Dimagrire Di Corsa_ Ritrova La Forma Con i Consigli Del Taliano Di Triathlon (Italian Edition) -...

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correre in forma

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Il libro

C’è chi corre per passione e chi corre per dimagrire: questo libro è dedicato ai secondi, senza dimenticare i primi.L’ha scritto Daniel Fontana, il più forte triatleta italiano, che da pochi anni ha scelto di concentrarsi sulla distanzapiù massacrante, l’Ironman: 3,8 chilometri di nuoto in acque libere, 180 chilometri in bici e, per finire, una maratona.Come si riesce a compiere una simile impresa? Servono un allenamento graduale e mirato, un’ottimale condizionefisica e uno stile di vita sano e regolato, ma non può mancare l’atteggiamento mentale giusto, un mix di tenacia,determinazione e motivazione – tutte caratteristiche fondamentali anche per scegliere di alzarti dal divano eoccuparti finalmente del tuo benessere.

Nessuno come Daniel – che, oltre ad allenarsi, allena – è in grado di suggerirti le migliori strategie percominciare a correre o per migliorare il tuo stile, le tue prestazioni e, perché no, la tua linea. Dimagrire di corsa èun vero e proprio manuale, che contiene informazioni adatte a principianti desiderosi di avvicinarsi alla corsa, maanche perle di saggezza (e allenamento) rivolte a corridori più esperti: dai consigli sulla scelta delle scarpe edell’abbigliamento agli esercizi di riscaldamento, potenziamento e stretching giusti, da poter fare anche a casa; daitrucchi motivazionali per sconfiggere la pigrizia a una varietà di tabelle di allenamento, pensate e predisposte perpermetterti di raggiungere un obiettivo adatto a te; dai consigli per la gara (tutti rigorosamente mutuatidall’esperienza personale di Daniel) ai suggerimenti di Elena Casiraghi, la specialista di alimentazione che lo segueda anni.

L’autore

Daniel Fontana (General Roca, 1975) è un triatleta professionista. Campioneargentino, italiano e panamericano, olimpionico ad Atene e a Pechino, ha vintodiverse competizioni di Ironman 70.3, disciplina nella quale è stato vice-campionemondiale nel 2009. È detentore della miglior prestazione italiana nella distanzaIronman (8:05) ed è capitano della squadra di triathlon DDS, di Settimo Milanese.

Elena Casiraghi (Milano, 1983), specialista in alimentazione e integrazione dellosport, è membro dell’Equipe Enervit.

Daniel Fontana

DIMAGRIRE DI CORSARitrova la forma con i consigli del campione italiano di triathlon

Con il contributo della eat coachElena Casiraghi

Salvo dove diversamente indicato, i crediti delle immagini dell’inserto sono: FOTO © DAVIDE CILLONI

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Dimagrire di corsa

Born to run

Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere ilvuoto.

HARUKI MURAKAMI

Intorno ai quattordici anni il mio sogno era partecipare al Campionato patagonico di nuoto,competizione appena più prestigiosa della gara della parrocchia. Per qualificarmi, tre volte lasettimana mi alzavo alle quattro del mattino insieme alle mie due sorelle, inforcavo la bici e allequattro e mezzo ero in vasca. Nuotavo come un dannato e alle sette e mezzo, dopo altri tre o quattrochilometri di bici, varcavo il portone della scuola. Non potevo nemmeno arrivare in ritardo: miamadre insegnava matematica nella classe accanto. Alle undici ero completamente cotto, un disastro.Di pomeriggio tornavo in piscina, per allenarmi con la squadra dei ragazzi più grandi. Senza saperlo,avevo il triathlon nel sangue.

Dopo più di venti stagioni di attività, tre qualifiche olimpiche e dopo aver girato tutti i continentigareggiando, posso dire che per i comuni mortali come me la strada è molto lunga, ci vuole tantolavoro, a testa bassa e con umiltà. Il successo non arriva improvvisamente o per caso, è un processodi crescita, un’evoluzione a tappe: a volte si fa un salto in avanti, a volte si torna indietro, perprendere la rincorsa.

Il segreto è essere abbastanza sensibili e intelligenti da riuscire a riconoscere gli stimoli giusti persé e a mantenere salda la consapevolezza che su certi fattori, come il talento, non si può influire,mentre su altri, come la costanza, la pazienza e il coraggio, si può invece lavorare alla grande: sonoqueste caratteristiche ad aver permesso ad atleti «normali», non a fenomeni, di raggiungere i loroobiettivi. Io sono uno di loro, sei pronto a diventarlo anche tu?

Acquatico o anfibio?È cominciato tutto così. Sono cresciuto scatenato e felice a General Roca, una sorta di avampostoall’ingresso della Patagonia, quella regione selvaggia, difficile e affascinante a sud della quale nonc’è nulla, se non i pinguini e i ghiacci antartici.

I miei genitori si trasferirono lì negli anni Settanta: il governo argentino aveva deciso che laPatagonia andava popolata (almeno un minimo) e distribuiva incentivi a chi fosse stato cosìtemerario da raccogliere armi e bagagli scegliendo di vivere laggiù. Mio padre colse la palla albalzo e accettò un posto come veterinario in questo paese dove non c’era quasi niente: quando io eropiccolo i semafori erano due, e le strade asfaltate pure.

Noi bambini stavamo in giro dal mattino alla sera, in bicicletta o di corsa, pescavamo, giocavamocon la fionda, esploravamo i campi e i fossi. E tutto ciò, per un numero di anni che non sapreiquantificare, sempre a piedi nudi, almeno quando faceva caldo. Oggi sarebbe impensabile, ma allorale mamme non si preoccupavano né di sapere dove eravamo né di cosa stavamo facendo; il paese erauna specie di grande cortile condominiale, tutti si conoscevano e i pericoli erano minimi: se ci fossestata un’emergenza qualcuno le avrebbe avvertite. D’altra parte noi sapevamo che c’erano regolemolto precise (pena epiche punizioni inflitte dai nostri padri): tornare a casa a una determinata ora,studiare per andare bene a scuola, evitare di spingerci oltre precisi confini, al di là dei quali nonsaremmo stati al sicuro.

Mi sono innamorato del nuoto grazie a mia sorella maggiore Laura: è cresciuta troppo in fretta e ilpediatra, per aiutarla a recuperare un minimo di coordinazione e raddrizzarle la schiena, ha suggeritoa nostra madre di iscriverla in piscina. Benché avesse tre figli mia mamma lavorava, e così deciseche per lei sarebbe stato più pratico se avessimo nuotato tutti e tre.

Fino ad allora avevo praticato solo basket e rugby, che stanno all’Argentina come il calcioall’Italia, sono praticamente obbligatori. A quel tempo – sarà stato l’inizio degli anni Ottanta –andava di gran moda il cosiddetto «metodo sovietico»: siccome gli atleti dell’Europa dell’Estottenevano grandissimi risultati nelle maggiori competizioni internazionali, gli allenatori argentinipensavano che anche loro avrebbero potuto crescere un vivaio degno di questo nome, se solo sifossero comportati come gli allenatori sovietici. Il che significava, in parole povere, che bisognavaspremerci come limoni indipendentemente dalla nostra età. Per me era tutto un gioco, persino nuotareper due o tre chilometri a sei o sette anni, d’estate, in acqua fredda, all’ombra, perché la piscinariscaldata era un lusso che General Roca non poteva certo permettersi. Ci facevano gareggiare con ibambini dei paesi vicini: chi vinceva era felice, chi perdeva un po’ meno. Io ogni tanto ero felice,ogni tanto deluso, spesso strepitavo con mia madre dicendo che volevo mollare tutto e smettere diallenarmi e lei – che in vita sua non ha mai fatto sport ma è comunque un’inconsapevole mentalcoach – mi rispondeva: «D’accordo, non allenarti più. Però la prossima volta che le tue sorelleparteciperanno a una gara e vorrai andarci anche tu, non lamentarti se farai ancora peggio». E io,zitto, con gli occhi bassi, salivo sulla bici e cominciavo a pedalare verso la piscina. Avevo scelto diallenarmi.

In quella primissima scelta è custodito il mio segreto, ciò che ha fatto la differenza tra me – ilragazzo talentuoso ma ancor più determinato, appassionato al punto da essere disposto a lavoraresodo per ottenere un risultato – e le mie sorelle. Laura e Tila erano entrambe molto più portate di me:

in gara si piazzavano meglio, ma avevano meno costanza. Io facevo i 200 rana e i 400 misti, a voltevincevo e a volte no, ma mi ero posto un obiettivo (il Campionato patagonico di nuoto) e mi ciapplicavo con tutte le mie energie. Ero un po’ svantaggiato dal fatto di essere nato il 31 dicembre,visto che gareggiavo con quelli nati durante lo stesso anno solare: alcuni avevano praticamente unanno in più di me ed erano più muscolosi, più formati. Ma figuriamoci se pensavo che sarei arrivatoa fare un Ironman! Eppure…

L’anno dei Campionati patagonici ho toccato il cielo con un dito, ho persino vinto alcune prove! Liabbiamo disputati nella provincia vicino, quella di La Pampa: i duecento chilometri per arrivarcisono stati il mio primo viaggio, mi sembrava di andare dall’altra parte del mondo. Poi sono venuti iCampionati nazionali, che purtroppo non ho mai vinto, anche se mi sono piazzato decentemente,quindi la piscina di General Roca si è rotta e tutti hanno smesso di nuotare. Io, pur di continuare, hoimplorato mio padre perché mi finanziasse un’impresa folle: tutti i pomeriggi mi facevo un’ora emezzo di pullman per raggiungere la città vicina, mi allenavo lì, e ritornavo indietro. La sera, dovevoancora fare i compiti. Sono andato avanti così per quattro o cinque mesi, poi non ce la facevo piùfisicamente e sono stato costretto a mollare.

Ed è stato allora che ho scoperto qual era il mio talento.

Nessun sogno è impossibileIn Argentina a quel tempo c’erano due canali televisivi: il 7 e il 9. Tutti sapevano la programmazionea memoria e tutti, una volta all’anno, si sciroppavano un documentario americano sulla gara ditriathlon più famosa al mondo, che si disputava a Kona, nelle Hawaii. La distanza era quelladell’Ironman, la più dura: 3,86 km di nuoto in acque libere, 180,26 km in bicicletta e 42,195 km dicorsa. Vedevo Mark Allen e Dave Scott – i campioni che allora vincevano più di tutti – nuotare nelmare limpido ma mosso e minaccioso, correre e sfrecciare in bicicletta tra le colate di lava deivulcani, immersi in paesaggi primordiali, sfidando altri uomini più accaldati, più disidratati, etagliare il traguardo per primi, come eroi. In sottofondo, una musica di quelle solenni e vittoriose,che andavano di moda negli anni Ottanta.

Mi sembrava un’avventura pazzesca, da uomini duri che non si demoralizzano mai, da guerriericapaci di rimanere umili anche dopo una simile prova di forza. Come avrei potuto non desiderare diessere uno di loro? Fra me e me sognavo di partecipare a quella competizione, anche se io per primolo ritenevo impossibile. Mi dicevo: «Un giorno, anch’io…», esattamente come si dice «Mipiacerebbe prender parte alla Parigi-Dakar…» oppure «Perché quest’anno non fare il Cammino diSantiago?». Nel momento stesso in cui si verbalizzano, questi desideri sembrano obiettivilontanissimi, troppo complessi e faticosi da raggiungere. Nel momento stesso in cui si vagheggia dipartire, si è perfettamente consapevoli che non accadrà mai.

E invece a sedici anni sono passato dall’essere un animale acquatico a uno anfibio.

IL TRIATHLON: QUANDO, DOVE, COME

Il triathlon è nato alla fine degli anni Settanta alle Hawaii, precisamente a Honolulu, da un gruppo di amici, tutti militariamericani, che discutevano su quale fosse la gara più dura dal punto di vista della resistenza: la WaikikiRoughwater Swim (3,86 km a nuoto), la Around-Oahu Bike Race (180,25 km in bicicletta) o la Honolulu Marathon(42,195 km di corsa). Il comandante di Marina John Collins suggerì di combinare le tre prove in un’unica gara, dandoufficialmente i natali al triathlon e all’Ironman Hawaii. Il gruppetto partecipò compatto alla prima gara: in totale eranoquattordici atleti, uno comprò la bici il giorno stesso, un altro si fermò a fare merenda da McDonald’s, un terzovinse, Gordon Haller. Ci mise più di tredici ore, mentre oggi i tempi dei professionisti sono intorno alle otto ore.

Da allora sono cambiate un sacco di cose: dal 2000 il triathlon è disciplina olimpica e il numero di chi lo praticaaumenta costantemente, visto che si tende a voler conoscere e praticare sempre più sport.

Le distanze standard del triathlon sono numerose:

supersprint (400 m di nuoto, 10 km di bici, 2,5 km di corsa);sprint (750 m di nuoto, 20 km di bici, 5 km di corsa);olimpico (1,5 km di nuoto, 40 km di bici, 10 km di corsa);Ironman 70.3 o «mezzo Ironman» (1,9 km di nuoto, 90 km di bici, 21,097 km di corsa);Ironman (3,86 km di nuoto, 180 km di bici, 42,195 km di corsa).

Quando parlo di triathlon intendo il triathlon olimpico, le altre distanze che corro sono l’Ironman 70.3 e l’Ironman.

Quando frequentavo il liceo, a General Roca arrivò un nuovo insegnante di educazione fisica,Gustavo Pérez, che veniva da un’altra città ed era un triatleta. Dopo avermi studiato a lezione, ungiorno mi mise alla prova: «Daniel, perché non andiamo a correre?». Della corsa non sapevo nulla,correvo quel poco che richiedeva la preparazione invernale del nuoto, ma niente di più. Siamo partitie ritornati dopo quattordici chilometri: ero quasi morto, ma avevo scoperto il mio talento. Magro,leggero, con dieci chili in meno di adesso, il mio fisico che per il nuoto era troppo esile per la corsasi rivelava un enorme vantaggio. Gustavo mi disse che ero bravo, che il mio stile – migliorabile,intendiamoci – era buono.

Non aspettavo altro: costretto a spostarmi per gli allenamenti, non potevo più nuotare tanto quantoprima e ne soffrivo. Non solo mi sembrava di non avere niente da fare e che la giornata fosseinterminabile, ma avvertivo proprio una differenza rispetto a prima, mi sentivo peggio. Allora erosolo un bambino, ma avrei scoperto poi che ciò era dovuto al fatto che l’attività sportiva liberaendorfine – più ne fai, più ne faresti – e ti fa sentire attivo, positivo, pieno di energia.

Da quel momento ho cominciato a correre come un pazzo. Quindici chilometri al giorno. Gustavomi allenava in maniera informale, dandomi qualche consiglio sulla frequenza, la postura, il ritmo diallenamento.

Il naturale passo successivo è stato acquistare una bicicletta da corsa, cominciando a prepararmiper la mia prima gara di triathlon. La bici costava seicento dollari, un’enormità per i tempi. Miopadre, prima di darmi i soldi, ha chiarito cosa mi sarebbe successo se, come al solito, avessistrepitato per avere una cosa e subito dopo perso ogni interesse: «Se questa bici non la usi finché noncade a pezzi, come ti ho messo al mondo ti ci tolgo».

Una volta che ci siamo trovati d’accordo sui fondamentali, abbiamo ordinato la bici un pezzo pervolta: prima il telaio, poi le ruote, quindi i copertoni… Senza internet né conoscenze nell’ambiente,ci abbiamo messo settimane. Quando tutti i pezzi erano finalmente pronti, bisognava montarli: mi haaiutato Ricardo, un insegnante di Buenos Aires trasferito a General Roca, amico di Gustavo e, comelui, triatleta. Sono andato a casa sua, con il mio scatolone pieno di raggi e tubi, e ci sono rimasto perdue giorni. Era estate e Ricardo ha dedicato quarantotto ore del suo tempo ad aiutare un ragazzinoche non conosceva. Tra l’altro, siccome mio padre non mi avrebbe passato neanche un dollaro in piùper il resto dell’attrezzatura, mi ha prestato un suo paio di scarpe da bici: erano in pelle, con la suolain legno, una più grande dell’altra. Vecchissime, forse le aveva ereditate anche lui da qualcun altro.Le ho usate per mesi, benché fossero già sfondate in partenza, ed è con quelle che ho corso la miaprima gara di triathlon. Ricardo è stato allora, ed è oggi, un vero amico. Poco tempo fa ho volutoricambiare la sua gentilezza regalandogli l’iscrizione all’Ironman di Pucón, cui desiderava prendereparte da tempo.

Gustavo mi ha preparato una tabella e ho cominciato ad allenarmi come un pazzo per partecipare,nel dicembre 1992, al Triathlon di Mar del Plata, distanza olimpica: 1,5 km di nuoto, 40 km di bici,10 di corsa. Si nuota nell’oceano, con le onde alte tre metri. Per me era il paradiso: non mi sembravavero, il mio sogno si avverava. A vincere non pensavo nemmeno, mi bastava essere lì e immaginarmicome Mark Allen o Dave Scott.

Per l’occasione mio padre, mosso a commozione dallo stato pietoso delle scarpe argentine con lequali mi ero allenato nella corsa, dopo una ricerca durata settimane mi regalò il mio primo paio discarpe da running, le Nike Pegasus.

La gara fu durissima, molto lunga, ho avuto un sacco di problemi. E poi scontavo l’emozione di

aver raggiunto un obiettivo che mi sembrava irrealizzabile. Ma sono andato fortissimo. Al nastro dipartenza ero un sedicenne con una carica bestiale addosso, al traguardo ero un professionista: misono piazzato quattordicesimo. Incredibile, perché mi ero allenato, questo sì, ma certamente nonquanto, né soprattutto allo stesso modo dei professionisti con i quali gareggiavo. Il talento, però, cel’avevo. E la passione anche.

Ho cominciato a spostarmi per partecipare alle gare: prendevo il pullman, viaggiavo tutta la notte(con la bici al seguito), dormivo con gli altri atleti nelle caserme o negli ostelli, il giorno dopocorrevamo e quello dopo ancora tornavo a General Roca. Lì mi aspettava la vita di sempre: scuola,famiglia, allenamento. Con i miei avevo fatto un patto: campione o no, dovevo prendere il diploma e,poi, una laurea. I miei genitori hanno sempre lasciato me e le mie sorelle molto liberi di fare lenostre scelte; dovevamo però rispettare alcune regole base: per esempio, potevamo stare fuori anchefino alle sei del mattino, a patto di studiare e di non perdere nemmeno un’ora di scuola. Allo stessomodo, io potevo scegliere di provare a diventare un campione di triathlon, ma avrei dovuto studiare elaurearmi, per costruirmi un futuro alternativo.

L’importanza della curaE fu così che nel 1994 mi sono trasferito da General Roca a Bahía Blanca, nella provincia di BuenosAires, con un amico soprannominato «Patón», «piedone». Ci siamo iscritti a economia e commercio,io mi allenavo per il triathlon e lui per il basket. Giocava titolare nel Bahiense del Norte, più che unasquadra un vivaio di campioni: Emanuel Ginóbili – uno su tutti – sarebbe diventato una star dellaNBA ma in quegli anni era il secondo di «Patón». Una volta la settimana cenavamo insieme a lui, aPepe Sánchez o ad Alejandro Montecchia nella cucina dell’uno o dell’altro, possibilmente non lanostra perché vivevamo come due scappati di casa: siamo passati dall’essere accuditi in (quasi) tuttoal doverci prendere cura di noi stessi. Morale: mangiavamo quando avevamo fame, magari allecinque di pomeriggio, o alle tre di notte; di sera eravamo perennemente fuori a qualche festa, raduno,cena. Una volta la settimana accettavamo l’invito di Alejandro Montecchia, che aveva qualche annopiù dei compagni di squadra e ci ospitava tutti.

Ovviamente quell’anno dal punto di vista atletico è stato un disastro. Ma la mia fase ribelle èdurata pochissimo: ho capito che i ritmi di vita convenzionali non sono nati da un delirio normativodella società, ma dalla necessità di stare bene. Ho cominciato a pranzare a mezzogiorno, a cenarealle nove di sera e a fare colazione il mattino presto; a scegliere il cibo con maggiore attenzione e afare il bucato più spesso alla lavanderia a gettoni all’angolo. Ho preso a prestito dalla bibliotecaqualche libro sullo sport, per scoprire un mondo di informazioni che non conoscevo e che, almenosperavo, mi avrebbero aiutato a vincere.

Continuavo ad allenarmi come sempre: in maniera indipendente, senza un tecnico di supporto,assorbendo qualcosa da ogni atleta o sportivo che incontravo. Correvo e andavo in bici con un amicodell’università, che si stava preparando per l’Ironman Hawaii, ed entrambi seguivamo le tabelle chetrovavamo sui giornali e le riviste.

Nello stesso anno mi sono imbattuto in Roger, uno studente di scienze motorie divenuto in breveun mio amico, che conosceva l’opera di un mostro sacro, il dottor Juan Galindo, nutrizionista che sioccupava anche di alimentazione e sport. Roger mi ha messo in mano Nutrición y deporte, la Bibbiadi Galindo: oggi so che conteneva un sacco di errori e ingenuità, ma in quel momento era quello chemi ci voleva. Limitare il consumo di carne e sostituirla con altri alimenti è stato uno choc, ma èservito. Roger mi martellava tutti i giorni con l’importanza della granola, i cereali, delle verdure edei carboidrati, e a livello sportivo ho fatto un salto di qualità.

Nel 1995, per partecipare ai Campionati mondiali di triathlon olimpico a Cancún, in Messico, conl’aiuto degli amici ho organizzato un tour de force di cene: dei quindici dollari che si pagavano atesta per mangiare e bere, dieci li utilizzavo per coprire le spese, cinque li mettevo da parte per ilviaggio. Con questo sistema sono riuscito ad arrivare ai Mondiali. Con le solite vecchissimeattrezzature, il mio allenamento improvvisato, e nonostante una bella serie di violazioni a tutte leregole che cercavo di autoimpormi, mi sono piazzato sesto, davanti a campioni australiani estatunitensi: pazzesco!

In quel momento, da bravo studente di economia e commercio, ho capito che quello nel triathlonsarebbe stato un buon investimento. Fino ad allora era stato un sogno, forse un’idea di vita possibile,ma niente di davvero concreto.

L’anno dopo, nel 1996, il Comitato olimpico internazionale ha deciso che a partire dal 2000 il

triathlon avrebbe fatto parte delle discipline olimpiche. E io ho capito che, se c’era una cosa chevolevo, era far parte della Nazionale.

La pace del guerrieroCostruire la partecipazione a un’Olimpiade, come a un’altra gara – o anche, semplicemente, allenarsiper il desiderio di stare bene – è esaltante. Richiede impegno, costanza e determinazione; per unatleta professionista, poi, ci vuole una disciplina inflessibile, la capacità di allenare il proprio corpoa resistere alla fatica e la mente alle crisi, che durante la competizione si presenteranno al cento percento.

Tutto questo per me è bellissimo. È la mia vita, la mia passione, il mio antistress; è la miamedicina per i momenti difficili e quelli di stanchezza. Per quanto duro l’allenamento possa essere,so che alla fine della giornata potrò godermi sereno e appagato una sensazione di pace, la pace delguerriero, quella di chi sa di aver fatto ciò che doveva al meglio delle sue possibilità, e puòfinalmente fermarsi e riposare.

È un sentimento che condivido con tutti: la mia famiglia, gli amici e l’amore (quando c’è), con itecnici che mi seguono, con i colleghi, con gli atleti che alleno. Quando lo racconto c’è semprequalcuno che mi guarda con aria incuriosita, e poi se ne esce con l’osservazione: «Eh già, ma chefatica bestiale!». Segue poi un sorrisetto sornione, segno del fatto che la certezza della pigrizia comevia più breve al benessere non vacilla, nonostante la tosse secca da fumatore incallito, la pancia daintenditore di birra e gli esami di controllo per il cuore già in agenda. Allora io ricambio con unsorriso e un invito a correre, almeno una volta. Basta solo quella, infatti, per capire che la salute nonpuò che beneficiarne, che la nostra routine può essere più varia e interessante e il mondo un posto piùvasto.

Al di là della mia tendenza tipica dell’emigrante a voler fare amicizia con tutti, è per questo chemi piace allenare gli altri: perché posso coinvolgere a livello sportivo decine e decine di persone,posso influire positivamente sulle loro vite, posso contribuire a fare in modo che stiano meglio, chedormano meglio, che si sentano meno stressati, più positivi e più energici. Che abbiano, in pocheparole, una qualità di vita più alta.

Tutto ciò, a dir la verità, lo fanno più che altro loro, scegliendo di praticare sport. Io sono solol’occhio esterno che li osserva e li aiuta a migliorarsi, l’intermediario tra l’obiettivo che si sonoposti e la loro inerzia. Per capirci, se tu venissi ad allenarti con me a Settimo Milanese, primaproverei a ispirarti, poi a motivarti, quindi ti butterei in piscina.

Di solito i miei atleti – incredibile! – alla fine dell’allenamento mi ringraziano: magari eranostanchi, sfibrati da una giornata d’inferno in ufficio, e si sono presentati solo perché non potevano piùmancare dopo le ultime dieci assenze, ma di correre o nuotare avrebbero fatto anche a meno; allafine, però, sono soddisfatti di essere riusciti a fare qualcosa che non pensavano fosse possibile. Sonofelici di aver oltrepassato quello che ritenevano un loro limite. E la prossima volta che capiterà unasituazione simile, nello sport, ma anche sul lavoro, in famiglia, con la moglie o la fidanzata, sannoche saranno in grado di comportarsi allo stesso modo.

Ho scelto di scrivere questo libro per raccontare la mia esperienza, ma soprattutto per condivideretutto quello che so sul metodo più semplice e democratico che conosco per stare meglio e dimagrire:la corsa, il mio vero talento e la mia passione.

Vista la fondamentale importanza che in tutto ciò riveste un’alimentazione sana, nel libro ho

inserito gli interventi di Elena Casiraghi, la specialista di alimentazione e integrazione nello sportche mi segue da qualche tempo, e che è avanti anni luce rispetto al dottor Galindo!

Sei pronto a cominciare?

IPRIMA DI PARTIRE

Il bello della corsa

Corro perché, se non lo facessi, sarei pigro e triste e spenderei il mio tempo sul divano. Corro per respirare l’ariafresca. Corro per esplorare. Corro per assaporare il viaggio lungo la strada. La vita diventa un po’ più vivace, un po’ piùintensa. A me questo piace.

DEAN KARNAZES

Prima ancora di procurarti scarpe e pantaloncini, o di cercare su Google Maps il parco più vicino acasa tua, dovrai procurarti un’altra cosa. Dovrai trovare una motivazione. Perché vuoi correre? Sesei indeciso, non c’è problema: ancora poche righe e avrai l’imbarazzo della scelta.

Mille e un motivo per infilare le scarpe e uscireLa corsa è lo sport più praticato al mondo, e non è difficile capirne il motivo.

Innanzitutto, è democratico: a parte le scarpe, non costa nulla. Si possono fare riscaldamento epotenziamento a casa propria, e si può correre dappertutto. Avere un allenatore e far parte di unasquadra sono sicuramente cose belle e positive, ma non indispensabili: ciascuno di noi può uscire dicasa e cominciare a correre. La natura ci ha fatto bipedi, ci ha dato i mezzi per correre, e più o meno,meglio o peggio, tutti sappiamo farlo. Più avanti troverai tante dritte sulla tecnica, sulla posizionedelle braccia, la postura o l’appoggio del piede più corretti: naturalmente si può sempre migliorare,ma la corsa è l’unico sport che tutti sappiamo praticare. Prendiamo il nuoto o lo sci: se un maestronon ci insegna, è dura che riusciamo anche solo lontanamente a muoverci nel modo giusto rispetto aquanto possiamo fare nella corsa.

In secondo luogo, per un allenamento di qualità basta poco tempo: trenta minuti ogni due giorniper poche settimane sono più che sufficienti per cominciare a osservare un sacco di benefici a livellofisico. La corsa influisce positivamente sul cuore, sull’apparato muscolo-scheletrico, sul ritmosonno-veglia, sul sistema digerente e su quello immunitario. Quando, dopo aver partecipato a unagara, devo stare fermo qualche settimana per recuperare, noto la differenza: tutto va a rilento, faccioanche più fatica a dormire. Questo perché, se l’allenamento è costante, il corpo raggiunge uno statoottimale di funzionamento. Un corpo più allenato è un corpo che sta meglio, che si ammala meno, chesi muove in modo più fluido, che si libera di ciò che è in eccesso e dimagrisce. La persona che loabita, di conseguenza, sarà più energica, più attiva, si piacerà di più e sarà incentivata a continuarel’attività sportiva.

Inoltre, correndo ci si può ritagliare un momento per se stessi, senza distrazioni di alcun tipo.Quando corro rifletto a fondo, molto più di quanto farei rimanendo in casa, vicino al telefono e alcomputer, con la televisione o la radio accese, pronto a rispondere a mille stimoli. Sfrutto laconcentrazione per «fare pulizia» della mente: analizzo qualunque cosa, dai problemi sul lavoro allemie scelte di vita, e riesco a inquadrarle con semplicità. Tutto, correndo, sembra più comprensibile.Al mio ritorno sono più sereno e ho le idee molto più chiare. Se sono partito con un problema,spesso sotto la doccia ho già la soluzione; altrimenti ho comunque guadagnato in distacco e lucidità.Sono in pace con me stesso perché so di essermi allenato, di aver dedicato tempo al mio benessere ealla mia salute, e ciò mi rende più tranquillo, appagato e ricaricato, pronto per affrontare una nuovagiornata. In parte, questo appagamento è dovuto alle endorfine, sostanze chimiche rilasciate dalcervello in seguito a un allenamento prolungato, che agiscono a livello del sistema nervoso centrale einfluiscono positivamente sull’umore e sugli stati d’animo.

Ancora. Correre è bello perché è un’attività sociale, che si può condividere con altre persone. Sei tuoi amici alla sola idea della corsa cominciano a sciorinare interminabili liste di impegni, nonscoraggiarti: esci e corri da solo, possibilmente in un parco. I corridori sono gente socievole ed èfacilissimo fare nuove amicizie quando si condivide una passione.

Tieni presente, inoltre, che prima o poi anche la tua cerchia di amici capitolerà, perché non c’ènulla di più contagioso del benessere. Nel 2001, già campione argentino e panamericano, mipreparavo per i Mondiali che si sarebbero tenuti in Canada, e per questo dovevo allenarminell’emisfero Nord. Un mio amico, che organizzava campi estivi giovanili per conto della YMCA,

un’associazione cristiana ecumenica, mi ha offerto ospitalità e sono partito. «Ospitalità» voleva diredormire per terra in una casetta sulla spiaggia, con un unico bagno chimico da condividere condecine di persone. Per dieci giorni ho vissuto rispettando gli orari del campo, compresi canti epreghiere, gestendomi gli allenamenti di conseguenza, poi ho dovuto sloggiare e fortunatamente ilcuoco, un rastaman, mi ha offerto una stanza a casa sua. Non sapendo dove altro andare ho accettatocon entusiasmo, salvo scoprire che questo ragazzo divideva l’appartamento con altri rastaman, tuttifortissimi fumatori di marijuana. Al mattino mi svegliavo completamente rimbambito (insistevano chenon si aprissero le finestre, per evitare che la polizia se ne accorgesse), ma a parte questo ho potutocominciare a cucinarmi direttamente i pasti e ad avere uno stile di vita più «atletico». Alla garapreparatoria di San Diego sono arrivato terzo e ho guadagnato l’eterna stima del rastaman piùgiovane, che ha cominciato a mangiare come me, ha ridotto il fumo, ha ripreso a fare surf e ha trovatoun lavoro. Se in poche settimane ha cambiato stile di vita lui, credimi, nulla di più probabile cheanche i tuoi amici, vedendoti stare meglio, più magro ed energico, decidano di seguirti nella tuaavventura.

Se hai l’autostima sotto i piedi, correre fa per te. Allenarti per un’ora ti sembra impossibile?Comincia con dieci minuti e vedrai. Renderti conto in breve tempo di riuscire a seguire unprogramma che ti sembrava impossibile rispettare, osservando miglioramenti significativi, ti aiuteràa credere in te stesso e a convincerti che ce la puoi fare. Perché la verità è questa: ce la puoi fare!

E se ancora hai qualche incertezza, puoi sempre scegliere di pensarla come il campioneamericano Dean Karnazes, che non corre per dimagrire o per migliorare le sue performance, ma soloper il piacere di correre. Quando ci siamo incontrati e abbiamo corso insieme, quello che più mi hacolpito di Dean è l’energia positiva che sprigiona. Dean è un ultramaratoneta, cioè gareggia sudistanze ben superiori ai classici 42,195 chilometri, come per esempio la Western States EnduranceRun, che prevede un percorso di 160 chilometri. È un vero esperto nel campo delle impreseimpossibili: nel 2006 ha corso cinquanta maratone in cinquanta giorni, in cinquanta diversi Stati degliUSA. Un uomo del genere, abituato a mettersi a dura prova, sa tutto sulle possibilità del corpo umano,che sono infinitamente maggiori di quello che siamo portati a immaginare: io stesso, quando sonopronto per una gara e mi trovo nel mio picco di forma, mi sento inesauribile, sento di poter faredavvero qualsiasi cosa.

IL MONDO ULTRA

L’uomo è la creatura sulla Terra dotata di maggiore resistenza. Lo dimostrano facilmente gli atleti ultra, come DeanKarnazes, che mettono alla prova il proprio corpo in maniera quasi incredibile. Imparando a mangiare, bere edormire durante la gara, infatti, si può teoricamente competere su distanze infinite.

C’è gente, come Dean, che corre decine di maratone l’anno, ma non solo: i Deca Ironman ripetono dieci voltetutte le distanze (in pista e in vasca) in dieci giorni consecutivi; chi fa ultracycling può arrivare a pedalare per 6000chilometri, nutrendosi e dissetandosi al volo e dormendo venti minuti per volta.

Ricordo che utilizzavo i microsonni all’università: con tutto lo sport che facevo mi riducevo sempre all’ultimo, eper passare gli esami ero capace di studiare per quarantotto ore di fila impiegando questa possibilità di recupero.

Al di là del desiderio di superare i propri limiti e di vincere le competizioni a cui partecipa, quando

gli chiedono perché corre, Dean dà una risposta alla Forrest Gump: perché mi piace, perché il miocorpo è libero e non rattrappito su una sedia, perché sento l’aria fresca sulla faccia, le braccia che simuovono, e impiego il mio tempo meglio che rimanendo immobile sul divano.

Ho parlato di questo anche con la mia amica Pilar Geijo, due volte campionessa mondiale dinuoto in acque libere. Entrambi gareggiamo in competizioni che prevedono lunghe distanze, mamentre io posso guardarmi intorno, osservare paesaggi e interagire con altre persone, lei in acqua ècompletamente sola, e a parte il fondale sabbioso non vede né sente nulla. Alla domanda: «Perché lofai?», mi ha risposto: «Il tempo passa a prescindere». Il tempo passa, appunto, ma ciascuno di noipuò scegliere come impiegarlo.

Tornando alle tue motivazioni, scegliendo di correre farai qualcosa di positivo per te stesso, che tiporterai dietro per il resto della tua vita. Ti chiedo solo mezz’ora al giorno, il tempo di un caffè: seisicuro di non averlo?

Programmati per muoverciSe paragoniamo i cambiamenti culturali o sociali che abbiamo attraversato negli ultimi millenni aquelli del nostro corpo, è evidente che quest’ultimo è rimasto indietro anni luce. Abbiamo ancora,più o meno, lo stesso fisico che avevamo ai tempi della preistoria, quando gli esseri umaniconducevano una vita decisamente usurante, tra lotte all’ultimo sangue con animali affamati, caccia epesca, agricoltura in condizioni durissime, migrazioni per fuggire a climi ostili, ripari di fortuna ealimentazione non certo bilanciata né regolata. La speranza di vita non si avvicinava nemmenolontanamente a quella a cui possiamo aspirare oggi, che è di circa ottant’anni.

Certo, il nostro corpo è fra le risorse chiave che ci hanno permesso di sopravvivere in condizioniavverse, e questo ci permette di sottolinearne alcune preziose caratteristiche, come la forza, laresistenza o la capacità di adattamento. Tutte qualità che però, esattamente al contrario di quantoaccadeva allora, oggi sono sottoutilizzate: la stragrande maggioranza di noi, infatti, passa la giornataseduta (che sia a tavola, sul divano, in ufficio o in macchina poco importa, sempre seduti siamo). Sela vita piena di insidie dei nostri antenati era decisamente meno sicura e meno preferibile, quellaattuale è però sedentaria all’eccesso. Peccato che il nostro corpo non sia stato pensato per stare perla maggior parte del tempo fermo e a riposo.

Abbiamo a nostra disposizione meccanismi di straordinaria potenza, che ci dotano di possibilitàletteralmente sovrumane. Prendiamo l’adrenalina, per esempio: ci consentiva, se minacciati, di avereenergia a sufficienza per uccidere animali alti due volte più di noi; oggi la scarichiamo di fronte auno schermo, osservando il nostro titolo di borsa salire di un punto o vedendo apparire quella mailche tanto abbiamo aspettato. Poi, carichi come molle, cerchiamo di dormire e non ci riusciamo.Restiamo a rigirarci nel letto per ore a domandarci perché, visto che è anche stata una buonagiornata. Perché capita tutto ciò? Perché il nostro corpo è disegnato per svolgere anche attività fisica.Una bella corsa sarebbe sufficiente per sfogare l’adrenalina e le frustrazioni che abbiamo accumulatoalla scrivania (e magari anche la rabbia per quella scenata del capo!) e portarci sereni e tranquilliverso una notte di sonno assicurato. Peccato che spesso rimandiamo, quando per pigrizia addiritturanon ci rifiutiamo direttamente di «accendere il motore». Parlo di motore perché il nostro corpo,proprio come un’automobile, ha bisogno di benzina, di manutenzione e di essere regolarmente accesoe portato a fare un giretto. Oggi siamo in troppi ad avere spalle e schiena deboli, gambe flaccide,polpacci rigidi, articolazioni bloccate, posture difettose, doloretti muscolari di ogni tipo, mal dischiena e male al collo.

Al corpo non interessa la nostra cronica mancanza di tempo da dedicare allo sport, si limiterà ainvecchiare più rapidamente, visto che l’abbiamo lasciato troppo a riposo. O meglio: abbiamopermesso che gli unici nostri movimenti fossero quelli poco dispendiosi e ripetitivi della vita allascrivania, senza bilanciare con nessun’altra attività, stressandoci così a livello fisico e mentale. Vistoche abbiamo un’aspettativa di vita molto più alta dei nostri antenati, perché non fare in modo divivere al meglio delle nostre possibilità (e non al peggio)?

Le strade per ottenere questo risultato sono due, e si incrociano spesso: un allenamento regolare eun’alimentazione equilibrata.

VUOI PERDERE PESO O VUOI PERDERE GRASSO?

Perché vuoi correre? Al di là degli obiettivi agonistici, la maggioranza delle persone corre per il proprio benessere,per rallentare il più possibile il processo di invecchiamento dell’organismo e per essere tonica e in forma. Con «informa» quasi tutti intendono non tanto i benefici medici che si possono ottenere praticando sport, ma piuttosto ilritorno al proprio peso forma e il suo mantenimento.

La strategia più diffusa e adottata da un gran numero di persone desiderose di dimagrire è mangiare meno o,addirittura, mangiare il meno possibile, senza curarsi di quali macro e micronutrienti stanno sacrificando. Niente dipiù sbagliato! Così facendo è probabile che, almeno all’inizio, si perda peso. Ad andarsene saranno acqua e massamuscolare, entrambe utili al corpo.

Dimagrire, però, è un’altra cosa, e non è sinonimo di perdere peso. Dimagrire significa eliminare la massa grassain eccesso. L’unico modo per farlo è attivare gli «adipociti» (o «cellule adipose»), che si trovano principalmente sottopelle oppure dentro l’addome, tra i visceri, provocando la fuoriuscita del grasso. Diminuendo il consumo di ciboindiscriminatamente e affidando la scelta dei nutrienti solo al conteggio calorico, di conseguenza, non si dimagrisce:non si perde grasso, ma peso.

I benefici della corsaPerché tanta gente smette di fumare? È una delle scelte più difficili, ma la gente lo fa perchéaltrimenti sa che rischia di morire. Mia madre era una grande fumatrice, una di quelle persone che,durante una cena in pieno inverno, non possono evitare di uscire di casa, nel gelo polare, per fare duetiri di sigaretta. Ha dovuto smettere, e ha smesso… ma che fatica!

Perché è stata così dura e ha impiegato così tanti anni per riuscire in questa impresa? Perché nonera convinta. Non aveva la benché minima voglia di smettere: scegliere di rinunciare al vizio è statopiù impegnativo che non fumare più, quando finalmente si è decisa. E da quel momento la strada èstata tutta in discesa, perché ha potuto osservare subito una serie di benefici evidenti: respiravameglio, aveva più forza, era più concentrata, non sentiva più in bocca il saporaccio di tabacco…

Con la corsa vale lo stesso. Può essere un po’ difficile all’inizio, ma i benefici sono talmente tanti(e impagabili) che non farlo non ha alcun senso.

Alcuni segnali di sofferenza che il nostro corpo ci manda sono molto facili da identificare:

un indice di massa corporea 1 alto, oltre 30;un’eccessiva e cronica sensazione di stress o di malessere;mal di schiena o male alle articolazioni;problemi digestivi di vario genere (come la stitichezza);alta frequenza di malattie, anche di stagione (come mal di gola o raffreddori);difficoltà a sostenere gli impegni quotidiani;fatica cronica, mancanza di vitalità e di energia;problemi di pressione;depressione.

Se ti ritrovi in almeno tre punti dell’elenco, non solo correre ti farà bene, ma devi cominciare acorrere (o a praticare un altro sport). In questo libro parliamo di corsa, il mio sport, e posso dirti conun certo margine di sicurezza che cominciando a correre non solo starai meglio fisicamente, ma anchepsicologicamente: attraverso la corsa ti realizzerai.

Voglio raccontarti di un mio carissimo amico, Martín. Da anni, tutti gli anni, ritrovo i miei amicid’infanzia il 6 dicembre, e andiamo tutti insieme a pescare. Ciascuno di noi ha seguito un percorsodiverso. Penso spesso a quella giornata perché per me è un modo per tornare alle origini: a Martín eagli altri non interessa se sono campione mondiale di questo o di quello, se mi sono infortunato o seil mio allenamento non è all’altezza delle aspettative; per loro sono semplicemente Daniel o, ancorameglio, «Fonty».

Insomma, Martín qualche anno fa ha avuto un figlio, nato purtroppo con una cardiopatia congenitaincurabile. Il bambino è morto dopo quattro difficili anni, passati tra visite mediche e ospedali. Nellostesso mese, la moglie l’ha lasciato. Martín ha cominciato allora ad avere problemi di pressione eattacchi di panico. È tornato a General Roca, frequentava uno psicologo e viveva sotto controllomedico, ma non riusciva a migliorare. Un giorno Paletta, un amico comune, gli ha proposto di uscireinsieme in bicicletta. Alla fine di questi giri insieme, Martín misurava la pressione ed era normale.Dopo un po’ ha comprato una bici bellissima per allenarsi più seriamente, è dimagrito, si sentiva piùtonico ed energico. Durante un allenamento ha ritrovato una ragazza che non vedeva da anni e oggisono sposati.

Ora, è chiaro che rivolgersi ai medici, come agli psicologi, è sempre una buona idea, che ciascunodi noi si trova ad affrontare problemi differenti, e che lo sport non può essere la soluzione per tutti,ma per Martín è stato proprio così. E comunque provare non costa niente, giusto? Se funziona, tantomeglio. Se non dovesse funzionare, alla peggio avrai liberato parte delle tue tensioni e tornerai acasa più allenato e rilassato.

Dal punto di vista fisico, invece, è scientificamente assodato che la corsa, se accompagnata da unostile di vita sano, fa bene:

al cuore. Il 28% della popolazione muore a causa di una malattia cardiovascolare: certamentenon tutte si possono curare, ma almeno una percentuale si può prevenire mantenendo in salute ilcuore, un muscolo esattamente come tutti gli altri, che ha bisogno di allenamento e ossigenofresco. La corsa, in particolare, abbassa la pressione e aiuta gli ipertesi a regolarla; favorisceinoltre la diminuzione del colesterolo cattivo (LDL) a favore di quello buono (HDL);alle ossa. Correre favorisce l’aumento della massa ossea e, così facendo, aiuta a prevenire erallentare l’osteoporosi. Se lo si pratica all’aria aperta, permette di ricevere dal sole unamaggiore quantità di vitamina D, indispensabile facilitatore della mineralizzazione dell’osso apartire dal latte e dai suoi derivati, rispetto a chi conduce una vita sedentaria;ai polmoni. La corsa è uno sport aerobico, nel quale cioè l’organismo utilizza principalmentel’ossigeno come carburante. Correndo aumenta la profondità di ogni respiro, le strutturerespiratorie diventano più elastiche e l’organismo allenato arriva a poter immagazzinare unamaggiore quantità di ossigeno (il che a sua volta significa maggiore ossigenazione del sangue edei muscoli);al sistema linfatico. La muscolatura, attivata dall’esercizio fisico della corsa, aiuta la linfa ascorrere nei vasi, e quindi influisce positivamente sull’eliminazione delle tossine;al sistema digerente. Chi corre digerisce meglio, non ha problemi di stitichezza e ha un appetitopiù sano;al ritmo sonno-veglia. Correndo aumenta la produzione di serotonina, un ormone che influenza,fra le altre cose, il ritmo sonno-veglia. Inoltre, visto che la corsa è un antistress naturale, siarriva a sera più sereni e meno tesi rispetto a chi non pratica alcuno sport: in poche parole, chicorre dorme bene, o comunque meglio di chi non corre;all’umore e al benessere. La corsa è efficace anche come terapia antidepressiva: chi la praticaproduce endorfine, come abbiamo già detto, ma anche trasmettitori cerebrali come la dopamina(che influenza positivamente la capacità di concentrarsi, di rimanere attenti e il tono dell’umore)e catecolamine (che aiutano il sistema nervoso a mantenere il controllo sugli organi, e quindisono una sorta di antidoto alle malattie psicosomatiche);al peso. Bisogna avere pazienza e costanza, ma la corsa fa dimagrire: aiuta a eliminare il grassoin eccesso nel corpo e ci fa sentire rinvigoriti e scattanti (oltre a farci rientrare in quei pantaloniche non infilavamo da anni). E tutto questo, in maniera duratura! Pensa cosa significa abbinarela corsa a una dieta bilanciata, seguendo i consigli di Elena…in generale. Fare sport – e in particolare correre – aiuta il corpo a non spegnere la produzionedell’ormone della crescita, che diminuisce a partire dai vent’anni e cessa totalmente intorno aiquaranta. L’ormone della crescita, secreto naturalmente dal nostro corpo e nella giusta quantità,aiuta a mantenere attivo il metabolismo e a ridurre la massa grassa a favore di quella magra.

Ti sarà ormai chiaro che dedicando tutto il tuo tempo libero al divano credi di stare bene e diriposarti, mentre in realtà ti stai deteriorando. Facciamo due conti: sessanta minuti di workoutrappresentano il 4% della giornata. Investendo tre ore a settimana (un allenamento da sessanta minutie tre da quaranta), cioè l’1,7% del tuo tempo, puoi migliorare la qualità della tua vita, praticando unosport che è gioia pura.

Dopo l’ufficio prenditi un po’ di tempo e vai a correre. Non puoi regalarti un’intera ora? Pazienza:venti minuti di camminata o di corsa sono sufficienti per stimolare tutti i processi metabolici. Il tuocorpo e la tua mente ti ringrazieranno.

Immagino che adesso sarai smanioso di alzarti e di innescare quel circolo virtuoso che porterà iltuo corpo ad abituarsi all’allenamento quotidiano, desiderando sprofondare tra i morbidi cuscini delsofà soltanto dopo aver corso. La parte più difficile (scegliere di cominciare) è ormai alle spalle.Ora puoi rilassarti e prenderti ancora un po’ di tempo per definire al meglio qual è il tuo obiettivo.

1. L’indice di massa corporea (il rapporto tra peso e quadrato dell’altezza del singolo individuo) è l’indicatore principe del peso forma.Convenzionalmente, fino a 29 si è considerati sovrappeso, oltre 30 si situano invece le tre classi di obesità.

Stabilisci il tuo obiettivo

Se stabilisci un obiettivo e riesci a raggiungerlo, hai vinto. Il tuo obiettivo può essere tagliare il traguardo per primo, maanche migliorare la tua performance, o semplicemente finire la gara. Sta a te deciderlo.

DAVE SCOTT

Il mio primissimo allenatore (quello che buttava in vasca me e le mie sorelle alle quattro del mattino)si chiamava Oscar. Barba lunga, aria mistica, magrissimo, era argentino ma aveva vissuto tanti anniall’estero. A General Roca era un’autorità assoluta.

Era veramente preparato. E veramente rigido. Non solo sugli orari, ma sul rispetto delle regole,tutte giustissime, che aveva stabilito. La nostra routine comprendeva preparazione fisica primadell’allenamento, defaticamento e stretching dopo, più una serie di sessioni di corsa durante lasettimana per potenziare la capacità aerobica. Per quanto possibile a quel tempo in Patagonia – dovele nonne invece che caramelle tiravano fuori bistecche dalle borsette – ci ha insegnato a regolarel’alimentazione e a capire che lo sport agonistico, benché fossimo agli inizi, era un lavoro cherichiedeva serietà e costanza.

Se volevamo partecipare al Campionato patagonico di nuoto, la strada era quella, e noi abbiamoscelto di seguire le sue dritte e di rispettare alla lettera le sue regole. Anche perché Oscar lerispettava a sua volta: non è mai arrivato in ritardo, non ha mai mancato un allenamento, non si è maipresentato stanco o svogliato. Sarebbe stata una mancanza di rispetto che avrebbe sminuito l’impegnodi tutti, esattamente come se ad avere un atteggiamento menefreghista fossimo stati noi.

Tutto ciò che lui mi ha insegnato vale per lo sport e vale per la vita. Per questo gli sono cosìgrato: quando certe cose si imparano da bambini, non si dimenticano più. La disciplina,l’organizzazione, la puntualità e l’ordine che mi ha trasmesso sono i fondamentali sui quali hocostruito la mia carriera e che mi hanno permesso di sviluppare il mio talento e di ottenere risultatipositivi. Fra l’altro, comportarsi così non costa nulla, quindi perché non farlo?

Ho voluto raccontarti di Oscar perché stiamo per tracciare i contorni di una strada che, per quantoentusiasmante, potrebbe non essere sempre facile seguire. Capiterà che tu sia stanco o demotivato,che abbia voglia di lasciar perdere, che soffra a causa di un infortunio e non voglia più saperne. Io,però, posso giurarti che riuscirai ad andare avanti se avrai ben chiaro il tuo obiettivo. Abbiamoparlato nel capitolo precedente dei mille benefici della corsa, ora vorrei che riflettessi e chestabilissi perché tu vuoi correre, cosa vuoi che la corsia sia per te.

Il mio primo obiettivo era il Campionato patagonico. Una volta centrato quello, volevopartecipare ai Campionati nazionali. Ho gareggiato, ma non ho vinto, e ho capito subito che vinceredà dipendenza, è come una droga: non basta mai. Bisogna essere intelligenti e capire che lo sportregala momenti straordinari, ma in caso di sconfitta può farti sentire anche parecchio giù. Come ci sirialza? Con un nuovo obiettivo.

Per me è stato il triathlon, che mi porta a spingere ancora oggi, a quasi quarant’anni, per vincere

un Ironman (possibilmente quello delle Hawaii). Nel frattempo, mi sono aggiudicato un po’ di bellemedaglie, ho avuto le mie soddisfazioni, mi sono scoperto capace di superare i miei limiti e diruggire quando io per primo mi sentivo perduto.

Un obiettivo chiaro è la chiave per il successoMa torniamo a te. Qual è il tuo obiettivo? Penso che esistano obiettivi di diverso tipo:

i sogni, come per me era un sogno correre come Mike Allen sul percorso di Ironman a Kona,quando da bambino guardavo in televisione quel documentario americano;gli obiettivi grandi, ma raggiungibili, per esempio riuscire a correre una mezza maratona o unamaratona;gli obiettivi a breve e a medio termine, come perdere una taglia, sentirsi più in forma,cominciare a migliorare il proprio stile di vita attraverso la corsa.

Nel 2009 mi sono classificato secondo ai Campionati mondiali di Ironman 70.3. Prima di partire, semi avessero chiesto di scommettere, non avrei puntato su di me. Però volevo vincere, e l’obiettivo miera chiaro al punto che, grazie a una combinazione di talento, preparazione fisica ottimale emotivazione, sono riuscito a mettere a tacere la parte di me che mi ripeteva: «Non salirai sulpodio…», e a dare il 110%.

Trovarsi degli alibi è una delle cose più semplici. Potrei elencarne decine e decine: ho pocotempo, sono troppo impegnato con il lavoro o la famiglia, sono troppo stanco, pigro o goloso perriuscire a cambiare, questa sera (ma proprio questa…) preferisco vedere gli amici, ho un dolorinoalla schiena o un lieve mal di gola ed è meglio che mi riguardi… Balle. La brutale realtà è che noncredi abbastanza in te stesso, non ti pensi capace di raggiungere il tuo obiettivo.

Nel 2013 sono stato arruolato come allenatore da «The Posh Race», un reality della durata di settemesi: dovevo portare sei ragazze tipicamente metropolitane, stressatissime e dedite più agli aperitivie alle serate in discoteca che a una vita sana e regolata, a correre la mezza maratona di Londra.Nessuna delle sei aveva mai fatto sport, figuriamoci prendere parte a una gara. Poteva sembrareun’impresa impossibile, ma non lo era.

Ho saputo dal primo momento quello che sarebbe successo: chi di loro sarebbe stata disposta acrederci fino in fondo avrebbe tagliato quel traguardo, altre avrebbero mollato, altre ancora sisarebbero fermate di fronte a un cambio dello stile di vita (un risultato già ragguardevole, non tipare?).

Una delle ragazze un giorno mi ha detto: «Oggi non posso allenarmi, sono andata dalla pedicure eho male a un’unghia». Uno dei problemi degli sport di endurance sono gli attriti: l’attrito dellamaglietta su alcuni punti del corpo, ma anche l’attrito delle scarpe sulla punta dei piedi. Le homostrato il mio piede, con un paio di dita livide dopo la gara appena corsa, e le ho risposto che se ioriuscivo a correre conciato così, lei sicuramente ce l’avrebbe fatta fresca di pedicure.

Non vorrei sembrare John Wayne, ma forse l’infanzia trascorsa tra i ghiacci della Patagonia,l’aver dormito per terra per mesi e l’essermi lavato nell’acqua fredda, pur di allenarmi in un climache somigliasse a quello del posto dove avrei gareggiato, tutto ciò mi ha aiutato a capire che, se ci siferma per delle piccolezze del genere, il problema è un altro. La pedicure era solo la puntadell’iceberg, il problema vero, profondo, era che quella ragazza non credeva abbastanza in se stessae nelle sue possibilità.

Se non si crede in sé, non si ha sufficiente motivazione; se la motivazione manca, latita anche la

voglia di provarci. È sempre così: chi ha chiaro il suo obiettivo trova il mezzo per raggiungerlo, chinon lo ha ben chiaro trova una scusa. Per quanto potessi ripeterle che la vedevo già negli ultimitrecento metri della maratona di Londra, circondata da ali di folla esultante, orgogliosa e fiera perchésarebbe riuscita a tirar fuori da sé una persona nuova, più in forma, più sana, più magra, forsepersino più felice, lei non riusciva a crederci.

Io ti chiedo una cosa: fiducia.In cambio ti assicuro che, se seguirai le mie istruzioni e i consigli di Elena, ce la farai,

raggiungerai il tuo obiettivo. Certo, c’è un prezzo da pagare: devi impegnarti a stimolare il tuo corponel migliore dei modi, ma lui reagirà positivamente. Sarà una «piacevole sofferenza», niente dimassacrante: farsi del male nuoce alla salute e noi, invece, siamo sulla strada che porta dritto albenessere!

Per semplificare le cose e metterti a disposizione tabelle di allenamento adeguate al tuo livello eal traguardo che immagini, ho pensato di identificare tre gruppi di corridori, con tre diversi obiettivi:

essere in forma, dimagrire e avvicinarsi al mondo della corsa;essere in forma, dimagrire e correre la 10 km;correre la mezza maratona, provando a migliorare la propria performance.

Immagino che chi sceglie il primo obiettivo sia una persona non allenata, che non ha mai corso ecomincia ora a smuoversi dall’inerzia.

Per questo gruppo propongo un allenamento leggero, che permetterà di cominciare a sentirsimeglio, più dinamici e tonici, apprezzando in un tempo davvero breve tutti i benefici fisici epsicologici della corsa di cui abbiamo parlato.

Per gli altri due gruppi ho proposto obiettivi agonistici: per il secondo una corsa di diecichilometri (come la Deejay Ten Run, che si corre a Milano e a Firenze), per il terzo una mezzamaratona.

Immagino che il secondo gruppo sia composto da quanti sono più o meno allenati e magaripraticano altri sport: persone che seguono corsi in palestra o giocano a calcio o a basket e devonoadattare i tendini ai movimenti della corsa, ma anche jogger o ex corridori. Grazie all’allenamentopregresso, riusciranno a dimagrire e a stare meglio, allenandosi per una gara di tutto rispetto.

Il terzo gruppo è quello composto da corridori: amatori, persone allenate che conoscono irudimenti della materia e hanno obiettivi più alti, di gara. Per loro ho studiato un allenamento di ottosettimane, comprese due settimane finali di scarico, per metterli in grado di correre la mezzamaratona e di correrla bene, migliorando il proprio tempo e il proprio feeling durante la gara.

Riepilogando:

GRUPPO OBIETTIVO

A principianti essere in forma, dimagrire, avvicinarsi alla corsa

B jogger, ex corridori, persone che praticano altrisport essere in forma, dimagrire e correre la 10 km

C amatori correre la mezza maratona migliorando la propriaperformance

Quale gruppo scegli per te?Ricordati che il tuo obiettivo prima di tutto deve essere realistico. Se è così, la soddisfazione nel

raggiungerlo sarà enorme; se invece ti sei posto un obiettivo irrealistico, la strada per arrivarci tiporterà dritto alla frustrazione, che non è per niente piacevole.

Quando scegli il tuo obiettivo, quindi, tieni sempre presente che il successo arriva, ma a tappe:per raggiungerlo, e per mantenerlo, ci vogliono pazienza e consapevolezza dei propri limiti e delleproprie esigenze.

LA FORZA DI VOLONTÀ NON C’ENTRA

L’aumento di peso e la fame nervosa hanno poco a che fare con la forza di volontà: sono la conseguenza di unosquilibrio ormonale scatenato esclusivamente dal mancato bilanciamento di carboidrati, proteine e grassi.

Quando in un pasto eccedi con i carboidrati – per esempio mangiando solo un piatto di pasta o una quantitàeccessiva di pane, crackers o grissini – nel sangue quasi immediatamente aumenterà la glicemia, ovvero laconcentrazione di zucchero. In risposta, il pancreas rilascerà un ormone, l’insulina, detto anche «l’ormonedell’immagazzinamento», che accumula tra le riserve dell’organismo lo zucchero assunto in eccesso. Se le riservenei muscoli e nel fegato (glicogeno) sono sature, gli zuccheri in eccesso verranno accumulati nella massa grassa.Risultato: non sarai sazio e avrai nutrito semplicemente la massa grassa.

Quando invece consumi un piatto a base di un alimento a fonte proteica, per esempio il pesce o il petto di pollo, ilpancreas immette nel sangue il glucagone, «l’ormone dello smagazzinamento», che permette di liberare parte delleriserve di massa grassa per produrre energia. Le proteine sono sicuramente fondamentali anche per la massamagra, ma questo non significa che tu debba nutrirti solo di proteine. Se facessi così, il tuo organismo, e inparticolare il cervello, rimarrebbe senza energia e sarebbe sottoposto a stress e fame nervosa.

Anche costringerti a un regime di restrizione calorica, cioè mangiare meno di quanto realmente serve,rappresenta uno stress per l’organismo, poiché le calorie sono necessarie per trasformare il cibo in energia.

In conclusione: per dimagrire la forza di volontà serve solo per compiere la scelta iniziale (vuoi o non vuoidimagrire?), per il resto è questione di metodo. Dovrai imparare a bilanciare in ogni pasto e spuntino carboidrati,proteine e grassi (ebbene sì, anche loro sono importanti). Il segreto sta nel mangiare poco ma spesso, in manieraequilibrata, e nel praticare con costanza un’attività fisica, possibilmente programmandola.

Visualizza il tuo obiettivoLe tecniche di visualizzazione sono numerose e ci aiutano a mettere a fuoco i nostri obiettivi, nellosport o nella vita. Omar Beltran, il mental coach che mi segue da qualche anno, me ne ha insegnatealcune molto efficaci:

compila una lista delle cose che non vorresti dalla vita; dopo, su un altro foglio, una lista diquelle che vorresti. Io, per esempio, non voglio morire da solo, non voglio ammalarmi, nonvoglio finire male la mia carriera sportiva. Voglio invece passare moltissimo tempo con la miafamiglia, fare beneficenza, essere ricordato per aver lasciato un segno positivo, per aver aiutatole persone a realizzare il loro potenziale, ispirandole e allenandole. Scrivere i tuoi desiderisotto forma di elenchi ti aiuta a concentrarti e a sistematizzare le ambizioni, rendendole menogeneriche, più concrete e, dunque, più raggiungibili;visualizza il tuo funerale: cosa dicono le persone presenti? Cosa vorresti che dicessero? Io, peresempio, vorrei che quelle persone mi ricordassero come un grandissimo atleta, uncomunicatore, una persona positiva e disponibile ad aiutare gli altri e a condividere il propriotempo e i propri valori. Riconosco che questa tecnica possa impressionare, ma è anche moltoefficace: prendere atto dell’esistenza di una fine, del fatto che non vivrai all’infinito, e chequindi il tempo a disposizione per realizzare ciò che per te davvero conta è limitato, ti aiuta avalutare se ti stai comportando in modo coerente con i tuoi obiettivi oppure no.

Esistono anche tecniche di visualizzazione specifiche per le gare, basate sul fatto che l’inconscio nondistingue un’esperienza veramente accaduta da una visualizzata in maniera vivida.

Anch’io le applico prima di una competizione: mi rilasso con la respirazione addominale,inspirando ed espirando con il naso, concentrandomi sull’aria che entra ed esce. Quando ho raggiuntouno stadio semimeditativo, nel quale sono molto calmo e permeabile alla visualizzazione, immaginome stesso il giorno della gara: cosa mangerò a colazione, quali sensazioni proverò indossando ilpettorale, quali esercizi di riscaldamento farò… Vedo poi l’inizio della gara, mi immagino situazionidi difficoltà e diversi modi di superarle; comincio a sentire il dolore, l’asfalto sotto i piedi, lebraccia che si muovono, il sudore, il fiato… Poi visualizzo altri atleti in difficoltà, avverto i pensieriche mi verranno, so che sarò lucido e riconoscerò la crisi nel momento in cui giungerà: esserneconsapevoli, rimanere concentrati e sicuri che le crisi – come sono venute – passano, senzaarrendersi alla fatica, è la cosa più difficile nelle gare di endurance.

Mi vedo poi negli ultimi trecento metri, mentre taglio il traguardo circondato dagli incitamenti delpubblico, e in sottofondo lo speaker grida: «Daniel, you are an Ironman!». Mi esalto, sento l’energiatornare al corpo, so di esserci riuscito. So di poterci riuscire nella realtà. Quando mi appresto agareggiare davvero, ho già partecipato a quella competizione almeno cento volte. Male che vada,sono stato cento volte contento, per cento volte ho provato quelle sensazioni positive.

Questa è una tecnica cui ricorrevo anche all’università, prima degli esami importanti, e cheutilizzo oggi prima di affrontare un impegno nuovo (per esempio parlare a un convegno o tenere unaconferenza sulle strategie motivazionali).

Funziona, provare per credere.

Scarpe & Co.

Il piede umano è un capolavoro di ingegneria e un’opera d’arte.

LEONARDO DA VINCI

Le mie prime scarpe erano made in Argentina. Erano pessime: rigide, piatte, per niente reattive. Leho usate fino al 1992, quando mio padre mi regalò, dopo una ricerca durata varie settimane, le mieprime Nike Pegasus, rendendomi felicissimo. Rispetto alle scarpe che Nike produce oggi eranoabbastanza arretrate, ma a quel tempo in Sudamerica tutti le conoscevano: non avrei potutodesiderare altro.

Allora di scarpe da corsa non sapevo quasi niente, e se c’è un lato bello nell’ignoranza è proprioquesto: non ci si accorge della differenza. Avevo sedici anni, potevo fare qualsiasi cosa.

Oggi, che la tecnologia si è evoluta e che io ho accumulato esperienza, penso che si debbaacquistare una scarpa da running, appositamente studiata per la corsa. Esistono scarpe di tutti i tipi, aseconda dell’uso che se ne vuole fare: alcune pensate per correre, altre per camminare, altre per ilbasket, altre ancora per la pallavolo o la danza hip hop. Scegliere quelle giuste è fondamentale perprevenire gli infortuni e migliorare le proprie prestazioni.

A ogni piede la sua scarpaIl posto migliore dove acquistare le scarpe da running è un negozio specializzato in sport diendurance come la corsa e il ciclismo: li riconosci dal fatto che le attrezzature per calciatori o altrisportivi sono relegate in un angolino, o non ci sono affatto.

La passione per la corsa sta dilagando, e negozi come questi sono sempre più numerosi, fungendoanche da catalizzatori della comunità locale di corridori, dato che le società dilettantistiche non sonopoi così organizzate. Sarà quello il posto dove potrai trovare informazioni sui percorsi più battuti ole gare non competitive che si tengono in zona. Lì i commessi potranno aiutarti a capire qualemodello è più indicato per te (se è la prima volta che acquisti un paio di scarpe da running) o comemigliorare le tue prestazioni acquistandone uno che valorizzi i tuoi punti di forza (se sei un amatore).

Una dovuta precisazione, prima di continuare: oltre ad andare in bicicletta, nuotare, fare stretchinge potenziamento, nei periodi di carico io corro almeno cento chilometri a settimana. Le dritte che tisto dando valgono per tutti, ma è chiaro che un principiante, intenzionato a correre al massimo due otre ore alla settimana, per cominciare può tranquillamente scegliere il paio di scarpe che costa meno,salvo poi sostituirle quando saranno usurate e lui sarà più allenato. Chi, invece, volesse sceglieresubito qualcosa di più tecnico, troverà tutto ciò che gli serve in un negozio specializzato.

Considera che le scarpe sono molto personali: quelle che il tuo compagno di allenamento trovaperfette non necessariamente andranno bene per te. Per riuscire a orientarti nel marasma di propostee di novità, sarà quindi fondamentale che ti affidi a un esperto, in questo caso il commesso.

Oggi sul mercato si trovano scarpe per qualsiasi esigenza: si va dalle minimal (dotate di minimaammortizzazione e un ridotto spessore della suola, garantiscono una sorta di effetto «piede nudo»,salvo poi doversi fermare per il dolore al primo sasso) alle control (studiate per proteggere econtenere il piede, con il risultato di «incollare» il tallone al retropiede durante la corsa), dallestability (che mirano a supportare il piede garantendo maggiore stabilità nei movimenti) alle cushion(leggere e pensate per la corsa su strada). Insomma, ce n’è per tutti i gusti: più o meno ammortizzate,più o meno leggere, adatte ai sentieri o alla pista.

Rispetto alle scarpe da running, le cose che secondo me bisogna sapere sono:

le scarpe che garantiscono un maggiore controllo sono le più utili in caso di percorsi su terrenidissestati, come i sentieri di montagna o gli sterrati. Se hai intenzione di correre nel parco dietrocasa, probabilmente non sono fondamentali;i piedi funzionano come molle, rimbalzano sul terreno e restituiscono tutta l’energia che derivadalla forza di gravità. Scarpe diverse restituiscono questa energia in maniera diversa: quelledure e reattive sono più performanti, consentono di andare più veloci, ma mettono a dura provaginocchia, polpacci e tendini; quelle ammortizzate e con maggiore stabilità assorbono partedell’energia che dovrebbero rimandare, facendoti così rallentare, ma gambe e schienaringrazieranno. Sono ottime per le superfici dure. Personalmente faccio così: se devo correre adalta velocità metto scarpe reattive, altrimenti mi alleno con quelle che garantiscono un maggiorecontrollo;a chi comincia suggerisco sicuramente una scarpa protettiva, in modo da evitare che i piùcomuni errori tecnici si ripercuotano negativamente sulle articolazioni e sulla schiena.

Le informazioni da passare al commesso, perché sia in grado di scegliere le scarpe più adatte per te,sono:

se sei un principiante o un amatore;se intendi partecipare a qualche gara oppure se corri per diletto o per sentirti meglio;su quali terreni prevedi di correre (al parco, in strada, in alta montagna, sulla sabbia, supista…);quanto pesi, dato che alcune scarpe sono più indicate per le persone in sovrappeso.

A questo punto lui saprà consigliarti nel migliore dei modi, dopo però averti fatto un’analisicompleta dei piedi. I top runner o gli atleti professionisti, se vogliono fare bene il loro mestiere, sonoobbligati a conoscere per filo e per segno il loro corpo, compresi i piedi. È probabile che tu nonconosca i tuoi piedi bene quanto io conosco i miei, quindi la cosa migliore è chiedere aiuto. Ilcommesso ti chiederà di camminare o di correre su un tapis roulant, per capire come appoggi i piedi,quindi ti mostrerà le scarpe con il supporto più adatto. Le scarpe, infatti, sono costruite percorreggere difetti d’appoggio, come l’eccesso di pronazione e supinazione, distribuendo l’impattocon il suolo nel modo più efficace. Cosa significa esattamente?

Ciascuno di noi appoggia i piedi in maniera diversa; per acquistare le scarpe giuste, bisognaprima che ciascuno capisca quale tipo di runner è: neutro, iperpronatore o supinatore.

Dimmi come appoggi…Il runner neutro atterra sul tallone o sul mesopiede (la parte centrale), ruota quindi in modo fluido edefficace sull’arco plantare e si slancia in avanti con l’avampiede. L’arco plantare si appiattiscelievemente, per assorbire il peso del corpo, quindi torna nella sua posizione di partenza. A questotipo di corridore serviranno scarpe con appoggio neutro, come a chi utilizza dei plantari ortopedici.

L’iperpronatore atterra sul lato esterno del tallone, quindi passa a utilizzare la parte interna delpiede, traumatizzando ginocchia, caviglie e anche. Le scarpe più indicate per lui sono quelle con unsupporto antipronazione, che sostengano e correggano la sua postura.

Il supinatore, invece, carica soprattutto il lato esterno del piede. In determinati casi, può ruotare efinire per iperpronare (una tendenza, quest’ultima, che richiede scarpe specifiche, in grado dicorreggere sia la pronazione sia la supinazione); di solito, però, lascia orme solo dove il profiloesterno del piede entra in contatto con il terreno. In questo caso avrà bisogno di scarpe con unsupporto antisupinazione.

Quindi, riassumendo, ecco le cose importanti da ricordare riguardo alle scarpe e qualcheconsiglio in pillole:

recati al negozio con calma e spiega bene al commesso quali sono i tuoi piani;la cosa migliore sarebbe andare nel negozio dopo un allenamento, quando i piedi saranno piùdilatati e la misura più corrispondente a quella che realmente ti serve durante la corsa;prova le scarpe indossando le calze che solitamente usi per correre;prova bene ogni paio, meglio se facendo una piccola corsa sul tapis roulant o sul marciapiede(non è raro che i venditori ti lascino correre per qualche minuto fuori dal negozio);prova entrambe le scarpe, perché tutti abbiamo un piede più grande dell’altro (io addirittura dimezzo numero). Questa è una cosa importante: serve sia a limitare il problema dell’attrito sullapunta del piede (e dopo quaranta chilometri di corsa posso assicurarti che di vero e proprioproblema si tratta) sia a prevenire le vesciche che potresti ritrovarti d’estate, quando ti sigonfiano i piedi, su quello più costretto;tieni presente che la misura giusta si calcola lasciando che tra il dito più lungo e la punta dellescarpe resti mezzo centimetro. Scarpe troppo grandi possono causare problemi al pari di scarpetroppo strette: tra gli altri, vesciche, ferite alle unghie e surriscaldamento dei piedi, oltre apeggiorare la tua stabilità;mai – dico mai! – preferire un paio di scarpe a un altro per le loro caratteristiche estetiche.L’eleganza nella corsa è questione di postura, non di abbinamento tra scarpe e calzoncini.

Quando avrai portato a casa il tuo nuovo paio di scarpe da running… usale! Esci a passeggiare o pervedere gli amici, vai a farci la spesa, tienile ai piedi mentre sei in casa… Insomma: non utilizzarlesubito per correre, ma ammorbidiscile. Dopo tre o quattro giorni, avranno la forma dei tuoi piedi.Ovviamente, mai gareggiare con scarpe nuove! E occhio ai lacci: troppo stretti soffocano il piede!

Cerca di non arrivare a consumarle completamente: se le scarpe sono sfondate, rischi diprocurarti qualche infortunio. Parlo da sfasciatore seriale di scarpe: soprattutto agli inizi, usavo lostesso paio per qualsiasi tipo di gara e allenamento finché non si smontava del tutto. Morale: quando

infilavo il paio nuovo soffrivo perché ormai mi ero adattato al precedente. Questo non dovrebbesuccedere: quando ti accorgi che le scarpe sono troppo usurate, che non hanno più elasticità e sonomolli come ciabatte, è decisamente il momento di tornare in negozio. L’ideale, per gli amatori,sarebbe di averne due paia, per evitare di trovarsi all’improvviso con la suola completamenteconsumata.

Una cosa che sicuramente aiuta a mantenere le scarpe «giovani» è una buona manutenzione: iopreferisco non lavarle in lavatrice perché sono fragili e ho l’impressione che la centrifuga le strizziun po’ troppo, quindi le lavo nella doccia. D’estate, poi, meglio evitare di asciugarle al sole diretto(soprattutto se vivi in un luogo caldo): diventano secche e dure.

Vestirsi per correreIn realtà se tu frugassi nei cassetti, compresi quelli che hai dimenticato o che fingi di dimenticare,sono certo che troveresti senza problemi un paio di pantaloncini e una maglietta (e forse persino unpaio di scarpe da corsa…). Molto probabilmente, però, sarà tutto di cotone, e quindi potrebbe essereuna buona idea fare un piccolo investimento in una delle grandi catene di abbigliamento sportivo chesi trovano ovunque, tornando a casa con tutto il necessario in tessuto tecnico. La sterminata ricercatecnologica che è stata applicata alle scarpe, infatti, ha riguardato anche il resto dell’attrezzaturanecessaria per correre.

Cominciamo dalle calze. Ne esistono di ultima generazione, con aree studiate per garantire unamaggiore ammortizzazione o un maggiore sostegno alla caviglia o all’arco plantare. Se non sei unprofessionista, è però improbabile che ciò possa davvero fare la differenza nel tuo allenamento. Iomi limito a suggerirti di acquistare un paio di calze sottili e traspiranti (in questo caso va bene ancheil cotone), per non surriscaldare i piedi. Un altro dettaglio importante è la misura: i calzini devonoessere della misura giusta, ossia la tua. Cercala senza farti abbindolare dalla credenza che incommercio ne esistano paia «standard».

L’abbigliamento dovrà essere leggero, possibilmente a strati. Anche se partecipi a unacompetizione, è sempre meglio partire vestito, avendo però la possibilità di toglierti le cose se haicaldo. Con «vestito» non intendo infagottato, ma coperto e libero di muoverti.

I tessuti più indicati sono quelli tecnici, in microfibra, traspiranti e sottili. D’estate e nelle mezzestagioni non avrai problemi di umidità; d’inverno, mettendo più magliette una sopra l’altra, ti sentiraicaldo e asciutto. Il cotone è troppo pesante e trattiene il sudore, e il sudore quando si raffredda pesa(oltre a nuocere a un corpo accaldato). Se corri per pochi chilometri al parco può non fare differenza,ma per una mezza maratona o una maratona la fa eccome! Inoltre, il cotone tende ad appiccicarsi allapelle e può dare problemi dovuti allo sfregamento.

Scegli quindi un abbigliamento dalle linee semplici e con il minor numero di cuciture possibile:nel caso di una gara di endurance, le cuciture potrebbero provocarti fastidiose irritazioni nei puntipiù impensati. Per prevenire il problema, usa creme lubrificanti tipo la vaselina nelle zone piùdelicate, come l’inguine, le ascelle e i capezzoli.

Fai attenzione anche alla biancheria intima, per la quale vale la stessa regola delle cucituremenzionata prima. Le donne dovranno scegliere con cura il reggiseno, essenziale per il benesseredella schiena e del seno stesso: dovrà essere sportivo, sostenere senza schiacciare e avere unavestibilità perfetta. In commercio se ne trovano decine, così come esistono anche magliette ocanottiere specifiche con un sostegno incorporato.

Se corri di notte, occhio a non scomparire: le automobili sono dotate di fari, ma spesso tu non titroverai sulla loro traiettoria, quindi per essere più al sicuro potresti indossare un capo diabbigliamento pensato per il night run, con colori vistosi e fasce rifrangenti.

A livello di abbigliamento, le altre cose che potrebbero servirti sono un cappellino (utile siad’estate, per proteggere dal sole, sia d’inverno, per il freddo, e naturalmente quando piove); un paiodi guanti, per evitare di pensare ogni secondo alle mani gelate nei mesi più freddi dell’anno; ungiubbotto tecnico (ne esistono di impermeabili che lasciano traspirare il sudore ed evitano che tu tidisidrati facendo la sauna dentro un k-way).

A questo proposito – sia detto ora e per sempre – correre indossando un tessuto impermeabile enon traspirante aiuta solo a disidratarsi, non certo a dimagrire!

CORRERE CON GIACCHE ANTIVENTO NON FA DIMAGRIRE

Tra le leggende dure a morire, quella di correre o camminare indossando giacche antivento per dimagrire è davveroresistente. Peccato che sia, appunto, solo una leggenda, e che metta a rischio la salute del runner, oltre a diminuirele sue prestazioni aumentando la percezione della fatica.

Questa usanza non fa altro che compromettere la termoregolazione dell’organismo, il quale non riesce a eliminarecorrettamente il calore accumulato, prodotto dai muscoli coinvolti nell’esercizio fisico.

Uno dei meccanismi di eliminazione del calore è la sudorazione, che abbassa la temperatura corporea attraversol’evaporazione dell’acqua sulla cute. Maggiore è la quantità di acqua eliminata, maggiore sarà la quantità che dovraireintegrare. Un modo per conoscere quanti liquidi hai perso e quanti ne dovrai reintegrare è quello di pesarti prima edopo l’attività sportiva: la differenza, generalmente negativa, rappresenta l’acqua da ripristinare, non certo undimagrimento!

In aggiunta, dovrai reintegrare anche i sali minerali (in particolare sodio, cloro, potassio, calcio e magnesio).Privartene e proseguire nello sforzo potrebbe condurre a conseguenze negative: il tuo corpo, infatti, diminuirà manmano la produzione di sudore e concentrerà il sangue a livello degli organi vitali, riducendo le possibilità didispersione del calore. La tua temperatura corporea, in altre parole, potrebbe salire da 37-38 °C a oltre 41 °C: inquesto caso, si parla non a caso di «colpo di calore». Al contempo, puoi andare incontro anche a una diminuzionedella pressione sanguigna.

È facile capire che tipo di prova sia, per il nostro corpo, uno sport di endurance e quanto sia fondamentalereintegrare correttamente i liquidi persi, se ci si vuole allenare in salute.

Ti potrebbero servire anche…Acqua. Magari una bottiglietta vuota, da riempire alle fontanelle che trovi lungo il percorso.

Occhiali da sole. L’estetica, l’abbiamo detto, non è tutto: gli occhiali da sole devono essere leggeri enon stringere troppo il setto nasale o dietro le orecchie.

Crema solare. Stai lavorando per il tuo benessere, meglio evitare che il sole ti faccia male! Questovale in modo particolare per l’emisfero Sud, dove a causa del buco nell’ozono il rischio di cancroalla pelle è più alto rispetto all’emisfero Nord. Un tempo correvo a petto nudo per abbronzarmi, oggipurtroppo non è più possibile: quando mi alleno, anche d’inverno, uso una crema a protezione totale.

Orologio e GPS. Esistono in commercio orologi sofisticatissimi, in grado di fornirti una serie diinformazioni in tempo reale, per esempio la distanza percorsa, la tua posizione, il tuo battito cardiacoe così via. In alcuni casi, puoi addirittura gareggiare virtualmente con un avversario. Sono poiscaricabili anche applicazioni specifiche, che svolgono più o meno le stesse funzioni e, in più,offrono la possibilità di condividere i dati raccolti sui social network.

Tutto ciò che ci spinge a correre va bene, anche se si tratta del desiderio di far vedere ai nostriamici quanto siamo stati bravi. D’altra parte, trovo che tutto questo sia un po’ stressante. Io per primoraccolgo dati su dati in pista e fuori, quando sto preparando una gara, ma mai quando corro perpiacere: dopo tanti anni, la mia idea è che è bello correre per correre.

Allenarmi è il mio lavoro, quindi conosco perfettamente l’importanza di questi strumenti, ma cisono tanti momenti, durante l’anno, in cui non cambia nulla se vado a una determinata velocità oppurea un’altra. Michael Raelert, due volte campione del mondo di Ironman 70.3, ha raccontato chequando faceva i lunghi guardava l’orologio della cucina prima di partire, e al ritorno, sulla base diquello che gli dicevano le lancette, calcolava i chilometri che aveva percorso. Insomma, se si pensasolo ai dati si rischia di perdere il gusto della corsa: attenzione che questo non capiti anche a te.

Cardiofrequenzimetro. Tra gli apparecchi elettronici, devo però dedicare un paragrafo a parte alcardiofrequenzimetro. È composto da una fascia senza fili da legare attorno al torace, all’altezza delcuore, e da un orologio da polso, sul quale vengono visualizzati i battiti cardiaci in tempo reale.Visto che il cuore – insieme alla frequenza del respiro – rappresenta l’indicatore base del livello disforzo cui ci stiamo sottoponendo, questo strumento è sicuramente consigliabile a chi abbia problemidi pressione o sia sovrappeso. Gli altri possono sfruttarlo per regolare il proprio allenamento in baseal risultato che vogliono ottenere: analizzando l’andamento del numero dei battiti cardiaci, infatti, èpossibile valutare gli effetti dell’allenamento, dal dimagrimento all’aumento della resistenza. In tutti icasi, devi ricordare che il battito cardiaco è influenzato da alcuni fattori, sia esterni (come latemperatura, la pressione atmosferica o l’ora) sia interni (per esempio l’aver mangiato o meno primadi allenarsi), e di conseguenza i dati riportati dal cardiofrequenzimetro devono essere interpretatialla luce di queste variazioni fisiologiche.

IPod e altri apparecchi per ascoltare musica. Un giorno in palestra ho incontrato un mio amico ecollega, Danilo, con le cuffie alle orecchie, gli occhi chiusi e le vene gonfie sul collo, tutto rosso in

faccia. Stava pompando come un matto. Gli ho chiesto: «Ma che fai?». E lui per tutta risposta mi hapassato le cuffie; nelle orecchie gli stava rimbombando Eye of the Tiger e allora ho capito: in quelmomento lui era Rocky Balboa. Dalla palestra ci siamo spostati in piscina e Danilo è dovuto usciredopo tre vasche: era troppo stanco, gli facevano male le braccia, non riusciva a continuare.

Tante volte la vita ci riporta alla dura realtà, e cioè che noi non siamo Rocky. Di cento Rocky, unosolo ha battuto Ivan Drago, gli altri si sono infortunati o sono morti di polmonite per essere andati aspasso per Mosca indossando solo una giacca di pelle. Insomma, credo che la musica mentre si corresia positiva, se piace, ma tieni presente che ti motiva per i primi venti minuti, poi basta. Rischi didare tutto in quei venti minuti, quindi di doverti fermare, come Danilo.

Un altro rischio che sarebbe meglio evitare è quello di farsi trascinare troppo, cosa che mi ècapitata più volte. Io di solito corro senza musica, ma ogni tanto, quando devo allenarmi molto piano,mi capita di uscire la sera per una corsetta di una quarantina di minuti, dopo aver dedicato magari lagiornata a una session di 180 chilometri in bici. Una volta mi sono messo le cuffie e ho cominciato acantare. Ero in un altro mondo, al punto che solo per poco un paio di automobili non mi hannoinvestito.

Programma l’allenamento

Fare sport serve anche a questo: a riempirsi le giornate, e molto spesso la vita.

LINUS

La mia giornata tipo è molto variabile: mi alzo presto, faccio una prima colazione molto leggera, poimi butto in vasca e nuoto per circa cinque chilometri. Segue una seconda colazione, quindi sonopronto per la bicicletta. A seconda di quanto pedalo, dopo posso decidere o meno di pranzare o faremerenda e uscire a correre. Faccio stretching tutti i giorni, e varie volte a settimana sedute dipotenziamento in palestra. Nel complesso, mi alleno circa trentacinque ore a settimana. Poi devodormire, recuperare e lavorare, cioè allenare gli altri. Se non fossi un minimo organizzato, non ce lafarei.

Lo dice uno che della confusione ha fatto uno stile di vita, e che è stato salvato – almenoprofessionalmente – dal suo primo allenatore di triathlon, Daniel Tommaselli, che aveva unaconcezione militare del tempo e del lavoro. Daniel ripeteva costantemente: «L’organizzazione batte iltempo». Io, che ancora adesso vado in crisi se gli appuntamenti mi si accavallano o mi ritrovo controppe cose da fare contemporaneamente, posso dirti con certezza che questo insegnamento vale lapena scriverlo a lettere cubitali e appenderlo in diversi punti della casa. Se sei organizzato, ce la fai.Anche se hai una montagna di impegni.

Prima di iniziare ad allenarti, quindi, ti assicuro che è meglio programmare le sedute diallenamento e mettere in conto alcuni passi fondamentali per raggiungere il tuo obiettivo.

La visita medicaEcco un appuntamento sul quale il 99% delle persone preferisce sorvolare e che, al contrario, è laprima cosa da fare quando si decide di mettersi a correre.

Tutti i medici di base possono darti il via libera per svolgere un’attività sportiva, aiutandoti a fareil punto sulla tua situazione biofisica prima di iniziare. Se vuoi intraprendere un’attività agonistica,invece, dovrai rivolgerti a un medico dello sport o a un centro specializzato in medicina sportiva. Inentrambi i casi, la visita è fondamentale perché sicuramente non sei più lo stesso di vent’anni fa,quando giocavi quotidianamente a pallavolo e ti muovevi solo in bicicletta, ed è probabile che negliultimi tempi anche il tuo metabolismo abbia un po’ rallentato. Meglio quindi scoprire subito qual è latua condizione fisica, per programmare l’allenamento di conseguenza.

Se sei in sovrappeso e stai decidendo di cominciare a correre per dimagrire, a maggior ragione: ilmedico di base o quello sportivo ti consiglieranno senza dubbio di lavorare con gradualità,aumentando lentamente lo sforzo cui ti sottoponi, con una progressione lenta ma lineare. Ricorda chenessun libro (compreso questo) ti osserverà mai in allenamento: se non sei seguito da un allenatore,ascolta il tuo corpo con grande attenzione e valuta come reagisce. Dovrai essere tu a decidere sespingere di più o di meno, in base a come stai reagendo. Io posso consigliarti di avere continuità e dicrederci: il risultato è garantito, ma per ottenerlo è necessario impegnarsi, e impegnarsi seriamente.La costanza è importantissima: anche se all’inizio può sembrare difficile, una volta che il tuo corpoavrà ingranato sentirai la mancanza dell’allenamento quando ti capiterà di saltarlo, sperimenterai ildesiderio di muoverti, e tutto diventerà più semplice.

In generale, se desideri dimagrire potrebbe essere utile farti seguire da un nutrizionista, nellaconsapevolezza che essere a dieta non significa smettere di mangiare, ma trovare la strategia giustaper essere sazi e dare al corpo combustibile per funzionare in modo efficiente, avendo a disposizionetutte le energie di cui necessitiamo.

Mantieni la costanzaFuori l’agenda: fissa le sessioni di allenamento come se fossero appuntamenti di lavoro. In fondo, sitratta di appuntamenti con te stesso! In caso contrario la giornata passerà prima che tu abbia avutoanche solo il tempo di pensare: «Potrei uscire a farmi una corsetta…». Per agire con criterio, devisapere che l’allenamento è una condizione permanente, e che non si limita alle due o tre volte lasettimana in cui scegli di uscire a correre.

Innanzitutto, un buon allenamento di corsa richiede a supporto esercizi di riscaldamento,potenziamento e stretching (si veda a questo proposito il capitolo «Non solo corsa»). Soprattutto,però, con «allenamento» si intende una combinazione tra lo stimolo che diamo all’organismo e laconseguente fase di recupero.

Accade questo: l’allenamento, sottoponendoci a uno sforzo maggiore a quello cui siamo abituati,rompe l’omeostasi, cioè lo stato di equilibrio dinamico che regola tutte le attività del nostro corpo.Come avviene per qualsiasi altra perturbazione, anch’esso è compensato da una serie di reazioniuguali e contrarie, tese a riportare il sistema in equilibrio. L’insieme di queste reazioni fisiologiche emetaboliche si definisce «supercompensazione», e ha lo scopo di migliorare il livello originale delleprestazioni. La supercompensazione, per consolidare i risultati ottenuti, necessita di un periodo direcupero, durante il quale l’organismo deve riposare. Se ci si nega il recupero, si rischia ilsovrallenamento, una condizione che anziché migliorare le nostre performance, le peggiora.

In parole povere: quando ci alleniamo e richiediamo al nostro corpo uno sforzo superiore allamedia, lui reagisce come avrebbero fatto i nostri antenati. Pensa: «Qui c’è una guerra», e persopravvivere si adatta. L’adattamento avviene durante i giorni di recupero, che quindi non sonoopzionali, ma necessari. Perché tutto il processo si svolga al meglio, l’ideale sarebbe avere uno stiledi vita sano e abbastanza regolare, evitando per esempio di lavorare venti ore al giorno, mangiandoregolarmente, seduti a tavola, dormendo otto ore per notte e così via.

Quindi, controlla le tabelle che trovi nel capitolo «Tabelle per tutti» e, sulla base del tuoobiettivo, prendi appuntamento con te stesso.

Quando si comincia a correre, in genere si seguono alla lettera tutte le tabelle, poi cominciano gliscivoloni e a quel punto si cerca di recuperare, magari facendo quello che si è perso la volta dopo,aggiungendovi quanto previsto dalla tabella. Non funziona così: i risultati che hai ottenuto non sivanificano se perdi qualche appuntamento. Il corpo ha una memoria. Quindi, se hai saltato treallenamenti perché hai avuto la febbre, per lavoro o per qualsiasi altro motivo, basterà tornare un po’indietro (diciamo a quattro allenamenti precedenti) e ripartire da lì, impegnandosi a essere continui.

Se cominci però a notare che stai scivolando un po’ troppo spesso, forse vale la pena tornareindietro e riflettere sull’importanza che l’obiettivo che ti sei prefissato ha per te. Ipotizziamo chequesto obiettivo sia la 10 km: per evitare che ti sembri distante o irraggiungibile, scegli qualcheobiettivo minore, che ti aiuti a non abbandonare il percorso a metà strada e ad andare avanti (magaricon una bella soddisfazione in tasca). Parlo per esempio di perdere un chilo, di partecipare a unagara meno impegnativa (anche la corsa della parrocchia andrà benissimo!), di riuscire a migliorare iltuo tempo di pochi secondi.

Prendi un bel foglio bianco, scrivici il tuo obiettivo e mettilo in un punto dove sai che lo vedraispesso: scrivere potenzia l’impegno, e darci un’occhiata ogni tanto ti aiuterà a rinfrescare idee e

motivazione. Sapere dove stai andando è un potente antidoto contro le difficoltà.Che tu raggiunga un obiettivo piccolo, medio o grande, datti un premio: può essere un gelato, una

cena al ristorante argentino, un regalino… Gratificarsi, per quanto in modo minimo, è un modo perdirsi: «Sono stato bravo», per rendere giustizia all’impegno che abbiamo messo in campo. E permotivarsi a continuare.

Se fai sempre lo stesso percorso, allo stesso ritmo, ti annoierai, e come se non bastasse il tuocorpo si abituerà, reagendo allo stimolo dell’allenamento meno di quello che potrebbe. Lo stessoaccade con il cervello: ti è mai successo di non riuscire a ricordare la strada che hai fatto perarrivare dall’ufficio a casa? È normale: se una cosa è troppo abitudinaria, il cervello finisce perfarla in automatico. Per evitare tutto ciò, dovrai cercare stimoli nuovi: anche se è faticoso, bisognavariare.

Questo libro contiene una serie di tabelle di allenamento efficaci per raggiungere determinatiobiettivi, ma non dovrai allenarti per sempre con quelle. Internet è una grande fonte di tabelle:accendi il computer e fai una ricerca mirata. Ricordati di essere aperto al nuovo e disponibile anuove esperienze: io cerco di esserlo sempre.

Dove vado a correre?Dal punto di vista dell’inquinamento, ma anche della bellezza del paesaggio, è sicuramente megliocorrere in Val di Fiemme, in mezzo ai boschi, che sulle strade di Milano. D’altra parte, è megliocorrere a Milano che stare sul divano.

Ci si può allenare ovunque. Quando cercavo di qualificarmi per le Olimpiadi di Sidney, nel 1999,mi sono trasferito nell’emisfero Nord: era estate e non potevo certo prepararmi per le gare inPatagonia, invasa dal ghiaccio. Così sono partito con la solita bici in spalla e ho raggiunto Miami,dove un amico mi avrebbe ospitato qualche settimana. Ho viaggiato su un cargo carico di cavalli dacorsa: io stavo in cabina con i due piloti, dopo aver lasciato il mio «cavallo di ferro» insieme aglialtri nella stiva. L’amico aveva trascurato di dirmi che viveva in un microappartamento con lafidanzata incinta (la quale, giustamente, mi odiava) e che avrei dovuto dormire per terra, sui cuscinidel divano. La situazione non era certo ideale, ma me la sono fatta piacere: mangiavo quello chec’era – soprattutto hamburger, visto che costavano poco – e mi allenavo. Nuotavo nella piscinarotonda del condominio, non esattamente una vasca tecnica. Intanto, però, mi sono piazzato settimo aiGiochi panamericani che si sono tenuti di lì a poco a Winnipeg, in Canada.

Un altro esempio, anche questo tragicomico. L’anno successivo sono finito a Ishigaki, per provarea centrare la qualificazione olimpica. Mancavano tre gare e sembrava che ce l’avessi fatta, così laFederazione argentina mi ha spedito in Giappone. Da Bahía Blanca sono andato a Buenos Aires, daBuenos Aires a San Paolo, da San Paolo a New York, da New York a Tokyo, da Tokyo a Okinawa, daOkinawa a Ishigaki. Sono partito giovedì, sono arrivato sabato. Cotto come pochi, non sapendo doveallenarmi, ho trovato rifugio in un parcheggio, un rettangolo di cemento di 60 x 50 metri. Per lacronaca, ero talmente stanco a causa del viaggio che non sono riuscito a terminare la gara e ho dovutofermarmi proprio durante la corsa, il mio punto forte.

Ovviamente non si può nuotare per sempre in una piscina rotonda se si hanno ambizioniagonistiche, né correre in un parcheggio, sarebbe alienante, ma nel momento del bisogno vanno beneanche queste soluzioni.

Ovunque esistono posti adatti per correre, magari richiedono un piccolo trasferimento in metro oin autobus, ma ci sono, basta informarsi. Nei negozi specializzati in calzature e abbigliamento per lacorsa sapranno sicuramente indicarti i percorsi più battuti, dove potrai incontrare anche altricorridori e fare amicizia: la corsa è lo sport che più è cresciuto negli ultimi dieci anni e appenacomincerai ad allenarti vedrai gente che corre dappertutto!

Uno dei posti più indicati dove correre in città sono i parchi. Il paesaggio è più vario, quando c’èil sole i colori della natura sono decisamente più accattivanti del grigio dei palazzi e, last but notleast, l’aria è molto più respirabile che lungo la strada.

Cerca i parchi più vicini a casa tua e valuta se possono essere il posto giusto per te. Io vivonell’hinterland milanese e abbastanza vicino a casa mia c’è un canalone accanto a un sentierosterrato: io corro sempre lì. Per trovare i posti migliori servono curiosità e immaginazione, ma con iltempo anche tu scoverai i tuoi preferiti.

Nonostante i rischi (come le buche o le automobili), preferisco di gran lunga correre all’esterno.Quando però le condizioni climatiche sono inaffrontabili, o se alcuni allenamenti specifici inpreparazione alle gare lo richiedono, allora salgo sul tapis roulant. Gli svantaggi principali sono la

monotonia (non si va da nessuna parte…) e la mancanza dell’attrito con l’aria: se sei abituato acorrere sul tapis roulant, quando ti sposterai sull’asfalto noterai una differenza nelle tue prestazioni.A me, inoltre, viene anche una certa claustrofobia, ma c’è gente che lo adora, e in ogni caso restaun’alternativa valida nel caso non si riescano a reperire percorsi adatti vicino a casa.

Le uniche situazioni in cui non corro all’esterno sono:

se fuori ci sono ghiaccio e neve. È pericoloso perché si rischia di scivolare e farsi maleseriamente, meglio evitarlo;se fa troppo caldo. Per me «troppo caldo» significa il clima dei Caraibi alle due delpomeriggio, ma devi valutare realisticamente le tue possibilità, senza fare pazzie. Megliocorrere indoor o rimandare l’allenamento a un orario più consono piuttosto che svenire, non tipare?se c’è troppa umidità. Idem come sopra, perché rischiare di disidratarsi?

La pioggia, invece, non mi dà fastidio. Certo, bisogna avere l’abbigliamento adatto, ma se non fatroppo freddo può rivelarsi anche piacevole.

Riguardo alle superfici su cui correre, in principio una qualsiasi andrà bene: si può correresull’erba, sull’asfalto, in un parco, sui sentieri di montagna. Naturalmente ci sono differenze che conil tempo imparerai a cogliere:

il terreno, con la sua maggiore morbidezza, ammortizza l’impatto ed è meno traumatico, quindiassolutamente indicato per chi comincia a correre;l’asfalto è molto duro e richiede un certo impegno da parte dei polpacci. Va comunque bene percorrere, soprattutto se ti sei posto un obiettivo agonistico. Tutte le lunghe competizioni sono suasfalto, dunque è meglio imparare a conoscerlo prima che poi. Visto che le città sono trafficate,ricordati sempre che i corridori sono pedoni, e quindi sono chiamati a rispettare il codice dellastrada;a meno che tu non abbia intenzione di partecipare alla Marathon des Sables, la sabbia sarebbeuna superficie da evitare come la peste, perché correrci richiede uno sforzo enorme e caricamolto le caviglie. Se vuoi proprio goderti la risacca, meglio la battigia: la sabbia dura, se non ètroppo inclinata, è una buona superficie sulla quale allenarsi. Dovrai però cominciare piano: laspinta è molto diversa da quella cui siamo abituati su altre superfici.

Sconfiggi la pigriziaCi siamo quasi. Voglio affrontare questo argomento adesso perché è bene che tu sappia prima dipartire che ti succederà mille e mille volte di non avere voglia di uscire, di pensare che fa troppofreddo, troppo caldo, che sei troppo stanco, che non hai tempo, che stai rinunciando ad altro…

Per sconfiggere la pigrizia ci sono alcuni trucchi che – facendo l’atleta di mestiere – ben conosco.Memorizzali, e al momento opportuno mettili in pratica:

trovati un compagno di corsa, che sia un amico, un collega, tuo fratello, tuo figlio… Aver presoun impegno con un’altra persona ti farà sentire in obbligo di non mancare. Mia madre, peresempio, non ha mai fatto sport, è troppo in sovrappeso per correre, ma ha cominciato acamminare con una sua amica, che passa a prenderla a casa. Regolarmente, se l’amica perqualche motivo non può uscire, anche lei rinuncia alla sua camminata;puoi scegliere di far parte di un gruppo. Ci sono mattine in cui trovo la forza di scendere dalletto e di buttarmi in vasca soltanto pensando che con me ci sono altri quindici ragazzi. Se fossida solo farei il triplo della fatica, sarei più svogliato e il mio allenamento non sarebbeentusiasmante com’è se ci sono loro. Lo stesso vale per gli atleti che alleno. Per esempio, soche i circuiti intorno al lago di Mergozzo (20’ di nuoto in acque libere, 50 km in bici, 6 km dicorsa e, per finire, picnic sulla spiaggia) mettono in difficoltà un po’ tutti: nella frazione di nuotometà delle persone fatica a individuare la traiettoria giusta, l’altra metà è presa dal panico,intimorita da presunti mostri sinistri nascosti nel lago, ma la forza del gruppo obbliga a tacere ea buttarsi. Iscriversi a una squadra è un ottimo modo per garantirsi di uscire di casa e allenarsi:il gruppo offre motivazione ed energia positiva, e ha una forza enorme. Tutti, prima o poi, dasoli crollano: non c’è nessuno (a parte forse l’unico Rocky sopravvissuto) che da solo resista alungo. Siamo esseri sociali, il gruppo ti aiuta a raggiungere obiettivi che non ti saresti nemmenoimmaginato. Non preoccuparti del passo a cui vanno i tuoi compagni: sarà molto difficile anchein futuro trovare qualcuno che corre come te, però è (e sarà) più facile incontrare qualcuno checondivide la tua passione o che con te è disposto a condividere il terreno di allenamento. Bastaincontrarsi all’inizio e alla fine: socializzerai e l’allenamento sarà più leggero;quando faccio un allenamento di bici particolarmente duro e devo andare a correre subito dopo,so che se vado a casa a cambiarmi la pigrizia prende il sopravvento e addio corsa. Perciòlascio tutto l’abbigliamento da corsa in cantina, così posso appoggiare la bici, cambiarmi eripartire senza che mi pesi troppo. Morale: lascia anche tu in macchina una sacca con tutto ciòdi cui hai bisogno per correre, oppure portati in ufficio un cambio. Non solo potrai sfruttare almassimo tutte le occasioni che ti si presenteranno, ma eviterai di venire attratto inesorabilmentedal divano o dal frigo: un bel vantaggio, non ti pare?se non hai tempo, voglia o energia a sufficienza per svolgere tutto il lavoro programmato, nonrinunciare, ma datti il permesso di rallentare: parti piano con l’idea di fare una passeggiata diuna ventina di minuti, se a quel punto ti sentirai in grado di continuare, continua pure; sealtrimenti vorrai fermarti, pazienza, almeno non sarai rimasto a casa, in compagnia delrimpianto di non averci nemmeno provato;esci e comprati un diario o un quaderno sul quale annotare i tuoi allenamenti, con commenti e

note sulle tue sensazioni. Ti aiuterà a misurare i progressi e i benefici che stai traendo dalcorrere regolarmente, e certamente non ti piacerà lasciare una casella vuota perché hai deciso dirimanere a casa…

Un anno di allenamentiPer gli atleti più esperti, programmare l’allenamento significa pianificare almeno un intero annocostellato da competizioni, periodi di carico e di scarico, preparazioni specifiche e periodi ditransizione.

Dato che nessun atleta è in grado di mantenere uno stato di forma ottimale tutto l’anno, bisognaprevedere diverse fasi di allenamento per arrivare alla «data X» nel proprio picco di performance,cioè nelle massime condizioni fisiche e psichiche, e correre la gara della vita.

Innanzitutto, pianifica con cura. Io do la massima importanza alla programmazione dell’annosportivo e della stagione agonistica, sia che si tratti di me e della mia carriera, sia che si tratti degliamatori che alleno. La fine di una stagione o l’inizio della preparazione invernale sono i momentimigliori per riflettere sull’anno successivo. Definire le gare cui vuoi partecipare e quali sono le tuepriorità sono aspetti fondamentali per arrivare a concentrare le energie nelle fasi vitali dellastagione, selezionando con cura le competizioni intermedie.

Semplificando, io divido la mia stagione in diversi periodi, che terminano dopo una garaimportante: di solito il primo è finalizzato alla partecipazione a un Ironman in Europa o negli StatiUniti, il secondo va da gennaio a luglio e comporta altre gare top level, il terzo punta ai Campionatimondiali alle Hawaii che si tengono in ottobre.

Nell’arco dell’anno, gli allenamenti seguono un andamento che posso schematizzare nel modoseguente:

periodo di transizione e di pausa. Finita la stagione, dedico da due a cinque settimane aripristinare tutti i sistemi del mio organismo. Posso praticare altri sport per diletto, mal’obiettivo è quello di «spegnere il motore» per riprendermi da una stagione lunga e faticosa.Per lo stesso motivo, dopo un Ironman mi alleno blandamente per due o tre settimane. Tantiamatori hanno paura di stare fermi per un po’, ma è necessario e fondamentale;periodo di ripresa. È il momento durante il quale si «riaccendono i motori», e ci si prepara perricominciare ad allenarsi a pieno ritmo. Durante il periodo di ripresa lavoro in modoprogressivo e graduale, praticando anche altri sport (cross training);preparazione generale. Si tratta degli allenamenti fondamentali per la stagione agonistica.Lavoro sui miei punti deboli, sulla tecnica, sul potenziamento, enfatizzando le zone di ritmo piùbasse e alternandole con sedute di allenamento più veloci;preparazione specifica. Si lavora a ritmo elevato, concentrati e focalizzati sul proprioobiettivo, simulando le fasi di gara, per ottenere una determinata prestazione. Si tratta diallenamenti molto specifici, nei quali la qualità prevale sulla quantità (anche se, nel caso dellegare di endurance, il volume di allenamento sarà ovviamente alto). Volendo, si possono inserirealcune gare di preparazione;periodo agonistico. Finalmente ci siamo: la gara, l’Ironman, la maratona o la serie dicompetizioni cui abbiamo deciso di partecipare è dietro l’angolo. Il volume di lavoro si riduce,si dà maggiore importanza al recupero e, in avvicinamento, si svolgono allenamenti di richiamo.La preparazione mentale è di fondamentale importanza in questo periodo.

II

CORRERE

Riscaldamento e via!

Se credi in te stesso, e hai impegno e orgoglio e non smetti mai, sarai un vincitore. Il prezzo della vittoria è alto, maaltrettanto sono le sue ricompense.

PAUL «BEAR» BRYANT

Ora che sei perfettamente vestito, con le scarpe indosso, il percorso tracciato, sei pronto per lanciartinel tuo primo allenamento. Che comincerà con una piccola seduta di riscaldamento dinamico perpreparare i muscoli allo sforzo e sciogliere le articolazioni.

Riscaldamento pre-corsaChe cosa si fa per riscaldarsi? Solitamente si fa uno stretching dinamico.

Siamo abituati a pensare allo stretching come a qualcosa che serve per allungare i muscoli. Èvero, ma solo in parte. Lo stretching statico allunga le fibre muscolari, mentre lo stretching dinamicole attiva e le prepara per l’allenamento.

Sul tema sono preparatissimo, da quando, durante gli anni dell’università, ho incontrato unaragazza che teneva per l’appunto lezioni di stretching. Erano sessioni di un’ora, con la musica, che sisvolgevano la sera tardi, una specie di yoga sportivo. Questa ragazza mi piaceva da matti e percercare di conquistarla mi sono iscritto nella palestra dove insegnava: lei non mi ha mai guardato senon come allievo, in compenso io ho scoperto che, dopo ogni sessione di stretching, dormivo centovolte meglio. Tuttora, se fatico ad addormentarmi o mi sveglio frequentemente durante la notte, mibasta fare dieci minuti di stretching per rilassarmi e dormire come un bambino.

Bando alle ciance, e approfondiamo un po’ il tema.Lo scopo del riscaldamento pre-corsa è quello di riscaldare la muscolatura e le articolazioni. Se i

muscoli sono freddi e li sottoponi a uno sforzo, rischi un infortunio. Questo vale a maggior ragioneper le articolazioni, che sono contenute in una capsula piena di «liquido sinoviale», una sorta dilubrificante che ne facilita lo scorrimento. Le articolazioni fredde risultano rigide perché il liquido èvischioso; se le riscaldiamo il liquido si ammorbidisce, consentendo movimenti molto più fluidi.

Per raggiungere questi scopi, è ideale lo stretching dinamico, che incrementa la mobilitàmuscolare e la flessibilità articolare estendendo gradualmente la parte interessata, portandolaprogressivamente ai limiti dell’allungamento stesso. Le articolazioni si scaldano, i muscoli siallungano e si contraggono velocemente, preparandosi allo sforzo che l’allenamento richiederà.

Prima dell’allenamento, per riscaldarmi, dedico pochi minuti a una corsetta leggera, che mi aiuta acapire dove è più utile che mi concentri con lo stretching, quindi passo a una serie di esercizi distretching dinamico. In particolare:

squat (10 ripetizioni). Divarica leggermente le gambe e ruota le punte dei piedi verso l’esterno.Tenendo la schiena dritta, piega le ginocchia: dovrai scendere e risalire, evitando che ilginocchio superi la punta del piede;oscillazioni frontali e laterali (10 ripetizioni per gamba). Reggendoti a un sostegno, rimani inbilico su una gamba e fai oscillare l’altra avanti e indietro, cercando di mantenere fermi ifianchi. Ripeti con l’altra gamba, quindi passa alle oscillazioni laterali: fai oscillare ogni gambaprima verso l’esterno e poi verso l’interno, facendola passare davanti a quella in appoggio;affondi frontali (5 ripetizioni per gamba). Avanza piegando la gamba davanti a 90° e lasciandoche quella dietro si tenda un po’ di più; tieni il busto eretto e cerca di evitare che il ginocchioche si trova davanti a te superi la punta del piede in appoggio. Ripeti lo stesso esercizio conl’altra gamba;mobilità articolare della caviglia (10 rotazioni per ogni piede). Con le mani sui fianchi, puntauno dei due piedi a terra e fai ruotare la caviglia. Quando hai terminato, passa all’altro piede;mobilità articolare del bacino (10 rotazioni). Con le mani sui fianchi e le gambe leggermentedivaricate, fai ruotare il bacino come se stessi giocando con l’hula-hoop.

Tutti questi esercizi dovrebbero richiederti al massimo una decina di minuti, non di più. A questopunto, con i muscoli e le articolazioni caldi e attivi, sei pronto per partire.

MANGIARE PRIMA DI UN ALLENAMENTO

Come precisato più avanti nel box dal titolo QUEL «DOLORINO ADDOMINALE» CHE…, ci sono alcuni cibi chepossono contribuire a causare problemi gastrointestinali durante la corsa. Qui anticipiamo brevemente quali sono,per sapere ciò che è meglio evitare di consumare prima di un allenamento:

alimenti grassi, ricchi di fibre e contenenti derivati del latte;un’elevata dose di caffeina;bevande contenenti grandi quantità di sali minerali.

Come si corre?La corsa è come la calligrafia: ognuno ha il suo stile. Alcuni sono terribili, altri davvero efficaci,altri ancora a prima vista sembrano terribili ma sono molto efficaci; il denominatore comune di ognistile di corsa è che si può sempre migliorare, non solo in termini di prestazioni, ma in termini ditecnica, postura ed economia.

Se ti stai chiedendo: «Ma cosa c’entra l’economia con la corsa?», sappi che non sono impazzito.Che tra i nostri obiettivi rientri o meno la velocità, quando si corre bisogna convogliare le energie làdove sono più utili, per esempio per avere resistenza e continuare a lungo. Sbandierare le bracciacome un burattino o saltellare invece di correre sono i primi esempi che mi vengono in mente dievidenti sprechi. Questo discorso vale soprattutto per chi corre per professione o intende parteciparea una gara. Noi top runner dedichiamo parecchio tempo a lavorare sui dettagli di stile: magariguadagniamo lo 0,01%, ma è un modo per fare meglio il nostro mestiere e provare una volta di più avincere.

Riassumendo: se sei un principiante, non perdere tempo facendoti troppe domande sull’appoggiodel piede o la postura delle braccia. Parti e vai, con lo stile di corsa che Madre Natura ti ha dato. Sesei un principiante ligio, interessato o curioso, oppure un amatore desideroso di guadagnare qualchesecondo, sappi invece che nelle prossime pagine troverai consigli e suggerimenti che ti aiuteranno amigliorare l’efficienza della tua corsa e a renderla più piacevole.

LA POSTURA

Quando ho cominciato a correre, in Argentina, lo facevo più che altro per lenire la mancanza delnuoto. Mi piaceva: correvo per correre. Solo nel 2003, quando mi stavo allenando negli Stati Unitiper preparare le Olimpiadi di Atene, ho appreso una tecnica di corsa efficacissima, che mi hapermesso di fare un vero e proprio salto di qualità. L’ha ideata un tecnico russo, Nicolas Romanov,studiando gli stili dei corridori più forti al mondo. Il suo Pose Method® 2 non fa altro chesottolineare come una determinata postura e un determinato appoggio del piede aiutino l’atleta adaumentare la velocità, spendendo una minore quantità di energia.

Romanov sostiene che quando si corre si deve tenere il busto eretto, con testa, tronco e bacinoallineati ma il baricentro sempre un po’ sbilanciato in avanti, sfruttando così la forza di gravità comeforza propulsiva per procedere. La sensazione è quella di un lieve squilibrio, che porta ad avanzarecon le gambe per non cadere.

Il piede poggerà sotto il bacino, ma contrariamente a quanto facevano le precedenti generazioni dicorridori, sull’avampiede, non sul tallone. A lungo è stato in voga uno stile di corsa che prevedeva diatterrare sul tallone, con la gamba tesa in avanti, e di far rullare tutto il piede prima di spiccare unnuovo passo. Così, però, si liberano energie contrarie al moto del corridore.

Il Pose Method® sfrutta al massimo la risposta elastica del piede. Per spiegare di che cosa sitratta è necessario prima comprendere come avviene il gesto della corsa, che presenta una fase divolo senza appoggi e una in cui uno dei due piedi tocca il suolo. Questo momento è traumatico:l’impatto si riverbera infatti sulle strutture ossee, che vengono come «schiacciate» e immagazzinanouna quantità di energia che il piede, tramite i muscoli, restituisce nel passo successivo, dando unarisposta elastica. Se vogliamo fare un parallelo, possiamo dire che rimbalziamo a ogni passo comeun pallone: il pallone rimbalza infatti grazie all’energia che ha accumulato cadendo.

Se corressimo come accadeva decine di anni fa, ridurremmo al minimo la risposta elastica deinostri piedi; correndo sugli avampiedi e sfruttando proprio la risposta elastica siamo invece moltopiù leggeri e veloci.

Le braccia devono accompagnare il movimento delle gambe con un moto fluido e ritmico, senzaconsumare energia ma aiutando il corridore a bilanciare la sua corsa e a mantenere l’equilibrio.Devono rimanere vicine al corpo ed essere piegate a 90°. Una regola pratica molto diffusa vuole chela postura delle braccia sia corretta quando i pollici toccano in basso la cresta iliaca e in alto ilpettorale.

Le gambe devono tendere anch’esse in avanti: i corridori di endurance, come me, devonoresistere a lungo allo sforzo e per questo non sollevano mai le ginocchia in alto, sarebbe uno sprecodi energia.

Un altro consiglio utile è quello di cercare di essere i più leggeri possibile, toccando il suolo coni piedi il tempo minimo necessario per ripartire, senza aspettare di aver appoggiato bene a terra tuttoil peso: anche questo sarebbe uno spreco di tempo oltre che di energie. Quando corro per diletto, miguardo in giro e spesso mi capita di incontrare persone che, più che correre, saltellano: è faticoso,oltre che pericoloso per le ginocchia e le altre articolazioni. Alla fine il corpo è come una macchina:andare in quinta a 30 chilometri all’ora non solo è antieconomico, ma come minimo c’è il rischio dirompere il motore.

Ricordati poi che non serve una falcata lunga; anzi, si consuma meno correndo a passi più corti econ una maggiore frequenza. Il che ci conduce direttamente al prossimo argomento.

LA FREQUENZA DI FALCATA

La frequenza di falcata dipende da mille fattori: innanzitutto dalla struttura fisica e dal livello diqualificazione, ma anche dallo stile di corsa. I velocisti possono correre con una frequenza di quattropassi al secondo, ma ciò sarebbe impensabile per un maratoneta e del tutto insensato per chi vuolesemplicemente allenarsi per stare meglio.

Se sei un principiante, la frequenza giusta per te è tra i 70 e i 95 passi al minuto. Se decidi diallenarti con la musica nelle orecchie, scegli con cura la tua playlist: sarai portato a seguire il ritmodella musica, quindi evita di abbinare al tuo riscaldamento canzoni da discoteca con 180 battiti perminuto…

I top runner naturalmente corrono a una frequenza molto più alta di quella dei principianti: peresempio Ryan Hall ha stabilito il record americano di mezza maratona correndo con una frequenza di91 passi al minuto e i migliori mezzofondisti corrono con una frequenza tra 89 e 92.

Senza chiedere a te stesso di arrivare subito a questi livelli, se intendi migliorarti è peròimportante aumentare la reattività del piede: meno tempo intercorre tra l’appoggio del piede e la fasedi spinta, più elevata sarà la tua frequenza di falcata. Se vuoi lavorare su questo aspetto, ti convienefare qualche esercizio specifico per i piedi, come correre in salita con pendenze diverse, sugliscalini o potenziare i tuoi polpacci.

In generale, se sei un principiante che vuole avvicinarsi alla corsa o partecipare a una gara perpassione, senza l’ansia del piazzamento, ti consiglio di lasciar perdere queste tecniche per aumentarela reattività dei piedi (nel tuo caso, sarebbero niente di più che un sovraccarico per polpacci etendini): corri piatto, senza saltare, senza alzare le ginocchia e appoggiando bene tutto il piede,concentrandoti piuttosto sulla frequenza.

A QUANTO VA?

I triatleti non corrono «a secco», ma dopo aver percorso una certa distanza in bicicletta: è normale che la lorovelocità sia un po’ inferiore a quella dei maratoneti, anche se in realtà non di molto.

I maratoneti più forti corrono all’incirca a una velocità di 20 chilometri all’ora, con un tempo complessivo chesupera di pochissimo le due ore; i triatleti si avvicinano abbastanza a questa velocità, correndo tra i 12 e i 17chilometri all’ora, con un tempo complessivo che supera quello dei maratoneti di poche decine di minuti.

LA RESPIRAZIONE

L’unico momento della giornata in cui mi concentro sulla respirazione è al mattino, quando nuoto. Ilperché è presto detto: nel 2008 ho partecipato a una gara a Mooloolaba, in Australia. Siamo partitidalla spiaggia in ottanta, con lo scopo dichiarato di arrivare tutti per primi alla boa, che si trova acirca trecento metri dalla riva. Il mare era molto mosso, quindi il nuoto si è trasformato fatalmente inuno sport di contatto. Io sono stato «contattato» dal piede del russo davanti a me: stavo sfruttando lasua scia, ma non si è rivelata una buona idea. In generale la scia è una cosa ottima: se ti è capitato diguardare una gara di Formula 1 o del Motomondiale, sai come funziona. Oppure prova a buttarti inpiscina e comincia a camminare all’indietro, con una tavoletta galleggiante di fronte a te: la tavolettati seguirà, proprio per effetto della scia.

Insomma, per farla breve, il russo di cui stavo sfruttando la scia mi ha rotto il naso con una pedata.Mi si sono riempiti gli occhialini di lacrime, ma nonostante ciò sono uscito bene dall’acqua e misono toccato il viso: sangue non ce n’era, così sono montato in bici. Ho fatto una gara fantastica: allafine della prova in bicicletta ero primo, e lo sono rimasto per vari chilometri anche durante la corsa.Poi, purtroppo, la botta si è fatta sentire e ho chiuso trentesimo. Al traguardo il mio fisioterapista miha raddrizzato il naso. Avrei dovuto operarmi, ma la settimana successiva avevo una gara a NewPlymouth e per non perderla ho rinunciato. Per questo motivo oggi ho il naso storto e un po’ tappato,e in gara devo usare uno strip nasale per respirare bene.

Quando si corre, sarebbe importante ricordarsi di respirare: deve essere un pensiero fisso. Puòsembrare una banalità, ma non è così semplice. La respirazione migliore è quella profonda che si usain meditazione: lenta, regolare e addominale, aiuta a rilassarsi. Se ci si pensa, aiuta ancora di più.Una certa lentezza è fondamentale, perché l’aria, una volta giunta nei polmoni, ha bisogno di unminimo di tempo per essere assorbita dagli alveoli e ossigenare il sangue.

L’ideale sarebbe inspirare dal naso, gonfiando bene anche la pancia (e riempiendo così sia laparte superiore sia quella inferiore dei polmoni), ed espirare con la bocca. Ovviamente non ci si puòaspettare di riuscirci il 100% delle volte, ma tentare è già un buon inizio.

IL METODO DEL DOTTOR ARCELLI

La respirazione ci offre un appiglio per parlare di un metodo rudimentale ma efficace per capire sestai spingendo troppo in allenamento. Tabelle a parte, la cosa migliore è sempre ascoltare il propriocorpo. In questo caso, ascoltare la respirazione.

È noto che con lo sforzo aumenta la necessità di ventilazione. Essendo l’ossigeno il comburente

principale, se cresce l’impegno muscolare cresce anche la sua richiesta. L’aria della quale abbiamobisogno, infatti, dipende anche dalla quantità di anidride carbonica nel sangue: più ce n’è, più i nostripolmoni si affanneranno per sostituirla con l’ossigeno. Il metodo del dottor Enrico Arcelli, medico eideatore della preparazione atletica, oltre che scrittore di libri di corsa e nutrizione di enormesuccesso, è uno strumento semplice che mette in relazione la capacità di parlare con l’intensità dellosforzo che si sta compiendo. Arcelli identifica tre differenti intensità dello sforzo, in funzione delgrado di affanno della respirazione:

1. RF (respirazione facile). Si può parlare e chiacchierare mentre si corre o cammina;2. RLI (respirazione leggermente impegnata). Si è un po’ in affanno mentre si corre;3. RI (respirazione impegnata). I respiri sono molto frequenti e profondi, è molto difficile parlare.

Le fasce adatte ai principianti sono la prima per il walking e la seconda per il running. Questariflessione ci porta ad affrontare un discorso che, se sei un runner appassionato, conoscerai amenadito: la soglia.

ALLENARE LA SOGLIA

Durante la corsa i muscoli bruciano i nutrienti a disposizione (principalmente grassi e zuccheri) perprodurre energia; questa reazione crea tossine, in particolare acido lattico, che inquinano il sangue e imuscoli. Si tratta di scorie che vanno smaltite, per evitare che il sistema si blocchi (e quindi che legambe ti facciano male e si induriscano, per esempio).

Ora, essendo il corpo umano una macchina perfetta, è previsto un processo di smaltimento diqueste scorie, che però permette di liberarsi solo di una certa quantità di tossine per volta. Quella èla tua soglia: il livello di massimo sforzo fisico che il tuo corpo può sostenere senza accumulareacido lattico.

La soglia – devo forse dirvelo? – si può allenare. È possibile, con esercizi mirati, aumentarla,arrivando a sostenere sforzi maggiori senza per questo accumulare acido lattico.

Facciamo un esempio. Prendiamo un principiante che comincia a correre: avanza a una bassavelocità, l’acido lattico è poco e il corpo smaltisce senza problemi tutte le tossine. Mano a mano cheaumentano velocità e impegno, il nostro principiante, sempre più allenato, arriverà a correre a 15chilometri all’ora: in media, è quella la soglia. A partire da allora, se la velocità salisse anche dipochissimo, l’acido lattico crescerebbe esponenzialmente, oltre le 4 millimoli per litro di sanguesmaltibili che sono state accumulate fino a quel momento.

Lavorare sulla propria soglia significa arrivare a correre a 15 chilometri all’ora, accumulando 4millimoli di acido lattico, quindi rallentare e smaltirlo, accumularlo ancora e smaltirlo più volte,stimolando il sistema e migliorando così il proprio tetto di smaltimento, che è la cosa più importanteper chi ha ambizioni agonistiche. Bisogna arrivare ad allargare la curva, portando più avantisull’asse dell’intensità dell’esercizio il punto in cui l’acido lattico cresce in maniera esponenziale.

Per chi si allena puntando al proprio benessere o al dimagrimento, invece, presumo che la cosapiù importante sia poter mangiare un delizioso porceddu con patate arrosto o un piatto di lasagne inpiù la domenica, senza risentirne troppo: in questo caso suggerisco intanto di cominciare a correre!Allenare la soglia, d’altra parte, aiuta a bruciare bene i grassi oltre che gli zuccheri, e quindi èsicuramente un esercizio indicato.

Naturalmente, la soglia può anche peggiorare: è il caso di chi non è per niente allenato. Non ècasuale il fatto che queste persone si appiglino spesso al concetto, molto poco tecnico, di «fiato», chea sentir loro non avrebbero. Semplicemente, sono così poco allenati che la loro soglia è molto bassa:appena cominciano a correre si forma acido lattico e, di conseguenza, avvertono dolorini e brucioreai muscoli, andando in crisi quasi subito.

Io me ne accorgo quando, una volta l’anno, a fine stagione, sono costretto a stare fermo qualchesettimana per recuperare. Non appena riprendo ad allenarmi fatico un po’: la curva della mia sogliasi è ristretta, vado in deficit aerobico molto prima rispetto al solito, mi manca l’aria e mi fanno malele braccia. È una questione di allenamento. È vero che ciascuno di noi è più o meno portato per unadisciplina o per l’altra – io, evidentemente, sono più portato per la resistenza, meno per la velocità –ma è anche vero che, allenandosi, si possono ottenere enormi risultati.

In questi casi, per esempio se una persona passa tante ore al giorno seduta, ferma, a svolgereun’attività intellettuale, è importante riscaldarsi bene prima di fare qualsiasi sport, e magari attivare

il corpo ogni tanto durante la giornata. Passando brutalmente dalla scrivania all’attività fisica, nonsolo è probabile, ma è del tutto normale che ci si senta mancare il fiato quasi subito…

Riassumendo: i cinque errori da non fare

1. Esagerare. Ti senti bene, sei gasato e «performante», ma i tuoi tendini e le tue articolazioni nonsono preparati, rischi così di farti male.

2. Evitare il riscaldamento. Idem come sopra: ti senti bene, sei gasato e «performante», ma i tuoimuscoli e le tue articolazioni sono freddi e rigidi, rischi di farti male.

3. Non avere il controllo sulle braccia. Spesso si vedono corridori che tengono le braccia troppoalte, o immobili lungo i fianchi, oppure asimmetriche. Le braccia devono facilitare ilmovimento, non ostacolarlo. E la simmetria è importantissima, altrimenti si rischia il mal dischiena.

4. Tenere la schiena indietro o correre «seduti». A parte la difficoltà nell’avanzare, anche inquesto caso si rischia il mal di schiena. Se non si vuole puntare sulla velocità, va benissimotenere la schiena dritta, in linea con il bacino e la testa, e avanzare compatti, con le bracciapiegate a 90° vicine al corpo.

5. Saltellare. Chi corre con una frequenza troppo bassa, o sta camminando – il che va benissimo –oppure sta mimando la corsa saltellando. Saltellare è traumatico per caviglie e ginocchia,meglio evitarlo e correre con passi corti e frequenti.

E&E: ENDURANCE ED ECONOMIA, IMPARARE A OTTIMIZZARE

Chi ha ambizioni agonistiche lo sa: per vincere bisogna avere più energia degli altri e usare meglio degli altri quelladi cui si dispone. Come si fa tutto ciò?

In parte grazie al talento, che rende il nostro motore più potente di quello degli avversari; in parte conl’allenamento, alzando la propria soglia; in parte con l’economia dei gesti.

In allenamento bisogna ottimizzare il consumo di grassi (nessun atleta infatti può gareggiare per otto o nove oreconsecutive consumando solo zuccheri) e lavorare sul muscolo cardiaco: allenandosi a ritmi bassi e lenti, il cuoresi abitua a pompare in modo ottimale tra 115 e 130 battiti al minuto, riempiendosi completamente, irrorando allaperfezione tutti i muscoli e potenziandosi. Chi è abituato ad allenarsi con il battito basso, riuscirà a trasferire questolavoro di qualità nelle sessioni o nelle gare di velocità, migliorando così le sue prestazioni e mantenendo un bassoconsumo di ossigeno da parte del cuore.

Quanto all’economia dei gesti, bisogna fare movimenti il meno dispendiosi possibile: l’esempio che faccio piùspesso è quello già ricordato delle braccia, ma bisogna anche lavorare sulla frequenza, perché non sia traumatica,e sulla fluidità, sulla scioltezza e sull’armoniosità dei movimenti. Occorre essere leggeri: leggeri nel passo, leggeri dipeso, leggeri di abbigliamento. Magari si guadagna pochissimo, ma in gara anche quel pochissimo può fare ladifferenza.

2. Per saperne di più: www.posetech.com.

Non solo corsa

Lo sport insegna che per la vittoria non basta il talento, ci vogliono il lavoro e il sacrificio quotidiano. Nello sport comenella vita.

PIETRO MENNEA

La corsa non è tutto, ogni runner lo sa. Per correre al meglio, infatti, è opportuno dedicare un po’ ditempo ogni settimana sia al potenziamento sia, alla fine di ogni sessione di allenamento, allostretching statico. Nelle prossime pagine vedremo come fare l’uno e l’altro e i numerosi motivi per iquali entrambi sono così utili.

Il potenziamentoSe, come abbiamo detto, il corpo è una macchina, non possiamo lavorare solo sul motore trascurandola carrozzeria. Un fisico rafforzato corre meglio, è più veloce e ha maggiore resistenza; inoltre, èmeno soggetto a infortuni di qualsiasi genere. Sono ancora troppe le persone che soffrono diproblemi alla schiena o risentono di una scarsa elasticità muscolare, proprio perché si concentranosolo sul correre, senza dedicare nemmeno un minuto agli esercizi di potenziamento o allaprevenzione degli infortuni (vedi Prevenire è meglio che curare).

È quindi non solo utile ma necessario allenare il corpo con una serie di esercizi mirati, dasvolgere in sessioni di potenziamento che si possono tenere in palestra così come a casa.

Visto che si corre con tutto il corpo, non dovrai trascurare nessuna parte di esso: tra gli eserciziche seguono, infatti, ne troverai molti dedicati alle braccia, per favorire lo sviluppo armonico delcorpo ed evitare che ti ritrovi con gambe perfettamente toniche e braccia deboli e cascanti.

Un altro beneficio del potenziamento riguarda la simmetria: abbiamo detto che la corsa deveessere simmetrica, ma il medesimo principio vale per il tuo fisico, che non solo sarà esteticamentepiù gradevole, ma subirà meno infortuni di uno asimmetrico.

Il lavoro che preferisco, e quello che solitamente propongo ai miei atleti, è a corpo libero. Vale adire che non si utilizzano pesi o bilancieri, ma ausili di altro genere, come cavi o elastici, che aiutanoa potenziare la muscolatura senza renderla ipertrofica.

Visto che il nostro obiettivo rimane correre per stare meglio o per gareggiare, gli esercizidovranno essere funzionali a questo, e dunque dovranno tonificare il corpo nel suo complesso,aumentando in generale la forza fisica. I pesi consentono di restringere il campo di lavoro,concentrandosi su uno specifico muscolo che viene accorciato e allungato più volte: grazie al carico,la sua forza aumenta e la sua massa cresce (ipertrofia).

Per correre, però, non ti servirà un grosso quadricipite in grado di sopportare sforzi enormi:l’atleta che corre compie sì uno sforzo, ma non isometrico né statico né costante. La corsa richiedepiuttosto la capacità di far muovere insieme tanti muscoli in maniera fluida, passando con scattiveloci da una situazione di equilibrio a un’altra di maggiore stabilità.

Gli esercizi a corpo libero sono ideali perché:

lavorando sull’equilibrio, stimolano la muscolatura nella sua interezza;migliorano la propriocettività, ossia la capacità di controllo e comando delle articolazioni;coinvolgendo più muscoli insieme, necessitano di coordinazione, che è sempre un’ottima abilitàda incrementare;favoriscono lo sviluppo di tutta la muscolatura in maniera armonica.

Ogni settimana, dedico alcune sessioni di allenamento alla palestra: il triathlon è il mio mestiere, cimancherebbe che non fosse così. Ma nel tuo caso la frequenza e la quantità di tempo da dedicare alpotenziamento in palestra dipendono da che tipo di runner sei e dalla tua disponibilità. Al giornod’oggi andiamo tutti di fretta, quindi il mio suggerimento è quello di non trascurare questa parte,senza però farti prendere dal panico se hai a disposizione solo tre ore a settimana e ti senti maleall’idea di dedicarne una alla palestra.

Le soluzioni creative possono essere numerose: fai potenziamento in casa la domenica mattinaquando tutti dormono; fai stretching la sera, davanti alla televisione; ogni tanto durante la settimanasvegliati prima e regalati mezz’ora di esercizi per cominciare bene la giornata; una volta la settimanainvece di pranzare nel bar sotto l’ufficio con i colleghi, infilati pantaloncini e maglietta e allenati…

Nelle tabelle che proporrò nei prossimi capitoli ti fornirò un’ipotesi di lavoro, ma alla fine saraitu a dover valutare quando e quanto allenarti, sulla base delle tue disponibilità e del tuo obiettivo,tenendo presente che anche per gli esercizi di potenziamento sono necessari i giorni di recupero.

CHE COSA TI SERVE

Se frequenti una palestra avrai probabilmente a tua disposizione anche un istruttore che potràmostrarti come eseguire gli esercizi nella maniera corretta, e non dovrai acquistare nulla per farepotenziamento: è senza dubbio la soluzione ideale.

Se non sei iscritto in palestra, però, non disperare: per lavorare a corpo libero le dotazioninecessarie sono minime e tutte recuperabili in maniera «creativa».

Ti serviranno in particolare:

un materassino. Nelle grandi catene di negozi dedicati allo sport li vendono per pochi euro;un elastico. Se non hai voglia di sacrificare un paio di mutande, quelli sportivi al migliorprezzo si trovano nelle grandi catene specializzate;volendo esagerare, una fit-ball. Le palle da allenamento ormai si vendono anche alsupermercato e sono uno strumento utile: sfruttando il concetto di equilibrio, permettono di farlavorare contemporaneamente tanti muscoli.

Visto che non potrò essere con te quando eseguirai gli esercizi, ho cercato di descriverli nellamaniera più chiara possibile; se senti dolore o hai l’impressione di sbagliare qualcosa, fermati echiedi a un compagno di squadra o a un amico corridore, oppure fai una lezione singola in palestra:parlando con qualcuno di più esperto risolverai tutti i tuoi dubbi e potrai procedere con maggioretranquillità.

A CORPO LIBERO

Una premessa necessaria: gli esercizi di potenziamento sono tantissimi e alcuni, come vedremo piùavanti, sono specifici per allenare il core (la parte centrale del corpo) o migliorare l’equilibrio. Ioper primo non li faccio tutti ogni volta che mi alleno, altrimenti passerei la vita in palestra e addionuoto, bici e corsa. Se non ci riesco io che sono un atleta professionista, immagino che non siapossibile nemmeno per un principiante o un amatore. Come comportarsi quindi?

Ti consiglio di scegliere volta per volta quali esercizi svolgere e di ruotarli nelle varie sessioni dipotenziamento, senza prediligere nessun muscolo in particolare: l’armonia è garantita.

POTENZIA LE GAMBE

Per potenziare le gambe, gli esercizi sono moltissimi. Di seguito trovi quelli che suggerisco agliatleti che alleno (le illustrazioni di ogni esercizio sono nell’inserto fotografico):

squat (inizia con 8 ripetizioni per arrivare a 15). Divarica leggermente le gambe, con i piediparalleli. Tenendo la schiena dritta, piega le ginocchia: dovrai scendere e risalire, evitando cheil ginocchio superi la punta del piede. Volendo, puoi eseguire questo esercizio con l’ausiliodella fit-ball: appoggiala al muro all’altezza dei lombari, e tenendo le gambe un po’ distanziatedi fronte a te, sali e scendi avendo cura di evitare che il ginocchio superi la punta del piede;polpacci (inizia con 15 ripetizioni per arrivare a 20). Sali con le punte dei piedi su un gradinoe scendi con i talloni. Questo esercizio, perfetto per potenziare il polpaccio, ha numerosevarianti: con le punte dei piedi rivolte verso l’interno e i talloni distanti, con i piedi paralleli,con le punte rivolte verso l’esterno; il tutto su un piede solo o su due. Se non riesci a mantenerel’equilibrio, appoggiati a un sostegno;affondi frontali (inizia con 5 ripetizioni per gamba per arrivare a 12). Avanza piegando lagamba davanti a 90° e lasciando che quella dietro si tenda un po’ di più; tieni il busto eretto ecerca di evitare che il ginocchio che si trova davanti a te superi la punta del piede in appoggio.Volendo, puoi eseguire questo esercizio anche con la fit-ball, poggiandovi la gamba di dietro;femorali (inizia con 5 ripetizioni per gamba per arrivare a 10). Poggia un piede sulla fit-ball(o su una sedia), solleva il sedere in modo da portarlo in linea con la schiena e ritorna. Quandosarai più esperto, fai l’esercizio allungando la gamba che non è in appoggio davanti a te.

«IL DOLORE DEL GIORNO DOPO»

Chi corre lo chiama proprio così, «il dolore del giorno dopo», perché questo malessere tende a insorgere il giornosuccessivo a uno sforzo muscolare delle gambe. Scientificamente si chiama Delayed Onset Muscle Soreness, inbreve DOMS.

Molte persone sono convinte che sia causato dall’accumulo di acido lattico, ma non è così. Si tratta invece di unaserie di microrotture delle fibre muscolari, che a loro volta determinano una situazione di infiammazionecaratterizzata da gonfiore e, appunto, dolore. Le microrotture si verificano quando le fibre vengono sottoposte a unacontrazione di tipo eccentrico, dove cioè si allungano producendo forza. Ciò accade quando le gambe devonofrenare il peso del corpo, per esempio durante una corsa in discesa o una seduta di potenziamento che comprendanumerosi piegamenti.

Quando queste azioni sono ripetute in maniera eccessiva, oppure quando il runner non è ancora esperto, il DOMS

è assai frequente. Nulla di cui preoccuparsi, comunque: il dolore sparisce dopo un paio di giorni, senza lasciaretracce né lesioni. Se vuoi evitarlo, segui queste indicazioni:

allenati con gradualità, dando tempo al muscolo e all’organismo di adattarsi, ricordando che il riposo fa partedell’allenamento;assumi una quota di proteine subito dopo l’allenamento. Gli aminoacidi ripareranno le microlesioni eallevieranno il dolore del giorno successivo (a questo proposito dai un’occhiata al box «Come alimentarsi dopouna seduta di potenziamento»);in caso di dolore, appoggia del ghiaccio sul muscolo interessato, così da dargli sollievo;il giorno dopo aver fatto una corsa con lunghi tratti in discesa o esercizi di potenziamento, riposa. Se propriovuoi allenarti, scegli una corsa continuata a bassa intensità oppure esci per una passeggiata in bicicletta in untratto pianeggiante. Andrà bene anche qualche minuto di cyclette: il movimento ciclico della pedalata ti aiuteràad alleviare il dolore, velocizzando il recupero e riparando il danno muscolare.

ALLENA LE BRACCIA E LE SPALLE

Rotazione interna (20 ripetizioni per ogni braccio). Aggancia un capo dell’elastico a unmobile solido o a un termosifone di fronte a te e impugna l’altro capo. In piedi sul materassino,con la schiena dritta e il braccio a 90°, ruota il braccio verso l’interno, arrivando con la mano atoccare l’altro braccio. Ritorna quindi nella posizione iniziale.Rotazione esterna (20 ripetizioni per ogni braccio). Aggancia un capo dell’elastico a unmobile solido o a un termosifone accanto a te e impugna l’altro capo. In piedi sul materassino,con la schiena dritta e il braccio a 90°, ruota il braccio verso l’esterno e ritorna nella posizioneiniziale.Spalle (20 ripetizioni per ogni braccio). Con le gambe leggermente divaricate, impugnasaldamente un capo dell’elastico e tieni fermo l’altro con i piedi. Apri e chiudi il braccio teso.Dorsali (inizia con 5 ripetizioni per arrivare a 12). Fai passare l’elastico dietro un solidosostegno posto piuttosto in alto, impugna i due capi con le mani e tirali verso di te: le bracciadovranno piegarsi a 90° e rimanere all’altezza delle spalle.Tricipiti (inizia con 10 ripetizioni per arrivare a 15). Poggia i palmi delle mani su una sedia ouna panca cui darai la schiena. Le gambe saranno leggermente divaricate, di fronte a te.Rimanendo il più vicino possibile al tuo sostegno, sali e scendi lavorando con i tricipiti.Quando sarai più esperto, potrai svolgere l’esercizio con due panche (o due sedie), sullaseconda delle quali poggerai i piedi.Flessioni (inizia con 10 ripetizioni per arrivare a 15). Sdraiati sul materassino a pancia in giùe posiziona le mani accanto alle spalle. Sollevati usando i muscoli delle braccia e i pettorali. Ipiedi dovranno rimanere uniti, la schiena restare dritta. Puoi eseguire questo esercizio lasciandole ginocchia appoggiate a terra, con le gambe dritte, o anche poggiando i piedi sulla fit-ball, aseconda del tuo livello di esperienza.Bicipiti (inizia con 10 ripetizioni per ogni braccio per arrivare a 15). In piedi sul materassino,impugna saldamente un capo dell’elastico e tieni fermo l’altro con i piedi: con il gomitoincollato al busto, solleva l’avambraccio verso le spalle e ritorna.

LA CORE STABILITY

Dopo tante ore di gara, quando si comincia a essere affaticati, la prima cosa che si perde è il tonomuscolare del core, cioè della parte centrale del corpo: invece di correre dritti e tonici, ci siingobbisce lievemente, si abbassa il bacino e si perdono subito almeno quindici secondi achilometro, non perché le gambe non vadano, ma perché la postura è sbagliata.

Basta questo a spiegare l’importanza del core: quando è forte, aiuta a mantenere l’equilibrio e unapostura corretta. Come lo si rinforza? Che domande… con gli addominali!

Esercitare gli addominali – compresi lombari e obliqui, non bisogna barare – aiuta a preveniretutti i tipici mali da ufficio, come i dolori alla schiena o al collo, e a correre meglio, mantenendo unaposizione più eretta.

Oggi si parla spesso di abbigliamento a compressione, cioè di magliette, pantaloncini e calzettoniche «comprimono» il corpo in punti strategici, favorendo la circolazione e aiutando a tenere la

schiena dritta. È vero, funziona. L’uomo della Patagonia che è in me, però, riguardo a ciò pensa duecose: innanzitutto che probabilmente i principianti non notano alcuna differenza, per loro lecaratteristiche importanti nell’abbigliamento, se si vogliono dedicare a una ricerca attenta, sono altre(come la leggerezza, la traspirabilità, l’impermeabilità); in secondo luogo, che amatori eprofessionisti dovrebbero essere «naturalmente compressi» dalle loro fasce muscolari! E quindi,sotto con gli addominali:

crunch (inizia con 20 ripetizioni per arrivare a 30). Con i lombari poggiati sulla fit-ball (o conla schiena a terra), incrocia le mani sotto la nuca per sostenere la testa e solleva lentamente laparte superiore della schiena, almeno fino alle scapole, quindi torna nella posizione iniziale;twisted crunch (inizia con 20 ripetizioni per arrivare a 30). Con i lombari poggiati sulla fit-ball (o con la schiena a terra), incrocia le mani sotto la nuca per sostenere la testa e sollevalentamente la parte superiore della schiena, almeno fino alle scapole, ruotando una volta adestra e una a sinistra, quindi torna nella posizione iniziale;obliqui (15 ripetizioni per ogni fianco). Su un fianco, tenendo il gomito in linea con la spalla el’altro braccio sul fianco, sollevati utilizzando il core e mantieni la posizione. Volendo, puoilavorare gli obliqui anche con la fit-ball: poggiaci un fianco e contrai l’altro, tenendo le manidietro la nuca e le gambe tese;addominali bassi (inizia con 20 ripetizioni per arrivare a 30). Con la schiena poggiata sulmaterassino e le braccia lungo i fianchi, porta le gambe in alto verso il soffitto e solleva dipochi centimetri i glutei;lombari 1 (10 ripetizioni per lato). Mettiti a quattro zampe sul materassino, quindi sollevacontemporaneamente una gamba e il braccio opposto, entrambi tesi. Tieni la posizione percinque secondi, poi ripeti con l’altra gamba e il braccio opposto;lombari 2 (10 ripetizioni). Sdraiati a terra a pancia in giù e poggia le mani sotto il mento,tenendo i gomiti attaccati al busto. Poggia a terra le punte dei piedi e sollevati, senza inarcare laschiena. Tieni la posizione per una ventina di secondi, quindi ritorna a terra.

LAVORA SULLA PROPRIOCEZIONE

Nella corsa l’equilibrio è fondamentale. In linguaggio tecnico si parla di «propriocezione», ossiadella capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato dicontrazione dei propri muscoli senza guardarsi allo specchio.

Gli esercizi utili ad allenare il corpo a stare in equilibrio agiscono sugli appoggi (i piedi), sullearticolazioni più coinvolte (le caviglie in particolare) e su tutte quelle parti del corpo che si attivanoper adattare il nostro peso a terreni non regolari. Sono esercizi che si possono eseguire senzal’ausilio di alcun oggetto, al massimo con la fit-ball o con un attrezzo specifico: una tavoletta rotondadal fondo bombato, che può essere impiegata anche in molti altri esercizi che abbiamo citato,potenziando il lavoro sull’equilibrio (per esempio, si può utilizzarla negli affondi). Non è necessarioacquistarla: si può tranquillamente «costruire» qualcosa di analogo, poggiando il materassino su uncuscino.

Trovi di seguito alcuni esercizi utili per l’equilibrio, il piede e la caviglia:

equilibrio 1. Per almeno trenta secondi rimani in piedi su una gamba sola, sulla tavoletta o sul

suo surrogato, con il ginocchio leggermente piegato. È vietato stendere la gamba per ritrovarel’equilibrio! Volendo, puoi provare a fare l’esercizio anche a occhi chiusi;equilibrio 2. In piedi su una gamba sola, solleva l’altra all’indietro o lateralmente, bilanciandoticon il busto (la schiena dovrà essere dritta e gli addominali contratti);rafforzamento del muscolo peroneo (10 ripetizioni per gamba). Lega l’elastico alla gamba diun tavolo robusto o al calorifero. Passa il piede al suo interno e, stando sdraiato o seduto, flettila punta verso di te; terminate queste ripetizioni, piega il piede prima verso destra, poi versosinistra.

OGNI MOMENTO È BUONO

Io faccio propriocezione continuamente: se sono in coda alla posta o al supermercato, per esempio, mi metto inequilibrio su una gamba sola e mi esercito. Oppure quando torno a casa faccio esercizi di potenziamento salendodue gradini per volta (ma lo confesso: vivo al primo piano…). Quanto può servire tutto ciò? Probabilmente poco,rispetto alla quantità di allenamenti cui mi sottopongo ogni settimana, ma perché non farlo?

Credo che ogni momento sia buono per allenarci e migliorare il nostro stile di vita. È chiaro che non mi aspettoche tu salga sempre le scale a due a due se vivi al decimo piano e stai arrancando con i sacchetti della spesa…Ciò che è importante, però, è rimanere attivi, non spegnersi né lasciarsi vincere troppo spesso dalla pigrizia.

Dopo l’allenamentoAlla fine di ogni sessione di allenamento, che tu abbia corso o fatto potenziamento, la parolad’ordine deve essere una sola: stretching.

Non è consigliato fermarsi di colpo e tornare alle proprie attività come se nulla fosse, perché ilcorpo ha bisogno di qualche minuto di defaticamento per smaltire l’acido lattico e avviare la fase direcupero. Nella bella stagione, se hai appena finito di allenarti all’aperto, è una buona idea dedicarealcuni istanti a una corsetta leggera, come quella di riscaldamento, prima di fare lo stretching che,questa volta, sarà statico. Se lo stretching dinamico riscalda il muscolo e lo aiuta a riprendere tono,quello statico invece riduce quello stesso tono muscolare, riportando le fibre allo stato originale eaiutando a prevenire le contratture.

Se non si fosse capito, io adoro fare stretching: mi rilassa, mi aiuta a liberarmi da stress etensioni. È un momento che dedico al mio benessere, respirando lentamente e profondamente, magaricon una musica piacevole in sottofondo. Sono però consapevole del fatto che lo stretching è spessonoto, invece, per essere una sorta di «tortura cinese» cui gli allenatori sottoporrebbero sadicamente iloro allievi.

Quando ho cominciato ad allenare il mio primo gruppo di triatleti, ho consigliato loro di farestretching dopo l’allenamento: finita l’ultima ripetuta, però, li vedevo scappare via velocissimi,dicendo che l’avrebbero fatto a casa o sotto la doccia. Dopo alcune settimane due di loro si sonoinfortunati: uno ha avuto una contrattura al muscolo piriforme, un altro la sindrome della bandelletta.

Ho cominciato così ad accorciare il tempo dell’allenamento e a dedicare i dieci minuti finali allostretching. Inizialmente, è stato un disastro: erano completamente bloccati, avevano le articolazioni diun omino della Playmobil. Dopo qualche seduta sono migliorati, hanno cominciato ad accorgersi deibenefici dello stretching, prendendo l’abitudine di farlo anche se non ci sono io a vigilare.

Sfatiamo dunque questo mito: quando parlo di allungamento, intendo una resistenza piacevole.Certo, se sei del tutto bloccato dovrai avere un po’ di pazienza, più che dolorose le prime sedutepotrebbero essere frustranti, ma i risultati sono garantiti.

Per fare un buono stretching devi sapere alcune cose:

le posture vanno accompagnate con una respirazione lenta, addominale e profonda;prenditi il tempo di lasciarti andare. Quando allunghiamo un muscolo, per un riflessoinvolontario che si chiama «miotatico» e aiuta a salvaguardare l’integrità della nostramuscolatura nel caso di stiramenti improvvisi, quel muscolo si contrae. La reazione dura alcunisecondi, poi si spegne, per questo ogni posizione va mantenuta almeno trenta secondi;la postura deve essere statica e progressiva, senza rimbalzi.

Ecco alcuni esercizi di stretching base, che devi eseguire alla fine dell’allenamento, ma che puoianche «regalarti» la sera prima di dormire, come faccio io:

per allungare i polpacci, in piedi, appoggiati con le mani a una parete e porta indietro unagamba. Sbilancia quindi il peso in avanti, tenendo il tallone appoggiato a terra;in piedi, appoggia uno dei due talloni sullo schienale di una sedia o di una panchina e flettiti inavanti provando a toccare il piede, in questo modo allungherai la catena posteriore dellagamba;

solleva il piede verso i glutei e afferralo con le mani, spingi il bacino in avanti e allunga ilquadricipite. Ripeti lo stesso esercizio con l’altra gamba;per allungare la catena posteriore della coscia, siediti a terra, divarica una gamba e flettil’altra, appoggiando la pianta del piede sulla coscia della gamba tesa; chinati in avanti,provando ad afferrare il piede della gamba tesa. Se non ci arrivi, non c’è problema: afferra lagamba nel punto che riesci, l’importante è che tu avverta una leggera tensione;accucciati a terra. Il tuo peso poggerà su un piede e sul ginocchio della gamba opposta. Sollevadi qualche centimetro il tallone del piede a terra e allunga il tendine di Achille;lasciando un ginocchio a terra, sposta in avanti l’altra gamba in maniera che il ginocchio sia inlinea con il piede. Abbassa il bacino e senti l’allungamento dell’ileopsoas;per rilassare infine i muscoli della schiena, sdraiati sul materassino in modo che i glutei sianovicino a un muro e appoggia i piedi alla parete. Se sei troppo contratto, allontanati dalla parete.

COME ALIMENTARSI DOPO UNA SEDUTA DI POTENZIAMENTO

Gli studi scientifici dimostrano che, per ottimizzare gli stimoli forniti ai muscoli in una seduta di potenziamento e altempo stesso dimagrire, è fondamentale assumere proteine nella mezz’ora dopo l’allenamento. Solo così i muscoliallenati potranno rispondere efficacemente e, allo stesso modo, si potrà prevenire il DOMS (vedi il box «IL DOLORE

DEL GIORNO DOPO»).Le proteine migliori da assumere in questa fase sono quelle del latte vaccino (e in particolare del siero del latte),

che vengono assorbite velocemente. Vanno bene anche quelle della soia, dell’albume dell’uovo, dei formaggi poveridi grassi oppure degli affettati magri.

Ti suggerisco di organizzarti in modo che nella tua borsa da allenamento ci sia uno spuntino a base di proteine,per esempio uno yogurt, un brick di latte parzialmente scremato o di soia, un cubetto di formaggio grana o un toastcon un affettato (come la bresaola). In alternativa – e per maggiore praticità – puoi assumere un integratore a base diproteine in polvere, cui aggiungere acqua o latte parzialmente scremato o di soia, oppure un brick di proteine liquidegià pronte.

Integratori di proteine ottimali sono quelli chiamati whey, ovvero proteine del siero del latte. Chi fosse intollerante allattosio può scegliere gli integratori a base di proteine della soia, che sono altrettanto efficaci.

Prevenire è meglio che curareCapita spesso che, appena ci si comincia ad allenare, dopo poche sedute spuntino infiammazioni odoloretti vari. Come mai? Siamo carichi, abbiamo voglia di fare e così esageriamo: magari il nostro«motore» si sviluppa velocemente perché siamo portati per la corsa, però i tendini, i muscoli, leinserzioni muscolari e articolari sono deboli e risentono dello sforzo, anche se a noi questo sembraminimo. Se ci infortuniamo, in altre parole, non dobbiamo pensare di essere dei catorci ma,semplicemente, normali.

Nel 1998 ho fatto una valanga di gare di fila. Ero un ragazzino con scarse conoscenze, non eroseguito da nessun tecnico: facevo quello che il mio corpo mi permetteva di fare e cioè, a ventitréanni, qualsiasi cosa. A parte la quantità letale di carne che ingurgitavo, ricordo di aver sostenuto unagara e il giorno dopo di essermi allenato. Volendo essere proprio sicuro al 100% di distruggermi, lasera sono pure andato in discoteca. Alle quattro del mattino ho avvertito un dolorino al ginocchio. Ilgiorno dopo era gonfio al punto che non riuscivo a piegare la gamba. Terrorizzato, sono volato dalmedico di General Roca, non uno specialista nel campo degli sport di endurance. Gli ho raccontatoquanto correvo, lui mi ha visitato e ha concluso che avevo utilizzato le mie gambe «a parentesi», dagaucho, talmente tanto che erano paragonabili a quelle di un uomo di settant’anni. Ho pensato: «Stavomigliorando, cominciavo a vincere… e invece sono finito». Sono uscito dal suo studio con ilacrimoni. A forza di ghiaccio e terapie varie il ginocchio si è sgonfiato, la speranza è tornata e hodeciso di chiedere un secondo parere: non potevo credere di dover rinunciare a tutto. A Bahía Blancaho incontrato uno specialista del ginocchio, che seguiva anche i giocatori della NBA. Questo medicomi ha detto: «Se si gonfia il ginocchio di Michael Jordan, anche il tuo avrà il diritto di infiammarsiun po’…». L’anno dopo, nel 1999, sono diventato campione argentino. L’anno dopo ancora, campionepanamericano.

Se ci si infortuna non ha senso demoralizzarsi: ci saranno altre occasioni. Tieni sempre a menteche nessuna sconfitta è la sconfitta finale e nessuna vittoria è una vittoria definitiva.

Infortunarsi è normale, capita. Le cose da fare sono prevenire fin dove possibile gli infortuni,avere l’intelligenza di riconoscere il malessere, sapersi fermare e farsi visitare subito da un medico.Infine, avere pazienza e aspettare di guarire, per tornare a correre più forte di prima.

QUATTRO REGOLE PER PREVENIRE GLI INFORTUNI

1. Utilizza le attrezzature giuste per il tuo allenamento. Se sei un amatore dovrai avere scarpe eabbigliamento più tecnico di un principiante; in generale, niente scarpe sfondate né di duemisure più grandi o più piccole.

2. Fai sempre riscaldamento prima di allenarti e stretching alla fine.3. Aumenta gradualmente il volume e/o l’intensità di lavoro. Non esagerare è la prima regola di

ogni sportivo intelligente. Devi rispettare i tempi del tuo corpo e accettare di allenartigradualmente, anche se hai l’impressione di poter fare di più.

4. Evita di sottoporti a stress eccessivi. Per esempio evita la corsa in discesa, su terreni scoscesio scivolosi.

QUALI INFORTUNI ASPETTARTI

Non mi stancherò mai di ripeterlo: nessun allenatore è un medico e ogni corpo è unico. Spesso lacatena si rompe nel punto più debole, anche se il problema è da un’altra parte. Per esempio, il tuodolore al ginocchio potrebbe dipendere da un sovraccarico al quadricipite, che si ripercuotesull’inserzione muscolare, il punto più fragile appunto.

Quindi, se avverti qualche problema, la persona giusta cui rivolgersi è il medico. L’allenatore nonpuò fare altro che darti una borsa del ghiaccio e qualche consiglio per il futuro.

Di seguito trovi alcuni degli infortuni o dei dolori più frequenti.

Crampi. Le cause dei crampi possono essere numerose, ma le più probabili sono la disidratazione ela carenza di magnesio. Per prevenirle è importante bere in maniera costante durante la giornata,poco ma spesso. Durante lo sforzo, puoi munirti di una bottiglietta d’acqua arricchita di una miscelain polvere di sali minerali, per recuperare nella maniera più completa ed evitare ogni tipo di carenza.Il giorno prima di un allenamento intenso o di una gara che avverrà in ambiente caldo, poi, bando alpotassio: evita di consumare alimenti che ne sono ricchi, come l’anguria o il melone.

Fascite plantare. La catena muscolare posteriore è unica e va dal collo alla punta dei piedi. Se vienesottoposta a notevoli sforzi, può capitare che si infiammi la zona tra il metatarso e il tendine diAchille. Io ho avuto la fascite nel 2006, in forma lieve: l’ho trascurata e me la sono portata dietro perun anno intero. La causa principale è il sovraccarico di lavoro, ma anche la mancanza di stretchingnon aiuta. È una condizione piuttosto dolorosa: il mio consiglio è di chiedere aiuto a un medico, chesaprà consigliarti le terapie più adeguate, e a un fisioterapista, che ti indicherà una serie di eserciziche facilitano la ripresa. Io massaggio il piede con una pallina da golf, faccio tanto stretching delpolpaccio e di tutta la catena posteriore. Se di notte fai fatica a dormire, sappi che esiste una scarpaapposita, che blocca il piede a 90°, consentendoti di dimenticarti del male per qualche ora.

Irritazione da sfregamento. Ne soffrono soprattutto gli atleti che corrono a lungo con gli stessiindumenti, come i triatleti, i maratoneti o gli ultramaratoneti, ma può riguardare tutti, laddovel’intimo, la maglietta o i pantaloncini presentano cuciture sporgenti nei punti sbagliati. Quelli criticisono l’inguine, le ascelle, i capezzoli e la linea del reggiseno per le donne. Per una corsa breveesistono apposite pomate antisfregamento, per le corse più lunghe meglio procurarsi unabbigliamento specifico e, nel caso degli uomini, valutare l’antica pratica di proteggere i capezzolicon cerotti.

Tendinopatia achillea. Quello di Achille è il tendine più forte del nostro corpo, però anch’esso èsoggetto a infiammazioni. Le cause possibili sono molte: da ragazzino ho avuto male ai tendini perchésono cresciuto troppo in fretta; prima delle Olimpiadi di Pechino ho avuto una borsite al tendined’Achille che ho cercato di ignorare finché non mi ha costretto a fermarmi. In generale, la tendinitepuò manifestarsi a causa di un sovraccarico di lavoro, di una tecnica di corsa sbagliata o diun’attrezzatura inadatta (alcune scarpe hanno dietro una «conchiglia» molto dura, ma creano problemianche quelle troppo vecchie o troppo piatte). Per disinfiammare la zona va bene il ghiaccio, ma nonbasta: i tendini sono poco irrorati ed è per questo che richiedono così tanto tempo per riprendersi daun infortunio. Siccome il ghiaccio limita l’afflusso sanguigno, usalo solo lo stretto necessario, quindiconsulta un medico o un fisioterapista.

Strappi e contratture ai polpacci. Quando la tensione muscolare è alta e il corridore è affaticato onon ha recuperato abbastanza, possono prodursi un piccolo trauma o una piccola rottura nelle fibredel polpaccio e del soleo. Questa è una zona della gamba piuttosto delicata, visto che sono numerosele inserzioni muscolari. Uno dei «regali» dell’invecchiamento è il progressivo calo dellalubrificazione dei muscoli (a partire dai trent’anni circa): per evitare infortuni e proteggere le areepiù fragili del corpo, oltre a fare potenziamento e stretching, è necessario bere tanto, ovviamente nonvino né caffè, ma acqua e tisane, e mangiare regolarmente frutta e verdura.

Sindrome della bandelletta ileotibiale. La bandelletta ileotibiale è una fascia tendinea che corredall’anca alla tibia, appena sotto il ginocchio: quando si infiamma, il dolore si concentra proprioall’altezza del ginocchio. In questo caso è importante andare alla radice del problema: unsovraccarico del quadricipite? Iperpronazione? Scarpe troppo usurate? Una volta compresa la causa,potrai procedere con massaggi, stretching ed eventualmente digitopressione sui cosiddetti triggerpoints, aree di ipersensibilità localizzata, premendo le quali si prova un male indicibile ma siliberano molte tensioni.

Unghia nera. Ecco un classico che non mi abbandona mai: si tratta di un ematoma da sfregamentoche compare sotto una o più unghie dei piedi, in genere quelle delle dita centrali, in caso diallenamento o di gara molto intensi (come succede a me) oppure di scarpe della misura sbagliata. Percercare di prevenirla, taglia le unghie dritte e corte, indossa sempre i calzini e compra le scarpe delnumero giusto, ricordando che ci deve essere almeno mezzo centimetro tra il dito più lungo e la puntadella scarpa.

Vesciche e calli. Le vesciche sono fastidiose e a volte dolorose, vengono soprattutto ai piedi costrettidentro scarpe troppo strette o troppo larghe e che indossano calze non traspiranti. Ancora una volta,quindi, ti raccomando di scegliere calze di cotone, della misura giusta, e scarpe né troppo grandi nétroppo piccole. I calli, invece, consistono in un ispessimento della pelle dei piedi e sono causati damalformazioni anatomiche o frizioni eccessive. È buona norma rivolgersi a un podologo o a uncallista: oltre a causare dolore e a essere antiestetici, i calli potrebbero proseguire nella loro crescitae costringerti a interrompere gli allenamenti.

QUEL «DOLORINO ADDOMINALE» CHE…

Chi corre lo sa: i disturbi gastrointestinali sono frequenti e possono colpire sia la parte alta dell’addome sia quellabassa. Si manifestano sotto forma di bruciore o reflusso gastroesofageo, bruciori di stomaco, nausea, vomito, fitte ecrampi addominali, necessità di defecare con urgenza, diarrea e presenza di sangue nelle feci.

Questi disturbi, generalmente transitori, portano l’atleta a ridurre l’intensità dello sforzo, fino ad abbandonarel’allenamento o la competizione nei casi più gravi. Nelle gare di endurance, per esempio, sono tra le cause piùfrequenti di ritiro o di riduzione della prestazione.

Dagli studi scientifici emerge che sono maggiormente diffusi:

nei corridori esperti rispetto ai neofiti;nelle donne rispetto agli uomini;

quando i podisti aumentano in breve tempo la quantità di allenamento;nei podisti che soffrono già di problemi gastrici o di colite;durante le gare piuttosto che in allenamento.

Le cause sono le più varie: si va da quella traumatica, che fa riferimento allo scuotimento cui è sottoposto l’intestinodurante la corsa, a quella ischemica, legata al minor afflusso di sangue agli organi interni durante uno sforzo cherichiede una dispersione di calore. Bisogna tuttavia ricordare anche la mancanza di esperienza e l’intensitàdell’impegno (maggiore è lo sforzo, più elevato sarà il rischio), oltre agli alimenti che si sono consumati nei due pastiprecedenti: come già ricordato nel box «MANGIARE PRIMA DI UN ALLENAMENTO», i maggiori problemi derivanodall’assunzione prima dell’attività fisica di alimenti grassi, ricchi di fibre e contenenti derivati del latte, così come daun’elevata dose di caffeina, che può aumentare i movimenti intestinali, o ancora dall’assunzione di bevande ricche disali minerali.

Principali sintomi avvertiti dal corridore durante la corsa, relativa frequenza dimanifestazione e suggerimenti di prevenzione

Zona Sintomi Frequenza Prevenzione

Esofago

Bruciore 10% Attenzione all’uso di farmaci antinfiammatori

Pirosi retrosternale 18% Assumere eventualmente antiacidi (consultare ilmedico)

Eruttazione 23% Consumare l’ultimo pasto tre ore prima dello sforzo

StomacoNausea 10% Evitare cibi fritti, cotture prolungate e con molti

ingredienti

Vomito 9% Limitare il contenuto di grassi nel pasto precedente

Intestino (colon eretto)

Crampi addominali 31% Limitare i cibi ad alto contenuto di fibre

Necessità didefecare 38% Limitare il consumo di caffè

Diarrea 21% Evitare gli alimenti con lattosio

Sangue nelle feci 7% Attenzione all’uso di farmaci antinfiammatori

Tabelle per tutti

Amo correre, è una cosa che puoi fare contando sulle tue sole forze, sui tuoi piedi e sul coraggio dei tuoi polmoni.

JESSE OWENS

Tutti possono diventare degli Ironman, con l’atteggiamento mentale giusto: motivato, convinto,tenace. Certo, non partendo da zero: se stai pensando di uscire di casa e di provare subito che non stodicendo la verità, fermati, respira e conta fino a mille. Poi continua a leggere.

Tutti possono diventare degli Ironman ma a determinate condizioni:

devono aver rispettato un allenamento graduale e progressivo, che li ha resi capaci di sostenerequel tipo di sforzo;devono aver raggiunto nei tre sport (nuoto, ciclismo e corsa) tutti gli obiettivi intermedi che sisono posti, da quelli minimi a quelli grandi;devono essere in una condizione fisica ottimale;devono avere uno stile di vita sano e regolato, il che comporta un’alimentazione controllata, unsonno di almeno otto ore per notte e qualche rinuncia (a sigarette e alcol prima di tutto).

Se sei tra loro, esci pure di casa e scoprirai che ho ragione. Se non lo sei, non abbatterti: conl’atteggiamento mentale corretto, diventerai un Ironman con i tempi giusti per te. Affermarlo puòsembrare provocatorio – e in effetti vuole esserlo – ma vorrei far riflettere sul fatto che ciascuno dinoi, a determinate condizioni, può raggiungere il proprio obiettivo.

Troverai tutto ciò che riguarda l’alimentazione e la nutrizione nella terza parte del libro; in questocapitolo tratterò invece dell’allenamento graduale e progressivo grazie al quale potrai raggiungere iltuo obiettivo. Come già detto in precedenza, per offrirti consigli e tabelle di allenamento il più inlinea possibile con la tua tipologia di runner e con le tue ambizioni, ho pensato di identificare tregruppi di corridori, con tre diversi obiettivi:

gruppo A. Essere in forma, dimagrire e avvicinarsi al mondo della corsa;gruppo B. Essere in forma, dimagrire e correre la 10 km;gruppo C. Correre la mezza maratona migliorando la propria performance.

Una premessa: le tabelle di allenamentoAllenatori e istruttori amano distribuire ai propri atleti le cosiddette tabelle di allenamento, cioè unaprogrammazione progressiva e graduale del carico di lavoro, seguendo la quale il corridore potràraggiungere il suo obiettivo. Dato che siamo esseri umani, però, è giusto sottolineare come siaimportante anche tener conto di una serie di fattori che ci differenziano l’uno dall’altro, dai tempi direcupero allo stato di forma in cui ci troviamo.

Siccome non posso seguirti direttamente nell’allenamento, voglio dire anche a te ciò che ripeto atutti gli atleti che seguo e preparo per gare internazionali o di minore importanza (tutti adulti oltre ivent’anni, ciascuno con i suoi impegni lavorativi, di studio e/o familiari): è fondamentale ascoltare ilproprio corpo, saper valutare con consapevolezza il livello di fatica individuale e le reali possibilitàche sentiamo di avere quel giorno. E non parlo solo di fisico. Nel 2012, per esempio, venivo da unaserie di risultati straordinari: terzo all’Ironman Sudafrica (2010), primo all’Ironman 70.3 di Pucón eall’Ironman Italy, dodicesimo all’Ironman Hawaii (2011). Preparavo giusto l’Ironman di Kona evolevo assolutamente trionfare, era la vittoria che sognavo da una vita ed era raggiungibile, a unpasso da me. Poi la mia ragazza mi ha lasciato e sono andato in crisi: dormivo male, mangiavopeggio, sono dimagrito… tutte cose che ho pagato in una gara così dura.

Non siamo macchine, l’importante è rendersene conto e non colpevolizzarsi. Se per qualsiasimotivo salti un allenamento non succede niente, basta riprendere da quello precedente. Se salti unasettimana di sessioni, dovrai ripetere la settimana precedente a quella che hai perso, prima diprocedere.

Se sei molto svogliato o non ti senti in forma, prova a fare uno sforzo: comincia con una corsalenta o una camminata facile, se poi scopri di riuscire a svolgere il lavoro previsto, bene, in casocontrario fai un allenamento leggero di recupero attivo, che ti permetterà di mantenerti allenato e diprepararti per la prossima seduta. In entrambi i casi, quando tornerai a casa sarai soddisfatto di te,perché avresti potuto cedere alla pigrizia ma non l’hai fatto.

Per essere efficace, qualsiasi programma d’allenamento deve essere flessibile, adattabile, umano:altrimenti come lo si raggiunge l’obiettivo?

In conclusione, dunque, le tabelle di allenamento non sono un obbligo né devono essere causa distress. Sono una guida che ti aiuterà a combattere la tentazione di cambiare programma: non unaprigione ma un sollievo, perché non dovrai pensare a come procedere ma conoscerai già la stradamaestra verso il traguardo che hai scelto, e se saranno necessari una settimana o un mese in più nonimporta.

Quel che è davvero importante è correre: se esci e scopri il bello della corsa io avrò già raggiuntoil mio obiettivo. E tu, allenandoti in modo strutturato e ordinato, riuscirai a ottimizzare i tuoi sforzi ea ottenere eccellenti risultati.

Una seconda premessa: i fattori di cui tenere contoIl tempo di adattamento e l’indice di incremento del lavoro sono condizionati da alcuni fattori:

l’età (oltre i quarant’anni i tempi di recupero e adattamento cominciano ad allungarsi);il sovrappeso (oltre i 5 chili);il fumo.

Chi fuma o è in sovrappeso oltre i 5 chili è paragonabile, come resa fisica, a una persona con diecianni in più rispetto alla sua età di partenza. Quindi, se rientri in una delle tre categorie precedenti (oin più di una), avrai tempi di recupero e adattamento più lunghi, e dovrai diminuire il carico dilavoro di almeno il 20%. Naturalmente, impiegherai più settimane per raggiungere il tuo obiettivo.

Dal momento che la corsa ha una componente traumatica dovuta all’impatto dei piedi con il suolo,che sollecita non solo il sistema muscolo-scheletrico, ma anche quello cardiocircolatorio,respiratorio, endocrino e termoregolatore, sentire il parere di un medico o di un professionistacertificato prima di iniziare ti aiuterà a capire da quale punto cominciare ad affrontare questo tipo diattività fisica.

Essere in forma e dimagrire: l’allenamento per il gruppo ABanalmente definiti «principianti», i corridori del gruppo A vivono una vita per lo più sedentaria,tranne qualche camminata quando necessario, e non hanno background sportivo. La corsa per loro èuna totale novità, quindi necessitano di un programma di allenamento adatto per rompere l’inerzia eavvicinarsi all’attività sportiva. Si tratta per forza di cose di un gruppo molto eterogeneo, che includeil giovane indolente così come il professionista superimpegnato che magari fuma venti sigarette algiorno. Per cercare di offrire a ognuno un allenamento il più possibile adeguato, ho pensato disuddividere ulteriormente il gruppo A in due sottogruppi.

IL GRUPPO A1

Chi sono. Sedentari che vogliono cominciare un’attività fisica per stare meglio e dimagrire, senzaaspettative di gara.

Obiettivo sportivo. Mantenere una corsa continua di quaranta minuti.

Indicazioni generali. Le tabelle non conterranno una distanza, ma solo il tempo da dedicare allacorsa. Cerca sempre di uscire tre volte la settimana, è il minimo consigliato; se aggiungi altre uscite,ti consiglio di ripetere la prima sessione della settimana. Per favorire il recupero tra una seduta el’altra, la cosa migliore è dedicarci un’intera giornata, durante la quale eseguire gli esercizi distretching che trovi nel capitolo precedente. L’obiettivo che ti poni è sviluppare la resistenza perriuscire a correre quaranta minuti di seguito: la velocità non è importante, quindi non ti sottoporròlavori specifici per migliorare le tue prestazioni in questo senso. Noterai piuttosto che la tua velocitàmedia crescerà insieme al miglioramento del tuo generale stato di forma. È consigliato indossarescarpe protettive non troppo leggere.

IL DOLORE AL FIANCO SINISTRO

Ti è mai capitato di vedere bambini che giocano e corrono costretti a fermarsi perché hanno male a un fianco? Inalcune occasioni infatti – del tutto normali – il dolore addominale è chiaramente localizzato al fianco destro (ilcosiddetto «mal di fegato») o al fianco sinistro (il cosiddetto «mal di milza»). Questi disturbi non sembrano esserecollegati all’alimentazione.

Il dolore al fianco sinistro colpisce soltanto i neofiti della corsa. Si suppone sia causato da una contrazione dellamilza, un organo situato nella parte sinistra superiore dell’addome, all’interno della gabbia toracica. Il suo compito èprodurre i globuli bianchi, ripulire il sangue dai globuli rossi invecchiati e controllare la presenza di agenti patogeni nelsangue. Si tratta, pertanto, di un organo molto ricco di vasi sanguigni. Contraendosi, la milza mette in circolo nelsangue i globuli rossi che contiene, i quali collaborano a portare più ossigeno ai muscoli coinvolti nella corsa, e talecontrazione probabilmente causa dolore nel punto in cui è localizzato l’organo. Solitamente, dopo qualche seduta dicorsa, il dolore al fianco sinistro si presenta con sempre minore frequenza.

Percorso. Dovrai correre su una superficie sempre piatta, senza dislivelli importanti e possibilmenteuniforme (per esempio asfalto o sterrato compatto).

Intensità. L’intensità del tuo lavoro dovrà essere tale da permetterti di parlare mentre corri: secondoil metodo del dottor Arcelli che trovi qui, RL (respirazione lenta) o RLI (respirazione leggermenteimpegnata). Il ritmo del tuo avanzare dovrà classificarsi come corsa, ma in quell’ambito essere il piùlento possibile: fai passi corti e frequenti, senza alzare le ginocchia; appoggia tutta la pianta delpiede e cerca di tenere una corsa piatta ed «economica».

IL GRUPPO A2

Chi sono. Sedentari che vogliono cominciare un’attività fisica per stare meglio e dimagrire, senzaaspettative di gara. Chi fa parte del gruppo A2 ha più difficoltà nel correre di chi fa parte del gruppoA1: magari è in sovrappeso, oppure fuma e va subito in affanno, oppure ha problemi agli artiinferiori.

Obiettivo sportivo. Mantenere una camminata continua per quaranta minuti.

Indicazioni generali. Le tabelle non conterranno una distanza, ma solo il tempo da dedicare allacorsa. Cerca sempre di uscire tre volte la settimana, è il minimo consigliato. Per favorire il recuperotra una seduta e l’altra, dedicaci un’intera giornata, durante la quale eseguire gli esercizi di stretchingche trovi nel capitolo precedente. È consigliato indossare scarpe protettive non troppo leggere.

Percorso. Dovrai correre su una superficie sempre piatta, senza dislivelli importanti e possibilmenteuniforme (per esempio asfalto o sterrato compatto).

Settimana I

Lunedì (Stretching)

Martedì 1’ cammino + 1’ corsa per 10 volte: in totale 20’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 1’ cammino + 1’ corsa per 12 volte: in totale 24’

Venerdì (Stretching)

Sabato 1’ cammino + 1’ corsa per 10 volte: in totale 20’

Domenica —

Settimana II

Lunedì (Stretching)

Martedì 1’ cammino + 2’ corsa per 8 volte: in totale 24’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 2’ cammino + 2’ corsa per 7 volte: in totale 28’

Venerdì (Stretching)

Sabato 2’ cammino + 3’ corsa per 5 volte: in totale 25’

Domenica —

Settimana III

Lunedì (Stretching)

Martedì 1’ cammino + 2’ corsa per 9 volte: in totale 27’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 2’ cammino + 4’ corsa per 4 volte: in totale 24’

Venerdì (Stretching)

Sabato 1’ cammino + 3’ corsa per 7 volte: in totale 28’

Domenica —

Settimana IV

Lunedì (Stretching)

Martedì 1’ cammino + 3’ corsa per 7 volte: in totale 28’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 1’ cammino + 4’ corsa per 5 volte: in totale 25’

Venerdì (Stretching)

Sabato 12’ di corsa continua + 2’ cammino per 2 volte: in totale 28’

Domenica —

Settimana V

Lunedì (Stretching)

Martedì 1’ cammino + 2’ corsa; 1’ cammino + 3’ corsa; 1’ cammino + 4’ corsa per 3 volte: in totale 36’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 5’ corsa + 1’ di camminata per 5 volte: in totale 30’

Venerdì (Stretching)

Sabato 5’ cammino a ritmo veloce + 20’ corsa continua: in totale 25’

Domenica —

Settimana VI

Lunedì (Stretching)

Martedì 4’ corsa + 1’ cammino per 6 volte: in totale 30’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 15’ corsa continua + 2’ corsa lenta per 2 volte: in totale 34’

Venerdì (Stretching)

Sabato 25’ corsa continua costante

Domenica —

Settimana VII

Lunedì (Stretching)

Martedì 10’ corsa + 2’ cammino per 3 volte: in totale 36’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 30’ corsa continua costante

Venerdì (Stretching)

Sabato 30’ corsa continua costante

Domenica —

Settimana VIII

Lunedì (Stretching)

Martedì 10’ corsa + 2’ cammino per 3 volte: in totale 36’

Mercoledì (Stretching)

Giovedì 1’ cammino + 20’ corsa + 1’ cammino + 15’ corsa + 1’ cammino: in totale 38’

Venerdì (Stretching)

Sabato 40’ corsa continua costante

Domenica —

Intensità. L’intensità del tuo lavoro dovrà essere tale da permetterti di parlare mentre corri: secondoil metodo del dottor Arcelli che trovi qui, RL (respirazione lenta), senza affanno.

Allenamento. Comincia con una camminata continua a buon ritmo, senza avere il fiatone, per quindicio venti minuti. Quando ti senti pronto, aumenta la durata della camminata di cinque minuti asettimana. Successivamente, se il peso, le strutture articolari e muscolari e il sistemacardiocircolatorio lo consentono, introduci sessanta secondi o cento metri di corsetta lenta, seguitada un lungo recupero completo camminando. La tua regola di base sarà non aggiungere più di cinqueminuti di esercizio totale all’allenamento precedente. Così facendo, potrai arrivare anche acamminare di seguito per novanta minuti.

Allenarsi per la 5 km: l’allenamento per il gruppo BChi sono. Il gruppo B è eterogeneo quanto a provenienza degli atleti, che possono essere jogger,praticanti di altri sport non di endurance o ex corridori; a unificare la categoria, la consuetudine conlo sport e un fisico allenato, anche se non a livello professionale o amatoriale. Se riesci a correrelentamente per trenta o quaranta minuti di seguito, rientri in questo gruppo.

Obiettivo sportivo. Correre una 5 o una 10 km, gare molto gettonate tra i corridori e frequenti neiweekend, senza aspettative agonistiche se non arrivare in fondo godendosi il percorso.

CORRERE PIANO FA BRUCIARE I GRASSI?

Per diverso tempo si è pensato che correre lentamente (a basso ritmo) fosse il metodo principe per bruciare i grassi,perché correre piano richiede un ritmo cardiaco che attiva il metabolismo aerobico, obbligando cioè il consumo digrassi a scopo energetico.

Seguire solo questa pratica, però, può essere causa di infortuni, perché comporta un maggiore carico per lestrutture articolari inferiori: abbastanza diffusi sono gli infortuni alle ossa dei piedi, come piccole fratture da stress, oalle ginocchia, per esempio infiammazioni ai menischi o ai tendini rotulei e la sindrome della bandelletta ileotibiale,solo per citarne alcuni.

Inoltre, si è scoperto che correre unicamente a basso ritmo per un periodo di tempo prolungato permetteun’attivazione del metabolismo dei grassi nettamente inferiore rispetto ad altre metodologie di allenamento, comequelle segnalate nelle tabelle di Daniel, che si sono rivelate maggiormente adeguate al conseguimento di un’efficaceperdita di massa grassa.

Indicazioni generali. Una premessa per chi pratica abitualmente altre discipline, per esempio nuoto,pattinaggio o canottaggio: immagino che il tuo «motore aerobico» sarà molto sviluppato, così come iltuo «motore energetico»; con il giusto apporto di ossigeno il tuo corpo sarà efficientissimo neltrasformare zuccheri e grassi in movimento, e senza dubbio tollererai bene fatica e dolore;probabilmente ti troverai subito bene con la corsa, non avrai problemi ad aumentare l’intensità degliallenamenti e, anzi, avrai voglia di spingere il più possibile. Tutto questo, però, comporta un rischio:le tue strutture osteoarticolari, abituate ad altri sport, non sono preparate per l’impatto costantecontro il terreno che la corsa richiede. Nei nuotatori che cominciano a correre, per esempio, sonomolto comuni infiammazioni e infortuni alle ginocchia e alle caviglie, perché, se a livello aerobiconon hanno problemi, si scontrano però con una difficoltà a livello muscolare e articolare.Diversamente, gli atleti che praticano sport non di endurance hanno gli arti inferiori allenati percorrere, ma devono lavorare sulla resistenza. Lo stesso si può dire degli ex corridori. Per evitare diincappare in spiacevoli infortuni è importante saper valutare lucidamente la propria situazione. Forsedovrai dedicare un breve periodo a adattare tendini e articolazioni ai movimenti della corsa: si trattadi una scelta personale, che va presa giorno per giorno sulla base delle sensazioni che ti rimanda iltuo corpo. Occhio quindi a come ti senti: non saltare le tappe e rispetta i tempi che il tuo organismo tichiede. La stessa regola vale per le persone di età avanzata, i fumatori e chi è in sovrappeso: in

questi tre casi, i processi di recupero e l’adattamento saranno più lenti della media, quindi il caricodi lavoro va gestito di conseguenza, magari ripetendo più volte le tabelle quando ci si accorge difaticare un po’, o inserendo settimane meno dure (come la quarta) per allentare la pressione e dare alcorpo il tempo di assimilare il lavoro fatto.

CORSA E MASSA

Vorrei sfatare un mito: la corsa non fa ingrossare le gambe. Del resto basta guardare le mie: sono magrissime!Con la corsa, semmai, cambia la composizione della massa corporea: quella grassa cala e quella magra

aumenta, almeno all’inizio. A livello muscolare diventi più tonico e, nel tempo, dimagrisci, ma ci sarà probabilmenteun momento in cui la massa grassa non sarà ancora diminuita e quella magra sarà già aumentata: in quel periodo ilpeso rimarrà invariato (e lo stesso vale per la misura dei tuoi jeans), ma tu sarai sulla strada giusta. Aumentare lamassa magra significa avere più motore: di conseguenza, consumerai di più. Metaforicamente, è come se primaavessi avuto una Panda diesel, e adesso avessi un Suv ultramoderno: la massa grassa diminuirà moltovelocemente, ma devi darti il tempo di passare dalla Panda al Suv…

Percorso. È indicato correre le prime due sedute di allenamento della settimana su percorso piatto, escegliere invece un terreno collinare o ondulato per la corsa lunga. Il fondo migliore è morbido osterrato compatto.

Intensità. Nella tabella che segue ho previsto tre sedute a settimana. Se intendi allenarti anchedurante gli altri giorni, ti consiglio di correre lentamente e per non più di quaranta minuti, tenendo unritmo lento ma continuo e costante. In alternativa, fai potenziamento o stretching. Valuterai l’intensitàsecondo il metodo della respirazione del dottor Arcelli che trovi qui. Per comodità, riporto qui ilsignificato delle sigle che utilizzerò nella tabella:

RF (respirazione facile);RLI (respirazione leggermente impegnata);RI (respirazione impegnata).

LA CORSA A DIGIUNO

Correre a digiuno è una preziosa strategia per chi desidera dimagrire in maniera efficace e salutare: grazie allascarsa disponibilità di glicogeno presente nelle riserve di muscoli e fegato, infatti, è possibile consumare unamaggiore quantità di lipidi.

Spesso utilizzata dagli atleti delle discipline di endurance (come il triathlon, specie quando prevede distanze dilunga durata quali l’Ironman) la corsa a digiuno permette di migliorare la prestazione fino a un terzo in più rispetto aivalori normali. Ma com’è possibile?

Quando si corre si consumano innanzitutto zuccheri per produrre energia. Al mattino, però, il glicogeno contenutonel fegato è quasi esaurito (visto che durante la notte ha dovuto fornire al cervello il carburante minimo persopravvivere) e noi ci troviamo in uno stato di carenza di zuccheri. Il nostro organismo, quindi, sarà costretto ad

attivare gli enzimi responsabili della combustione dei lipidi (come il citrato sintasi, CS, e il 3-hydroxyacil-CoA

deidrogenasi, HAD) e a «shiftare» il metabolismo verso questo combustibile. Per tali ragioniw è importante correre a

digiuno a bassa intensità, in modo continuo ma non troppo a lungo. Se sei un neofita ti consiglio di farlo non oltre iventi-trenta minuti. Successivamente puoi aumentare la durata dell’allenamento di cinque minuti a seduta, mageneralmente suggerisco di non superare l’ora di corsa. Il potenziale di questo beneficio aumenta sequotidianamente vi assocerai un’alimentazione con una quantità di carboidrati sufficiente al tuo fabbisogno, senzaeccessi.

Un’altra indicazione fondamentale: appena rientri da questo allenamento, fai colazione per recuperare il piùvelocemente possibile la carenza di glicogeno e fornire al sistema nervoso un’adeguata quantità di carburante.

Settimana I

Lunedì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Martedì 30’ corsa aerobica (RF)

Mercoledì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Giovedì 35’ corsa aerobica (RF)

Venerdì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Sabato 40’ corsa aerobica (RF)

Domenica —

Settimana II

Lunedì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Martedì Variazioni di ritmo: 10’ di corsa lenta, poi 6 volte 1’ a ritmo medio (RLI) + 2’ di corsa lenta (RF)

Mercoledì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Giovedì30’ corsa lenta, poi 6 volte 30’’ di corsa progressiva, (fino a correre a un ritmo molto sostenuto, cercandosempre di fare una corsa simmetrica e composta) + 1’ camminando (non deve essere un lavoromassimale)

Venerdì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Sabato 50’ corsa collinare (RF)

Domenica —

Settimana III

Lunedì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Variazioni di ritmo: 10’ di riscaldamento con corsa lenta, poi 5 volte 2’ a ritmo medio (RLI) + 1’ di recupero a

Martedì ritmo lento (RF)

Mercoledì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Giovedì 30’ corsa lenta (RF) + 6 allunghi in progressione (come la settimana precedente)

Venerdì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Sabato 55’ corsa collinare (RF)

Domenica —

Settimana IV

Lunedì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Martedì 40’ corsa lenta

Mercoledì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Giovedì 10’ di riscaldamento, poi 5 volte 2’ a ritmo medio (RLI) + 1’ a ritmo veloce (RI) + 1’ camminando

Venerdì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Sabato 40’ a ritmo lento su terreno collinare (RF)

Domenica —

Settimana V

Lunedì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Martedì 10’ di riscaldamento, poi 4 volte 3’ a ritmo medio + 1’ a ritmo veloce + 1’ camminando

Mercoledì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Giovedì 10’ di riscaldamento, poi 3 volte 1 km a ritmo sostenuto (RI), 3’ di recupero camminando; 5’ didefaticamento molto lento alla fine

Venerdì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Sabato 60’ corsa collinare lenta (RF)

Domenica —

Settimana VI

Lunedì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Martedì 10’ di riscaldamento, poi 4 volte 3’ a ritmo medio + 1’ a ritmo veloce + 1’ di corsa lenta; 5’ di defaticamentomolto lento alla fine

Mercoledì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Giovedì 10’ di riscaldamento, poi 4 volte 1 km a ritmo sostenuto (RI), 3’ di recupero camminando

Venerdì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Sabato 70’ corsa collinare lenta (RF)

Domenica —

Settimana VII

Lunedì —

Martedì 40’ corsa lenta, alla fine 8 allunghi in progressione di 30’’, pausa 1’ camminando

Mercoledì —

Giovedì 10’ di riscaldamento, poi 6 volte 3’ a ritmo medio sostenuto (RLI) + 2’ corsa lenta

Venerdì —

Sabato 50’ corsa collinare lenta (RF)

Domenica —

Settimana VIII

Lunedì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Martedì 30’ corsa lenta, alla fine 6 allunghi in progressione di 30’’, pausa 1’ camminando

Mercoledì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Giovedì 30’ corsa lenta (RF)

Venerdì (Corsa lenta e stretching o potenziamento e stretching)

Sabato Gara

Domenica —

Allenarsi per la mezza maratona: l’allenamento per il gruppo CChi sono. Amatori, corridori, atleti che già partecipano a gare di corsa, hanno esperienza diallenamento e vogliono migliorare le loro prestazioni.

Obiettivo sportivo. Correre una mezza maratona (21 km), gara molto popolare in questi anni.

IL FIANCO DESTRO, QUESTO CONOSCIUTO

I corridori più evoluti conosceranno il dolore al fianco destro, il cosiddetto «mal di fegato», che insorge quandol’intensità della corsa è elevata e prolungata. Si sono ipotizzate due cause:

la prima ipotesi è che si tratti di una contrazione della muscolatura liscia che ricopre la cistifellea, il piccoloorgano che aiuta la digestione immagazzinando la bile prodotta dal fegato, utile a emulsionare i grassi assunticon l’alimentazione;la seconda ipotesi è che il dolore al fianco destro sia causato da spasmi dei piccoli canali che collegano lacistifellea all’intestino tenue, attraverso i quali la bile viene immessa nell’intestino stesso. Può capitare, speciequando si corre in ambiente caldo e non si è ben idratati, che la fluidità della bile sia ridotta e la sua densitàeserciti una pressione sulle microscopiche pareti di questi dotti, causando, appunto, dolore.

Un buon comportamento preventivo consiste nel curare sempre con attenzione l’idratazione, soprattutto nellastagione calda.

Indicazioni generali. Anche per te che già gareggi, vale la regola che ho enunciato prima per tutti glialtri corridori: ricordati di ascoltare il tuo corpo e di rispettarne i tempi. Se per qualsiasi ragione tirendi conto che il tuo organismo fatica ad accettare un ritmo di lavoro così sostenuto, rilassati e tornaindietro, eventualmente anche alla tabella proposta per il gruppo B. Ho faticosamente capito a miespese che nessuna gara è questione di vita o di morte, quindi posso dirti con sicurezza chel’importante è migliorare con costanza e prudenza. In ogni caso, è meglio presentarsi a una gara indifetto di allenamento ma pieno di energie che sovraccarico e stanco.

CROSS TRAINING

Il cross training è una tecnica di allenamento che permette, attraverso la pratica di discipline diverse, diincrementare il livello di performance di un atleta. In pratica si abbinano altri sport a quello che pratichiamoprincipalmente, per migliorare le nostre prestazioni complessive.

Un atleta come me fa cross training quando è off-season, per tenersi in forma, o quando è infortunato e non puòallenarsi. Per esempio, mi è capitato di pedalare insieme al maratoneta Ruggero Pertili: era infortunato, e permantenersi allenato a livello metabolico e muscolare, senza traumatizzare articolazioni e tendini, ha inforcato la bici,e andava forte.

Nel caso della corsa, e in generale degli sport di endurance, è indicato praticare sci di fondo, escursionismo conle ciaspole, ciclismo, mountain bike, CrossFit, tennis e così via. Anche il nuoto è una buona idea: scioglie le gambee aiuta a defaticarsi dagli allenamenti.

Se sei in vista di una gara, cerca di evitare tutti gli sport di contatto o ad alta percentuale di infortuni. In pratica, segli amici ti invitano per una partita di calcetto, resta a bordo campo e goditi solo il terzo tempo!

Quanto al lavoro che ti propongo, ho cercato di condensare in otto settimane un allenamento semplicema efficace. Spesso infatti mi è capitato di fare preparazioni atletiche un po’ pasticciate, comefossero dolci che nascono non da un’idea ma dalla semplice mescolanza di tutti i diversi ingredienti:lungo lento, lungo in progressione, salite corte, salite lunghe, medio, medio veloce, soglia, pista,combinati e multicombinati, più palestra… Pensavo che così non mi mancasse nulla, ma sbagliavo:«troppo» in questo caso è sinonimo di indefinito, non di completo.

Ho considerato quattro sedute di allenamento a settimana; nei giorni che non ne prevedono, sevuoi uscire a correre, puoi regalarti una corsa aerobica di cinquanta o sessanta minuti, oppure unasessione di potenziamento e stretching.

LegendaFartlek (variazioni di ritmo, dallo svedese «giochi di velocità»). Si alternano velocità diverse eritmo aerobico e anaerobico in un allenamento continuato, così da produrre acido lattico quando sicorre a una velocità più alta della propria soglia anaerobica, per poi dare al corpo il tempo persmaltirlo correndo a una velocità minore. In questo modo si migliora la propria capacità di recuperoe si allena l’organismo a smaltire più efficacemente maggiori quantità di acido lattico. Divertenti evarie, le variazioni di ritmo sono molto diffuse ed efficaci. Puoi praticarle sulle strade di montagna,dove i dislivelli del terreno inducono a un maggior impegno in salita, per poi recuperare in discesa,ma anche in pianura, utilizzando pali della luce o cartelli stradali per segnalare i cambi di ritmo.Oppure, puoi scegliere l’interval training, una metodologia di allenamento più strutturata, che tirichiederà di misurare in minuti o in metri i vari tratti di maggiore e minore impegno.

Le variazioni di ritmo apportano una bella serie di benefici:

sono stimolanti, quindi non ci si annoia;il metabolismo ci guadagna, come sottolinea Elena nel box qui sotto, e con esso crescerà ancheil livello della tua performance. I cambi di intensità, infatti, innalzano velocemente la frequenzacardiaca e di respirazione, migliorando l’apporto di ossigeno ai muscoli;grazie alle variazioni di ritmo acquisisci maggiore forza e resistenza, anche mentali, e tuttoquesto ti rende più pronto a partecipare a una gara.

L’ALLENAMENTO INTERVAL TRAINING

L’allenamento interval training è destinato ad affermarsi come lo standard più efficace per favorire il dimagrimento.Perché?

Bisogna sapere, innanzitutto, che alla fine di un qualsiasi tipo di esercizio fisico tutte le funzioni metaboliche nonritornano immediatamente al loro livello di riposo. Il corpo, infatti, è impegnato in una serie di processi diriassestamento, come il ripristino delle scorte di glicogeno, lo smaltimento dell’acido lattico, il riassetto ormonale chesegue l’innalzamento del testosterone, dell’ormone della crescita e della produzione di cortisolo durante lo sforzo, epersino l’abbassamento della temperatura interna. Questi processi richiedono un tempo proporzionale sia all’intensitàsia alla durata della seduta di corsa, e necessitano di ossigeno ed energia (mantenendo elevato il metabolismobasale e permettendo un maggiore consumo energetico a riposo nelle ore dopo la seduta).

In tal senso la differenza tra un allenamento interval training e una corsa lenta e regolare può arrivare anche al 7%,permettendo così un più efficace e costante dimagrimento. Allo stesso tempo, si registra una diminuzionedell’appetito nel periodo successivo all’allenamento.

Settimana I

Lunedì 12’ di riscaldamento facile, poi 10 volte 1’ ritmo medio + 2’ recupero corsa aerobica

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì Corsa aerobica di 12 km in leggera progressione

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì Corsa aerobica collinare di 15 km

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica —

Settimana II

Lunedì 15’ di riscaldamento facile, poi 10 volte 2’ ritmo medio + 1’ recupero corsa aerobica

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì Corsa aerobica di 12 km in leggera progressione

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì 15’ di riscaldamento facile, poi 2 volte 6x400 m, pausa 1’15’’ ritmo molto veloce, più veloce del miglior 5 km,tra una serie e l’altra 4’ di corsa molto lenta; 10’ di defaticamento, corsa lenta e stretching

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica Corsa aerobica collinare di 16 km

Settimana III

Lunedì 15’ di riscaldamento facile, poi 4 volte 4’ ritmo aerobico tranquillo + 3’ ritmo medio o ritmo teorico maratona+ 1’ ritmo miglior 10 km

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì Corsa aerobica di 14 km in leggera progressione

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì 15’ di riscaldamento facile + 4 allunghi di 80 m, poi 8 volte 800 m, pausa 2’ ritmo molto veloce vicino alpasso del miglior 5 km; 10’ di defaticamento, corsa lenta e stretching

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica Corsa aerobica collinare di 18 km

Settimana IV

Lunedì 60’ corsa aerobica lenta

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì Corsa aerobica di 12 km in leggera progressione

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì 15’ di riscaldamento facile; tempo training: ripetere 2 volte 4 km a ritmo gara 21 km, in mezzo recupero 1km facile di corsa molto lenta

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica Corsa aerobica collinare di 16 km

Settimana V

Lunedì 15’ di riscaldamento facile, poi 4 volte 4’ ritmo aerobico tranquillo + 4’ ritmo medio o ritmo teorico dellamaratona + 2’ ritmo miglior 10 km

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì Corsa aerobica di 14 km in leggera progressione

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì 20’ di riscaldamento, poi 8x1000 m, pausa 2’30’’ ritmo veloce, più veloce del miglior 10 km; 10’ didefaticamento, corsa lenta e stretching

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica Corsa aerobica collinare di 20 km

Settimana VI

Lunedì 15’ di riscaldamento facile, poi 5 volte 4’ ritmo aerobico tranquillo + 4’ ritmo medio o ritmo teorico dellamaratona + 2’ ritmo miglior 10 km

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì Corsa aerobica di 14 km in leggera progressione

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì 15’ di riscaldamento; tempo training: 8 km leggermente più del ritmo gara 21 km; 10’ di defaticamento,corsa lenta e stretching

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica Corsa aerobica collinare di 22 km

Settimana VII

Lunedì 40’ corsa aerobica lenta, poi ripetere per 10 volte 30’’ a ritmo veloce + 1’30’’ recupero corsa aerobica

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì Corsa aerobica di 12 km in leggera progressione

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì 20’ di riscaldamento, poi ripetere per la distanza di 10 km 3’ a ritmo sostenuto, leggermente più lento dellagara 21 km + 2’ corsa aerobica, ma non troppo lenta

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica Corsa aerobica collinare di 14 km

Settimana VIII

Lunedì 12’ di riscaldamento facile, poi 8 volte 1’ ritmo medio + 2’ recupero corsa aerobica

Martedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Mercoledì 40’ corsa aerobica tranquilla

Giovedì (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Venerdì 30’ corsa aerobica tranquilla + 6 allunghi di 20’’ in progressione

Sabato (50-60’ corsa aerobica; potenziamento e stretching)

Domenica Gara

Quando scelgo questo tipo di allenamento, vado alla cosiddetta «montagnetta di San Siro», cioè ilparco Monte Stella, nato nel secondo dopoguerra vicino allo stadio. Con un perimetro di circa duechilometri, numerosi sentieri e stradine in ghiaia, collinette e dislivelli, è stato utilizzato da tutti igrandi runner della zona, compresi Alberto Cova e Francesco Panetta, che ci andavano con il miticoGiorgio Rondelli, un importante allenatore di atletica che ha vinto tutte le medaglie possibili eimmaginabili, olimpiche e mondiali. Oggi si può persino seguire il «giro Cova», dieci chilometri cheti fanno sentire come se fossi in Trentino.

Ripetute. Il termine indica un lavoro che consiste nel ripetere più volte la stessa distanza (di solitotra i duecento metri e i due chilometri) a una velocità più alta della propria soglia, in alternanza conun periodo di recupero da fermi (alcuni atleti preferiscono la corsa lenta). Si tratta di una corsa«fuori giri» che richiede un impegno maggiore a livello organico, muscolare e di tecnica, ed è idealeper preparare tutte le distanze di gara, dalla 5 km alla maratona, al triathlon. Le mie preferite sono leripetute da 400 metri in pista, un lavoro di 2x8x400, con recuperi di 50’’ dopo ogni 400 metri e 4’ dicorsa lenta tra le serie. In alternativa, quando sono in forma mi regalo un classico 8x1km, con pausadi 1’45’’. È piuttosto doloroso, ma eseguito nel modo giusto questo allenamento mi aiuta a migliorarele prestazioni.

Tempo training. Si tratta di una corsa a ritmo regolare e costante a un’intensità molto elevata, sempreintorno alla soglia anaerobica. Si può cominciare con quindici minuti per poi aumentare fino aquaranta o più. Dato che l’intensità del ritmo è molto elevata, questo metodo di allenamento è duro:bisogna essere motivati, riposati e in forma per riuscire a sostenerlo (e avere una buona soglia di

sopportazione della fatica). D’altra parte, il tempo training paga tanto: migliora il consumo diossigeno da parte dei muscoli e innalza la soglia anaerobica, ci insegna a tenere in gara e a nonmollare. A me piace praticarlo sui 2x4km, oppure su un unico tratto da 7 a 12 chilometri. A voltepartecipo alle gare di corsa meno importanti per farlo in compagnia di altri runner ed essere menocoinvolto a livello mentale.

Corsa aerobica lunga. È la base del running, l’allenamento che non può mai mancare. Per gli atletievoluti la corsa lunga costituisce la base del lavoro, a cui affiancare via via altri metodi diallenamento per arrivare pronti alle gare; per i principianti, invece, è il modo migliore peravvicinarsi alla corsa: il corpo si adatterà rapidamente agli stimoli e, con la giusta programmazione eprogressività, si potranno facilmente e in breve tempo correre distanze che sembravanoinimmaginabili. Le distanze variano: si va dai lunghi (14-18 chilometri) per chi si allena per la 10km, ai 25 chilometri al massimo per chi intende preparare la mezza maratona, ai 35-38 chilometri perchi fa la maratona. Il lungo serve per adattare articolazioni e muscoli alla corsa di endurance: allenail sistema cardiovascolare, migliora la densità capillare e sviluppa in generale la resistenza, lapotenza aerobica e la capacità del corpo di utilizzare i grassi come fonte di energia. Come base delrunning dovrai correre a un ritmo lento, tra il 55 e il 70% della frequenza cardiaca massima, mentrechi prepara la maratona può inserire all’interno dell’allenamento diversi tratti a ritmo di gara. Iocorro i lunghi intorno a 120-140 battiti per minuto, se non devo fare un lavoro molto specifico,preferisco i terreni morbidi e collinari.

LE SALITE (PER ESPERTI)

Gli atleti con un livello di allenamento più avanzato e una maggiore esperienza possono scegliere di allenarsi moltoefficacemente con le salite, per esempio incorporandole al fartlek come cambio di ritmo naturale (spingendo di piùin salita e recuperando in discesa o in pianura) oppure facendo lavori specifici, con salite corte, medie o lunghe.Questo tipo di allenamento è ovviamente fondamentale per chi intende partecipare a gare il cui percorsocomprenda delle salite, ma è utile anche per migliorare le prestazioni di chi gareggia in pianura. Le salite, infatti:

aiutano a sviluppare forza ed elasticità muscolare;migliorano la frequenza e l’ampiezza di falcata;potenziano la tecnica di corsa e la coordinazione, visto che le braccia sono più coinvolte;incidono positivamente sulla tolleranza dell’organismo all’acido lattico e implementano la forza e la resistenza.

Vediamo ora come fare. Prima, però, occorre una precisazione: con «salite» non intendo l’Alpe d’Huez, mapendenze tra il 3% e il 10%. Oltre, si rischiano infortuni alle caviglie e alle ginocchia dovuti all’eccessiva flessione.

L’allenamento sarà diverso a seconda che la salita sia:

corta. Sulla base del tuo stato di forma, ripeti da cinque a quindici volte ottanta metri (o quindici secondi) dicorsa su una salita a circa il 6% di pendenza, ad alta intensità, curando tecnica e postura. Recupera indiscesa, camminando o corricchiando lentamente. Questo allenamento diventa ottimo se successivamenteaggiungi un lavoro di «trasformazione», correndo sul piano per un tempo maggiore. Non sapendo dovetrovare una salita del genere nei dintorni di Milano, con il mio coach, Simone Diamantini, ci alleniamo sullarampa del parcheggio del supermercato vicino a casa mia: via libera all’immaginazione, quindi, le salite ci

sono anche se non siamo abituati a notarle!media. Tra uno e quattro minuti di corsa in salita, si tratta di un allenamento per atleti esperti, volto amigliorare lo smaltimento dell’acido lattico e la potenza aerobica e ad aumentare il consumo di ossigeno;lunga. Correre in modo continuo su una salita non troppo dura, per trenta minuti o più, potenzia la resistenzamuscolare e la tenuta nelle gare di endurance.

Consigli per la gara

Corri quando puoi, cammina quando devi, striscia se serve; ma non mollare mai.

DEAN KARNAZES

In generale…C’è gara e gara: c’è la corsa indetta dalla parrocchia, c’è la campestre organizzata dalla scuola, c’èla Deejay Ten Run e ci sono decine di maratone, ovunque nel mondo. Poi ci sono le gare di triathlon– quelle che preferisco io – e gli Ironman, che sono oggi il mio obiettivo e la mia passione.

Tutte queste gare, pur diversissime tra loro, hanno in comune alcune cose, a iniziare da una seriedi accorgimenti molto opportuni che vanno tenuti presenti prima di partire, per evitare di cascare suqualche «buccia di banana» ancor prima di essersi schierati. Sono i seguenti:

se il pensiero: «Dovrò correre molto, devo mangiare molto» ti è passato per la mente,dimenticalo. La brutale realtà è che se scegli di fare colazione con una tazza di latte e cereali epoi cominci a correre, dopo quattro chilometri dovrai scappare in bagno. Come fare, quindi? Sela gara è al mattino, opta per una colazione leggera, senza latte, e non esagerare con il caffè. Sela gara è di pomeriggio, fai una colazione sostanziosa e mangia leggero a pranzo. In lineagenerale, vale la regola di lasciar passare almeno un’ora e mezza tra il momento dedicato alcibo e la corsa;

L’ALIMENTAZIONE PRIMA DELLA GARA

Se soffri di diarrea o di disturbi legati alla parte bassa dell’addome, limita o evita i cibi ad alto contenuto di fibre (comeverdura, legumi, cereali integrali) nei due giorni che precedono la seduta ad alta intensità o la competizione, cosìcome le quantità eccessive di frutta nelle ventiquattro ore prima. Inoltre, sarebbero da evitare il latte, la panna e ilgelato (anche in quantità minime). Dovresti poi consumare l’ultimo pasto (meglio se con pochi grassi, specie se diorigine animale) almeno tre ore prima dello sforzo, o anche di più se hai tempi di digestione lunghi.

riscaldati, ma senza intaccare la tua autonomia di corsa. Facciamo un esempio: se devi correreuna 10 km e la tua autonomia è di nove, sei già in difetto di uno; meglio non prevedere quindi unriscaldamento di tre chilometri, che peggiorerebbe la tua situazione. La soluzione è lo stretchingdinamico, per «riscaldare il motore» e metterlo in condizione di lavorare al meglio, senzaconsumare benzina;studia il percorso, soprattutto se stai per affrontare una gara complicata, che prevede ostacoli odislivelli. Sapere cosa succederà è utile per pianificare come agire;scegli il tuo abbigliamento con intelligenza. Se corri la maratona di New York, è probabile chetu debba schierarti ai nastri di partenza alle cinque del mattino, per partire però solo alle nove.Alle cinque dovrai poter stare ben caldo (l’ipotermia non è piacevole e, soprattutto, ti porta aconsumare energie preziose che ti serviranno in gara), ma alle nove dovrai evitare di sudareeccessivamente e in corsa ti servirà poi un abbigliamento leggero. Niente panico: il trucco èvestirsi a strati, possibilmente in tessuto tecnico, in modo da averne due o tre, non dieci. Dovraipoterli togliere mano a mano e abbandonarli lungo il percorso o legarteli in vita. Se corri almattino presto, sono fondamentali i guanti;arriva il momento in cui ti viene consegnato un pettorale e lo indossi; chiunque tu sia, sentiraimontare l’ansia. Tanta ansia. Se non punti a vincere, avrai comunque l’ansia da prestazione. Lasituazione non ti aiuterà a gestirla: ti ritroverai schiacciato in pochi metri tra mille altre persone,

in sottofondo sentirai la musica e lo speaker che presenta i singoli atleti, magari ci sarà anche labanda… La tensione sarà incredibile. L’unica cosa che non vorresti, dopo tutti gli allenamenti, ilriscaldamento, il potenziamento, lo stretching, la dieta, sarebbe essere costretto a fermarti. Perevitarlo, cerca di imbrigliare l’adrenalina: non partire a bomba, altrimenti dopo pochichilometri non avrai più nulla da dare; parti piano, tranquillo, e smaltisci l’adrenalina concalma. L’emozione, purtroppo, si paga, quindi mantieni la concentrazione e non farti trascinaredagli eventi.

Consigli per le gare di resistenzaSe stai per affrontare una gara di resistenza, ci sono alcuni consigli che voglio darti.

Il primo è di essere «economico». «Resistenza» ed «economia», per te, devono diventaresinonimi: se vuoi correre a lungo, devi essere in grado di gestire le tue risorse al meglio. Ne disponiin quantità limitata, quindi dovrai dosarle, soprattutto all’inizio.

Ai miei atleti ripeto spesso che le gare si compongono di tre parti:

1. la prima è quella dominata dall’emozione, da correre con il freno a mano un po’ tirato, a menoche tu non faccia fatica a carburare;

2. la seconda è quella che corri grazie al tuo allenamento. Ti senti bene, segui i ritmi che haipreparato, fai attenzione alla tecnica, controlli il battito e così via;

3. la terza è la vera gara, quella che mette alla prova, oltre che il tuo corpo, la tua mente.L’allenamento ti permette di arrivare in fondo, ma in questa fase soffri e devi tirare fuorideterminazione e tenacia per non mollare.

In altre parole: non bruciarti tutto nei primi chilometri, parti piano ma non troppo, sfrutta la scia mafai in modo di avere ancora risorse per quando dovrai affrontare l’ultima parte della gara, quelladecisiva.

L’endurance è il mio campo e so per esperienza che bisogna essere in forma fisicamente ma anchementalmente: se vuoi tagliare il traguardo, devi imparare a domare la tua testa. In gara può succederedi tutto, dagli infortuni alle crisi, al ritrovarsi a fare una prestazione sopra le righe.

Se ripenso alla mia carriera, credo che la maggioranza delle mie vittorie non siano state grandisorprese: mi ero allenato nel modo giusto, sono arrivato alla gara nel momento giusto, quando ero nelmio picco di forma. Ho corso e ho vinto.

Ci sono però casi in cui ho stupito me stesso, per esempio nel 2009, quando ho conquistato ilsecondo posto al Mondiale di Ironman 70.3: durante quella gara sono riuscito al meglio dove maiavrei pensato, nella frazione in bici. Quando sono sceso davanti a tutti e ho cominciato a correre, nonci credeva nessuno, nemmeno io. Se mi fossi esaltato e avessi perso lucidità, dubito che avreiottenuto lo stesso risultato.

Ciò che voglio dirti è che qualsiasi cosa capiti in gara la tua testa dovrà essere lì con te,consapevole e presente. Dovrai essere ragionevole e razionale anche quando l’istinto ti porterà aessere tutt’altro.

IN GARA

Se nelle gare precedenti, nell’ultimo tratto del percorso, hai sofferto di nausea o vomito, oppure hai avvertito il rifiutodi assumere determinati cibi, bevande o energetici, cerca di prestare attenzione e ricordare l’esperienza, così daevitare di assumere i medesimi alimenti.

È anche importante, specie quando la temperatura e l’umidità dell’aria sono elevate, contrastare le perdite d’acquadovute alla sudorazione attraverso l’integrazione di una miscela di acqua e sali minerali ben diluiti, per evitare ladisidratazione e l’ipertermia (ovvero il surriscaldamento dell’organismo, proprio come accade ai motori).

Non devi dimenticare infine di testare tutte le bevande e gli energetici in allenamento. Meglio giocare d’anticipo: ilmio suggerimento è di provare la strategia di integrazione durante gli allenamenti ad alta intensità e con un passo ilpiù simile a quello che desideri mantenere in gara, così da valutare l’efficacia degli integratori, evitare fastidi e gestireal meglio i loro benefici.

IMPARA A FERMARTI

A volte potresti essere fisicamente a pezzi ma voler andare avanti a tutti i costi: per orgoglio, pertestardaggine, per ostinazione.

Nel 2000 mi sono fatto fuori tutti i denti davanti. Ero in Australia e mi stavo allenando per la garadi Perth, l’ultima di qualificazione per le Olimpiadi. Se fossi arrivato tra i primi quindici avreiarraffato i punti e mi sarei qualificato per Sidney. Un pomeriggio mi stavo allenando in bicicletta,pioveva a dirotto ed ero lanciatissimo, ad almeno 30 chilometri all’ora. Un signore mi ha aperto laportiera della macchina davanti. Gliel’ho sfondata: c’erano sangue e denti ovunque, avevo la facciapiena di minuscoli frammenti di vetro, la spalla dolorante e la bici distrutta. Parlavo poco inglese,volevo chiedergli di portarmi all’ospedale e gesticolavo come un matto: lui guardava a turno me e lasua auto sfasciata, interdetto. Ha capito solo quando gli ho aperto il baule e ho caricato la bicisull’auto. In ospedale hanno insistito per mettermi dei punti, ma io non ne volevo sapere: dovevogareggiare. Risultato: colla di fibrina per tenermi insieme le gengive e sono tornato in albergo sfinito.Non potevo mangiare, avevo la bocca gonfia, mi faceva male tutto e mancavano tre giorni alla gara.

Ovviamente, mi sono buttato lo stesso.Uscito dall’acqua in condizioni abbastanza critiche, sono montato in bici e per miracolo ho

schivato una caduta di massa. Il gruppo davanti a me è volato via, io ho cominciato a rincorrere,sapendo che sarei rimasto fuori dalle Olimpiadi. A quel punto avevo un solo desiderio: finire cononore. Ma si è presentato un problema serio: il rischio di essere doppiato. Essere doppiati significasqualifica: tutto fuorché onorevole. Ho corso la maratona con i denti spaccati, la consapevolezza diavere già perso e l’incubo del primo – il campione del mondo – cento metri alle mie spalle. La gentea bordo strada faceva il tifo per me.

Sono tornato a Bahía Blanca sconfitto. A settembre ho guardato le Olimpiadi in televisione, con ilacrimoni, chiedendomi perché i brasiliani avessero portato tre triatleti e l’Argentina soltanto uno,uno che non ero io.

Se c’è stato un senso in quella sconfitta e in quella gara sgangherata, è stato questo: ho imparato afermarmi. Il soldato che scappa può combattere un’altra battaglia, quello che muore no. Sono statoparticolarmente fortunato, ma non è detto che la stessa fortuna baci chiunque, quindi il mio primoconsiglio per chi partecipa a una gara di qualsiasi tipo è: impara a fermarti.

Non è questione di vita o di morte, anche se lo sembra. E nelle gare di endurance, decisamente losembra. Perché quando stai per partire, vuoi vincere.

COME SUPERARE LE CRISI

Mentre mi mettono il pettorale, penso a me come a un guerriero. L’Ironman più di ogni altra cosa, maanche il triathlon olimpico, prima di dare tanto chiede tanto. Chiede di sopportare un livello di faticae di dolore inimmaginabile, di mantenere una concentrazione costante per una montagna di ore.

Quando parto, so che non sto andando in guerra. So che uno vince, gli altri perdono, ma nessunomuore. Tuttavia, si tratta di gare così impegnative che la motivazione fa davvero la differenza: unguerriero non molla mai, neanche dopo sei ore e mezza di nuoto, bici e corsa. Un guerriero supera leinevitabili crisi che si presentano e riesce a tagliare il traguardo.

Nel 2004, provato dalla partecipazione alle Olimpiadi e da tutte le gare precedenti, mi sonobuttato e ho partecipato – forte del mio doppio passaporto – al Campionato italiano di triathlon.Avevo appena corso per la bandiera argentina: gli avversari mi odiavano. Ho giocato d’attacco,superando i loro assalti, e negli ultimi chilometri ero secondo, dietro ad Andrea D’Aquino. Erosfinito, esaurito, completamente morto: nelle gambe non avevo più un grammo di energia ma sonoriuscito a inventarmi una strategia «o la va o la spacca» che mi ha portato alla vittoria. Ho sferrato unattacco suicida a due chilometri dal traguardo, bleffando alla grande: Andrea, benché più tonico dime, si è demoralizzato e si è accodato, permettendomi di vincere.

Per riuscire a fare questo, bisogna restare lucidi e non farsi prendere dal panico, dal dolore, dallastanchezza e dallo scoramento. In pratica: dalla crisi.

Lo stesso vale per l’Ironman. Mark Allen ha affermato che è riuscito a mantenere un controlloperfetto solo l’ottava volta che ha partecipato all’Ironman Hawaii, la prima che ha vinto. Quando ioper la prima volta ho gareggiato sulla distanza Ironman, in Sudafrica nel 2010, ho sentito ladifferenza rispetto a tutto ciò che avevo fatto fino a quel momento: mi sono reso conto che un Ironmanè composto da due gare, una dietro l’altra. La prima comprende la tappa di nuoto, quella di bici e unamezza maratona. È come un Ironmen 70.3: si va forte, si ripetono i ritmi e le sensazioni testati inallenamento, si mangia a intervalli regolari, si dosano le energie, si analizza la situazione in ognimomento e si progetta un tempo finale. Le gambe sono toniche e tutto viene abbastanza facile. Iltempo però passa, le ore corrono e dopo circa sei ore e mezza comincia inesorabilmente la secondagara, l’ultima parte della maratona, quando le energie si stanno esaurendo o sono già esaurite.

A quel punto inizia il vero Ironman, un romanzo che non sai come andrà a finire, perché ti sentimale e sei chiamato a confermare la tua motivazione in ogni istante. È una corsa drammatica eromantica, a ritmo più lento della prima, durante la quale puoi pensare e riflettere, lottando per ilfinale che sogni.

Il dolore, che esaurisce ogni singola fibra del tuo corpo, è la punta dell’iceberg: arriverà una crisiche coinvolge tutto, dalla carenza di zuccheri ai problemi muscolari, ma soprattutto la testa. Ti passala vita davanti, ti chiedi perché stai facendo questo sforzo inutile, perché non ti stai fermando. È unadifesa, e tu devi superarla: hai presente la classica lotta tra l’angioletto e il diavoletto sulle spalle? Èesattamente così, però il diavolo in quel momento è ben più grande e la sua opinione pesa molto dipiù. Anche perché fisicamente, benché l’allenamento ti abbia preparato alla gara e a sopportare lacrisi, sei esausto.

Bisogna essere veramente convinti e mentalmente addestrati per riuscire a rendersi conto che, inquel momento, si sta attraversando una crisi. E che la crisi, come tutte le cose, passerà se tieni duro.Devi rimanere lucido, distaccarti, osservare la tua condizione dal di fuori e attendere che passi,senza lasciarti coinvolgere.

C’è chi sostiene che in quei momenti sia utile pensare agli affetti più cari, concentrarsi suimmagini che danno gioia o ripetersi frasi ispiranti; io penso solo a continuare e a non fermarmi.Rallento, mangio e keep going, vado avanti, un pezzetto per volta. Mi do piccolissimi obiettivi

intermedi: dal punto in cui sono devo arrivare a quel palo della luce, dal palo della luce devoarrivare fino alla fine della strada e così via.

Se invece ti sei fatto male – ma se sei primo e ti infortuni a dieci metri dal traguardo, in quelcaso… fatti forza, vai e taglialo! – la cosa più intelligente è fermarsi. Non c’è niente di eroico nelfarsi male; piuttosto, c’è molto di stupido.

Penso che tutto ciò valga nello sport come nella vita. Le due cose per me sono legate in manierainscindibile, ma ricordo due momenti particolarmente difficili durante i quali questo modo di pensarepiù che aiutarmi mi ha salvato.

Il primo risale al 2002. Sono in Italia da allora, da quando Marco Novelli e Diego Macias mihanno offerto un posto nella loro squadra, Los Tigres, e un luogo per allenarmi in vista delle gareeuropee e delle qualifiche olimpiche. Dopo aver vinto una marea di gare, a Caldaro, Grado, Stra, edopo essere giunto secondo a Chioggia, sono caduto dalla bici, rovinando sull’asfalto. Risultato:ferita aperta alla gamba. Qualche giorno dopo ho deciso di tentare lo stesso una gara in Ungheria,pensando che la ferita fosse quasi guarita. La parola chiave, qui, è «quasi»: mi sono beccatoun’infezione per la quale ho rischiato la vita.

Costretto a letto, con gli amici e i colleghi che mi prendevano in giro chiamandomi «principito»,perché ero arrivato vincente e ora dovevo essere aiutato in tutto, ho pensato seriamente di smetterema, più ancora, di lasciarmi andare. Ho cercato di rimanere lucido, di rendermi conto che non era ilmomento per prendere decisioni di quella portata, e mi sono detto che, per non buttare via la stagionee sancire il fallimento di tutto il viaggio, avrei dovuto affrontare un giorno alla volta. Così ho fatto, ene sono uscito.

Due anni dopo, nel 2004, c’è stato un secondo momento in cui mettere in campo questa mentalitàvincente mi ha permesso di svoltare. Sconfitto alle Olimpiadi, sono tornato alla base incerto sul dafarsi. Marco Novelli mi ha incoraggiato a partecipare al Campionato italiano di triathlon: il miosangue è italiano, ho il passaporto da quando sono nato e mi sono detto che forse era ora di farlofruttare. Mi sono iscritto e ho vinto. La DDS, la società per la quale ancora oggi lavoro, mi ha notato emi ha aperto le sue porte, offrendomi supporto tecnico per la preparazione delle future competizioni.In cambio, ovviamente, avrei dovuto correre per la bandiera italiana. È stata una scelta durissima,avevo l’impressione di tradire la mia patria, ma l’altra possibilità era smettere di fare triathlon edarmi all’economia. Di fronte all’ipotesi di mollare, per quanto la mia crisi fosse profonda, hosaputo che la cosa giusta da fare era continuare, e sono riuscito a fare un salto di qualità.

PARLATI SEMPRE IN MODO POSITIVO

Credo che esistano due strategie, quella di attacco e quella di difesa. Quando ho corso l’IronmanFlorida nel 2013 ho deciso per quella di attacco: sono partito fortissimo e sono rimasto davanti finoa metà della maratona, poi è arrivata la crisi. A quel punto ho applicato la strategia di difesa: sonostato costretto a rallentare, ma grazie al mio vantaggio mi sono piazzato quarto. Mentre vedevo gliavversari che mi sorpassavano, continuavo a pensare solo a finire e mi incitavo: «Forza Daniel, cisei quasi, sei stato bravissimo. Pensa a stasera, quando sarai in piscina a bere una birra ghiacciata».

Parlarsi in modo positivo è una regola che vale in mille casi: quando stai affrontando una crisi ingara e vorresti fermarti, quando sei stanchissimo e non ce la fai a uscire per allenarti, quando affrontiqualsiasi sfida nella vita, dalle più semplici (per esempio mantenere fede agli impegni presi o tenere

in ordine la casa) alle più difficili (come concludere un progetto complicato sul lavoro o costruireuna famiglia). Oppure, semplicemente, quando avverti un po’ di sconforto.

Evita di fustigarti, di darti del «cretino-pappamolle-incapace» e parlati in modo positivo. Valeanche per la postura: non andare in giro gobbo, drizza la schiena, petto in fuori e sguardo fiero,ripetendoti: «Sono forte, sono sano, ce la farò!». L’autostima ringrazierà.

Può sembrare un dettaglio secondario – e a maggior ragione, perché non provare? – ma non lo è,dal momento che il modo in cui guardiamo a noi stessi è il modo in cui il mondo guarderà a noi. Se cipensiamo sfigati, tristi, sconfitti, è questa l’immagine che di noi daremo al mondo. Non dico di averesempre un sorriso smagliante, e di sorvolare su qualsiasi problema con superficialità pur diconservarlo, ma di cercare di preservare un’immagine positiva di noi stessi, per restituirla agli altri.

Quando ero all’università, per sostenere gli esami dovevo mettermi in giacca e cravatta. Chi sipresentava vestito diversamente veniva bocciato. Alcune frange di studenti hanno contestato a lungoquesta abitudine, io non ero d’accordo allora e non lo sono adesso. Uno dei nostri professori, ungiudice prestato all’insegnamento, ci spiegò che la professione per la quale ci stavamo preparandorichiedeva un determinato abbigliamento: avremmo dovuto trasmettere competenza e affidabilità seavessimo voluto fare i commercialisti. Esigere quell’abbigliamento agli esami era un modo perinsegnarci anche questo aspetto della nostra professione. Ricordo che quando mi infilavo la giacca emi annodavo la cravatta, anche se il tono muscolare mi ricordava la mia carriera da atleta, io misentivo un commercialista.

A volte basta sembrare sfigati, tristi o sconfitti per diventarlo. Ed è talmente vero che in Argentinaesiste anche un proverbio in proposito: «La vespa punge sempre chi sta piangendo». Credo chel’autostima e la fiducia in se stessi siano un ottimo biglietto da visita e che vadano mostrate (comesempre, a patto di non esagerare). Sembrare forti e brillanti ci renderà di per sé tali, quando neavremo più bisogno, nello sport come nella vita.

Riassumendo: cinque consigli in pillole

1. Dosa l’allenamento. È meglio arrivare poco allenato a un appuntamento importante chesovraccarico di lavoro, come ho fatto io prima delle Olimpiadi di Pechino: molte gare sonovinte da atleti che si allenano tanto, ma molte di più sono perse da atleti che si allenano troppo.

2. Non innovare. Può sembrare una sciocchezza, ma l’eccellenza è nei dettagli. In gara, mai testareprodotti nuovi di qualsiasi genere, dagli integratori all’abbigliamento alle attrezzature: qualsiasiproblema può trasformarsi in un vero incubo dopo tre ore… Ricordo ancora il giorno in cuiebbi la pessima idea di comprarmi un paio di occhialini supertecnologici apposta per una gara:dieci bracciate ed erano tutti appannati, non vedevo niente, né la boa né la riva, e sono statocostretto a toglierli e a nuotare senza per il resto della gara.

3. Non fare il fenomeno. Nel 2009 potevo vincere i Campionati italiani di triathlon doppioolimpico, poi ho voluto esagerare durante i primi venti chilometri della tappa in bici: quandoabbiamo attaccato la salita ero spompato e ho dovuto rallentare. Alberto Casadei mi ha superatoed è andato a vincere, io mi sono dovuto accontentare del secondo posto.

4. Più testa che gambe. Durante le gare lunghe tutti soffriamo almeno una crisi, altrimenti vuoldire che siamo andati troppo piano: occorrono pazienza, concentrazione e consapevolezza deipropri mezzi per superare questi momenti difficili. Ma anche autostima, che non significapresunzione, anzi. L’ho capito bene a Kona, dove la leggenda vuole che si debba pagare dazioagli dei dell’isola. Nel 2010 non mi sono fidato e sono partito per vincere. Risultato: hoesagerato, dopo cinque chilometri di corsa zigzagavo nei campi di lava e sono stato costretto afermarmi. Sottostimare le situazioni, quindi, non va bene; ma nemmeno mollare se non ce n’èmotivo. Se stai affrontando una crisi e sei certo di poter continuare in sicurezza, anche se staimale e le gambe ti sembrano di legno, non arrenderti e taglierai il traguardo da vincitore,qualsiasi piazzamento tu riesca a conquistare.

5. Non promettere niente a nessuno per il dopogara. Non è bello addormentarsi a una cena in tuoonore organizzata dagli amici, giusto?

IRONMAN: PERCHÉ?

Un mio amico sostiene che, se durante un Ironman non pensi almeno due volte di mollare tutto, allora non haigareggiato all’altezza della situazione. In quel momento, se si è certi di poter continuare in sicurezza, bisognaandare avanti.

Nel 2010, durante il mio primo Ironman in Sudafrica, dopo sette ore di fatica e i primi quindici chilometri di corsa,fatti a una media di 3’55’’/km, il ritmo è calato tremendamente, fino a 4’30’’/km e oltre. Procedevo facendo una faticaenorme, ogni passo era un’impresa. Guardavo l’orologio e il tempo non scorreva mai. Simone, il mio allenatore, miurlava: «Non appesantirti!», ma non era così facile. Quando la gara cambia e le energie finiscono, la preparazione cipermette di continuare, ma il corpo si difende, dicendoci che dobbiamo fermarci, che ci conviene camminare unpo’, che è stupido fare 180 chilometri di bici e subito dopo una maratona…

E così ogni secondo, per ore, dobbiamo decidere se continuare a correre. Soltanto la convinzione di vincere lasfida ci darà la spinta per terminare la corsa. È una lotta feroce contro te stesso.

Come nella vita, trovare scuse è facilissimo. Ma il premio che si riceve concludendo la gara è infinitamentemaggiore del piacere del momentaneo riposo: chi taglia il traguardo di un Ironman (e in realtà di qualsiasi gara lungae difficile) non sarà mai più solo un professionista, un padre o un figlio. Sarà un guerriero che ha compiutoun’impresa unica: la gloria comincerà in quel momento e non si esaurirà mai (soprattutto nel caso degli ultimi, chemagari hanno impiegato un tempo infinito per tagliare il traguardo).

A fine gara, durante la festa, siamo tutti uguali. Grandi campioni, amatori, professionisti: siamo tutti finisher,persone che sono riuscite in qualcosa di unico, che si sono realizzate attraverso lo sport.

Fisicamente chi terminerà un Ironman sarà più magro, più tonico, più bello, ma soprattutto sarà una personamolto più forte, che crederà di più in se stessa e avrà maggiore autostima, perché ha superato un limite checredeva di avere e ce l’ha fatta. E questa consapevolezza gli sarà preziosa nella vita.

In conclusione…

La voglia di vincere non è nemmeno lontanamente così importante come la voglia di prepararsi a vincere.

BOBBY KNIGHT

A volte ciò che di meglio può succederti è che le cose vadano male, perché è allora che sei chiamatoa fare una scelta.

Dopo le Olimpiadi di Pechino mi sono rimesso in gioco completamente. Non sapevo se avreicontinuato: anche se la medaglia olimpica mi era sfuggita di mano un’altra volta, in carriera avevovinto molto, ero stato più volte campione argentino, panamericano e italiano, più volte mi sonopiazzato tra i primi al mondo. Forse era venuto il momento di tornare in Argentina e tirare fuori dalcassetto la mia laurea in economia.

Ho scelto di scommettere ancora sulla mia carriera sportiva: fisicamente mi sentivo forte, pensavodi avere ancora qualcosa da dare e mi sono posto un obiettivo a breve termine, l’Ironman 70.3. Lasocietà che mi appoggiava, la DDS, mi ha incoraggiato e al contempo mi ha affidato la direzionesportiva di un nuovo settore in ascesa, quello degli amatori, detti anche age groups o master.

Un detto argentino recita: «Quando metti tutte le tue uova in una sola cesta, se la cesta cade nonhai più niente». Nel mio caso, se ti concentri solo su allenamento e gare, nel momento in cui le garevanno male ti sentirai finito, benché non sia così. Cominciare una seconda vita da allenatore mi haaperto un orizzonte nuovo, riempiendomi il tempo libero e dandomi la possibilità di fare un’attivitàcompletamente diversa dal solito: era quello che mi ci voleva.

Questi atleti praticano il triathlon come hobby e sono il 99% di coloro che si schierano ai nastri dipartenza di qualunque gara, dall’Ironman Hawaii al Mondiale 70.3 di Clearwater, dall’Olimpico diBardolino allo Sprint di Forlì. Con diciassette stagioni di triathlon sulle gambe, mi sono trovato aseguire tre allenamenti di nuoto e uno di corsa ogni settimana, più un’uscita in bici la domenica,quando non ero impegnatissimo nella preparazione o nelle gare.

Dopo averli visti, tra me e me penso: «Ma questi sono pazzi!». Nuotano alle nove di sera dopo lapasta e fagioli, corrono con il buio e con la neve dopo il lavoro, e più l’allenamento è duro, più sonocontenti. Quando abbiamo cominciato eravamo un piccolo gruppo, che piano piano è cresciuto (oggicomprende circa un centinaio di atleti) diventando sempre più eterogeneo. Il denominatore comune èun’enorme passione e la voglia di fare sport per se stessi, per stare bene e per mettersi alla prova.

Alla fine del 2009 ho partecipato ai Mondiali di Ironman 70.3, a Clearwater, in Florida. Tornarealle origini, al genere di gara senza scia, dura e di sopravvivenza, cui partecipavo agli inizi della miacarriera in Argentina, mi ha esaltato: ho dato tutto quello che avevo, ho tenuto, ho sofferto ma ci hocreduto e mi sono classificato secondo.

È stata una svolta: mollate le ambizioni olimpiche, sono tornato in vetta. E mi sono detto: «Se hopreso una strada, devo percorrerla fino in fondo». A marzo 2010 ho partecipato al mio primoIronman, in Sudafrica, e ho chiuso terzo, qualificandomi per i Mondiali alle Hawaii: il mio sogno di

bambino. Il cerchio stava per chiudersi e io ero carico come nel 1994, quando ho cominciato: sicurodel mio talento, deciso a fare l’impossibile e a ottenere il massimo.

La vittoria di quella gara è un sogno ancora oggi, un sogno che mi concedo di rinnovare di anno inanno, sulla base delle mie prestazioni. Bilancio i miei trentotto anni con la saggezza: adesso non mibutterei più in mare dopo aver perso metà dei denti… Sono diventato anche più strategico, più astuto,più capace di ascoltare il mio corpo e di capirlo, oltre che di domare la mia mente e di superare lecrisi con successo.

Ho studiato, per riuscirci. Tra le mie letture preferite rientrano i giornali economici: la finanza hatanto in comune con l’agonismo e c’è molto da imparare dalla mentalità di chi quotidianamente se neinteressa. Per questo sono impazzito quando ho scoperto la figura di Paul Tudor Jones, finanziereamericano con un’incontenibile passione per la boxe.

Jones è l’autore di sette riflessioni, applicabili tranquillamente al mondo della speculazionefinanziaria come a quello dello sport, agonistico e non. Me le sono stampate tutte e sette e le hoappese in giro per casa: visto l’effetto positivo che hanno su di me, ti consiglio di fare lo stesso.

1. Solo tu sei l’artefice dei tuoi successi e delle tue sconfitte.Stringi stringi, la responsabilità è la tua. Sei tu che scegli di stare sul divano o di uscire a correre,

di smettere di fumare o di continuare a farlo, di mangiare sano o di ingurgitare chili di burro. Ancorauna volta, ti chiedo fiducia. Ogni giorno vedo il triathlon diventare una parte sempre più importantedelle vite dei miei atleti. Per alcuni arriva a essere un’ossessione, ma altri riescono a tenere i piediper terra e a godersi ogni singola uscita. Sono sicuro che il nostro sport, come lo sport in generale –per gli amatori come per tanti professionisti – sia una catarsi, un modo per scrollarsi di dosso la noiadella routine, liberare le tensioni e costruire la fiducia in se stessi. Non vorresti che fosse così ancheper te?

2. Il successo non arriva improvvisamente, per caso. Anche per i campioni arriva a tappesuccessive, a volte separate da anni di difficoltà e sforzi che sembrano vani.

Nella mia carriera, questo è palese. Mi stanca solo ripensare agli anni tra il 1995 e il 2004,durante i quali ho per lo più dormito per terra, mangiato quel che c’era, fatto migliaia di doccegelate, vagabondato per trasferte improbabili e faticosissime da un capo all’altro del mondo,disposto a fare rinunce di qualsiasi genere pur di potermi allenare nei climi giusti e di gareggiare. Lemie prestazioni ne hanno un po’ risentito, ci ho messo anni per eguagliare i risultati enormi dei mieiinizi, basati al 99% sul talento, ma ho colto l’occasione per imparare dagli altri, studiare,migliorarmi. Ho avuto anni difficili, periodi neri, le sconfitte olimpiche sono state durissime dadigerire, però non ho mollato e sono andato avanti. Oggi detengo il record italiano nella distanzaIronman, ma pratico triathlon da quando avevo sedici anni, l’Ironman 70.3 da dieci e l’Ironman dapiù di tre. Il tempo è fondamentale per ottenere ogni risultato, soprattutto se c’è di mezzo il corpo.Per raggiungere qualsiasi obiettivo lo coinvolga dovrai affrontare un percorso lungo, lento e faticoso,ma se ci credi e avrai pazienza, ci arriverai. E scoprirai che ne valeva la pena.

3. Il buon giocatore è chi non ha mai smesso di imparare: ci sono sempre margini dimiglioramento.

Anche quando sembra impossibile, dal limone si può sempre estrarre una goccia di succo in più.

Così nello sport: i margini di miglioramento ci sono sempre. Prendiamo Carl Lewis: il suo record nei100 metri piani sembrava imbattibile, ma non era così.

4. Il giocatore che non impara dall’esperienza non imparerà mai da nessun’altra scuola.Le biblioteche sono piene di libri, Internet gronda informazioni, tecnici e allenatori sono

disponibili a supportarti con le loro competenze, ma se non capirai come funziona il tuo corpo nonpotrai vincere. Se non altro perché siamo tutti diversi, anche e soprattutto a livello fisico, e ognunoreagisce in maniera diversa a uno stesso stimolo. Sii curioso e prova tutto presto, per capire qualesia la strada migliore per te e arrivare a dare il massimo.

5. Per vincere bisogna analizzare il gioco, analizzare gli altri giocatori, ma soprattutto se stessi.Per vincere una gara dovrai sicuramente analizzare i tuoi concorrenti e le loro tattiche di gioco,

ma prima di tutto devi essere conscio dei tuoi limiti, dei tuoi punti forti e del tuo modo di gareggiare.È stupido conoscerli e andare allo sbaraglio. Per esempio, io sono consapevole di non esserefortissimo in volata: se a fine gara mi trovo testa a testa con un avversario che al contrario è fortenello sprint finale, so che ci sono buone possibilità di venire battuto, quindi gioco le mie carte prima,accumulando un vantaggio strategico. Diversamente, se gareggio con uno che in volata è più scarso dime, il mio obiettivo sarà portarlo proprio lì e sconfiggerlo sul filo di lana. Se conoscessi a menaditosolo le sue caratteristiche e non le mie, però, non potrei costruire alcuna strategia.

6. I migliori giocatori danno il loro massimo in ogni partita, in ogni azione, in ogni movimento.L’eccellenza è nei dettagli: bisogna curare tutte le piccole, singole azioni. Lo sport è un lavoro che

richiede un impegno di ventiquattro ore al giorno: quando si mangia, quando ci si riposa, quando sisalgono le scale, quando si fa propriocezione al supermercato. Non dimenticarti mai di curare idettagli, perché probabilmente – a pari allenamento e pari condizione fisica – faranno la differenza.

7. Il campione sa anche quando è il momento di non fare nulla. Molte partite sono vinte dagiocatori furbi, molte partite sono perse da giocatori troppo furbi.

Mai pensarsi più intelligenti degli altri: conduce alla sconfitta. Meglio essere realisti e prendereatto del fatto che ci sarà sempre qualcuno più intelligente di te. Di persone furbe, quelle che sicredono più argute, ne esistono a bizzeffe, fuori e dentro il mondo dello sport. Talvolta vincono,come tutti, talvolta perdono perché hanno creduto di essere superiori, e questo capita soltanto a loro.

Sono fermamente convinto che ciascuno di noi, se ha motivazione, a suo modo e nel rispetto delleproprie potenzialità, può raggiungere gli obiettivi che realisticamente si è posto, sia nello sport sianella vita. Che non sempre sono ambiti separati, sicuramente non nel mio caso.

Io, partendo da un paesino sperduto tra le lande incontaminate della Patagonia, sono riuscito araggiungere tanti dei miei obiettivi, e per questo penso di poterti dire, con un certo margine disicurezza, che anche tu riuscirai a raggiungere il tuo. Il mio ora – lo avrai capito – è la gara perfetta,il tuo qual è?

III

CORSA E ALIMENTAZIONEa cura di Elena Casiraghi

Bando ai falsi miti

L’acqua povera di sodioTalvolta le pubblicità sono fonte di falsa informazione e ci inducono a compiere scelte nutrizionalicontroproducenti e, alla lunga, dannose per l’organismo. Una di queste è consumare solo acquapovera di sodio.

Il sodio non fa ingrassare né è responsabile della ritenzione idrica. È piuttosto un sale mineralefondamentale per il corretto funzionamento del metabolismo di chi corre, così come di chi è ancorasedentario. Tra le altre cose, il sodio regola l’impulso nervoso e agisce sulla contrazione muscolare,per esempio è necessario per la corretta funzionalità del cuore.

Quando sudi molto, insieme all’acqua contenuta nel corpo, perdi anche sali minerali, tra i quali ilsodio. I meccanismi di regolazione della temperatura interna si attivano sia che tu corra al caldo siache ti alleni in un ambiente freddo: perderai acqua anche attraverso la perspiratio insensibilis (tidicono niente le nuvolette di vapore che emetti da naso e bocca quando fa davvero freddo?).

Ogni sostanza che perdi durante lo svolgimento di un’attività fisica intensa deve esserereintegrata: quindi sì all’acqua, sì ai sali minerali, e sì al sodio.

Se nel sangue c’è poco sodio, rischi di avere difficoltà nel trasmettere gli impulsi nervosi e nellacontrazione muscolare. Se la carenza persiste, anche il sistema nervoso (e quindi la lucidità mentale)potrebbero venire compromessi. Ecco perché le diete a basso o bassissimo tenore di sodio non sonoconsigliate: potrebbero avere conseguenze negative su tutte queste funzioni, cui l’organismo deveadempiere correttamente.

Esistono due comportamenti diffusi in chi corre, ed entrambi sono sintomo della carenza di sodio:il primo è ricercare cibi molto salati al termine di un allenamento in cui si è sudato a lungo, ilsecondo è aggiungere continuamente sale da cucina alle pietanze. Se ti capita spesso di comportarticosì, rivolgiti al tuo medico: saprà consigliarti per il meglio.

Corn flakes e snack con poche calorieNon c’è alcuna differenza tra il consumare una tazza colma di cereali e la stessa tazza colma dizucchero, ovvero di saccarosio. Da non crederci, vero? Eppure è proprio così.

I due cibi, all’apparenza così diversi, una volta giunti nel circolo sanguigno si trasformano con lastessa rapidità nella medesima sostanza: il glucosio, la forma biochimica più semplice di zucchero.Stesso discorso per gli snack con poche calorie.

Il problema è che un’elevata quantità di glucosio assunta in un unico momento è tossica perl’organismo, che produrrà e immetterà nel sangue insulina a volontà per «stivare» tutta questa energiadove non vorremmo, cioè nelle cellule adipose. Ne risentirà anche l’umore, perché per il cervello unrapido aumento seguito da un’improvvisa diminuzione della glicemia rappresenta uno stress, checercherà di limitare segnalando che è a corto di carburante. Il cervello ti dirà: «Ho fame». E benchétu ti sia nutrito da pochissimo, e persino in eccesso, sarai indotto nuovamente a mangiare,alimentando sempre di più la massa grassa.

Se vuoi essere lucido, e allo stesso tempo dimagrire, dovrai consumare questi alimenti in quantitàlimitate e abbinarli ad altri nella maniera corretta (per esempio con uno yogurt e un frutto distagione). La giusta combinazione, infatti, permette un più lento rilascio degli zuccheri nel sangue,con una serie di conseguenze positive, fra cui una maggiore sazietà e una migliore lucidità mentale:davvero un’ottima strategia per chi desidera raggiungere e mantenere il proprio peso forma!

Consumare tanta frutta fa bene?Si dice: «Se poco fa bene, tanto è meglio», ma non è sempre così. Alcune volte, anzi, è vero ilcontrario, specie quando si parla di cibo.

Gli alimenti sono sì un piacere, ma anche sostanze «medicinali». Come tali, una volta assuntihanno sull’organismo effetti specifici e sono soggetti a una precisa posologia, alla quale bisognaattenersi perché l’eccesso potrebbe rivelarsi addirittura svantaggioso o dannoso.

Per esempio, sin da bambini ci insegnano che la frutta fa bene. Ed è vero, specialmente seconsumata con la buccia, che è ricca di fibre e di sostanze antiossidanti. Le prime rallentanol’assorbimento degli zuccheri che assumiamo durante lo stesso pasto, aiutano il transito intestinale econtribuiscono ad aumentare il senso di sazietà; le seconde sono il colorante naturale dei vegetali econtribuiscono a difenderli dagli stress ambientali, come i raggi UV, il vento e il freddo. Nell’uomorallentano l’invecchiamento fisiologico, responsabile, tra le altre cose, di malattie degenerative eanche dell’aumento di peso. La polpa della frutta, poi, oltre a glucosio e saccarosio contiene anchefruttosio, uno zucchero che viene rilasciato nel sangue più lentamente degli altri: questa suapeculiarità permette un aumento più lento della glicemia. A livello pratico ciò significa maggiorenergia e una lucidità mentale più duratura.

Quanta frutta dobbiamo mangiare, quindi? Per un buon mantenimento dello stato di salute e delpeso forma, la posologia corretta è di un frutto dopo i pasti e negli spuntini.

I risultati di alcune recenti ricerche, infatti, indicano che consumare una quantità superiore di fruttacontribuisce alla crescita della massa grassa e a un possibile aumento della concentrazione ditrigliceridi nel sangue dopo il pasto, importante fattore di rischio cardiovascolare.

Un’idea per sfruttare con intelligenza le proprietà della frutta potrebbe essere sostituire il comunezucchero da cucina (saccarosio) con il fruttosio in cristalli: a parità di valore energetico il fruttosioha un potere dolcificante superiore a quello del saccarosio, e quindi nel complesso si dovrebberoassumere meno calorie.

È vero che i grassi fanno male?Non è vero che tutti i grassi sono nocivi alla salute e al controllo del peso. Alcuni, quelli buoni, sonofondamentali per mantenersi in salute, con un corretto stato nutrizionale, oltre a collaborare persinoal dimagrimento. I grassi buoni, inoltre, contribuiscono all’ottimizzazione del sistema immunitario, aun adeguato mantenimento della fluidità del sangue e a diminuire il rischio di incorrere in infortuni,specialmente per chi si allena con una certa frequenza.

Il trucco sta proprio nell’imparare a distinguere i grassi buoni da quelli cattivi.Uno dei grassi buoni è l’olio extravergine di oliva, ricco di virtù tra le quali un’elevata

concentrazione di vitamine e di sostanze antiossidanti come l’idrossitirosolo (un potente antiradicale)e l’oleocantale (dotato di capacità antinfiammatorie).

Un altro grasso buono è quello che si trova nell’olio di pesce, che è ricco di acidi grassi omega-3a catena lunga di cui, come hanno dimostrato numerose ricerche, l’organismo umano è carente. Seconsumi poco pesce, ti consiglio di integrare gli omega-3 assumendo olio di pesce purificato incapsule o in forma liquida oppure, per i vegetariani, estratto di alga Schizochytrium. Si tratta di unasostanza assolutamente sicura, visto che raffinate tecniche oggi in uso garantiscono l’assenza di agentiinquinanti (per esempio alcuni metalli diffusi nei mari) ed evitano il ritorno di gusto.

Gli acidi grassi omega-3 sono di primaria importanza per l’organismo: diminuisconol’infiammazione corporea silente o conclamata, aumentano la fluidità del sangue e abbassano laconcentrazione di trigliceridi (laddove sia elevata), concorrono a garantire la lucidità mentale eproteggono le cellule cerebrali da eventuali danni, migliorano il tono dell’umore e contribuisconoallo sviluppo cognitivo del neonato e del bambino. Come sostanze antinfiammatorie, contribuisconoanche al dimagrimento, essendo l’infiammazione cellulare una situazione collegata di frequente con ilsovrappeso. Infine, aiutano chi corre a recuperare efficacemente e in poco tempo.

In conclusione, dunque, non tutti i grassi fanno male, ma alcuni al contrario sono validi alleati nelcontrollo del peso forma e nella pratica dell’attività sportiva.

Come dimagrire

Dove si accumula la massa grassa e come si smaltisceLa maggior parte del grasso corporeo si trova negli adipociti, o cellule adipose. Lì l’organismo loimmagazzina soprattutto come trigliceridi, una precisa forma di lipidi composta da una molecola diglicerolo che, a sua volta, ne lega tre di acidi grassi.

Non esistono scorciatoie, né massaggi né creme magiche che possano sciogliere queste molecole:l’unico modo per dimagrire è fare in modo che i trigliceridi si scindano (attraverso un processo chesi chiama lipolisi) e fuoriescano dagli adipociti. Una volta usciti, i trigliceridi si riversano nelsangue e, attraverso il torrente ematico, arrivano alle fibre muscolari dove vengono ossidati, cioèbruciati, per produrre energia.

Di conseguenza, è fondamentale che i muscoli siano attivi, e la corsa è un’ottima scelta permettere in azione questo meccanismo «brucia grassi».

Per completezza, va detto che i trigliceridi vengono consumati continuamente, anche a riposo, manaturalmente in quantità ridotta: se pensi che una persona di 70 chili, per esempio, consuma quasi 4grammi di grassi per ogni chilometro che corre, comprenderai facilmente l’importanza delmovimento, se desideri dimagrire.

Affinché il consumo di grassi durante lo sforzo sia sufficiente per creare uno stato didimagrimento, è bene che nel pasto successivo tu faccia attenzione alla quantità e alla qualità deglialimenti: non dovrai eccedere con i carboidrati e scegliere grassi buoni, come l’olio extravergine dioliva e il pesce, in quantità moderate, senza esagerare. Generalmente, infatti, i grassi che siconsumano a riposo vengono recuperati nel pasto seguente.

Perdere peso senza perdere massa muscolareUn gran numero di persone che desidera dimagrire spesso commette un errore: oltre alla massagrassa perde anche quella magra, e forse quest’ultima persino in quantità maggiore rispetto allaprima. Il risultato è una globale perdita di peso, accompagnata però a una minore efficienza nellacorsa e a una perdita di tonicità dei tessuti. Questo capita quando si riduce l’apporto di proteine,assumendone in quantità inferiore al proprio fabbisogno.

È importante per tutti, e a maggior ragione per coloro che corrono o praticano attività sportiva,evitare questa perdita di massa magra, e in particolare di massa muscolare. Vediamo come fare.

Innanzitutto bisogna sapere che nei vari tessuti del corpo (muscoli, ma anche cute, capelli,unghie…) avvengono contemporaneamente la sintesi e la degradazione delle proteine che licostituiscono. La crescita o la riduzione della massa muscolare dipendono dall’equilibrio di questidue fenomeni. Si tratta di un processo del tutto fisiologico che prende il nome di «turn overproteico», un vero e proprio ricambio di mattoni. Quando l’apporto di proteine è insufficiente,all’organismo mancheranno i mattoni per favorire la sintesi e prevarrà così il fenomeno delladegradazione.

È fondamentale, dunque, conoscere l’apporto proteico di cui ciascun individuo necessita. Questofabbisogno varia a seconda della massa magra dell’individuo, delle sue attività quotidiane (ovverose ha una vita dinamica o piuttosto sedentaria) e dalla frequenza settimanale e dall’intensitàdell’attività sportiva.

Un dietologo potrà fare questo calcolo in maniera precisa, definendo una strategia alimentarepersonalizzata senza che si crei alcuna carenza di macro e micronutrienti.

Nel frattempo, però, puoi consultare il paragrafo «La successione dei cibi nei pasti», dovespiegherò come garantirti, grazie a un metodo semplice e pratico, un adeguato bilanciamento di tutti inutrienti, per poter perdere massa grassa conservando quella magra e inducendo la sazietà.

Come essere e sentirsi sazi dimagrendoÈ ormai risaputo che nel cervello esistono centri che regolano la fame e la sazietà, anche se nonfunzionano nella stessa maniera per tutti e possono essere influenzati da diversi fattori, per esempiopsicologici.

In generale, possiamo affermare che esistono due tipi di sazietà:

sazietà buccale. Nasce nel momento in cui si mastica e si deglutisce il cibo;sazietà gastrica. Dipende dalla pienezza dello stomaco, ovvero dalla percezione della suadilatazione e dalla permanenza in esso dei cibi.

A regolare il fenomeno della sazietà sono alcuni ormoni, prodotti in seguito all’assunzione di certialimenti, in particolare di quelli a fonte proteica e grassa. Tra i più importanti ci sono:

insulina. È prodotta dal pancreas in concomitanza con l’assunzione di un alimento contenentecarboidrati; maggiore è la velocità con cui arrivano nel sangue gli zuccheri, maggiore è la suaconcentrazione;leptina. È prodotta dal tessuto adiposo bianco in seguito all’introduzione di cibo; è responsabiledella riduzione della percezione di fame e del consecutivo aumento della spesa energeticaattraverso il meccanismo della termogenesi; contribuisce, pertanto, al mantenimento del pesocorporeo;PYY. È sintetizzato dalle cellule L dell’intestino, che si trovano nel tratto dell’ileo e del colon, inseguito all’ingestione di alimenti contenenti proteine o grassi. Aumenta dopo una o due ore dalpasto e rimane alto per circa sei ore, contribuendo al senso di sazietà;GLP-1. È prodotto dalle cellule L dell’intestino tenue e tende a innalzarsi ogni volta che simangiano carboidrati, segnalando al pancreas la necessità di una pronta secrezione di insulina epreparando l’organismo a immagazzinare il glucosio in arrivo;colecistochinina. È secreta dal duodeno in seguito a un pasto ricco soprattutto di grassi. Causail rilascio di bile da parte della cistifellea e di enzimi digestivi pancreatici; stimola anche lasecrezione di insulina a livello del pancreas e determina così il senso di sazietà;melanocortina (o ormone melanotropo). È prodotta dalla parte intermedia dell’ipofisi inseguito a un pasto e riduce l’appetito contribuendo alla sazietà.

Di per sé il meccanismo sarebbe efficiente, se noi non contribuissimo a guastarlo…Faccio un esempio: nei pasti in cui si consuma una quantità di carboidrati superiore al proprio

fabbisogno, si eleva con molta rapidità la glicemia, ovvero la concentrazione di glucosio nel sangue.Alcuni ormoni inviano un segnale al pancreas, inducendolo a produrre l’insulina, che ha il compito diimmagazzinare lo zucchero. La produzione di insulina è proporzionale alla quantità di carboidratiingeriti: maggiore è uno, maggiore sarà l’altro. Un elevato tasso di insulina nel sangue, pertanto, fadiminuire la glicemia. Questo provoca senso di fame che, se ignorato, diventa sempre più forte.Quando però l’insulina giunge al cervello, inibisce l’azione dei neuroni della fame, aumentando ilsenso di sazietà.

C’è un però, ed è il seguente: maggiore è la massa grassa, minore possibilità avrà l’insulina diarrivare al cervello. Lo stesso accade con la leptina: maggiore è la quantità di grasso accumulatonell’organismo, minore è la possibilità che essa giunga al cervello. In conclusione, dunque, più si èin sovrappeso, minore sarà il senso di sazietà e maggiore quello di fame.

La successione dei cibi nei pastiA seconda delle esigenze e delle abitudini, a tavola si possono adottare diverse strategie perconsumare un pasto bilanciato in grado di stimolare una sazietà duratura.

Di seguito riporto alcuni esempi:

il piatto unico, ovvero «la regola dei terzi». Nei paesi latini si utilizza il cosiddetto «piattounico», ovvero una sola portata che contiene alimenti fonti dei tre macronutrienti: carboidrati,proteine e grassi (quelli buoni!). Per comporlo correttamente suddividi il piatto in terzi eriempilo per un terzo di un alimento a fonte proteica (per esempio pesce, carne bianca, alimentia base di soia e uova, meglio se solo albume), per un terzo di verdura (vanno bene tutte a partele patate, che non sono legumi ma tuberi) e per un terzo di un alimento contenente carboidrati(come pasta integrale, riso integrale o basmati o venere, oppure cereali come farro, granosaraceno, orzo mondo, miglio o quinoa). Se vuoi, puoi aggiungere una porzione di insalata,sedano o finocchi. Il pasto terminerà con una porzione di frutta. Questa scelta è indicata quandohai fatto un buon allenamento di corsa e devi prepararti a una seduta nei giorni seguenti;pane e companatico. Se non ti piacciono i primi, puoi comporre il tuo piatto così: un terzo dialimento a fonte proteica e due terzi di verdura, cruda o cotta, possibilmente colorata e anche ditipologie differenti. Ti suggerisco di accompagnare il tutto con una porzione di pane, meglio seintegrale. Se vuoi, puoi aggiungere una porzione di insalata, sedano o finocchi. Il pastoterminerà con una porzione di frutta;secondo e primo. Se non riesci a rinunciare alla doppia portata, bilancia i nutrienti consumandosubito il secondo, composto per un terzo di un alimento a fonte proteica e due terzi di verdura;solo dopo passa al primo, scegliendo tra alimenti integrali, come pane o pasta integrali, oppurecereali. In questo caso, ti sconsiglio di aggiungere la frutta e ti suggerisco di seguire la stessaregola per gli spuntini, che dovranno essere composti da un alimento a fonte proteica (peresempio formaggio magro o yogurt al naturale) accompagnato da un frutto di stagione. In questomodo le proteine – unitamente all’effetto indotto dal volume delle verdure sulla dilatazionedelle pareti dello stomaco – tenderanno a produrre precocemente senso di sazietà: consumeraicosì la quantità di carboidrati che corrisponde al tuo fabbisogno, senza eccedere né andareincontro a carenze di alcun tipo. Questo tipo di pasto è indicato dopo una seduta di corsa moltolunga oppure molto intensa.

Aumentare la spesa energetica con la scelta del ciboLa spesa energetica è meno elevata prima dei pasti e più elevata dopo (può aumentare anche del 40%e rimanere così alta dalle quattro alle otto ore dopo aver mangiato). Perché? La causa è da ricercarsinella termogenesi indotta dagli alimenti.

La termogenesi è un processo metabolico legato alla quantità di energia utilizzata dal corpo perdigerire gli alimenti, ovvero per smontare i nutrienti che li costituiscono. Questo processo comportal’uso di una certa quantità di ossigeno, diversa a seconda degli alimenti ingeriti, e si manifesta apartire da un’ora dopo l’assunzione dei cibi, raggiunge i valori massimi nelle successive due-tre ore,per poi diminuire gradualmente tornando al metabolismo delle condizioni di riposo (metabolismobasale) entro sette-otto ore.

Gli alimenti che provocano un più elevato stimolo termogenico sono quelli contenentiprincipalmente proteine, perché il processo di deaminazione, ovvero di «smontaggio» degliaminoacidi che ne formano le catene, è più dispendioso. Carboidrati e lipidi provocano stimolitermogenici decisamente inferiori, e questo ci fa riflettere sulla fondamentale differenza tracarboidrati e proteine, che pur possedendo entrambi circa 4 kcal per grammo hanno effetti bendiversi sull’organismo.

Come già detto, infatti, un pasto unicamente centrato sui carboidrati favorirà l’aumento dellamassa grassa e della fame nervosa, comportando anche una bassa spesa termogenica; al contrario, unpasto bilanciato in carboidrati e proteine – come negli esempi precedenti – permetterà una migliore epiù duratura sazietà e un dimagrimento più efficace, grazie sia all’ottimale modulazione ormonale siaal più elevato costo termogenico.

È necessario inoltre specificare che la spesa energetica relativa al costo di digestione deglialimenti diminuisce nei soggetti in sovrappeso e, soprattutto, nei soggetti obesi, laddove lacomponente muscolare sia ridotta.

Infine, è stato dimostrato che i cibi solidi determinano una risposta termogenica generalmentemaggiore rispetto ai liquidi, probabilmente a causa della maggior permanenza nello stomaco: unalimento solido, infatti, richiede un maggior tempo di digestione. Anche i cibi integrali aumentano laspesa energetica indotta dalla termogenesi, un motivo in più per scegliere alimenti ricchi di fibrerispetto a quelli raffinati.

Le sostanze antiossidantiL’interesse scientifico attorno agli antiossidanti è sempre crescente, e in particolare riguardo aipolifenoli, sostanze che difendono le piante nei confronti degli agenti esterni, come i raggi UV, ilvento o il freddo. È stato dimostrato che i polifenoli svolgono la medesima azione protettiva anchenell’organismo umano, quando viene esposto a stress o a stati infiammatori.

Grazie alla loro capacità protettiva nei confronti delle cellule rispetto alla minaccia dei radicaliliberi, i polifenoli rallentano in primis il fisiologico invecchiamento dell’organismo. Alcunipermettono anche un miglioramento delle performance sportive, aumentando la produzione di energiae facilitando così anche la perdita di massa grassa.

In altre parole, queste sostanze possono contribuire a un aumento della produzione di energia e aun efficace dimagrimento. Sono contenuti in numerosi cibi: li trovi negli ortaggi, nella frutta e neicereali; in buona concentrazione sono presenti anche nel caffè, nel tè verde e bianco e nel cacao(meglio se privo di zucchero, ovvero al 99%).

Per selezionare gli alimenti più efficaci, ricorda che una caratteristica dei polifenoli è l’amarezza.Per migliorare il gusto dei prodotti trattati, i produttori aggiungono sempre più zucchero, ma questoaltera le caratteristiche dell’alimento: se quello che vai cercando sono i polifenoli, una barretta dicioccolato al 70% non andrà bene, perché il cacao in quel caso avrà perso i benefici dei polifenoli eacquistato le proprietà dello zucchero.

Anche i polifenoli del vino rosso hanno un sapore amaro, ma l’alcol, che li estrae bene dallabuccia dell’uva, anestetizza i recettori del gusto sulla lingua, cosicché noi non ne percepiamoperfettamente il sapore. Gli alimenti più ricchi di polifenoli, tuttavia, sono le spezie, che hanno laprerogativa di conservare i cibi riducendone l’ossidazione.

Quando non si assumono polifenoli a sufficienza, l’organismo diviene un facile bersaglio per gliagenti patogeni esterni: si ammala più facilmente e invecchia più velocemente. Non a caso chi nonassume sufficienti quantità di frutta e verdura ha un sistema immunitario poco efficiente. Inoltre, èspesso vittima di infiammazioni alle alte vie respiratorie (come raffreddore e mal di gola) e ingrassapiù facilmente.

I polifenoli, infine, permettono all’organismo di produrre più energia. Ma cosa significa e comeavviene questo processo?

In ogni cellula dell’organismo umano è presente un enzima chiamato AMP chinasi: può essereconsiderato «l’enzima della vita», poiché percepisce il livello di energia chimica della cellula e neregola il metabolismo in modo da ricavarne la massima produzione di energia. Più questomeccanismo è efficiente, meno calorie provenienti dall’alimentazione sono necessarie. Uno dei modiper attivare l’enzima AMP chinasi è ridurre l’apporto calorico, un altro è consumare grandi quantità dipolifenoli. Altamente vantaggioso è utilizzare entrambe le modalità.

Quanti polifenoli bisogna assumere per godere di questi benefici?Bisogna introdurre una significativa quota di delfinidine, che si trovano in un particolare mirtillo

nativo della Patagonia e del Cile, il maqui. A basse dosi (circa 20-25 mg/die) le bacche di maquiagiscono da potenti antiossidanti. A concentrazioni più alte (50-100 mg/die) attivano l’«enzima della

vita», promuovendo la perdita di massa grassa accumulata in eccesso, rallentando l’invecchiamentocellulare fisiologico e ottimizzando la produzione di energia. Assumerne in eccesso è impossibile.

Sul mercato esiste una vasta gamma di prodotti contenenti antiossidanti in forma concentrata, ma èbene sapere che non tutti agiscono nella stessa maniera e non tutti sono biodisponibili al nostroorganismo, con lo svantaggio che in alcuni casi la quota che riusciamo ad assorbire è minima.

Giornata tipo per chi corre e desidera migliorare la forma fisica

Classica Alternativa (senza latticini) Per chi è sempre dicorsa

Colazione Yogurt bianco, muesli (al naturale), 1frutto di stagione

2 fette di pane con affettato magro eformaggio (toast), 1 frutto piccolo distagione

8 frollini bilanciati tracarboidrati, proteine egrassi

Spuntinomattutino

1 frutto di stagione e cubetto diformaggio grana Yogurt di soia

1 barretta bilanciata incarboidrati, proteine egrassi

Pranzo

Carne bianca (tacchino, pollo),verdura di stagione cruda o cottacondita con 1 cucchiaio di olioextravergine di oliva, 1 fetta di paneintegrale, 1 frutto di stagione

Tofu o hamburger di soia, verduracruda o cotta di stagione a volontàcon 1 cucchiaio di olio extraverginedi oliva, 1 fetta di pane integrale e 1frutto di stagione

60 g di pasta bilanciata (abase di proteine dellasoia e dell’albume d’uovo)e 1 cucchiaio di olioextravergine di oliva

Spuntinopomeridiano

80 g di ricotta vaccina con 1cucchiaino di marmellata o miele e 2noci

1 fetta di pane integrale con affettatomagro

1 snack salato bilanciatoin carboidrati, proteine egrassi

CenaPesce (tonno, salmone, sgombro),verdura cruda o cotta di stagione, 1fetta di pane integrale o 1 calice divino rosso e 1 frutto di stagione

1 piatto colmo di minestra con 1pugno di orzo mondo o riso basmatie 1 cucchiaio di olio extravergine dioliva, frittata di uova, macedonia alnaturale

Affettato magro, verduracruda o cotta di stagione,1 fetta di pane o un calicedi vino rosso, 1 frutto distagione

Spuntinoserale

1 bicchiere colmo di latteparzialmente scremato o di soia

4 frollini bilanciati in carboidrati,proteine e grassi Yogurt bianco

N.B. In ogni pasto è possibile aggiungere insalata verde, sedano e finocchi in quantità desiderate; altermine di ogni pasto e spuntino è possibile aggiungere caffè, cappuccino o tè (meglio verde). Evitarepatate, banane, fichi e cachi.

Le cinque regole per alimentarsi, correre e dimagrire

Per dimagrire è fondamentale sapersi alimentare correttamente, ma è anche essenziale una costanteattività fisica. Non è mai semplice alimentarsi in maniera adeguata per correre e allo stesso tempoper dimagrire. Qui di seguito trovi cinque piccole e semplici regole che ti aiuteranno a perdere lamassa grassa in eccesso e ad avere al contempo a disposizione le migliori energie per correre,sperimentando così un generale stato di benessere.

1. La colazioneLa colazione è il pasto più importante della giornata: consumando una piccola quantità di cibo alrisveglio è possibile ridurre l’appetito nell’arco dell’intera giornata. Ma non solo.

Assumendo alimenti a colazione, il nostro corpo attiva il suo metabolismo e produceefficacemente l’energia richiesta per le attività quotidiane. Dopo il lungo digiuno della notte, infatti,l’organismo (in particolare il cervello) ha utilizzato buona parte delle riserve di zucchero stipate nelfegato (glicogeno epatico) per mantenere costante la glicemia, essenziale alla sopravvivenza deltessuto nervoso centrale. Attraverso la colazione bisogna ripristinare queste riserve.

Facendo colazione al risveglio, meglio se entro un’ora e comunque nelle prime ore del mattino(ma non troppo vicino al pranzo), è stato osservato che si riesce a ridurre l’introito di calorie nelresto della giornata e il desiderio di alimenti dolci o di «cibo spazzatura».

Per ottenere questi risultati è sufficiente consumare una piccola porzione di carboidrati a rapidaassimilazione e una a più lento rilascio; il tutto accompagnato da una porzione di proteine (per daresazietà e nutrire la massa muscolare) e da una piccola quantità di grassi buoni.

Un esempio dolce potrebbe essere una porzione di yogurt al naturale con una manciata di avena (omuesli) e un frutto; un toast con formaggio e affettato magro e un piccolo yogurt al naturale, invece,come esempio salato. In ogni caso è possibile accompagnare la colazione con tè, meglio se verde obianco, o caffè.

2. Poco ma spessoÈ più vantaggioso mangiare poco ma spesso piuttosto che consumare pochi e abbondanti pasti.Meglio quindi fare tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) e duetre spuntini (a metà mattina, ametà pomeriggio, eventualmente prima di coricarsi) anziché tre unici pasti corposi.

Mangiare poco ma spesso e in maniera bilanciata è la strategia alimentare più efficace ai fini delbenessere, di un’adeguata lucidità mentale e di un dimagrimento efficace (nonché del mantenimentodel peso forma, per coloro che l’hanno raggiunto).

Questo perché:

il corpo riesce a stipare pochi nutrienti per volta e quelli in eccesso li accumula come massagrassa, contribuendo all’aumento di peso;se il cervello riceve poche porzioni di zucchero per volta ma in maniera frequente, la suaproduzione di energia sarà più duratura, con minor perdita di lucidità, e la sua attività saràottimale. In caso contrario, esso sarà costretto a nutrirsi delle medesime riserve di energia di cuisi nutrono i muscoli durante le uscite lunghe di corsa;la sazietà sarà prolungata. Consumare pochi pasti abbondanti fornisce minor senso di sazietà, diconseguenza aumenta la fame nervosa e l’umore diviene labile;consumare pasti dal volume contenuto permette all’organismo di produrre una minor quantità diinsulina, l’ormone addetto all’immagazzinamento delle sostanze nutritive. Mantenendo laproduzione di insulina più o meno costante durante l’arco della giornata, l’organismo sarà ingrado non solo di evitare ulteriori accumuli ma anche di consumare le energie stipate in eccessoe fornire un adeguato combustibile durante la seduta di corsa.

3. BilanciareQualsiasi cosa desideri mangiare in ogni pasto o spuntino, è importante che la abbini a una correttaquantità di proteine di alta qualità. Inserendo un alimento proteico in ogni pasto e spuntino, infatti, ilsenso di sazietà insorgerà precocemente, permettendoti di sentirti sazio con anticipo rispetto almedesimo pasto consumato senza un alimento a fonte proteica. In questo modo introdurraicomplessivamente una quantità inferiore di calorie.

Dal punto di vista ormonale, inserire una porzione di proteine nel pasto e nello spuntino permettedi rilasciare nel sangue l’ormone glucagone, che come abbiamo detto contrasta la produzione diinsulina indotta dall’assunzione di carboidrati.

Tra le migliori scelte di alimenti a fonte proteica di alta qualità c’è il salmone (pratico quelloaffumicato), il tonno (anche in scatola al naturale), i formaggi magri (come i cubetti di grana padano,di parmigiano reggiano o di emmenthal) e gli snack a base di soia (esistono anche già bilanciati).

Un buon suggerimento per uno spuntino bilanciato e saziante è un cubetto di formaggio magro traquelli sopra indicati e un frutto di stagione; in alternativa al frutto si può scegliere una riga dicioccolato, purché rigorosamente fondente e senza frutta secca oleosa. Ebbene sì, anche per chidesidera dimagrire.

4. IdratazioneIl corpo umano è come il motore di un’auto: funziona bene a patto di ricevere il corretto apporto difluidi e sali minerali. In caso contrario, proprio come un’auto, si surriscalderà e tenderà a conservarela poca acqua, trattenendola. In questo modo dimagrire sarà più complicato, ma anche correregodendo di buone sensazioni.

Come abbiamo già sottolineato in precedenza, l’acqua è fondamentale per l’organismo, e dunque èimportante colmare eventuali carenze, che possono verificarsi sia in ambiente caldo sia in ambientefreddo.

Non aspettare di avere sete: bevi poco ma spesso, anche d’inverno. Ti idraterai più efficacementeche assumendo molta acqua in una sola occasione.

Acqua a parte, puoi idratarti anche attraverso la verdura e la frutta (i vegetali, infatti, sono ricchidi acqua, alcuni più di altri) e le bevande calde come tè e tisane, meglio se non zuccherate. Fra i tè tisuggerisco quello verde e quello bianco, che sono poveri di teina e ricchi di sostanze antiossidanti.

5. Recovery mealQuando si corre a lungo, oltre un’ora, al termine della corsa nel nostro corpo si apre una specie difinestra (temporale) «magica». Si tratta di un periodo di tempo che dura circa mezz’ora in cuil’organismo è maggiormente capace di recuperare le sostanze perse (come l’acqua, i sali minerali,ma soprattutto il glicogeno, lo zucchero di riserva stipato nei muscoli).

Quando si corre a lungo, infatti, una volta esaurito lo zucchero che trovano nel sangue, le fibremuscolari tendono ad attingere energia da un’altra fonte, il glicogeno appunto, che si presenta sottoforma di amido (come quello delle patate) e come tale viene immagazzinato. Al terminedell’allenamento è fondamentale recuperarlo, a maggior ragione se nell’arco di breve tempo ci sidovrà sottoporre a un’altra seduta o partecipare a una competizione. Ciò permette inoltre di assumeremeno calorie nel pasto successivo.

Al termine della corsa, quindi, indossati abiti asciutti, è vantaggioso consumare un piccolospuntino a base di carboidrati, per ripristinare velocemente le riserve di energia. Nella mezz’orasuccessiva alla corsa lunga, è bene assumere anche un piccolo spuntino contenente una porzione dialimento a fonte glucidica e una a fonte proteica. Questo perché anche le fibre muscolari sono statedanneggiate dalla ripetizione continua del medesimo gesto atletico e necessitano di proteine perricostruirsi.

A seconda dei gusti, ti suggerisco di mangiare un frutto con una porzione di formaggio magro o unfrutto con yogurt al naturale, oppure un paio di fette di pane con affettato magro, o ancora un frullatocon un frutto e del latte parzialmente scremato.

Se sei interessato a un modo per recuperare velocemente dopo un allenamento estremamenteimpegnativo oppure una competizione, devi sapere che in commercio esistono miscele in polverecomplete di ogni sostanza necessaria, da diluire in acqua e assumere in questa preziosa finestra ditempo.

Tipo di allenamento Recovery Meal: da consumare entro trenta minuti dalla fine della seduta(opzioni alternative)

Dopo una corsa di breve duratae dall’intensità facile

• 1 frutto di stagione e cubetto di grana• Frullato con latte parzialmente scremato e 1 frutto di stagione• Miscela in polvere a base di sali minerali e aminoacidi da sciogliere in acqua

Dopo una corsa di lunga durata

• Succo di frutta e affettato magro o cubetto di grana• Cioccolato fondente o banana e cubetto di grana• Miscela in polvere a base di sali minerali e aminoacidi• Miscela in polvere per il recupero energetico e muscolare (con sali minerali,carboidrati, aminoacidi e vitamine antiossidanti) da sciogliere in acqua

Dopo una corsa ad altaintensità o su percorso collinare

• Latte parzialmente scremato o di soia con proteine in polvere e cacao in polvere• Miscela in polvere per il recupero energetico e muscolare (con sali minerali,carboidrati, aminoacidi e vitamine antiossidanti) da sciogliere in acqua

Dopo una competizione • Miscela in polvere per il recupero energetico e muscolare (con sali minerali,carboidrati, aminoacidi e vitamine antiossidanti) da sciogliere in acqua

Gli integratori: cosa sono e a cosa servono

Per correre non è indispensabile utilizzare integratori sportivi. D’altra parte questi possono essere unutile e pratico supporto, specialmente per chi corre intensamente e per un periodo di tempoprolungato (per esempio chi si allena per una 10 km o una mezza maratona) oppure per chi non hatempo di organizzarsi con gli alimenti e preferisce un supporto pratico, efficace e completo.

Dato che sul tema la confusione regna sovrana, e non sempre è chiaro a cosa servano, quale sia ladose corretta e il miglior momento per utilizzarli, vorrei precisare cosa sono gli integratorialimentari, quali sono i più diffusi e qual è il loro scopo.

Si tratta di prodotti specifici che permettono di assumere macronutrienti (carboidrati, proteine egrassi) e micronutrienti (sali minerali, sostanze antiossidanti e vitamine). La dietologia e lalegislazione italiana ed europea li considerano alla stregua dei cibi. Non hanno proprietà curative,ma sono consigliati nei casi in cui l’organismo presenti qualche carenza specifica o necessiti di unmaggiore fabbisogno di una determinata sostanza.

Quando si corre con frequenza e costanza è necessario innanzitutto fare attenzioneall’alimentazione, affinché sia varia e bilanciata, così da non creare nell’organismo alcuna carenza dinessuna sostanza. Se però segui con precisione i miei suggerimenti, non dovresti andare incontro aquesto problema.

Nel vasto mondo degli integratori esistono poi gli integratori sportivi, pensati e prodotti perrifornire l’organismo prima, durante e dopo l’attività fisica. Nella corsa prolungata, gli integratorisportivi di maggiore utilizzo sono a base di carboidrati in polvere, solidi, in gel o liquidi.

Servono a rifornire l’organismo di energia:

prima della corsa. Aumentano (o consentono di risparmiare) le riserve di energiadell’organismo (glicogeno muscolare);durante la corsa. Prevengono l’esaurimento del glicogeno contenuto nei muscoli e nel fegato,che comporterebbe come minimo una diminuzione dell’efficienza;dopo la corsa. Ricostruiscono le riserve di energia dell’organismo (glicogeno muscolare)intaccate o esaurite durante l’attività.

Oltre agli integratori, è d’obbligo citare anche le bevande reidratanti, che servono a prevenire ladisidratazione e gli squilibri elettrolitici, fornendo all’organismo sali minerali.

Vediamo ora quali sostanze può essere indicato assumere prima, durante o dopo un allenamentoduro o una competizione.

Prima della corsaPer consentire all’organismo di correre nel migliore dei modi, è bene consumare l’ultimo pastoalmeno tre ore prima dell’inizio dello sforzo; quattro ore prima se si ha una digestione lenta,specialmente se la seduta di corsa avrà un’intensità elevata.

Per questo motivo è vantaggioso assumere un piccolo spuntino energetico tra l’ultimo pasto e lapartenza, che permetterà di modulare l’assorbimento delle energie nel tempo e assumere un minorquantitativo di alimenti nel pasto precedente. Lo spuntino deve essere facilmente digeribile e nonalterare la concentrazione di zuccheri nel sangue prima dell’inizio dello sforzo. Gli ingredienti piùindicati sono gli zuccheri a basso indice glicemico (come il fruttosio e l’isomaltulosio) chepermettono un rilascio graduale delle energie durante l’impegno fisico e consentono di consumare igrassi a scopo energetico.

In commercio esistono integratori specifici da assumere poco prima della corsa: sono a base diisomaltulosio e fruttosio in forma di gelatina e sono privi di grassi. La forma gelatinosa garantisceuna migliore digeribilità e dunque una più breve permanenza nello stomaco.

Se prima della corsa non hai tempo di fare uno spuntino con il giusto anticipo, oppure desideriessere certo di avere lo stomaco vuoto visto che stai per affrontare un allenamento o una gara moltoimpegnativi, questi integratori sono la scelta migliore: puoi assumerli fino a mezz’ora prima dellapartenza.

Durante la corsa prolungataQuando la seduta di allenamento prevede una corsa prolungata (superiore a un’ora), ti consiglio diassumere un integratore sportivo a base di carboidrati, che ti aiuterà a migliorare la resistenza e adavvertire meno la fatica muscolare, come confermano gli studi scientifici. Dati recenti, infatti, hannodimostrato che assumere carboidrati durante l’esercizio fisico, tra gli altri vantaggi, può ancheaumentare il livello della tua prestazione.

È importante, però, assumerli ancor prima di avvertirne il bisogno, in maniera da evitarel’esaurimento precoce delle riserve di glicogeno. In questa maniera aumenterai la disponibilità dienergia e potrai prolungare la durata dello sforzo.

Gli energetici migliori a base di carboidrati, da assumere mentre si corre, sono in formato gel(simili a sciroppi) oppure liquidi, confezionati in modo da essere pratici da trasportare.

Quando li scegli, stai attento alla miscela di zuccheri che contengono perché non sono tutte uguali.La letteratura scientifica dimostra che miscele più adatte a questo scopo sono quelle che contengonomaltodestrine e fruttosio, un abbinamento che garantisce la massima energia e, al tempo stesso, riduceal minimo la possibilità di eventuali disturbi gastrointestinali.

Circa la dose da assumerne, invece, devi sapere che esiste un limite da non superare ed è di 60grammi di carboidrati l’ora, corrispondente a un gel o a una porzione di carboidrati in forma liquida.Assumerne una quantità maggiore non solo non sarebbe vantaggioso ma addirittura controproducente.

Dopo la corsaCome già ricordato nel precedente paragrafo «Recovery meal», dopo la corsa è fondamentalerecuperare le sostanze perse, a maggior ragione se il giorno successivo o un paio di giorni dopo haiun’ulteriore seduta di corsa e/o se desideri perdere la massa grassa accumulata in eccesso.

Al termine di una corsa lunga, l’organismo ha perso principalmente acqua e sali minerali a causadella sudorazione, e anche una quota di carboidrati. Le scorte di energia sono state intaccate; sel’allenamento o la gara sono stati molto intensi, può darsi che siano addirittura esaurite. Inoltre, sehai corso su un terreno irregolare (per esempio lo sterrato, un percorso collinare oppure con moltitratti in discesa) anche le fibre muscolari saranno stressate.

Appena terminata la seduta ti consiglio di consumare una miscela in polvere da sciogliere inacqua, contenente tutte le sostanze di cui hai bisogno per recuperare nel modo più completo.

Perché l’integratore sia il più efficace possibile, devi consumarlo entro mezz’ora dalla finedell’attività fisica. Le ricerche più recenti, infatti, hanno dimostrato che nei trenta minuti successiviallo sforzo l’organismo esprime la massima capacità di ricostruire le scorte di energia sotto forma diglicogeno.

Questo processo può avvenire al meglio soltanto se si assumono i carboidrati a rapidoassorbimento, come il glucosio, il saccarosio e le maltodestrine. Controlla dunque che essi sianocompresi nella miscela in polvere, insieme con aminoacidi a catena ramificata, utili per riparare lefibre muscolari danneggiate (potrebbero essere indicati con la sigla BCAA, ossia Branched-ChainAmino Acid, aminoacidi a catena ramificata).

Infine, per un recupero completo è bene che nella stessa miscela ci siano anche sali minerali evitamine antiossidanti.

INSERTO FOTOGRAFICO

1. Squat

2. Oscillazioni frontali e laterali della gamba

3. Affondi frontali

4. Polpacci

5. Femorali con la fit ball

6. Rotazioni interne ed esterne

7. Spalle con l’elastico

8. Dorsali con l’elastico

9. Tricipiti con la sedia

10. Flessioni

11. Bicipiti con l’elastico

12. Crunch con la fit ball

13. Addominali bassi a terra

14. Plank (per i lombari)

15. Plank laterale (per gli obliqui)

16. Peroneo con l’elastico

17. Lombari sollevando braccio e gamba opposti

18. Equilibrio su una gamba sollevando l’altra all’indietro o lateralmente

19. Stretching: polpacci

20. Stretching: quadricipite

21. Stretching: muscoli della schiena

22. Stretching: ileopsoas

23. Stretching: catena posteriore a terra

24. Stretching: catena posteriore

25. Stretching: tendine di achille

FOTO © MATTEO BRIDAROLLI

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Dimagrire di corsadi Daniel Fontana© 2014 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., MilanoEbook ISBN 9788852048920

COPERTINA || ART DIRECTOR: GIACOMO CALLO | GRAPHIC DESIGNER: GAIA STELLA DESANGUINE | LETTERING E ILLUSTRAZIONE DI GAIA STELLADESANGUINE« L’AUTORE» || FOTO © ALDA MARIA PEA/AGENZIA SILVIA RANZI

Indice

Il libroL’autoreDimagrire di corsaBorn to run

Acquatico o anfibio?Nessun sogno è impossibileL’importanza della curaLa pace del guerriero

I. PRIMA DI PARTIREIl bello della corsa

Mille e un motivo per infilare le scarpe e uscireProgrammati per muoverciI benefici della corsa

Stabilisci il tuo obiettivoUn obiettivo chiaro è la chiave per il successoVisualizza il tuo obiettivo

Scarpe & Co.A ogni piede la sua scarpaDimmi come appoggi…Vestirsi per correreTi potrebbero servire anche…

Programma l’allenamentoLa visita medicaMantieni la costanzaDove vado a correre?Sconfiggi la pigriziaUn anno di allenamenti

II. CORRERERiscaldamento e via!

Riscaldamento pre-corsaCome si corre?Riassumendo: i cinque errori da non fare

Non solo corsaIl potenziamentoDopo l’allenamentoPrevenire è meglio che curare

Tabelle per tuttiUna premessa: le tabelle di allenamentoUna seconda premessa: i fattori di cui tenere contoEssere in forma e dimagrire: l’allenamento per il gruppo AAllenarsi per la 5 km: l’allenamento per il gruppo BAllenarsi per la mezza maratona: l’allenamento per il gruppo CLegenda

Consigli per la garaIn generale…Consigli per le gare di resistenzaRiassumendo: cinque consigli in pillole

In conclusione…

III. CORSA E ALIMENTAZIONE a cura di Elena CasiraghiBando ai falsi miti

L’acqua povera di sodioCorn flakes e snack con poche calorieConsumare tanta frutta fa bene?È vero che i grassi fanno male?

Come dimagrireDove si accumula la massa grassa e come si smaltiscePerdere peso senza perdere massa muscolareCome essere e sentirsi sazi dimagrendoLa successione dei cibi nei pastiAumentare la spesa energetica con la scelta del ciboLe sostanze antiossidanti

Le cinque regole per alimentarsi, correre e dimagrire1. La colazione2. Poco ma spesso3. Bilanciare4. Idratazione5. Recovery meal

Gli integratori: cosa sono e a cosa servonoPrima della corsaDurante la corsa prolungataDopo la corsa

INSERTO FOTOGRAFICOCopyright