presenza dellamusica nella vita di oggi: la troviamo infatti in casa (riso-nante nelle varie stanze), in auto, nei centri commerciali, ininternet, sul cellulare, in ufficio e per strada o sulla metrotramite l’ausilio di minuscoli auricolari, associata spesso avarie forme di spettacolo o di pubblicità. Perfino sull’aereo,prima del decollo e dell’atterraggio, ti lanciano una allegramarcetta, probabilmente per attirare la tua attenzione su“alcune misure di sicurezza”.La musica, insomma, è la forma d’arte più popolare el’espressione culturale più diffusa nella nostra società, gra-zie anche all’imponente organizzazione commerciale del-l’industria discografica.L’aggettivo “discografico” richiama alla mente il vocabolo“disco”, anzi “disco microsolco fonografico”, ormai obsole-to, ma che ha accompagnato per decine d’anni la crescita ditanti di noi che oggi appartengono alla terza età.Quanto mi piaceva da bambino ascoltare e canticchiare can-zoncine popolari come “Viva i pompieri di Viggiù,…chequando passano, i cuori infiammano”…!Canzoni semplici e giocose, di stile cabarettistico comequelle del Quartetto Cetra e successivamente dell’arguto (esfortunato) Fred Buscaglione, adatte proprio all’età spen-sierata dei ragazzi, allorché si impiegava il tempo libero acollezionare dischi a 45 giri, poi trasformati in long playing,e a smanettare con giradischi e registratori a nastromagnetico…qualcuno si ricorderà del Gelosino, così dettoper la sua compattezza. Certo, erano allora inimmaginabilii futuri passi verso la miniaturizzazione della componenti-

stica elettronica, mentre, al tempo stesso, si avvertiva chia-ramente l’espansione della musica come fenomeno cultura-le globalizzante.Poi, crescendo, si è andato affinando in noi il sapore del liri-smo delle parti melodiche: tra ragione e sentimenti si èintuito che i vari pezzi sono sintesi di poesia e di riflessio-ne, qualche volta di protesta, esaltati attraverso il linguag-gio universale della musica. E fu a quel punto che ci siorientò secondo fronti paralleli: la musica leggera fatta perballare, la musica jazz fatta per entusiasmarsi secondoritmi prettamente giovanili, la musica classica, così vicina alRomanticismo che si studiava in letteratura, con i suoi ulte-riori sdoppiamenti in sinfonica e operistica, per andare ateatro. La passione concomitante per il ballo e per la musi-ca – normalmente del genere melodico slow…come lamelanconica “Only you” dei Platters – permetteva di rela-zionarci tra sessi diversi, di conoscerci, di scoprire affinitàe interessi comuni: insomma l’accoppiata ballo-musicafaceva da esca ruffianesca per tante future coppie. Le festeerano “controllate” perché si svolgevano in case private ein gruppi relativamente ristretti: la febbre del sabato serasarebbe scoppiata qualche decennio dopo, con quella frene-sia di massa scatenata in discoteche gigantesche, che coltempo si sono trasformate da luogo di godimento di musicaballabile in posti dai possibili incontri strani, sia come per-sone che come sostanze da sballo. E lì che la musica di con-sumo ha prevalso sulla musica d’arte.Con ciò non credo si debba stigmatizzare il panorama delletendenze musicali del XXI secolo: esso è semplicementesempre più diversificato, per cui la scelta può cadere nelritrovarsi a casa con pochi amici per deliziare le nostreorecchie con dell’ottimo jazz – il genere swing così emozio-nante per la sua ricchezza espressiva e spirituale – oppuresi prenotano due posti a poco prezzo all’Auditorium dellamusica per assaporare qualche sinfonia di Mozart e diChopin (…ora a due secoli dalla nascita), qualche quartettodi Haydn, le famose sonate di Beethoven, oppure le imma-ginifiche arie di Verdi e di Rossini.Gustare della musica d’alto livello rimane comunque unodei piaceri più sublimi della vita culturale di ognuno di noi.E noi italiani nella lunga e articolata storia dei compositori,dei musicisti e degli interpreti di tutti i tempi abbiamo dasempre occupato posti di eccellenza che tutto il mondo ciriconosce.Che dire infine dei generi musicali contemporanei (speri-mentale, arcaicizzante, puntilista, minimalista, da film), aloro volta classificati da Wikipedia come rock (metal, punkrock, pop, gothic) e new age (electronic dance, ska)?Beh, con l’età che mi ritrovo non vorrei espormi troppo,perché…c’è a chi piace.E allora “largo ai giovani”, giusto per un doveroso, recipro-co rispetto intergenerazionale. Io, intanto, preferisco spro-fondare nella poltrona del mio studio e socchiudere gliocchi, dopo aver avviato un cd di rilassanti canti gregoria-ni…e lì, magia della musica, viene voglia di pregare.

UNA BREVE NOTAPaola Baroni

Il brulichio quasi sommesso dichi entra, le luci che pendonodall’alto della volta in mododiscontinuo, inframezzate davele di pannelli in legno luci-dissimo anch’essi sospesi, ovattano i rumori della salafacendoci entrare in un’atmosfera quasi magica. La miaamica americana ne rimane affascinata: “Non pensavo cifosse a Roma un posto così bello e moderno per la musicaclassica!”. Era in verità una serata un po’ speciale, un fuoriprogramma, un recital di un nostro grande pianista, con unprogramma tutto chopeniano per onorare il grande autorepolacco nel secondo centenario della sua nascita.All’improvviso si sente un breve battimano seguito imme-diatamente da uno scrosciare di applausi. “Ho capito” dicoalla mia amica sempre più meravigliata nel sentire gliapplausi in uno scenario ancora vuoto, ”sono quasi sicura

che è entrato il Presidente della Repubblica! Due anni fa perla stessa occasione lo abbiamo visto con gioia entrare insala!!”. Ed infatti era così. Il nostro Capo dello Stato ama venire a sentire musica pia-nistica e, in particolare, oserei dire musica interpretata daun maestro d’eccezione come Maurizio Pollini. A poco apoco le luci si abbassano, e il Maestro finalmente entra,seguito anche qui da applausi scroscianti, e nel momento incui si accinge a iniziare il programma, seduto al piano, unsilenzio improvviso... Allora le note iniziarono a danzare frale mani magiche del Maestro, risuonarono con forza, congentilezza, con grazia estrema, con sentimento.... Ci si è aperta in noi spettatori la gioia di riascoltare le notepure e nel contempo rigorose dei Preludi, quelle scintillantidella Ballata e poi via via, dello Scherzo n.1 op.20, e infinedegli Studi op.25, ...!!! Tre volte richiamato sul palco, tral’entusiasmo generale, tre nuove interpretazioni magistral-mente condotte. Le luci dell’auditorio si riaccendono, rinasce il brusio dellafolla in piedi e ancora plaudente... Il Presidente si allontana, faccio fatica a trascinare la miaamica americana da questo posto incantevole e... rientria-mo nella normalità!

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IL DIARIO DIGIORGIA

Giorgia Pergolini

Caro diario,

ho sempre avuto uno stranorapporto con la musica.La verità è che a me la musicapiace tantissimo ma è una pas-sione strana. Non è un piacereche è sempre lì dentro di me, avolte non lo sento ma altrevolte lo sento anche più diprima. Il mio rapporto con la musica è un pò come quello diMichelangelo con l’arte; ovviamente lui amava l’arte, vivevadi arte ma nonostante questo delle volte, quando non si sen-tiva ispirato o discuteva con chi l’aveva commissionato,abbandonava tutto senza problemi, senza voltarsi indietro.Chissà quante volte avrà detto “ No, io adesso questa operanon la porto più a termine!”, e infatti molte opere non le haterminate però poi, in un modo o nell’altro, ripartiva da zerocon un’opera nuova.Fin da piccola mia madre mi raccontava sempre di tuttoquello che ha fatto la mia nonna, di chi era, di cosa è statacapace di fare, di quanto fosse brava a suonare e a cantare.Mi ricordo ancora di tutti i video dei cori, dei concerti e deiSanremo dove non solo era presente la voce di mia nonnama anche di mia madre e ogni volta che alla radio si sentequalche vecchia canzone mia madre non perde mai occasio-ne di dirmi che il coro l’ha fatto sua mamma, e allora io,sempre più incuriosita, facevo un sacco di domande ascol-tando con interesse le risposte. Così per la prima volta iniziai ad avvicinarmi alla musica. Piùero curiosa e fiera del passato di mia nonna e più ascoltavocanzoni un pò più datate. La vita di mia nonna mi ha sempre affascinata e mi affasci-na tutt’ora; anche oggi ogni volta che parlo con lei scoprosempre cose nuove ed incredibili. In lei mi rispecchio molto.Ad esempio io ho ho sempre detto di aver questo estremobisogno di viaggiare, di scoprire posti nuovi, di “cambiarearia” anche per poco tempo. Io non ho paura di “lasciare lavecchia via per quella nuova” anzi è qualcosa che mi attirain particolar modo ed è quello che ha fatto mia nonna. Lei daGenova è venuta a Roma continuando a studiare musica edè proprio qui che ha trovato la maggior parte della sua for-tuna, proprio qui ha creato i suoi “4+4”. Lei non ha avutopaura dei cambiamenti nonostante i suoi fossero tempi piùdifficili e io sono fortunata ad avere una nonna come lei, unanonna che ha avuto una vita attiva, con momenti difficili maanche momenti fantastici, una nonna che ha qualcosa di piùdelle semplici favolette di capuccetto rosso da raccontare aiproprio nipoti. Mia nonna non sta seduta a lavorare a maglia, mia nonnasuona il pianoforte, sa cantare, recitare e ha una prestigio-sa, divertente ma allo stesso tempo serissima scuola dimusica che si è creata da sola. Si è costruita le basi della suavita con le sue mani, ed io spero di riuscire a realizzare imiei sogni come ha fatto lei con i suoi: spero di riuscire acreare anche io qualcosa di bello da sola, partendo da zero,spero anche io di trovare la mia fortuna viaggiando ma socon certezza che se non dovessi farcela lei ci sarà sempreper complimentarsi con me di qualunque cosa abbia fatto. Per tutti questi motivi ho iniziato a provare il forte deside-rio di imitarla, ed è così che ho iniziato a studiare con lei pia-noforte. Dopo un pò però mi sono resa conto di non volere che lamusica fosse la mia strada. Ciò che volevo era prendereesempio da lei ma non fare esattamente tutto quello che hafatto. Mi sono resa conto che stavo studiando pianofortesolo perchè ero gelosa che anche mio cugino lo stessefacendo, vedevo questo studio come una competizione a“chi di noi sarà più uguale a nonna” e così facendo perdevodi vista le mie vere passioni che erano altre. Il mio obbietti-vo era quello di prendere nonna come esempio di vita, dicarattere, di forza di volontà, ma ciò che vorrei creare nellamia vita è diverso da quello che ha creato lei. Quindi dicia-mo che, nonostante i miei sforzi iniziali, la musica non mi hapreso poi così tanto. Il mio studio del pianoforte è duratopochi anni, dopo di che lo abbandonai dicendo di non voler-lo mai più riprendere anche se invece ultimamente mi ci storiavvicinando (vedi diario? Il mio è un comportamento un pòlunatico, esattamente come fece più volte Michelangelo con

la sua arte!). Poi ho provato con la recitazione ma anchequella è durata poco data la mia scarsa bravura. Non con-tenta volevo provare con il canto ma, senza neanche fare intempo a comunicare questa mia nuova decisione a nonnaaffinchè mi insegnasse e a mio nonno affinchè mi registras-se nella sua casa discografica, mi sono resa conto di essereuna timidona, di avere quasi il timore del microfono; unconto è quando canto a squarciagola da sola in macchina osotto la doccia e un altro è cantare davanti a un pubblico! Mivergogno addirittura a cantare nella sala d’incisione davan-ti a mio nonno! Mi dispiace molto di questo perchè so quan-to gli possa far piacere far incidere un Cd serio a sua nipo-te, ma chissà prima o poi ci riuscirò.Per me la musica è un qualcosa di personale, di intimo,voglio che sia solo mia, non sono in grado di condividerlacon un pubblico. Quindi, delusa di questo fallimento, me nesono del tutto allontanata vedendola come qualcosa dimolto lontano da me, limitandomi a sentirla sul mio I-pod.Lo so, caro diario, è davvero un peccato che la nipote di NoraOrlandi abbia questo rapporto contorto con la musica. Ilfatto è che io amo la musica, se dovessi scegliere tra anda-re ad una mostra o ad un concerto di musica classica sce-glierei quest’ultima opzione senza alcun dubbio, l’unico pro-blema è che io e la musica non riusciamo a trovare un puntod’incontro.Prima questo mi dispiaceva un sacco ma adesso non più esai perchè? Perchè prima vedevo la musica quasi come unobbligo, ero sotto pressione per le classiche frasette dellagente del tipo :” Wow! Tua nonna è Nora Orlandi! Alloraimmagino che tu sappia cantare, suonare, recitare....” e chipiù ne ha più ne metta! Così non era affatto bello, vedere lamusica come un qualcosa che dovevo apprezzare e conosce-re per forza era per me una forma d’ansia. Adesso invece èdiverso. Adesso che sono cresciuta, ho trovato la mia stra-da, le mie passioni e ho creato un abbozzo di quella che vor-rei che fosse la mia vita futura riesco a vedere la musicacome un qualcosa in più che volendo potrei aggiungere allalista delle cose che so fare. Si, avere una nonna così “tuttofare” è fantastico. Certo lo ammetto non sono Mozart, nonho la voce di Laura Pausini e non recito come Sophia Lorenma so strimpellare il piano, sono intonata e se mi concentrosaprei anche recitare qualche frasetta di un monologo, matutto questo, anche se non è molto, è solo grazie a mianonna. Lei che ha saputo farmi avvicinare così tanto allamusica e all’arte nonostante non fosse la mia passione.Leiche mi adora anche se sa benissimo che non porterò avantila sua scuola o il suo talento. Adesso a quelle frasette chemi davano tanto fastidio risponderei tranquillamente così,essendo fiera di questa risposta e fiera di aver finalmentetrovato la mia strada con abbastanza spazio per la musicama sopratutto fiera di avere dei nonni come i miei.

NORA ORLANDI

Compositrice, violini-sta, pianista, autricedi testi e cantante.Nel 1952, organizzail primo organico delquartetto Due + Due. Dopo anni diintensa attività, durante la quale laformazione subisce più di un cam-biamento, nel 1963 tre colleghidecidono di lasciare il gruppo.Spronata dal marito (un architettosposato nel 1955, suo consigliere ebraccio destro) che dice : Loro divi-dono?? E tu raddoppia!!" costitui-sce i Quattro + Quattro, sempreequamente divisi tra uomini edonne. Quando gli impegni diven-tano troppi per le enormi richiestesia in Italia che all'estero , la dina-mica musicista ha un lampo digenio: vagliando oltre un migliaio divoci, forma una decina di gruppiche, con la denominazione comunedi: "Quattro + Quattro di NoraOrlandi" partecipano a centinaia dimanifestazioni (Festival diSanremo, Festival di Napoli,Canzonissima, Disco per l'estate)trasmissioni radiofoniche (GranVarietà, durata ben 14 anni; Piccola

storia della canzone italiana" conSilvio Gigli durata due anni) televi-sive (più edizioni di "Fantastico")incisioni discografiche in numeroincalcolabile, realizzazione dicolonne sonore per film, come se sitrattasse sempre dello stesso com-plesso. Abbandonata così l'attivitàdi vocalista, si dedica completa-mente a quella di manager, crean-do una vera e propria industriacanora. Alla metà degli anni '80, stanca digirare per il mondo, scioglie le varieformazioni e riprende a ritmo pienol'insegnamento di solfeggio, armo-nia, teoria musicale, canto, piano-forte e simili, che non aveva maitralasciato del tutto..Parallelamenteal lavoro di corista e di organizzatri-ce di complessi vocali, è semprestata impegnata nel campo dellacomposizione, scrivendo temi perfilm e centinaia di Jingles pubblici-tari. Violino solista in colonnesonore per film, ha scritto testi permusiche di Armando Trovajoli.Attualmente si dedica quasi esclu-sivamente all'insegnamento. Non èazzardato dire che è l'insegnante dicanto più popolare e richiesta delmomento specialmente tra i bigdella televisione e del cinema.

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CHITARRE IN GARAGEMarco Di Tillo

Non posso dire che la musica mi ha cam-biato la vita. Sarebbe troppo.Però sicuramente mi ha dato una mano,soprattutto in quel periodo importante del-l’adolescenza che va dai 15 ai 18 anni. E’ stato allora che io e i miei amici delquartiere San Saba abbiamo creato iMellows. Il nome del gruppo era preso inprestito da “Mellow Yellow”, celebre can-zone del cantante scozzese Donovan, intesta alle classifiche del lontano 1967. All’epoca il 90% dei ragazzistrimpellava la chitarra e l’altro 10% suonava le tastiere oppure labatteria. Il nostro gruppo era composto da cinque elementi. Al basso elettrico c’era Enzo, che oggi di giorno è serissimo funziona-rio del Ministero dell’Interno e di sera suona il banjo con RenzoArbore e con altri gruppi jazz. Alla chitarra solista c’era Paolo, ogginoto architetto. Alla batteria c’era Luciano detto il Profugo di cui oggi,come di tutti i profughi, si sono perse le tracce. Alla voce solista c’eraEnnio, che poi ha fatto l’ufficiale dell’Aeronautica. Infine, alla chitar-ra d’accompagnamento, c’era il sottoscritto che, al bisogno, fungevaanche da seconda voce. Ci vedevamo tre giorni alla settimana perprovare le canzoni nel garage di casa mia. Le prove iniziavano nelpomeriggio dopo i compiti e terminavano quando mio padre tornavadal lavoro e doveva rimettere la macchina in garage. Allora di corsastaccavamo la spina dagli amplificatori e smontavamo la batteria.Provavamo e provavamo, senza stancarci mai, con i polpastrelli delledita che alla fine facevano male a forza di premere sulle corde dellachitarra. Le canzoni in repertorio erano quelle dei Beatles, dei RollingStones, dell’Equipe 84, dei Rokes e qualcuna anche di nostra compo-sizione. Il sabato pomeriggio eravamo il gruppo ufficiale della SewerBeat Club altrimenti detta Fogna Beat, cantinaccia umida e sporcache stava dalle parti del Pantheon e che raggiungevamo con l’auto-bus 94 trascinandoci dietro amplificatori e strumenti. Noi suonavamoe ci mettevamo l’anima ma le coppie che ballavano dubito che pre-stassero molta attenzione alla nostra musica, occupati com’erano asbaciucchiarsi nella penombra. A volte il sabato sera, dalla Fogna Beat, passavamo direttamente asuonare in qualche festa privata. Il massimo del successo e anche deldenaro guadagnato (5 mila lire !) fu quando suonammo al complean-no di una ragazza di nome Anna nella sala ricevimenti del Gran CaffèBerardo, bar famoso che stava nell’attuale Galleria Alberto Sordi inpiazza Colonna. In primavera c’era poi il mitico Festival della ScuolaS.Maria di viale Manzoni a cui partecipavano tutti i complessi diRoma. Le semifinali si facevano al cinema Nuovo Golden di viaTaranto. Ci presentammo con “Ruby Tuesday” dei Rolling Stones, danoi tradotta alla meglio in italiano. Non fummo brillantissimi sul palcoma Cristian De Sica, amico del batterista, ci dette una mano, convin-cendo tutti i suoi amici a votare per noi. Suo fratello Manuel, oggicelebre compositore di musiche da film, era il leader dell’altro com-plessino del nostro quartiere, gli Ancients. Erano molto ma moltomejo di noi e avevano anche inciso due 45 giri. Alla batteria c’era unragazzo cicciotello dalla faccia simpatica. Si chiamava Carlo Verdone. Quello della musica era per noi un hobby e insieme un modo di pas-sare il tempo in modo divertente. Provare era un impegno concreto,un tentativo di migliorarsi sempre nel far venire meglio un accordo,un passaggio musicale, un controcanto. Che piacere era quello di sen-tire finalmente una canzone uscire bene, nel modo giusto, dopo tantotempo passato a provarla! E non solo. Era anche qualcosa di più. Eraun modo coinvolgente per stare insieme agli amici e per non perderetempo sui muretti delle piazze a riempirsi i polmoni di fumo e le orec-chie di chiacchiere inutili. Oggi, come del resto allora, troppi giovaniproprio di quell’età preferiscono buttare via il proprio tempo. Non siinteressano seriamente a nulla. Non sono coinvolti e non si fannocoinvolgere da nulla e la noia ed il vuoto della loro giovane esistenzasono spesso riempiti d’altro, leggi alcool e droghe. Per noi dei Mellows, e per molti altri ragazzi degli anni ’60, è stata lamusica a traghettarci dall’età pericolosa verso quella più adulta in cuisono subentrati altri e diversi interessi. Ma ancora oggi, quando sono un po’ giù, quando ho bisogno di “usci-re” dai problemi e di trovare un diversivo alle giornate più storte, tirofuori dal fodero la mia chitarra acustica e strimpello un po’. Gli accor-di di “Mellow Yellow” me li ricordo ancora tutti e pure quelli di “RubyTuesday”. Non sarò diventato bravo come Jimi Hendrix ma fa lo stes-so. La chitarra resta e resterà sempre un’amica fedele, accompagna-trice generosa e tenera della mia esistenza.

BALLANDO, BALLANDOAlessandra Angeli

In fatto di musica, mi piace ricordare quello percui, ancora oggi, mio marito mi prende simpati-camente in giro: di avere dei gusti “terra terra”.Quando ci siamo conosciuti, io ascoltavo per lopiù la disco-music: “zomperellavo” allegramentein palestra facendo ore ed ore di aerobica, alsuono di ritmi scatenati e divertenti. Mi è semprepiaciuto molto ballare ed è una cosa che oggi mimanca. Una volta bruciavo energie in esubero,ora invece sono più interessata a qualcosa che leenergie me le fornisca, perché veramente nonbastano mai. Avrei voluto organizzare una bellafesta “ballereccia”, per le mie “40 cucuzze”, contutte le persone che ho nel cuore. Già mi sogna-vo tutte le hit, a partire dai favolosi anni ’70, poipurtroppo non ne ho avuta la possibilità. Ma chil’ha detto che non si possono festeggiare così icompleanni a seguire, chi lo sa! Nel frattempo,ogni tanto rimedio con “sessioni di ballo casalin-go”, stereo di casa più o meno “a palla” e figliscatenati al seguito. Ballando in mezzo agli amicisi crea una sorta di coinvolgente empatia che tiunisce gli uni agli altri; ed alle volte rifletto chesembra un minuscolo, piccolo assaggio dell’armo-nia celeste che ci legherà nella perfezionedell’Amore. Passano gli anni e tanta acqua sotto iponti: un giorno ti ritrovi seduta su un sedile di unpullman, al ritorno da un bellissimo pellegrinag-gio a Cascia, con i lacrimoni che scendono sulviso. Le parole di una canzone di Eros Ramazzotti,ascoltata già chissà quante volte, vanno dritte alcuore, che si scioglie; non per un essere umanoma per il nostro favoloso Papà celeste, che la gra-zia mi ha fatto scoprire di avere veramente.“…E ci sei, adesso Tu, al centro dei pensieri miei,la parte interna dei respiri Tu sarai…”Grazie di averTi ritrovato, Papà…

IL PARROCO SBAGLIA SEMPRE (trovata su Internet da Lucio Laurita Longo)

Se il Parroco è gioviale: è un ingenuo!Se è pensoso: è un musone insoddisfatto!Se è bello: chissà le donne che ha!Se è brutto: per questo s’è fatto prete!Se va molto in giro: è un ozioso perditempo!Se sta tanto in casa: è un orso!Se veste “in borghese”: è un uomo di mondo!Se porta la tonaca: è un conservatore!Se parla con i ricchi: è un capitalista!Se sta con i poveri: è un comunista!Se sta con tutti: è un qualunquista opportunista!Se è grasso: non si fa mancare niente!Se è magro: è avaro e si fa mancare tutto!Se cita il Concilio: è un rivoluzionario!Se parla di Catechismo: è un bigotto!Se predica a lungo: è noioso e logorroico!Se alla predica alza la voce: è un nevrastenico!Se parla normale: sa dire solo frasi fatte!Se ha la macchina e il telefonino: è un prete ricco!Se non li ha: non sa stare al passo con i tempi!Se va a trovare i suoi parrocchiani: ficca il nasonelle case degli altri!Se sta sempre in chiesa: non si occupa dei parrocchiani !Se chiede offerte: pensa solo ai quattrini!Se non organizza nulla: fa morire la parrocchia!Se trattiene in confessionale: fa troppe domande!Se nel confessionale è svelto: non ascoltaSe comincia la Messa puntuale: va sempre di fretta!Se incomincia in ritardo: fa perdere tempo a tutti!Se è giovane: non ha ancora esperienza!Se è vecchio: è ora che vada in pensione e si ritiri inconvento!Se viene trasferito o, peggio, muore: chi lo potràmai sostituire?Se decide di andare via: non amava la sua parroc-chia!

E se, alla fine, il Parroco fosse solocome uno di noi ?

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JENNY SORRENTICesare Catarinozzi

Jenny Sorrenti è una delle migliori cantanti italiane. Nel nostro incontro le abbiamo chiesto della sua attivitàmusicale e del suo rapporto con la Fede.

Come è nata e si è sviluppata la tua vocazione musicale?

La mia “Vocazione” musicale è nata verso i 14-15 anni quan-do ho incominciato a suonare la chitarra. Sentivo il desideriodi esprimere la mia personalità, scrivendo testi, componen-do musica, ma soprattutto cantando… Ascoltavo il folk bri-tannico, i cantautori e le cantautrici della west-coast ameri-cana, il rock progressive ed anche le canzoni napoletane checantava mio padre (sono di madre inglese e padre napoleta-no), insomma ascoltavo tutta quella musica un po’ “diver-sa”. A volte non si sa perché nasce una vocazione, nasce ebasta e con gli anni senti chela devi seguire perché ti rendefelice.

Ci puoi parlare del tuo ultimo CD, “Burattina”?

E’ il mio settimo disco (considerando che i primi due li hofatti con il gruppo di cui ero alla guida e cioè i “Saint Just”).Amo tutto in “Burattina” le parole, la musica, gli arrangia-menti, come l’ho cantato, dalla prima all’ultima nota. Io eMarcello Vento (mio marito oltre che batterista e percussio-nista del nostro gruppo) l’abbiamo composto nel giro di dueanni suonandolo “Live” nei concerti e poi registrandolo“Live” cioè dal vivo in studio. E’ un disco vissuto profonda-mente ed è il frutto di un percorso musicale intenso e diincontro fra il Mediterraneo, quindi Napoli, l’Africa ed ilNord-Europa. C’è un brano cantato per metà egiziano e permetà napoletano “ ‘A stessa terra” dove voglio dimostrareche culture diverse (nel mio caso la cultura di Napoli e quel-la del Cairo dove sono stata e dovevo ho registrato le voci delmercato arabo) possono camminare insieme e tenersi permano e la musica è lo strumento migliore per far si che que-sto avvenga. Bisognerebbe ascoltare “Burattina”, è difficile

parlarne a parole. Io non sono una cantante nel senso tradi-zionale, uso la voce non solo per cantare dei testi ma anchecome strumento, vengo dall’avanguardia e quindi per mecantare significa soprattutto esprimere l’anima e non è cosasemplice “spiegare” l’anima. “Burattina” è il titolo di questodisco perché credo che se è vero che noi siamo un po’ tuttiburattini nelle mani di qualcuno è pur vero che la vita ci offresempre la possibilità di scegliere…e noi dobbiamo sceglieresempre quello che ci fa più felici… C’è un’altra canzone delcd “Fragili” che parla di quelle persone appunto fragili i cosìdetti “diversi” a volte non capiti e per questo consideratidalla società “matti” e spesso isolati. Io e Marcello abbiamoconosciuto tanti di questi “matti” che sono stati e sono anco-ra nostri amici, che sono delle persone splendide ed intelli-gentissime, quindi proviamo a chiederci chi sono i veri“matti”! “Fragili” è suonata da me (pianoforte e voce) indiretta in studio ed ogni volta che la eseguo dal vivo quandoè terminata mi ci vuole un po’ di tempo per riprendermi dal-l’emozione perché è davvero molto forte. La bellezza di“Burattina” sta anche nell’uso degli strumenti particolari cheusiamo: oud (liuto arabo), mandola, fisarmonica, ciaramella,strumenti a percussione costruiti da Marcello e quindi unici,oltre ovviamente alle chitarre, alla batteria ed alla miatastiera-piano. Quando suoniamo dal vivo mi dicono che lanostra musica fa stare bene ed è vero perché fa stare beneprima di tutto noi che la suoniamo.

Qual è il tuo rapporto con la fede?

Il mio rapporto con la fede è vivo, bello e creativo, come lamusica… Quando canto ho sempre un po’ la sensazione dipregare, in realtà è la mia anima che canta, ma si sa che lamusica è magia, in essa c’è sempre qualcosa di “divino”…Lafede è come la musica, dà speranza, fa vivere la bellezza chec’è nelle cose, ed è in ogni cosa, nel canto degli uccelli, nel-l’abbaiare di un cane, nella pioggia… ed infatti il mio cd fini-sce proprio con il suono della pioggia, con gli uccelli che can-tano dopo la pioggia ed un cane che abbaia ad un arcobale-no che a poco a poco spunta in cielo ed annuncia un nuovogiorno.

IL MIO CORO“VIVAVOCE”

Agnese Ortone

“Là dove senti cantarefermati, gli uomini

malvagi non hanno canzoni”

Questa frase di Léopold Sédar Senghor, grande intellettualeafricano del ‘900, ha spesso risuonato nella mia testa, cometante verità che per caso senti e che ti restano dentro. Ilcanto, come peraltro la musica, è stato da sempre il modo dicomunicare che più mi ha affascinata e, in qualche modo,rispecchiata. Mi è stato chiesto molte volte perché, seguen-do la scia di mia nonna e di mia madre, io non abbia maiintrapreso il cammino di catechista e la risposta è proprioquesta: cantare. Quando ho cominciato per la prima volta afar cantare in chiesa i bambini del catechismo della primaComunione, ho capito che, tra una risata e una stonatura,riuscivo a trasmettere qualcosa e, molto più importante, aricevere cento volte più di quel che davo.Il coro VivaVoce è nato proprio così: un’idea venuta per casoe condivisa da mia madre, prima di tutto, e poi da donFederico Riquelme, allora vice parroco, che mi ha appoggia-ta immediatamente. Il “blocco di partenza” è stato il primoconcerto di Natale, organizzato nel 2006, che ha riscosso ungrande successo tra bambini e genitori. I miei piccoli-gran-di cantori, inizialmente di età compresa tra i 4 e i 10 anni,hanno immediatamente messo un entusiasmo incredibile inquesta impresa...senza ovviamente risparmiarci qualchecapello dritto. Dal 2009 poi sono stati “scritturati” anche gliadolescenti, che non hanno avuto alcun problema ad inserir-si in questa realtà. Per fortuna, e aggiungerei per grazia

divina, non sono stata mai sola in quest’avventura: MarinaMagistri, la mia super mamma, Fabrizio Bianconi, ed inseguito Gabriele Moschetto, don Paolo Tammi e donGiovanni Rezzesi, mi hanno sempre aiutata a programmareogni concerto ed ogni canto, nonché a tenere a freno la“banda scatenata”. Per non parlare dello stesso donFederico il quale, dopo essersi prestato ad interpretare“Rudolph, la renna dal naso rosso” nel concerto di Natale del2007, è ormai affettuosamente chiamato da tutti noi “donRudolph”.

I concerti sono stati molti: dal 2006 il coro VivaVocenon perde occasione per esibirsi in un concerto di Natale onelle occasioni importanti, ad esempio per il 50° della nostraparrocchia. Per la prima volta, nel 2009 si è messo a dispo-sizione per la celebrazione della Cresima e, quest’anno, lofarà anche per quella delle prime Comunioni. Sta assumen-do sempre di più un sua posizione ben determinata, anchedopo l’ideazione delle divise, create mirabilmente da ElenaMazzon, le quali hanno reso i “miei pargoli” sempre più tron-fi nel loro ruolo. Mi rimarrà sempre in mente il giorno in cuihanno indossato per la prima volta le loro tuniche, come sefossero stati in un vero e proprio coro gospel, e un bambinoha esclamato: “SEMBRIAMO TUTTI CATTOLICI!”. Non ho maicapito cosa fosse scattato nella sua testa!

Dopo tanto tempo sono cresciuta con loro, come lorosono cresciuti con me: le prime “piccole voci” infatti, sistanno ormai preparando a ricevere il sacramento dellaCresima. Ognuno di loro però, e questa è la cosa più impor-tante, ha sempre aperto le braccia alle “nuove leve”, facen-do sentire il calore del gruppo fin dal primo incontro. Ungrande cruccio c’è, però: la carenza di presenze maschili!Ahimè, i maschietti sono più “timidoni”…o forse sono sem-pre troppo presi dal pallone , come se la musica fosse solo“cosa da femmine”.

Vorrà dire che, per aggiungere più pepe a questaattività, dovremo cercare qualche ugola d’oro in un ambitopiù adulto…genitori tremate! Oppure, potrei sfruttare que-sto mezzo mediatico per lanciare un invito al nostro parro-co, don Paolo, e al nostro viceparroco don Gianni: vi vedre-mo cantare come Special Guest nel prossimo concerto?

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BILANCIO DI UN’EPOCAGregorio Paparatti

1969

Vai a prendere il latte dal lattaio, che ti saluta, con in mano il bidone in allu-minio; prendi il burro fatto con latte di mucca, tagliato a panetti. Poi chiediuna dozzina di uova che sono messe in un vaso di vetro. Paghi con il sorri-so della lattaia ed esci sotto il sole splendente. Il tutto ha richiesto 10 minu-ti di tempo.

2010

Prendi un carrello del cavolo, che ha una ruota bloccata, che lo fa andare intutti i sensi salvo in quello che tu vorresti, passi per la porta che dovrebbegirare, ma che è bloccata perché un cretino l'ha spinta; poi cerchi il settorelatticini, dove normalmente ti ghiacci e cerchi di scegliere fra 12 marche diburro, che dovrebbe essere fatto a base di latte comunitario. E controlli ladata di scadenza. Per il latte: devi scegliere fra vitaminico, intero, scremato,nutriente, per bambini, per malati o magari in promozione, ma con la datadi scadenza ed i componenti....Lasciamo perdere! Per le uova: cerchi la datadi deposizione, il nome della ditta e soprattutto verifichi che nessun uovo siaincrinato o rotto e, accidenti!!! Ti ritrovi i pantaloni sporchi di giallo! Fai lacoda alla cassa, ma la cicciona davanti a te ha preso un articolo in promo-zione che non ha il codice., allora aspetti. Poi sempre con questo carrello delcavolo, esci per prendere la tua auto sotto la pioggia, ma non la trovi per-ché hai dimenticato il numero della corsia. Infine, dopo aver caricato l'auto,bisogna riportare l'arnese rotto e solo in quel momento ti accorgi che èimpossibile recuperare la moneta.... Torni alla tua auto sotto la pioggia cheè raddoppiata nel frattempo. E' più di un'ora che sei uscito.

LA MUSICAPER NOIGiancarloBianconi

Roma, 2 giugno1910 - Agli ultimiraggi del sole ormaial tramonto si allun-gano le ombre supiazza Colonna.Scompaiono allora ifacchini di piazzache, in attesa di ingaggio, per tutto il giorno sostano all’an-golo di palazzo Chigi; i cocomerai smontano i propri banchi,seguiti dai torrefattori di caffè che provvedono a rimuoverei fornelli collocati intorno alla celebre colonna (la leggeimpone l’obbligo di tostare il caffè all’aperto). E infine ichioschi delle limonare, di quelle signore cioè che, vestite dibianco, hanno servito sino a quel momento la tradizionalelimonata, la preferita dai Romani, al costo di un soldo l’unacompreso lo zucchero con l’aggiunta di un cucchiaino dimagnesia effervescente. Al termine di questa non freneticama metodica e continua attività, la piazza, ora quasi deser-ta e silenziosa, viene restituita per un brevissimo intervallodi tempo alla libera fruizione dei Romani. In una Roma ingran parte ancora illuminata a gas, è forse anche per via deifasci di luci prodotti dalle prime lampade ad arco recente-mente installate che la piazza assume di nuovo il proprioparticolare fascino. Passano solo pochi minuti, però, edecco che la piazza comincia a poco a poco ad affollarsi dinuovo ma, al momento, di altro genere di umanità. Come èormai tradizione in questo suggestivo scenario, infatti, siinaugura oggi, prima domenica di giugno, la stagione deiconcerti che quest’anno coincide con la festa dello Statuto.Il tempo di un fugace sospiro e la piazza Colonna è già dinuovo affollata. Eppure è solo fra un paio d’ore che la cele-bre Banda municipale, diretta dall’ancor più celebre mae-stro Alessandro Vessella, aprirà la stagione dei concerti. Matant’è! La gente, evidentemente, oggi non vuole propriocorrere rischi. Gli abiti estivi delle signorine e il lento, quasipigro, ondeggiare di ombrellini, di cappellini e cappelloni diogni forma compongono, tra questa folla, una instabiletavolozza di colori e sfumature. Si riconoscono i pubblicistiche, con le loro famiglie, occupano il terrazzo del PalazzoWedekind. Ma si riconoscono anche le famigliole che, desi-derose di godersi lo spettacolo con poca spesa, si accomo-dano sulle sedie allineate in più file sotto palazzo Chigi, alcosto di due soldi ognuna pagati a Celestino, l’omino addet-to alla fruttifera impresa. Naturalmente le prime file sono lepiù ambite, specialmente dalle ragazze desiderose di farsiammirare, ovviamente con il tacito consenso delle mamme

le quali, per l’occasione, chiudono non uno ma tutti e due gliocchi, mentre lo storcione (l’anonimo spasimante, cioè),per darsi delle arie, passa e ripassa lì davanti emettendodalle narici il fumo aspirato dal mozzicone di sigaretta datre centesimi soltanto. È il vetrinone. Al quale fanno da con-traltare i ricchi e i musicomani riconoscibili dal fatto dioccupare, sul lato opposto, i tavoli collocati all’esterno deicelebrati caffè: il Caffè del Giglio all’angolo con via delCorso, il Caffè degli Specchi, il Colonna, rinomato per la bel-lezza della sue kellerine, le graziose mescitrici, e, infine, maa piazza Montecitorio, il Caffè Guardabassi, raccomandatopersino da Trilussa, dove il maestro Vessella, prima di pren-dere posto sul podio, provvede ad indossare la redingoted’ordinanza e ad inalberare la feluca piumata sormontatada un bianchissimo asprì. Gli snob, infine, si muovono senzasosta. In attesa dell’inizio del concerto mi avventuro inmezzo alla folla variopinta per lasciarmi avviluppare daquesta atmosfera di misurata eccitazione latente. Apprendocosì che il maestro Vessella è alla guida della Banda muni-cipale sin da lontano 1885, e che nel corso della stagioneconcertistica che sta per avere inizio, e che avrà termine ilprossimo 2 ottobre, anniversario del Plebiscito, si esibiscesolo il mercoledì e il sabato poiché vuole evitare il pubblicopiù incolto della domenica. Ma ecco, finalmente, il momen-to tanto atteso: il Concerto! La Banda municipale ha presoposto sul temporaneo palco in legno, mentre un pizzardone,per evitare rumori, sta a guardia del crocevia deiBergamaschi e di via della Colonna per impedire alle carroz-ze l’accesso in piazza per tutta la durata del concerto, e cioèsino alle 23,00 circa. Questo il programma: Mascagni: Innoal Sole - Mascagni: Cavalleria Rusticana, intermezzo - Verdi:Traviata, preludio atto 1° e 2° - Mozart: Flauto magico,ouverture - Wagner: Tannaüser, marcia - Rossini: Gazzaladra, sinfonia - Waldteufel: Grande vitesse, galop. Ecco! Ilmaestro ha appena sollevato la bacchetta per dare inizio alprimo brano e, immediatamente, un silenzio assoluto calasulla piazza, subito dopo invasa da un’ondata di note.Bellissimo! In quel preciso momento dimentico tutto e tuttoscompare intorno a me, e mi lascio rapire e cullare da que-sta musica da sogno. La musica - questa musica - è, infatti,qualcosa che dà per gli orecchi una dolcezza al côre cheintender non la può chi non la prova. E penso con tristezzaalle generazioni future che, fra un centinaio d’anni circa esenza che se ne avvedano, saranno private di questa beati-tudine; imperverserà musica rocchettara, pop o rap, ecomunque urlata, in grado di suscitare solo una sfrenataeccitazione demenziale, ma che, banale e fatua, verrà pre-sto dimenticata e superata da musica altrettanto banale efatua. Le pagine di questa musica, viceversa, resisterannoinvitte allo spietato trascorrere del tempo. Alle 23,10 il con-certo termina e la folla, con aria ancora estatica per viadelle note che ancora ha nelle orecchie, si divide e si spar-paglia irradiandosi in tutte le direzioni verso le proprie abi-tazioni.

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SONO NATA CON LA MUSICAPaola Giorgetti

Prima ancora di nascere, si può dire, respiravo aria emusica, si, perché i miei genitori, negli anni venti, allorafidanzati, erano innamorati entrambi della musica, fattodimostrato anche da una foto(purtroppo non da me eredita-ta) che li ritrae vicino ad ungrammofono a tromba. I loroidoli? Caruso e la musicadell’Ottocento.Nata, sette anni dopo, giàudivo le prime ninne nanne efilastrocche cantatemi da miamadre e che io ho poi traman-dato ai miei fratellini più picco-li per farli addormentare; e ascuola fin dalla prima elemen-tare, insieme a mia sorella piùgrande, crescemmo imparando ninne nanne di celebriautori perché eravamo scelte con altre compagne ad esi-birci in concerti per ricorrenze importanti nelle sale diPalazzo Pitti e Palazzo Vecchio. Ne ricordo uno con la par-tecipazione della Principessa di Piemonte per donare unaserie di culline deliziose ai bambini poveri della città.Avevo otto anni e partecipai anche ad uno spettacolo inmusica di autori celebri della storia di Pinocchio, nell’im-portante Teatro della Pergola, insieme ad altri bambini,anche in quell’occasione, scelti nelle scuole di Firenze.La musica perciò era pane quotidiano in casa mia e nellostudio di mio padre trionfava una grande collezione didischi che, ininterrottamente, nei momenti liberi dal lavo-ro, egli ci elargiva e a quel dolce suono siamo stati noi figliabituati. La musica scandiva i nostri giorni brutti e belli edio l’ho sempre considerata uno dei doni più belli che Dio ciha concesso. Voci come quelle di Beniamino Gigli, GinoBechi, (conosciuto in seguito da mio padre), FerruccioTagliavini, Maria Caniglia, Gianna Pederzini, erano a noinotissime nell’arco operistico ed anche canzonettistico,perché questi grandi nomi non disprezzavano esibirsianche in canzoni rimaste notissime, vedi: “Mamma” diGigli e “Una strada nel bosco” di Bechi. Come? non cono-scete il “Bolero” di Ravel, il “Volo del calabrone”, le musi-che delle fontane e dei pini di Roma? Non capivamo per-ché alcuni nostri coetanei amici, non erano eruditi al meri-to. Quanti preludi, sinfonie, ouverture, suite del 1700,1800, 1900 abbiamo imparato ad apprezzare , tutta musi-ca con la “M” maiuscola: Bach , Brahms, Bizet, Ciaikowski,Grieg, Strauss, Respighi e chi più ne ha più ne metta….Ele celebri “bacchette” di Toscanini, e Von Karayan?Passavano gli anni , i nomi cambiavano: Mario delMonaco, Renata Tebaldi, Maria Callas (no, era più bravoGigli, si commentava tra fratelli ….)e giudicavamo udendole puntine scorrere sui 78 giri,45,e stereo 33 e quandomancava la corrente era un guaio , al posto della musicaudivamo rumori diversi , di guerra, purtroppo. A proposi-to; chi ci dava la pazienza di ascoltare lo scorrere di unsolo disco e cambiarlo in continuazione? Non so. Altro cheCompact Disk, DVD, ecc. E le opere dei nostri grandi auto-ri? Ne ero innamorata e tante ne ho viste “in diretta”, si,lo riconosco sono stata privilegiata . A 12 anni ho visto lamia prima opera Madama Butterfly al Teatro Verdi diFirenze e poi negli anni seguenti al Teatro dell’Opera diRoma e alle Terme di Caracalla sono scorse davanti aimiei occhi: Traviata, Rigoletto, Fedora, La Forza delDestino, Iris, Manon Lescaut, Cavalleria Rusticana e tantealtre importanti e ….non mi toccate le “pucciniane” le miepredilette, le ho riviste nelle varie edizioni ed ascoltatetante volte da saperle quasi tutte a memoria. Era il “log-gione” che decretava il successo di quel cantante o diret-tore d’orchestra ma io, le ho viste tutte dai “palchetti”perché, ripeto, ho avuto occasione di potervi accedere nonsempre a pagamento. E altro che TV! Era tutta un’altracosa!E mi sono sempre emozionata, per settanta anni, a tutti itipi di musica tenendomi sempre aggiornata. Ma la storiadiventerebbe troppo lunga.

LA MUSICA E’ETERNA

Alfredo Palieri

Un concetto che ho sentito ingiro: la musica si differenziadalle altre arti perché il motivomusicale è legato al periodo ditempo in cui viene prodotto e,scaduto tale periodo, il motivonon è più udibile. Invece, nellapittura per esempio, accade cheun quadro è sempre visibile,indipendentemente dal tempo.Ma a me sembra che è la nostramente che immagazzina il moti-vo ascoltato, lo conserva a volte gelosamente e ci consente dicantarlo in qualsiasi momento, anche a distanza di decenni. Ecosì, attraverso il canto, i motivi si sono tramandati per inte-re generazioni, giungendo fino a noi. E quindi credo proprioche si possa dire che la musica è eterna ! Ricordo ancora ilmotivetto del mio carillon che azionavo a mano e si confonde-va con i “fili d’oro” dei capelli biondi di Rosa che scendeva dalvillaggio. Erano le donne (mamma e le altre) che cantavano incasa. E, a primavera, dalle finestra usciva fuori il dolceMaruska (altra canzone). Erano gli anni ’25-’30, immediata-mente successivi alla vittoria del ’18 e l’organino in stradaalternava motivetti vari con i canti patriottici come “La canzo-ne del Piave” oppure “Le ragazze di Trieste”.D’estate, nel grande salone di zio Battista e zia Lina e VillaTurrisana presso Trani, i miei fratelli più grandi, le cugine, gliamici, ballavano al ritmo un po’ gracchiante de “La Voce delPadrone” ( ricordo la figura divertente del cane sul grammo-fono intento anche lui ad ascoltare la musica). Andavano dimoda le canzoni spagnole… “Amapola”, “Rosa di Malaga”,“Princesita”, “La Cumparsita”. Poi, per accontentare gli anzia-ni, si mettevano su i dischi da operetta: “Cincillà”, “La danzadelle libellule”, “Il conte di Lussemburgo” e infine i valzercome “La vedova allegra” e “Il Danubio Blu”. Negli anni ’35-’40 balilla ed avanguardisti marciavano cantando “FaccettaNera” e, per dare maggior baldanza al pass0, inframezzavanocon la marcia dell’Aida.Alla Basilica di Massenzio noi giovani facevamo esercizi ginni-ci ascoltando i solenni “Maestri cantori di Norimberga” diWagner. Nelle comitive di ragazzi adolescenti erano di moda i“Pippo non lo sa”, “Bel Ami” e i motivetti strampalati diMacario (“Ma lo vedi come sei? Gioca il quarantasei !”) e delTrio Lesano (“Luna tonda come il formaggio d’Olanda”).Senza dimenticare naturalmente nelle gite in montagna iCanti degli Alpini. In parallelo io mi lasciavo trascinare anchedalla musica classica. Per il compleanno dei 19 anni, nel 1943,mio padre mi regalò l’abbonamento all’Opera per la TetralogiaWagneriana. “La cavalcata delle Walkirie” e “L’idillio diSigfrido” mi infondevano lena del pedalare in bicicletta, pre-zioso ed unico mezzo di trasporto dell’epoca. E ancora ricordoil “Peer Gynt” di Ibsen, “Il nuovo mondo” di Dvorak, il “Francocacciatore” di Weber e, naturalmente, l’incompiuta diSchubert che la leggenda narra che sia rimasta appuntoincompiuta perchè il maestro si sarebbe infastidito sentendol’improvvisa ed inopportuna risata di una signora. Al“Rosamunda” di Schubert faceva eco la canzone“Rosamunda”, a suon di jazz mentre negli anni della guerra ilmotivo di “Llly Marlene” cantato da Marlene Dietrich rimbal-zava da una trincea all’altra. Facendo i disegni dei progettiper gli esami di ingegneria, ascoltavo alla radio Beethoven. Laquinta sinfonia mi infondeva vigore mentre la settima mi daval’idea di un treno che correva nella notte. Mia moglie, moltopiù competente di me in materia musicale, ascolta spesso“L’inno della gioia” della Nona Sinfonia. Negli anni ‘55-’60ecco per i nostri bambini “Papaveri e papere”, “Pierino e illupo”, “La vecchia fattoria”, “La casetta in Canadà”. I bambi-ni marciavano per il salone come soldatini cantando insiemealla Tv. Concludo ricordando gli Inni Sacri cantati in Latino.“Te Deum”, “Pange Lingua” e quella meravigliosa sintesi teo-logica del “Tantum Ergo”, particolarmente vivace e suggesti-vo nella versione ambrosiana che sembra veramente infonde-re qualcosa nelle vene. Insomma tanta musica nella mia vitae la ricordo tutta perfettamente. Più eterna di così…

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MUSICHE PERCHI…

SI ACCONTENTAVAPietro Gregori

Eravamo nel 1932.Quella sera che nostropadre tornò a casa recan-do con se un misteriosopacchetto, io e i miei fra-tellini restammo alquan-to contrariati nello sco-prire che esso contenevasoltanto una anonimacassettina di legno.

L’atmosfera però cambiò allorché ci accorgem-mo che premendo un determinato dispositivo, la cas-setta cominciava ad emettere una simpatica musi-chetta. Quello che poi seppi chiamarsi “CARILLON”,era stato inaspettatamente regalato al nostro genito-re da una anziana zia che a sua volta l’aveva ricevu-to in eredità da una vecchia signorina della quale erastata la “dama di compagnia”. Il relativo meccanismo(ora lo saprebbero tutti) era costituito da un cilindrodi ottone lungo almeno una dozzina di centimetri,ricoperto da un’infinità di piccoli denti che, girandocol rullo, andavano a interessare una serie di linguel-le dello stesso metallo provocandone il suono.

I brani musicali, che in buona parte ricordo,erano due, ma di essi non ho mai conosciuto i titoli.Qualcosa di analogo al carillon, perché ne utilizzava,grosso modo, lo stesso principio, era, se vogliamo, la“PIANOLA”, una sorta di pianoforte portatile, monta-to su due ruote, che veniva spinto per le stradeoffrendo i motivi delle canzoni più in voga nel perio-do. L’ambulante che la manovrava girando una gros-sa manovella, era solito proporre ai passanti l’acqui-sto di foglietti colorati sui quali erano stampati i testidelle canzoni. Più di una volta l’ho visto fermarsisotto le nostre finestre alla stregua del venditore dilatte col suo carrettino, o l’arrotino.

Un giorno, la ragazzetta che avevamo per dome-stica portò in casa un foglietto su cui era riportato iltesto della canzone “Ziki Paki Ziki Pu”, il cui stranotitolo mi è rimasto impresso.

Allora non ci feci caso, ma recentemente ho tro-vato su Internet il testo incriminato che, se esatto, miè sembrato piuttosto spinto, per quell’epoca.

Parlando sempre di canzoni, mi piace ricordaredi quella volta che arrivando con la famiglia per la vil-leggiatura a Bagnone, nella Lunigiana, alcuni nostriamici del luogo ci vollero far notare, con malcelatoorgoglio, che il campanaro del Castello aveva impara-to ad utilizzare le cinque “CAMPANE” di cui dispone-va per suonare il motivo principale della canzone“Paesanella”, cosa che regolarmente avvenne perdiversi sabati. Bagnone era il paese di nascita del miononno paterno.

Quello materno era nato invece a Bagnaia,all’epoca comune autonomo, ma dal 1927 frazione diViterbo. Di questa località, presso la quale, fino alloscoppio della guerra, ho trascorso diverse vacanzeestive, voglio ricordare la “BANDA MUSICALE” citta-dina, che tutte le domeniche di luglio e agosto offrivaalla popolazione un concerto su un palco allestitonella piazza principale. In quelle occasioni, quando labanda suonava, io mi ponevo sempre vicino ad unragazzo, di quattro anni più grande di me, che suona-va il tamburo. Molto mi meravigliava il fatto cheanche per suonare quello strumento bisognasse leg-

gere lo spartito, cosa che il mio amico faceva conmolta serietà. Molto tempo dopo lo stesso mi ha pre-cisato che nel passato il mio citato nonno gli chiede-va spesso quando avrebbe cominciato a suonarenella banda.

Il caso ha voluto che la “prima volta” coincides-se proprio col servizio relativo al funerale del miocongiunto! A dirigere il complesso c’era un maestroche veniva da un’altra località della provincia.

Alcuni pezzi del repertorio li aveva scritti lui.Una volta delegò la direzione della banda al suo sosti-tuto e lui, il maestro, si mise a suonare nientemenoche la grancassa.

Allora non mi riuscì di sapere se quanto sto perdire fosse la causa o l’effetto di tale decisione, ma,alla fine del pezzo, mi resi conto che la grancassarecava un lungo squarcio nella membrana percossa.“Fatela riparare” si limitò a dire e, per quel giorno, lospettacolo finì.

Prima di partire da Roma, ci godevamo semprela festa di San Giovanni che si svolgeva nella nottetra il 23 e il 24 giugno. Infatti quasi tutta la viaMerulana era gremita di bancarelle ove si smerciava-no campanelle di terracotta e trombette di latta, chei nostri parenti regolarmente ci acquistavano.C’erano anche molti venditori di profumata spighettadi lavanda, il cui gradevole olezzo inondava la strada.

Il culmine della festa era naturalmente la sfilatadei carri allegorici che io ho sempre giudicato suffi-cientemente dignitosa, specie da quando cominciaro-no a parteciparvi alcune società cinematografiche lequali potevano disporre di comparse e costumi di uncerto effetto. I vari gruppi erano inframmezzati dapiccole compagini di musicanti tra cui ne ricordo unainteramente formata da suonatori di “STRUMENTI APLETTRO”, in maggior parte mandolini.

Quelle notti per noi bambini erano sempre avve-nimenti eccezionali, anzitutto perché erano le unicheoccasioni nell’anno in cui papà ci conduceva a gusta-re dei gelati comodamente seduti in un bar e poi per-ché tornavamo sempre a casa poco prima della mez-zanotte! Ma c’è un altra cosa che non posso evitare dicitare: si tratta della figura del “PIANISTA” che finoagli ultimi anni venti veniva incaricato di accompa-gnare la proiezione dei film che allora erano ancoramuti.

Il cinema lo conoscevo più che altro perché sal-tuariamente ce lo facevano vedere alla scuola ele-mentare, dove ricordo di aver assistito a tutta unaserie di cortometraggi riproducenti i famosi raccontimensili del “Cuore” del De Amicis, nonché ai film“Cabiria” e “Fabiola”. Data la mancanza del sonoro,era caratteristico sentire il brusio che si creava quan-do la maggior parte dei piccoli spettatori leggevano abassa voce le didascalie della pellicola.

Per quanto riguarda le sale pubbliche ricordo diessere stato una volta al cinema Morgana (oraBrancaccio) a vedere il film “Il re dei re” sulla vita diGesù. Ho assistito anche a qualche spettacolo di pocaimportanza nel cinema Roma, una minuscola salasituata in via dello Statuto, dove l’immancabile piani-sta suonava invariabilmente la “Serenata araba” oqualcosa di analogo.

All’epoca, a Roma, una sala di quelle dimensioniveniva chiamata “pidocchietto”.

Mentre sto scrivendo queste note stanno tra-smettendo il Festival di San Remo di cui ricordo benedi aver assistito, naturalmente per radio, alla primaedizione. Allora a cantare furono soltanto quattropersone: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano.No comment!

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LA MUSICA: UN PO’ DICIELO DENTRO DI NOI

Celina Mastrandrea

Quando un creatura viene almondo si dice che “viene allaluce”! Vero! Perchè è la luce chenon ha mai visto, non è così per ilsuono! Il suono, ci appartiene daiprimi istanti del concepimento: lavoce della mamma che ci porta inseno, il battito del suo cuore, levoci di chi vive intorno a lei...vociche diventano subito familiari,musica “sublime”, ricordo e nostalgia di paradiso che sollecita lanostra interazione con la realtà del mondo esterno per i dolci lun-ghi nove mesi!E alla nascita la musica è già il nostro corredo! E’una categoria che ci appartiene dal profondo del nostro esistere eche poi ci accompagnerà in forme diverse per tutta la vita: il canto,i suoni della natura, le note prodotte dagli strumenti musicali;nenie lamentose per dormire, fanfare per festeggiare,sinfonie peresprimere sentimenti, emozioni, sogni. E come nell’orchestra suonidi timbro e altezza diversa realizzano un unicum, così anche den-tro di noi la musica può realizzare questa magia, può creare unitàcon noi stessi, essere espressione del nostro stato d’animo,moda-lità straordinaria per comunicare sentimenti, fissare ricordi. E per-chè ciò avvenga non necessariamente bisogna essere geni musi-cali! La musica è naturalmente dentro di noi,il ritmo lo è, lesequenze,la melodia. Oserei dire per questo che la musica ènecessità per l’uomo, tant’è che ogni civiltà e ogni epoca storica neha lasciato ai posteri ampia produzione. Stili diversi perchè diver-si i bisogni dell’uomo,Sempre originale, ma sempre familiare,comegià sentita,se pure in modo indistinto, a conferma che le note,veroalfabeto della musica, sono dentro di noi. Nella mia vita come forse in quella di tanti è rimasta in po’ il“sogno nel cassetto” ma non per questo ha lasciato rimpianti odelusioni, anzi...è rimasto sempre forte il desiderio di rincorrerla egoderne la meraviglia, l’unicità pur nella varietà! Ho ascoltatomusica da prima di nascere, mia mamma era una pianista, ne hoappreso la “magia”crescendo”, ne ho sperimentato su di me lacapacità di viverla come canale preferenziale per entrare in contat-to con il mio mondo più profondo e con gli altri...e non parlo solodi emozioni! Penso alla funzione che la musica può avere nelle

situazioni problematiche di chi vive in situazione di disabilità odisagio.Non è certo una moda la musicoterapia,tante le esperien-ze valide in questo ambito relativamente recente che vantano lapossibilità di sviluppare funzioni potenziali o residue migliorando laqualità della vita grazie ad un processo preventivo, riabilitativo oterapeutico.Rolando Benenzon, autore e docente argentino dimusicoterapia definisce tale disciplina un vero e proprio ramo dellascienza che usa il suono e la musica per aprire canali di comunica-zione.Perchè la musica dentro ciascuno è ricordo, memoria ata-vica e strada per un crescente benessere interiore. Del restoanche in ambito scolastico con alunni gravemente disabili si veri-fica spesso che la musica è inizialmente canale unico e privilegia-to di comunicazione, che permette di avviare gradualmente unprocesso didattico più specifico. Del resto è molto interssante inmerito anche la panoramica innovativa delle intelligenze multipleportata avanti da anni dello studioso statunitense Gardner che,superando la tradizionale concezione di intelligenza come fattoreunitario, individua almeno sette tipologie differenziate di intelli-genze, deputate ognuna a differenti settori della vita umana: traqueste non poteva certo mancare l’intelligenza musicale! E chedire poi delle molteplici interferenze tra la musica e la matemati-ca?! E degli studi relativi agli influssi che che la prima determinasull’altra? Altra novità:sperimentato e verificato che l’ascolto pre-coce di Mozart incrementi l’intelligenza matematica! Provare percredere! Ma cè di più... Se la musica è parola del cuore sicuramen-te essa è l’espressione più alta dell spirito e dunque il modo miglio-re dell’uomo per lodare e pregare Dio, il Creatore, il Salvatore,l’Assoluto, l’Eterno! Come non lasciar parlare S. Agostino in meri-to? Lui che iniziò ad apprezzare la musica, meglio il canto liturgi-co, ascoltando la madre Monica cantare nella chiesa di Milano!Così per lui l’ascolto della musica , la riflessione sulle strutture rit-miche del verso e del canto diventano importanti nel rapporto conla madre e più ancora con Dio. Dedicherà a ciò un’ intera opera il“De musica”, ma anche ne “Le Confessioni” si rintraccia il temadella musica e del silenzio che è musica interiore. E così la musicacollocata da S. Agostino nella prospettiva cristiana diventa stru-mento per elevarsi a Dio consentendo in modo naturale all’uomodi passare dalla realtà sensibile e corporea a quella spirituale!Eccoperchè: canta chi ama!E chi canta prega due volte, ma bisogna“accordare” alla voce le opere come lo stesso Agostino auspica!Un ultimo pensiero alla santa patrona della musica, protettrice deimusicisti, musicista anche lei: Santa Cecilia! Per sua grazia lamusica viva sempre nel cuore della terra, eco della melodia delCielo! Perchè la musica ci elevi sempre !

LA PAROLA DI DIO:MUSICA SUBLIME, ARMONIA DELL’ANIMA

Miriam AielloPensieri tratti dalle omelie di don Paolo

LA QUARESIMA

2006Quaresima è fare deserto, misurarsi con letentazioni, non da soli, ma difesi dagli Angelie aiutati dal soffio dello Spirito. Quaresima èsalire sul monte, ansimando per incontrareDio, per gustare la bellezza di Dio, perchéniente ci potrà separare da Lui. Quaresima èascolto e preghiera, lasciarsi andare a Dio epregare, ma non per chiedere, come ad unalampada di Aladino, di esaudire i nostri desi-deri del momento.Quaresima è cogliere i segni, capire il mes-saggio di Dio, che parla nel silenzio: unamente stressata non coglie i segni, ci allon-tana da Dio che diventa così “insignificante”.La misericordia di Dio viene in soccorso alladebolezza dell’uomo. Dio dà una riserva diforze a chi non ce la fa più; quando il nostro“serbatoio” è in esaurimento, possiamoricorrere al “serbatoio” di Dio, che è lanostra risorsa. Dio ha amato il mondo persalvarlo, per liberarlo dalle catene del male;rimane nelle tenebre chi irragionevolmenteodia la luce, come chi si rifugia in cantina albuio, mentre potrebbe abitare all’attico,dove c’è luce e ci sono orizzonti aperti. Letenebre possono essere più comode, perché

nascondono le opere malvagie, ma ricordia-moci che Dio è Luce, Dio è il Liberatore!

2007Che merito c’è ad amare chi ci vuol bene?L’amore è gratuità, mitezza, perdono. Ildigiuno non è tanto non mangiare, che forseè la cosa più facile (tanti lo fanno per moti-vazioni tutt’altro che spirituali), ma adesempio tacere, evitare di fare qualcosa, ditenere un determinato comportamento.Daldeserto di Gerico al cielo del Tabor, dalletentazioni alla Trasfigurazione, che avvienenella preghiera. Come Pietro, Giacomo eGiovanni, anche noi oppressi dal sonno(dalle fatiche, dal peso della vita) possiamosvegliarci nello splendore dellaTrasfigurazione, in attesa del passaggiodalla terra al cielo per vedere la Sua gloria.Gesù si innalzerà nei cieli e attirerà tutti aSé!

2008“Esci dalla tua terra e va’ dove ti porterò”.Dobbiamo avere fiducia anche al buio, aiu-tati dalla forza di Dio. Obbedire vuol direascoltare e comportarsi di conseguenza. “Hosete, Signore, dammi da bere!” Dammiacqua viva, affinché io diventi sorgenteanche per gli altri.“ Signore, sei Tu il mio pastore, non mancodi nulla!” Tu sei la luce che illumina la miavita. “Magister adest, te vocat” Gesù c’è,ci chiama.“Chi crede in me, vivrà” Dio civuole vivi, vuole che amiamo la vita, vuolela gioia!

2009Gesù nel deserto stava in pace con le bestieselvatiche (è il superamento delle paure,delle ansie), era servito dagli Angeli (impa-riamo a non avere bisogno di nient’altro,solo di Dio), stava in pace con il tempo (cer-chiamo di non lasciarci travolgere dalla fre-nesia del tempo che corre).Abbandoniamole distrazioni, le preoccupazioni, le divisionie con pazienza e coraggio costruiamo l’arcae riacquistiamo nella nostra vita l’equilibrioper andare avanti. Una vita che non si donaè una vita inutile. Il deserto c’è, ma Dio loirriga . Lo “zelo che divora” è il contrario del-l’accidia, della pigrizia spirituale. Sono forsestanco di Te, Signore? Sono annoiato oppu-re sono assetato di Te? Dio è vicino a chi locerca. La domenica è riposo in Dio, ascoltodella parola di Dio, quiete dell’anima.

2010Uomo, chi sei? Sono un essere fragile, ten-tato dal male, ma amato da Dio. Gesù affa-mato, tentato, stressato, sfinito ha condivi-so in pieno la nostra umanità. Uomo, dovedevi andare? Nel deserto, in silenzio, a ritro-vare me stesso. Uomo, cosa può renderechiara la tua vita? E’ la fede che illumina lamia vita E se il demonio ti disturba? Ildemonio, maestro di trucchi, disturba chi glidà fastidio, ma gli Inferi non prevarranno sudi me! La nostra cittadinanza è nei cieli !

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“LA FORZA DI GIACINTA ”Ho iniziato il mio servizio di volontariato al Gemelli al capez-zale di una paziente di nome Giacinta, una donna semplicedall’espressione dolce che emanava riconoscenza a chiun-que si avvicinava al suo letto e le rivolgeva qualche atten-zione. Era stata vittima di un incidente automobilistico inuna strada provinciale della Calabria mentre tornava dallavoro nei campi. Una macchina, che procedeva a folle velo-cità, l’aveva investita trascinandola per lungo tratto e senzache l’autista si fermasse a soccorrerla. Il suo corpo era mar-toriato; oltre alle braccia e alle gambe spezzate in più parti,tutti gli altri organi erano seriamente compromessi. Le erascoppiata la vescica, aveva la milza spappolata e ancheesteriormente il suo corpo era tutto un livore, pieno di ema-tomi. La sua posizione nel letto era come se fosse in croce,per cui era impossibile farle ingerire il cibo e si nutriva solocon la flebo. Le sue condizioni destavano veramente grandepietà per cui tutti la circondavano di tanto affetto anche per-ché, per la lontananza da casa, non riceveva la visita di nes-sun parente o conoscente ed i suoi due figli risiedevano conle famiglie in Germania. Eppure, tranne qualche momento incui cedeva allo sconforto, Giacinta affrontava questa suadisgrazia con grande rassegnazione, sempre pronta a rin-graziare chi si interessava di lei, fiduciosa di poter un gior-no rimettersi in piedi e vivere ancora qualche anno pervedere crescere i nipotini di cui sentiva tanta nostalgia. Ladegenza si prevedeva molto lunga in quanto avrebbe dovu-to subire parecchie operazioni e pertanto anche i medici delreparto le riservavano tanto calore umano, edificati dallasofferenza silenziosa di questa creatura che non si lamenta-va, non chiedeva niente, sempre pronta a ringraziare chiun-que le prestava la minima attenzione. Soltanto il giorno cheseppe dell’arrivo dei suoi figli le venne un po’ d’agitazione,preoccupandosi di ottenere dalla caposala il permesso difarli stare il più possibile vicino a lei. Fu oltremodo commo-vente l’incontro con loro, traumatizzati alla vista dellamamma prima tanto attiva e ora ridotta in quelle condizio-ni. Impossibilitati anche ad abbracciarla perché completa-mente chiusa in un busto di gesso, sfogarono il loro dolorein un pianto irrefrenabile, consolati da lei che li benedicevae offriva tutte le sue sofferenze a Dio, perché facesse starbene loro. Rimasero a Roma qualche giorno e si allontana-vano dalla stanza solo a tarda sera per trascorrere la nottenell’auto e tornare presto da lei la mattina. La fiducia in Dioe la forza di volontà operarono miracoli in questa donna che,dopo nove mesi di degenza in condizioni proibitive e quindi-ci interventi subiti, si riprese gradualmente fino a rimetter-si in piedi, dapprima con il sostegno di due persone e suc-cessivamente da sola con le stampelle. Infine fu dimessa etornò al suo paese. Elena Scurpa

Let tere a l la Redazione

Piazza della Balduina sotto la neve(Fotografie di Francesca Adrower)

LUCIO DALLA(prima del trapianto dei capelli)

di Leonardo Cancelli

“ VAGANDO NEL CIELO ”

Ludovico Perroni

Nuvole erranti nel cielo,

simili a candideanime,

a bioccoli di neve,

a fantastici pensieri.

Le vedi sfilare,pigramente ovelocemente,

e rifletti:con loro la vita,donata da Dio,

passa,lentamente o rapidamente,e se ne va !

Son masse vaganti:cumuli densi o,piccole forme,

a pecorelle.Si perdono,

s’accavallano,sorvolano,

pianure, monti e colline:o stan lì,

ferme nel cielo,come tanti

batuffoli bianchi.

Guardo quel biancocandore,e mi vien

da pensare:son simili ad uomini,

che nel turbinio della vita,

si sentono persi o smarritio che non

sostano maiavidi, illusi e crudeli.Nè gli uni,nè gli altri:son nuvole

erranti nel cielo,

trasportate dal vento.

CHE STRUMENTI IN CHIESA?

Frequentando spesso altre parroc-chie, specie nei periodi di vacanza,mi è capitato di assistere a funzioniin cui venivano usati, come suppor-to ai cori e alle canzoni, numerosistrumenti: chitarre acustiche e elet-triche, tamburelli, percussioni eperfino clarinetti e sassofoni, iltutto a favore di un ritmo migliore eanche di una musica più bella ecoinvolgente, senza per questonulla togliere al coro dei fedeli, anzi,a mio avviso, migliorandolo molto. Ma ufficialmente c’è un regolamen-to ecclesiastico ? Che cosa è per-messo e che cosa no ?

Laura D.(mail)

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Nel prossimo numero:

“LETTERE ALL’ATEO”

Riflessioni, proposte, suggerimenti, idee,consigli, sfide, preghiere e parole

dedicate al nostro prossimo che non haancora trovato o che non ha proprioalcuna intenzione di trovare la Fede.

inviate i vostri articoli a:

[email protected]

CIRCOLOPICKWICK

FrancescaAdrower

“Il corale si diffusepieno di speranza nellachiesa che s’immergevanell’oscurità: la devo-zione di Bach allevia il tormento della

nostra incredulità”

Ingmar Bergman, “Lanterna magica”

“La musica, questa musica, è un donosufficiente. Perché chiedere la felicità,

perché sperare di non soffrire? E’ abba-stanza, è una benedizione sufficiente

vivere giorno per giorno e udire questamusica – non troppo, altrimenti l’anima

potrebbe non resistere – di tanto in tanto”

Vikram Seth, “Una musica costante”

“Quando sento l’heavy metal, a me miviene l’occhio vitreo. Probabilmente

qualcuno di voi me la potrebbe spiegare,quella musica, e io di mio sarei anche

disposto ad ascoltarla, solo che non miinteressa. Non bisogna mica rispondere a

tutti gli stimoli”

Frank McCourt, “Ehi, prof!”

“Detestate la cattiva musica, non ladisprezzate. Dal momento che la si suonae la si canta ben di più, e ben più appas-sionatamente di quella buona, ben più diquella buona si è riempita a poco a poco

del sogno e delle lacrime dell’uomo. Il suo posto, nullo nella storia dell’arte, èimmenso nella storia sentimentale dellasocietà. Il rispetto, non dico l’amore, per

la cattiva musica non è soltanto unaforma di quel che si potrebbe chiamare lacarità del buon gusto o il suo scetticismo,

è anche la coscienza del ruolo socialedella musica. Il popolo, la borghesia,l’esercito, la nobiltà, hanno gli stessi

messaggeri d’amore, gli stessi confessoriprediletti.

Sono i cattivi musicisti.

Marcel Proust, “I piaceri e i giorni”

“La vita di un musicista è fatta soprattut-to di solitudine. Però a volte quandosuoniamo proviamo la sensazione di

essere un tutt’uno con la musica: succedequando il ritmo coincide col battito del

nostro cuore… come quando incontri unapersona di cui, per ragioni misteriose,

non puoi più fare a meno. Non si può cheseguire una persona che si

accorda col tuo cuore”

Paolo Maurensig, “Canone inverso”

“Sotto le stelle del jazz,ma quanta notte è passata…

Marisa, svegliami, abbracciamiè stato un sogno fortissimo...Le donne

odiavano il jazz, non si capisce il motivo"

Paolo Conte, “Sotto lo stelle del jazz”