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Disordini psichiatrici del post partum

Francesca Nazzaro – Emilia Costa

Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche Sapienza Università di Roma

“Partorirai con dolore” Genesi 3, 16

Le rappresentazioni popolari del XX° secolo sulla maternità sottolineano la gioia e la soddisfazione

che una madre deve aspettarsi di vivere al momento dell'arrivo del suo bambino, anche se a partire

dagli anni ‘50, le discussioni sul "baby blues" cominciarono ad apparire persino sulla stampa

popolare.

Nonostante ciò, tuttora la gravidanza tende ad essere considerata come un momento di estremo

benessere della donna.

Sebbene la prevalenza dei disturbi psichiatrici durante la gravidanza sia equiparabile a quella di

donne non gravide della stessa età, da tempi immemori è stata notata una correlazione tra diverse

malattie psichiatriche e il periodo post-partum.

Ippocrate descrisse il caso di una donna che, a 6 giorni dalla nascita di due gemelli, presentò un

grave stato di agitazione psico-motoria con insonnia e ideazione delirante e che morì a 3 settimane

dal parto.

I disturbi psichiatrici postpartum possono andare dalla cosiddetta “maternity blues” (MB) alla

psicosi (Psychosis Postpartum PP), passando per la depressione puerperale (Post Partum

Depression, PPD), presentano diversi fattori di rischio:

Precedenti episodi psichiatrici

Disturbo bipolare, schizofrenia, disturbo schizoaffettivo, stile di attaccamento disorganizzato,

disturbi del post partum nelle gravidanze precedenti, sintomi psicopatologici non specifici come

sindrome premestruale, disturbi d’ansia e, in generale, un atteggiamento negativo nei confronti della

gravidanza rappresentano fattori di rischio per sviluppare disordini psichici nel puerperio.

Fattori socioeconomici

Uno svantaggio socio-economico è associato, generalmente, ad un aumento del rischio di

sviluppare patologie del post partum.i-ii

Anche uno svantaggio relativo piuttosto che assoluto sembra essere rilevante: Wan e collaboratoriiii

hanno scoperto che il non possedere una macchina a Pechino ha un’associazione statisticamente

significativa con il rischio di soffrire di disordini psichiatrici post partum.

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Tassi di tali disturbi sembrano essere più elevati tra le ragazze madriiv

, tra le donne appartenenti a

minoranze religiosev o non sposate

vi.

Qualità della relazione con il partner

Più alti tassi di patologie psichiatriche del post partum sono stati osservati tra le donne con un

rapporto di coppia conflittuale con partner che non hanno riconosciuto la paternità del bimbo, o

comunque poco coinvolti, critici, violenti o alcolisti.vii

Punteggi medi più alti nella scala

sintomatologica sono stati riscontrati nei matrimoni poligami piuttosto che in quelli monogami in

Nigeriaviii

e in Nepalix

, ma non in Etiopiax.

Le donne che hanno subito abusi fisici durante la gravidanza o nel corso dell'anno precedente hanno

una prevalenza maggiore rispetto alle donne che non avevano avuto questi problemi.

In Vietnam, le donne in gravidanza che si sentivano "criticate per cose piccole" (P <0.01) e

"controllate dai loro partner" (P <0,03) avevano punteggi medi più alti nella scala Edinburgh

Postnatal Depression Scale (EPDS) rispetto alle altrexi

. Patel e collaboratori hanno trovato che il

rischio di depressione associata a violenza domestica è maggiore qualora il figlio sia di sesso

femminile. xii

Relazioni familiari e sociali

Il rischio di sviluppare disordini psichiatrici del post partum è maggiore tra le donne prive di

supporto sociale, implicate in rapporti conflittuali con la famiglia d’origine o con i suoceri.xiii

Secondo alcuni studi, le donne che vivono in una famiglia nucleare -piuttosto che

multigenerazionale-xiv

e che non hanno una relazione affettiva e di fiducia con le loro madri sono ad

aumentato rischio.

Fertilità e condizione medica generale

Un più alto rischio è stato associato a gravidanze indesiderate o non programmate, precedenti

aborti, malattie concomitanti e parto distocico.xv

Minor rischio

Il rischio di incorrere in disordini psichiatrici del post partum è invece più basso tra le donne con

più anni di scolarizzazione, appartenenti ad una maggioranza etnico-religiosaxvi

, con un lavoro fisso

o sicuro e un partner disponibile e coinvolto con, a sua volta, un impiego fisso o sicuro12

.

Secondo Fisher e collaboratori, avere qualcuno che aiuti le neomamme nella cura del neonato

sembra essere un fattore protettivo.xvii

Rahman e collaboratorixviii

, in Pakistan, hanno scoperto che il rituale chilla, che comporta

l’isolamento e la fornitura di una notevole assistenza alle madri e ai neonati nei primi 40 giorni

dopo il parto, rappresenta un fattore protettivo.

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MATERNITY BLUES (MB)

La “baby blues” o “maternity blues” (termine coniato da Donald Winnicott) è una sindrome

autolimitantesi che colpisce il 50-80% delle donne dopo il parto. I sintomi iniziano generalmente il

secondo/terzo giorno postpartum, presentano un picco dal quinto al settimo giorno, in coincidenza

con i massimi cambiamenti ormonali -concentrazioni in caduta di progesterone, estradiolo, cortisolo

e concentrazioni crescenti di prolattina-, e recedono durante la seconda settimana;xix

È una sindrome

transitoria, che colpisce prevalentemente le primipare, caratterizzata da vissuti di tristezza e

nostalgia per la precedente fase di gravidanza, labilità affettiva con tendenza al pianto -il cosiddetto

“pianto del latte” delle nostre nonne-, irritabilità, ipocondria, insonnia, iporessia, ipoprosessia,

astenia, cefalea, ansia generalizzata con eccessiva preoccupazione per la salute del bambino.

Dal momento che la risoluzione completa avviene spontaneamente in pochi giorni in assenza di

compromissione del funzionamento, non è necessario alcun trattamento specifico, sebbene possa

risultare utile coinvolgere i membri della famiglia nella gestione del neonato, anche qualora la

madre allatti al seno, garantendole la possibilità di riposo e ristoro. Tenendo conto della prevalenza

della “baby blues”, la si può considerare non tanto una malattia, quanto piuttosto una reazione

fisiologica al parto che non va comunque sottovalutata. Essa, infatti, rappresenta il collegamento fra

il versante biologico e il disturbo affettivo e costituisce un ponte fra la normalità e la psicopatologia

puerperale, dal momento che comprende, sia pure in forma minore, molti dei sintomi e delle

problematiche caratteristiche della patologia puerperale maggiore.

Qualora tale condizione si protragga durante la quarta e quinta settimana del postpartum, si può

parlare, da un punto di vista strettamente diagnostico, di una vera e propria depressione minore,

anche se alcuni clinici fanno riferimento a tale condizione appellandola “blues complicato”, poiché

tende comunque a risolversi spontaneamente tra la quarta e l’ottava settimana postpartum.

DEPRESSIONE POST PARTUM (PPD)

Dopo il parto può insorgere un vero e proprio quadro depressivo non psicotico, privo di peculiarità

sintomatologiche rispetto alle forme con esordio al di fuori del puerperio. I criteri diagnostici

attualmente in uso, infatti, sono gli stessi della depressione maggiore secondo il DSM-IV-TR e se

ne differenziano solo per il criterio temporale di insorgenza. Queste depressioni compaiono nel

periodo che va da 2 settimane a 12 mesi dopo il parto, con maggiore frequenza nei primi 6 mesi, e

sono più frequenti nelle pazienti con precedenti manifestazioni psicopatologiche. L’eziologia della

depressione puerperale è ancora incerta, ma si può considerare ascrivibile ad un mosaicismo

concausale: anamnesi psichiatrica familiare e/o personale positiva, caratteristiche personologiche -

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ostinazione, scarsa autostima, aggressività, sentimenti di inadeguatezza, perfezionismo, ossessività-,

condizioni di insoddisfazione coniugale che implichino un inadeguato sostegno emotivo, disagio

sociale, solitudine, e, ovviamente, i mutamenti ormonali. Jeanette Milgrom (1999) ha applicato il

modello biopsicosociale di Engel (1980) alla depressione puerperale. Engel basa questo modello su

una teoria sistemica generale comprendente sistemi gerarchici naturali che si influenzano e si

modificano vicendevolmente. Secondo questo modello, perché si sviluppi la depressione

postpartum è necessaria una vulnerabilità individuale -determinata da tratti di personalità,

esperienze familiari, lutti etc-, cui vanno addizionati fattori scatenanti che possono essere di tre tipi:

biologici-ormonali;

esperienziali (eventi stressanti e variabili moderatrici dello stress);

fattori socio-culturali.

Le stime della prevalenza della PPD variano a seconda dei criteri diagnostici, del periodo preso in

esame e delle caratteristiche della popolazione del campione di studio. Ad esempio, nella metanalisi

di O’Hara e Swainxx

su 59 studi eterogenei (diversi metodi di assessment, diversa localizzazione

geografica dei campioni) si stima che la prevalenza media della PPD sia del 13%, mentre la

prevalenza stimata in altri studi oscilla tra il 22% e il 24%xxixxii

.

Nella metanalisi di Gaynes e collaboratorixxiii

sono emersi tali tassi di prevalenza di PPD da 1 a 6

mesi postpartum: 3,8% nel 1 mese, 5,7% nel 2 mese, 4,7% nel 3 mese; 2,4% nel 4 mese, 2,1% nel 5

mese e 5,6% nel 6 mese pospartum.

La depressione postpartum può determinare grave angoscia sia nelle donne colpite sia nelle loro

famigliexxiv

, una diagnosi precoce rappresenta quindi il primo passo per una buona prognosi. Le

lineeguida del National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE)xxv

consigliano di gestire

i sintomi depressivi da lievi a moderati nell'ambito dell’assistenza primaria, con terapie

psicoterapiche da adottare come trattamento di prima linea. Nel periodo perinatale le lineeguida

NICE raccomandano inoltre di intervenire basandosi su una soglia di gravità minore, per le avverse

prove esistenti sugli effetti a lungo termine di tale condizione sul benessere di neonati e bambini.

Una depressione postpartum non curata tende infatti alla cronicizzazione e comporta un deplemento

complessivo del funzionamento associato a sentimenti di solitudine, riduzione dell’autostima e

difficoltà nelle relazioni sociali ed affettive. Se non trattata, quindi, una depressione materna è

associata a grave morbilità per la madre, il bambino e il sistema familiare.

La depressione perinatale provoca una sofferenza significativa nelle donne in un momento in cui

l’immaginario personale e collettivo della maternità, come esperienza unicamente gioiosa, anche se

stancante, può entrare in contraddizione con la capacità della neo-madre di sentirsi gratificata nel

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ruolo materno, in contatto con il proprio bambino, o di sopportare i compiti, vissuti spesso come

schiaccianti, di prendersi cura di un neonatoxxvi

. Tale disconnessione può rafforzare un’impressione

disabilitante di solitudine, sensi di colpa, impotenza e disperazione che spesso caratterizzano la

depressione. Le donne con PPD sono a maggior rischio tabagismoxxvii

, alcolismo o abuso di

sostanze stupefacentixxviii

e hanno più probabilità rispetto alle madri non depresse di subire un abuso

fisico, emotivo o sessuale.

Anche se i tassi di suicidio per le donne durante la gravidanza e nel puerperio sono inferiori rispetto

alla popolazione generale, il suicidio è una causa importante di mortalità maternaxxix

. Le lesioni

autoinflitte sono la causa principale di mortalità materna nel primo anno dopo il parto nel Regno

Unitoxxx

. Un rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sulla salute delle donne identifica

le lesioni autoinflitte come la seconda causa di mortalità materna in paesi ad alto reddito, mentre il

suicidio rimane una delle cause più importanti di mortalità materna anche nei paesi in via di

sviluppoxxxi

.

Ossessioni aggressive nei confronti del bambino, comuni nel periodo post-parto, sono più frequenti

e angosciose nelle donne con depressione puerperale non psicoticaxxxii

, che non presentano, tuttavia,

un elevato rischio di commettere un infanticidio.

L'impatto negativo della depressione materna sullo sviluppo emotivo bambino è stato ampiamente

studiato. La depressione ha significativi effetti negativi sulla capacità della madre di interagire

adeguatamente con il proprio figlio. Le donne depresse presentano una minore reattività agli stimoli

del bambino e comportamenti genitoriali più negativi, ostili o disimpegnatixxxiii

. Queste fratture

nell’interazione madre-bambino sono state associate a più bassi funzionamenti cognitivi e ad effetti

avversi sullo sviluppo emotivo del bambino in tutte le culture e in tutti gli strati economici. Le

ipotesi di Winnicott sugli effetti traumatici del fallimento materno precoce sono avvalorate dalla

ricerca: bassi livelli di empatia e sostegno genitoriale, tanto quanto il rifiuto o l’ostilità materna e i

conflitti familiari, risultano associati infatti alla depressione infantile e adolescenziale.xxxiv

Il saggio

di André Green “La madre morta” (Green, 1983)xxxv

, è utilizzabile come paradigma della risposta

del bambino a una rottura traumatica della capacità di relazionarsi della madre durante l’infanzia,

quando si crea un’identificazione primaria con la madre emotivamente assente, cronicamente

depressa, per cui “l’oggetto vivente, sorgente della vitalità del bambino, viene trasformato

brutalmente in una figura lontana, atona, quasi inanimata” (ibid., p. 265).

La depressione cronica nelle madri rende i bambini a maggior rischio di sviluppare problemi

comportamentali e più tardi una psicopatologia, tra cui discontrollo degli impulsi, ansia, bassa

tolleranza della frustrazione, impulsività, disturbi dell’umorexxxvi

; al contrario, la remissione della

depressione nelle madri è associata a riduzione della prevalenza di diagnosi psichiatriche nei

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figlixxxvii

. La depressione materna riduce l’incidenza dell'allattamento al seno, o ne aumenta le

difficoltàxxxviii

. Nei paesi in via di sviluppo, la depressione materna è stata associata sia a

malnutrizione sia a più alti tassi di malattia diarroica nei bambini.

PSICOSI POST PARTUM (PP)

Brockington ha descritto la classica immagine di una madre con PP: "... un aspetto strano, ritirata,

distratta da allucinazioni uditive, incompetente, confusa, catatonica, o, in alternativa, euforica,

labile, con deragliamenti nel discorso, agitata o eccessivamente attiva"xxxix

. I deliri possono

concentrarsi su temi riguardanti il parto e comprendono la preoccupazione di uno scambio di

identità del figlio o un senso di persecuzione da parte del bambino stesso. Wisner e collaboratorixl

hanno riferito che le donne affette da PP sperimentano spesso disorganizzazione cognitiva con

sintomi psicotici insoliti: deliri di riferimento, persecuzione, gelosia, e grandiosità, incongrui con il

tono dell'umore, in associazione ad allucinazioni visive, tattili, olfattive che suggeriscono una

sindrome di natura organicaxli

. L'età media di esordio della PP è 26,3 annixlii

. Rispetto alle donne

con una malattia mentale cronica, le pazienti con PP di solito hanno raggiunto livelli di

funzionamento più alti prima della comparsa della malattia.

La prevalenza di PP è di 1:500, ma aumenta a 1:7 per le donne con un precedente episodio di PPxliii

.

Le donne con Disturbo Bipolare o Disturbo Schizoaffettivo hanno rischio maggiore del 50% di

sviluppare un episodio di PP. Jones e Craddockxliv

hanno riscontrato che la PP affligge il 74% delle

madri con Disturbo Bipolare con un parente di primo grado che ha avuto la PP e solo il 30% delle

madri bipolari senza familiarità per PP. L’Età avanzata al momento della gravidanza aumenta il

rischio di incorrere in un primo episodio di PP a 90 giorni dal parto, mentre il diabete e la

macrosomia neonatale sono associati ad un rischio minore.xlv

Una PP ad insorgenza successiva -

>90 giorni dal parto-, sembra avere fattori di rischio diversi. Valdimarsdòttir e collaboratori

suggeriscono che i fattori di rischio possano essere mediati da una maggiore deplezione estrogenica

nel post partum. Tschinkel e collaboratori hanno comparato l’incidenza di PP in due diverse epoche

storiche: 1875-1924 e 1994-2005.xlvi

Hanno riscontrato che i tassi di PP “first-onset” sono

progressivamente diminuiti, mentre le forme associate ad anamnesi psichiatrica positiva

mantengono un’incidenza stabile. Il motivo di tale quadro non è stato ancora completamente

chiarito, ma vanno considerati fattori ulteriori, rispetto alle semplici variazioni ormonali.

Comportamenti aggressivi auto o eterodiretti

Nel primo anno dopo il parto, il rischio di suicidio aumenta di 70 volte. Di 1000 donne con PP, 2 si

suicidano.xlvii

Queste donne spesso ricorrono a modalità più violente (defenestrazione) rispetto alla

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maggior parte dei rapporti che indicano che il suicidio nelle donne generalmente viene messo in atto

con mezzi non violenti (ingestione incongrua di farmaci)xlviii

. Di conseguenza, è fondamentale che i

medici e gli operatori sanitari valutino la sicurezza delle pazienti scandagliando la dimensione

suicidaria e valutando la presenza di pensieri di morte o di una vera e propria progettualità

autolesiva, l'accesso alle armi e la presenza di tentativi di suicidio nel passato. In caso positivo, la

paziente deve essere affidata a un ambiente di emergenza psichiatrica.

Un comportamento omicida si verifica raramente nella PP. Tra le donne ospedalizzate per PP, il

28%-35% ha descritto deliri coinvolgenti i loro bambini, ma solo il 9% ha espresso pensieri di

nocumento nei loro confronti. Le donne con PP, tuttavia, sono più inclini ad esprimere idee omicide

rispetto alle donne con disturbo puerperale non psicotico, come la PPD. La disorganizzazione

cognitiva che si verifica nella PP può provocare una negligenza nei confronti dei bisogni del

bambino o la messa in atto di pratiche di cura non sicure. E 'importante chiedere esplicitamente alla

paziente con PP se siano presenti pensieri o progettualità omicida e affidarla in tal caso al servizio

psichiatrico e sociale, per evitare danni auto o etero-diretti.

L’infanticidio e il neonaticidio sono due entità distinte: Spinelli ha studiato 16 casi di neonaticidio

ed ha trovato che le donne implicate soffrivano di sintomi dissociativi. Solitamente giovani, poco

istruite e primipare, vivono a casa con i loro genitori cui nascondono la gravidanza, evitano i

controlli ginecologici prenatali, partoriscono da sole senza alcuna assistenza medica e tendono ad

abbandonare il neonato subito dopo il parto. Il neonaticidio è più difficile da evitare e prevenire, in

quanto associato a una gravidanza misconosciutaxlix

e ad un corteo sintomatologico poco florido.

I dati longitudinali indicano una buona prognosi per la maggior parte delle donne con diagnosi di

Disturbo Bipolare che hanno sviluppato una PP: il 75%-86% non ha più avuto sintomi dopo un

singolo episodio di PP. Per le donne affette da Schizofrenia, il 50% rientra dopo un episodio di PP,

>33% ha episodi ricorrenti, e il 5% ha una malattia refrattaria con numerose ricorrenze puerperali e

non.l Donne che hanno sviluppato la sintomatologia psicotica entro 1 mese dal parto hanno una

prognosi più favorevole in quanto presentano una minore probabilità di sequele a lungo termine

rispetto alle donne con esordio tardivo della PP (13% e 33%, rispettivamente)li. Pazienti al primo

episodio di PP presentano livelli più elevati di confusione e disorientamento, ma necessitano

generalmente di minor tempo per ottenere la risposta al trattamento.

Nome Esordio Insorgenza Decorso

Baby Blues Brusco Entro 7 gg dal

parto

Autolimitantesi

in poche sett.

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Depressione

postpartum

Subdolo Da 2-3 sett. a 12

mesi dal parto

6-9 mesi

Psicosi

postpartum

Brusco A 1 sett. dal parto Variabile

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