DISASTRI NATURALI - Archivio Storico Eoliano · Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia...

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Con la collaborazione del Dipartimento della protezione civile ISAT Istituto per le scelte ambientali e tecnologiche DISASTRI NATURALI Conoscere per prevenireRoma, 2006 Con il contributo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio Con il patrocinio scientifico del Consiglio Nazionale delle Ricerche Con il contributo dell’Università Telematica “Guglielmo Marconi” Con la collaborazione del Dipartimento della protezione civile ISAT Istituto per le scelte ambientali e tecnologiche

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Page 1: DISASTRI NATURALI - Archivio Storico Eoliano · Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Giovanni Orsi e Magda De Lucia Osservatorio Vesuviano Giuseppe Luongo Università Federico

Con la collaborazione del Dipartimento

della protezione civile

ISATIstituto per le scelte

ambientali e tecnologiche

DISASTRI NATURALIConoscere per prevenireRoma,2006

Con il contributodel Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

Con il patrocinio scientifico del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Con il contributodell’Università Telematica“Guglielmo Marconi”

Con la collaborazione del Dipartimento della protezione civile

ISATIstituto per le scelteambientali e tecnologiche

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DISASTRI NATURALIConoscere per prevenire

a cura di Mario Signorino e Francesco Mauro (ISAT)

con la collaborazione di Valerio Comerci (rischio sismico) e Fiorenzo Fumanti (rischio vulcanico)

Roma, 2006

Con il contributodel Ministero dell’ambientee della tutela del territorio

Con il patrocinio scientifico del Consiglio Nazionaledelle Ricerche

Con il contributodell’Università Telematica“Guglielmo Marconi”

Con la collaborazione del Dipartimento della protezione civile

ISATIstituto per le scelteambientali e tecnologiche

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DISASTRI NATURALIConoscere per prevenire

A cura di Mario Signorino e Francesco MauroCon la collaborazione diValerio Comerci (rischio sismico) e Fiorenzo Fumanti (rischio vulcanico)

Progetto grafico Aurelio Candido

Editing Valter Baldassarri

Illustrazioni Koen Ivens (completare con le pagine)

Gli autori desiderano ringraziareGian Michele Calvi, Bernardo De Bernardinis, Elvezio Galanti, Leonello Serva, Vincenzo Spaziante, per i commenti e i suggerimenti forniti

Per il reperimento dell’iconografia, si ringraziano

Attilio D’AnnibaleDipartimento della protezione civile

Concetta Nostro e Daniela RiposatiIstituto nazionale di geofisica e vulcanologia

Giovanni Orsi e Magda De LuciaOsservatorio Vesuviano

Giuseppe LuongoUniversità Federico II di Napoli

Paola CarrabbaEnea

INDICE

Introduzione 7

Perché questo tema è importante

1. I disastri naturali a livello globale 9

1.1 I disastri naturali del passato 9

1.2 I disastri del nuovo secolo 14

1.3 Alcune questioni di terminologia 16

2. Il rischio sismico in Italia 19

2.1 Elementi del rischio sismico 20

2.2 La pericolosità sismica in Italia 24

2.3 Forti terremoti avvenuti in Italia 27

2.4 La vulnerabilità sismica in Italia 28

2.5 Schede su alcuni forti terremoti avvenuti in Italia 33

3. Il rischio vulcanico in Italia 44

3.1 Le caratteristiche dei vulcani 44

3.2 I vulcani italiani 51

3.3 Il Vesuvio 54

3.4 I Campi Flegrei 66

3.5 Ischia 72

3.6 Il Piano Vesuvio 74

3.7 Altri vulcani italiani attivi 75

4. Altre minacce per il territorio italiano 81

4.1 Alluvioni e frane 81

4.2 Fenomeni riguardanti il livello del mare 8

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 5

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E-mail: [email protected]

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Perché questo tema è importante

L’Italia è un paese caratterizzato da una sovrapposizione di rischinaturali che ha pochi riscontri al mondo. Terremoti, eruzionivulcaniche e dissesto idrogeologico si verificano in modo ricorrente subuona parte del territorio nazionale. La situazione è aggravatadall’antropizzazione del territorio e da carenze nella prevenzione emitigazione che rendono disastrosi effetti di fenomeni anche nonparticolarmente forti.Scopo del presente lavoro è condurre una ricognizione del rischio didisastri naturali sul territorio nazionale. Un’informazione equilibrataed obiettiva può essere un forte strumento di buongoverno per lasalvaguardia di un patrimonio culturale e ambientale senza prezzo,ma per il cui mantenimento prezzi accettabili debbono pur esserepagati.La situazione non è tranquillizzante, come dimostrano i continuidisastrosi effetti di frane e alluvioni sugli abitati e sulle popolazioni, ladiffusa elusione delle normative antisismiche per l’edilizia, la piagadell’abusivismo edilizio che accresce notevolmente la vulnerabilitàsismica, vulcanica e geologico-idraulica del Paese, la presenza di vastepopolazioni in aree ad alto rischio come quelle intorno al Vesuvio e aiCampi Flegrei.Particolarmente carente l’attenzione verso i problemi di protezione deibeni culturali, nonostante lo choc a suo tempo causatodall’inondazione di Firenze del 1966 e la conoscenza dellavulnerabilità di aree particolarmente importanti come la Val di Notoper il barocco siciliano. La tendenza diffusa nell’opinione pubblica enei decisori a non preoccuparsi del rischio dovuto a fenomeni nonimmediati o comunque non definiti precisamente nel tempo,ancorché probabilisticamente attesi, è infatti ancor più rilevante nelcaso dei beni culturali. Si ritiene quindi necessario uno sforzoparticolare affinché queste problematiche vengano meglio apprezzateed affrontate.L‘osservazione dei disastri naturali in Italia risale all’antichità: si pensialla famosa eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed all’originestessa del termine “vulcano”. Malgrado ciò, si è avuto un decollotardivo delle moderne scienze della terra (a detta degli studiosi, soloin seguito al terremoto di Avezzano, detto anche del Fucino, nel 1915)e dell’approccio oggi identificato come protezione civile (nel secondodopoguerra, dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1980).Per quanto riguarda lo stato attuale della conoscenza e della ricerca dibase e applicata, di rilevanza anche per la prestazione di serviziscientifici ed attività di supporto e consulenza, è opportuno aprire unaseria discussione, assicurandosi che vi siano dedicate attenzione erisorse almeno pari a quelle riservate agli studi e alle attività dimonitoraggio nel campo meteo-climatico.In linea generale, la gestione dei rischi associati ai vari fenomeni daparte delle strutture di governo, centrali e locali, potrebbe esseremigliorata cambiando sostanzialmente le priorità della politicaambientale e, più in generale, le priorità di governo

Disastri naturali | Conoscere per prevenire | Introduzione 7

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1. I DISASTRI NATURALI A LIVELLO GLOBALE

1.1. I disastri naturali del passatoLa storia del nostro pianeta è segnata da catastrofi, ma buona parte di

questa storia ci è ignota. Le fonti scritte riguardano al massimo qualche mi-gliaio di anni, a fronte di un genere Homo che potrebbe avere fino a 5 mi-lioni di anni di età.

Sicuramente la storia della Terra è caratterizzata da molteplici estinzionidi massa la cui causa è da ricercare in eventi capaci di mutare radicalmente,in tempi geologicamente brevissimi, le condizioni di vita dell’intero pia-neta. Diversi ricercatori segnalano la corrispondenza temporale di alcune ditali estinzioni (ad esempio, quelle della fine del Devoniano, 367 milioni dianni fa; della fine del Triassico, 212 milioni di anni fa; della fine del Creta-ceo, 65 milioni di anni fa; e della fine dell’Eocene, 34 milioni di anni fa) conl’impatto con corpi celesti di grandi dimensioni.

L’impatto con i meteoritiL’ultimo impatto conosciuto con un corpo celeste di dimensioni apprez-

zabili (20-60 metri di diametro) è quello di Tunguska (Siberia) nel 1908, chenon ha avuto effetti catastrofici solo perché ha colpito una zona quasi de-serta e forse perché, essendo di origine cometaria, è esploso quando si tro-vava ancora in atmosfera.

Le conseguenze della caduta di un grande meteorite, anche più piccolo diquello dello Yucatan, potrebbero essere apocalittiche, sia per gli effetti mec-canici immediati dell’impatto che per l’insorgenza di ampie variazioni cli-

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 9

La lunga storia dei disastrinaturali può essereesemplificata dalla catastrofeplanetaria causata dalgrande meteorite, stimato di10 km di diametro, caduto65 milioni di anni fa nelloYucatan, noto comeChicxulub, ritenutoresponsabile della grandeestinzione di specie allatransizione dei periodiCretaceo-Terziario.

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Altri cataloghi, tra i quali quello del National Geophysical Data Centerstatunitense (http://www.ngdc.noaa.gov/seg/hazard) che copre l’arco tempo-rale compreso tra il 2150 a.C. ed il 2005 d.C., riportano un maggior numerodi eventi disastrosi, tra i quali quelli che avrebbero interessato:� Antiochia nell’odierna Turchia nel 115 (260.000), nel 526 (250.000)

e nel 533 (130.000);� Kiapas in Azerbaijan nel 1139 (300.000);� Egitto o Siria nel 1201 (1.100.000 morti);� Kwanto in Giappone (compresa la zona di Tokyo) nel 1703 (140.000);� Tabriz in Iran nel 1780 (200.000);� la Baia del Bengala in India nel 1876 (215.000);� Tovin in Armenia nell’893, pochi mesi dopo quello di Ardabil (180.000).

Bisogna comunque tener presente che esisteuna certa incertezza nei dati inseriti nei catalo-ghi, maggiore per gli eventi più antichi, e studipiù accurati possono ridimensionare la portatadel fenomeno. Un caso classico è quello del sup-posto terremoto (inserito come tale anche neldatabase del NGDC) che avrebbe colpito l’areadi Calcutta nel 1737 determinando la morte di300.000 persone. Secondo studi recenti (vedisito http://earthquake.usgs.gov) il disastro fu in-vece originato da una violentissima tempestatropicale. Un altro caso è quello del terremoto diHokkaido in Giappone nel 1730, riportato in al-cuni cataloghi come evento responsabile dellamorte di 137.000 persone, che è invece da rife-rirsi, secondo sismologi giapponesi, al sisma checolpì Tokyo nel 1703.

Anche recentemente si sono avuti terremoti

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 11

matiche (verso il freddo, a causa del lungo ”in-verno planetario”causato dalla polvere sollevatadall’impatto), con relativa interruzione della ca-tena alimentare e massiccia estinzione di specie.

Tra i rischi provenienti dallo spazio extraterre-stre, va segnalato quello dovuto alla caduta disatelliti artificiali che si sono progressivamenteriavvicinati alla superficie terrestre. I luoghi dicaduta dei satelliti o dei loro frammenti sonospesso difficili da prevedere e richiedono un’at-tenta gestione del rischio da parte della prote-zione civile.

Le glaciazioniGli effetti di tali fenomeni a livello planetario

ricordano le glaciazioni - le cui cause, principal-mente di natura astronomica, non sono ancoracompletamente chiare - di cui l’ultima, il LastGlacial Maximum (LGM), ha avuto il picco circa

18.000 anni fa ed è durata fino a circa 10.000 anni fa (in quel periodo, latemperatura si abbassò nell’emisfero nord di 5-10°C, il ghiaccio artico ar-rivò a coprire quasi tutta la Gran Bretagna e buona parte dell’Europa cen-trale, i ghiacciai alpini si estesero alla Pianura Padana).

Le glaciazioni ed i relativi periodi interglaciali sono fenomeni di lungadurata e di entità planetaria. Non vanno perciò confusi con eventi di minorrilievo come la cosiddetta “piccola età glaciale” verificatasi tra il 1300 e il1850 circa (caratterizzata da un abbassamento della temperatura dell’emi-sfero nord di circa mezzo grado centigrado).

Le Grandi Province MagmatichePer altre grandi estinzioni, non sono state individuate cause extraterrestri ed

appare invece plausibile la correlazione con le Grandi Province Magmatiche(GPM). Le GPM sono aree molto estese, ricoperte da chilometri di depositimagmatici emessi da gigantesche eruzioni continuate per migliaia di anni.Tale attività eruttiva ha sicuramente determinato la fuoruscita di enormi quan-tità di gas in grado di modificare radicalmente la composizione dell’atmosferae degli oceani con conseguenze catastrofiche sul clima e sull’ambiente.

La più grande estinzione della storia della Terra, avvenuta alla fine delPermiano (circa 225 milioni di anni fa), è probabilmente connessa con ilplateaux basaltico della Siberia, generato da almeno 45 eruzioni che hannoricoperto con circa 4 km di lava un’area di 1,5 milioni di km2. L’accumulodelle lave nella GPM del Deccan, circa 65 milioni di anni fa, è probabil-mente corresponsabile dell’estinzione della fine del Cretaceo.

I maggiori terremoti della storiaTra le catastrofi registrate nella storia umana, quella che forse ha provo-

cato il maggior numero di vittime (800.000 morti) è il terremoto nelloShansi (Cina) del 1556; seguono l’uragano di Calcutta del 1737 (300.000morti) e, nella stessa zona, quello del Bangladesh (sempre circa 300.000morti) del 1970. Alcuni studi danno invece il triste primato alla grandeinondazione verificatasi in Cina nel 1931 con 3.700.000 morti stimati.

Un elenco dei terremoti maggiormente significativi in termini di perditedi vite umane è prodotto dall’US Geological Survey (USGS) e riportatonella tabella 1.1.

Disastri naturali a livello globale | Il passato10

La storia dei terremoti è ovviamente molto antica.Per limitarsi ai tempi storici, si può attribuire ad effettisismici l’episodio biblico della caduta delle mura diGerico nel 1250 a.C. circa; sono state causate daterremoti la caduta del Colosso di Rodi nel 224 a.C. equella del Faro di Alessandria nel 365 a.C. (con50.000 morti come effetto del sisma), nonché ladistruzione di Antiochia in Siria nel 526 (250.000morti). Il famoso terremoto di San Francisco del1906, che fu seguito da un grande incendio, fece solo700 vittime (forse una sottostima), ma viene oggiricordato come causato dalla faglia di San Andreas(alla sua estremità nord) e quindi come precursoredell’atteso “big one” che dovrebbe colpire laCalifornia.

Il cratere di Manicouagan,Quebec, Canada. Ha un diametrodi circa 100 km e risale a 212milioni di anni fa.

Fonte: Image Science and AnalysisLaboratory, NASA-Johnson SpaceCenter. 19 Oct. 2004. “Earth fromSpace - Available Images.”http://earth.jsc.nasa.gov/sseop/efs/images.pl?photo=STS009-48-3139.

Tabella 11 - Terremoti con il maggior numero di vittime

DATA LOCALITÀ VITTIME MAGNITUDO NOTE

23-01-1556 Shansi, Cina 830.000 ~826-12-2004 Sumatra, Indonesia 283.106 9.0 Vittime per terremoto e tsunami27-07-1976 Tangshan, Cina 255.000 (ufficiali) 7.5 655.000 morti stimati9-08-1138 Aleppo, Siria 230.000 Non Disponibile22-12-856 Damghan, Iran 200.000 N.D.16-12-1920 Ningxia-Gansu, Cina 200.000 7.8 Fagliazione superficiale, frane22-05-1927 Tsinghai, Cina 200.000 7.9 Fagliazione superficiale23-03-893 Ardabil, Iran 150.000 N.D.01-09-1923 Kwanto, Giappone 143.000 7.9 Grande incendio di Tokyo05-10-1948 Ashgabat, 110.000 7.3

Turkmenistan27-09-1290 Chihli, Cina 100.000 6.7

Fonte: United States Geological Survey. http://earthquake.usgs.gov.

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Non vanno infine dimenticate grandi frane,alluvioni (anche su scala quasi continentale),tornado (con un picco di 689 in una singola se-quenza negli Stati Uniti nel 1925). È vero d’al-tro canto che questi fenomeni, a differenza diterremoti, maremoti ed eruzioni, sono in qual-che modo collegati al clima e quindi all’even-tuale, magari parziale, origine antropica dei fe-nomeni stessi.

La variabilità del rischioVa anche ricordato che la pericolosità (e

quindi il rischio) di questi fenomeni è diversa:� di anno in anno, sia per ragioni di

fluttuazioni statistiche, sia per ragioni ditrend (per cause più o meno note: si pensi,ad esempio, non solo alla variabilitàclimatica, ma anche ai cicli astronomici eall’evoluzione del territorio);

� riguardo agli effetti in termini di morti eferiti (nel 2000 le inondazioni, nel 2004 lotsunami), danni economici, effetti sullanatura, sul paesaggio, sulla biodiversità esui beni culturali;

� a seconda della località colpita, sulla base della geografia e dello statosocio-economico, con differenze soprattutto a livello macroregionale.

Diversa ancora è la percezione (variabile asua volta nel tempo e nello spazio) da partedell’opinione pubblica e degli stessi tecniciesperti (anche sulla scorta delle suddivisioniper corporazioni disciplinari e per approcciometodologico).

Si rendono quindi necessarie attente e pre-cise analisi comparate del rischio, sulla base siadi dati retrospettivi che di conoscenza dei mec-canismi d’azione, allo scopo di stabilire il ri-schio potenziale per evento e per categorie dieventi. In prima approssimazione, è da ricor-dare che la stessa frequenza dei diversi tipi dieventi è estremamente variabile: dall’impattodi un meteorite di 10 km di diametro, che hauna probabilità di accadimento di una voltaogni 100 milioni di anni circa, ad una supereru-zione vulcanica (con VEI, Volcanic Explosivity In-dex, di 8 o più) che si verifica in media ogni50.000 anni, ad una scossa di terremoto di ma-gnitudo 8 della scala Richter che avviene in ge-nere ogni 2 anni, fino alle scosse meno violentecon frequenze di mesi, settimane, giorni, ore,minuti.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 13

devastanti, come quello di Izmit in Turchia nel 1999 (150.000 edifici distruttie 17.000 morti), di Bhuj nel Gujarat, India, nel 2001 (400.000 case crollate equasi 100.000 morti), del Golfo del Bengala (Sumatra) nel 2004 e del Ka-shmir nel 2005. I terremoti recenti più violenti, tutti superiori a magnitudo9 della scala Richter, si sono avuti, oltre che nel Golfo del Bengala come so-pra citato, in vari punti del cosiddetto ”anello di fuoco”del Pacifico, semprein zone dove si verifica la subduzione delle placche: a Valdivia in Cile (il piùviolento e con magnitudo più alta: 9,4-9,6 della scala Richter) nel 1960, inAlaska nel 1957 e nel 1963, nel Kamchakta nel 1952.

Terremoti con tsunami sono stati quelli citati del Golfo del Bengala e delKrakatoa (vedi oltre), quello citato di Tokyo nel 1703 che è risultato il piùgrave mai avvenuto in Giappone, quello famoso di Lisbona nel 1755(45.000 vittime), di Arica in Cile nel 1868 (70.000 vittime fra terremoto emaremoto), e alcuni italiani come quello del 1783 in Calabria e quello fa-moso di Messina del 1908. Altri si sono avuti in Alaska, nelle Aleutine, nelleHawaii, in Giappone e nel Pacifico.

Le maggiori eruzioni vulcaniche della storiaOltre ai terremoti, effetti disastrosi, diretti e indiretti, sono legati alle

grandi eruzioni vulcaniche. In particolare si citano quelle:� del Tambora a Sumatra, Indonesia, nel 1815 (92.000 morti), forse la più

grande eruzione dalla fine dell’ultima glaciazione, con effetti climaticinel 1816 (“l’anno senza estate”) e negli anni successivi,

� del Krakatoa sempre in Indonesia, fra Giava e Sumatra, nel 1883(36.000 morti), con annesso maremoto, avvenuta a circa 60.000 anni didistanza della precedente eruzione importante,

� della Montaigne Pelée nella Martinica nel 1902 (29.000 morti),� del Nevado del Ruiz (Colombia) nel 1985 quando una modesta

eruzione determinò lo scioglimento dei ghiacciai con formazione dicolate di fango (lahars) che uccisero 25.000 persone.

Altre eruzioni di minore entità per quanto riguarda le vittime si sono ve-rificate in Giappone, Colombia, Islanda, Messico, Guatemala, Indonesia,Filippine, Papua Nuova Guinea, Stati Uniti, Italia, ecc.

Tipi di eruzioneLe eruzioni possono essere di vario tipo (una classificazione più completa

è riportata nel capitolo 3):� pliniane (da Plinio il Giovane che descrisse l’eruzione che distrusse

Pompei), di tipo esplosivo e generatrici di flussi piroclastici, come quelledel Vesuvio, del Mount St. Helens (1980) e del Pinatubo nel 1991 -l’eruzione più potente del secolo scorso che, grazie all’evacuazione dioltre 200.000 persone, produsse un numero limitato di vittime (870) maebbe effetti socio-economici ed ambientali devastanti;

� peleane, legate all’ostruzione del condotto da parte di magma moltovischioso, fortemente esplosive e con flussi piroclastici, come quelladella Montaigne Pelée (1902);

� vulcaniane (da Vulcano, Isole Eolie), moderatamente violente e conpossibili flussi piroclastici;

� stromboliane (da Stromboli nelle Isole Eolie), con piccole esplosioni efuoriuscita continua di lava;

� hawaiane, con fuoriuscita continua e senza esplosioni di lava e gas,come nel caso delle Hawaii appunto e de La Réunion nell’OceanoIndiano.

Disastri naturali a livello globale | Il passato12

Grandi eruzioni sono avvenute in tempi remoti,come quella esplosiva dell’isola egea di Thera (i cuiresti oggi sono noti come Santhorini), nel 1500 a.C.circa, spesso collegata alla leggenda di Atlantide edalla fine della civiltà Minoica. Effetti ambientaliancor più devastanti hanno avuto le supereruzioni,molto più rare nel tempo, come quelle del distrettovulcanico dei Campi Flegrei (descritte in seguito) ocome quella del Toba a Sumatra, 73.500 anni fa(con precedenti 700.000 e 840.000 anni fa), cheha formato un cratere di 100 km e provocato unlungo “inverno vulcanico” (crollo di 5-6°C delletemperature planetarie medie), forse responsabiledi una quasi estinzione dell’Homo sapiens moderno(come suggerito dal ristretto pool geneticoattribuibile ad un piccolo numero di individui pertutta l’umanità) ed eventualmente dell’innescodell’ultima glaciazione. Note e ben studiate sonoanche le supereruzioni della caldera delloYellowstone, in Nord America, 600.000 e2.000.000 anni fa. Assolutamente catastrofichesono state le eruzioni che hanno generato le GrandiProvince Magmatiche citate in precedenza.

È un buon esempio di relativa distorsione nellapercezione l’evento di alluvione/frane/smottamentidel 2000 nelle Alpi italo-svizzere, il cui ricordo,sicuramente ben presente nelle popolazioni padane evaldostane, nell’opinione pubblica italiana è divenutonel frattempo assai “modesto”, probabilmente perchél’epicentro delle fatalità si trovava in Svizzera (intornoa Gondo nel Canton Vallese), ossia all’estero, e perchéla laminazione della piena dal Po, di dimensioniparagonabili a quella del 1954 (alluvione delPolesine), tramite l’inondazione programmata dellearee golenali, riuscì a scongiurare un superamentodegli argini che avrebbe avuto effetti ben peggiori diquello del 1954.Un altro buon esempio è quello relativo all’evento didissesto geologico-idraulico avvenuto nell’ottobre1910 nella Costiera Amalfitana. Le ondate di pienadei torrenti, associate all’innesco di numerose colaterapide di fango/detriti sui versanti, causarono circa200 morti a Cetara e piu di 50 negli altri centricostieri (Maiori, Minori, Vietri, Erchie). Nonostante ciò,l’evento è stato rapidamente dimenticato, forse perchéa cavallo dei disastri sismici del 1908-1915 eprecedente al disastro bellico del 1915-18, o forseperché la zona di massima distruzione era localizzatain un piccolo paese (Cetara) allora di “insignificante”valore per l’economia nazionale.

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L’anno 2004Alcuni osservatori, particolarmente attenti alla questione climatica, ave-

vano già dichiarato il 2004 l’anno dei disastri e degli eventi climaticiestremi.

Più precisamente, sul piano degli effetti collegati al clima, l’anno 2004 èstato caratterizzato da: � un numero eccezionalmente alto di tifoni nel Pacifico (Giappone, Asia

sud-orientale, isole del Pacifico); � 15 uragani delle classi più elevate nell’Atlantico (il numero annuo

normalmente non è superiore a 10), di cui 9 hanno colpito Caraibi edUSA (un uragano anomalo nell’Atlantico meridionale ha colpito ilBrasile);

� monsoni particolarmente distruttivi (Golfo del Bengala e Cina) conpiogge torrenziali, alluvioni, frane e smottamenti;

� 182 tornado in agosto (56 in più rispetto al 1979 anno record) e 235 insettembre (139 in più rispetto al 1967 anno record) negli USA;

� incendi boschivi eccezionali in Alaska; � accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai artici; � siccità aggravata in Africa settentrionale con sciami di cavallette.

L’anno 2000Per il 2000, un servizio di monitoraggio/catalogazione attuariale (Mun-

chener Ruck) ha elencato le seguenti catastrofi naturali considerate signifi-cative:� 3 terremoti (tutti in Estremo Oriente),� 6 grandi fenomeni tempestosi (tifoni, tornado, cicloni in Estremo

Oriente, USA e Madagascar),� 5 inondazioni (in Asia ed Europa) di cui una con frane (nelle Alpi in

Italia/Svizzera - l’evento che ha causato la massima perdita finanziaria),� 4 tra incendi di foreste, estrema siccità ed eventi franosi (in USA, Asia

ed Europa).

Alcune statisticheLe fatalità dovute a questi eventi variano da 0 a 1.450 morti per evento, la

massima perdita economica sempre per evento è di 8.500 milioni di dollari,il massimo rimborso pagato da società di assicurazione per un dato eventoè di 925 milioni di dollari.

Se si guarda al numero di esseri umani coinvolti (morti, feriti, evacuati ocomunque colpiti) da questi eventi, sempre sulla base di dati attuariali, glieffetti collegati al clima risultano indubbiamente i più rilevanti: per il pe-riodo 1994-2004, il numero più alto si ha per le inondazioni(1.530.491.000), la siccità (778.123.000) ed i cicloni (312.075.000); mentre alconfronto appaiono minori terremoti (33.954.000) ed eruzioni (818.000).

D’altro canto, gli effetti collegati al clima potrebbero, secondo molti, nonessere considerati disastri naturali ma eventi almeno in parte di origine an-tropica. Globalmente, il 2004 è stato comunque il quarto anno più caldo dal1880; ed inoltre gli ultimi 10 anni, con l’esclusione del 1996, sono stati glianni più caldi dal 1861.

Stime dei danni recentiIl valore globale dei danni stimati per il 2004 è stato valutato (senza calco-

lare gli effetti dello tsunami della fine dell’anno) in almeno 90 miliardi di dol-lari, valore record negli ultimi decenni, e fino ad un massimo (con lo tsunami)di 145 miliardi di dollari (di cui 44 miliardi risarciti dalle assicurazioni)1.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 15

1.2. I disastri del nuovo secolo

L’anno 2005Il 2005 è stato caratterizzato dalla tragedia dell’uragano Katrina, che ha

colpito soprattutto quattro stati degli USA (Louisiana, Mississippi, Alabamae Florida) e in particolare, il 29 agosto 2005, la città di New Orleans.

L’8 ottobre 2005 un terremoto di magnitudo 7.6 ha colpito il Kashmir pa-kistano e parte di quello indiano facendo oltre 80.000 vittime (ma quellestimate raggiungono le 200.000), devastando una zona soggetta per anniad azioni di guerra e che, al momento del sisma, si trovava nella stagionefredda di alta montagna.

Disastri naturali a livello globale | Il nuovo secolo14

L’uragano Katrina

Pur essendo stato probabilmente l’uragano piùdisastroso a colpire gli USA per danni provocati,non è il più intenso registrato. É superato infatti daquello detto del Labor Day (2 settembre 1935,Florida Keys), da Camille (17 agosto 1969,Mississipi) e da Andrew (24 agosto 1992, Floridasud-orientale), tutti di categoria 5 sulla scala Saffir-Simpson (da 1 a 5) al momento dell’arrivo sullaterraferma (mentre Katrina è stato di categoria 4).Gli uragani di categoria 5 negli USA, a partire dal1886, sono stati 22. L’uragano precedente piùdisastroso è stato però quello di Galveston nelTexas (8 settembre 1900), anch’esso di categoria 4come Katrina, dove i morti furono 8-12.000, perbuona parte dovuti all’ondata di arrivo dell’uraganoin una città dove quasi nessuno aveva ascoltato ilsuggerimento di evacuazione, che pure era statodato.Sembra che, dal 1995, gli uragani siano diventatipiù intensi (nell’Atlantico ma non nel Pacifico,nonostante che la temperatura dell’acqua risultimaggiormente aumentata in quest’ultimo), ma nonpiù frequenti, anzi forse in diminuzione; lacorrelazione con il cambiamento climatico globaleè stata ipotizzata ma non dimostrata.Katrina è stata la dodicesima tempesta tropicaledel 2005 a colpire gli USA; il vento ha raggiuntosulle coste i 280 km/ora e la massima intensità dipioggia è stata di 250 mm/giorno. In sintesi, lacatastrofe indotta da Katrina non fu dovuta tanto allaforza dell’uragano, quanto alla vulnerabilità delterritorio del delta del Mississipi ed in particolaredella città di New Orleans, situata in gran parte sottoil livello del mare ed esposta agli effetti della rotturadegli argini e delle dighe che la proteggono dalMississippi, dal Lago Pontchartrain e dai canali adessi collegati.Le vittime finora accertate di questa catastrofe sono1.281, di cui 799 in Louisiana, morte a causadell’inondazione ma non delle condizioni meteo.Circa 1 milione di persone ha lasciato New Orleans

prima dell’arrivo dell’uragano; almeno 30.000 sisono rifugiate nel Super Dome situato in città;273.600 sono state sgomberate d’autorità nei giornisuccessivi. La produzione di petrolio del Golfo delMessico si è ridotta temporaneamente del 95% (paria 14 milioni di barili al giorno). Si stima che i dannisuperino i 200 miliardi di dollari, rendendo Katrina ilpiù costoso disastro naturale verificatosi negli USA.La tragedia ha aperto la discussione su una serie diproblemi rilevanti: la prevenzione di questi disastri, lecaratteristiche e la manutenzione delle strutture anti-inondazione, l’organizzazione delle strutture dellaprotezione civile, l’importanza della ricerca e delleprevisioni, il livello di priorità politica della gestionedei rischi naturali.

L’anno 2004 è cominciato eterminato rispettivamente conil disastroso terremoto diBam (Iran) - 30.000 morti, il70% degli edifici distrutti - econ il catastroficoterremoto/tsunamidell’Oceano Indiano, conepicentro fra Sumatra e leIsole Andamane (9,3-9,4della scala Richter), coneffetti a livello bicontinentale.

Fonte:http://cimss.ssec.wisc.edu/tropic/ar-chive/2005/storms/katrina/avhrr/N17L.html.

1 Extensive Munich Restudy: “Topics Geo - AnnualReview: NaturalCatastrophes 2004”,Munich Re Group, pressrelease: 24 February 2005.

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 17

Terremoto (earthquake) Movimento (con una o più scosse) dellacrosta terrestre, che si verifica in tempiestremamente rapidi, causato dal rilasciodello stress accumulatosi lungo fagliesismogenetiche o da attività vulcanica.

Tsunami o maremoto Ondata (o più ondate) marina anomalacausata da un terremoto, da un’eruzionevulcanica sottomarina o da una franasommersa o emersa con scivolamento amare.

Eruzione vulcanica (volcanic eruption) Espulsione di materiale vulcanico (lava,materiale piroclastico, gas vulcanici), tramiteuno o più condotti vulcanici, sulla superficieterrestre.

Tempesta (storm)Un disturbo atmosferico che si manifesta conventi forti accompagnati da pioggia, neve oaltre precipitazioni e spesso da tuoni efulmini.

Ciclone (cyclone)Un sistema atmosferico caratterizzato da unarapida rotazione verso l’interno di massed’aria intorno ad un centro di bassa pressioneatmosferica, in genere accompagnato da untempo meteorologico tempestoso, spessodistruttivo; i cicloni ruotano in sensoantiorario nell’Emisfero Nord ed in sensoorario nell’Emisfero Sud. b. Violenta tempestatropicale, specialmente con originenell’Oceano Pacifico sud-occidentale onell’Oceano Indiano.

Tempesta tropicale (tropical storm)Una tempesta ciclonica con venti con velocitàda 48 a 121 km (30 a 75 miglia) all’ora.

Ciclone extratropicale (compresa latempesta mediterranea).Ciclone di dimensioni vaste ma con contenutoenergetico più modesto rispetto al ciclonetropicale, che nasce in aree oltre i 20 gradi dilatitudine, nella zona temperata, nel periododall’autunno all’inverno; può colpire, tral’altro, le coste del Mediterraneo e le costeatlantiche dell’Europa centro-meridionale.

Uragano (hurricane)Un severo ciclone tropicale che ha originenelle regioni equatoriali (tra il Tropico delCancro ed il Tropico del Capricorno)dell’Oceano Atlantico (in genere sulla costadell’Africa) o del Mar dei Caraibi o nelleregioni orientali dell’Oceano Pacifico, e simuove in direzione nord, nord-ovest o nord-est rispetto al punto d’origine; caratterizzatodi norma da grandi piogge. Sinonimo:ciclone tropicale.

Tifone (typhoon)Un ciclone tropicale che si verificanell’Oceano Pacifico occidentale onell’Oceano Indiano.

TornadoUna violenta tempesta di vento caratterizzatadalla presenza di una colonna d’aria, daldiametro da qualche metro fino ad un paiodi chilometri, che ruota a velocità alta edistruttiva (in genere accompagnata daun’estensione serpentina a forma di imbutoverso il basso proveniente da una nuvolacumulonembo sovrastante) e si muove lungoun percorso ben definito sulla superficieterrestre; in alcuni casi, si osservano sciamidi diversi mini-imbuti; un tornado, perdefinizione, deve essere in contatto sia conuna nuvola che con il suolo. In inglese,esistono numerosi sinonimi, anche in gergo:twister, whirlwind, wedge, funnel, gustnado,landspout, willy-willy, rope.

Tromba d’aria o marinaVortici depressionari di piccola estensione incui i venti (in genere con rotazione antiorarianell’emisfero nord) possono raggiungereelevate velocità (anche di alcune decine dikm/h), che si verificano alla base dellenuvole temporalesche chiamatecumulonembi, formandosi a seguito di fortiinstabilità dell’aria; una tromba tipicapresenta la forma a tubo o a cono a paretiripide con la base verso l’alto ed il verticeche si protende verso la superficie terrestrefino a toccarla, spesso con andamentosinuoso. Si parla di tromba d’aria (funnelcloud, detto tornado nelle forme più violente

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Le catastrofi naturali del 2004 hanno inoltre ucciso il doppio delle per-sone rispetto al 2003, per una cifra totale di 180.000 morti (ma di cui170.000, il 94%, causati dal grande tsunami). In proporzione però, i dannieconomici sono stati causati maggiormente da altri eventi rispetto allo tsu-nami: per il 27% dai soli uragani e tifoni che hanno colpito Caraibi e Giap-pone. Il numero totale degli eventi catastrofici analizzati per questi dati èstato di 650 di cui: 75 terremoti, 10 eruzioni vulcaniche, ed il resto eventi at-mosferici e marini.

1.3. Alcune questioni di terminologiaPer “disastro naturale”si intende un evento dovuto, esclusivamente o pre-

valentemente, a forze della natura che causi, in un tempo medio-breve, undanno significativo.

Sono compresi fra i disastri essenzialmente eventi come: terremoti, ma-remoti, eruzioni vulcaniche, cicloni tropicali, tempeste di terraferma (tor-nado), altri uragani e fenomeni tempestosi, precipitazioni (piogge, gran-dine e nevicate) eccezionali, siccità estrema o prolungata, ondate di calore,grandi incendi, ondate di freddo, ecc. Questi eventi sono di origine natu-rale, ma possono essere amplificati dall’azione dell’uomo.

Vi sono poi fenomeni complessi, vasti e di lunga durata come le glacia-zioni che, in un certo senso, esulano dal disastro naturale, pur essendoeventualmente all’origine di disastri.

Per individuare in modo rigoroso i “disastri naturali”è necessario rispon-dere ad almeno due difficili quesiti. Il primo riguarda la significatività o ri-levanza relativa del danno indotto; chiaramente, tale danno deve essere se-vero, con la distruzione o messa fuori uso di infrastrutture, danneggiamentiad edifici, proprietà o elementi anche naturali del paesaggio, e la presenzadi feriti o fatalità. Sui mezzi di informazione, per ragioni mediatiche o an-che di opportunità politica locale, è invalso l’uso di qualificare come “disa-stri”anche fenomeni che tali non sono, come una normale grandinata cheabbia effetti dannosi sulla produzione agricola. I disastri naturali possonocausare, oltre al danno immediato o precoce, numerosi effetti tardivi, comei fenomeni di degrado territoriale, desertificazione, perdita di biodiversità(inclusa quella ecosistemica), oltre ovviamente alle conseguenze socio-eco-nomiche.

Il secondo quesito concerne la distinzione tra disastri naturali e disastricausati dall’uomo: una sovrapposizione di origine è evidente, ad esempio,nel caso di alcuni dei grandi incendi. Essa è in genere invocata dai fautoridell’origine principalmente antropica dell’effetto serra per gran parte deglieffetti collegati al cambiamento o alla variabilità climatica, i cui danni sonoin effetti dipendenti anche dall’insufficiente o scorretta gestione del territo-rio.

Sono in uso numerosi sinonimi del termine “disastro naturale”, come “ca-lamità”o “evento calamitoso”; per i disastri naturali particolarmente gravi,caratterizzati da effetti in parte irrimediabili o irreversibili, si usano i termini“cataclisma”, “catastrofe” o “evento catastrofico” (ad esempio, un grandetsunami come quello recente nel Golfo del Bengala, un’eruzione vulcanicacon effetti atmosferici a livello planetario, la caduta di un asteroide). Il ter-mine “catastrofe” viene spesso anche usato in senso figurato. Per “catacli-sma”, le assicurazioni intendono un incidente o serie correlata di incidentiche abbiano causato un danno alle proprietà superiore a 5-25 milioni didollari (cifra in evoluzione).

Disastri naturali a livello globale | Alcune questioni di terminologia16

Glaciazione (glaciation):Fenomeno geologico digrandi dimensioni e durata,le cui cause sono ancoramolto discusse, caratterizzatodall’estensione del ghiacciopolare verso l‘equatore e deighiacciai alpini o di altremontagne verso aree inprecedenza libere da ghiacciper latitudine o altitudine; laglaciazione è caratterizzatada un clima freddo e secco,diminuzione del livello delmare (per i volumi d’acquabloccati nei ghiacci) e,probabilmente, conmodificazioni dell’equilibriodelle correnti oceaniche.L’ultima glaciazione è terminata circa 10.000anni fa.

Definizione dei vari disastri naturali

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Disastri naturali a livello globale | Alcune questioni di terminologia18

tipiche del Nord America) quando il vertice dibase corre sul suolo e di tromba marina(waterspout) quando corre sul mare o sulleacque interne; sono noti casi in cui la trombapassa dall’acqua alla terraferma o viceversa.

Inondazione (flood)Lo straripamento dell’acqua di fiumi, laghi omare ad inondare dei suoli normalmente nonallagati. Sinonimi: straripamento, esondazione,alluvione, allagamento. Sinonimi in inglese:deluge, surge, overflow, inundation, alluvion.

Frana (landslide)Crollo o scivolamento più o meno rapidoverso il basso di una massa rocciosa oterrosa (o mista); benché sia la gravità cheagisce sul pendio la causa primaria dellefrane, vi sono altri fattori concomitanti:erosione esercitata dall’acqua dei fiumi,dai ghiacciai e dalle onde marine; azionedelle piogge ed altre precipitazioni; terremoti; eruzioni vulcaniche; vibrazioninaturali o di origine antropica; eccesso dipeso sul terreno; azione delle acquesuperficiali e sotterranee. Sinonimo ininglese: landslip.

Ondata di calore (heat wave)Condizioni diffuse e persistenti di tempometeorologico eccezionalmente caldo(specialmente a causa di alte temperature).

Siccità (drought) Un lungo periodo di eccezionalmente scarseprecipitazioni, specialmente quando ha comeeffetto un serio squilibrio idrologico conconseguenze negative sulle condizioni di vitae di crescita nelle aree colpite.

Incendio (fire)Una rapida, persistente modificazione chimicache rilascia calore e luce ed è accompagnatada fiamma – in particolare l’ossidazioneesotermica di una sostanza combustibile –con effetti sul terreno, vegetazione, fauna,paesaggio, infrastrutture e proprietà.

Ondata di freddo (cold wave)Insorgenza entro il periodo di 24 ore di untempo meteorologico eccezionalmente freddocaratterizzato da una caduta della

temperatura rapida e considerevole, in generecon effetto su un’area relativamente ampia.

MeteoriteUna massa metallica o rocciosa di materia diorigine asteroidale o cometaria che,provenendo dallo spazio interplanetario,attraversa l’atmosfera terrestre e raggiungeeventualmente il suolo causando un impattoanche disastroso.

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2. IL RISCHIO SISMICO IN ITALIA

L’Italia è caratterizzata da un’intensa attività vulcano-tettonica (endo-gena) che si esplica attraverso eruzioni vulcaniche e terremoti.

In termini geodinamici questi fenomeni si spiegano per la presenza diuna grande linea di subduzione (Figura 2.1) lungo la quale la zolla africanascorre al di sotto di quella europea. Nel Mediterraneo tale linea passa perCipro, compie un arco nel Mar Egeo, raggiunge le Isole Ioniche, continualungo il bordo orientale dell’Adriatico, passa lungo la Linea Insubrica, perridiscendere lungo il bordo occidentale dell’Adriatico e, attraverso la fossadel Bradano, raggiungere lo Ionio, dove continua verso sud-ovest lungo ilmargine meridionale della Sicilia e lungo il fronte della Catena Kabilo-Ma-ghrebide in Nord Africa, fino ad arrivare al Rif marocchino. Tale processodi sovrascorrimento di Europa su Africa ha anche determinato, nelle zonedi retrocatena, l’apertura di bacini estensionali, di cui il Tirreno rappresental’esempio più importante.

In Italia il rischio sismico costituisce un problema di entità rilevante, vistoche nell’ultimo secolo ci sono state almeno 120.000 vittime e ingenti dannieconomici a seguito di terremoti: solo negli ultimi 25 anni, per la ricostru-zione postsismica, sono stati spesi 145.000 miliardi di lire.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 19

Figura 2.1In rosso è evidenziata la linea disubduzione lungo la quale lacrosta continentale africanascorre al di sotto di quellaeuropea. Le frecce nere indicanola parte di territorio che scende aldi sotto di quella indicata con lefrecce rosse.L’area limitrofa a talelinea tettonica è interessata daintensa sismicità.

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 21

2.1. Elementi del rischio sismico Il territorio italiano è soggetto a rischio sismico nella quasi totale interezza.

La penisola italiana è infatti geologicamente “giovane”e presenta una tetto-nica molto attiva. I due orogeni principali, le Alpi e gli Appennini, sono in con-tinuo movimento. Gli Appennini si spostano verso est–nordest di alcuni cen-timetri all’anno (il mare Adriatico è destinato tra milioni di anni a chiudersiper la saldatura tra Appennini e Dinaridi), mentre le Alpi si sollevano di alcunimillimetri l’anno.

Tutti questi movimenti sono il risultato delcomplesso rapporto tettonico, brevemente de-scritto in precedenza, intercorrente tra le plac-che Europa e Africa. Com’è facile immaginare,nelle zone limitrofe alla linea di contatto traqueste due placche, lungo la quale si scontrano

masse enormi diroccia, è possibileche si verifichinodei terremoti an-che di elevata in-tensità. Rispettoalle Alpi, gli Ap-pennini sono più giovani e caratterizzati damaggiore sismicità sia in termini di frequenzache di intensità.

Tale assetto geodinamico ha condizionato for-temente l’evoluzione geomorfologica del territo-rio italiano negli ultimi milioni di anni, durante iquali si sono succeduti innumerevoli terremoti, avolte rintracciabili sulla base di evidenze geolo-giche. In particolare, esistono evidenze paleosi-smologiche che dimostrano che su gran partedel nostro Paese si sono verificati forti eventi si-

smici durante le ultime migliaia di anni.Tali informazioni sono particolarmente signi-

ficative ai fini della valutazione della pericolo-sità sismica di un’area poiché il tempo di ri-torno dei terremoti può essere dell’ordine digrandezza delle migliaia di anni.

La rilevante sismicità del territorio italiano èconfermata dalle fonti scritte relative ai terre-moti avvenuti in epoca storica. L’Italia possiedeuno dei cataloghi sismici a livello mondiale piùricco di informazioni e che si estende più indie-tro negli anni (fin dal 461 a.C.). L’interesse perquesto genere di raccolte è stato infatti moltoprecoce, favorito dall’abbondanza di vecchiecronache, diari, manoscritti di vario genere,epigrafi, e stimolato dal ripetersi di eventi si-smici distruttivi che hanno attirato l’attenzionedi letterati ed eruditi.

Oltre duemila anni di informazioni sismiche disponibili comprovano cheterremoti di magnitudo 7 della scala Richter sono piuttosto comuni nel ter-ritorio italiano e che alcune zone in particolare sono più soggette ad esserecolpite da tali eventi.

Rischio sismico in Italia |Elementi del rischio sismico20

La scala Richter *

Magnitudo Effetti del terremoto

0 - 1 Sisma molto lieve registrato dai sismografi locali

2 - 4 Scossa avvertita solo nelle immediate vicinanze

>4 <5 Può causare danni localmente

5 L’energia sprigionata è pari a quella della bomba atomica lanciata su Hiroshima nel 1945

6 Sisma distruttivo in un’area ristretta (10 Km di raggio)

7 Sisma distruttivo in un’area di oltre 30 Km di raggio (potenza pari alla più grande bomba termonucleare)

>7 - 8 Grande terremoto distruttivo** (il terremoto di S. Francisco del 1906 fu di magnitudo 8)

8,5 Potenza pari a quella di 5 miliardi di tonnellate di tritolo(terremoto di Anchorage 1964)

8,6 L’energia prodotta dal sisma è tre milioni di volte superiore a quella dellaprima bomba atomica lanciata su Hiroshima nel 1945

9 Catastrofe con notevole spostamento della superficie terrestre (terremoto di Sumatra 2004)

9,5 Terremoto più forte che si sia mai verificato (Valdivia, Cile 1960),con effetti devastanti su un’area di centinaia di chilometri quadrati

Il rischio. Secondo ladefinizione propostadall’Ufficio del Coordinatoredel Segretariato delle NazioniUnite per la Mitigazione deiDisastri (UN/ISDR), il rischioconsiste nell’atteso numero diperdite umane, feriti, danni aproprietà, interruzioni di attivitàeconomiche, in conseguenzadi un particolare fenomenonaturale. Esso è espresso dalprodotto di tre parametri: R =H x V x E, dove H indica lapericolosità, V la vulnerabilitàed E il valore esposto.

La pericolosità. È laprobabilità che un datoevento si verifichi con unadefinita intensità in una dataarea. Ad esempio, è laprobabilità che un terremotodi intensità IX della scalaMercalli si verifichi ogni 100anni nell’area considerata.

La vulnerabilità. È la stimadella percentuale delle operecostruite dall’uomo che non èin grado di resistere all’eventoconsiderato.

Il valore esposto a rischio èdato dal valore dell’insiemedegli elementi a rischioall’interno dell’area esposta,distinti per categorie. Esso siquantifica in termini relativi(valore monetario delleproprietà, attività economiche,beni e servizi pubblici, ecc.) oassoluti (numero di persone,di edifici, ecc.).

La paleosismologiaè una disciplina delleScienze Geologicheche si occupa dellostudio degli effettisull’ambiente deiterremoti avvenuti nelpassato.

La magnitudo(definita da Richternel 1935) è illogaritmo in base 10dell’ampiezzamassima, misurata inmicron, dellaregistrazione,ottenuta con unsismografo standard,di un terremotoavvenuto ad unadistanza epicentraledi 100 km dallastazione di misura.

Quando ancora non sidisponeva di strumenti dimisura delle onde sismiche,per classificare i terremoti erapossibile utilizzare solo glieffetti da essi prodotti e diconseguenza furonointrodotte le scalemacrosismiche, come laMercalli-Cancani-Sieberg(MCS), la Mercalli Modificata(MM), la Medvedev-Sponheuer-Karnik (MSK). Laloro immediata utilità è quelladi rappresentare la severitàdegli effetti di un terremoto,in una determinata area,attraverso un valore numerico:l’intensità macrosismica. Irilievi macrosismici che siconducono dopo unterremoto, e che consistononella valutazione degli effetti(danni agli edifici e allepersone, frane, fagliazionisuperficiali, ecc.) nelle varielocalità colpite, consentonouna veloce stima delladistribuzione arealedell’intensità. Le aree aduguale valore di intensitàvengono riportate sullemappe macrosismiche,racchiuse da isolinee, detteisosisme. Tali mappe rendonoimmediatamente percepibilela distribuzione territoriale delrisentimento sismico.

* La scala Richter non è una vera e propria scala in quanto la magnitudo consiste nel logaritmo dell’ampiezzamassima dell’onda sismica registrata da un sismografo posto a 100 km all’epicentro. La scala Richter pertanto nonha né un massimo né un minimo, né degli intervalli predeterminati.

**Sono stati terremoti di magnitudo superiore a 7 quelli della Sicilia orientale del 1693 (Val di Noto) e del 1908(quest’ultimo meglio noto come terremoto di Messina o Calabro-Messinese, con un’intensità pari a XI secondo lascala Mercalli Modificata).

1906, le rovine di San Francisco

Friuli, terremoto del 1976

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dell’incalcinatura e dello stucco, di mattoni; generale caduta di tegole. Molti fumaiolivengono lesi da incrinature, da caduta di tegole, da fuoriuscita di pietre; camini giàrovinati si rovesciano sopra il tetto e lo danneggiano. Da torri e costruzioni alte cadonodecorazioni mal fissate. Con case a pareti intelaiate, i danni all’incalcinatura eall’intelaiatura sono abbastanza forti. Crollo singolo di case mal costruite oppureriattate.

VIII Distruggente (rovinoso): interi tronchi d’alberi ondeggiano vivacemente o perfino sistaccano. Anche i mobili più pesanti vengono in parte portati lontano dal proprio luogod’origine e in parte rovesciati. Statue, pietre miliari nel terreno o anche in chiese, incimiteri e parchi pubblici ruotano sul proprio piedistallo oppure si rovesciano. Solidimuri di cinta in pietra sono aperti ed atterrati. Un quarto circa delle case riporta gravidistruzioni; alcune crollano; molte divengono inabitabili. Negli edifici ad intelaiatura,cade gran parte della tamponatura. Case in legno vengono schiacciate o rovesciate. Inparticolare campanili di chiese e camini di fabbriche con la loro caduta provocano aedifici vicini lesioni. In pendii e terreni acquitrinosi si formano crepe. In terreni bagnatisi ha espulsione di sabbia e di melma.

IX Rovinoso (distruttivo): circa la metà di case in pietra sono gravemente distrutte;molte crollano; la maggior parte diviene inabitabile. Case ad intelaiatura sono diveltedalle proprie fondamenta e schiacciate su se stesse, con travi strappate, che possonocontribuire molto alla rovina.

X Annientante (completamente distruttivo): gravissima distruzione di circa ? degliedifici; la maggior parte crolla. Perfino costruzioni solide di legno e ponti subisconogravi lesioni, alcuni vengono distrutti. Argini e dighe, ecc.. sono danneggiatinotevolmente, binari leggermente piegati e tubature (gas, acqua e scarichi) troncate,rotte e schiacciate. Nelle strade lastricate e asfaltate si formano crepe e, perpressione, sporgono larghe pieghe ondose. In terre meno dense e specialmente inquelle umide si creano spaccature; in particolar modo sorgono parallelamente ai corsid’acqua crepature che raggiungono larghezze fino a un metro. Non soltanto scivolaterreno piuttosto molle dai pendii, ma interi macigni rotolano a valle. Grossi massi sistaccano dagli argini dei fiumi e da coste scoscese, in riviere si spostano massesabbiose e fangose, per cui il rilievo del terreno subisce cambiamenti. I pozzi variano difrequente il livello dell’acqua. Da fiumi, canali e laghi, le acque vengono gettate controle sponde.

XI Catastrofico crollo del complesso degli edifici in muratura; solide costruzioni ecapanne di legno ad incastro di grande elasticità possono ancora reggeresingolarmente. Anche i più grandi e sicuri tra i ponti crollano a causa della caduta deipilastri in pietra o del cedimento di quelli in ferro. Argini e dighe vengonocompletamente staccati l’uno dall’altro, spesso anche per lunghi tratti; binarifortemente piegati e compressi. Tubature nel terreno vengono staccate l’una dall’altra erese irreparabili. Nel terreno si manifestano vari mutamenti di notevole estensione, chesono determinati dalla natura del suolo: grandi crepe e spaccature si aprono; esoprattutto in terreni morbidi e acquitrinosi il dissesto è considerevole in direzioneorizzontale e verticale. Ne segue il trabocco di acqua che porta sabbia e melma con lediverse manifestazioni. Sfaldamento di terreni e caduta di massi sono numerosi.

XII Grandemente catastrofico non resiste alcuna opera dell’uomo. Loscombussolio del paesaggio assume aspetti grandiosi. Corrispondentemente flussid’acqua sotterranei e superficiali subiscono i mutamenti più vari: si formano cascate,laghi scompaiono, fiumi deviano.

Fonte: Sieberg A., 1930, Geologie der Erdbeben. Handbuch der Geophysik, 2, 4, pp. 550-555.Traduzione a cura di L. Serva.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 23

La scala Mercalli - Cancani - Sieberg (1930)

Intensità Descrizione

I Impercettibile: rilevato soltanto da sismografi.

II Molto leggero: recepito soltanto da rari soggetti nervosi che si trovano in perfettaquiete, oppure estremamente sensibili, e quasi sempre nei piani superiori deicaseggiati.

III Leggero anche in zone densamente abitate viene recepito come scuotimentosoltanto da una piccola parte degli abitanti nell’interno delle case, come nel caso delpassaggio di un’automobile a velocità elevata. Da alcuni viene riconosciuto qualefenomeno sismico soltanto dopo averne ragionato tra di loro.

IV Moderato delle persone che si trovano all’esterno degli abitati, non moltepercepiscono il terremoto. All’interno delle case viene identificato da molte, ma non datutte le persone, in seguito al tremare oppure ad oscillazioni leggere di mobili;cristalleria e vasellame, posti a breve distanza, urtano come al passaggio di unpesante autocarro su pavimentazione irregolare. Finestre tintinnano, porte, travi e assisi muovono, scricchiolano i soffitti. In recipienti aperti, liquidi vengono leggermentemossi. Si ha la sensazione che, in casa, un oggetto pesante (sacco, mobili) si rovesci,oppure di oscillare con tutta la sedia o il letto come su una nave con mare mosso.Questo movimento provoca poca paura a persone che sono diventate nervose oapprensive a causa di terremoti precedenti. In rari casi i dormienti si svegliano.

V Abbastanza forte perfino nel pieno delle attività giornaliere, il sisma vienepercepito da numerose persone sulle strade o comunque in campo aperto. Negliappartamenti si perviene all’osservazione in seguito allo scuotere dell’intero edificio.Piante e rami deboli di cespugli ed alberi si muovono visibilmente come con un ventomoderato. Oggetti pendenti entrano in oscillazione, per esempio: tendaggi, semafori elampade pendenti, lampadari non troppo pesanti; campanelli suonano, orologi apendolo si fermano od oscillano con maggior periodo, a seconda della direzione dellascossa, se perpendicolare o normale al moto di oscillazione; a volte orologi a pendolofermi possono rifunzionare; molle dell’orologio risuonano; la luce elettrica guizza ocade in seguito a movimenti della linea; quadri urtano battendo contro le paretioppure si spostano: vengono versate piccole quantità di liquido da aperti recipienticolmi; ninnoli ed oggetti del genere si possono rovesciare, e pure oggetti addossati allepareti, arredi leggeri possono essere spostati di poco dal posto; mobili rintronano;porte ed imposte si aprono o si chiudono sbattendo; i vetri delle finestre si infrangono.Quasi tutti i dormienti si svegliano. Sporadicamente persone fuggono all’aperto.

VI Forte il terremoto viene notato da tutti con paura, molti fuggono all’aperto, alcunicredono di dover cadere. Liquidi si muovono fortemente; quadri, libri e oggetti similicadono dalle pareti e dagli scaffali; porcellane si frantumano; suppellettili assai stabili,perfino isolati pezzi d’arredo vengono spostati o cadono; campane minori in cappelle echiese, orologi di campanili battono. In singole case costruite solidamente sorgonodanni leggeri: spaccature all’intonaco, caduta del rinzaffo di soffitti e di pareti. Dani piùforti, ma non ancora perniciosi, si hanno sugli edifici mal costruiti. Qualche tegola opietra di camino può cadere.

VII Molto forte lesioni notevoli vengono provocate ad oggetti e arredamento degliappartamenti, anche di grande peso, con il rovesciamento e la frantumazione. Lecampane maggiori rintoccano. Corsi d’acqua, stagni e laghi generano onde eintorpidiscono a causa della melma mossa. Parti delle sponde di sabbia e ghiaiascivolano via. Pozzi variano il livello d’acqua. Danni moderati a numerosi edificicostruiti solidamente: piccole spaccature nei muri, caduta di parti piuttosto grandi

Rischio sismico in Italia |Elementi del rischio sismico22

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tensità si verifichi in una data località in un dato momento, è stato possibilecostruire una mappa della pericolosità sismica sulla base dell’analisi della se-rie storica degli eventi e delle caratteristiche sismo-genetiche del territorio.

Sulla base di questi elementi, in Italia è stata effettuata una classificazionedel territorio; l’ultimo aggiornamento risale al 2003 con l’Ordinanza del Pre-sidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante “Primielementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio na-zionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, che ha stabilitoi criteri di riferimento per la definizione delle “zone sismiche”e ha permessodi allineare il sistema normativo per le costruzioni in zona sismica al sistemadei codici europei.

Con la nuova classificazione, le tre categorie sismiche previste nella clas-sificazione precedente (del 1984) sono state sostituite da quattro Zone.Sono state fatte ricadere nella Zona 4 aree precedentemente non classifi-cate e sono state introdotte molte modifiche come, ad esempio, l’inseri-mento di Roma in Zona 3.

L’intero territorio nazionale va considerato a rischio sismico, in quanto

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 25

La consapevolezza che i terremoti abbiano la tendenza a manifestarsi ne-gli stessi luoghi e che ci siano aree più soggette di altre esiste fin dai tempiantichi, anche se allora era altrettanto diffusa la credenza che le crisi sismi-che dipendessero dalla rottura dell’equilibrio con la divinità, tanto che, trala metà del Quattrocento e il primo Seicento, la loro origine non naturaleveniva asserita persino nei trattati naturalistici.

Quindi, sebbene la storia umana costituisca una piccola finestra tempo-rale aperta su processi che si sviluppano in tempi geologici, di molti ordinidi grandezza più lunghi, disponiamo comunque di una banca dati, oltre chedi conoscenze scientifiche, che ci permettono di eseguire delle previsioni ditipo probabilistico sull’intensità e la frequenza dei terremoti attesi. Infatti,poiché la causa geologica che genera i terremoti non si esaurisce alla scaladei tempi umani, dobbiamo aspettarci che le zone colpite da terremoti nelpassato saranno colpite ancora nel futuro con un’intensità paragonabile aquella già sperimentata.

Nel paragrafo 2.5 sono riportati nelle schede alcuni esempi di terremotiavvenuti nel territorio italiano, che sono quindi rappresentativi di scenariche potrebbero tragicamente riproporsi.

2.2. La pericolosità sismica in ItaliaLa pericolosità sismica (definita dalla frequenza e dall’intensità dei feno-

meni) in Italia può essere considerata medio-alta nel contesto dell’areamediterranea (Figura 2.2), o addirittura modesta se paragonata a quella dialtri paesi come ad esempio la California. Infatti, in California un eventoche sprigioni una quantità di energia pari a quella liberatasi nel terremotodel 1980 in Irpinia avviene in media una volta ogni due anni.

Anche se non si è in grado di prevedere che un terremoto di una certa in-

Rischio sismico in Italia | La pericolosità sismica in Italia24

Dal 2003 l’intero territorioitaliano è stato classificatodal punto di vista sismico,sia pure con livelli dipericolosità molto diversi.Sono state individuatequattro Zone a pericolositàcrescente dalla 4 alla 1.

Figura 2.2Mappa della pericolosità sismicadell’Europa centro–meridionale. Ilgrado di pericolosità è espresso

in accelerazione orizzontalemassima del suolo (m/s2) a

seguito di terremoto conprobabilità di superamento del

10% in 50 anni. Il territorioitaliano è caratterizzato da una

pericolosità medio-alta.

Fonte: IGCP Seismotectonics andSeismic Hazard Assessment,

SESAME,www.seismo.ethz.ch/gshap/sesa

me/sesame99.html

Figura 2.3Classificazione sismica dell’Italia(2004). Tutto il territorio è copertoda Zone a diversa pericolosità(crescente dalla 4 alla 1).

Fonte: Dipartimento dellaProtezione Civile

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Purtroppo i terremoti catalogati rappresentano solo un’infinitesima partedi quelli avvenuti nella storia geologica. Inoltre, i cataloghi sismici di cui di-sponiamo coprono un intervallo di tempo spesso troppo breve rispetto aitempi di ritorno dei terremoti, che possono essere anche di migliaia di anni.Il terremoto di Avezzano del 1915 è un esempio di forte terremoto (magni-tudo 7) avvenuto in un’area dove storicamente non si erano verificati eventidi uguale grandezza, di cui risultasse menzione nei cataloghi sismici.

Nelle stime di pericolosità sismica è pertanto importante utilizzare anchealtri strumenti da affiancare alle conoscenze di sismicità storica e strumen-tale. I recenti progressi in campo paleosismologico possono sicuramenteaiutarci a “retrodatare” i cataloghi sismici individuando terremoti avvenutiin tempi pre-storici. Anche la geomorfologia quantitativa può rappresen-tare uno strumento importante per riconoscere un “paesaggio sismico”frutto di un’evoluzione condizionata dal susseguirsi di terremoti.

2.3. Forti terremoti avvenuti in Italia Storicamente, per quel che riguarda le vittime, il terremoto più catastro-

fico registrato in Italia è quello di Messina del 1908 (centrato sullo Strettotra Messina e Reggio, con effetti devastanti dalla Sicilia orientale alla Cala-bria meridionale), con annesso tsunami (87.000 morti circa tra Sicilia e Ca-labria – le stime variano fra 60.000 e oltre 90.000 - di cui almeno 2.000 in-ghiottiti dalle onde).

Nei cataloghi sismici italiani risulta che altri cinque terremoti, oltre quelloappena citato, hanno raggiunto o superato il grado 7 di magnitudo Richtero equivalente: quello del 1349 nell’Aquilano, quello del 1456 in Molise, del1693 nella Val di Noto, con effetti in tutta la Sicilia orientale, del 1743 nelBasso Ionio e del 1915 di Avezzano.

Per quel che riguarda il numero di vittime, i terremoti più catastrofici sonostati, oltre a quello di Messina, quello della Val di Noto del 1693 (60.000morti), quello terribile della Calabria del 1783, costituito in realtà da una se-rie di 6 terremoti (50.000 morti nel complesso) e quello di Avezzano del1915 (33.000 morti). A seguito di quest’ultimo sisma, vi fu l’istituzione dellaprima commissione nazionale sui terremoti e l’avvio, in Italia come al-l’estero, di ricerche scientifiche moderne nel campo della sismologia, conparticolare riferimento alla messa a punto di strumenti di registrazione deifenomeni sismici.

Se si prosegue con il conteggio dei terremoti con magnitudo equivalenteuguale o superiore a 6, dal 217 a.C. all’anno 2000, in Italia sono noti 115eventi. Nell’ultimo secolo, terremoti con magnitudo maggiore o uguale a 6sono avvenuti in Garfagnana-Lunigiana (1920), Irpinia-Basilicata (1930,1962 e 1980), Puglia settentrionale (1948), nella Valle del Belice in Sicilia(1968) ed in Friuli (due volte nel 1976). Va anche citato, benché di magni-tudo 5.7, il terremoto di Umbria-Marche del 1997, per i danni causati e l’at-tenzione suscitata nell’opinione pubblica.

Molti altri terremoti, di magnitudo inferiore a 6, hanno comunque colpitol’opinione pubblica negli ultimi secoli entrando a far parte della tradizioneorale popolare. Tra gli altri: il violento terremoto della Maiella e del Sulmo-nese del 1706, quello di Casamicciola (già allora nota stazione termale) nel-l’Isola d’Ischia del 1883, quelli più recenti di Tuscania (con danni alle operearchitettoniche) del 1971 e di Ancona del 1972, e diversi altri soprattuttonell’Italia centrale.

A fine capitolo, nel paragrafo 2.5, sono riportate schede informative rela-tive ad alcuni terremoti storici, rappresentative di scenari che potenzial-mente potrebbero riproporsi, con l’aggiunta degli effetti dovuti alla mag-

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 27

ogni sua parte può essere investita dalle onde sismiche prodotte da terre-moti anche con epicentro distante.

Dalla carta di Figura 2.3 risulta che le zone a maggior pericolosità sismica(I categoria) risiedono lungo l’arco appenninico a partire dall’Umbria finoad arrivare in Sicilia, mentre lungo l’arco alpino solo l’area del Friuli è clas-sificata in I categoria.

Le mappe di pericolosità sismica rappresentano i documenti di sintesi ne-cessari all’elaborazione di una classificazione sismica del territorio. In Ita-lia, la Mappa di pericolosità sismica (Figura 2.4) è stata definita sulla basedei terremoti raccolti nei cataloghi sismici, di una zonazione sismo-gene-tica del territorio ricostruita in funzione della distribuzione spaziale e dellaprofondità di terremoti conosciuti, e di relazioni di attenuazione delle ondesismiche con la distanza dall’epicentro.

Rischio sismico in Italia | La pericolosità sismica in Italia26

Figura 2.4Mappa di pericolosità

sismica dell’Italia(2004). Il grado di

pericolosità è espressoin accelerazione

orizzontale massima delsuolo (in frazioni di g) aseguito di terremoto con

probabilità disuperamento del 10% in

50 anni.

Fonte: INGV

Il terremoto di magnitudo 7 checolpì Avezzanoil 13 gennaio 1915 causò la morte di 33.000 persone.Nel catalogo sismico italianoper l’area del Fucino non compaiono altri sismiprecedenti di entitàparagonabile.

La geomorfologia quantitativaconsiste nell’applicazione deimetodi matematici e statistici allo studio delle forme delrilievo terrestre e dei processiche le hanno generate.L’individuazione delle relazioniesistenti tra i vari parametrigeomorfici permette dielaborare modelli che ciconsentono di interpretarel’evoluzione passata delpaesaggio e di prevedere quellafutura.

La magnitudo equivalenteè la magnitudo, ricavata da relazioni empiriche, di queiterremoti che non sono statiregistrati strumentalmente(perché avvenuti primadell’esistenza dei sismografi o perché avvenuti in zone non coperte da reti sismiche).Essa viene essenzialmentericavata a partire dall’Intensitàdel terremoto.

Mappa di pericolosità sismica dell’Italia (2004)

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giore pressione antropica e industriale rispetto al passato. Nelle schedesono in particolare descritte le “serie”di terremoti avvenuti nell’arco di po-chi anni, nonché alcuni terremoti devastanti del lontano passato (Veronesedel 1117, della Val di Noto del 1693) e del passato più recente (dello Strettodi Messina nel 1908, della Valle del Belice in Sicilia nel 1968, del Friuli nel1976, dell’Irpinia-Basilicata nel 1980) che sono rimasti impressi nella me-moria degli italiani.

Volendo paragonare la sismicità in Italia con quella in altre aree dellaTerra, si nota che mentre nessun terremoto noto italiano (ultimi 2000 anni)ha raggiunto o superato magnitudo 8, in altre zone del pianeta terremoti ditale e persino maggiore grandezza non sono rari.

Nel periodo dal 1900 ad oggi vi sono stati 10 terremoti con magnitudo su-periore a 8,5: in Cile nel 1960 (con il record di 9,5), in Alaska nel 1964, nellaIsole Aleutine nel 1957 e nel 1965, nella Kamchatka nel 1925 e nel 1952, nelGolfo del Bengala al largo di Sumatra (con il noto tsunami) nel 2004, allargo dell’Ecuador nel 1906, ancora a Sumatra nel 2005, al confine India-Cina nel 1950. Si calcola che sul pianeta si verifichino in media 1 terremotoall’anno di magnitudo 8 o più e 18 di magnitudo compresa tra 7 e 7,9; inItalia invece, negli ultimi 6 secoli circa, si sono verificati solo 6 eventi conmagnitudo compresa tra 7 e 7,9.

In altre parole, i terremoti in Italia sono meno forti rispetto a quelli di al-tri Paesi, e quelli relativamente più forti, comunque al di sotto di magnitudo8, non sono molto frequenti. Tuttavia, a causa dell’alta vulnerabilità dei no-stri centri abitati, gli eventi sismici italiani generano un notevole grado didanneggiamento.

2.4. La vulnerabilità sismica in Italia La vulnerabilità sismica in Italia è molto elevata. Basti pensare al terre-

moto di San Giuliano di Puglia del 2002, quando una modesta scossa dimagnitudo 5,4 ha procurato la morte di 30 persone, tra cui 27 bambini eun’insegnante per il crollo di una scuola elementare, la cui struttura era deltutto inadeguata a resistere alle sollecitazioni orizzontali di tipo dinamicodovute al sisma. Purtroppo gli edifici a struttura mista, la cui realizzazioneprevede l’utilizzo di mattoni pieni o in laterizio forato di tipo portante perle strutture verticali e cemento armato per i solai e i tetti, sono molto diffusiin Italia. Tale tipologia costruttiva può essere idonea in condizioni statichee dinamiche a patto che vengano rispettate le “buone tecniche costruttivedi base”, ovvero non vengano praticate aperture vicino a incroci di mura-ture portanti, i maschi murari siano ben dimensionati, e inoltre i tetti nonsiano pesanti, in quanto la forza dinamica del sisma è tanto più grandequanto più il peso è maggiore e posto in alto.

Oltre a possedere un patrimonio edilizio diffusamente insicuro dal puntodi vista della risposta sismica (si pensi ai centri storici delle città spesso ve-tusti e maltenuti), l’Italia è caratterizzata da un’alta densità di popolazioneche fa sì che ogni evento interessi in generale un elevato numero di abi-tanti. Inoltre dal 1909, anno di entrata in vigore delle prime norme di co-struzione antisismica nell’Italia unitaria, fino al 1981, un comune venivaclassificato sismico solo se a partire da tale data veniva colpito da un eventodistruttivo, indipendentemente dal fatto che ne avesse subiti altri prece-dentemente o che le conoscenze sismo-tettoniche lo indicassero comeesposto ad alto rischio. Solo nel 1984 è stata introdotta una classificazionesismica omogenea del territorio nazionale basata su criteri più scientifici.

Di conseguenza, in molte delle zone più pericolose d’Italia, in particolarein tutte quelle che avevano subito terremoti disastrosi prima del 1908, si è

Disastri naturali | Conoscere per prevenireRischio sismico in Italia |Forti terremoti avvenuti in Italia 2928

Anche se oggi, in genere, lacittà di Roma non vieneconsiderata dal grandepubblico a rischio diterremoto, i dati storici –tramandati in forma scrittae quindi oggi preziososupporto alle conoscenze -indicano come nel corsodei secoli vi siano statiavvertiti dei terremoti,spesso con danni amonumenti famosi.Si possono ricordare, tra glialtri:

� i terremoti degli anni15 (con danni alle MuraServiane), 20 (con crollodel Teatro di Pompeo), 51,85 e 116; � il terremoto del 191,avvenuto durante una tempesta con molti fulmini, seguitoda diversi incendi; � quello del 223, il primo in cui si verificarono danni alColosseo;� il terremoto molto forte del 258 con “1000 casedistrutte”;� una sequenza di terremoti (304, 408, 422, 429) chedanneggiarono di nuovo il Colosseo, il Foro, San Paolo fuorile Mura (443), il Circo Massimo (454),� il terremoto ancora più forte del 476-477 caratterizzatoda 70 scosse, con danni ancora al Colosseo, colpito anchenel 492 e 508, con crollo dell’arena;� il Colosseo fu danneggiato, insieme ad altri monumenti,anche negli anni 801 (insieme a San Paolo fuori le Mura),847, 849 e 896 (insieme a San Giovanni in Laterano);� nel 1231, dopo un lungo intervallo, forse apparente acause della scarsezza di dati relativa a tale periodo, unsisma causò un primo crollo della Tor de’ Conti (oggiall’angolo di Via Cavour con Via dei Fori Imperiali) e ilgrande crollo della parete esterna sud-ovest del Colosseo,ancor oggi visibile; nel 1255 si ebbe ancora un altro evento;� i terremoti abbastanza forti del 1321, del 1334 (condanni alla Torre delle Milizie), del 1348 (col crollo di un altrostrato della Tor de’ Conti, ridotta alla versione odierna) e del1349 (con danni al Colosseo ed alla Colonna Antonina,come sotto descritto), citato anche dal Petrarca;� il terremoto del 1407, seguito da una lunga parentesi diquiete, almeno a giudicare dalle fonti;� due terremoti nel 1703 (danni al Colosseo), conepicentro a Norcia, 1706, con epicentro sotto la Maiella, e1730 (danni a San Pietro in Vaticano);� una lunga sequenza di terremoti nella zona dei Castelli(1806, 1810, 1813, 1829 e 1892) ed uno forte a Tivoli(1826) con contemporanea piena devastante dell’Aniene;� nel 1895 si avvertì a Roma, ed in particolare ad Ostia,

un terremoto probabilmente con epicentro al largo delTirreno, forse accompagnato da un piccolo maremoto;� il grande terremoto di Avezzano del 1915 che provocòdanni in almeno 300 punti diversi della città, e quello dellaVal Nerina del 1979; entrambi raggiunsero a Roma il VIIgrado della scala Mercalli;� quello recente dell’agosto del 2005 (4.5 della scalaRichter) con epicentro nel Tirreno, al largo di Anzio-Nettuno,che è stato avvertito, senza provocare danni, lungo la costacentro-meridionale del Lazio e nelle province di Roma, Latina eFrosinone (ha raggiunto il VI grado della scala Mercalli adAnzio e il IV-V a Roma); un altro evento analogo, oltre a quellosopra segnalato del 1895, si ebbe anche nel 1919.Molti eventi sismici hanno pertanto lasciato il segno su varimonumenti romani. Maggiori effetti si riscontrano sugliedifici situati nella pianura alluvionale del Tevere, mentre giàsui colli il risentimento sismico risulta minore.È notorio lo spostamento in senso rotatorio, tra il nono e ildecimo rocchio, della Colonna Antonina a Piazza Colonna,avvenuto a seguito di un terremoto (forse quello del 1349),che non si riscontra invece nella Colonna Traiana, che èfondata su terreno più solido (arenaria) rispetto all’altra(sabbie e limi poco consolidati).I terremoti avvertiti a Roma hanno avuto origine in diversezone epicentrali: l’Appennino Umbro (il caso più frequente,ultimo quello della Val Nerina, ed i cui violenti episodi sonospesso ben avvertiti), il Fucino ed altre zone dell’AppenninoAbruzzese, l’Appennino Laziale-Molisano (come per il forteterremoto del 1349 con epicentro tra Cassino e Isernia), iMonti Tiburtini (come per i recenti episodi, di poco rilievo,avvertiti nel 1997, 1998 e 2000), i Castelli Romani (sonoben noti gli sciami sismici correlati all’attività tuttora inessere del Vulcano Laziale; ultimo episodio avvertito nel2000), e al largo del Tirreno di fronte alla costa laziale(dove sono presenti alcune faglie sismogenetiche).

Il maschio murario è quellaporzione di muratura portanteche dalle fondamenta arrivafino al tetto dell’edificio (inpratica è il pilastrodell’edificio in muratura).

La storia sismicadi Roma

Foto: A. Candido

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150 miliardi di Euro. Anche se questa cifra appare enorme, bisogna peròconsiderare che essa è solo il doppio del costo affrontato dagli italiani perle ricostruzioni post-sismiche negli ultimi 25 anni3.

Azioni di mitigazioneOltre ad un’azione di soccorso rapida e preventivamente ben organizzata da

parte della Protezione Civile, l’informazione e la preparazione dei cittadinisono mezzi importanti di riduzione della vulnerabilità. Per queste ragioni, laProtezione Civile si è posta l’obiettivo di aumentare nella popolazione la co-noscenza, la coscienza e quindi la capacità di autodifesa.Tale obiettivo può es-sere perseguito attraverso l’organizzazione di corsi, la distribuzione di mate-riale informativo sui comportamenti da tenere in caso di evento, campagne diesercitazione con simulazioni di eventi possibili ed attivazione delle associa-zioni di volontariato. Per ridurre l’esposizione, si può predisporre l’evacua-zione degli abitanti che si vengano a trovare in edifici resi pericolanti da unaprima scossa sismica ed il loro trasferimento in centri di accoglienza. È per-tanto necessario che le aree idonee alla realizzazione di tali centri di acco-glienza vengano individuate sul territorio preventivamente, per evitare di per-dere tempo prezioso durante l’emergenza.

Recentemente, si sta investendo anche in Italia sui sistemi di allerta si-smici (seismic early warning) già in sperimentazione da molti anni in altripaesi sismicamente attivi come Giappone, Taiwan, Stati Uniti e Messico.

Il principio su cui si basano tali sistemi è abbastanza semplice, mentre risultaancora complesso il passo successivo, cioè lo sviluppo di sistemi affidabili edefficienti direttamente utilizzabili per attività di prevenzione. Un sistema di al-lerta sismico si basa sull’elaborazione in tempo reale di dati acquisiti dalla retesismica presente nell’area epicentrale del terremoto. La funzione della rete èquella di fornire una stima rapida e il più possibile precisa della localizzazionedell’evento sismico e della sua magnitudo. Sulla base di questi parametri, èpossibile prevedere lo scuotimento al suolo atteso in aree anche distanti dallazona epicentrale. Poiché le onde sismiche si propagano nella Terra ad una ve-locità inferiore rispetto ai segnali analogici (o digitali) trasmessi via radio (ocavo), è possibile far giungere in un’area distante dall’epicentro un segnale diavviso in anticipo rispetto all’arrivo delle onde stesse. In funzione della di-stanza dell’area dall’epicentro, l’anticipo sull’arrivo del terremoto può risultaredi qualche secondo o di qualche decina di secondi. Alcuni secondi possonoessere sufficienti per disattivare i meccanismi di funzionamento di impiantiindustriali a rischio, di reti di distribuzione elettrica o del gas, per l’interruzionedel traffico ferroviario, per l’attivazione di sistemi di protezione e controllo diedifici strategici, e così via.

Il problema maggiore da affrontare in Italia, data la sua conformazione fi-sica, è però la relativa breve distanza esistente in genere tra zona epicen-trale e città da proteggere.

La questione assicurativaDa qualche anno si è cominciato a discutere dell’ipotesi di introdurre an-

che in Italia il ricorso al sistema assicurativo privato all’interno di una nor-mativa quadro per la copertura finanziaria dei danni da disastri naturali. At-tualmente, il risarcimento di danni conseguenti a fenomeni catastroficiquali terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, frane, è escluso dallecondizioni generali delle normali polizze. D’altro canto, l’esperienza di al-

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 31

iniziato a costruire con criteri antisismici solo a partire dalla metà degli anni’80. Il risultato è che nelle zone sismiche classificate nel 1984, che copronocirca il 45% del territorio nazionale, solo il 14% delle abitazioni sono co-struite secondo norme antisismiche1.

Rischi per il patrimonio culturaleI terremoti, oltre a provocare la perdita di vite umane, il ferimento di per-

sone, il danneggiamento di infrastrutture, di impianti produttivi e di abita-zioni, causano, in particolar modo nel caso dell’Italia, danni al patrimonioartistico–architettonico-culturale. Volendo fare solo due esempi (in Italiaesistono innumerevoli situazioni analoghe), le città di Assisi e Noto sonodotate di un patrimonio artistico inestimabile che è messo a repentagliodall’elevata sismicità caratterizzante il territorio nel quale esse si trovano.

Vulnerabilità dei centri urbaniTutti i suddetti fattori contribuiscono in modo concomitante a determi-

nare l’elevata vulnerabilità delle nostre città. Paradossalmente, poi, i lunghiperiodi (anni o decine di anni) durante i quali in Italia la sismicità non simanifesta in modo rilevante, rendono il nostro Paese ancora più debole inquanto si insinua, nei cittadini e nei decisori, la tendenza a sottovalutare oaddirittura rimuovere la possibilità che un nuovo forte evento possa verifi-carsi. Il risultato è che in Italia non si investe sufficientemente in preven-zione, come invece accade ad esempio in Giappone, dove si è costretti aconvivere quasi quotidianamente con il terremoto.

I terremoti sono fenomeni naturali indipendenti dall’attività antropica; allostato attuale di sviluppo tecnologico, non è possibile intervenire per ridurre lapericolosità sismica di una determinata area. Pertanto, l’unico modo pratica-bile per ridurre il rischio sismico è quello di ridurre la vulnerabilità e l’esposi-zione degli elementi a rischio, e di incrementare la conoscenza sulla base distrumenti quali il monitoraggio e la costruzione di cataloghi sismici.

La vulnerabilità sismica degli edifici può essere ridotta rendendo le strut-ture più resistenti alle onde elastiche prodotte dai terremoti. Ciò è possibile,per i nuovi edifici, seguendo le modalità costruttive previste dalla norma-tiva antisismica vigente e dalle disposizioni regionali per le zone sismichee, per i vecchi edifici, approntando idonei interventi di adeguamento strut-turale. Bisogna considerare che in Italia, come in molti altri paesi, vi è undebito arretrato di investimenti antisismici che si è accumulato nel tempo eche ha comportato che per secoli si costruisse con tecniche incapaci di ga-rantire sufficiente sicurezza nei confronti dei terremoti.

Ci sono città come Catania che, sulla base di dati storici, sappiamo espo-sta a eventi del X–XI grado della scala Mercalli, dove oggi vivono 330.000abitanti e dove il patrimonio edilizio, in parte abusivo, è stato realizzato concriteri antisismici solo per il 5% del totale2.

È facile immaginare quali possano essere le conseguenze di un forte sismanell’area di Catania, o in un altro qualsiasi centro fortemente urbanizzato,senza la messa in atto di una seria politica di prevenzione.

La prevenzione sismica in Italia è un problema di dimensioni enormi. In-fatti, si stima che nelle sole zone sismiche classificate nel 1984 vi siano 7milioni di abitazioni insicure costruite precedentemente. Il costo del mi-glioramento sismico di tutte queste abitazioni potrebbe aggirarsi intorno ai

Rischio sismico in Italia | La vulnerabilità sismica in Italia30

1 Barberi F., Santacroce R., Carapezza M.L.,Terra Pe-ricolosa. A cura di Barberi V., Edizioni ETS, 2005.

2 Manfredi G., 2005, In Italia terremoti medio-altima vulnerabilità molto elevata. In Villaggio Glo-bale,VIII, n. 29, pp.68-70.

In anni recenti, hanno fattonotizia i gravi danni subitidal complesso basilicale diSan Francesco ad Assisi: aseguito del terremoto inUmbria-Marche del 1997si verificò il crollo di partedella volta della ChiesaSuperiore e la distruzione diimportanti affreschi (tra cuiil San Matteo di Cimabue)delle vele del soffitto.

I terremoti della Val di NotoSecondo dati relativiall’ultimo millennio, Noto,Augusta e Siracusa sonostate danneggiate in modorilevante nel 1125 (15.000vittime segnalate dallefonti), nel 1169, nel 1542,nel 1693 (area didanneggiamento pari a14.000 kmq, circa 60.000morti, la popolazione diCatania di 30.000 abitantivenne dimezzata), nel 1727,nel 1818 e 1846 (epicentronel Catanese) e poi ancoranel 1903, nel 1908 (ilgrande terremoto diMessina) e recentementenel 1990. È particolare ilcaso di Noto (Antica) che,già danneggiata nel 1542,venne completamentedistrutta dalle scosse del 9e 11 gennaio 1693 ericostruita in un nuovo sitoentro il 1702: è questal’origine del gioiellorappresentato dalla Notobarocca, pur danneggiatadai terremoti successivi.Oltre a queste città, aCatania (con i piccoli centridel Catanese) e Messina,sono a rischio sismicoanche le altre città del sud-est della Sicilia, tutterilevanti dal punto di vistadei beni culturali:Caltagirone, Militello,Modica, Palazzolo Acreide,Ragusa e Scicli. Esse furonoricostruite dopo il 1693,sopra o accanto ai restidegli insediamenti distrutti,nello stile del tardo baroccosiciliano.

3 Barberi F., Santacroce R., Carapezza M.L.,2005, Terra Pericolosa, cit.

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SCHEDA 1

Data 3 GENNAIO 1117Epicentro VERONESEIntensità massima IX MCS

GENERALITÀ� Massimo terremoto storico avvenuto

lungo il margine pedealpinobresciano–veronese.Sono state individuate due scosse: unaprima avvenuta nella notte tra il 2 e il 3gennaio e una seconda, più forte,avvenuta nel primo pomeriggio del 3gennaio.

� Campo macrosismico complesso convarie aree di maggior risentimento,localizzate sia in Italia (veronese,pedeappennino emiliano, pisano) che inGermania (Augsburg).

� Epicentro probabilmente ubicato 10–15km a SE di Verona, in corrispondenzadella zona del veronese maggiormentedanneggiata; la stessa area è stata sededi altri terremoti il 25/04/1907 e il04/03/1963. Anche alcuni dei terremotisegnalati a Verona fin da prima dell’anno1000 potrebbero avere avuto originenella medesima area.

� Intensità epicentrale non superiore al IXgrado MCS, anche se in località Roncoall’Adige può essere ipotizzatoconservativamente il X grado MCS.

EFFETTI NEL CONTESTO ANTROPICO

Il terremoto ebbe grande fama einfluenzò la società e la cultura deltempo in Veneto e nell’alta Emilia. Ilterremoto veniva utilizzato comeelemento di riferimento cronologico perdatare altri avvenimenti sociali.Nessuna fonte contiene una stima dellevittime, menzionate solo in manieragenerica.

EFFETTI SULL’AMBIENTE

Numerose cronache riportano notizie digrandi sconvolgimenti dei fiumi, inparticolare in Italia relativamente al Po eall’Adda, e nell’Europa centralerelativamente all’Unstrut e alla Mosa.

tri paesi è incoraggiante, dato che i risarcimenti governativi a seguito di ca-lamità risultano più contenuti rispetto all’Italia proprio grazie al concorsodelle compagnie di assicurazione.

L’ipotesi assicurativa deve necessariamente accompagnarsi ad una defini-zione preventiva delle caratteristiche e dei limiti dell’intervento statale. Sipossono schematicamente ipotizzare i seguenti modelli: � modello totalmente volontario con la stipulazione facoltativa di una

polizza-base (in genere contro l’incendio) e l’estensione della coperturaalle calamità naturali (ad esempio, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia,Belgio, ecc.);

� modello semi-obbligatorio: facoltativa la stipulazione della polizza-basema obbligatoria (automatica) l’estensione di questa al rischio dacalamità naturale (ad esempio, Francia, Norvegia, ecc.);

� modello obbligatorio per tutti gli immobili contro l’incendio e contro lecalamità naturali (Svizzera).

Va anche tenuto presente il rapporto tra le polizze contro i disastri natu-rali e quelle contro altri eventi di origine antropica. Per esempio, i dueeventi più costosi dal punto di vista assicurativo sono stati fino al 2004l’uragano Andrew (1992, in Stati Uniti e Bahamas) con 22.145 milioni didollari, seguito a ruota dagli attacchi terroristici negli Stati Uniti nel 2001con 20.095 milioni di dollari (dati riportati da ANIA), mentre le valutazioniper l’uragano Katrina sembrano indicare la cifra di circa 40 miliardi di dol-lari; rilevanti sono state e saranno le conseguenze sulle compagnie di assi-curazione e ri-assicurazione.

Confronti con altri paesiVolendo fare un paragone tra quanto si fa in termini di prevenzione in Ita-

lia e quanto in altri Paesi tecnologicamente avanzati, non si può non notarela grande differenza di investimenti effettuati nel nostro Paese rispetto, adesempio, alla California o al Giappone.

Questi ultimi paesi sono caratterizzati dalla diffusa presenza sul proprioterritorio di edifici ed infrastrutture relativamente recenti, realizzati con cri-teri antisismici e quindi in grado di resistere a terremoti di elevata magni-tudo. L’Italia invece presenta un patrimonio edilizio storico e spesso moltoantico (unico al mondo e di inestimabile valore culturale) che, come già ac-cennato, non ha in genere subito gli interventi di miglioramento sismico dicui necessiterebbe.

Inoltre, solo recentemente sono state stabilite normative tecniche avan-zate per la costruzione in zone sismiche, con forte ritardo ad esempio sulGiappone, dove da anni è stata messa in pratica un’efficace politica di pre-venzione degli eventi sismici e di attenuazione dei loro effetti. Il terremotodisastroso di Nobi del 1981, che causò più di 7.000 vittime, destò infatti unagrande sensibilità verso il tema dello sviluppo di tecnologie per la prote-zione dei fabbricati che, tradottasi in grossi investimenti, ha portato il Giap-pone all’avanguardia in tale campo.

Rischio sismico in Italia |La vulnerabilità sismica in Italia32 Disastri naturali | Conoscere per prevenire 33

2.5. Schede su alcuni forti terremoti avvenuti in Italia

Fonti dei dati: Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisicaambiente.

Serva L., 1990, Il ruolo delle Scienze della Terranelle analisi di sicurezza di un sito per alcunetipologie di impianti industriali: il terremoto diriferimento per il sito di Viadana (MN). Boll. Soc.Geol. It., 109, 375-411.

Ipotesi di campomacrosismico delterremoto del 1117.Legenda: Intensitàstimata, a) IX MCS; b)VIII MCS; c) VII MCS.

Fonte: modificata da Serva, 1990

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 35

SCHEDA 3

Data 28 DICEMBRE 1908Epicentro sud CALABRIA - MESSINAIntensità massima XI MCS

GENERALITÀ� E’ uno degli eventi di più elevata

magnitudo della storia sismica italiana.Gli effetti più gravi interessarono un’areadi 6.000 kmq. La scossa fu registrata da103 stazioni sismiche italiane e stranieree fu avvertita dalle persone su un’areavastissima.

� Il terremoto causò effetti catastrofici aMessina e Reggio Calabria fucompletamente distrutta. Nell’entroterradelle due città si registrarono i dannimaggiori, fino alla completa distruzionedi interi paesi.

� Nel Messinese l’area delle distruzionicomplete fu più ristretta, limitata ai centriperiferici della città e a quelli lungo lepropaggini settentrionali dei Peloritani,per un totale di 17 paesi.

� In Calabria gli effetti distruttivi si ebberolungo tutti i versanti dell’Aspromonte e inparticolare in 25 paesi.

� In Calabria effetti rovinosi si ebbero finonella Piana di Gioia Tauro e a Siderno eBovalino, nella penisola del Poro; inSicilia l’area fortemente colpitacomprende Milazzo, Barcellona Pozzo diGotto, Castroreale, il versante ionico deiPeloritani e le pendici nord-orientalidell’Etna .

Rischio sismico in Italia | Schede34

SCHEDA 2

Data 11 GENNAIO 1693Epicentro VAL DI NOTOIntensità massima XI MCS

Fonti dei dati:Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps ofitalian earthquakes. CNR Progetto finalizzatogeodinamica.

Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisicaambiente.

Margottini C. & Kozak J., 1992, Terremoti in Italiadal 62 A.D. al 1908. ENEA.

Fonte dei dati: Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., GuidoboniE., Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogodei forti terremoti in Italia dal 461 a. C. al1980. Istituto Nazionale di Geofisica, SGAstoria geofisica ambiente.

Incisione raffigurantela Sicilia settentrionale

colpita dal terremotodel 1693. L’evento

ebbe larga eco fino incentro Europa. Laraffigurazione è in

generale pocoaderente alla realtà.Fonte: University ofCalifornia Berkeley

da Margottini & Kozak,1992.

Mappa delle isosismerelative al terremotodel 1693 in Val diNoto.Fonte: modificata daPostpischl, 1985

Particolare della copertina della Domenica del Corriere, disegnata da A. Beltrame,dedicata al devastante terremoto di Messina.Fonte: University of California Berkeleyda Margottini & Kozak, 1992.

Sotto, L’abside crollata del duomo di Messina.Fonte: Archivio Candido

GENERALITÀ

� Il terremoto dell’11 gennaio fu precedutoda una forte scossa due giorni prima, il 9gennaio, che provocò danni gravissimi adAugusta, dove crollò quasi la metà delleabitazioni e si ebbero 200 morti, adAvola, dove due quartieri furono quasi deltutto distrutti, a Noto, dove crollaronomolti edifici e ci furono oltre 200 vittime.Danni analoghi si ebbero a Floridia,Lentini, Melilli. Crolli totali e vittime siebbero a Catania, Vizzini e Sortino.

� La seconda scossa, dell’11 gennaio, fuviolentissima e gli effetti furonocatastrofici poiché spesso sisovrapposero a quelli della scossaprecedente.

� L’area colpita fu molto vasta: si ebberodanni di rilievo in un’area che va dallaCalabria meridionale a Palermo eall’arcipelago maltese. La scossa fuavvertita chiaramente dalla Calabriasettentrionale fino in Tunisia.

� Tutte le città importanti della Siciliaorientale furono sconvolte. Catania fuquasi interamente distrutta, al pari diAcireale e di tutti i centri sparsi sulversante orientale dell’Etna. Tutti gliabitati della Val di Noto furonopesantemente distrutti: Vizzini, Sortino,Scicli, Ragusa, Palazzolo Acreide, Modica,Melilli, Lentini, Ispica, Occhiolà, Carlentini,Avola, Augusta, Noto. Molti crolli siebbero a Siracusa, Caltagirone, Vittoria,Comiso.

� Nel complesso furono 70 i centri neiquali si verificarono danni uguali omaggiori al IX grado MCS

EFFETTI NEL CONTESTO ANTROPICO

Le distruzioni più gravi si ebbero nella zonasud-orientale della Sicilia e interessarono ilversante orientale dell’Etna, la Piana diCatania, la Val di Noto e la Contea diModica (le attuali province di Catania,Siracusa e Ragusa), coinvolgendo centri digrande importanza economica e culturaleper l’intera isola. Il XVII secolo era unperiodo di generale crisi economica. IlRegno di Sicilia usciva dalla recessioneeconomica dovuta a una crisi deicommerci. La ripresa economica appenainiziata risultò incentivata dalla vastaattività edilizia sviluppatasi in tutta l’areacolpita dal terremoto, attraverso progetti diricostruzione e spesso di completarifondazione di intere città, a cui fuconferito il volto barocco che ancor oggipossiamo apprezzare. Gli interventi sidifferenziarono da caso a caso. In generaleperò i cambiamenti di sito furono pochi. Inalcuni casi, come a Catania, furonotracciate nuove piante urbane, in altri ci silimitò a poche modifiche, nella maggiorparte dei casi, come a Siracusa eCaltagirone, la ricostruzione fu eseguitaseguendo la pianta originaria della città.

EFFETTI SULL’AMBIENTE

Il terremoto causò notevoli effettisull’ambiente. Furono segnalate moltefratture nel terreno dalle qualifuoriuscivano gas e acqua calda in localitàricoprenti un territorio molto vasto(Messina, Mascali, piana di Catania,Lentini, Augusta, Piazza Armerina). APaternò, Sortino, Noto, tra Ferla e Cassarosi verificarono frane e smottamenti.L’ostruzione di corsi d’acqua causò laformazione di nuovi invasi tra Noto eSiracusa e lungo il fiume Irminio. Un lagovicino l’attuale Ispica si disseccò. Moltesorgenti scomparirono mentre altrecomparvero. Il periodo sismico fuaccompagnato da una forte attività eruttivadell’Etna. In varie località tra Messina eSiracusa il terremoto indusse deimaremoti, con gli effetti più gravi adAugusta, dove le onde raggiunsero l’altezzadi circa 15 metri.

EFFETTI NEL CONTESTO ANTROPICO

L’evento scosse fortemente la coscienzadell’intero Paese e dell’Europa per il fattoche una città moderna come Messinafosse stata completamente distrutta.Reggio Calabria suscitò minore attenzione equesto gravò sui tempi della ricostruzione,che fu avviata solo una decina di annidopo il sisma. Il terremoto colpì duramentesia aree urbanizzate e sviluppateeconomicamente, che zone più emarginateche videro ridurre ulteriormente le giàscarse opportunità di uscire dall’isolamentoe dall’arretratezza. Le perdite umane furonoingentissime: circa il 42% della popolazionedi Messina, e circa il 21% di quella diReggio Calabria. Si verificarono flussi dimigrazione interna, consistenti prima infughe dalle città distrutte, e poi nel lororipopolamento a seguito della fase diricostruzione delle stesse. Né l’ammontaredei danni né il numero delle vittime èindicabile con certezza: le stime piùaccreditate indicano in 80000 il numero dimorti complessivi, di cui circa 2000 acausa del maremoto che seguì lo shocksismico. Secondo studi recenti a Messina ilsisma causò circa 60.000 vittime mentre aReggio Calabria il numero delle vittime fu di12.000 unità. A Messina il redditoimmobiliare distrutto fu stimato ammontarea 150 milioni di lire, mentre per ReggioCalabria fu valutato in circa 25 milioni dilire. L’ammontare dei danni del terremoto fuvalutato in 600 milioni di lire, una cifranettamente superiore all’interesse suldebito pubblico del periodo 1907-1912.

EFFETTI SULL’AMBIENTE

A Messina, a Reggio Calabria e a Villa SanGiovanni avvennero variazioni altimetrichedel terreno. Notevoli furono le variazionidella linea di costa in numerose localitàcalabresi a seguito del loro abbassamentorispetto al livello del mare. Presso Pellaro lacosta arretrò di circa 70 metri; a Gallico laspiaggia si restrinse, in alcuni tratti, di 10metri.Nelle aree più colpite si verificarono frane,smottamenti e si aprirono spaccature alsuolo. Numerose frane interessarono lalinea ferroviaria tra Bagnara Calabra eFavazzina. La statale 18 fu danneggiata dauna frana di vaste proporzioni nel tratto traScilla e Porticello.Il terremoto fu accompagnato da onde dimaremoto, le più devastanti alte da 6 a 12metri. In particolare queste ultime colpironola costa orientale della Sicilia a sud diMessina, da Galati Marina a Giardini Naxos,causando gravissimi danni ai fabbricati espazzando via persino le macerie degliedifici distrutti dal terremoto. Sul litoralereggino le località più colpite furono SanLeo, Pellaro e Lazzaro, dove l’ondadistruttiva raggiunse i 6-10 metri.

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 37Rischio sismico in Italia | Schede36

SCHEDA 5

Data 15 GENNAIO 1968Epicentro VALLE DEL BELICEIntensità massima X MCS

GENERALITÀ

� Quasi tutta la zona collinare dellaSicilia occidentale (6.200 kmq) fuinteressata dal terremoto. L’area con imassimi risentimenti fu il medio ebasso bacino del fiume Belice,comprendente 14 centri abitati, peruna popolazione residente di circa100.000 abitanti.

� Si trattò di un periodo sismico, cheiniziò il 14 gennaio, caratterizzato dauna successione molto ravvicinata discosse distruttive.

� Secondo i dati ufficiali il periodosismico causò la distruzione completadi 2.960 case rurali. Nell’areaepicentrale fu distrutto il 90% deifabbricati rurali e di quelli sociali el’85% delle strutture fondiarie. Nellacampagna palermitana crollarono 400case coloniche e l’economia agricolasubì una grave crisi.

� All’epoca del terremoto le aree colpitenon figuravano tra le zone sismiche adelevato rischio.

Fonti dei dati: Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisicaambiente.

Michetti A.M., Brunamonte F., Serva L., 1995,Paleoseismological evidence in the epicentral areaof the january 1968 earthquakes, Belice,Southwestern Sicily. In: Serva & Slemmons,Perspectives in Paleoseismology. Association ofEngineering Geologist, Special Pubblication n. 6.

Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps ofitalian earthquakes. CNR Progetto finalizzatogeodinamica.

Mappa delle isosisme relative al terremoto del1968 in Valle del Belice.Fonte: modificata da Postpischl, 1985.A destra, case distrutte a Gibellina.

EFFETTI NEL CONTESTOANTROPICO

L’area più colpita fu l’entroterra collinare emontuoso della Sicilia occidentale, dovepiù della metà della popolazione attiva eraimpiegata nell’agricoltura. I danni maggiorifurono infatti registrati in questo settore,che rappresentava il traino dello sviluppoeconomico dell’area, oltre che la maggiorefonte di reddito. Il sisma ebbe un impattodrammatico sulla vita e le attività dellapopolazione, interrompendo modiconsolidati di gestione della terra. Le stimedel governo, precedenti oltretutto larovinosa replica del 25 gennaio, indicaronoin 200 miliardi di lire le spese necessarieper riparare i danni. Nella sola provincia diTrapani si stimarono 5.200 alloggicompletamente distrutti, e in totale la cifrafu di 9.000. Complessivamente lapopolazione di senza tetto fu di 100.000unità. Anche l’attività commerciale eindustriale fu gravemente colpita, inparticolare nell’Agrigentino. Secondo alcuniautori le vittime furono oltre 400 e i feritipiù di 1.000. Tali cifre furono relativamentecontenute grazie all’allertamento decisodal generale Dalla Chiesa, all’epocacomandante dei Carabinieri di Palermo,che dopo le prime scosse raccomandò allepopolazioni di non pernottare in casa.L’impatto degli eventi sismici si manifestòanche con un conseguente forte aumentodel fenomeno migratorio da parte dellapopolazione in età lavorativa.

EFFETTI SULL’AMBIENTE

Gli effetti al suolo furono di limitataestensione. Le varie scosse indusseromovimenti franosi, aperture di fenditurecon fuoriuscita di fango, esalazionigassose e variazioni nel regime delleacque sotterranee. La maggior partedegli effetti fu osservata nei paesi diGhibellina, Montevago, Partanna,Camporeale, Contessa Entellina eBisacquino. Vicino le Terme Segestianescaturirono nuove sorgenti calde inseguito alle scosse. La forte replica del16 gennaio fu avvertita anche in mare daun peschereccio in navigazione nelCanale di Sicilia a 10 chilometri dallacosta.

GENERALITA’

� Questo terremoto è noto impropriamentecome “Terremoto del Vulture”. Taledenominazione è infatti quella che sitrova negli articoli pubblicati sullastampa dell’epoca e nei fascicolipresenti presso l’Archivio Centrale delloStato di Roma.

� L’epicentro della scossa principale fulocalizzato in un’area compresa traVillanova del Battista e Aquilonia.

� L’evento del 23 luglio fu preceduto dascosse premonitrici e seguito da unaintensa attività sismica.

� Il terremoto colpì un’area di oltre 6300kmq ed ebbe i massimi effetti tra Melfi eAriano Irpino, nelle province diBenevento, Avellino e Foggia.

� La scossa fu distruttiva soprattutto adAquilonia e Macedonia, dove il 70%circa delle abitazioni crollò totalmente.Furono danneggiate gravemente ancheBenevento e Napoli.

� L’area di risentimento fu vastissima,raggiungendo verso nord Brescia eVicenza, e verso sud Catanzaro e Lecce.

EFFETTI NEL CONTESTO ANTROPICO

Il bilancio delle vittime supera i 1400morti, gran parte dei quali nelle localitàdi Macedonia, Aquilonia e Villanova. Siebbe la distruzione totale di 20 centriabitati e parziale di altri 30, il crollo di5000 abitazioni, il lesionamento di altre35000.L’evento rappresentò una dura prova peril regime fascista, che tre anni primaaveva già sperimentato un altroterremoto in Friuli, ma di entità assai

minore. Lo Stato infatti non eracerto attrezzato per far fronte auna simile catastrofe. Ilpanorama che si presentò,dopo il terremoto, agli occhidei funzionari spediti daRoma fu desolante. Lasituazione fu aggravatadall’isolamento dei paesicolpiti dal sisma, inparticolare nell’area irpina,collegati solo da strademalridotte.

Una pagina de Il mattinod’Italia a pochi giorni dalsisma

Fonte: Castenetto & Sebastiano, 2002

EFFETTI SULL’AMBIENTE

Gli effetti al suolo, indotti sia dallascossa principale che dalle replichesuccessive, furono numerosi in tuttal’area epicentrale. Si verificaronosollevamenti e dislocazioni conconseguenti attivazioni di frane, aperturedi fratture e rotazioni di edifici emanufatti a S. Giorgio La Molara, aSavignano di Puglia e a Melfi. Franeimportanti si ebbero a Rocchetta S.Antonio, Trevico, Zungoli, Villanova delBattista. La frana maggiore si ebbe a S.Giorgio La Molara dove si verificò unosprofondamento di circa 8 metri dilunghezza, collegato a un vasto sistemadi spaccature e crepacci, sviluppato perchilometri, che provocò la deviazione e losbarramento del fiume Tammaro. TraAriano di Puglia e Villanova si aprì uncrepaccio di oltre 500 metri ed altrevoragini si aprirono in molte località: S.Giorgio di Puglia, Macchia Cupa, TreMonti, Flumeri, Vallata, Trevico, Bisaccia,Aquilonia, Melfi, Rocchetta S. Antonio,Tocco Gaudio.

Fonti dei dati:Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisicaambiente.

Castenetto S. & Sebastiano M., 2002, Il terremotodel Vulture. Servizio Sismico Nazionale,Dipartimento della Protezione Civile.

SCHEDA 4

Data 23 luglio 1930Epicentro ALTA IRPINIAIntensità massima X MCS

Fenditura nel terreno provocata dal terremoto lungo la strada Lacedonia-Rocchetta S.Antonio.Fonte: Comune di Lacedonia

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 39Rischio sismico in Italia | Schede38

SCHEDA 7

Data 23 NOVEMBRE 1980Epicentro IRPINIA-BASILICATAIntensità massima X MCS

Mappa delle isosismerelative al terremotoirpino del 1980. A eB sono zone adelevata attenuazionedel danno.Sopra: San Mango sulCalore, a sinistra ilpaese di Laviano

Fonte: giornalidell’epoca

A fianco: Specchio difaglia riattivatosipresso Senerchia.Foto: A. Pissart

Fonti dei dati: Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisica ambiente.

Lagorio H.J., Mader G.G., 1981, Earthquake inCampania-Basilicata, Italy Novembre 23, 1980. EERI,Berkeley California.

Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps ofitalian earthquakes. CNR Progetto finalizzatogeodinamica.

EFFETTI NEL CONTESTO ANTROPICO

Il numero ufficiale di morti fu di 2.914mentre circa 10.000 furono i feriti. Oltre75.000 case furono distrutte e circa275.000 gravemente danneggiate. I dannial patrimonio storico, architettonico,archivistico e librario furono ingenti. Lelocalità più colpite erano economicamentedeboli e basate su un sistema agricolo epastorale piuttosto arretrato. L’evento hainciso profondamente nella struttura socialeed economica delle zone colpite anche acausa di una mai realizzata veraricostruzione che doveva rilanciare il sistemaproduttivo ed economico. In ogni caso ifinanziamenti stanziati dai vari governiammontano a più di 50 mila miliardi.

EFFETTI SULL’AMBIENTE

Il terremoto provocò rotture del terreno,in alcuni casi molto profonde, aCampagna, Conza della Campania,Rocca San Felice, Valva e VolturaraIrpina. Si verificarono riattivazioni di fagliepreesistenti oltre che di movimentifranosi, come nei pressi di Caposele, aSenerchia e a Calitri, dove causarono ilcrollo di molte case. Frane più modesteavvennero a Valva e a Rocca San Felice.La faglia sismogenetica ruppe lasuperficie del terreno lungo una serie diframmenti continui: tra Lioni e il Pantanodi San Gregorio Magno si formò unascarpata lunga circa 40 km, orientataNO-SE, con rigetti fino a un metro.

GENERALITÀ

� Il terremoto, con epicentro a Laviano,ebbe effetti devastanti in particolare nelsettore appenninico dell’Irpinia e dellaBasilicata. Furono quasi completamentedistrutte 31 località, 55 subirono crolli egravi lesioni, 780 furono danneggiate inmodo più o meno grave.

� L’area dei massimi effetti comprende lealte e medie valli dell’Ofanto e del Sele, ilbacino del Tanagro, le zone montane delpotentino, del Terminio, l’alta valle delCalore e l’alta valle del Sabato.

� Danni rilevanti si ebbero in Campania,Basilicata e Puglia e risentimenti inquasi tutta l’Italia peninsulare.

SCHEDA 6

Data 6 MAGGIO 1976Epicentro FRIULIIntensità massima X MCS

GENERALITÀ� Nella primavera-estate del 1976 un

periodo sismico di oltre 400 scossecolpì il Friuli. Dopo l’evento principaledel 6 maggio, altre due violenterepliche si ebbero l’11 e il 15settembre.

� La scossa del 6 maggio colpì l’altavalle del Tagliamento ed ebbe imassimi effetti in un’area di circa 900kmq, comprendente gli abitati diMoggio Udinese, Tenzone, Bordano,Trasaghis, Gemona del Friuli, Lusevera,Osoppo, Montenars, Forgaria nel Friuli,Buia, Sequals e Majano, dove lapercentuale di edifici crollati o resiinabitabili fu compresa tra il 50 e il90% del totale.

� L’area di risentimento fu molto vasta:la scossa fu avvertita da Roma fino inGermania e in Francia.

EFFETTI NEL CONTESTO ANTROPICO

Complessivamente le abitazioni distruttefurono circa 17.000, appartenenti a circa120 comuni, per una popolazione di500.000 persone. I comuni disastratifurono 41 (29 nella provincia di Udine e12 nella provincia di Pordenone); quelligravemente danneggiati furono 45 (39 inprovincia di Udine e 6 in quella diPordenone); quelli danneggiati furono 33(29 in provincia di Udine e 4 in provinciadi Pordenone). Lesioni e crolli parziali siverificarono anche a Udine e Trieste.Le vittime della scossa principale furono965 e 2.400 circa i feriti; i senzatettofurono 189.000. Secondo la prima stima idanni ammontarono a circa 4.400 miliardidi lire. Dopo quattro mesi di attività per losgombero delle macerie e il ripristino degliedifici, le scosse dell’11 e 15 settembre,che causarono la morte di 13 persone,fecero risalire il numero di senzatetto da45.000 unità a oltre 70.000. L’effettopsicologico fu devastante e si ebbe l’iniziodell’esodo di parte della popolazione dallezone più colpite.

Fonti dei dati: Peruzza L., Slejko D., Riuscetti M., 2000, ItinerarioMillenovecento76. OGS.

Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisicaambiente.

A sinistra, pagina del Messaggero Veneto dedicataal terremoto del Friuli.Fonte: Dipartimento di Protezione Civile.

In alto, strada di Osoppo dopo il terremoto.Fonte: Vigili del Fuoco di Milano, distaccamento divia Sardegna

Sotto, il paese di Venzone.

EFFETTI SULL’AMBIENTE

A seguito della serie di scosse si attivaronoo riattivarono numerose frane, in particolarelungo i fronti pedemontani da Artegna aTenzone e da Forgaria a Bordano. In tutte lelocalità colpite si verificarono cadute dimassi che bloccarono e danneggiaronomolte strade e la linea ferroviaria,ostacolando anche l’opera di soccorso. Siverificarono fenomeni di liquefazione,soprattutto vicino Osoppo, e molte rotturedel terreno, con casi spettacolari lungo iversanti meridionali dei monti Cuarnan eCuar. Sprofondamenti di pavimenti confuoriuscita d’acqua furono rilevati adAvasinis e vicino Gemona e Bordano.

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 41Rischio sismico in Italia | Schede40

rimasero in gran parte inabitabili. AdAncona la quasi totalità degli edificipubblici e privati fu danneggiata.Crollarono oltre 100 dei 2000 edificiprivati e molti altri rimasero inagibili.Crollarono diverse chiese e campanili, oltrea diverse porzioni delle mura della città.Anche Numana subì gravi danni. AdAncona le vittime furono tra 7 e 10 e ci fuun morto a Sirolo. Sul Monte Conero siaprì un’ampia frattura nella roccia e siformarono 4 voragini dalle quali fuoriuscìmateriale bituminoso.A Sirolo si aprirono voragini nel terreno e cifu un esteso smottamento. Ad Ancona lestrade subirono spaccature e sul litoralefurono osservate onde anomale in seguitoal momentaneo ritiro del mare.

VAL DI NOTO 11 gennaio 1693| XI grado MCS

Vedi descrizioni nella Scheda 2

IRPINIA 5 giugno 1694| BASILICATA XI grado MCS

Si verificò una prima scossa di circa unminuto, seguita da una violenta replica eda una ulteriore sequenza che durò circaun quarto d’ora. I danni cumulativi furonopesantissimi in oltre 120 località dellaCampania, della Basilicata e della Puglia.In 56 paesi il patrimonio edilizio fu resocompletamente inagibile e furono quasicompletamente distrutti oltre 30 paesidella dorsale appenninica nelle province diAvellino e Potenza: tra questi Bisaccia,Sant’Angelo dei Lombardi, Calitri, Lioni,Conza della Campania, San Fele, MuroLucano, Bella, Picerno. Crolli e lesioni siverificarono dalla costa tirrenica a quellaadriatica. La scossa fu avvertita da Messinaa Chieti e Fano. Le vittime furono oltre6.000. Nell’area colpita, che attraversavagià un periodo di crisi, la situazioneeconomica si aggravò ulteriormente enumerosissimi senzatetto emigrarono. Lascossa innescò crolli nell’area di Sorrento,Capua e Napoli e generò fenditure nelterreno. Inoltre un blando maremoto fuosservato sulla costa di Brindisi.

ASOLO (TV) 5 giugno 1695| X grado MCS

L’evento causò gravi danni in larga partedel Veneto e l’area più danneggiata ful’alto trevigiano, a sud del Monte Grappa.

Le località più colpite furono Asolo e ivillaggi circostanti: oltre 30 centri abitatisubirono distruzioni gravissime mentre inaltri 24 si ebbero crolli e dissesti. Ad Asolocrollarono 1.477 case e 1.284 furonogravemente danneggiate. Lievi danni cifurono anche a Rovigo, Ferrara e Verona. Levittime furono alcune centinaia. Ilterremoto aggravò una crisi economica giàin corso nella zona, tanto che si verificòuno spopolamento dei centri asolani.

BAGNOREGGIO 11 giugno 1695| (VT) IX grado MCS

L’evento distrusse gran parte dei castelli diBagnoregio, Lubriano, Ponzano, Vetriolo eCelleno, causò danni fino ad Orvieto e fuavvertito da Perugia e Assisi sino a CivitaCastellana, Viterbo e Tivoli. Anche se lescosse premonitrici consentirono a molti disalvarsi, il numero di vittime raggiunse le200 unità, con 25-30 morti a Bagnoregio.Il lago di Bolsena si alzò di circa 4 metri,allagando i terreni circostanti per unaestensione di oltre 4 chilometri.

CARNIA (UD) 28 Luglio 1700| IX grado MCS

Il terremoto colpì in particolare il Canale diGorto (valle del Degano) e il Canale diSocchieve (alta valle del Tagliamento). Ledistruzioni maggiori si ebbero a Enemonzo,Esemon di Sotto, Mediis, Quinis e Raveo. AEnemonzo crollarono gran parte delleabitazioni e diverse chiese. A Raveocrollarono quasi tutte le case e le duechiese subirono gravissimi danni. Lesioni edissesti più o meno gravi furono segnalatiin decine di paesi. Complessivamente vifurono oltre 20 morti. Nei pressi di Ovaro cifurono smottamenti e una grande frana sistaccò dal Monte Forchianon.

NORCIA (PG) 14 gennaio 1688| Montereale (Aq) 16 gennaio| L’Aquila, Barete, Pizzoli, Arischia 2 febbraio,| XI grado MCS

La prima scossa del 14 gennaio fu seguitada numerose altre, altrettanto forti. Tuttal’Italia centrale da Camerino a Roma ne fuinteressata. Una ventina di centri abitatirisultarono quasi completamente distrutti,altrettanti subirono molti crolli e uncentinaio di paesi subirono danni gravi. Laprima scossa colpì gravemente Norcia eCascia, danneggiando anche Rieti e

L’Aquila, quella del 16 gennaio colpìMontereale, nei dintorni di L’Aquila, e quelladel 2 febbraio L’Aquila, Barete, Pizzoli eArischia. Complessivamente oltre 150 paesifurono pesantemente danneggiati e vifurono crolli e lesioni anche a Roma. Dallefonti a disposizione le vittime oscillano trale 10.000 e le 30.000. Secondo fonti delloStato Pontificio in Umbria ci furono 2.067morti e in Abruzzo 7.694, di cui2.000–2.500 a L’Aquila. Il terremoto causòuna grave crisi economica per l’interruzionedelle attività produttive nelle zone colpite,da cui si manifestarono flussi migratori.Sono segnalati effetti al suolo (spaccaturedel terreno con fuoriuscita di gas,intorbidamento di acque e nascita di nuovesorgenti) a Antrodoco, Arischia, Bacugno eLeonessa.

MAIELLA (CH) 3 novembre 1706| XI grado MCS

Fu colpita un’ampia area dell’Abruzzomeridionale e del Molise, in gran parte suentrambi i versanti del massiccio dellaMaiella, attualmente ricadente nelleprovince di L’Aquila, Pescara, Chieti eIsernia. Le località quasi totalmentedistrutte furono 7, in un’altra trentina crollòla maggior parte delle case e unacinquantina di paesi e villaggi subironodanni diffusi. Sulmona fu la città piùimportante tra quelle colpite. Isernia subìdei crolli, Chieti e L’Aquila danni leggeri. Ilterremoto fu avvertito a Roma, Rieti eNapoli. Le vittime furono 2.400. A Sulmona1.000 furono i morti e 2.000 i feriti. APettorano sul Gizio, a Caramanico e a Toccoda Casauria si ebbero spaccature delterreno. Vicino alla Maiella si aprì unagrande fenditura da cui fuoriuscirono gassolforosi.

Fonti dei dati: Postpischl D., 1985, Atlas of isoseismal maps ofitalian earthquakes. CNR Progetto finalizzatogeodinamica.

Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisica ambiente.

Serva L., 1981a, Il terremoto del 1688 nel Sannio. In:Contributo alla caratterizzazione della sismicità delterritorio italiano. Commissione ENEA-ENEL per lostudio dei problemi sismici connessi con larealizzazione di impianti nucleari.

Serva L., 1981b, Il terremoto del 1694 in Irpinia eBasilicata. In: Contributo alla caratterizzazione dellasismicità del territorio italiano. Commissione ENEA-ENEL per lo studio dei problemi sismici connessi conla realizzazione di impianti nucleari.

SCHEDA 8

SERIE DI 14 FORTITERREMOTI SUCCEDUTISI ARITMO QUASI ANNUALE DAL1688 AL 1706

Intensità massima: da VIII a XI MCS

Nel periodo compreso tra il 1688 e il1706 il territorio italiano fuinteressato da 14 forti terremoti. Lamaggior parte di essi appareconcentrata lungo la fasciaappenninica, ma altri hanno colpitoanche la zona alpina e la Sicilia.

ROMAGNA 11 Aprile 1688| IX grado MCS

I danni maggiori si ebbero a Cotignola,dove crollò il 40% delle abitazioni el’intero patrimonio edilizio risultò inagibilee a Bagnocavallo, dove fu distrutto il20% delle case. Gravi danni si ebbero aSolarolo, Russi e Lugo e risentimentiminori a Terra del Sole, Castrocaro,Ravenna, Forlì, Cesena e Bertinoro. Taleevento e alcune alluvioni che seguironodeterminarono una crisi economicalocale dovuta alla sfiducia sui tempidella ricostruzione che portò artigiani ecommercianti a lasciaretemporaneamente l’area.

SANNIO 5 giugno 1688| XI grado MCS

Effetti disastrosi si ebbero nei paesi asud–ovest dei Monti del Matese, nelbeneventano e nell’Irpinia. Una quarantinadi paesi subirono estese distruzioni e altri80 circa riportarono gravi danni. ABenevento delle 1.607 abitazioni esistenti,997 furono distrutte o rese inabitabili,325 subirono lesioni e solo le restanti285 restarono abitabili. Crolli e moltelesioni si ebbero anche a Napoli eAvellino. La maggior parte delle casedistrutte a Benevento risultavano costruite

con ciottoli di fiume, mentre quelle inmattoni resistettero meglio. Le vittimefurono in totale circa 10.000, concentratesoprattutto a Cerreto Sannita, Benevento eGuardia Sanframondi. A Benevento città imorti furono 1.367 su 7.500 abitanti, più700 in campagna. La distruzione delleinfrastrutture agricole (mulini, frantoi, forni)innescò una crisi alimentare. Gli effetti delterremoto sull’ambiente furono notevoli. Siaprirono fenditure nel terreno nei montidel Sannio, a Pomarico e tra San Giorgiola Molara e San Marco dei Cavoti, doveraggiunsero la lunghezza di alcunichilometri. Una massa rocciosa staccatasidal monte Erbano uccise 600 persone aSan Lorenzello.

CARINZIA 4 dicembre 1690| VIII-IX grado MCS

La scossa colpì la regione della Carinzia,causando distruzioni e vittime a Villach,Tobring e Wernberg. Danni gravi si ebbero aKlagenfurt. L’area di risentimento fu moltoestesa e in Italia coinvolse il Veneto, ilferrarese e il ravennate, causando danni aTrieste e Venezia.

ANCONA 23 dicembre 1690| IX grado MCS

La prima scossa, che colpì particolarmenteAncona, Sirolo e Numana, durò trentasecondi e fu seguita da varie repliche. ASirolo numerose case crollarono e le altre

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 43Rischio sismico in Italia | Schede42

MONTERCHI (AR) 26 Aprile 1917| IX - X grado MCS

Fu colpita l’alta Val Tiberina e i paesi piùdanneggiati furono Monterchi e Petretole,che furono distrutti pressochécompletamente. A Monterchi e nel suoterritorio il 90% delle case crollarono odivennero inabitabili. Altri cinque paesisubirono crolli estesi a gran partedell’abitato. Sansepolcro subì gravi danni,con 200 case rese inagibili e 900danneggiate più lievemente. L’area dirisentimento si estese in Toscana, Umbria eMarche. Le vittime furono una ventina euna trentina i feriti. Il patrimonio artisticodell’area subì molti danni. PressoMonterchi si aprirono spaccature nelterreno, alcune lunghe un chilometro elarghe 20-50 centimetri. Il regime delleacque sotterranee subì variazioni, conaumenti delle portate e intorbidamenti. ACiterna e Monterchi furono segnalati gettidi acqua solforosa.

SANTA SOFIA (FO) 10 novembre 1918| VIII grado MCS

Furono colpiti una ventina di paesidell’Appennino forlivese, causando crolli,lesioni e danni diffusi alle abitazioni. Icentri più danneggiati furono Santa Sofiae Galatea. Bagno di Romagna e Civitelladi Romagna subirono gravi danni,Predappio, Rocca San Casciano eVerghereto subirono lesioni alle case,mentre danni più lievi si ebbero inprovincia di Arezzo. Risentimenti siebbero in Toscana, nel ferrarese e nelleMarche settentrionali. I morti furono tra 8e 16. Nel giugno successivo l’area funuovamente danneggiata dal terremotodel Mugello del 1919.

MUGELLO (FI) 29 giugno 1919| IX grado MCS

12 paesi furono distrutti e molte caserurali crollarono completamente. 70centri abitati furono danneggiati e gravidanni si ebbero anche nell’altocasentino, nella Val d’Arno e nellelocalità appenniniche romagnole, dove glieffetti si sommarono a quelli dovuti alprecedente terremoto del novembre1918. L’area di risentimento raggiunsel’Umbria e la pianura Padana. Ci furonooltre 100 morti e 400 feriti. Nel versanteromagnolo non ci furono vittime molto

probabilmente perché la popolazioneviveva ancore in baracche a seguito delterremoto del 1918. La vita economica esociale fu profondamente segnata daquesto evento. A Vicchio, San Godendo eDicomano si verificarono frane e crolli dimassi che bloccarono la linea ferroviariaFirenze–Marrani e le strade dei passiappenninici. A Rostolena e San Piero inBagni si aprirono fenditure nel terreno. Leacque sotterranee subirono variazioni diportata, comparvero nuove sorgenti ealtre si intorbidarono.

PIANCASTAGNAIO 10 settembre 1919| VIII grado MCS

Gli effetti maggiori riguardarono unaventina di paesi sul Monte Amiata, fra leprovince di Siena e Grosseto. I danni piùgravi si verificarono a Piancastagnaio, Cellesul Rigo, Montorio, Radicofani, SanCasciano dei Bagni e San Giovanni delleContee. A Piancastagnaio crollarono 8case e 10 furono gravemente danneggiate,a San Casciano dei Bagni 40 case furonolesionate e a Radicofani 15. Ci furono unmorto e una ventina di feriti. L’unico effettosull’ambiente segnalato fu l’intorbidamentodi acque sorgive.

GARFAGNANA 11 giugno 1920| (LU) X grado MCS

Il terremoto colpì un’area estesa dallaLunigiana alla Garfagnana. VillaCollemandina e Vigneta furono quasicompletamente distrutte e oltre 30 paesisubirono crolli. I centri abitati colpiti avari livelli furono 350, di cui più di 100subirono crolli e lesioni. L’area dirisentimento si estese dalla Costa Azzurraal Friuli, alla Toscana, all’Umbria e alleMarche. Le repliche si protrassero finoall’agosto del 1921. I morti furono 171, iferiti 650 e i senzatetto alcune migliaia.Il relativo basso numero di vittime fudovuto in parte ad una scossapremonitrice avvenuta il giornoprecedente a quella più forte, e in parteal fatto che l’economia era basatasull’agricoltura e l’allevamento e quindiall’ora del terremoto (7:56 locali) in casac’erano solo poche donne e bambini. ACastiglione di Garfagnana, Rigoso eTrefiumi si verificarono spaccature nelterreno oltre a frane e crolli di massi. Siebbero anche intorbidamenti e variazionidi portata delle sorgenti.

Fonti dei dati:

Serva L., 1991, Un metodo per una migliorecomprensione della sismicità di un’area: la Concadel Fucino. In E. Boschi e M. Dragoni (a cura di) :Aree sismogenetiche e rischio sismico in Italia,Roma, 2, pp. 187-196.

Boschi E., Ferrari G., Gasperini P., Guidoboni E.,Smriglio G., Valensise G., 1995, Catalogo dei fortiterremoti in Italia dal 461 a. C. al 1980. IstitutoNazionale di Geofisica, SGA storia geofisicaambiente.

Oddone E., 1915, Gli elementi fisici del grandeterremoto marsicano fucense del 13 gennaio1915. Boll. Soc. Sismol. Ital., 19, pp. 71-215.

epicentrale. Numerosi paesi, oltre a doveressere ricostruiti in altri siti, persero granparte della loro popolazione. Avezzano eCese persero il 95% della popolazione,Massa d’Albe l’85%, Piscina il 72%,Ortucchio il 71%, San Benedetto dei Marsipiù del 70%, ecc. Gli effetti sul terrenofurono notevoli ed estesi su un’area moltovasta. Oddone descrisse un’ampiaspaccatura che attraversava in direzioneSE-NO tutto il Fucino per circa 70chilometri, assumendo l’aspetto di uncrepaccio largo da 30 a 100 centimetri e

SCHEDA 9

SERIE DI 6 FORTI TERREMOTI DAL 1915 AL 1920

Intensità massima: da VIII a XI MCS

Tra il 1915 e il 1920 sei forti terremoti scossero l’Italia centro–settentrionale.

In alto a sinistra: terremoto della Marsica. Una fotodi gruppo sulle macerie di una casa crollata in P.zzaS. Giovanni a Celano.Fonte: Comune di Celano (Aq).A sinistra, la prima pagina della Domenica delCorriere

con un dislivello tra i bordi compreso tra30 e 90 centimetri. Nei pressi di Ortucchiodalla spaccatura fuoriuscirono per moltigiorni acqua e gas infiammabili. Anchepresso San Benedetto dei Marsi da ampiefratture fuoriuscirono acqua e gas solforosi.A Pescina, Sora e Concerviano siformarono vulcanetti di fango. Furonoinnescate frane e crolli di massi in moltelocalità. Tutta la piana del Fucino siabbassò in media di circa 40 centimetri. Ilsistema freatico dell’area subì dellemodificazioni: ci furono intorbidamenti,variazioni di portata, scomparsa disorgenti, variazioni di livello nei pozzi. ATivoli si prosciugò un lago e a PostaFibreno aumentò la portata del fiumeFibreno.

AVEZZANO (AQ) 13 gennaio 1915| XI grado MCS

Fu uno dei disastri sismici più gravi dellastoria italiana. La scossa principaleinteressò un’area molto estesa dell’Italiacentrale con effetti distruttivi in tutta laMarsica, nel Cicolano fino a Perugia,nell’alta valle del Liri fino a Cassino, nellavalle dell’Aterno e nell’alta valle delVomano, lungo le pendici opposte del GranSasso, della Maiella, e nell’area dei montiSimbruini e Ernici. Fu avvertita dallaPianura Padana fino in Puglia. Oltre 20centri abitati subirono una distruzionepressoché totale, oltre 80 persero granparte del patrimonio edilizio, oltre 200subirono crolli o danni che determinaronol’inagibilità delle case, circa 240 ebberolesioni o danni più lievi. Tutti i centrimaggiormente distrutti (Avezzano, Cese,Gioia dei Marsi, Ortucchio, San Benedettodei Marsi, Venere) si trovano a est e aovest della piana che ospitava l’antico lagodel Fucino.Persino Roma subì dei crolli parziali enumerose lesioni. Le vittime furono circa33.000. Altre 3.000 perirono per malattiee stenti nei mesi successivi, che furonocaratterizzati da gravi emergenze. Ci fu uncrollo demografico in tutta l’area

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di ferro, magnesio e calcio, elementi che riescono ad interrompere i forti le-gami tra silicio ed ossigeno determinando una diminuzione della viscositàed una conseguente bassa esplosività delle eruzioni (eruzioni effusive).

L’origine e la composizione chimica dei magmi sono strettamente legateall’ambiente geodinamico di formazione. In corrispondenza dei margini di-vergenti (dorsali oceaniche) fuoriescono magmi basaltici direttamente de-rivanti dalla fusione parziale del mantello superiore (astenosfera). Tale fu-sione è indotta da processi di decompressione connessi con la risalita dimasse calde profonde. In corrispondenza dei margini convergenti (zone disubduzione, Figura 3.2), invece, la fusione del mantello superiore è legata altrasporto in profondità di rocce e sedimenti contenenti minerali idrati cheliberando l’acqua, tra i 100 ed i 200 km di profondità, determinano l’abbas-samento del punto di fusione. Il materiale fuso, ricco in volatili e più leg-gero delle rocce circostanti, risale fino al punto in cui la sua densità ugua-glia quella delle rocce incassanti (generalmente all’interfaccia mantello-crosta), dove staziona all’interno di una camera magmatica.

Durante la permanenza nella camera magmatica, il magma subisce com-plessi processi di differenziazione (frazionamento, mescolamento, contamina-zione) che lo rendono sostanzialmente diverso da quello originario. Il magmapuò stazionare all’interno della camera sino al suo totale raffreddamento(rocce intrusive) oppure può riprendere la sua ascesa verso la superficie, gene-ralmente a causa di variazioni di pressione che possono essere determinate davarie cause. Quale che sia il meccanismo, per la generazione di un’eruzione ènecessario che si alteri l’equilibrio tra magma e rocce incassanti e che si creinofratture tramite le quali il magma può fuoriuscire in superficie (Figura 3.3) cre-ando un apparato vulcanico, la cui forma dipende dal tipo di materiale erut-tato e dalle modalità di eruzione.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 45

3. IL RISCHIO VULCANICO IN ITALIA

3.1. Le caratteristiche dei vulcaniLa Terra è un pianeta dinamico, in continuo divenire, in cui le placche che

suddividono la sua parte superficiale sono in costante, lento movimentol’una rispetto all’altra.

I movimenti delle placche hanno determinato l’attuale assetto geologicodel pianeta e sono responsabili delle manifestazioni più appariscenti edrammatiche della sua dinamicità: terremoti e vulcani.

La distribuzione planetaria di tali fenomeni naturali non è, infatti, casualema strettamente correlata con i limiti delle placche; il loro tipo di attività ri-flette i diversi ambienti geodinamici in cui vengono originati (Figura 3.1).

Un vulcano è definito come un’apertura della crosta terrestre tramite laquale una miscela di materiale fuso e gas (magma) fuoriesce in superficie(lava). Il magma deriva dalla fusione parziale delle rocce profonde quandosi verificano particolari condizioni di pressione e temperatura. Esso con-tiene al suo interno quantità variabili di quasi tutti gli elementi chimici, conpreponderanza di silicio ed ossigeno, che condizionano fortemente il tipodi magma e di attività vulcanica. I magmi ricchi in silice (SiO2) (magmiacidi) hanno maggiori concentrazioni di sodio e potassio ed una elevata vi-scosità che determina, a causa della difficoltà a fluire del magma, un’altaesplosività delle eruzioni associate (eruzioni esplosive).

I magmi più poveri in silice (magmi basici) presentano tenori più elevati

Rischio vulcanico in Italia | Le caratteristiche dei vulcani44

Figura 3.1 – Distribuzione glo-bale dei vulcani. La maggior partedell’attività vulcanica è situata incorrispondenza dei limiti delleplacche sia dove si crea nuovacrosta (dorsali oceaniche) siadove la crosta viene distruttasprofondando al di sotto di un’al-tra placca (zone di subduzione).Altri apparati vulcanici sono loca-lizzati all’interno delle placche(vulcani intraplacca) e sono legatialla risalita di magmi profondi.

Fonte: Isat

Figura 3.2Formazione del vulcani in relazioneall’ambiente geodinamico.Fonte: ISAT.

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atmosfera da colonne eruttive sostenute e più o meno sviluppate a seconda deltipo di eruzione. Se l’eruzione è altamente esplosiva, il progressivo incrementoin peso del materiale sostenuto può determinare il parziale collasso della co-lonna con formazione di distruttive correnti piroclastiche ad alta temperatura(fino a 700°C) e velocità (>80 km/h) che scorrono lungo i fianchi del vulcano.

Le correnti possono originarsi anche per trabocco dal cratere quando la mi-scela gas-piroclasti è troppo densa per dare origine alla colonna oppure a se-guito della distruzione, per esplosione, di duomi lavici.

Le correnti vengono distinte in flussi (alta concentrazione di piroclasti) esurges (alta concentrazione di gas). Questi ultimi possono essere originati an-che da eruzioni freatomagmatiche. La propagazione dei flussi è generalmentevincolata dalla morfologia dell’edificio mentre i surges presentano mobilitàmolto maggiore e possono superare barriere morfologiche investendo arealimolto ampi. Grandi frane o fratture sui fianchi del vulcano possono originarepericolosissime esplosioni laterali che generano correnti piroclastiche ad altadensità ed elevatissima velocità (> 100m/s).

Nel corso delle eruzioni più violente, gli enormi tassi eruttivi determinanoun collasso continuo della colonna dando origine a flussi piroclastici (ignim-briti) che possono avere dimensioni e potenza tali da riuscire a superare i ri-lievi e ricoprire ampie aree con depositi spessi decine di metri (ad esempio, leignimbriti flegree).

A causa delle grandi emissioni di vapore le eruzioni esplosive sono sempreaccompagnate da forti piogge che possono mobilizzare il materiale incoerentedepositato sulle pendici del vulcano o nei rilievi circostanti dando origine adenormi e distruttive colate rapide di fango e detriti (lahar) che, incanalate nelledepressioni vallive, possono raggiungere in breve tempo le aree pianeggiantiantistanti. I lahar possono essere originati anche dalla fusione rapida di nevee ghiaccio (es. Nevado del Ruiz) o da eruzioni in un lago craterico (Lago di Al-bano), e possono verificarsi anche molto tempo dopo l’eruzione vulcanica(Sarno).

Eruzioni e tipi di apparato Le modalità di emissione del magma variano

fortemente in dipendenza dalle caratteristichechimico-fisiche del magma stesso (principal-mente viscosità e contenuto in acqua) e dallo statodi chiusura od apertura del condotto. È comunquepossibile classificare i tipi di eruzione in alcuneprincipali categorie (Tabella 3.1). Esse non pos-sono però essere considerate rigidamente poiché,in particolare durante un’eruzione esplosiva, unvulcano è generalmente interessato, spesso inmodo repentino ed inaspettato, da cambiamentinello stile eruttivo e nella tipologia dei materialiemessi a causa di variazioni del chimismo delmagma, della sua viscosità e del contenuto involatili, dell’allargamento del cratere o del con-tatto con acque sotterranee.

Un’eruzione può essere in genere considerata come l’insieme di distintefasi eruttive (ad esempio, fasi freatica, pliniana e freato-magmatica, comenel caso del Vesuvio nel 79 d.C.).

Non esistendo, per i vulcani, una scala di magnitudo strumentale comequella dei terremoti, una valutazione dell’energia liberata nel corso diun’eruzione, indipendentemente dalle modalità con cui viene liberata, può

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 47

Anatomia di un vulcanoIn linea generale, un vulcano (Figura 3.4) può essere considerato un si-

stema costituito da: una camera magmatica, situata a profondità variabili,dove staziona il magma; un condotto eruttivo tramite il quale il magma puòsalire verso la superficie fuoriuscendo in corrispondenza della bocca erut-tiva (cratere); ed un apparato la cui forma è strettamente legata al chimi-smo del magma, agli stili eruttivi ed alla tipologia del materiale emesso.

Nelle eruzioni effusive il magma viene emesso come liquido (lava) chescende, anche per molti chilometri, lungo i fianchi dell’apparato (colata la-

vica), mentre in quelle esplosive il magma è emesso in forma frammentata,allo stato liquido e solido (prodotti piroclastici o tefra).

I prodotti piroclastici possono avere dimensioni variabili da metriche-pluri-metriche (bombe e blocchi) a centimetriche (lapilli-scorie-pomici) e millimetri-che (ceneri-polveri). Nel corso di un’eruzione, i piroclasti vengono trascinati in

Rischio vulcanico in Italia | le caratteristiche dei vulcani46

I vulcani rappresentano ipunti in cui avviene untrasferimento di masse,liquide ed aeriformi,dall’interno della terra versol’esterno. Sebbenel’immaginario collettivopercepisca, ovviamente, solol’effetto distruttivo dell’attivitàvulcanica, senza tale attivitànon ci sarebbe stata laformazione della crostaterrestre, dell’atmosfera edell’idrosfera, ed ildeterminarsi di condizioniche hanno permesso lacomplessità biologica delpianeta

I vulcani vengono in genereclassificati come:vulcani attivi: con una storiaregistrata di attività più omeno continua (ci sonoalmeno 600 vulcaniconsiderati attivi sul pianeta,con eruzioni in media ogni50-60 anni);vulcani quiescenti: senzauna storia registrata di attivitàma con segni evidenti diattività in un passatogeologico relativamenterecente e che possono dareluogo a violentissime eruzioni(è il caso del Vesuvio, che nel79 a.C. era consideratoestinto; ma anche del St.Helens con l’eruzione del1980, che era statoquiescente per 123 anni, edel Pinatubo nelle Filippinecon l’eruzione del 1991, cheera stato quiescente per oltre400 anni; il caso del VulcanoLaziale verrà discusso piùavanti);vulcani estinti: senza alcunsegno di attività recente.

Figura 3.4Schema di un apparato

vulcanico con condotto centralee delle fenomenologie associate

ad un’eruzione.

Fonte: ISAT.

1 2

1. Fin qui il magma risaleperchè meno denso del

materiale circostante

2. Da qui il magma risaleperchè la pressione sopra

la camera magmatica èdiminuita

Figura 3.3 – Esempio di meccanismo di risalita del magma. Fonte: ridisegnato da http://vulcans.fis.uniroma3.it/gnv.

Il lago di Albano

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Pericoli connessi con l’attività vulcanicaL’attività vulcanica produce una serie di fenomeni che possono rappresen-

tare un serio pericolo per l’uomo, le sue attività e l’ambiente. Tali fenomenisono direttamente (colate di lava, flussi piroclastici, eiezione di materiali) oindirettamente (colate di fango, terremoti, tsunami) legati alle eruzioni. Ge-neralmente il loro grado d’intensità - e quindi la pericolosità di un vulcanoattivo - è strettamente correlato con il tempo di quiescenza. Più questo è

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 49

essere effettuata tramite l’Indice di Esplosività Vulcanica (VEI) (Tabella 3.2).La variabilità dei tipi di magma, degli stili eruttivi e dei tipi di materiali

emessi determina un’ampia variabilità nelle forme degli apparati vulcanici,schematizzata in Figura 3.5 e Tabella 3.3.

Rischio vulcanico in Italia | le caratteristiche dei vulcani48

Tabella 3.1 – Classificazione dei tipi di eruzioni

TIPO DI ERUZIONE CARATTERISTICHE PRINCIPALI ESEMPI

Hawaiana Attività ad esplosività bassa o nulla, emissione di magmi basaltici molto fluidi da un craterecentrale e da fessure sui fianchi dell’apparato con formazione di chilometriche colate laviche.Presenza di laghi di lava all’interno del cratere. Nelle fasi a bassa esplosività si formano gettidi lava verso l’alto fino ad altezze di qualche centinaio di metri (fontane di lava).

Stromboliana Attività intermittente a media esplosività con fuoriuscita di bombe, lapilli e ceneri che nellefasi più intense possono raggiungere qualche chilometro d’altezza. Fontane e colate di lava.

Vulcaniana Attività esplosiva con prevalente produzione di ceneri e bombe, magmi viscosi ricchi in silicee gas, flussi piroclastici.

Peleana Eruzioni violente e distruttive, magmi viscosi ricchi in silice e gas, flussi piroclastici. Mount Pelee

Pliniana- Attività esplosiva violentissima con enormi e continue fuoriuscite di gas e materiale pirocla-stico, colonna sostenuta molto elevata, colate e surges piroclastici, formazione di caldere persvuotamento della camera magmatica. Le eruzioni ultrapliniane presentano le stesse fenome-nologie ma con una potenza decisamente maggiore. Depositi ignimbritici.

Freatomagmatica Violenta attività esplosiva legata al contatto del magma con le acque sotteranee o marine. Surtsey, Vesuvio

Freatica Potentissime esplosioni di gas dovute al riscaldamento delle acque sotterranee da parte dellacamera magmatica, nessuna emissione di magma ma solo di frammenti di rocce strappati dalcondotto che possono essere lanciati anche a distanze notevoli.

Mauna Loa Kilauea

Stromboli

Vulcano

VesuvioKrakatoaSantorini

VesuvioVulcanoMount St. Helens

Ultrapliniana

Tabella 3.2 – Indice di Esplosività Vulcanica (VEI) tipi di osservazioni e di dati che possono permettere di definire l’indice.

VEI ESPLOSIVITÀ DESCRIZIONE TIPO INIEZIONE INIEZIONE TASSO VOLUME ALTEZZA POTENZA DURATA QUALITATIVA DI IN IN ERUTTIVO PRODOTTI COLONNA TERMICA EMISSIONE ERUZIONE ERUZIONE TROPOSFERA STRATOSFERA (KG/S) (M3) ERUTTIVA (LOG KW) CONTINUA

(KM) (ORE)

0 Non esplosiva Effusiva Hawaiana Trascurabile Nessuna 102-103 >104 <0,1 5-6 <11 Debole Mite Hawaiana- Minore Nessuna 103-104 104-106 0,1-1 6-7 <1

Stromboliana2 Moderata Esplosiva Stromboliana- Moderata Nessuna 104-105 106-107 1-5 7-8 1-6

Vulcaniana3 Moderata- Severa Vulcaniana- Grande Possibile 105-106 107-108 3-15 8-9 1-12

forte Subpliniana4 Forte Violenta Vulcaniana- Grande Sicura 106-107 108-109 10-25 9-10 1->12

Subpliniana5 Molto forte Catastrofica Pliniana Grande Significativa 107-108 109-1010 >25 10-11 1->126 Molto forte Parossistica Pliniana- Grande Significativa 108-109 1010-1011 >25 11-12 6->12

Ultrapliniana7 Molto forte Colossale Ultrapliniana Grande Significativa >109 1011-1012 >25 >12 >128 Molto forte Terrificante Ultrapliniana Grande Significativa ? >1012 >25 ? >12

Fonti : Bell F.G., 2003, Geological hazards, Spon Press Ed., London; Newhall C.G. and Self S., 1982, The volcanic explosivity index (VEI): An estimate of explosive magnitudefor historical volcanism, J. Geophys. Res., 87; Barberi F., Santacroce R., Carapezza M.L., 2005, Terra pericolosa, ETS edizioni.

Tabella 3.3 – Schematizzazione dei tipi di apparato vulcanico

TIPO DI APPARATO CARATTERISTICHE GENERALI ESEMPI

Vulcani a scudo Originati da eruzioni effusive con colate di lava molto fluida; hanno in pianta una formaallargata e fianchi poco inclinati. Per la continua sovrapposizione di lave basaltiche dalcondotto centrale o dai fianchi possono raggiungere dimensioni enormi.

Strato-vulcani Sono formati dalla sovrapposizione di prodotti piroclastici e colate lavichedovute all’alternanza di eruzioni esplosive ed effusive. Le eruzioni più violentepossono determinare il collasso di una porzione del vulcano in parte obliteratadalle eruzioni successive. Con dimensioni generalmente inferiori a quelle deivulcani a scudo hanno pendii molto ripidi. Si accrescono prevalentemente peremissioni da un condotto centrale, assumendo spesso la tipica forma a cono,ma possono essere presenti anche coni eruttivi sviluppati sui fianchi (conilaterali). Se l’eruzione è fissurale il vulcano assume una forma allungata. Leeruzioni esplosive sono legate all’ostruzione del condotto da parte di un tappodi magma viscoso con conseguente accumulo delle pressioni dei gas all’internodella camera magmatica. La distruzione dell’occlusione determina generalmenteil passaggio ad una fase prevalentemente effusiva a moderata esplosività (fasea condotto aperto).

Duomi lavici Si formano quando le lave sono talmente viscose da non riuscire a dare origine acolate e si sovrappongono in corrispondenza del cratere formando dei rilievicupuliformi. Spesso rappresentano la fase finale di un’eruzione durante la qualevengono emessi magmi sempre più acidi e viscosi (St. Helens). L’occlusione delcratere può dare luogo a violentissime fuoriuscite di gas e ceneri che sotto forma diflussi piroclastici scendono sui fianchi del vulcano (Pelee).

Coni di scorie Sono apparati costituiti prevalentemente da scorie vulcaniche, con fianchi moltoripidi, forma circolare ed altezza variabile da 30 a 300 metri. Facilmente erodibili acausa dell’incoerenza del materiale si formano abbastanza velocemente (decine digiorni) durante eruzioni a moderata esplosività. Il materiale piroclastico ad elevatatemperatura può dare origine a coni di scorie saldati (spatter).

Coni di tufo Sono prevalentemente formati da cenere consolidata e presentano pendiimoderatamente ripidi. Meno frequenti dei precedenti, sono legati a fasi esplosivefreatomagmatiche. I coni di cenere si differenziano per l’incoerenza dei depositi.

Anelli di tufo Di origine analoga ai precedenti, se ne differenziano per una minor ripidità deifianchi ed un maggior diametro del cratere. I maar sono un tipo di anello di tufocaratterizzato dal fatto di avere il fondo del cratere al di sotto del piano campagna.

Caldere Sono legate al rapido svuotamento di un’ampia camera magmatica a seguito dieruzioni di estrema violenza ed alti tassi di emissione (pliniane-ultrapliniane). Losvuotamento della camera determina il collasso delle rocce sovrastanti concreazione, in superficie, di una vasta struttura depressa sovente di forma circolare.Le caldere risorgenti (esempio M. Epomeo-Ischia) hanno nella parte centrale unsollevamento a forma di cupola, provocato da duomi lavici che si formano appenasotto la superficie (cripto-duomi) per la risalita di nuovo magma. Ciò può preluderea nuove fasi eruttive.

Hawaii

EtnaVesuvioFujiamaRainerPopocatepetlHekla

Mount PeleeSt. HelensIschia

Monti Silvestri (Etna)

(vulcanicompositi)

Coni di cenere

Anelli di cenereMaar

Monte Nuovo,Solfatara (CampiFlegrei)

Averno, Astroni(Campi Flegrei)Porto d’Ischia

Campi FlegreiVulcani lazialiYellowstone,KrakatoaSantorini

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3.2. I vulcani italianiCome si è detto, l’attuale assetto geologico-strutturale del Bacino del Me-

diterraneo è, in linea generale, legato al processo di subduzione della placcaafricana al di sotto di quella euroasiatica. Tale schema è complicato dallapresenza di una serie di microplacche che danno origine a un complessoquadro geodinamico in cui coesistono aree stabili, in compressione (mar-gini convergenti), ed aree in distensione (margini divergenti). La comples-sità geodinamica si riflette nella forte variabilità del vulcanismo italiano, incui sono presenti praticamente tutti i tipi di eruzione ed i cui prodotti co-prono quasi interamente lo spettro delle rocce magmatiche.

Schematizzando, si può affermare che a processi di subduzione sono le-gati i vulcani del margine tirrenico laziale-campano e delle Isole Eolie; adun vulcanismo di intraplacca potrebbero essere associati i vulcani del Ca-nale di Sicilia ed alcuni dei vulcani sommersi del bacino tirrenico, mentrela posizione geodinamica dell’Etna è tuttora fonte di notevoli discussioniscientifiche.

Vulcani attiviI vulcani che possono essere ritenuti sicuramente attivi,

per i quali, cioè, l’intervallo di tempo trascorso dall’ul-tima eruzione ad oggi è minore del massimo intervallo diquiescenza conosciuto, sono alcuni di quelli localizzati(Figura 3.6): � nell’area campana: Vesuvio (ultima eruzione nel1944), Ischia (1302) e Campi Flegrei (1538, con lacomparsa della nuova struttura del Monte Nuovo); � nelle Isole Eolie: Stromboli (permanentementeattivo), Vulcano (1888-1890), Lipari (circa 800 d.C.) e,con qualche dubbio, Panarea (forse eruzionesottomarina nel 126 a.C.; è ben nota recentementel’attività di fumarole sottomarine intorno all’isola); � Etna (permanentemente attivo); � area del Canale di Sicilia (eruzioni sottomarine nel 1831e 1891, ultima eruzione a Pantelleria circa nel 1000 a.C);� con tutta probabilità, i Colli Albani (Vulcano Laziale)a sud di Roma.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 51

prolungato, più aumenta la probabilità di una ri-presa dell’attività con eruzioni ad alta esplosività,a causa del continuo accumulo di magma e gasall’interno della camera magmatica. Le principalicaratteristiche dei fenomeni sono schematica-mente riportate nella tabella 3.4.

Rischio vulcanico in Italia | le caratteristiche dei vulcani

Tabella 3.4 – Fenomeni connessi con le eruzioniFENOMENO CARATTERISTICHE PRINCIPALI

Colate di lava Raramente pericolose per la vita umana a causa della loro velocitàgeneralmente bassa, che permette la previsione e l’evacuazione. Le areeinteressate vengono però distrutte. Possibili interventi di raffreddamento,contenimento e deviazione delle colate.

Emissione Possibile impatto diretto con blocchi e bombe in un raggio di 3-4 km dalcentro eruttivo. Ricaduta di ceneri in aree vastissime con problemi distabilità dei solai (per spessori > 10 cm), danneggiamenti alle lineeelettriche e telefoniche, contaminazione dei prodotti agricoli e delleacque, difficoltà alla viabilità. Immissione di ceneri inatmosfera/stratosfera con seri problemi agli aeromobili e parzialeschermatura della radiazione solare con possibili effetti climatici.

Flussi piroclastici L’alta velocità (> 80 km/h), le temperature elevate (fino a 700°),l’enorme carico solido e i gas tossici determinano la totale distruzionedelle aree investite dal corpo centrale del flusso. Danni notevoli ancheal margine del flusso. I surges interessano areali più vasti e a causadella loro mobilità possono superare barriere morfologiche. Difficile laloro esatta previsione e praticamente impossibile la fuga.

Colate di fango Fenomeni molto frequenti e ad elevato potere distruttivo. Legati allamobilizzazione, sotto forma di flusso acquoso, del materiale incoerentedepositato dal vulcano, si innescano sia durante l’evento eruttivo siaanni dopo il suo termine. In dipendenza dalla loro fluidità e dallecaratteristiche morfologiche dell’area possono percorrere decine di kme seppellire le aree sotto molti metri di fango. Se l’eruzione è monitorataè possibile individuare ed evacuare la aree interessate dai lahars.

Frane vulcaniche Legate all’incremento della instabilità dei versanti a causa di terremoti,sollevamenti del suolo, apertura di fratture ecc., possono averedimensioni notevoli (es. Valle del Bove-Etna, Sciara del fuoco–Stromboli). Riconoscibili tramite l’attento monitoraggio dell’apparato.

Terremoti L’attività vulcanica è costantemente accompagnata da una attivitàsismica locale dovuta agli stress interni alla camera magmatica. Iterremoti sono generalmente di moderata magnitudo ma, in areedensamente popolate, possono determinare crolli capaci di creareimpedimenti alle attività di evacuazione.

Tsunami Tsunami possono essere generati da eruzioni vulcaniche sottomarine osublacuali, collassi calderici, entrata a mare di colate laviche, di flussipiroclastici e lahars, collassi dei fianchi dell’apparato. L’altezza dell’ondaè ovviamente legata alle dimensioni del fenomeno innescante. Lotsunami generato dall’eruzione del Krakatoa (1883) determinò la mortedi 36.000 persone.

Emissione Nel corso dell’attività vulcanica vengono emesse grandi quantità di gas(H2S, CO2, SO2, CO) che possono essere molto pericolosi per ogni formadi vita. La pericolosità è minore nel caso di eruzioni ad alta esplosività,poiché tali gas vengono dispersi in alta quota, e maggiore nelle areeinteressate da fuoriuscita permanente di gas (aree fumaroliche) o dapotenziali esplosioni freatiche (campi geotermici).

di materiali

SurgesEsplosioni laterali

e detriti (lahars)

di gas tossici

50

Nel caso del Vulcano Laziale, si tratta di un sistemacomplesso, costituito da una caldera collassata(Tuscolano-Artemisia) e da un’altra più recente(Faete), parzialmente sovrapposte, con un conorecente (Monte Cavo) marginale all’ultima caldera.Sono presenti numerosi crateri eccentrici più recenti,di cui alcuni trasformati in laghi (Albano, Nemi), moltiprosciugati artificialmente in epoca romana (Ariccia,ecc.); nonchè colate vulcaniche che raggiungonoRoma (tra cui la Capodibove su cui corre la ViaAppia). I fenomeni catastrofici che hanno portato alcollasso della caldera Tuscolano-Artemisia sonodatati 500-600.000 anni fa; dopo numerosi cicli, ilvulcano è attualmente caratterizzato da una serie difenomenologie (sciami sismici, sollevamenti delsuolo, fumarole, emissioni di anidride carbonica edaltro, esplosioni freatiche) che associate all’eventoeruttivo, riportato da fonti storiche, del 114 a.C., ed amodeste eruzioni sublacustri che hanno determinatoesondazioni di laghi craterici anche in epoca romanalasciano presumere che il vulcano sia tuttora attivoed in una fase di quiescenza. L’esistenza del VulcanoLaziale è stata fondamentale per determinare lecaratteristiche della zona su cui sarebbe sorta Roma.In realtà, la città è cresciuta sui famosi colli che altronon sono che gli accumuli prodotti dall’attivitàemissiva, compresi flussi piroclastici, del VulcanoLaziale sulla sinistra del Tevere (i colli del Palatino,Capitolino, ecc.) e del Vulcano Sabatino (Lago diBracciano, anch’esso dotato di numerosi craterieccentrici trasformatisi in laghi) sulla destra delTevere (i colli del Gianicolo, Monte Verde, Vaticano,Monte Mario). Il corso del fiume e le scarse zonepaludose ed alluvionali che lo accompagnanorappresentano il confine riconoscibile tra i duedistretti vulcanici. I prodotti vulcanici hanno anchefornito la pozzolana e la pietra tenera (tufo),facilmente lavorabile, di cui Roma è costruita, ed ilmateriale lavico che è stato usato, sotto forma dibasolato o sanpietrini, per lastricare le straderomane.

Figura 3.5 - Rappresentazionegrafica di alcuni tipi di apparatovulcanico.

Fonte: Ridisegnato da http://me-diatheek.thinkquest.nl.

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Distribuzione territoriale dei vulcaniÈ opportuno un breve cenno alla distribuzione sul territorio dei vulcani

italiani considerati non più attivi (estinti), ma attivi fino ad epoche geologi-camente “recenti”(ossia meno di 2 milioni di anni fa), che sono posizionatiseguendo grosso modo un allineamento lungo la costa del Tirreno. Danord-ovest verso sud-est, si ritrovano:

� i vulcani dell’Amiata, Vulsino, Cimino-Vico, Sabatino;� le Isole Pontine (tutte vulcaniche, comprese Ventotene e SantoStefano, con l’eccezione di Zannone); � i grandi vulcani spenti del Roccamonfina e del Vulture, nella catenadegli Appennini;� nel Golfo di Napoli la vulcanica Procida (ma non Capri) e banchisommersi che rappresentano i resti di bocchevulcaniche; � in Sicilia i sette vulcani corrispondenti a ciascunadelle Isole Eolie, compresi i 3-4 attivi di cui sopra; lacatena degli Iblei, il vulcano di Ustica nel bassoTirreno e quello di Linosa nel Canale di Sicilia;� in Sardegna, alcuni apparati nelle aree di Orosei,Montiferru e Logudoro.

I vulcani sottomariniLa situazione diviene ancora più complessa se si

prendono in considerazione i vulcani sottomarini. Alivello planetario, si contano circa 20.000 vulcani sot-tomarini, dalla lunghissima catena per la maggiorparte sommersa delle Hawaii all’alto numero deivulcani dell’Atlantico che emergono solo in alcunicasi: Capo Verde, Canarie, Madeira, Azzorre, Islanda,ecc.

Eruzioni sottomarine collegate a maremoti (relati-vamente frequenti nell’Egeo e nel Mar del Levante) sembrano non essererare nel Mediterraneo, se si tiene presente tra l’altro il già citato collassodella caldera del vulcano dell’Isola di Santhorini (Thera) nell’Egeo, in-torno al 1500 a.C., dopo una serie di eruzioni parossistiche.

Per quanto riguarda l’Italia, diverse bocche vulcaniche sommerse (Fi-gura 3.6), potenziali responsabili di eruzioni o frane sottomarine (del tipodi quella verificatasi recentemente nella parte emersa e sommersa delloStromboli), si trovano come prolungamento delle Isole Eolie, sia a nord diStromboli che fra Alicudi ed Ustica.

Sempre nel Tirreno meridionale, a nord del Marsili, più o meno a metàstrada tra il Cilento e la Sardegna, si ritrovano poi altri due sistemi vulca-nici sottomarini di grandi dimensioni più antichi del Marsili e consideratiestinti: il Vavilov (40 x 15 km di lunghezza, 2.800 m dal fondo del mare)ed il Magnaghi.

È ben noto poi il caso, nel Canale di Sicilia a sud di Sciacca, dell’IsolaFerdinandea (anche nota come Julie o Graham a seconda della rivendica-zione territoriale borbonica, francese o inglese), riapparsa al di sopra dellivello del mare nel 1831 (con emersioni segnalate a partire dal 10 a.C.) equindi risommersasi dopo alcuni mesi di attività vulcanica in superficie.Altre manifestazioni sottomarine si sono avute nel Canale di Sicilia nel1981 ed ai giorni nostri.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 5352

Figura 3.6 – Localizzazionedei vulcani italiani di età infe-riore a 2.000.000 di anni:estinti (in azzurro), attivi (inrosso) e sottomarini (in verde).Fonte: Grafica ISAT su baseNASA World Wind.

Un importante vulcanosottomarino presumibilmenteattivo, il Marsili, scoperto neiprimi anni ’60 ma di cui sidispongono da poco leimmagini, è situato proprionel Tirreno, a sud-ovest delGolfo di Napoli (ossia indirezione dei vulcani delleIsole Eolie, da cui dista circa70 km), ed è di dimensioninotevoli (65 x 40 km dilunghezza, 3.000 m dalfondo del mare, con bocchemultiple e la cima a circa500 m sotto il pelodell’acqua, forse il più grandevulcano europeo in terminiassoluti); anche se nonesistono dati su eventualieruzioni, a questo vulcanopotrebbe essere attribuita laresponsabilità di alcunimaremoti nel Tirreno anchedi epoca recente.

Immaggine del Marsili ottenutatramite rilevamenti con multi-beam sonar.Fonte:http://www.bo.ismar.cnr.it

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Secondo stime recenti1, il volume di magma profondo entrato nelle ca-mere magmatiche del Vesuvio dal 1944 ad oggi ammonterebbe a 100-300milioni di m3 e, se emesso in un unico evento esplosivo, potrebbe produrreuna eruzione subpliniana (tipo quella dell’anno 1631).

Come accennato nelle pagine precedenti, uno strato-vulcano può essereinteressato da eruzioni estrema-mente variabili in termini di esplo-sività, quantità di materialeemesso, tipologia dell’eruzione e,di norma, le modalità eruttive va-riano anche durante un singoloevento. Ne consegue che la cono-scenza accurata della storia erut-tiva di un vulcano è indispensabileper cercare di prevedere le moda-lità di una futura eruzione.

Con una documentazione cheparte con l’eruzione di Pompei del 79d.C., la storia eruttiva del Vesuvio èsicuramente quella più conosciuta trai numerosi vulcani attivi sulla Terra.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 55

3.3. Il VesuvioL’attuale morfologia dell’apparato vulcanico Somma-Vesuvio (1.281 m)

(Figura 3.7) deriva dalla coesistenza di uno strato-vulcano più antico(Monte Somma), parzialmente smantellato dallo sprofondamento dellaparte sommitale, e del più recente cono del Vesuvio, cresciuto all’interno di

questa caldera nel corso dellalunga attività medioevale.

Attualmente, il vulcano sitrova in uno stato di quie-scenza che perdura dal 1944,con attività soltanto fumaro-lica e terremoti superficialicon ipocentro lungo il con-dotto.

Negli ultimi 25.000 anniperò il Somma-Vesuvio èstato caratterizzato da attivitàestremamente variabili ricon-ducibili, per semplicità, a treprincipali tipologie eruttive:

1. eruzioni moderate, attività stromboliana ed effusiva;2. eruzioni forti, esclusivamente esplosive (subpliniane); 3. eruzioni catastrofiche, esclusivamente esplosive (pliniane).

L’apparato è caratterizzato da un serbatoio profondo (localizzato tra 10 e20 km di profondità), da dove risalgono i magmi che ristagnano in una ca-mera magmatica superficiale localizzabile a 3-5 km di profondità primadelle eruzioni pliniane, ed a meno di 2 km di profondità prima dell’attivitàstromboliana (dati INGV).

Rischio vulcanico in Italia | Il Vesuvio54

Tabella 3.5a. Tipi di eruzione del Vesuvio

TIPO DI ERUZIONE VOLUMI DI MAGMA EMESSO PERIODI DI QUIESCENZA PRECEDENTI L’ERUZIONE CONDOTTO

moderata Piccoli (dell’ordine di 0.01 kmc) Brevi (dell’ordine degli anni) aperto

subpliniana Medi (dell’ordine di 0.1 kmc) Lunghi (da decenni a qualche secolo) ostruito

pliniana Grandi (maggiori di 1 kmc) molto lunghi (da diversi secoli a più di un millennio) ostruito

Tabella 3.5b. Modalità eruttive del Vesuvio

CONDOTTO MODALITÀ ERUTTIVE ESEMPIO

Attività Attività alimentata da magmi poco differenziati che colmano il condotto e formano unlago di lava all’interno del cratere. Si generano colate laviche per trabocco dal cratereo per eruzioni laterali. Attività esplosiva finale freato-magmatica per interazione con leacque di falda a seguito del progressivo svuotamento della camera magmatica.

Attività Il magma si accumula all’interno della camera magmatica. Eruzioni esplosive sonodeterminate dalla risalita di nuovo magma o dalla formazione di fratture a seguito difasi tettoniche

La storia vulcanologica dell’apparato del Somma-Vesuvio iniziacirca 25.000 anni fa con l’accrescimento dell’edificio, al di sopra dilave antiche, a seguito di eruzioni prevalentemente effusive esubordinatamente esplosive, di bassa energia (stromboliane). Taleattività è durata fino a circa 18.000 anni fa e ha determinato laformazione dell’apparato vulcanico del Somma (Figura 3.7), la cuiforma originaria è stata profondamente modificata da una serie dicollassi calderici generati dallo svuotamento della cameramagmatica a seguito di violentissime eruzioni. La prima caldera èlegata all’eruzione pliniana delle Pomici Basali ed è statasuccessivamente modificata ed ampliata da altre eruzioni plinianesino all’ultima del 79 d.C. (Figura 3.8), che interruppe un periodo diquiescenza durato almeno 7 secoli. Dopo quest’ultima, le eruzionipiù violente, con caratteristiche subpliniane, si sono registrate neglianni 472, 512 e 1631, intervallate da periodi di attività di bassaenergia a condotto aperto durante il I, III, V, VIII, X e XI secolo.L’attività a condotto aperto ha caratterizzato anche il periodo dal

1631 al 1944durante il qualesono stateprodotte grandiquantità di lava,che hanno quasicompletamentericoperto i versantisud-orientali esud-occidentali delvulcano.

a condotto aperto

a condotto chiuso

Periodo1631-1944

79,472,1631

Figura 3.7Schema dell’apparato vul-canico Somma-Vesuviocon rappresentati il vul-cano prima dell’eruzionedel 79 d.C.Fonte: ridisegnato dawww.ov.ingv.it

Figura 3.8Ricostruzione della storiaeruttiva del Vesuvio.Fonte: INGV-OsservatorioVesuviano

1 Barberi F., SantacroceR., Carapezza M.L.,2005, Terra pericolosa,ETS edizioni.

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 57

Tutte le eruzioni successive sono con buona probabilità segnalate, ma è soloa partire dall’eruzione del 1631 che i fenomeni associati alle eruzioni vengonodescritti con una certa precisione. Le eruzioni precedenti il 79 d.C., invece,sono state identificate in base ad analisi stratigrafiche. Si tenga comunquepresente che, in linea generale, nella stratigrafia geologica sono evidenti sologli eventi di maggior entità che hanno prodotto depositi piroclastici ingenti edarealmente diffusi.

I prodotti di eventuali eruzioni minori possono essere stati, cioè, comple-tamente cancellati/obliterati dalle eruzioni più violente soprattutto se loca-lizzati all’interno delle aree interessate dai collassi calderici. Non è pertantoescluso che durante i periodi riportati in Figura 3.8 come lunghe fasi diquiescenza si siano verificate eruzioni di moderata potenza, attualmentenon identificabili. Una carta geologica schematica dell’apparato Somma-Vesuvio è riportata in Figura 3.9. Nella Figura 3.10 è riportata un’immaginesatellitare del vulcano, con il cratere chiaramente visibile e con le pendicicircondate da zone pesantemente urbanizzate dell’area metropolitana diNapoli (Figura 3.11) e dell’Agro Sarnese (compresa la zona di Pompei). Se-guono alcune schede sulla storia eruttiva del Vesuvio.

Rischio vulcanico in Italia | Il Vesuvio56

Figura 3.9Carta geologica

schematica dell’apparatoSomma-Vesuvio.

FonteINGV-Osservatorio

Vesuviano.

Figura 3.10Immagine satellitare della zona del Vesuviocon il Golfo di Napoli.

Fonte:Image Science and Analysis Laboratory,NASA-Johnson Space Center. 18 Mar. 2005.“Earth from Space - Image Information”.http://eol.jsc.nasa.gov/sseop/EFS/photoinfo.pl?PHOTO=NM21-771-75.

Figura 3.11Evoluzione dell’urbanizzazione dell’areacircumvesuviana dal 1936 al 1990.(Ridisegnato e semplificato da Alberico et alii,2004).

FonteAlberico I., Caiazzo S., Dal Piaz S., Lirer L.,Petrosiono P. & Scandone R., 2004. Volcanicrisk and evolution of the territorial system inthe active volcanic areas of Campania. EGU,1st General Assembly, Nice, France, 25-30April 2004.

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GENERALITÀ� Massimo evento eruttivo degli ultimi

2000 anni.� Periodo di quiescenza a condotto

ostruito, determinabile con i datidisponibili: più di sette secoli.

� Fenomeni precursori (terremoti edeformazioni del suolo) avvertiti dallapopolazione a partire da alcunesettimane prima dell’eruzione.

� Durata 48-60 ore, con fase più intensa(pliniana) poche ore dopo l’iniziodell’eruzione.

� Fase più distruttiva, durante la quale sigenerano numerosi flussi piroclastici,circa 24 ore dopo l’inizio dell’attività.

� Distruzione dei centri abitati posti nelsettore meridionale del vulcano.

SCHEDA 2

Data 16-18 DICEMBRE 1631ERUZIONE SUBPLINIANA

DEL VESUVIOV.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) = 4

SCHEDA 1

Data 24-26 AGOSTO 79 d.C.ERUZIONE PLINIANA DEL VESUVIO

V.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) 5

CRONOLOGIA DELL’ERUZIONE1° Fase: 24 agosto, prime ore dellamattina, inizio dell’eruzione con una seriedi moderate esplosioni freatiche.Formazione di una colonna sostenutache risale nella stratosfera fino adun’altezza di 24 km (eruzione dellepomici chiare). Le pomici si disperdonofino a 70 km di distanza dal vulcano.2° Fase: nella notte la colonna raggiungela sua massima altezza con l’eruzionedelle pomici scure (32 km) ed in seguito(ore 7.30 del 25 agosto) collassa,generando flussi e surges piroclastici chedevastano ogni insediamento nel raggiodi 10-15 km dal centro eruttivo.3° Fase: nel tardo pomeriggio del 25agosto la camera magmatica,parzialmente svuotata, collassa formandouna caldera. Le falde acquifere, non piùin pressione, interagiscono con il magmaresiduo determinando una serie di fortiesplosioni che chiudono l’eruzione. Ilcrollo del serbatoio è accompagnato daviolenti terremoti.4° Fase (Post-eruzione): molteplicicolate di fango (lahars) dovute allarimobilizzazione dei prodotti nonconsolidati si verificano, per diversi anni,in occasione di piogge.

EFFETTI MORFOLOGICI SUL VULCANO

Creazione di una caldera sul lato est delvulcano in corrispondenza delle caldere giàesistenti. Con le eruzioni successivecomincia a formarsi il Vesuvio.

Fonti dei dati:Giacomelli L., Perrotta A., Scandone R., Scarpati C.,2003, The eruption of Vesuvius of 79 AD, and itsimpact on human environment, Episodes, 26 (3).Carey S.N., Sigurdsson H.,1987, Temporal variations incolumn heigth and magma discharge rate during the79 A.D. eruption of Vesuvius. Geol. Soc. Am. Bull., 99.

CRONOLOGIA DELL’ERUZIONE-16 dicembre, ore 7:00 (fase pliniana):inizio dell’eruzione con formazione di unacolonna eruttiva e successiva caduta diblocchi e lapilli ad E e NE del vulcano(area blu in figura). Questa fase dura finoalle 18:00 dello stesso giorno.-Notte tra il 16 ed il 17 dicembre(fase vulcaniana): serie di modesteesplosioni, accompagnate dalla cadutadi ceneri e da forti manifestazionitemporalesche che causano l’innesco dimolte colate piroclastiche (lahars)

(frecce bianche in figura) -17 dicembre, ore 10:00 (fase delle nubiardenti): diversi flussi piroclastici (arearossa in figura). devastano i paesi postialla base del vulcano e raggiungono ilmare in corrispondenza di Torre del Grecoe Torre Annunziata, sbarrando le vie di fugaalla popolazione costiera.-Notte tra il 16 e 17 e pomeriggio del 17dicembre: le intense piogge causanol’innesco di violenti ed estesi lahars, chescorrono lungo le valli sui fianchi delvulcano e nelle piane a N e NE.

EFFETTI MORFOLOGICI SUL VULCANO

Collasso del cratere con abbassamentodel vulcano di 470m (misure effettuate daGregorio Carafa immediatamente dopol’eruzione).

Fonti dei dati: http://www.ov.ingv.it.http://www.dst.unina.it/vesuvio.http://vulcan.fis.uniroma3.it/GNV/campania/vesuvio.Santacroce R. (ed.), 1987, Somma-Vesuvius,Quaderni de “La ricerca scientifica”, 114, CNR.

Carte delle isopache per i depositidelle unità EU2 e EU3

Fonte: INGV- Osservatorio Vesuviano

Sotto: Stratigrafia dei depositidell’eruzione

Fonte: INGV- Osservatorio Vesuviano

Il Vesuvio prima edopo l’eruzione del1631.Fonte: G. B. Alfano e I.Friedlaender, 1929.Die Geschichte desVesuv: illustriert nachgleichzeitigenUrkunden. Reimer,Berlino.

Distribuzione dei depositi da caduta nella fase pliniana (blu) e dei depositi da flusso piroclastico (rosso)dell’eruzione del 1631. Le frecce indicano la distribuzione dei lahars. Fonte: INGV- Osservatorio Vesuviano

GENERALITÀ� Massimo evento eruttivo della storia

recente del vulcano (ultimi 1000 anni).� Periodo di quiescenza di almeno 131

anni, ma non ancora ben definito (leeruzioni del 1306 e del 1500 sonoincerte).

� Fenomeni precursori (terremoti edeformazioni del suolo) avvertiti dallapopolazione a partire dalla settimanaprecedente l’eruzione.

� Durata 48 ore, con fase più intensa(pliniana) a poche ore dall’iniziodell’eruzione.

� Fase più distruttiva, durante la quale sigenerarono numerosi flussi piroclastici,circa 28 ore dopo l’inizio dell’attività.

� 4.000 vittime ed ingenti danni alterritorio, specialmente nel settoremeridionale del vulcano.

� Terremoti ed uno tsunamiaccompagnano il collasso del cratere.

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Rischio vulcanico in Italia | Il Vesuvio60 Disastri naturali | Conoscere per prevenire 61

Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE

25.000 anni fa pliniana Codola

I 17.000 anni fa pliniana Sarno-Pomici Basali prima eruzione pliniana del Vesuvio di cui si riconoscano con certezza i prodotti, èprobabilmente la più violenta tra le eruzioni vesuviane. Colonna eruttiva alta circa 20 km e unasequenza complessa di depositi da caduta, da flusso e da surge piroclastico. Il deposito dacaduta principale è disperso verso est e conserva uno spessore di 6.5 m. ancora a 10 km didistanza dal vulcano. Prima fase di calderizzazione del Somma.

18.000 - effusiva Ai depositi delle due eruzioni pliniane si intercalano lave prodotte da modeste eruzioni16.000 anni fa. effusive

II 15.500 anni fa pliniana Pomici Verdolineseconda eruzione pliniana di cui è possibile riconoscere i prodotti. Segue a un periododominato da attività effusiva e ad una lunga fase di quiescenza. Tale eruzione ha generato undeposito costituito da un livello di pomici da caduta alla base, cui fa seguito una serie di livellida flusso e da surge piroclastico.

III Non datata Pomice di Amendolara

IV 7.900 anni fa pliniana Mercatocostituita alla base da due depositi di pomici da caduta, separati da un sottile livello di surgepiroclastico, stratificati nella parte alta e localmente intercalati a depositi da flusso e dasurge. Un terzo deposito di pomici da caduta termina la successione. I depositi da cadutasono dispersi verso E-NE e conservano spessori di circa 50 cm fino a oltre 30 km dal crateredel Vesuvio, mentre quelli da flusso e da surge non hanno raggiunto distanze considerevoli.Anche quest’eruzione fu accompagnata dalla formazione di una caldera sommitale.

non datata Novelle

V 3.750 anni fa pliniana Avellino(UniNa) eruzione pliniana, che si verificò probabilmente dopo un lungo periodo di stasi nell’attività– 3.800 (OV) del vulcano. É stata una delle più violente della storia eruttiva del Vesuvio. Ha generato

spessi depositi di pomici da caduta (circa 50 cm nei pressi della città di Avellino) e di depositida flusso e surge piroclastico, dispersi fino a oltre 15 km dal centro di emissione in direzioneNW. Centro eruttivo localizzato in corrispondenza del Piano delle Ginestre, in un’area postacirca 2 km ad ovest del cratere attuale.

1000 a.C. subpliniana

700 a.C. subpliniana

VI 79 d.C. pliniana Pompei (vedi scheda precedente).

172 esplosiva Violenta attività stromboliana.

203 esplosiva Eruzione esplosiva con una fase pliniana.

222-235 Attività stromboliana più o meno continua.

379-395 Attività fumarolica con una possibile fase effusiva.

472 subpliniana Pollena5-6 Novembre cenere fino a Costantinopoli. Flussi piroclastici tutto attorno al vulcano. Attualmente

i depositi sono osservabili a nord e a nordest del vulcano fino a circa 30 km di distanza; adOttaviano raggiungono lo spessore di circa 2 metri e di oltre 15 metri nel territorio di PollenaTrocchia.

512 Attività stromboliana più o meno continua

536 esplosiva Ceneri in Mesopotamia

685 forte Forti terremoti, colonna pliniana e relativo fallout, alcune fonti riportano colateFebbraio-Marzo laviche sino al mare

787 autunno grande Fontane di lava e colate laviche (o piroclastiche?) lunghe sei miglia.

968 forte Colate di lava sino al mare.

(UniNa)18.300 (OV)

(UniNa)16.000 (OV)

(UniNa)– 8.000 (OV)

Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE

991 Terremoti ed esplosioni.

999 . forte Fontane e colate di lava

1006 o 1007 forte Eruzione esplosiva con lancio di bombe a 3 miglia dal cratere.

1037 effusiva Colate di lava sino al mare.

1139 esplosiva Forte emissione di cenere e lapilli, la ricaduta interessa per almeno 30 giorni Napoli, Capua,Salerno e Benevento.

1150 Violenta attività stromboliana.

1306 ? Forte eruzione effusiva con lave sino al mare.

1500 ? Attività fumarolica e forse esplosioni freatiche.

1631 Subpliniana Bocche alla base del Cono. Flussi in tutte le direzioni, specialmente a W e S. Il vulcano16-18 dicembre si abbassa di circa 480 m, si forma la caldera del Vesuvio. I lahars arrivano fino al mare

variando la linea di costa.

1649-1650 Esplosiva

1660 3 luglio Esplosiva Caduta di cenere verso NE.

1680 26-30 marzo Esplosiva Fontane di lava.

1682 Esplosiva Fontane di lava. Incendi. Caduta di piroclastiti su Torre del Greco e Ottaviano.

1685 Esplosiva Fontane di lava. Il Cono cresce molto.

1689 Esplosiva Lava all’interno della caldera del Vesuvio. Il Cono cresce di 66 m.

1694 Effusiva Lave ad W e SE (Torre del Greco, Ercolano, S. Giorgio a Cremano e Boscotrecase).Distruzioni. Tentativo di deviare la colata di lava. Per la prima volta dal 1631 le lave scorrono al di sotto dell’orlo della caldera verso le falde del vulcano.

1697 16-27.2; Effusiva Lava a SE, WSW (Torre del Greco, Ercolano) e W. Riempimento del cratere18-26.9; 30.11.

1698 10.5-1.6 Effusiva- Lava ad W e verso i Cappuccini di Torre del Greco. La lava si ferma a mezz’ora di cammino Esplosiva dal mare. Danni gravissimi alle coltivazioni, i maggiori dal 1631.

Danni per caduta di cenere a Boscotrecase, Torre Annunziata, Ottaviano.

1701 1-15 luglio Effusiva Lava a SE (Boscotrecase, Ottaviano).

1707 28.7-13.8 Effusiva- Lava ad W e SE. Caduta abbondante di piroclasti a Torre del Greco, Striano, Scafati Esplosiva e Boscotrecase. Danni alle coltivazioni. Feriti.

1714 6-16.1; Effusiva- Lave verso SW, SE (sulla colata del 1701), N e NE. Danni a Ottaviano, Somma V.,15-30.6 Esplosiva S. Anastasia, Torre Annunziata e Boscotrecase.

1717 6-18.6; Effusiva Lava a SE (sopra la colata del 1714) e SW. Danni alle coltivazioni di viti a Trecase e intorno 22.12 ai Camaldoli. Tre bocche attive sulla piattaforma craterica.

1723 28.6-4.7 Effusiva- Lave verso E e SE. Danni alle coltivazioni per la caduta di lapilli a Ottaviano, Nola,Esplosiva Palma C., Sarno, Gragnano, Nocera e Castellamare. Piroclastiti fino al Vallo di Diano.

1725 gennaio Effusiva Le lave formano cupole nell’Atrio. Il Vesuvio cambia aspetto-luglio,settembre Effusiva

1727-1728 Effusiva Si forma una cupola sul versante di Torre del Greco.marzo-maggio; 29.7.1727-29.7.1728

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Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE

1730 Effusiva Le fontane di lava innalzano notevolmente la cima del vulcano e la rendono più acclive.febbraio-marzo

1737 19.5-6.6 Effusiva- Lava ad W (verso Torre del Greco) e S (verso Boscotrecase). La lava interrompe la strada regia.Esplosiva Un flusso di lava invade Torre del Greco. Caduta di cenere e lahar.

1751-52 Effusiva Bocche a S nell’Atrio dalla sutura del 1631. Lave verso Boscoreale, Boscotrecase, Torre25.10.1751 Annunziata e Ottaviano. Lave circa 10 volte più abbondanti del 1737.-25.2.1752 La lava del 25.10 verso SE percorre 4 miglia in 6 ore.

1754-55 Effusiva Bocche a S nell’Atrio dalla sutura del 1631. Lave verso Bosco di Ottaviano, Boscoreale 2.12.1754- e Boscotrecase (in parte sulle lave del 1737). Ingenti danni alle coltivazioni.17.3.1755

1760-61 Effusiva- Bocche a circa 300 m s.l.m. in località Noto (Torre Annunziata). Lava verso S 23.12.1760- Esplosiva (si ferma a meno di 300 m dal mare). Interruzione della strada regia. Crolli per terremoti.5.1.1761 Fratture del suolo fino al mare.

1767 Effusiva Colata di Lava a SW verso Ercolano e S. Giorgio a Cremano. Danni alle coltivazioni e agli edifici19-27 ottobre (anche per il tremore). Si forma un piccolo cratere.

1771 1-11 maggio Effusiva Colata di lava verso NW (Ercolano). Danni a vari poderi di Ercolano.

1773.1776 Effusiva Lave nel Canale dell’Arena (1774) e nel Fosso della Vetrana (1775-76).12.73-1.74; 8-12. Eruttati 20 milioni di m3 di lave dal 1770 al 1776.74;12.75-4.76

1779 Esplosiva Lave ad W. Enorme quantità di piroclastiti (lapilli e scorie) a NNE e nell’Atrio che nel Vallone8-15.08 della Vetrana viene sollevato di 75 m. Cenere e proietti su Ottaviano. Notevolissime fontane

di lava che superano l’altezza di 4 km.

1785 novembre Effusiva Lave a NW, una lingua sorpassa il Fosso del Faraone, un’altra distrugge il Romitorio della Vetrana.

1794 15-24.06 Effusiva- Bocche sul versante W tra 480 e 320 m s.l.m. Lava a SE, verso il Mauro di Ottaviano,Esplosiva e ad W, verso Torre del Greco, dove raggiunge il mare e vi si inoltra per oltre 100 m.

1804 15.8-5.10; Effusiva Lava a SW attorno ai Camaldoli tra Torre del Greco e Torre Annunziata. Danni alle colture.22.11

1805 13.02; Effusiva Lava a SW (sopra la colata del 1804) in direzione dell’Epitaffio (Torre del Greco).12.08 Effusiva Uno dei 5 rami raggiunge il mare in circa 4 ore (Torre Annunziata).

1806 31.5-5.6 Effusiva Lava a SW (Camaldoli). Fontane di lava.

1810 Effusiva Bocche alla sutura del 1631. Lave a W, SE verso Ercolano, Boscotrecase ed Ottaviano.11 settembre Danni ai campi coltivati.

1812 1-4 gennaio Effusiva Lava ad W verso Torre del Greco.

1813 Effusiva Lava a W, attraversa il Fosso Bianco in direzione di Torre del Greco.25-27 dicembre

1817 Effusiva Lava a SE verso il Mauro di Ottaviano si ferma a poche decine di metri dalla strada 22-26 dicembre Torre Annunziata-Ottaviano.

1819-1820 1.12. Effusiva Lava da 6 bocche sul versante NW del Gran Cono. Nel gennaio 1820 nuova frattura ad W 1819-31.5.1820 e lava verso il Colle del Salvatore.

1822 Effusiva- Lave in tutte le direzioni nell’Atrio; colate più lunghe verso Boscotrecase ed Ercolano.21.10-11.11 Esplosiva Forti danni per i lahar e la caduta di lapilli e scorie. Piogge posteruttive.

La più forte eruzione del secolo.

1831-1832 Effusiva Terremoto il 14 agosto ed emissione intracraterica. Lave a SE verso Bosco (20.8); a SSE 14.8.1831 (20.9-fine 1931); verso Torre del Greco (20.11), Ercolano (25.12), Boscotrecase e Piano -23.12.1832 delle Ginestre (27.2), Ottaviano ed Eremo (23.7); verso W (8.8); verso Bosco (ottobre-15.11);

verso Torre del Greco (16-23.12).

Scheda 3 - Storia eruttiva dell’apparato Somma-Vesuvio

CICLO ETÀ TIPO ERUZIONE NOME DELL’ERUZIONE - NOTE

1834 Effusiva- Lava a SE tra Boscoreale ed Ottaviano. Distrutto il borgo di Caposecchi e di S. Giovanni 23.8-10.9 Esplosiva (800 persone senza tetto).

1839 Effusiva- Formazione di un piccolo cratere profondo 285 m. Lave a SW (sopra le colate del 1767 Esplosiva e del 1810) e SE verso Boscotrecase ed Ercolano. Boscotrecase e Castellammare coperti

da uno strato di scorie. Danni per caduta di lapilli.

1850 5.2-2.3 Effusiva- Lava a SE verso Boscoreale lunga circa 9 km. Danni alle colture a Torre Annunziata Esplosiva ed Ottaviano. Forte attività esplosiva. Il cratere si innalza di diverse decine di metri.

1855 1-28 maggio Effusiva Bocche sul versante N tra 898 e 1068 m s.l.m. Colata a NW verso S. Sebastiano, Massa e le Novelle di S. Vito. Distruzione di case e danni alle colture.

1858-1861 Effusiva Bocche nell’Atrio. Apertura di 6 fenditure tra la base del Gran Cono e l’Atrio.27.5.1858- La lava emessa dalla IV fenditura riempie il Fosso Grande e scende fin quasi a S. Vito10.4.1861 (Ercolano). Ingrottamento delle lave nel Piano delle Ginestre.

1861 Effusiva- Bocche nel rione Montedoro tra 300 e 218 m s.l.m., poco più a valle di quelle del 1794.8-10 dicembre Esplosiva Lava ad W a monte di Torre del Greco, dove si rilevano distruzioni e crolli (rione Capotorre).

Sollevamento del suolo prima dell’eruzione.

1867-1868 Effusiva Lave nell’Atrio ad E e W presso Crocelle e presso le bocche del 1794.13.11.1867-15.1.1868

1868 Effusiva Lava a NW attraverso il Fosso del Faraone verso Novelle di S. Vito e Cercola.15-30 novembre Gravi danni alle colture.

1871 13.1-5.11 Effusiva Lave fluide e veloci nell’Atrio della Vetrana fino ai Canteroni in corrispondenza dell’OsservatorioVesuviano. Il 13 gennaio si forma un conetto sul bordo N del cratere che rimane attivo finoall’eruzione dell’aprile 1872.

1872 24.4-2.5 Effusiva Lava verso NW. Una colata attraversa l’Atrio, supera il Fosso del Faraone e discende verso-Esplosiva Cercola, invade S. Sebastiano e Massa di Somma. Danni ingenti, 9 morti. Si forma un cratere

di 250 m di diametro. Forte eruzione.

1881-1884 Effusiva Dosso di lava sul fianco SE del Gran Cono.12.1881-3.1884

1891-1894 Effusiva Frattura a N del Gran Cono. Bocche tra 825 e 850 m s.l.m. (sutura del 1631).7.6.1891-3.2.1894 Le lave a N nell’Atrio formano il Colle Margherita, una cupola alta 135 m.

1895-1899 Effusiva Frattura a NW del Gran Cono. Bocche intorno ai 750 m s.l.m. (sutura del 1631).3.7.1895-7.9.1899 Le lave a NW nell’Atrio formano il Colle Umberto, una cupola alta 160 m.

1903-1904 Effusiva Le lave a E nella Valle dell’Inferno formano una cupola alta 50 m che contribuisce27.8.1895-10.1899 notevolmente a sollevare il livello dell’Atrio.

1906 Effusiva- Bocche sulla base S del Gran Cono (sutura del 1631) come le eruzioni del 1751-52 4-22 aprile Esplosiva e 1754-55. Lave a S, asse di dispersione dei piroclasti verso ENE. Danni a Torre Annunziata.

Boscotrecase invasa. Distruzioni ad Ottaviano e S. Giuseppe Vesuviano (cadute di solai).227 morti (11 a Napoli per il crollo del mercato di Monteoliveto). Danni alle colture.Il vulcano si abbassa notevolmente lasciando un grande cratere, che si riempie completamentedurante l’attività stromboliana del luglio 1913. La più forte eruzione del secolo.

1929 4-10 giugno Effusiva Lave ad E verso Terzigno (Pagani e Campitelli) e, più a S, attraverso il burrone della Cupaccia,verso le lave del Mauro (1751 e 1754) e dei Caposecchi (1834). Distruzione di case e campicoltivati. Notevoli fontane di lava. Crollo del conetto.

Dal 1930 al 1944 Effusiva Attività pressoché continua con emissioni lente. Lave nell’Atrio.

1944 4-22 aprile Effusiva- Lave a NW. Attraverso il Fosso del Faraone verso S. Sebastiano, Massa e Cercola si ferma aEsplosiva 120 m s.l.m. S. Sebastiano e Massa distrutte. 45 morti per crollo dei solai (Nocera, Pagani e

Terzigno) e 2 per le mofete (Ercolano). Si forma l’attuale cratere di forma ellittica (580x480 m)

Fonti dei dati: http://www.ov.ingv.it. http://www.dst.unina.it.vesuvio. Principe C., Tanguy J.C., Arrighi S., Paiotti A., Le Goff M., Zoppi U., 2004,Chronology of Vesuvius’ activity from A.D. 79 to 1631 based on archeomagnetism of lavas and historical sources. Bull. Volcanology, 66

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carico delle ceneri da ricaduta, se non rimosso in tempo, potrebbe determi-nare il crollo dei solai con conseguenti vittime.

Nel caso di eruzioni subpliniane (tipo 1631) o ancor peggio pliniane (tipo79), l’intero areale vesuviano è da considerare ad elevato rischio. In questocaso il pericolo maggiore deriva dalle correnti piroclastiche (flussi e surges)che potrebbero velocemente raggiungere le popolatissime aree costiere, lazona orientale della città di Napoli ed anche il settore settentrionale del-l’edificio con effetti distruttivi. La previsione dei loro percorsi, che potreb-bero essere differenti da quelli del passato a causa delle variazioni morfo-logiche del vulcano, è estremamente difficile.

La ricaduta di ceneri interesserebbe, in dipendenza dai venti dominanti,un areale estremamente vasto con probabili collassi dei tetti delle abita-zioni. L’ampia diffusione delle ceneri genererebbe un’alta probabilita di la-hars sui versanti del vulcano e sui versanti dei rilievi circostanti.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 65

Pericolosità vulcanica e rischio associatoLa storia eruttiva precedentemente esposta dimostra inequivocabil-

mente che il Vesuvio è un vulcano ad elevatissima pericolosità, in grado digenerare eruzioni totalmente distruttive per le aree circostanti l’edificio. Acausa della forte concentrazione urbana, aumentata a dismisura negli ul-timi decenni, l’area vesuviana presenta uno dei più elevati gradi di rischiodell’intero pianeta e, allo stato attuale, una ripresa dell’attività, anche coneruzioni di moderata potenza, se non preceduta da azioni volte a mitigareil rischio ed educare la popolazione, potrebbe generare effetti disastrosi.

Nel caso di un’eruzione stromboliana o vulcaniana (tipo 1944), potreb-bero essere interessate da colate di lava gli abitati di Torre del Greco, SanSebastiano, Boscotrecase, Terzigno; mentre quelli posti nel settore setten-trionale dell’edificio sarebbero protetti dal rilievo del M. Somma. Le areeinteressate potrebbero però essere evacuate in tempi ragionevoli mentre il

Rischio vulcanico in Italia |Il Vesuvio64

Figura 3.10Immagine tridimensionaledell’area vesuviana.

Fonte: INGV-OsservatorioVesuviano, Laboratorio diGeomatica e Cartografia

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Flegrei sta attraversando un periodo di quiescenza.Di seguito sono riportate due schede relative al massimo evento eruttivo

verificatosi nell’area flegrea (Ignimbrite Campana) ed all’evento massimoatteso nel caso di una ripresa dell’attività eruttiva all’interno del distrettovulcanico dei Campi Flegrei.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 67

3.4. I Campi FlegreiIl distretto vulcanico Flegreo è costituito dai Campi Flegrei e dalle isole

vulcaniche di Procida e Ischia. La sua origine è connessa agli eventi tetto-nici distensivi, legati all’apertura del bacino Tirrenico, che hanno determi-nato la formazione della Piana Campana e generato le condizioni favore-voli alla risalita dei magmi alcalino-potassici che hanno alimentato l’attivitàeruttiva del distretto.

I Campi Flegrei (Figura 3.12) sono un grande campo vulcanico in cui sonostati attivi, negli ultimi 39.000 anni, più di 70 centri eruttivi. L’attuale assettomorfologico è il risultato di due collassi calderici (Figura 3.13) di vaste pro-porzioni legati alle eruzioni dell’Ignimbrite Campana (39.000 anni fa) e delTufo Giallo Napoletano (15.000 anni fa).

La prima caldera, più estesa, comprende i Campi Flegrei, la parte meri-dionale della città di Napoli, la parte settentrionale della baia di Napoli e labaia di Pozzuoli. La seconda, formatasi all’interno di quella dell’IgnimbriteCampana, comprende i Campi Flegrei e la baia di Pozzuoli, ed è caratteriz-zata da una risorgenza tuttora attiva.

Nel periodo compreso tra le due catastrofiche eruzioni, si verificarono al-meno altre 11 eruzioni esplosive localizzate ai bordi della caldera del-l’Ignimbrite Campana e di cui è ancora possibile riconoscere i depositi.Eventuali centri eruttivi presenti all’interno dell’area interessata dalla suc-cessiva caldera del Tufo Giallo potrebbero essere stati completamente di-strutti. L’eruzione del Tufo Giallo Napoletano fu seguita da tre epoche di in-tensa attività vulcanica, concentrata all’interno o ai bordi della caldera delTufo Giallo, separate da prolungati periodi di quiescenza (Figura 3.14).

L’ultima eruzione risale al 1538 (eruzione e formazione del MonteNuovo).Tale fenomeno eruttivo in tempi vulcanologicamente recenti, asso-ciato all’attività fumarolica della Solfatara, ad una pronunciata anomaliatermica nel sottosuolo, ad un elevato livello di sismicità ed a fenomeni bra-disimici, testimonia inequivocabilmente che l’attività vulcanica dei Campi

Rischio vulcanico in Italia | I Campi Flegrei66

Figura 3.12 – Cartageologica schematica dei

campi Flegrei.Fonte:

INGV OsservatorioVesuviano.

Figura 3.13Carta strutturaleschematica deiCampi Flegrei.

Fonte: Ridisegnato emodificato da

Santacroce et al.(2003).

Immaginetridimensionaledell’area flegrea.

Fonte: INGV-OsservatorioVesuviano,Laboratorio diGeomatica eCartografia.

Sedimenti di piana attivi e recenti

Vulcaniti di età inferiore a 15 ka a)depositi prossimali da flusso e surgeb) depositi distali, da caduta

Tufo Giallo Napoletano (15 ka)

Vulcaniti eruttate tra 39 e 15 ka

Ignimbrite Campana (39 ka)

Vulcaniti più antiche di 39 ka

Faglie

Caldera dell’Ignimbrite Campana

Caldera del Tufo Giallo Napoletano

LEGENDA

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 69Rischio vulcanico in Italia | I Campi Flegrei68

SCHEDA 4

Data 39.000 ANNI FAIGNIMBRITE CAMPANA

V.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) = 6-7

GENERALITÀ� Massimo evento eruttivo degli ultimi

200.000 anni nell’area mediterranea.� Camera magmatica con diametro di

almeno 16 km, localizzata 4 km sottoil livello del mare.

� Circa 200 km3

di materiale emesso ecolonna eruttiva non inferiore a 44 km.

� Depositi distribuiti su un’area di circa30.000 km

2con spessori sino a 100 m.

� Creazione di una caldera ampia circa230 km

2.

� Effetti ambientali sicuramentedevastanti, enormi volumi di cenere inatmosfera e sconvolgimenti climatici ascala globale; secondo alcuni autoripossibile connessione con latransizione culturale tra Paleoliticomedio e superiore e con la scomparsadell’Homo neanderthalensis.

RICOSTRUZIONE DELL’ERUZIONE (semplificato da Pappalardo et alii, 2002 e sito OV)

L’eruzione inizia probabilmente con una prima fase esplosiva freatomagmatica chedetermina l’apertura del condotto (A), a cui segue una fase esplosiva pliniana conformazione di una enorme colonna eruttiva sostenuta alta sino a 44 km (B).

La diminuzione del tasso eruttivo e la comparsa di fratture (C) determinano unacolonna pulsante ed instabile; inizia la formazione della caldera e collassa lacolonna con genesi di flussi piroclastici che raggiungono Roccamonfina a nord ela Penisola Sorrentina a sud (D).L’eruzione raggiunge la fase parossistica. La caldera collassa definitivamente, si

attivano numerosi condotti eruttivi tramite i quali viene svuotato quasitotalmente il serbatoio magmatico. Genesi di numerosi, giganteschi flussipiroclastici che si espandono su tutta la piana campana, superando barrieremorfologiche alte oltre 1000 m (E).

Nelle fasi finali dell’eruzione il magma residuo alimenta flussi piroclastici dimodesto volume che raggiungono solo zone limitrofe all’area calderica (F).

Fonti dei dati:Rolandi G., Bellucci F., Heizler M.T., Belkin H.E. & DeVivo B., 2003. Tectonic controls of ignimbrites fromthe Campanian Volcanic Zone, southern Italy.Mineralogy and Petrology, 79: 3-31.

Pappalardo L., Civetta L., de Vita S., Di Vito M., OrsiG., Carandente A., Fisher R.V., 2002, Timing ofmagma extraction during the Campanian Ignimbriteeruption (Campi Flegrei caldera). J. Volcanol.Geotherm. Res., 114.

Figura 3.14 Ricostruzionedella storia eruttiva deicampi Flegrei.

Fonte: INGV-OsservatorioVesuviano.

Distribuzione e spessore dei depositi dell’Ignimbrite campana.Fonte: Ridisegnato da Rolandi et alii, 2003

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Disastri naturali | Conoscere per prevenire 71Rischio vulcanico in Italia | I Campi Flegrei70

Pericolosità vulcanica e rischio associatoI Campi Flegrei rappresentano un complesso vulcanico in cui si sono mani-

festate eruzioni catastrofiche come quelle di 39.000 anni fa (Ignimbrite Cam-pana, eruzione esplosiva con 300 km cubi di prodotti vulcanici deposti conspessori fino a 100 m su un’area di circa 30.000 km quadrati; si è stimato chebuona parte dell’Europa sia stata ricoperta da uno strato di circa 1 cm di cenere)e di 15.000 anni fa (Tufo Giallo Napoletano, eruzione simile alla precedente conminor volume di prodotti emessi). Nella comunità scientifica esiste una quasitotale unanimità nel considerare eventi di questo tipo estremamente improba-bili a breve e medio termine.

Probabilità più elevate di accadimento hanno eruzioni tipo quella diAgnano-Monte Spina o quella del 1538, che ha portato alla formazione delMonte Nuovo (un conetto vulcanico di 123 metri vicino al lago cratericoAverno), preceduta da una crisi sismica e bradisismica. Le crisi bradisismichepiù recenti si sono avute nel 1970-72 e nel 1982-84.

Tali crisi rappresentano un ottimo esempio delle difficoltà delle previsioni. Ilmanifestarsi di classici fenomeni precursori (cambiamento nel chimismo dellefumarole, accentuato sollevamento del suolo a Pozzuoli, intensa attività sismicasuperficiale) poteva essere sintomatico di una eruzione a breve termine (comead esempio prima dell’eruzione del Pinatubo), che invece non si verificò. Oltreche dal punto di vista vulcanologico, la crisi bradisismica del 1982-84 è impor-tante anche per la valutazione del comportamento di una popolazione impre-parata all’eventualità di una eruzione vulcanica.Voci incontrollate, alimentateanche dai mezzi d’informazione, determinarono una generale situazione dipanico che produsse diverse vittime per infarto e disordini sociali. Oltre a ciòl’evacuazione di circa 40.000 persone dal Rione Terra e la loro rilocalizzazionein aree ad uguale pericolosità vulcanica non diminuirono il rischio.

Analogamente al Vesuvio, anche per l’area flegrea esiste un nuovo Piano diemergenza, così come è prefigurato nel documento presentato nel 1995, ag-giornato nel 2001 ed attualmente in fase di revisione. Il vecchio piano, redattonel 1983, prevedeva due scenari eruttivi di gravità crescente (un’eruzione tipoquella del Monte Nuovo nel 1538, un’eruzione tipo quella di Agnano MonteSpina del 4000 a.C.); questo nuovo piano, legato a quello relativo al Vesuvio, in-vece, si basa su uno scenario eruttivo catastrofico, prevedendo per gli abitantidella maggior parte della zona rossa l’allontanamento preventivo dall’area, condestinazione al di fuori della Campania, nell’ipotesi che si verifichino danni talida non permettere alla popolazione coinvolta di far ritorno entro breve tempo.Una strategia differenziata, con soluzioni all’interno della regione, verrebbe in-vece adottata per la porzione di zona rossa che potrebbe essere interessata dalfenomeno del bradisismo.

3.5. IschiaIl campo vulcanico dell’Isola d’Ischia (Figura 3.15) rappresenta la porzione

sommitale di un apparato vulcanico che si erge per circa 900 metri dal fondodel mare, localizzato all’intersezione di sistemi di faglie NE-SW e SE-NW.L’inizio dell’attività vulcanica non è conosciuto con precisione, ma le più an-tiche rocce affioranti testimoniano l’esistenza di un antico e complesso appa-rato vulcanico, su cui si sovrappongono i prodotti di una serie di eruzioni siaeffusive, con creazione di duomi lavici e subordinate colate, sia esplosivo-magmatiche e freato-magmatiche, avvenute tra 150.000 e 74.000 anni fa.

Il periodo successivo è ancora oggetto di studio e discussione, ma sembraplausibile, anche se alcuni autori riportano una prolungata fase di quiescenzadurata più di 20.000 anni2, che sia stato caratterizzato da una serie di eruzioniesplosive, culminate con la grande eruzione esplosiva del Tufo Verde (55.000

SCHEDA 5

data CIRCA 4.100 ANNI FAnome AGNANO – MONTE SPINAV.E.I. (Indice di esplosività vulcanica) = 4-5

GENERALITÀ� Massimo evento eruttivo degli ultimi5.000 anni nell’area Flegrea.� Circa 1,2 km3 di materiale emesso.� Depositi distribuiti su di un’area dicirca 1.000 km2 con spessori di almeno10 cm (attualmente abitata da2.000.000 di persone).� Attività esplosiva magmatica e freato-magmatica.� 200 km2 investiti dai flussi piroclastici(attualmente 600.000 abitanti).

RICOSTRUZIONE DELL’ERUZIONE

(sulla base di dati stratigrafico-sedimentologici)

Prima fase:forti esplosioni magmatiche determinanol’apertura del condotto e la formazione diuna colonna sostenuta alta almeno 4km. Esplosioni freato-magmaticheassociate al collasso della colonnagenerano flussi piroclastici.

Seconda fase:una nuova forte esplosione magmaticagenera una colonna pulsante che siinnalza sino a 23 km. Nuovi flussipiroclastici. Un parziale collasso caldericoe la creazione di fratture producononuovi centri eruttivi esplosivi con flussi esurge piroclastici.L’attività eruttiva entra in una fase distasi che permette la deposizione delleceneri atmosferiche.

Terza fase:ripresa dell’attività con esplosioni freato-magmatiche e surge piroclastici, cuiseguono esplosioni magmatiche concreazione di una colonna di 27 km. Icentri eruttivi sono localizzati all’internodella piana di Agnano. Collasso caldericodelimitato dalle faglie che bordano lapiana, nuovi centri di emissione e flussipiroclastici che superano i bordi caldericisconfinando per almeno 15 km nellapiana campana.

Quarta fase: attività simile alla faseprecedente; esplosioni inizialmentefreato-magmatiche e successivamentemagmatiche, colonna pulsante e poicollassata con flussi piroclastici, i centrieruttivi migrano verso il settoresettentrionale della piana.Quinta fase: una serie di esplosionifreato-magmatiche di moderata potenzasegna la fine dell’attività eruttiva.

Fonti dei dati:

De Vita S, Orsi G, Civetta L, Carandente A,D’Antonio M, Deino A, di Cesare T, Di Vito M A,Fisher R V, Isaia R, Marotta E, Necco A, Ort M,Pappalardo L, Piochi M, Southon J, 1999. TheAgnano-Monte Spina eruptions (4100 yearsBP) in the restless Campi Flegrei caldera(Italy). J Volc Geotherm Res, 91: 269-301.

http://www.ov.ingv.it.

Distribuzione deiprodotti dell’eruzionedi Agnano-MonteSpina. L’area giallarappresenta ladistribuzione deidepositi da correntipiroclastiche. Le curverappresentano leisopache cumulativedei depositi dacaduta.

Fonte: INGV -OsservatorioVesuviano

2 Santacroce R., Cristofolini R., LaVolpe L., Orsi G., Rosi M., Italianactive volcanoes, Episodes, 26/2003.

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(129 morti e 2315 senzatetto) e del 1883 (2313 morti, di cui 1784 a Casa-micciola, e 9500 senzatetto). Gli ipocentri superficiali e la limitata area col-pita fanno supporre una stretta relazione con il sollevamento del monteEpomeo, probabilmente in connessione con i movimenti della cameramagmatica.

L’intensa attività idrotermale, i fenomeni fumarolici, i bradisismi, i recentiterremoti e la storia eruttiva indicano che l’Isola d’Ischia è da considerarsiun vulcano attivo a tutti gli effetti. La mancanza di un apparato centralerende complicata l’individuazione di futuri centri eruttivi che dovrebberocomunque essere, con tutta probabilità, localizzati nelle aree interessatedalle eruzioni più recenti (settore orientale).

Sull’isola vivono stabilmente circa 50.000 persone (a cui vanno aggiuntele numerose presenze turistiche pendolari e stagionali che nel periodoestivo moltiplicano gli abitanti) che, in caso di violenta ripresa dell’attività,potrebbero essere evacuate esclusivamente via mare.

Al momento attuale non è stato ancora redatto un piano d’emergenzaanalogo a quello di Vesuvio e Campi Flegrei che contempli scenari di rischioelaborati sulla base di un determinato evento eruttivo.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 73

anni fa) che determinò il collassocalderico del M. Epomeo. La cal-dera sarà in seguito interessata dauna risorgenza che, nell’arco di30.000 anni, determinerà un solle-vamento di circa 900 m del M.Epomeo.

Dopo l’eruzione del Tufo Verde, lastoria vulcanologica dell’isola puòessere suddivisa sulla base dei datistratigrafici e delle variazioni com-posizionali dei magmi eruttati, intre periodi d’attività (1°: 55-33.000anni fa; 2°: 28-18.000 anni fa; 3°:da 10.000 anni fa al 1302 d.C.), se-parati da lunghi periodi di quie-scenza, schematizzati in Figura3.17; l’ultima eruzione risale al1302.

Negli ultimi 5.500 anni nell’isolasono state registrate almeno 35eruzioni effusive ed esplosive, lo-calizzate nella parte orientale del-

l’isola, che hanno originato duomi lavici, coni di scorie, anelli di tufo, e pro-dotto sia colate laviche sia depositi legati a flussi piroclastici e a ricadute ditefra. Nel febbraio 1302 un’eruzione da un cratere apertosi in zona Fiaianoprodusse emissione di lava per circa due mesi originando una colata (Co-lata dell’Arso) che raggiunse il mare in prossimità dell’attuale porto, di-struggendo l’antico centro urbano. Il fenomeno di risorgenza del bloccodell’Epomeo è tuttora in corso e ad esso sono associati sia terremoti sia l’in-stabilità dei versanti che hanno ripetutamente generato movimenti franosi.I più disastrosi terremoti verificatisi in tempi recenti sono quelli del 1881

Rischio vulcanico in Italia | Ischia72

Figura 3.17Cronogrammi dell’attivitàvulcanica ad Ischia.

Fonte: INGV-OsservatorioVesuviano.

Figura 3.15Carta geologico-strutturaledel sistema vulcanicodell’isola d’Ischia.

Fonte: INGV Osservatorio Vesuviano.

Figura 3.16Modello Digitale del Terreno

(DEM) dell’Isola d’Ischia.I centri eruttivi più recenti sonolocalizzati nel settore orientale

dell’isola.

Fonte: INGV Osservatorio

Vesuviano.

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sumibilmente al limite del panico, nei tempi stretti che precedono una proba-bile eruzione. La situazione potrebbe esser resa più grave da vie di fuga ina-deguate che potrebbero intasarsi già nelle prime fasi dell’evacuazione. In que-sto scenario, l’evacuazione potrebbe essere possibile solo tramite una totalemilitarizzazione del territorio (con l’impiego quindi di forze di pubblica sicu-rezza e delle forze armate), con costi enormi e risultati forse insoddisfacenti.

Sarebbe quindi opportuno, durante le fasi di quiescenza dell’attività, pia-nificare e realizzare opere di mitigazione del rischio che possono concretiz-zarsi solo con il “decongestionamento”preventivo, sulla base degli scenaridi rischio, della cintura circumvesuviana e dell’Area Flegrea.

Dato che l’evento potrebbe verificarsi anche a distanza di anni o decenni,questi interventi potrebbero però rivelarsi addirittura controproducenti perquel che riguarda l’atteggiamento delle popolazioni interessate (ad esempio,già dopo due mesi dall’evacuazione dell’area del St. Helens, i residenti face-vano forti pressioni sull’US Geological Service per poter ritornare nell’area chesuccessivamente venne investita da flussi piroclastici), se non accompagnatida una capillare e corretta informazione sulla pericolosità vulcanica. La popo-lazione va cioè preparata ad una “convivenza consapevole”, che comprenda lacoscienza dell’ineluttabilità dell’evento, ma anche l’eventualità di lunghitempi d’attesa, il possibile verificarsi di falsi allarmi e l’evenienza che l’eru-zione si verifichi con modalità ed intensità diverse da quelle previste.

3.7 Altri vulcani italiani attivi

L’Etna L’Etna, il più grande vulcano attivo subaereo europeo, è localizzato in

prossimità della zona di convergenza tra la placca africana e quella euroa-siatica ed in corrispondenza del sistema di faglie che bordano la parteorientale della Sicilia (scarpata Ibleo-Maltese). La genesi del vulcano ricadequindi in un complicato ambiente geodinamico il cui tentativo di interpre-tazione ha dato origine all’elaborazione di diversi modelli, a volte contra-stanti tra loro

3

.L’Etna è un vulcano complesso la cui forma fortemente irregolare deriva

dalla sovrapposizione di edifici vulcanici, attivi in tempi diversi, dai qualisono fuoriuscite enormi quantità di magma. Ogni edificio ha avuto unapropria storia vulcanologica conclusasi spesso con collassi parziali chehanno originato strutture calderiche, la più nota delle quali è quella dellaValle del Bove. L’assetto morfologico è ulteriormente complicato dalla pre-senza, sui fianchi, di centinaia di coni piroclastici minori (con altezze da po-che decine a qualche centinaio di metri) spesso allineati lungo fratture.

L’attività nell’area etnea è iniziata circa mezzo milione di anni fa con eru-zioni in zone sottomarine e costiere che portarono all’emersione della co-sta a nord di Catania (Acicastello, Acitrezza) e furono seguite da un altroepisodio analogo circa 0,3 milioni di anni fa nella zona sudoccidentale del-l’Etna. A partire da circa 170 mila anni fa, si formarono numerosi centrieruttivi e probabilmente il primo edificio principale dell’Etna (Etna antico).In seguito i magmi divennero più complessi, portando ad un vulcanismoesplosivo e alla creazione di una serie di edifici vulcanici che alternavanoprodotti effusivi e piroclastici e presero il nome di Trifoglietto. Principalicentri eruttivi erano il Trifoglietto II,Vavalaci e Cuvigghiuni4.

Un’altra serie di edifici vulcanici principali nacque, e fu parzialmente di-strutta, dal collasso della caldera durante la fase del Mongibello, che è so-litamente suddivisa in Antico e Moderno Mongibello. La prima fase includei centri vulcanici Ellittico e Leone e la formazione degli omonimi crateri,

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 75

3.6. Il Piano VesuvioIl territorio italiano è caratterizzato

dalla presenza di diversi apparativulcanici attivi, i più pericolosi deiquali risultano quelli attualmente infase di quiescenza. Una lunga stasinell’attività, quando non accompa-gnata da una corretta percezione delpericolo, determina una caduta diattenzione, favorisce lo sviluppodell’urbanizzazione (spesso conedilizia abusiva) ed espone al rischioun numero sempre crescente di per-

sone. In queste condizioni, anche eventi moderatamente potenti sono ingrado di arrecare danni ingentissimi.

Il caso di Napoli e del suo hinterland, esposti al sistema formato dal Vesuvioe dai Campi Flegrei, rappresenta, in tal senso, un esempio unico al mondo. Sitenga presente che 3.000.000 di persone vivono nel raggio di 30 km dal Vesu-vio con una densità che raggiunge (Portici) i 15.000 abitanti per km quadrato.

Nel caso del Vesuvio, sulla base di valutazioni della storia eruttiva del vul-cano, è stato definito un Piano di emergenza (1995, rivisto nel 2001, attual-mente in fase di aggiornamento), dimensionato per un’eruzione subpliniana,analoga a quella avvenuta nel 1631 (con colonna eruttiva alta diversi km,bombe vulcaniche, ceneri e lapilli anche a decine di km di distanza, flussi pi-roclastici per alcuni km).

In base alle esperienze su altri vulcani ed alla storia eruttiva del Vesuvio,si valuta che i segnali precursori dovrebbero essere significativi ed inequi-vocabili a partire da mesi o settimane prima dell’evento eruttivo.

Per quanto riguarda la gestione dell’emergenza, si confida nell’organizza-zione ed efficienza del Dipartimento della protezione civile, già rodate nellevarie emergenze nazionali ed internazionali degli ultimi anni. Nel caso diun’emergenza vulcanica, occorre gestire centinaia di migliaia di persone, pre-

Rischio vulcanico in Italia | Il Piano Vesuvio74

Zone territoriali individuatedal Piano Vesuvio.Considerando il tipo e l’entitàdei fenomeni attesi nelloscenario di riferimento, sonostate individuate tre zone adiversa pericolosità: zonarossa (zona potenzialmenteinvasa da flussipiroclastici;18 comuni, 200kmq, quasi 600.000 abitanti,di cui è prevista l’evacuazioneentro 7 giorni), zona gialla(zona interessata dallaricaduta di piroclastiti, 96comuni di 4 province neisettori orientali del vulcano,1.100 kmq, 1.100.000abitanti), zona blu (all’internodella zona gialla ma concaratteristichegeomorfologiche tali da poteressere interessata da laharsed inondazioni: di fatto icomuni alle pendicisettentrionali del MonteSomma e della Conca diNola con 180.000 abitanti).Per i comuni della zonarossa, interessata da flussipiroclastici, è previstal’evacuazione totale epreventiva. Per la zona giallaè prevista l’eventualeevacuazione di un’arealimitata (quella in cui glispessori delle ceneriraggiungano valori tali dacompromettere la stabilitàdei tetti) in dipendenza dalladirezione dei venti dominantiche influenzano ladistribuzione al suolo delleparticelle piroclastiche.

Figura 3.18 aImmagine di parte del

settore orientaledell’isola d’Ischia. Si noti

l’elevata urbanizzazioneche interessa anche la

colata dell’Arso ed ilmaar di Porto d’Ischiaoriginato dall’eruzione

del 466 a.C..

Fonte:http://www.google-

earth.com.

Figura 3.18 bdettaglio del porto d’Ischia.

Fonte: INGV-Osservatorio Vesuviano.

3 Doglioni C., Innocenti F. andMariotti G., Why Mt Etna?, TerraNova 13/2001.

4 Gillot P.Y., Kieffer G. and Romano R.,The evolution of Mount Etna in thelight of potassium-argon dating, ActaVulcanologica, 5 /1994. Behncke B.,Volcanism in the SouthernApennines and Sicily, in: Vai G.B. andMartini I.P. (eds), Anatomy of anorogen: the Apennines and adjacentMediterranean basins, KluwerAcademic Publishers, Dordrecht-Boston-London, 2001(Etna: pp. 111-113).

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mentre la successiva include la costruzione dell’attuale cono sommitale,che fu interrotta almeno una volta da un collasso (Piano Caldera, circa due-mila anni fa).

Pericolosità vulcanica e rischio associatoAttualmente il vulcano si trova in condizioni di condotto aperto (Figura 3.20)

che unitamente alla bassa viscosità dei magmi determina modalità eruttivepiuttosto diversificate ma senza caratteri di estrema violenza. I tipi di attivitàpiù comuni sono quella stromboliana, con moderata esplosività e fontane dilava, e quella hawaiana, con fuoriuscita di imponenti colate laviche. Nel corsodella sua evoluzione il vulcano ha sperimentato anche eruzioni a grandeesplosività (eruzioni pliniane o subpliniane, l’ultima delle quali risale al 122d.C.), che sono però da escludere a breve termine a meno di poco probabiliostruzioni dei condotti.

Tale tipo di attività difficilmente determina la perdita di vite umane poiché,generalmente, le aree raggiunte dalla caduta di lapidei sono limitate all’in-torno del centro eruttivo e le colate laviche, sebbene imponenti, si muovono avelocità tale da permettere l’evacuazione delle aree interessate. Pericolosa ècomunque la permanenza in prossimità dei centri in eruzione, come dimo-strato dal fatto che dal 1500 ad oggi le cronache riportano 73 vittime legate di-rettamente all’attività etnea e quasi tutte dovute ad improvvise esplosionifreatiche. Diverso è ovviamente il discorso riguardo alla perdita di beni econo-mici, che può essere totale e particolarmente gravosa nel caso di fuoriuscita dimagma da fratture laterali poste a bassa quota in aree densamente popolatecome quelle nei dintorni di Catania. La più recente eruzione laterale a bassaquota risale al 1669 con colate lavi-che che arrivarono a mare distrug-gendo parzialmente Catania e moltidei centri limitrofi. Poiché la nascitadei centri eruttivi è preceduta dauna serie di segnali premonitori(terremoti, sollevamenti del suolo,ecc..), l’attuale sistema di sorve-glianza del vulcano dovrebbe per-mettere di riconoscere con anticipola nascita del nuovo centro.

Le Isole EolieLe Isole Eolie costituiscono un

arcipelago di forma arcuata com-posto da sette isole vulcaniche. Lagenesi di tale arco vulcanico è do-vuta alla convergenza tra le plac-che euroasiatica ed africana ed alprocesso di subduzione di que-st’ultima, testimoniato dall’intensaattività sismica profonda.

L’evoluzione dell’arco può essere schematizzata in quattro fasi (da sito GNV):1. inizio attività a Filicudi (circa 1.000.000 anni fa);2. crescita di Filicudi, formazione di Panarea e Strombolicchio, inizio cre-

scita di Lipari e Salina (430.000–200.000 anni fa);3. formazione di Alicudi e Vulcano, continuazione nella crescita degli altri

edifici (160.000–110.000 anni fa);4. formazione di Stromboli, crescita di Vulcano, conclusione dell’attività di

Disastri naturali | Conoscere per prevenireRischio vulcanico in Italia | Gli altri vulcani attivi in Italia 7776

Figura 3.20I crateri sommitali dell’Etna.

Fonte: Protezione Civile.

Figura 3.19Schema dell’evoluzione

dell’apparato etneo.Dall’alto verso il basso:genesi dei primi centri

eruttivi, cui segue lacreazione del Trifoglietto

(vulcano a scudo) esuccessivamente quella

del Mongibello(stratovulcanoasimmetrico).

Fonte: ISAT.

Figura 3.21L’eruzione dell’Etna del 1669.

Fonte: INGV.

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premonitore. Eruzioni ancora più potenti, fortunatamente non frequenti, lan-ciano bombe e blocchi a distanze notevoli dal cratere e possono generare flussipiroclastici che scendono sino al mare. L’evento più recente si è verificato nel1930 e ha interessato anche le aree abitate di Ginostra e Stromboli determi-nando la morte di 6 persone. A seguito dell’eruzione buona parte della popo-lazione abbandonò definitivamente l’isola. Nel corso delle maggiori eruzioni èpossibile l’innesco di movimenti franosi che possono generare tsunami. L’ul-timo di questi casi è avvenuto il 30 dicembre 2002 quando una frana di circa 16milioni di metri cubi di materiale (di cui 8 sommersi) ha innescato uno tsunamiche oltre ad interessare le coste dell’isola ha colpito le zone costiere delle altreisole, della Calabria e della Sicilia. A Stromboli l’onda ha raggiunto una altezzamassima di circa 8 metri e ha interessato aree distanti anche 100 metri dalla li-nea di costa. Fortunatamente l’evento, capitato in pieno inverno, non ha pro-vocato vittime ma ben altri effetti avrebbe avuto se fosse accaduto durante imesi con maggior afflusso turistico.

Vulcano. L’isola di Vulcano (Figura 3.24) rappresenta la parte emersa di ungrande edificio che si è costruito attraverso diversi stadi d’attività a partire dacirca 150.000 anni fa. I maggiori eventi eruttivi si sono verificati circa 80.000anni fa (Caldera del Piano), 50.000 anni fa (settore sud della caldera La Fossa)e circa 15.000 anni fa, probabilmente il più potente, con una grande esplo-sione che determinò il collasso della parte occidentale della caldera La Fossa,all’interno della quale si è accresciuto, a partire da 6.000 anni fa, l’attuale cen-tro eruttivo (Cono di La Fossa). La formazione di Vulcanello è iniziata intornoal secondo secolo a.C. e l’isolotto si è collegato a Vulcano intorno al 1550.

Vulcano è caratterizzato da un peculiare stile eruttivo (eruzioni vulca-niane), legato all’interazione del magma con le acque freatiche, e caratte-rizzato da esplosioni a moderata magnitudo, genesi di modeste colonneeruttive, emissione di lave ad elevata viscosità e lancio di blocchi e bombe.Nel corso di tali eruzioni sono possibili anche flussi piroclastici (surges) cherappresentano sicuramente la fenomenologia maggiormente pericolosa.

L’ultima fase eruttiva è avvenuta al cratere La Fossa tra il 1888 e il 1890(Figura 3.25). Forti esplosioni hanno lanciato in aria scorie, ceneri e pezzi

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 79

Alicudi (110.000 – attuale).Attualmente sono considerati estinti gli appa-

rati di Alicudi, Filicudi e Salina, mentre Lipari eVulcano si trovano in una fase di quiescenza (ul-time eruzioni rispettivamente nel 729 d.C e nel1888-90). Stromboli è in costante attività

Stromboli è uno strato-vulcano con attivitàpersistente del quale sono visibili solo i 900 me-tri che affiorano dal mare, mentre 1.500 metri sitrovano sott’acqua.

Lo Stromboli è ininterrottamente attivo da ol-tre 2000 anni con un peculiare stile eruttivo(eruzioni stromboliane). L’attività è caratteriz-zata da intermittenti esplosioni di bassa/mode-rata energia, con emissione di brandelli di lava,bombe, lapilli e ceneri da 4 bocche eruttive loca-lizzate all’interno di un cratere più ampio (LaFossa). I prodotti ricadono generalmente all’in-terno del cratere ed in parte all’esterno, nelpunto dove questo è più basso, scivolando lungoun ripido pendio chiamato la Sciara del Fuoco.

Tale attività è periodicamente interrotta dallafuoriuscita di colate di lava che si incanalanolungo la Sciara del Fuoco e da esplosioni di mag-gior violenza con lanci di bombe e blocchi oltre ilimiti del cratere. L’attività dello Stromboli vienesuddivisa in 5 cicli, che corrispondono a emissionidi magmi con caratteristiche diverse. Nel corso delciclo detto del Vancori si è costruita l’attuale cima,al cui interno si è impostata l’attività recente.

Durante le fasi di ordinaria attività le eruzioniesplosive e le colate di lava dello Stromboli gene-rano un rischio praticamente nullo, in quanto iprodotti restano confinati all’interno del cratereoppure sono incanalati nella Sciara del Fuoco, cioèin zone non frequentate. Un rischio maggiore èassociato alle eruzioni ad esplosività più alta (inmedia due all’anno), perché i prodotti possonofuoriuscire dal cratere e raggiungere l’area di PizzoSopra La Fossa dove, soprattutto nel periodoestivo, si radunano decine di persone ad osservarel’attività del vulcano. Tali eruzioni possono avve-nire in qualsiasi momento e senza alcun segnale

Rischio vulcanico in Italia | Gli altri vulcani attivi in Italia78

Figura 3.23 – Evoluzione dell’apparato vulcanico dello Stromboli.L’attuale assetto morfologico di Stromboli deriva dallla sovrapposizione di 5edifici vulcanici, ognuno dei quali ha avuto una propria storia vulcanologicaconclusasi con catastrofici collassi calderici, oppure con il crollo di ampieporzioni dell’edificio. L’instabilità del versante occidentale dell’isola, dovuta alcontinuo accumulo dei prodotti delle eruzioni, è uno degli aspetti più pericolosidel vulcano a causa del potenziale innesco di tsunami. Fonte: ridisegnato emodificato da F. Fumanti su dati http://www.swissedu.ch ehttp://vulcan.fis.uniroma3.it/ingv

Figura 3.23Stromboli, la sciara del fuoco (foto A.Candido)

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del cono vulcanico anche di diverse tonnellate. Ilnuovo magma è stato eruttato sotto forma dibombe che si sono raffreddate al suolo for-mando una superficie screpolata (bombe a cro-sta di pane). Attualmente il vulcano è in unostato di quiescenza con condotto ostruito ed at-tività limitata alla continua emissione di gas.

Pericolosità vulcanica e rischio associatoIl vulcano è costantemente monitorato ed at-

tualmente non ci sono evidenze di risalita delmagma. Basandosi sulla storia vulcanologicadell’apparato è comunque probabile che unanuova futura eruzione presenti caratteristicheesplosive con formazione di surges piroclastici,che con tutta probabilità raggiungerebbero lazona di Vulcano Porto5. Il paese è stabilmenteabitato da circa 500 persone. Nel periodo estivola popolazione ammonta a diverse migliaia,quasi totalmente residenti in aree potenzial-mente interessate dai prodotti di una eventualeeruzione, accrescendo enormemente il rischio ele difficoltà di una evacuazione possibile solo viamare.

Lipari, la più grande delle Isole Eolie, ha avutol’ultima eruzione nel 729 d.C., preceduta da unperiodo di riposo che si è protratto per circa 3500anni. L’attività si sviluppò contemporaneamentein due centri eruttivi detti Forgia Vecchia eMonte Pelato. Il ciclo eruttivo iniziò con unagrande esplosione che determinò l’apertura delcratere, a cui seguì l’emissione di pomici e altriprodotti piroclastici, e si chiuse con l’emissionedi limitati volumi di lave molto viscose. I magmieruttati a Lipari erano molto ricchi in silice e laloro viscosità al momento dell’emissione dovevaessere talmente alta da impedire la formazionedi cristalli (colate di ossidiana). A Lipari risie-dono permanentemente circa 8500 persone cheaumentano in modo esponenziale nel periodoestivo, con problematiche simili a quelle diStromboli e Vulcano in caso di ripresa dell’atti-vità.

Rischio vulcanico in Italia | Gli altri vulcani attivi in Italia80

5 Santacroce R., Cristofolini R., La Volpe L., Orsi G., Rosi M.,2003, Italian active volcanoes, Episodes, 26 (3).

Figura 3.25L’ultima eruzione di Vulcano (1888-90) in una foto scattata da G. Mercalli.

Fonte: Da G. Mercalli e O. Silvestri, Le eruzionidell’isola di Vulcano; Ann. U. Centr.Mer.(Roma 1891).

Figura 3.24Immagine aerea dell’isola di Vulcano.Si noti la prossimità del centro abitato al cratere.

Fonte: Prof. G. Luongo.

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4.1. Alluvioni e frane. Fenomeni catastrofici possono essere indotti

anche da intensi eventi meteorologici (esogeni)in porzioni di territorio, spesso degradate percause antropiche dal punto di vista geologico-idraulico. In tali situazioni possono verificarsi al-luvioni, frane, valanghe, erosione accelerata.

Si tratta di fenomeni che evolvono in tempi re-lativamente brevi ma con forte intensità, comeperaltro quelli vulcano-tettonici, che hanno peròbisogno di tempi di innesco lunghissimi.

Alluvioni e inondazioniTra i vari disastri naturali, sono le alluvioni a

comportare a livello mondiale le maggior per-dite di vite umane. Tali perdite si accentuano neipaesi in via di sviluppo dove, alle conseguenzedirette dell’evento, si sommano effetti secondaricome la diffusione di epidemie e la distruzionedi prodotti alimentari.

Le esondazioni dei fiumi, insieme alle frane,sono i fenomeni calamitosi più ricorrenti sul ter-ritorio italiano. Le alluvioni in particolare colpi-scono di frequente vaste regioni del territorionazionale, a cominciare dalla grande pianura delPo e dai bacini degli altri fiumi principali fino allefiumare meridionali che, pur non portando ac-qua per lunghi periodi di tempo, sono soggettead improvvise ondate di piena.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 81

Eventi meteorologici intensi o anche estremi, che a loro voltainnescano o sono fra le concause di alluvioni e frane, nonsono tipici soltanto di tempeste e cicloni tropicali. Sono noti,infatti, veri e propri cicloni mediterranei (tempestemediterranee), che hanno origine nello stesso mare interno(nota zona ciclonigenica è il Golfo di Genova, e sembra chene esista un’altra nell’Italia nord-orientale) oppure entranonel Bacino del Mediterraneo provenienti dall’Atlanticosecondo diversi meccanismi: ex cicloni tropicali che arrivanodall’Atlantico attraverso la soglia della Provenza-Linguadocao, più raramente, lo Stretto di Gibilterra; creazione orafforzamento di una depressione sulla Penisola Iberica pereffetto dell’aria umida tropicale che si muove verso nordnell’Atlantico; penetrazione dell’aria umida tropicaledall’Atlantico attraverso l’Europa centrale e orientale.Con queste origini complesse, cicloni mediterranei autunnalio invernali, che “rassomigliano” alle tempeste tropicali edagli uragani, si sono avuti nel Mediterraneo, per gli ultimidecenni, nel 1947, 1969, 1982, 1983, 1995 e 2004(quest’ultimo particolarmente intenso nel Mar del Levante,con chiusura temporanea del Canale di Suez).Nel caso specifico dell’Italia, sembra comunque che leprecipitazioni più intense siano in genere dovute ai cicloni diorigine mediterranea locale.Questi fenomeni sono anche all’origine delle ampietempeste di sabbia, provenienti dal Sahara o da altri desertidel Nord Africa, che attraversano il Mediterraneo elambiscono l’Italia (piogge di sabbia, e qualche volta persinodi locuste africane che arrivano stremate per la trasvolata,sono note in diverse città italiane, soprattutto sul versantetirrenico, tra cui Roma).

4. ALTRE MINACCE PER IL TERRITORIO ITALIANO

Figura 4.1Alluvione nel bacino del Po. Crollodel viadotto sulla Dora Balteadell’autostrada Milano-Torino, 17ottobre 2000Fonte: APAT-Servizio geologicod’Italia, Dipartimento difesa delsuolo.

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Frane e colate di fangoAgli stessi fenomeni di ori-

gine meteorologica e geolo-gico-idraulica possono esserecollegate le frane, comprese legrandi colate di fango costituiteda materiale di origine vulca-nica. È questo il caso del notoepisodio di Sarno nel 1998 (153vittime) in una regione, laCampania, che risulta (soprat-tutto nel triangolo Napoli-Avellino-Salerno) da questopunto di vista la più disastratad’Italia, con il concorso dicause antropiche, a cominciaredall’urbanizzazione selvaggiadi zone a rischio geologico-idraulico, sismico e vulcanico.

Le regioni più esposte sono Trentino-Alto Adige, Marche eFriuli-Venezia Giulia, ma quelle che subiscono danni più disa-strosi sono, proprio per cause antropiche, la Campania, la Cala-bria, la Sicilia e la Basilicata.

Per ricordare i singoli eventi, si possono citare, tra quelli di-struttivi più recenti, la frana di Stava nel Trentino nel 1985 (269vittime) collegata ad attività minerarie, quella in Val di Pola nel1987 (40 vittime, 19.500 senzatetto), in varie località del Pie-monte nel 1994 (70 vittime), in Versilia nel 1996 (13 vittime), inmolte regioni (Soverato in Calabria, nel Nord-Ovest, Liguria,Toscana) nel 2000 (con un totale di 61 tra morti e dispersi e40.000 evacuati).

Le conseguenze dei fenomeni franosi in Italia assumono unarilevanza tale da rappresentare un vero e proprio problema so-cio-economico. È sufficiente dare uno sguardo ad alcune stati-stiche, basate sui dati raccolti negli ultimi anni dal CNR-GNDCI (Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idro-geologiche)2:� le vittime e i dispersi in seguito a fenomeni franosi negliultimi sei secoli ammontano a 10.555, dei quali 5.939 nel XXsecolo (in media 59 per anno) e 2.447 nel dopoguerra (inmedia 54 per anno);� nell’ultimo dopoguerra, lo Stato ha stanziato, per farfronte ai problemi di rischio da frana, una media di oltre 500milioni di Euro ai valori correnti per anno (importocorrispondente attualmente a circa lo 0,5 per mille del PIL); � le stime del costo totale dei danni provocati dai fenomeni

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 83

Le alluvioni comportano un impatto socio-economico estre-mamente elevato, anche se minore, in termini di perdite totaliper singolo evento, rispetto agli eventi sismici di elevata magni-tudo.

La recente alluvione del Po nel 2000 (alluvione numero 1.200a partire dal XIV secolo nell’Italia settentrionale) ha comportato40 vittime e 32.000 persone evacuate; è stata senza dubbio undisastro naturale, causato da una pioggia di oltre 800 litri d’ac-qua per metro quadrato, aggravato da una componente antro-pica molto forte. Le grandi piene con disastrose alluvioni sonofrequenti nel bacino del Po: le più recenti nel 1839, 1892, 1949,1952 (quella famosa del Polesine, una delle più disastrose), 1960,1992, 1993, 1994 e 2000. La frequenza di queste alluvioni sem-bra aumentare negli ultimi anni, probabilmente a causa dellepiogge eccezionali.

Le piene e le alluvioni mettono in evidenza l’intreccio tracause insite in fattori naturali (almeno in parte, come l’assettogeomorfologico e climatico del territorio) e le responsabilità do-vute ad un uso scorretto del territorio. Ad esempio: � occupazione delle aree golenali con insediamenti abitativi oindustriali che, oltre a ostacolare lo sfogo delle acque,comporta anche una dannosa impermeabilizzazione delterreno;� presenza di aree inquinate e discariche abusive che, oltre adinquinare, costituiscono ulteriori ostacoli al deflusso delle acque;� cementificazione e rettificazione degli alvei esopraelevazione degli argini, preceduta da deforestazione dellearee lungo i fiumi, con ulteriori possibili effetti (comel’accelerazione della corrente fluviale e l’ostacoloall’espansione delle acque), nel caso di piene eccezionali;� insufficiente manutenzione geologico-idraulica e, più ingenerale, malgoverno del territorio che impone successiviinterventi di bonifica e recupero.

Altre minacce | Alluvioni e frane82

È stato causato da una frana il grandedisastro del Vajont nel 1963, quando dalMonte Toc si staccarono oltre 100.000 metricubi di materiale roccioso di una zonasottoposta ad alta erosione; questa enormemassa piombò nell’invaso artificiale creato dauna diga di cemento, che resse all’ondata, mavenne scavalcata da oltre 25 milioni di metricubi d’acqua e frammenti rocciosi chedistrussero Longarone e parti di altri comuni(provincia di Belluno) con 1917 morti.

La relazione tra degrado del territorio,abusivismo edilizio e fenomeni franosi è stataancora una volta confermata dal movimento diversante occorso ad Ischia il 30 aprile 2006.Un’ondata di fango sotto il Monte Vezzi hacausato la distruzione di una casa, costruitaabusivamente 20 anni fa, con 4 vittime, eimposto lo sgombero di altre 200 abitazioni. Ilterritorio di Ischia, peraltro sottoposto anche arischio vulcanico e sismico, è particolarmenteesposto al rischio geologico-idraulico. L’isola ècaratterizzata da una orografia tormentata e lasua superficie è costituita da materialevulcanico relativamente giovane, che tende afranare in occasione di forti piogge. L’areacolpita era ufficialmente nota come ad altorischio e tuttavia vedeva la presenza di casesparse, che gli amministratori localiattribuiscono a un “abusivismo di necessità”.

Negli ultimi 80 anni, si sonoverificate in Italia 5.400alluvioni1. Negli ultimi 20 anni70.000 abitanti sono staticoinvolti da alluvioni e frane ei danni hanno raggiunto i30.000 miliardi di lire Fonte:(http://www.apat.gov.it/site/it-IT/Temi/Suolo_e_Territorio/Rischio_idrogeologico).

1 Plenizio E., Quando ilcemento diventa fango, ScienzaNuova 3/1998.

L’alluvione dell’Arno a Firenze nel 1966(con precedenti eventi record nel 1269, 1333,1500 e 1547) danneggiò con le acque ed ilfango beni architettonici e culturali rilevanticome Palazzo Vecchio, Piazza del Duomo, ilBattistero (la Porta del Paradiso perse alcuneformelle), Santa Croce, strade e piazzemedievali, mettendo in pericolo le opereconservate nella Galleria degli Uffizi e nellaBiblioteca Nazionale. L’alluvione produsseanche varie frane secondarie. Le vittime furono35 più 61 dispersi, per la maggior parte acausa dei movimenti franosi.

Nel 1954, a Vietri sul Mare, Salerno eCostiera Amalfitana, si verificò una pienafluviale catastrofica in un’area di costarocciosa, che provocò la perdita di 318 viteumane, ingentissimi danni al patrimonioedilizio ed alle attività produttive in ambitourbano, nonché notevoli modificheall’ambiente naturale. L’evento alluvionale,innescato da un nubifragio, fu caratterizzatodall’enorme quantità di materiali alluvionaliaccumulatisi alla foce del torrente Bonea. LaCostiera Amalfitana, ed in particolare Maiori eCetara, era stata già colpita da inondazioniimprovvise nel 1735, nel 1773 e nel 1910(con effetti disastrosi).

Ponte crollato dopo una piena improvvisa nel 2005 a Villanova Strisaili (Nu)

Foto: A. Candido

Figura 4.2Ottobre 2000: la colata di fango e detriti che

ha investito l’abitato di Pleod di Fenis (AO).Fonte: APAT-Servizio geologico d’Italia,

Dipartimento difesa del suolo.

2 Canuti P., Casagli N., Tarchi D., Lenuove tecnologie di allertamentostrumentale per la mitigazione delrischio da frana. Presentato allaGiornata di Studio “Tecnologie per la

mitigazione del rischio idrogeologico”organizzata dal Comitato deiparlamentari per l’innovazionetecnologica e lo sviluppo sostenibile(COPIT), Roma, 2001.

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Anche l’attività vulcanica puòinnescare movimenti franosi,a volte di grandi dimensioni.L’ultimo caso italiano, conconseguente modestotsunami, è avvenuto aStromboli sul versanteemerso e sommerso nellazona della Sciara del Fuoconel 2002; la conformazionedi Stromboli è tale da averdato origine a cinque eventidi questo tipo in 100 anni. Siipotizza, tra l’altro, che imovimenti franosi, e non leeruzioni in quanto tali, sianoil pericolo maggiore legato aivulcani sottomarini delTirreno meridionale, a causadei maremoti che possonoinnescare.

la pericolosità degli eventi è rima-sta sostanzialmente invariata, an-che se non possono essere esclusieffetti futuri del cambiamento cli-matico. È cresciuta invece l’esposi-zione degli elementi a rischio acausa dell’aumento degli insedia-menti, spesso abusivi, nelle zoneinstabili ed inondabili. Anche lavulnerabilità è sostanzialmente au-mentata di pari passo con il nostrosistema produttivo e socio-econo-mico. Si ritorna quindi ancora unavolta al problema della riduzionedel rischio, alla necessità di un’ac-corta politica di gestione e manu-tenzione del territorio, per lamessa in sicurezza delle operestrategiche per la salvaguardia deicittadini, del sistema produttivo edei beni culturali di maggior va-lore. D’altro canto, va puntualiz-zato che, per quel che riguarda ilrischio geologico-idraulico, non è mancata né l’attenzione da parte del-l’opinione pubblica e dei decisori, né l’iniziativa legislativa, sia pure carat-terizzata da ritardi e sovrapposizioni.

4.2. Fenomeni riguardanti il livello del mareOltre ai fenomeni a carattere tettonico ed a quelli di tipo geologico-idraulico

fin qui trattati, va ricordata un’altra categoria, comprendente fenomeni ap-prezzabili a scala più lunga (dell’ordine dell’anno o più) ed in genere collegatialla complessa interazione tra clima e tettonica: � eustasia (variazione del livello del mare in conseguenza delle oscillazioniclimatiche e in particolare della formazione di calotte glaciali);� subsidenza (progressivo abbassamento del terreno, dovuto alla naturalediagenesi dei sedimenti o al prelievo da parte dell’uomo di acqua di falda odi altri composti come gli idrocarburi, che provoca una diminuzione dipressione nel sottosuolo e quindi la sua compattazione. La subsidenza lungole zone costiere provoca la penetrazione del mare nell’entroterra);� moti isostatici (legati all’attività tettonica ed al clima attraverso levariazioni del livello del mare e l’evoluzione delle masse glaciali).

Questi fenomeni vanno comunque distinti dalle maree, ossia dall’innalza-mento temporaneo del livello del mare per effetto combinato della mareaastronomica e della componente meteorologica (variazioni dell’intensità edella direzione del vento e del valore della pressione atmosferica). Tale innal-zamento del mare però, unitamente alla subsidenza ed all’eustasia, può cau-sare il fenomeno noto come “acqua alta”. Il fenomeno è ben noto nella lagunadi Venezia, con un evento estremo di +194 cm di “acqua alta” registrato nel1966, e con sullo sfondo un lento ma continuo aumento sia del livello delmare negli ultimi 500 anni, sia del numero degli eventi classificabili come “ac-qua alta”(da circa 15/anno negli anni ’20 ad oltre 60/anno negli anni ’90). Unfenomeno correlato è quello della “sessa”, un’oscillazione periodica del-l’Adriatico simile ad una bilancia con fulcro sul parallelo di Otranto.

Disastri naturali | Conoscere per prevenire 85

franosi sono variabili fra 1 e 2 miliardi di Euro per anno (sommecorrispondenti mediamente allo 1,5 per mille del PIL); tali valutazioni siritengono approssimate per difetto in quanto molti danni causati da franesono spesso imputati ad altre calamità naturali; � sulla base di tali considerazioni, e tenendo conto anche dei danni indirettiassociati alle perdite di produttività, alla riduzione del valore del patrimonioimmobiliare, alla riduzione delle entrate fiscali ed ad altri effetti economiciindotti, una stima più completa del costo complessivo dei danni causatidalle frane in Italia è probabilmente inquadrabile intorno al 3-4 per mille delPIL (a valori del 2000); � in seguito ad indagini svolte recentemente, il numero di centri abitatieffettivamente instabili risulta stimabile in oltre 5.000; � oltre 9.600 aree sono state ad oggi individuate e perimetrate come “arischio di frana estremamente elevato”dalle Regioni e dalle Autorità diBacino.

Tali dati acquistano un significato ancora maggiore se inquadrati in un con-testo globale: � con una media di 59 vittime all’anno dovute a frane nell’ultimo secolo,l’Italia risulta al quarto posto nel mondo dopo i Paesi Andini (735 vittime peranno), la Cina (150 vittime per anno) ed il Giappone (130 vittime per anno); � con un ammontare di danni per frana stimato fra 1 e 2 miliardi di Euroall’anno, l’Italia è al secondo posto assoluto a pari merito con USA ed India,dietro al Giappone (con danni stimati in oltre 4 miliardi di Euro all’anno);� in termini di rapporto danni/PIL l’Italia si colloca al secondo posto, conl’1,5 per mille, fra i paesi tecnologicamente avanzati, subito dopo ilGiappone (2 per mille).

Negli ultimi decenni il rischio legato a frane e alluvioni è progressivamenteaumentato.

Le analisi più approfondite, comprese quelle retrospettive, indicano che

Altre minacce | Alluvioni e frane84

Gli studi internazionali hannoindividuato un pericolo difrana a mare del vulcanoCumbre Vieja a LasPalmas (Isole Canarie), aseguito di un precedentemovimento franoso parzialeavvenuto nel 1949, che,qualora si verificasse,potrebbe causare unmaremoto devastante (cononde alte fino a 30 metri)fino alle coste del Brasile,Caraibi e Stati Uniti.

Venezia, il fenomeno dell’acqua altaFonte: Dipartimento della Protezione Civile

Figura 4.3Gli effetti di una delle colate di fango che il

24 ottobre 1910 colpirono, insieme conl’esondazione del torrente Cetus, l’abitato diCetara (SA) provocando più di 150 vittime.

Fonte: APAT-Servizio geologico d’Italia,Dipartimento difesa del suolo, su gentile

concessione della Scuola media di Cetara.