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108 Periodico bimestrale dicembre 2017 Anno XXV Direttore responsabile Federico Rossi Aut.Tribunale di Udine 10/92 del 6/4/1992 Stampato su carta riciclata presso: Rosso soc. coop. via Osoppo 137 - Gemona - Ud Proprietà: Associazione culturale Pense e Maravee, via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - Ud Consegnato in Tipografia il 6/12/2017 Tiratura: 6.000 copie - Distribuzione gratuita Testata del Gemonese www.pensemaravee.it

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108Periodico bimestraledicembre 2017Anno XXV

Direttore responsabile Federico RossiAut.Tribunale di Udine 10/92 del 6/4/1992Stampato su carta riciclata presso: Rosso soc. coop. via Osoppo 137 - Gemona - UdProprietà: Associazione culturale Pense e Maravee, via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - UdConsegnato in Tipografia il 6/12/2017Tiratura: 6.000 copie - Distribuzione gratuita

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Editoriale

I lavori ed i mestieri praticati dall’uomo nel tempo sonoserviti a garantire la sussistenza ma al contempo hannofatto e fanno tuttora anche la sua storia. Ed è stata e,continua ad essere ancora oggi, la piccola ma continuaattività dell’uomo, la quotidiana laboriosità di tantepersone nel corso della loro vita a definire la cultura e lafisonomia del proprio territorio.

Il lunari pal 2018 di Pense e Maravee e una parte diquesto numero è dedicato ai lavori ed ai mestieri di untempo nel territorio di Gemona; questa ricerca, fatta conla collaborazione di tanti gemonesi, ha significato per noi,una volta di più, poter parlare della storia della nostracittà, delle sue tradizioni e della sua cultura spessoracchiuse nelle abili mani dei nostri padri.

Ringraziamo tutte le persone che hanno collaborato aquesta ricerca e che, in vario modo e in tante occasioni,continuano a sostenerci.

A loro un enorme GRAZIE!

i lavôrs di îr, di vuei e …

chei di Pense e Maravee

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Lamps!

associazione culturale

Direttore responsabile

Redazione

A questo numero hanno collaborato

Federico Rossi

Anna Piazza, Paolo Isola, Irma Londero, Piera Londero

Sandro Cargnelutti, Anna Piazza, Alberto Antonelli, Antonio Antonelli, Lionello Patat, Mauro Pascoli, Igor Londero, Giuliano Facchin

Referente per la redazione: [email protected]

Via Sottocastello 81 - 33013 Gemona del Friuli - [email protected] www.pensemaravee.it

SOMMARIO108 Ringraziamo tutti coloro che continuano a sostenere la nostra autonomia con un contributo. Compilate il bollettino di c.c. postale n. 16895336 Qualsiasi importo va bene.

dicembre 2017

In copertina: “Neve a Gemona”, fotografia di Sandro Cargnelutti

cultura>La scuola d’arte di Gemonaa cura della redazione

cultura>Alternanza scuola-lavoroa cura della redazione

cultura> Come sta cambiando il mondo del lavoro?a cura della redazione

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10/11

cultura>I lavôrs di îra cura della redazione

ambiente> Il patto della farinadi Sandro Cargnelutti

12/13ambiente>Hanno rubato la nevea cura di Sandro Cargnelutti

13/14 ambiente>Verso Maistrassâ 2.0di Alberto Antonelli

Mandi MauroUmberto Palese una vita per Gemona e per lo sportPoesiePlan Paesagistic Regjonâl e citât dal ben stâ

15/17cosa pubblica>

Comunità europea della sportil progetto Sportlanda cura di Mauro Pascoli

18/19cultura>Lavori volontariper nuovi gemonesidi Igor Londero

22 cultura>Libris dapardutil nuovo servizio della Biblioteca del Comune di Gemonadi Alberto Antonelli

20/21cultura>Di man in ManL’Emporio amico, aperto a tuttidi Anna Piazza con la collaborazione di Piera Londero

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cultura>a cura della redazione

Un tempo la gran parte dei mestieri era legata allaterra, sia per quel che riguarda il lavoro svolto di-rettamente nelle campagne (coltivazione e raccolta)sia per quelli ad essi collegati, quali la manuten-zione degli attrezzi (fabbri, bottai) e altri più legatialla lavorazione degli alimenti (norcino, birrai); al-cuni invece erano prettamente artigianali: i pittori de-coratori, gli scalpellini, i falegnami esperti nella lavo-razione del legno per arredi.

Quello che è certo è che queste attività, sovente, hannofatto poi da volano ad un artigianato via via più svilup-pato fino ad arrivare, in alcuni casi, ad un’ industria verae propria (per es. Fantoni o Pittini) o hanno dato originead altri mestieri o a una loro riqualificazione.

Se prendiamo ad esempio il lavoro del “purcitâr” (nor-cino) bisogna ricordare che questa attività, dapprimapraticata solo nelle case, in allevamenti di singole fami-glie e con pochi capi allevati, ha consentito in un primomomento l’”esportazione” di questo mestiere all’estero(in Austria e Ungheria nel 1900) e ha portato, poi, all’at-tuale sviluppo del settore dei prosciuttifici o dei salumiin Friuli, diventando una tra le più importanti attività diproduzione alimentari italiane i cui prodotti sono cono-sciuti a livello mondiale.

Ricordiamo per esempio che dal “marescalc”, il mani-scalco, mestiere che serviva a dotare di ferri protettivi glizoccoli del cavallo da tiro, o dal fâri (fabbro), si è svilup-pato l’ artigianato per arredi in ferro ma, ricordiamo pure,che l’industra di Pittini Andrea è partita da una mac-china per fare chiodi.

Per continuare potremmo anche portare l’esempio dellalavorazione del legno, di questo materiale amico, lavo-rabile con pochi attrezzi ma che esige molta abilità: il“marangon”, lavoro che inizialmente serviva per riparareattrezzi e produrre armadi, tavoli, cassapanche per usodomestico, si è trasformato in un’ attività di creazione erealizzazione di componenti di arredo per interni fino adarrivare all’intaglio e della decorazione propri dell’arti-gianato artistico.

Questa grande attività produttiva supportata nel tempoda vere e proprie scuole, come la Scuola d’arte e mestieri,ha caratterizzato la nostra comunità e valorizzato la spe-cificità del nostro territorio, un fitto tessuto nel quale siintrecciano l’ambiente, le dinamiche urbane, fattori cul-turali e identitari, le attività di tante persone dotate di ca-pacità e potenzialità.

I lavôrs di îr

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La Scuola d’arte di Gemona vanta unatradizione più che secolare.

Erede della Scuola di disegno fe-stiva e serale per gli artieri, fondatanel 1863, ha subito nel corso deltempo, come vedremo, numerosemodifiche ed è stata fondamentaleper lo sviluppo del nostro territorio.

La Scuola di disegno, prima isti-tuzione di questo genere nata in unFriuli ancora dominato dall’Impero au-stroungarico, cercava di potenziare leabilità artistiche degli artieri gemo-nesi, lavorando sull’esercizio del di-segno applicato e migliorare le loro ru-dimentali capacità di leggere e scri-vere: non a caso i professori eranospesso i maestri della scuola ele-mentare.

L’artigiano si esercitava esclusi-vamente nella copia di oggetti trattida qualche testo e da modelli in ges-

so poiché l’apprendimento pratico deigiovani artieri era ancora affidato aicapomastri delle botteghe artigianelocali, all’incirca una cinquantina,stando a quanto scrive lo storicoNiccolò Barozzi “Il garzone dell’età dicirca tredici o quattordici anni impa-rava il mestiere esclusivamente os-servando il capo bottega lavorare lamateria”.

Qualche ora era inoltre riservata aiprincipi teorici, poiché gli oggettid’arte applicata realizzati dagli artieridovevano dialogare con l’ambientecircostante. Infatti alla metà dell’Ot-tocento in Italia non esisteva uno sti-le artistico definito ma ci si rifaceva aicosiddetti stili storici: si riprendevacioè uno stile del passato e lo si

adattava all’edificio da costruire edera buona norma adeguare allo stileprescelto le decorazioni architetto-niche e l’arredamento degli interni.

La Scuola di Gemona, come altreistituzioni italiane simili, si discipli-nava autonomamente, non era rego-lamentata da un percorso didattico eorganizzativo stabilito su base na-zionale. L’insegnamento del dise-gno, ad esempio, era riservato al gu-sto del professore, che il più delle vol-te era un artigiano locale.

Soltanto nel 1879 il Ministero del-l’Agricoltura, Industria e Commer-cio, emanò la Circolare Cairoli con cui

cultura>

La Scuola d’artedi Gemona

a cura della redazione

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lo Stato riconobbe la validità di que-ste Scuole stabilendo dei programmidisciplinari comuni e concedendo unsussidio annuale, fondamentale inmolti casi per la loro sopravvivenza.

La Circolare divideva le Scuoleprofessionali in quattro categorie:le Scuole d’arti e mestieri, che ave-vano un carattere prettamente arti-stico, volto a diffondere il buon gustonell’arte applicata, le Scuole d’arte ap-plicata alle industrie, che prevedevanoun riferimento diretto alle industrie ar-tistiche del luogo e dovevano obbli-gatoriamente ospitare laboratori e of-ficine per favorire l’apprendimentopratico del mestiere, le Scuole di di-segno e le Scuole speciali di mestiere,

quest’ultime con insegnamentiscientifici e indirizzate a professionicome la tessitura o l’orologeria.

L’amministrazione di ogni Scuolaprofessionale era affidata a un Con-siglio direttivo, composto da tre de-legati del Comune e dai rappresen-tanti degli enti locali che sosteneva-no l’istituzione, con facoltà di for-mulare il regolamento interno. Il go-verno si riservava il compito di ap-provare lo statuto organico, il rego-lamento e i programmi, di far eseguirele ispezioni e di sospendere i sussi-di se i risultati non fossero stati sod-disfacenti.

Il sistema delle arti applicate pre-sentava così una struttura univoca madiversificata da luogo a luogo, incorrispondenza delle specificità del-le singole tradizioni e della valoriz-zazione dei propri caratteri regiona-li. Il fatto che la Scuola di Gemona ve-nisse trasformata in Scuola d’arte ap-plicata all’industria era una conse-guenza della presenza in città di unatradizione artigianale secolare, che siera distinta soprattutto nell’arte edi-lizia e nell’arte del mobile, e delle nu-merose imprese che si adattavano ainuovi procedimenti tecnologici di-ventando dei veri e propri stabili-menti industriali.

La nuova Scuola di Gemona iniziòa ricevere, nell’aprile del 1887, il tan-to atteso sussidio.

Nel 1901 venne istituita la sezionedi intaglio del legno e della plastica,

affidata allo scultore gemonese ed exallievo della Scuola di disegno Giu-seppe Pischiutti.

L’aiuto economico previsto dal Mi-nistero risultava quanto mai indi-spensabile per mantenere in vitaun’istituzione che il Comune gemo-nese aveva sempre difeso, tanto èvero che fu proprio la Deputazione co-munale a voler istituire la Scuola di di-segno nel 1863.

Tra coloro che contribuirono allanascita e alla difesa della Scuola ci fu-rono alcuni gemonesi d’eccezionecome l’imprenditore edile GirolamoD’Aronco, padre del più noto Rai-mondo, membro della Deputazionecomunale, che aveva proposto l’isti-tuzione della Scuola di Disegno.

Girolamo era consapevole dellanecessità di aggiornare le abilità e ilgusto degli artieri gemonesi anche invista del lavoro che questi, in massa,eseguivano all’estero durante il pe-riodo estivo: anche Girolamo del restoaveva guadagnato fama anche graziealle commesse che giungevano dalleregioni dell’impero austriaco.

Un altro personaggio fondamentaleper la storia della Scuola gemonesefu Antonio Celotti, primo sindaco diGemona dopo l’occupazione au-striaca. Il sindaco Celotti infatti face-va parte della Giunta che propose ilpassaggio dalla Scuola di Disegno aquella Applicata, insieme al Billiani,farmacista e studioso di storia loca-le, e Antonio Stroili, futuro sindaco.

Il professore che diede una svoltaalla Scuola d’Arte fu il veneziano At-tilio de Luigi, che aveva incontrato l’ar-chitetto Raimondo D’Aronco visitan-do la Scuola d’Arte nel 1906.

Raimondo D’Aronco si interessòsempre molto alla Scuola gemonese- nonostante egli si fosse formato allascuola professionale di Graz e aves-se seguito qualche lezione alla scuo-la di Gemona soltanto tra il 1874 e il1875. Nel 1906 provvide a ‘regificare’la Scuola, cioè a porla alle dipendenzedirette del Ministero; vennero ag-giunte alcune materie inedite come ildisegno di figura, l’aritmetica, la geo-metria, l’italiano e la calligrafia e so-

prattutto nuovi laboratori pratici de-stinati ai falegnami e intagliatori,agli scalpellini e scultori in pietra, aifabbri ferrai e ai lattonieri.

Nel frattempo la Scuola potevacontare su un importante materiale di-dattico parte del quale era stato pro-posto dalla Commissione centrale perl’insegnamento artistico, che era d’ac-cordo sulla necessità di far progredi-re le arti applicate italiane servendo-si dell’innovazione messa a disposi zio-ne dall’industria, mantenendo peròbene in evidenza da un lato il carattereartistico dell’oggetto e dall’altro lo sti-le della tradizione regionale.

La Scuola di Gemona mantennetale ordinamento fino all’entrata in vi-gore della Riforma Gentile del 1923,quando venne riorganizzata in RegioLaboratorio Scuola. Conformementealle disposizioni del 1906, mantene-va un’equilibrata alternanza tra lematerie di cultura generale e quelleteoriche e i quattro laboratori praticidi falegnameria e intaglio, ferro bat-tuto, edilizia e pittura decorativa,quest’ultima fortemente richiesta vi-sta la grande tradizione gemonesenell’arte pittorica.

Anche Giovanni Fantoni, titolare delmobilificio Fantoni, ed anche lui ex al-lievo della Scuola d’Arte, presentò allaPrima Mostra dell’Artigianato friula-no del 1935 degli arredi in stile No-vecento progettati dall’architettoScoccimarro e altri del pittore Augu-sto Cernigoj.

Nel 1933 la Scuola gemonese ven-ne trasformata in Regia scuola tecni-ca industriale con tre sezionidedica-te alle professioni del meccanico,dell’ebanista e del muratore, ed eraancora forte di una equilibrata dua-lità tra insegnamento pratico e teo-rico. Nel 1958, infine, la Regia scuo-la tecnica venne trasformata in Istitutoprofessionale di stato perdendo pia-no piano ogni riferimento all’inse-gnamento pratico del mestiere.

[Dalla relazione di Monica Sbru-gneraall’inaugurazione della Mostra“Cantîrs, a Gemona, ottobre 2015]

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Gino Peressutti il creatore di CinecittàLa vita di Cinecittà si intreccia indissolubilmente con lastoria stessa del cinema italiano, europeo, mondiale. Questo straordinario complesso industriale ammirato da-gli americani, amato dai grandi registi italiani, primo fratutti Federico Fellini, utilizzato per le sue maestranze e peri suoi teatri di posa – dal 1937 ad oggi senza interruzio-ne – sia per kolossal che per i film a piccolo budget, è sta-to ideato dall’architetto gemonese Gino Peressutti.

Gino Peressutti, nato a Gemona il 21 giugno del 1883, fre-quentò la Scuola d’arte e mestieri di Gemona, disegnò perun periodo mobili per la ditta Fantoni e nel 1908 gli im-portanti risultati ottenuti con il suo lavoro gli valsero il ti-tolo di Architetto ad honorem conferitogli dall’Accademiadi Belle Arti di Venezia.

Fu lui a progettare gli studi cinematografici di Cinecittàcon criteri di costruzione tra i più avanzati per l’epoca.

La storia di Cinecittà ha inizio nel 1937 quando nasce l’ideadi edificare la più grande città del cinema in Europa e ilprogetto viene affidato all’architetto Gino Peressutti.Fin da subito Cinecittà diventa l’utopia, il luogo dove po-ter rincorrere il sogno, il successo e la popolarità.Finita la guerra, per Cinecittà inizia un periodo ricco del-le produzioni più celebri al mondo. Le porte degli studi ven-gono aperte al cinema americano e con la realizzazionedi set imponenti come quelli di Quo vadis? o di Ben Hur.

Con gli anni ’70 per Cinecittà inizia una stagione cine-matografica che ha lasciato segni indelebili non solo al-l’interno degli studi, ma anche nell’immaginario collettivo.

Il cinema italiano, infatti, grazie ai capolavori di Fellini, allagrandi realizzazioni di Luchino Visconti, all’eclettismo diPasolini, alla genialità di Ettore Scola, Comencini, Zurli-ni e tanti altri, avrà un’eco e un clamore a livello mondiale.

Tra gli studenti della Scuola d’arte ricordiamo

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a cura della redazione

cultura>

Ancora due mondi separati, quellodella scuola e quello del lavoro. Distanti. Ancora troppo distanti. Ese si avvicinano si parlano e si ca-piscono poco. Scuola e lavoro in Italia continuanoad essere due mondi separatianche se, stando alle recenti ricer-che ed indagini, quasi la metà deglistudenti vorrebbe maggiori rap-porti con aziende e imprese el’88% delle aziende dichiari diavere contatti con il mondo scola-stico e universitario. Solo che que-sti contatti arrivano troppo tardi e il24% delle aziende ritiene che lecompetenze acquisite a scuola nonsiano in linea con quanto cercatodal mercato. Questo in un Paesedove la disoccupazione giovanile eil numero dei ragazzi che non stu-diano né cercano un lavoro sonoben sopra la media europea.

Il “Rapporto Delors” dell’ Unesco,documento comunitario che ha in-fluenzato le riforme nazionali ditutti gli stati europei nel campoeducativo, già nel 1996, ha affron-tato il problema della certificazionedelle competenze e delle attesta-zioni delle qualifiche professionalial fine di sostenere la mobilitàdelle persone, degli studenti e deilavoratori tra i paesi membri. Già allora l’obiettivo non era soloquello di facilitare lo spostamentofisico delle risorse umane, bensì ditutelare la leggibilità e la trasferi-bilità delle competenze possedutedagli individui. Il documento in-sieme al Libro bianco “Crescita,competitività, occupazione” indica

la formazione e l’istruzione comestrumenti fondamentali per la po-litica attiva del mercato del lavoro:“Le sfide e le vie da percorrere perentrare nel XXI secolo sono quelleche portano alla promozione diuno sviluppo sostenibile. In tale iti-nerario le economie europeehanno una carta preziosa che de-vono saper sfruttare: lo sviluppodel capitale umano, ovvero cultura,istruzione, competenze e attitu-dine all’innovazione”. La mondializzazione degli scambi,la globalizzazione delle tecnologie,l’avvento dirompente della societàdell’informazione chiedono l’impe-gno a non perdere di vista il buonfunzionamento del cosiddetto “trian-golo della conoscenza”: istruzione/ri-cerca/innovazione, poiché essosvolge un ruolo essenziale nel pro-muovere la crescita e l’occupazione.

In realtà, con la riforma dellaBuona scuola qualcosa nel nostroPaese dovrebbe cambiare: la leggeprevede 200 ore obbligatorie di al-ternanza scuola-lavoro per i licei e400 per gli istituti tecnici e stabili-sce che i programmi didattici, deb-bano essere fissati anche in sintoniacon le vocazioni produttive dei sin-goli contesti territoriali. Si sono aperte quindi alcune sfideanche per i territori.

La prima sfida: il Ministero ha sta-bilito gli standard minimi degli ap-prendimenti a partire da quelli perl’obbligo di istruzione, ma occor-rerà intercettare e definire le quotedelle conoscenze e delle abilità e

delle competenze che gli allievi do-vranno acquisire per raccordarsicon le specificità del tessuto eco-nomico e sociale in cui vivono eche potrebbero rivelarsi strategi-che per formare il futuro capitaleintellettuale delle imprese locali.Un sistema di istruzione e forma-zione locale risulterà efficace, com-petetitivo e attrattivo rispetto asistemi analoghi insediati in altriterritori, quando specifiche politi-che pubbliche (Ministero, Regione,Enti locali) garantiranno un mix ot-timale tra gli eventi dell’apprendi-mento formale offerto dal sistemadell’istruzione e formazione equello proposto dalle comunità dipratiche: imprese private, associa-zioni professionali, enti pubblici,agenzie per la ricerca applicata, or-ganizzazioni no profit,..

La seconda sfida: dovranno esserecreati raccordi tra scuola, comunitàdi pratiche e contesti di vita dellecomunità locali, allo scopo di valo-rizzare i rispettivi patrimoni delleconoscenze, fattori che sono con-siderati strategici per un territorioche intenda accrescere la sua com-petitività.

Perseguire gli obiettivi indicati ri-chiede una pianificazione sosteni-bile, capace di ridefnire periodica-mente una visione complessiva delfuturo del territorio locale, concer-tata tra tutti le componenti. Un percorso complesso e certa-mente di medio- lungo periodo.

Alternanza scuola-lavoro

Come abbiamo visto, nel corso dei decenni la scuola tecnica si è trasformata perdendo piano piano ogniriferimento all’insegnamento pratico del mestiere. Ma nel corso degli anni tutta la Scuola, il sistema diistruzione e formazione nazionale, si è sempre più staccato dal mondo del lavoro.

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Secondo il sondaggio elaborato daLorien Consulting (Società di ricer-che di mercato)e presentato il 30 no-vembre al Decimo Forum Quale-nergia, il 53% degli italiani si di-chiara preoccupato, arrabbiato ospaventato dall’idea che la robo-tizzazione possa modificare o so-stituire molte tipologie di lavori e sisente minacciato in prima persona.

Il 41% ritiene infatti di poter esseresostituito nel proprio ruolo lavora-tivo da computer e robot nei pros-simi venti anni; il 29% accorcia il pe-riodo a dieci anni, mentre il 24% cre-de che ciò possa avvenire nei pros-simi cinque anni. Più in generale, il65% del campione intervistato ri-tiene che l’automazione sarà ingrado nel breve periodo di sostituiremolte figure professionali, deter-minando un significativo calo dei po-sti di lavoro, e solo il 43% crede chetale diminuzione sarà compensatada altre attività lavorative. Incro-ciando il settore di appartenenzacon il titolo di studio, si scopre poiche la convinzione della possibilesostituzione uomo-macchina dimi-nuisce al crescere di alcune speci-fiche caratteristiche: non ripetitivi-tà del lavoro, livello di creatività e in-novazione richiesto per lo svolgi-mento delle attività, complessitàdelle funzioni svolte (gestione di ri-sorse e attività differenti tra loro) epresenza di componente relazio-nale (empatia, persuasione, nego-ziazione, cura).

Dall’ altra parte è evidente che deivecjos mistirs presentati nel calen-dario 2018, diversi per non diremolti sono scomparsi. Il motivo è ov-vio: cambia la società e questocambiamento si riflette sul mondodel lavoro e sulle tipologie dei lavorinecessari e richiesti. E’ sempre sta-to così. Ma la differenza sostanzia-le rispetto a epoche precedenti èche oggi il cambiamento è rapidis-simo.

Ma quali sono i fattori che mag-giormente imprimono tale velocitàal cambiamento?

Sicuramente le già citate tecnologie:la sostituzione del lavoro dell’uomocon le prestazioni dei robot, l’intel-ligenza artificiale che li guida, il di-gitale pervasivo, la ricerca nel set-tore dei materiali, le nanotecnologie,e delle biotecnologie, la genomica,...per cui già si parla di quarta rivo-luzione industriale. Non solo, de-termineranno una forte e urgentetrasformazione anche e soprattuttole criticità ambientali globali: lascarsità delle risorse, i cambia-menti climatici e la fortissima ridu-zione delle biodiversità che ac-compagna il degrado degli ecosi-stemi. In alcune aree della Cinamolto inquinate, sono già nati nuo-vi mestieri, un esempio per tutti:l’impollinatore degli alberi da frut-to che sostituisce le api scomparseche un tempo danzavano nelle pri-mavere fiorite. Un mestiere di cui fa-remmo volentieri a meno!

Altri mestieri invece sono destina-ti a resisterere ed a potenziarsi per-ché rispondono a queste criticità. Adesempio il calzolaio avrà un futuroperché è un mestiere che serve adallungare la vita dei beni e questoben si concilia con una economiache cerca finalmente di non spre-care, che impara a gestire le risor-se come fa la natura, dove non esi-stono rifiuti. Non solo ma anche ilprogettista di scarpe dovrà idearescarpe resistenti, che durino neltempo, riparabili e che siano rici-clabili a fine vita per trasformarsi inqualche altro bene.

Un terzo importante fattore, spes-so sottostimato, che potrà incideresempre più significativamente sul-la trasformazione del mondo del la-voro e che potrà produrre valore an-che occupazionale e nuovi mestie-ri è il territorio e la valorizzazionedelle sue peculiarità che li rende di-versi uno dall’altro. La cura dei benipaesaggistici e culturali, le produ-zioni tipiche e di qualità, l’innova-zione sociale e ambientale, il turi-smo dolce, la ricerca della tradizio-ne che si declini con la modernità,sono solo degli esempi dei settori sucui si stanno aprendo prospettive edi ciò che potrà essere intrapreso.Il Patto della farina, esperienza cheraccontiamo in questo numero delgiornale, ne è un esempio.

Come sta cambiando il mondo del lavoro?

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a cura di Sandro Cargnelutti

ambiente>

Udite, udite. Notizia dell’ultima ora:hanno rubato la neve. Qualcunol’ha portata via, sempre più in altoe sempre più a nord. Sconcerto. Lagente s’interroga, i poliziotti inda-gano, i bambini piangono e prote-stano.

Chi è stato? Le voci si rincorrono ela notizia si diffonde in un battiba-leno. Viene istituita una commis-sione presieduta da Babbo Natale.

Dodici mesi di indagini e dodici diprocesso. Tutto secretato. Final-mente arriva il grande giorno. L’at-tesa della sentenza rallenta il nor-male svolgersi del tempo. Sentite,sentite.

“IN NOME DELL’UMANITA’ IL TRI-BUNALE DELLA TERRA” il Giudice ini-zia così, con voce stentorea, la let-tura della SENTENZA nel procedi-mento penale contro IGNOTI. L’ec-citazione in sala sale. “Viene con-dannato il Signor…”. Il frastuono diuna sedia che si rovescia copre ilnome del condannato. Un attimo diincertezza e il giudice prosegue conle motivazione della condanna “…per aver provocato:

- milioni di morti premature a cau-sa dell’aria malata

- gran parte delle attuali guerre - l’innalzamento dei mari e la

scomparsa dei ghiacciai- milioni di disperati in cammino - grandi deserti e imponenti uraganiL’elenco prosegue e infine il Giudi-ce conclude citando “la scomparsadel Bianco Natale”.

La sala rimane muta. Gli orologi sifermano.

Il Giudice prosegue “Viene con-dannato a rimanere per semprenelle prigioni sotteranee …” L’av-vocato della difesa, rosso paonaz-zo in viso, lo interrompe e si alza gri-dando : “Vergogna, il mio assistitoha liberato l’umanità dalle fatiche,ha liberato il tempo, ha trasforma-to i cittadini in consumatori mai sazie voi lo condannate?”Il Giudice lo zittisce e replica “Manon si è fermato in tempo, quandopoteva fermarsi, condannando

Hanno rubato la neve Ma chi è stato?

Foto Bierti

Concludo la “trilogia” sullaneve, con una breve storiache accompagna la bellissi-ma foto di Pio Bierti.Siamo vicini al Natale. Si sa che in questo periodole foto si tingono di biancoe le storie pure.

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La nostalgia della neve ha tante spiegazioni: i ricordi dell’infanzia, il confortodella purezza, la sorpresa di un mondo che si tinge magicamente di bianco, emo-

zioni condivise con gli amici nell’attesa, un naso rosso di un bimbo attaccato allafinestra gelata che guarda ammirato i fiocchi che rincorrono i capricci del vento

l’umanità al dolore, soprattuttoquella parte più povera e meno col-pevole”.Il difensore ancora più esagitatosbotta “Il cambiamento climatico èuna bufala, è sempre esistito”.“Si – risponde il giudice- ma non conquesta velocità e poi tutte queste cosesono già state discusse durante il pro-cesso, presente la commissione in-ternazionale degli esperti”. L’avvocato prende la valigetta e se neva sbattendo la porta, lasciando sul pa-

vimento delle nere impronte oleose.Ma chi è stato condannato? Chie-dono a gran voce alcune persone as-siepate in fondo alla sala.Dalle prime file una voce sottile erauca risponde “Mr. PETROLIO”. Un funzionario proietta la sua im-magine sbiadita sul muro, dai trat-ti incerti si percepisce appena il vol-to di un uomo...

Così termina questa storia che comeogni storia ha una sua morale e può

concludersi in modo diverso. Sta anche a noi costruire un altro fina-le. Per farlo ci può aiutare la lettura del-l’Enciclica di Papa Bergoglio “LaudatoSì’”, un testo rivolto a tutti e a ognuno,all’umanità intera. Un testo ricco di sti-moli per realizzare un’ autentica con-versione ecologica, anche interiore chesi manifesti nei gesti della quotidianità.E poi cos’altro si può fare? Lasciarel’auto nel garage, camminare, sì cam-minare e incontrare persone. Sotto laneve. Speriamo. A Natale.

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Alla fine di ottobre è stato presen-tato al Centro di Riuso Maistrassâ illibro “Alla scoperta della Green So-ciety”dello scrittore Vittorio CogliatiDezza, già Presidente Nazionale diLegambiente. Il libro raccoglie 101buone pratiche che hanno alcunecaratteristiche comuni, raccolte dal-l’autore in tutta Italia.Per saperne di più abbiamo senti-to l’ autore.

“La ricerca mette in luce un’effer-vescenza sociale che sfugge alle sta-tistiche, diffusa e carsica, ma por-tatrice di innovazione che si fondasulla voglia di impegnarsi nel pro-prio territorio per risolvere un pro-blema concreto e per realizzare ilbene comune. Abbiamo ricavatouna mappa dell’innovazione socia-le caratterizzata dalla contamina-zione tra culture e obiettivi diversi,dove l’impegno ambientale e socialesi intreccia con l’obiettivo condivi-so di produrre cambiamento, inuna nuova dimensione comunitaria,che esprime bisogni e domande diconsumo diversi e che è portatricedi una novità fondamentale: è la do-manda di nuovi stili di vita a crearemercato. Ci sono bisogni e deside-ri emergenti che creano nuovi mer-cati e diversi consumi. È la voglia diriscoprire la bicicletta che ha crea-to i progetti di piste ciclabili, il de-siderio di liberarsi del traffico checrea i presupposti per il car sharing.E’ così per i gruppi di acquisto, la dif-fusione dell’economia del riuso o ilrecupero degli scarti alimentari”.

Nel libro sono raccontate anche trebuone pratiche friulane: l’espe-rienze di Emporio Amico “Di man inman” e di Maistrassâ che vi abbia-mo già presentato su Pense e Ma-ravee e il Patto delle Farina di Me-reto di Tomba.

IL PATTO DELLA FARINA, un esempioda “coltivare”Mereto di Tomba, piccolo comune di2.650 abitanti, è uno dei tanti pic-coli comuni a vocazione rurale alleprese con la crisi dell’economia lo-cale. Il sindaco Massimo Moretuz-zo è stato promotore del progetto“Pan e farine dal Friûl di mieç”(Pane e farina del Friuli di mezzo)che ha coinvolto quindici aziendeagricole con quaranta ettari dispo-nibili in quattro comuni contermini(oltre a Mereto, Basiliano, Sede-gliano e Flaibano), alcuni mulini, unessicatoio e alcuni panificatori. E na-turalmente i cittadini.

Le finalità del progetto sono l’offertadi un prodotto, pane e farina, buo-no per tutti, al prezzo giusto, re-munerativo del lavoro di chi coltivae di chi trasforma; di qualità, ancheambientale, per rispondere alledomande dei consumatori e del-l’ambiente. L’idea che sottendequesto progetto è la creazione di undistretto di economia solidale inte-so come patto territoriale tra pro-duttori, trasformatori, cittadini con-sumatori e istituzioni locali per

soddisfare le esigenze delle fami-glie, limitando il ricorso ai mercatiche spesso soffocano le produzio-ni locali. Inteso inoltre come pattoche aiuti a costruire comunità at-traverso relazioni e rapporti fiduciari.Si è così costituta una filiera auto-gestita garantita, che riconosce ungiusto ed equamente distribuitoguadagno tra tutti i soggetti della fi-liera fino al consumatore cittadino,che partecipa attivamente al pro-getto, anche con forme di finanzia-mento diretto, per coprire per esem-pio le spese iniziali di produzione,ricevendone in seguito, in cambio,pane e farine, in un condizione dicompleta trasparenza.Con quale impegno? Gli agricoltorimettono a disposizione annual-mente una quota di terreno agrico-lo, coltivano il grano con metodi bio-logici o biodinamici, concordanocon gli altri soggetti della filiera econ i consumatori che aderiscono alprogetto le varietà di grano da se-minare.Il mugnaio garantisce il correttostoccaggio del grano senza misce-larlo con altre granelle esterne alla fi-liera e ne garantisce la tracciabilità.

ambiente>

Il patto della farina

a cura di Sandro Cargnelutti

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di Alberto Antonelli

ambiente>

Verso Maistrassâ 2.0

Il primo dicembre abbiamo tenuto l’assemblea ordinariadell’”APS Maistrassâ”, in preparazione del passaggio del Cen-tro di Riuso di via Santa Lucia dalla gestione di Legambien-te a quella della “APS Maistrassâ”, associazione che è statafondata un anno fa proprio con lo scopo di consentire al Cen-tro di Riuso di autogestirsi. Dopo una lunga fase preparato-ria dedicata agli aspetti organizzativi e alla messa a norma deilocali dell’ex consorzio agrario, fase durata, appunto, un anno,la data dell’effettivo passaggio delle consegne è stata fissa-ta al 1° gennaio 2018.L’Assemblea Ordinaria ha consentito di fare una riflessionesul percorso fatto e sugli impegni futuri.Nella sua breve vita il Maistrassâ non è passato inosserva-to: migliaia di persone provenienti da 78 comuni del FriuliV.G. sono transitate nella nostra sede, migliaia di “pezzi” de-

stinati a diventare rifiuto hanno trovato presso di noi la stra-da del “riuso”; di Maistrassâ hanno parlato la stampa e latelevisione a livello ragionale e nazionale; l’assessorato re-gionale all’ambiente ha in più occasioni manifestato il pro-prio interessamento; il Centro è stato inserito nell’atlante deicampioni dell’economia circolare consegnato al CommissarioKatainen a Bruxelles; figura tra gli esempi nel libro sulla “Gre-en Society” di Vittorio Cogliati Dezza che è stato presenta-to lo scorso 12 dicembre alla Camera dei deputati; è ogget-to di attenzione da parte di altre associazioni che intendo-no percorrere la stessa strada e che vengono a visitarci. Anche il recentissimo ottenimento da parte del Comune diGemona del contributo regionale per la costruzione del nuo-vo Centro del Riuso nella sede di via San Daniele va, alme-no in parte, ascritto all’esistenza del Maistrassâ nel territorio

I panificatori garantiscono la pro-duzione del pane con le farine pro-venienti dai mulini aderenti al pro-getto, utilizzando impasti genuini e“naturali”; acquistano direttamen-te dai mulini aderenti al patto la fa-rina al prezzo concordato.I venditori si impegnano a rendereevidente l’origine della farina ven-duta, distintiva rispetto a quellacommerciale e a diffondere allapropria clientela le informazionisull’economia solidale. I consumatori sostengono gli obiet-tivi del progetto, lo divulgano ad al-tre comunità, gruppi di acquisto, as-sociazioni, realtà sociali o persone;promuovono e supportano la di-stribuzione del pane e delle farine.I Comuni (in primis Mereto) si im-

pegnano a fare da garanti alla pro-secuzione del progetto, a suppor-tare le aziende agricole nella co-stituzione della Rete d’impresa, acondividere con altri Comuni i prin-cipi e le strategie per avviare reti dieconomia locale, sostenibile e so-lidale.Tutte le parti si impegnano inoltre adutilizzare contenitori per alimentirealizzati con materiali riciclabilied ecocompatibili. Nel caso di ac-quisto del prodotto con propriocontenitore, il prezzo della farina vie-ne ridotto del costo della confezio-ne. L’idea è di replicare il progettocon altre filiere dell’ortofrutta, del-l’allevamento e del latte.Una seconda sperimentazione cheil sindaco Moretuzzo ha attivato è

stata quella a sostegno delle fami-glie con reddito basso e in difficol-tà economiche (ISEE dicit) median-te la distribuzione di buoni spendi-bili nella rete dei piccoli negozi diprossimità del Comune e delle fra-zioni. Una scelta che tiene assiemeil contrasto alla povertà (che colpi-sce soprattutto gli anziani) al man-tenimento di una vitalità minima del-le frazioni del paese che, in primaistanza, è garantita proprio dai ne-gozi di prossimità.Buone pratiche da coltivare anchenel nostro territorio.

Il libro “Alla scoperta della GreenSociety è stato presentato in Par-lamento il 12 dicembre e con essoGemona e una parte del Friuli.

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inform

azione

pub

blicitaria

TRASFORMA LA TUA VECCHIA VASCA IN UN NUOVO BOX DOCCIA ELEGANTE

PRATICO E SICURO

comunale e al dialogo instaurato con l’assessore all’ambientedel Comune di Gemona Giovanni Venturini.L’esperienza del Maistrassâ, condotta sul campo, ha dato mag-giore forza e credibilità alle proposte di Legambiente attor-no ai temi dell’economia circolare: alcune di queste sono sta-te accolte dalla nuova legge regionale sulla “Corretta gestionedei rifiuti e i principi dell’economia circolare”, altre sono in fasedi elaborazione.Dunque, non ci mancano i motivi di soddisfazione.Anche se permangono alcune preoccupazioni legate so-prattutto alla conservazione della sede e ai relativi costi, con-fidiamo di superarle fino alla entrata in funzione del nuovocentro comunale. Per il momento, sappiamo di poter rima-nere nella sede di via Santa Lucia per tutto l’anno 2018. Lospirito che ha animato l’Assemblea Ordinaria è stato quel-lo di renderlo un anno di crescita in tutte le direzioni versocui è finalizzata la nostra azione - sostenibilità ambientale,solidarietà sociale, creare occupazione - mettendo alla pro-va la nostra capacità organizzativa, la nostra esperienza, lanostra creatività e la nostra attitudine a relazionarci con lepiù avanzate esperienze del settore.Abbiamo, quindi, delineato alcune attività a cui sarà dato av-vio a partire da gennaio, e per le quali è già iniziato un la-voro preparatorio: completamento della formazione interna (segnaliamo, in par-ticolar modo, la bella esperienza di aver allargato i corsi diformazione a tutte le altre associazioni) e partecipazione apercorsi formativi finanziati dalla Regione (Circoli di Studio);inizio di una attività culturale e formativa rivolta all’ester-no, coinvolgendo le istituzioni;

organizzazione di un seminario sull’economia circolare cheaffronti i problemi esistenti nel concreto delle esperienze inatto nel territorio regionale, con l’apporto di esperienze con-dotte in altre città, in un’ottica di collaborazione fra tutte leparti interessate (Comuni, Regione, società di raccolta e trat-tamento dei rifiuti, associazioni ecc.);apertura verso il sociale, campo nel quale anche la nostraAssociazione vuole dimostrare che al rispetto per i beni ma-teriali, frutto delle risorse del pianeta e del lavoro umano,si accompagna una visione della società più equa e più so-lidale, cioè più umana;collaudare nuove forme di presenza nel campo del “riuso” enuove modalità di convivenza fra volontariato e lavoro retri-buito, fra la cessione gratuita dei beni e la cessione onerosa.Trovare il giusto equilibrio consentirà all’Associazione didare un piccolo contributo alla creazione di occupazione.

Al termine della relazione, un sentito ringraziamento è sta-to rivolto a Legambiente per tutto quello che ha fatto e chesta facendo per l’Italia, per il pianeta e per le future gene-razioni.Un ringraziamento anche al Comune di Gemona, che non ciha fatto mancare il suo sostegno morale ed economico.Ringraziamo, soprattutto, coloro che operano dentro e attornoal Maistrassâ. Sia coloro che operano come volontari o comesostenitori, sia coloro che hanno “anche” una retribuzioneper garantire la continuità del servizio: danno all’Associa-zione molto di più di quello che ricevono.

A tutti: buon lavoro.

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a cura di Mauro Pascoli

cosa pubblica>

Comunità europea dello sportil progetto Sportland

Nel caso del progetto Sportland, la valutazione ed il con-seguente riconoscimento sono stati condotti da ACES Ita-lia e la cerimonia di premiazione si è svolta presso la sededel Coni di Roma alla presenza del suo presidente GiovanniMalagò.

Nel 2018 è poi prevista la premiazione ufficiale per tutti ivincitori europei al Gran Gala di ACES Europe presso il Par-lamento Europeo di Bruxelles.

Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta, visto che, mal-grado le informazioni apparse sulla stampa, a molti e so-prattutto ai non addetti ai lavori, non sono risultati cosìchiari il significato ed il valore di questo riconoscimento.Per farlo in maniera il più possibile obbiettiva, abbiamo con-sultato l’ampio e documentato sito Internethttps://www.acesitalia.eu.

Che cos’è ACES Italia?E’ la Delegazione italiana di ACES Europe, creata per es-sere più “vicini” ai numerosi municipi italiani che si can-didano ogni anno al premio per migliore Capitale (Capital),Città (City), Comune (Town) e Comunità (Community) Eu-ropea dello Sport. Obiettivo della Delegazione italiana èanche quello di promuovere la visibilità internazionale ditutti i municipi premiati.

Quali sono i premi assegnati da ACES?Ogni anno vengono assegnati premi per:

1. La Capitale europea dello sport (European Capital ofSport). Questo premio è riservato alle capitali e alle cittàcon più di 500.000 abitanti, e viene assegnato ogni annoad una sola città per l’intera Europa;

2. La Città europea dello sport (European City of Sport). Que-sto premio è riservato alle città con più di 25.000 abitan-ti, e viene assegnato ogni anno a quattro città italiane.

3. Il Comune europeo dello sport (European Town of Sport).Questo premio è riservato alle città con meno di 25.000 abi-tanti, e viene assegnato ogni anno a quattro città italiane.

4. La Comunità europea dello sport (European Communityof Sport).Questo premio è riservato alle comunità composteda più municipi e viene assegnato ogni anno a due co-munità italiane.

Lo scorso 30 ottobre 2017 il progetto

Sportland, con a capofila il Comune

di Gemona, ha ricevuto il riconoscimento

di “Comunità europea dello sport”,

premio che ogni anno viene dato

dall’ “Associazione Capitali Europee

dello Sport” (ACES), un’associazione privata

no-profit, riconosciuta dalla Commissione europea

Le immagini di questo articolo sono tratte dal sito internet: http://www.sportland.fvg.it

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A livello Europeo, ACES rappresenta 28 nazioni e annual-mente assegna:

1 premio alla Capitale europea dello sport;38 primi alle Comunità Europee dello Sport;48 premi ai Comuni Europei dello Sport;48 premi alle Città Europee dello Sport;

Quanto costa candidarsi?La candidatura a “Comunità europea dello sport” costa1.800 euro fino a 18 comuni e 100 euro per ogni comunein più. Vanno inoltre aggiunte le spese per la visita del Co-mitato di Valutazione ( che dura tre giorni) e quelle per laredazione del Dossier informativo che va allegato alla do-manda.

Quali sono gli impegni dei vincitori?I vincitori si impegnano a rispettare il Regolamento e la rea-lizzazione degli obiettivi e delle attivita� esposte in sede dicandidatura, includendo la realizzazione di un congressointernazionale e la promozione dello sport a tutti i livellidella società. Alla conclusione dell’anno del Premio, do-vranno redigere una relazione delle attivita� svolte.

I vincitori devono inoltre sottoscrivere un accordo con ACESEuropa per cedere i diritti di immagine del premio stesso.Nell’accordo la “Comunità” si impegna anche a individuareuno o più sponsor partner, ognuno dei quali versa ad ACESEuropa una somma in base al numero degli abitanti dei co-muni coinvolti nel progetto. Nel caso di Sportland do-vrebbero essere 5.000 euro a sponsor. E’ altresì possibi-le pagare i diritti di immagine direttamente con i fondi pro-pri comunali: per la categoria “Comunità europea dellosport” ammontano a 10.000,00 euro.

Quali sono i vantaggi?ACES Europa si propone di promuovere lo sport tra i cit-tadini dell’Unione Europea; di sostenere l’iniziativa pub-blica e privata a favore dello sport, non solo dal punto divista professionale, ma anche come strumento di coesioneed integrazione sociale e di miglioramento della salute edella qualità della vita dei cittadini, in particolare verso ibambini, gli anziani ed i disabili. ACES sostiene i seguen-ti obiettivi:

Divertimento con l’esercizio fisicoDisponibilità a raggiungere gli obiettiviRafforzare il senso di appartenenza alla ComunitàImparare il fair playMigliorare la salute

Inoltre, attraverso la realizzazione di eventi sportivi, ACESsi impegna a promuovere la visibilità internazionale di tut-ti i Municipi premiati.

Cosa succede se non vengono rispettati gli impegni assunti?Nel caso di Sportland, se non ottempererà a quanto pre-visto dal regolamento e dal programma predisposto ai finidella candidatura, dovrà versare all’ACES 10.000 euro.

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L’attività dell’associazione ACES Europe, come risulta chia-ro da quanto sopra illustrato, si propone una serie di obiet-tivi che sono indubbiamente di alto profilo sociale e do-vrebbero/potrebbero contribuire a dare sostanza a quel-la parte del progetto Sportland che si prefigge lo svilup-po sostenibile del territorio e della qualità della vita del-la sua popolazione (quel termine “benstare”, che ad uncerto punto è scomparso dal brand del progetto…!). Finoad ora però questi aspetti non hanno avuto lo spazio chesarebbe loro spettato, essendo state privilegiate preva-lentemente le attività sportive in quanto tali (pur se rife-rite a sport minori e di maggior accessibilità), con una an-cor debole ricaduta sociale, che invece costituisce forsel’obiettivo principale dell’associazione ACES Europe.

In tal senso se questo riconoscimento può essere consi-derato un punto di arrivo, è ancor di più un punto di par-tenza verso il superamento della logica dello sport solocome evento, perseguendo invece la progressiva diffusionedei suoi valori educativi e sociali tra tutta la popolazionee le fasce d’età.

Se poi il progetto Sportland si propone come uno dei prin-cipali motori dello sviluppo di Gemona, del Gemonese enon solo, è opportuno che si confronti, proprio alla lucedella valenza strategica che può assumere il riconosci-mento ACES Europe, con due aspetti cruciali e contrad-dittori della realtà gemonese.

Se da una parte infatti si parla di un costante aumento deiflussi turistici e del crescente interesse per le attività mes-se in campo da Sportland, dall’altra colpisce la progres-siva perdita di ruolo e di funzioni ricettive, di ristorazionee di accoglienza (alberghi, bar, ristoranti) che si stanno re-

gistrando a Gemona nel suo centro storico. L’incrementodi interesse verso il territorio gemonese, cui tra l’altro stadando un forte contributo la ciclovia Alpe - Adria, non puònon essere collegato con un pari sviluppo dell’attrattivi-tà dell’offerta urbana di Gemona: affrontare questo temasta sicuramente all’interno del progetto Sportland, cosìcome è stato presentato fino ad ottenere il riconoscimentoeuropeo.

In secondo luogo, uno degli aspetti principali del proget-to Sportland, anzi la ragione stessa del premio ACES Europeè la partecipazione di più comuni al suo sviluppo. E que-sto essere “comunità dello sport” viene costantemente sot-tolineato dai promotori come valore centrale del progetto.Ma se ci si astrae dalla prospettiva sportiva, la realtà delGemonese restituisce una situazione in cui i rapporti trale amministrazioni comunali e, forse, anche tra le comuni-tà, non sono mai stati così divisivi ed a volte conflittuali.

Da quanto fin qui ragionato, la posta in palio è nel suo in-sieme importante ed è altrettanto importante che la po-polazione ne sia informata e consapevole. In questo casol’informazione passa in primo luogo per la pubblicizzazione(magari utilizzando la consueta formula della lettera a tut-te le famiglie, anche se gli attuali mezzi di comunicazionedanno la possibilità di arrivare a tutti in molti modi) del Dos-sier che ha accompagnato la domanda di partecipazionedi Sportland al premio ACES Europe, nonché della Rela-zione delle attività svolte, alla conclusione dell’anno delpremio. Se ci deve essere trasparenza verso l’Associazio-ne europea per quanto riguarda lo sviluppo del program-ma proposto, come pure degli obiettivi, è giusto che vi siala medesima trasparenza anche verso la popolazione.

ALCUNE CONSIDERAZIONI

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Lavori volontari per nuovi gemonesi

Dal marzo a settembre di que-st’anno ho avuto l’onore di esserenominato tutor per i lavori volonta-ri proposti ai richiedenti asilo ospi-tati in Godo, lì di Jeur, nell’ambito diun progetto, finanziato dall’UnioneEuropea e gestito a livello locale, daun punto di vista amministrativo,dalla Caritas diocesana.

Spesso questo tipo di attivitàsono confuse, anche nelle dichia-razioni di politici e giornalisti, con ilavori socialmente utili. Questi ulti-

mi però sono una forma di sostegnoal reddito di persone in difficoltà, ecome tali sono retribuiti, mentre i la-vori volontari sono del tutto gratui-ti (a parte ovviamente il tutor, re-sponsabile della sicurezza e concompiti di mediazione, formazionee coordinamento). In effetti sareb-be più chiaro chiamarli “volonta-riato”. Ma tant’è.

I lavori volontari sono pensati, alpari dei corsi di italiano o di altre at-tività, come strumenti dedicati a

creare ponti tra i nuovi e i vecchi ar-rivati in questo territorio, oltre na-turalmente ad offrire ai richiedentiun primo approccio al mondo del la-voro. Oltre al corso sulla sicurezzache gli viene impartito, i richieden-ti vengono formati ‘sul campo’ alleattività di giardinaggio, manuten-zione e pulizia delle aree verdi o cit-tadine in cui svolgono le loro attività,e naturalmente all’uso dell’attrez-zatura necessaria come decespu-gliatori e simili.

cultura>

di Igor Londero

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Tuttavia è per loro soprattuttoun’occasione per uscire dalla strut-tura che li ospita e sviluppare rela-zioni con la realtà del gemonese. La-vorandoci assieme (e sappiamoquanto possa unire le persone il la-voro condiviso, soprattutto se si trat-ta di superare barriere linguisti-che) ho potuto spiegare loro moltecose su come funziona la nostra so-cietà, sia nei suoi aspetti istituzio-nali che sociali. I richiedenti, una vol-ta passato il confine, conosconospesso solo forze di polizia e ope-ratori simili (nel loro caso la CRI),mentre in questi mesi ho avuto oc-casione di spiegargli cos’è un sin-daco, un consiglio comunale, oltrenaturalmente a farli interagire di per-sona con le strutture e gli operai co-munali.

Hanno potuto conoscere i nostriparchi, il castello, le piste ciclabili,le nostre vie, e molto spesso, du-rante i lavori hanno avuto l’occa-sione di scambiare due chiacchierecon le persone che si fermavano achiedere cosa stavamo facendo o acomplimentarsi per le nostre attività.

Pulendo il Polisportivo ho rac-contato loro della sala prove del-l’associazione ‘Un Blanc e un Nêri’,gli ho canticchiato la nota canzonespiegandogli che la nostra linguamadre è il friulano, e che quel ver-so significa che non ci interessa il co-lore di un vino (o di una persona)‘baste che al sedi bon’. Soprattut-to però gli ho raccontato quanta mo-bilitazione è stata necessaria per ot-tenere quella struttura, spiegan-dogli che tutto quello che abbiamo,in termini di diritti e servizi, è frut-to di lotte politiche e sindacali e nonè ‘rivât da rive jù’. Fatto che mi fapensare che anche molti nati inFriuli tendono a dimenticare.

Lavorando nel parco di via Dantemi sono ritrovato a rispondere alleloro domande sui conventi di frati esuore che sorgono lì attorno ed èsempre sorprendente raccontare

un fenomeno che noi diamo perscontato, come l’esistenza di unconvento o, per dire, del ‘voto di ca-stità’, ad una persona che non ne hamai sentito parlare. Ci costringe ariordinare le nostre conoscenze adun livello superiore, togliendociogni appiglio a facili luoghi comuni.I richiedenti, musulmani di origine,sono molto incuriositi dalla religio-ne cristiana, che identificano comela ‘nostra’ religione, e la cosa che piùli sorprende è quanto invece la no-stra società sia libera dalla religio-ne. Li sorprende che lo stato nonpossa intervenire se una suora de-cide di lasciare il convento e la suareligione, come li sorprende che iogli dica di non essere affatto catto-lico e che fino a pochi decenni fac’erano partiti condannati dallaChiesa ma votati da quasi la metàdegli elettori. Insomma non li sor-prende il cristianesimo, ma sonospiazzati dalla nostra libertà, e dalfatto che puoi essere friulano anchese sei ateo, buddista, ebreo e, quin-di, musulmano.

E poi lavorando in castello ho rac-contato loro del terremoto e di tut-to quello che rappresenta per noi.In via Glemine e in Silans, ho spie-gato cosa sono quei luoghi per mee per la borgata di Godo. Ecco, so-prattutto ho cercato di trasmettereloro l’amore che provo, che tutti ifriulani provano, per la terra che ciospita, per l’acqua che ci disseta,per la gente che ci accoglie.

Lavorando alle dipendenze del-l’ufficio tecnico, abbiamo operato invarie zone del gemonese ed in par-ticolare ci siamo occupati in modocompleto della manutenzione del-la pista ciclabile e soprattutto delParco di via Dante (credo facendo ri-sparmiare più di qualche migliaio dieuro alla cittadinanza) che abbiamosfalciato e spazzato per tutto il pe-riodo dei lavori. Poi ci siamo occu-pati a più riprese del sedime diMadonna delle Grazie, alle aree

esterne palestra ISIS di via Pravio-lai, delle scalinate adiacenti allaex chiesa di San Giovanni, dell’ulti-mo tratto di via Glemine, del per-corso vita.

Il progetto, da un punto di vistaoperativo, è stato riconosciuto comeestremamente utile dai tecnici delcomune che ci hanno coordinato enon sono mancati gli attestati di sti-ma, non ultimo il rilascio ai parte-cipanti di un attestato di parteci-pazione ai richiedenti asilo a firmadel Sindaco Urbani. Più soggettivala valutazione della sua riuscita intermini della creazione di legami. Intutta onestà credo che questo tipodi attività vadano difese e soste-nute, quantomeno se svolte po-nendo al centro il volontario e le sueesigenze di conoscenza e acco-glienza, e che possano portare ot-timi frutti.

Uno dei limiti, purtroppo, è la dif-ficoltà burocratica di dare conti-nuità al progetto legando i differentibandi tra loro. Per questo motivo ilavori volontari, terminati a set-tembre riprenderanno non primadell’anno venturo.

Infine non posso non ringraziarequanti hanno avuto un ruolo nellariuscita di questi lavori volontari,dall’Amministrazione Comunale, inparticolare la vicesindaca AdalgisaLondero che li ha fortemente volu-ti, fino al geom. Aurelio Picco che hacoordinato i lavori, senza dimenti-care Edi, Claudio Breute, Tonin, Fa-brizio e tutti gli altri operai comunaliche ci hanno seguito da vicino aiu-tandoci e sostenendoci in ognimodo.

E naturalmente, vanno ringrazia-ti i lavoratori volontari che giornodopo giorno si sono occupati direndere omaggio alla terra che liospita, come ospita tutti noi, con ilproprio lavoro.

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Di Man in Mancultura>

Di mano in mano passa l’accoglien-za, l’aiuto concreto, una parola di so-lidarietà.Di mano in mano nascono storie, rac-conti di vita, esperienze, speranze.

La realtà dell’Emporio Amico “di Manin Man” aperto presso la Casa del Pel-legrino (accanto al Santuario di San-t’Antonio) a Gemona, è complessa evariegata e non tutti la conoscono.Nasce grazie all’iniziativa delle as-sociazioni AVULSS (Associazione peril Volontariato nei Servizi Socio-Sa-nitari), l’ Associazione Volontari “SanMartino” di Artegna, il C.A.V. – CentroAiuto alla Vita, il Comitato per la So-lidarietà di Osoppo, il Gruppo Caritasdella Parrocchia di Gemona del Friu-li, il Coordinamento delle AssociazioniCulturali e di Volontariato Sociale diGemona del Friuli; grazie alla dispo-nibilità dei Frati Francescani che han-no messo a disposizione i loro loca-li e alla Caritas Diocesana per la ge-stione amministrativa e formativa.Conta sull’aiuto delle numerose vo-lontarie (circa una ventina) che con

tanta disponibilità donano una partedel loro tempo nella gestione del-l’Emporio Amico.La solidarietà ed il riuso sono i capi-saldi dell’Emporio: chiunque puòportare quello che non usa più eprendere ciò che serve con un’offer-ta libera che verrà poi consegnata alCentro di ascolto Caritas Foraniale.Non è una attività commerciale, ma unmodo nuovo di rispondere alle ri-chieste di vestiario e beni per la casae anche per contrastare lo spreco e fa-vorire il riciclo. Infatti, dopo i neces-sari controlli, la merce (che deve es-sere) pulita e in buono stato, vieneesposta a disposizione di tutti.Nel locale sono presenti numerosiscaffali pieni di vestiti, libri, articoli perla casa, scarpe, … Tutto si presenta inordine, grazie alle instancabili e la-boriose volontarie.La solidarietà passa anche attraver-so il riuso e per questo è aperto dav-vero a tutti: c’è chi passa per l’Em-porio per trovare il capo vintage, chiper curiosare tra “le cose di casa” echi trova gli indumenti per vestire la

sua famiglia; lo frequentano sia fa-miglie di stranieri che abitano nei no-stri paesi, ma anche famiglie friula-ne, e poi anziani e qualche pellegri-no, in cerca di un sacco a pelo per su-perare il freddo della notte e riparti-re il giorno seguente.La realtà di chi usufruisce dell’Empo-rio è davvero eterogenea: africani, ma-rocchini, bosniaci, kosovari, ma anchemolti friulani non solo Gemonesi, maprovenienti da tutto il territorio. Basti pensare che a circa tre anni dal-l’apertura sono entrate in Emporio piùdi 6000 persone, con una media di cir-ca 250 persone al mese.Ma qui non si viene solo per prende-re un cappotto o un paio di scarpe, maanche per creare relazioni, ascoltarele persone, ricevere qualche infor-mazione, creare amicizie o ritrovarsiper un saluto.“E’ una contaminazione di culture, lin-gue e colori. Proprio questa è la ric-chezza di questo luogo e l’obiettivoche vogliamo raggiungere: porre at-tenzione alle persone con le loro sto-rie di uomini e donne e non solo ai

l’Emporio Amico, aperto a tutti di Anna PiazzaCon la collaborazione di Piera Londero

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loro bisogni o necessità.” Ci raccon-tano le responsabili. E’ già successo e non è così difficileche accada ancora che, all’Emporio,famiglie di origini tunisine, maroc-chine, africane che non si vedevanoda tempo, si ritrovino inaspettata-mente e che con i loro saluti e ab-bracci trasmettano forti emozioni atutti i presenti.“ Siamo però consapevoli che l’inte-grazione resta uno dei problemi piùimportanti. Le lingue, le culture, por-tano con sè usi e costumi propri chenon sempre si comprendono vicen-devolmente.”Le volontarie si prodigano nell’ascol-to, cercando sempre il dialogo al finedi facilitare i rapporti, in particolarmodo con le donne straniere chespesso sono isolate e poco coinvoltein “ una vita familiare”più aperta.“Donare è un atto di carità e di amo-re verso il tuo prossimo, che può es-sere anche uno sconosciuto. Donaresignifica lasciare qualcosa nelle manidi altri, senza chiedere nulla in cam-bio. Il nostro compito all’Emporio èquello di far passare “di mano inmano” ciò che riceviamo, per darlo achi ne ha bisogno: ciò che non servepiù a te può servire ad altri e ciò chenon serve più ad altri può servire ate.” Spiegano le volontarie.Di storie lì ne passano tante; basta ri-manere qualche minuto ad osservare ilpassaggio di persone, per rendersiconto della molteplicità di culture, lin-gue ed etnie. Un caleidoscopio di vite,colori ed emozioni, sempre diverse.Per chi volesse visitare l’Emporio per

donare o prendere qualcosa, questisono i giorni in cui è aperto:

il mercoledì dalle 14.30 alle 17.00

il lunedì e il sabato dalle 10.00 alle 12.00

Gli oggetti richiesti sono: coperte, len-zuola e federe, cuscini, guanciali,borse e valige, zainetti, cellulari, qua-

dri, occhiali, tappeti, asciugamani, to-vaglie, scarpe (soprattutto da uomoe da bambino) vestiti di ogni tipo, pic-coli elettrodomestici, giocattoli e ma-teriale didattico per la scuola.

Per tutte le informazioni è possibilevisitare la pagina Facebook dell’Em-porio (Emporio Amico “di man inman”) e il sito internet: www.empo-rioamicogemona.jimdo.com

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Libris dapardut

“Libris Dapardut” è un nuovo ser-vizio nato dalla collaborazione tral’Assessorato Sociale e la Bibliotecadel Comune di Gemona ed è rivoltoa tutti coloro che per età o difficol-tà anche temporanea non possonorecarsi di persona in biblioteca. Neigiorni di martedì e giovedì un ope-ratore si recherà a domicilio di co-loro che avranno fatto richiesta perconsegnare o ritirare i libri da loroordinati: basta una telefonata!

Come fare per individuare il tito-lo adatto senza poter guardare esfogliare i libri, senza poter pas-seggiare con calma tra gli scaffali fa-cendosi attrarre e distrarre dai titolie dalle copertine? Come navigarenel vasto mare di libri, film, docu-mentari della nostra biblioteca sen-za recarsi in loco?

Queste domande portano al cuo-re del servizio “Libris Dapardut”, chenon è semplicemente un serviziodi consegna a domicilio, ma so-prattutto un modo per creare lega-mi, socialità e confronto; un modo,attraverso i libri, per mettere incontatto le persone e creare mo-menti di compagnia e ascolto. Gra-zie ad una chiacchierata con glioperatori al momento della conse-gna, oppure attraverso una telefo-nata in biblioteca, il cui personalesarà felice di poter ascoltare le esi-genze dei lettori, si spera di poter ve-nire incontro ai gusti particolari diciascuno.

La collezione della biblioteca èparticolarmente fornita e varia: dal-

la letteratura italiana e internazio-nale alla storia, dalla saggisticaagli hobby e al tempo libero senzatrascurare la letteratura di genere eper l’infanzia, sono alcuni degli ar-gomenti che si possono trovare su-gli scaffali. Inoltre è presente una ric-ca collezione di DVD comprenden-te film (classici e recenti) e docu-mentari geografici, naturalistici estorici.

Molto ampia è anche la collezio-ne di materiale riguardante la sto-ria, la cultura e la memoria della no-stra regione.

E’ possibile contattare la bibliotecatelefonicamente o tramite e-mail:in entrambi i casi il personale sarà di-sponibile a fornire le indicazioni per

buone pratiche>

di Alberto Antonelli

Il nuovo servizio della Biblioteca del Comune di Gemona

accedere al servizio e a prendere gliordini, ma anche a illustrare il patri-monio librario e multimediale e adare indicazioni e consigli di lettura.

Il catalogo della biblioteca è con-sultabile anche on-line e gli opera-tori saranno disponibili ad illu-strarne il funzionamento e ad ac-compagnare chi lo desidera nelprocesso di ricerca.

Post scriptum: il giorno 28 novembrealle 17:15 abbiamo ricevuto la primatelefonata! Una signora ultranovan-tenne ci ha contattato: speriamo diriuscire ad accontentarla!

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Mandi Mauro

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Umberto Palese una vita per Gemona e per lo sport

Il giorno 11 novembre presso lasede del CAI di Gemona, un nostroconcittadino, Umberto Palese, cheper motivi di salute ora si è tra-sferito in Germania assieme allamoglie, è stato il protagonista diun breve ma intenso incontro allapresenza del presidente, dellavice- presidente e di altri soci at-tivi dell'associazione.

Durante l'incontro Umberto Pa-lese ha offerto alcuni cimeli insuo possesso perché siano con-servati e valorizzati. La sua pas-sione per la montagna e per tuttigli sport che gravitano attorno adessa e nel contesto del suo lavo-ro- ai vertici di un'importante dit-

ta con sede a VERONA e operantenel settore sportivo e nella pro-duzione di materiale tecnico al-l'avanguardia- lo hanno portato aconoscere e collaborare con alpi-nisti di fama mondiale. Parecchianni fa conobbe un giovane e pro-mettente alpinista di Vicenza, Re-nato Casarotto, che in breve si sa-rebbe rivelato un fuoriclasse econ il quale Umberto ha strettouna profonda amicizia durata finoalla sua tragica scomparsa dopouna scalata sull'HIMALAYA.

Dopo alcune importanti impre-se alpinistiche Renato Casarotto gliha donato due piccozze e due

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

martelli da ghiaccio firmati, usa-ti nel 1977 (ascensione all' HUA-SCARAN parete NORD in PERU' mt.6.654 e nella scalata in ALASKA alMC KINLEY VERSANTE SUD-ESTmt. 6.194).

La sensibilità del nostro con-cittadino, la sua generosità el'amore per la sua terra nativa èstata continua . Negli anni in cui èstato dirigente ha sponsorizzatoanche in ambito locale diverseattività sportive e culturali con lariservatezza e la disponibilità chelo contraddistinguono, come inquesta occasione.

Giuliano Facchin

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"NATALE"

I bambini nati nelle stive dei clandestini,destinati a non sopravvivere in mare, sono chiamati Gesù. Un Gesù che nascesempre in attesa di un ascolto, "con pazienza anniversaria" ma che "resta meno di un'ora" perché vivere ha già vissuto e dire ha detto".

ERRI DE LUCA

KAHLIL G IBRAN "IL PROFETA"

Alcuni di noi sono come l'inchiostro, altri come la carta. Se non fosse per il nero di alcuni, altri sarebbero muti. Se non fosse per il bianco di alcuni, altri sarebbero ciechi.

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Lamps! Lamps!Lamps!

Le nestre regjon, intindude come organisim public di guviêr,no tant timp fa e à emanat une le� par svilupâ e progjetâ un“Plan Paesagistic Regjonâl” dulà che e da le pussibilitât a Co-muns, miôr se riunîs e in plui di lôr, di studiâ e aprofondî letematiche dal propi teritori sot un aspiet paesagistic. Vual-tris o disarês o a pensarês:

“Ma no esistial �a il Plan Regoladôr Comunâl?”. Vere e ju-ste osservazion (lis osservazions si fasin ancje pal Plan Re-goladôr, brâfs, finalmentri o fasês une ancje vualtris) ma, joo crot che le Regjon e tenti di resonâ in grant, al è il so com-pit, e a domandi  jutori al piçul (partì di sot par rivà parso-re). Nuie di miôr e alore tentin di svilupâ un pinsîr.

Glemone, citât , Glemone, 11000 e cjichis animis, Glemo-ne, tornade su e capital, Glemone, citât dal sport, Glemone,citât dal ben stâ; dutis chestis robis e son veris ma pûr jes-sint veris si puedino miorâ? E ie cheste le domande profon-de a cui o varessin di rispuindi o cirî di rispuindi, al è chest,o crot, che e domandi le Regjon parcè che se si miore intalpiçul si miore di conseguence ancje il grant.

Jo o crot che nô, glemonàs, o sedin une vore fortunâts, osin a stâ intun puest bielissim, al inizi des monts, dongje dasculinis, dal plui grant lat de regjon, no lontan dal mâr, da Au-strie e da Slovenie, ce podìno domandâ di plui? Nuie o no?Jo o crot che o varessin di domandâ di plui, no par noatris mapar chei che vignaran dopo di nô che sidin fis, nevôts o domefruts. E son lôr che continuaran a puartà indenant le nestreidentitât.

E alore ce idee vino nô par miorà chest? Però par prime robecjalin un tichinin il teritori dal comun: a nord o vin lis montsche sot une cierte cuote e son plenis di boscs, a ovest e estil teritori al è miscliçât tra monts, plane e riu o flums, a sudplane sierade da flums e culinis. Le grande part de tiere è jêmont e boscs, il teren cultivabil al tache in pratiche di Stalise al va jù te plane, tiere di grave dome in fonts, viers Buie untic di tiere fonde, di palût. Le plane dulà che al sarès il terenplui bon, bon par mut di dì, e ie stade jemplade di cjasis e ca-panons robant chel poc teren a agriculture. �a dome scrivintcussì o podin viodi e maraveâsi de complessitât e bielece da“terrae glemonensis”, il latin mi semee obligatori par da pluifuarce al dut, monts, boscs, culinis e cjamps ma soredut aghis;aghis e risultivis par dut; canai, riui piçui e grancj, flums chenassin e che traviersin il teritori cjapitanats da che bieleceimense dal Tiliment, un dai ultins vêrs flums d’Europe.

Le citât, no plui vecje e ie poiade li tal “coniode”, tu le vio-

dis di lontan rivant in machine, di gnot segnade di serpins dilûs che si sburtin su pe mont, un puest magnific pal “ben sta-re”, puest magnific pal turisim, no dome “mordi e fuggi” madal restà par cjaminâ e viodi dutis lis sôs bielecis ancje cul-turâl.

E alore? Alore parcè no si puedial pontà a creà il prin Co-mun in Friûl, no sai in Italie, “slow” e biologjic. Intal teritoriagricul, chel poc restât, e son ciertis piçulis realtâts che stan�a lavorant in chel sens, tra mil dificoltâts, tra mil ideis parmiorà ancjemò il nestri vivi. O savìn, al è �a stât scrit une vol-te timp fa in chest gjornalin, che un pionîr, tal vêr sens de pe-raule, al à tornât a puartà le pire (farro) a Glemone , altris cumòe stan viodint se il forment dûr, chel par fîâ le paste par in-tindisi, al ven ancje chi. Cualchi d’un, al sta tentant di fâ lepaste cu le farine di pire, cualchi d’un al fâs succo di miluçs,cualchi d’un al coltive ortagjos, chel altri al fâs il vin e vie di-sint. E alore parcè simpri plui contadins sierino barache e bu-ratins, parcè che no rivin a la indenant? Parcè une personeche crôt inte tiere scugnial rimeti francs e timp par podè la-vorà e crodi intun mont miôr?

Picjâsi a grande distribuzion al fas sparagnà tancj francs e intche va a fa le spese, e cope cui cal prodûs e al lavore le tiere.

Parcè no si puedial, cu lis realtâts �a in jessi intal terito-ri, fa un pat di sussistence, dulà che i agricultôrs e produsini lôr prodots, i fornârs, i becjârs e cjolin chei prodots a un pre-si adeguât dulà che nissun al piert nissun al mûr. Parcè nosi tachial a proponi, a cunvinci il consumadôr, che mangja miôre plui san i fâs ben a lui, al teritori, e int di chel teritori, ai soifîs e ai soi nevôts e no es multinazionâl che si ingrassin sule sô salut? E son esperiencis �a fatis chi in Friûl, e funzio-nin e è van indenant.

E alore, agriculture biologjiche, comun biologjic, teritori ma-gnific, colegat di trois, pistis ciclabil che passin tai cjamps,tai boscs, dongje lis aghis, bielecis naturâl e ancje bielecisculturâl, il tesaur dal Dome, vie Bini, S. Antoni e ancjemò alc.Int formade par puartâ atôr i turists, agriturismos e B&B, ri-storantuts e ostariis che vendin ce che al ven produsût a chi,no lontan, a chi al vêr “chilometro zero”.

E chest al podarès jessi un biel aiut al Plan Paesagistic Reg-jonâl, une biele scomesse par archites, tecnics e politics chevedin di crodi intal futûr dal propri pais e chest si verementrial volarês di fa une grande scomesse pal futûr dal teritori.

Une grande scomesse, un grant progjet, un grant sium parGlemone e il Friûl.

Plan Paesagistic Regjonâl e citât dal ben stâ Riceviamo e volentieri pubblichiamo

di Lionello Patat

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dalla redazione >

Gentili lettori...Informiamo che per cause indipendenti dalla nostra volontà si potrà riscontrare qualche disservizio nella distribuzione di Pense e Maravee in alcune zone di Gemona. In questo caso per ricevere il giornalepotete far riferimento a questo recapito - [email protected] - oppure al numero 3427519201.

RICORDIAMO INOLTRE CHE E' POSSIBILE RITIRARE GRATUITAMENTE COPIE DI PENSE E MARAVEE nei sottostanti punti indicati e nella sede delle Associazioni in via San Giovanni 20, martedì e venerdì dalle 17.00 alle 18.00.

OSPEDALETTO:Supermercato MAXÌVia Nazionale

ZONA STAZIONE: Edicola BellinaPiazz.tta Bertagnolli

CENTRO STORICO:Edicola Bar Postavia Caneva

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di Lionello Patat

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buon 2018chei di Pense e Maravee