Diretta da LUCIANO M. QUATTROCCHIO · Guido Giovando – Mario Grandinetti – Valeria Miraglia –...

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Diretta da LUCIANO M. QUATTROCCHIO Marzo 2017 News G. Giappichelli Editore – Torino

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Diretta da LUCIANO M. QUATTROCCHIO

Marzo 2017

News

G. Giappichelli Editore – Torino

Variazioni sui temi di Diritto del lavoro Fasciolo 1|2016

  

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Marzo 2017

Comitato di Direzione

Luciano M. Quattrocchio (Direttore) – Monica Cugno (Vice-Direttore) – Maurizio Cavanna (Segretario) – Diana Fahey (Consulente linguistico)

Comitato Scientifico

Guido Bonfante (Presidente) – Giacomo Büchi (Vice-Presidente) – Giuseppe Vanz (Segretario) – Daniele Ciravegna – Sergio Foà – Aldo Frigani – Patrizia Grosso – Bruno Inzitari – Fiorella Lunardon – Giovanni Ossola – Alessandra Rossi

Comitato di Redazione

Carlo Majorino (Presidente) – Francesco Cappello (Vice-Presidente) – Maria Maccarrone (Segretario) – Fabrizio Bava – Cecilia Casalegno – Margherita Corrado – Anna Cugno– Alain Devalle – Paolo Fabris – Elena Gentile – Francesco Gerino – Guido Giovando – Mario Grandinetti – Valeria Miraglia – Bianca Maria Omegna – Elena Piccatti – Anna Maria Porporato – Michele Ricciardo Calderaro – Maurizio Ri-verditi – Fabrizia Santini – Alessandro Terzuolo – Andrea Trucano – Gabriele Varrasi – Barbara Veronese – Alessandro Vicini Ronchetti

Collaboratori di Redazione

Annalisa Avagnina – Alessandro Avataneo – Marco Bargagli – Fabrizio Bava – Federica Bellando – Valentina Bellando – Giulia Brunelli – Francesco Cappello –

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Cecilia Casalegno – Giovanni Castellani – Maurizio Cavanna – Margherita Corrado – Chiara Crovini – Anna Cugno – Monica Cugno – Alain Devalle – Paolo Fabris – Alessandro Favata – Alberto Franco – Francesca Gastaldi – Elena Gentile – France-sco Gerino – Guido Giovando – Mario Grandinetti – Melchior E. Gromis Di Trana – Francesca Grillo – Cecilia Limone – Aldo Lipani – Maria Maccarrone – Carlo Majo-rino – Valeria Miraglia – Roberta Monchiero – Antonio Morone – Luisa Nadile – Davide Nizza – Bianca Maria Omegna – Davide Papuzzi – Alessandro Pastore – Ele-na Piccatti – Anna Maria Porporato – G. Quaranta – Michele Ricciardo Calderaro – Maurizio Riverditi – Ferdinando Rombolà – Fabrizia Santini – Alessandro Terzuolo – B. Tessa – Andrea Trucano – Gabriele Varrasi – Barbara Veronese – Alessandro Vi-cini Tronchetti – Emanuele Zanalda – Daniele Zaniolo

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News Marzo 2017  

1. News di diritto civile e commerciale (A. Avataneo – F. Bellando – M. Cavanna – A. Favata)

2. News di diritto delle procedure concorsuali (F. Grillo – L. Nadile – B.M. Omegna – A. Pastore)

3. News di diritto degli intermediari finanziari (V. Bellando – R. Monchiero – G. Quaranta – L.M. Quattrocchio)

4. News di diritto del lavoro (G. Castellani – F. Gerino – V. Miraglia – F. Santini)

5. News di diritto amministrativo (E. Gentile – A.M. Porporato – M. Ricciardo Calderaro)

6. News di diritto tributario (M. Bargagli – A. Franco – M. Grandinetti – A. Lipani

A. Terzuolo – B. Tessa –A. Vicini Ronchetti)

7. News di diritto penale (G. Brunelli – C. Limone – A. Morone – E. Piccatti – M. Riverditi

F. Rombolà – A. Trucano – E. Zanalda)

8. News di diritto internazionale e comunitario (P. Fabris – G. Varrasi – B. Veronese)

9. News di economia aziendale (F. Bava – C. Crovini – A. Devalle – G. Giovando – M. Gromis di Trana)

 

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1. NEWS DI DIRITTO CIVILE

E COMMERCIALE (A. Avataneo – F. Bellando – M. Cavanna – A. Favata)

Le associazioni che prevedono la revisione devono rispettare rigorosa-mente la disciplina del d.lgs. 39/2010

La Nota del 28 febbraio 2017, emessa dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del MEF, chiarisce come la disciplina della Revisione Legale risulti appli-cabile anche agli enti diversi dalle società di capitali e, nello specifico, agli enti asso-ciativi dotati di personalità giuridica, nei quali la revisione stessa sia prevista da appo-sita clausola statutaria. Nella suddetta Nota si precisa peraltro che la revisione in og-getto è obbligatoria solamente per le società per azioni e, a determinate condizioni dettate dall’art. 2477 c.c., per le società a responsabilità limitata. Nulla vieta di confe-rire incarichi di revisione legale al di fuori dei casi nei quali la revisione stessa è ri-chiesta come obbligatoria. Tuttavia anche laddove la revisione non sia imposta da legge, dovrà rigorosamente osservarsi la disciplina del d.lgs. 39/2010.

Nullità della delibera assembleare per mancata convocazione del socio

Il Tribunale di Roma, con Sentenza del 17 ottobre 2016, n. 19326, ha affermato che la deliberazione assunta dall’assemblea (straordinaria) di una società di capitali alla quale non abbia preso parte un socio, in quanto non convocato, è nulla per difetto di convocazione, anche nel caso in cui l’omessa convocazione riguardi un socio la cui partecipazione al capitale sociale non avrebbe, in ogni caso, potuto influire né sul quorum deliberativo, né concretamente sull’esito della votazione. Nel caso de quo, il socio di una s.p.a. – titolare di una partecipazione pari al 7% del capitale sociale – so-steneva di aver casualmente appreso dell’avvenuto svolgimento dell’assemblea straordinaria della società stessa, che aveva comportato l’adozione di deliberazioni inerenti alla modifica di alcune clausole dello statuto sociale. Il socio assente aveva,

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dunque, invocato l’art. 2479 c.c., il quale prevede la nullità della deliberazione as-sembleare in caso di mancata convocazione dell’assemblea.

Amministrazione disgiuntiva nelle s.n.c.: rendiconto annuale dell’amministrazione e rendiconti di settore

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 3 febbraio 2017, n. 2962, ha affermato che, pur in regime di amministrazione disgiuntiva, anche agli amministratori di una s.n.c. non deputati alla gestione di una specifica attività o di un determinato settore – la cui amministrazione sia stata rimessa, in via esclusiva, ad altri soci-amministratori della società – compete, nondimeno, un generale diritto di essere notiziati circa l’andamento e lo svolgimento degli affari sociali, diritto la cui estensione non si limita alla mera informazione derivante dalla consultazione del rendiconto annuale dell’amministrazione, ma si estende alla conoscenza dei dati relativi anche alla speci-fica attività da altri gestita, risultanti dai rendiconti di settore. Nella fattispecie, la so-cietà svolgeva attività diverse, delle quali una (di gestione di un’azienda agrituristica), pur nell’ambito del regime di amministrazione disgiuntiva, era stata affidata in via esclusiva ad uno solo dei soci. Ne deriva che il rendiconto annuale dell’amministrazione avrebbe necessariamente dovuto tenere conto dei risultati della gestione di quell’attività (risultanti dal rendiconto di settore). La Suprema Corte, muovendo dalla distinzione tra il rendiconto annuale di amministrazione, cui sono te-nuti tutti gli amministratori, e il conto della gestione di una specifica attività, ad opera del singolo socio-amministrazione cui risulti affidata la conduzione di quella determi-nata attività, ha affermato che il primo documento contabile (annuale) ricomprende necessariamente anche i dati relativi allo svolgimento della specifica attività e che il secondo (relativo alla specifica attività) espleta una funzione propedeutica rispetto al primo. La redazione degli specifici rendiconti di settore, anche in regime di ammini-strazione disgiuntiva – osserva la Corte – compete ai singoli amministratori ai quali ne sia stata affidata la gestione e, per converso, ai soci non amministratori spetta il di-ritto, ex art. 2261 c.c., di ottenerne il rendiconto (ossia il conto della specifica gestio-ne). Inoltre, a fortiori – secondo la Suprema Corte – detto diritto di specifica informa-zione (risultante dal rendiconto di settore) compete anche agli altri soci-amministratori, cui non è rimessa l’amministrazione di quella specifica attività, i qua-li, proprio tenendo conto dei dati e delle informazioni contenuti nei rendiconti di set-tore, devono redigere il rendiconto (annuale) dell’amministrazione della società.

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Nelle s.r.l. il socio amministratore vota sulla revoca dell’incarico

Il Tribunale di Milano, con Sentenza del 20 ottobre 2016, n. 11519, ha affermato che il socio amministratore ha diritto di votare sulla sua stessa revoca dalla carica so-ciale, quando oggetto della delibera sia la sola revoca e non anche l’azione di respon-sabilità. Al riguardo, il Tribunale di Milano ha ritenuto non conferente il riferimento all’art. 2479-ter, comma 2, c.c. (norma in tema di conflitto di interesse) per sostenere che il socio amministratore non possa votare sulla sua revoca (né il suo voto possa conteggiarsi nel quorum deliberativo), atteso che, proprio a norma dell’art. 2479-ter, comma 2, c.c. il socio (di s.r.l.) in conflitto di interessi può, viceversa, votare – di tal-ché, pur considerandolo in conflitto di interessi, anche il socio amministratore può vo-tare sulla sua stessa revoca dalla carica) –, salva l’impugnabilità della delibera assunta con la partecipazione del socio in conflitto di interessi qualora la stessa possa recare danno alla società.

I soci che rappresentano almeno il 5% del capitale possono impugnare il bilancio privo di rilievi

Il Tribunale di Roma, con Sentenza del 1° febbraio 2016, n. 1949, affronta il tema dell’invalidità e dell’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio. Il Tri-bunale dapprima ribadisce l’autonoma rilevanza del principio di chiarezza (rispetto a quelli di verità e correttezza), dalla cui violazione discende la nullità della delibera di approvazione del bilancio, e afferma il principio generale secondo il quale tutte le di-sposizioni del Codice Civile relative al bilancio hanno natura imperativa. Il Tribunale precisa poi come la delibera di approvazione del bilancio possa presentare vizi di na-tura sia sostanziale – che comportano la nullità della relativa delibera per illiceità dell’oggetto – sia vizi formali – che, se accertati, possono condurre all’annullamento della medesima delibera, a seguito dell’impugnazione da parte dei soci assenti, dis-senzienti o astenuti –. Il Tribunale aggiunge che il limite percentuale previsto dall’art. 2434-bis c.c. (in base al quale come noto si prevede che «la legittimazione ad impu-gnare la deliberazione di approvazione del bilancio su cui il soggetto incaricato di ef-fettuare la revisione legale dei conti ha emesso un giudizio privo di rilievi spetta a tanti soci che rappresentino almeno il cinque percento del capitale sociale») può esse-re raggiunto anche congiuntamente, in ciò confermando l’esegesi testuale della nor-ma.

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Check list. Assirevi aggiornate con le novità introdotte dal d.lgs. 139/2015

Sono state pubblicate sul sito Assirevi, nella sezione “Check-list”, le liste di con-trollo relative ai principi di redazione del bilancio d’esercizio e consolidato, che ten-gono conto della pubblicazione, in versione definitiva, degli OIC aggiornati a seguito dell’introduzione del d.lgs. 139/2015. Le novità più rilevanti contenute in tali liste di controllo – che derivano dall’applicazione dei nuovi OIC – concernono, in particola-re: l’iscrizione in bilancio degli strumenti derivati valutati al fair value; l’adozione del criterio del costo ammortizzato per l’iscrizione dei crediti, debiti e titoli; l’eliminazione dall’attivo patrimoniale delle spese di ricerca e di pubblicità; l’iscrizione delle azioni proprie a riduzione del patrimonio netto; l’obbligo di reda-zione del rendiconto finanziario. Si rileva come risultino essere di particolare interes-se, nell’ambito delle varie voci di bilancio, le domande di controllo relative alle di-sposizioni di prima applicazione, nonché quelle relative ai cambiamenti di principi contabili. Per ciascuna domanda dovrà essere inserita una spunta nella colonna ap-propriata, in particolare: “SI, NO, N/A”. La risposta “NO” dovrebbe poi essere ac-compagnata da un’esauriente spiegazione o da un riferimento alle carte di lavoro pre-disposte dal revisore.

Conversione automatica delle s.r.l. a capitale ridotto in semplificate

La Lettera Circolare n. 132263/2016 del Ministero dello Sviluppo afferma che le “vecchie” s.r.l. a capitale ridotto non devono attivarsi per la conversione in s.r.l. sem-plificate, in quanto la nuova indicazione viene conseguita in maniera automatica da parte di un servizio di InfoCamere. A tal fine si richiama il d.l. 76/2013 che, nell’ambito di un più ampio intervento di riordino della disciplina prevista per le s.r.l., aveva abrogato tali società a capitale ridotto. Il Ministero dello Sviluppo economico ha fornito alcuni chiarimenti in merito alle modalità operative di tale conversione au-tomatica ad opera di un servizio reso disponibile da InfoCamere che implica: la sosti-tuzione del dato “forma giuridica” riportato in certificato, nonché l’inserimento d’ufficio nell’elenco cronologico degli eventi iscritti del testo “Modifica d’ufficio – SRL a capitale ridotto riqualificata in società a responsabilità limitata semplificata”. Ai fini dell’attivazione della procedura di conversione sono necessari i seguenti tre requisiti: la società non deve risultare cessata dal Registro delle Imprese; deve avere natura giuridica di “società a responsabilità limitata a capitale ridotto”; infine, non deve risultare in aggiornamento. Al permanere di tali condizioni viene aperto un pro-tocollo d’ufficio per le s.r.l. a capitale ridotto, che, a seguito della conversione, ripor-teranno l’indicazione di s.r.l. semplificate.

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Il rimborso dell’amministratore è ingiusto se provoca danno alla società

La Corte di Cassazione, con Sentenza 8 marzo 2017, n. 11112, ha preso posizione su un caso di contestazione del reato previsto dall’art. 2622 c.c. “ante riforma” (prima cioè della riforma delle false comunicazioni sociali di cui alla l. 69/2015, allorché l’art. 2622 c.c. puniva le condotte che comportavano un danno patrimoniale nei con-fronti dei soci, della società e dei creditori). Nella specie, l’amministratore unico di una società veniva incolpato di reati di appropriazione indebita aggravata, nonché del-la violazione dell’art. 2622 c.c. per aver esposto nei bilanci e nelle altre comunicazio-ni sociali fatti non corrispondenti al vero. La difesa dell’amministratore era fondata sull’obiezione che le somme sottratte costituissero in realtà il rimborso di finanzia-menti che lo stesso aveva a suo tempo erogato alla società, con la conseguenza che la loro restituzione non determinava né un ingiusto profitto né un danno. La Suprema Corte sul punto ha affermato che l’amministratore non era invece legittimato a prele-vare somme anticipate alla società, in mancanza di una delibera assembleare che au-torizzasse tale prelevamento, e comunque in difetto dell’osservanza dell’art. 2467 c.c. E, comunque, nella specie il credito alla restituzione del prestito era carente dei carat-teri di certezza, liquidità ed esigibilità: ciò era sufficiente ad escludere la scriminante addotta dall’amministratore, perché l’azione di quest’ultimo era volta a conseguire un illegittimo vantaggio.

Gli onorari degli ausiliari dei consulente tecnico d’ufficio

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 16 febbraio 2017, n. 4191 si è pronun-ciata in merito agli onorari degli ausiliari dei consulenti tecnici di ufficio, incaricati dal giudice al fine dello svolgimento di attività strumentali di supporto non meramen-te esecutive. La Suprema Corte ha affermato che, diversamente dalle spese sostenute dal consulente tecnico per l’adempimento dell’incarico, soggette a rimborso subordi-natamente alla produzione della documentazione, le «spese per attività strumentali svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente sia stato autorizzato ad avvalersi» so-no determinate sulla base delle tabelle di cui all’art. 50 del D.P.R. 115/2002 (si tratta della liquidazione operata dal magistrato di un compenso per un’attività non mera-mente esecutiva svolta dall’ausiliario, configurabile come prestazione professionale). Inoltre la Suprema Corte ha escluso l’applicazione della maggiorazione del 40%, rela-tiva agli incarichi collegiali, ritenendo di non ricondurre la prestazione in oggetto a tale tipologia.

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La compensazione di un credito da finanziamento soci e la posterogazione

Il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia d’impresa, con Sentenza del 6 febbraio 2017, si è pronunciata – in via generale – sulla possibilità per un socio di compensare un credito da finanziamento che lo stesso vanti verso la società finanziata con il debito che il medesimo ha nei confronti della stessa società in conseguenza del-la sottoscrizione di un aumento di capitale a pagamento; e più specificamente, in rife-rimento al rapporto tra la compensabilità del debito da aumento di capitale ed il prin-cipio di postergazione dei finanziamenti dei soci (art. 2467 c.c.). Quanto al primo, più generale, argomento, ha osservato come, al fine di individuare il diverso atteggiarsi della compensazione, occorre, in concreto, distinguere, a seconda che si tratti o meno di crediti pecuniari certi, liquidi ed esigibili, fra compensazione legale ai sensi dell’art. 1243 c.c. – che non richiede il consenso della società (operando ex lege) – e compensazione volontaria ex art. 1252 c.c. – che, potendo operare anche in mancanza dei presupposti per la compensazione legale (ossia quando non si tratti di crediti pe-cuniari certi, liquidi ed esigibili) sul presupposto che vi sia l’accordo delle parti, ri-chiede, di converso, il consenso della società –. Quanto, invece, al secondo, più speci-fico, tema, il Tribunale ha osservato come non sia compensabile il credito da finan-ziamento soci postergato ex art. 2467 c.c., atteso che: «la postergazione legale, preva-lendo sul regolamento negoziale, esige il rispetto della preferenza dei terzi, con la conseguenza che la soddisfazione degli altri creditori si pone come condizione so-spensiva al diritto al rimborso, idonea, in particolare, a produrre l’effetto di proro-gare ex lege la scadenza del finanziamento sino al momento di suo avveramento e ad impedire in tal modo l’esigibilità del credito del socio, la quale deve reputarsi sospe-sa sino alla soddisfazione degli atri creditori. Ciò posto [….] va da sé che l’art. 2467 c.c. è ostativo all’operare tanto della compensazione legale, mancando il requisito di esigibilità di uno dei due crediti, quanto della compensazione volontaria in quanto l’amministratore della società ha il dovere di opporre la postergazione del finanzia-mento del socio».

Il trust quale insieme di rapporti giuridici intestati al trustee

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 27 gennaio 2017, n. 2043, si è pronun-ciata in merito all’istituto giuridico del trust, ribadendo l’orientamento precedente-mente affermato, vale a dire che il trust non risulta né una persona giuridica né un en-te dotato di soggettività giuridica, bensì un insieme di rapporti giuridici, posti in esse-re in favore di uno o più beneficiari. Come è noto, il trust fa capo al trustee, soggetto proprietario di determinati beni e titolare di determinati rapporti giuridici

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nell’interesse dei beneficiari del trust; pertanto il trustee dispone dei diritti di cui è ti-tolare ed è l’unico referente nei confronti dei terzi. Nella fattispecie, un creditore agi-va nei confronti di un trust, trascrivendo il pignoramento contro lo stesso; tuttavia, il giudice di merito dichiarava l’improseguibilità dell’esecuzione, in quanto rilevava inesistente il trust quale soggetto giuridico. Di conseguenza, il creditore ricorreva in Cassazione, la quale rigettava il ricorso, confermando l’improseguibilità dell’esecuzione e precisando che il trust non è un ente dotato di personalità giuridica, ma un semplice insieme di beni e rapporti destinati ad un determinato fine e sotto il controllo di un trustee, legittimato nei rapporti con i terzi. Invero, l’impossibilità di identificare un soggetto esecutato dal punto di vista giuridico comporta una fattispe-cie impossibile secondo le norme dell’ordinamento, e pertanto nulla.

Concorrenza sleale pura, la competenza non è delle sezioni specializzate

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 7 marzo 2017, n. 5656, muovendo dal ri-lievo che con il d.lgs. n. 168/2003 sono state costituite le sezioni specializzate in ma-teria di proprietà industriale e intellettuale, competenti per ciò che concerne le con-troversie afferenti alla concorrenza sleale, afferma che tali sezioni devono ritenersi effettivamente abilitate a decidere in tema di concorrenza sleale solo allorché ricorra una interferenza tra la concorrenza sleale medesima e la tutela della proprietà indu-striale o intellettuale, cioè «nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettua-le»; oppure nelle ipotesi in cui «ai fini della decisione sulla domanda di repressione della concorrenza sleale o di risarcimento dei danni, debba verificarsi se i compor-tamenti asseritamente di concorrenza sleale interferiscano con un diritto di esclusi-va». Di qui la conclusione che, in caso di concorrenza sleale “pura” (cioè non interfe-rente con la tutela della proprietà industriale o intellettuale), la competenza non è del-le sezioni specializzate ma di quelle ordinarie.

L’iscrizione del revisore nella sezione inattivi non comporta la decadenza dalla carica di sindaco

Assonime, nel Caso del 17 marzo 2017, n. 4/2017, afferma che il passaggio del sindaco di una società quotata nella sezione del Registro dei revisori legali dedicata ai soggetti inattivi non comporta la decadenza dall’incarico in quanto non si determina la perdita del requisito di iscrizione al Registro stesso. Assonime perviene a tale con-clusione tenendo conto delle norme attinenti al requisito della professionalità richieste

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ai sindaci nelle società con azioni quotate, le quali devono scegliere i membri del col-legio sindacale tra gli iscritti nel Registro dei revisori legali, e considerando le dispo-sizioni attinenti alla sezione del Registro che include i revisori legali inattivi, il cui passaggio può avvenire d’ufficio se risulta che il professionista non ha assunto incari-chi di revisione per tre anni consecutivi, oppure su richiesta dello stesso professioni-sta sulla base del fatto che non abbia assunto sino a quel momento incarichi di revi-sione, anche per un periodo inferiore a tre anni. Assonime conclude affermando che l’iscrizione tra gli inattivi non comporta la perdita dei requisiti sostanziali che atten-gono allo status giuridico del professionista «che potrebbe risultare modificato uni-camente da provvedimenti sanzionatori che portino alla cancellazione oppure alla sospensione».

Il sindaco/revisore della partecipata non è revocabile dopo le elezioni co-munali

Il Consiglio di Stato, con Sentenza del 15 febbraio 2017, n. 677, ha affermato che il sindaco/revisore di una società partecipata da parte di un Comune non può essere revocato dalla nuova amministrazione che subentra in seguito alle elezioni comunali, in quanto non sussiste alcun rapporto fiduciario con la precedente amministrazione. La Sentenza trae argomento dall’art. 39 della Direttiva 2006/43/CE, secondo la quale gli Stati membri devono assicurare che la revoca e le dimissioni dei revisori lega-li/società di revisione può avvenire solamente per giusta causa (conformemente alla prescrizioni degli artt. 2399 e 2400 c.c.). L’assenza di un collegamento fiduciario tra organo che elegge e soggetto eletto una volta che si è perfezionata la nomina era del resto già stata affermata dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sentenza n. 3915/2008).

La relazione di revisione sul bilancio: linee guida per casi particolari

È stato pubblicato il Documento di Ricerca Assirevi n. 198R “La relazione di revi-sione sul bilancio: linee guida per casi particolari” che sostituisce il Documento di Ricerca n. 198 (Aprile 2016), aggiornato per tenere conto delle modifiche introdotte dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. 139/2015 sulla disciplina del codice civile relativa al conte-nuto del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato, in particolare con riguardo al-la previsione dell’obbligo di predisporre il rendiconto finanziario. Il Documento co-stituisce necessario riferimento per le relazioni di revisione su bilanci redatti in base ai principi contabili italiani in forma ordinaria. Nella sua redazione gli estensori han-no altresì tenuto conto delle modifiche apportate dal d.lgs. 135/2016 all’art. 11 del

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d.lgs. 39/2010 in materia di principi di revisione. Lo scopo del Documento di Ricerca è dunque quello di fornire alcuni modelli di relazione riguardanti specifici incarichi di revisione contabile del bilancio, nonché di suggerire alcuni esempi afferenti ai para-grafi “Altri aspetti” e “Relazione su altre disposizioni di legge e regolamentari”, che non hanno costituito oggetto di trattazione nella parte “Linee guida ed altro materiale esplicativo” degli ISA Italia.

La liquidazione di una società falsa

Il Tribunale di Milano, Sezione Imprese, con Decreto del 30 dicembre 2016, n. 3624, ha respinto l’Istanza di cancellazione – presentata dal Pubblico Ministero – di una s.p.a. costituita con procura falsa ed un falso versamento del capitale sociale, di-sponendo che nella fattispecie occorre dar corso ad una Procedura di liquidazione del-la società falsamente costituita. La pronuncia in esame è fondata su alcuni principi ri-tenuti inderogabili, vale a dire gli artt. 2330, 2331 e 2332 c.c., che prevedono rispetti-vamente che l’iscrizione dell’atto costitutivo al Registro delle Imprese ha efficacia costitutiva e con essa la società acquisisce la personalità giuridica.

Diritto di recesso per la fusione che trasforma la holding in società opera-tiva

Il Tribunale di Roma, con Sentenza dell’8 luglio 2016, ha precisato che, nel caso di fusione per incorporazione tra una s.p.a. e una s.r.l. controllata, che comporta una modifica dell’oggetto sociale della società incorporante, con passaggio da holding pu-ra a società operativa, si determina un cambiamento significativo dell’attività sociale svolta, legittimando pertanto il diritto di recesso in capo ai soci dissenzienti. Questi ultimi possono ricorrere, pertanto, alla quantificazione della partecipazione, ai fini della liquidazione della stessa, per via giudiziaria, in conformità con le disposizioni previste dall’art. 2437-ter, comma 6, c.c.; procedimento, quest’ultimo, che comporta la nomina di un esperto da parte del Tribunale.

Pubblicazione di nuovi documenti relativi alla relazione di revisione da parte del CNDCEC

Il “Gruppo di Lavoro Revisione Legale” del Consiglio Nazionale dei Commercia-listi ha recentemente messo a disposizione dei professionisti due documenti, a fronte

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delle importanti modifiche normative introdotte dal d.lgs. 139/2015, e in particolare: i) “La relazione di revisione dei sindaci revisori per il bilancio del 2016”: si tratta di un documento che persegue il primario obiettivo di orientare l’attività dei commercia-listi, impegnati come membri di collegi sindacali incaricati altresì della revisione le-gale dei conti. Nello specifico, il testo illustra dapprima le novità recentemente intro-dotte, rilevanti per le relazioni di revisione del bilancio al 31 dicembre 2016. In parti-colare viene posta in evidenza la redazione del rendiconto finanziario, quale docu-mento obbligatorio di bilancio per le società che redigono il bilancio “ordinario”. Il CNDCEC ricorda a tal proposito che nella relazione di revisione è necessario men-zionare – in tutti i casi in cui la redazione del documento è obbligatoria – il rendicon-to finanziario sia nel paragrafo introduttivo sia nel paragrafo che contiene il giudizio; ii) “La relazione unitaria di controllo societario del collegio sindacale incaricato del-la revisione legale dei conti”.

Liceità della persona giuridica amministratore di società di capitali

Il Tribunale di Milano, con Sentenza del 27 marzo 2017, n. 3545, ha affermato che è lecita la clausola statutaria che permette ai soci di nominare, quale amministratore della società di capitali, un’altra società avente personalità giuridica. Evidentemente, nel caso di compimento di atti di mala gestio risponde, oltre alla persona giuridica amministratrice, anche la persona fisica incarica della gestione di quest’ultima. In particolare, il Tribunale ha stabilito che, in talune fattispecie, in capo alla persona fi-sica designata ad amministrare la società di capitali “amministratrice” possono sussi-stere gli stessi obblighi e responsabilità, civili e penali, previsti per gli amministratori persone fisiche, nonché la responsabilità solidale con la persona giuridica amministra-trice verso la società amministrata e verso i creditori di quest’ultima, in caso di viola-zione dei doveri che la legge impone agli amministratori di società.

Le liti sulla dismissione, da parte del Comune, di quote della società par-tecipata che gestisce solo servizi strumentali sono di competenza del giudice ordinario

Il Tar Piemonte, con Sentenza del 10 marzo 2017, n. 348, ha affermato che le con-troversie sorte in ordine alle deliberazioni con le quali alcuni Comuni hanno avviato, in veste di soci, l’iter di dismissione delle proprie partecipazioni nelle società per azioni, interamente possedute dagli stessi Comuni, che gestiscono servizi strumentali al buon andamento della pubblica amministrazione comunale (ma, non trattasi di ge-

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stione di servizi pubblici), sono di competenza del Giudice Ordinario. Al riguardo, il Tar ha chiarito quali siano i criteri (principi-chiave) per circoscrivere la competenza del Giudice Amministrativo: il primo riguarda la tipologia di controversia ed opera per ogni servizio pubblico; il secondo afferisce alla tipologia di servizio. In tutti i casi – sottolinea il Tar Piemonte – è necessario che la Pubblica Amministrazione abbia operato esercitando il proprio potere autoritativo; di talché, laddove la società per azioni non gestisca servizi pubblici e il Comune abbia iniziato la vendita quale sog-getto privato, la competenza non può essere del Giudice Amministrativo, bensì del Giudice Ordinario.

Le linee guida di Confindustria e CNDCEC per l’applicazione dei nuovi principi contabili

Confindustria e il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili hanno redatto il documento di orientamento per l’applicazione – dal 1° gen-naio 2016 – dei nuovi principi contabili introdotti dal d.lgs. 39/2015, in recepimento della Direttiva 2013/34/UE. Le suddette linee guida intendono supportare le imprese nella fase di transizione, offrendo soluzioni concrete alle casistiche più frequenti: l’eliminazione dei costi di ricerca e pubblicità dall’attivo patrimoniale, la diversa con-tabilizzazione delle azioni proprie, l’applicazione del criterio di valutazione del costo ammortizzato, le modifiche degli schemi di bilancio, la diversa valutazione degli strumenti finanziari derivati. L’introduzione dei nuovi principi contabili rappresenta un “salto di qualità” per il sistema economico italiano e i vantaggi sono numerosi: una rappresentazione più trasparente e completa dell’andamento finanziario e reddi-tuale delle imprese; una maggiore capacità di attrarre nuovi capitali; l’introduzione di nuovi processi interni di controllo e di valutazione dei rischi finanziari più efficaci; una maggior formazione del personale amministrativo per acquisire le competenze tecniche necessarie.

Cessione di appalto di servizi e trasferimento d’azienda

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 15 marzo 2017, n. 6770, ha affermato che il trasferimento dell’azienda è configurabile «anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, sempre che si abbia un passaggio di beni di non trascura-bile entità, tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa». La Su-preme Corte ha, inoltre, precisato che le medesime considerazioni valgono quando «alla cessazione dell’appalto il servizio torni in gestione diretta all’imprenditore già

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committente»; il medesimo principio è stato più volte confermato dalla Corte di Giu-stizia secondo la quale, il criterio principale per verificare i presupposti del trasferi-mento consiste nel fatto che «che l’entità economica conservi la sua identità a pre-scindere dal cambiamento del proprietario, il che si desume in particolare dal prose-guimento effettivo o dalla ripresa della sua gestione. Per determinare se questa con-dizione sia soddisfatta, si deve prendere in considerazione il complesso delle circo-stanze di fatto che caratterizzano l’operazione, fra le quali rientrano, in particolare, il tipo d’impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno degli elementi materiali, il valore degli elementi materiali al momento del trasferimento, la riassun-zione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela nonché il grado di analogia delle attività eserci-tate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività».

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2. NEWS DI DIRITTO DELLE PROCEDURE

CONCORSUALI (F. Grillo – L. Nadile – B.M. Omegna – A. Pastore)

Confisca degli impieghi delle somme di denaro di fonte illecita

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 23 novembre 2016, n. 6262, ha afferma-to – che nell’ipotesi di reato di riciclaggio – gli eventuali profitti che possono derivare dall’impiego delle somme di denaro costituiscono profitto di reato e ne consegue sempre la confisca obbligatoria, salvo che i beni appartengano a persone estranee al reato. La Suprema Corte ha chiarito che l’impiego delle somme è oggetto di confisca poiché l’impiego redditizio del denaro rappresenta l’obiettivo del reato, raggiunto at-traverso la trasformazione del denaro in beni di altra natura, fungibili o infungibili; nel caso in esame, in particolare, era stato acquistato un immobile e sussisteva un col-legamento con il reato e la soggettiva attribuzione all’autore del medesimo.

Prededuzione alle prestazioni professionali rese pre-concordato

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 24 febbraio 2017, n. 6517, depositata il 14 marzo 2017, ha ribadito che il compenso del professionista relativo all’attività pre-stata per la redazione e il deposito della domanda di concordato preventivo, cui è se-guita la sentenza dichiarativa di fallimento, deve comunque essere riconosciuto in prededuzione. Nel caso in esame, il Giudice di merito non aveva riconosciuto la pre-deduzione, poiché era stata ritenuta mancante l’utilità della prestazione resa. La Su-prema Corte conferma l’orientamento già espresso nella precedente Sentenza n. 22450/2015 e, cioè, che a tale credito deve essere riconosciuta la prededuzione poiché funzionale e non occorre, di conseguenza, l’accertamento ex post della concreta utilità della prestazione resa.

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Notifica ai sensi dell’art. 145 l.f. del ricorso per la dichiarazione di falli-mento

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 12 ottobre 2016, n. 6622, depositata il 14 marzo 2017, ha chiarito che la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fal-limento ad una persona giuridica non può essere sempre essere fatta con deposito presso la Casa Comunale ai sensi dell’art. 140 c.p.c. Tale modalità è ammessa per le persone giuridiche esclusivamente qualora la notifica venga fatta senza successo all’addetto alla sede dell’ente, al portiere dello stabile oppure alla persona fisica che rappresenta l’ente, ma deve essere fatta alla persona fisica che rappresenta l’ente e con applicazione dell’art. 140 c.p.c. se il recapito della persona fisica è noto, ma sul luogo non vi sono soggetti cui consegnare il plico e con applicazione dell’art. 143 c.p.c. in caso di irreperibilità della persona fisica.

Prova della personalità della prestazione professionale per il privilegio

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 3 febbraio 2017, n. 6784, depositata il 15 marzo 2017, ha riaffermato l’inammissibilità del privilegio ai sensi dell’art. 2751-bis, comma 1, n. 2, c.c. alle prestazioni professionali rese da uno studio associato, qualora non venga dimostrato che il credito è riferito alla prestazione svolta personalmente dal professionista ed è di pertinenza dello stesso professionista. Nel caso in esame, la prestazione era stata svolta da uno studio associato di dottori commercialisti e non era stata fornita la prova della personalità della prestazione; di conseguenza la domanda proposta dallo studio associato lasciava presumere l’esclusione della personalità del rapporto, con conseguente ammissione del credito in via chirografaria.

Condanna per bancarotta ed espropriazione di beni di terzi

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 17 gennaio 2017, n. 6836, ha chiarito che – qualora nell’ambito di un giudizio per bancarotta fraudolenta si disponga un se-questro conservativo di beni acquistati a titolo oneroso dall’imprenditore poi condan-nato – l’espropriazione e la vendita dei beni sequestrati può in seguito essere disposta solo se l’atto a titolo oneroso di cessione sia stato dichiarato inefficace. Di conse-guenza, il fallimento costituitosi parte civile può ottenere coattivamente il risarcimen-to dei danni, in seguito alla condanna nell’imputato, agendo in executivis anche nei confronti di terzi, ma solo previo esito positivo dell’azione revocatoria dell’atto a tito-lo oneroso e revoca dell’alienazione dei beni.

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Fattispecie di cui all’art. 223, comma 2, l.f.

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 4 novembre 2016, n. 6904, offre una ri-lettura dell’art. 223, comma 2, l.f., secondo il quale – secondo l’orientamento costante della Suprema Corte – sono previste due fattispecie di reato distinte per l’elemento soggettivo che le caratterizza: il dolo specifico, qualora il fallimento sia stato cagiona-to con dolo, e il dolo generico, qualora sia stato cagionato con operazioni dolose. La Suprema Corte osserva che la norma potrebbe non individuare due realtà distinte, giacché il cagionamento del fallimento con dolo si concreta in operazioni dolose; per-tanto, il dolo specifico sarebbe solo da considerare nella valutazione della gravità dei fatti ai sensi dell’art. 133 c.p.

Preliminare a effetti anticipati ed azione revocatoria

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 3 febbraio 2017, n. 7216, depositata il 21 marzo 2017, ha ribadito che – ai fini della revocatoria ai sensi dell’art. 67, comma 1, l.f. – la sproporzione fra le prestazioni deve essere valutata con riferimento al mo-mento in cui si conclude il contratto definitivo con effettivo passaggio di proprietà. La Suprema Corte precisa, con particolare riguardo al contratto preliminare di vendita di un immobile con corresponsione del prezzo al momento del preliminare (cd. a effetti anticipati) che, pur se siano stati anticipati alcuni effetti, l’effetto traslativo reale si produce solo al momento della stipulazione del contratto definitivo con cui avviene l’effettivo passaggio di proprietà e a tale momento occorre fare riferimento per valu-tare il valore venale del bene.

Conoscenza tardiva della notifica a mezzo PEC

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 3 febbraio 2017, n. 7390, depositata il 22 marzo 2017, rigettando il ricorso proposta da una società fallita, ha chiarito che se la fallenda ha appreso della notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e della fissazione dell’udienza successivamente alla comparizione (nel caso in esame per aver aperto tardivamente la casella di posta elettronica certificata), la circostanza non comporta l’assenza del contraddittorio come sostenuto dalla ricorrente. La Suprema Corte afferma che la modalità di notificazione telematica, così come quella al domici-lio, si fondano sul principio di conoscibilità dell’atto secondo un criterio di ordinaria diligenza del destinatario, che presuppone il controllo costante degli atti ricevuti pres-so il domicilio reale o telematico.

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Controllo dell’adeguatezza informativa dell’attestazione resa ai sensi dell’art. 161 l.f.

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 30 settembre 2016, n. 7959, depositata il 29 marzo 2017, richiamando il principio formulato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 1521/2013, ha rammentato che il controllo del giudice di merito in ordine all’attestazione di cui all’art. 161, comma 3, l.f., deve essere fatto considerando che l’attestatore ha una funzione assimilabile a quella di un ausiliario del giudice e deve fornire le informazioni e i dati che sarebbero acquisibili solo con un consulente tecni-co nominato dal tribunale. È quindi necessario che tale controllo consista nella verifi-ca dell’adeguatezza dell’informazione fornita ai creditori, che deve essere completa e oggettiva per consentire un’espressione del voto libera e consapevole e che può rite-nersi fondata una censura di mancata trasparenza, veridicità e chiarezza dei bilanci solo se il pregnante controllo del giudice sulla fattibilità economica e giuridica con-senta di affermare che la formazione dei bilanci incide negativamente sulla fattibilità del piano.

Impugnazione del bilancio dell’esercizio precedente rispetto all’omologa

Il Tribunale di Milano, con Sentenza del 24 luglio 2016, n. 9487, ha affermato che in seguito all’omologazione del piano concordatario non viene meno la legittimazione del socio ad impugnare il bilancio dell’esercizio precedente all’esercizio in cui è av-venuta l’omologazione. Nel caso in esame, previa approvazione del bilancio d’esercizio di una s.p.a., veniva deliberato l’azzeramento del capitale per perdite e la sua ricostituzione; il socio impugnava il bilancio approvato, poiché redatto in ottica di liquidazione e non di continuità aziendale. Il Tribunale di Milano, pur riconoscendo la legittimità del socio, nel contempo ne rigetta le richieste, affermando che in sede di redazione del bilancio di esercizio, anche se devono essere applicati – prima della procedura – i criteri di funzionamento, occorre prudenzialmente tenere conto della prevedibile messa in liquidazione e del carattere conservativo e non dinamico-produttivo della gestione.

La bancarotta documentale non ha ad oggetto il bilancio d’esercizio

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 6 marzo 2017, n. 13072, depositata il 17 marzo 2017, ha rammentato che per il reato di bancarotta fraudolenta documentale non rileva il bilancio d’esercizio, in quanto non rientrante nella nozione di libri e

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scritture contabili di cui all’art. 216, comma 1, l.f. La Suprema Corte ribadisce il con-tenuto dell’art. 2214 c.c. – che non menziona il bilancio, bensì il libro giornale, il li-bro degli inventari e le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensio-ni dell’impresa – e dell’art. 2217 c.c. – in cui si afferma che l’inventario si chiude con il bilancio ed è, quindi, da esso distinto – e ha affermato che l’eventuale falsità nel bi-lancio può eventualmente rilevare ai sensi dell’art. 223, comma 2, l.f.

Prescrizione dei termini per il reato di bancarotta e competenza territo riale

La Corte di Cassazione, con Sentenza dell’8 febbraio 2017, n. 13910, depositata il 22 marzo 2017 – anticipata dall’informazione provvisoria n. 3, depositata il 14 feb-braio 2017 – ha affermato che la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce condi-zione obiettiva di punibilità per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione pre-fallimentare. La Suprema Corte afferma quindi che la dichiarazione di fallimento de-termina il “dies a quo” del termine per la prescrizione ai sensi dell’art. 158 c.p., il quale decorre dalla data della sentenza, e determina la competenza territoriale, che è quella del luogo ove si verifica la condizione obiettiva di punibilità.

Prova di resistenza in sede di omologa

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 13 gennaio 2017, n. 4765, depositata il 23 febbraio 2017, ha affermato che – se in sede di omologa viene superata la prova di resistenza, ovvero la maggioranza sarebbe comunque stata ottenuta anche ammetten-do un determinato creditore (nel caso in esame il reclamante), ricollocando i creditori artigiani come privilegiati e considerando come dissenzienti i voti revocati – il recla-mo dei creditori è inammissibile per assenza di interesse. La Suprema Corte, pertanto, rigetta il ricorso proposto per presunta violazione dell’art. 179 l.f., ritenendolo infon-dato, oltre che privo di argomentazioni.

Inammissibile il ricorso con mancata indicazione degli atti e della docu-mentazione a supporto dell’errore “in procedendo”

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 9 dicembre 2016, n. 4761, depositata il 23 febbraio 2017, ha rigettato il ricorso proposto da una società avverso il mancato riconoscimento del privilegio artigiano al fine di far valere l’”error in procedendo”,

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senza però produrre documentazione utile e indicare specificamente gli atti proces-suali a supporto delle censure formulate. Nel caso in esame, la mancata ammissione sarebbe dipesa da tardività della richiesta del privilegio e dal mancato esame da parte del tribunale della documentazione anche fiscale versata in atti dalla quale emerge-rebbe chiaramente la natura artigiana dell’impresa.

Compensazioni e competenza del foro fallimentare

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 9 dicembre 2016, n. 4764, depositata il 23 febbraio 2017, ha rigettato il ricorso proposto per far valere l’”error in proceden-do” del giudice di secondo grado che avrebbe omesso di rilevare l’inidoneità dell’autorizzazione del curatore a costituirsi nel giudizio in appello, poiché proposto senza produzione dei documenti utili ed indicazione degli atti processuali idonei ad argomentare la fondatezza delle censure. La Suprema Corte ha altresì affermato che la vis actractiva del tribunale fallimentare, in ipotesi di deduzione di compensazione del credito vantato dal fallimento con un debito nei confronti di un terzo, opera solo se la compensazione deriva dal medesimo rapporto e ne venga chiesto l’accertamento con efficacia di giudicato nei confronti della massa fallimentare.

Azione revocatoria e prova della inscientia decoctionis

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 9 dicembre 2016, n. 4762, depositata il 23 febbraio 2017, ha affermato che in tema di revocabilità degli atti a titolo oneroso ai sensi dell’art. 67, comma 1, l.f., una volta accertata la sproporzione fra valore del be-ne e il prezzo, per provare la “inscientia decoctionis” non è sufficiente che l’acquirente affermi di non essere stato consapevole della qualità di imprenditore commerciale del venditore. In particolare, nel caso in esame dagli atti risultava la qualifica artigiana del venditore, dichiarata alla stipula dell’atto revocato. La Suprema Corte afferma, quindi, che l’acquirente avrebbe dovuto accertare l’eventuale insussi-stenza della natura di imprenditore commerciale del venditore.

Inammissibilità di una diversa valutazione dei fatti

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 9 dicembre 2016, n. 4754, depositata il 23 febbraio 2017, in tema di verifica della qualifica dell’impresa artigiana ha ritenuto inammissibile un ricorso basato sulla richiesta di una differente valutazione dei fatti,

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fondata su generiche deposizioni testimoniali. La Suprema Corte, in particolare, esa-minata la decisione del Tribunale con la quale venivano ritenuti inammissibili i requi-siti per l’ammissione del privilegio artigiano, ha ritenuto che non si potesse prescin-dere dalla documentazione contabile e fiscale esaminata dal giudice di merito e non potesse negarsi l’esame della medesima indicato nella pronuncia.

Omologa e obbligatorietà del concordato per tutti i creditori

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 20 gennaio 2017, n. 4706, depositata il 23 febbraio 2017, ha ribadito che il concordato vincola tutti i creditori anteriori all’apertura del fallimento e, quindi, anche i creditori che non abbiano precisato il lo-ro credito. La Suprema Corte ha affermato, in particolare, che l’ammissione del credi-tore deve essere nella sola misura percentuale offerta dal debitore ai creditori chiro-grafari in concordato e il credito non può essere ammesso al passivo del fallimento in misura superiore a tale percentuale.

Bancarotta fraudolenta per compensi erogati all’organo amministrativo

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 23 febbraio 2017, n. 16111, depositata il 30 marzo 2017, ha confermato che l’erogazione di compensi elevati agli amministra-tori, quando la società versa in stato di conclamato dissesto, costituisce ipotesi di ban-carotta fraudolenta per distrazione, anche se gli amministratori non percepiscono altri redditi e sono impegnati a tempo pieno nella società. La Suprema Corte afferma che se i compensi sono stati deliberati dall’assemblea ma non viene dimostrato in alcun modo la congruità degli stessi rispetto all’opera prestata e, inoltre, gli stessi sono stati liquidati in una fase critica caratterizzata dal crollo del fatturato e da un andamento sconfortante degli investimenti, si configura il reato di bancarotta fraudolenta patri-moniale.

Contratti di garanzia e applicazione dell’art. 169-bis l.f.

Il Tribunale di Milano, con Decreto del 9 marzo 2017, ha affermato che non può ritenersi ammissibile la richiesta di scioglimento dei contratti pendenti qualora non sia stata depositata la proposta concordataria in quanto, mancando un termine di rife-rimento, il tribunale non dispone degli elementi necessari per poter esercitare il pro-prio potere discrezionale. Inoltre, il Tribunale afferma che la qualificazione “penden-

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te”, ai sensi dell’art. 169-bis l.f., non può essere riconosciuta ad un contratto di garan-zia con funzione accessoria rispetto a contratti di finanziamento ormai integralmente eseguiti.

Cancellazione di dati personali dal registro delle imprese

La Corte di Giustizia Europea, con Sentenza del 9 marzo 2017, causa C-398/15, ha affermato che i dati degli amministratori delle società dichiarate fallite possono rima-nere iscritti presso il Registro delle imprese, salvo che l’amministratore interessato formuli specifica richiesta di anonimizzazione dei dati. Nel caso esaminato, in parti-colare, era sorta in Italia una controversia fra la camera di commercio e un soggetto già amministratore e liquidatore di una società fallita, poiché il conservatore si era ri-fiutato di cancellare i dati personali di colui che aveva rappresentato la società. La circostanza comprometteva la sua attività economica, poiché i terzi sarebbero stati scoraggiati dalla circostanza e avrebbero diffidato della buona reputazione economica del soggetto. La Corte di Giustizia Europea ha affermato che, decorso un periodo di tempo sufficientemente lungo dopo lo scioglimento della società interessata, spetta agli Stati membri determinare se sia eccezionalmente giustificato, per ragioni premi-nenti e legittime, limitare l’accesso ai dati personali iscritti in registri consultabili da terzi.

Condanna dei sindaci per bancarotta e inoperatività delle polizze assicu-rative

Il Tribunale di Milano, con Sentenza del 20 dicembre 2016, n. 13929, ha affronta-to il tema della responsabilità solidale dei sindaci per omesso controllo sull’operato degli amministratori, e della possibilità di agire nei confronti di tutti i membri dell’organo amministrativo e di controllo ovvero anche solo nei confronti uno o alcu-ni di essi. La vigilanza dei sindaci, rammenta il Tribunale, non è limitata ad un con-trollo formale, ma deve estendersi al contenuto della gestione e, quindi, alla mancata interruzione di operazioni illecite, con destinazione di somme per finalità estranee all’oggetto sociale. Qualora vi sia corrispondenza fra le contestazioni formulate nel giudizio civile e quelle per le quali vi è condanna per bancarotta, in presenza dell’elemento soggettivo del dolo, sono non operative le eventuali coperture assicura-tive.

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Contratti di anticipazione fatture pendenti nel concordato

Il Tribunale di Milano, con Decreto del 2 marzo 2017, ha chiarito che – in conse-guenza dello scioglimento dei contratti pendenti ai sensi dell’art. 169-bis l.f. – non è ammissibile l’incasso da parte del debitore di somme derivanti da contratti di antici-pazioni erogate integralmente prima della presentazione della domanda di concordato con riserva. Il Tribunale, pertanto, rigetta l’istanza di autorizzazione all’incasso della società concordataria e afferma che non possono considerarsi pendenti i contratti a prestazioni unilaterali in cui una delle parti abbia già eseguito la propria prestazione – come i contratti di mutuo e finanziamento – e i contratti risolti prima della presenta-zione della domanda di concordato. Inoltre, chiarisce che per le operazioni di antici-pazione bancaria – già compiute – occorre verificare la presenza del cd. patto di com-pensazione, che consente alla banca di compensare il suo debito verso il cliente con il credito vantato per operazioni poste in essere sul medesimo conto corrente, e non permette l’incasso di somme del debitore come nel caso esaminato.

Azione di responsabilità e legittimazione del curatore di s.r.l.

Il Tribunale di Roma, con Sentenza del 21 febbraio 2017, n. 3398, ha chiarito che il curatore di una s.r.l. fallita può legittimamente esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci e che il suo potere è pieno, con la con-seguenza che può essere esercitata sia l’azione sociale sia l’azione dei creditori socia-li. Il Tribunale, pertanto, rigetta le eccezioni formulate in ordine alla legittimazione del curatore di una s.r.l. e afferma che, pur senza espresso richiamo, anche con la nuova formulazione dell’art. 146 l.f. il curatore ha piena legittimazione, e la previsio-ne di cui all’art. 2394 c.c. è applicabile anche alle s.r.l., anche se non espressamente contemplata nell’art. 2476 c.c. Il curatore può quindi esercitare qualsiasi azione di re-sponsabilità e quindi anche (continuare a) esercitare quella dei creditori sociali.

Reintegrazione del lavoratore dipendente in caso di fallimento del datore di lavoro

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 9 novembre 2016, n. 2975, depositata il 3 febbraio 2017, si è pronunciata – in materia giuslavoristica – sul tema del licenzia-mento del lavoratore dipendente e della sua reintegrazione in caso di fallimento della società. In particolare, la Suprema Corte ha precisato che, in caso di fallimento dell’impresa datrice di lavoro dopo il licenziamento d’un suo dipendente, questi ha

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interesse ad una sentenza di reintegra nel posto di lavoro, dalla quale possono scaturi-re una serie di utilità, quali la ripresa del lavoro (in relazione all’eventualità di un esercizio provvisorio, d’una cessione dell’azienda o della ripresa della sua ammini-strazione da parte del fallito a seguito di concordato fallimentare o di ritorno in bonis) o l’eventuale ammissione ad una serie di benefici (indennità di cassa integrazione, di disoccupazione, di mobilità). Inoltre, è stato altresì confermato – richiamando il con-solidato orientamento giurisprudenziale in materia – il permanere della competenza funzionale del giudice del lavoro.

Il compimento di atti di straordinaria amministrazione e la revoca del concordato preventivo ai sensi dell’art. 173 l.f.

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 30 novembre 2016 n. 3317, depositata l’8 febbraio 2017, si è pronunciata – in tema di concordato preventivo – sugli atti da considerarsi di straordinaria amministrazione, nell’ottica dei criteri di risoluzione del-lo stesso come enunciati dall’art. 173 l.f. In particolare, è stato sottolineato come l’esborso successivo al deposito della domanda e privo di autorizzazione giudiziale – anche senza distinguere tra prestazioni anteriori al ricorso e posteriori al suo deposito – comporta la dichiarazione di revoca dell’ammissione alla procedura concordataria, ai sensi e per gli effetti dell’art. 173 l.f. La Suprema Corte, inoltre, evidenzia come i pagamenti effettuati non riguardassero – in via esclusiva – le prestazioni rese dai pro-fessionisti per la procedura concordataria, ma altresì alcuni fornitori e dipendenti, ol-tre che crediti vantati da uno dei membri del collegio sindacale. La stessa Corte di Cassazione ha precisato che solo l’autorizzazione del giudice delegato avrebbe potuto rimuovere motivatamente l’implicito divieto posto dalla legge alla soddisfazione anti-cipata di alcuni creditori.

La decorrenza del periodo sospetto e la dichiarazione di insolvenza della società

La Corte di Cassazione SS.UU., con Sentenza 22 novembre 2016 n. 5054, deposi-tata il 28 febbraio 2017, si è pronunciata sul tema della decorrenza – nelle procedure di liquidazione coatta amministrativa ed amministrazione straordinaria – del periodo sospetto, nell’ambito dell’esperimento delle azioni revocatorie. In particolare, la Su-prema Corte ha affermato il principio secondo il quale nelle citate procedure il decor-so del periodo sospetto è ancorato alla dichiarazione di insolvenza della società, in quanto – diversamente – l’esito delle azioni revocatorie riuscirebbe compromesso dal

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ritardo nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, quando ormai lo stato di insolvenza non sarebbe solo oggetto di “sospetto”, ma sarebbe ormai accertato. Il citato principio è in linea con quanto previsto dalla scientia decoctinis del creditore, il quale prevede che la correlazione deve riferirsi al momento in cui lo stato di insol-venza viene accertato giudizialmente; tale assunto, peraltro, è altresì espressamente indicato – secondo il suo tenore letterale – nell’art. 49, comma 2, d.lgs. n. 270/1999.

L’applicabilità del principio di non contestazione al procedimento falli-mentare

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 21 dicembre 2016, n. 5067, depositata il 28 febbraio 2017, si è espressa sul principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. In particolare, la Suprema Corte ha sottolineato come il predetto principio – che sintetiz-za una tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti – ha una propria dignità a livello di regola generale e, pertanto, vale a pieno titolo anche nel procedimento fal-limentare, ancorché la sua operatività sia affermata – nella legge – solo con riferimen-to al procedimento di opposizione allo stato passivo.

Il fallimento per estensione di un socio di una s.a.s. munito di procura: i presupposti e la decorrenza del termine ex art. 147 l.f.

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 21 dicembre 2016 n. 5069, depositata il 28 febbraio 2017, ha affermato – sul tema del fallimento per estensione del socio di una s.a.s. – che quest’ultimo, ai sensi dell’art. 147 l.f., è estensibile anche al socio ac-comandante munito di procura che, ancorché venga denominata speciale, abbia carat-teri talmente ampi da consentire l’effettiva sostituzione all’amministratore, nella sfera delle delibere che risultano essere di competenza di quest’ultimo. La Suprema Corte, inoltre, precisa che il termine annuale disciplinato dall’art. 147 l.f. non decorre né dal-la data del recesso né da quella della dichiarazione di fallimento della società, che non scioglie il vincolo fra i soci, ma soltanto dal giorno in cui lo scioglimento del rapporto sociale viene portato a conoscenza dei creditori, attraverso le idonee forme di pubbli-cità.

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La mancata partecipazione del pubblico ministero a seguito della comuni-cazione di concordato preventivo non comporta la nullità

La Corte di Cassazione, con Sentenza dell’11 gennaio 2017, n. 5074, depositata il 28 febbraio 2017, si è espressa sul tema della comunicazione al pubblico ministero della domanda di concordato preventivo. In particolare, la Suprema Corte ha sottoli-neato come la partecipazione di tale organo nel procedimento o nella sua fase di im-pugnazione non risulti obbligatoria a pena di nullità, poiché proprio la comunicazio-ne, ai sensi dell’art. 161, comma 5, l.f., ha l’obiettivo di provocare – nell’interesse pubblico – controlli di regolarità della procedura. Pertanto, alla luce del predetto prin-cipio, l’ufficio della Procura della Repubblica – presso il tribunale competente del procedimento – ha solo la facoltà di intervento, non costituendo quindi elemento tale da determinarne la nullità.

Validità della notifica del fallimento alla società estinta

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 13 gennaio 2017 n. 5253, depositata il 1° marzo 2017, ha stabilito – sulla questione relativa alla validità o meno della notifica dell’istanza di fallimento alla società estinta – che il ricorso può (e deve) essere vali-damente notificato presso la sede della società cancellata, ai sensi dell’art. 145 c.p.c. In particolare, la Suprema Corte ha sottolineato – in virtù della previsione dell’art. 10 l.f. – che la procedura fallimentare, e le eventuali successive fasi, devono svolgersi nei confronti della società estinta, poiché quest’ultima – in ambito concorsuale – non perde la propria capacità processuale.

Il fallimento del socio di maggioranza di una società per azioni qualifica-ta come holding

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 27 gennaio 2017, n. 5520, depositata il 6 marzo 2017, ha affermato il principio secondo il quale è possibile la coesistenza della fallibilità tra un imprenditore “holder” persona fisica e una società capogruppo di al-tre, gestite dal primo. In particolare, nel caso in esame, il fallimento di una s.p.a. (ca-pogruppo) aveva depositato ricorso per il fallimento del socio di maggioranza della stessa, il quale si configurava come titolare di una holding personale. La Suprema Corte ha sottolineato, innanzitutto, che una holding personale si configura quando una persona fisica – socio di più società di capitali – svolge professionalmente, con stabile organizzazione, l’indirizzo, il controllo e il coordinamento delle stesse e, inoltre, che

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non sussiste alcuna incompatibilità tra “holder” persona fisica e società capogruppo; infatti, tale coesistenza risulta possibile sia dal punto di vista della realtà fenomenica, sia in ottica giuridico-valoriale. Pertanto, occorre valutare il solo riscontro di una ini-ziativa economica, non assumendo – singolarmente – rilievo né lo stato soggettivo con cui l’attività economica viene perseguita, né la struttura negoziale che qualifica il quadro delle operazioni compiute.

Il ricorso abusivo alla procedura di concordato preventivo

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 20 dicembre 2016, n. 5677, depositata il 7 marzo 2017, si è pronunciata – in tema di concordato preventivo – sulla fattispecie dell’abuso del diritto. La Suprema Corte, in particolare, ha riaffermato il principio se-condo il quale se il debitore ha presentato ricorso per l’accesso alla procedura di con-cordato preventivo con mera ed evidente finalità dilatoria – al solo scopo di differire la dichiarazione di fallimento – la domanda deve essere dichiarata inammissibile. Ta-le principio, peraltro, si ricollega al principio – già espresso dalla Suprema Corte – dell’abuso del processo, che ricorre nel caso in cui – a seguito della violazione del ca-noni generali di correttezza e buona fede, nonché dei principi di lealtà e del giusto processo – vengano utilizzati strumenti processuali volti al perseguimento di finalità eccedenti o deviate, rispetto a quelle per cui l’ordinamento li ha predisposti. Nel caso in esame, in particolare, è stato agevolmente riscontrato l’abuso dello strumento con-cordatario, in quanto – a seguito del manifestarsi della crisi di impresa – vi era stato il trasferimento della sede legale della società all’estero, rappresentando, quest’ultimo, un atto meramente formale, in quanto non era seguito il trasferimento effettivo dell’attività imprenditoriale.

L’analisi dell’elemento volitivo rappresentante la discriminante tra colpa e dolo

La Corte d’Appello dell’Aquila, con Sentenza del 25 gennaio 2017, n. 101, deposi-tata il 30 gennaio 2017, ha stabilito – in tema di responsabilità penale in capo all’amministratore di diritto, per omesso impedimento dei reati commessi dall’amministratore di fatto – che, per entrare nella fattispecie del dolo, non basta che l’amministratore di diritto abbia “percepito tali segnali di rischio”, ma occorre che i segnali di allarme “siano apprezzati come tali”. La Corte d’Appello ha sottolineato, infatti, che esclusivamente nell’ipotesi in cui le predette due condizioni vengano con-temporaneamente soddisfatte si esce dall’ambito della mera colpa e si fa ingresso nel

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terreno del dolo, anche nella forma eventuale. L’applicazione di tali principi al delitto di bancarotta fraudolenta documentale – contestata all’amministratore di diritto – comporta che quest’ultimo risponde di tale delitto – per sottrazione o omessa tenuta della contabilità anche solo per la posizione di cui è formalmente investito – in quanto gravato dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture; diversamente opinando, potreb-be infatti contestarsi all’amministratore formale esclusivamente un profilo di colpa, e quindi la bancarotta documentale semplice.

Concordato in continuità aziendale: l’integrazione della proposta e/o del piano necessitano dell’integrazione della relazione del professionista

La Corte d’Appello di Milano, con Sentenza del 26 gennaio 2017, n. 1210, deposi-tata il 22 marzo 2017, ha stabilito – in tema di concordato preventivo – che, nel caso di integrazione della proposta concordataria e/o del piano, che siano fondati sulla con-tinuità aziendale ai sensi dell’art. 186-bis l.f., tale domanda deve essere considerata inammissibile se non viene accompagnata dal deposito di apposita integrazione – re-datta dal professionista – ex art. 186-bis, comma 2, l.f. In particolare, occorre che la predetta integrazione attesti che «la prosecuzione dell’attività di impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori». La Corte d’Appello ha, inoltre, affermato che un piano non accompagnato dalla specifica atte-stazione risulta incompleto, e anche la versione integrata – ancorché ammissibile – risulta inadeguata ad evitare la declaratoria di definitiva inammissibilità.

La procedura di esdebitazione e l’inesigibilità del credito IVA sono com-patibili col diritto U.E.

La Corte di Giustizia Europea, con Sentenza del 16 marzo 2017, n. C-493/15, ha precisato che la procedura di esdebitazione regolata dall’ordinamento nazionale – che consente, a determinate circostanze, di rendere inesigibile il credito IVA vantato dall’Erario – è compatibile con l’ordinamento comunitario U.E., in materia di imposta sul valore aggiunto. In particolare, la Corte di Giustizia ha precisato che la procedura di esdebitazione – che risulta assoggettata a condizioni rigorose, che peraltro offrono solide garanzie in ordine alla riscossione dei crediti per IVA – “non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA”, e inoltre non è contra-ria all’obbligo degli Stati Membri di garantire il prelievo integrale nel loro territorio, nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione. Alla luce di tali prin-cipi, la Corte di Giustizia affermato che la procedura di esdebitazione disciplinata dal-la legge fallimentare non può essere qualificata come aiuto di Stato.

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3. NEWS DI DIRITTO DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI

(V. Bellando – R. Monchiero G. Quaranta – L.M. Quattrocchio)

Il nuovo Regolamento dell’IVASS

L’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS), in data 7 febbraio 2017, ha emanato il Regolamento n. 34, ossia il Regolamento concernente le disposizioni in materia di governo societario concernenti la valutazione delle attività e delle passività diverse dalle riserve tecniche e i criteri per la loro valutazione. Tale provvedimento si compone di cinque capi così ordinati: disposizioni di carattere generale, principi di governo societario connessi alle valutazioni delle attività e delle passività diverse dal-le riserve tecniche, rilevazione e valutazione delle attività e passività diverse dalle ri-serve tecniche, disposizioni in materia di gruppo e disposizioni transitorie e finali.

Le integrazioni al Regolamento (UE) n. 909/2014

La Commissione Europea, in data 10 marzo 2017 ha pubblicato sulla Gazzetta Uf-ficiale dell’UE il Regolamento Delegato dell’Unione Europea 11 novembre 2016, n. 389, volto ad integrare il precedente Regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, in merito ai parametri per il calcolo delle penali pecuniarie per mancati regolamenti e alle operazioni dei depositari centrali di titoli (CSD) negli Stati membri ospitanti. Oltre alle integrazioni descritte ne sono state introdotte ulte-riori. Nello specifico con il Regolamento Delegato (UE) 11 novembre 2016, n. 390, la Commissione Europea, sempre il 10 marzo 2017, ha introdotto modifiche – al preesi-stente Regolamento (UE) n. 909/2014 – relativamente alle norme tecniche di regola-mentazione su alcuni requisiti prudenziali per depositari centrali di titoli ed enti credi-tizi designati che offrono servizi accessori di tipo bancario. Infine attraverso il Rego-lamento Delegato (UE) 11 novembre 2016, n. 392, la Commissione Europea, ancora in data 10 marzo 2017, ha inserito norme tecniche specifiche di regolamentazione in materia di autorizzazione, vigilanza e requisiti operativi per i depositari centrali di ti-toli.

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Altre integrazioni al Regolamento (UE) n. 909/2014

La Commissione Europea, in data 10 marzo 2017 ha pubblicato sulla Gazzetta Uf-ficiale dell’UE il Regolamento Delegato dell’Unione Europea 11 novembre 2016, n. 394, che stabilisce norme tecniche di attuazione per quanto riguarda i moduli stan-dard, i modelli e le procedure per l’autorizzazione, il riesame e la valutazione dei de-positari centrali di titoli, per la cooperazione tra le autorità dello Stato membro di ori-gine e dello Stato membro ospitante, per la consultazione delle autorità coinvolte nell’autorizzazione a prestare servizi accessori di tipo bancario, per l’accesso riguar-dante i depositari centrali di titoli, nonché per quanto riguarda il formato dei dati che devono essere conservati dai depositari centrali di titoli a norma del Regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Nuove norme tecniche di attuazione per l’acquisizione di partecipazioni qualificate in enti creditizi

La Commissione Europea, in data 17 marzo 2017 ha pubblicato sulla Gazzetta Uf-ficiale dell’Unione Europea il Regolamento di Esecuzione 16 marzo 2017, n. 461, volto all’istituzione di norme tecniche di attuazione per quanto riguarda le procedure comuni, i formati e i modelli per il processo di consultazione tra le autorità competen-ti interessate, relativamente ai progetti di acquisizione di partecipazioni qualificate in enti creditizi di cui all’articolo 24 della precedente Direttiva 2013/36/UE del Parla-mento europeo e del Consiglio.

Gli stress test della BCE

La Banca Centrale Europea (BCE) ha avviato degli stress test per verificare la sen-sibilità al rischio legato al tasso di interesse sul portafoglio bancario. Tale attività è demandata alla BCE sulla base dell’art. 100 della CRD IV. Nello specifico i test del 2017 si pongono l’obiettivo di comprendere «la sensibilità al tasso di interesse delle attività e delle passività incluse nel portafoglio bancario e degli interessi attivi netti».

Più trasparenza per le società quotate e gli investitori

Il Parlamento Europeo, in data 14 marzo 2017 ha approvato una risoluzione in te-ma di trasparenza per le società quotate. Nello specifico si tratta di «nuove misure per

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incoraggiare le grandi aziende europee a focalizzarsi sui risultati di lungo termine». In tal senso le misure introducono «il potere per gli azionisti di votare sulla politica di remunerazione dei direttori» e, pertanto, «faciliteranno l’identificazione degli azioni-sti da parte delle compagnie». I nuovi requisiti di trasparenza saranno altresì validi anche per gli investitoti istituzionali, come fondi pensionistici, compagnie di assicu-razioni sulla vita e i gestori di attivi, in quanto si tratta di soggetti che spesso sono azionisti con quote rilevanti di società europee quotate in Borsa.

Nullità della clausola di salvaguardia

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 22 giugno 2016, n. 12965, ha stabilito che la clausola contenuta nei contratti di apertura di credito in conto corrente, che preveda l’applicazione di un determinato tasso sugli interessi dovuti dal cliente e con fluttuazione tendenzialmente aperta, da correggere con sua automatica riduzione in caso di superamento del tasso soglia usurario, ma solo mediante l’astratta affermazio-ne del diritto alla restituzione del supero in capo al correntista, è nulla ex art. 1344 c.c., in quanto tesa ad eludere il divieto di pattuire interessi usurari, previsto dall’art. 1815, comma 2, c.c. per il mutuo, ma applicabile a tutti i contratti che prevedono la messa a disposizione di denaro dietro una remunerazione.

Interessi di mora

Il Tribunale di Milano, con Sentenza del 16 febbraio 2017, n. 1906, ha ribadito che – ai fini della verifica del superamento del tasso soglia d’usura – è scorretta la pretesa di sommare tasso corrispettivo e tasso di mora dal momento che gli interessi moratori nel caso di inadempimento si sostituiscono e non si aggiungono agli interessi corri-spettivi, anche nel caso in cui il tasso di mora sia determinato applicando una maggio-razione percentuale sull’interesse corrispettivo perché tale fattispecie assume rilievo solo sotto il profilo della modalità adottata per la quantificazione del tasso. Infine, il Tribunale ha stabilito che è del tutto arbitraria, ai fini della verifica dello sforamento del tasso soglia d’usura da parte del tasso effettivo di mora, la pratica di ipotizzare ri-tardi nei pagamenti che non abbiano alcun riscontro nei fatti di causa, così come è er-rato parametrare la quota di interessi moratori alla quota capitale della rata tardiva-mente onorata e non al capitale residuo al momento del pagamento, con l’effetto di individuare un tasso di mora nettamente superiore a quello effettivamente applicato.

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Contratto deposito titoli: segnalazione di inadeguatezza e consulenza

La Corte di Appello di L’Aquila, con Sentenza del 14 febbraio 2017, n. 209, ha stabilito che l’investitore, messo al corrente dalla banca dell’inadeguatezza dell’operazione che egli intende effettuare rispetto al proprio profilo di rischio e che impartisce comunque l’ordine di acquisto, non può rivalersi sulla suddetta banca, a meno che non dimostri che l’istituto ha di fatto omesso di fornirgli informazioni es-senziali. Per la Corte d’Appello, la disposizione dell’art. 29 del Regolamento Consob, la quale sostanzialmente impedisce agli intermediari di porre in essere operazioni inadeguate al profilo di rischio (cd. “suitability rule”), viene – quantomeno formal-mente – rispettata, se l’ordine impartito per iscritto contiene il riferimento alle avver-tenze ricevute. La sentenza in oggetto richiama inoltre un precedente della Suprema Corte (Sentenza n. 1578/2016), la quale ha affermato che – a fronte della contestazio-ne del cliente, il quale alleghi l’omissione di specifiche informazioni – grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese.

L’anticipazione su ricevute bancarie regolate in conto corrente

Il Tribunale di Milano, con Decreto del 2 marzo 2017, ha stabilito che, in tema di anticipazioni bancarie erogate in epoca precedente il deposito della domanda di con-cordato preventivo, non può trovare applicazione la facoltà di scioglimento del con-tratto di cui all’art. 169 bis l.f., in quanto l’erogazione della somma anticipata non de-termina la pendenza dell’operazione finanziaria, ma con essa il rapporto obbligazio-nario relativo all’anticipazione deve ritenersi esaurito.

Anatocismo e commissione di massimo scoperto

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 7 marzo 2017, n. 5609, ha ribadito che, per ciò che concerne gli interessi convenzionali, è necessaria la pattuizione scritta. Dal difetto di tale forma scritta nella pattuizione, derivandone la nullità della clausola relativa agli interessi, deriva anche il diritto alla restituzione di tutti gli interessi per-cepiti dall’istituto di credito, e non solo il diritto a percepire la differenza fra il tasso legale e quello convenzionale. Per quanto attiene al divieto di anatocismo, la Suprema Corte riafferma il principio per cui a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della norma di cui all’art. 25 d.lgs. 342/1999, la clausole anatocistiche stipulate pre-cedentemente all’entrata in vigore della Delibera C.I.C.R. di cui al comma 2 del me-desimo articolo, sono da considerarsi nulle in quanto stipulate in violazione dell’art

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1283 c.c. Per ciò che attiene, infine, alla commissione di massimo scoperto, la Su-prema Corte riafferma il principio per cui detta voce di debito o è un accessorio che si aggiunge agli interessi passivi in misura percentuale dell’esposizione debitoria mas-sima raggiunta, per cui varia a seconda del debito, oppure ha la funzione di ricompen-sare la banca quale contropartita del fatto che la stessa tiene a disposizione del cliente una determinata somma per un periodo di tempo. Qualora si voglia accedere alla tesi circa la natura accessoria/percentuale della commissione di massimo scoperto, la ca-pitalizzazione non è dovuta in quanto la relativa funzione è assimilabile a quella degli interessi passivi, con conseguente nullità delle clausole pattuite nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 25 d.lgs. 342/1999, mentre se si accede alla tesi della funzione di remunerazione del capitale a disposizione, non è possibile far luogo alla capitalizzazione trimestrale in quanto detta figura giuridica è prevista dall’art. 1283 c.c, solo per gli interessi scaduti.

Rilevabilità ex officio

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 19 gennaio 2017, n. 1341, ha affermato che la nullità delle clausole del contratto di conto corrente bancario che rinviano alle condizioni usualmente praticate per la determinazione del tasso d’interesse o che pre-vedono un tasso d’interesse usurario è rilevabile anche d’ufficio, ai sensi dell’articolo 1421 c.c., qualora vi sia contestazione, anche per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della richiesta di interessi, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio.

Assegno bancario: indicazione del prenditore

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 27 febbraio 2017, n. 4910, ha affermato che l’indicazione del nome del prenditore sull’assegno bancario non è tra i requisiti inderogabili previsti dall’art. 1, n. 6), r.d.n. n. 1669/1933; pertanto, in caso di man-canza del nome, l’assegno non può essere classificato come incompleto o in via di formazione. Sulla base di quanto disposto dagli artt. 1992 e 2003 c.c., il possessore del titolo è dunque legittimato ad esercitare il diritto alla prestazione indicata nell’assegno.

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Saldo zero

La Corte d’Appello di Milano, con Sentenza del 5 gennaio 2017, n. 31, ha affer-mato, in tema di contratti bancari, che l’istituto che agisce in giudizio per far valere un proprio credito, contestato dalla controparte, ha il dovere di produrre gli atti gli estratti conto a partire dalla data di apertura del rapporto. Nel caso in cui l’istituto di credito non fornisca il primo estratto conto, il calcolo dei rapporti di dare e avere tra le parti deve essere realizzato considerando il cd. “saldo zero”. La Corte d’Appello ha inoltre precisato che è onere del correntista «provare i fatti costitutivi della domanda» nel caso in cui sia egli stesso ad agire in giudizio, formulando domanda di accerta-mento negativo del debito e di ripetizione di indebito. Pertanto, in tale ultimo caso il correntista «dovrà produrre in giudizio la sequenza completa degli estratti conto, idonei a ricostruire il credito risultante a suo favore». Infine, in caso di documenta-zione incompleta, il credito del correntista dovrà essere determinato partendo dal pri-mo estratto conto disponibile agli atti.

Informazioni ex art. 39 del Regolamento Consob 16190/2007

Il Tribunale di Roma, con Sentenza del 3 marzo 2017, ha affermato che se l’investitore aveva dichiarato nel 2004, periodo in cui vigeva il Regolamento Consob n. 11522/98, di non volere rilasciare informazioni relative al proprio profilo di ri-schio, le informazioni successivamente fornite nel corso dell’anno 2008, ai sensi e per gli effetti dell’art. 39 del Regolamento Consob 16190/2007, possono generare ele-menti induttivi da quali, in caso di assenza di allegazioni contrarie nel giudizio da parte dell’investitore, è possibile dedurre le situazioni soggettive o oggettive prece-denti alla dichiarazione in base alle quali l’intermediario ha valutato l’adeguatezza.

Titoli Lehman Brothers: limiti degli obblighi informativi

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 22 febbraio 2017, n. 4602, si è pronun-ciata in merito alla negoziazione di titoli Lehman Brothers, sottolineando i limiti degli obblighi informativi in capo all’intermediario finanziario anche nel caso di attività di consulenza prevista dal Regolamento Consob n. 16190/2007. Nel caso de quo, un in-vestitore conveniva in giudizio la propria banca a seguito dell’acquisto di titoli obbli-gazionari emessi dalla Lehman Brothers, per la sussistenza di inadempimenti contrat-tuali, tra cui l’omessa informativa a seguito del preteso deterioramento della qualità dei titoli. La Suprema Corte – dopo aver considerato che nell’ordine di acquisto il

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cliente aveva dichiarato di essere informato in merito alla rischiosità dell’investimento e all’inadeguatezza dell’operazione – ha confermato, che «l’attestazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscrit-to, in ordine alla propria consapevolezza circa le informazioni ricevute sulla rischio-sità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d’investitore, pur non costituendo dichiarazione confes-soria, può comprovare l’avvenuto assolvimento degli obblighi di informazione in-combenti sull’intermediario».

Interessi ultralegali

La Corte di Cassazione, con Sentenza del 7 marzo 2017, n. 5609, ha affermato che le convenzioni relative agli interessi ultralegali sono validamente stipulate se hanno forma scritta e contengono l’indicazione della percentuale del tasso di interesse in ra-gione di un periodo predeterminato, ai sensi dell’art. 1284, comma 3, c.c. La suddetta condizione, in seguito dall’entrata in vigore della l. n. 154/1992, è rispettata solamen-te quando il tasso di interesse è desumibile dal contratto, senza che vi siano incertezze o motivi di discrezionalità in capo all’istituto mutuante.

Nullità dei contratti derivati

La Corte d’Appello di Torino, con Sentenza del 9 dicembre 2016, n. 2084, ha di-chiarato la nullità di contratti derivati apparentemente di copertura, ma che in realtà erano di tipo speculativo, e caratterizzati da costi eccessivamente onerosi. La Corte d’Appello ha ritenuto infatti che l’intermediario finanziario abbia il dovere di infor-mare i clienti dei rischi derivanti dalla sottoscrizione dei contratti derivati, indicando le commissioni ed costi effettivi ad esso connessi. In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto che la banca – attraverso l’applicazione delle commissioni implicite che avevano causato un disallineamento sproporzionato tra i rischi delle parti – non aves-se rispettato l’obbligo di informazione sui rischi previsto dall’art. 21 del T.U.F.

Segnalazione per sconfinamento alla Centrale Rischi di Banca d’Italia

Il Tribunale di Milano, con Sentenza dell’8 marzo 2017, ha rigettato il reclamo proposto da una società di capitali avverso l’ordinanza di rigetto del ricorso cautelare, instaurato per ottenere la cancellazione del nominativo segnalato per sconfinamento

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alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. La reclamante adduceva l’irregolarità della segnalazione di sconfino in Centrale Rischi, per omesso preavviso da parte dell’intermediario, nonché per omessa dimostrazione di aver compiuto un’adeguata istruttoria sull’effettiva sussistenza di uno stato di insolvenza della società correntista. Il Tribunale ha rilevato che la segnalazione in Centrale Rischi deve essere preannun-ciata al cliente solo in caso di segnalazione a sofferenza, come evidenziato al punto 4 capitolo 1, sezione 1 della Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991, e non anche nel ca-so di sconfinamento. A nulla è valsa l’eccezione per cui l’obbligo di preannunciare qualsiasi segnalazione negativa in Centrale Rischi dovrebbe essere desunto dall’art. 125. T.U.B. che, come anche confermato dal Tribunale, trova applicazione esclusi-vamente nei confronti dei consumatori. La segnalazione di uno sconfinamento, diver-samente, non deve essere preannunciata dall’intermediario al contraente non consu-matore. I giudici hanno infatti ribadito che l’indicazione del mero sconfino non pre-suppone alcuna valutazione discrezionale da parte dell’intermediario creditizio che, per contro, si limita a registrare il dato oggettivo dell’utilizzo del credito in misura superiore a quanto accordato. Nel caso de quo, inoltre, la reclamante non aveva in al-cun modo contestato i criteri di contabilizzazione del credito seguiti dalla banca.

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4. NEWS DI DIRITTO DEL LAVORO

(G. Castellani – F. Gerino – V. Miraglia – F. Santini)

Incentivo Occupazione Giovani

Con la circolare n. 40 del 28 febbraio 2017, l’Inps ha fornito alcune indicazioni operative sull’incentivo previsto dal D.D. n. 394 del 2 dicembre 2016, per l’assunzione di lavoratori registrati al Programma Garanzia Giovani. L’incentivo si applica ai lavoratori che verranno assunti con contratti a tempo determinato, indeter-minato e rapporti di apprendistato professionalizzante, in un periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2017, nei limiti delle risorse specificamente stanziate. Possono registrarsi al Programma Garanzia Giovani, i giovani di età compresa tra i 16 ed i 29 anni cosiddetti NEET (Not engaged in Education, Employment or Training), cioè non inseriti in un percorso di studi e che risultano essere disoccupati. L’incentivo, non cumulabile con altri, spetta ai datori di lavoro che ne facciano tele-maticamente richiesta all’Inps ed è fruibile, entro il 28 febbraio 2019, in 12 quote mensili a partire dalla data di assunzione del lavoratore.

Criteri per la prosecuzione della CIGS

Con il D.M. n. 98189 del 29 dicembre 2016 sono stati disciplinati i criteri e la pro-cedura per autorizzare la prosecuzione dei trattamenti di integrazione salariale straor-dinaria. L’istanza deve essere presentata telematicamente entro il 20 aprile 2017 al Ministero del Lavoro che, esaminata la documentazione, emana il decreto di autoriz-zazione. La prosecuzione della CIGS è concessa alle imprese che presentino congiun-tamente i seguenti requisiti: 1) essere di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale, 2) aver sottoscritto, entro il 31 luglio 2015, un accordo in sede governativa che prevede l’utilizzo di trattamenti di integrazione salariale straordinaria oltre i limiti previsti dal d.lgs. n. 148/2015, 3) presentare condizioni per un rapido riassorbimento del personale sospeso o impiegato a orario ridotto, 4) essersi impegnati a realizzare ulteriori interventi tali da assicurare la rioccupazione del personale interessato.

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Call center: nuove procedure di delocalizzazione all’estero

Con nota n. 1328 del 1 marzo 2017, il Ministero del Lavoro ha fornito indicazioni operative in merito alle comunicazioni di cui all’art. 24 bis del d.l. 83/2012 come mo-dificato dall’art. 1, comma 243, L. n. 232/2016. Tali comunicazioni devono essere ef-fettuate dagli operatori economici che svolgono attività di call center in caso di delo-calizzazione all’estero delle attività e riguardano tutti gli operatori economici, indi-pendentemente dal numero dei dipendenti occupati e a prescindere dalla prevalenza o meno dell’attività di call center rispetto al complesso delle proprie attività. Laddove un operatore economico decida di localizzare l’attività di call center in un Paese che non è membro dell’Unione Europea, deve darne comunicazione, almeno 30 giorni prima del trasferimento, al Ministero del Lavoro e all’Ispettorato nazionale del lavoro.

Conversione del decreto milleproroghe

Con la pubblicazione n. 49 sulla G.U. 28 febbraio 2017 è entrata in vigore la legge n. 19 del 27 febbraio 2017 di conversione in legge, con modificazioni del d. l. 30 di-cembre 2016 n. 244 (c.d. Decreto Milleproroghe) recante proroga e definizione di termini. Le principali novità introdotte in materia di lavoro dal decreto n. 244 sono le seguenti: differimento del termine di decorrenza dell’obbligo – a carico del datore di lavoro – della comunicazione in via telematica all’INAIL dei dati relativi agli infortu-ni che comportano l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento. Si dispone il differimento dal 1 gennaio 2017 al 1 gennaio 2018 della de-correnza di alcune norme in materia di collocamento obbligatorio. Slitta dal 1 gennaio 2017 al 1 gennaio 2018 la decorrenza dell’obbligo della modalità telematica per la te-nuta del libro unico del lavoro e si dispone la prosecuzione della sperimentazione re-lativa al riconoscimento della indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-COLL fino al 30 giugno 2017, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1 giugno 2017 e sino al 30 giugno 2017.

Unioni civili e convivenze di fatto

Con la circolare n. 38 del 27 febbraio 2017, l’Inps rende note le modalità di accer-tamento del diritto alla fruizione dei permessi ai sensi della l. n. 104/1992 e del con-gedo straordinario ex art. 42, comma 5 d.lgs. 151/2001 da parte dei soggetti civilmen-te uniti e dei conviventi. Tali permessi devono essere coordinati con le disposizioni introdotte dalla legge n. 76/2016 che ha istituito e regolamentato le unioni civili tra

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persone delle stesso sesso e con quanto statuito dalla sentenza della Corte Costituzio-nale n. 213/2016. Pertanto, l’Inps ha specificato che i permessi ai sensi della l. n. 104/1992 ed il congedo straordinario ex art. 42, comma 5 d.lgs. 151/2001 possono es-sere concessi anche in favore di un lavoratore dipendente, parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte. L’Inps sottolinea, altresì, che tra una parte dell’unione civile ed i parenti dell’altra non si costituisce un rapporto di affinità, dal momento che l’art. 78 c.c. non è espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016. Pertanto, i permessi non potranno essere fruiti se l’assistenza sia rivolta ad un parente dell’unito.

INL: le indicazioni operative sull’attività ispettiva

Con la circolare n. 2 del 22 febbraio 2017 l’Ispettorato nazionale del lavoro, fa-cendo seguito alla circolare n. 2 del 25 gennaio 2017, fornisce le indicazioni operati-ve, ai propri ispettori, circa i profili logistici, di coordinamento e di programmazione dell’attività di vigilanza. L’Inl, l’Inps e l’Inail stanno elaborando la modulistica ne-cessaria allo svolgimento delle attività da parte del personale ispettivo: trattasi non soltanto del verbale unico di accertamento ma, tra gli altri, del verbale di primo acces-so, del verbale di sospensione dell’attività imprenditoriale, dei verbali di acquisizione di dichiarazioni. Con tale circolare è, altresì, previsto che un contingente di personale di provenienza ministeriale sarà adibito, a rotazione, allo svolgimento di un’attività di vigilanza previdenziale e assicurativa.

Inquadramento dei datori di lavoro – codifica attività

Con la circolare n. 56 dell’8 marzo 2017, l’Inps, fornendo chiarimenti sulla proce-dura di “iscrizione e variazione azienda” in riferimento alla codifica delle attività non censite dall’Istat, definisce il concetto di unità produttiva. In particolare, con tale espressione si intende la sede legale, gli stabilimenti, le filiali ed i laboratori distaccati dalla sede, dotati di autonoma organizzazione, ovvero idonea a realizzare l’intero ci-clo produttivo o una sua fase completa, e caratterizzata dalla presenza di lavoratori in forza in via continuativa. L’Inps sottolinea, altresì, l’importanza della distinzione tra il concetto di unità produttiva e di unità operativa, rimandando per quest’ultima alla circolare n. 197/2015.

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L’eliminazione del beneficio dell’escussione negli appalti e dei voucher

L’art. 2 del d.l. n. 25/2017 ha previsto, in materia di responsabilità solidale negli appalti ex art. 29 del d.lgs. 276/2003, l’eliminazione del beneficium escussionis, ovve-ro della previsione che il creditore possa richiedere il pagamento al committente solo dopo aver inutilmente tentato di ottenerlo in via giudiziale dall’appaltatore. Tale eli-minazione riconduce, pertanto, la responsabilità in oggetto al normale regime di soli-darietà di cui all’art. 1292 c.c. Il decreto citato ha eliminato inoltre gli articoli 48, 49 e 50 del d.lgs. n. 81/2015, abrogando così la disciplina del lavoro accessorio. Si preve-de una fase transitoria fino alla fine del 2017 per consentire a chi ha comprato i vou-cher di poterli utilizzare.

Velo vietato sul posto di lavoro: nessuna discriminazione

Con due sentenze entrambe del 14 marzo 2017 (cause C-157/15 e C-188/15), la Corte di Giustizia dell’UE ha affermato che le aziende private possono vietare alle lo-ro dipendenti di indossare indumenti che siano “segni religiosi”, come il velo islami-co. Infatti, la volontà di un datore di lavoro di mostrare ai suoi clienti, sia pubblici che privati, un’immagine di neutralità, è legittima, in particolare se siano coinvolti soltan-to i dipendenti che entrano in contatto con i clienti. Tale divieto, inoltre, viene ricono-sciuto come legittimo dalla Corte se deriva da una norma interna di un’impresa priva-ta che obblighi a non indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul luogo di lavoro. Tale intenzione, peraltro, rientra nell’ambito della liber-tà d’impresa. Tuttavia, ribadisce la Corte dell’UE, in mancanza di una norma interna, la volontà di un datore di lavoro di tener conto del desiderio del cliente che i suoi ser-vizi non siano più prestati da una dipendente che indossa un velo islamico, non può escludere l’esistenza di una discriminazione.

Non può accollarsi al datore di lavoro l’obbligo di garantire un ambiente di lavoro a “rischio zero”

La sentenza della Corte di Cassazione n. 4970 del 27 febbraio 2017 precisa gli ob-blighi in materia di sicurezza gravanti sul datore di lavoro ex art. 2087 c.c. e, in parti-colare, interviene sulla ripartizione degli oneri probatori. La fattispecie esaminata ri-guarda un lavoratore – caduto da un’altezza di circa 10 metri, mentre stava effettuan-do un’operazione di disboscamento di una parete rocciosa – che aveva chiesto il ri-sarcimento del danno subito. In sede di giudizio, è emerso che il lavoratore era stato

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adeguatamente istruito e munito di tutti i necessari strumenti di sicurezza e che il veri-ficarsi dell’incidente non poteva essere imputato al datore di lavoro. In particolare, la Suprema Corte ha affermato che non può accollarsi al datore di lavoro l’obbligo di garantire un ambiente di lavoro a “rischio zero” quando di per sé il rischio di una la-vorazione o di una attrezzatura non sia eliminabile, con la conseguenza che non può pretendersi l’adozione di accorgimenti per fronteggiare evenienze infortunistiche ra-gionevolmente impensabili, poiché, in caso contrario, si configurerebbe un’ipotesi di responsabilità oggettiva, che l’art. 2087 c.c. non contempla.

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5. NEWS DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

(E. Gentile – A.M. Porporato – M. Ricciardo Calderaro)

Legittimazione all’impugnazione degli atti di gara

Il T.A.R. Liguria, Sez. II, con ordinanza 29 marzo 2017, n. 263, ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale: “se gli artt. 1, parr. 1, 2 e 3, e l’art. 2, par. 1, lett. b), della direttiva n. 89/665 CEE, avente ad oggetto il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrati-ve relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, ostino ad una normativa nazionale che riconosca la possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara ai soli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, anche qualora la domanda giudiziale sia volta a sindacare in radice la procedura, derivando dalla disciplina della gara un’altissima probabilità di non conseguire l’aggiudicazione”.

Esecuzione del giudicato e restitutio in integrum per i pubblici dipendenti

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 31 marzo 2017, n. 1497, ha ribadito l’orientamento secondo cui secondo cui in materia di ricostruzione di carriera dei pubblici dipendenti il riconoscimento, con effetto retroattivo, che un determinato rap-porto di impiego doveva essere costituito ad una certa data, non comporta di per sé il diritto del dipendente al relativo trattamento economico anche per il periodo pregres-so, in quanto solo dalla data dell’atto di inquadramento l’interessato acquista la posi-zione funzionale cui il detto trattamento si ricollega; pertanto, la restitutio in integrum agli effetti economici, oltre che a quelli giuridici, spetta al pubblico dipendente solo nel caso di riconoscimento dell’illegittima sospensione o interruzione di un rapporto già in corso, e non anche nel caso in cui sia stata riconosciuta l’illegittimità del dinie-go di nomina al posto al quale l’interessato aspirava (così già Cons. Stato, Sez. III, 30 gennaio 2013, n. 594).

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DURC e giurisdizione del giudice amministrativo

La Corte di Cassazione, Sez. Un. civ., con sentenza 29 marzo 2017, n. 8117, ha stabilito che il Consiglio di Stato, negando la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine all’accertamento della regolarità del DURC, ha omesso di esaminare le cen-sure formulate dalle ricorrenti avverso la pronuncia del TAR. Così facendo il Consi-glio di Stato ha indebitamente negato la propria giurisdizione perché, secondo la giu-risprudenza della Corte di Cassazione nelle controversie relative a procedure di affi-damento di lavori, servizi o forniture da parte di soggetti tenuti al rispetto delle regole di evidenza pubblica, poiché la produzione della certificazione che attesta la regolari-tà contributiva dell’impresa partecipante alla gara di appalto (cd. DURC) costituisce uno dei requisiti posti dalla normativa di settore ai fini dell’ammissione alla gara, ap-partiene alla cognizione del giudice amministrativo verificare la regolarità di tale cer-tificazione (Sez. Un, n. 25818 del 2007; n. 14608 del 2010; n. 3169 del 2011).

Rito super-speciale in materia di appalti e termine per l’appello

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 31 marzo 2017, n. 1501, ha stabilito che è irricevibile un ricorso in appello avverso una sentenza emessa con il rito super-speciale in materia di appalti che sia stato notificato oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 120, comma 6-bis, ultimo periodo, cod. proc. amm., introdotto dall’art. 204 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; in tal caso detto termine di 30 giorni de-corre dalla comunicazione della sentenza, che coincide con la comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza stessa.

L’iscrizione ad albi o registri come condizione di partecipazione alla gara

Recentemente il giudice amministrativo (TAR Toscana, Sez. I, 31 marzo 2017 n. 496) ha affrontato nell’ambito della sua giurisdizione il tema relativo all’iscrizione ad albi o registri come condizione per la partecipazione alla gara o viceversa per l’esecuzione dell’appalto. Il giudice amministrativo ha affermato che l’iscrizione ad albi o registri non è condizione per la partecipazione alla gara ma per l’esecuzione dell’appalto. In presenza di norme di settore che prevedono una specifica idoneità per l’esecuzione di determinate prestazioni richieste dall’appalto, quale ad esempio l’iscrizione ad albi o registri, la richie-sta del relativo possesso rileva esclusivamente come requisito da dimostrare in fase di esecuzione e non come condizione per la partecipazione alla gara. Quanto affermato è coerente a quanto già affermato dall’A.N.A.C.(ANAC n. 30 del 12.3.2015).

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Questione di legami

Il giudice di legittimità (Corte di Cassazione, SS.UU., 27 marzo 2017 n. 7759) ha valutato nell’ambito della sua giurisdizione il tipo di rapporto che lega gli organi di una società in house all’amministrazione costituente. Secondo il Giudice tale legame sarebbe fin troppo simile a quello che intercorre tra la medesima amministrazione ed i propri dipendenti per poter giustificare un diverso regime di responsabilità quanto alla giurisdizione ed ai riflessi sulle regole che presidiano la responsabilità di quei sogget-ti. Quanto detto però non implica necessariamente, che anche sotto ogni altro profilo l’adozione del paradigma organizzativo societario che caratterizza le società domesti-che sia irrilevante e che conseguentemente le regole proprie del diritto societario sia-no poste fuori gioco. Si afferma dunque che la giurisdizione in materia di assunzione del personale dipendente delle società in house rimane attribuita al giudice ordinario, trattandosi ugualmente di società non equiparabili alle pubbliche amministrazioni.

Il possibile correttivo al codice dei contratti pubblici

Lo schema di correttivo al Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 18 aprile 2016 n.50) al vaglio del Consiglio di Stato (Parere Consiglio di Stato, Commissione speciale 30 marzo 2017 n. 782) ha ad oggetto la modifica di 119 dei 220 articoli del codice. Il Collegio indi-vidua i limiti formali e sostanziali del potere correttivo facendo cenno in primis alla situa-zione risultante dal mancato recepimento di una parte della delega entro il termine di sca-denza il cui mancato esercizio consuma definitivamente il relativo potere, e non può dun-que essere recuperato in sede di adozione di decreti correttivi. Ancora, sottolinea come sono sì consentite integrazioni e correzioni alla norma di base ma lo strumento del corret-tivo non deve costituire una sorta di nuova riforma e modificare le scelte operate in sede di primo esercizio della delega. Gli interventi correttivi richiesti possono essere classifica-ti in quattro categorie principali tra cui l’eliminazione di refusi ed errori materiali, l’implementazione delle abrogazioni espresse di fonti normative non più attuali, l’eliminazione di errori formali e sostanziali di recepimento delle direttive europee e di at-tuazione della legge delega nonché rimedi per difficoltà insorte nella prima applicazione dei nuovi istituti.

Ordinanza di demolizione di un’opera abusiva e istanza di condono edi lizio

Il TAR Campania, IV Sezione, Napoli, con la sentenza 13 marzo 2017, n. 1438, ha

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affrontato la questione della legittimità di un’ordinanza di demolizione di un’opera abusiva emessa senza che prima fosse valutata l’istanza di condono edilizio presenta-ta per l’opera stessa. Ad avviso dei giudici del TAR partenopeo deve considerarsi il-legittima un’ordinanza di demolizione di un’opera abusiva emessa senza che il Co-mune si sia preliminarmente pronunciato sulla domanda di condono edilizio presenta-ta per l’opera stessa, dovendo la preventiva presentazione di un’istanza di condono precludere l’adozione di provvedimenti repressivi. Nella pronuncia viene affermato il principio secondo cui l’amministrazione comunale ha il dovere di pronunciarsi in ogni caso, in via preventiva, sull’istanza di condono, anche se questa non è astratta-mente accoglibile. In altri termini, si rende necessario che in via preliminare venga adottato un provvedimento espresso e specifico riguardo alla fondatezza della do-manda di sanatoria, potendosi solo in seguito avere una pronuncia per l’irrogazione o meno della sanzione della demolizione, nel rispetto dei principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono la previa de-finizione del procedimento di condono prima di assumere iniziative potenzialmente pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia.

Cessione del ramo d’azienda e attestazioni SOA: sottoposizione di due quesiti all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, III Sezione, con l’ordinanza 13 marzo 2017, n. 1152, ha ri-messo all’Adunanza Plenaria alcune questioni concernenti la cessione del ramo d’azienda e le attestazioni SOA. La prima questione si è tradotta nel quesito se, ai sensi dell’art. 76, comma 11, del d.P.R. n. 207/2010, debba affermarsi il principio per il quale, in mancanza dell’attivazione del procedimento di nuova richiesta di attesta-zione SOA, la cessione del ramo d’azienda debba comportare sempre, in virtù dell’effetto traslativo, il venir meno della qualificazione, oppure se debbano essere considerate fattispecie di cessione, contemplate dalla disposizione, solo quelle suscet-tibili di da dar vita ad un nuovo soggetto e di sostanziarne la sua qualificazione e si debbano, per contro, escludere le diverse fattispecie di cessione di parti del compen-dio aziendale, le quali, ancorché qualificate dalle parti come trasferimento di “rami aziendali”, si riferiscano, in concreto, a porzioni prive di autonomia funzionale e ri-sultino pertanto inidonee a consentire al soggetto cedente di ottenere la qualificazio-ne. La seconda questione si sostanzia nel quesito se l’accertamento effettuato dalla SOA, su richiesta o in sede di verifica periodica, valga sempre e solo per il futuro, oppure se, nei casi in cui l’organismo SOA accerti “ex post” il mantenimento dei re-quisiti speciali in capo al cedente, nonostante l’avvenuta cessione di una parte del compendio aziendale, l’attestazione possa anche valere ai fini della conservazione

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della qualificazione senza soluzione di continuità.

Impossibilità di regolarizzazione ex post dei mancati pagamenti previden-ziali e insussistenza per la stazione appaltante dell’obbligo di inviare un preavviso di DURC negativo

Il Consiglio di Stato, IV Sezione, con la sentenza 3 marzo 2017, n. 1006, ha riba-dito il duplice principio della impossibilità di regolarizzazione postuma dei mancati pagamenti previdenziali e della insussistenza per la stazione appaltante dell’obbligo di inviare un preavviso di DURC negativo. In particolare, i giudici di Palazzo Spada hanno affermato che anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), con-vertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite rego-larizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa essere in rego-la con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presenta-zione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudi-cazione e del rapporto con la stazione appaltante, dovendosi considerare quindi irrile-vante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva. Di conse-guenza, deve ritenersi, ad avviso del Consiglio di Stato, legittima l’esclusione dalla gara dell’impresa che, al momento della presentazione dell’offerta, non sia in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali, secondo quanto risulti dal DURC richiesto dalla stazione appaltante al fine della verificazione dell’autodichiarazione resa.

Applicabilità della disciplina delle informazioni antimafia ai provvedi-menti a contenuto autorizzatorio

Il Consiglio di Stato, III Sezione, con la sentenza 8 marzo 2017, n. 1109, ha af-frontato la questione della applicabilità o meno della disciplina delle informative in-terdittive antimafia anche alle autorizzazioni amministrative e, comunque, più in ge-nerale, ai provvedimenti a contenuto autorizzatorio. Il Consiglio di Stato ha rilevato che nella materia in oggetto la tendenza del legislatore muove verso il superamento della rigida bipartizione tra comunicazioni antimafia, applicabili alle autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti, concessioni, contributi ed elargizioni. In particolare, è stato affermato che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 159 del 2011 (c.d. codice delle leggi antimafia) consente l’applicazione delle informazioni antima-fia anche ai provvedimenti a contenuto autorizzatorio. In conclusione, il Consiglio di

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Stato ha sottolineato che nella disciplina vigente relativa alla documentazione antima-fia la suddivisione tra l’ambito applicativo delle comunicazioni antimafia e delle in-formazioni antimafia, codificata dal d. lgs. n. 159 del 2011, può mantenere la sua at-tualità se e nella misura in cui essa non si risolva nella impermeabilità dei dati posti a fondamento delle une con quelli posti a fondamento delle altre, soprattutto dopo l’istituzione, in attuazione dell’art. 2 della legge delega, della Banca dati nazionale unica, la quale consente di avere una cognizione ad ampio spettro ed aggiornata della posizione antimafia di una impresa.

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6. NEWS DI DIRITTO TRIBUTARIO

(M. Bargagli – A. Franco – M. Grandinetti – A. Lipani A. Terzuolo – B. Tessa – A. Vicini Ronchetti)

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si esprime sull’aliquota IVA degli e-book

Con la sentenza del 7 marzo 2017, causa C‑390/15, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha confermato la legittimità della diversa aliquota IVA applica-bile ai libri digitali in formato elettronico (e-book) rispetto alle omologhe pubblica-zioni su supporto fisico. Secondo i giudici del Lussemburgo, infatti, tale diversità di trattamento sarebbe giustificata in quanto la disciplina degli e-book e la conseguente esclusione dell’aliquota IVA agevolata andrebbe intesa come parte di un sistema par-ticolare di IVA per il commercio elettronico, dato che “si è ritenuto necessario assog-gettare i servizi forniti per via elettronica a norme chiare, semplici e uniformi, affin-ché l’aliquota IVA applicabile a tali servizi potesse essere stabilita con certezza e la gestione di tale imposta da parte dei soggetti passivi e delle amministrazioni fiscali nazionali fosse così facilitata”, e quindi evitare ai soggetti passivi e alle amministra-zioni fiscali nazionali di dover esaminare, per ogni tipo di servizio elettronico fornito, se esso rientri in una delle categorie di servizi che possono beneficiare di un’aliquota agevolata o meno.

Legittima la limitazione alla compensazione dell’IVA con altri debiti tri-butari secondo la Corte di Giustizia UE

Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza del 16 marzo 2017, causa C-211/16), la limitazione ad un determinato importo massimo, per ogni periodo d’imposta, con riferimento alla compensazione di taluni debiti tributari con crediti IVA è giustificata dalla lotta all’evasione fiscale e non viola necessariamente il prin-cipio della neutralità dell’IVA. Ciò a condizione, tuttavia, che l’ordinamento giuridi-co nazionale preveda comunque la possibilità per il soggetto passivo di recuperare tutto il credito IVA entro un termine ragionevole.

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La Cassazione ribadisce la riqualificazione della cessione di partecipazio-ni post conferimento come cessione d’azienda ai fini dell’imposta di registro

Con la sentenza 15 marzo 2017, n. 6758, la Corte di Cassazione conferma il suo precedente orientamento e riqualifica nuovamente come cessione di azienda ai fini dell’imposta di registro una cessione di partecipazioni successiva ad un conferimento di azienda. In particolare, secondo la Corte l’articolo 20 del D.P.R. 131/1986 compor-ta che debba ritenersi preminente la causa reale dell’operazione, per cui il conferi-mento di un’azienda in società e la successiva cessione delle quote della conferitaria possono integrare una cessione d’azienda. Ciò anche qualora il comportamento delle parti non sia elusivo, poiché “la regola è dichiaratamente interpretativa, quindi, e si riferisce agli atti nella loro oggettività ermeneutica, prescindendo da qualunque rife-rimento all’eventuale disegno o intento elusivo delle parti”; pertanto, la norma sopra citata non si qualificherebbe come norma antielusiva, ma come norma di qualifica-zione degli atti.

Tale sentenza si inserisce in un orientamento ormai piuttosto consolidato dei giu-dici della Suprema Corte, orientamento che tuttavia è suscettibile di causare una forte incertezza circa il trattamento tributario delle operazioni di conferimento di azienda con successiva cessione delle partecipazioni ricevute.

Modello 770 prova degli omessi versamenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10509 depositata il 3 marzo 2017 ha precisato che, ai fini del reato di omesso versamento delle ritenute, di cui all’art. 10 bis del D.lgs. 74/2000, vale l’indicazione nel modello 770 solo a partire dal 22 ottobre 2015. Infatti i Giudici nell’accogliere il ricorso del contribuente, hanno precisato che, solo in seguito alle modifiche apportate al sistema sanzionatorio penale tributario (Dlgs 158/2015), l’articolo 10 bis prevede espressamente che il reato di omesso ver-samento delle ritenute è configurabile nel caso in cui non siano state versate le ritenu-te dovute in base alla dichiarazione 770 o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.

Punibilità dell’amministratore se la società nasce per fini illeciti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5924 depositata l’8 marzo 2017 ha for-nito interessanti interpretazioni in ordine all’irrogazione delle sanzioni al contribuente persona fisica coinvolta, nella qualità di amministratore di fatto, in una frode carosel-

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lo commessa da una società. I giudici hanno affermato che l’assunzione della qualità di amministratore di fatto rende applicabili al soggetto che la rivesta le sanzioni pre-viste per le violazioni in materia tributaria. Infatti nella sentenza si legge: «ove sia dimostrato che la persona giuridica (nella specie, società di capitali) sia stata costi-tuita artificiosamente, a fini illeciti, le sanzioni amministrative tributarie possono es-sere irrogate nei confronti della persona fisica che ha beneficiato materialmente del-le violazioni contestate».

Sanzioni al contribuente che non vigila

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6930 del 17 marzo 2017 confermando la sentenza d’appello, è intervenuta in tema di responsabilità del contribuente per le ina-dempienze del professionista, ricordando che in ordine alle sanzioni per le violazioni delle norme tributarie, è responsabile anche il contribuente se non è in grado di prova-re di aver costantemente vigilato sul corretto adempimento dell’incarico affidato al professionista. Infatti i Supremi Giudici nella sentenza de quo hanno sancito il se-guente principio: «[…]Inoltre, il contribuente non ha provato la mancanza della pro-pria colpevolezza, non emerge che egli abbia vigilato sul corretto adempimento dell’incarico affidato; anzi, la reiterazione per più anni degli inadempimenti eviden-zia l’omissione di qualunque riscontro in ordine allo svolgimento delle attività da espletare.[…]».

Il giroconto può spiegare i movimenti bancari

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7259 depositata il 22 marzo 2017 è ri-tornata sul tema degli accertamenti bancari e ha ribadito che è onere del giudice veri-ficare se le giustificazioni e i relativi elementi indiziari forniti dal contribuente siano idonei a contrastare la presunzione applicata dall’Ufficio. La vicenda trae origine da un avviso di accertamento spuntato dall’Agenzia delle Entrate in esito ad indagini fi-nanziarie sui conti correnti di un contribuente. Nella specie, il contribuente aveva giu-stificato i versamenti sul proprio conto personale, affermando che la provvista deriva-va da prelevamenti eseguiti sul conto dell’azienda dai quali però venivano trattenute somme per spese ordinarie connesse alle ordinarie esigenze familiari e personali. Si trattava così di una specie di giroconti. La Commissione Tributaria Regionale si era limitata, invece, ad affermare che i versamenti «non trovavano riscontro», non moti-vando le ragioni di tale conclusione. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso presen-tato dal contribuente, con la sentenza de quo ha stabilito: «In conclusione, la gravata

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sentenza va cassata, con il rinvio alla Ctr del Lazio, sez. dist. di Latina, affinché, in diversa composizione, rinnovi la valutazione degli elementi probatori relativi alla na-tura dei riscontrati versamenti sul c/c del (omissis), al fine di comprendere se gli stessi, in ossequio al principio costituzionale della capacità contributiva e nel rispetto dell’onere della prova, costituiscano o meno incrementi reddituali».

Controlli su patrimoni e redditi all’estero: l’Agenzia delle Entrate defini-sce i criteri per la formazione delle liste selettive

L’Agenzia delle Entrate con il Provv. Prot. n. 43999 del 3 marzo 2017 ha indivi-duato le modalità di acquisizione dei dati dei cittadini italiani che hanno trasferito la propria residenza all’estero, in attuazione dell’art. 7, comma 3, del Dl n. 193/2016, che ha previsto la formazione di liste selettive per l’effettuazione di controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati. A tale fine sa-ranno utilizzati anche i dati pervenuti, nell’ambito dello scambio automatico di in-formazioni, dalle Autorità fiscali estere, sulla base delle direttive europee e degli ac-cordi internazionali. Peraltro, di particolare interesse è l’elenco degli elementi che fanno ipotizzare la permanenza dei cittadini in Italia nonostante il trasferimento all’estero, quali, ad esempio, l’intestazione di contratti di utenze attive, la disponibili-tà di veicoli, la titolarità di partita Iva, la residenza degli altri membri del nucleo fami-liare, il versamento di contributi per collaboratori domestici, ma anche la presenza di movimenti di capitale da e verso l’estero, di partecipazioni rilevanti in società resi-denti di persone o a ristretta base azionaria e la titolarità di cariche sociali.

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7. NEWS DI DIRITTO PENALE (G. Brunelli – C. Limone – A. Morone – E. Piccatti

M. Riverditi – F. Rombolà – A. Trucano – E. Zanalda)

Sulla natura giuridica della dichiarazione di fallimento nei reati di ban-carotta pre-fallimentare

La quinta sezione della Corte di Cassazione ha depositato gli attesi motivi della sentenza che ha risolto l’annosa questione inerente la qualificazione giuridica della dichiarazione di fallimento nei reati di bancarotta pre-fallimentare. La soluzione adot-tata sin dal 1958 (Cass., sez. un., 980040/1958) qualificava, non senza tentennamenti e indecisioni, tale dichiarazione come elemento costitutivo del reato, tendenzialmente però esentandolo – in forza di una anomala prassi applicativa – dalla prova dell’elemento soggettivo del dolo: l’anomalia veniva giustificata escludendo che il fallimento costituisse l’evento connesso alla condotta fraudolenta (Cass., sez. V, 32352/2014). Con la pronuncia in parola, la Suprema Corte, nel solco della tesi dot-trinale maggioritaria, interviene a risolvere la discrasia, assegnando alla dichiarazione di fallimento la natura giuridica di condizione obiettiva di punibilità (estrinseca) e le-gittimandone, in linea con la previsione normativa, l’esclusione dall’ambito di coper-tura dell’elemento psicologico doloso. Conseguentemente – precisa la Cassazione – il termine di prescrizione del reato decorre dal momento in cui si verifica la condizione di punibilità e la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui essa si av-vera.

Reati tributari e sequestro preventivo dei beni del legale rappresentante della società

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 27 febbraio 2017 (c.c. del 9 febbraio 2017), n. 9371, ha ribadito il principio giurisprudenziale se-condo il quale, nelle ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa-mente ai reati fiscali, il sequestro a carico del rappresentante della persona giuridica «è legittimo se l’indagato non fornisce prova della concreta esistenza dei beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta».

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Omesso versamento delle ritenute e dichiarazione dei sostituti d’imposta (mod. 770)

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 3 marzo 2017 (p.u. del 16 dicembre 2016), n. 10509, ha confermato il recente assunto giurispruden-ziale secondo il quale, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 158/2015 – in particolare dall’art. 7, co. I, lett. b) – per mezzo delle quali non pare dubbio che il le-gislatore abbia inteso estendere la tipicità del reato ex art. 10 bis d.lgs. 74/2000 anche alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione mod. 770, «deve ritenersi che non soltanto la precedente formulazione racchiudesse nel proprio perimetro di tipicità soltanto l’omesso versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, ma richiedesse anche, sotto il profilo pro-batorio, la necessità di una prova del rilascio della certificazione ai sostituiti; il cri-terio logico dell’argomentum a contrario, desunto dalla novella che ha esteso la rile-vanza normativa all’omesso versamento di ritenute dovute sulla base anche della di-chiarazione, infatti, impone di escludere dalla portata applicativa della norma quan-to non vi era espressamente compreso in precedenza».

Omesso versamento di ritenute e causa di non punibilità ex art. 13, co. I, d.lgs. 74/2000

La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 9 marzo 2017 (p.u. 20 dicembre 2016), n. 11417, atteso che la novella legislativa di cui all’art. 11 d.lgs. 158/2015 ha modificato l’art. 13 d.lgs. 74/2000 attribuendo – nel caso dei reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, co. I, d.lgs. 74/2000 – al pagamento in-tegrale dei debiti tributari efficacia estintiva e non più solamente attenuante, ha af-fermato che «la diversa natura giuridica nonché la più ampia efficacia attribuita alla fattispecie implica, nei procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. 158/2015, la necessità di una parificazione degli effetti della causa di non pu-nibilità anche nei casi in cui sia stata superata la preclusione “procedimentale”. Ciò in quanto la diversa natura assegnata al pagamento del debito tributario (…) com-porta che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite tempora-le di rilevanza previsto dalla norma, l’imputato debba essere considerato nelle mede-sime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva; ciò è imposto dal principio di uguaglianza (…) dovendosi ritenere che il pagamento del debito tributario assuma la medesima efficacia estintiva, sia che avvenga prima della dichiarazione di apertu-ra del dibattimento, sia, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 158 del 2015, che avvenga dopo tale limite, purché prima del giudicato».

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Frodi IVA e giudizio di “gravità”

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 14 marzo 2017 (p.u. del 15 dicembre 2016), n. 12160, ha innanzitutto osservato che oramai non è più re-vocabile in dubbio che con il termine «frode» debbano identificarsi non solo le fattispecie che contengono il requisito della fraudolenza nella descrizione della norma penale, ma anche tutte le altre fattispecie che siano comunque dirette all’evasione dell’IVA. In merito al requisito della “gravità” della frode (rilevante ai fini prescrizionali), la Corte ha poi af-fermato che, nell’ordinamento italiano, il più attendibile parametro oggettivo è «rappre-sentato dal complesso dei criteri per la determinazione della gravità del reato contenuti nel primo comma dell’art. 133 cod. pen., che fa riferimento non solo alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa (n. 2), ma anche alla natura, alla spe-cie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e, più in generale, alle modalità dell’azione (n. 1), nonché all’elemento soggettivo (n. 3). Ne consegue che, ove non si sia in presenza di un danno già di rilevantissima gravità, (…) appaiono necessari, per connotare la gra-vità, ulteriori elementi, quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la parteci-pazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di “cartiere” o società-schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti, l’esistenza di un contesto associativo crimi-nale».

Ancora sulla responsabilità del datore di lavoro per la “colpa di organiz-zazione”

La Quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 10265 del 2 marzo 2017 (ud. 17 gennaio 2017), ha riaffermato il principio secondo cui “non è configurabile la responsabilità o la corresponsabilità del lavoratore per l’infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perse-guono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da una sua even-tuale colpa, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli”.

Sulla “ripartizione” di responsabilità penale per l’infortunio del dipen-dente del subappaltatore

La Quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 13449 del 20

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marzo 2017 (ud. 15 settembre 2016) ha chiarito che “il legislatore ha mostrato parti-colare consapevolezza dei rischi derivanti dall’azione congiunta di diverse organiz-zazioni e ne ha disciplinato la prevenzione, imponendo un penetrante reciproco ob-bligo di tutti i soggetti coinvolti di coordinarsi e di interagire con gli altri in modo attento e consapevole, affinché risulti sempre garantita la sicurezza delle lavorazioni. In tale quadro normativo trova razionale giustificazione, il principio […] secondo cui, in caso di subappalto, il subappaltante è esonerato dagli obblighi di sicurezza solo nel caso in cui i lavoratori subappaltati rivestano una completa autonomia sic-ché non possa darsi alcuna ingerenza di un soggetto rispetto all’altro”.

Sull’individuazione degli obblighi di informazione in tema di rischio in-terferenziale

La Quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 15124 del 27 marzo 2017 (ud. 13 dicembre 2017), nell’esaminare il contenuto e la portata operativa dell’art. 26 T.U. 81/2008, ha affermato che “dalla disposizione emerge con chiarezza che l’obbligo di cooperazione posto in capo agli affidatari attiene a tutti i rischi inci-denti sull’attività lavorativa oggetto di appalto. Può agevolmente notarsi che l’enfasi non è posta sul rischio specifico dell’attività della ditta affidataria-esecutrice ma sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, con l’effetto di porre in campo la pretesa che siano considerati i rischi a questa connessa, quale che sia la fonte. Nella sequen-za prefigurata dal legislatore la cooperazione dell’affidataria si produce quindi an-che rispetto al rischio derivante dall’ambiente di lavoro, del quale ha normalmente conoscenza grazie all’informazione datagli dal committente. Tuttavia, la norma non pone quale condizione per il dispiegarsi dell’obbligo cooperativo che l’informazione provenga dal datore di lavoro-committente. Il che significa che la previa informazio-ne è sì presupposto (in primo luogo logico) della cooperazione, ma anche che non è necessario per rendere attuale l’obbligo di cooperazione che tale informazione pro-venga dal datore di lavoro-committente: quando l’affidataria abbia comunque notizia del rischio dell’ambiente di lavoro, pur nell’inadempimento da parte del committente dell’obbligo informativo, essa è tenuta in ogni caso a farsene carico, dispiegando l’intervento cooperativo previsto per legge”.

La Corte di Cassazione sull’esecuzione in sede cautelare della misura in-terdittiva del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione

La Sesta sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza del 21 marzo 2017

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(dep. 29 marzo 2017) n. 15578, in relazione all’individuazione dell’esatto momento da cui far decorrere l’esecuzione di una misura cautelare adottata nei confronti di un ente, ha statuito che la notifica all’ente destinatario sia sufficiente a dar inizio al de-corso della misura, ai sensi dell’art. 51, comma 3, del d.lgs. 231/2001. La comunica-zione all’Autorità Nazionale Anti Corruzione non ha, invece, effetto costitutivo ma di mera pubblicità-notizia, funzionale all’esercizio di poteri di controllo e vigilanza che all’Autorità competono.

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8. NEWS DI DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO

(P. Fabris – G. Varrasi – B. Veronese)

EU Budget 2018: the European Parliament adopted its report on budget priorities

On March 15th, the plenary session of the European Parliament adopted the report of the general rapporteur for the EU Budget 2018, Siegfreid Muresan (EPP-RO). Muresan proposed two key political priorities: one, growth and jobs; two, security. As for growth and jobs, he proposed to invest in infrastructures, research, SMEs support and highly innovative entrepreneurs. Also, he underlined that youth unemployment is a key EU problem that puts at risk an entire generation of young Europeans. On inter-nal security, the budget must strengthen the EU agencies which have responsibilities in the area of justice and home affairs, such as Frontex and Europol. The report was adopted by 445 votes to 134. Now, the EU Commission is expected to present its proposals for the 2018 budget in May.

European Parliament approved a resolution on rights of shareholders in big EU companies

On March 14th, the plenary of the European Parliament approved the agreement on the Shareholders Rights Directive. This agreement introduces a set of rules that will strengthen the rights of shareholders in big EU companies. New tools will empower shareholders to vote on remuneration policies for company directors. Also, new transparency requirements are introduced for institutional investors and asset manag-ers who are often shareholders of listed EU companies. These subjects will be re-quired to publicly disclose how they consider shareholders engagements in their in-vestment strategies. The resolution was passed by 646 votes to 39. In relation to the directive, the EU Commission has also proposed a new legislative proposal on public country-by-country reporting by multinationals on tax matters.

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Conflict minerals: MEPs secure due diligence obligations for importers

A draft EU regulation to prevent the minerals trade from funding conflict and hu-man rights violations was approved by MEPs. This “conflict minerals” law will oblige all but the smallest EU importers of tin, tungsten, tantalum, gold to do “due diligence” checks on their suppliers, and big manufacturers will also have to disclose how they plan to monitor their sources to comply with the rules. The new regulation has the potential to change the lives of people caught up in war. Our system, however, will only work on the ground if it stays flexible and all players involved learn contin-uously and act responsibly. It’s not possible to turn a blind eye to the harm we cause in other parts of the world. These rules have laid the groundwork for an effective tool to break the link between conflicts, human rights abuses and our consumption of eve-ryday goods. The draft regulation was approved by 558 votes to 17 with 45 absten-tions.

Parliament wants to boost European defence by increasing cooperation

EU countries could achieve more on defence by pooling resources and coordinat-ing their planning. Billions of euros are wasted every year due to duplication, overca-pacity and barriers to procurement. MEPs debated the issue in plenary on 15 March. Defence cooperation is becoming more important because of increasing security chal-lenges in Europe and the US pushing its European partners to invest more in defence. Defence budgets dropped sharply after the start of the economic crisis, but this has started to change. Fourteen EU countries have increased defence spending as a share of their gross domestic product since 2014. The UK, France and Germany account for 60% of all money spent on defence in the EU. However, the US is by far the world’s largest spender on defence. Its budget is more than double of that of all EU countries combined. MEPs have called on EU countries to devote 2% to defence, but at the moment only Greece, Estonia and the UK do.

Rwanda, Oman, Chad and Jordan to enforce WTO’s TFA

On the 2nd of February 2017 the WTO’s Trade Facilitation Agreement entered in-to force, thanks to the ratification signed by Rwanda, Oman, Chad and Jordan which brought the number of accepting countries up to more than 110, that was required in order to enforce the agreement. The purpose of the TFA is to expedite the movement, release and clearance of goods across borders, launches a new phase for trade facilita-

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tion reforms all over the world and creates a significant growth for commerce and the multilateral trading system as a whole. One of the best upsides of the enforcement of the TFA is supposed to be the time saving which would be otherwise needed to im-port or export goods. Indeed, it has been calculated that only a day and a half would be needed to import chattels, and two days to export.

Commissioner for International Cooperation and Development in the EU confirms European support to Africa

On the 17th of March, Neven Mimica, the Commissioner for International Coop-eration and Development announced that the European Union will offer its aid to South Sudan, Somalia and other countries in Africa, while she was on an official visit to the African Union. The support that will be offered to the countries, which are suf-fering a huge crisis, will consist of a sum of 165 million euros for the Horn of Africa region. Amongst those offered 165 million, a sum of 100 million euros will be allo-cated to face the violent conflict, which has been crashing South Sudan and its peo-ple. Particularly, these aids will be addressed in order to provide and help the protec-tion of women and children at risk or victims, of human rights abuses, as well as sup-port to treat alarming levels of malnutrition, diseases and water and sanitation.

The European Council review the economic situation

On March 9th, EU leaders have looked at some of the most pressing issues, includ-ing the economy, security, migration and the situation in the Western Balkans. Re-garding the economic situation, the leaders argued that that the reforms implemented by the member states since 2008 are bearing fruit. There is considerable growth in all Member States and unemployment rates are at their lowest since 2009. The State of public finances is improving and the investments are increasing. To reach a situation of stability, leaders deem necessary structural reforms, the strengthening of public fi-nances and investment promotion, through ‘extension of European fund for strategic investments.

EBA Opinion on measures to cope with the macro-prudential risks

On March 15th, he European Banking Authority (EBA) published an Opinion fol-lowing the notification of the National Bank of Belgium (NBB) of its intention to

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modify the capital requirements to cope with an increase in macro-prudential risk. The EBA is in agreement with the proposed measures, which are based on Article 458 of the Capital Requirements Regulation (CRR). Specifically, the new measure will still include the increase of five percentage points in the factors of risk weights and will be integrated with a second component, more targeted, which will further in-crease the risk weights for mortgage segments most at risk, on the basis of the loan / value ratio (LTV, loan-to-value) indexed. In its opinion, the EBA recognizes that the combined rise in house prices and debt levels may pose a risk to the financial stability of the Belgian banks. It does not oppose the application of macro-prudential measures. However, the EBA stated to the European Commission a number of issues to consider.

EU Commission proposes new rules to empower national competition au-thorities to be more effective enforcers of EU antitrust rules

With its proposal presented on 22 March 2017, the Commission seeks to make sure that Member States’competition authorities will: be able to take decisions fully independently and in a fully impartial manner when enforcing EU antitrust rules; have effective tools at their disposal to stop and sanction breaches of EU antitrust rules; have the necessary financial and human resources to carry on their action; have coordinated leniency programmes in order to encourage companies to come forward with evidence of illegal cartels. The EU Commission wants to enable national compe-tition authorities to make a greater contribution to the enforcement of the European competition rules and it also wants to deepen its partnership with all the national competition authorities in order to achieve a genuine common competition enforce-ment area. The objective is to promote the overall goal of competitive markets, jobs and growth, thereby generating benefits for European consumers and businesses.

Consumer Financial Services Action Plan: greater choice, better products and better access to financial services for consumers across the EU

On 23 March 2017, the European Commission presented an Action Plan whose aim is to achieve a true Single Market for financial services by pursuing the following objectives: increasing consumer trust and empowering consumers when buying ser-vices (such as bank accounts, mortgages, loans, car insurance, payments, money transfers, etc.), without distinction between domestic and foreign providers. The ob-jective is, on the one hand, to ensure transparency, privacy and security for consumers

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and, on the other hand, to ensure lower prices and better quality and give the consum-ers access to a wide range of financial services so that they can choose them from among the best products available across the EU; reducing legal and regulatory obsta-cles affecting businesses when trying to expand abroad, so that also financial service providers can reap the benefits of the EU’s entire market; supporting the development of innovative digital technologies which can tear down some of the existing barriers to the Single Market.

2018: start of the automatic exchange of financial information between Italy and Hong Kong

On 16 March 2017, Italy and Hong Kong have signed the bilateral agreement for the automatic exchange of information in the financial accounts, called AEOI “Auto-matic Exchange of Financial Account Information” in order to begin early trading by the end of 2018. At the same time, Hong Kong has signed a further five similar agreements with Belgium, the Netherlands, Canada, Mexico and Guernsey, leading thus to nine the total number of bilateral treaties that govern the automatic exchange of data.Earlier, similar pacts had already been signed with the United Kingdom, Japan and Korea. Other agreements are expected in the coming months so that Hong Kong will be able to exchange financial data above with all interested partners. Following enforceability of the agreement, will enter into force the obligation to regularly sub-mit to Italy the data of accounts held with local banks by individuals or Italian resi-dents, however, by companies and related entities in Italian owners. For this ex-change, no specific requests will need one of the two States and will cover the totality of the account holders without distinction. The exchange of information between the two countries, Italy and Hong Kong, is structured according to the model provided by the means of implementation of the OECD Multilateral Convention on mutual assis-tance for tax purposes – Multilateral Competent Authority Agreement (MCAA) and Common Reporting Standard. The Global Forum on transparency and exchange of information for tax purposes is monitoring the implementation of tax transparency rules to ensure the effective and timely delivery of commitments, the confidentiality of information exchanged and identify areas where support is needed.

Country by country reporting: new obligations for multinationals

For law enforcement purposes to the erosion of the tax base in the context of trans-fer pricing by individual Member States as a result of Action 13 BEPS, in implement-

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ing E.U. legislation, the domestic legislation was completed with the issuing of de-cree of the Minister of economy and Finance of 23 February 2017. The MEF has set deadlines and procedures for forwarding to the Revenue’s annual reporting, country by country, by the parent companies of multinational groups residing in Italy. In this way, it will be possible to make known the group structure, the products income, tax-es paid and the actual economic activity indicators. The obligation of reporting bur-den for companies that have a consolidated budget, with revenues of the group of companies in the previous fiscal year, at least 750 million euro. The acquired infor-mation is transmitted to each E.U. Member State and can be used only for the purpos-es of risk assessment. This shall be done within twelve months of the end of the tax period subject to reporting; appropriate confidentiality is assured.

ensure that personal autonomy and the right to control personal 

Public Consultation on the rules on liability of the producer for damage caused by a defective product

The European Commission launched a public consultation on the evaluation of Di-rective 85/374/EEC on the liability for defective products. The aim of this consulta-tion is to collect stakeholders’feedback on the application and performance of the Di-rective, in particular: whether and to what extent it meets its objectives of guarantee-ing at E.U. level the liability without fault of the producer for damage caused by a de-fective product; whether it still corresponds to stakeholders’needs and if it is fit-for-purpose vis-à-vis new technological developments such as the Internet of Things and autonomous systems. The results of the public consultation will provide evidence to assess the extent to which the provisions of the Directive have been effective and ef-ficient, relevant (given the needs and its objectives), coherent (with other E.U. poli-cies) and whether they have achieved E.U. added-value. The consultation, that will run until 26 April 2017, consists of three online questionnaires addressed to produc-ers, consumers and public authorities. The Commission will seek the views of all in-terested parties, and in particular of producers and insurers, business representatives, consumers, as well as public authorities and researchers. At the same time, the Com-mission is launching a consultation on the ‘Building the European Data Economy’ package which addresses notably the free flow of data, and a series of emerging is-sues relating to data such as ownership, access, reuse, portability and liability.

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China, National People’s Congress adopted “The General Provisions of the Civil Law”

On 15 March 2017, the Fifth Session of the 12th National People’s Congress adopted by vote the General Provisions of the Civil Law. The full text of these provi-sions was published at npc.gov.cn. The said law contains 206 articles in eleven chap-ters, which will become effective on the 1st October 2017. The general provisions of the Civil Law stipulates the basic civil legal system, including the basic principles of the civil law, the civil subject, civil rights, civil legal act, civil liability and statute of limitations, sets up the basic framework of China’s civil legal system and lays foun-dation for compiling the Civil Code. After the adoption of the General Provisions of the Civil Law, the specific provisions on the contract, ownership and other property rights and civil liability in the existing General principles of the civil law will be fur-ther coordinated and integrated systematically in compiling the separate volumes of the Civil Code and will not be annulled. If there is any inconsistency between the two laws, according to the principles of “new laws being superior to old ones”, the provi-sions contained in the general provisions of the Civil law shall govern.

Buying online and solving disputes online: 24.000 consumers used new European platform in the first year

In E.U. there are strong rules to protect consumers, but, in practice, they some-times encounter problems getting redress when their rights are violated, particularly cross border. The disputes of consumers who have made their purchase online can be settled and solved faster and cheaper online and outside the Court, via an online Dis-pute Resolution platform, launched by the Commission on 15 February 2016. It can be accessed in any of the E.U.’s official languages. In its first year, over 24.000 con-sumer complaints, more than a third of the complaints concerned cross-border pur-chases within the E.U., were lodged. Most complaints were about clothing and foot-wear, airline tickets and information and communication technology goods. In next steps, the Commission will prepare a first detailed repost on the functioning of the platform towards the end of 2017. Norway, Iceland and Liechtenstein will join the platform during the 2017.

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A telephone subscriber’s consent to the publication of his data also covers its use in another E.U. Member State

On 15 March 2017, in the judgment of the case C-536/15, the Court of Justice of the European Union referring to the question whether an undertaking is required to make data relating to its subscribers available to a provider of directory enquiry ser-vices and directories established in another Member State and if that is so, whether it is necessary to leave the subscribers with the choice whether or not to give their con-sent depending on the country in which the undertaking requesting that data provides its services, declared that the Universal Service Directive (Directive 2002/22/EC of the European Parliament and of the Council of 7 March 2002) covers also all requests made by an undertaking established in a Member State other than that in which the undertakings which assign telephone numbers to subscribers are established. As re-gards the question whether it is necessary to leave the subscribers with the choice whether or not to give their consent depending on the country in which the undertak-ing requesting that data provides its services, the Court stated that the passing of the same data to another undertaking intending to publish a public directory without re-newed consent having been obtained from that subscriber is not capable of substan-tively impairing the right to protection of personal data, as recognised by the Charter of Fundamental Rights of the European Union. Consequently, it is not necessary for the undertaking assigning telephone numbers to its subscribers to differentiate in the request for consent addressed to the subscriber according to the Member State to which the data concerning him could be sent.

Undertakings and internal discrimination rules

On 14 March 2017, in the judgment of the joined cases C-157/15 and C-188/15, the Court of Justice of the European Union stated that an internal rule of an undertak-ing which prohibits the visible wearing of any political, philosophical or religious sign does not constitute direct discrimination. However, in the absence of such a rule, the willingness of an employer to take account of the wishes of a customer no longer to have the employer’s services provided by a worker wearing an Islamic headscarf cannot be considered an occupational requirement that could rule out discrimination. If such an internal rule treats all employees of the undertaking in the same way, nota-bly by requiring them, generally and without any differentiation, to dress neutrally, it does not introduce a difference of treatment that is directly based on religion or belief, for the purposes of the Directive (the Council Directive 2000/78/EC of 27 November 2000 establishing a general framework for equal treatment in employment and occu-

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pation). It’s possible that such a prohibition may constitute indirect discrimination if it is established that the apparently neutral obligation it imposes results, in fact, in persons adhering to a particular religion or belief being put at a particular disad-vantage. However, such indirect discrimination may be objectively justified by a le-gitimate aim, such as the pursuit by the employer, in its relations with its customers, of a policy of political, philosophical and religious neutrality, provided that the means of achieving that aim are appropriate and necessary

E.U. Member States may reserve to notaries the power to authenticate signatures appended to the documents necessary for the creation or transfer of rights to real property

On 9 March 2017, in the judgment of the C-342/15, the Court of Justice of the Eu-ropean Union stated that Member States may reserve to notaries the power to authen-ticate signatures appended to the documents necessary for the creation or transfer of rights to real property, because this requirement contributes to guaranteeing the legal certainty of real property transactions and the proper functioning of the land register. Member States would have the right to limit the pursuit of the activity of drafting formal documents for the creation or transfer of rights to property to certain catego-ries of legal professionals – such as notaries – and thus to prohibit foreign lawyers from exercising the activities in question within the territory of those Member States. Specifically, national provisions which require verification, by recourse to sworn pro-fessionals – such as notaries – of the accuracy of entries made in a land register con-tribute to guaranteeing the legal certainty of real property transactions and the proper functioning of the land register and relate, more generally, to the safeguarding of the sound administration of justice. That latter objective constitutes an overriding reason in the public interest justifying a restriction on the principle of the freedom to provide services.

No right to be forgotten in respect of personal data in the companies reg-ister

On 9 March 2017, in the judgment of the case C-398/15, the Court of Justice of the European Union considered that there is no right to be forgotten in respect of per-sonal data in the companies register; however, upon expiry of a sufficiently long peri-od after dissolution of the company concerned, Member States may provide for re-stricted access to such data by third parties in exceptional cases. In this Italian case,

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the Court of Cassation asks whether the directive on the protection of personal data (Directive 95/46/EC of the European Parliament and of the Council of 24 October 1995) and the directive on disclosure of company documents (First Council Directive 68/151/EEC of 9 March 1968 as amended by Directive 2003/58/EC of the European Parliament and of the Council of 15 July 2003) preclude any person from accessing, without any time limit, data relating to natural persons set out in the companies regis-ter. The Court noted, first of all, that the public nature of company registers is intend-ed to ensure legal certainty in dealings between companies and third parties and to protect, in particular, the interests of third parties in relation to joint stock companies and limited liability companies, since the only safeguards they offer to third parties are their assets and considered that this interference with the fundamental rights of the persons concerned (in particular the right to respect for private life and the right to protection of personal data guaranteed by the Charter of Fundamental Rights of the Union) is not disproportionate in so far as only a limited number of personal data items are entered in the company register and it is justified that natural persons who choose to participate in trade through such a joint stock company or limited liability company, whose only safeguards for third parties are the assets of that company, should be required to disclose data relating to their identity and functions within that company.

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9. NEWS DI ECONOMIA AZIENDALE (F. Bava – C. Crovini – A. Devalle

G. Giovando – M. Gromis di Trana)

Le nuove relazioni dei sindaci revisori e del collegio sindacale per i bilan-ci 2016

Il “Gruppo di Lavoro Revisione Legale” del Consiglio nazionale dei commerciali-sti, coordinato dal prof. Raffaele D’Alessio insieme ai consiglieri nazionali Raffaele Marcello e Andrea Foschi ha elaborato due importanti documenti. Il primo si intitola: “La relazione di revisione dei sindaci revisori per il bilancio del 2016” e ha lo scopo di orientare l’attività dei commercialisti impegnati, come membri del collegio sinda-cale incaricato della revisione legale, nella revisione dei bilanci 2016, che tiene conto delle novità che trovano applicazione già nella revisione di tali bilanci. Le novità ri-guardano, in particolare, l’inclusione del rendiconto finanziario nel sistema di bilan-cio civilistico, l’applicazione del nuovo art. 11 del d.lgs. 39/2010, la riscrittura della ‘formula’ del giudizio inerente al bilancio, i dati corrispondenti (bilancio 2015). Il se-condo strumento di lavoro invece è una rivisitazione di un documento emanato nel 2016, di cui conserva lo stesso titolo: “La relazione unitaria di controllo societario del collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti”. Si è tenuto conto delle novità legislative intervenute e sono stati effettuati, poi, alcuni altri aggiornamenti per tenere conto delle modifiche intervenute nell’art. 2426 c.c.

Manuale operativo per il deposito dei bilanci al registro delle imprese

L’edizione 2017 della Guida ai bilanci è online. Il nuovo manuale operativo per il deposito del bilancio di esercizio delle società di capitale è stato realizzato dall’Osservatorio permanente del sistema camerale e del Consiglio nazionale dei commercialisti. Lo standard informatico non pone alcun vincolo sui valori da inserire: sono da rispettare i soli vincoli dettati dal codice civile. La tassonomia da utilizzare per la formazione delle istanze Xbrl per il 2017 è pertanto la versione “2016-11-14”, disponibile sul sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale e scaricabile dal sito di XBRL Italia. La nuova tassonomia è caratterizzata da diverse novità, legate alle modifiche introdotte con il d.lgs. 139/2015 di recepimento della direttiva 34/UE/2013. La prin-cipale di queste riguarda l’introduzione del bilancio per le micro-imprese con relativi

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schemi quantitativi. Inoltre, il rendiconto finanziario diventa prospetto quantitativo a se stante e non più tabella di nota integrativa come nella precedente versione tasso-nomica.

Linee guida per la prima applicazione della nuova disciplina dei bilanci

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, nel mese di marzo, ha pubbli-cato un documento di sintesi volto a indirizzare le imprese e gli operatori nella predi-sposizione dei bilanci di esercizio per l’anno 2016. Alla luce delle rilevanti novità contenute nel d.lgs. 139/2015, il documento cerca di facilitare un’applicazione senza intralci delle nuove regole contabili. La fase transitoria, infatti, costituisce un momen-to fisiologicamente delicato in cui si è chiamati ad adottare regole, in questo caso an-che articolate, senza avere alle spalle esperienze consolidate a cui fare riferimento. Le problematiche che possono scaturire, infatti, sono numerose e con risvolti spesso rila-vanti anche sotto il profilo fiscale. Per fugare le incertezze, il documento analizza le casistiche potenzialmente più frequenti sui temi concernenti: l’informativa compara-tiva, l’adeguamento ai nuovi schemi, l’adozione di nuovi criteri di valutazione e le di-sposizioni per piccole società e micro-imprese.

Nuovi controlli su dominus e tirocinanti

Con una nota informativa del 20 marzo 2017, il CNDCEC ha comunicato che verrà realizzato un questionario da sottoporre ai tirocinanti per rafforzare i controlli sulle attivi-tà da loro svolte e per verificare con maggiore puntualità il reale rispetto delle norme de-ontologiche da parte del dominus. Il questionario si aggiunge a strumenti di controllo e verifica già esistenti, quali i colloqui periodici con gli stessi tirocinanti e la verifica semes-trale del loro libretto. Il questionario inviato agli Ordini territoriali, che dovranno a loro volta sottoporlo ai tirocinanti, punta a rendere i controlli in questo ambito ancora più stringenti. Oltre a illustrare i contenuti obbligatori del libretto, prevede anche l’acquisizione di informazioni relative ai comportamenti tenuti dal dominus, sia per ciò che riguarda l’aspetto organizzativo del tirocinio, sia per quel che riguarda il suo tratta-mento economico. Le informazioni acquisite dovranno essere verificate, nel caso emer-gessero profili di non conformità alle regole deontologiche, tramite riscontro con il domi-nus. In caso poi di conferma di situazioni di criticità, vi sarà la necessità da parte del Con-siglio dell’Ordine di trasmettere la segnalazione al Consiglio di Disciplina il quale potrà valutare i comportamenti del dominus anche alla luce del Codice delle sanzioni, le cui norme sono entrate in vigore lo scorso 1° gennaio.