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Università degli Studi di Udine Materiale didattico per la Prova di "Comunicazione" (valore n. 1 credito formativo)

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Università degli Studi di Udine

Materiale didattico per la

Prova di "Comunicazione" (valore n. 1 credito formativo)

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INDICE CAPITOLO 1 ..........................................................................................4

1. L’importanza del comunicare...........................................................4 1.1. Chi è l’attore sociale?............................................................5

2. La comunicazione è un atto o un processo? ...................................6 3. L’incontro fra testo e lettore .............................................................8

CAPITOLO 2 ........................................................................................10 1. Quale comunicazione: alcune definizioni. .....................................10

1.1. Comunicazione di massa........................................................10 1.2. Comunicazione pubblica.........................................................11 1.3. Comunicazione politica ...........................................................13

1.3.1. L’ambito disciplinare ............................................................15 1.4. Comunicazione sociale ...........................................................16

1.4.1. Gli attori della comunicazione sociale ....................................18 2. Comunicazione autoprodotta e eteroprodotta............................22 3. Comunicazione integrata ...........................................................22

CAPITOLO 3 ........................................................................................25 1. Comunicazione above the line e below the line.............................25 2. I principali strumenti della comunicazione esterna ........................25

2.1. Pubblicità ................................................................................25 2.2. Pubbliche Relazioni ................................................................27 1.3. Ufficio stampa .........................................................................27 2.4. Comunicare per il web ............................................................29

3. Principali strumenti utilizzati nella comunicazione interna (la comunicazione organizzativa) ...........................................................32

3.1. House organ ...........................................................................33 3.2. Newsletter...............................................................................33 3.3. Intranet....................................................................................34 3.4. Formazione.............................................................................35

CAPITOLO 4 ........................................................................................37 1. La comunicazione nei gruppi.........................................................37

1.1. Struttura e problemi dei gruppi................................................37 1.2. Il lavoro di gruppo ...................................................................38

2. La comunicazione in pubblico .......................................................38 3. Qualche consiglio... .......................................................................39

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BIBLIOGRAFIA....................................................................................42

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CAPITOLO 1

1. L’importanza del comunicare Si ritiene utile per la comprensione della rilevanza della comunicazione nella società iniziare con il definire il significato di due elementi fondamentali: La comunicazione L’attore sociale Partiamo dal primo elemento: cosa vuol dire comunicare? che significato assume nella nostra società? Si propongono alcune definizioni che ci aiutano a circoscrivere l’oggetto, l’ambito e gli obiettivi del comunicare. “La comunicazione o l’agire comunicativo è lo strumento per eccellenza dell’agire sociale” (M. Livolsi) Lo strumento fondamentale per l’agire umano è il linguaggio. Attraverso di esso ci mettiamo in relazione con gli altri, comunichiamo, e dunque interagiamo ed agiamo all’interno della società. Il grande filosofo tedesco Hans, G. Gadamer eminente studioso di Hegel e di Kant affermava che: Il linguaggio è pensiero nel senso che consiste nell’attività stessa, nel processo che opera nella relazione tra coloro che parlano, che dialogano, che ascoltano. Il linguaggio, inteso come gioco del mondo, instaura l’esserci delle cose nella relazione tra i pensieri, le parole, tra le persone. (H.G.Gadamer, 1983) Questo significa due cose. Primo che la “Comunicazione non è semplice trasmissione di informazioni ma un processo di costruzione di significati” Nel senso che l’individuo “l’attore sociale” in funzione del bagaglio di conoscenze e informazioni che possiede interpreta ciò che gli viene trasmesso, dunque mette in relazione i pensieri suoi e dell’altro e costruisce un significato che è l’elaborazione individuale dell’oggetto del comunicare. Da ciò deriva che la comunicazione è fondamento della conoscenza e che alla base c’è la parola, il linguaggio attraverso il quale ci mettiamo in relazione con l’altro.

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Come affermava Piero Ottone, uno dei decani dei giornalisti italiani nel suo libro “Storia del giornalismo italiano”: “La parola, il linguaggio, la comunicazione servono anzitutto a manifestare bisogni, ad avanzare richieste, a imporre comportamenti; tendenzialmente, a dare ordini, affinché prevalga la nostra volontà...Ma la parola serve anche a raccontare; a raccontare qualche cosa per il gusto di farlo, senza chiedere nulla in cambio...Raccontiamo perché col racconto entriamo in contatto con altre persone, stabiliamo un rapporto, sfuggiamo alla solitudine, non siamo più soli: anche per questo ogni essere umano sente il bisogno di comunicare.” E qui la prima grande distinzione tra informare e comunicare. L’etimologia stessa ci aiuta In-formo, do forma Communico, metto in comune, condivido. Abbiamo detto che la comunicazione è fondamento dell’agire sociale e abbiamo altresì affermato che la comunicazione è relazione, condivisione. Ciò presuppone che vi siano degli attori che agiscano e che attivino lo strumento del comunicare e, parlando di società, facciamo riferimento all’attore sociale.

1.1. Chi è l’attore sociale? Il sociologo Gallino in un suo testo del 1978 lo definiva come: “ il soggetto di una sequenza intenzionale di atti forniti di senso... che compie scegliendo tra varie alternative possibili, sulla base di un progetto concepito in precedenza ma che può evolversi nel corso dell’azione stessa, al fine di conseguire uno scopo, ovvero di trasformare uno stato di cose esistente in un altro ad esso più gradito” In questo passaggio viene introdotto un concetto (sul quale torneremo più avanti) che riguarda le attese di ognuno di noi, “Trasformare uno stato di cose esistente in un altro più gradito”. E’ evidente che il miglioramento della propria condizione, l’elemento di soddisfazione che ne deriva è parte di ognuno di noi. Ciò di cui si deve tenere conto in un contesto sociale è che tale trasformazione non leda le regole stabilite o non leda la sfera di un altro attore sociale. Perché ciò non accada è fondamentale che l’attore:

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“disponga di un adeguato bagaglio di conoscenze che derivano dal sistema di comunicazione disponibile e fruibile nel sistema sociale in cui vive. E’ da questo che il soggetto trae le informazioni e gli orientamenti di valore” (M. Sorice) Ecco che introduciamo l’elemento valoriale. Senza un sistema di valori di riferimento le scelte e le azioni conseguenti ne risulteranno “amputate” e dunque creeranno squilibrio all’interno del sistema sociale. Un sistema valori e di regole condivise e accettate, intesi come i valori fondanti di una società. Jurgen Habermas crede nella possibilità di fare apparire nella comunicazione tra le esperienze particolari nutrite dalla particolarità di un mondo vissuto, di una cultura “...Si deve ammettere che non v’è democrazia senza cittadinanza senza accordo non solo su procedure e istituzioni, ma sui contenuti. Ma come unire l’universale e il particolare? Mediante la comunicazione, e più concretamente mediante la discussione e l’argomentazione che consente di riconoscere nell’altro ciò che vi è di più autentico, ciò che si ricollega a un valore morale o a una norma sociale universalistica”. Habermas parla di agire comunicativo. Intende la comunicazione come il “faccia a faccia degli interlocutori e contemporaneamente come la trasmissione di messaggi dall’uno all’altro sia flusso di informazioni, ma anche segno del lavoro di soggettivizzazione che ciascuno compie per parte sua e che cerca di riconoscere nell’altro”1.

2. La comunicazione è un atto o un processo? M. Sorice sostiene che “discutere il concetto di comunicazione è molto impegnativo: bisogna infatti considerare le diverse variabili, i molteplici attori sociali, la funzione del contesto socioculturale, le logiche di trasmissione e ricezione dei messaggi”. Vero è che come afferma P.Watzlawick che:

• Non si può non comunicare (la comunicazione è un bisogno fondamentale degli esseri umani in quanto “animali sociali”)

• In ogni comunicazione ci sono aspetti verbali e aspetti non verbali

1 In A. Touraine, Critica della modernità, Il Saggiatore, 2005, pgg 391-394.

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• In ogni comunicazione c’è un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione Gli assiomi della comunicazione di Watzalawick ci riportano sui concetti espressi da Habermas. L’attore sociale, l’individuo ha bisogno di comunicare, di mettersi in relazione perché solo da questo processo dinamico trae gli elementi che gli consentono di formare un’opinione, di elaborare un sistema valoriale. Del resto la radice etimologica (come sopra già introdotto) di comunicare indica questa idea, dal greco koinòo (rendo comune, unisco e anche sono partecipe) e dal latino communis (metto in comune, condivido, sono partecipe). Se traduciamo queste affermazioni in un modello possiamo fare riferimento a quello elaborato da Shannon e Weaver nel 1949 nel quale sono inseriti gli elementi costitutivi del processo comunicativo:

• La fonte: che identifica chi produce il messaggio • Il messaggio: ossia l’oggetto di scambio nel processo comunicativo • Il canale: inteso come il mezzo fisico attraverso il quale passano i

messaggi • Il codice: un sistema generalmente (o intersoggettivamente) condiviso per

organizzazione dei segni.

Codifica Decodifica

Fonte Segnale Canale Segnale Destinatario

Rumori

Codice

Codifica Decodifica

Fonte Segnale Canale Segnale Destinatario

Rumori

Codice Fig. 1 Modello matematico – informazionale (C.E.Shannon – W.Weaver, 1949) Così il bagaglio di conoscenze che è a disposizione dell’attore sociale nel suo agire deriva dal sistema di comunicazione disponibile nel sistema sociale. In piena società dell’informazione proprio il sistema di comunicazione è non solo principalmente fondato sui media, come nell’era della società delle comunicazioni di massa, ma basato sulla tecnologia sulla velocità e quantità di informazioni veicolate di mezzi e strumenti a disposizione del comunicare che

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consentono di relazionarsi in contemporanea con più soggetti e più fonti e di unire, combinare, confondere parola scritta e parola parlata. I nostri sensi sono sempre più coinvolti, vista, udito, tatto e addirittura olfatto. I media le tecnologie ad essi associate amplificano l’aspetto emozionale a discapito di quello razionale. Il linguaggio strumento essenziale per l’intelletto umano, è ciò che gli consente di alfabetizzarsi di ampliare le proprie conoscenze, di staccarsi dal coinvolgimento emotivo e di acquisire maggiore coscienza. L’assottigliamento delle distinzioni tra parola scritta e parlata sfuma le definizioni. Così se la parola, si trasforma in un discorso nel quale intonazione, lessico, sintassi e mimica accompagnano le idee che attraverso le parole trovano una rappresentazione. Da questo insieme colei/colui che ascolta in modo rapido e in parte implicito riceve un messaggio che viene quindi elaborato e che da origine ad una reazione, forma un’opinione. La parola scritta lascia il tempo della sedimentazione, scorre solo attraverso l’unione di lessico e sintassi, essa risuona nella mente di ognuno con una intonazione ogni volta diversa.

3. L’incontro fra testo e lettore Il processo di comunicazione si realizza nell'incontro tra testo e lettore; solo in questo confronto tra ciò che dice il testo e ciò che vi legge il lettore, si costruisce il senso di una specifica esperienza di apprendimento.2 I testi sono opportunamente costruiti o messi in codice (encoding) secondo particolari strutture narrative che veicolano alcuni significati, indirizzandone la fruizione secondo una particolare prospettiva. L'incontro tra testo e lettore si configura così, come un rapporto negoziale o di contrattazione tra uno specifico lettore e uno specifico testo. Nel momento della ricezione avviene la costruzione a livello cognitivo - emotivo del significato:soltanto dopo si potrà parlare di possibili effetti che il testo ha prodotto nel suo destinatario. Il significato si costruisce sulla base della chiave interpretativa suggerita dal testo e da quella concretamente utilizzata dal lettore. Una particolare esperienza cognitiva ed emotiva va sempre a unirsi ad altre analoghe possedute dal lettore.

2 In M. Livolsi, Manuale di sociologia della comunicazione, pgg 161-172.

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L'incontro tra testo e lettore è l'incontro tra due strutture narrative: quelle che sono servite (encoding) a costruire il testo e quelle che sono applicate dal lettore (decoding) per interpretarlo Stuart Hall parla di 3 possibili esiti dell'incontro tra un testo e i suoi lettori 1. Convergenza Totale 2. Lettura contraria o antagonista 3. Incontro di tipo negoziale John Fiske sottolinea che la lettura avviene a tre livelli 1. Ogni testo viene interpretato sulla base dei contenuti come si offrono al lettore 2. Si approfondisce l'aspetto connotativo di ciò che si vede, legge 3. Dove giocano le dimensioni nascoste di tipo ideologico-politico-simbolico La sociologia della comunicazione individua varie fasi dell'approccio del lettore al testo: • attenzione-interesse ( un titolo, un'immagine, un verso) • coinvolgimento (quando il lettore è attratto da ciò che dice il testo) • riconoscimento di rilevanza (legittimazione del coinvolgimento nel senso che lo giustifica culturalmente e socialmente) • comprensione (applicazione di schemi cognitivi semplici) • interpretazione (la conoscenza come processo cognitivo) • accettazione-resistenza (i significati si confrontano con i valori) • valutazione (si esprime l'apprezzamento per quanto si è letto)

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CAPITOLO 2

1. Quale comunicazione: alcune definizioni.

1.1. Comunicazione di massa La definizione elaborata da Thompson nel 1998 recita che: “La comunicazione di massa è la produzione istituzionalizzata e la diffusione generalizzata di merci simboliche attraverso la fissione e la trasmissione di informazioni e contenuti simbolici.” Si tratta dunque della diffusione di messaggi mediali e si fa riferimento quindi anche alle tecniche utilizzate per la diffusione degli stessi. Fausto Colombo (1994)3 distingue tra tecnologie di trasmissione, di rappresentazione, di riproduzione. Le tecnologie di trasmissione sono quelle che annullano – o comunque riducono decisamente- la distanza spaziale. Le tecnologie di rappresentazione sono quelle che forniscono rappresentazioni parziali del reale. In pratica cinema, fotografia, televisione. Queste assolvono ala funzione di attivare la nascita di nuove competenze tecniche, nuove organizzazioni professionali, nuove forme artistico-culturali. Le tecnologie di riproduzione sono quelle che permettono la riproduzione in serie di infiniti prodotti culturali. Tab. 1 (da M. Sorice pag. 93)

Caratteristiche della comunicazione di massa caratteristiche peculiarità Tecnologie per la produzione e la diffusione dei prodotti mediali

Tecnologie di trasmissione Tecnologie di rappresentazione Tecnologie di riproduzione Esistenza di un’industria dei media Mercificazione delle forme simboliche Valore simbolico e valore economico Produzione dematerializzata Esistenza di un mercato dei prodotti simbolici Separazione strutturale fra la produzione delle forme simboliche e la loro ricezione

3 In M. Sorice pag 88 -89

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Feedback mediatico Decodifica anticipatoria Routines produttive standardizzate Studi sull’audience Asimmetria del rapporto

produttore/consumetore senza forme di passivizzazione dei fruitori

Estesa accessibilità delle forme simboliche nello spazio e nel tempo

Distanziazione spazio - temporale Despazializzazione della simultaneità Implicazioni sul concetto di opinione pubblica Circolazione pubblica delle forme simboliche Prodotti accessibili a diversi destinatari purché

in possesso delle capacità tecniche e culturali per utilizzarli

Diverso ruolo delle nuove tecnologie

1.2. Comunicazione pubblica Abbiamo assistito negli anni ad eventi organizzati da amministrazioni pubbliche nei quali, magari con grave ritardo rispetto agli obblighi previsti dalle normative o agli impegni presi in sede di campagna o programmatica, si annunciavano l’attivazione di servizi o l’apertura di uffici o infrastrutture. Perché tanto entusiasmo da parte del vertice di un’amministrazione pubblica? Si tratta davvero di una scelta di comunicazione solo istituzionale? si tratta di un messaggio di natura sia politica sia istituzionale, perché sono gli effetti e gli obiettivi di questo atto comunicativo a essere, al contempo, politici e istituzionali. La comunicazione pianificata e realizzata da un’istituzione, i cui vertici siano eletti direttamente dai cittadini – o nominati secondo qualche mecca-nismo tra gli eletti – non può non avere anche effetti politici. Così, per portare altri esempi di comunicazione border line, “se un comune, attraverso una campagna pubblicitaria, oppure con una conferenza stampa, comunica il potenziamento dell’offerta di alcuni servizi ai cittadini in un determinato settore di attività, gli effetti di tale comunicazione di carattere istituzionale potranno essere il miglioramento dell’immagine dell’istituzione tra i cittadini, o la conoscenza dei nuovi servizi offerti, oppure ancora la percezione di un’istituzione più attenta e pronta a rispondere alle esigenze e ai bisogni dei cittadini. Ma accanto a tali effetti “istituzionali” ve ne saranno degli altri che si possono annoverare tra gli effetti “politici” della comunicazione istituzionale: il miglioramento dell’immagine di sindaco e giunta o la crescita di consenso dei

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cittadini verso questi sono solo i più evidenti”4. È nostra convinzione, e non è la prima volta che la rendiamo nota, che, facce della stessa medaglia, comunicazione politica e comunicazione istituzionale siano due ambiti che difficilmente e solo ingenuamente possano essere considerati separati l’uno dall’altro. In particolare, parlando di comunicazione istituzionale, possiamo riconoscere almeno tre gradi d’intensità del rapporto di questa con la comunicazione politica: la comunicazione istituzionale pura; la comunicazione istituzionale prevalentemente istituzionale; e la comunicazione istituzionale prevalentemente politica. Al primo tipo appartengono le strategie e le azioni che hanno per obiettivo l’immagine e la percezione dell’ente nel suo complesso, in quanto organizzazione pubblica che nasce per soddisfare alcuni bisogni dei cittadini e per intercettarne di nuovi. A questo scopo l’Ufficio Relazioni con il Pubblico e l’Ufficio Stampa istituzionale possono contribuire con straordinaria utilità, qualora gestiti e impostati su binari strategici di lungo periodo e privati di altre funzioni, più propriamente politiche, che non dovrebbero essere assolte da essi. Se un ente comunica di aver intrapreso o concluso un percorso legislativo o regolamentare per affrontare, migliorare, modificare le modalità di erogazione di un servizio, soddisfare nuovi bisogni della società e dei cittadini, risolvere problematiche specifiche in seno a singoli settori di attività, possiamo ancora parlare di comunicazione prevalentemente istituzionale, anche se, è evidente, tali provvedimenti non potranno non avere una ricaduta anche sul piano politico. Ovvero contribuire all’immagine e alla percezione, positiva o negativa che sia, dell’ente ma anche di chi, in quel momento, rappresenta i cittadini, assumendosi responsabilità politiche. Il terzo tipo, infine, può essere considerato una sottospecie del secondo, laddove, per volontà del vertice dell’amministrazione o per iniziativa dei mass media, l’elemento politico, le ricadute che in termini di consenso, legittimazione, posizionamento del vertice stesso sono superiori a quelle a vantaggio dell’organizzazione pubblica. In questo ambito dobbiamo annoverare anche il ruolo giocato dall’ambiguità che caratterizza di diritto e di prassi la figura del Portavoce. È la stessa legge 150/2000, infatti, ad attribuire compiti di tipo politico-istituzionale, senza specificare le modalità di espletazione degli stessi, ma limitandosi unicamente a individuare nel rapporto tra l’organo di vertice dell’amministrazione e la figura del Portavoce un rapporto di tipo fiduciario, più propriamente politico che istituzionale.

4 L.Gaudiano-F.Pira, ib., pag.19

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1.3. Comunicazione politica Parlando di comunicazione politica, sono gli stessi addetti ai lavori che, talora, dimenticano le sue origini. Come (ma anche dove, quando, perché) nasce la comunicazione politica? La causa prima risiede nella necessità di poter contare sulla legittimazione del potere politico, la quale provenga da parte di un consenso umano, di qualsiasi tipo e in qualsiasi forma sia previsto che questo sia espresso. Solo il monarca assoluto non deve ricercare tra gli uomini il consenso al suo potere totale, in quanto diretta emanazione di Dio. Eppure, non si dimentichi che, per certi aspetti, persino principi e re presenti al Congresso di Vienna (1814-1815), direttore d’orchestra l’ottimo Metternich, mettendo per iscritto la divina legittimazione dei sovrani europei vincitori su Napoleone, finiscono col compiere un atto di comunicazione: se non altro, si trovano costretti o sentono l’esigenza di dover dare conto e giustificare le origini del loro potere, fatto questo prima assolutamente non dovuto. In Occidente la comunicazione politica trova convenzionalmente origine nella ‘democratica’ Atene del V-IV Secolo a.C. L’Atene di Socrate e di Platone. Ma, soprattutto, l’Atene dei grandi maestri di retorica della scuola dei Sofisti. Il mondo romano, poi, fornisce altri esempi di proto-comunicazione politica, durante il periodo della Repubblica, quando il governo era retto anche da magistrati eletti dai cittadini. È un periodo anche di guerre civili ma “la lotta per il potere non si traduce solamente in scontri armati tra le varie fazioni, ma anche e soprattutto in una straordinaria intensificazione di attività politiche. In quegli anni le tecniche di seduzione e di manipolazione dell’elettorato si sviluppano considerevolmente fino a divenire strumenti indispensabili della conquista del potere”5. La testimonianza dei documenti conservatisi fino ad oggi fa pensare che proprio le numerose elezioni, a Roma, come nelle province periferiche, abbiano spinto all’elaborazione di sofisticate tecniche di comunicazione delle campagne elettorali, miscelando le regole della retorica e della dialettica di origine greca alle arti della persuasione di tipo clientelare, più consone alla tradizione romana. L’esempio romano è diventato paradigmatico anche per le campagne elettorali di molti secoli dopo. Alcuni termini entrati nell’uso nell’epoca moderna risalgono a quell’esperienza, come candidato, nome dato al pretendente alle cariche pubbliche che durante la campagna elettorale si rivestiva di una toga bianca come segno di riconoscimento; e comizio, riunione del popolo attorno ad un oratore che espone le sue posizioni e cerca di convincere l’uditorio. Il Piccolo manuale della campagna elettorale, scritto in forma di lettera dal fratello a Cicerone che si presentava

5 Chesnais, 1995, pp.120-121

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candidato, è una piccola summa di consigli e suggerimenti di come convincere gli elettori, che anticipa le tecniche di marketing politico messe a punto dagli esperti di comunicazione del XX secolo. Non traggano in inganno gli esempi di questo breve excursus storico nell’antichità: non è necessario che esista un qualche sistema elettivo (e quindi un qualche sistema elettorale) perché si sviluppino arte, tecniche e tecnologie di comunicazione politica. Oggi, vivendo e amando i sistemi democratici, in cui le cariche delle istituzioni più importanti sono pubbliche ed elettive – e lo sono a suffragio universale maschile e femminile – siamo tutti propensi ad attribuire alle forme comunicative delle dittature o di altri sistemi in cui il consenso politico non sia espresso con libere elezioni, la sottospecie comunicativa della propaganda. Una sorta di degenerazione, questa, che ridurrebbe la comunicazione, anche etimologicamente legata all’atto del mettere in comune, a un’unica direzione con un unico verso possibile: una fonte veicola alla moltitudine dei destinatari il suo messaggio, essendo bandita e perseguita la diffusione di qualsiasi messaggio alternativo, in concorrenza con quello dell’unica fonte a cui il sistema riconosce di potersi esprimere – sia essa una persona, una famiglia, un’oligarchia, un partito unico, ecc. Ma quanta propaganda esiste e persiste anche nei sistemi democratici? Quanti sono i leader politici che adottano strategie comunicative unidirezionali, volte solo alla conservazione del consenso e non alla soddisfazione di esigenze e istanze dei cittadini? È evidente che, magari marginalmente, ma la propaganda continua a esistere. Né per questo si sostiene che viviamo in regimi poco o per niente democratici. Questo prova che la comunicazione politica, in tutte le sue forme, vive in tutti quei regimi democratici e non in cui, in ultima analisi, chi governa e chi legifera (e talora anche chi giudica) deve fare i conti con il consenso degli uomini, anche se non liberamente espresso, e non con quello di Dio. Ciò che differenzia la comunicazione politica in democrazia da quella di altri sistemi più o meno totalitari è un aspetto che potremmo definire ‘sistemico’: la libertà di espressione e di associazione dei cittadini, costituzionalmente garantite e promosse6. Il principio democratico della libertà di espressione, d’opinione e di associazione crea le premesse per l’affermazione di uno spazio della politica e, quindi, della comunicazione politica – ma quella non può ridursi a questa – in cui esiste una

6 L’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana recita ai primi due comma: “Tutti hanno

diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

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moltitudine di soggetti (candidati, partiti, movimenti, liste, leghe, ecc) che competono per la conquista del consenso dei cittadini; un ampio panorama di strumenti e mezzi di comunicazione (non solo di massa), che si differenzia per tipologia di forme, contenuti e di pubblici di riferimento; e, infine, ultimi ma non gli ultimi, i cittadini, liberi di diffondere le proprie idee, chiamati a esprimere la loro preferenza tra i vari soggetti politici, che liberamente decidono da chi debbano essere rappresentati nelle istituzioni. In questo senso, il più grande laboratorio della comunicazione politica moderna sono stati gli Stati Uniti, Paese in cui la stabilità delle istituzioni democratiche e l’ampia libertà goduta dal sistema dell’informazione e della comunicazione hanno senza dubbio giovato allo sviluppo interno e poi all’esportazione di modelli complessi ed avanzati di comunicazione politica. “Mentre – infatti – nel vecchio continente imperversava il fascismo e si consolidava lo stalinismo, negli Stati Uniti si celebrava il connubio tra pubblicità, marketing, informazione, sondaggi d’opinione, nel grande gioco della politica e delle campagne elettorali”7. Così si spiega perché la comunicazione politica, quale area di ricerca e disciplina di insegnamento, sia nata negli Stati Uniti, prima che nel Vecchio Continente. La diffusione del mezzo della televisione, negli anni Cinquanta e Sessanta, è riuscita a imprimere una fortissima accelerazione allo sviluppo della comunicazione politica, così come degli studi su questi e sull’influenza che questa esercita sui modelli di relazione tra sistemi dei media e sistemi della politica nei paesi democratici occidentali. Più di recente l’introduzione e la diffusione delle nuove tecnologie hanno dato un’ulteriore spinta alla definizione di nuove forme e modalità di comunicazione politica e all’elaborazione di nuovi modelli di analisi. La comunicazione politica, pertanto, oggi più che mai, svolge certamente un ruolo cruciale nell’agorà contemporanea.

1.3.1. L’ambito disciplinare La comunicazione politica è uno degli ambiti disciplinari più ricchi di letteratura accademica e divulgativa. Si sono cimentati in analisi con approcci e obiettivi molto diversi studiosi di psicologia, sociologia, semiologia, scienza della politica, statistica, linguistica e neuro-linguistica, marketing, ecc. Prima di sostenere che si tratta del più classico degli ambiti in cui la ricerca può avvalersi di un atteggiamento multidisciplinare – ça va sans dire – vale la pena di chiedersi che cosa sia la comunicazione politica. 7 Mazzoleni, 1998, pag.19

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Non8 essendoci, infatti, una definizione univoca di cosa sia la comunicazione, così come essendo difficile pensare la politica come ad un ambito chiuso e circoscritto, ognuno coltiva la propria idea dell’oggetto cui l’espressione “comunicazione politica” si riferisce. Probabilmente molti focalizzeranno maggiormente l’attenzione sul momento elettorale, altri sugli aspetti mediatici, altri sul linguaggio dei politici, altri ancora sull’immagine del singolo leader. Così il tentativo di racchiudere il concetto di comunicazione politica entro rigidi confini definitori sembrerebbe, oggi più che in passato, un mero e riduttivo esercizio scolastico. Anche dai più recenti e preziosi contributi in materia si evince che non si può indicare con precisione dove finisca la comunicazione politica e dove, invece, ad esempio, abbiano principio altri ambiti di studio che con essa vanno necessariamente a intersecarsi, come la comunicazione pubblica e la comunicazione sociale. Non fosse altro che la fonte dei messaggi politici, istituzionali, di pubblica utilità o sociali, così come i canali e i destinatari degli stessi, spesso, in ultima analisi, finiscano col coincidere. L’approccio9 che anche altri hanno voluto utilizzare – e che condividiamo – è di procedere in un percorso di analisi dei diversi momenti, dei differenti luoghi, delle svariate modalità in cui la politica è comunicata, nonché dei tanti e vari attori che contribuiscono a comunicare la politica. Non è, dunque, un caso se, al pari proprio della comunicazione pubblica o sociale, la comunicazione politica sia considerata pressoché unanimemente un campo complesso di studio, sul quale finiscono per convergere più contributi disciplinari, nessuno dei quali in grado, peraltro, di spiegare fino in fondo da solo l’insieme di tutti i meccanismi e delle le variabili che in esso intervengono.

1.4. Comunicazione sociale Cosa significa oggi comunicazione sociale? Riprendendo la definizione di Mancini, che individua all’interno della comunicazione sociale la comunicazione di pubblico servizio, la comunicazione sociale propriamente intesa e la comunicazione delle responsabilità sociali10; appare evidente, oggi più che mai, come la comunicazione sociale esprima la sua funzione in molti dei processi in cui si esercita il “diritto di cittadinanza”. La comunicazione in ambito sociale, assume più di ogni altro tipo di comunicazione un valore etico. Per sua stessa definizione essa si realizza 8 L.Gaudiano-F.Pira, 2003, pagg. 15-16 9 ibidem 10P. Mancini pag. XIV.

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nella rappresentazione di valori, nello stimolare ad agire in funzione di essi o semplicemente promuovendo nell’interlocutore l’adesione ad essi. In questo senso assolve una funzione strategica perché deve essere capace di operare in una prospettiva di crescita della società nel suo insieme, deve stimolare l’interlocutore affinché si senta parte della comunità, e avverta la comunità intorno a sé e allo stesso attivi comportamenti solidali nei confronti degli altri.11 La comunicazione sociale è questo ma non solo, in società sempre più conflittuali caratterizzate da un senso di incertezza molto profondo è attraverso di essa che si deve essere in grado di dare risposte concrete a coloro che in qualche modo si sentono o sono fuori dalla società “i profughi” come li definisce Hugues Lagrange: “Diventare un profugo significa perdere i mezzi sui quali si basa l’esistenza sociale, cioè un insieme ordinario di cose persone con un loro significato: terra, casa, villaggio, città, genitori, beni occupazioni e altri punti di riferimento della quotidianità”. In questo senso l’oggetto del comunicare è rappresentato dall’idea, dal sistema di valori che può declinarsi in azioni, comportamenti e servizi.12. comunicare ha una rilevanza centrale, il diritto all’informazione, inteso in una triplice accezione di diritto di informare, di informarsi e di essere informato, ma anche come espressione del diritto di cittadinanza, ossia come partecipazione consapevole al processo decisionale pubblico. In particolare il diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa ha contribuito in maniera significativa alla crescita della consapevolezza dei cittadini e del diritto ad informarsi. C’è dunque uno stretto rapporto tra sviluppo sociale e formalizzazione giuridica, tant’è vero che il diritto all’informazione è stato legittimato giuridicamente grazie alla diffusione dei media. Infatti, è possibile individuare i principi costituzionali che sono alla base di questo diritto, ossia: l’inviolabilità dei diritti, la democrazia, l’uguaglianza formale sostanziale tra i cittadini, la partecipazione alla vita democratica, il diritto al voto. Mentre il diritto ad essere informati non ha trovato in Italia13 una sua legittimazione in una norma specifica, ciò ha ritardato lo sviluppo e la diffusione della comunicazione pubblica e quindi di quella sociale. Sarà illustrato più avanti come le Istituzioni

11 F. Pira, Come comunicare il sociale, 2005 12 F.Pira, Come comunicare il sociale 13A differenza delle altre nazioni europee, dove invece tale diritto è tutelato costituzionalmente.

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hanno via via scoperto l’importanza della comunicazione e soprattutto della riflessione sulla stessa. Conviene a questo riguardo ricordare come l’inizio del dibattito sulla comunicazione di pubblica utilità è da far risalire agli inizi degli anni ’80, con lo sviluppo del servizio radiotelevisivo che anticipò, in qualche modo, quello successivo sulla comunicazione dell’istituzione pubblica. Lo sviluppo dei canali di comunicazione commerciali incrementò in modo significativo l’offerta e di conseguenza la domanda di comunicazione. Inoltre si assistette ad una evoluzione del clima politico e culturale, con il riconoscimento della positività del ruolo del sistema delle imprese e l’emergere di una maggiore attenzione socio-culturale incentrata sui bisogni dell’individuo. Di conseguenza aumentò la produzione di comunicazione, sostenuta in proporzioni sempre più rilevanti dalle entrate pubblicitarie. Questo il quadro generale che diede l’impulso alla nascita del dibattito sulla modalità di riformulare il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini; non ultima in ordine di importanza, nel promuovere tale dibattito, la volontà politica di fornire aiuti al sistema dei mezzi di comunicazione di massa.

1.4.1. Gli attori della comunicazione sociale La comunicazione sociale viene svolta da vari soggetti, che pur veicolando analoghi messaggi, si prefiggono però differenti scopi e finalità14. E’ certamente un ambito eterogeneo, che vede coinvolte sia le istituzioni pubbliche, semipubbliche che quelle private in un processo di valorizzazione della comunicazione sociale rispetto agli ambiti di applicazione e agli strumenti utilizzabili. Tra questi includiamo gli enti pubblici, le associazioni no profit, le imprese.

Gli Enti Pubblici: offrono dei servizi che possiamo definire universali, cioè godibili da tutti i cittadini e in questo senso l’universalità del servizio assume una dimensione sociale che investe la Pubblica Amministrazione di un ruolo fondamentale15. I cittadini si relazionano con gli Enti pubblici in quanto fruitori di servizi. La caratteristica fondamentale di queste Istituzioni è la loro dimensione pubblica. Da questo punto di vista si può sostenere che la cultura di un’organizzazione si presenta come il frutto di un processo di interazione sociale in cui entrano a far parte diversi protagonisti: la cittadinanza, l’ente 14 F. Pira, 1997, pag. 96. 15P. Mancini 2002, pag. 42.

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stesso, ma anche altri interlocutori che sfruttano il rapporto di fiducia tra cittadino e istituzione. Ecco perché molto spesso le campagne sociali sono sponsorizzate da Enti pubblici come Comuni, Province, o Assessorati16. Ciò vuol dire che la sfera dei diritti riconosciuti si amplia sempre di più, andando a ricomprendere nuove tutele quali: la salute, i diritti dei minori e degli anziani, il diritto dei disabili a partecipare alla vita sociale, il diritto all’identità sessuale e personale. Tutti temi che rientrano nella sfera sociale e che testimoniano il crescere della consapevolezza negli Enti pubblici dell’importanza che tale sfera riveste nella vita dei cittadini e della necessità di comunicare su di essi17. E’ bene rilevare che la comunicazione sociale promossa dalle Istituzioni contribuisce a creare una percezione positiva nel cittadino, con un indubbio ritorno d’immagine, che potrebbe tradursi anche in consenso elettorale18. Una conseguenza indiretta e non negativa in senso assoluto, ma che deve essere evidenziata. In Italia lo Stato mantiene ancora un ruolo di primo piano in questo tipo di comunicazione, mentre in gran parte delle altre nazioni occidentali la comunicazione sociale proviene soprattutto da una molteplicità di istituzioni private o semipubbliche, mettendo in luce un possibile ambito di sovrapposizione tra comunicazione sociale e comunicazione politica che dovrebbe essere in ogni caso circoscritto. Le “non profit organizations”, che in Italia vengono definite “onlus” e appartengono al cosiddetto “ Terzo settore”, hanno caratteristiche peculiari che le distinguono dalle altre organizzazioni commerciali. Innanzitutto esse hanno più pubblici, i propri clienti, i finanziatori, gli sponsor. L’espressione giuridica parla di Istituzioni “senza fine di lucro” (sia pubbliche che private) e disegna una mappa ampia e variegata di organizzazioni e imprese non profit19, sia per la forma giuridica, per le fonti di finanziamento utilizzate, per l’organizzazione, che per il tipo di attività svolta e le finalità perseguite. Questi elementi denotano un panorama ricco ma per il quale non è sempre agile individuare delle regole di ordine generale, soprattutto per quanto attiene agli aspetti giuridico economici. Il comune denominatore di queste organizzazioni è il loro carattere non profit. Secondo Kotler, tali organizzazioni producono servizi e 16 Riprendo qui concetti contenuti in “Interventi formativi a sostegno della realizzazione di progetti di comunicazione integrata del Formez”. 17 Ibidem. 18 L. Gaudiano - F. Pira 2004, pag.24. 19 Esiste un ampio spettro di definizioni che riferiscono al mondo del non profit: possiamo parlare di terzo settore, terzo sistema, di terza dimensione o privato sociale. Tutte queste definizioni delineano uno stesso ambito di azione di soggetti caratterizzati da elementi comuni: il carattere privatistico, l’assenza di scopo di lucro, l’erogazione a favore della collettività di attività e servizi.

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non beni di consumo: “servizi intangibili, la loro qualità dipende più dalla capacità e professionalità di chi li fornisce”20. Per questo le organizzazioni non profit sono sottoposte al giudizio del pubblico molto più delle imprese commerciali o industriali. In primo luogo perché trattandosi di un “servizio pubblico”, il giudizio proviene da persone e interlocutori differenti. In secondo luogo il giudizio del pubblico è fondamentale per queste organizzazioni che vengono finanziate dal denaro dei contribuenti o dei cittadini attraverso le donazioni elargite a sostegno della causa promossa dall’organizzazione. Ma se è vero che le organizzazioni non profit si caratterizzano per la produzione di servizi intangibili, è utile cercare di comprendere a quali tipologie di servizi si fa riferimento. Seymour Fine individua diverse tipologie di istituzioni che possono essere definite non – profit organizations: le istituzioni che dispensano servizi medico/sanitari, quelle che forniscono servizi scolastici ed educativi, le istituzioni religiose quelle che forniscono servizi sociali, quelle che dispensano altri servizi di solidarietà ed infine una più ampia categoria di istituzioni che operano nell’arte, nella comunicazione, ecc..21 Ware parla invece di intermediate organizations, ossia di organizzazioni che non sono parte dello Stato e che legalmente hanno natura di istituzioni private, pur non avendo, appunto, scopo di lucro. Infatti, sostiene che molto spesso tali organizzazioni mirano a produrre profitto, essendo fondamentale reinvestire gli utili raccolti grazie al fund raising in altre attività; evidenziando così che spesso la natura del non – profit è ambigua in quanto essa dipende anche dal contesto giuridico – legislativo del paese di appartenenza. In Italia, grazie allo spirito di solidarietà tipico dell’associazionismo cattolico e alla presenza del movimento socialista, si svilupparono numerose associazioni di solidarietà: in particolare al Nord si diffusero moltissime società di “mutuo soccorso”, successivamente trasformate in cooperative di consumo e produzione.22

Nel ventesimo secolo nacquero nuove forme di associazionismo, come le cooperative di consumo, le cooperative di costruzione di abitazioni, ecc. Dall’evoluzione di tali organizzazioni discendono le organizzazioni non profit, o intermediate organizations, associazioni che nascevano dalla spontanea volontà dei cittadini di riunirsi per scopi di reciproca solidarietà, per disporre di servizi, prodotti o attività che le strutture pubbliche non erano in grado di

20 P.Kotler A.R. Andreasen, 1998, pag. 20. 21 Fine fa rientrare il servizio pubblico radio-televisivo in questa categoria. 22 Il movimento cooperativo in Italia si sviluppò in collegamento con i partiti politici, Mancini 1996, pag. 186.

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offrire23. E’ possibile così affermare che, in linea generale, i movimenti, le organizzazioni non profit, i gruppi sociali che intendono sensibilizzare l’opinione pubblica sui valori di cui si fanno portatori, sia che si caratterizzino come canali di trasmissione di comunicazioni provenienti dal tessuto sociale, sia che si organizzino come fonti autonome produttrici di comunicazione sociale, condensano e rendono pubblici processi, tendenze culturali, rendono visibili esigenze ed opinioni, sviluppano una maggiore presa di coscienza da parte della collettività, oltre a stimolare l’assunzione di determinati temi e istanze da parte delle rappresentanze politiche e istituzionali24. 1.5. Comunicazione d’impresa “La comunicazione d’impresa può essere definita come l’insieme dei processi di comunicazione che l’impresa istituisce con l’obiettivo di influire – per modificarli – sugli atteggiamenti del pubblico o dei pubblici dell’impresa stessa.”25 Questo tipo di comunicazione è bidirezionale nel senso che l’mpresa comunica con il suo pubblico, ma anche il pubblico comunica con l’impresa ed essa deve essere pronta a recepire il messaggio che gli viene trasmesso. La responsabilità dal punto di vista strategico spetta innazitutto al management dell’impresa. Sarà il vertice aziendale a definire la pianificazione strategica aziendale, definendone obiettivi, pubblici di riferimento, strumenti e mezzi necessari. In questi ultimi anni la comunicazione d’impresa ha rafforzato il proprio ruolo: da strumento marginale per il supporto dell’immagine aziendale, è infatti diventata un componente indispensabile per la gestione strategica ed operativa dell’impresa. Per le organizzazioni, sempre più spesso concepite come reti di relazioni, diventa sempre più importante comunicare con tutti nodi della rete del valore. E l’impresa trova molte occasioni in cui comunicare con l’esterno. Nelle organizzazioni sono emessi messaggi di tipo molto vario, con finalità e contenuti assai diversi. Oltre ai messaggi verbali, vi è tutta un'ampia gamma di messaggi che convogliano informazioni e “immagini” e che provengono dalla grafica e dal design, dallo stile architettonico e dall'arredamento, dal comportamento dei membri dell'azienda a contatto col pubblico (dai venditori di un grande magazzino agli impiegati di una banca, dai 23 Mancini, 1996. 24 F. Pira 2000 pag 96. 25 Definizione in M. Morelli 1997, pag. 33.

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funzionari dell'ufficio acquisti a quelli della contabilità generale). Infine è necessario considerare anche altre variabili organizzative tre cui lo stile di direzione (…), la cultura d'impresa (Gagliardi 1987), che costituiscono elementi pervasivi, capaci di influenzare profondamente sia il morale aziendale che l'immagine interna ed esterna di un'organizzazione.26

2. Comunicazione autoprodotta e eteroprodotta La distinzione tra comunicazione autoprodotta e eteroprodotta è di particolare rilievo nella comprensione della tipologia di messaggi sia in funzione delle finalità perseguite che del pubblico di destinatari. Si fa riferimento alla comunicazione autoprodotta quando è l’organizzazione stessa ha il controllo della sua comunicazione, è essa che definisce i contenuti che la caratterizzano, i canali attraverso i quali viene veicolata ed è anche la principale responsabile del modo in cui viene percepita. Si parla invece di comunicazione eteroprodotta quando i messaggi derivano dal sistema dei media, da altre organizzazioni più o meno concorrenti e l’insieme dei fatti e degli eventi che riguardano una determinata istituzione e che sono di dominio pubblico. Il mercato della comunicazione ha determinato un’accentuata competizione tra comunicazione etero e autoprodotta: è aumentato il numero e dunque l’etergeneità dei messaggi in circolazione.27

3. Comunicazione integrata Si è detto nel parag. 1.2. che la comunicazione è un processo, che è bidirezionale e rappresenta un processo circolare (vedi fig. 2) perché costringe ad individuare nei processi organizzativi i momenti di relazione, di confronto che aiutano a programmare ed agire in modo più efficace e ad andare a verificare gli esiti in modo da avere a disposizione informazioni che aiutino a migliorare l’azione. E’ dunque necessario individuare momenti di comunicazione e di confronto con i diversi attori, anche con l’adozione di strumenti diversi. Chi sono gli attori della comunicazione, se facciamo riferimento alle diverse

26 In Materiale didattico Dip. Di Scienze Economiche pag. 4. 27 Definizione in P. Mancini (1996), pagg 121-122.

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tipologie di comunicazione di cui si è data sintetica definizione? Sono attori e pubblici di riferimento in funzione degli obiettivi che la comunicazione persegue. Una prima distinzione può avvenire tra pubblici esterni e pubblici interni che sono associati alle due grandi macro categorie della comunicazione esterna e della comunicazioni interna. Per quanto riguarda il pubblico esterno si fa riferimento ai cosiddetti stakeholders (portatori d’interesse). I gruppi varieranno in funzione del tipo di organizzazione. Se parliamo d’impresa includiamo tra gli altri, azionisti, piccoli risparmiatori, clienti e potenziali clienti, fornitori, sindacati, associazioni di categoria ecc. Mentre se si fa riferimento alla Pubblica Amministrazione e alle Istituzioni parleremo, di cittadini, imprese, associazioni di categoria, ecc. I pubblici interni sono naturalmente i membri dell’organizzazione, dipendenti, manager, dirigenti e tutti coloro che possono essere strettamente connessi all’organizzazione (come ad esempio reti commerciali esterne, consulenti, agenzie di pubblicità, agenzie pr ecc) E’ chiaro che in una visione strategica della comunicazione l’organizzazione utilizzare tipologie di comunicazione diversa in funzione sia degli obiettivi che del pubblico di riferimento. Sia che comunichi verso l’esterno e instauri una relazione con gli stakeholders; sia che comunichi verso l’interno con l’obiettivo di creare un clima positivo la condivisione degli obiettivi e dei risultati, la comunicazione deve mantenere in moto il “circolo virtuoso” che attraverso l’ascolto e la discussione dei risultati porta al miglioramento dell’azione. Fig. 2 Il “circolo virtuoso” della comunicazione (F. Pira)

Da quanto sopra esposto risulta chiaro che in una visione strategica della comunicazione e fondamentale che i diversi obiettivi siano inseriti in una

Pubblici

Pianificazione

Azione

Ascolto

Misurazione Pubblici

Pianificazione

Azione

Ascolto

Misurazione

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dimensione integrata per la promozione dell’immagine dell’organizzazione. Questa dimensione trova la sua sintesi attraverso il processo di elaborazione del piano di comunicazione integrata, che declina gli obiettivi strategici dell’organizzazione in obiettivi strategici di comunicazione, in linea con i primi ma distinti perché finalizzati a stabilire una relazione con i pubblici di riferimento. Il piano di comunicazione diviene dunque un processo e un metodo di lavoro costituito da fasi diverse che coinvolgono l’organizzazione a tutti i livelli con ruoli e tempi diversi. Il metodo di redazione del piano di comunicazione individua sette passaggi fondamentali: • l’analisi dello scenario; • l’individuazione degli obiettivi di comunicazione; • l’individuazione dei pubblici di riferimento; • le scelte strategiche; • le scelte di contenuto; • l’individuazione delle azioni e degli strumenti di comunicazione; • la misurazione dei risultati. E’ evidente che gli passaggi procedurali sono strettamente collegati agli obiettivi dell’organizzazione. Il piano di comunicazione infatti è inteso come lo strumento di pianificazione della comunicazione rispetto alle strategia dell’organizzazione. Da ciò deriva che la conoscenza puntuale e approfondita di tali obiettivi e condizione sine qua non per affrontare correttamente il percorso di redazione e in particolare la fase di analisi propedeutica alla definizione degli obiettivi strategici di comunicazione.

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CAPITOLO 3

1. Comunicazione above the line e below the line Gli strumenti del mondo della comunicazione sono definiti come mezzi above the line e below the line. I primi includono i cosiddetti mezzi indiretti, che agiscono sull’opinione pubblica. Fanno parte di questi la pubblicità (cartacea, televisiva e radiofonica), le affissioni, le relazioni con la stampa, le relazioni pubbliche e le sponsorizzazioni. Nella seconda categoria rientrano invece gli strumenti diretti come le brochure, gli house organ e le newsletter, le fiere, i convegni, seminari, eventi e merchandising. La comunicazione on line invece cd, dvd e internet va collocata a cavallo tra le due. E’ evidente che ciascuno strumento è efficace in funzione di un pubblico definito è dunque necessario individuare un insieme di strumenti, di qui la definizione di comunicazione integrata.

2. I principali strumenti della comunicazione esterna

2.1. Pubblicità Quando parliamo di pubblicità facciamo riferimento ai media sui quali i messaggi pubblicitari vengono veicolati: tv, radio, carta stampata, affissioni, internet. La costruzione del messaggio varia in funzione del mezzo e ha regole precise tecniche e di codice linguistico che però partono tutte da un’analisi strategica del messaggio che unisce marca, immagine prodotto, messaggio (testo, suoni ecc) Cosa si intende con analisi strategica della costruzione del messaggio? Come sostiene P. Kotler, guru indiscusso del marketing, “ le migliori pubblicità non sono solo creative, vendono...Lo scopo della pubblicità non è esporre i fatti riguardanti un prodotto, ma vendere una soluzione o un sogno.”

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La pubblicità deve attrarre, deve stimolare il ricordo ed essere gradita al pubblico così da spingere all’acquisto. Certo non basta il sogno, il rapporto tra emittente del messaggio e destinatario in un mercato iper concorrenziale e sempre più evoluto, deve creare una relazione la più duratura possibile nel tempo. Per questo non basta solo promettere o stimolare il sogno. Il messaggio deve essere veritiero per creare un rapporto di fiducia con il consumatore. Ancora Kotler28 definisce alcuni criteri base per concepire un buon messaggio pubblicitario secondo la regole delle cinque M. Missione: l’annuncio pubblicitario può avere una di queste quattro missioni, informare, persuadere, far ricordare o rafforzare una decisione di acquisto. Messaggio: deve comunicare il valore peculiare della marca tramite parole e immagini. Qualunque messaggio dovrebbe essere valutato dal pubblico obiettivo ricorrendo a una serie di sei domande:

• Qual’è il messaggio principale che ricavate da questo annuncio? • Che cosa pensate che l’inserzionista abbia intenzione di farvi sapere,

credere o fare? • In che misura è probabile che questo annuncio vi influenzerà nel

compiere l’azione suggerita? • Come vi fa sentire l’annuncio? • Che cosa funziona bene nell’annuncio e che cosa è scarsamente

efficace? • Qual’è il posto migliore perché vi raggiunga, dove lo notereste e

prestereste attenzione con maggiore probabilità? Media: devono essere scelti in base alla loro capacità di raggiungere il mercato obiettivo nel modo più efficace in rapporto ai costi. Mezzi finanziari: Il budget pubblicitario si calcola stabilendo il costo della copertura, della frequenza e dell’impatto. Misurazione: le campagne pubblicitarie richiedono una premisurazione e una postmisurazione. L’efficacia comunicativa dei modelli pubblicitari dimostrativi può essere verificata misurando il ricordo, il riconoscimento o la persuasione. Si cerca così di calcolare l’impatto comunicativo o l’impatto sulle vendite della campagna pubblicitaria

28 In il Marketing secondo Kotler, 2003, pgg 158-165.

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2.2. Pubbliche Relazioni Al congresso mondiale delle RP del 2003 fu redatto un documenti finale meglio conosciuto come “il Manifesto di Bled” 29con il quale si è inteso dare sintesi alla discussione sulla definizione e gli ambiti di attività delle Pubbliche Relazioni: Il concetto di PR viene cosi definito come: “la funzione professionale del management che promuove o mantiene relazioni tra un’organizzazione e i suoi pubblici di riferimento”. In sostanza le pubbliche relazioni hanno il compito di far conoscere l’organizzazione e di creare consenso e sono rivolte all’opinione pubblica e ai portatori d’interesse. Si tratta dunque di un’insieme di attività tese a sostenere l’immagine dell’organizzazione e del suo brand o quello di gestire al meglio gli stati di crisi del rapporto dell’organizzazione con la collettività o con particolari pubblici di riferimento. In definitiva si parla di instaurare un dialogo con gli stakeholders, gli opinion leaders, gli opinion makers e i pubblici di riferimento. A tale scopo sono utilizzati una serie di strumenti che Kotler definisce PENCILS30: Pubblicazioni (publications) Eventi (events) Notizie (news) Attività sociali (community affairs) Simboli d’identità (identity media) Lobbying (lobbying) Responsabilità sociale (social responsability)

1.3. Ufficio stampa Tra i compiti dell’ufficio stampa sono da evidenziare in particolare: • intraprendere consolidare e migliorare i rapporti dell’ente o organizzazione con testate e giornalisti; veicolare, attraverso i mass media, tutte le informazioni strategicamente rilevanti; • gestire le informazioni e guidare i mass media e gli opinion leader nella

29 In Relazioni Pubbliche A Zanacchi, 2004, pag 51. 30 Ibidem

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costruzione della notizia al fine di porre l’azione e/o i servizi offerti sotto una luce positiva; • prevenire e gestire le situazioni che possono generare discontinuità nei comportamenti o insoddisfazione nel pubblico;

In particolare il rapporto con la stampa è il compito fondamentale senza il quale l’ufficio stampa non assolve alla sua funzione. Per quanto riguarda il rapporto con il giornalista,31 si deve cercare di stabilire una relazione professionale duratura ed equilibrata che favorisca il lavoro di quest’ultimo e agevoli la veicolazione della notizia. Si dovranno comunicare notizie vere che ricoprano un reale interesse per il pubblico dei media, ovvero avere caratteristiche di notiziabilità. Dovranno essere verificate le fonti, la loro attendibilità e la veridicità dell’informazione, agevolando in questo modo il lavoro del giornalista. Si dovrà poi prestare attenzione ai tempi di diffusione dei comunicati stampa in modo che coincidano con i tempi di lavorazione delle notizie da parte della redazione. Strategicità dell’informazione. Questo è un altro elemento centrale che riguarda, non solo la strategia definita, le informazioni che devono o non devono essere diffuse, ma anche il modo di costruire il messaggio che, in linea generale, dovrebbe corrispondere alla definizione efficacemente utilizzata da Kotler: 32 “Il messaggio deve innanzitutto dire qualcosa di desiderabile, o di interessante, sul prodotto o sul comportamento; ma questo, di per sé, non è sufficiente in quanto molti concorrenti potrebbero fare un’affermazione simile. Il messaggio deve perciò anche dire qualcosa di esclusivo o distintivo che non sia adattabile a ogni alternativa. Infine deve essere credibile o dimostrabile.” Prevenire e gestire le situazioni di crisi rappresenta un’altra funzione centrale. Si possono ipotizzare diverse situazioni nelle quali l’ufficio stampa può trovarsi a gestire una situazione di emergenza o prevenire un problema, facciamo qualche esempio: • l’obiettivo prefissato e annunciato non è stato raggiunto; • i media non hanno veicolato adeguatamente la notizia;

31 F. Pira , 2002, pag. 13 - 14. 32 P. Kotler A. R. Andreasen, 1998, pag 572.

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• il pubblico non disponeva di informazioni sufficienti per recepire correttamente il messaggio;

In ogni caso l’ufficio stampa esercita un ruolo di fondamentale importanza nell’analisi, consultazione e definizione delle strategie con gli organi direttivi e lo staff coinvolto, con l’obiettivo di individuare i possibili correttivi sia sul piano dell’informazione che nei rapporti con i media.

2.4. Comunicare per il web “Le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione costituiscono sempre più il mezzo per scambiare, conservare e creare l’informazione: esse hanno un indiscusso valore economico e sono una determinante della produttività, quindi del processo di creazione e di distribuzione della ricchezza. Il loro contributo non si limita, tuttavia, a questi importanti aspetti, ma si estende anche alla dimensione sociale connessa alle prospettive di una Società dell’Informazione basata sulla conoscenza, sulla qualità della vita, su una maggiore coesione e partecipazione. Chi viene escluso dall’utilizzo di queste tecnologie nella loro capacità di promuovere, ad esempio, le attività di apprendimento, di lavoro o di impiego del tempo libero, subisce un’emarginazione così forte da configurare un segnale di democrazia imperfetta.”33 Lo straordinario cambiamento indotto dalla diffusione del protocollo di trasmissione Internet ha di fatto dato vita ad una vera e propria “rivoluzione digitale” che coinvolge tutti gli strati della società, offrendo un’opportunità unica di acquisizione di informazioni, di crescita culturale e di condivisione della conoscenza. La possibilità di trasformare in forma digitale ogni tipologia di contenuti, la diffusione delle reti di comunicazione elettronica e le innovazioni connesse, rappresentano il nuovo terreno di confronto per ricercare un equilibrio tra la spinta all’innovazione quale motore dello sviluppo e il sostegno all’apprendimento, alla crescita culturale della società. E’ evidente ormai a tutti che proprio la digitalizzazione ha trasformato in modo drastico il concetto base della comunicazione di massa. Internet e il WWW permettono all’utente di ricercare la fonte o le fonti da cui attingere l’informazione, con una possibilità di confronto, di verifica, di approfondimento e una velocità di esecuzione che 33 Pier Luigi Ridolfi, Presidente della Commissione interministeriale Permanente “Legge Stanca sull’accessibilità: un esempio italiano“, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Quaderno 2 – 2004.

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erano fino a pochi anni fa inimmaginabili. Tutto ciò rappresenta un’opportunità imprescindibile per il mondo la società nel suo insieme: istituzioni, associazionismo, imprese e professionisti. Utilizzare l’innovazione tecnologica per avvicinarsi al cittadino/utente/cliente, rendere accessibili informazioni, erogare servizi, dialogare, sono solo i principali aspetti che la “rivoluzione digitale” consente di affrontare in modo interattivo. La piazza elettronica dove gli utenti di tutto il mondo possono incontrarsi semplicemente navigando nella Rete è stata considerata da molti come la possibile traduzione moderna del concetto di sfera pubblica elaborata da Habermas e che coincide, con quello spazio determinato dall’intreccio tra la dimensione dei media e quella relativa ai cittadini. Gli aspetti che, pertanto, la caratterizzano, sono l’offerta del materiale conoscitivo, che coincide con quella costruita dal sistema mediale, e l’interattività tra gli individui. Chi utilizza Internet in modo efficace sarà in grado di adattare, interpretare e confezionare in modo flessibile forme e contenuti della comunicazione, rendendo la Rete uno dei luoghi più vissuti dagli utenti sia per la soddisfazione del desiderio di divertirsi, sia di reperimento di informazioni in tempo (quasi) reale, sia, anche e soprattutto, per ottenere nuove forme e occasioni di partecipazione. Diversi studi, concordano nel definire che le più importanti funzioni associate alla rete sono34: • la funzione di networking, che fa riferimento a una delle caratteristiche più evidenti di Internet, e cioè il suo essere network di networks. Infatti, sfruttando pienamente questo aspetto e altri fattori tra i quali gli elementi dell’economicità, della velocità e dell’assenza dei confini, ad essa strettamente collegate, gli attori ripristinano, trasferendo o creando ex novo, la propria rete di relazione dalla quale deriva la determinazione di un’organizzazione più o meno stabile e centralizzata. In questo modo, Internet sviluppa uno spazio d’interazione tra soggetti e realtà difficilmente collegabili altrimenti, e con modalità e tempi prima inimmaginabili: da un lato, organizzazioni decentralizzate e non gerarchiche; • la funzione informativa e pedagogica, cioè la possibilità di attivare flussi di informazione diretta, bypassando i tradizionali media, consistenti anche in materiale educativo; • la funzione di mobilitazione e reclutamento, attraverso la quale si possono creare occasioni di pressione e si amplia il numero degli aderenti alla 34 Cfr. S.Bentivegna, 2002

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community. Attivare campagne con le quali si chiamano gli utenti a partecipare in maniera attiva, sia con azioni on line che off line rappresenta uno strumento di forte coinvolgimento ed esercita una funzione di reclutamento che crea un rapporto di fidelizzazione e apre al dialogo e all’interazione che dovrà continuare anche aldilà della fase di campagna; • la funzione di partecipazione, ossia la possibilità di sviluppare attività di comunicazione diretta agli utenti, con dibattiti, gruppi di discussione, blog ecc. Da quanto sin qui descritto risulterà chiaro che la comunicazione su web così come ogni altra forma di comunicazione necessita di strategia e metodo. Un buon progetto di comunicazione web si avvale prima di tutto degli strumenti di analisi di contesto il cosiddetto benchmark. Con l’analisi si comprendere il contesto di riferimento, si analizzano le strategie e gli strumenti realizzati dai competitors o da quelle organizzazioni che si occupano di tematiche simili. Il secondo step è la definizione di una strategia: comprendere quali obiettivi si intendono perseguire, per definire gli aspetti tecnologici che ne derivano e in conseguenza le risorse finanziarie e umane necessarie. Il terzo elemento è rappresentato dal “concept design”, fase nella quale le linee guida del marketing, la tecnologia e la creatività trovano sintesi. Un lavoro di team nel quale è fondamentale il contributo professionale di tutti i responsabili coinvolti (responsabili del progetto web dell’organizzazione, web agency, responsabili della comunicazione ecc.) L’ultimo step riguarda il web design che sviluppa la navigazione, l’interattività ed il codice visivo. Su questo ultimo punto conviene soffermarsi sottolineando come, il codice visivo. In sostanza tutto il processo di progettazione deve rispondere alle esigenze dell’utente e rafforzare o creare la relazione, deve in sostanza rispondere alle quattro F35: • FLUSSO. Creare un flusso mentale, una relazione con l’utente;FUNZIONALITÁ. Le informazioni che l’utente cerca devono essere subito e facilmente individuabili;FEEDBACK. Sfruttare al massimo l’interattività per parlare con l’utente per soddisfare le sue esigenze e migliorare il servizio;FIDUCIA. Progettare servizi online-offline;

Ciò comporta progettare un’interfaccia che sia in grado di mediare tra 35 Progettare secondo le quattro F è di fondamentale importanza come sostiene Antonella Porfido – Art Director e consulente multimedia della FAO.

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complessità tecnologica e i diversi livelli di esperienza degli utenti, in grado di indicare dei percorsi e un’interattività logica capace di orientare il navigatore facilitandone il passaggio da un’area di interesse ad un’altra e comunicando così un ambiente coerente e con percorsi ed informazioni “visibili”. Abbiamo parlato di ambiente perché la navigazione deve essere concepita come uno spazio fisico nel quale l’utente possa riconoscersi, dove la tecnologia è a supporto dell’organizzazione dei contenuti e ne garantisce l’adattabilità e la dinamicità.

3. Principali strumenti utilizzati nella comunicazione interna (la comunicazione organizzativa) La comunicazione interna o per meglio dire la comunicazione organizzativa è intesa come “l’insieme dei processi di creazione e di scambio di messaggi e di informazioni all’interno delle diverse reti di relazioni che costituiscono l’essenza dell’organizzazione. Essa coinvolge i membri interni, i collaboratori interni-esterni e tutti i soggetti esterni in qualche modo interessati o “partecipanti” alla vita dell’organizzazione. Essa consente a tali soggetti di essere informati e contribuire ai processi produttivi e decisionali; di conoscere tutta l’organizzazione, le sue attività, le sue politiche e i cambiamenti in corso; di definire condividere la missione, la cultura e i valori dell’organizzazione” (Kreps, 1986; Goldhaber, 1986). Da questa definizione si evince come in una visione evolutiva delle organizzazioni siano esse istituzioni o imprese, protese all’innovazione organizzativa come fattore di miglioramento delle performance e del clima organizzativo la comunicazione diventi fattore strategico. Da essa dipende l’apprendimento organizzativo in base alla quale un’organizzazione apprende quando si modificano le sue strutture cognitive. In questa concezione di condivisione delle conoscenze la comunicazione si impone come elemento cruciale per creare connettività e interazione tra i membri dell’organizzazione. In sintesi si può intendere la comunicazione interna come uno scambio informativo finalizzato al raggiungimento di obiettivi specifici e generali, comunque omologhi al modello organizzativo e gestionale dell’impresa stessa.36

36 M. de Vincetis, pag. 18

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3.1. House organ Le pubblicazioni aziendali rappresentano un importante veicolo di trasmissione d’immagine a tale fine deve essere seguito con particolare attenzione dal management e deve rispondere a tre fondamentali requisiti37: • Essere indirizzato a un solo pubblico omogeneo, esattamente individuato e

del quale si conoscono le motivazioni e gli interessi; • Essere gestito da un comitato redazionale che ne fissi obiettivi e ne

verifichi l’attuazione attraverso un piano editoriale; • Essere realizzato con la collaborazione di persone qualificate all’interno

dell’azienda (ufficio stampa). Si possono individuare tre tipologie di pubblicazioni: • Interne, destinate in modo prevalente ai dipendenti; • Esterne, destinate al pubblico in generale o pubblici speciali (es: colors o

no limits) • Miste, che si indirizzano ad entrambi. I contenuti nel primo caso si incentreranno su temi legati alle politiche aziendali, i risultati di periodo, modifiche della struttura organizzativa o messaggi tesi ad aumentare il livello di condivisione degli obiettivi e delle scelte. Nella seconda tipologia invece prevarranno contenuti di tipo commerciale e una linea editoriale tesa a catturare pubblici speciali e fidelizzarli (opinion leaders). Nel terzo caso si tratterà di una combinazione di contenuti. In una logica di sviluppo organizzativo la pubblicazione aziendale non è più lo strumento di comunicazione top down. Deve esserci coerenza tra comunicazione esterna e interna, integrazione, e l’house organ diventa strumento d’informazione circolare che coinvolge tutti i collaboratori dell’organizzazione, creando interazione e responsabilità diffusa.

3.2. Newsletter

La newsletter rapresenta uno strumento più agile rispetto all’house organ si utilizza per inviare comunicazioni e informazioni a pubblici definiti come i 37 M. de Vincentis, pag 53.

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dipendenti, il management, le reti vendita, o i collaboratori esterni. Nel momento in cui si attiva il servizio si deve essere in grado di definire una tempistica di spedizione e di rispettarla e si deve essere in grado di garantire continuità al servizio. Come si è visto per le diverse attività connesse alla comunicazione, l’organizzazione e la professionalità nella gestione sono ormai due elementi dai quali non si può prescindere. Pertanto, se la struttura non è adeguata è necessario riflettere attentamente sull’opportunità di attivare il servizio. Un ulteriore aspetto attiene alla realizzazione della newsletter, le notizie devono, evidentemente, avere un taglio giornalistico, non si può prescindere dal carattere della notiziabilità, anche perché alcune notizie dovrebbero derivare proprio dall’eventuale attività dell’ufficio stampa.

Utilizzare una impaginazione semplice, ma curata, attenta soprattutto alla costruzione del contenuto.

3.3. Intranet Le intranet si inseriscono nel quadro degli strumenti di innovazione a supporto della diffusione del patrimonio conoscitivo all’interno di un’organizzazione e sono definiti anche in termine tecnico, knowledge portals, finalizzati a garantire la creazione di un contesto collettivo per l’interpretazione delle informazioni secondo schemi condivisi...dovrebbero facilitare, attraverso applicativi che garantiscano l’interattività e l’interconnessione tra gli individui appartenenti all’organizzazione lo scambio di conoscenze al fine di favorire l’apprendimento e la nascita di nuove idee all’interno della stessa.38 In quest’ottica la progettazione di una intranet deve partire dai seguenti presupposti: • Attivare processi di partecipazione che coinvolgano i collaboratori secondo

competenze e ruoli alle diverse fasi realizzative: progettazione, generazione dei contenuti e generazione operativa;

• Verificare in modo adeguato la disponibilità di risorse siano esse organizzative, umane, tecnologiche;

• Definire un’organizzazione delle attività che rappresenti la combinazione tra il circuito informale distribuito e le necessarie collaborazioni strategiche.

38 V. Gemmo, in Innovazione organizzativa e tecnologie innovative, pag. 146.

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Dopo avere chiarito i presupposti si devono definire gli obiettivi per i quali si realizza un progetto intranet. Questi possono essere raggruppati per aree tematiche: • Comunicazione, dove inserire forum di discussione, bacheche di annunci,

campagne ad hoc; • Formazione con materiali e documentazione e porta di accesso a piattaforme

di elearning; • Informazione, con notizie e materiali e segnalazioni; • Condivisione della conoscenza, con forum tecnici, gruppi di lavoro virtuali e

spazi autogestiti. Una intranet tipica sarà dunque composta da un’area notizie, servizi, applicativi, documentazione, discussione. E’ chiaro che questo strumento funziona nel momento in cui viene percepito come fattore di collaborazione e condivisione e non è calato dall’alto. Deve entrare a fare parte dei normali processi operativi dell’organizzazione e deve essere in grado di generarne di nuovi. Per quanto riguarda la tipologia di informazioni queste possono di tipo organizzativo. In questo caso potranno riguardare l’organizzazione aziendale (cambiamenti organizzativi, nuove attività, funzionamento dei processi, nuovi sistemi di supporto); le novità risorse umane (sistemi retributivi, incentivazioni, novità contrattuali, notizia amministrative su ferie, orari, permessi, ecc.); gli eventi (partecipazione a fiere, convegni, conferenze, ecc.); i progetti (progetti di espansione, di innovazione, progetti strategici, ecc.). Possono quindi essere inserite informazioni a carattere istituzionale, di tipo operativo o di servizio.

3.4. Formazione La complessità crescente dei sistemi economici e sociali oltre ai fattori specifici che modificano il modo di operare di istituzioni, enti e imprese impongono a tutte le organizzazioni di monitorare lo scenario ed individuare i fattori che possono influenzare l’organizzazione in modo da predisporre gli strumenti e le risorse adeguate. In questo quadro il grado di qualificazione professionale del personale che è sempre più spesso vissuti dal cliente/utente come un consulente vero e proprio e come tale deve essere in grado di poter comprendere i problemi che gli

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vengono posti ed offrire adeguate soluzioni, diventa fattore strategico per l’organizzazione. La formazione si pone dunque come un processo teso stimolare l’apprendimento finalizzato al cambiamento non solo delle conoscenze ma anche del modo di realizzarle e nell’atteggiamento culturale e di sensibilità che ne deriva. Non si tratta quindi di mera allocazione di risorse finanziarie ma di mettere in atto delle policy in cui la formazione non sia vista solamente come un processo di trasferimento di conoscenze in cui ci si preoccupa perlopiù di misurare l’efficienza produttiva, magari con qualche concessione alla “soddisfazione del cliente”, ma anche come un processo per la creazione di valore socialmente riconosciuto.

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CAPITOLO 4

1. La comunicazione nei gruppi “Un gruppo è un sistema di comunicazione, un insieme di persone in contatto tra loro, interdipendenti rispetto alla finalità del gruppo; non è la somma delle singole persone che lo compongono, ma è un’entità nuova, l’insieme dei rapporti tra le persone. La definizione di gruppo è strettamente connessa alla dimensione comunicativa, poiché non esiste gruppo quando non esiste, tra le persone che lo compongono, una vera e propria rete di comunicazione, superiore alla rete di comunicazione di altri membri del loro ambiente sociale. Per questo il concetto stesso di gruppo è un concetto di comunicazione...Un gruppo deve essere un sistema aperto, in un rapporto di scambi di informazioni e di energia con l’ambiente naturale e sociale in cui è inserito, dotato di una vita in mutamento, non chiaramente prevedibile né determinabile in ogni particolare.”39

1.1. Struttura e problemi dei gruppi Si è scritto sopra che il gruppo è un concetto di comunicazione nel quale perché si realizzi partecipazione è necessario che vi sia una reale rete di comunicazione tra i componenti del gruppo. La partecipazione attiva dipende da alcuni fattori tra i quali il numero dei partecipanti. Nel senso che la dimensione numerica del gruppo di lavoro è fondamentale per il raggiungimento del suo obiettivo. Risulta chiaro che dal numero di componenti dipende la capacità e la possibilità per ciascuno di contribuire in modo pieno e libero alle attività dello stesso. Questo significa strutturare il gruppo in modo che sia capace di definire gli obiettivi, di stabile una reale conoscenza tra i componenti (comunicazione interpersonale), di creare ascolto, accettazione dell’altro, adattamento e rispetto reciproco.

39 A.M.Comari, pag 24-25

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1.2. Il lavoro di gruppo Il passaggio successivo è relativo alla comprensione degli elementi che sono alla base del lavoro di gruppo. Un primo punto riguarda il modo in cui si impara a lavorare insieme, attraverso la pratica. Non esiste una teoria che consente di apprendere in modo efficace le dinamiche di relazione con gli altri. Per migliorare il lavoro di gruppo è necessario che siano presenti alcuni elementi: • definizione della composizione e dei ruoli; • determinare regole e responsabilità; • definire un pieno riconoscimento del potere decisionale • integrazione delle personalità individuali; • valutare la produttività del gruppo Sarà inoltre utile imparare a gestire i problemi e i conflitti utilizzando alcune regole base: • pensare che il conflitto sia utile e che incoraggi tutti a partecipare in maniera

costruttiva; • svolgere un ruolo attivo per favorire l’utilizzo delle capacità di ciascuno; • il gruppo dedicherà del tempo per affrontare i dissapori tra i suoi componenti; • le prestazioni e le idee buone devono essere riconosciute e festeggiate; • dire in modo franco e trasparente quello che infastidisce.40

2. La comunicazione in pubblico Ultimo aspetto che si vuole proporre alla lettura riguarda la comunicazione in pubblico. Nel corso della vita sociale e professionale di ciascuno di noi possono essere davvero molteplici le occasioni nelle quali vi è può essere la necessità o la volontà di rivolgersi ad un pubblico più o meno ampio. In questa sede ci limitiamo a fornire alcuni punti chiave da utilizzare per parlare efficacemente in pubblico: Per comunicare bisogna avere qualcosa da dire e la volerla dire; bisogna avere interesse per le persone che ci ascoltano; • è opportuno essere spontanei, evitando di leggere quello che si vuole dire;

40 ibidem

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• è necessario sapere quello che si ha intenzione di comunicare e come lo si vuole comunicare, in funzione anche del tipo di pubblico che ascolta;

• bisogna cercare l’attenzione degli ascoltatori e mantenere il contatto con loro;

• è importante essere convincenti, coinvolgere sul piano della logica, e persuasivi, ottenere il consenso dell’uditorio.

3. Qualche consiglio... Il filo conduttore di questa dispensa è rappresentato dalla fusione tra percorso teorico negli ambiti e strumenti della comunicazione e aspetto pratico cercando di fornire elementi che possono essere utilmente declinati in azioni e comportamenti nei diversi ambiti della vita sociale e professionale di ciascuno. In questo escursus si è voluto evidenziare alcuni tratti della comunicazione che siamo convinti debbano sempre essere tenuti presenti indipendentemente dalle finalità e l’ambito in cui si comunica. La comunicazione è condivisione, è il fondamento dell’agire sociale e in quanto tale necessità di ascolto, di partecipazione attiva, di trasparenza. Da essa dipende il nostro modo di costruire significati di creare opinioni di fare cultura. Le aspettative e il bisogno di comprensione sono sempre più alti nella società. Di qualunque tipo di comunicazione si tratti, pubblica, politica, d’impresa, sociale la costruzione di una relazione trasparente, di un dialogo reale con il proprio pubblico e la capacità di stimolare il dialogo attraverso l’ascolto sono elementi fondamentali. Senza di essi non esiste comunicazione. Ciò detto proponiamo in questo paragrafo di chiusura un breve test messo a punto da Robert I. Sutton professore di scienza dell’Ingegneria gestionale alla Stanford University. Vi chiederete perché un test dato che già siete chiamati a rispondere al questionario per ottenere il vostro credito sulla prova di comunicazione? Fatelo se ne avrete voglia. L’idea è quelle di provocare in voi, così come nelle intenzioni dell’autore, un pò di autocritica rispetto ai nostri comportamenti e la modo in cui ci relazioniamo con gli altri e comunichiamo. Il test si intitola “Sei uno stronzo patentato?” Segnali che lo “stronzo” sta tirando fuori la testa. Istruzioni: Indicate con vero(V) o falso se le frasi seguenti descrivono in modo corretto o meno le vostre sensazioni e le interazioni tra voi e i vostri colleghi.

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Quali sono le mie reazioni istintive di fronte agli altri? --------1. Mi sento circondato da idioti e incompetenti e non posso fare a meno di farlo notare loro di tanto in tanto. --------2. ero una persona tranquilla prima di cominciare a lavorare con questo branco di coglioni. --------3. Non mi fido delle persone che mi circondano, e loro non si fidano di me. --------4. Considero i colleghi come miei concorrenti. --------5. Credo che il modo migliore di salire in cima sia buttare giù qualcun altro. --------6. godo segretamente quando qualcun altro soffre o è in imbarazzo. --------7. Spesso sono geloso dei miei colleghi e ho difficoltà a essere sinceramente contento per loro quando hanno successo. --------8. Ho un gruppo ristretto di amici fidati e una lunga lista di nemici, e sono ugualmente fiero di entrambi. Come tratto gli altri? --------9. A volte non riesco a trattenere il mio disprezzo per tutti gli sfigati e i coglioni che lavorano nel mio ufficio. --------10. Trovo utile guardare di traverso, insultare e a volte anche urlare in faccia agli idioti che lavorano con me. Altrimenti non impareranno mai. --------11. Mi prendo tutto il merito per i risultati della mia squadra, e perché non dovrei? Non andrebbero da nessuna parte senza di me. --------12. Durante le riunioni mi piace indirizzare commenti innocenti che non hanno altro scopo se non umiliare e gettare nello sconforto i destinatari. --------13. Sono sempre pronto a sottolineare gli errori altrui. --------14. Io non sbaglio mai. Quando qualcosa va male, la colpa è sempre di qualche idiota. --------15. Interrompo sempre gli altri perché quello che devo dire io è più importante. --------16. lecco sempre il culo al mio capo e alle persone importanti e mi aspetto lo stesso trattamento dai miei sottoposti. --------17. A volte le mie battute e le mie prese in giro sono un pò pesanti, ma bisogna ammettere che sono divertenti. --------18. Amo la mia squadra e lo amano me, ma sono sempre in guerra con il resto dell’azienda. Tratto tutti di merda perché non fa parte della mia squadra e non conta niente o è un nemico.

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Come reagiscono gli altri nei miei confornti? --------19. Quando parlano con me, le persone evitano di guardarmi begli occhi e si innervosiscono. --------20. Ho la sensazione che la gente stia sempre molto attenta a quello che dice in mia presenza. --------21. Le mie e-mail provocano sempre reazioni ostili, che spesso sfociano in battaglie e insulti. --------22. Gli altri esitano a darmi informazioni personali. --------23. Gli altri non sembrano divertirsi in mia presenza. --------24. Quando arrivo io, le persone reagiscono sempre dicendo che devono andare via. Come calcolare il punteggio: sommate il numero delle risposte positive. Il test non ha valore scientifico. Da 0 a 5 non sembrate avere le credenziali di uno stronzo patentato, a meno che non vi stiate prendendo in giro da soli. Da 5 a 15 siete degli stronzi patentati borderline: forse è arrivato il momento di cambiare atteggiamento prima che sia troppo tardi. Da 15 in su avete tutta l’aria di stronzi fatti e finiti. Fatevi aiutare immediatamente. Ma per favore non rivolgetevi a me, perché non voglio conoscervi.

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