DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA L’adattamento del diritto ... · hanno efficacia diretta occorre...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO Dipartimento di Giurisprudenza DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA L’adattamento del diritto italiano al diritto dell’Unione europea. La diretta applicabilità.

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Dipartimento di Giurisprudenza

DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA

L’adattamento del diritto italiano al

diritto dell’Unione europea.

La diretta applicabilità.

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L’ADATTAMENTO DEL DIRITTO ITALIANO AL

DIRITTO UE

Diritto dei Trattati istitutivi e successive modifiche: si

tratta di norme internazionali. Utilizzo dello stesso metodo

utilizzato per ogni altro trattato: legge di autorizzazione alla

ratifica e ordine di esecuzione ex art. 80 Cost.

Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati

internazionali

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L. 24/12/2012, n. 234: Norme generali sulla partecipazione

dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa

e delle politiche dell’Unione europea.

Legge di delegazione europea:

delega legislativa al Governo: fissa i criteri per

l’attuazione delle norme UE da parte del Governo

mediante decreti legislativi

attuazione in via regolamentare: materie già disciplinate

con legge, ma non riservate alla legge e quindi

modificabili in via regolamentare.

Legge europea: il Parlamento legifera direttamente per

conformarsi agli obblighi derivanti dall’UE.

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Diritto derivato: non è richiesta alcuna procedura speciale,ma soltanto, ed eventualmente, quei provvedimentilegislativi e/o amministrativi richiesti dalle stesse normecomunitarie.

Generali ed astratti. Direttamenteapplicabili in tutti gli Stati membri.

Obbligatorie in tutti i loro elementiper i destinatari in esse designati.

Impongono agli Stati un obbligo dirisultato, lasciando gli Stati membri discegliere le modalità con cui realizzaretale risultato.

REGOLAMENTI

DECISIONI

DIRETTIVE

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Diritto europeo VS Diritto interno

Può la norma europea essereinvocata direttamente dalsingolo davanti al giudicenazionale?

In caso di contrasto tra la norma europea e quellanazionale, quale norma prevale?

EFFICACIA DIRETTA

DEL DIRITTO EUROPEO

SUPREMAZIA

DEL DIRITTO EUROPEO

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L’EFFICACIA DIRETTA LITÀ DELLE NORME EUROPEE

(Diritto europeo primario)

Idoneità della norma europea a creare diritti ed obblighi in

capo ai singoli direttamente tutelabili davanti al giudice

nazionale.

Possibilità, quindi, per il singolo di invocare DAVANTI AL

GIUDICE NAZIONALE una norma di diritto europeo che gli

attribuisce dei diritti.

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Corte di Giustizia, 5/2/1963, Van Gend & Loss

La società olandese Van Gend & Loss importava nei PaesiBassi un prodotto dalla Germania.

Alla frontiera olandese l’amministrazione delle imposteolandese applicò un dazio di importo maggiore di quelloapplicato in precedenza.

LA QUESTIONE

Art. 12 CEE: Gli Stati membri si astengonodall’introdurre tra loro nuovi dazi doganaliall’importazione e all’esportazione e dall’aumentarequelli che applicano nei loro rapporti commercialireciproci.

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Questione giuridica da risolvere:

l’art. 12 del Trattato ha efficacia diretta negli ordinamenti

giuridici nazionali ed attribuisce ai singoli dei diritti

soggettivi che il giudice nazionale ha il dovere di tutelare?

Più semplicemente: può la società Van Gend & Loss

invocare davanti al giudice olandese l’art. 12 CEE e

chiedere pertanto di essere esonerata dal pagare il dazio

maggiorato?

In altre parole: l’art. 12 CEE è direttamente applicabile?

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Per accertare se le disposizioni di un trattato internazionalehanno efficacia diretta occorre fare riferimento allo scopo,alla struttura e al tenore del trattato medesimo.

Quale è lo scopo del Trattato di Roma?

L’instaurazione di un mercato comune il cui funzionamentoincide direttamente sui soggetti della Comunità. Ciò significache il Trattato CEE va al di là dei normali trattatiinternazionali che si limitano a creare obblighi reciproci tragli Stati contraenti.

LA RISPOSTA DELLA CORTE

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Quale è la struttura del Trattato?

• Nel preambolo del Trattato, oltre a menzionare gli Stati membri, sifa riferimento anche ai popoli.

• Sono previsti organi investiti istituzionalmente di poteri sovrani daesercitarsi nei confronti sia degli Stati membri sia dei lorocittadini.

• I cittadini degli Stati membri collaborano, attraverso il P.E. e ilC.E.S., alle attività della Comunità.

• Se la Corte di giustizia può interpretare in via pregiudiziale, surichiesta di un giudice nazionale, una norma del Trattato, ciòsignifica che i singoli possono invocare tale norma davanti aigiudici nazionali.

Quale è il tenore della norma?

La norma contiene un obbligo di non fare, chiaro e che non èsubordinato ad alcuna iniziativa degli Stati membri. E’, cioè,incondizionato.

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In considerazione di tutte queste circostanze si deveconcludere che la Comunità costituisce un ordinamentogiuridico di nuovo genere nel campo del dirittointernazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunciato,seppur in settori, limitati, ai loro poteri sovrani.

Tale nuovo ordinamento riconosce come soggetti non soltantogli Stati, ma anche i loro cittadini.

Pertanto, il diritto comunitario nello stesso modo in cui imponeai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti.

Si deve ritenere che tali diritti sussistano non soltanto nei casiin cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche comecontropartita di precisi obblighi imposti dal Trattato aisingoli, agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie.

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In tale contesto l’art. 12 CEE pone un divieto chiaro e

incondizionato che si concretizza in un obbligo non già di

fare, bensì di non fare. A questo obbligo non fa riscontro

alcuna facoltà degli Stati di subordinarne l’efficacia

all’emanazione di un provvedimento di diritto interno.

Il divieto di cui all’art. 12 CE è per sua natura - in quanto

CHIARO, PRECISO E INCONDIZIONATO - perfettamente atto

a produrre direttamente effetti nei rapporti giuridici

intercorrenti fra gli Stati membri e i loro cittadini.

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I LIMITI DELLA SENTENZA VAN GEND & LOOS

• Norma del Trattato (diritto primario): art. 12 CEE.

• Rapporto verticale: cittadino vs. Stato.

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Corte di giustizia, 12/12/1974, Walrave e Koch

Si trattava di stabilire se le norme contenute nel Trattato

che vietano ogni discriminazione fondata sulla nazionalità

riguardano soltanto le condotte imputabili agli SM oppure

anche i comportamenti di soggetti di diritto privato.

Il Trattato vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla

nazionalità e si riferisce non solo agli atti della pubblica

autorità, ma alle norme di qualsiasi natura.

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L’abolizione fra gli Stati degli ostacoli alla libera

circolazione delle persone e alla libera prestazione dei

servizi sarebbe compromessa se oltre alle limitazioni

stabilite da norme statali non si eliminassero anche quelle

poste da associazioni o organismi non di diritto pubblico

nell’esercizio della loro autonomia giuridica.

Il principio di non discriminazione, in ragione del suo

carattere imperativo, costituisce un parametro inderogabile

per qualsiasi rapporto giuridico.

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LA DIRETTA APPLICABILITÀ/EFFICACIA DIRETTA

DELLE NORME EUROPEE

(Diritto europeo derivato)

Regolamenti: Art. 288 TFUE: Il regolamento ha portata

generale ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi. E’

direttamente applicabile in tutti gli Stati membri.

DIRETTA APPLICABILITA’ + EFFETTI DIRETTI (EFFICACIA

DIRETTA)

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Decisioni: Sono obbligatorie in tutti i loro elementi per idestinatari (SM o individui) in esse indicati.

Problema: l’obbligo derivante da una decisione può esserefatto valere solo dalle istituzioni comunitarie nei confrontidel destinatario, oppure può essere fatto valere da qualsiasisoggetto interessato al suo adempimento?

Corte di Giustizia, causa 9/70, 6/10/1970, Franz Grad

Decisione del Consiglio che impone agli SM il divieto diintrodurre nuove imposte in relazione ad una certa attività(autotrasportatore).

Uno SM (Germania) introduce una nuova imposta inrelazione alla attività indicata nella decisione ne chiede ilpagamento anche ai singoli che svolgono tale attività (Sig.Franz Grad).

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Possono i singoli invocare davanti al giudice nazionale la

norma contenuta nella decisione del Consiglio che vieta agli

SM di introdurre nuove imposte?

E il giudice nazionale è tenuto ad applicare tale divieto?

Più semplicemente: la decisione può produrre effetti diretti?

LA QUESTIONE

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Se è vero che i regolamenti, in forza dell’art. 288 TFUE, sonodirettamente applicabili e quindi atti, per natura, a produrreeffetti diretti, da ciò non si può inferire che le altre categorie diatti contemplate dal suddetto articolo non possano mai produrreeffetti analoghi.

Sarebbe in contrasto con la forza obbligatoria attribuita dall’art.288 TFUE alla decisione l’escludere, in generale, la possibilità chel’obbligo da essa imposto sia fatto valere dagli eventualiinteressati. In particolare, nei casi in cui le autorità europeeabbiano, mediante decisione, obbligato uno SM o tutti gli SM adadottare un determinato comportamento, la portata dell’attosarebbe ristretta se i singoli non potessero far valere in giudizio lasua efficacia e se i giudici nazionali non potessero prenderlo inconsiderazione come norma di diritto europeo.

LA RISPOSTA DELLA CORTE

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Direttive: Norme non incondizionate in quanto è sempre necessarial’attività dello Stato membro che deve recepirle nel proprioordinamento giuridico.

DIRETTA APPLICABILITA’ ?

EFFETTI ANALOGHI ALLA DIRETTA

APPLICABILITA’ (AGLI EFFETTI DIRETTI)

• Sino a quando non è scaduto il termine per recepire la direttiva,questa non può essere fatta valere davanti ai giudici nazionali.

• Dopo che è stata recepita, il singolo potrà far valere davanti algiudice nazionale la normativa interna che ha recepito la direttiva.

PROBLEMA: che cosa succede se lo Stato membro non recepisce ladirettiva nel termine fissato oppure la recepisce in modo errato?

NO

???

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Corte di giustizia, 19/1/1982,

causa 8/81, Becker

Ursula Becker svolge attività di mediatore creditizio

Direttiva del Consiglio n. 77/388: impone agli SM l’obbligo diesonerare dal pagamento dell’IVA l’attività di mediatorecreditizio.

Termine per il recepimento della direttiva: 1/1/1978.

La Germania recepisce la direttiva, modificando la legislazioneinterna, in data 1/1/1980.

Per l’attività svolta nel 1978 la Sig. ra Becker non paga l’IVAinvocando la direttiva 77/388.

L’amministrazione finanziaria tedesca, invece, ritiene che fino aquando la direttiva non era stata recepita si doveva applicare ildiritto tedesco in vigore in precedenza.

LA QUESTIONE

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Problema: può la Sig. ra Becker invocare davanti al giudicetedesco la norma contenuta nella direttiva?

Dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che se evero che i regolamenti, in forza dell’art. 189, sonodirettamente applicabili e quindi atti, per natura, a produrreeffetti diretti, da ciò non si può inferire che le altrecategorie di atti contemplate dal suddetto articolo nonpossano mai produrre effetti analoghi.

Sarebbe infatti incompatibile con l’efficacia vincolante chel’art . 189 riconosce alla direttiva l’escludere, in linea diprincipio, che l’obbligo da essa imposto possa essere fattovalere dalle persone interessate.

LA RISPOSTA DELLA CORTE

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In particolare nei casi in cui le autorità comunitarieabbiano, mediante direttiva, imposto agli SM di adottare undeterminato comportamento, l’efficacia pratica dell’attosarebbe attenuata se agli amministrati fosse precluso divalersene in giudizio ed ai giudici nazionali di prenderlo inconsiderazione in quanto elemento del diritto comunitario.

CONSEGUENZA GIURIDICA

In tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva

appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e

sufficientemente precise, tali disposizioni possono essere

richiamate, in mancanza di provvedimenti d’attuazione

adottati entro i termini, per opporsi a qualsiasi

disposizione di diritto interno non conforme alla

direttiva, in quanto sono atte a definire diritti che i singoli

possono far valere nei confronti dello stato .

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Benché la direttiva 77/338 implichi incontestabilmente a favoredegli SM un certo margine di discrezionalità per l’attuazione ditalune delle sue disposizioni, non si può tuttavia negare aisingoli il diritto di far valere quelle disposizioni che nonammettono alcuna discrezionalità e si presentano chiare eprecise.

N.B. In questo caso l’effetto diretto risulta strettamentecollegato ad un intento pedagogico e sanzionatorio nei confrontidel legislatore nazionale, non alla diretta applicabilità dellanorma.

Effetti diretti unilaterali: il singolo può far valere nei confrontidello SM la mancata o errata attuazione della direttiva.

Ma lo SM inadempiente non può invocare la norma contenutanella direttiva non recepita o mal recepita nei confronti delsingolo che, in difetto di recepimento della direttiva, si siaattenuto alla normativa interna.

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Corte di Giustizia 26/2/1986,

causa 152/84, Marshall

La Sig. ra Marshall (dietologa) lavora come dipendente di un enteprivatoe viene licenziata al compimento del 62° anno.

Età pensionabile = pensioni sociali

Uomini: 65 – Donne: 60

Ma sono ammesse deroghe (come nel caso della Sig. ra Marshallche ha lavorato per due anni oltre l’età pensionabile).

Art. 5, n. 1 direttiva 76/207:

L’applicazione del principio della parità di trattamento per quantoriguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni dilicenziamento, implica che siano garantite agli uomini e alle donnele medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul sesso.

LA QUESTIONE

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Il giudice nazionale sottopone alla Corte di giustizia due quesiti:

1) L’art. 5, n. 1, della direttiva 76/207 deve essere interpretato

nel senso che una politica generale in fatto di licenziamento la

quale implichi il licenziamento di una donna per il solo motivo

che essa ha raggiunto o superato l’età alla quale ha diritto ad una

pensione, età che, a norma delle leggi nazionali, è diversa per gli

uomini e per le donne, costituisce una discriminazione in base al

sesso vietata da detta direttiva ?

2) Nel caso concreto può la direttiva essere fatta valere dal

singolo davanti al giudice nazionale?

a) la norma in questione è dotata di effetti diretti?

b) può essere invocata dal singolo (Marshall) contro un altro

singolo (datore di lavoro soggetto privato)?

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Sul primo quesito: la Corte di giustizia riconosce che sitratta di una discriminazione fondata sul sesso e come talevietata dal diritto comunitario.

Sul secondo quesito:

Secondo la costante giurisprudenza della corte (Becker), intutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiono, dalpunto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientementeprecise, i singoli possono farle valere nei confronti delloStato, tanto se questo non ha trasposto tempestivamente ladirettiva nel diritto nazionale, quanto se esso l’ha traspostain modo inadeguato .

LA RISPOSTA DELLA CORTE

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Questa giurisprudenza si basa sulla considerazione che èincompatibile con la natura cogente che l’art. 189 attribuiscealla direttiva l’escludere, in linea di principio, che l’obbligo cheessa impone possa esser fatto valere dagli interessati. La Cortene ha tratto la conseguenza che lo SM che non ha adottato, entroil termine, i provvedimenti di esecuzione imposti dalla direttiva,non può opporre ai singoli l’inadempimento, da parte sua, degliobblighi che essa impone.

Quanto all’argomento secondo il quale una direttiva non puòessere fatta valere nei confronti di un singolo, va posto in rilievoche, secondo l’art. 189 del trattato, la natura cogente delladirettiva sulla quale è basata la possibilità di farla valere dinanzial giudice nazionale, esiste solo nei confronti dello SM cui èrivolta. Ne consegue che la direttiva non può di per sè creareobblighi a carico di un singolo e che una disposizione di unadirettiva non può quindi essere fatta valere in quanto tale neiconfronti dello stesso.

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Sentenza Becker: effetto diretto unilaterale

Sentenza Marshall: effetto diretto verticale

Becker + Marshall = effetto diretto verticale

unilaterale

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IL PRINCIPIO DELL’INTERPRETAZIONE CONFORME

Corte di Giustizia, 10/4/84,causa 14/83, Von Colson e Kamann

Due assistenti sociali fanno domanda per essere assunte da unistituto penitenziario.Dopo il colloquio, l’istituto si rifiuta di assumerle in quantotrattasi di donne, mentre l’istituto di pena è per soli uomini.Art. 6 direttiva 76/2007: obbligo per gli SM di adottare nel loroordinamento giuridico i provvedimenti necessari per consentirea chiunque si consideri leso da una discriminazione di far valerei propri diritti per via giudiziaria.Recepimento della direttiva in Germania. Azione giudiziariaavanti al giudice tedesco che accerta la discriminazione fondatasul sesso.

LA QUESTIONE

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In base a diritto tedesco il lavoratore discriminato ha diritto

al risarcimento del danno per aver ritenuto in buona fede

che il rapporto di lavoro si sarebbe instaurato.

Giurisprudenza tedesca: risarcimento = rimborso spese di

viaggio per sostenere il colloquio. No assunzione.

Ma Von Colson e Kamann chiedevano di essere assunte.

Il giudice tedesco si domanda come deve essere

interpretato in questo caso il diritto comunitario e chiede

chiarimenti alla Corte di giustizia.

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A norma dell’art. 189 la direttiva vincola lo SM cui è rivolta perquanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando lacompetenza degli organi nazionali in merito alla forma e aimezzi. Benché questa disposizione lasci agli SM la libertà discegliere il modo ed i mezzi destinati a garantire l’attuazionedella direttiva, questa libertà nulla toglie all’obbligo, perciascuno degli Stati destinatari, di adottare, nell’ambito delproprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti necessariper garantire la piena efficacia della direttiva, conformementeallo scopo che essa persegue.

E’ quindi opportuno esaminare la direttiva n. 76/207 ondedeterminare se essa imponga agli SM l’obbligo di contemplareconseguenze giuridiche o sanzioni determinate in caso ditrasgressione del principio della parità di trattamentonell’accesso al lavoro.

LA RISPOSTA DELLA CORTE

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L’art. 6 impone agli SM l’obbligo di adottare nel loro ordinamento

giuridico interno i provvedimenti necessari per consentire a

chiunque si consideri leso da una discriminazione di far valere i

propri diritti per via giudiziaria.

Da questa disposizione discende che gli SM sono obbligati ad

adottare provvedimenti che siano sufficientemente efficaci per

conseguire lo scopo della direttiva ed a far sì che tali

provvedimenti possano essere effettivamente fatti valere dinanzi

ai giudici nazionali dagli interessati.

Detti provvedimenti possono, ad esempio, comprendere

disposizioni che prescrivano al datore di lavoro di assumere il

candidato discriminato o contemplino un adeguato risarcimento

pecuniario, il tutto sanzionato da un sistema di ammende.

Va tuttavia rilevato che la direttiva non impone una sanzione

determinata, bensì lascia agli SM la libertà di scegliere fra le

varie soluzioni atte a conseguire lo scopo.

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Quindi la direttiva n. 76/207 non impone che la discriminazione

basata sul sesso in occasione dell'accesso al lavoro sia repressa

mediante l’obbligo imposto al datore di lavoro, autore della

discriminazione, di stipulare un contratto di lavoro col candidato

discriminato.

Tuttavia si deve osservare che la parità effettiva non può

essere ottenuta senza un sistema adeguato di sanzioni.

L’attuazione completa della direttiva, benché non imponga una

forma determinata di sanzione in caso di trasgressione del

divieto di discriminazione, implica cionondimeno che la sanzione

stessa sia tale da garantire la tutela giurisdizionale effettiva ed

efficace. Essa deve inoltre avere per il datore un effetto

dissuasivo reale. Ne consegue che, qualora lo SM decida di

reprimere la trasgressione del divieto di discriminazione

mediante un indennizzo, questo deve essere in ogni caso

adeguato al danno subito.

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Si deve quindi ritenere che la legge nazionale la quale limiti ilrisarcimento di coloro che siano stati discriminati nell’accessoal lavoro ad un indennizzo puramente simbolico, come adesempio il rimborso delle spese causate dalla candidatura, nonè conforme alle esigenze di efficace trasposizione delladirettiva.

Deve essere inoltre ricordato che l’obbligo degli SM, derivanteda una direttiva, di conseguire il risultato da questacontemplato, vale per tutti gli organi degli SM ivi compresi,nell’ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Neconsegue che nell’applicare il diritto nazionale, e inparticolare la legge nazionale espressamente adottata perl’attuazione della direttiva n. 76/207, il giudice nazionaledeve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce dellalettera e dello scopo della direttiva onde conseguire ilrisultato contemplato dall’art. 189 [ora 288 TFUE].

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