DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE INTERNE · 2014. 9. 11. · Irina POPESCU Dipartimento tematico...

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  • DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE INTERNE

    DIPARTIMENTO TEMATICO B: POLITICHE STRUTTURALI E DI

    COESIONE

    PESCA

    ISTITUZIONE DI RISERVE DI

    RICOSTITUZIONE DI STOCK ITTICI

    NOTA

  • La presente nota è stata richiesta dalla commissione per la pesca del Parlamento europeo.

    AUTORI

    Callum M. ROBERTS, Julie P. HAWKINS

    Environment Department, University of York, UK

    AMMINISTRATORE RESPONSABILE

    Irina POPESCU

    Dipartimento tematico politiche strutturali e di coesione

    Parlamento europeo

    Indirizzo e-mail: [email protected]

    ASSISTENZA REDAZIONALE

    Virginija KELMELYTE

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    Originale: EN

    Traduzioni: DE, IT.

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    Manoscritto ultimato nel settembre 2012.

    © Unione europea, 2012.

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  • DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE INTERNE

    DIPARTIMENTO TEMATICO B: POLITICHE STRUTTURALI E DI

    COESIONE

    PESCA

    ISTITUZIONE DI RISERVE

    DI RICOSTITUZIONE DI STOCK ITTICI

    NOTA

    Sintesi

    La presente relazione esamina la proposta di creare una rete di ''riserve

    di ricostituzione di stock ittici'' che copra il 10-20% delle acque

    territoriali degli Stati membri dell'Unione europea. Tali aree protette in

    Europa e altrove hanno consentito di ottenere una ricostituzione rapida e

    duratura di molte specie commercialmente importanti. Esse hanno

    portato benefici anche alla pesca nelle zone limitrofe per effetto dello

    sconfinamento e dell'esportazione del novellame dalle riserve protette.

    Le riserve di ricostituzione di stock ittici possono offrire un contributo

    importante per migliorare le condizioni e la produttività della pesca e

    salvaguardare la biodiversità marina.

    IP/B/PECH/IC/2012-053 Settembre 2012

    PE 495.827 IT

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    5

    INDICE

    ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 6

    ELENCO DELLE TABELLE 7

    ELENCO DELLE FIGURE 7

    SINTESI E COMMENTO 9

    1. Contesto 13

    2. Il ruolo delle riserve marine nella gestione della pesca: analisi

    delle conoscenze attuali 15

    3. Prove dell'aumento dell'abbondanza e della biomassa di specie

    commercialmente importanti 17

    4. Effetti della protezione sulla riproduzione delle specie

    commercialmemte importanti 19

    5. Prove dello sconfinamento 21

    6. Prove dell'esportazione di uova e larve 25

    6.1. Argomentazioni teoriche 25

    6.2. Prove indirette dell'esportazione della prole dalle riserve 26

    6.3. Dimostrazioni dirette dell'esportazione della prole dalle riserve 27

    7. Prove della protezione dell'habitat 31

    8. Le riserve marine sono efficaci nelle acque temperate? 33

    9. Le specie molto mobili o migratorie traggono vantaggio dalle

    riserve marine? 37

    10. Tempo necessario per il manifestarsi dei benefici legati alle

    riserve marine 41

    11. Benefici delle riserve marine che la gestione della pesca

    convenzionale non offre 45

    12. Quanto devono essere estese le aree protette? 47

    13. Stato ed efficacia delle zone di protezione marina esistenti in

    Europa 49

    14. L'Esperienza di altri paesi 53

    14.1. Stati Uniti: California Marine Life Protection Act 53

    14.2. Nuova Zelanda: la prima politica nazionale per le riserve marine 53

    14.3. Australia: lo Stato di Victoria 54

    15. Insidie e ostacoli 55

    16. Raccomandazioni 57

    Riferimenti bibiliografici 59

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

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    ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

    UE Unione europea

    FEAMP Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca

    CIEM Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare

    ZPM

    ONG

    ZSC

    ZPS

    CCR

    Zona di protezione marina

    Organizzazione non governativa

    Zona speciale di conservazione

    Zona di protezione speciale

    Consiglio consultivo regionale

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    7

    ELENCO DELLE TABELLE

    Tabella 1:

    Prove relative alle distanze di dispersione in mare aperto delle specie marine

    durante la fase uova/larve 27

    Tabella 2:

    Sintesi delle prove empiriche di esportazione larvale dalle riserve 29

    Tabella 3:

    Spostamenti tipici di specie selezionate delle acque europee settentrionali 34

    ELENCO DELLE FIGURE

    Figura 1:

    Distribuzione dell'attività di pesca attorno alla riserva marina di Cabo de Palos

    in Spagna 22

    Figura 2:

    Mappe composite di a) aree di crescita di merlano blu, merluzzo, eglefino,

    aringa, limanda, sgombro, scampo, merluzzo norvegese, passera di mare,

    merluzzo carbonaro, cicerello, sogliola, spratto e merlano; b) aree di

    deposizione delle uova di merluzzo, eglefino, aringa, limanda, sgombro,

    scampo, merluzzo norvegese, passera di mare, merluzzo carbonaro, cicerello,

    sogliola, spratto e merlano; I numeri da 1 a 9 e i colori corrispondenti si

    riferiscono al numero di specie che utilizzano una zona come area di

    deposizione della uova o di crescita 38

    Figura 3:

    Sintesi dei risultati di 40 studi su quale estensione debbano avere le zone

    protette per massimizzare, ottimizzare o conseguire gli obiettivi (a seconda

    della natura del quesito alla base di ciascuno studio specifico) 47

    Figura 4:

    Zone di protezione marina OSPAR (al 2011) 50

    Figura 5:

    Zone di protezione marina nel Mediterraneo (al 2008) 51

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

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  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    9

    SINTESI E COMMENTO

    Contesto

    La Commissione europea ha pubblicato le sue proposte per la riforma della politica comune

    della pesca nel luglio 2011. Tali proposte sono da allora oggetto di discussione nelle

    commissioni del Parlamento europeo e la commissione per la pesca ha presentato un

    progetto di relazione sulle riforme proposte. Il progetto di relazione raccomanda

    un'ulteriore misura di conservazione rispetto a quelle proposte dalla Commissione.

    L'emendamento 68, Parte 3, articolo 7 bis (v. riquadro 1 per il testo) propone che gli Stati

    membri istituiscano una rete di riserve marine nelle proprie acque territoriali, definite

    ''riserve di ricostituzione di stock ittici''. Entro tali aree, la pesca sarà totalmente proibita

    per promuovere la conservazione e la ricostituzione degli stock. L'articolo 7 bis propone che

    nel tempo tali interdizioni vadano a coprire dal 10 al 20% delle acque territoriali di ciascuno

    Stato membro.

    Scopo

    La presente relazione valuta il progetto di regolamento e 1) analizzerà l'attuale

    comprensione del valore e del ruolo delle riserve marine come strumento di gestione della

    pesca e 2) valuterà lo stato e l'efficacia delle riserve marine esistenti in Europa. Esaminerà

    le disposizioni specifiche dell'emendamento proposto, inclusi i tipi di zone di riferimento per

    la creazione di riserve di ricostituzione di stock ittici, le dimensioni proposte della rete, il

    possibile calendario di attuazione, la durata della protezione, l'utilità della creazione di aree

    cuscinetto circostanti con restrizioni alla pesca e le proposte relative al transito dei

    pescherecci. La relazione analizza altresì la fattibilità della misura, i principali benefici e

    costi e identifica i possibili problemi che potrebbero ostacolarne l'attuazione. Fa riferimento,

    inoltre, all'esperienza acquisita in altre parti del mondo con la creazione di reti di riserve

    marine.

    Elementi principali

    Le zone di protezione marina sono state utilizzate per sostenere gli obiettivi di pesca per

    oltre 100 anni. La teoria afferma che le riserve portano benefici alla pesca soprattutto

    attraverso l'incremento degli stock protetti, il ripristino dei loro habitat, lo spostamento

    degli animali nelle aree di pesca (definito sconfinamento) e l'esportazione di uova e larve.

    L'esperienza maturata in centinaia di riserve marine nel mondo, comprese molte in Europa,

    indica che in genere le popolazioni protette reagiscono rapidamente in maniera positiva

    all'istituzione di riserve marine. Gli stock delle specie sfruttate commercialmente

    rispondono in modo particolarmente positivo e possono moltiplicarsi, talvolta decuplicarsi se

    non di più. Anche alcune specie non oggetto di pesca possono proliferare. Le riserve marine

    sono efficaci tanto nelle acque temperate quanto nei mari tropicali.

    La capacità riproduttiva delle specie protette aumenta rapidamente con la creazione delle

    riserve marine e può raggiungere livelli decine di volte superiori alle zone di pesca, in virtù

    dell'aumento del numero di animali di grandi dimensioni, vecchi e con esperienza

    riproduttiva. Le prove emerse da diverse fonti - che includono la genetica, l'oceanografia, la

    geochimica, i tassi di proliferazione delle specie invasive e la misurazione diretta

    dell'esportazione delle larve - indicano che le riserve possono fornire uova e/o larve alle

    zone di pesca limitrofe, in genere per distanze che vanno da poche decine di chilometri a

    oltre cento. Le nuove ricerche basate sui test di parentela genetica hanno collegato il

    genitore nelle riserve alle figliate stabilitesi nelle aree di pesca limitrofe. La ricerca più

    sofisticata finora condotta ha evidenziato che le riserve della grande barriera corallina

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

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    hanno fornito novellame alle zone di pesca in modo proporzionale rispetto alla frazione

    dello stock riproduttivo protetto, andando a corroborare in tal modo l'assunto teorico

    fondamentale su come tali riserve possano essere utilizzate per promuovere la pesca.

    Lo sconfinamento di specie di pesci e molluschi e crostacei commercialmente importanti

    dalle riserve marine e dalle zone d'interdizione alla pesca in Europa e altrove è stato

    dimostrato più volte. Lo sconfinamento ha effetti positivi sulle catture e promuove la

    sostenibilità della pesca locale. La maggior parte dei pesci sconfinati viene pescata in

    prossimità dei confini delle riserve marine (< 1-2 km) da pescatori che operano lungo le

    linee di confine. Le zone cuscinetto attorno alle riserve marine sono state utilizzate con

    risultati positivi per promuovere gli interessi della pesca artigianale su scala ridotta, che

    utilizza attrezzi da pesca a basso impatto, e della pesca ricreativa.

    Proteggendo le zone dai danni causati dagli attrezzi da pesca, le riserve marine favoriscono

    anche la ricostituzione di diversi habitat biogenici, strutturalmente complessi. Nel corso

    degli anni, gli habitat delle riserve possono anche cambiare (molti sono oggetto di un

    aumento della diversità e della complessità) in virtù della riorganizzazione dei rapporti

    preda-predatore nella catena alimentare. I miglioramenti degli habitat protetti favoriscono

    a loro volta l'aumento delle popolazioni di specie protette.

    Le aree protette sono state utilizzate a lungo per proteggere dalla pesca le specie

    estremamente mobili e migratorie in momenti e luoghi in cui sono particolarmente

    vulnerabili, quali ad esempio le zone di fregola e di crescita del novellame. Le riserve di

    ricostituzione di stock ittici potrebbero svolgere un ruolo analogo. Anche le specie

    apparentemente molto mobili hanno tratto notevoli vantaggi dalla protezione, spesso in

    piccole riserve.

    Dai dati raccolti risulta che le riserve marine producono rapidamente benefici e per alcune

    specie i risultati appaiono evidenti già dopo un anno o due di protezione. Altre specie

    rispondono più lentamente. Gli studi a lungo termine sulle riserve indicano che i benefici

    per le specie più longeve e a crescita lenta, e per i relativi habitat, possono continuare per

    decenni. In generale la ricostituzione delle popolazioni protette produce effetti positivi sulla

    pesca entro 5 – 10 anni dalla costituzione delle riserve e i benefici si fanno sentire per

    decenni a seguire. Ci possono volere cinquant'anni o più per vedere l'entità dei benefici

    derivanti dalle misure di protezione.

    L'estensione proposta per le riserve di ricostituzione di stock ittici pari al 10 - 20% delle

    acque territoriali rientra nell'ordine di grandezza che secondo le ricerche attuali produce

    notevoli effetti positivi sulla pesca.

    Le attuali zone di protezione marina (ZPM) coprono soltanto una percentuale limitata dei

    mari europei, un numero ristretto di habitat e sono per lo più concentrate in acque

    territoriali. Le riserve marine in cui vige l'interdizione totale alla pesca sono piccole,

    sparpagliate e si estendono per meno dello 0,01% dei mari europei. Le ZPM più grandi

    tendono a essere poco protette e/o gestite in modo inadeguato. L'introduzione di riserve di

    ricostituzione di stock ittici nelle dimensioni proposte (copertura del 10 – 20% delle acque

    territoriali) migliorerebbe sensibilmente lo stato dell'ambiente marino europeo. È possibile

    istituire le riserve di ricostituzione di stock ittici nei luoghi in cui esistono le ZPM,

    aumentando il livello di protezione.

    La creazione di reti di ZPM può richiedere anni e un impegno imparziale a lungo termine e

    giuridicamente vincolante da parte dei governi nonché un sostegno finanziario adeguato. È

    richiesto un ampio coinvolgimento di tutte le parti interessate per portare a termine il

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    11

    processo, ma non tutti i portatori d'interesse saranno felici del risultato, e l'impegno

    profuso deve rispecchiare le condizioni locali. Conoscenze adeguate, trasparenza, equità, la

    volontà di trovare compromessi e un calendario di attuazione preciso consentiranno di

    ottenere i risultati auspicati secondo i tempi previsti.

    Raccomandazioni

    L'inclusione delle riserve di ricostituzione di stock ittici nelle pratiche di gestione della pesca

    europea, con l'estensione proposta, potrebbe garantire benefici notevoli per il recupero

    degli stock ittici e la protezione degli habitat. I benefici potrebbero assumere una forma che

    gli strumenti convenzionali di gestione della pesca non possono garantire, quali la

    ricostituzione di habitat e specie vulnerabili e fortemente minacciate, senza che sia

    necessario introdurre il divieto per la pesca produttiva. Le riserve di ricostituzione di stock

    ittici possono offrire un contributo importante ai fini dell'adozione di una ''gestione della

    pesca basata sull'ecosistema'' e di tipo precauzionale. Le reti di riserve marine, incluse le

    riserve di ricostituzione di stock ittici proposte, saranno fondamentali per creare condizioni

    ambientali adeguate nell'ambito della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente

    marino.

    Si raccomanda l'istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici che coprano il 20% delle

    zone di pesca.

    Si raccomanda la creazione di zone cuscinetto attorno alle riserve di ricostituzione di stock

    ittici, in cui siano utilizzati metodi di pesca a basso impatto da parte di pescatori su scala

    ridotta e in cui sia consentita la pesca ricreativa.

    Considerati i tempi lunghi per la ricostituzione degli stock e degli habitat e la velocità con

    cui i benefici possono essere resi vani con la ripresa della pesca, la creazione delle riserve

    di ricostituzione di stock ittici deve essere vista come un impegno permanente se si vuole

    che esse contribuiscano in modo significativo alla ricostituzione degli stock e alla

    conservazione degli habitat.

    L'unica eccezione può essere rappresentata da riserve particolari che non hanno prodotto

    risultati visibili in termini di ricostituzione degli stock e degli habitat. Tale risultato dovrà

    essere stabilito caso per caso, utilizzando metodi di analisi indipendenti, ma il periodo di

    cinque anni proposto nell'emendamento 68 per tale analisi è troppo breve. Un periodo di 10

    anni sarebbe più appropriato sulla base dei dati disponibili relativi ai tempi con cui si

    manifestano i benefici derivanti dalle riserve.

    I pescatori dovranno essere totalmente coinvolti nel processo d'istituzione delle riserve di

    ricostituzione di stock ittici. Dal momento che il processo varierà da regione a regione,

    riflettendo le diverse condizioni sociali e ambientali, i consigli consultivi regionali saranno

    nella posizione migliore per fornire indicazioni sulla scelta dei siti e l'attuazione delle

    misure.

    Sebbene i compromessi siano essenziali per istituire delle aree di protezione marina, la

    riduzione del livello di protezione garantito dalle riserve di ricostituzione di stock ittici non

    sarebbe un compromesso sensato, considerando che i benefici vengono rapidamente ridotti

    anche con livelli di pesca limitati.

    Il processo di creazione di riserve di ricostituzione di stock ittici sarà costoso e imporrà dei

    costi temporanei ai pescatori, che si dovranno adattare al nuovo sistema di gestione. Il

    sostegno finanziario da parte del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca potrebbe

    facilitare l'attuazione efficace ed equa del provvedimento.

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    12

    In conformità al diritto di passaggio inoffensivo previsto dal diritto del mare dell'ONU, i

    pescherecci potranno transitare attraverso le riserve di ricostituzione di stock ittici, a

    condizione che gli attrezzi presenti a bordo e utilizzati per la pesca siano fissati e stivati

    durante il transito.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    13

    1. CONTESTO

    Dopo lunga consultazione, la Commissione europea ha pubblicato le sue proposte per la

    riforma della politica comune della pesca nel luglio 2011. Tali proposte sono da allora

    oggetto di discussione nelle commissioni del Parlamento europeo e la commissione per la

    pesca ha presentato un progetto di relazione sulle riforme proposte. Il progetto di relazione

    raccomanda un'ulteriore misura di conservazione rispetto a quelle proposte dalla

    Commissione. L'emendamento 68, Parte 3, articolo 7 bis (v. riquadro 1 per il testo)

    propone che gli Stati membri istituiscano una rete di riserve marine1 nelle proprie acque

    territoriali, definite ''riserve di ricostituzione di stock ittici''. Entro tali aree, la pesca sarà

    proibita per promuovere la conservazione e la ricostituzione delle riserve. L'articolo 7 bis

    propone che nel tempo tali interdizioni vadano a coprire dal 10 al 20% delle acque

    territoriali di ciascuno Stato membro.

    Riquadro 1: Testo dell'emendamento 68,Parte 3 – articolo 7 bis

    ISTITUZIONE DI RISERVE DI RICOSTITUZIONE DI STOCK ITTICI

    Emendamento 68, proposta di regolamento, Parte 3 – Articolo 7 bis (nuovo)

    1. Al fine di assicurare un'inversione di tendenza nella situazione di collasso degli stock ittici e di

    garantire la conservazione delle risorse acquatiche viventi e degli ecosistemi marini, nonché nel

    quadro di un approccio precauzionale, gli Stati membri istituiscono una rete coerente di riserve di

    ricostituzione di stock ittici nelle quali è vietata ogni attività di pesca, ivi comprese le zone importanti

    per la produttività ittica, in particolare i fondali di crescita, di riproduzione e di alimentazione degli

    stock ittici.

    2. Gli Stati membri individuano e designano tutte le zone necessarie all'istituzione di una rete

    coerente di riserve di ricostituzione di stock ittici corrispondenti a una percentuale compresa tra il

    10% e il 20% delle acque territoriali di ciascuno Stato membro, e ne informano la Commissione.

    L'istituzione della rete è graduale, conformemente al seguente calendario:

    a) Entro il …*: - Le riserve di ricostituzione di stock ittici corrispondono almeno al 5% delle acque

    territoriali di ciascuno Stato membro. b) Entro il ... **: - Le riserve di ricostituzione di stock ittici corrispondono almeno al 10% delle acque

    territoriali di ciascuno Stato membro. 3. L'ubicazione delle riserve di ricostituzione di stock ittici non viene modificata entro i primi cinque

    anni successivi alla loro istituzione. Se una modifica è necessaria, essa ha luogo soltanto dopo

    l'istituzione di un'altra riserva o di altre riserve di identiche dimensioni.

    4. Le misure e le decisioni di cui ai paragrafi 2 e 3 sono comunicate alla Commissione, unitamente

    alle loro giustificazioni scientifiche, tecniche, sociali e giuridiche, e sono rese accessibili al pubblico.

    5. Le autorità competenti degli Stati membri interessati decidono se le riserve di ricostituzione di

    stock ittici designate a norma dei paragrafi 1, 2 e 3 debbano essere circondate da una o più zone

    nelle quali le attività di pesca sono soggette a restrizioni e decidono, previa notifica alla Commissione,

    in merito agli attrezzi da pesca che possono essere utilizzati in tali zone, alle misure di gestione

    appropriate e alle norme tecniche da applicare al loro interno, che non possono essere meno severe

    di quelle dell'Unione. Tali informazioni sono rese accessibili al pubblico.

    6. I pescherecci che transitano per una riserva di ricostituzione di stock ittici provvedono a che tutti

    gli attrezzi presenti a bordo e utilizzati per la pesca siano assicurati e stivati durante il transito.

    7. L'Unione adotta inoltre misure volte a ridurre le possibili conseguenze negative sul piano sociale ed

    economico dell'istituzione delle riserve di ricostituzione di stock ittici.

    _________________________ * GU inserire la data: dodici mesi dopo l'entrata in vigore del presente regolamento.

    ** Inserire la data: tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento.

    Fonte: Parlamento europeo

    1 Nella relazione viene utilizzato il termine "riserve marine" per indicare un luogo in cui è interdetto ogni genere di

    pesca e il termine "zona di protezione marina" o ZPM per indicare un luogo con livelli di protezione minore

    (sebbene alcune possano includere aree in cui la pesca è totalmente vietata).

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    14

    La presente relazione valuta il progetto di regolamento e 1) analizzerà l'attuale

    comprensione del valore e del ruolo delle riserve marine come strumento di gestione della

    pesca e 2) valuterà lo stato e l'efficacia delle riserve marine esistenti in Europa. Esaminerà

    le disposizioni specifiche dell'emendamento proposto, inclusi i tipi di zone di riferimento per

    la creazione di riserve di ricostituzione di stock ittici, le dimensioni proposte della rete, il

    possibile calendario di attuazione, la durata della protezione, l'utilità della creazione di aree

    cuscinetto circostanti con restrizioni alla pesca e le proposte relative al transito dei

    pescherecci.

    La relazione analizza altresì la fattibilità della misura, i principali benefici e costi e cerca di

    identificare i possibili problemi che potrebbero ostacolarne l'attuazione. Nel farlo, utilizza

    l'esperienza acquisita con la creazione di reti di riserve marine in altre parti del mondo. Il

    documento esaminerà altresì la necessità di finanziare tale misura attraverso il Fondo

    europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e di coordinamento da parte della

    Commissione in collaborazione con i consigli consultivi regionali (CCR) per elaborare dei

    criteri armonizzati per le reti di riserve marine.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    15

    2. IL RUOLO DELLE RISERVE MARINE NELLA GESTIONE

    DELLA PESCA: ANALISI DELLE CONOSCENZE ATTUALI

    RISULTATI PRINCIPALI

    Le zone di protezione marina sono state utilizzate per sostenere gli obiettivi di pesca

    per oltre 100 anni.

    La teoria prevede che le riserve porteranno benefici alla pesca soprattutto attraverso

    l'incremento di stock protetti, il ripristino degli habitat, lo sconfinamento degli

    animali nelle aree di pesca e l'esportazione di uova e larve.

    Le riserve marine sono state definite in diversi modi, come ad esempio, ''zone di riserva

    integrale'', ''zone di tutela'', ''zone a protezione integrale'', ''riserve marine a elevata

    protezione'' e ora ''riserve di ricostituzione di stock ittici''. Indipendentemente dal nome

    utilizzato, i principi di base sono sempre gli stessi. Sebbene l'idea di utilizzare tali zone a

    sostegno della pesca sia uno sviluppo recente in Europa, tali riserve sono state utilizzate

    per centinaia di anni, in una forma o l'altra, dalle società tradizionali in luoghi come le isole

    del Pacifico (McClanahan et al. 2006). In effetti, esse sono state utilizzate nella pesca

    francese per oltre un secolo e le premesse teoriche per il loro impiego nella gestione della

    pesca sono state elaborate per la prima volta 100 anni fa da uno scienziato francese,

    Marcel Herubel (Herubel 1912).

    Le riserve marine promuovono l'incremento e la ricostituzione degli stock di specie

    depauperate poiché proteggono la fauna ittica dalla pesca in luoghi particolari. La mortalità

    della fauna ittica è dunque minore e gli esemplari vivono più a lungo. La maggior parte

    delle specie marine oggetto di sfruttamento diventa più grande con il passare del tempo,

    perciò la tutela garantita dalle riserve permette un incremento dell'abbondanza di esemplari

    più vecchi e più grandi. Poiché il numero di uova prodotte dalla maggior parte delle specie

    marine commercialmente importanti aumenta esponenzialmente in base alle dimensioni

    degli esemplari, le riserve possono contribuire enormemente all'incremento della capacità

    riproduttiva degli stock protetti. La maggior parte delle specie marine oggetto di pesca

    viene dispersa sotto forma di uova o larve agli stadi iniziali ed è potenzialmente trasportata

    a decine o centinaia di chilometri di distanza dai luoghi di deposizione delle uova. Ciò

    significa che la riproduzione delle specie protette nelle riserve marine può contribuire alla

    ricostituzione delle popolazioni in vaste zone di pesca circostanti.

    Accanto all'aumento della capacità riproduttiva, le riserve marine possono promuovere la

    produzione ittica attraverso l'esportazione di novellame e di esemplari adulti. Secondo tale

    assunto, con l'aumento della densità e della biomassa (il peso complessivo degli esemplari

    protetti), aumenta anche la concorrenza per cibo e spazio, per cui gli animali tendono a

    spostarsi in zone meno affollate, ossia nelle zone di pesca circostanti. Questo processo

    viene generalmente definito come ''sconfinamento'' e il tasso di sconfinamento è destinato

    ad aumentare nel tempo, con l'incremento degli stock nelle riserve.

    Oltre a tali effetti diretti sulle popolazioni delle specie sfruttate, le riserve marine offrono

    altri benefici potenziali per la pesca. Molti metodi utilizzati per la cattura di pesci, molluschi

    e crostacei hanno effetti collaterali anche sulle specie non bersaglio e sugli habitat. Gli

    effetti su tali specie includono le catture accessorie, la morte in loco o danni di vario

    genere. Ad esempio, le reti a strascico e le draghe sono in genere attrezzi da pesca pesanti

    e mobili trascinati lungo i fondali per catturare le specie bersaglio e che nel contempo

    catturano, uccidono o provocano danni a un numero notevole di specie che vivono sul

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    16

    fondale o nei suoi pressi (Watling e Norse 1998, NRC 2002, Morgan e Chuenpagdee 2003).

    La protezione delle specie oggetto di catture accessorie dalla mortalità dovuta alla pesca,

    garantirà loro gli stessi benefici descritti in precedenza per le specie bersaglio.

    Inoltre, si ritiene che la protezione dalla mortalità e dai danni causati dalla pesca possa

    condurre alla ricostituzione degli habitat dei fondali marini, in particolare degli ambienti

    tridimensionalmente complessi creati dalla crescita di piante e animali particolari, come il

    maerl (formato da alghe coralline), praterie oceaniche, foreste di alghe, modioli o ostriche.

    Aumentando l'estensione degli habitat di qualità superiore, le riserve marine possono a loro

    volta rafforzare il processo di ricostituzione degli stock di specie bersaglio.

    Molti altri potenziali benefici per la pesca sono stati evidenziati in relazione alle riserve

    marine (Roberts et al. 2005). Esse sono state ad esempio definite come una sorta di

    ''assicurazione'' contro gli errori di gestione. Se la pesca avviene ovunque, si ritiene, gli

    eventuali errori di gestione, come l'introduzione di livelli di cattura ammessi eccessivi,

    condurranno al depauperamento degli stock nell'intera zona destinata alla pesca. Al

    contrario, in presenza di una rete di riserve marine protette, una parte dello stock verrà

    protetta dall'eccessivo sfruttamento e dall'esaurimento e potrà rappresentare la base per

    una più rapida ricostituzione, una volta individuato e corretto l'errore di gestione.

    Analogamente, le riserve marine garantiscono una maggiore resistenza nei confronti delle

    fluttuazioni ambientali e degli eventi estremi. Le popolazioni più grandi e produttive che

    vivono in tali riserve vengono colpite in misura minore e si riprendono con maggiore

    rapidità una volta ripristinate le condizioni normali.

    I benefici previsti delle riserve marine per la pesca sono anche alla base del loro impiego

    per la protezione della biodiversità. La conservazione della biodiversità è stata il fattore

    determinante che ha condotto all'istituzione delle riserve marine in molti paesi. Ciò significa

    che le prove dei benefici per la pesca spesso provengono da luoghi protetti per la loro

    bellezza naturale, il loro valore per gli habitat naturali o la loro importanza per la presenza

    di specie rare, minacciate o in via di estinzione. Molti di questi luoghi non sono stati istituiti

    perciò pensando alla gestione della pesca. Cionondimeno, sono state acquisite informazioni

    importanti sul valore delle riserve marine per la pesca grazie alle ricerche condotte in tali

    luoghi. I capitoli successivi illustreranno sinteticamente le attuali conoscenze in merito agli

    effetti delle riserve.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    17

    3. PROVE DELL'AUMENTO DELL'ABBONDANZA E DELLA

    BIOMASSA DI SPECIE COMMERCIALMENTE

    IMPORTANTI

    RISULTATI PRINCIPALI

    Le prove indicano che con l'istituzione di riserve marine si ottengono generalmente

    risposte positive estremamente rapide da parte delle popolazioni protette.

    Gli stock delle specie sfruttate commercialmente spesso aumentano di diverse volte,

    arrivando persino a decuplicarsi. Anche alcune specie non bersaglio possono

    proliferare.

    L'aumento dell'abbondanza e della biomassa delle specie protette è un requisito essenziale

    affinché le riserve marine diano i benefici attesi per la pesca1. Dagli anni Settanta, i

    ricercatori hanno documentato notevoli e rapidi aumenti dell'abbondanza e della biomassa

    di un numero sempre maggiore di specie protette nelle riserve marine. Le prove a sostegno

    sono state da allora analizzate ad intervalli regolari (ad es. Roberts e Polunin 1991, Russ

    2002, Graham et al. 2011) e sono rapidamente aumentate in anni recenti, grazie ad una

    maggiore attenzione rivolta dal mondo scientifico ai risultati conseguiti con le riserve

    marine.

    La sintesi più recente delle prove, condotta da Lester et al. (2009) ha esaminato gli effetti

    della tutela sull'abbondanza e la biomassa delle specie protette in 149 studi revisionati da

    pari relativi a 124 zone a tutela integrale in 29 paesi. In base alla natura dello studio, gli

    studiosi hanno calcolato il rapporto delle diverse misure adottate per valutare i benefici

    delle riserve (abbondanza, biomassa, dimensione degli esemplari e diversità delle specie)

    1) tra le riserve e gli habitat simili nelle zone di pesca limitrofe oppure 2) tra i livelli

    precedenti l'introduzione delle forme di protezione e quelli raggiunti dopo un determinato

    periodo di protezione. Lo studio ha incluso le specie commercialmente sfruttate di numerosi

    gruppi tassonomici inclusi i molluschi (chiocciole di mare, bivalvi, calamari, polpi e simili),

    ricci di mare, oloturie, anodonte, granchi, aragoste e pesci. Lo studio ha riguardato anche

    specie non bersaglio di questi gruppi e le specie che contribuiscono alla formazione degli

    habitat come i coralli duri e molli, le ortiche di mare, le spugne e i vermi policheti.

    Mediamente, le riserve marine hanno fatto registrare un aumento della densità delle specie

    del 166% rispetto alle condizioni esistenti prima dell'introduzione delle misure protettive o

    ai livelli di habitat simili sfruttati. Gli aumenti della biomassa sono risultati addirittura

    superiori, con un aumento medio del 446% nelle aree protette. Va sottolineato che si tratta

    di differenze medie. Le risposte alle misure di protezione nel campione analizzato sono

    state più o meno positive. Effetti particolarmente positivi si rilevano spesso in specie

    oggetto di pesca intensiva. In molti casi, è stata registrata una differenza di biomassa dieci

    volte superiore e oltre nelle aree protette rispetto a quelle non protette. Ad esempio, nel

    caso dell'aragosta spinosa, Jasus edwardsii, la biomassa è aumentata di 25 volte in una

    riserva marina della Nuova Zelanda dopo 22 anni di protezione (Shears et al. 2006). La

    densità della cernia, Epinephelus marginatus, minacciata d'estinzione, è aumentata di 40

    volte in 10 anni nella riserva di Cabo de Palos in Spagna (García-Charton et al 2008). In

    1 Un’eccezione in tal senso è il caso in cui tali riserve migliorano la capacità riproduttiva proteggendo gli

    esemplari quando si riuniscono per la deposizione delle uova. Tale beneficio non dipende dal precedente

    aumento dell’abbondanza delle specie bersaglio legato all’istituzione delle riserve.

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    18

    questa riserva sono stati registrati notevoli aumenti, di 10 o più volte, per altre tre specie

    commercialmente pregiate.

    D'altro canto, ci si potrebbe aspettare che l'aumento dell'abbondanza delle specie bersaglio

    della pesca, molte delle quali sono predatori, comporti bassi livelli delle popolazioni di

    specie preda. In alcuni casi è vero (Claudet et al. 2010). In pratica, tuttavia, sono molto

    poche le riserve marine in cui i livelli delle specie oggetto di studio erano inferiori nelle

    riserve marine rispetto alle zone oggetto di sfruttamento. Al contrario, le specie preda

    spesso conoscono un forte incremento in seguito all'introduzione di misure protettive (ad

    es. Hawkins et al. 2006, Mumby et al. 2006). La spiegazione per questo apparente

    paradosso è che tali specie sono spesso oggetto di catture accessorie o subiscono danni

    causati dagli attrezzi da pesca (ad es., i coralli) e quindi hanno tratto anch'esse giovamento

    dalle misure protettive.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    19

    4. EFFETTI DELLA PROTEZIONE SULLA RIPRODUZIONE

    DELLE SPECIE COMMERCIALMEMTE IMPORTANTI

    RISULTATI PRINCIPALI

    La capacità riproduttiva delle specie protette aumenta rapidamente con la creazione

    delle riserve marine e può raggiungere livelli decine di volte superiori alle zone di

    pesca, in virtù dell'aumento del numero di esemplari di grandi dimensioni, vecchi e

    con esperienza riproduttiva.

    La protezione dallo sfruttamento e dai danni causati dalla pesca fa aumentare la biomassa

    degli esemplari commercialmente importanti e prolunga l'età delle popolazioni, con

    conseguente aumento del numero di esemplari vecchi e di grandi dimensioni (Lester et al.

    2009). Questi due effetti dimostrano che le riserve possono contribuire notevolmente alla

    produzione di uova e larve, tanto che persino le riserve relativamente piccole possono

    avere effetti notevoli se la progenie viene trasferita nelle zone di pesca (v. capitolo 5).

    Vi sono numerosi esempi di casi in cui le riserve hanno contribuito a un considerevole

    aumento delle dimensioni degli stock riproduttivi. Ad esempio, la biomassa dello stock

    riproduttivo del pesce imperatore dalla macchia nera, Lethrinus harak, oggetto di pesca

    intensiva a Guam era 16 volte superiore nelle riserve marine rispetto alle zone di pesca

    (Taylor et al 2012). In una piccola riserva marina dello Stato di Washington, Stati Uniti,

    l'ofiodonte, Ophiodon elongatus, ha prodotto una quantità di uova per habitat 20 volte

    maggiore rispetto alle zone di pesca circostanti e il sebaste, Sebastes caurinus, ha prodotto

    una quantità 100 volte maggiore (Palsson e Pacunski 1995). Nella riserva marina dell'isola

    di Tonga in Nuova Zelanda, la produzione di uova delle aragoste spinose protette nelle

    riserve è risultata 9 volte maggiore rispetto alle zone di pesca dopo cinque anni di

    protezione (Davidson et al. 2002). La sintesi dei dati provenienti dalle riserve della Nuova

    Zelanda evidenzia che esse hanno contribuito a ottenere dei tassi di crescita nella

    produzione di uova da parte delle aragoste pari al 9,1% (Kelly et al. 2000). La tabella 2 (v.

    paragrafo 6.3) elenca molti casi in cui le dimensioni degli stock riproduttivi e/o la capacità

    riproduttiva sono aumentati più di dieci volte dopo l'introduzione delle misure protettive,

    mentre il caso di studio illustrato nel riquadro 2 fornisce un esempio di come una maggiore

    produzione di uova da parte delle aragoste protette, Palinurus elephas, nella riserva marina

    delle Isole Columbretes in Spagna sia un elemento fondamentale per la sostenibilità della

    pesca nelle acque circostanti.

    Dal punto di vista biologico, vi sono buoni motivi per prevedere che l'effettiva capacità

    riproduttiva delle specie protette nelle riserve marine sia maggiore rispetto al fattore di

    incremento delle dimensioni complessive dello stock riproduttivo. Ciò è dovuto agli effetti

    concomitanti dell'aumento della densità della popolazione e al prolungamento dell'età degli

    esemplari protetti rispetto a quelli nelle zone di pesca. Molti esemplari hanno maggior

    successo riproduttivo in presenza di densità maggiori. Una spiegazione, soprattutto per gli

    esemplari che si muovono poco, è legata al fatto che hanno più facilità a trovare un

    compagno. Ad esempio, lo strombo gigante delle riserve marine delle Bahamas ha un

    successo riproduttivo notevolmente maggiore rispetto agli esemplari che vivono in

    popolazioni con densità minori nelle zone di pesca (Stoner et al. 2012). I maschi di pesce

    porco, Lachnolaimus maximus, avevano harem di femmine nella riserva marina ad alta

    densità della Florida e le uova venivano deposte con regolarità (Muñoz et al. 2010). Le

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    20

    prolungate osservazioni nelle zone di pesca non hanno evidenziato alcuna deposizione di

    uova nelle aree con una minore densità di popolazione.

    Oltre alla maggiore produzione di uova, gli esemplari più grandi e vecchi protetti dalle

    riserve possono avere un maggior successo riproduttivo per altre ragioni. Gli esemplari più

    vecchi vantano una maggiore esperienza riproduttiva che può giovare al loro successo

    riproduttivo. Gli esemplari più grandi spesso producono uova più grandi che, covate, danno

    origine a larve di dimensioni maggiori che sopravvivono meglio rispetto alle uova più

    piccole prodotte da esemplari più giovani (Berkeley et al. 2004, Birkeland e Dayton 2005).

    Per queste ragioni, le misurazioni degli aumenti della biomassa degli stock riproduttivi

    legati alla creazione di riserve protette probabilmente sottostimano il loro reale contributo

    alla ricostituzione degli stock.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    21

    5. PROVE DELLO SCONFINAMENTO

    RISULTATI PRINCIPALI

    Lo sconfinamento di specie di pesci, molluschi e crostacei commercialmente

    importanti dalle riserve marine e dalle zone d'interdizione alla pesca in Europa e

    altrove è stato dimostrato più volte.

    Lo sconfinamento ha effetti positivi sulle catture e promuove la sostenibilità della

    pesca locale.

    La maggior parte dei pesci sconfinati viene pescata in prossimità dei confini delle

    riserve marine (< 1-2 km) da pescatori che operano lungo le linee di confine.

    Le zone cuscinetto attorno alle riserve marine sono state utilizzate con risultati

    positivi per promuovere gli interessi dei pescatori artigianali su piccola scala, che

    usano attrezzi da pesca a basso impatto e dei pescatori sportivi. Tale approccio può

    portare benefici attorno alle riserve di ricostituzione di stock ittici.

    Lo sconfinamento è il movimento di esemplari adulti e novellame attraverso i confini della

    riserva nelle zone di pesca circostanti in cui possono essere catturati. Il fenomeno può

    essere il risultato di vari processi diversi: movimenti entro il normale raggio d'azione,

    sconfinamento causato dalla densità, migrazioni e movimenti ontogenetici. Il raggio

    d'azione o le dimensioni dei territori degli esemplari generalmente variano in base alla

    mobilità di una specie. Se il raggio d'azione va oltre i confini di una riserva marina, gli

    esemplari godono di una protezione parziale poiché trascorreranno parte del loro tempo

    nelle zone di pesca. Come illustrato nel capitolo 2, lo sconfinamento legato alla densità si

    verifica laddove si registra un aumento delle popolazioni nelle riserve, con conseguente

    aumento della concorrenza per le risorse o dei predatori. In tali circostanze, gli animali

    possono cercare luoghi migliori in cui vivere, soprattutto gli esemplari giovani, che quindi si

    spostano nelle zone di pesca. Lo sconfinamento ontogenetico si verifica quando gli animali

    cambiano habitat una volta cresciuti. Se le riserve sono situate nei fondali di crescita, ad

    esempio, il novellame può spostarsi dopo un determinato periodo di crescita. Infine, lo

    sconfinamento può avvenire quando gli animali protetti migrano, all'interno o all'esterno

    della riserva, ad esempio per raggiungere le zone di deposizione delle uova o di

    alimentazione.

    Quando si verifica uno sconfinamento, generalmente la prima indicazione viene dal

    cambiamento nelle abitudini di pesca dei pescatori locali. Per catturare gli animali che

    abbandonano le riserve, essi iniziano a pescare preferibilmente in prossimità dei confini

    della riserva marina, un effetto noto come ''pesca lungo i confini''. Tale fenomeno è stato

    osservato nelle riserve di tutto il mondo, in una grande varietà di habitat, nella pesca su

    piccola scala e su scala industriale (Murawski et al. 2005, Pérez-Ruzafa et al. 2008, Halpern

    et al. 2010). La pesca lungo i confini è stata, ad esempio, documentata attorno a molte

    riserve marine del Mediterraneo (Stelzenmüller et al. 2008). Goñi et al. (2008) hanno

    documentato tassi di catture e proventi dalla pesca più alti in prossimità dei confini di sei

    zone di protezione marina nel Mediterraneo, per tre diversi metodi di pesca che avevano

    come bersaglio una varietà di pesci, molluschi e crostacei. Stobart et al. (2009) hanno

    rilevato che i tassi di cattura di pesci in prossimità della riserva marina spagnola delle Isole

    Columbretes sono aumentati costantemente per un periodo di 8 – 16 anni dopo la

    creazione della riserva (v. anche riquadro 2). Una sintesi delle ricerche sullo sconfinamento

    da sette zone di protezione marina nell'Europa meridionale ha evidenziato che i benefici per

    la pesca dovuti allo sconfinamento sono aumentati del 2-4% all'anno per periodi prolungati

    fino a 30 anni (Vandeperre et al. 2010).

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    22

    Figura 1: Distribuzione dell'attività di pesca attorno alla riserva marina di Cabo

    de Palos in Spagna

    Fonte: Stelzenmüller et al. (2008)

    Esistono altri metodi per rilevare gli sconfinamenti. Le riserve marine consolidate e ben

    protette in genere evidenziano differenze nella densità delle specie protette dall'interno

    verso l'esterno, con densità maggiori all'esterno ma in prossimità dei confini delle riserve,

    piuttosto che a distanze maggiori (ad es., Ashworth e Ormond 2005, Harmelin-Vivien et al.

    2008). A Cuba, uno studio sperimentale che ha ridotto la densità delle cernie all'esterno di

    una riserva marina ha evidenziato che i movimenti di cernie contrassegnate all'interno della

    riserva sono aumentati e che lo sconfinamento di questi pesci bilanciava le densità delle

    cernie tra la riserva e le zone di pesca, proprio come teorizzato (Amargós et al. 2010).

    I modelli di pesca adattati ai dati relativi agli esempi di sconfinamento da otto diverse

    riserve marine di sette paesi indicano che nella maggior parte dei casi lo sconfinamento ha

    avuto un ruolo fondamentale nella sostenibilità della pesca locale (Halpern et al. 2010). In

    effetti, nella maggior parte dei casi, l'intensità degli sforzi di pesca in prossimità delle

    riserve era eccessivamente alta e la pesca non sarebbe stata sostenibile senza la presenza

    delle riserve.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    23

    Riquadro 2: Studio analitico – Riserva marina delle Isole Columbretes, Spagna

    RISERVA MARINA DELLE ISOLE COLUMBRETES, SPAGNA

    Pesca dell'aragosta favorita dallo sconfinamento e dall'aumento della

    produzione di uova

    La riserva marina delle Isole Columbretes si trova a 50

    chilometri al largo della costa mediterranea della Spagna

    orientale. Ha protetto 44 km2 di mare da tutte le forme di

    pesca commerciale dal 1992 ed è stata estesa a 55 km2

    nel 2009. Attorno alle isole, esiste una pesca tradizionale

    con reti da posta impiglianti per le aragoste mediterranee,

    Palinurus elephas, oggetto di studi dettagliati fin dal 1997,

    che hanno dimostrato come la riserva marina abbia

    favorito la pesca all'aragosta.

    Le aragoste mediterranee sono molto diffuse nell'Atlantico

    nordorientale e nel Mediterraneo e sono oggetto di una

    pesca pregiata. Sono sfruttate in modo intensivo nelle

    zone in cui sono comuni e la pesca all'aragosta è

    particolarmente intensiva nelle Isole Columbretes. Da

    quando è stata istituita la riserva marina, la pesca si è

    concentrata attorno ai suoi confini, per lo più entro un'area

    di 1 chilometro dal limitare della zona protetta, un

    fenomeno noto come ''pesca lungo i confini'' (i puntini neri

    sulla cartina indicano il luogo di pesca, mentre la linea

    nera indica il confine della riserva marina). Tale modello di

    pesca indica che esiste uno sconfinamento delle specie

    bersaglio e lo studio a lungo termine condotto sulle

    aragoste protette contrassegnate conferma lo

    sconfinamento. Oltre 5000 aragoste sono state catturate,

    contrassegnate e rilasciate nella riserva tra il 1997 e il 2006. Le aragoste contrassegnate

    catturate dai pescatori all'esterno della riserva hanno indicato che il 3,7% delle aragoste

    femmina e il 6,7% delle aragoste maschio hanno lasciato la riserva annualmente. Queste

    aragoste erano in media più grandi del 30% rispetto alle aragoste delle zone di pesca e le

    aragoste emigrate rappresentavano fino al 31-43% della cattura totale per peso.

    Considerando la riduzione del 18% nell'area di pesca delle aragoste causata dalla creazione

    della riserva, lo sconfinamento ha fatto aumentare gli sbarchi annuali di oltre il 10%.

    La riserva marina contribuisce altresì alla pesca regionale in virtù dell'aumento della

    produzione di uova da parte delle aragoste protette. Tra il 2000 e il 2009 (dopo 9 - 19 anni

    di protezione dalla pesca) la produzione media di uova da parte delle aragoste femmina

    protette è aumentata del 41% e al termine dello studio era oltre il doppio della produzione

    di uova da parte delle aragoste non protette. Poiché le aragoste all'interno della riserva

    erano 20 volte più abbondanti delle zone di pesca, la produzione di uova nella riserva era

    trenta volte maggiore, zona per zona, rispetto alle zone di pesca. La riserva marina ha

    pertanto fornito oltre l'80% della produzione regionale di uova di aragosta, da un'area pari

    soltanto al 18% dell'habitat delle aragoste. L'aumento della capacità produttiva è

    probabilmente molto importante per la sostenibilità della pesca locale, poiché le catture

    indicano che nelle zone di pesca circostanti è stato pescato ogni anno dall'80 a quasi il

    100% delle aragoste di dimensioni ammesse, lasciando solo pochi esemplari maturi per

    riprodursi.

    Fonte: Goñi et al. (2010) e Díaz et al. (2011)

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    24

    Le riserve marine hanno anche dimostrato di portare benefici anche alla pesca sportiva

    grazie agli sconfinamenti. Il Merritt Island National Wildlife Refuge in Florida è

    probabilmente una delle riserve marine meglio protette e consolidate al mondo. La riserva

    si trova in prossimità del Centro spaziale Kennedy a Cape Canaveral in Florida ed è un'area

    interdetta alla pesca e all'accesso dell'uomo dal 1962. Lo studio della distribuzione di

    catture record di esemplari di grandi dimensioni da parte di pescatori sportivi in Florida

    evidenzia una forte concentrazione di catture record attorno ai confini della riserva (Roberts

    et al. 2001, Bohnsack 2011). Esemplari di dimensioni record hanno iniziato a essere

    catturati soltanto dopo un decennio di protezione, a indicare l'avvenuta ricostituzione degli

    stock ittici e lo sconfinamento di esemplari di grandi dimensioni nelle zone di pesca

    limitrofe. Vi sono concentrazioni simili di catture record da parte dei pescatori attorno ad

    altre zone di protezione marina di lunga data in Florida che attestano gli sconfinamenti e i

    chiari benefici per la pesca sportiva derivanti dalla protezione

    (Bohnsack 2011).

    La distanza limitata generalmente percorsa dagli animali che lasciano la riserva prima di

    essere catturati (tipicamente < 1-2 km), suggerisce che le riserve di ricostituzione degli

    stock possono promuovere gli interessi dei pescatori su piccola scala, un aspetto

    evidenziato dalla Commissione europea e da molti altri nella riforma della politica comune

    della pesca. Molti di questi pescatori operano vicino alle coste in acque territoriali. L'accesso

    preferenziale alle zone di pesca vicine alle riserve di ricostituzione di stock ittici offerto ai

    pescatori artigianali su piccola scala ha prodotto effetti molto positivi in Spagna, Francia e

    Italia (Higgins et al. 2008, Guidetti e Claudet 2009). L'accesso è stato garantito dalla

    creazione di zone cuscinetto attorno alle riserve marine in cui è ammessa una forma di

    pesca di tipo artigianale e a basso impatto. Questo approccio è utile per salvaguardare gli

    interessi dei pescatori su piccola scala, promuovere i benefici economici per le comunità

    locali e incrementare le quantità di pesce catturato in modo sostenibile. Un siffatto accesso

    preferenziale potrebbe essere concesso ai pescatori sportivi nelle zone cuscinetto vicino alle

    riserve di ricostituzione di stock ittici. Analogamente, tale accesso potrebbe offrire benefici

    economici a livello locale grazie ai proventi legati alla presenza di turisti1.

    1 Molte riserve di ricostituzione di stock ittici potranno garantire maggiori opportunità economiche grazie al

    turismo subacqueo in virtù di una maggiore abbondanza di vita marina entro i propri confini (Roncin et al.

    2008, Wielgus et al. 2008).

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    25

    6. PROVE DELL'ESPORTAZIONE DI UOVA E LARVE

    RISULTATI PRINCIPALI

    Le prove derivanti da varie fonti, incluse la genetica, l'oceanografia, la geochimica,

    la velocità di proliferazione delle specie invasive e la misurazione diretta

    dell'esportazione delle larve, indicano che le riserve possono fornire uova e/o larve

    alle zone di pesca limitrofe, generalmente entro distanze da poche decine a oltre

    100 km.

    Le nuove ricerche condotte utilizzando test genetici di parentela hanno consentito di

    collegare i genitori nelle riserve alla progenie stabilitasi nelle zone di pesca

    circostanti.

    La ricerca più sofisticata finora condotta ha evidenziato che le riserve della grande

    barriera corallina hanno fornito novellame alle zone di pesca in modo proporzionale

    rispetto alla frazione dello stock riproduttivo protetto, andando a corroborare in tal

    modo l'assunto teorico su come tali riserve possano essere utilizzate per

    promuovere la pesca.

    Le argomentazioni teoriche indicano che i principali benefici per la pesca derivanti dalle

    riserve marine sono legati a una maggiore produzione di uova e larve da parte degli

    esemplari protetti. Le prove analizzate nel capitolo 4 indicano che la capacità riproduttiva

    degli stock protetti generalmente aumenta di diverse volte, spesso per multipli di dieci.

    Come sottolineato in questo capitolo, le cifre relative alla produzione di uova probabilmente

    sottostimano gli effetti delle riserve sulla ricostituzione degli stock, poiché le densità più

    elevate di esemplari protetti più grandi, più vecchi ed esperti potrebbero potenzialmente

    garantire aumenti molto più considerevoli del successo riproduttivo. Paradossalmente,

    l'esportazione delle progenie dalle riserve marine è stato finora l'aspetto più difficile da

    quantificare nell'esame degli effetti delle riserve. Dal punto di vista biologico, appare

    evidente che le riserve marine esportino la progenie ma è stato estremamente difficile

    fornire prove concrete. Negli ultimi dieci anni vi sono state ripetute dimostrazioni, sempre

    più sofisticate, di esportazione di uova e larve nelle zone di pesca. In questo capitolo

    verranno illustrate le argomentazioni teoriche relative al contributo delle riserve alla

    ricostituzione degli stock, le prove indirette dell'esportazione e le dimostrazioni dirette di

    tale effetto.

    6.1. Argomentazioni teoriche

    La maggiore produzione di uova osservata nelle specie protette dovrebbe aumentare la

    ricostituzione di una popolazione almeno in proporzione alle uova in più prodotte grazie alle

    misure di protezione. A titolo esemplificativo, si consideri che le riserve di ricostituzione di

    stock ittici coprono il 10% di una zona di gestione e che gli animali protetti nelle riserve

    producono una quantità dieci volte maggiore di uova rispetto agli esemplari nelle zone di

    pesca (un'ipotesi plausibile basata su prove empiriche). In questo caso, la proprozione della

    riproduzione totale cui contribuisce detta riserva sarebbe pari al 53% (riserve di

    ricostituzione = 10 x 0,1 = 1,0 rispetto alle zone di pesca = 1 x 0,90 = 0,9 ; il rapporto

    della produzione di uova nella riserva di ricostituzione rispetto alle zone di pesca è perciò di

    1:0,9, o il 53% della produzione di uova totale).

    Questo semplice esempio dimostra che in virtù di una capacità riproduttiva per unità di

    habitat molto più elevata, le riserve di ricostituzione di stock ittici possono contribuire in

    modo molto maggiore alla riproduzione complessiva di una popolazione rispetto a quanto ci

    si possa attendere considerando la limitata estensione dell'area protetta. Tuttavia, le uova

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    26

    delle riserve di ricostituzione non contribuirebbero affatto alla ricostituzione delle zone di

    pesca se queste restassero tutte nelle riserve. Poiché la maggior parte degli esemplari

    sfruttati ha una fase di dispersione pelagica di uova e/o larve durante la quale si spostano o

    nuotano con il plancton in mare aperto, le possibilità che le figliate rimangano nelle riserve

    di ricostituzione sono remote. Le prove illustrate nel paragrafo 6.2 indicano che le distanze

    di dispersione di uova/larve sono generalmente molto maggiori delle dimensioni massime

    delle riserve marine ed è quindi probabile che buona parte della produzione degli stock

    protetti finisca nelle zone di pesca. Per tornare all'esempio sopraccitato, se ci fosse un

    mescolamento completo delle figliate delle riserve di ricostituzione e delle zone di pesca, le

    popolazioni protette contribuirebbero per il 53% alla ricostituzione della popolazione nelle

    zone di pesca.

    Un modello teorico (Pelc et al. 2010) che prevedeva un'ampia dispersione di uova e larve,

    con un modesto aumento di 3 volte della capacità riproduttiva delle popolazioni protette,

    indica che l'esportazione delle figliate dalle riserve marine potrebbe bilanciare la perdita di

    catture dovuta alla chiusura delle zone di pesca, persino se la metà delle precedenti zone di

    pesca venisse convertita in riserve.

    6.2. Prove indirette dell'esportazione della prole dalle riserve

    Le prove indirette che le riserve marine esportano la prole degli esemplari protetti si

    possono ottenere con le misurazioni delle distanze tipiche di dispersione di uova/larve

    durante la fase in mare aperto. Tali prove assumono forme diverse, incluso il tempo

    trascorso con il plancton, i modelli oceanografici dei flussi di corrente, i modelli di similarità

    genetica tra le popolazioni, la mappatura delle origini geografiche dei pesci sulla base delle

    firme geochimiche presenti nell'organismo e sviluppate nelle prime fasi di vita e la velocità

    di diffusione delle specie invasive. Una recente analisi (Roberts et al. 2010) ha esaminato le

    varie fonti per proporre delle raccomandazioni sulle distanze di separazione per le nuove

    zone di conservazione marina nel Regno Unito. La tabella 1 sintetizza le prove della citata

    relazione.

    Le varie prove concordano nel suggerire che molte specie hanno distanze di dispersione che

    vanno da poche decine di chilometri a oltre cento. Alcuni gruppi tassonomici presentano

    una dispersione minore di altri. Ad esempio, i molluschi trascorrono circa la metà del tempo

    a disperdersi con il plancton rispetto ai pesci (Bradbury et al. 2008), mentre alcune alghe e

    coralli trascorrono poco tempo nel plancton, o non lo trascorrono affatto, e si disperdono

    per distanze di un chilometro o due (Shanks et al. 2003). Dalla prospettiva della pesca, la

    maggior parte dei pesci, dei molluschi e dei crostacei che sfruttiamo ricade nelle categorie

    di specie che si disperdono per distanze significative (Kinlan e Hastings 2005), da decine a

    cento o più chilometri, e molti di essi si ritroverebbero al di fuori dei confini delle riserve di

    ricostituzione andando a finire nelle zone di pesca circostanti.

    Una delle tendenze evidenziate dai dati relativi alle distanze di dispersione nelle fasi iniziali

    di vita delle specie marine è che gli esemplari che vivono a latitudini superiori tendono a

    disperdersi maggiormente rispetto alle specie che vivono alle latitudini inferiori (Bradbury

    et al. 2008). Le implicazioni di tale differenza sul contributo delle riserve marine come

    strumento di promozione della pesca devono ancora essere analizzate. Può tuttavia

    significare che il contributo delle riserve alla ricostituzione degli stock potrebbe risultare più

    esteso alle latitudini superiori rispetto a quelle inferiori. Le riserve alle latitudini superiori

    contribuiscono probabilmente anche alla ricostituzione degli stock a livello locale, dato che

    un aumento del periodo di dispersione non implica che tutte le uova/larve si spostino per

    lunghe distanze dalle riserve. Le prove esaminate nel paragrafo successivo (3.4.3)

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    27

    evidenziano una significativa auto-ricostituzione delle riserve marine, anche per le specie

    che si disperdono per settimane o per più di un mese in mare aperto.

    Tabella 1: Prove relative alle distanze di dispersione in mare aperto delle specie

    marine durante la fase uova/larve

    TIPO DI PROVA CONCLUSIONI

    Mappatura della dispersione

    attorno al Regno Unito (Roberts

    et al. 2010)

    La dispersione planctonica di breve durata comporta

    generalmente lo spostamento di 5-10 km con le maree,

    attraverso la dispersione passiva; la dispersione

    planctonica di lunga durata comporta generalmente

    spostamenti di 15-25 km con le correnti di marea.

    Considerando le correnti residue dovute al vento, le

    distanze percorse potrebbero raddoppiare.

    Tracciatura delle particelle dei

    pesci del Mare d'Irlanda (Van

    der Molen et al. 2007)

    La maggior parte delle uova e delle larve in genere si

    disperde per meno di 160 km, ma le distanze modali di

    dispersione (ossia le distanze raggiunte dalla maggior

    parte degli esemplari) erano comprese tra 40 e 80 km.

    Ubicazione delle zone di

    deposizione delle uova e di

    crescita delle specie

    commercialmente importanti nel

    Regno Unito

    Le zone di deposizione e di crescita distinte sono

    generalmente da poche decine a poche centinaia di

    chilometri di distanza. Molte si sovrappongono ad indicare

    una dispersione più limitata.

    Modello di tracciatura delle

    particelle per i pesci caraibici

    (Cowen et al. 2006)

    Le distanze di dispersione ecologicamente rilevanti sono in

    genere comprese tra i 10 e i 100 km.

    Genetica (Palumbi 2003; Kinlan

    e Gaines 2003; Kinlan et al.

    2005)

    La maggior parte delle specie si è dispersa per meno di

    100 km per generazione, sebbene alcune sembrino essere

    in grado di spostarsi per centinaia di chilometri. Un

    numero significativo di specie esaminate ha evidenziato

    distanze di dispersione in un raggio di 30 – 80 km.

    Specie invasive (Shanks et al.,

    2003; Kinlan e Hastings, 2005)

    Le specie invasive in genere si spostano da alcune decine

    di chilometri a meno di 200 chilometri all'anno (la

    dispersione media è comunque vicina al limite inferiore

    dell'intervallo).

    Esportazione misurata delle

    larve dalle zone di protezione

    marina (Cudney Bueno et al.

    2009; Pelc et al. 2009; Planes et

    al. 2009)

    La presenza di larve di pesci e molluschi è stata rilevata a

    distanze comprese tra pochi chilometri e poche decine di

    chilometri.

    Fonte: Roberts et al. (2010)

    6.3. Dimostrazioni dirette dell'esportazione della prole dalle

    riserve

    La tabella 2 sintetizza le prove dirette che l'esportazione di uova e larve dalle riserve

    marine ha contribuito alla ricostituzione degli stock nelle zone di pesca (Pelc et al. 2010).

    Molti di questi studi documentano l'esportazione della prole di specie di molluschi

    commercialmente importanti e sono fondati sul rilevamento della differenza

    nell'abbondanza di novellame di recente insediatosi dal plancton nelle aree di corrente

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    28

    discendente rispetto alle riserve marine. Tali prove indicano chiaramente che questi animali

    derivano dalla riproduzione di popolazioni protette nelle riserve marine. In taluni casi questi

    effetti si sono manifestati rapidamente, come ad esempio una riserva in Messico in cui gli

    stock di Spondylus calcifer e di Hexaplex nigritus si sono ripopolati entro due anni

    dall'istituzione (Cudney-Bueno et al. 2009).

    Lo studio degli spostamenti di uova e larve nelle acque attorno alla riserva marina spagnola

    delle Isole Medes nel Mediterraneo nordoccidentale ha rivelato un aumento nell'abbondanza

    nei pressi dei confini della riserva per tre specie commercialmente importanti, inclusi

    cernie, pagelli, Pagellus erythrinus e scorfani neri, Scorpaena porcus (López-Sanz et al.

    2011). Ciò indica che la maggiore capacità riproduttiva dei pesci protetti viene trasferita

    alle zone di pesca circostanti in virtù di processi oceanografici.

    Di recente vi sono state dimostrazioni convincenti riguardo all'esportazione di uova/larve di

    pesci delle riserve marine fondate sui test genetici di parentela. Tali test collegano la

    progenie ai probabili genitori sulla base dei genotipi, con un metodo simile a quello

    utilizzato dalle forze di polizia per identificare i criminali con il DNA dei parenti conservato

    nelle banche dati. Nelle Hawaii, nel 1999 è stata creata una rete di nove riserve marine

    lungo la costa occidentale della Grande Isola di Hawaii a sostegno della pregiata pesca

    locale (Christie et al. 2010). Complessivamente, esse proteggono il 35% dell'habitat di

    scogliera lungo la costa. Queste riserve hanno già dimostrato lo sconfinamento di specie

    bersaglio dalle riserve alle zone di pesca (Williams et al. 2009). Christie et al. (2010) hanno

    collegato quattro coppie di genitori-progenie di pesce chirurgo giallo, Zebrasoma

    flavescens, separate da una distanza di 15–184 km (Tabella 2). In due casi, la progenie era

    stata esportata dalle riserve alle zone di pesca, mentre negli altri due si era stabilita in altre

    riserve. Questo studio importante ha fornito informazioni nuove facendo riferimento a livelli

    ecologicamente importanti di esportazione di novellame dalle riserve per decine di

    chilometri. Ha anche dimostrato che le reti di riserve possono contribuire al ripopolamento

    reciproco, un assunto su cui si fonda gran parte della teoria relativa all'istituzione di riserve

    marine (Roberts et al. 2003).

    Un altro studio condotto in Papua Nuova Guinea utilizzando metodi simili ha prodotto

    essenzialmente gli stessi risultati per una specie di pesce pagliaccio Amphiprion percula

    (Planes et al 2009). Sebbene questa specie non sia sfruttata, serve come modello per altre

    specie. Circa il 40% delle larve stabilitesi in una riserva marina dal plancton era stato

    prodotto nella riserva, mentre il 5 - 10% del ripopolamento nelle aree protette proposte a

    15-35 km di distanza era il risultato delle larve esportate dalla riserva. Lo studio non ha

    quantificato l'esportazione nelle zone di pesca poiché non sono state campionate, ma

    appare evidente che la riserva ha esportato anche larve nelle zone non protette.

    La quantificazione più completa della ricostituzione di specie ittiche da parte della prole di

    stock protetti riguarda le riserve in una regione di 1000 km2 del parco marino Great Barrier

    Reef Marine Park in Australia (Harrison et al. 2012). Come gli studi menzionati in

    precedenza, anche questo ha utilizzato il test del DNA per collegare i genitori di due specie

    di pesci di barriera commercialmente importanti delle riserve alle rispettive figliate

    campionate sia nelle aree protette della barriera che nelle zone di pesca. È stato possibile

    assegnare genitori certi al 55% del novellame di lutianide analizzato, Lutjanus

    carponotatus, e all'83% di cernie maculate, Plectropomus maculatus. Gli autori hanno

    stimato che le riserve, che coprivano il 28% dell'habitat corallino nella regione, hanno

    contribuito per la metà alla ricostituzione delle due specie nell'intera regione (riserve più

    zone di pesca). Si tratta di un risultato in linea con il fatto che le riserve proteggono quasi il

    doppio di pesci adulti in termini di peso per area unitaria rispetto alle zone di pesca.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    29

    I risultati di Harrison et al.'s (2012) sono importanti perché vanno a corroborare un assunto

    fondamentale della ricerca teorica: che gli animali protetti nelle riserve ripopolano le zone

    di pesca in proporzione alla frazione degli stock ittici totali che esse contengono (Roberts

    2012a). Lo studio ha altresì dimostrato l'autoricostituzione delle popolazioni nelle riserve, lo

    scambio di prole tra le diverse riserve e la dispersione delle figliate fino a distanze di 30

    chilometri dai genitori, la distanza massima rilevata. Esso corrobora pertanto l'ipotesi che le

    riserve marine ripopoleranno le zone di pesca in aree estese.

    Tabella 2: Sintesi delle prove empiriche di esportazione larvale dalle riserve

    REGIONE SPECIE

    PERMANENZA

    IN MARE

    APERTO

    (GIORNI)

    DIMENSIONI

    DELLA

    RISERVA

    (km2)

    CAMBIAMENTO

    ALL'INTERNO

    DELLA RISERVA

    TIPO DI PROVA FONTE

    Goukamma,

    Sud Africa

    Cozza

    Perna perna

    10-20 40 Triplicazione

    della produzione

    Diminuzione del

    reclutamento con

    la distanza

    Pelc et al.

    (2009)

    Dwesa,

    Sud Africa

    Cozza

    Perna perna

    10–20 39 Aumento di 22

    volte

    della biomassa

    Diminuzione del

    reclutamento con

    la distanza

    Pelc et al.

    (2009)

    Dwesa,

    Sud Africa

    Patella

    sudafricana

    Cymbula

    oculus

    6 39 Aumento di 80

    volte

    della produzione

    Nessuna prova di

    diminuzione con la

    distanza

    Branch and

    Odendaal

    (2003)

    Tenerife,

    Spagna

    Patella

    Patella

    aspera

    6 Sconosciute Sconosciuto Diminuzione del

    reclutamento con

    la distanza

    Hockey and

    Branch

    (1994)

    Georges

    Bank,

    Stati Uniti

    Cappasanta

    americana

    Placopecten

    magellanicus

    32–56 17.000 Aumento di 14

    volte

    della densità

    Aumento di 5 volte

    dell'abbondanza di

    adulti

    lungo la corrente

    discendente dalla

    riserva

    Murawski et

    al. (2000)

    Fogarty and

    Botsford

    (2007)

    Figi

    Vongola

    Anadara sp.

    20–30 0,24 Aumento di 19

    volte

    della densità

    Aumento di 8 volte

    lungo la corrente

    discendente dalla

    riserva

    Tawake et

    al. (2001),

    Tawake

    (2002)

    Golfo della

    California,

    Messico

    Pettine

    Spondylus

    calcifer

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    30

    REGIONE SPECIE

    PERMANENZA

    IN MARE

    APERTO

    (GIORNI)

    DIMENSIONI

    DELLA

    RISERVA

    (km2)

    CAMBIAMENTO

    ALL'INTERNO

    DELLA RISERVA

    TIPO DI PROVA FONTE

    piuttosto che

    lontano; Aumento

    di 5 – 10 volte nell'

    abbondanza di

    esemplari di 2 anni

    nei siti vicini

    ma non in quelli

    lontani dalle

    riserve

    Hawaii, Stati

    Uniti

    Pesce

    chirurgo

    giallo

    Zebrasoma

    flavescens

    50 35% della

    costa di 150

    km (rete di 9

    riserve)

    Dopo 8 anni di

    protezione le

    riserve

    presentavano

    una densità

    cinque volte

    maggiore

    di pesci

    bersaglio di

    dimensioni tra 5

    e 10 cm e una

    densità

    superiore del

    48% di adulti

    rispetto alle

    zone di pesca

    Collegamento

    diretto dei genitori

    protetti alla

    progenie con test

    del DNA

    Williams et

    al. (2009),

    Christie et

    al. (2010)

    Grande

    barriera

    corallina,

    Australia

    Cernia

    maculata

    Plectropomus

    maculatus

    25 6 riserve

    entro un'area

    di 1000km2

    proteggono il

    28%

    dell'habitat

    della barriera

    L'83% della

    progenie

    assegnata a

    genitori certi è

    stato esportato

    nelle zone di

    pesca o in altre

    riserve

    Collegamento

    diretto dei genitori

    protetti alla

    progenie con test

    del DNA

    Harrison et

    al. (2012)

    Grande

    barriera

    corallina,

    Australia

    Lutianide

    Lutjanus

    carponotatus

    33–38 6 riserve

    entro un'area

    di 1000km2

    proteggono il

    28%

    dell'habitat

    della barriera

    Il 55% della

    progenie

    assegnata a

    genitori certi è

    stato esportato

    nelle zone di

    pesca o in altre

    riserve

    Collegamento

    diretto dei genitori

    protetti alla

    progenie con test

    del DNA

    Harrison et

    al. (2012)

    Riserva

    marine Isole

    Medes,

    Spagna

    Cernia bruna

    Epinephelus

    marginatus,

    Pagello

    fragolino

    Pagellus

    erythrinus e

    scorfano

    nero

    Scorpaena

    porcus

    22-30, 40-49

    e 29

    rispettivame

    nte per

    Epinephelus

    marginatus,

    Pagellus

    erythrinus e

    Scorpaena

    porcus

    0,9 Differenza nella

    diminuzione

    delle uova e di

    abbondanza

    larvale con

    l'aumento della

    distanza dalla

    riserva.

    Uova e larve

    raccolte a distanze

    variabili dall'isola.

    López-Sanz

    et al. (2011)

    Macpherson

    and

    Raventos

    (2006)

    Fonte: Pelc et al. (2010) ed altri autori elencati nella tabella

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    31

    7. PROVE DELLA PROTEZIONE DELL'HABITAT

    RISULTATI PRINCIPALI

    Proteggendo le zone dai danni causati dagli attrezzi da pesca, le riserve marine

    favoriscono anche la ricostituzione di habitat biogenici diversi e strutturalmente

    complessi.

    Nel corso degli anni, gli habitat delle riserve possono cambiare (molti sono oggetto

    di un aumento della diversità e della complessità) in virtù della riorganizzazione dei

    rapporti preda-predatore nella catena alimentare.

    I miglioramenti degli habitat protetti favoriscono a loro volta l'aumento delle

    popolazioni di specie protette.

    Probabilmente, uno dei benefici diretti più evidenti delle riserve marine deriva dalla

    protezione degli habitat dai danni causati dagli attrezzi da pesca mobili. Tali attrezzi

    includono principalmente reti da traino a divergenti, sfogliare e vari tipi di draga concepite

    per lo più per la cattura di molluschi e crostacei. Questi attrezzi sono pesanti, spesso

    pesano da 1 a oltre 20 tonnellate, e sebbene il loro peso sia ridotto sott'acqua a causa dello

    spostamento d'acqua, la maggior parte esercita comunque una pressione di tonnellate sul

    fondale marino dove vengono trascinati (Morgan e Chuenpagdee 2003). Il loro potenziale

    distruttivo può essere ulteriormente aumentato da strutture concepite volutamente per

    penetrare nei sedimenti o per consentirne l'impiego in zone caratterizzate da fondali non

    omogenei, rocciosi o corallini. Ad esempio, le draghe per cappesante spesso sono dotate di

    denti d'acciaio rivolti verso il basso fissi o a molla per scavare nei sedimenti; le sfogliare

    hanno una pesante rete di catene raschianti davanti alla rete a sacco per prelevare il pesce

    dal fondale; le reti da traino a divergenti sono spesso dotate di rulli lungo la cima davanti

    alla rete a sacco che consentono di trascinare la rete lungo fondali scoscesi riducendo il

    rischio che si sfilacci.

    Gli attrezzi da pesca mobili producono una serie di effetti sul fondale marino. L'effetto più

    ovvio è che vadano a schiacciare, stacchino o rimuovano delle specie che contribuiscono

    alla formazione dell'habitat (Watling e Norse 1998, NRC 2002). Molti habitat estesi, diversi,

    tridimensionalmente complessi, come i parchi ostreari, i parchi di modioli, maerl, sabellidi e

    coralli di acque fredde sono stati spazzati via o gravemente danneggiati in ampie zone dei

    mari europei a causa del diffuso utilizzo delle reti da traino e delle draghe nel corso dei

    secoli (Roberts 2007, Airoldi e Beck 2007, Thurstan 2011). La loro distruzione è spesso

    avvenuta talmente tanto tempo fa (oltre 100 anni fa) che è stata ormai dimenticata. La

    perdita di questi habitat ha tuttavia modificato profondamente la struttura e il

    funzionamento degli ecosistemi marini. Analizzando la situazione in retrospettiva, sembra

    altamente probabile che la loro perdita abbia contribuito al rapido declino di alcune specie

    bersaglio una volta importanti per la pesca, come la razza bavosa, Dipturus intermedia and

    D. flossada, l'halibut, Hippoglossus hippoglussus e il merluzzo, Gadus morhua (Thurstan et

    al. 2010). Nei rapporti dei pescatori del XIX secolo si faceva costantemente riferimento alla

    positiva associazione tra queste specie e habitat biogenici complessi (Thurstan 2011). Studi

    recenti indicano inoltre che questi habitat complessi sono importanti per il novellame di

    molte specie sfruttate, poiché offrono riparo dai predatori e rappresentano un'ulteriore

    fonte alimentare (Howarth et al. 2011 e riferimenti ivi contenuti).

    Anche i metodi di pesca apparentemente innocui, che utilizzano attrezzi fissi, come le reti

    da posta fissa, le trappole o i palangari, possono provocare danni al fondale marino a causa

  • Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione

    32

    di schiacciamenti localizzati, o di danni provocati nel momento in cui la rete viene sollevata

    obliqua rispetto al fondale per la presenza di forti correnti o quando i pescherecci si

    spostano. Prevenendo i danni causati dagli attrezzi da pesca, le riserve marine possono

    avviare un processo di ricostituzione e potenzialmente la trasformazione a lungo termine

    degli habitat marini. Gli habitat potrebbero non tornare allo stato precedente allo

    sfruttamento, ad esempio perché c'è stata un'estirpazione diffusa in tutta la regione di

    alcune delle specie che li componevano, come ad esempio le ostriche, Ostrea edulis, in

    Europa. È probabile, tuttavia, che le riserve marine sviluppino delle comunità ecologiche

    diverse rispetto alle aree non protette circostanti e che siano ecologicamente più complesse

    (Babcock et al. 2010). Ad esempio, in virtù della protezione da reti da traino e draghe, una

    zona protetta adiacente all'Isola di Man, nel Regno Unito, ha sviluppato comunità più

    eterogenee di invertebrati che vivono sui fondali, soprattutto le specie verticali che

    contribuiscono a formare habitat strutturalmente complessi (Bradshaw et al. 2001). Le

    osservazioni personali di uno degli autori della presente relazione (CMR) in questa zona

    protetta nel 2012, dopo 20 anni di protezione, hanno evidenziato che questa ha favorito lo

    sviluppo di habitat molto diversi e complessi formati da numerose specie di invertebrati che

    vivono sul fondale o attaccati ad esso. Al contrario, nelle zone circostanti in cui vengono

    utilizzate draghe e reti da traino, si registra l'assenza virtuale di queste specie e le rocce e i

    sassi fornivano un supporto a così pochi invertebrati da sembrare addirittura lucidi per il

    continuo rotolamento nelle draghe.

    Le riserve marine possono giovare agli habitat anche in un altro modo. Gli ''effetti ecologici

    a cascata'' sono quelli in cui i cambiamenti avvengono in sequenza: i primi cambiamenti

    danno origine a quelli successivi. Le riserve marine in Italia sono una prova evidente di tale

    effetto (Guidetti 2006). Gran parte dell'habitat roccioso della zona sublitorale nel

    Mediterraneo è formato da rocce coperte da un sottile strato di alghe, con uno spessore di

    pochi millimetri (Sala et al. 2012). In questi habitat, abbondano i ricci di mare che si

    nutrono di queste alghe. Da lontano, le rocce sembrano spoglie e prive di vita e per questo

    sono chiamate ''substrati rocciosi nudi''. Tuttavia, nelle riserve marine di più antica

    istituzione in Italia, l'habitat appare diverso. Nella riserva marina di Torre Guaceto, ad

    esempio, la metà dell'area rocciosa è coperta da macchie di alghe spesse (Guidetti 2006).

    La differenza è dovuta alla ricostituzione di stock, principalmente di occhialone, che si

    nutrono di ricci di mare. All'interno della riserva c'è un numero dieci volte superiore di

    occhialoni rispetto alle zone esterne e una quantità dieci volte minore di ricci di mare. La

    ricostituzione degli stock di predatori favorita dalla protezione ha ridotto l'abbondanza dei

    ricci di mare e ha permesso la formazione di fitte foreste di alghe, che a loro volta

    favoriscono lo sviluppo di una grande varietà di vita marina, più di quanto non facciano i

    substrati rocciosi nudi. In Europa esistono vaste aree di substrati rocciosi nudi, dal

    Mediterraneo ai mari settentrionali. Una volta istituite le riserve marine con un elevato

    grado di protezione in queste zone, ci si possono attendere effetti simili

    La ricostituzione di habitat complessi e biologicamente diversi nelle riserve contribuisce

    senza dubbio alla capacità delle riserve di favorire il ripopolamento di specie

    commercialmente importanti nel coso dei decenni.

  • Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici

    33

    8. LE RISERVE MARINE SONO EFFICACI NELLE ACQUE

    TEMPERATE?

    RISULTATI PRINCIPALI

    Le riserve marine sono efficaci tanto nelle acque temperate quanto nei mari

    tropicali.

    Anche specie apparentemente molto mobili hanno tratto grandi giovamenti dalla

    protezione.

    Le riserve marine spesso non vengono considerate come strumento di gestione da utilizzare

    per la pesca in acque temperate per due ragioni: 1) l'assenza di ricerche sui risultati negli

    habitat temperati e 2) il fatto che le specie di acque temperate sono troppo mobili per

    trarre beneficio dalla protezione, se non in riserve marine troppo vaste per poter essere

    realizzate.

    La prima motivazione non ha più ragione di essere. Negli ultimi 15 anni, si è assistito a un

    notevole aumento di attività di ricerca sugli effetti delle riserve marine in acque temperate,

    soprattutto in Europa, come attestano gli studi menzionati nella presente relazione.

    Esistono ora numerose prove qualitativamente valide che tali riserve producono effetti

    molto simili a quelli delle acque più calde. Nella loro analisi degli effetti sulle specie

    protette, Lester et al. (2009) non hanno rilevato differenze significative tra le riserve in

    acque temperate e le riserve in acque tropicali. Le aree protette in mari caldi e freddi hanno

    conosciuto un rapido aumento dell'abbondanza, della biomassa, della diversità e delle

    dimensioni degli animali protetti.

    Sebbene i critici continuino ad affermare che le ricerche sulle riserve in acque temperate si

    sono concentrate su habitat con fondi duri nelle regioni con acque calde-temperate (Caveen

    et al. 2012), le ricerche condotte sulle riserve in acque più fredde in habitat con fondi

    morbidi hanno fornito prove considerevoli dei benefici derivanti dalla presenza di riserve

    protette (es. Beukers-Stewart et al. 2005, Howarth et al. 2011). Tralasciando tali prove,

    rimane il fatto che buona parte dell'habitat in prossimità delle coste nelle acque territoriali

    europee in cui verrebbero istituite le riserve di ricostituzione di stock ittici è esattamente

    del tipo per il quale sono stati dimostrati i notevoli benefici per gli stock ittici protetti e la

    pesca.

    La seconda critica mossa nei confronti delle riserve come strumento di gestione in acque

    temperate riguarda la presunta maggiore mobilità delle specie rispetto alle regioni con

    acque più calde ed è considerata come un problema a causa del movimento eccessivo degli

    animali dentro e fuori le riserve marine. Per godere della protezione di una riserva marina,

    gli animali devono trascorrere il loro tempo all'interno di essa. Le specie i cui movimenti

    avvengono interamente all'interno della riserva godono di una protezione continua, mentre

    quelli che si muovono dentro e fuori la riserva godono soltanto di una protezione parziale. A

    parità di