DIRITTO SINDACALE E DELLE RELAZIONI AZIENDALI · disciplinano la dinamica del conflitto di...

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DIRITTO SINDACALE E DELLE RELAZIONI AZIENDALI Avv. Gloria Galli

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DIRITTO SINDACALE E DELLE RELAZIONI AZIENDALI Avv. Gloria Galli

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Programma: •  Introduzione al diritto sindacale: 1.  nozione; 2.  evoluzione storica; 3.  ruolo della dottrina e della giurisprudenza; •  Libertà sindacale (artt.39 e 40 Cost.); •  Il sindacato (fenomeno storico; regolamentazione giuridica; interessi

collettivi, individuali e generali); •  Rappresentanza e rappresentatività sindacale; •  Rappresentanza ed attività sindacale nei luoghi di lavoro; •  Contratto collettivo e contrattazione collettiva (evoluzione storica); •  Contrattazione collettiva nel lavoro pubblico; •  Sindacati e sistema politico; •  Diritto di sciopero: 1.  autotutela; 2.  limiti; 3.  servizi essenziali; •  Altre forme di lotta sindacale (in particolare, la serrata).

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Introduzione al diritto sindacale

• Nozione: il diritto sindacale è quella parte del diritto del lavoro che concerne il sistema di norme strumentali, poste dallo Stato o dalle stesse organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori che, nelle economie di mercato, disciplinano la dinamica del conflitto di interessi derivante dalla ineguale distribuzione del potere nei processi produttivi. Esso è parallelo, nel suo svolgimento, alla storia del movimento operario e riflette, nella propria evoluzione, la storica contrapposizione tra capitale e lavoro.

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Introduzione al diritto sindacale

•  Evoluzione storica: il diritto sindacale è venuto sviluppandosi a partire dalla metà del secolo XIX, come manifestazione e regolamentazione della autonomia dei gruppi professionali. E’, pertanto, considerato un fenomeno tipicamente moderno.

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Introduzione al diritto sindacale v Origine del fenomeno sindacale (seconda metà XIX sec.): i.  profonde trasformazioni economiche e sociali determinate dalla

rivoluzione industriale; ii.  nascita della prima legislazione speciale in materia di polizia del

lavoro tendente alla tutela dell’interesse pubblico; iii.  spontanea coalizione dei lavoratori mediante l’associazionismo

operaio;

iv.  nascita del sindacato. v Periodo precorporativo: i.  adozione del tipico mezzo di lotta sindacale, lo sciopero; ii.  azione sindacale volta alla stipulazione del contratto collettivo; iii.  azione della giurisprudenza dei collegi probivirali.

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Introduzione al diritto sindacale

v Periodo corporativo (sino alla caduta del regime fascista): i.  sindacato come strumento per realizzare politica di ordine

pubblico; ii.  concetto di categoria professionale; iii.  sindacalizzazione del pubblico impiego; iv.  contratto collettivo annoverato tra le fonti del diritto; v.  potere di vigilanza dello Stato sull’attività della associazioni

sindacali corporative; vi.  magistratura del lavoro in sede collettiva.

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Introduzione al diritto sindacale

v Dal 1948 (entrata in vigore della Costituzione Italiana): i.  soppressione delle corporazioni e dei sindacati corporativi; ii.  costituzione di nuovi sindacati; iii.  artt. 39 e 40 Cost.; iv.  sindacalismo dei dipendenti pubblici; v.  mancanza di disciplina legislativa: ruolo della dottrina e della

giurisprudenza.

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Libertà sindacale Art. 39 Cost.: «L’organizzazione sindacale è libera.» E’ il principio giuridico fondamentale sul quale si basa il diritto sindacale. Esso può assumere diversi significati: •  libertà di organizzazione sindacale intesa come portatrice di interessi

privati; •  libertà dei singoli lavoratori e datori di lavoro di costituire

organizzazioni sindacali all’interno di una medesima categoria professionale;

•  libertà di definire l’ambito di applicazione del contratto collettivo; •  libertà sindacale sui luoghi di lavoro; •  libertà dei singoli di scegliere l’organizzazione sindacale alla quale

aderire o di non aderire ad alcuna delle stesse (cd. libertà sindacale negativa).

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Libertà sindacale

Libertà di organizzazione sindacale: •  nella Costituzione Italiana: confronto tra l’art.39 e l’art.18; •  nella normativa comunitaria; •  nelle convenzioni internazionali; •  nella normativa interna: il cd. «Statuto dei

Lavoratori» (legge 20 marzo 1970, n.300): i.  divieto di atti discriminatori; ii.  divieto di costituzione dei cd. «sindacati di comodo».

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Libertà sindacale

•  Il sindacalismo dei dipendenti pubblici: i.  nasce nell’immediato dopoguerra; ii.  disciplina esclusivamente dettata dalla legge; iii.  concezione del rapporto di lavoro non contrattuale ma autoritativo; iv.  enti pubblici non economici: art.37 legge n.300/70; v.  contrattazione pubblica dei dipendenti dello Stato (legge n.

93/1983); vi.  lavoro pubblico disciplinato dalla medesima legislazione che

regola quello dei rapporti dei lavoratori dipendenti da un datore di lavoro privato (d.lgs. n.165/2001);

vii.  limiti: corpi militari e polizia di stato.

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Libertà sindacale

•  Libertà sindacale degli imprenditori e dei lavoratori autonomi:

i.  imprenditore inteso come singolo; ii.  tutela della libertà sindacale ravvisabile nell’art.18 Cost.

in combinato disposto con l’art.41 Cost.

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Il sindacato A.  FENOMENO STORICO I modelli organizzativi: 1.  Sindacato di mestiere: in ogni impresa operano più

sindacati, tanti quante sono le professionalità necessarie al processo produttivo (es.: impresa edile);

2.  Sindacato per ramo di industria: il sindacato organizza i lavoratori secondo il tipo di attività produttiva esercitata dall’impresa da cui dipendono.

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Il sindacato

L’organizzazione sindacale: •  è finalizzata alla tutela di interessi professionali, quali: i.  la stipulazione del contratto collettivo (ciò comporta la

particolare considerazione che l’organizzazione sindacale detiene nel nostro ordinamento);

ii.  il potere di autonomia privata collettiva; iii.  la proclamazione dello sciopero o di altri mezzi di lotta

sindacale; •  ha una struttura di tipo associativo (diversa dalla

organizzazione di tipo istituzionale, come la rappresentanza dei lavoratori all’interno dei luoghi di lavoro).

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Il sindacato La struttura delle maggiori Confederazioni sindacali dei lavoratori in Italia (CGIL – CISL – UIL):

CONFEDERAZIONE

Struttura regionale intercategoriale

(orizzontale)

Struttura territoriale Intercategoriale

(orizzontale)

Struttura nazionale di categoria

Struttura regionale di categoria

Struttura territoriale di categoria

Struttura di luogo di lavoro

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Il sindacato

•  Sindacalismo unitario: confederazioni che raggruppano tutti, o quasi, i sindacati esistenti (unità sindacale).

•  Pluralismo sindacale: coesistenza di confederazioni con

diversa ispirazione ideologica.

•  Sindacalismo internazionale: fenomeno per il quale le maggiori confederazioni sindacali italiane aderiscono anche ad organizzazioni sindacali internazionali.

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Il sindacato In Italia: •  1944: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista ed il Partito

Socialista stipulano un accordo, detto patto di Roma, per far nascere il sindacalismo libero creando un’unica confederazione (CGIL);

•  1948: la CGIL è abbandonata dalla corrente cattolica, che forma la CISL;

•  1949: escono i lavoratori delle correnti socialdemocratica e repubblicana e nasce la UIL;

•  1972: le tre organizzazioni stipularono un patto con il quale fu creata la Federazione delle confederazioni;

•  1984: rottura definitiva tra le tre confederazioni, causata dal mancato accordo con il Governo.

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Il sindacato Associazionismo sindacale degli imprenditori: •  esigenza di coalizzazione nata dalla necessità di contrastare la

controparte (i lavoratori); •  raggruppamento in confederazioni distinte in grandi settori economici

(es. per l’industria la Confindustria, per il commercio la Confcommercio, per l’agricoltura la Confagricoltura);

•  struttura: constano di un’unità di base di carattere territoriale ed intercategoriale e di strutture nazionali di categoria che confluiscono nella confederazione.

Organizzazione sindacale delle pubbliche Amministrazioni: •  A.R.A.N. (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche

amministrazioni).

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Il Sindacato CGIL (Confederazione Generale del Lavoro): •  la nascita della CGdL; •  il cd. «biennio rosso»; •  l’inizio del fascismo; •  la CGIL «unitaria»; •  dagli anni sessanta ad oggi. CISL (Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori): •  origini; •  dagli anni settanta ad oggi.

UIL (Unione Italiana del Lavoro) UGL (Unione Generale del Lavoro)

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Il sindacato B. REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA La mancata attuazione dell’art. 39 (commi 2, 3, 4,) Cost., formulazione frutto della convergenza tra diverse posizioni politiche, è dipesa dalla mancanza delle dovute specificazioni da parte del legislatore ordinario, che non è mai intervenuto sul punto (al contrario, il principio di cui al primo comma è stato di diretta applicazione; si confronti sul punto il modulo sulla «Libertà sindacale»). A ciò contribuirono anche ragioni tecniche, quali: •  attuazione dei principi espressi dall’articolo in commento come

attentato alla libertà dell’organizzazione sindacale; •  dubbi ed incertezze circa lo status dei sindacati che non avessero

chiesto o ottenuto la registrazione;

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Il sindacato

•  timore che il procedimento di registrazione fosse uno strumento di intromissione statale;

•  dottrina giuslavoristica distaccata dalle concezioni di natura corporativa;

•  consolidamento di un sistema sindacale di fatto che, a partire dagli anni sessanta, acquisiva un forte potere politico e contrattuale.

NB: occorre precisare che la mancata attuazione non deve essere considerata come un inadempimento costituzionale, ma si pervenne ai medesimi risultati mediante gli strumenti giuridici di diritto ordinario.

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Il sindacato

Il sindacato: associazione non riconosciuta ex art.36 e ss. c.c.: •  organizzazione interna di tipo corporativo (assemblea degli associati

e organo amministrativo); •  elemento patrimoniale (fondo comune); •  scopo non lucrativo (politico, ideale,…); •  struttura aperta del rapporto; •  differenze tra associazione riconosciuta e associazione non

riconosciuta.

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Il sindacato C. INTERESSI COLLETTIVI, INDIVIDUALI E GENERALI •  Interesse collettivo: è l’interesse di cui è portatore il

sindacato; •  Interesse generale: è l’interesse di cui è portatrice l’intera

comunità eretta a Stato e che acquista concretezza attraverso le procedure costituzionali;

•  Interesse individuale: è l’interesse dei singoli lavoratori aderenti al sindacato stesso o, comunque, facenti parte del gruppo professionale da questi organizzato.

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Il sindacato

•  Interesse collettivo: interessi comuni a più soggetti i quali si associano come categoria o gruppo omogeneo per realizzare i fini del gruppo stesso;

•  Interesse diffuso: interessi comuni a tutti gli individui di una formazione sociale; riguardano beni insuscettibili di appropriazione individuale e quindi anche di gestione processuale (sono detti anche «privi di titolare»).

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Il sindacato

•  Interesse del gruppo dei datori di lavoro: viene sinteticamente descritto come «interesse al profitto» e corrisponde all’esercizio di libertà di iniziativa economica privata riconosciuto all’art.41 della Cost.;

•  Interesse collettivo dei lavoratori: è l’interesse che assume grande

ri levanza sul piano giuridico e la cui tutela è affidata all’organizzazione sindacale; concerne sia le condizioni stesse in cui la persona umana è chiamata a svolgere l’attività di lavoro subordinato, sia il trattamento economico idoneo a realizzare quelle esigenze di libertà e di dignità umana garantite dall’art.36 Cost. e dall’art.3, secondo comma, Cost.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale

•  Rappresentanza: designa la capacità del sindacato a svolgere l’attività di tutela degli interessi professionali e, in tale generica accezione, essa è sufficiente a giustificare la partecipazione del sindacato a organi e collegi pubblici ovvero alla consultazione con il potere amministrativo;

•  Rappresentatività: è la capacità dell’organizzazione di unificare i

comportamenti dei lavoratori in modo che gli stessi operino come gruppo.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale

Il testo normativo di riferimento è il Titolo III della legge 20 maggio 1970 n.300, ovvero lo «Statuto dei Lavoratori». Il legislatore ha riconosciuto alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative diritti che privilegiano il rapporto tra l’organizzazione ed i lavoratori rappresentati. Lo scopo è quello di favorire l’attività sindacale all’interno dei luoghi di lavoro, anche se ciò può comportare la compressione di alcuni diritti dell’imprenditore/datore di lavoro.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale

Sindacato maggiormente rappresentativo: tale nozione utilizzata dal legislatore (cfr. art.19 della legge n.300/1970) implica un giudizio di rappresentatività che è stata definita storica, perché basata sul dato storico dell’effettività dell’azione sindacale svolta dalle grandi confederazioni. Questo criterio è indicato come rappresentatività presunta. La genericità della nozione ha posto il problema di stabilire quali fossero i criteri idonei per individuare le organizzazioni che meritassero tale qualificazione (N.B.: criteri che sono stati individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza).

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale

Essi sono: •  consistenza del numero degli iscritti; •  equilibrata presenza in un ampio arco di settori produttivi; •  svolgimento di una attività di contrattazione; •  svolgimento di una attività di autotutela con carattere di effettività,

sistematicità e continuità. Questo metodo di selezione dei soggetti sindacali è entrato in crisi almeno dalla seconda metà degli anni ottanta. In particolare, stante i cambiamenti avvenuti ed i referendum del 1995, si sentì l’esigenza di verificare la capacità rappresentativa, un tempo definita presunta.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale

Art. 19 legge n.300/1970: 1)  Referendum abrogativo 11 giugno 1995: avente esito negativo,

investiva tutto il corpo della norma. L’esito negativo ha confermato la necessità di selezionare i sindacati che hanno accesso alle condizioni di favore previste dal Titolo III dello Statuto.

2)  Referendum abrogativo 11 giugno 1995: avente esito positivo, investiva la lettera a) e della lettera b) l’inciso «non affiliate alle predette confederazioni» e le parole «nazionali o provinciali». Il risultato è che, oggi, l’articolo in esame trova applicazione solo per le rappresentanze costituite nell’ambito dei sindacati che abbiano stipulato contratti collettivi applicati all’unità produttiva, quale ne sia il loro livello.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale

Giurisprudenza costituzionale sull’art.19 dello Statuto dei Lavoratori prima dei referendum: 1)  sentenza n.54 del 06.03.1974; 2)  sentenza n.334 del 24.03.1988, 3)  sentenza n.30 del 26.01.1990. Giurisprudenza costituzionale sull’art.19 dello Statuto dei Lavoratori dopo i referendum: 1)  sentenza n.244 del 12.07.1996.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale La rappresentatività ponderata nel settore pubblico: •  disciplina compiuta della materia nel settore; •  diversa funzione della nozione di «sindacato maggiormente

rappresentativo»; •  d.lgs n.396/1997 (regolamentazione puntuale del tema della

rappresentatività). In particolare: l’art.43 d.lgs n.165/2001 (già art.47bis del d.lgs n.29/93) dispone che siano ammessi alla contrattazione collettiva nazionale di comparto o di area i sindacati che realizzino un indice di rappresentatività non inferiore al 5%, calcolato sulla media tra il dato associativo ed il dato elettorale.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale

• Dato associativo: è calcolato dalla percentuale delle deleghe per il pagamento dei contributi associativi in favore di ogni singolo sindacato sul totale delle deleghe rilasciate dai lavoratori nell’ambito del contratto da stipulare.

• Dato elettorale: è calcolato dalla percentuale dei voti ottenuti dalla lista espressa da ciascun sindacato sul totale dei voti espressi per l’elezione delle rappresentanze sindacali unitarie nello stesso ambito.

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Rappresentanza e rappresentatività sindacale Sindacato comparativamente più rappresentativo: in alcuni casi può accadere che vengano stipulati, per lo stesso gruppo professionale, da diverse organizzazioni sia dei lavoratori che dei datori di lavoro, due o più contratti collettivi e questa concorrenza pone il problema di scegliere a quale dei due contratti vada collegato l’effetto legale. Quando la legge, in questo contesto, adotta la nozione in esame, impone al Giudice o alla P.A. di attribuire quell’effetto al contratto che sia stato stipulato dalle parti che, comparativamente, siano più rappresentative rispetto a quelle che hanno stipulato l’altro contratto al quale, invece, andranno negati gli effetti in discorso. La comparazione andrà compiuta sulla base degli indici tradizionalmente elaborati (consistenza numerica, diffusione territoriale, partecipazione effettiva alla dinamica delle relazioni industriali).

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La rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro

A.  FENOMENO STORICO

•  1906: vengono regolate per la prima volta le cd. commissioni interne attraverso un accordo sindacale tra la FIOM e la fabbrica di automobili Itala;

•  1925: con il Patto di Palazzo Vidoni, concluso tra la Confederazione generale dell’industria e la Confederazione nazionale delle corporazioni fasciste, vengono soppresse le commissioni interne;

•  1943: vengono ripristinate le commissioni interne con un accordo tra la Confederazione dei lavoratori dell’industria e la Confederazione degli industriali;

•  1947: viene stipulato un accordo con il quale viene tolto alle commissioni interne il potere contrattuale (accordo rinnovato nel 1953 e nel 1966); 1968-69: muta radicalmente la struttura organizzativa del movimento sindacale italiano; nascono e si affermano nuove strutture di rappresentanza dei lavoratori all’interno delle imprese, i delegati ed i consigli di fabbrica.

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La rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro

• Delegato: rappresentava i lavoratori appartenenti ad uno stesso gruppo omogeneo, cioè ad un gruppo individuato dalla sua collocazione nel processo produttivo e, dunque, da un elevato grado di omogeneità di interessi. La sua elezione era, in genere, libera da ogni vincolo di designazione da parte delle istanze sindacali esterne.

• Consiglio di fabbrica: era formato da tutti i delegati di una certa unità produttiva; nelle fabbriche più grandi, dato l’elevato numero di questi, veniva nominato un esecutivo.

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La rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro

1.  R.S.A. (Rappresentanze Sindacali Aziendali)

2.  R.S.U. (Rappresentanze Sindacali Unitarie)

3.  R.S.A. (Rappresentanze Sindacali Aziendali) e R.S.U. (Rappresentanze Sindacali Unitarie) nel settore pubblico

v art. 46 Cost: regola la partecipazione dei lavoratori alla

gestione delle imprese, ma ad oggi non vi è ancora una legge ordinaria che vi abbia dato attuazione.

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La rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro Rappresentante per la sicurezza (R.L.S.): •  questa figura è stata prevista con il d.lgs n.626/1994 e resa

obbligatoria con il d.lgs n.81/2008 in tutte le aziende o, se questa è articolata in più unità produttive, in ciascuna di esse;

•  nelle aziende con un numero di dipendenti superiore a 15, il rappresentante va individuato nell’ambito delle rappresentanze sindacali operanti in azienda;

•  la normativa rinvia alla contrattazione collettiva la determinazione del numero dei rappresentanti e le modalità di elezione o designazione;

•  i rappresentanti devono ricevere una adeguata formazione sia sulla normativa che sui rischi specifici esistenti nel proprio ambito di competenza;

•  le modalità per l’esercizio delle funzioni del rappresentante sono determinate dalla contrattazione collettiva nazionale.

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I diritti sindacali

Statuto dei lavoratori (legge n.300/1970 – Titolo III): •  art.20: Assemblea; •  art.21: Referendum; •  art.22: Trasferimento dei dirigenti delle r.s.a.; •  art.23 e art.24: Permessi sindacali retribuiti e non

retribuiti; •  art.25: Diritto di affissione; •  art.26: Contributi sindacali.

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I diritti sindacali

Diritti sindacali nel pubblico impiego: •  con la riforma del pubblico impiego sono mutati i termini di

applicazione dello Statuto dei Lavoratori (cfr. art.37); •  per i dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici soggetti alla

riforma è oggi vigente l’art.2 del d.lgs n.165/2001; •  l’art.42 del d.lgs n.165/2001 dispone esplicitamente che anche nelle

pubbliche amministrazioni la libertà e l’attività sindacale debbano essere tutelate nelle forme previste dallo Statuto dei Lavoratori, seppur con notevoli differenze rispetto al settore privato.

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I diritti sindacali

La repressione della condotta antisindacale: •  art.28 dello Statuto dei Lavoratori; •  la condotta antisindacale; •  la legittimazione attiva; •  l’interesse ad agire; •  la condotta antisindacale delle pubbliche amministrazioni.

Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori: 1.  Prima della cd. «Riforma Fornero»; 2.  Dopo la cd. «Riforma Fornero».

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La contrattazione collettiva Profili storici e tipologia del contratto collettivo: •  determinazione delle condizioni di lavoro; •  riflessioni giuridiche; •  contratto collettivo corporativo; •  contratto collettivo e art.39 Cost.; •  legge n.741/1959; •  principi costituzionali.

Contratto collettivo di diritto comune: •  rilevanza e natura giuridica; •  funzione normativa; •  funzione obbligatoria; •  funzione compositiva dei conflitti giuridici.

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La contrattazione collettiva •  Inderogabilità del contratto collettivo in peius •  Derogabilità del contratto collettivo in melius •  Efficacia soggettiva: 1.  nella giurisprudenza; 2.  nella legislazione. •  Contratto collettivo: 1.  parte cd. «normativa»; 2.  parte cd. «obbligatoria». •  contratto collettivo cd. «gestionale» •  contratto collettivo cd. «delegato»

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La contrattazione collettiva

La contrattazione collettiva può articolarsi verticalmente su diversi livelli, in genere corrispondenti ai livelli organizzativi dei soggetti negoziali. Si parla di struttura contrattuale proprio per indicare l’insieme dei livelli sui quali si svolge la contrattazione collettiva. In Italia i livelli più stabilmente praticati sono: 1.  interconfederale (accordi interconfederali); 2.  nazionale di categoria (contratto collettivo nazionale di

categoria); 3.  decentrato (contratto decentrato).

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La contrattazione collettiva

Evoluzione storica della contrattazione collettiva: •  la ricostruzione e gli anni ‘50; •  gli anni ‘60 e la contrattazione articolata; •  il ciclo 1968 – 1973 e la contrattazione non vincolata; •  gli anni dal 1975 al 1990; •  il Protocollo del 23 luglio 1993.

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La contrattazione collettiva

Procedure di stipulazione e rinnovo: •  la piattaforma rivendicativa; •  le trattative e lo sciopero; •  la mediazione politica; •  l’accordo di rinnovo; •  la legittimazione a contrarre; •  i conflitti di giurisdizione; •  la sottoscrizione per adesione.

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La contrattazione collettiva Interpretazione del contratto collettivo: •  efficacia; •  validità; •  interpretazione. Efficacia del contratto collettivo nel tempo: •  disdetta; •  ultrattività; •  decorrenza. Successione dei contratti collettivi nel tempo: •  rapporto tra contratti collettivi dello stesso livello; •  tesi della cd. «incorporazione»; •  rapporto tra contratti collettivi di diverso livello.

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La contrattazione collettiva

Disciplina dei rapporti collettivi ad ambito territoriale diverso: •  disciplina contrattuale; •  disciplina legale.

Rapporto tra contrattazione e legge: •  inderogabilità unilaterale della legge; •  fissazione di «tetti» alla contrattazione.

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La contrattazione collettiva nel pubblico impiego

Diritto pubblico e rapporto di pubblico impiego •  Contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego: 1.  prima fase: organizzazione pubblicistica degli uffici ed

organizzazione privatistica del lavoro; 2.  seconda fase: allargamento dell’area privatistica.

Contrattazione collettiva e lavoro pubblico •  legge n.93/1983; •  riforma e fonti di disciplina del rapporto di lavoro pubblico; •  competenza generale del contratto collettivo.

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La contrattazione collettiva nel pubblico impiego

Livelli di contrattazione collettiva del pubblico impiego: la legge prevede che la contrattazione collettiva del pubblico impiego si svolga normalmente a livello nazionale e che, a tale livello, sia articolata in comparti, riguardanti settori omogenei o affini, individuati mediante appositi accordi tra l’A.R.A.N. e le confederazioni rappresentative. Nell’ambito dei comparti, sono, poi, previste aree contrattuali, come quella dei dirigenti o dei dipendenti iscritti ad albi professionali.

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La contrattazione collettiva nel pubblico impiego

Struttura del sistema contrattuale: il principio giuridico fondamentale in tema di struttura della contrattazione è che la stessa e i rapporti tra i differenti livelli di contrattazione sono liberamente regolati dalla contrattazione stessa. Il perno del sistema è il contratto nazionale di comparto. Soggetti della contrattazione: •  rappresentanza dei lavoratori; •  rappresentanza delle amministrazioni.

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La contrattazione collettiva nel pubblico impiego

Procedura per la stipulazione dei contratti collettivi nel pubblico impiego: •  fase preliminare della contrattazione; •  trattative ed ipotesi di accordo; •  ripartizione dei compiti tra A.R.A.N. e comitati di settore; •  controllo della Corte dei Conti; •  pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

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La contrattazione collettiva nel pubblico impiego Interpretazione del contratto collettivo: •  definizione consensuale del significato delle clausole controverse; •  specifica procedura prevista nell’ipotesi in cui sorga una controversia

individuale per la quale sia necessario decidere, in via pregiudiziale, una questione concernente l’efficacia o l’interpretazione di un contratto nazionale sottoscritto dall’A.R.A.N.

Efficacia soggettiva del contratto collettivo: •  efficacia generalizzata del contratto collettivo nel lavoro pubblico; •  questioni di legittimità costituzionale.

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Sindacati e sistema politico

La concertazione: •  azione «politica» del sindacato; •  concertazione delle politiche economico – sociali.

Evoluzione storica del fenomeno della concertazione: •  gli anni ‘70 e ‘80; •  il Protocollo del 23 luglio 1993 (la cd. «politica dei redditi»); •  il Patto del 1998 (istituzionalizzazione e decentramento della

concertazione).

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Sindacati e sistema politico

Protocolli triangolari: •  natura giuridica; •  problemi di legittimità costituzionale;

Comunità Europea e attività sindacale dei sindacati: •  accordi sindacali e loro attuazione secondo il diritto

comunitario; •  attuazione delle direttive attraverso la contrattazione

collettiva.

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Il diritto di sciopero

Sciopero e diritto: lineamenti storici. Diritto di sciopero nella Cost.: art.40 della Costituzione e immediata precettività della norma. Sciopero inteso come: 1.  diritto pubblico di libertà; 2.  diritto potestativo e negozio giuridico; 3.  mero fatto giuridico.

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Il diritto di sciopero

Proclamazione dello sciopero: è opinione da ritenere tuttora valida, nonostante i contrasti, quella seconda la quale la legittimità dello sciopero è condizionata dall’esistenza di un atto col lett ivo di del iberazione detto, appunto, proclamazione dello sciopero. Più precisamente, anche se lo sciopero potrebbe essere attuato da un solo lavoratore, esso deve essere deciso, invece, da una pluralità di lavoratori e sulla base di una valutazione collettiva.

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Il diritto di sciopero Titolarità del diritto di sciopero: •  esclusione della titolarità delle organizzazioni sindacali; •  titolarità individuale dello sciopero; •  sciopero e lavoro autonomo; •  sciopero e rapporti di parasubordinazione. 1.  Sciopero a fini contrattuali 2.  Sciopero politico 3.  Sciopero di solidarietà

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Il diritto di sciopero Sciopero e retribuzione: •  effetti dello sciopero sulla obbligazione retributiva; •  sciopero e tredicesima mensilità; •  sciopero e ferie; •  sciopero e festività; •  trattenute retributive in caso di scioperi brevi o articolati; •  la cd. «unità tecnico – temporale».

Attività strumentali all’esercizio dello sciopero: •  attività di propaganda e manifestazioni; •  il cd. «picchettaggio».

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I limiti al diritto di sciopero Limiti all’esercizio del diritto di sciopero: secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, che oramai nega costantemente l’esistenza di limiti «interni» allo sciopero, la astensione dal lavoro costituisce sciopero legittimo anche quando non sia totale e sia, invece, di durata inferiore all’orario di lavoro giornaliero (cd. sciopero a singhiozzo). La giurisprudenza considera legittima anche l’astensione che riguardi soltanto singole mansioni (cd. blocco delle mansioni) ovvero riguardi lo svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario (cd. blocco del lavoro straordinario). La giurisprudenza è, infine, orientata nel senso di ritenere che l’astensione dal lavoro sia legittima anche quando non riguardi tutti i lavoratori della impresa o dello stabilimento ma soltanto quelli addetti ad alcuni reparti (cd. sciopero a scacchiera). La giurisprudenza, inoltre, ammette l’esistenza di limiti «esterni» allo sciopero nel senso che questo non potrà essere legittimamente esercitato nel momento in cui leda i diritti essenziali, costituzionalmente garantiti.

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I limiti al diritto di sciopero

Giurisprudenza della Corte Costituzionale sulle norme penali incriminatrici dello sciopero: •  sciopero – diritto e sciopero – reato; •  sciopero dei marittimi; •  sciopero politico; •  sciopero di solidarietà.

Sciopero e libertà di iniziativa economica: •  sciopero articolato (teoria del danno ingiusto); •  sciopero e responsabilità aquiliana (sentenza n.711 del 30.01.1980).

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I limiti al diritto di sciopero

v Danno alla produttività: lo sciopero deve essere esercitato con modalità tali da non pregiudicare, in una determinata ed effettiva situazione economica, la capacità produttiva dell’azienda, cioè la possibilità per l’imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica.

v Danno alla produzione: questa tipologia di danno è ammessa in quanto coperta dal legittimo esercizio del diritto di sciopero; la produzione deve essere intesa come possibilità di ricavare dall’attività lavorativa, al momento dato, un risultato produttivo.

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Sciopero e servizi essenziali

Servizi essenziali: sono tali quelli volti a garantire i diritti della persona costituzionalmente tutelati; l’uso della espressione «diritti della persona» richiama una elaborazione fondamentale della cultura giuslavoristica e consente di escludere che possano costituire limite al diritto di sciopero diritti di natura economico – patrimoniale, ancorché costituzionalmente garantiti (es., l’iniziativa economico privata ex art.41 Cost.).

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Sciopero e servizi essenziali Astensione dal lavoro dei lavoratori autonomi: •  applicazione della legge n.146/1990 ai lavoratori autonomi; •  mancata qualificazione delle astensioni dei lavoratori autonomi come

sciopero; •  estensione dell’ambito di applicazione della legge n.146/1990.

Preavviso ed obbligo di indicare la durata: •  procedura di conciliazione; •  preavviso; •  obbligo di indicare la durata della astensione; •  divieto del cd. «effetto annuncio»; •  ipotesi escluse dall’obbligo di preavviso.

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Sciopero e servizi essenziali Le prestazioni indispensabili: •  definizione; •  ambito soggettivo degli accordi; •  legittimità costituzionale dell’efficacia generale degli accordi; •  valutazione degli accordi da parte della Commissione di Garanzia. Le sanzioni: •  apparato sanzionatorio; •  sanzioni per i lavoratori; •  sanzioni per le organizzazioni dei lavoratori; •  sanzioni per i dirigenti ed i legali rappresentanti delle amministrazioni.

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Sciopero e servizi essenziali Le associazioni degli utenti: •  definizione; •  azione di giudizio.

La precettazione: •  nel sistema previgente; •  nella legge n.146/1990; •  aspetti procedurali: i.  vincoli; ii.  contenuto, comunicazione e impugnazione della ordinanza; iii.  sanzioni.

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Le altre forme di lotta sindacale

Altre forme di lotta sindacale: •  sciopero bianco e occupazione d’azienda; •  blocco delle merci; •  altre forme di lotta sindacale non configuranti una astensione dal

lavoro; •  boicottaggio; •  serrata.