DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE INTERNE · 2014. 9. 11. · Irina POPESCU Dipartimento tematico...
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DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE INTERNE
DIPARTIMENTO TEMATICO B: POLITICHE STRUTTURALI E DI
COESIONE
PESCA
ISTITUZIONE DI RISERVE DI
RICOSTITUZIONE DI STOCK ITTICI
NOTA
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La presente nota è stata richiesta dalla commissione per la pesca del Parlamento europeo.
AUTORI
Callum M. ROBERTS, Julie P. HAWKINS
Environment Department, University of York, UK
AMMINISTRATORE RESPONSABILE
Irina POPESCU
Dipartimento tematico politiche strutturali e di coesione
Parlamento europeo
Indirizzo e-mail: [email protected]
ASSISTENZA REDAZIONALE
Virginija KELMELYTE
VERSIONI LINGUISTICHE
Originale: EN
Traduzioni: DE, IT.
INFORMAZIONI SULL'EDITORE
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Manoscritto ultimato nel settembre 2012.
© Unione europea, 2012.
Il documento è disponibile al seguente sito Internet:
http://www.europarl.europa.eu/studies
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DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE INTERNE
DIPARTIMENTO TEMATICO B: POLITICHE STRUTTURALI E DI
COESIONE
PESCA
ISTITUZIONE DI RISERVE
DI RICOSTITUZIONE DI STOCK ITTICI
NOTA
Sintesi
La presente relazione esamina la proposta di creare una rete di ''riserve
di ricostituzione di stock ittici'' che copra il 10-20% delle acque
territoriali degli Stati membri dell'Unione europea. Tali aree protette in
Europa e altrove hanno consentito di ottenere una ricostituzione rapida e
duratura di molte specie commercialmente importanti. Esse hanno
portato benefici anche alla pesca nelle zone limitrofe per effetto dello
sconfinamento e dell'esportazione del novellame dalle riserve protette.
Le riserve di ricostituzione di stock ittici possono offrire un contributo
importante per migliorare le condizioni e la produttività della pesca e
salvaguardare la biodiversità marina.
IP/B/PECH/IC/2012-053 Settembre 2012
PE 495.827 IT
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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INDICE
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 6
ELENCO DELLE TABELLE 7
ELENCO DELLE FIGURE 7
SINTESI E COMMENTO 9
1. Contesto 13
2. Il ruolo delle riserve marine nella gestione della pesca: analisi
delle conoscenze attuali 15
3. Prove dell'aumento dell'abbondanza e della biomassa di specie
commercialmente importanti 17
4. Effetti della protezione sulla riproduzione delle specie
commercialmemte importanti 19
5. Prove dello sconfinamento 21
6. Prove dell'esportazione di uova e larve 25
6.1. Argomentazioni teoriche 25
6.2. Prove indirette dell'esportazione della prole dalle riserve 26
6.3. Dimostrazioni dirette dell'esportazione della prole dalle riserve 27
7. Prove della protezione dell'habitat 31
8. Le riserve marine sono efficaci nelle acque temperate? 33
9. Le specie molto mobili o migratorie traggono vantaggio dalle
riserve marine? 37
10. Tempo necessario per il manifestarsi dei benefici legati alle
riserve marine 41
11. Benefici delle riserve marine che la gestione della pesca
convenzionale non offre 45
12. Quanto devono essere estese le aree protette? 47
13. Stato ed efficacia delle zone di protezione marina esistenti in
Europa 49
14. L'Esperienza di altri paesi 53
14.1. Stati Uniti: California Marine Life Protection Act 53
14.2. Nuova Zelanda: la prima politica nazionale per le riserve marine 53
14.3. Australia: lo Stato di Victoria 54
15. Insidie e ostacoli 55
16. Raccomandazioni 57
Riferimenti bibiliografici 59
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI
UE Unione europea
FEAMP Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca
CIEM Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare
ZPM
ONG
ZSC
ZPS
CCR
Zona di protezione marina
Organizzazione non governativa
Zona speciale di conservazione
Zona di protezione speciale
Consiglio consultivo regionale
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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ELENCO DELLE TABELLE
Tabella 1:
Prove relative alle distanze di dispersione in mare aperto delle specie marine
durante la fase uova/larve 27
Tabella 2:
Sintesi delle prove empiriche di esportazione larvale dalle riserve 29
Tabella 3:
Spostamenti tipici di specie selezionate delle acque europee settentrionali 34
ELENCO DELLE FIGURE
Figura 1:
Distribuzione dell'attività di pesca attorno alla riserva marina di Cabo de Palos
in Spagna 22
Figura 2:
Mappe composite di a) aree di crescita di merlano blu, merluzzo, eglefino,
aringa, limanda, sgombro, scampo, merluzzo norvegese, passera di mare,
merluzzo carbonaro, cicerello, sogliola, spratto e merlano; b) aree di
deposizione delle uova di merluzzo, eglefino, aringa, limanda, sgombro,
scampo, merluzzo norvegese, passera di mare, merluzzo carbonaro, cicerello,
sogliola, spratto e merlano; I numeri da 1 a 9 e i colori corrispondenti si
riferiscono al numero di specie che utilizzano una zona come area di
deposizione della uova o di crescita 38
Figura 3:
Sintesi dei risultati di 40 studi su quale estensione debbano avere le zone
protette per massimizzare, ottimizzare o conseguire gli obiettivi (a seconda
della natura del quesito alla base di ciascuno studio specifico) 47
Figura 4:
Zone di protezione marina OSPAR (al 2011) 50
Figura 5:
Zone di protezione marina nel Mediterraneo (al 2008) 51
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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SINTESI E COMMENTO
Contesto
La Commissione europea ha pubblicato le sue proposte per la riforma della politica comune
della pesca nel luglio 2011. Tali proposte sono da allora oggetto di discussione nelle
commissioni del Parlamento europeo e la commissione per la pesca ha presentato un
progetto di relazione sulle riforme proposte. Il progetto di relazione raccomanda
un'ulteriore misura di conservazione rispetto a quelle proposte dalla Commissione.
L'emendamento 68, Parte 3, articolo 7 bis (v. riquadro 1 per il testo) propone che gli Stati
membri istituiscano una rete di riserve marine nelle proprie acque territoriali, definite
''riserve di ricostituzione di stock ittici''. Entro tali aree, la pesca sarà totalmente proibita
per promuovere la conservazione e la ricostituzione degli stock. L'articolo 7 bis propone che
nel tempo tali interdizioni vadano a coprire dal 10 al 20% delle acque territoriali di ciascuno
Stato membro.
Scopo
La presente relazione valuta il progetto di regolamento e 1) analizzerà l'attuale
comprensione del valore e del ruolo delle riserve marine come strumento di gestione della
pesca e 2) valuterà lo stato e l'efficacia delle riserve marine esistenti in Europa. Esaminerà
le disposizioni specifiche dell'emendamento proposto, inclusi i tipi di zone di riferimento per
la creazione di riserve di ricostituzione di stock ittici, le dimensioni proposte della rete, il
possibile calendario di attuazione, la durata della protezione, l'utilità della creazione di aree
cuscinetto circostanti con restrizioni alla pesca e le proposte relative al transito dei
pescherecci. La relazione analizza altresì la fattibilità della misura, i principali benefici e
costi e identifica i possibili problemi che potrebbero ostacolarne l'attuazione. Fa riferimento,
inoltre, all'esperienza acquisita in altre parti del mondo con la creazione di reti di riserve
marine.
Elementi principali
Le zone di protezione marina sono state utilizzate per sostenere gli obiettivi di pesca per
oltre 100 anni. La teoria afferma che le riserve portano benefici alla pesca soprattutto
attraverso l'incremento degli stock protetti, il ripristino dei loro habitat, lo spostamento
degli animali nelle aree di pesca (definito sconfinamento) e l'esportazione di uova e larve.
L'esperienza maturata in centinaia di riserve marine nel mondo, comprese molte in Europa,
indica che in genere le popolazioni protette reagiscono rapidamente in maniera positiva
all'istituzione di riserve marine. Gli stock delle specie sfruttate commercialmente
rispondono in modo particolarmente positivo e possono moltiplicarsi, talvolta decuplicarsi se
non di più. Anche alcune specie non oggetto di pesca possono proliferare. Le riserve marine
sono efficaci tanto nelle acque temperate quanto nei mari tropicali.
La capacità riproduttiva delle specie protette aumenta rapidamente con la creazione delle
riserve marine e può raggiungere livelli decine di volte superiori alle zone di pesca, in virtù
dell'aumento del numero di animali di grandi dimensioni, vecchi e con esperienza
riproduttiva. Le prove emerse da diverse fonti - che includono la genetica, l'oceanografia, la
geochimica, i tassi di proliferazione delle specie invasive e la misurazione diretta
dell'esportazione delle larve - indicano che le riserve possono fornire uova e/o larve alle
zone di pesca limitrofe, in genere per distanze che vanno da poche decine di chilometri a
oltre cento. Le nuove ricerche basate sui test di parentela genetica hanno collegato il
genitore nelle riserve alle figliate stabilitesi nelle aree di pesca limitrofe. La ricerca più
sofisticata finora condotta ha evidenziato che le riserve della grande barriera corallina
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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hanno fornito novellame alle zone di pesca in modo proporzionale rispetto alla frazione
dello stock riproduttivo protetto, andando a corroborare in tal modo l'assunto teorico
fondamentale su come tali riserve possano essere utilizzate per promuovere la pesca.
Lo sconfinamento di specie di pesci e molluschi e crostacei commercialmente importanti
dalle riserve marine e dalle zone d'interdizione alla pesca in Europa e altrove è stato
dimostrato più volte. Lo sconfinamento ha effetti positivi sulle catture e promuove la
sostenibilità della pesca locale. La maggior parte dei pesci sconfinati viene pescata in
prossimità dei confini delle riserve marine (< 1-2 km) da pescatori che operano lungo le
linee di confine. Le zone cuscinetto attorno alle riserve marine sono state utilizzate con
risultati positivi per promuovere gli interessi della pesca artigianale su scala ridotta, che
utilizza attrezzi da pesca a basso impatto, e della pesca ricreativa.
Proteggendo le zone dai danni causati dagli attrezzi da pesca, le riserve marine favoriscono
anche la ricostituzione di diversi habitat biogenici, strutturalmente complessi. Nel corso
degli anni, gli habitat delle riserve possono anche cambiare (molti sono oggetto di un
aumento della diversità e della complessità) in virtù della riorganizzazione dei rapporti
preda-predatore nella catena alimentare. I miglioramenti degli habitat protetti favoriscono
a loro volta l'aumento delle popolazioni di specie protette.
Le aree protette sono state utilizzate a lungo per proteggere dalla pesca le specie
estremamente mobili e migratorie in momenti e luoghi in cui sono particolarmente
vulnerabili, quali ad esempio le zone di fregola e di crescita del novellame. Le riserve di
ricostituzione di stock ittici potrebbero svolgere un ruolo analogo. Anche le specie
apparentemente molto mobili hanno tratto notevoli vantaggi dalla protezione, spesso in
piccole riserve.
Dai dati raccolti risulta che le riserve marine producono rapidamente benefici e per alcune
specie i risultati appaiono evidenti già dopo un anno o due di protezione. Altre specie
rispondono più lentamente. Gli studi a lungo termine sulle riserve indicano che i benefici
per le specie più longeve e a crescita lenta, e per i relativi habitat, possono continuare per
decenni. In generale la ricostituzione delle popolazioni protette produce effetti positivi sulla
pesca entro 5 – 10 anni dalla costituzione delle riserve e i benefici si fanno sentire per
decenni a seguire. Ci possono volere cinquant'anni o più per vedere l'entità dei benefici
derivanti dalle misure di protezione.
L'estensione proposta per le riserve di ricostituzione di stock ittici pari al 10 - 20% delle
acque territoriali rientra nell'ordine di grandezza che secondo le ricerche attuali produce
notevoli effetti positivi sulla pesca.
Le attuali zone di protezione marina (ZPM) coprono soltanto una percentuale limitata dei
mari europei, un numero ristretto di habitat e sono per lo più concentrate in acque
territoriali. Le riserve marine in cui vige l'interdizione totale alla pesca sono piccole,
sparpagliate e si estendono per meno dello 0,01% dei mari europei. Le ZPM più grandi
tendono a essere poco protette e/o gestite in modo inadeguato. L'introduzione di riserve di
ricostituzione di stock ittici nelle dimensioni proposte (copertura del 10 – 20% delle acque
territoriali) migliorerebbe sensibilmente lo stato dell'ambiente marino europeo. È possibile
istituire le riserve di ricostituzione di stock ittici nei luoghi in cui esistono le ZPM,
aumentando il livello di protezione.
La creazione di reti di ZPM può richiedere anni e un impegno imparziale a lungo termine e
giuridicamente vincolante da parte dei governi nonché un sostegno finanziario adeguato. È
richiesto un ampio coinvolgimento di tutte le parti interessate per portare a termine il
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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processo, ma non tutti i portatori d'interesse saranno felici del risultato, e l'impegno
profuso deve rispecchiare le condizioni locali. Conoscenze adeguate, trasparenza, equità, la
volontà di trovare compromessi e un calendario di attuazione preciso consentiranno di
ottenere i risultati auspicati secondo i tempi previsti.
Raccomandazioni
L'inclusione delle riserve di ricostituzione di stock ittici nelle pratiche di gestione della pesca
europea, con l'estensione proposta, potrebbe garantire benefici notevoli per il recupero
degli stock ittici e la protezione degli habitat. I benefici potrebbero assumere una forma che
gli strumenti convenzionali di gestione della pesca non possono garantire, quali la
ricostituzione di habitat e specie vulnerabili e fortemente minacciate, senza che sia
necessario introdurre il divieto per la pesca produttiva. Le riserve di ricostituzione di stock
ittici possono offrire un contributo importante ai fini dell'adozione di una ''gestione della
pesca basata sull'ecosistema'' e di tipo precauzionale. Le reti di riserve marine, incluse le
riserve di ricostituzione di stock ittici proposte, saranno fondamentali per creare condizioni
ambientali adeguate nell'ambito della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente
marino.
Si raccomanda l'istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici che coprano il 20% delle
zone di pesca.
Si raccomanda la creazione di zone cuscinetto attorno alle riserve di ricostituzione di stock
ittici, in cui siano utilizzati metodi di pesca a basso impatto da parte di pescatori su scala
ridotta e in cui sia consentita la pesca ricreativa.
Considerati i tempi lunghi per la ricostituzione degli stock e degli habitat e la velocità con
cui i benefici possono essere resi vani con la ripresa della pesca, la creazione delle riserve
di ricostituzione di stock ittici deve essere vista come un impegno permanente se si vuole
che esse contribuiscano in modo significativo alla ricostituzione degli stock e alla
conservazione degli habitat.
L'unica eccezione può essere rappresentata da riserve particolari che non hanno prodotto
risultati visibili in termini di ricostituzione degli stock e degli habitat. Tale risultato dovrà
essere stabilito caso per caso, utilizzando metodi di analisi indipendenti, ma il periodo di
cinque anni proposto nell'emendamento 68 per tale analisi è troppo breve. Un periodo di 10
anni sarebbe più appropriato sulla base dei dati disponibili relativi ai tempi con cui si
manifestano i benefici derivanti dalle riserve.
I pescatori dovranno essere totalmente coinvolti nel processo d'istituzione delle riserve di
ricostituzione di stock ittici. Dal momento che il processo varierà da regione a regione,
riflettendo le diverse condizioni sociali e ambientali, i consigli consultivi regionali saranno
nella posizione migliore per fornire indicazioni sulla scelta dei siti e l'attuazione delle
misure.
Sebbene i compromessi siano essenziali per istituire delle aree di protezione marina, la
riduzione del livello di protezione garantito dalle riserve di ricostituzione di stock ittici non
sarebbe un compromesso sensato, considerando che i benefici vengono rapidamente ridotti
anche con livelli di pesca limitati.
Il processo di creazione di riserve di ricostituzione di stock ittici sarà costoso e imporrà dei
costi temporanei ai pescatori, che si dovranno adattare al nuovo sistema di gestione. Il
sostegno finanziario da parte del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca potrebbe
facilitare l'attuazione efficace ed equa del provvedimento.
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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In conformità al diritto di passaggio inoffensivo previsto dal diritto del mare dell'ONU, i
pescherecci potranno transitare attraverso le riserve di ricostituzione di stock ittici, a
condizione che gli attrezzi presenti a bordo e utilizzati per la pesca siano fissati e stivati
durante il transito.
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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1. CONTESTO
Dopo lunga consultazione, la Commissione europea ha pubblicato le sue proposte per la
riforma della politica comune della pesca nel luglio 2011. Tali proposte sono da allora
oggetto di discussione nelle commissioni del Parlamento europeo e la commissione per la
pesca ha presentato un progetto di relazione sulle riforme proposte. Il progetto di relazione
raccomanda un'ulteriore misura di conservazione rispetto a quelle proposte dalla
Commissione. L'emendamento 68, Parte 3, articolo 7 bis (v. riquadro 1 per il testo)
propone che gli Stati membri istituiscano una rete di riserve marine1 nelle proprie acque
territoriali, definite ''riserve di ricostituzione di stock ittici''. Entro tali aree, la pesca sarà
proibita per promuovere la conservazione e la ricostituzione delle riserve. L'articolo 7 bis
propone che nel tempo tali interdizioni vadano a coprire dal 10 al 20% delle acque
territoriali di ciascuno Stato membro.
Riquadro 1: Testo dell'emendamento 68,Parte 3 – articolo 7 bis
ISTITUZIONE DI RISERVE DI RICOSTITUZIONE DI STOCK ITTICI
Emendamento 68, proposta di regolamento, Parte 3 – Articolo 7 bis (nuovo)
1. Al fine di assicurare un'inversione di tendenza nella situazione di collasso degli stock ittici e di
garantire la conservazione delle risorse acquatiche viventi e degli ecosistemi marini, nonché nel
quadro di un approccio precauzionale, gli Stati membri istituiscono una rete coerente di riserve di
ricostituzione di stock ittici nelle quali è vietata ogni attività di pesca, ivi comprese le zone importanti
per la produttività ittica, in particolare i fondali di crescita, di riproduzione e di alimentazione degli
stock ittici.
2. Gli Stati membri individuano e designano tutte le zone necessarie all'istituzione di una rete
coerente di riserve di ricostituzione di stock ittici corrispondenti a una percentuale compresa tra il
10% e il 20% delle acque territoriali di ciascuno Stato membro, e ne informano la Commissione.
L'istituzione della rete è graduale, conformemente al seguente calendario:
a) Entro il …*: - Le riserve di ricostituzione di stock ittici corrispondono almeno al 5% delle acque
territoriali di ciascuno Stato membro. b) Entro il ... **: - Le riserve di ricostituzione di stock ittici corrispondono almeno al 10% delle acque
territoriali di ciascuno Stato membro. 3. L'ubicazione delle riserve di ricostituzione di stock ittici non viene modificata entro i primi cinque
anni successivi alla loro istituzione. Se una modifica è necessaria, essa ha luogo soltanto dopo
l'istituzione di un'altra riserva o di altre riserve di identiche dimensioni.
4. Le misure e le decisioni di cui ai paragrafi 2 e 3 sono comunicate alla Commissione, unitamente
alle loro giustificazioni scientifiche, tecniche, sociali e giuridiche, e sono rese accessibili al pubblico.
5. Le autorità competenti degli Stati membri interessati decidono se le riserve di ricostituzione di
stock ittici designate a norma dei paragrafi 1, 2 e 3 debbano essere circondate da una o più zone
nelle quali le attività di pesca sono soggette a restrizioni e decidono, previa notifica alla Commissione,
in merito agli attrezzi da pesca che possono essere utilizzati in tali zone, alle misure di gestione
appropriate e alle norme tecniche da applicare al loro interno, che non possono essere meno severe
di quelle dell'Unione. Tali informazioni sono rese accessibili al pubblico.
6. I pescherecci che transitano per una riserva di ricostituzione di stock ittici provvedono a che tutti
gli attrezzi presenti a bordo e utilizzati per la pesca siano assicurati e stivati durante il transito.
7. L'Unione adotta inoltre misure volte a ridurre le possibili conseguenze negative sul piano sociale ed
economico dell'istituzione delle riserve di ricostituzione di stock ittici.
_________________________ * GU inserire la data: dodici mesi dopo l'entrata in vigore del presente regolamento.
** Inserire la data: tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento.
Fonte: Parlamento europeo
1 Nella relazione viene utilizzato il termine "riserve marine" per indicare un luogo in cui è interdetto ogni genere di
pesca e il termine "zona di protezione marina" o ZPM per indicare un luogo con livelli di protezione minore
(sebbene alcune possano includere aree in cui la pesca è totalmente vietata).
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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La presente relazione valuta il progetto di regolamento e 1) analizzerà l'attuale
comprensione del valore e del ruolo delle riserve marine come strumento di gestione della
pesca e 2) valuterà lo stato e l'efficacia delle riserve marine esistenti in Europa. Esaminerà
le disposizioni specifiche dell'emendamento proposto, inclusi i tipi di zone di riferimento per
la creazione di riserve di ricostituzione di stock ittici, le dimensioni proposte della rete, il
possibile calendario di attuazione, la durata della protezione, l'utilità della creazione di aree
cuscinetto circostanti con restrizioni alla pesca e le proposte relative al transito dei
pescherecci.
La relazione analizza altresì la fattibilità della misura, i principali benefici e costi e cerca di
identificare i possibili problemi che potrebbero ostacolarne l'attuazione. Nel farlo, utilizza
l'esperienza acquisita con la creazione di reti di riserve marine in altre parti del mondo. Il
documento esaminerà altresì la necessità di finanziare tale misura attraverso il Fondo
europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e di coordinamento da parte della
Commissione in collaborazione con i consigli consultivi regionali (CCR) per elaborare dei
criteri armonizzati per le reti di riserve marine.
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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2. IL RUOLO DELLE RISERVE MARINE NELLA GESTIONE
DELLA PESCA: ANALISI DELLE CONOSCENZE ATTUALI
RISULTATI PRINCIPALI
Le zone di protezione marina sono state utilizzate per sostenere gli obiettivi di pesca
per oltre 100 anni.
La teoria prevede che le riserve porteranno benefici alla pesca soprattutto attraverso
l'incremento di stock protetti, il ripristino degli habitat, lo sconfinamento degli
animali nelle aree di pesca e l'esportazione di uova e larve.
Le riserve marine sono state definite in diversi modi, come ad esempio, ''zone di riserva
integrale'', ''zone di tutela'', ''zone a protezione integrale'', ''riserve marine a elevata
protezione'' e ora ''riserve di ricostituzione di stock ittici''. Indipendentemente dal nome
utilizzato, i principi di base sono sempre gli stessi. Sebbene l'idea di utilizzare tali zone a
sostegno della pesca sia uno sviluppo recente in Europa, tali riserve sono state utilizzate
per centinaia di anni, in una forma o l'altra, dalle società tradizionali in luoghi come le isole
del Pacifico (McClanahan et al. 2006). In effetti, esse sono state utilizzate nella pesca
francese per oltre un secolo e le premesse teoriche per il loro impiego nella gestione della
pesca sono state elaborate per la prima volta 100 anni fa da uno scienziato francese,
Marcel Herubel (Herubel 1912).
Le riserve marine promuovono l'incremento e la ricostituzione degli stock di specie
depauperate poiché proteggono la fauna ittica dalla pesca in luoghi particolari. La mortalità
della fauna ittica è dunque minore e gli esemplari vivono più a lungo. La maggior parte
delle specie marine oggetto di sfruttamento diventa più grande con il passare del tempo,
perciò la tutela garantita dalle riserve permette un incremento dell'abbondanza di esemplari
più vecchi e più grandi. Poiché il numero di uova prodotte dalla maggior parte delle specie
marine commercialmente importanti aumenta esponenzialmente in base alle dimensioni
degli esemplari, le riserve possono contribuire enormemente all'incremento della capacità
riproduttiva degli stock protetti. La maggior parte delle specie marine oggetto di pesca
viene dispersa sotto forma di uova o larve agli stadi iniziali ed è potenzialmente trasportata
a decine o centinaia di chilometri di distanza dai luoghi di deposizione delle uova. Ciò
significa che la riproduzione delle specie protette nelle riserve marine può contribuire alla
ricostituzione delle popolazioni in vaste zone di pesca circostanti.
Accanto all'aumento della capacità riproduttiva, le riserve marine possono promuovere la
produzione ittica attraverso l'esportazione di novellame e di esemplari adulti. Secondo tale
assunto, con l'aumento della densità e della biomassa (il peso complessivo degli esemplari
protetti), aumenta anche la concorrenza per cibo e spazio, per cui gli animali tendono a
spostarsi in zone meno affollate, ossia nelle zone di pesca circostanti. Questo processo
viene generalmente definito come ''sconfinamento'' e il tasso di sconfinamento è destinato
ad aumentare nel tempo, con l'incremento degli stock nelle riserve.
Oltre a tali effetti diretti sulle popolazioni delle specie sfruttate, le riserve marine offrono
altri benefici potenziali per la pesca. Molti metodi utilizzati per la cattura di pesci, molluschi
e crostacei hanno effetti collaterali anche sulle specie non bersaglio e sugli habitat. Gli
effetti su tali specie includono le catture accessorie, la morte in loco o danni di vario
genere. Ad esempio, le reti a strascico e le draghe sono in genere attrezzi da pesca pesanti
e mobili trascinati lungo i fondali per catturare le specie bersaglio e che nel contempo
catturano, uccidono o provocano danni a un numero notevole di specie che vivono sul
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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fondale o nei suoi pressi (Watling e Norse 1998, NRC 2002, Morgan e Chuenpagdee 2003).
La protezione delle specie oggetto di catture accessorie dalla mortalità dovuta alla pesca,
garantirà loro gli stessi benefici descritti in precedenza per le specie bersaglio.
Inoltre, si ritiene che la protezione dalla mortalità e dai danni causati dalla pesca possa
condurre alla ricostituzione degli habitat dei fondali marini, in particolare degli ambienti
tridimensionalmente complessi creati dalla crescita di piante e animali particolari, come il
maerl (formato da alghe coralline), praterie oceaniche, foreste di alghe, modioli o ostriche.
Aumentando l'estensione degli habitat di qualità superiore, le riserve marine possono a loro
volta rafforzare il processo di ricostituzione degli stock di specie bersaglio.
Molti altri potenziali benefici per la pesca sono stati evidenziati in relazione alle riserve
marine (Roberts et al. 2005). Esse sono state ad esempio definite come una sorta di
''assicurazione'' contro gli errori di gestione. Se la pesca avviene ovunque, si ritiene, gli
eventuali errori di gestione, come l'introduzione di livelli di cattura ammessi eccessivi,
condurranno al depauperamento degli stock nell'intera zona destinata alla pesca. Al
contrario, in presenza di una rete di riserve marine protette, una parte dello stock verrà
protetta dall'eccessivo sfruttamento e dall'esaurimento e potrà rappresentare la base per
una più rapida ricostituzione, una volta individuato e corretto l'errore di gestione.
Analogamente, le riserve marine garantiscono una maggiore resistenza nei confronti delle
fluttuazioni ambientali e degli eventi estremi. Le popolazioni più grandi e produttive che
vivono in tali riserve vengono colpite in misura minore e si riprendono con maggiore
rapidità una volta ripristinate le condizioni normali.
I benefici previsti delle riserve marine per la pesca sono anche alla base del loro impiego
per la protezione della biodiversità. La conservazione della biodiversità è stata il fattore
determinante che ha condotto all'istituzione delle riserve marine in molti paesi. Ciò significa
che le prove dei benefici per la pesca spesso provengono da luoghi protetti per la loro
bellezza naturale, il loro valore per gli habitat naturali o la loro importanza per la presenza
di specie rare, minacciate o in via di estinzione. Molti di questi luoghi non sono stati istituiti
perciò pensando alla gestione della pesca. Cionondimeno, sono state acquisite informazioni
importanti sul valore delle riserve marine per la pesca grazie alle ricerche condotte in tali
luoghi. I capitoli successivi illustreranno sinteticamente le attuali conoscenze in merito agli
effetti delle riserve.
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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3. PROVE DELL'AUMENTO DELL'ABBONDANZA E DELLA
BIOMASSA DI SPECIE COMMERCIALMENTE
IMPORTANTI
RISULTATI PRINCIPALI
Le prove indicano che con l'istituzione di riserve marine si ottengono generalmente
risposte positive estremamente rapide da parte delle popolazioni protette.
Gli stock delle specie sfruttate commercialmente spesso aumentano di diverse volte,
arrivando persino a decuplicarsi. Anche alcune specie non bersaglio possono
proliferare.
L'aumento dell'abbondanza e della biomassa delle specie protette è un requisito essenziale
affinché le riserve marine diano i benefici attesi per la pesca1. Dagli anni Settanta, i
ricercatori hanno documentato notevoli e rapidi aumenti dell'abbondanza e della biomassa
di un numero sempre maggiore di specie protette nelle riserve marine. Le prove a sostegno
sono state da allora analizzate ad intervalli regolari (ad es. Roberts e Polunin 1991, Russ
2002, Graham et al. 2011) e sono rapidamente aumentate in anni recenti, grazie ad una
maggiore attenzione rivolta dal mondo scientifico ai risultati conseguiti con le riserve
marine.
La sintesi più recente delle prove, condotta da Lester et al. (2009) ha esaminato gli effetti
della tutela sull'abbondanza e la biomassa delle specie protette in 149 studi revisionati da
pari relativi a 124 zone a tutela integrale in 29 paesi. In base alla natura dello studio, gli
studiosi hanno calcolato il rapporto delle diverse misure adottate per valutare i benefici
delle riserve (abbondanza, biomassa, dimensione degli esemplari e diversità delle specie)
1) tra le riserve e gli habitat simili nelle zone di pesca limitrofe oppure 2) tra i livelli
precedenti l'introduzione delle forme di protezione e quelli raggiunti dopo un determinato
periodo di protezione. Lo studio ha incluso le specie commercialmente sfruttate di numerosi
gruppi tassonomici inclusi i molluschi (chiocciole di mare, bivalvi, calamari, polpi e simili),
ricci di mare, oloturie, anodonte, granchi, aragoste e pesci. Lo studio ha riguardato anche
specie non bersaglio di questi gruppi e le specie che contribuiscono alla formazione degli
habitat come i coralli duri e molli, le ortiche di mare, le spugne e i vermi policheti.
Mediamente, le riserve marine hanno fatto registrare un aumento della densità delle specie
del 166% rispetto alle condizioni esistenti prima dell'introduzione delle misure protettive o
ai livelli di habitat simili sfruttati. Gli aumenti della biomassa sono risultati addirittura
superiori, con un aumento medio del 446% nelle aree protette. Va sottolineato che si tratta
di differenze medie. Le risposte alle misure di protezione nel campione analizzato sono
state più o meno positive. Effetti particolarmente positivi si rilevano spesso in specie
oggetto di pesca intensiva. In molti casi, è stata registrata una differenza di biomassa dieci
volte superiore e oltre nelle aree protette rispetto a quelle non protette. Ad esempio, nel
caso dell'aragosta spinosa, Jasus edwardsii, la biomassa è aumentata di 25 volte in una
riserva marina della Nuova Zelanda dopo 22 anni di protezione (Shears et al. 2006). La
densità della cernia, Epinephelus marginatus, minacciata d'estinzione, è aumentata di 40
volte in 10 anni nella riserva di Cabo de Palos in Spagna (García-Charton et al 2008). In
1 Un’eccezione in tal senso è il caso in cui tali riserve migliorano la capacità riproduttiva proteggendo gli
esemplari quando si riuniscono per la deposizione delle uova. Tale beneficio non dipende dal precedente
aumento dell’abbondanza delle specie bersaglio legato all’istituzione delle riserve.
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
18
questa riserva sono stati registrati notevoli aumenti, di 10 o più volte, per altre tre specie
commercialmente pregiate.
D'altro canto, ci si potrebbe aspettare che l'aumento dell'abbondanza delle specie bersaglio
della pesca, molte delle quali sono predatori, comporti bassi livelli delle popolazioni di
specie preda. In alcuni casi è vero (Claudet et al. 2010). In pratica, tuttavia, sono molto
poche le riserve marine in cui i livelli delle specie oggetto di studio erano inferiori nelle
riserve marine rispetto alle zone oggetto di sfruttamento. Al contrario, le specie preda
spesso conoscono un forte incremento in seguito all'introduzione di misure protettive (ad
es. Hawkins et al. 2006, Mumby et al. 2006). La spiegazione per questo apparente
paradosso è che tali specie sono spesso oggetto di catture accessorie o subiscono danni
causati dagli attrezzi da pesca (ad es., i coralli) e quindi hanno tratto anch'esse giovamento
dalle misure protettive.
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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4. EFFETTI DELLA PROTEZIONE SULLA RIPRODUZIONE
DELLE SPECIE COMMERCIALMEMTE IMPORTANTI
RISULTATI PRINCIPALI
La capacità riproduttiva delle specie protette aumenta rapidamente con la creazione
delle riserve marine e può raggiungere livelli decine di volte superiori alle zone di
pesca, in virtù dell'aumento del numero di esemplari di grandi dimensioni, vecchi e
con esperienza riproduttiva.
La protezione dallo sfruttamento e dai danni causati dalla pesca fa aumentare la biomassa
degli esemplari commercialmente importanti e prolunga l'età delle popolazioni, con
conseguente aumento del numero di esemplari vecchi e di grandi dimensioni (Lester et al.
2009). Questi due effetti dimostrano che le riserve possono contribuire notevolmente alla
produzione di uova e larve, tanto che persino le riserve relativamente piccole possono
avere effetti notevoli se la progenie viene trasferita nelle zone di pesca (v. capitolo 5).
Vi sono numerosi esempi di casi in cui le riserve hanno contribuito a un considerevole
aumento delle dimensioni degli stock riproduttivi. Ad esempio, la biomassa dello stock
riproduttivo del pesce imperatore dalla macchia nera, Lethrinus harak, oggetto di pesca
intensiva a Guam era 16 volte superiore nelle riserve marine rispetto alle zone di pesca
(Taylor et al 2012). In una piccola riserva marina dello Stato di Washington, Stati Uniti,
l'ofiodonte, Ophiodon elongatus, ha prodotto una quantità di uova per habitat 20 volte
maggiore rispetto alle zone di pesca circostanti e il sebaste, Sebastes caurinus, ha prodotto
una quantità 100 volte maggiore (Palsson e Pacunski 1995). Nella riserva marina dell'isola
di Tonga in Nuova Zelanda, la produzione di uova delle aragoste spinose protette nelle
riserve è risultata 9 volte maggiore rispetto alle zone di pesca dopo cinque anni di
protezione (Davidson et al. 2002). La sintesi dei dati provenienti dalle riserve della Nuova
Zelanda evidenzia che esse hanno contribuito a ottenere dei tassi di crescita nella
produzione di uova da parte delle aragoste pari al 9,1% (Kelly et al. 2000). La tabella 2 (v.
paragrafo 6.3) elenca molti casi in cui le dimensioni degli stock riproduttivi e/o la capacità
riproduttiva sono aumentati più di dieci volte dopo l'introduzione delle misure protettive,
mentre il caso di studio illustrato nel riquadro 2 fornisce un esempio di come una maggiore
produzione di uova da parte delle aragoste protette, Palinurus elephas, nella riserva marina
delle Isole Columbretes in Spagna sia un elemento fondamentale per la sostenibilità della
pesca nelle acque circostanti.
Dal punto di vista biologico, vi sono buoni motivi per prevedere che l'effettiva capacità
riproduttiva delle specie protette nelle riserve marine sia maggiore rispetto al fattore di
incremento delle dimensioni complessive dello stock riproduttivo. Ciò è dovuto agli effetti
concomitanti dell'aumento della densità della popolazione e al prolungamento dell'età degli
esemplari protetti rispetto a quelli nelle zone di pesca. Molti esemplari hanno maggior
successo riproduttivo in presenza di densità maggiori. Una spiegazione, soprattutto per gli
esemplari che si muovono poco, è legata al fatto che hanno più facilità a trovare un
compagno. Ad esempio, lo strombo gigante delle riserve marine delle Bahamas ha un
successo riproduttivo notevolmente maggiore rispetto agli esemplari che vivono in
popolazioni con densità minori nelle zone di pesca (Stoner et al. 2012). I maschi di pesce
porco, Lachnolaimus maximus, avevano harem di femmine nella riserva marina ad alta
densità della Florida e le uova venivano deposte con regolarità (Muñoz et al. 2010). Le
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
20
prolungate osservazioni nelle zone di pesca non hanno evidenziato alcuna deposizione di
uova nelle aree con una minore densità di popolazione.
Oltre alla maggiore produzione di uova, gli esemplari più grandi e vecchi protetti dalle
riserve possono avere un maggior successo riproduttivo per altre ragioni. Gli esemplari più
vecchi vantano una maggiore esperienza riproduttiva che può giovare al loro successo
riproduttivo. Gli esemplari più grandi spesso producono uova più grandi che, covate, danno
origine a larve di dimensioni maggiori che sopravvivono meglio rispetto alle uova più
piccole prodotte da esemplari più giovani (Berkeley et al. 2004, Birkeland e Dayton 2005).
Per queste ragioni, le misurazioni degli aumenti della biomassa degli stock riproduttivi
legati alla creazione di riserve protette probabilmente sottostimano il loro reale contributo
alla ricostituzione degli stock.
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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5. PROVE DELLO SCONFINAMENTO
RISULTATI PRINCIPALI
Lo sconfinamento di specie di pesci, molluschi e crostacei commercialmente
importanti dalle riserve marine e dalle zone d'interdizione alla pesca in Europa e
altrove è stato dimostrato più volte.
Lo sconfinamento ha effetti positivi sulle catture e promuove la sostenibilità della
pesca locale.
La maggior parte dei pesci sconfinati viene pescata in prossimità dei confini delle
riserve marine (< 1-2 km) da pescatori che operano lungo le linee di confine.
Le zone cuscinetto attorno alle riserve marine sono state utilizzate con risultati
positivi per promuovere gli interessi dei pescatori artigianali su piccola scala, che
usano attrezzi da pesca a basso impatto e dei pescatori sportivi. Tale approccio può
portare benefici attorno alle riserve di ricostituzione di stock ittici.
Lo sconfinamento è il movimento di esemplari adulti e novellame attraverso i confini della
riserva nelle zone di pesca circostanti in cui possono essere catturati. Il fenomeno può
essere il risultato di vari processi diversi: movimenti entro il normale raggio d'azione,
sconfinamento causato dalla densità, migrazioni e movimenti ontogenetici. Il raggio
d'azione o le dimensioni dei territori degli esemplari generalmente variano in base alla
mobilità di una specie. Se il raggio d'azione va oltre i confini di una riserva marina, gli
esemplari godono di una protezione parziale poiché trascorreranno parte del loro tempo
nelle zone di pesca. Come illustrato nel capitolo 2, lo sconfinamento legato alla densità si
verifica laddove si registra un aumento delle popolazioni nelle riserve, con conseguente
aumento della concorrenza per le risorse o dei predatori. In tali circostanze, gli animali
possono cercare luoghi migliori in cui vivere, soprattutto gli esemplari giovani, che quindi si
spostano nelle zone di pesca. Lo sconfinamento ontogenetico si verifica quando gli animali
cambiano habitat una volta cresciuti. Se le riserve sono situate nei fondali di crescita, ad
esempio, il novellame può spostarsi dopo un determinato periodo di crescita. Infine, lo
sconfinamento può avvenire quando gli animali protetti migrano, all'interno o all'esterno
della riserva, ad esempio per raggiungere le zone di deposizione delle uova o di
alimentazione.
Quando si verifica uno sconfinamento, generalmente la prima indicazione viene dal
cambiamento nelle abitudini di pesca dei pescatori locali. Per catturare gli animali che
abbandonano le riserve, essi iniziano a pescare preferibilmente in prossimità dei confini
della riserva marina, un effetto noto come ''pesca lungo i confini''. Tale fenomeno è stato
osservato nelle riserve di tutto il mondo, in una grande varietà di habitat, nella pesca su
piccola scala e su scala industriale (Murawski et al. 2005, Pérez-Ruzafa et al. 2008, Halpern
et al. 2010). La pesca lungo i confini è stata, ad esempio, documentata attorno a molte
riserve marine del Mediterraneo (Stelzenmüller et al. 2008). Goñi et al. (2008) hanno
documentato tassi di catture e proventi dalla pesca più alti in prossimità dei confini di sei
zone di protezione marina nel Mediterraneo, per tre diversi metodi di pesca che avevano
come bersaglio una varietà di pesci, molluschi e crostacei. Stobart et al. (2009) hanno
rilevato che i tassi di cattura di pesci in prossimità della riserva marina spagnola delle Isole
Columbretes sono aumentati costantemente per un periodo di 8 – 16 anni dopo la
creazione della riserva (v. anche riquadro 2). Una sintesi delle ricerche sullo sconfinamento
da sette zone di protezione marina nell'Europa meridionale ha evidenziato che i benefici per
la pesca dovuti allo sconfinamento sono aumentati del 2-4% all'anno per periodi prolungati
fino a 30 anni (Vandeperre et al. 2010).
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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Figura 1: Distribuzione dell'attività di pesca attorno alla riserva marina di Cabo
de Palos in Spagna
Fonte: Stelzenmüller et al. (2008)
Esistono altri metodi per rilevare gli sconfinamenti. Le riserve marine consolidate e ben
protette in genere evidenziano differenze nella densità delle specie protette dall'interno
verso l'esterno, con densità maggiori all'esterno ma in prossimità dei confini delle riserve,
piuttosto che a distanze maggiori (ad es., Ashworth e Ormond 2005, Harmelin-Vivien et al.
2008). A Cuba, uno studio sperimentale che ha ridotto la densità delle cernie all'esterno di
una riserva marina ha evidenziato che i movimenti di cernie contrassegnate all'interno della
riserva sono aumentati e che lo sconfinamento di questi pesci bilanciava le densità delle
cernie tra la riserva e le zone di pesca, proprio come teorizzato (Amargós et al. 2010).
I modelli di pesca adattati ai dati relativi agli esempi di sconfinamento da otto diverse
riserve marine di sette paesi indicano che nella maggior parte dei casi lo sconfinamento ha
avuto un ruolo fondamentale nella sostenibilità della pesca locale (Halpern et al. 2010). In
effetti, nella maggior parte dei casi, l'intensità degli sforzi di pesca in prossimità delle
riserve era eccessivamente alta e la pesca non sarebbe stata sostenibile senza la presenza
delle riserve.
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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Riquadro 2: Studio analitico – Riserva marina delle Isole Columbretes, Spagna
RISERVA MARINA DELLE ISOLE COLUMBRETES, SPAGNA
Pesca dell'aragosta favorita dallo sconfinamento e dall'aumento della
produzione di uova
La riserva marina delle Isole Columbretes si trova a 50
chilometri al largo della costa mediterranea della Spagna
orientale. Ha protetto 44 km2 di mare da tutte le forme di
pesca commerciale dal 1992 ed è stata estesa a 55 km2
nel 2009. Attorno alle isole, esiste una pesca tradizionale
con reti da posta impiglianti per le aragoste mediterranee,
Palinurus elephas, oggetto di studi dettagliati fin dal 1997,
che hanno dimostrato come la riserva marina abbia
favorito la pesca all'aragosta.
Le aragoste mediterranee sono molto diffuse nell'Atlantico
nordorientale e nel Mediterraneo e sono oggetto di una
pesca pregiata. Sono sfruttate in modo intensivo nelle
zone in cui sono comuni e la pesca all'aragosta è
particolarmente intensiva nelle Isole Columbretes. Da
quando è stata istituita la riserva marina, la pesca si è
concentrata attorno ai suoi confini, per lo più entro un'area
di 1 chilometro dal limitare della zona protetta, un
fenomeno noto come ''pesca lungo i confini'' (i puntini neri
sulla cartina indicano il luogo di pesca, mentre la linea
nera indica il confine della riserva marina). Tale modello di
pesca indica che esiste uno sconfinamento delle specie
bersaglio e lo studio a lungo termine condotto sulle
aragoste protette contrassegnate conferma lo
sconfinamento. Oltre 5000 aragoste sono state catturate,
contrassegnate e rilasciate nella riserva tra il 1997 e il 2006. Le aragoste contrassegnate
catturate dai pescatori all'esterno della riserva hanno indicato che il 3,7% delle aragoste
femmina e il 6,7% delle aragoste maschio hanno lasciato la riserva annualmente. Queste
aragoste erano in media più grandi del 30% rispetto alle aragoste delle zone di pesca e le
aragoste emigrate rappresentavano fino al 31-43% della cattura totale per peso.
Considerando la riduzione del 18% nell'area di pesca delle aragoste causata dalla creazione
della riserva, lo sconfinamento ha fatto aumentare gli sbarchi annuali di oltre il 10%.
La riserva marina contribuisce altresì alla pesca regionale in virtù dell'aumento della
produzione di uova da parte delle aragoste protette. Tra il 2000 e il 2009 (dopo 9 - 19 anni
di protezione dalla pesca) la produzione media di uova da parte delle aragoste femmina
protette è aumentata del 41% e al termine dello studio era oltre il doppio della produzione
di uova da parte delle aragoste non protette. Poiché le aragoste all'interno della riserva
erano 20 volte più abbondanti delle zone di pesca, la produzione di uova nella riserva era
trenta volte maggiore, zona per zona, rispetto alle zone di pesca. La riserva marina ha
pertanto fornito oltre l'80% della produzione regionale di uova di aragosta, da un'area pari
soltanto al 18% dell'habitat delle aragoste. L'aumento della capacità produttiva è
probabilmente molto importante per la sostenibilità della pesca locale, poiché le catture
indicano che nelle zone di pesca circostanti è stato pescato ogni anno dall'80 a quasi il
100% delle aragoste di dimensioni ammesse, lasciando solo pochi esemplari maturi per
riprodursi.
Fonte: Goñi et al. (2010) e Díaz et al. (2011)
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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Le riserve marine hanno anche dimostrato di portare benefici anche alla pesca sportiva
grazie agli sconfinamenti. Il Merritt Island National Wildlife Refuge in Florida è
probabilmente una delle riserve marine meglio protette e consolidate al mondo. La riserva
si trova in prossimità del Centro spaziale Kennedy a Cape Canaveral in Florida ed è un'area
interdetta alla pesca e all'accesso dell'uomo dal 1962. Lo studio della distribuzione di
catture record di esemplari di grandi dimensioni da parte di pescatori sportivi in Florida
evidenzia una forte concentrazione di catture record attorno ai confini della riserva (Roberts
et al. 2001, Bohnsack 2011). Esemplari di dimensioni record hanno iniziato a essere
catturati soltanto dopo un decennio di protezione, a indicare l'avvenuta ricostituzione degli
stock ittici e lo sconfinamento di esemplari di grandi dimensioni nelle zone di pesca
limitrofe. Vi sono concentrazioni simili di catture record da parte dei pescatori attorno ad
altre zone di protezione marina di lunga data in Florida che attestano gli sconfinamenti e i
chiari benefici per la pesca sportiva derivanti dalla protezione
(Bohnsack 2011).
La distanza limitata generalmente percorsa dagli animali che lasciano la riserva prima di
essere catturati (tipicamente < 1-2 km), suggerisce che le riserve di ricostituzione degli
stock possono promuovere gli interessi dei pescatori su piccola scala, un aspetto
evidenziato dalla Commissione europea e da molti altri nella riforma della politica comune
della pesca. Molti di questi pescatori operano vicino alle coste in acque territoriali. L'accesso
preferenziale alle zone di pesca vicine alle riserve di ricostituzione di stock ittici offerto ai
pescatori artigianali su piccola scala ha prodotto effetti molto positivi in Spagna, Francia e
Italia (Higgins et al. 2008, Guidetti e Claudet 2009). L'accesso è stato garantito dalla
creazione di zone cuscinetto attorno alle riserve marine in cui è ammessa una forma di
pesca di tipo artigianale e a basso impatto. Questo approccio è utile per salvaguardare gli
interessi dei pescatori su piccola scala, promuovere i benefici economici per le comunità
locali e incrementare le quantità di pesce catturato in modo sostenibile. Un siffatto accesso
preferenziale potrebbe essere concesso ai pescatori sportivi nelle zone cuscinetto vicino alle
riserve di ricostituzione di stock ittici. Analogamente, tale accesso potrebbe offrire benefici
economici a livello locale grazie ai proventi legati alla presenza di turisti1.
1 Molte riserve di ricostituzione di stock ittici potranno garantire maggiori opportunità economiche grazie al
turismo subacqueo in virtù di una maggiore abbondanza di vita marina entro i propri confini (Roncin et al.
2008, Wielgus et al. 2008).
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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6. PROVE DELL'ESPORTAZIONE DI UOVA E LARVE
RISULTATI PRINCIPALI
Le prove derivanti da varie fonti, incluse la genetica, l'oceanografia, la geochimica,
la velocità di proliferazione delle specie invasive e la misurazione diretta
dell'esportazione delle larve, indicano che le riserve possono fornire uova e/o larve
alle zone di pesca limitrofe, generalmente entro distanze da poche decine a oltre
100 km.
Le nuove ricerche condotte utilizzando test genetici di parentela hanno consentito di
collegare i genitori nelle riserve alla progenie stabilitasi nelle zone di pesca
circostanti.
La ricerca più sofisticata finora condotta ha evidenziato che le riserve della grande
barriera corallina hanno fornito novellame alle zone di pesca in modo proporzionale
rispetto alla frazione dello stock riproduttivo protetto, andando a corroborare in tal
modo l'assunto teorico su come tali riserve possano essere utilizzate per
promuovere la pesca.
Le argomentazioni teoriche indicano che i principali benefici per la pesca derivanti dalle
riserve marine sono legati a una maggiore produzione di uova e larve da parte degli
esemplari protetti. Le prove analizzate nel capitolo 4 indicano che la capacità riproduttiva
degli stock protetti generalmente aumenta di diverse volte, spesso per multipli di dieci.
Come sottolineato in questo capitolo, le cifre relative alla produzione di uova probabilmente
sottostimano gli effetti delle riserve sulla ricostituzione degli stock, poiché le densità più
elevate di esemplari protetti più grandi, più vecchi ed esperti potrebbero potenzialmente
garantire aumenti molto più considerevoli del successo riproduttivo. Paradossalmente,
l'esportazione delle progenie dalle riserve marine è stato finora l'aspetto più difficile da
quantificare nell'esame degli effetti delle riserve. Dal punto di vista biologico, appare
evidente che le riserve marine esportino la progenie ma è stato estremamente difficile
fornire prove concrete. Negli ultimi dieci anni vi sono state ripetute dimostrazioni, sempre
più sofisticate, di esportazione di uova e larve nelle zone di pesca. In questo capitolo
verranno illustrate le argomentazioni teoriche relative al contributo delle riserve alla
ricostituzione degli stock, le prove indirette dell'esportazione e le dimostrazioni dirette di
tale effetto.
6.1. Argomentazioni teoriche
La maggiore produzione di uova osservata nelle specie protette dovrebbe aumentare la
ricostituzione di una popolazione almeno in proporzione alle uova in più prodotte grazie alle
misure di protezione. A titolo esemplificativo, si consideri che le riserve di ricostituzione di
stock ittici coprono il 10% di una zona di gestione e che gli animali protetti nelle riserve
producono una quantità dieci volte maggiore di uova rispetto agli esemplari nelle zone di
pesca (un'ipotesi plausibile basata su prove empiriche). In questo caso, la proprozione della
riproduzione totale cui contribuisce detta riserva sarebbe pari al 53% (riserve di
ricostituzione = 10 x 0,1 = 1,0 rispetto alle zone di pesca = 1 x 0,90 = 0,9 ; il rapporto
della produzione di uova nella riserva di ricostituzione rispetto alle zone di pesca è perciò di
1:0,9, o il 53% della produzione di uova totale).
Questo semplice esempio dimostra che in virtù di una capacità riproduttiva per unità di
habitat molto più elevata, le riserve di ricostituzione di stock ittici possono contribuire in
modo molto maggiore alla riproduzione complessiva di una popolazione rispetto a quanto ci
si possa attendere considerando la limitata estensione dell'area protetta. Tuttavia, le uova
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
26
delle riserve di ricostituzione non contribuirebbero affatto alla ricostituzione delle zone di
pesca se queste restassero tutte nelle riserve. Poiché la maggior parte degli esemplari
sfruttati ha una fase di dispersione pelagica di uova e/o larve durante la quale si spostano o
nuotano con il plancton in mare aperto, le possibilità che le figliate rimangano nelle riserve
di ricostituzione sono remote. Le prove illustrate nel paragrafo 6.2 indicano che le distanze
di dispersione di uova/larve sono generalmente molto maggiori delle dimensioni massime
delle riserve marine ed è quindi probabile che buona parte della produzione degli stock
protetti finisca nelle zone di pesca. Per tornare all'esempio sopraccitato, se ci fosse un
mescolamento completo delle figliate delle riserve di ricostituzione e delle zone di pesca, le
popolazioni protette contribuirebbero per il 53% alla ricostituzione della popolazione nelle
zone di pesca.
Un modello teorico (Pelc et al. 2010) che prevedeva un'ampia dispersione di uova e larve,
con un modesto aumento di 3 volte della capacità riproduttiva delle popolazioni protette,
indica che l'esportazione delle figliate dalle riserve marine potrebbe bilanciare la perdita di
catture dovuta alla chiusura delle zone di pesca, persino se la metà delle precedenti zone di
pesca venisse convertita in riserve.
6.2. Prove indirette dell'esportazione della prole dalle riserve
Le prove indirette che le riserve marine esportano la prole degli esemplari protetti si
possono ottenere con le misurazioni delle distanze tipiche di dispersione di uova/larve
durante la fase in mare aperto. Tali prove assumono forme diverse, incluso il tempo
trascorso con il plancton, i modelli oceanografici dei flussi di corrente, i modelli di similarità
genetica tra le popolazioni, la mappatura delle origini geografiche dei pesci sulla base delle
firme geochimiche presenti nell'organismo e sviluppate nelle prime fasi di vita e la velocità
di diffusione delle specie invasive. Una recente analisi (Roberts et al. 2010) ha esaminato le
varie fonti per proporre delle raccomandazioni sulle distanze di separazione per le nuove
zone di conservazione marina nel Regno Unito. La tabella 1 sintetizza le prove della citata
relazione.
Le varie prove concordano nel suggerire che molte specie hanno distanze di dispersione che
vanno da poche decine di chilometri a oltre cento. Alcuni gruppi tassonomici presentano
una dispersione minore di altri. Ad esempio, i molluschi trascorrono circa la metà del tempo
a disperdersi con il plancton rispetto ai pesci (Bradbury et al. 2008), mentre alcune alghe e
coralli trascorrono poco tempo nel plancton, o non lo trascorrono affatto, e si disperdono
per distanze di un chilometro o due (Shanks et al. 2003). Dalla prospettiva della pesca, la
maggior parte dei pesci, dei molluschi e dei crostacei che sfruttiamo ricade nelle categorie
di specie che si disperdono per distanze significative (Kinlan e Hastings 2005), da decine a
cento o più chilometri, e molti di essi si ritroverebbero al di fuori dei confini delle riserve di
ricostituzione andando a finire nelle zone di pesca circostanti.
Una delle tendenze evidenziate dai dati relativi alle distanze di dispersione nelle fasi iniziali
di vita delle specie marine è che gli esemplari che vivono a latitudini superiori tendono a
disperdersi maggiormente rispetto alle specie che vivono alle latitudini inferiori (Bradbury
et al. 2008). Le implicazioni di tale differenza sul contributo delle riserve marine come
strumento di promozione della pesca devono ancora essere analizzate. Può tuttavia
significare che il contributo delle riserve alla ricostituzione degli stock potrebbe risultare più
esteso alle latitudini superiori rispetto a quelle inferiori. Le riserve alle latitudini superiori
contribuiscono probabilmente anche alla ricostituzione degli stock a livello locale, dato che
un aumento del periodo di dispersione non implica che tutte le uova/larve si spostino per
lunghe distanze dalle riserve. Le prove esaminate nel paragrafo successivo (3.4.3)
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Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
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evidenziano una significativa auto-ricostituzione delle riserve marine, anche per le specie
che si disperdono per settimane o per più di un mese in mare aperto.
Tabella 1: Prove relative alle distanze di dispersione in mare aperto delle specie
marine durante la fase uova/larve
TIPO DI PROVA CONCLUSIONI
Mappatura della dispersione
attorno al Regno Unito (Roberts
et al. 2010)
La dispersione planctonica di breve durata comporta
generalmente lo spostamento di 5-10 km con le maree,
attraverso la dispersione passiva; la dispersione
planctonica di lunga durata comporta generalmente
spostamenti di 15-25 km con le correnti di marea.
Considerando le correnti residue dovute al vento, le
distanze percorse potrebbero raddoppiare.
Tracciatura delle particelle dei
pesci del Mare d'Irlanda (Van
der Molen et al. 2007)
La maggior parte delle uova e delle larve in genere si
disperde per meno di 160 km, ma le distanze modali di
dispersione (ossia le distanze raggiunte dalla maggior
parte degli esemplari) erano comprese tra 40 e 80 km.
Ubicazione delle zone di
deposizione delle uova e di
crescita delle specie
commercialmente importanti nel
Regno Unito
Le zone di deposizione e di crescita distinte sono
generalmente da poche decine a poche centinaia di
chilometri di distanza. Molte si sovrappongono ad indicare
una dispersione più limitata.
Modello di tracciatura delle
particelle per i pesci caraibici
(Cowen et al. 2006)
Le distanze di dispersione ecologicamente rilevanti sono in
genere comprese tra i 10 e i 100 km.
Genetica (Palumbi 2003; Kinlan
e Gaines 2003; Kinlan et al.
2005)
La maggior parte delle specie si è dispersa per meno di
100 km per generazione, sebbene alcune sembrino essere
in grado di spostarsi per centinaia di chilometri. Un
numero significativo di specie esaminate ha evidenziato
distanze di dispersione in un raggio di 30 – 80 km.
Specie invasive (Shanks et al.,
2003; Kinlan e Hastings, 2005)
Le specie invasive in genere si spostano da alcune decine
di chilometri a meno di 200 chilometri all'anno (la
dispersione media è comunque vicina al limite inferiore
dell'intervallo).
Esportazione misurata delle
larve dalle zone di protezione
marina (Cudney Bueno et al.
2009; Pelc et al. 2009; Planes et
al. 2009)
La presenza di larve di pesci e molluschi è stata rilevata a
distanze comprese tra pochi chilometri e poche decine di
chilometri.
Fonte: Roberts et al. (2010)
6.3. Dimostrazioni dirette dell'esportazione della prole dalle
riserve
La tabella 2 sintetizza le prove dirette che l'esportazione di uova e larve dalle riserve
marine ha contribuito alla ricostituzione degli stock nelle zone di pesca (Pelc et al. 2010).
Molti di questi studi documentano l'esportazione della prole di specie di molluschi
commercialmente importanti e sono fondati sul rilevamento della differenza
nell'abbondanza di novellame di recente insediatosi dal plancton nelle aree di corrente
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Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
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discendente rispetto alle riserve marine. Tali prove indicano chiaramente che questi animali
derivano dalla riproduzione di popolazioni protette nelle riserve marine. In taluni casi questi
effetti si sono manifestati rapidamente, come ad esempio una riserva in Messico in cui gli
stock di Spondylus calcifer e di Hexaplex nigritus si sono ripopolati entro due anni
dall'istituzione (Cudney-Bueno et al. 2009).
Lo studio degli spostamenti di uova e larve nelle acque attorno alla riserva marina spagnola
delle Isole Medes nel Mediterraneo nordoccidentale ha rivelato un aumento nell'abbondanza
nei pressi dei confini della riserva per tre specie commercialmente importanti, inclusi
cernie, pagelli, Pagellus erythrinus e scorfani neri, Scorpaena porcus (López-Sanz et al.
2011). Ciò indica che la maggiore capacità riproduttiva dei pesci protetti viene trasferita
alle zone di pesca circostanti in virtù di processi oceanografici.
Di recente vi sono state dimostrazioni convincenti riguardo all'esportazione di uova/larve di
pesci delle riserve marine fondate sui test genetici di parentela. Tali test collegano la
progenie ai probabili genitori sulla base dei genotipi, con un metodo simile a quello
utilizzato dalle forze di polizia per identificare i criminali con il DNA dei parenti conservato
nelle banche dati. Nelle Hawaii, nel 1999 è stata creata una rete di nove riserve marine
lungo la costa occidentale della Grande Isola di Hawaii a sostegno della pregiata pesca
locale (Christie et al. 2010). Complessivamente, esse proteggono il 35% dell'habitat di
scogliera lungo la costa. Queste riserve hanno già dimostrato lo sconfinamento di specie
bersaglio dalle riserve alle zone di pesca (Williams et al. 2009). Christie et al. (2010) hanno
collegato quattro coppie di genitori-progenie di pesce chirurgo giallo, Zebrasoma
flavescens, separate da una distanza di 15–184 km (Tabella 2). In due casi, la progenie era
stata esportata dalle riserve alle zone di pesca, mentre negli altri due si era stabilita in altre
riserve. Questo studio importante ha fornito informazioni nuove facendo riferimento a livelli
ecologicamente importanti di esportazione di novellame dalle riserve per decine di
chilometri. Ha anche dimostrato che le reti di riserve possono contribuire al ripopolamento
reciproco, un assunto su cui si fonda gran parte della teoria relativa all'istituzione di riserve
marine (Roberts et al. 2003).
Un altro studio condotto in Papua Nuova Guinea utilizzando metodi simili ha prodotto
essenzialmente gli stessi risultati per una specie di pesce pagliaccio Amphiprion percula
(Planes et al 2009). Sebbene questa specie non sia sfruttata, serve come modello per altre
specie. Circa il 40% delle larve stabilitesi in una riserva marina dal plancton era stato
prodotto nella riserva, mentre il 5 - 10% del ripopolamento nelle aree protette proposte a
15-35 km di distanza era il risultato delle larve esportate dalla riserva. Lo studio non ha
quantificato l'esportazione nelle zone di pesca poiché non sono state campionate, ma
appare evidente che la riserva ha esportato anche larve nelle zone non protette.
La quantificazione più completa della ricostituzione di specie ittiche da parte della prole di
stock protetti riguarda le riserve in una regione di 1000 km2 del parco marino Great Barrier
Reef Marine Park in Australia (Harrison et al. 2012). Come gli studi menzionati in
precedenza, anche questo ha utilizzato il test del DNA per collegare i genitori di due specie
di pesci di barriera commercialmente importanti delle riserve alle rispettive figliate
campionate sia nelle aree protette della barriera che nelle zone di pesca. È stato possibile
assegnare genitori certi al 55% del novellame di lutianide analizzato, Lutjanus
carponotatus, e all'83% di cernie maculate, Plectropomus maculatus. Gli autori hanno
stimato che le riserve, che coprivano il 28% dell'habitat corallino nella regione, hanno
contribuito per la metà alla ricostituzione delle due specie nell'intera regione (riserve più
zone di pesca). Si tratta di un risultato in linea con il fatto che le riserve proteggono quasi il
doppio di pesci adulti in termini di peso per area unitaria rispetto alle zone di pesca.
-
Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
29
I risultati di Harrison et al.'s (2012) sono importanti perché vanno a corroborare un assunto
fondamentale della ricerca teorica: che gli animali protetti nelle riserve ripopolano le zone
di pesca in proporzione alla frazione degli stock ittici totali che esse contengono (Roberts
2012a). Lo studio ha altresì dimostrato l'autoricostituzione delle popolazioni nelle riserve, lo
scambio di prole tra le diverse riserve e la dispersione delle figliate fino a distanze di 30
chilometri dai genitori, la distanza massima rilevata. Esso corrobora pertanto l'ipotesi che le
riserve marine ripopoleranno le zone di pesca in aree estese.
Tabella 2: Sintesi delle prove empiriche di esportazione larvale dalle riserve
REGIONE SPECIE
PERMANENZA
IN MARE
APERTO
(GIORNI)
DIMENSIONI
DELLA
RISERVA
(km2)
CAMBIAMENTO
ALL'INTERNO
DELLA RISERVA
TIPO DI PROVA FONTE
Goukamma,
Sud Africa
Cozza
Perna perna
10-20 40 Triplicazione
della produzione
Diminuzione del
reclutamento con
la distanza
Pelc et al.
(2009)
Dwesa,
Sud Africa
Cozza
Perna perna
10–20 39 Aumento di 22
volte
della biomassa
Diminuzione del
reclutamento con
la distanza
Pelc et al.
(2009)
Dwesa,
Sud Africa
Patella
sudafricana
Cymbula
oculus
6 39 Aumento di 80
volte
della produzione
Nessuna prova di
diminuzione con la
distanza
Branch and
Odendaal
(2003)
Tenerife,
Spagna
Patella
Patella
aspera
6 Sconosciute Sconosciuto Diminuzione del
reclutamento con
la distanza
Hockey and
Branch
(1994)
Georges
Bank,
Stati Uniti
Cappasanta
americana
Placopecten
magellanicus
32–56 17.000 Aumento di 14
volte
della densità
Aumento di 5 volte
dell'abbondanza di
adulti
lungo la corrente
discendente dalla
riserva
Murawski et
al. (2000)
Fogarty and
Botsford
(2007)
Figi
Vongola
Anadara sp.
20–30 0,24 Aumento di 19
volte
della densità
Aumento di 8 volte
lungo la corrente
discendente dalla
riserva
Tawake et
al. (2001),
Tawake
(2002)
Golfo della
California,
Messico
Pettine
Spondylus
calcifer
-
Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
30
REGIONE SPECIE
PERMANENZA
IN MARE
APERTO
(GIORNI)
DIMENSIONI
DELLA
RISERVA
(km2)
CAMBIAMENTO
ALL'INTERNO
DELLA RISERVA
TIPO DI PROVA FONTE
piuttosto che
lontano; Aumento
di 5 – 10 volte nell'
abbondanza di
esemplari di 2 anni
nei siti vicini
ma non in quelli
lontani dalle
riserve
Hawaii, Stati
Uniti
Pesce
chirurgo
giallo
Zebrasoma
flavescens
50 35% della
costa di 150
km (rete di 9
riserve)
Dopo 8 anni di
protezione le
riserve
presentavano
una densità
cinque volte
maggiore
di pesci
bersaglio di
dimensioni tra 5
e 10 cm e una
densità
superiore del
48% di adulti
rispetto alle
zone di pesca
Collegamento
diretto dei genitori
protetti alla
progenie con test
del DNA
Williams et
al. (2009),
Christie et
al. (2010)
Grande
barriera
corallina,
Australia
Cernia
maculata
Plectropomus
maculatus
25 6 riserve
entro un'area
di 1000km2
proteggono il
28%
dell'habitat
della barriera
L'83% della
progenie
assegnata a
genitori certi è
stato esportato
nelle zone di
pesca o in altre
riserve
Collegamento
diretto dei genitori
protetti alla
progenie con test
del DNA
Harrison et
al. (2012)
Grande
barriera
corallina,
Australia
Lutianide
Lutjanus
carponotatus
33–38 6 riserve
entro un'area
di 1000km2
proteggono il
28%
dell'habitat
della barriera
Il 55% della
progenie
assegnata a
genitori certi è
stato esportato
nelle zone di
pesca o in altre
riserve
Collegamento
diretto dei genitori
protetti alla
progenie con test
del DNA
Harrison et
al. (2012)
Riserva
marine Isole
Medes,
Spagna
Cernia bruna
Epinephelus
marginatus,
Pagello
fragolino
Pagellus
erythrinus e
scorfano
nero
Scorpaena
porcus
22-30, 40-49
e 29
rispettivame
nte per
Epinephelus
marginatus,
Pagellus
erythrinus e
Scorpaena
porcus
0,9 Differenza nella
diminuzione
delle uova e di
abbondanza
larvale con
l'aumento della
distanza dalla
riserva.
Uova e larve
raccolte a distanze
variabili dall'isola.
López-Sanz
et al. (2011)
Macpherson
and
Raventos
(2006)
Fonte: Pelc et al. (2010) ed altri autori elencati nella tabella
-
Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
31
7. PROVE DELLA PROTEZIONE DELL'HABITAT
RISULTATI PRINCIPALI
Proteggendo le zone dai danni causati dagli attrezzi da pesca, le riserve marine
favoriscono anche la ricostituzione di habitat biogenici diversi e strutturalmente
complessi.
Nel corso degli anni, gli habitat delle riserve possono cambiare (molti sono oggetto
di un aumento della diversità e della complessità) in virtù della riorganizzazione dei
rapporti preda-predatore nella catena alimentare.
I miglioramenti degli habitat protetti favoriscono a loro volta l'aumento delle
popolazioni di specie protette.
Probabilmente, uno dei benefici diretti più evidenti delle riserve marine deriva dalla
protezione degli habitat dai danni causati dagli attrezzi da pesca mobili. Tali attrezzi
includono principalmente reti da traino a divergenti, sfogliare e vari tipi di draga concepite
per lo più per la cattura di molluschi e crostacei. Questi attrezzi sono pesanti, spesso
pesano da 1 a oltre 20 tonnellate, e sebbene il loro peso sia ridotto sott'acqua a causa dello
spostamento d'acqua, la maggior parte esercita comunque una pressione di tonnellate sul
fondale marino dove vengono trascinati (Morgan e Chuenpagdee 2003). Il loro potenziale
distruttivo può essere ulteriormente aumentato da strutture concepite volutamente per
penetrare nei sedimenti o per consentirne l'impiego in zone caratterizzate da fondali non
omogenei, rocciosi o corallini. Ad esempio, le draghe per cappesante spesso sono dotate di
denti d'acciaio rivolti verso il basso fissi o a molla per scavare nei sedimenti; le sfogliare
hanno una pesante rete di catene raschianti davanti alla rete a sacco per prelevare il pesce
dal fondale; le reti da traino a divergenti sono spesso dotate di rulli lungo la cima davanti
alla rete a sacco che consentono di trascinare la rete lungo fondali scoscesi riducendo il
rischio che si sfilacci.
Gli attrezzi da pesca mobili producono una serie di effetti sul fondale marino. L'effetto più
ovvio è che vadano a schiacciare, stacchino o rimuovano delle specie che contribuiscono
alla formazione dell'habitat (Watling e Norse 1998, NRC 2002). Molti habitat estesi, diversi,
tridimensionalmente complessi, come i parchi ostreari, i parchi di modioli, maerl, sabellidi e
coralli di acque fredde sono stati spazzati via o gravemente danneggiati in ampie zone dei
mari europei a causa del diffuso utilizzo delle reti da traino e delle draghe nel corso dei
secoli (Roberts 2007, Airoldi e Beck 2007, Thurstan 2011). La loro distruzione è spesso
avvenuta talmente tanto tempo fa (oltre 100 anni fa) che è stata ormai dimenticata. La
perdita di questi habitat ha tuttavia modificato profondamente la struttura e il
funzionamento degli ecosistemi marini. Analizzando la situazione in retrospettiva, sembra
altamente probabile che la loro perdita abbia contribuito al rapido declino di alcune specie
bersaglio una volta importanti per la pesca, come la razza bavosa, Dipturus intermedia and
D. flossada, l'halibut, Hippoglossus hippoglussus e il merluzzo, Gadus morhua (Thurstan et
al. 2010). Nei rapporti dei pescatori del XIX secolo si faceva costantemente riferimento alla
positiva associazione tra queste specie e habitat biogenici complessi (Thurstan 2011). Studi
recenti indicano inoltre che questi habitat complessi sono importanti per il novellame di
molte specie sfruttate, poiché offrono riparo dai predatori e rappresentano un'ulteriore
fonte alimentare (Howarth et al. 2011 e riferimenti ivi contenuti).
Anche i metodi di pesca apparentemente innocui, che utilizzano attrezzi fissi, come le reti
da posta fissa, le trappole o i palangari, possono provocare danni al fondale marino a causa
-
Dipartimento tematico B: Politiche strutturali e di coesione
32
di schiacciamenti localizzati, o di danni provocati nel momento in cui la rete viene sollevata
obliqua rispetto al fondale per la presenza di forti correnti o quando i pescherecci si
spostano. Prevenendo i danni causati dagli attrezzi da pesca, le riserve marine possono
avviare un processo di ricostituzione e potenzialmente la trasformazione a lungo termine
degli habitat marini. Gli habitat potrebbero non tornare allo stato precedente allo
sfruttamento, ad esempio perché c'è stata un'estirpazione diffusa in tutta la regione di
alcune delle specie che li componevano, come ad esempio le ostriche, Ostrea edulis, in
Europa. È probabile, tuttavia, che le riserve marine sviluppino delle comunità ecologiche
diverse rispetto alle aree non protette circostanti e che siano ecologicamente più complesse
(Babcock et al. 2010). Ad esempio, in virtù della protezione da reti da traino e draghe, una
zona protetta adiacente all'Isola di Man, nel Regno Unito, ha sviluppato comunità più
eterogenee di invertebrati che vivono sui fondali, soprattutto le specie verticali che
contribuiscono a formare habitat strutturalmente complessi (Bradshaw et al. 2001). Le
osservazioni personali di uno degli autori della presente relazione (CMR) in questa zona
protetta nel 2012, dopo 20 anni di protezione, hanno evidenziato che questa ha favorito lo
sviluppo di habitat molto diversi e complessi formati da numerose specie di invertebrati che
vivono sul fondale o attaccati ad esso. Al contrario, nelle zone circostanti in cui vengono
utilizzate draghe e reti da traino, si registra l'assenza virtuale di queste specie e le rocce e i
sassi fornivano un supporto a così pochi invertebrati da sembrare addirittura lucidi per il
continuo rotolamento nelle draghe.
Le riserve marine possono giovare agli habitat anche in un altro modo. Gli ''effetti ecologici
a cascata'' sono quelli in cui i cambiamenti avvengono in sequenza: i primi cambiamenti
danno origine a quelli successivi. Le riserve marine in Italia sono una prova evidente di tale
effetto (Guidetti 2006). Gran parte dell'habitat roccioso della zona sublitorale nel
Mediterraneo è formato da rocce coperte da un sottile strato di alghe, con uno spessore di
pochi millimetri (Sala et al. 2012). In questi habitat, abbondano i ricci di mare che si
nutrono di queste alghe. Da lontano, le rocce sembrano spoglie e prive di vita e per questo
sono chiamate ''substrati rocciosi nudi''. Tuttavia, nelle riserve marine di più antica
istituzione in Italia, l'habitat appare diverso. Nella riserva marina di Torre Guaceto, ad
esempio, la metà dell'area rocciosa è coperta da macchie di alghe spesse (Guidetti 2006).
La differenza è dovuta alla ricostituzione di stock, principalmente di occhialone, che si
nutrono di ricci di mare. All'interno della riserva c'è un numero dieci volte superiore di
occhialoni rispetto alle zone esterne e una quantità dieci volte minore di ricci di mare. La
ricostituzione degli stock di predatori favorita dalla protezione ha ridotto l'abbondanza dei
ricci di mare e ha permesso la formazione di fitte foreste di alghe, che a loro volta
favoriscono lo sviluppo di una grande varietà di vita marina, più di quanto non facciano i
substrati rocciosi nudi. In Europa esistono vaste aree di substrati rocciosi nudi, dal
Mediterraneo ai mari settentrionali. Una volta istituite le riserve marine con un elevato
grado di protezione in queste zone, ci si possono attendere effetti simili
La ricostituzione di habitat complessi e biologicamente diversi nelle riserve contribuisce
senza dubbio alla capacità delle riserve di favorire il ripopolamento di specie
commercialmente importanti nel coso dei decenni.
-
Istituzione di riserve di ricostituzione di stock ittici
33
8. LE RISERVE MARINE SONO EFFICACI NELLE ACQUE
TEMPERATE?
RISULTATI PRINCIPALI
Le riserve marine sono efficaci tanto nelle acque temperate quanto nei mari
tropicali.
Anche specie apparentemente molto mobili hanno tratto grandi giovamenti dalla
protezione.
Le riserve marine spesso non vengono considerate come strumento di gestione da utilizzare
per la pesca in acque temperate per due ragioni: 1) l'assenza di ricerche sui risultati negli
habitat temperati e 2) il fatto che le specie di acque temperate sono troppo mobili per
trarre beneficio dalla protezione, se non in riserve marine troppo vaste per poter essere
realizzate.
La prima motivazione non ha più ragione di essere. Negli ultimi 15 anni, si è assistito a un
notevole aumento di attività di ricerca sugli effetti delle riserve marine in acque temperate,
soprattutto in Europa, come attestano gli studi menzionati nella presente relazione.
Esistono ora numerose prove qualitativamente valide che tali riserve producono effetti
molto simili a quelli delle acque più calde. Nella loro analisi degli effetti sulle specie
protette, Lester et al. (2009) non hanno rilevato differenze significative tra le riserve in
acque temperate e le riserve in acque tropicali. Le aree protette in mari caldi e freddi hanno
conosciuto un rapido aumento dell'abbondanza, della biomassa, della diversità e delle
dimensioni degli animali protetti.
Sebbene i critici continuino ad affermare che le ricerche sulle riserve in acque temperate si
sono concentrate su habitat con fondi duri nelle regioni con acque calde-temperate (Caveen
et al. 2012), le ricerche condotte sulle riserve in acque più fredde in habitat con fondi
morbidi hanno fornito prove considerevoli dei benefici derivanti dalla presenza di riserve
protette (es. Beukers-Stewart et al. 2005, Howarth et al. 2011). Tralasciando tali prove,
rimane il fatto che buona parte dell'habitat in prossimità delle coste nelle acque territoriali
europee in cui verrebbero istituite le riserve di ricostituzione di stock ittici è esattamente
del tipo per il quale sono stati dimostrati i notevoli benefici per gli stock ittici protetti e la
pesca.
La seconda critica mossa nei confronti delle riserve come strumento di gestione in acque
temperate riguarda la presunta maggiore mobilità delle specie rispetto alle regioni con
acque più calde ed è considerata come un problema a causa del movimento eccessivo degli
animali dentro e fuori le riserve marine. Per godere della protezione di una riserva marina,
gli animali devono trascorrere il loro tempo all'interno di essa. Le specie i cui movimenti
avvengono interamente all'interno della riserva godono di una protezione continua, mentre
quelli che si muovono dentro e fuori la riserva godono soltanto di una protezione parziale. A
parità di