Dinamica imbarcazioni Plananti 2011 L

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Teoria imbarcazioni plananti e previsione di resistenza metodo di Savitsky

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Marco Ferrando Dinamica

rev. 28 dicembre 2006 pag. 1 di 63

1 Dinamica .............................................................................................................................. 2

1.1 Tipologie di carene......................................................................................................... 2

1.2 Carene Plananti .............................................................................................................. 7

1.2.1 Definizioni .............................................................................................................. 8

1.2.2 Resistenza al moto della carena planante: il metodo di Savitsky ........................... 9

1.2.2.1 Geometria della carena planante ...................................................................... 10

1.2.2.2 Portanza della carena planante ......................................................................... 14

1.2.2.3 Resistenza della carena planante...................................................................... 18

1.2.2.4 Centro di pressione della carena planante........................................................ 21

1.2.2.5 Risoluzione delle equazioni di equilibrio ........................................................ 23

1.2.2.6 Estensione del metodo al regime di preplanata ed a carene non prismatiche .. 25

1.2.3 Prove alla vasca navale di carene plananti ........................................................... 26

1.2.4 Metodi per la previsione della resistenza .............................................................. 27

1.2.4.1 Esperienze sistematiche ................................................................................... 27

1.2.4.2 Metodi statistici o numerici ............................................................................. 45

1.2.5 Altre componenti della resistenza ......................................................................... 47

1.2.5.1 Resistenza dello Spray ..................................................................................... 47

1.2.5.2 Resistenza dell’aria .......................................................................................... 55

1.2.5.3 Resistenza delle appendici ............................................................................... 55

1.2.6 Porpoising ............................................................................................................. 59

1.2.7 Controllo dell’assetto ............................................................................................ 62

1.2.8 Spray rail e pattini ................................................................................................. 62

1.2.9 Bibliografia ........................................................................................................... 62

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1 Dinamica La resistenza al moto delle carene dislocanti e di quelle plananti viene trattata utilizzando ap-

procci differenti. Ciò deriva dal fatto che la carena planante ha un comportamento molto diverso da quella dislocante nonostante ubbidisca alle stesse leggi fisiche che regolano il moto di un corpo all’interfaccia tra la superficie dell’acqua e l’atmosfera.

1.1 Tipologie di carene Carene dislocanti

Si dicono dislocanti le carene che, al variare della velocità, mantengono pressoché inalterato il volume di carena. Per offrire una indicazione di massima si può ritenere che le carene dislocanti possano trovarsi in uno dei due casi seguenti:

• regime dislocante, Fr < 0.39 ( 0.9Fr∇ < ): a queste velocità lo scafo è completamente

dislocante, cioè il suo peso è completamente sostenuto dalla spinta idrostatica.

• regime semidislocante, 0.39< Fr <0.89 (0.9 1.0Fr∇< < ): in questo campo di velocità

l'effetto di sostentamento idrodinamico comincia a farsi sentire, ma è ancora di modesta entità.

Le carene che debbono operare in regime dislocante sono normalmente caratterizzate dalle se-guenti caratteristiche:

• Piccolo angolo di entrata della linea d’acqua corrispondente al galleggiamento di pro-getto

• Longitudinali convessi, particolarmente nella regione poppiera

• Poppa sottile (linee d’acqua)

• Ginocchio convesso, normalmente con raggio costante per gran parte della lunghezza.

Un tipico esempio di carena concepita per operare in regime dislocante è illustrato in Figura 1.1.1 ed il relativo piano di costruzione è riportato in Figura 1.1.2

Figura 1.1.1

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Figura 1.1.2

Le carene che debbono operare in regime semi dislocante sono invece caratterizzate da:

• Corpo di entrata affinato

• Longitudinali rettilinei che risalgono leggermente verso poppa

• Ampia poppa a specchio parzialmente immersa

• Ginocchio tondo per l’intera lunghezza dello scafo oppure tondo nella zona prodiera ed a spigolo a poppa

• Ordinate a V rettilinea nella zona prodiera

Figura 1.1.3

In Figura 1.1.3 è rappresentata una carena destinata ad operare in regime semidislocante ed il relativo piano di costruzione è illustrato nella Figura 1.1.4

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Figura 1.1.4

Carene plananti Si dicono plananti quelle carene che al variare della velocità, per effetto della pressione dina-

mica che si sviluppa sul fondo, subiscono una considerevole riduzione del volume di carena. Questo fenomeno è illustrato nella Figura 1.1.5 che rappresenta le diverse posizioni di equilibrio di una ca-rena al variare della velocità.

Figura 1.1.5

Per offrire una indicazione di massima si può ritenere che le carene plananti possano trovarsi in uno dei due casi seguenti:

• regime di preplanata, 0.5< Fr < 1.4 (1.0 3.0Fr∇< < ): la quota di peso dello scafo so-

stenuto dal sostentamento idrodinamico aumenta progressivamente mentre la compo-nente idrostatica diminuisce gradatamente a causa della diminuzione del volume di ca-rena dovuta al progressivo svilupparsi della pressione dinamica sul fondo.

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• regime di planata, Fr > 1.4 ( 3.0Fr∇ > ): il peso dello scafo è sostenuto in gran parte o

quasi completamente dal sostentamento idrodinamico.

Figura 1.1.6

Le carene che debbono operare in regime planante sono normalmente caratterizzate dalle se-guenti caratteristiche:

• Completa assenza di superfici convesse (fatta eccezione per la parte prodiera dello sca-fo che comunque risulta fuori dall’acqua in condizioni di planata)

• Spigolo vivo all’intersezione tra fondo e fianchi

• Ampia poppa a specchio molto immersa, unita ai fianchi ed al fondo con spigoli vivi per assicurare la completa separazione del flusso e garantire la completa ventilazione dello specchio

• Longitudinali rettilinei ed orizzontali nella zona poppiera

• Ordinate a V con angolo di rialzamento del fondo crescente verso prora Un tipico esempio di carena concepita per operare in regime planante è illustrato in Figura 1.1.6 ed il relativo piano di costruzione è riportato in Figura 1.1.7

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Figura 1.1.7

Questa classificazione è comunque qualitativa in quanto l’instaurarsi del regime di planata non dipende esclusivamente dalla velocità del mezzo ma anche dalla posizione longitudinale del centro di gravità, indicato con XCG oppure LCG.

Con riferimento alla Figura 1.1.5 le velocità di 10 e 20 nodi corrispondono al regime di pre planata; la planata vera e propria inizia a 30 nodi e si può notare che anche in questo regime la care-na continua a diminuire il volume immerso all’aumentare della velocità.

Considerazioni sulla resistenza al moto

In Figura 1.1.8 sono illustrate le curve del rapporto RT/∆ (resistenza su dislocamento) per care-ne dislocanti, semi dislocanti e plananti.

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Figura 1.1.8

Dall’analisi della figura si può osservare che nel campo di numeri di Froude fino a 0.39 la ca-rena dislocante quella che offre le migliori prestazioni; oltre questo limite il rapporto RT/∆ assume rapidamente, per la carena dislocante, valori molto superiori a quelli propri della carena semi dislo-cante. Un comportamento analogo si riscontra per la carena semi dislocante, quando questa viene portata a valori del numero di Froude superiori a 0.89 per i quali la carena planante è quella che ha il minor valore del rapporto RT/∆.

Risulta quindi evidente chela scelta della forma della carena deve essere consona al regime di velocità previsto per l’imbarcazione in progetto.

1.2 Carene Plananti Per quanto riguarda le carene plananti in teoria la resistenza al moto potrebbe essere suddivisa

nelle stesse componenti già illustrate nel caso delle carene dislocanti; in particolare si può operare la seguente distinzione qualitativa:

• regime di preplanata, 0.5< Fr < 1.4 (1.0 3.0Fr∇< < ): a questo regime la resistenza

dovuta alle onde frangenti e la resistenza dei vortici scompaiono; la resistenza d'onda diminuisce con la velocità (a causa della progressiva fuoriuscita della carena dall’acqua) mentre la resistenza d'attrito cresce con il quadrato della velocità stessa.

• regime di planata, Fr > 1.4 ( 3.0Fr∇ > ): il peso dello scafo è sostenuto quasi comple-

tamente dal sostentamento idrodinamico; la resistenza d'onda diviene trascurabile, la re-sistenza d'attrito diviene la componente preponderante seguita dalla resistenza indotta, dalla resistenza dello spray e da quella delle appendici.

In realtà per questa tipologia di carene è necessario tener conto dell’effetto delle azioni idrodi-namiche che si sviluppano sul fondo della carena, le quali contribuiscono al sostentamento della stessa provocando una diminuzione del volume di carena immerso all’aumentare della velocità.

Perla carena dislocante si ha:

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S∆ γ∇= = (0.4.1)

mentre nel caso della carena planante l’equazione (0.4.1) i trasforma nella:

( ) ( )V L V∆ γ∇= + (0.4.2)

ove con L si è indicata la componente verticale della risultante delle pressioni dinamiche agenti sul fondo della carena. Questa aumenta all’aumentare della velocità V, di conseguenza, per mantenere l’equilibrio in direzione verticale, deve diminuire il volume di carena immerso.

Nel campo delle carene plananti, ove la quantità di dati sperimentali relativi alla previsione di resistenza al moto è considerevolmente minore che nel caso delle carene dislocanti, è invalso l’uso della schematizzazione operata da Daniel Savitsky, che fu il primo ad occuparsi in maniera appro-fondita della previsione della resistenza al moto delle carene plananti.

1.2.1 Definizioni

A causa del fatto che la carena planante, a differenza di quelle dislocanti, emerge dall’acqua all’aumentare della velocità, le grandezze utilizzate per descrivere la carena dislocante quali lun-ghezza al galleggiamento, larghezza al galleggiamento ecc. perdono in questo caso significato dal momento che la figura di galleggiamento muta al variare della velocità.

Figura 1.2-1: Proiezione del fondo

È consuetudine quindi descrivere la carena planante basandosi su proprietà della superficie del fondo, ovvero la superficie al di sotto dello spigolo che collega il fondo con il fianco. In particolare viene considerata la proiezione del fondo della carena su un piano orizzontale, come illustrato nella Figura 1.2-1. Il valore dell’area di questa proiezione viene indicato con il simbolo AP. Questa proie-zione viene inoltre utilizzata per definire la lunghezza LP, chiamata lunghezza della proiezione dello spigolo, e le larghezze BPC, BPX e BPT chiamate larghezza del fondo (in posizione longitudinale ge-nerica), larghezza massima del fondo e larghezza del fondo in corrispondenza dello specchio di poppa rispettivamente. Le grandezze appena definite sono illustrate nella Figura 1.2-2.

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Figura 1.2-2: Proiezione del fondo e grandezze correlate

Viene inoltre utilizzata anche la larghezza media del fondo, definita dalla relazione:

PPA

P

AB

L=

Infine si utilizza il coefficiente di carico sul fondo definito come segue:

P2

3

A

Il David Taylor Model Basin americano ha sviluppato un metodo di rappresentazione delle ca-ratteristiche di forma più importanti di uno scafo a spigolo mediante l’uso di tre “Curve caratteristi-che di forma”; queste tre curve illustrano, in maniera adimensionale, la distribuzione longitudinale della larghezza BPC, dell’angolo di rialzamento del fondo β e dell’altezza del longitudinale medio rispetto alla linea di base.

Figura 1.2-3: Curve caratteristiche di forma per carene a spigolo

Il longitudinale medio è definito come quel longitudinale distante BPA/4 dal piano di simmetria. Un esempio di tale descrizione è illustrato nella Figura 1.2-3. Va notato che le altezze del longitudi-nale medio sono misurate da una linea, parallela alla linea di base, tangente al longitudinale medio nell’estremità poppiera del fondo della carena.

1.2.2 Resistenza al moto della carena planante: il metodo di Savitsky

Il modello fisico di carena planante ideato da Savitsky [1.2.9.1.1] è basato sullo studio della condizione di equilibrio della carena panante soggetta alle forze, illustrate nella Figura 1.2-4, che sono:

• ∆ Peso dell’imbarcazione

• N Risultante delle pressioni agenti sul fondo della carena

• DF Resistenza d’attrito dovuta allo scorrimento dell’acqua sul fondo della carena

• T Spinta del propulsore

La carena deve trovarsi in condizioni di planata completamente sviluppata, vale a dire che l’acqua abbandona la carena allo spigolo, senza bagnare il fianco e lo specchio di poppa è asciutto.

Secondo Saunders [1.2.9.1.2] la ventilazione dello specchio immerso si ha se:

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h 4 5V

Frgh

= > ÷ (0.4.3)

ove con h si è indicata l'immersione dello specchio di poppa; secondo Savitsky e Brown [1.2.9.1.3] per le carene plananti la ventilazione avviene se:

V 0.5V

Cgb

= > (0.4.4)

avendo indicato con b la larghezza della carena.

Figura 1.2-4

1.2.2.1 Geometria della carena planante La carena ipotizzata è di tipo prismatico, avente cioè larghezza b ed angolo di rialzamento del

fondo (deadrise angle) β constanti per tutta la lunghezza, eccezion fatta per una piccola parte pro-diera che rimane comunque emersa. Detta carena viene studiata in condizione di piena planata, vale a dire con lo specchio ventilato e con i fianchi asciutti, in date condizioni di immersione, velocità ed assetto. Tale situazione è rappresentata in Figura 1.2-5.

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Figura 1.2-5

Per trattare le carene plananti è necessario osservare che il moto della carena attraverso l’acqua fa sì che si abbia una perturbazione della superficie della stessa. Questa, si solleva dando luogo alla nascita del primo treno di onde divergenti della carena. In questo modo la superficie bagnata del fondo della carena non è più quella individuata dalla linea di galleggiamento indisturbata, indicata in Figura 1.2-5 dal poligono OQ’R’R”Q”, ma bensì quella delimitata da OP’R’R”P”; le zone trian-golari OP’Q’ e OP”Q” sono anch’esse bagnate e contribuiscono a formare quella che viene deno-minata “area [del fondo] in pressione (Pressure area)”.

L’area in pressione resta delimitata a prora dalla linea OP, chiamata “Radice dello spray (Spray root line)”. Questa denominazione deriva dal particolare fenomeno della produzione di spray, fluido bifasico composto da aria e minuscole goccioline d’acqua, che caratterizza le carene veloci. Per il-lustrare questo fenomeno consideriamo il caso semplice di una scafo planante dal fondo piatto, rap-presentato dalla Figura 1.2-6. Osservando la figura si nota il rialzamento della superficie del fluido, dovuta all’onda prodiera, e la sottile regione, a proravia di quest’ultima, interessata appunto alla formazione dello spray. Nella regione dello spray la velocità del flusso è concorde alla velocità di avanzamento dello scafo; in altre parole lo spray viene scagliato verso prora.

Figura 1.2-6

La Figura 1.2-6 è l’esatta riproduzione di una figura contenuta nel lavoro originale di Savitsky ed utilizza il concetto di lunghezza media bagnata adimensionale:

ml

bλ = (0.4.5)

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ove con lm si è indicata la lunghezza media bagnata dello scafo e con b la larghezza del fondo in corrispondenza dello spigolo. Ovviamente il concetto di lunghezza media bagnata è privo di signifi-cato in caso di fondo piatto, ma assume importanza nel caso di imbarcazione con fondo a V (β≠0) come sarà mostrato nel seguito.

Tornando alla Figura 1.2-6 si può ancora osservare come la lunghezza bagnata effettiva, indi-cata con λb sia maggiore della lunghezza bagnata λ’b che risulterebbe dall’intersezione del fondo con la superficie indisturbata dell’acqua.

La Figura 1.2-7 illustra la stessa situazione considerata nella figura precedente ma mostra come la pressione dinamica termini praticamente in corrispondenza della radice dello spray. Lo spessore dello spray, indicato con δ, è definito come la distanza tra la superficie indisturbata e la linea di cor-rente che termina nel punto di stagnazione.

Risulta quindi evidente come sia importante poter determinare l’esatta area della superficie di fondo in pressione. Questo problema è stato affrontato sperimentalmente per quanto riguarda scafi plananti dal fondo piatto, per i quali sono state ricavate due relazioni che legano λ a λ’:

( )21.6 0.30 0 1λ λ λ λ′ ′ ′= − < ≤ (0.4.6)

0.30 1 4λ λ λ′ ′= + ≤ ≤ (0.4.7)

Queste ultime sono state derivate attraverso procedimenti di regressione applicati a dati speri-mentali e sono valide per:

2 24τ° ≤ ≤ °

4λ ≤

V0.6 25.0C≤ ≤

ove

V

VC

gb= (0.4.8)

Figura 1.2-7

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Considerando ora le carene con β≠0 si osserva che la linea di stagnazione, luogo dei punti di stagnazione al variare della distanza dalla linea di chiglia, non è più ortogonale alla linea di chiglia come nel caso della carena con fondo piatto. Come conseguenza anche la spray root line risulta anch’essa non ortogonale alla linea di chiglia, come illustrato dai segmenti OP, OP’ ed OP” della Figura 1.2-5. Ne consegue che la lunghezza media bagnata è ottenibile dalla media delle lunghezze bagnate di chiglia LK e di spigolo LC.

Con riferimento alla Figura 1.2-8, si osserva che mentre la lunghezza LK è facilmente determi-nabile:

K sin

dL

τ= (0.4.9)

non altrettanto può dirsi della lunghezza LC; per determinare quest’ultima si fa uso delle lun-ghezza L1.

Per ottenere un legame tra la larghezza bagnata teorica b1 e quella effettiva b1e Savitsky si è avvalso del lavoro di Wagner [1.2.9.1.4] dal quale si ricava:

1e 12b b

π= (0.4.10)

Figura 1.2-8

Si consideri ora la Figura 1.2-8; la lunghezza dei segmenti PP”e P’P”può essere ricavata osser-vando la sezione A-A:

1e

1

tan

tan

PP b

P P b

ββ

′′ =

′ ′′ =

osservando poi che nella sezione A-A si ha:

1e 2

bb =

è immediato ricavare

tan2

bPP β′′ =

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e, ricordando la (0.4.10), si ottiene:

1e

2 2tan tan tan

2

b bP P b β β β

π π π′ ′′ = = =

Considerando ora il triangolo OP’P”, siamo in grado di ricavare:

1

tan

tan

bL

βπ τ

= (0.4.11)

valida per qualsiasi combinazione di β e τ se CV>2. Per il campo di validità della formula nel caso in cui il coefficiente di velocità sia inferiore a 2 si rimanda alla memoria originale di Savitsky.

La lunghezza media bagnata lM si ottiene:

1M K

tan

2 sin 2 tan

L d bl L

βτ π τ

= − = −

dalla quale si ottiene la lunghezza media bagnata adimensionale:

tansin 2 tanM

d bl

b b

βτ π τλ

−= = (0.4.12)

1.2.2.2 Portanza della carena planante Innanzi tutto è opportuno sottolineare che la portanza, indicata con L (dall’inglese Lift), è la

forza che si sviluppa, su una superficie in moto relativo con un fluido, in direzione ortogonale alla velocità con cui il mezzo si muove rispetto al fluido indisturbato. Nel caso della carena planante, quindi, la portanza è una forza avente direzione verticale. Ovviamente la portanza è una delle com-ponenti della risultante R delle pressioni agenti sul fondo della carena, come illustrato nella Figura 1.2-9 per il caso di una superficie planante con β=0 in moto in un fluido ideale. La seconda compo-nente della risultante R è una resistenza e viene indicata con DP come sarà meglio illustrato nel se-guito.

Figura 1.2-9

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Savitsky ha ottenuto un’equazione empirica per il coefficiente di portanza della superficie a-vente β=0, utilizzando un’ampia raccolta di dati sperimentali con i quali ha potuto ricavare i coeffi-cienti dell’equazione da lui formulata utilizzando tecniche di regressione.

Per formulare l’equazione della portanza Savitsky ha utilizzato l’analogia tra la superficie por-tante della carena ed un’ala. È necessario però ricordare che il coefficiente di portanza relativo ad una superficie planante può essere scomposto in due componenti, dal momento che la pressione che agisce sul fondo della carena planante ha una componente idrostatica ed una idrodinamica. L’analogia con l’ala, quindi, si limita alla sola componente dinamica della portanza, mentre per la parte idrostatica si procede in maniera differente.

Per le ali ad alto rapporto di aspetto (rapporto tra apertura alare e corda), ove il flusso si svolge prevalentemente in direzione della corda, il coefficiente di portanza risulta essere proporzionale all’angolo di incidenza; nel caso di ali con basso rapporto di aspetto il flusso assume direzione pre-valentemente trasversale ed il coefficiente di portanza risulta proporzionale al quadrato dell’angolo di incidenza. Nel caso della superficie planante la lunghezza media bagnata λ può essere considera-ta come l’inverso del rapporto d’aspetto di un’ala.

Si può quindi ipotizzare che il coefficiente di portanza della superficie planante, che risulta a-vere rapporto d’aspetto intermedio, possa essere espresso nella forma seguente:

2A BLC τ τ= + (0.4.13)

Limitando l’analisi al campo di valori di λ tipici delle imbarcazioni plananti il secondo termine del secondo membro dell’equazione (0.4.13) assume la forma di una piccola correzione al primo termine e la (0.4.13) può essere riformulata in termini di τ1.1 nel modo seguente:

( )1.1d ,L VC f Cτ λ= (0.4.14)

L’analisi condotta da Sottorf [1.2.9.1.5] su risultati sperimentali relativi a superfici plananti ad alta velocità, per le quali il contributo idrostatico alla portanza è trascurabile, ha mostrato che, per un angolo di assetto τ fissato, la componente dinamica del coefficiente di portanza variava propor-zionalmente a λ1\2. Sulla scorta di questa considerazione si può scrivere:

1.1d cLC τ λ= (0.4.15)

La portanza idrostatica, indicata da Savitsky con Lb, viene determinata facendo riferimento al volume della carena individuata dalla linea di galleggiamento indisturbato. Ricordando l’equazione (0.4.7) è possibile ricavare la corrispondente lunghezza bagnata di chiglia

0.30λ λ′ = −

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Figura 1.2-10

L’area del triangolo rettangolo che costituisce la traccia del volume di carena sul fianco è data dalla relazione

( ) ( )10,30 0,30 tan

2b bλ λ τ− −

Moltiplicando questa area per la larghezza b si ottiene il volume di carena il quale moltiplicato

per il peso specifico γ=ρg fornisce la portanza idrostatica Lb:

( )23b

10.30 tan

2L gbρ λ τ= − (0.4.16)

Il coefficiente di portanza idrostatica può essere ricavato dividendo entrambi i membri

dell’equazione (0.4.16) per la quantità 1/2ρb2V2 ottenendo:

( )2

b 20.30 tanL

gbC

Vλ τ= −

Ricordando l’equazione (0.4.8), accettando che, dal momento che l’angolo τ assume sempre valori piccoli, tanτ possa essere approssimato da τ1.1 ed ipotizzando infine di approssimare (λ-0.30)2 con la quantità Dλn si può ricavare:

1.1b 2

n

LV

DC

C

λ τ= (0.4.17)

Il coefficiente di portanza per la superficie planante con β=0, indicato con CL0, può così essere ottenuto sommando le equazioni (0.4.15) e (0.4.17) ottenendo:

1 2 1.10 2

n

LV

DC c

C

λλ τ

= +

(0.4.18)

I valori delle costanti c,D ed n sono stati ricavati applicando la relazione (0.4.18) ad una grande mole di dati sperimentali come illustrato in [1.2.9.1.6] ed il risultato finale è:

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5 2

1 2 1.10 2

0.00550.012L

V

CC

λλ τ

= +

(0.4.19)

dove τ è espresso in gradi.

Figura 1.2-11

L’equazione (0.4.19), essendo stata ottenuta analizzando risultati di prove sperimentali, ha il seguente campo di applicabilità:

0.6 13.0

2 15

4

VC

τλ

≤ ≤° ≤ ≤ °

Vale la pena di notare che anche per il modello fisico di carena planante ideato da Savitsky si verifica la situazione per cui alle basse velocità, cioè nel campo 0.6<CV<1.0, si registra una immer-sione della carena maggiore di quella statica. Questo effetto è del tutto simile al “sinkage” cui sono soggette le carene dislocanti alle basse velocità.

Passando ora a considerare la carena con β≠0 da semplici considerazioni geometriche si può dedurre che la portanza deve essere inferiore e decresce all’aumentare di β. Osservando infatti la Figura 1.2-11, che riporta due porzioni di sezione trasversale, si nota che, a parità di intensità del vettore risultante delle pressioni R, la componente di esso in direzione verticale, cioè la portanza, diminuisce all’aumentare di β.

Per formulare un’equazione per il coefficiente di portanza relativo ad una superficie planante avente β≠0 sono stati paragonati risultati sperimentali relativi a superfici piane ed a V a parità di CV, λ e τ. Si è riscontrato [1.2.9.1.6 e 1.2.9.1.7Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.] che detto coefficiente poteva essere rappresentato dall’equazione:

0.600 00.0065L L LC C Cβ β= − (0.4.20)

ove β è espresso in gradi.

Si ricorda che, secondo l’ipotesi di Savitsky che postula la portanza eguale al peso della imbar-cazione si ha anche:

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Lβ 2 212

Cb Vρ

∆= (0.4.21)

1.2.2.3 Resistenza della carena planante La trattazione svolta da Savitsky per la resistenza della carena planante differisce molto da

quella classica relativa alle carene dislocanti. Savitsky, infatti, considera solamente due componenti della resistenza al moto; la resistenza d’attrito e la resistenza di pressione.

L’ipotesi fondamentale alla base della trattazione è che la portanza L che deve essere sviluppa-ta dalla carena deve eguagliare in modulo il peso ∆ dell’imbarcazione.

Nel caso in cui il fluido venga considerato ideale, in assenza cioè di attrito, la risultante R delle pressioni sul fondo della carena deve avere una componente L verticale di intensità eguale a ∆. In questo caso, illustrato nella Figura 1.2-9, la resistenza al moto è costituita dalla componente oriz-zontale DP del vettore risultante. Questa è una resistenza di pressione essendo una componente della risultante delle pressioni sul fondo ed è indicata con il simbolo DP dall’inglese Drag pressure. Ri-cordando l’ipotesi fondamentale L=∆ questa può essere scritta nella forma seguente:

tanPD ∆ τ= (0.4.22)

Consideriamo ora il caso di fluido reale rappresentato in Figura 1.2-12; lungo il fondo dell’imbarcazione si manifesta la resistenza d’attrito, indicata con il simbolo DF dall’inglese Drag friction.

In questo caso la componente verticale del vettore risultante delle pressioni deve avere intensità pari alla somma del peso dell’imbarcazione e della componente verticale DFV della resistenza d’attrito. Ciò fa nascere una ulteriore componente orizzontale del vettore risultante della pressioni, avente intensità L1 tan τ. Dovendo però essere L1= DFV ed essendo DFV =DF sin τ la resistenza RP di pressione sarà data dalla:

tan sin tanP FR D∆ τ τ τ= +

La resistenza d’attrito darà invece espressa dalla:

cosF FR D τ=

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 19 di 63

Figura 1.2-12

Osservando la Figura 1.2-12 si nota però che

sin tan coscos

FF F

DD Dτ τ τ

τ+ =

pertanto la resistenza totale della carena planante può essere scritta nella forma:

tancos

FT

DR ∆ τ

τ= + (0.4.23)

Per quanto riguarda DF è stato dimostrato[1.2.9.1.6] che può essere ricavata dalla relazione:

2

21

1

2 cosF F

bD C V

λρβ

= (0.4.24)

ove:

• V1 =velocità media sul fondo della carena

• CF = coefficiente di attrito di Shoenherr (ATTC’47) Dal momento che per la carena planante la pressione sul fondo è maggiore della pressione i-

drostatica la velocità media V1sul fondo deve risultare, per il teorema di Bernoulli, inferiore alla ve-locità di avanzamento V dell’imbarcazione. Allo scopo di determinare il valore della velocità media sul fondo Savitsky [1.2.9.1.8] ha sviluppato la metodologia seguente: si considera il coefficiente di portanza dinamica della superficie piana, dato dal primo termine del secondo membro dell’ equa-zione (0.4.19)

1 1.12

0d 0.012LC λ τ= (0.4.25)

il relativo coefficiente nel caso di carena a v si ottiene applicando la struttura dell’equazione (0.4.20) alla precedente ricavando

0.60d 0d 0d0.0065L L LC C Cβ β= − (0.4.26)

per mezzo di questa si può ottenere la portanza dinamica

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 20 di 63

dd 2 cos

Lp

bλ τ= (0.4.27)

che permette, a sua volta, di ottenere la pressione dinamica media sul fondo

2 2d d 2

1 1

2 cosLp C b Vbβ ρ

λ τ= (0.4.28)

Applicando il teorema di Bernoulli a due punti alla stessa immersione, uno nella corrente indi-sturbata ed uno a contatto con la carena, indicato con il pedice 1, si ricava:

2 21 1

1 1

2 2p V p Vρ ρ+ = +

che può essere riscritta nella forma:

( )2 21 1

1 1

2 2V V p pρ ρ= − −

Ricordando che la differenza tra le due pressioni è pari alla pressione dinamica possiamo scri-vere:

12

d12

21

pV

V Vρ = −

(0.4.29)

A questo punto, con il valore di V1 è possibile calcolare il numero di Reynolds

1V bRe

λν

= (0.4.30)

per ottenere il CF e, successivamente, utilizzare quest’ultimo per la determinazione di DF.

Figura 1.2-13

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 21 di 63

In Figura 1.2-13 è riportato un diagramma, ottenuto dalla pubblicazione originale di Savitsky, nel quale viene riportato il valore del rapporto RT/∆ in funzione dell’angolo di assetto τ per superfici plananti aventi larghezza pari a 3.048m. Osservando detto diagramma appare evidente che esiste un angolo di assetto per ciascun valore dell’angolo β che rende minima la resistenza al moto della ca-rena planante; il valore di tale angolo di assetto è funzione di β e si aggira attorno a 4°.

1.2.2.4 Centro di pressione della carena planante La posizione longitudinale del centro di pressione della carena viene determinato con riferi-

mento alle componenti della stessa pressione. Si è visto, trattando della portanza, che la pressione agente sul fondo della carena può essere pensata come somma di due contributi, quello statico e quello dinamico. Di conseguenza il coefficiente di portanza è stato formulato come somma dei con-tributi idrostatico e idrodinamico, cfr. equazioni (0.4.15), (0.4.17), (0.4.18) e (0.4.19):

0 0D 0BL L LC C C= + (0.4.31)

1 1.120D

5 21.1

0B 2

0.012

0.0055L

LV

C

CC

λ τλ τ

=

= (0.4.32)

Per quanto concerne la parte idrostatica della portanza, si può ipotizzare che, considerata la forma del volume di carena illustrata in Figura 1.2-10, questa sia applicata in un punto posto a lB=lM/3 a proravia dello specchio di poppa.

Figura 1.2-14

Per quanto riguarda la componente idrodinamica della portanza la carena planante viene assi-milata ad un profilo alare e, in analogia a quanto avviene per la portanza aerodinamica ove la por-tanza si colloca a ¾ di corda a partire dal lembo di uscita del profilo alare, si ritiene che la compo-nente idrodinamica della portanza sia applicata in un punto posto a lD=3/4lM a proravia dello spec-chio di poppa.

Applicando il teorema dei momenti statici al sistema di forze rappresentato in Figura 1.2-14 si ottiene:

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 22 di 63

0 P 0D D 0B BL L LC l C l C l= +

Dividendo entrambi i membri per CL0lM si ricava:

0D 0B

0 0

L LP D B

M L M L M

C Cl l l

l C l C l= +

e ricordando che 0D 0 0BL L LC C C= − si ottiene:

0 0B 0B

0 0

L L LP D B

M L M L M

C C Cl l l

l C l C l

−= +

da cui si può ricavare:

0B

0

LP D D B

M M L M

Cl l l l

l l C l

−= −

che, per convenienza, è meglio riscrivere nella forma:

( )

0 0B

D B MP D

M M L L

l l ll l

l l C C

− = −

(0.4.33)

Ricordando l’equazione (0.4.31) il rapporto 0 0BL LC C può essere scritto nella forma:

0 0D

0B 0B

1L L

L L

C C

C C= +

che, per mezzo delle relazioni (0.4.32) assume la forma:

12

05 2

0B2

0.0121

0.0055L

L

V

C

CC

λλ

= +

che, diviene:

2

02

0B

2.1821L V

L

C C

C λ= +

Ricordando le assunzioni fatte a proposito di lD e di lB, l’equazione (0.4.33) può ora essere ri-scritta nella forma:

2

2

0.75 0.33330.75

2.1821

P

VM

l

Clλ

−= − +

che, diviene:

2

2

10.75

5.21 2.39

PP

VM

lC

Clλ

= = − +

(0.4.34)

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 23 di 63

Come si può notare l’equazione (0.4.34) non contiene ne τ ne β in accordo con precedenti studi [1.2.9.1.6] che avevano dimostrato che la posizione del centro di pressione è praticamente indipen-dente dai valori assunti da τ e da β.

1.2.2.5 Risoluzione delle equazioni di equilibrio Siamo ora in grado, con riferimento alla Figura 1.2-4, di scrivere il seguente sistema di equa-

zioni di equilibrio costituito dalle equazioni di equilibrio alla traslazione verticale ed orizzontale e dall’equazione di equilibrio alla rotazione attorno al centro di gravità:

Fcos sin( ) sinN T Dτ τ ε τ∆ = + + − (0.4.35)

Fcos( ) cos sinT D Nτ ε τ τ+ = + (0.4.36)

F 0Nc D a Tf+ − = (0.4.37)

I dati del problema sono: ∆, β, ε, b, XCG ZCG ed i bracci a ed f. Savitsky suggerisce una soluzio-ne numerica del sistema di equazioni, ipotizzando l’angolo di assetto τ dal quale dipendono prati-camente tutte le grandezze che compaiono nel sistema.

La soluzione del sistema risulta più agevole se si tiene conto dell’equazione di equilibrio alla traslazione lungo la linea di chiglia:

Fcos sinT Dε τ= ∆ + (0.4.38)

dalla quale, ipotizzando cos 1ε ≈ , si ricava:

FsinT Dτ= ∆ + (0.4.39)

Sostituendo l’espressione di T nella (0.4.35) si ottiene:

F Fcos ( sin )sin( ) sinN D Dτ τ τ ε τ∆ = + ∆ + + −

F Fcos sin sin( ) sin( ) sinN D Dτ τ τ ε τ ε τ∆ = + ∆ + + + −

Ipotizzando che la DF sia piccola rispetto alle altre forze in gioco si può assumere che la quan-tità F Fsin( ) sinD Dτ ε τ+ − sia trascurabile e scrivere:

cos sin sin( )N τ τ τ ε∆ = + ∆ +

da cui si ricava:

[ ]1 sin sin( )

cosN

τ τ ετ

∆ − += (0.4.40)

Sostituendo ora le espressioni di T ed N nella (0.4.37) si ottiene:

[ ] ( )F

1 sin sin( )sin 0

cos

cf D a f

τ τ ετ

τ − +

∆ − + − =

(0.4.41)

Una volta ottenuti i valori di τ, c ed DF che soddisfano la (0.4.41) l’imbarcazione è in equilibrio ed è possibile valutarne le prestazioni.

Nella Tabella 1.2–1 viene riportato un esempio di calcolo nel quale si sono ipotizzati valori di τ che consentissero di valutare il risultato del secondo membro dell’equazione (0.4.41) e di trovare l’intervallo di angoli di assetto ove si verifica il cambiamento di segno di questo. La soluzione fina-le si ricava una volta individuato l’angolo di assetto che verifica l’equazione di equilibrio alla rota-zione (0.4.41); in questo caso si è proceduto per interpolazione.

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Tabella 1.2–1

Grandezza Equazione Valore Unità Risultato

∆∆∆∆ dato 267 kN

XCG dato 8.839 m

ZCG dato 0.61 m

b dato 4.267 m

ββββ dato 10 °

V dato 40 kn

f dato 0.152 m

εεεε dato 4 °

CV (0.4.8) 3.18 =

CLββββ (0.4.21) 6.75E-02 =

CL0 (0.4.20) 0.082 =

ττττ ipotizzato 1 2 3 ° 2.20

λλλλ (0.4.19) 6.21 3.77 2.52 = 3.46

V1 (0.4.29) 20.541 20.470 20.367 m/s 20.452

Re (0.4.30) 4.58E+08 2.77E+08 1.84E+08 = 2.54E+08

CF ATTC’47 1.69E-03 1.80E-03 1.90E-03 = 1.82E-03

CF+∆∆∆∆CF ∆CF=0.0004 2.09E-03 2.20E-03 2.30E-03 = 2.22E-03

DF (0.4.24) 51847 32975 22808 kN 30.511

CP (0.4.34) 4.840E-01 5.861E-01 6.566E-01 =

c -3.977 -0.586 1.786 m

a 0.422 0.422 0.422 m

RT (0.4.23) kN 40.801

PE kW 839.9

m (0.4.41) -103.2698 -147.079 475.605 kNm 0

Questa trattazione, relativamente semplice, ha il difetto di non poter essere applicata nelle fasi preliminari della progettazione di un’imbarcazione dal momento che, in tale circostanza, le quantità ε, ZCG ed i bracci a ed f non sono noti con precisione o sono del tutto incogniti.

Per ovviare a questa situazione Savitsky ha proposto una semplificazione del suo metodo, ba-sata sull’ulteriore ipotesi che tutte le forze in gioco passino per il centro di gravità dell’imbarcazione.

Sotto questa ipotesi l’equazione (0.4.37) risulta identicamente verificata ed il sistema costituito dalle equazioni (0.4.35) ed (0.4.36) dà luogo alla:

cosN τ= ∆ (0.4.42)

ed alla trasformazione dell’equazione (0.4.34) nella seguente:

CG 2

2

10.75

5.21 2.39P P

V

C b l L bC

λ λ

λ

= = = −

+

(0.4.43)

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Nella Tabella 1.2–2 è riportato un esempio di calcolo basato su questa procedura semplificata. In molti casi, come in quello presentato nei due esempi di calcolo, l’ipotesi semplificativa non è lontana dalla realtà e le due procedure forniscono risultati molto simili.

Tabella 1.2–2

Grandezza Equazione Valore Unità

∆ dato 266.99 kN

XCG dato 8.839 m

b dato 4.267 m

β dato 10 °

V dato 40 kn

CV (0.4.8) 3.18

CLβ (0.4.21) 6.75E-02

CL0 (0.4.20) 8.20E-02

λ (0.4.43) 3.43

τ (0.4.19) 2.23

V1 (0.4.29) 20.45 m/s

Re (0.4.30) 2.51E+08

CF ATTC’47 1.83E-03

DF (0.4.24) 30.23 kN

RT (0.4.23) 40.63 kN

PE RTV 836.14 kW

1.2.2.6 Estensione del metodo al regime di preplanata ed a carene non prismatiche La presenza della caratteristica gobba “Hump” nella curva della resistenza al moto delle carene

plananti, in corrispondenza del regime di preplanata, rende assolutamente fondamentale conoscere il comportamento della carena in questo regime per poter garantire un corretto accoppiamento del sistema elica-carena con il motore primo.

Per risolvere questo problema Blount e Fox [1.2.9.1.9] hanno sviluppato quello che viene da loro definito un “Metodo Ingegneristico” basato sulla metodologia di Savitsky per le carene in re-gime di planata.

Il metodo consiste nell’applicare una correzione moltiplicativa m al valore della resistenza ri-cavato con il metodo di Savitsky applicato per velocità corrispondenti al regime di preplanata. La correzione viene definita ingegneristica dal momento che è stata ricavata con metodi matematico-statistici applicati a risultati di prove su modello alla vasca navale ed ai calcoli con il metodo di Sa-vitsky delle corrispondenti condizioni. Confrontando i dati sperimentali con i calcoli gli autori han-no elaborato la seguente espressione del fattore di correzione m:

( ) ( )1.45 1.45

2 0.85 3 0.85CG CG

PX PX

0.98 2 3Fr FrX Xm e e

B B∇ ∇− − − −

= + −

(0.4.44)

La correzione è concepita in modo da annullarsi quando non più necessaria e dipende esclusi-vamente dal rapporto tra l’ascissa longitudinale del centro di gravità e la massima larghezza allo spigolo CG PXX B e dal numero di Froude volumetrico.

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In Figura 1.2-15 è riportato l’andamento del fattore di correzione m al variare dei parametri che lo influenzano.

Correzione di Blount & Fox

0.00

0.50

1.00

1.50

2.00

2.50

3.00

3.50

0 1 2 3 4 5 6 7

Fr∇∇∇∇

m

1

2

3

4

5

6

7

LCG/BPX

Figura 1.2-15: Correzione di Blount & Fox

Blount e Fox hanno inoltre indagato sulla possibilità di utilizzare il metodo di Savitsky anche per carene non prismatiche,che erano la maggioranza in quegli anni.

L’indagine ha riguardato la larghezza e l’angolo di deadrise da inserire nel metodo di Savitsky come rappresentativi di uno scafo prismatico. Per quanto riguarda la larghezza gli autori hanno con-cluso che la larghezza allo spigolo che meglio rappresenta l’imbarcazione non prismatica è BPX,mentre per l’angolo di deadrise non sono giunti a conclusioni definitive e suggeriscono di uti-lizzare l’angolo di deadrise misurato a metà della lunghezza LP.

Con il passare del tempo la geometria delle carene plananti si è molto avvicinata allo scafo pri-smatico ipotizzato da Savitsky e la correzione di Blount e Fox si rivelata eccessiva. Per questo mo-tivo, in una successiva pubblicazione [1.2.9.1.19], Donald Blount ha suggerito di dimezzare la cor-rezione risultante dalla formulazione originale. Si ha pertanto:

( )1

2

mm

+′ = (0.4.45)

ove con m si intende il valore fornito dall’equazione (0.4.44).

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

1.2.3 Prove alla vasca navale di carene plananti

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 27 di 63

1.2.4 Metodi per la previsione della resistenza

In questo capitolo verranno passati in rassegna i metodi più comunemente usati per la previsio-ne della resistenza al moto di una carena senza ricorrere alla sperimentazione in vasca navale.

Pur essendo universalmente riconosciuto che, per determinare la resistenza al moto di una ca-rena, la sperimentazione alla vasca navale rimane ancora il metodo migliore e più affidabile, i primi passi della progettazione di una carena vengono condotti utilizzando sistemi non altrettanto precisi ma che hanno il vantaggio di fornire una stima ragionevolmente accurata della resistenza al moto senza implicare i tempi lunghi e gli elevati costi di una sperimentazione in vasca.

Nelle fasi iniziali della progettazione, infatti, è necessario valutare le caratteristiche di resisten-za di diverse soluzioni possibili, ed in seguito il progetto viene più volte ritoccato e corretto via via che si rendono disponibili dati più precisi; questo modo di procedere comporta l'esecuzione di nu-merose stime di resistenza che debbono essere eseguite in tempi brevi e che, quand'anche il fattore tempo non costituisse un problema, condurrebbero ad oneri finanziari proibitivi se fatte utilizzando sperimentazioni in vasca navale.

La sperimentazione in vasca viene quindi generalmente effettuata nella fase finale del progetto, quando la soluzione da adottarsi è ormai bene identificata, mentre nelle fasi precedenti si ricorre all'uso di altri sistemi di previsione della resistenza al moto.

Questi sistemi di previsione possono essere basati su: esperienze in vasca relative a carene si-milari, esperienze sistematiche su famiglie di carene, metodi statistici, metodi numerici di natura te-orica o semi empirica.

1.2.4.1 Esperienze sistematiche

1.2.4.1.1 La serie EMB 50 La serie 50 presenta i risultati delle prove alla vasca condotte su 20 modelli, derivati da una

singola carena genitrice, progettati allo “United States Experimental Model Basin” e designata ori-ginariamente Serie U.S.E.M.B. 50. Il lavoro originale è stato pubblicato nell’ottobre del 1941, ma è stato successivamente rielaborato e pubblicato nel marzo 1949 [1.2.9.1.10].

I modelli erano della lunghezza di 40 pollici e furono costruiti in modo da realizzare valori di

( )30.01L∆ pari a 40, 80, 120, 160 e valori di B/T pari a 4, 6, 8, 11, 15. In Figura 1.2-16 sono ripor-

tate le dimensioni della carena genitrice della serie, avente ( )30.01L∆ pari a 110 e B/T pari a 5.3; in

Figura 1.2-17 è illustrata una riproduzione, ragionevolmente accurata, della stessa.

Nella Tabella 1.2–3 sono riportate le dimensioni di tutti i modelli della serie, mentre nella Ta-bella 1.2–4 sono forniti i coefficienti che sono stati utilizzati per ricavare la geometria dei vari mo-delli della serie da quella della carena genitrice.

Il punto di rimorchio è stato collocato, per tutti i modelli, a metà lunghezza (in corrispondenza dell’ordinata 5) ed a ½ pollice al di spora della linea di galleggiamento di progetto. Le prove sono state condotte al dislocamento di progetto, e a due dislocamenti superiori del 10% e del 20% rispet-to a quello di progetto.

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Figura 1.2-16: Serie EMB 50, particolari e dimensioni della carena genitrice

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Figura 1.2-17 : Serie EMB 50 - piano di costruzione approssimato della carena genitrice

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Tabella 1.2–3 Serie EMB 50 - particolari e dimensioni dei modelli

3

100L

Displace-ment

pounds B/H 4 6 8 11 15

40 3.24

Model 2727 2728 2729 2730 2731

Beam 4.160 5.827 6.725 7.890 9.21

Draft 1.190 0.971 0.841 0.717 0.61

80 6.48

Model 2732 2733 2734 2735 2736

Beam 6.730 8.240 9.518 5160 13.040

Draft 1.682 1.373 1.190 1.014 0.869

120 9.73

Model 2737 2738 2739 2740 2741

Beam 8.240 10.100 11.650 13.660 15.960

Draft 2.060 1.683 1.457 1.242 1.064

160 12.97

Model 2742 2743 2744 2745 2746

Beam 9.515 11.660 13.60 15.780 18.440

Draft 2.379 1.943 1.683 1.435 1.229

Values of beam and draft in inches. Beam of LWL, and draft to the rabbet. Model Length, 40 Inches.

Tabella 1.2–4 Serie EMB 50 - modifiche rispetto alla carena genitrice

Model Enlargement

Model Enlargement

Beam Draft Beam Draft

2727 0.4444 0.5765 2737 0.7694 0.9989

2728 0.5441 0.4705 2738 0,9431 0.8160

2729 0.6280 0.4075 2739 l.0880 0.7063

2730 0.7365 0.3475 2740 1.2760 0.6022

2731 0.8600 0.2976 2741 1.4900 0.5158

2732 0.6282 0.8160 2742 0.8884 1.1535

2733 0.7695 0.6655 2743 1.0884 0.9420

2734 0.8887 0.5770 2744 1.2570 0.81 59

2735 1.0420 0.4916 2745 1.4740 0.6958

2736 1.2177 0.4213 2746 1.7220 0.5958

I risultati delle esperienze sono forniti per mezzo di curve di livello che rappresentano RTM/∆M

in funzione di B/T e ( )30.01L∆ ad angolo di assetto statico τ e velocità relativa V L costanti; un

esempio di tale rappresentazione è fornito in Figura 1.2-18

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Figura 1.2-18 Serie EMB 50 - Diagramma di resistenza

Questo tipo di rappresentazione offre il vantaggio di non essere ancorato ad una particolare formulazione del coefficiente di resistenza di attrito, ma lascia libero l’utilizzatore di scegliere la formula più appropriata.

Per procedere al trasferimento dei dati di resistenza in vera grandezza gli autori forniscono ap-positi grafici, di cui un esempio è illustrato in Figura 1.2-19, che riportano curve di livello rappre-sentanti il valore della superficie bagnata del modello in corsa, anch’esse in funzione di B/T e

( )30.01L∆ ad angolo di assetto statico τ e velocità relativa V L costanti, tramite i quali è possi-

bile risalire alla resistenza d’attrito del modello e quindi alla resistenza residua.

Figura 1.2-19: Serie EMB 50 - Diagramma della superficie bagnata

Vengono inoltre forniti grafici che riportano curve di livello rappresentanti il valore dell’angolo

di assetto del modello in corsa, anch’esse in funzione di B/T e ( )30.01L∆ ad angolo di assetto stati-

co τ e velocità relativa V L costanti. Un esempio di tali grafici è illustrato in Figura 1.2-20.

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 32 di 63

Figura 1.2-20: Serie EMB 50 - diagramma dell’angolo di assetto dinamico

In ultimo vengono forniti grafici che riportano, sempre in funzione di B/T e ( )30.01L∆ ad an-

golo di assetto statico τ costante, la posizione longitudinale del centro di gravità, come illustrato in Figura 1.2-21

Figura 1.2-21: Serie EMB 50 - diagramma della posizione del centro di gravità.

La serie EMB50 rappresenta il primo esempio di serie sistematica di imbarcazioni plananti e si è rivelata per un certo tempo di qualche utilità; ciò nondimeno la sua importanza è oggi marginale in quanto presenta una serie di svantaggi che ne limitano l’utilità:

• per alcune condizioni di prova il regime di flusso non era completamente turbolento

• i parametri trattati nella serie sono tipici delle carene dislocanti, ma poco adatti nel caso di carene plananti

• le forme della carena sono divenute obsolete per quanto riguarda il lato estetico della progettazione.

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 33 di 63

1.2.4.1.2 Serie 62 La serie 62 [1.2.9.1.11] è stata sviluppata negli Stati Uniti presso il David Taylor Model Basin

allo scopo di ottenere forme di carena più moderne rispetto a quelle della serie 50. Il lavoro prelimi-nare, volto ad individuare una carena da utilizzare come carena genitrice della serie, consistette in una analisi delle prove condotte in precedenza su carene plananti e condusse ad individuare le se-guenti caratteristiche della carena genitrice:

• angolo di rialzamento del fondo a poppa piuttosto elevato,

• angolo di rialzamento del fondo costante nella parte posteriore della carena, in modo da ottenere un’area di fondo in pressione ad alta velocità non svergolata,

• poppa rastremata, in modo da avere una larghezza a poppa pari a circa il 65% della massima larghezza dello spigolo,

• sezioni prodiere convesse. Il risultato di questo lavoro preliminare condusse ad una forma di carena che risultò migliore,

in termini di resistenza, rispetto a tutte quelle provate in precedenza presso quella istituzione. La forma di questa carena è illustrata dal suo verticale riportato nella Figura 1.2-22.

Figura 1.2-22: Serie 62 - carena genitrice preliminare

Una caratteristica della forma di carena così individuata era quella di avere la superficie quasi completamente sviluppabile. Fu quindi deciso di modificarne leggermente la forma in modo da ot-tenere una carena con superficie interamente sviluppabile. Il risultato di quest’ultima modifica fu la carena genitrice della serie 65, il cui piano di costruzione è illustrato in Figura 1.2-23.

La serie è costituita da 5 modelli, che sono stati descritti utilizzando la simbologia introdotta al paragrafo 1.2.1. Gli autori hanno ritenuto parametri fondamentali per la resistenza al moto della ca-rena planante: il rapporto lunghezza su larghezza, la relazione tra le dimensioni dello scafo ed il suo peso nonché la posizione longitudinale del centro di gravità. Di conseguenza sono stati fatti variare sistematicamente i parametri P PXL B , 2 3

PA ∇ e la distanza di G dal centro di AP espressa in per-

centuale di LP. Le principali caratteristiche dei modelli della serie sono riportate in Tabella 1.2–5.

Va notato che i modelli estremi della serie sono fuori dal campo di proporzioni generalmente accettato per le imbarcazioni, ma uno degli scopi delle serie sistematiche è quello di indagare anche oltre il consueto.

I piani di costruzione delle cinque carene sono praticamente identici, fatta eccezione per alcune lievi modifiche nella parte poppiera delle carene aventi P PXL B pari a 2.00 e 3.06. Ciò deriva dal

fatto che le altre quattro carene della serie sono state derivate dalla genitrice mantenendo la forma delle ordinate e modificando l’intervallo tra le ordinate e le dimensioni del verticale (quindi in affi-nità) per ottenere i diversi valori del rapporto P PXL B .

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 34 di 63

Figura 1.2-23: Serie 62 - piano di costruzione della carena genitrice

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 35 di 63

Figura 1.2-24: Serie 62 – esempio di presentazione dei risultati

La carena avente P PX 3.06L B = ha le proporzioni simili a quelle delle imbarcazioni da diporto

di dimensioni più piccole; queste sono generalmente motorizzate con fuori bordo o con piedi pop-pieri, ciò porta il centro di gravità in posizione piuttosto arretrata e la forma della poppa conseguen-te allo schema di modifica sopra illustrato avrebbe dato luogo ad un centro di pressione tropo avan-zato. Per ovviare a questa situazione la poppa della due carene aventi i valori più bassi di P PXL B è

stata allargata arbitrariamente.

Tutti i modelli sono stati dotati di spray strips e sono stati provati in un campo di velocità corri-spondente a numeri di Froude volumetrici che vanno da circa 2.0 fino a 6.0. I valori di 2 3

PA ∇ rea-

lizzati durante le prove sono stati 5.5, 7.0 ed 8.5. Nella parte bassa del campo di velocità sono state fatte prove con 2 3

PA ∇ = 4. Per quanto riguarda la posizione di G anche questa è stata fatta variare

sistematicamente, collocandolo a 0, 4, 8 e 12 %LP a poppavia del centro di AP. Ciascun modello è stato provato in 16 condizioni differenti, per un totale di 80 prove.

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 36 di 63

Tabella 1.2–5: Serie 62 – particolari dei modelli

Modello 4665 4666 4667-1 4668 4669 AP ft2 6.469 9.715 12.800 9.518 7.479

LP ft 3.912 5.987 8.000 8.000 8.000

BPA ft 1.654 1.623 1.600 1.190 0.935

BPX ft 1.956 1.956 1.956 1.455 1.143

BPT ft 1.565 1.386 1.250 0.934 0.734

LP / BPA - 2.365 3.690 5.000 6.720 8.560

LP / BPX - 2.000 3.060 4.090 5.500 7.000

BPX / BPA - 1.1800 1.210 1.220 1.220 1.220

BPT / BPX - 0.800 0.710 0.640 0.640 0.640

Centro di AP

% di LP

da transom 47.500 48.200 48.800 48.800 48.800

iE deg 58.000 49.000 46.000 39.000 37.000

Inoltre ciascun modello è stato provato nella condizione standard per le carene plananti del Da-vid Taylor Model Basin, che prevede 2 3

PA ∇ = 7 ed il baricentro al 6 %LP a poppavia del centro di

AP. Questa condizione standard è illustrata in [1.2.9.1.12].

La serie fornisce le condizioni di prova ed i risultati tabulati delle prove, in modo da consentire un utilizzo più generale possibile dei risultati. Sono inoltre fornite le curve del rapporto resistenza su dislocamento delle carene portate ai dislocamenti di 10˙000 e 100˙000 lb. Un esempio di presen-tazione dei risultati è illustrato in Figura 1.2-24.

1.2.4.1.3 Serie 62 olandese Nel periodo di tempo successivo alla pubblicazione della Serie 62 l’interesse all’uso di imbar-

cazioni plananti in aree di mare esposte è molto cresciuto e sono state sviluppate imbarcazioni per piloti, imbarcazioni per il pattugliamento costiero, barche da lavoro per l’industria off-shore e pic-cole imbarcazioni militari. Per tutti questi tipi di naviglio la tenuta al mare ha un’importanza rile-vante e, notoriamente, per migliorare la tenuta al mare di una carena planante occorre aumentarne l’angolo di deadrise, ma ciò ha un’influenza rilevante sulla resistenza al moto.

La Serie 62 olandese [1.2.9.1.13], pubblicata nel 1982 da Keuning e Gerritsma, è stata svilup-pata allo scopo di quantificare l’influenza dell’angolo di deadrise sulla resistenza al moto. A questo scopo sono stati realizzati 5 modelli analoghi a quelli utilizzati per la Serie 62 in tutti i particolari tranne che per l’angolo di deadrise che è stato portato da 12° a 25°.

Questi modelli sono garantivano le stesse variazioni di parametri geometrici utilizzate nella Se-rie 62, anche se il campo di velocità di prova originale 0.5 6.0Fr∇< < è stato ridotto a

0.75 3.00Fr∇< < a causa delle limitazioni dell’impianto di prova utilizzato.

La Tabella 1.2–6 riporta il confronto tra le caratteristiche geometriche principali delle carene genitrici delle due serie.

Come si è detto la carena genitrice della Serie 62 olandese è stata ricavata dalla carena genitri-ce della Serie 62; in questo processo si è compiuto un notevole sforzo perché la nuova carena risul-tasse il più possibile simile a quella della Serie 62 in modo da garantire che le differenze riscontrate nei valori della resistenza al moto potessero essere certamente imputate alla variazione dell’angolo di deadrise.

I risultati di questo lavoro sono stati:

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• La lunghezza dello spigolo LP è stata mantenuta identica (in scala 1:1.624)

• La larghezza media dello spigolo BPA e la proiezione verticale dello stesso sono state mantenute identiche in scala

• La proiezione verticale del ponte è stata mantenuta identiche in scala

• La linea di chiglia è stata mantenuta identica in scala fino all’ordinata 16 e di qui fino a prora è stata modificata per ottenere la stessa lunghezza LP in scala

• L’inclinazione dello specchio è stata mantenuta identica

• L’angolo β a poppa è stato portato da 12.5° a 25.0° e la porzione di lunghezza della ca-rena a β costante è stata mantenuta identica

• Lo scafo della nuova carena genitrice è costituito interamente da superfici sviluppabili come la carena genitrice della Serie 62.

La Figura 1.2-25 riporta i verticali sovrapposti delle carene genitrici delle serie 62 e 62 olande-se, mentre la Figura 1.2-26 illustra il piano di costruzione della carena genitrice della Serie 62 olan-dese.

Tabella 1.2–6: Carene genitrici delle serie 62 e 62 olandese

Modello 4667-1 188

ββββ ° 12.5 25.0

LP m 2.436 1.500

BPA m 0.487 0.300

BPX m 0.596 0.367

BPT m 0.381 0.235

LP / BPA - 5.000 5.000

LP / BPX - 4.090 4.087

BPX / BPA - 1.220 1.220

BPT / BPX - 0.640 0.640

Centro di AP

% di LP

da transom 48.800 48.800

Figura 1.2-25: Confronto tra i verticali delle carene genitrici delle serie 62 e 62 olandese

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Figura 1.2-26: Serie 62 olandese - piano di costruzione della carena genitrice

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Tabella 1.2–7: Serie 62 olandese – particolari dei modelli

Modello 186 187 188 189 190 AP m2 0.42967 0.42770 0.45000 0.33470 0.26280

LP m 1.0000 1.2500 1.5000 1.5000 1.5000

BPA m 0.42967 0.34216 0.30000 0.22300 0.17520

BPX m 0.5000 0.4080 0.3670 0.2730 0.2140

BPT m 0.4000 0.2900 0.2350 0.1750 0.1374

LP / BPA - 2.3720 3.6530 5.000 6.7260 8.5600

LP / BPX - 2.0000 3.0640 4.0870 5.4940 7.0100

BPX / BPA - 1.1637 1.1920 1.2200 1.2200 1.2200

BPT / BPX - 0.800 0.7108 0.6400 0.6400 0.6420

Centro di AP

% di LP

da transom 47.1130 47.8792 48.800 48.800 48.800

Anche in questo caso le carene aventi i valori più bassi del rapporto P PXL B sono state modifi-

cate, nella zona poppiera, rispetto alla forma che avrebbe fornito il processo di trasformazione per affinità. I particolari dei cinque modelli della serie 62 olandese sono riportati nella Tabella 1.2–7.

Per quanto riguarda la presentazione dei risultati si è fatto in modo da agevolare al massimo la possibilità di confronto con la Serie 62. È stato quindi utilizzato il coefficiente di resistenza d’attrito di Shoenherr con CA=0 e sono fornite le curve del rapporto resistenza su dislocamento delle carene portate ai dislocamenti di 45˙000 e 450˙000 N. La serie fornisce inoltre le condizioni di prova ed i risultati tabulati delle prove in modo da consentire un utilizzo più generale possibile dei risultati.

Nel 1993 è stata pubblicata una estensione della serie che riguarda quattro modelli aventi β=30° [1.2.9.1.14]. I particolari geometrici di questi ultimi sono illustrati nella Tabella 1.2–8.

Tabella 1.2–8: Serie 62 olandese – particolari dei modelli con ββββ = 30°

AP m2 0.3843 0.4499 0.3346 0.2627

LP m 1.250 1.500 1.500 1.500

BPA m 0.300 0.300 0.223 0.175

BPX m 0.367 0.367 0.273 0.214

BPT m 0.260 0.235 0.175 0.137

LP / BPA - 4.170 5.000 6.726 8.571

LP / BPX - 3.410 4.090 5.500 7.000

BPX / BPA - 1.220 1.220 1.220 1.220

BPT / BPX - 0.710 0.640 0.640 0.640

Centro di AP % di LP da transom 47.90 48.80 48.60 48.60

Anche in questo caso la carena genitrice, illustrata in Figura 1.2-27, è stata ricavata dalla care-na genitrice della Serie 62, con gli stessi criteri utilizzati per ottenere la carena del modello 188 a-vente β = 25°. Analogamente, la carena avente il valore più basso di LP / BPX è stata modificata, nel-la parte poppiera, rispetto alla forma che si sarebbe ottenuta con la trasformazione in affinità della carena genitrice.

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Figura 1.2-27: Serie 62 olandese - piano di costruzione della carena genitrice con ββββ = 30°

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La Figura 1.2-28 riporta i verticali sovrapposti delle carene genitrici delle serie 62 e 62 olande-se aventi βT pari a 12.5, 25 e 30° rispettivamente.

Figura 1.2-28:Serie 62 – Confronto tra le tre carene genitrici

1.2.4.1.4 Serie 65 La Serie 65 [1.2.9.1.15] è stata sviluppata nei primi anni 70 negli Stati Uniti, con l’intento di

ottenere dati utili allo studio degli aliscafi. I risultati sono stati successivamente rielaborati [1.2.9.1.16] in modo da consentirne l’utilizzo anche per carene di imbarcazioni plananti.

La serie consta di 7 modelli, sviluppati per aliscafi con ali in configurazione ad aeroplano e de-nominati Serie 65 A e di altri 9 modelli per aliscafi con ali in configurazione canard e denominati Serie 65 B. Per ciascuna delle configurazioni è stata realizzata una variazione sistematica dei rap-porti L/B, B/T e dell’angolo β attraverso la trasformazione in affinità della carena genitrice.

Tabella 1.2–9:Serie 65 – caratteristiche dei modelli

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Figura 1.2-29: Serie 65A - modello 4966-1

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Figura 1.2-30: Serie 65B – modello 5184

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La Tabella 1.2–9 riporta le caratteristiche principali dei modelli della serie, mentre in Figura 1.2-29 ed in Figura 1.2-30 sono riportati i piani di costruzione dei modelli centrali delle sottoserie A e B..

I risultati degli esperimenti sono stati presentati,in [1.2.9.1.16], in termini di rapporto RT/∆ in funzione di Fr∇ relativamente ad un dislocamento di 100000 lb (45.36 t). Un esempio di tale pre-sentazione dei risultati è illustrato nella Figura 1.2-31 per la serie 65A ed in Figura 1.2-32 per la se-rie 65B.

Figura 1.2-31: Serie 65A - esempio di presentazione dei risultati

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Figura 1.2-32: Serie 65B - esempio di presentazione dei risultati

1.2.4.2 Metodi statistici o numerici I metodi che verranno esposti in questo paragrafo sono anch'essi basati su esperienze condotte

alla vasca navale ma, a differenza delle esperienze sistematiche, prendono in considerazione il maggior numero possibile di carene per ricavare delle correlazioni tra le prestazioni ed i parametri geometrici che le influenzano.

Queste correlazioni vengono generalmente ricavate utilizzando metodi statistici di regressione, pertanto la loro affidabilità dipende fortemente dai dati che sono stati utilizzati per derivarle; tenen-

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do presente che non è sempre possibile accedere ad una grande massa di dati, relativi ad imbarca-zioni veloci, tale da garantire una buona affidabilità delle regressioni questi metodi vengono gene-ralmente utilizzati per ottenere previsioni di prima approssimazione o per comparare differenti solu-zioni progettuali.

Questi metodi si rivelano tuttavia utili quando l'utente abbia valutato la loro attendibilità e sia venuto a conoscere le loro limitazioni.

1.2.4.2.1 Secondo metodo VTT Questo metodo, è presentato in [1.2.9.1.17], è noto anche come metodo VTT, che è la sigla del

centro di ricerca navale di Tietotie in Finlandia.

Il metodo, valido per carene a spigolo operanti nel campo Fr∇= 1.8 ÷ 3.3, è stato elaborato ana-lizzando, con la tecnica della regressione, i dati sperimentali relativi alle prove di 13 modelli due dei quali appositamente realizzati.

L’analisi mediante regressione è stata applicata ai risultati delle prove in vasca espansi alla di-mensione dell’imbarcazione standard avente ∆ = 100000 lb (45.36 t); nel corso dell’analisi sono sta-ti individuati come significativi i parametri elencati di seguito assieme al loro campo di variazione.

L/∇1/3 = 4.49 ÷ 6.81

L/B = 2.73 ÷ 5.43

B/T = 3.75 ÷ 7.54

AT/AX = 0.43 ÷ 0.995

ove:

• L lunghezza al galleggiamento,

• B larghezza massima al galleggiamento,

• T immersione media

• ∇ volume di carena

• AT area immersa dello specchio di poppa,

• AX area immersa della sezione maestra

L'equazione ricavata dall’analisi è la seguente:

1 3 6

2T

0 2 4100000 lbi i i i i i

i i i

RA P Fr A P Fr A P∇ ∇

= = =∆=

= + + ∆ ∑ ∑ ∑

valida per velocità tali da far realizzare numeri di Froude relativi al volume di carena da fermo compresi nel campo Fr∇ = l.8 ÷ 3.3.

I valori dei coefficienti Ai e dei parametri Pi sono i seguenti:

•i Ai Pi 0 -0.03546471 1 1 +0.00129099 ∇ / T3 2 +0.51603410 ∇ 1/3/L 3 -0.00010596 (L/T) 2 4 -0.00090300 (L/∇ 1/3)2 5 +0.00017501 (L/∇ 1/3)3 6 -0.02784726 (B/L)(AT/AX)

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Per calcolare il valore RT/∆ relativo alla nave in esame avente ∆ ≠ 100000 lb, viene utilizzata la formula sotto riportata, analoga a quella usata da Mercier e Savitsky:

( ) 23

2T T

F F 100000 Acorr. 100000 2

S FrR RC C C

∆ ∆ ∇∇ = + − +

nella quale:

(RT/∆)corr. è il valore da determinare,

(RT/∆)100000 è il valore fornito dalla regressione,

CF è il coefficiente di resistenza di attrito calcolato per lo scafo in esame con la formula ITTC’57 nella quale il numero di Reynolds ha la classica espressione Re = VL/ν;

CA è l'aggiunta per ruvidezza di carena che può variare tra 0.0002 e 0.0008 a se-conda delle dimensioni della carena e della sua superficie, gli autori consi-gliano di adottare 0.00025,

CF 1000000 è il coefficiente di resistenza di attrito della nave standard calcolato con la formula ITTC’57 nella quale il numero di Reynolds ha la seguente espressio-ne:

13

*LFr

Re

∆ρ

υ

∇ ∇=

avendo indicato con ∆* il dislocamento di 100000 lb espresso in unità coeren-ti con ρ.

Gli autori sostengono che usando il metodo di Mercier e Savitsky nel campo Fr∇ = l.0 ÷ 1.8 e quello ora esposto nel campo Fr∇ = l.8 ÷ 3.3 si ottiene una buona curva di RT = f(Fr∇).in tutto il campo Fr∇ = 1.0 ÷ 3.3 che corrisponde alla preplanata ed alla planata.

1.2.5 Altre componenti della resistenza

Naturalmente, oltre alla resistenza dello scafo nudo, occorre considerare, come del resto per le carene dislocanti, altre componenti della resistenza; nel seguito verranno discusse le principali.

1.2.5.1 Resistenza dello Spray Come si è già avuto occasione di notare al paragrafo 1.2.2.1, ed in particolar modo nella Figura

1.2-6 e nella Figura 1.2-7 per quanto riguarda il caso β=0, la regione di fondo in pressione termina verso prora ove inizia la regione interessata dallo spray.

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Figura 1.2-33: Produzione di spray su un modello di carena planante

Anche nel caso di carena con β≠0 si osserva la produzione di spray, come illustrato nella Figu-ra 1.2-33 relativa ad una prova alla vasca navale di un modello di carena planante; in questo caso lo spray appare come una lama d’acqua, a causa del fatto che durante la prova non viene realizzata l’eguaglianza dei numeri di Weber del modello e della carena in vera grandezza.

Dal momento che anche nella regione di fondo interessata dallo spray si ha moto relativo tra la carena ed il fluido, è lecito pensare che anche questa regione contribuisca alla resistenza della care-na.

Il primo problema da affrontare è quindi la determinazione dell’area bagnata dallo spray, deli-mitata dalle linee di radice dello spray (Spray Root), che spesso viene confusa con la linea di sta-gnazione dato che queste due linee sono molto vicine agli angoli di assetto tipici delle carene pla-nanti, e dalla linea di estremità dello spray (Spray Edge). La regione di fondo interessata dallo spray (Spray Area) è illustrata in Figura 1.2-34.

Figura 1.2-34

Una prima trattazione formale di questo problema è stata fatta da Savitsky [1.2.9.1.1]. Recen-temente lo stesso autore ha presentato una trattazione rivista dell’argomento [1.2.9.1.18].

La posizione della linea di stagnazione rispetto alla linea di chiglia è identificata dall’angolo Α nel piano del fondo e, sul piano γ passante per la linea di chiglia e ruotato di β rispetto al fondo del-la carena, dall’angolo α tra la proiezione della linea di stagnazione e la linea di chiglia, come illu-strato nella Figura 1.2-35.

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Figura 1.2-35

Osservando la citata figura si nota che:

2cos

tanK C

b

L LβΑ =

Ricordando che 1K CL L L− = , l’equazione (0.4.11) ci permette di scrivere:

tan 1

tan2 tan cos

π τΑβ β

= (0.4.46)

Per quanto riguarda α si ha:

tan

tan2 tan

π ταβ

= (0.4.47)

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tan

tancos

αΑβ

= (0.4.48)

Avendo indicato con C la lunghezza della linea di stagnazione e con c quella della sua proie-zione su γ e sempre con riferimento alla Figura 1.2-35 si ricava:

2

sin

bc

α= (0.4.49)

ed anche:

2cossin

b

CβΑ

= (0.4.50)

Figura 1.2-36

In modo del tutto analogo, con riferimento alla Figura 1.2-36, possono essere definiti gli angoli che lo spray edge forma con la linea di chiglia; θ sul piano γ e Θ sul fondo della carena, e si ottiene:

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tan

tancos

ϑΘβ

= (0.4.51)

Per quanto riguarda la direzione del flusso nell’area interessata dallo spray è stato osservato che la direzione di uscita del fluido dalla carena è praticamente la riflessione, rispetto alla linea di stagnazione, della direzione di entrata, come illustrato nella Figura 1.2-37.

Figura 1.2-37: Proiezione dell’area bagnata dallo spray sul piano di simmetria

L’angolo Θ che lo spray edge forma con la chiglia è quindi in relazione con l’angolo con cui lo spray viene praticamente riflesso dalla linea di stagnazione. La memoria originale di Savitsky [1.2.9.1.1] fornisce una relazione molto complessa per la determinazione di Θ mentre il più recente lavoro di Savitsky [1.2.9.1.10] ritiene accettabile l’approssimazione della riflessione del flusso sulla linea di stagnazione.

Ragionando, per comodità, sulla proiezione del fenomeno sul piano γ , rappresentata in Figura 1.2-38, si può ricavare:

2ϑ α= (0.4.52)

Figura 1.2-38: Proiezione dell’area bagnata dallo spray sul piano γγγγ

Di conseguenza si può affermare che l’area bagnata dallo spray, rappresentata dalla zona trat-teggiata di Figura 1.2-38, è un triangolo isoscele avente come base la linea di stagnazione ed am-piezza degli angoli alla base pari ad α.

Indicando con ASγ la proiezione sul piano γ della superficie totale di carena bagnata dallo spray, si può affermare che il valore di ASγ e dato dal doppio dell’area tratteggiata in figura Figura 1.2-38. Questa può essere ricavata una volta conosciuta l’altezza h relativa alla base del triangolo isoscele; ricordando che la lunghezza della linea di stagnazione era stata indicata con c otteniamo:

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 52 di 63

tan2

ch α=

e utilizzando l’equazione (0.4.49) si ricava:

tan

4 sin

bh

αα

=

Utilizzando ora l’equazione (0.4.47) la relazione precedente può essere riscritta nella forma:

tan

8sin tan

bh

π τα β

=

che consente di ricavare:

2

s

2

tan

2 2 32sin tan

A ch bγ π τα β

= =

da cui finalmente si ottiene:

2

s 2

tan

16sin tan

bA γ

π τα β

=

Facendo ora uso dell’equazione (0.4.47), riscritta nelle forma:

2

tan tan tanτ α βπ

=

Possiamo semplificare la formula che esprime ASγ ottenendo:

2

s 4sin 2

bA γ α

= (0.4.53)

Il valore dell’area AS della superficie di carena bagnata dallo spray si ottiene dal valore della sua proiezione ASγ tramite la relazione:

ss cos

AA γ

β=

ottenendo:

2

s 4sin 2 cos

bA

α β= (0.4.54)

Vale la pena di ricordare che la presente trattazione risulta molto semplificata, rispetto a quella presentata da Savitsky nella sua memoria originale, in considerazione del fatto che si ipotizza che lo spray sia riflesso dalla spray root line anziché dalla stagnation line. Questa approssimazione è tut-tavia accettabile in quanto le due linee distano in realtà di una quantità modesta e questo produce una lieve sovrastima della superficie di carena bagnata dallo spray; tale sovrastima rientra certa-mente nell’approssimazione generale del metodo.

L’equazione (0.4.54) vale per valori realistici di β, cioè per 0 35β° < ≤ ° . Ricordando infatti

l’equazione (0.4.47) si può osservare che l’angolo α diviene 90° se β=0 vale a dire che la linea di stagnazione risulta ortogonale alla linea di chiglia; in queste condizioni l’equazione (0.4.54) produ-ce SA = ∞ . Ciò si spiega considerando che lo spray viene riflesso completamente in avanti e, di

conseguenza, l’area bagnata da questo risulta indeterminata.

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Per quanto riguarda la forma dell’area bagnata dallo spray e la direzione della velocità dello spray si può osservare che sono governate dall’angolo α il quale, secondo l’equazione (0.4.47) è funzione di β e τ.

Ottenuta la definizione geometrica dell’area di scafo interessata dallo spray è possibile ricavare l’entità della forza FS dovuta al moto relativo tra lo spray e lo scafo.

Figura 1.2-39: Resistenza dello spray in funzione di ττττ

Assumendo la velocità dello spray eguale alla velocità V della corrente indisturbata, la risultan-te FS delle azioni viscose dello spray può essere scritta nella forma:

2S S

1

2FF C A Vρ=

e, ricordando l’equazione (0.4.54), trasformata nella:

2

2S

1

2 4sin 2 cosF

bF C Vρ

α β= (0.4.55)

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La risultante FS giace nel piano del fondo e forma l’angolo Θ con la chiglia, essendo parallela alla linea di estremità dello spray. La resistenza dello spray RS può essere definita come la compo-nente di FS giacente in un piano parallelo a quello di galleggiamento indisturbato e diretta verso poppa; essa si ottiene quindi per mezzo della formula

S Scos cosR F τ= Θ (0.4.56)

Dal momento che l’angolo di assetto delle tipiche imbarcazioni plananti veloci è basso (solita-mente inferiore a 6°) si ha cosτ ≈ 1, pertanto questo termine può venire trascurato senza compiere grosse approssimazioni. L’equazione (0.4.56) può quindi essere riscritta nella forma:

2

2S

1 cos

2 4sin 2 cosF

bR C Vρ

α βΘ= (0.4.57)

Ricordando le equazioni (0.4.51), (0.4.52) e (0.4.47)si nota che al diminuire di τ gli angoli Θ e α diminuiscono a loro volta producendo un incremento di RS, come illustrato in Figura 1.2-39.

Esiste una combinazione di angoli τ e β che dà luogo ad una risultante FS ortogonale alla linea di chiglia. In questo caso, nonostante esista moto relativo tra spray e carena, la resistenza RS risulta-nulla.

Per semplificare l’equazione (0.4.57), Savitsky ha proposto di introdurre la grandezza ∆λ, che potremmo definire lunghezza equivalente bagnata dallo spray, così definita:

cos

4sin 2 cosλ

α βΘ∆ = (0.4.58)

Utilizzando questa grandezza l’equazione (0.4.57) può essere riformulata come segue:

2 2S

1

2FR C b Vλ ρ= ∆ (0.4.59)

Figura 1.2-40:Lunghezza equivalente bagnata dallo spray

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rev. 28 dicembre 2006 pag. 55 di 63

Come si evince dalla trattazione precedente la quantità ∆λ è funzione di τ e β ed il suo anda-mento è illustrato in Figura 1.2-40. Dal momento che la trattazione di Savitsky è valida solo per i casi in cui θ sia ≤ 90°, cioè per i casi in cui la velocità dello spray non abbia componenti nella dire-zione e nel verso della velocità della carena V, essa fornisce esclusivamente valori di RS ≥ 0 e que-sto, tenendo conto dell’equazione (0.4.59), può accadere solo per ∆λ ≥ 0.

Per quanto riguarda il coefficiente di resistenza d’attrito CF da utilizzare per il calcolo della re-sistenza dello spray, dal momento che in vera grandezza il moto nella regione dello spray si può senz’altro assumere in regime turbolento, possono essere utilizzate sia la formulazione ATTC’47 sia la ITTC’57.

In ogni caso il numero di Reynolds da impiegare per il calcolo del coefficiente deve essere ot-tenuto utilizzando la lunghezza media bagnata dallo spray LWS definita come segue:

WS

1 22 sin 2 cos

bL

α β= (0.4.60)

che fornisce un valore pari alla metà della lunghezza della linea di estremità dello spray essendo, come si è visto, la direzione della velocità dello spray rispetto alla carena parallela alla linea di e-stremità dello spray.

1.2.5.2 Resistenza dell’aria La resistenza dell’aria può essere, per le imbarcazioni plananti una componente significativa

della resistenza totale; anche in questo caso la resistenza dell’aria può essere valutata mediante la formula:

21aria T2AAR A Vρ=K (0.4.61)

Nel caso di carene plananti, dal momento che la parte prodiera dello scafo è completamente emersa, l’area della proiezione trasversale dell’imbarcazione comprenderà sia l’opera morta si a l’opera viva.

Per quanto riguarda il coefficiente k, Blount [1.2.9.1.19]suggerisce di assumere un valore

compreso nel campo 0.5 ≤ k ≤ 0.8, mentre Savitsky [1.2.9.1.18] riporta che l’esperienza del Davi-

dson Laboratory suggerisce che, per forme di prora normali, si ha solitamente k ≈ 0.7.

1.2.5.3 Resistenza delle appendici Per le carene plananti le appendici di carena sono solitamente il timone e linee d’assi, una delle

quali è rappresentata in figura Figura 1.2-41.

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Figura 1.2-41: Configurazione tipica di linea d’assi

Una trattazione approssimata della resistenza delle appendici di carene plananti è stata fatta da Blount e Fox [1.2.9.1.9], che hanno proposto una semplice formula che fornisce un valore della re-sistenza delle appendici di una carena planante con configurazione bielica convenzionale.

APP BHA

11R R

η

= −

(0.4.62)

ove con RAPP si indica la resistenza delle appendici, con RBH la resistenza dello scafo nudo e con ηA un coefficiente dato dalla seguente relazione:

A 2

1

0.005 1.05Frη

=+

(0.4.63)

Questa relazione è basata su una raccolta di prove su modello realizzate con appendici in con-figurazione bielica tradizionale (assi, cavalletti, timoni) e senza: può essere utilizzata come prima stima della resistenza delle appendici durante la fase preliminare della progettazione, quando la ge-ometria delle appendici, richiesta dalle formule più complesse per la valutazione della resistenza, non è ancora stata definita completamente.

Va notato che questo metodo valuta esclusivamente l’incremento di resistenza al moto prodotto dalle appendici, trascurando completamente l’effetto che la presenza di queste può provocare sull’assetto dell’imbarcazione.

Hadler [1.2.9.1.20] ha proposto formule per i principali tipi di appendice che si trovano sulle carene plananti. In questo caso ciascuna delle appendici considerate viene trattata a parte e viene proposta una formula per la valutazione del suo effetto sull’imbarcazione.

Skeg

Lo skeg è una porzione di scafo che a volte viene inserita al di sotto degli scafi molto piatti per assicurare un’adeguata superficie di deriva e migliorare le doti di stabilità di rotta dell’imbarcazione, come illustrato nella Figura 1.2-42.

A rigori lo skeg fa parte dello scafo e, normalmente, non viene considerato un’appendice di ca-rena, ma nel caso in cui si valuti la resistenza di una carena planante con il metodo di Savitsky, quest’ultimo non contempla la presenza di un eventuale skeg e quindi la sua resistenza deve essere aggiunta a parte.

La resistenza dello skeg può essere valutata con la seguente formula:

2SK SK M

1

2FD C S Vρ=

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Figura 1.2-42: Esempio di carena con Skeg

dove:

• FC = coefficiente di resistenza d’attrito, basato sul numero di Reynolds calcolato con la

lunghezza media dello skeg.

• SKS = superficie bagnata dello skeg

• MV = velocità media sul fondo della carena

Per quanto riguarda le appendici propriamente dette queste possono essere suddivise in com-ponenti di forma cilindrica e componenti aventi la forma di ala. Con riferimento alla Figura 1.2-43, i componenti A, B e C sono della tipologia cilindrica, mentre D ed E hanno la forma di ala.

Figura 1.2-43: Tipologia delle appendici di carena

Componenti cilindrici

I componenti cilindrici delle appendici, tipicamente assi, astucci ecc, producono portanza e re-sistenza. Queste forze possono essere determinate ipotizzando che il flusso che le investe sia paral-lelo al fondo della carena.

Il numero di Reynolds di questi componenti deve essere calcolato utilizzando il diametro al po-sto della lunghezza. Nell’ipotesi che sia:

55.510Vd

Reυ

= <

resistenza e portanza del componente cilindrico possono essere valutate con le equazioni seguenti:

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( )2 311.1sin

2 FD ldV Cρ ε π= + (0.4.64)

( )2 211.1sin cos

2L ldVρ ε ε= (0.4.65)

dove:

l = lunghezza del componente

d = diametro del componente

ε = angolo che l’asse del componente forma con la linea di chiglia.

Per quanto riguarda la resistenza, l’equazione (0.4.64) può essere riscritta nella forma seguente

( )2 21 11.1 sin sin 2

2 2FD ld V C rlVρ ε ε ρ π= +

che evidenzia come la resistenza sia costituita da due componenti, rappresentate dai due termini del secondo membro dell’equazione.

Il primo di questi rappresenta una resistenza di pressione. Infatti la quantità sinV ε è la compo-nente del vettore velocità diretta normalmente all’appendice considerata mentre sinld ε rappresenta la proiezione dell’appendice in direzione normale al vettore velocità; il coefficiente di resistenza di pressione è rappresentato dalla quantità 1.1.

Il secondo termine quantifica la resistenza d’attrito dell’appendice.

Per quanto riguarda la portanza, l’equazione (0.4.65) può essere riformulata come segue:

( )211.1 cos sin

2L ld Vρ ε ε=

ove sinV ε rappresenta la componente del vettore velocità normale all’appendice mentre cosld ε rappresenta la proiezione dell’appendice in direzione parallela al vettore velocità; il coefficiente di portanza è rappresentato dalla quantità 1.1.

Componenti a forma di ala

La resistenza dei componenti a forma di ala, purché non ventilati, può essere espressa dalla re-lazione:

4

211 2 60

2 F

t tD SV C

c cρ

= + + (0.4.66)

ove:

S = superficie bagnata dell’appendice

FC = Coefficiente di resistenza d’attrito di Schoenherr ( se 5Re 510> )

t

c = Rapporto spessore/corda della sezione alare dell’appendice.

Piastre

In alcuni casi, può accadere che braccetti e cavalletti siano fissati allo scafo per mezzo di pia-stre di fissaggio sporgenti, come illustrato in Figura 1.2-44; anche se immersi nello strato limite questi elementi possono dare luogo a resistenze considerevoli.

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Figura 1.2-44: Esempio di piastra di fissaggio a scafo

La resistenza delle piastre può essere espressa dalla relazione:

23P

10.75

2D

hD C whVρ

δ= (0.4.67)

ove:

h = altezza della piastra al di sotto della superficie dello scafo

w = larghezza della piastra, in direzione normale al flusso

δ = spessore dello strato limite, da assumersi ≅ 0.016 PX

PX = distanza tra la linea di stagnazione ed il lembo di entrata della piastra.

Se la piastra è di forma rettangolare con gli angoli arrotondati di può assumere:

P 0.65DC =

1.2.6 Porpoising

Il fenomeno del Porpoising, o delfinaggio, consiste in una oscillazione dell’imbarcazione nel piano longitudinale costituita da una combinazione di sussulto e beccheggio di ampiezza costante o crescente; tale moto si manifesta, in condizioni di planata, anche quando l’imbarcazione procede in mare perfettamente calmo, ed è la conseguenza di una instabilità del moto nel piano longitudinale.

Convenzionalmente si ritiene di essere in presenza di porpoising se l’ampiezza delle oscillazio-ni è maggiore od uguale ad un grado.

Questo fenomeno può condurre al danneggiamento strutturale dell’imbarcazione a causa delle elevatissime pressioni che si sviluppano sul fondo a causa degli impatti; può anche essere la causa di capovolgimento dell’imbarcazione in direzione longitudinale se la prora incontra un’onda in cor-rispondenza di un basso valore dell’angolo di assetto. Questa instabilità longitudinale è stata re-sponsabile di molti seri incidenti.

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Questo fenomeno è stato studiato da alcuni autori [1.2.9.1.21, 1.2.9.1.22, 1.2.9.1.23] che ne hanno individuato i parametri principali.

Figura 1.2-45: Schematizzazione di planata stabile ed instabile

Il lavoro sperimentale di Day & Haag [1.2.9.1.21], confermato più recentemente da Celano [1.2.9.1.23], mostra che per un dato valore dell’angolo di deadrise esiste una specifica relazione che lega il coefficiente di portanza CL all’angolo di assetto τ oltre il quale si manifesta il fenomeno dell’instabilità.

Nel suo lavoro originale Savitsky [1.2.9.1.1], fa riferimento al lavoro di Day & Haag e propone un grafico, riprodotto in Figura 1.2-46, con il quale determinare se l’imbarcazione sarà soggetta a delfinaggio.

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L’uso di questa figura è ovviamente limitato agli angoli di deadrise per i quali sono rappresen-tate le curve limite di delfinaggio che sono 0°, 10° e 20°.

0.000

1.000

2.000

3.000

4.000

5.000

6.000

7.000

8.000

9.000

10.000

11.000

12.000

0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35

An

go

lo d

i ass

ett

o [

°]

(CL/2)^0.5

Limiti di Porpoising

0

10

20

β [°]

Regime di Porpoising

Regime di planata stabile

Figura 1.2-46: Limiti di porpoising proposti da Savitsky

Come si può notare, per un dato coefficiente di portanza l’insorgenza del porpoising è legata ad un eccessivo angolo di assetto dell’imbarcazione.

Il problema è stato affrontato anche da Angeli [1.2.9.1.24] che ha proposto una formulazione empirica dell’angolo di assetto critico, oltre il quale si verifica il delfinaggio, che tiene conto anche dell’influenza della non prismaticità della carena.

0.75

C 2

K

Fr XYFτ

=

(0.4.68)

ove:

13

13

0.25

T T

PX

CG

PX

β

0

106 85 1 0.2

L

L

B XK

B Y

XX

BY

CF

C

β ββ

− = + +

=∇

=∇

=

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In questa formulazione la non prismaticità dello scafo viene considerata attraverso le grandezze BT eβT che rappresentano rispettivamente la larghezza allo spigolo e l’angolo di deadrise in corri-spondenza del transom.

Si nota inoltre che sono stati introdotti, tra i parametri che governano il fenomeno, la posizione longitudinale del centro di gravità e la larghezza massima allo spigolo, non previsti nelle trattazioni precedenti.

1.2.7 Controllo dell’assetto

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

1.2.8 Spray rail e pattini

XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

1.2.9 Bibliografia

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