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Anno VIII - N.3 luglio-settembre 2010 Pubblicazione periodica, a diffusione interna, del Centro Studi Scout “San Giorgio” - onlus Taranto Dietro di voi lasciate una traccia .. Dietro di voi lasciate una traccia .. . . "Si educa attraverso ciò che si dice, di più attra- verso ciò che si fa, ancor di più attra- verso ciò che si è. Si educa ...... ancor di più attra- verso ciò che si è. (B.P.) Un giorno, il giovane principe, stanco della vita di corte, per nulla appagante, nonostante i tanti agi, decise di abbandonare il Castello e andare alla ricerca della felicità. In un baleno per- corse il tratto di strada in discesa che conduce dal Castello al pic- colo villaggio dove vivevano i sudditi di suo padre; era convin- to che in mezzo a loro avrebbe trovato l’aiuto alla propria ricer- ca. Giunto nel villaggio, il prin- cipe, non riconoscibile per gli abiti comuni che indossava, co- minciò ad informarsi se qualcu- no potesse indicargli la strada per raggiungere la felicità. Sor- preso, rimase senza parola, per- ché, tutti coloro che aveva in- contrato, erano presi da mille preoccupazioni e non avevano mai sentito parlare che esistesse la felicità. Ad un tratto si imbat- tè in un vecchino, solo, claudi- cante, appoggiato al suo basto- ne, che con i suoi occhi, ancora lucenti, conquistò l’attenzione e la curiosità dell’illustre ricerca- tore. “Sapresti indicarmi, - gli chiese il principe con fare bra- moso di esauriente risposta - la strada che porta alla felicità?” Il vecchino, libero dalla corsa comune, concentrato sullo sco- nosciuto passante, gli ribattè: “chi ti ha parlato della felicità?” “Nessuno” rispose, e aggiunse: “Ho avvertito un profondo desi- derio dentro di me, un desiderio che non so interpretare, ma che al solo suo pensiero, mi dà tanta serenità”. Allora il vecchino comprese l’ansia del giovane e con altrettanta premura rispose alla sua domanda. “Sì, mio caro, conosco un vecchio maestro che vive su quella montagna all’orizzonte, che ti potrà indica- re la strada per la felicità. Voglio solo raccomandarti: non stancar- “... attraverso ciò che si è” SOMMARIO “ ... Attraverso ciò che si è” pag. 1 La squadriglia: piccola cellula ... 3 Essere capi 5 Olave Baden Powell 7 Baden Powell 1910-2010 8 Incontro adulti scout a Gargaleo 11 Preghiera per i giovani 12 Ho fatto un sogno 13 Notizie dal Centro Studi 14 Recensioni 15

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Anno VIII - N.3 luglio-settembre 2010

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D i e t r o d i v o i l a s c i a t e u n a t r a c c i a . .D i e t r o d i v o i l a s c i a t e u n a t r a c c i a . . ..

"Si educa attraverso ciòche si dice, di più attra-verso ciò che si fa, ancor

di più attra-verso ciò chesi è.

Si educa ...... ancor di più attra-verso ciò che si è. (B.P.)

Un giorno, il giovane principe,stanco della vita di corte, pernulla appagante, nonostante itanti agi, decise di abbandonareil Castello e andare alla ricercadella felicità. In un baleno per-corse il tratto di strada in discesache conduce dal Castello al pic-colo villaggio dove vivevano isudditi di suo padre; era convin-to che in mezzo a loro avrebbetrovato l’aiuto alla propria ricer-ca. Giunto nel villaggio, il prin-cipe, non riconoscibile per gliabiti comuni che indossava, co-

minciò ad informarsi se qualcu-no potesse indicargli la stradaper raggiungere la felicità. Sor-preso, rimase senza parola, per-ché, tutti coloro che aveva in-contrato, erano presi da millepreoccupazioni e non avevanomai sentito parlare che esistessela felicità. Ad un tratto si imbat-tè in un vecchino, solo, claudi-cante, appoggiato al suo basto-ne, che con i suoi occhi, ancoralucenti, conquistò l’attenzione ela curiosità dell’illustre ricerca-tore. “Sapresti indicarmi, - glichiese il principe con fare bra-moso di esauriente risposta - lastrada che porta alla felicità?”

Il vecchino, libero dalla corsacomune, concentrato sullo sco-nosciuto passante, gli ribattè:“chi ti ha parlato della felicità?”“Nessuno” rispose, e aggiunse:“Ho avvertito un profondo desi-derio dentro di me, un desiderioche non so interpretare, ma cheal solo suo pensiero, mi dà tantaserenità”. Allora il vecchinocomprese l’ansia del giovane econ altrettanta premura risposealla sua domanda. “Sì, mio caro,conosco un vecchio maestro chevive su quella montagnaall’orizzonte, che ti potrà indica-re la strada per la felicità. Vogliosolo raccomandarti: non stancar-

“... attraverso ciò che si è”

SOMMARIO

“ ... Attraverso ciò che si è” pag. 1

La squadriglia: piccola cellula ... “ 3

Essere capi “ 5

Olave Baden Powell “ 7

Baden Powell 1910-2010 “ 8

Incontro adulti scout a Gargaleo “ 11

Preghiera per i giovani “ 12

Ho fatto un sogno “ 13

Notizie dal Centro Studi “ 14

Recensioni “ 15

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ti lungo la via, perché potrai in-contrare tratti difficoltosi, ma, sesarai costante, alla fine raggiun-gerai la méta e potrai conoscerela strada che porta alla felicità”. Ilgiovane principe, soddisfattodell’incontro e della risposta, simise in cammino.Liberiamo il nostro lettore dallalettura delle peripezie della stra-da e…Finalmente il princi-pe scorge da lontanoun canuto seduto suuna grossa pietra cheporge il suo orecchioal cinguettio degliuccelli svolazzanti trai rami del grande al-bero sotto il quale ilvecchio maestro si difendeva dal-la calura del giorno.Incuriosito, accelerò il passo, vo-leva raggiungere subito la mètaper soddisfare il suo desiderio difelicità. Giunto presso il grandealbero, profuse tutto il suo ceri-moniale di riverenza come verso igrandi personaggi, ma incontròsolo il silenzio del maestro.“Come mai - si chiese il principedentro di sé - costui non conoscele norme della buona educazio-ne”? Il vecchio saggio, intanto,continuava a godere della varie-gata sinfonia degli uccelli, quan-do, per un improvviso e sommes-so suono, si accorse del nuovoarrivato e con fare dimesso e ac-cogliente lo invitò a godere delconcerto, naturale e gratuito, cheoffrivano gli uccelli. Trascorserodiverse ore; sul far del tramonto,il maestro si rivolge al giovane:“perché sei giunto fin su questamontagna?” il giovane, che avevacominciato a gustare il silenzio,gli risponde: “Voglio conoscerela strada che porta alla felicità”. E

il maestro: “Vorrei accontentartisubito, ma se avrai pazienza diattendere, forse, riuscirò a dartidelle indicazioni”. Il silenzio ri-tornò tra i due, il giovane si di-spose all’attesa e il maestro se neandò alle occupazioni vitali. Ilprincipe lo seguiva, lo osservava,e cercava di cogliere il segreto diquella serenità e pace, diventatela sua atmosfera quotidiana. Lo

sguardo profondo delmaestro, il suo cautoincedere, la sua parlatacalma e piana,l’ospitalità sincera efrugale, aiutarono ilgiovane a scoprire unmondo fino ad allorasconosciuto: il mondo

dell’interiorità. Cominciava acomprendere che il maestro par-lava al cuore, non solo alla men-te! E azzardò una domanda:“Maestro, cos’è la felicità?”; ilmaestro voleva rispondergli manon trovava le parole appropriate:“E’ qualcosa di molto grande,bello, indescrivibile e ineffabile, -disse - solo quando la si incontra,la si vive, la si comunica, allorala si comprende!” e lo invitò aseguirlo. Mentre camminavano, ilmaestro gli chiese: “hai mai sen-tito parlare di virtù? Da piccolomi dicevano che, per essere felici,bisogna essere virtuosi; non capi-vo quelle parole, fino a quandoun giorno incontrai una mammache allattava con gioia il suo pic-colo. Allora compresi che la feli-cità è nel donarsi e la virtù sonotutti quei comportamenti che ren-dono possibile il dono”. Il princi-pe, catturato dal discorso, non siera reso conto di essere entratocol maestro in una grotta; lì sitrovava un giovane, bisognoso diogni cura. Ammutolito, il princi-

pe osservava le premure del mae-stro come quelle di una madre,ascoltava i suoi saggi consigli esoprattutto correva dietro al suosguardo profondo che rifletteva laluce negli occhi del giovane, chepian piano usciva dal tunnel delnon senso e si avviava verso lastrada della luce, la strada dellavita, perché aveva trovato nelvecchio maestro la luce e la vita.In quel momento nella mente delprincipe riaffiorarono alcuni ri-cordi infantili, ascoltati dalla suabalia al castello, e ora, finalmentescesi nel suo cuore: “Và, e anchetu fa lo stesso”. (Lc. 10, 37) Avevascoperto la via della felicità!Chiediamo scusa al nostro lettorese abbiamo tediato la sua atte-sa…Il racconto vuol essere un tentati-vo narrato per comprendere leparole di B.P. In esso sono pre-senti le dinamiche educative chesono sottese in ogni esperienzeeducativa. Non ci può essere a-zione educativa senza relazione,cioè, senza il coinvolgimento atti-vo di due persone che si pongonoin atteggiamento di reciproco dia-logo, nel rispetto della diversitàdei ruoli e delle individualità.Il relazionarsi trova nel dialogouna delle sue forme espressivepiù significative; non si può farea meno della parola! L’educatore,nel religioso uso della parola, sirivolge all’educando, partecipan-dogli il suo pensiero, foriero diverità. L’accoglienza fiduciosa diquesta parola generanell’educando un dinamismo diconversione e di generazione divita nuova. Nell’affermazionedella sua libertà e della sua inte-riorità, l’educando trasforma laparola ascoltata in storia persona-le, in vissuto quotidiano. (Mt.23,3“Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo..”)

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N. 3 luglio-:-settembre 2010 pagina 3

La parola comunicata assume laforza della credibilità edell’autorevolezza se si fa storia,prende corpo nella vitadell’educatore. In un tempo comeil nostro, nel quale le proposteeducative sono molteplici, e nelleprovenienze e nei contenuti, ildiscrimen dell’autenticità allorasi deve riscontrare solo nella ca-pacità della proposta di concretiz-zarsi nella storia, di farsi espe-rienza di senso. Non a caso la lo-gica vissuta dal Figlio di Dio è:prima fare e poi insegnare. (Gv. 13,14:“Se io il Signore e il Maestro ho lavato i piedi a voi,anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri”.)

Il climax del nostro discorso a

commento delle parole di B.P. stanell’identificazione della virtùinsegnata con la vitadell’educatore. È la sua vita adessere il contenuto della sua azio-ne educativa. Quando incontril’educatore “veritiero”. “buono”,“giusto”, allora ti accorgi che la

sua vita diventa la sua propostaeducativa. Se ti imbatti in un si-mile educatore, fai l’esperienza diciò che ricerchi, quando vuoi co-noscere la strada della verità, del-la bontà, della giustizia, della fe-licità. Stai finalmente percorren-do la strada del discepolo di Cri-sto che ha assicurato: “Se rimane-te nel mio amore,… la mia gioiasarà in voi e la vostra gioia saràpiena”. (Gv. 15,9-11.)

Questa è la felicità, a questo ten-de ogni autentica educazione.

don Paolo OlivaAss. reg. Agesci

”Io desidero che voi Capi Squadriglia continuiate aformare i ragazzi della vostra Squadriglia intera-mente da voi, perché vi è possibile far presa su cia-scuno dei vostri ragazzi e farne un tipo in gamba.Non serve a niente avere uno o due ragazzi brillantie tutti gli altri buoni a nulla. Dovrete provare a ren-derli tutti abbastanza buoni. Il mezzo più efficaceper riuscirci è il vostro esempio personale, perchéquello che fate voi, i vostri Scouts lo faranno ancheloro. Fategli vedere che sapete obbedire ad un ordi-ne, sia che venga dato a viva voce, sia che consistain norme stampate o scritte e che sapete eseguirlo,che il Capo Riparto sia presente oppure no. Mo-strate loro che sapete conquistarvi specialità e di-stintivi di classe, ed i vostri ragazzi vi seguirannosenza bisogno di tanto lavoro per convincerli. Maricordatevi che voi dovete guidarli, non dar lorouna spinta.”

Tante volte, ultimamente spessissimo mi è capitatodi trovarmi di fronte a questo brano di Baden Po-well, rivolto ai Capi Squadriglia. Ogni volta ne col-

go un significato sempre nuovo, più bello e profon-do. B.P. apparentemente si rivolge solo agli Esplo-ratori, a coloro che, da Capi Squadriglia, hanno laresponsabilità dei più giovani.Parlo anche con te, capo riparto!Ma non è così: il messaggio che il nostro fondatoreci vuole passare è rivolto anche a noi Capi e puòessere così parafrasato: lo Scoutismo è una cosasemplice, e semplice dovete farla rimanere, è unostile di vita che dovete testimoniare ai più giovani, atutti i più giovani, affinché essi, liberamente, vi se-guano in questa strada, la strada della vita!Innanzitutto B.P. dà tutta la sua fiducia ai CapiSquadriglia, quando li invita a formare i ragazzi“interamente da voi”: sta a dire che in ogni CapoSquadriglia c’è la capacità per guidare la propriaSquadriglia, per far presa sui ragazzi.Alcune volte riteniamo che il nostro compito di Ca-pi Riparto sia esclusivo nell’educazione del singoloragazzo e che il Capo Squadriglia sia esclusivamen-te un aiuto che in alcuni aspetti (invero molto pochi)

Da Rivista mensile della Associazione Italiana Guide e Scouts d’EuropaCattolici Della Federazione dello Scoutismo Europeo - Giugno 2010

La squadriglia: piccola cellula della nostra società!di Alberto Giuseppe Tattoli Commissario Nazionale Esploratori

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possa essere di supporto in questa azione educativa.In realtà il discorso è esattamente l’opposto: io co-me Capo Riparto mi metto al servizio delle Squadri-glie, dei miei Capi Squadriglia per aiutarli nella loroMissione di educatori. Sono io ad aiutarli nella loroVocazione e non il contrario.

Sii attento a tutti!Altro messaggio che traspare dal brano di B.P.: nondimenticare nessuno, non badare indistintamente,ma privilegiare la crescita personale di tutti. Nonserve avere 2 bravi esploratori per vincere i giochi,bisogna che tutta la Squadriglia impari a giocare,sappia piantare la tenda, abbia l’abitudine alla vitaall’aria aperta, sappia fare squadra, sappia essereuna banda, ma una vera banda!Si sa che non possiamo pretendere che tutti sianobravi in tutto... ecco perché ci si “accontenta”dell’abbastanza buoni: se da ognuno sappiamo tirarfuori (educare... educare... ma non vuoi proprio dire“ex-ducere” “tirar fuori”?) il massimo, ecco che lequalità di tutti concorrono a favore di tutti, che o-gnuno si sente partecipe della vita di tutti, si senteapprezzato nel proprio specifico ruolo che pian pia-no, ogni giorno, si sa conquistare (per ora magari unsemplice incarico o posto d’azione.., poi nella vitasarà un posto di lavoro, uno specifico ruolo nellasocietà).

“Il mezzo più efficace per riuscirci è il tuoesempio personale”Altro punto di riflessione: l’esempio personale, latestimonianza; ecco la chiave del successo del CapoSquadriglia (e anche del Capo Riparto!).Sii coerente con te stesso e con gli altri, chiedi loroquanto tu per primo sai donare loro, testimonia, viviquello che vuoi insegnare, non parlare bene e razzo-lare male. Un bambino fin da piccolo si fida dellepersone che gli sono vicine perché in loro non sentedelle belle parole, ma in loro percepisce atteggia-menti positivi, vede dei fatti quotidiani che lo porta-no a fidarsi degli altri.L’esempio personale, la testimonianza, è anche fati-ca; B.P. ce lo fa capire da subito, chiaramente, comenel suo stile: non è possibile avere due facce, unadavanti ai propri Esploratori e una davanti al restodel mondo: il Capo (leggi Capo Squadriglia, CapoRiparto, Capo Gruppo, Commissario, etc. etc.) èuna persona trasparente; non deve essere specchiodi sé stesso ma trasparente perché attraverso di essoil più piccolo non veda solo l’esempio del più gran-

de, ma possa vedere Dio, nella sua grandezza e nel-la sua umanità, presente accanto a lui in ogni mo-mento della sua vita.

“Guida i tuoi ragazzi”E poi eccola, l’ultima raccomandazione: guidarli,non dare loro una spinta! Chi guida sta accanto, stainnanzi (ma di poco!), non sta dietro, non può per-mettersi di stare dietro! Ognuno deve essere semprelibero di scegliere, a volte anche di sbagliare, a vol-te anche da noi invitato calorosamente ad una scel-ta, ma la scelta deve essere la sua, per la sua vita,per il suo bene.Ripartendo dall’inizio, tutto d’un fiato: dare fiducia,in primis al Capo Squadriglia; badare a tutti (senzadimenticare nessuno); aiutare ciascuno a trovare ilproprio ruolo; essere (e non fare) l’esempio perso-nale nella testimonianza quotidiana; la gioia dellafatica con il continuo sviluppo delle proprie capaci-tà per essere a servizio degli altri. Beh.., a pensarcibene, se una Squadriglia ha tutto questo, sarà unaSquadriglia felice, una Squadriglia alla quale pos-siamo dire non manca nulla! Ma se anche nella no-stra società ci fosse tutto questo: fiducia, un ruoloattivo per tutti, esempio, testimonianza, servizio..,allora eccola una società vera, solidale, di pace.Ed ecco quindi forse il messaggio vero, quello pro-fondo del nostro Fondatore: la Squadriglia è un am-biente educativo nel quale il ragazzo cresce per farcrescere la società intera, della quale la Squadriglianon ne è che una piccola cellula!

Se tu rallenti,essi si arrestano.

Se tu cedi,essi indietreggiano.

Se tu siedi, essi si sdraiano.Se tu dubiti, essi disperano.

Se tu critichi, essi demoliscono.Ma se tu cammini davanti,

essi ti supereranno.Se tu dai la tua mano,

essi daranno la loro pelle.E se tu preghi... allora,

essi saranno santi.

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da “ESPERIENZE E PROGETTI” n. 183

ESSERE CAPIL ‘ultimo scritto di Guido Palombi: appunti, riflessioni e ricordi di una vita di capo, quasi un testamento

spirituale, utile per ripensare al proprio impegno nel servizio.

E’ il settembre 1938 e Chamberlain,primo ministro inglese, dopo aversventolato il foglio del trattato scen-dendo dalla scaletta dell’aereo, rife-risce alla Camera dei Comuni dellatrattativa fatta e del trattato conclusocon Hitller nel famoso Convegno deiQuattro a Monaco. Chamberlain dis-se: “Avremo la pace per mille anni”e Winston Churchill dai banchide l l ’oppos i zione gl i r i spo -se:“Potevamo scegliere tra la vergo-gna e la guerra. Abbiamo scelto lavergogna e avremo la guerra”. Cosìfu e la guerra infatti scoppiò un annodopo, nel settembre 1939, quandoHitler, insaziabile ed incontentabile,invase la Polonia e dichiarò che itrattati servivano per essere straccia-ti.

Ho scelto la figura di Churchill pertrattare dei Capi, sia per evitare diripetere quanto abbondantementescritto su Baden-Powell, sia perché èinglese come lui, sia perché ha com-battuto come lui nella campagnacontro i Boeri in Sud Africa, sia per-ché rappresenta un Capo emblemati-co dei nostri tempi.Capi (veri) per buona parte si nasce.Ci sono molte brave persone e onestilavoratori che tuttavia non hanno lecaratteristiche del“capo”. Vedia-mone le più im-portanti.Churchill affer-mando che “laresponsabilità è ilprezzo de l lagrandezza”è con B.-P.: un capo chenon sa assumersi e concedere le giu-ste responsabilità non va lontano. Inazisti avevano invaso la Francia.L’America non era ancora entrata in

guerra. Churchill chiede alla nazionela volontà incrollabile per resisteread ogni costo. Come ogni Capo divalore, evita di illudere la gente suisacrifici che li aspettano: “non hoaltro da offrire se non sudore, lacri-me e sangue”. Gli inglesi combatte-rono e soffrirono senza battere ci-glio.Un’allieva della mia stessa Sestigliaal Corso Gilwell cui partecipai miraccontò che, durante un furiosobombardamento su Londra, ella sta-va riparata con la sua famiglia nelrifugio sotto la loro villetta. Sentiro-no un boato terribile. Finito il bom-bardamento uscirono dal rifugio: laloro casa non c’era più. Il padre siguardò intorno e disse: “In fondoquesta casa non mi era mai piaciutatanto”.

Altra qualità essen-ziale è il coraggio.“Il coraggio è laprima delle qualitàumane perché èquella che garanti-sce le altre”.Esso è accompagnato da un’altra:“l’ottimista vede opportunità in ognipericolo, il pessimista vede pericoloin ogni opportunità. Dal che si dedu-ce che il capo sa convivere con ilrischio, senza tuttavia ignorarlo. Inequitazione agonistica si ripete lafrase “getta il cuore al di làdell’ostacolo per poi andartelo aripigliare” perché, o ci si avvicinaall’ostacolo tremebondi cosicché ilcavallo, altrettanto spaventato, lorifiuta, oppure si dà per scontato cheil cavallo non possa sbagliare ed al-lora l’animale, convinto anche esso,ti porta al di là e tu vai a raccogliertiil cuore.

Molto importante resta la program-mazione, anche se Churchill, con lasua innata ironia dissacrante scrive:“L’abilità politica è l’abilità di pre-vedere quello che accadrà domani,la prossima settimana, il prossimomese e l’anno prossimo, e di esserecosì abili, più tardi, di spiegare per-ché non è accaduto”. E sulla stessachiave: “Il rimangiarmi le mie paro-l e n o n m i h a ma i d a t oI’indigestione”.Naturalmente il capo possiede unacostanza assoluta nella propria azio-ne. “Il successo è l’abilità di passa-re da un fallimento all’altro senzaperdere l’entusiasmo”. E in altraoccasione: “nella guerra, determi-nazione; nella sconfitta resistenza;nella vittoria magnanimità; nellapace, benevolenza”.Da sussurrarsi nell’orecchio di moltipolitici attuali: “nessun problemapuò essere risolto congedandolo”.

La libertà vale per tutti, ma per unCapo diventa essenziale. “Chi vivenella libertà ha un buon motivo pervivere,combattere e morire”. Duran-te la mia lunga attività di capo nelloScautismo ho più volte risposto “no”a proposte seppure allettanti. Eppuremai mi sarei aspettato ciò che miaccadde una volta: un piccolo PiedeTenero mi consegnò una lettera inte-stata ad “Assessore .... del Comunedi .... , di questo tenore: “EgregioDottore, Le sarei molto grato se Ellavolesse concedere la Seconda Classeal figliolo del mio carissimo ami-co .... .Con viva gratitudine. On .... .Incredibile.

Un Capo deve conoscere i suoi ra-gazzi ed entrare nel loro modo dipensare. Un sacerdote un giorno par-lando a dei giovani disse “non è

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importante sapere che la partita dicalcio Italia — Inghilterra sia finitao — o (invece di zero a zero!)”. Unarisata accompagnò tutto il resto deldiscorso.Giovanni Mosca, brillante scrittore,era stato maestro elementare e nellibro “Ricordi di scuola” ha raccon-tato le sue esperienze. Come primoincarico fu mandato ad insegnare aduna quinta elementare totalmenteindisciplinata, con un alunno chefungeva da capo, osannato dagli al-tri. Un giorno capitò che in aula en-trasse un moscone, immediatamenteil “capo” lo prese di mira con unapiccola mazza-fionda. Tre tentativi,tutti falliti. Il maestro capì che gli sipresentava l’occasione più ghiotta.Si fece prestare la fionda e, presa alungo la mira in un silenzio assoluto,tirò e fece secco il moscone. Requisìla fionda e cominciò la lezione. Daquel giorno il “capo” divenne lui.

Baden-Powell poi, da buon ingle-se, ha messo nello Scautismo tan-to insegnamento alla democraziae Churchill ricorda “E’ stato det-to che la democrazia è la peggiorforma di governo, eccezion fattaper tutte le altre forme”. Impor-tante è, specialmente con i ragaz-zi, una grande apertura alle ideedegli altri. “Fanatico è colui chenon può cambiare idea e non in-tende cambiare argomento” e“Esistono molte cose nella vita checatturano lo sguardo, ma solo pochecatturano il cuore, segui quelle”.

C’è infine per il Capo una virtù, tral’altro ricchissima in B.-P., che èquella dello humour. E’ un’arma chenello stesso tempo condisce piace-volmente qualsiasi rimprovero, inse-gna senza annoiare e suscita grandeammirazione verso il capo. Non po-trò mai dimenticare l’esordiodell’Akela al campo Gilwellnell’affrontare i problemi connessicon la “caccia” dei Lupetti. Comin-ciò dicendo: “La cosa più importan-te per un Akela che realizza una“caccia” è di contare i Lupetti

all’inizio per poi ricontarli alla fi-ne”. Naturalmente grande risata ditutto l’uditorio. Poi subito dopo sipensò al terrore per un Akela di rife-rire ai genitori del Lupetto mancante“L’abbiamo perduto”. Pertanto, oltrealla brillantezza dell’esposizionec’era un importante insegnamentosulla responsabilità di un Capo con-dito con il gradimento di non trovar-si in un ambiente “universitario”, matra fratelli scout in allegria.

Non esistono punizioni “attive” nel-lo Scautismo nel senso di dire “faidue giri del campo di corsa” Meglioe più efficace, è quello di far pagarele conseguenze dell’azione sbagliatacome “Peccato per i Cervi: 11 Ma-gazziniere si è dimenticato di porta-re la tenda.. La Squadriglia non puòpartecipare al bivacco con pernotta-mento”. In altra circostanza:“Peppino, hai dato un pugno ad An-drea. Che dice il 4° art. della Leg-

ge?” “Lo scout è fratello di ognialtro scout” “Non sei stato suo fra-tello, perciò non sei scout. Togliti ilfoulard ed i distintivi fino alla pros-sima riunione”. Il tutto, se possibile,in privato. Al primo camposcuolaGilwell che diressi a Bracciano, ven-ne per aiutarmi (?) il mio Akela diGillwell Park, il simpaticissimoRonnie Holman. Un giorno si agitòtutto perché nelle conclusionidell’ispezione mattutina io dissi cheavrei dichiarato all’Alzabandiera chela Sestiglia dei Rossi aveva prepara-to malissimo l’ispezione.“Non devi dire così - mi disse in uninglese elegantissimo - dirai di esse-re sicuro che la Sestiglia dei Rossi

domani sarà la migliore Sestiglia delCampo”.

***Occorre ora che saliamo prepotente-mente di quota e consideriamol’aspetto più alto della missione delCapo.Egli non può mai dimenticare che isuoi bambini o i suoi ragazzi hannouna dimensione immortale. Perciòogni suo intervento può avere conse-guenze infinite. Evidentemente eglinon si accorge subito degli effettidella sua azione perché si tratta di unlavoro di semina cui partecipa effi-cacemente il valore della personadello stesso Capo e siccome si entraprepotentemente nella sfera spiritua-le e soprannaturale, il Capo ha biso-gno di un aiuto superiore nella logi-ca di “Senza di me non potete farenulla”. Occorre cioè che il Capo siasempre in perfetta sintonia con ilSignore, in modo da ricevere conti-

nuamente il suo aiuto, special-mente nei momenti di difficoltà.

Ho poi una mia convinzione che,quando con certezza dovremoaffrontare il giudizio di Dio allanostra morte, saremo solo in gra-do di parlare delle nostre disobbe-dienze, debolezze, tradimenti.Solo le grida di tanti piccoli fra-tellini che parleranno in nostrofavore: “A me ha dato la Fede”,

“Mi ha fatto diventare uomo”, “Ame ha fatto da padre, quando quellovero se ne era andato” “Mi ha sal-vato”, parleranno a nostrofavore e forse ci salveranno.

Alla fine le gioie ed i riconoscimentiche proviamo nel nostro serviziovalgono molto meno delle fatiche edelle delusioni.

GUIDO PALOMBI

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Una delle donne più amate e ricordatedel ventesimo secolo è Olave BadenPowell, fondatrice del movimento mon-

diale delle Guide. Le ragazze e le giovani di oggi spes-so hanno pochi sani modelli sui quali fondare la pro-pria vita. Se pensiamo alla rockstar Madonna o allaprincipessa reale “Fergie”, possiamo comprenderequanto sia necessario avere un modello esemplare co-me quello di Lady Baden Powell.Lady Olave era una donna che amava e si prendevacura di milioni di persone, dalle quali a sua volta eraamata e rispettata. Ella guidò con forza un movimentoche ora comprende circa otto milioni tra sparks(scintille), Brownies (folletti), Guides (guide) ed E-sploratori. Ella era essenzialmente altruista, pensavasolo agli altri e si adoperava costantemente per offrirela sua amicizia agli altri esseri umani.Lei e suo marito Robert erano entrambi convinti che“la felicità viene non da ciò che abbiamo, ma da ciòche diamo e condividiamo”. Lady Baden Powell fu unmeraviglioso esempio di genuino spirito cristiano: A-mare Dio ed amare il prossimo come se stessi.Una delle cose più caratteristiche di Olave era il suosorriso; che non era ispirato ad un sentimento di corte-sia, ma veniva dall’onestà e dal piacere di essere buo-na; era insito nel suo modo di agire ed era il più conta-gioso dei sorrisi. La gente riteneva impossibile nonrispondere con il sorriso, quando si trovava di fronte isuoi occhi splendidi e la sua bocca sorridente.I suoi genitori all’inizio erano riluttanti sul suo matri-monio con un uomo di trenta anni più vecchio di lei. Equando sua madre Caterina si rese conto che Olaveintendeva far parte delle guide e condividere il suofuturo con “quelle ragazze selvagge”, ne rimase oltre-modo inorridita ed il nome “ragazze guide” era comeuna bestemmia per lei.Olave non si permise mai di indossare l’uniforme daguida in presenza di sua madre. Inizialmente Olavenon era molto interessata alle guide, poiché preferivasvolgere il ruolo di moglie del Capo Scout in un grup-po di esploratori ad Ewhurts (Inghilterra). Quando leiper la prima volta offrì il suo servizio alle guide (surichiesta di suo marito), esse la respinsero poiché pen-savano che fosse troppo giovane ed inesperta! Ma Ola-ve riteneva che “quando Dio lo vuole, una persona puòfare qualsiasi cosa. Egli rimuove gli ostacoli in ognimodo”.Per questa ragione perseverò nella sua idea e si dedicò

ad organizzare le guide nella contea del Sussex, cosìche esse elessero Olave commissaria capo in Inghilter-ra. Nei 18 mesi che seguirono ella reclutò più di 2000commissarie per organizzare le guide in tutte le conteeinglesi; ciò avvenne, non ostante il fatto che diversecommissarie avessero rifiutato il suo invito.“Io penso che nessuno abbia mai capito – scrisseOlave – quanto profondo ed ardente sia stato ilnostro amore per gli altri”. Perciò quando suo ma-rito Lord Robert Baden Powell morì a Nyeri inKenia nel 1941, Olave subì la sua morte come uncolpo tremendo, tanto da desiderare ella stessa lamorte. Per i primi tempi il coraggio sembrò ab-bandonarla, allorché si sentì totalmente sola emolto inquieta. Fortunatamente suo marito avevalasciato per lei quattro lettere di addio, che la aiu-tarono a ritrovare la serenità dello spirito. Ella tro-vò sollievo nel compito di prendersi cura di guidee scout, poiché questo le faceva sentire il doloremeno forte.Un’altra importante risorsa che la sostenne fu lasua fede. Olave era una donna impegnata, prati-cante e molto devota a Dio. “Ringrazio Dio per ilmodo meraviglioso in cui la sua mano divina hacondotto noi due (Robert ed Olave) a stare insie-me. Quanto riccamente Dio ci ha benedettonell’offrire l’uno all’altro il nostro lavoro”. Inqueste parole era molto chiara la prioritàdell’impegno di guide e scout a promettere di“fare il mio dovere verso Dio (amare e servire Di-o). E’ il primo impegno della Promessa della Gui-da e ciò riguarda allo stesso modo il lavoro ed ilservizio.Olave inoltre considerava suo dovere di cristianaquello di fare da madrina di battesimo a più diquaranta bambini. Un dovere che ella prese moltosul serio. Infatti scrisse nella sua autobiografia:“Se posso lasciare un messaggio è questo: crediin Dio. Egli ti guida e protegge per tutta la vita”La speranza è che la concreta spiritualità di OlaveBaden Powell possa ispirare tutte noi, altrimentinon siamo guide, ad un più profondo amore diDio e del nostro prossimo, nella Comunità di De-ep Cove/Seymour.

OLAVE BADEN POWELL : la madre di milioni(Stralcio da un articolo comparso sul giornale “Deep Cover Crier” – Febbraio 1992, scritto dal Reverendo EdHird, Rettore della chiesa Anglicana di San Simone) libera traduzione di Anita Pitrelli.

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Dopo sei anni trascorsi presso il Charterhouse-College,superato discretamente l’esame finale nel 1876, il giovaneRobert Baden-Powell venne chiamato dal direttore Haig-Brown.- Anche se non molto brillante come diploma, sono certo chefarai la tua strada. Che progetti hai?- Voglio fare il missionario - rispose B.-P.- Perché?, chiese il direttore.- Perché facendo il missionario conoscerò paesi lontani.L’India, l’Africa…- Non mi sembra un buon motivo per diventare un missiona-rio - replicò Haig-Brown.- Però è il modo migliore per andare in India o in Africa.- Ma ci vorrà del tempo; dovrai prima studiare; ritengo tuvoglia andare a Oxford.

Nella prestigiosa università aveva insegnato infatti ilpadre di B.-P., vi si era diplomato a pieni voti suo fratelloGeorge e un altro fratello vi studiava ancora. Ma B.-P. nonaveva la stoffa dello studente modello e, malgrado le dovutepresentazioni, a Oxford non venne ammesso.

Superò brillantemente invece l’esame di ammissioneall’Accademia militare di Sandhurst e fu lì che nel 1876 B.-P. iniziò la sua brillante carriera nella prospettiva che, laprofessione di ufficiale, avrebbe potuto fargli realizzare ilsuo più grande desiderio: conoscere paesi lontani, soprat-tutto le colonie della Gran Bretagna che più lo interessava-no: l’India e l’Africa.

Inquadrato nel 13° Reggimento Cavalleggeri Ussari, il30 ottobre di quello stesso anno il diciannovenne RobertBaden-Powell salì a bordo della “Serapis” nel porto di Por-tsmouth con destinazione Bombay.1

Da questo breve passo, appare evidente chela carriera militare del nostro eroe non sianata da una sua particolare indole“guerriera”, né tantomeno il clima familiare egli ambienti educativi e culturali frequentatidalla sua famiglia, in cui aveva trascorso lasua infanzia (suo padre era membro dellaSocietà Reale, professore di teologia e geo-metria all’Università di Oxford, studioso epedagogo) poté indurre il giovane B.-P. adesiderare di diventare un soldato perché

innamorato della guerra. Alla morte del padre, avvenu-ta quando lui aveva poco più di tre anni, fu il nonnomaterno, l’ammiraglio Smyth, settantatreenne in pen-sione, a condurre il nipotino nelle fantasie delle grandiavventure e della scoperta di terre lontane; attraverso iracconti e le continue “esplorazioni” del più grandeparco di Londra, Hyde Park nel quale a quel tempo, inmezzo alla grande città, pascolavano ancora le mucchee le pecore, le rane gracidavano negli stagni e le ochestarnazzavano tra i cespugli. In quell’ambiente, il pic-colo Ste’ (come veniva chiamato dalla madre) coltivòla sua passione per l’esplorazione e la scoperta, immer-so in una piccola giungla a dimensione di bambino.

Missionario o soldato sono due scelte decisamentecontrastanti e divergenti: l’una al servizio del prossimoe della pace, l’altra al servizio del Paese e orientata allaconquista, al dominio, alla sopraffazione, alla guerra.Ma per B.-P. rappresentavano entrambe la soluzioneper appagare il suo grande desiderio di viaggiatore edesploratore. Preclusa la prima, la carriera militare di-venta per lui l’unica percorribile.

Qualunque sia però la propria professione,l’ambiente in cui si opera, molti uomini sono proiettatia ricercare lungo il loro percorso, la propria identità, lapropria vocazione, la possibilità di mettere a fuoco ciòche ha condizionato, nel bene o nel male, il propriotrascorso. C’è quindi chi ama la ricerca storica malgra-do sia laureato in fisica, chi fa il missionario mentresvolge la professione di insegnante, chi, come B.-P.,

riesce ad essere un educatore e un pacifistamalgrado sia un soldato.E in effetti, la brillante carriera di Baden-Powell fu dovuta più al suo acume, alla suaattitudine verso la strategia, alla sua spiccataintelligenza nel trovare soluzioni nei mo-menti più complicati, che a fatti di guerradove odio verso il nemico, sprezzo per ilpericolo, desiderio di battaglia e di sanguerisultano elementi caratterizzanti di un uomod'armi.

Il 2010 ricorre un altro centenario legato allo scautismo: l'inizio della "seconda vita" di Baden-Powell(così come la chiamava lui) . Per ricordare l'avvenimento, riportiamo di seguito un saggio di Enzo Ca-ruso, componente del Comitato scientifico del Centro regionale studi e documentazione AGESCI Sici-lia, che fraternamente ringraziamo per l’autorizzazione alla pubblicazione sul nostro “taccuino”.

Baden-Powell 1910 – 2010.Cento anni da una nuova vita

di Enzo Caruso

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La carriera militare di B.-P. è con-traddistinta al contrario da spiritocavalleresco e cortesia, rispetto peril nemico, onore e senso del dove-re. Ma ancor più, dalle sue ideeinnovative nei confrontidell’addestramento delle reclute,dalla sua particolare capacità diorganizzazione dei reparti e delleguarnigioni di stanza nelle coloniedi Sua Maestà.Qualche anno più tardi, da eroe

nazionale al massimo della sua brillante carriera nelcommentare la sua decisione che lo portò a lasciare,nel 1907, le funzioni di Ispettore Generale, Baden-Powell non esitò ad affermare che, fisicamente e intel-lettualmente, era inadatto a ricoprire quell’importante eprestigioso incarico. Fisicamente a causa di una seriedi acciacchi dovuti a incidenti accaduti durante il servi-zio; intellettualmente perché le sue nozioni di strategiamilitare si limitavano a ciò che gli dettavano il buonsenso e l’ammirazione per i metodi di Oliver Crom-well.2 Ma egli trascurava di dire che possedeva, nelpiù alto grado, il senso dell’uomo. I teorici sono utili,ma ce ne saranno sempre troppi! I realizzatori audacifanno invece sempre difetto. B.-P., capo militare, nonfu un genio, ma un innovatore. Insegnò all’Inghilterraa rendersi conto che, dietro al soldato, c’era un uomopronto a battersi per essa. Le insegnò a rispettarequell’uomo e ad amarlo oltre che a risparmiargli lostrangolamento dell’anonimato. A ogni scalino dellagerarchia militare riuscì a far passare avanti l’uomo alregolamento. Possedeva un’intelligenza intuitiva supe-riore e compensava le sue debolezze culturali con lafrequentazione di gente più colta e con l’osservazioneattenta della realtà. Per lui un’idea aveva valore solo seveniva attuata.3 Quando B.-P. lasciò il suo incaricopoteva dirsi ben fiero della sua opera. Messo in pensio-ne a mezzo soldo con il grado di Luogotenente Genera-le, fu invitato a studiare l’organizzazione delle ArmateTerritoriali della Riserva. Consigliato da Re EdoardoVII e incoraggiato da sua madre, come riferì Lady Ba-den-Powell, il 5 maggio 1910 lasciò l’esercito.

“Non ero fatto per fare il generale; mi piacevaessere ufficiale di Reggimento in contatto personalecon i miei uomini”.4 Questo bisogno ebbe il sopravven-to sull’ambizione.

Divenne militare per soddisfare i sogni di avventu-ra, lasciò l’esercito per soddisfare il suo desiderio dieducatore. Una scelta non certo semplice e comprensi-bile alla luce del pensiero politico-militare del tempo.

Per chi non conoscesse tale periodo storico, riferitoal tardo Ottocento, è necessario evidenziare che in

quell’epoca le grandi potenze europee erano fortemen-te proiettate verso la corsa agli armamenti e a costruireimperi coloniali. Tale fenomeno ebbe il suo maggioreapice proprio negli ultimi decenni del XIX secolo condimensioni e con obiettivi nuovi rispetto a quelli dellacolonizzazione tradizionale. La nuova espansione ven-ne assunta sempre più come obiettivo di politica nazio-nale da parte dei governi. Alla penetrazione commer-ciale subentrò un disegno di assoggettamento politico edi sfruttamento economico.

I fattori che stavano all’origine di questo muta-mento erano numerosi e complessi. Gli interessi eco-nomici giocarono senza dubbio un ruolo notevole uni-tamente all’accaparramento di materie prime a bassocosto e alla ricerca di sbocchi commerciali; ma anchele motivazioni politico-ideologiche ebbero spessoun’importanza pari a quelle economiche. Esse affonda-rono le loro radici in una mescolanza di nazionalismo epolitica di potenza, di razzismo e di spirito missiona-rio.

Nel corso della sua espansione coloniale, l’Europadiffuse in tutto il mondo l’impronta della sua tecnica,della sua economia e della civiltà, anche se spesso nonne portò la faccia migliore. Quasi tutte le conquistecoloniali furono segnate dall’uso indiscriminato dellaforza contro le popolazioni indigene, da una crudeltàsino ad allora sconosciuta. Soprattutto nell’Africa nera,dove più schiacciante era la superiorità tecnologicadegli europei, le frequenti rivolte delle popolazionilocali contro i nuovi dominatori si concludevano spes-so con veri e proprio massacri.5

Baden-Powell, nel suo ruolo di ufficiale della mas-sima potenza coloniale della storia (l’Inghilterra) eall'interno del suo strumento operativo per conquisteulteriori in tutto il mondo (l'esercito), respirava intornoa sé il mito della guerra e della conquista come pro-gresso della storia dei popoli.6 Ma interiormente B.-P.non partecipò a questo mito; inoltre la sua pedagogiascout cambiò “la guerra agli altri” in una "guerra"contro le difficoltà materiali e contro sé stessi.

Nell’esperienza dell'assedio di Mafeking, di cui fuconsiderato l'eroe nazionale, egli fuimpegnato in un'opera di difesa enon di attacco, non per portare mor-te o oppressione o colonialismoculturale, ma per cercare la soprav-vivenza comune di inglesi e suda-fricani. Inoltre egli, oltre che com-battere e comandare i militari, im-parò a organizzare ed educare lagente civile. E ci riuscì facendocooperare popolazione colonialistae popolazione colonizzata, facendo leva sul profondo

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rispetto della cultura e delle tradizioni di un popolodiverso da quello inglese.7 Sfruttò ciò che di positivol’organizzazione militare possedeva per organizzare lapopolazione civile.

Di fatto, questo trasferimento della socializzazionemilitare nella vita civile non è stato per B.-P. un trava-so, ma un vero superamento del militarismo.8

Nelle guerre contro gli Zulù, i Matabele, gli Ashanti,apprendiamo dai contemporanei e dai suoi biografi cheB.-P. non è un ufficiale spietato, ma unostratega alla ricerca di soluzioni senzainutili spargimenti di sangue, grazie allequali riesce a conquistarsi la stima e ilrispetto del nemico, il quale gli riservasempre soprannomi onorevoli e maidispregiativi (il lupo che non dormemai, l’uomo dal grande cappello…).9

Attraverso la sua esperienza colo-niale, egli ha modo di sperimentare lasocializzazione tra i figli degli ufficiali britannici equelli degli indigeni; applica lo scouting con repartispeciali, da lui personalmente addestrati, rifacendosi aquanto acquisito dalla cultura dei pellerossa, delle tribùafricane e indiane.

Sembra quasi che, “muovendosi” all’internodell’ambiente militare, egli abbia ricercato e esaltatoquanto di più positivo l’esercito potesse offrire, alloscopo di trovare una propria identità ed una sua realiz-zazione umana mentre adempie agli oneri del ruolo dicomandante. Tra questi oneri, sembra focalizzare la suaattenzione sul rapporto personale con i suoi sottoposti,con i civili, con i suoi superiori, con il suo nemico. Unrapporto in cui B.-P. riveste il ruolo di educatore neldimostrare come, per ottenere il massimo da chiunque,

sia necessario mostrare credibilità, autorevolezza e ri-spetto verso l’uomo.

Quando B.-P. fonda lo Scautismo, dalla vita milita-re ha già ottenuto tutto ciò che aveva desiderato: viag-giare, conoscere terre lontane, guadagnarsi la vetta del-la carriera. Probabilmente era giunto per lui il momentodi “trapassare” la sua esperienza in quel Movimentogiovanile che stava coltivando. Tutta la sua vita tra-scorsa fino a quel momento, poteva valutarla in manie-

ra oggettiva, senza il condizionamentodella passione o dell’entusiasmo gio-vanile, alla luce di esperienze vissutein modo intenso. Valori come la pacefra i popoli, in autentica antitesi con laguerra e il colonialismo, decisamentematurata sul campo,10 l’opportunità diinstillare nelle giovani generazioni ilseme del “buon cittadino” capace dicambiare il mondo, diventano per B.-

P. il nuovo scopo, per cui vale la pena scommettere,che gli fa trovare nuove energie e gli mette dentro il“fuoco della passione”.

Lasciare l’esercito non rappresenta per lui il traumaa cui può andare incontro chi sta per andare in pensio-ne, al termine di una brillante carriera che gli ha fattoguadagnare onori e glorie, con il rimpianto di perderel’autorità del ruolo o “la poltrona” del comando. Per B.-P. il passaggio è indolore e naturale, perché la finedella sua carriera non è stato “morire”, ma “nascere” auna nuova vita, ricca di progetti e di nuovi orizzonti.

E ogni nascita è sempre accompagnata da gioia enuove emozioni, voglia di crescere e desiderio di sor-prese, nuove scoperte e di avventura.

1 - Hansen W. – Il lupo che non dorme mai. La vita avventurosa di Baden-Powell, LDC, Torino, 1988.2 - Oliver Cromwell (Huntingdon, 25 aprile 1599 – Londra, 3 settembre 1658) è stato un condottiero e politico inglese. Dopo essere stato alla testa delle forze che abbatteronotemporaneamente la monarchia inglese, instaurando la repubblica del Commonwealth of England, governò Inghilterra, Scozia e Irlanda con il titolo di Lord Protettore, dal 16dicembre 1653 fino alla morte, avvenuta probabilmente a causa di malaria. Allo scoppio della guerra civile inglese, Cromwell iniziò una brillante carriera militare arruolando eorganizzando un reparto di cavalleria, noto come "Ironside Cavalry", che presto divenne il nucleo su cui si formò il nuovo esercito, il cosiddetto New Model Army, e da cui derivòil soprannome di Cromwell, "Old ironside". Oltre a esser condottiero, stratega e abile politico, fu anche un amante della buona cucina e buongustaio (Wikipedia, L’enciclopedialibera, (09-05-2010) <http://it.wikipedia.org>).3 - BASTIN R. – Lord Baden-Powell of Gilwell, cittadino del mondo, Traduzione di Fausto Catani, Roma, 1955.4 - Ibidem5 - ISTITUTO ISTRUZIONE SUPERIORE “E. AINIS”, Emilio Ainis e la Battaglia di Adua. 1 Marzo 1896, Messina, 2006.6 - Cfr. SICA M. - Scautismo e Pace nella Storia. Il pensiero di BP sulla pace. Relazione incontro MASCI, Acireale (CT)7 - Eventuali episodi poco conosciuti, legati a discutibili ordini dettati da B.-P. nei confronti della popolazione civile, vanno comunque approfonditi, ma alla luce degli avvenimentie del particolare contesto storico-miltare.8 - DRAGO A. - Baden-Powell: dalla riconversione della socializzazione militare alla educazione alla difesa popolare nonviolenta. IPRI e Università di Napoli, in Butturini E. eGecchele M. ( a cura di): Scautismo ed educazione alla pace, Ed. Mazziana, Verona, 1998, pp. 47-70.9 - L’episodio della fucilazione dello stregone Uwini, capo dei Matabele, su ordine del colonnello Baden-Powell, va contestualizzata. Uwini, a capo di 10.000 guerrieri, era credutodal suo popolo un immortale che aveva ricevuto dal dio della guerra l’ordine di uccidere tutti i bianchi. B.-P, al comando di 1000 soldati britannici, conosceva bene ciò che qual-che mese prima era accaduto ad Adua: il 1° marzo 1896, 17.000 soldati italiani erano stati travolti e trucidati da 110.000 guerrieri abissini. Fucilare Uwini e dimostrare la suadimensione umana e non immortale, poteva comportare la resa dei Matabele e far tacere i cannoni, evitando così un inutile spargimento di sangue da ambo le parti: una vita perrisparmiarne migliaia. La sofferta decisione portò agli effetti sperati. La commissione d’inchiesta britannica che esaminò in seguito l’accaduto, giudicò l’ordine di Baden-Powellgiusto e giustificato dalla situazione contingente e dalla minaccia dell’imminente attacco nemico. Giuridicamente corretto, strategicamente funzionale, l’episodio creò tuttavia inB.-P un conflitto di coscienza, un tormento interiore che certamente condizionò molto il processo di maturazione del suo concetto di pace. (Cfr. Hansen W. – Il lupo che non dormemai, op. cit., pag. 116, 118.)10 - Chi ha sofferto la fame e poi intraprende la lotta contro la fame nel mondo, chi è uscito dal tunnel della droga e diventa un operatore in una comunità di recupero è certamentepiù credibile di chi non ha mai vissuto in prima persona l’esperienza. Allo stesso modo B.-P., che ha conosciuto gli orrori e le miserie della guerra, del colonialismo,dell’assoggettamento e dello sfruttamento dei popoli, assume l’autorevolezza necessaria, in veri ambiti sociali, per divulgare sentimenti e valori quali la fratellanza, l’uguaglianza,il rispetto dei diritti umani, il dialogo e la tolleranza.

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La telefonata del prezioso edimpagabile Osvaldo Vella haraggiunto tutti noi con l’invito diPadre Stefano Coroneseall’incontro del 29 agosto. Comeè ormai consuetudine la notiziasi è propa-gata benpresto tra ivecchi ra-gazzi dellostorico Ta-ranto Otta-vo, delMasci edel CentroStudi diTaranto.Osvaldostesso ave-va prenotato un bus per raggiun-gere il luogo del raduno in queldi Nova Siri scalo, nella casa almare di Franco Pitrelli, anche luiveterano dell’Ottavo. Eravamopoco più di 40, tutti entusiasti epronti a trascorrere una giornatamemorabile. Dopo i saluti di ritosi è svolta la celebrazione Euca-ristica, con l’altare allestitoall’aperto, nel corso della qualenon sono mancati momenti dicommozione nel ricordo di Car-lo Amato, recentemente scom-parso a Taranto, e con un pen-siero affettuoso al carissimoDante Tagariello tornato al Pa-dre a settembre 2009, attraversola lettera di sua Figlia Teresa.Un’altra lettera è giunta da Ostiaa firma di Elefante nero(Agostino Maresca) impossibili-tato a presenziare all’incontroper motivi di salute. Nell’omeliaPadre Stefano ha lanciato il temadella giornata proponendo diver-

si spunti sull’argomento ed invi-tando tutti a fare riflessioni ecommenti su chi è “L’ADULTOSCOUT” e quali sono le caratte-ristiche che lo rendono speciale.Subito dopo siamo andati a

pranzo; itavoli era-no dispostiin giardinoall’ombradi grandialberi fron-dosi, su unmorbidotappeto dierba ver-dissima.Abbiamoassaporato

una gustosa pasta al forno, se-guita da capretto arrostito in for-no con patate, salsiccia lucanaalla brace ed una serie di contor-ni di verdure preparate in varimodi; in ultimo frutta di produ-zione dell’azienda, uno squisitodessert di ricotta con marmellatadi ciliegie e per finire un buoncaffè.Nel pomeriggio le due giovaniimprenditrici, Giulia e Paola,hanno illustrato le caratteristicheorganizzative e produttive dellaloro aziendain contrada“Gargaleo”,presentandoi prodottidella tenutarigorosa-mente biolo-gici e certifi-cati, il per-sonale as-sunto in

conformità a leggi e regolamen-ti, l’attenzione e la cura per iclienti e visitatori. Con il busabbiamo raggiunto la tenuta, di-stante pochi chilometri, per lavisita guidata nel piccolo museocontadino, per vedere una anticafornace risalente al XVII secolo,ed infine per una breve puntataallo spaccio aziendale dove èstato possibile acquistare mar-mellate, olio e frutta di stagione.Nel tardo pomeriggio abbiamoripreso il bus per rientrare a Ta-ranto circa alle ore 20,00.

Tema della giornata:L’adulto scout

Come si svolgono queste cose:ciascuno di noi mette a fuoco unaspetto particolare di questo ar-gomento poi possiamo mettereinsieme le riflessioni di ciascunoe trarne un pensiero completo ecomune a tutti.(Spunti di riflessione ed aspettispecifici sull’argomento suggeri-ti da Padre Stefano)Chi è l’adulto scout?- E’ un uomo o una donna cheama la vita e la vive con passio-ne ed entusiasmo- E’ una persona che vive il cri-stianesimo non solo da cristiano,

ma anche dalaico- La vita vis-suta con en-tusiasmo èuna occasio-ne di incon-tro.L’incontro,lo stare insie-me ci fa sco-prire

Incontro adulti scout a “Gargaleo” – Nova Siri (MT).

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l’amicizia- L’amicizia ci aiuta ad affronta-re insieme i bisogni e ci permet-te di procurarci le cose necessa-rie.- Lo stare insieme, lavorare,confrontarsi ed aiutarsi per otte-nere dei risultati, ci fa crescere eci permette diraggiungere la maturità. Diven-

tiamo maturi se siamo capaci dicomprendere l’essenzadell’amicizia e della vita comu-nitaria con serenità e serietà, evi-tando le critiche e le maldicenze,

che invece sono un segno palesedi scarsa maturità.- L’adulto si impegna a cambia-re e seguire gli ideali della vita,che per mezzo dell’amicizia, ciaiuta a cambiare il mondo intor-no a noi. Intorno a noi lo sappia-mo c’è crisi: crisi di efficienza,di valori, di iniziative. Questoperché scegliamo governantiche non pensano al bene comu-ne, ma badano solo ai loro inte-ressi privati. Dobbiamo alloratrovare l’energia del cambia-mento, mobilitarci nel tempo e

nello spa-zio peroperare uncambia-mento infunzionedei nostriideali. E’l’idealeche ci ren-

de socievoli e cordiali e checi unisce. Vivendo insieme gli

ideali creiamo una società nuo-va.Sentire di avere vicino qualcu-

noche ha gli stessi ideali ci aiutaad andare verso obiettivi condi-visi. Io parlo a persone adulte.L’adulto è capace di generare;ciò vuol dire che è in grado dicreare qualcosa di nuovo, diportare un nuovo messaggioagli altri.Chiediamo aiuto al Signore perrealizzare queste cose. A comin-ciare da subito, da quando torne-remo a casa, nelle nostre funzio-ni ordinarie, non dimentichiamo-ci e sforziamoci di realizzarequeste cose, in modo da creareun ambiente nuovo. Quando riu-sciamo a fare ciò solo allora sia-mo adulti.

15 luglio 2010

“ ... La cultura“ ... La cultura“ ... La culturaconsumistica attu-consumistica attu-consumistica attu-aaallleee ttteeennndddeee aaaddd aaap-p-p-piattire l’uomo sul presen-piattire l’uomo sul presen-piattire l’uomo sul presen-te, a fargli perdere il sensote, a fargli perdere il sensote, a fargli perdere il sensodel passato, della storia;del passato, della storia;del passato, della storia;ma così facendo lo privama così facendo lo privama così facendo lo privaanche della capacità dianche della capacità dianche della capacità dicomprendere se stesso... ilcomprendere se stesso... ilcomprendere se stesso... ilcristiano è uno che ha buo-cristiano è uno che ha buo-cristiano è uno che ha buo-na memoria, che ama lana memoria, che ama lana memoria, che ama lastoria e cerca di conoscer-storia e cerca di conoscer-storia e cerca di conoscer-la”.la”.la”.

Benedetto XVI ai giovani di Sulmona, 4luglio 2010

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Senza essere io a deciderlo misono trovato su un treno che at-traversava campagne assolate.Ero circondato da strani individuiin calzoncini corti e camicia az-zurra. Un caos incredibile mi cir-condava, chi cantava, chi dormi-va incurante del fracasso, e chispazzava e lavava per terra, chiimprovvisamente si alzava dalsuo posto e correvavia con uno sguar-do preoccupato epieno di ansia. Unodi questi forsennaticon al collo un faz-zoletto bianco miha avvicinato e miha detto: <<Devifare anche tu“servizio”, qui ci sono stracci edetersivi, vai a pulire i gabinet-ti>>. Strana reazione la mia, horingraziato e sorridendo ho inizia-to il mio servizio. Pulendo pu-lendo ho percorso tutto il trenofino alla prima carrozza, era di-versa dalle altre, niente posti asedere, solo lettini sui quali era-no distesi ragazzi, uomini, bambi-ne, donne, e nel corridoio fra iletti ho ritrovato quei ragazzi cheavevo visto correr via dai loroposti con lo sguardo preoccupatoe ansioso; ora, li vedevo indaf-farati, ma sorridenti. Uno im-boccava un vecchietto, un altroindossando guanti di gommacambiava un pannolone ad unragazzo, un altro sistemava uncuscino sotto la schiena di unaragazza che farfugliando lo rin-graziava. Ma dove ero finito?Quel sogno mi sgomentava, iovedevo in quella carrozza la di-versità, e, non c’ero mai stato

così vicino.Proprio in quel momento un ra-gazzo con al centro della facciaun grosso naso, mi ha guardato emi ha detto<< Mettimi il aagallo,evo fare la pipì>>. Lo sgomentomi ha assalito, come fare, prova-vo un po’ di repulsione, di vergo-gna, sentivo la mia incapacità difare quello che altri facevano con

tanta naturalez-za. Giovanniallora mi haguardato, congli occhi sereni,pieni di fiducia,e con uno sfor-zo ha girato latesta e mi haindicato un in-

volto nero, dicendomi: <<Ti aiutoio>>. In quel momento un muroinvisibile è crollato, Giovanni miha aiutato ad aiutarlo ed ha fattola pipì.Nel sogno ho capito quanto ioavessi bisogno di aiuto, per cre-scere, per imparare ad aver fidu-cia negli altri che vedevo diversida me, per rendermi conto che ilSignore mi ha donato le mani, gliocchi, la parola, le gambe, il cuo-re, non per farmi chiudere in unmuto egoismo, ma per dir-

mi:”Ama”. Ho usato le mie maniper lavare, vestire, imboccare al-tri Giovanni, gli occhi per vedereal posto di quelli di Carmelo, laLingua per descrivere ciò che ame era donato di vedere, le gam-be per spingere la carrozzina diPatrizia, le orecchie per ascoltaree riascoltare il racconto di Rosa-lia, una vecchina di Palermo… Ilmio sogno ha acceso in me il de-siderio di indossare anche io quelfazzolettone bianco che avevovisto alcollo diq u e g l is t r a n iscouts.A distanzadi tempomi ritro-vo a ri-spondereogni anno,i n g i n o c -chiato presso la grotta di Lourdes,“Eccomi” .Vorrei essere un Foulard Bianco,per sorridere sempre, per non ve-dere la diversità, per amare cosìcome Gesù mi ha amato, per sco-prire i tesori nascosti nei cuori diGiovanni, Di Emanuela, di Patri-zia, di Vincenzo, di… di… di…

Per questo quando prego di-co…Voglio servire la Madonnadi Lourdes, voglio servire gliammalati ed i pellegrini,… Si-gnore dammi pazienza, carità,sorriso, coraggio, e fortifica lamia fede.Vorrei diventare un “FoulardBlanc”

Franco Giammanco,Inc. Reg. F.B. Puglia

Ho fatto un sogno.

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Con riferimento ed in attuazione della delibera del Consiglio regionale Agesci Puglia del14 febbraio 2010, viene stipulato tra l’AGESCI Regione Puglia e il Centro Studi Scout“San Giorgio” - onlus di Taranto, la seguente

CONVENZIONEriguardante la custodia, riordino e fruibilità dell’Archivio regionale, biblioteca ed emero-teca e i rapporti tra le due Associazioni.Art. 1 - L’Agesci regionale affida in deposito al Centro Studi Scout “San Giorgio” diTaranto (in seguito indicato come C.S.S.), gli archivi regionali ASCI, AGI e AGESCIfino al 2004 con un verbale di consegna indicante quanto conferito e sottoscritto dai re-sponsabili delle due associazioni.La segreteria Regionale Agesci verserà periodicamente in archivio storico i materiali conesclusione degli ultimi sei anni.Art. 2 — L’Agesci regionale conserva la piena e assoluta proprietà. A garanzia di ciò siriserva di contrassegnare i documenti con apposito timbro.Art. 3 — Il C.S.S. si impegna a custodire e conservare il materiale conferito dall’Agesciregionale assumendone la responsabilità e provvedendo a coprire con apposita polizzaassicurativa il rischio di incendio e furto. La responsabilità del C.S.S. non si estende adanni derivanti da calamità naturali e/o dipendenti da cause dolose.Art. 4 - Il C.S.S. si impegna a catalogare la documentazione secondo i criteri già in attoper l’Archivio di sua proprietà, e seguendo le indicazioni del Centro DocumentazioneAgesci, anche per quanto verrà conferito in seguito.Art. 5 - La consultazione degli Archivi sarà consentita secondo il regolamento di accessoe consultazione del C.S.S. qui allegato. Per quanto riguarda l’Archivio Agesci regionale,viene comunque di seguito evidenziato parte dell’Art. 6 “Norme per la consultazione deidocumenti d’archivio”, del suddetto regolamento:• Per la consultazione dei documenti d’archivio, l’accesso è libero per le carte anteriorial 1935. I documenti pedagogici, le delibere, le carte rese libere dall’AGESCI Puglia almomento della consegna possono essere consultate.• I Reponsabili Regionali dell’AGESCI Puglia, valutate le finalità della ricerca, possonoautorizzare la consultazione di carte e documenti sottoposti ai vincoli sopra citati nelrispetto della normativa sulla privacy.Art. 6 - L’Agesci regionale si impegna a contribuire alle spese del C.S.S. per la custodia egestione dei predetti archivi, mediante iscrizione nel proprio bilancio ordinario di un con-tributo annuale fisso da concordarsi.Art. 7 - I quadri regionali Agesci eletti o nominati (Incaricati, Responsabili, Consiglieri)rimettono al C.S.S., durante il proprio mandato, qualsiasi materiale dagli stessi prodotto(o dalle loro pattuglie e/o commissioni) o agli stessi pervenuto (circolari, pubblicazioni,libri, adesivi, cartoline, fotografie, manifesti, articoli di stampa, e quant’altro può costitui-re memoria documentaria del proprio operato).Art. 8 - L’Agesci regionale si impegna a raccomandare periodicamente ai propri membriil versamento o l’affidamento al Centro di eventuali archivi scout privati da essi possedu-ti.Art. 9 — La presente convenzione è, stabilita per la durata di cinque anni. Dopo taleperiodo sarà tacitamente rinnovata per i quinquenni successivi, salvo rinuncia ad opera diuna delle due parti almeno tre mesi prima la sua scadenza.

Vi comunichiamo due importanti av-venimenti per il nostro Centro StudiScout “San Giorgio”.

Il primo:Dopo la delibera del Consi-

glio Regionale Agesci in data 14 feb-braio, con la quale il nostro CentroStudi veniva “riconosciuto” come“Centro di Documentazione della Re-gione Puglia e unico autorizzato aconservare l’archivio regionale Age-sci”, è stata firmata il 30/09 2010 la“Convenzione” (riportata di lato)riguardante la custodia, riordino efruibilità dell’archivio regionale, bi-blioteca ed emeroteca e i rapporti trale due associazioni.

Il secondo:Il Centro Studi si trasferirà

nel mese di ottobre in una nuova se-de, più comoda e accessibile, presso ilocali della Parrocchia “Madonnadelle grazie” in Taranto, con accessodiretto da Via Cugini n. 27.Ciò si è reso possibile grazie alla ge-nerosa disponibilità del Parroco donPino Calamo che pubblicamente rin-graziamo.Un filiale, grato e caloroso GRAZIErivolgiamo a S.E. ArcivescovoMons. Benigno Luigi Papa che haconsentito, in tutti questi anni, lapermanenza della sede del Centropresso locali della Curia, destinati aCasa del clero.Siamo quindi in fase di trasloco e nonappena sarà possibile comunichere-mo la data di inaugurazione e tutti iriferimenti (giorni e orari di apertura,telefono, E-mail, ecc) necessari peruna più facile comunicazione e frui-zione del Centro Studi.Ci auguriamo così di poter dare unservizio più puntuale, anche con lacollaborazione (speriamo!!!) di quan-ti (capi, R/S o A.S.) lo vorranno.

Notizie dal CENTRO STUDI

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N. 3 luglio-:-settembre 2010 pagina 15

Il 24 giugno scorso è stato presentato a Taranto nella “Sala degli specchi” delPalazzo di Città il libro “NE VALEVA LA PENA”. L’autore è Armando Spa-taro, procuratore aggiunto della procura generale di Milano.Sono andata lì un po’ per curiosità, per quel titolo asciutto, convinto, inequivo-cabile, che esclude qualsiasi dubbio, ma anche per incontrare l’autore del libro,un giudice noto per la sua preparazione, di statura morale ineccepibile, moltoapprezzato da colleghi ed amici, più spesso avversato da colpevoli, inquisiti edetrattori a vario titolo, che hanno cercato a volte di intaccarne ed offuscarne l’integrità, senzaperaltro riuscirci.Aggiungo ai primi due un terzo motivo, che mi ha spinto quel giorno ad essere presente in quellasala: il giudice Spataro è nato a Taranto nel 1948 e da ragazzo ha frequentato uno dei reparti Asci

della nostra Città.Perciò mi piace pensare che alla educazione ricevuta in famiglia ed alla cultura acquisita tra i banchi del prestigiosoLiceo “Archita” di Taranto, anche la passione sportiva e la frequentazione presso un gruppo scout abbiano contribui-to in qualche misura a forgiare il carattere granitico ed integerrimo di questo giudice.Dopo il saluto del sindaco, il giudice Antonio Morelli della Procura di Taranto ha presentato al pubblico l’amico edautore, descrivendone i tratti caratteristici, le doti, le vicende personali e professionali, le inchieste che lo hanno im-pegnato nei trenta e più anni trascorsi presso la Procura di Milano.Poi lo stesso giudice Spataro ha voluto rivolgere ai presenti il proprio saluto, per raccontare ai concittadini la sceltadi rimanere a Milano, il suo lavoro di giudice inquirente, le inchieste scottanti con le quali si è confrontato, le diffi-coltà, le battute di arresto, le vittorie ottenute sul crimine organizzato e sul terrorismo, le inchieste interrotte non perpropria scelta, ma per l’intrusione di politici e governanti sia di destra che di sinistra, che lo hanno ostacolato in ognimodo.Il giudice ha ricordato con evidente commozione molti colleghi ed amici fraterni uccisi per mano di terroristi o dimafiosi; il volume è dedicato infatti ai giudici uccisi dalle brigate rosse negli anni di piombo e dalla mafia negli annisuccessivi, a causa del loro lavoro di investigazione. Un excursus appassionante e dettagliato su molti episodi di san-gue, che hanno riempito le cronache di giornali e televisioni negli anni “di piombo” che hanno riguardato prevalente-mente i giudici, ma anche giornalisti, avvocati e poliziotti. Il suo racconto ha catturato l’interesse del pubblico in salaed ha strappato un lungo e caloroso applauso al termine del discorso.Questo corposo volume (sono più di 600 pagine) illustra il lavoro delle procure, i suoi percorsi lunghi, difficili, fati-cosi, che a volte esprimevano risultati poco evidenti ed ancor meno apprezzati; mesi ed anni di indagini, intercetta-zioni, sorveglianze, appostamenti per trovare una connessione, un legame tra persone, luoghi o fatti delittuosi. Unalettura interessante, spesso avvincente, che getta una luce nuova su eventi, giunti a noi soltanto attraverso giornali etelevisioni, talvolta in maniera distorta e superficiale, spesso infarciti con particolari inutili o interpretati in modopoco attendibile. Dobbiamo dare atto al Pubblico Ministero Spataro di essersi speso a fondo per far conoscere ai cit-tadini la verità, dovuta all’impegno di chi lavora per farla emergere, non ostante i tentativi di insabbiamento e le ma-novre di occultamento e mistificazione messe in campo da più parti, indegne di una società civile e di una nazioneche si ritiene democratica e sovrana, ma soltanto in apparenza. Non vi racconto il libro, vi invito caldamente a leg-gerlo, per capire meglio tante cose e per operare in futuro scelte più razionali e ponderate possibili, come si convienea cittadini responsabili quali vogliamo dimostrare di essere.

“NE VALEVA LA PENA” – Armando Spataro – Editore Laterza – Euro 20,00.-----------------------------------------

“LO SCAUTISMO ITALIANO ALL’ESTERO - 1914-1974”

Editore Eurooffset – Ricerca curata da Andrea Padoin per il Centro Studi e Docu-mentazioni Scout “Don Ugo De Lucchi” di Treviso - Euro 15,00.La pubblicazione è stata presentata il 29 maggio 2010 a Treviso. Unica nel suo ge-nere, rappresenta un contributo ricco di documenti, immagini e testimonianze, cheha richiesto circa tre anni di accurate ricerche e racconta la presenza e le attività digruppi scout del CNGEI, ASCI, AGI ed UNGEI all’estero, in particolare nelle colo-

Recensioni

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Pagina 16 il taccuino

Il Centro Studi Scout “San Giorgio” - onlusè in Piazzetta De Geronimo, 3 (città vecchia)74123 Tarantoe-mail: [email protected]

[email protected] redazione:Bailardi Piero 099 9944616 - 3334039529Giordano Pino 099 7399591 - 3336936448Pitrelli Anita 099 378589 - 3284612860Reisinger Laura 099 7721448

Iscrizione al Centro Studi:Quota ordinaria annuale euro 20,00Quota sostenitore euro 30,00

C.c. postale N. 3142094Intestato a:Centro Studi Scout San Giorgio - onlusPiazzetta De Geronimo n. 3 (città vec-chia) 74123 Taranto

nie italiane in Africa e Medio Oriente. Il volume dà conto anche di unità scout sorte in Canada, Jugoslavia, Svizzera,Terra Santa ed altri paesi e parla anche degli Esploratori di Don Bosco attivi specialmente in America Latina dove siaffermarono ottenendo il consenso delle popolazioni e delle autorità. Esso offre al lettore notizie inedite, curiosità edepisodi che riguardano la nascita dei gruppi scout sorti in quel particolare periodo storico. Ringraziamo per questolavoro l’equipe del centro studi “De Lucchi”che ha operato la ricerca e Andrea Padoin che ne ha curato stesura e gra-fica, per aver aggiunto una nuova tessera al mosaico assai variegato dello scautismo e del guidismo e della sua diffu-sione nel mondo.

Anita Pitrelli

ALERE FLAMMAM: STORIA DELLO SCAUTISMO IN ITALIAIn occasione del centenario dello scautismo in Italia è stato pubblicato, da Lampi di stampa nel-la collana TuttiAutori, un interessante e accattivante libro sulla storia dello scautismo italiano,Alere Flammam-Breve storia dello scautismo in Italia. L’autore del libro è Giuseppedell’Oglio.Il volume, con la prefazione di Federico Lunardi, presidente dell’Ordine Scout di san Giorgio,racconta (con foto e documenti storici inediti) le origini, lo sviluppo e la diffusione dello scauti-smo in Italia nei primi anni di vita, l’opposizione della Chiesa cattolica, le accuse di militarismoe di connivenza con la massoneria, la repressione del regime fascista e il conseguente sciogli-mento delle associazioni scout, il periodo clandestino (la cosiddetta «Giungla silente»), la rior-ganizzazione post-bellica e la ripresa delle attività, infine la fusione tra il ramo femminile e

quello maschile e la nascita di nuove realtà associative.Nel libro, come dichiarato dall’autore, non viene trattato, se non per accenni, l’aspetto educativo e metodolo-

gico, dato che il lavoro ha un taglio decisamente storico-divulgativo.Giuseppe dell’Oglio (San Severo, 1975), entrato giovanissimo nello scautismo (CNGEI) nel 1983, ha percor-

so l’intero cammino scout per poi prestare servizio come capo educatore. Ha ricoperto incarichi a livello regionale eda alcuni anni è collaboratore del Centro Studi Scout «Eletta e Franco Olivo». Attualmente è membro in carica delGiurì d’Onore del CNGEI. Appassionato di storia dello scautismo, sia locale sia nazionale, ha realizzato diversi arti-coli su riviste e periodici locali e scout e ha curato una pubblicazione, per conto del CNGEI, sulla storia dello scauti-smo.

Nella vita privata svolge la libera professione di perito agrario e da oltre un anno lavora presso una fondazio-ne per l’infanzia che ha l’obiettivo di aiutare i bambini ammalati e in condizioni di disagio.

Ermanno ZappacostaCommissario Regionale CNGEI

Marche-Abruzzo-Molise