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Differenze digitali Due casi di Atlante del Patrimonio Territoriale di derivazione SIT Massimo Carta L’accrescimento del bagaglio tecnico ri- spetto alle esigenze della rappresentazio- ne visuale del progetto di architettura e di urbanistica (Söderström [2000]; Söder- ström, Cogato Lanza, Lawrence et al. [2000]) è un obiettivo costante dell’azio- ne disciplinare. Questa esigenza è accre- sciuta dal complessificarsi dei passaggi tecnici necessari alla redazione di rappre- sentazioni utili e in qualche modo cogenti rispetto all’azione progettuale (ad esem- pio, comporta la conoscenza profonda del- le implicazioni insite in un “orientamen- to” delle basi di dati). Malgrado la perva- sività e la potenzialità delle NTIC (Nuove tecnologie della informazione e comuni- cazione), emerge un loro sottoutilizzo ri- spetto a temi operativi specifici quali la volontà di condivisione del progetto con il tramite della rappresentazione iconogra- fica, l’importanza nei curricula discipli- nari degli expertise tecnici e visuali legati all’uso delle tecnologie, e la “mutazione” che sembra investire la disciplina geogra- fica (Farinelli [2003]) con le inevitabili ri- percussioni su quella urbanistica. L’uso delle rappresentazioni iconografiche di paesaggio e territorio emerge infatti come uno dei tratti distintivi e delle spe- cifiche competenze che sembrano conno- tare in maniera crescente le figure e l’atti- vità dei progettisti del territorio (Debar- bieux, Lardon [2003]); sono anche una delle occasioni privilegiate per ragionare attorno all’efficacia dell’azione progettua- le dialogica e comunicativa. In questa chia- ve, l’analisi dei SIT e delle tendenze nel campo NTIC, sempre dal punto di vista della redazione e dell’uscita di rappresen- tazioni in contesti istituzionali, permette di formulare delle ipotesi attorno ad alcune de- bolezze e alle possibili auspicabili “innova- zioni” per aumentare l’efficacia degli stru- menti stessi (Carta e Lucchesi [2004]). I SIT (Sistemi Informativi Territoriali) sono comparabili ai tradizionali atlanti, ri- considerati in base alle implicazioni delle tecnologie e dei protocolli adottati per la loro redazione, consultazione e aggiorna- mento. Si sposta il valore dalla costituzio- ne degli elaborati finali intesa come “pro- dotto” (le tavole dell’atlante) alle possibi- lità di “processo” nella formalizzazione e rappresentazione delle conoscenze in li- velli separati e comparabili, con l’incro- cio e l’elaborazione dei quali si possono redigere “tavole” sempre nuove, sempre aggiornate, sensibili e reattive alle doman- de di maggiore chiarimento e specifica- zione nei diversi contesti. Compariamo dunque due casi di rappre- sentazioni patrimoniali (Magnaghi [2001]) “derivate” da informazioni dif- ferentemente sistematizzate all’interno di SIT, nello specifico per la realizzazione di rappresentazioni identitarie in contesti istituzionali. Tale approccio, partendo dal- l’analisi dell’uso degli strumenti e delle tecniche, si focalizza sulla loro efficacia “interna” (ai gruppi di piano e di proget- to, ai gruppi di ricerca) e sulle conseguen- ze che la scelta dell’utilizzo di alcune pe- culiari tecniche di rappresentazione sem- bra avere nei rapporti tra i diversi attori

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Differenze digitaliDue casi di Atlante del PatrimonioTerritoriale di derivazione SITMassimo Carta

L’accrescimento del bagaglio tecnico ri-spetto alle esigenze della rappresentazio-ne visuale del progetto di architettura e diurbanistica (Söderström [2000]; Söder-ström, Cogato Lanza, Lawrence et al.[2000]) è un obiettivo costante dell’azio-ne disciplinare. Questa esigenza è accre-sciuta dal complessificarsi dei passaggitecnici necessari alla redazione di rappre-sentazioni utili e in qualche modo cogentirispetto all’azione progettuale (ad esem-pio, comporta la conoscenza profonda del-le implicazioni insite in un “orientamen-to” delle basi di dati). Malgrado la perva-sività e la potenzialità delle NTIC (Nuovetecnologie della informazione e comuni-cazione), emerge un loro sottoutilizzo ri-spetto a temi operativi specifici quali lavolontà di condivisione del progetto conil tramite della rappresentazione iconogra-fica, l’importanza nei curricula discipli-nari degli expertise tecnici e visuali legatiall’uso delle tecnologie, e la “mutazione”che sembra investire la disciplina geogra-fica (Farinelli [2003]) con le inevitabili ri-percussioni su quella urbanistica.L’uso delle rappresentazioni iconografichedi paesaggio e territorio emerge infatticome uno dei tratti distintivi e delle spe-cifiche competenze che sembrano conno-tare in maniera crescente le figure e l’atti-vità dei progettisti del territorio (Debar-bieux, Lardon [2003]); sono anche unadelle occasioni privilegiate per ragionareattorno all’efficacia dell’azione progettua-le dialogica e comunicativa. In questa chia-ve, l’analisi dei SIT e delle tendenze nel

campo NTIC, sempre dal punto di vistadella redazione e dell’uscita di rappresen-tazioni in contesti istituzionali, permette diformulare delle ipotesi attorno ad alcune de-bolezze e alle possibili auspicabili “innova-zioni” per aumentare l’efficacia degli stru-menti stessi (Carta e Lucchesi [2004]).I SIT (Sistemi Informativi Territoriali)sono comparabili ai tradizionali atlanti, ri-considerati in base alle implicazioni delletecnologie e dei protocolli adottati per laloro redazione, consultazione e aggiorna-mento. Si sposta il valore dalla costituzio-ne degli elaborati finali intesa come “pro-dotto” (le tavole dell’atlante) alle possibi-lità di “processo” nella formalizzazione erappresentazione delle conoscenze in li-velli separati e comparabili, con l’incro-cio e l’elaborazione dei quali si possonoredigere “tavole” sempre nuove, sempreaggiornate, sensibili e reattive alle doman-de di maggiore chiarimento e specifica-zione nei diversi contesti.Compariamo dunque due casi di rappre-sentazioni patrimoniali (Magnaghi[2001]) “derivate” da informazioni dif-ferentemente sistematizzate all’interno diSIT, nello specifico per la realizzazionedi rappresentazioni identitarie in contestiistituzionali. Tale approccio, partendo dal-l’analisi dell’uso degli strumenti e delletecniche, si focalizza sulla loro efficacia“interna” (ai gruppi di piano e di proget-to, ai gruppi di ricerca) e sulle conseguen-ze che la scelta dell’utilizzo di alcune pe-culiari tecniche di rappresentazione sem-bra avere nei rapporti tra i diversi attori

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coinvolti, comprese le eventuali ricadutecomunicazionali “esterne” delle rappre-sentazioni così redatte, e quindi la verifi-ca del loro ruolo nel “coinvolgimento” deisaperi contestuali.

1. I Contesti e gli obiettiviIn questo quadro descriviamo due conte-sti differenti dal punto di vista territorialee di assetto istituzionale: la Provincia diPrato con la redazione del relativo PTCda una parte, e una fattiva collaborazionetra l’Università e il Circondario Empole-se Valdelsa dall’altra.La provincia di Prato (www.provincia.prato.it) è la più piccola della Toscana perestensione territoriale, con un capoluogoche è per popolazione la seconda città dellaregione; è invece l’ultima tra quelle tosca-ne a dotarsi di piano, che Alberto Magna-ghi1 porterà all’adozione nel dicembre2003. In questo contesto gli elaborati “pa-trimoniali” (Atlante del Patrimonio, AdP)e le analisi che li compongono sono divisiin tre sezioni.Le Risorse Naturali, sezione che tenta divisualizzare l’immagine d’insieme delleprincipali risorse naturali che caratteriz-zano il territorio della provincia.L’analisi attenta del quadro del Patrimo-nio Socio-economico, che ha prodotto unarelazione molto dettagliata, utilizzata in-sieme ad altre suggestioni per la defini-zione dello scenario progettuale.Ci occuperemo qui della terza compo-nente, afferente all’Atlante del Patrimo-nio Territoriale (da ora AdPT) anche pereffettuare più agevolmente una compara-zione tra i due casi. Nell’ambito pratesegli obiettivi prevalenti di questo generedi elaborati erano:- contribuire al cambiamento della per-cezione pubblica del territorio, sottoli-neando, ai fini dell’azione progettualestrategica, la grande “ricchezza territo-

riale” della Provincia;- sperimentare un tipo di rappresentazio-ne “identitaria” integrata in un SIT di ma-trice istituzionale, che potesse seguirel’evoluzione dell’avanzamento nell’elabo-razione del dibattito e delle suggestioniprovenienti dall’interazione con il conte-sto durante la redazione del piano;- realizzare una sintesi interdisciplinaredell’azione di costruzione orientata edesperta del Quadro Conoscitivo (da oraQC) all’interno del SIT.

“Le Risorse Naturali”, rappresentazione del-l’immagine d’insieme delle principali risorsenaturali della Provincia di Prato

1Responsabile del progetto, Alberto Magnaghi; Gruppo di Progetto: Michela Brachi, David Fanfa-ni, Anna Marson, Roberto Vezzosi; Progetto SIT: Luca Gentili; Ufficio di Piano: Stefano Alberti,Sara Bindi Fortoni, Eleonora Cappelletti, Massimo Carta, Laura Colini, Giovannina Talarico.

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Le intenzioni, rispet-to all’AdPT e alla suainterazione col SIT,sono state quelle del-la possibilità di usci-re in stampa con unelaborato “poetico-pittorico”, nel qualefosse possibile nelcontempo la veloce in-tegrazione dei dati de-rivanti dalla imple-mentazione del QC.Così strutturato,l’AdPT si configuravacome prodotto digruppo, e la possibi-lità del travaso delleconoscenze al suo in-terno non voleva esse-re un “passaggio” nel-la costruzione progres-siva, ma un elementocostitutivo costante. Inaltre parole, la sintesidel QC voleva essereun processo incremen-tale, rinnovabile, ri-configurabile. L’ac-quisizione ed elabo-razione di informazio-ni derivate dall’incontrostrutturato con gli at-tori locali doveva ave-re nell’economia del la-voro un’importanzafondamentale, seppurenei tempi limitati delpiano. Per tentare di ri-spondere a tali esigenzeè stata utilizzata da su-bito la tecnica informa-tica, cogliendo l’occa-sione offerta dal fattoche assieme al PTC sidovesse procedere con

PTC di Prato, “Atlante del Patrimonio Territoriale della Provincia”,“Le risorse essenziali”

la costruzione del SITprovinciale.

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L’esperienza empolese, invece, potrebbeessere riassunta dallo slogan “verso la co-struzione comune di una visione territo-riale”. Il Circondario Empolese Valdelsa(www.empolese-valdelsa.it) è compostoda 11 comuni della provincia di Firenze.Tra i fattori di interesse il primo è che nelcircondario, con sede ad Empoli, si è atti-vato all’interno del “polo universitario”dell’Università di Firenze un Corso di Lau-rea in Urbanistica e pianificazione terri-toriale e ambientale (UPTA). Si è avviatadunque la costruzione di una relazione chesi attiva con un sistema socioeconomicoad “alta complessità”, articolato territorial-mente nella bassa Val d’Elsa e nella me-dia Valle dell’Arno. Un sistema dotato diuna alta integrazione produttiva a fortevalenza artigianale e artistica; di una fortevalenza agroalimentare di eccellenza, dicentri urbani di alto livello artistico e cul-

turale; di una forte coesione sociale dimo-strata dall’alta presenza di volontariato, la-voro sociale, associazionismo. Ciò facili-ta l’attivazione sia di relazioni specifichedi settore, come di fatto sta avvenendo,sia l’ipotesi di una relazione organica frail polo universitario Empolese e le pro-blematiche socioeconomiche, territoriali eambientali del Circondario. In tale conte-sto, il Corso di Laurea contribuisce allastrutturazione del SIT del Circondario,qualificandolo con la costruzione di un“Atlante del patrimonio territoriale e am-bientale”, in collaborazione con l’IRPETe utile al Piano di sviluppo del Circonda-rio stesso (IRPET [2002]).L’Atlante empolese è diviso essenzial-mente in due parti: quella che afferisceai temi del “territorio fisico” (che qui spe-cificheremo) e quello che fa riferimentoagli aspetti del patrimonio socio econo-

Circondario Empolese Valdelsa, l’Atlante del patrimonio “fisico”, bozze (a cura del gruppo diricerca dell’Atlante del Patrimonio del Circondario Empolese Valdelsa)

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mico,2 sistematizzato in un Atlante socioeco-nomico e della progettualità sociale. L’Atlantedel patrimonio “fisico” (AdPF) è in primoluogo una iniziativa di ricerca sugli assettiinsediativi e paesistici basata esplicitamen-te, da un punto di vista metodologico, sullacapacità di costruzione di conoscenza dellarappresentazione cartografica, portata avantiin collaborazione con le forze locali.C’è in questo caso il tentativo di attiva-zione di feed-back tra le strutture della ri-cerca e i “luoghi” dell’amministrazionepubblica e della professione.3 Il Corso diLaurea, inoltre, promuove diverse conven-zioni su progetti di valorizzazione del ter-ritorio e dell’ambiente, in relazione conl’Agenzia di Sviluppo del Circondario(www.agenziasviluppo.it). Questo conte-sto si è dimostrato particolarmente ricet-tivo rispetto alle istanze di innovazioneistituzionale, emerse e formalizzate nel-l’ambito dei lavori del “Cantiere del Nuo-vo Municipio” (Sullo [2002]), che fannoda sfondo al tipo di azione che qui descri-viamo. L’atlante del patrimonio territorialedel circondario empolese valdelsa si con-figura inoltre come un prodotto editorialeorientato alla comunicazione pubblica diforme interpretative e descrittive (grafiche,testuali, o multimediali) dell’identità e deivalori patrimoniali dei contesti locali.Proprio il fatto di tentare la costruzione diun QC molto orientato nel medio-lungoperiodo va verso la costruzione di una “im-magine territoriale” in evoluzione, che dif-ferenzia questa esperienza dal caso prate-se fortemente condizionato dalle contin-genze del piano. L’AdPF nasce perciò dal-la volontà di integrare in una nuova sinte-

si informazioni provenienti da punti di os-servazione diversi e si costruisce in grup-pi di lavoro composti da ricercatori spe-cialisti di diverse discipline. Possiede uncarattere dichiaratamente non legato al“respiro breve” degli strumenti della pia-nificazione regionale alle varie scale(PTCP, PS, RU), e lavora piuttosto alla co-struzione “lunga” di uno sfondo di cono-scenze il più possibile condiviso. Il tenta-tivo di “sganciare” l’individuazione pro-gressiva e partecipata delle “invariantistrutturali” dalle contingenze di un episo-dio limitato di pianificazione appare di persé un notevole tentativo di innovazione(Ventura [2003]). Ciò comporta il tentati-vo di denotare e rappresentare all’internodei livelli informativi del SIT del Circon-dario i valori patrimoniali come base co-noscitiva per i piani strutturali, in funzio-ne dei piani di sviluppo locale autososte-nibile. Agisce così su di un diverso livellorispetto all’AdPT pratese che era limita-to, rispetto a tale tentativo, dal “tempo bre-ve” del piano. L’individuazione e la de-scrizione dello “statuto dei luoghi” (Cinà[2000], Lucchesi [2001]) diviene allorauno degli obiettivi principali. L’AdPF im-magina gli assetti insediativi come esitodi relazioni tra azione antropica e ambien-te: i caratteri delle morfologie degli inse-diamenti, la ramificazione della rete deipercorsi sono individuati come forme ca-ratteristiche di giacitura tra insediamentoe morfologia del suolo; il paesaggio agra-rio è concepito come esito di fondamen-tali regole di coerenza tra opere di orga-nizzazione del terreno e tipi colturali daun lato, e fattori microclimatici, geomor-

2Responsabile scientifico Prof. Alberto Magnaghi. Nello specifico la composizione dei gruppi diricerca: per l’Atlante del Patrimonio fisico, comitato scientifico Proff. Iacopo Bernetti, GianfrancoGorelli, Giancarlo Paba, Pietro Piussi, Marco Vannucchi, Ugo Wolf. Gruppo di Lavoro, Fabio Luc-chesi (coordinatore), Massimo Carta (titolare assegno di ricerca), Michela Chiti, Michele De Silva,Francesco Monacci, Giovanni Ruffini, Francesco Ventani, Iacopo Zetti. Responsabile ufficio SITdel Circondario Empolese Valdelsa: Stefano Bartalini. Per l’Atlante del Patrimonio socio-economi-co e culturale: comitato scientifico: Proff.: Iocopo Bernetti, Aallessandro Cavalieri, Giancarlo Paba,D. Della Porta, Sergio De La Pierre David Fanfani, Mauro Giusti, Camilla Perrone.3Consentito grazie all’organizzazione del tirocinio negli uffici tecnici del Circondario di molti deglistudenti che partecipano al “Modulo professionalizzante in cartografia tematica” attivato con la Regione.

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fologici e pedologici dall’altro, secondodirezioni di ricerca tese a recuperare ele-menti di sostenibilità. L’AdPF empolese,in questo continuo sforzo di sintesi, tentadi dirigere la sua azione sulla rappresen-tazione delle figure territoriali4 ossia icaratteri dell’identità insediativa locale,generati dai processi di lunga durata di co-struzione del territorio. Questo depositodi regole, sistematizzato all’interno delSIT, è il patrimonio che l’Atlante si sfor-za di descrivere. Lo scopo è quello di co-struire, in una parola, un deposito di valo-ri condivisi, uno statuto, preliminare adogni azione di trasformazione territoriale.L’AdPF svolgerebbe così la sua azionecome iniziativa di comunicazione attivarivolta alla società locale: dialogando conla comunità, costruirebbe un sentire co-mune rispetto a ciò che descrive, una con-sapevolezza condivisa rispetto al patrimo-nio territoriale. Discende da questo l’in-teresse che riveste la costruzione del-l’AdPF all’interno di un SIT di vocazionemultidisciplinare, che contiene in se com-ponenti istituzionali della amministrazio-ne.5 Un altro aspetto interessante è l’uti-lizzo dei metodi e degli strumenti infor-matici nell’ambito delle attività didatticheall’UPTA, che hanno generalmente potu-to appoggiarsi ad una serie di competenzespecifiche da parte di docenti e tutores, diuna grande disponibilità di strumenti infor-matici e di un vivo interesse da parte deglistudenti. La dimensione tecnica non si è ri-velata solamente un elemento di raziona-lizzazione e coordinamento delle operazio-ni didattiche e di redazione degli elaborati,ma un campo problematico interessante sulquale compiere dei ragionamenti mirati allafocalizzazione dei problemi che sembranorichiedere innovazione.I due casi di “atlante” hanno dunque delledifferenze notevoli.

Ad Empoli, la redazione dell’Atlante è ca-ratterizzata dalla continua interazione tracomponente istituzionale, di ricerca e didat-tica; si presenta come “autonomo” rispettoalle contingenze di redazione dei piani strut-turali, seppure l’intenzione sia di farlo as-surgere ad elemento di “orientamento” de-gli stessi. La sua azione di strutturazione, diredazione, di implementazione può esseresvincolata da una serie di fattori contingen-ti. Seppure utile come “statuto dei luoghi” equindi attivabile in occasione della redazio-ne di strumenti di pianificazione, non è quel-lo il suo unico “campo” di azione, che siesplicita anche (e forse soprattutto) nell’am-bito della “comunicazione pubblica” e neltentativo di “costruzione” di visioni territo-riali condivise orientate alla sostenibilità.L’AdPT pratese è stato caratterizzato in-vece dalla necessità di essere redatto e diagire “strategicamente” nei tempi ristrettidel piano; quindi si deve misurare con que-sti tempi brevi, con il confronto serratointerno agli uffici amministrativi, con levalutazioni di efficacia rispetto all’intera-zione con gli altri strumenti di piano e conil corpo delle norme.

2. Protocolli, organizzazione tecnica,implicazioni disciplinariAlcuni elementi sostanziali di differenza trai due contesti si riscontrano nei passaggi re-dazionali e nella struttura tecnica. Dopo avervisto come si differenziano i due tipi di “pro-dotti” e alcuni loro punti in comune, vedia-mo nello specifico i contesti operativi ri-spetto alle considerazioni di efficacia.

2.1 Prato, organizzazione operativa e im-plicazioniLa redazione informatica dell’AdPT delPTC di Prato ha sfruttato una serie di pro-tocolli e convenzioni interne all’ufficio dipiano e comuni a tutti gli elaborati del PTC

4Le figure territoriali si possono definire come “assetti territoriali e paesistici durevoli”, e perciòsostenibili e possono essere individuati come invarianti, deposito di regole di permanenza, meta-morfosi e trasformazione da rispettare per non distruggere l’identità dei luoghi.5In particolare nella persona del dott. Stefano Bartalini, responsabile del SIT del Circondario.

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scaturiti dal SIT, in questo costituendoanche una sorta di “progetto della forma”(Gabellini [2002]). Dove acquisire il datopiù aggiornato (struttura degli archivi),come leggere il dato (metadata), chi con-sultare per l’eventuale integrazione deldato (divisione delle competenze). Que-sta serie di “protocolli” doveva permette-re, all’occorrenza, di ipotizzare un com-pleto “rinnovo” dei livelli costitutivi del-l’AdPT, essendo le informazioni sul trat-tamento grafico scelto (colori, trasparen-ze, luminosità, contrasti, legenda, font,cartigli, sfondi ecc.) immagazzinate in fileche avrebbero aggiornato pressoché auto-maticamente l’elaborato dal punto di vi-sta della restituzione grafica. La certifica-zione della coerenza sia geometrica e to-pologica che con la “scala” prevista di re-stituzione dei materiali (nel caso del PTC,la scala di stampa è stata 1:25.000, per esi-genze redazionali e normative del PTCmentre ad Empoli è possibile una mag-giore “elasticità”) e della giusta accura-tezza di dettaglio per tale scala è un pas-saggio necessario e apparentemente banalenell’inserimento di dati che compiutamen-te vanno a formare ciascuno dei livelli in-formativi del SIT. Si tratta del passaggioimportante per la “comparabilità” dei ma-teriali rispetto alla coerenza topologica, ri-chiesta dalla strutturazione del SIT, con ilrischio che materiali (per altri versi utili) si-ano “rigettati”, evidenziando un importanteelemento di rigidità, soprattutto quando la“giusta accuratezza” è regolata su di unlivello non adatto ai tempi operativi e allerisorse umane a disposizione dell’ufficio.

Nel caso pratese è stata costante la di-scussione tra progettista del piano e pro-gettista del SIT su quali entità fossero daconsiderare “appropriate” all’inserimentonei livelli informatizzati; su quali doves-sero essere i tempi della loro redazione epreparazione all’inserimento; soprattutto,sulla possibilità che tali dati fossero aggior-nati agevolmente anche in seguito, dopol’adozione dello strumento di piano da par-te dell’amministrazione, dove (nel casospecifico che stiamo descrivendo) il QCdeve costituire la base di partenza del SIT.Sulla possibilità di aggiornamento, il casoin esame segnala alcuni problemi: cosasuccede quando entrano in conflitto le esi-genze “di piano” e quelle della redazionedel SIT, quando cioè gli elementi la cuirappresentazione è ritenuta vitale da unoo dall’altro, non coincidono? È una que-stione centrale, poiché evidenzia diretta-mente il problema del conflitto tra una lo-gica “gestionale” e una “progettuale”.Il maggiore ostacolo ad un pieno uso ope-rativo dell’AdPT durante il processo dipiano è stato la configurazione dei proto-colli adottati nell’architettura del SIT. Maaltri sono stati i passaggi problematici: laredazione “incrementale” del AdPT, in fun-zione sia dell’avanzamento del QC discipli-nare/scientifico e sia in funzione dell’accre-scimento dell’attenzione o delle tensioni neldibattito con il “locale” su temi specifici; lanecessità di tenere “aperto” l’AdPT nelprogress del piano; la facilità di inseriretematismi definiti e strutturati ex-ante con-tro le difficoltà “adattive” dei livelli infor-mativi rispetto ad esigenze impreviste; lo sfa-

Circondario Empolese Valdelsa, l’Atlante del patrimonio “fisico”, visualizzazione 3D (elaborazio-ne grafica a cura di Fabio Nardini)

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samento temporale della redazione del SITrispetto all’avanzamento della discussionepubblica, in incontri formali6 e nelle occa-sioni meno formali; la capacità delle strut-ture SIT di rispondere alle richieste di inno-vazione avanzate dal responsabile del piano(ovvero sintetizzare e visualizzare le infor-mazioni in una rappresentazione comples-siva che desse una chiara visione della in-terpretazione e uno sguardo di insieme sulsenso compiuto e completo dell’azione co-noscitiva “selettiva”): all’interno del SIT, inaltre parole, l’intenzionalità dell’azione co-noscitiva si è trovata frammentata in livelliche avrebbero assunto un senso più com-piuto e chiaro solo in una combinazione sin-tetica di elaborazione e di visualizzazione.In tale contesto tra gli approcci e le diverseaspettative rispetto agli elaborati, se ne di-stinguono due frutto di interpretazioni di fon-do divergenti, dalle quali sono scaturite mol-te delle difficoltà. L’AdPT, secondo questidue “approcci” è rispettivamente:– prodotto della strutturazione ragionatadei livelli del costituendo SIT e loro sin-tesi per sovrapposizione, quindi in un certosenso elaborazione automatica dei datiformalizzati, accumulati dai saperi esper-ti e tradotti nel linguaggio informatico; ilprocesso è unidirezionale (dall’inizio allafine) e incrementale, e le rappresentazio-ni frutto di sommatoria;– interpretazione progettuale del QC or-ganizzato nel SIT e sintesi per mutua in-fluenza dei livelli; ciò richiede caratteri-stiche di estrema flessibilità ed agilità, perpoter rispondere alle istanze comunicativee partecipative del processo; la strutturazio-ne dei livelli così non può essere vincolante,e l’intervento del redattore si esercita anchenel processo finale di elaborazione dellerappresentazioni derivate; il processo è bi-direzionale (deve poter essere riconfigu-rato anche a partire dalla fine, o da unpunto intermedio) e le rappresentazionifrutto di interpretazione dei livelli.

Nei due casi, le interpretazioni sul proces-so di produzione e sulle caratteristiche diprodotto si intrecciavano, con sovrapposi-zioni continue che rendono estremamenteinteressante ragionare sulle differenze e suiproblemi posti dai due approcci. Sembra unpunto di vista fertile per indagare:– la funzione della rappresentazione “patri-moniale” e la sua efficacia sia “interna” (ri-spetto all’azione dei saperi esperti coinvolti) che“esterna” (rispetto all’aumento della comuni-cazione pubblica, alla crescita di consapevo-lezza territoriale, alla possibilità di feed-back);– l’interazione dei progettisti e dei redattoricon gli strumenti informatici e chi li proget-ta e gestisce;– il grado di adattabilità delle competen-ze coinvolte rispetto ai problemi soprag-giunti e non previsti;– le relazioni e comunicazioni con i com-mittenti (la pubblica amministrazione).

2.2 Prato, i diversi atteggiamenti di fron-te all’AdPTUno degli atteggiamenti ricorrenti, di leg-gero ma comunque incuriosito scetticismo,può essere sintetizzato nella domanda laten-te: “a cosa serve un tipo simile di rappresen-tazione in un contesto istituzionale?”. L’in-terrogativo ha accomunato a tratti alcunicomponenti del gruppo di progetto, alcuniamministratori, alcuni politici e anche alcu-ni componenti dell’ufficio di piano. Essa sca-turiva da fattori quali l’apparente provenien-za “accademica” di tale tipo di elaborati, per-cepita come “accessoria” rispetto agli obiet-tivi “reali” del piano, e quindi come eserci-zio “autoriale”; l’importanza estrema asse-gnatagli dal progettista rispetto ad altri ela-borati di QC “canonici”; soprattutto il fattoche nonostante il diffuso riconoscimento“generico” del valore degli elaborati di At-lante e di Scenario dichiarati importanti perl’azione strategica, questo non fosse accom-pagnato da un ben definibile valore rispetto,ad esempio, all’apparato normativo.

6Un resoconto puntuale in: http://ptc.provincia.prato.it/incontri/home.htm.

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Rispetto alla componente specificatamente“politica”, l’atteggiamento prevalente è sta-to la intuizione dell’utilità di disporre di unelaborato genericamente “bello”, che dessedel territorio amministrato una immagine de-finita e coesa: inoltre il difficile collegamentoal corpo delle norme degli elaborati in esa-me li collocava su di un terreno neutro e si-curo per la parte politica, dove potersi ad-dentrare senza troppe preoccupazioni, e sulquale esercitare un discorso “adattivo” coni cittadini.La volontà deiprogettisti èstata quella diusare questerappresenta-zioni per orien-tare la perce-zione del terri-torio aperto,per sostantiva-re la messa invalore delle ri-sorse e delle po-tenzialità ri-spetto alla so-cietà insediata.La loro utilitàsi è dispiegataanche in ambi-to strettamente

interno, per sostanziare e tentare di orien-tare scelte che altrimenti sarebbero statelegate a percezioni meno complesse che ipolitici hanno spesso dimostrato di avere.Gli assetti e i problemi dell’area metro-politana, o il “peso” che andavano assu-mendo nelle strategie progettuali il patri-monio forestale o la strutturazione storicahanno potuto venire calibrate grazie all’in-terazione continua e a tratti tesa. L’atten-zione posta, ad esempio, nel tentare di co-gliere la ricchezza del territorio aperto nonera controbilanciata, secondo alcuni, dauna eguale attenzione ai territori urbaniz-zati della Piana; la decisione di “cassare”alcuni importanti segni territoriali, comel’autostrada, non trovava totale appoggiopresso tutti i progettisti. La definizione del-le voci della legenda è stata in qualchemodo il “campo” sul quale si sono con-frontate diverse visioni territoriali, e gra-zie al quale si sono ricomposte. Il confron-to attorno a questo tipo di elaborati, allo-ra, sembra facilitare l’azione riflessiva, fo-calizzandosi attorno alla loro “esatta” ca-librazione e collocazione come elementodi consapevolezza che il territorio sul qua-

PTC Prato, schede descrittive delle Unità di Pa-esaggio: sintesi degli elementi dell’acropoli etru-sco-medicea di Artimino

PTC di Prato, Legenda dellaQC15b (Atlante del Patrimo-nio Territoriale, Le risorse es-senziali)

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le si va ad intervenire abbia delle doti“estetiche” dovute alla complessità e de-licatezza della sua “costruzione”. Ancherispetto ad un atteggiamento “benevolo”,ciò ha fatto sì che la chiave di lettura emer-sa in seguito e assestatasi come general-mente condivisa, cioè di valutazione este-ticamente positiva degli elaborati (afferma-zione di una accezione di elaborato “pro-mozionale”, immagine “bella” da appende-re negli uffici, da fare girare nelle occasionipubbliche) pur essendo sintomatica di unasostanziale “vittoria” dei progettisti delPTC, indica tuttavia una profonda diffi-coltà di comunicazione con l’amministra-zione. Ciò ha teso a “svuotare” l’elaboratodella dimensione pre-progettuale e ad orien-tare la sua interpretazione verso l’accezionestorico-paesistica. La ricomposizione del ter-ritorio provinciale come “figura territoria-le” si è, agli occhi degli amministratoriprovinciali, trasformata quasi in una im-magine di promozione turistica.Un atteggiamento decisamente più ostilee infastidito è prevalso all’interno dellaamministrazione provinciale,7 specie daparte di chi non ne poteva usare le capaci-tà promozionali-turistiche, né poteva por-li alla base della propria “comunicazio-ne” con i cittadini. C’è chi ha interpretatoquesti elaborati sia come un ostacolo alla“corretta” prassi di redazione del piano,sia come una sorta di prodotto autorialecapriccioso, che non potendo essere facil-mente leggibile per parti e scomponibileper competenze precise, si andava collo-cando in un terreno “trasversale” ai diver-si uffici, nessuno dei quali poteva averneil controllo completo.Appaiono interessanti anche il tempo e ipassaggi tecnici “non ortodossi” richiestiper la redazione dell’AdPT: la necessitàdi dover in qualche modo spesso tornare“a monte” dell’architettura dei livelli,comportava un rallentamento e un certa

impressione di carente strutturazione e “di-sordine” all’interno degli archivi informa-tici, che non ha fatto altro che evidenziarela scarsa “flessibilità” del sistema.Si segnala allora la necessità di eviden-ziare nei contesti operativi come il valoredel “patrimonio” non si debba identifica-re con il valore d’uso delle entità rappre-sentate e che neanche si debbano recepi-re come indicazioni “normative” alcunescelte selettive: l’autostrada non è statarappresentata, quindi non si ritiene impor-tante, quindi è in pericolo! Questo imba-razzo sulla sparizione dalla carta del pa-trimonio di una tra le infrastrutture piùimportanti della piana metropolitana è unesempio della difficoltà di fare compren-dere la lettura selettiva della rappresenta-zione (o al contrario, la sua efficacia nellaselezione degli elementi, se si assume ilpunto di vista del progettista), che sottol’ingannevole aspetto da “foto aerea” ren-deva stridenti alcune assenze. Emerge loscarto dalla concezione disciplinare (lamappa non è il territorio) con quella con-solidata in molte amministrazioni che ten-de ad assegnare agli elaborati una valenzafortemente descrittiva oppure una valen-za essenzialmente normativa, comunquenel quadro di una loro corrispondenza alla“realtà”. Un altro equivoco, che come ilprecedente ha deviato la lettura dell’ela-borato rispetto alla volontà dei progetti-sti, è stato generato dalla scelta di rappre-sentare gerarchicamente gli edifici. Fareemergere dal tessuto edificato solo queibrani urbani che si riteneva fossero im-portanti per riconfigurare la struttura deicentri reticolari storici, ha generato imme-diatamente in alcuni l’impressione di tro-varsi davanti ad un elaborato storico. L’ar-tificio grafico ha depotenziato in qualchemisura il contrasto con l’esistente, privan-do la carta di una maggiore connotazionequalitativa sul presente.

7Anche l’interazione con la Regione Toscana è stata interessante, e per certi versi equiparabilecon quella provinciale; non se ne da conto comunque in questa sede poiché non si è potutaseguire in prima persona.

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2.3 Empoli, la costruzione dei SIT comeazione euristica durevoleContinuiamo ad analizzare lo “spazio tec-nico” dei SIT istituzionali in cui si tentadi costruire il riconoscimento “condiviso”del patrimonio territoriale. A Empoli, ladifferenza maggiore rispetto al caso pra-tese è l’influenza diretta della ricerca uni-versitaria. L’Atlante si appoggia sul SIT esulle tecniche di gestione integrata dellaconoscenza territoriale (Campagna[2004]), “spazio tecnico” e luogo dove, fa-ticosamente, i diversi saperi si incontra-no, si misurano reciprocamente, e cerca-no di dialogare. L’attenzione è posta sulla“costruzione lunga” e “calibrabile” deglielementi di patrimonio, è rivolta al meto-do, alle problematiche incontrate e alleprospettive di affinamento progressivo deiprotocolli di redazione e trattamento deidati. Ciò consente di stilare un primo bi-lancio e tentare di ipotizzare alcuni svi-luppi, nonostante la costruzione dell’atlan-te fisico sia appena iniziata.

Caratteristica propria della redazione del-l’Atlante del circondario empolese è la sua“azione conoscitiva”, il processo multidi-sciplinare di strutturazione e messa a si-stema di livelli informativi redatti per es-sere elaborati con i GIS e che possono dareesito, se si ritiene utile, alla costruzione dirappresentazioni (mappe tematiche, car-tografie di sintesi, schemi) ovvero alla for-malizzazione di veri e propri “atlanti ter-ritoriali”. Tentiamo un elenco degli ele-menti di “utilità” di questi protocolli:- possibilità di rappresentazione multidi-mensionale del territorio e di analisi tra-mite strumenti software con enormi pos-sibilità di calcolo e di gestione di infor-mazioni: tali caratteristiche connotano leattività conoscitive sulle quali sono basatii GIS come di natura esclusivamente “de-duttiva” ovvero l’utilità del “pensiero”GIS, se “il pensiero è intelligenza appli-cata all’esperienza” (Lazzara [2003]) di-pende esclusivamente dalla possibilità didisporre di una tale mole di dati che non

PTC Prato, schede descrittive delle Unità di Paesaggio: particolare della piana pratese

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sia possibile realisticamente nessun altrosistema di analisi per evidenziarne le ca-ratteristiche relazionali; le capacità di “co-struzione di conoscenza” applicate allacartografia sono dunque esaltate dalla ca-pacità di memoria e di elaborazione dei cal-colatori, da una parte, ma dall’altra dallacapacità di mettere “in rete” i saperi diversidei contesti territoriali, dopo averli forma-lizzati in un linguaggio comune. La presen-za di tale capacità sembra connotare inmodo particolare il contesto empolese.- densificazione degli elementi topografi-ci come “creazione” di una base aggior-nata sulla quale applicare i modelli di ana-lisi: ci ricolleghiamo al punto precedenteper sottolineare come questa operazioneconoscitiva presupponga una conoscenzaformalizzata, una base “densa” di elementiche sia possibile aggiornare, migliorare,ed eventualmente ricalibrare;- possibilità di incrociare dati strutturatisull’evoluzione temporale e diacronica conlo “stato attuale” del territorio, ovvero pos-sibilità di confronto di “immagini territo-riali” afferenti alle diverse epoche imma-

gini. Ciò porta alla creazione di basi didati esplicitamente dedicate al tentativo diricostruzione “visuale” dei paesaggi pas-sati, presenti e futuri, come elemento di“interfaccia” di discussione con le societàinsediate (Ervin [2001]);- costruzione dell’Atlante come azione ri-flessiva di confronto multidisciplinare: unelemento di interesse sembra la possibili-tà di ragionare attorno alla particolarità diciascun approccio disciplinare rispetto allaredazione dell’atlante, e sulle dinamicheinnescate da questa interazione.Una nota a parte merita l’attività didatticaportata avanti nel corso di Empoli che hala potenzialità di avviare una interazionecon il territorio in termini di formazionedi saperi esperti-contestuali, in questo casoin grado di portare in ambiti professionalie istituzionali le istanze di rappresentazio-ne delle peculiarità dei contesti locali. Ri-spetto a questi temi, anche ai fini dell’in-segnamento il tentativo è di calibrare spe-cifiche tecniche di rappresentazione terri-toriale, all’interno di sistemi informativiterritoriali connotati “localmente”.

Circondario Empolese Valdelsa, simulazione 3D delle trasformazioni del paesaggio rurale, 1954(elaborazione grafica di Fabio Nardini)

Circondario Empolese Valdelsa, simulazione 3D delle trasformazioni del paesaggio rurale, 2004(elaborazione grafica di Fabio Nardini)

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3. Deriva gestionale e aspetti progettualiRispetto all’ipotesi che gli elaborati di rap-presentazione del patrimonio possano inqualche misura agire contro la “deriva ge-stionale” del progetto di territorio, la dif-ferenza di approccio e di utilità nei duecasi illustrati è sensibile.Nel contesto dell’amministrazione di Pratol’elaborato di AdP si è rivelato utile comeargine a tale tipo di “deriva” del piano (de-riva che ne minava la carica progettuale,propositiva, innovativa), ricoprendo una“funzione” che ha comportato anche il ri-schio di inceppamento del delicato mec-canismo del SIT, come un “granello di sab-bia” gettato tra i suoi ingranaggi. Non con-sideriamo questa funzione, che sia acci-dentale o meno, come marginale, ma comeun faro puntato sulle debolezze derivateda un approccio puramente gestionale alSIT (e al complesso dell’azione di piano,in fondo), che è sembrato prevalere all’in-terno dell’amministrazione. AdPT dunquecome elemento e motivo di cortocircuito,rivelatore di problemi ben più profondi chenon fossero la sfiducia verso la sua utilità.Nel caso empolese gli elementi di interessesono invece contenuti nella volontà di “ge-stione lunga” del rapporto tra redazionedei piani strutturali e funzione di riferi-mento strategico dello “statuto dei luoghi”che l’Atlante del circondario contribuiscea definire e rappresentare.Il tema della diversità degli obiettivi tra“committenti” e professionisti è emersaperiodicamente in varie fasi del PTC diPrato, mentre nel contesto empolese si as-siste ad una maggiore sinergia e collabo-razione. A Prato i momenti di sintonia trai due tipi di figure si sono diradati in cor-rispondenza dell’avanzare dell’iter di QCe progettuale, e con l’avvicinarsi alla chiu-sura del piano. Ciò è derivato, a nostro pa-rere dal prevalere della preoccupazione (daparte degli uffici provinciali), di predispor-re uno strumento che consentisse in ma-niera “razionale” di gestire i passaggi tec-nici rispetto al rapporto con i comuni e

con la Regione. Di poter passare cioè dal-la scala comunale a quella regionale conil minimo delle possibilità di intoppo do-vute ad interpretazioni dubbie sul corpodelle norme o sulla lettura degli elaborati.La volontà dei committenti è stata quelladi ridurre l’apparato normativo ad una se-rie di elementi valutabili dentro un data-base, che obbliga i redattori del piano acalibrare le Norme Tecniche secondo unaloro scomposizione “tabellare” rispetto atutti i possibili “obiettivi”, ai passaggi suc-cessivi e alla relazioni uno-a-molti che lenorme applicate ad un territorio così com-plesso obbligano. Ciò implica la pretesadi ripulire il piano da qualsiasi slancio stra-tegico, da qualsiasi velleità di influire inmodo sottile sulle percezioni pubbliche de-gli interessi comuni e degli obiettivi, poi-ché lo spazio della governance del pro-cesso è totalmente sparito, schiacciato tratabelle di database. “Gestire” in questocaso significa per l’amministrazione eli-minare dal piano tutte le “asperità proget-tuali”, spuntare gli elementi di innovazio-ne che implicano interpretazione e posso-no ingenerare confusione; appiattire lespinte propositive, in modo da non crearetensioni ai livelli sovraordinati; sopire levelleità dei progettisti di incidere nel bre-ve periodo, spostando nel contempo i ter-mini “strategici” in un orizzonte tempo-rale fuori della portata degli strumenti. Inquesto senso, crediamo che le difficoltàincontrate da elaborati scaturiti da SIT (gliatlanti del patrimonio territoriale), e il loroscarso successo davanti ai ranghi dell’am-ministrazione (almeno in questo caso) si-ano paradigmatiche per i seguenti motivi:- la chiara esplicitazione degli intenti pro-gettuali sin nella costruzione di un elabo-rato del QC quale è l’AdP, non è vistocome un contributo fondamentale in un si-stema che pretende la “neutralità” (impro-babile) dei livelli conoscitivi, per aumen-tare le possibilità di “adattabilità politica”nei processi di approvazione e adozione;- la difficile dimensione “gestionale” del-

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l’elaborato, che, pur essendo totalmenteinformatizzato, definisce nella sintesi giàuna “gabbia” orientata;- la difficoltà per l’amministrazione, dun-que, di gestire elaborati di “sintesi”, cheper loro natura sono trasversali alle com-petenze dei vari uffici.I componenti dell’amministrazione han-no allora usato determinate strategie peradattare gli elaborati di patrimonio alleloro esigenze, che tentiamo di elencare peraggiungere degli elementi di riflessione:- ridurlo a “carta storica” o carta di possi-bile valore “turistico” (una riduzione chetende ad realizzarne il “congelamento”);- considerarlo un elaborato “chiuso” sen-za necessità di implementazione (anzi, cre-ando le condizioni dell’impossibilità del-l’implementazione) e quindi decidendo dinon ipotizzare nemmeno l’aggiornamen-to successivo all’adozione del piano;- sottolinearne così la scarsa “importan-za”, il carattere accessorio e decorativorispetto ad altri di maggiore interesse“gestionale”, appunto, come la redazio-ne del database degli assi viari o del da-tabase dei vincoli.Nel caso Empolese, questa serie di pro-blemi sembra in parte risolta dal diversotrattamento degli “equilibri” temporali,laddove l’AdP costituirà comunque unelemento strategico certo (con la pun-tuale individuazione degli elementi pa-trimoniali) al quale potranno riferirsi i pia-ni alle diverse scale.

4. Il tentativo di un bilancioTentiamo alcune considerazioni sull’uti-lità dell’uso di rappresentazioni “di patri-monio” in contesti di piano, che nel casodi Prato si è esplicitata essenzialmentecome “interna” al gruppo di progetto e airapporti di questo con l’amministrazione.Con i seguenti effetti:- esplicitazione degli intenti progettualidell’azione di piano, in relazione alla at-tenta analisi dell’esistente riguardo i mol-ti aspetti patrimoniali;

- valore di sintesi utile nelle occasioni pe-riodiche di confronto (o di scontro);- efficacia nel promuovere delle “visioniterritoriali” differenti da quelle preesisten-ti, anche in ambito “interno” oltre che nellaesplicitazione dell’azione “pubblica”;- disvelamento della “deriva gestionale” estrumento per arginarla;In relazione ai punti elencati sopra e ri-spetto ai temi più tecnici della presentericerca i problemi emersi sono:- difficoltà nella strutturazione dell’archi-tettura del SIT in funzione degli scopi pro-gettuali, in modo che essa possa rispon-dere in maniera flessibile alle eventuali ca-librazioni “in corsa” (anche con l’avanza-mento dell’elaborazione del dibattito edelle suggestioni provenienti dall’intera-zione con il contesto); questo presupponeche la figura del progettista SIT sia in qual-che modo “formata” ai problemi discipli-nari più avanzati e che non sia concentra-ta esclusivamente sulla possibilità gestio-nale e sulla coerenza topologica e topo-grafica del dato, ma riesca a mediare trale necessità amministrative e le spinte in-novative dei progettisti;- problemi nel calibrare la struttura deilivelli informativi in modo che tra di essitrovino posto le entità necessarie allarappresentazione dei valori patrimonia-li e paesistici;- scarsa considerazione preventiva al pro-blema che i materiali prodotti da consu-lenti potessero agevolmente confluire neilivelli del SIT, ovvero nel definire sogliedi compatibilità “realistiche”.Tutti questi fattori hanno ostacolato la ve-locità della “sintesi” rispetto al confrontotra i diversi saperi; hanno complicato laformalizzazione e la conseguente rappre-sentazione dell’evoluzione temporale delterritorio; hanno reso necessario, infine,un ricorso alle tecniche “tradizionali” (di-remo “analogiche”) per tradurre in scena-rio le indicazioni progettuali territoriali.Le energie che si sono dovute dedicarealla “compensazione” dei problemi deri-

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vati dalla strutturazione dei protocolli e deilivelli SIT sono state insomma sproposi-tate, tuttavia gli spunti interessanti offertida questa esperienza pongono altre sfide:la possibilità di una veloce ricalibrazionedell’intera rappresentazione al variare diuna sua parte costitutiva, preziosa incontesti di piano costretti in un tempobreve di redazione; la necessità che lavisualizzazione dell’informazione av-venga in modalità multi-scalare e trans-scalare; la strutturazione degli archivi inrelazione agli elementi patrimoniali, cosìda permettere l’interrogazione in temporeale e la visualizzazione dinamica; lanecessità di una crescita di “complessi-tà” nei livelli informativi, che aumentinole possibilità di comparare informazionicon un grado anche elevato di “incertez-za” (Plewe [2002]).Rispetto ai problemi affrontati, per sinte-tizzare tramite uno slogan il senso di unSIT rispetto alla sua utilità “interna”, lodefiniamo “informatore dell’informazio-ne”, ovvero sede della “traduzione” del-l’informazione, luogo dove i saperi coin-volti (e parliamo di SIT, o PSS, “dedica-ti” al progetto del territorio “aperto”) sidevono necessariamente “confrontare”. Èuna delle dirette e forse la più importan-te implicazione delle NTIC nel campo delprogetto di territorio rispetto alle consi-derazioni di efficacia. Un “protocollo” po-tenzialmente utile appare l’interazione direte, cioè la possibilità di usare anche isiti web “mirati” e redatti in un ambitodi sperimentazione disciplinare: tale in-tegrazione dell’informazione territorialecon questi strumenti “dialogici” rende len-ta ma inarrestabile la trasformazione del-la rete stessa in “luogo” nel quale eserci-tare una azione sociale (Roche [2003]).Le potenzialità “riflessive” si esercitanoallora anche attorno alla calibrazione deiprotocolli di redazione di rappresentazio-ni adatte alla pubblicazione in rete, e sibasano sulle “risposte” eventualmente ri-cevute da questo tipo di diffusione.

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