Didattica Generale Milito Castoldi (1)

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1 PARTE PRIMA: PAROLE CHIAVE DELLA DIDATTICA Premessa La didattica è vista come punto di equilibrio tra ricerca e azione di insegnamento. Sul versante della ricerca didattica vengono approfonditi i rapporti con l’innovazione. Sul versante dell’azione vengono richiamati i rapporti con la programmazione e con la valutazione. L’azione di insegnamento viene analizzata da tre punti di vista: quello organizzativo, relativo al setting didattico, quello metodologico e quello comunicativo, relativo alla gestione della relazione didattica. Le parole chiave sono: Innovazione Programmazione Organizzazione didattica Ricerca Didattica Azione di insegnamento Metodologia didattica Documentazione Valutazione Comunicazione didattica La didattica è una disciplina antica. Essa deriva dalla radice indoeuropa dak, nel senso di mostrare un dato patrimonio culturale, da cui derivano anche i termini latini dòceo (insegno) e disco (imparo). La formalizzazione della didattica come sapere autonomo risale al secolo XVII e si manifesta in primo luogo nell’utopia di Comenio, secondo cui tutto è insegnabile a tutte le età. Negli ultimi 50 anni il sapere didattico ha subito profonde manifestazioni. In primo luogo va segnalata l’estensione del campo della didattica, inizialmente circoscritta all’ insegnamento e poi ampliato anche a campi di educazione informale. Poi si è assistito alla specificazione dell’oggetto della didattica in relazione ai diversi sapere e alle varie discipline di insegnamento. Inoltre la proliferazione di metodologie didattiche come l’apprendimento cooperativo, il problem solving ha sollecitato un approccio meno dogmatico e più flessibile. La didattica si colloca nell’ambito delle scienze educative. Mauro Laeng nel 1990 classifica le scienze educative in tre categorie: 1. Le discipline rilevative, che si occupano di indagare l’evento educativo come la psicologia dell’educazione, la sociologia dell’educazione, la sociologia dell’educazione, l’antropologia dell’educazione che cercano di fornire le chiavi di lettura utili ad analizzare l’evento educativo 2. Discipline prescrittive, i saperi orientati verso una comprensione del sistema di valori. La filosofia dell’educazione rappresenta l’elemento più emblematico di questa categoria di discipline, orientata ad analizzare il quadro valoriale, il linguaggio, le idee fondanti su cui si innesta l’evento educativo.

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Riassunto testo Castoldi didattica generale

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PARTE PRIMA: PAROLE CHIAVE DELLA DIDATTICA

Premessa

La didattica è vista come punto di equilibrio tra ricerca e azione di insegnamento. Sul versante della ricerca

didattica vengono approfonditi i rapporti con l’innovazione. Sul versante dell’azione vengono richiamati i

rapporti con la programmazione e con la valutazione.

L’azione di insegnamento viene analizzata da tre punti di vista: quello organizzativo, relativo al setting

didattico, quello metodologico e quello comunicativo, relativo alla gestione della relazione didattica.

Le parole chiave sono:

Innovazione

Programmazione

Organizzazione didattica

Ricerca

Didattica

Azione di insegnamento

Metodologia didattica

Documentazione

Valutazione

Comunicazione didattica

La didattica è una disciplina antica. Essa deriva dalla radice indoeuropa dak, nel senso di mostrare un dato

patrimonio culturale, da cui derivano anche i termini latini dòceo (insegno) e disco (imparo).

La formalizzazione della didattica come sapere autonomo risale al secolo XVII e si manifesta in primo luogo

nell’utopia di Comenio, secondo cui tutto è insegnabile a tutte le età.

Negli ultimi 50 anni il sapere didattico ha subito profonde manifestazioni. In primo luogo va segnalata

l’estensione del campo della didattica, inizialmente circoscritta all’ insegnamento e poi ampliato anche a

campi di educazione informale. Poi si è assistito alla specificazione dell’oggetto della didattica in relazione

ai diversi sapere e alle varie discipline di insegnamento. Inoltre la proliferazione di metodologie didattiche

come l’apprendimento cooperativo, il problem solving ha sollecitato un approccio meno dogmatico e più

flessibile.

La didattica si colloca nell’ambito delle scienze educative.

Mauro Laeng nel 1990 classifica le scienze educative in tre categorie:

1. Le discipline rilevative, che si occupano di indagare l’evento educativo come la psicologia

dell’educazione, la sociologia dell’educazione, la sociologia dell’educazione, l’antropologia

dell’educazione che cercano di fornire le chiavi di lettura utili ad analizzare l’evento educativo

2. Discipline prescrittive, i saperi orientati verso una comprensione del sistema di valori. La filosofia

dell’educazione rappresenta l’elemento più emblematico di questa categoria di discipline, orientata

ad analizzare il quadro valoriale, il linguaggio, le idee fondanti su cui si innesta l’evento educativo.

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3. Discipline operative, che sono centrate sull’azione educativa, sulle sue modalità di conduzione.

Rispondano alla domanda: come educare? E rientrano la didattica generale, le tecniche di

progettazione educativa.

L’oggetto della didattica è pertanto l’azione di insegnamento, ovvero quella particolare azione formativa

che si svolge dentro la scuola, contraddistinta da caratteri di intenzionalità (ovvero l’esistenza di traguardi

formativi consapevolmente perseguiti) e sistematicità (ovvero l’organizzazione strutturale e progressiva

dell’azione educativa.

INTENZIONALITA’ SISTEMATICITA’

EDUCAZIONE FORMALE (SCUOLA) SI SI

EDUCAZIONE INFORMALE (FAMIGLIA) SI NO

EDUCAZIONE NON FORMALE (MASS-MEDIA) NO NO

Possiamo definire l’azione di insegnamento come una relazione educativa finalizzata all’apprendimento di

un determinato patrimonio culturale, situata in un dato contesto istituzionale

I: insegnante

C: contenuti culturali

A: allievi

Ora si tratta di individuare alcune dimensioni dell’insegnamento. La prima dimensione è quella relazionale-

comunicativa, attenta alla dinamica relazione che si viene a creare tra l’insegnante e gli allievi. La seconda

dimensione è quella metodologico-didattica, attenta alla modalità di trasmissione del patrimonio culturale

da parte dell’insegnante. La terza dimensione è quella organizzativa, attenta alla predisposizione del setting

formativo entro cui agire l’azione didattica: com’è strutturata l’aula? Come viene gestito il tempo?

La didattica si focalizza soprattutto sulla ricerca sull’insegnamento, orientata alla comprensione del

fenomeno insegnamento, più che alla sua regolamentazione. L’insegnante diviene fonte del sapere,

produttore di un sapere autonomo a partire dalla sua esperienza. Cosimo Laneve afferma che la didattica

studia l’insegnamento, in quanto tale, vale a dire l’analisi di tutto quello che si fa perché un soggetto, che

voglia imparare, apprenda conoscenze relative ai diversi saperi.

2. RICERCA

Ogni proposta didattica deve essere messa in relazione al contesto entro cui si attua. Il sapere

dell’insegnante è un sapere pratico, non teorico. La visione di didattica che emerge rinvia a Donald Schòn e

DISCIPLINE RILEVATIVE DISCIPLINE OPERATIVE DISCIPLINE PRESCRITTIVE

Contesto reale Azione di insegnamento Quadro ideale

fatto Progetto Valore

Antropologia educativa Metodologia educativa Filosofia educativa

Tensione verso l’essere Come educare? Tensione verso il dover essere

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al suo testo Il professionista riflessivo. Da qui la distinzione tra due paradigmi conoscitivi: la razionalità

tecnica e la riflessività. La razionalità tecnica emerge dall’epistemologia positivistica della conoscenza, per

cui la conoscenza può essere considerata significativa solo se validata da osservazioni empiriche. Poi Schon

propone il concetto della riflessione in azione, un processo di pensiero nel corso dell’azione stessa: mentre

riflettono in azione gli individui cercano di attribuire significato a ciò che stanno facendo e

conseguentemente modificano i fini e i mezzi in rapporto alla situazione.

La logica del professionista e quella del ricercatore tendono ad avvicinarsi in quanto accomunate da un

medesimo interesse conoscitivo.

L’assunzione di un paradigma riflessivo comporta il superamento di un paradigma di razionalità tecnica

riconoscibile attraverso alcune linee di sviluppo:

- Dal conoscere per agire a un conoscere sull’agire

- Dalla separazione tra ricerca e azione al professionista come ricercatore

- Dalla conoscenza tacita alla consapevolezza critica

In generale il ruolo della didattica consiste nell’aiutare l’insegnante a rendere comunicabile il proprio

sapere, fornendo categorie di lettura, strutture di interpretazione.

Secondo Calidoni possiamo pensare a tre differenti visioni della didattica:

1. La visione grammaticale che ha una funzione regolativa dell’azione

2. La visione sintattica: la didattica propone strumenti e categorie di lettura utili a scomporre l’evento

di insegnamento. Ha una funzione esplicativa nell’analisi dell’evento

3. La visione semantica: sottolinea la funzione narrativa affidata alla didattica in rapporto all’azione di

insegnamento per rappresentare la rielaborazione dell’esperienza.

Nel passaggio dalla visione grammaticale alla visione semantica si riflette lo slittamento da un paradigma di

razionalità tecnica ad un paradigma di riflessività: la didattica cambia ruolo: da sapere degli insegnanti,

diviene sapere con gli insegnanti. La ricerca non è qualcosa di separato e distante dall’azione, ma si

interseca con essa; il ricercatore non si sostituisce all’insegnante ma lo affianca, nell’intento di aiutarlo a

dare significato alla propria esperienza professionale.

3. INNOVAZIONE

Il concetto di innovazione rientra a pieno titolo tra le parole chiave della didattica, in quanto strettamente

congiunto a quello della ricerca: se la ricerca si orienta a essere con gli insegnanti, allora sfocia

inevitabilmente nell’azione e diventa strumento per la gestione del cambiamento, anche in ambito

didattico.

La riflessione sul cambiamento come processo di reciproco apprendimento tra individui e contesto d’azione

ha interessato anche la scuola, a partire dalla metà degli anni 70. Scurati definisce questa nuova fase di

elaborazione sul cambiamento educativo “momento antropologico”, a sottolineare l’importanza del

soggetto e di concetti come il dialogo, la comunicazione, l’apprendimento.

Un primo principio concerne l’intrinseca storicità del processo di cambiamento, l’insieme degli eventi che si

modificano nel tempo.

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La natura dialogica e interpretativa del cambiamento pone al centro dell’attenzione la soggettività di colui

che è responsabile dell’azione.

Un altro tratto emergente dell’innovazione è la contestualità, ovvero la comprensione del suo significato in

rapporto allo specifico contesto ambientale entro cui è inserita l’azione.

Un ulteriore tratto connesso alla prospettiva del cambiamento riguarda la globalità, ovvero il

coinvolgimento nell’evento del sistema organizzativo nella sua totalità.

La natura dialogica del cambiamento mette in luce la categoria della reciprocità come tratto fondamentale,

ossia la bidirezionalità del processo di modificazione.

L’ultimo tratto che qualifica l’attuale nozione di cambiamento scolastico è la riflessività. Il dialogo costante

tra contesto e attori richiede una razionalità riflessiva capace di dare senso al cambiamento, di riconoscerlo

e di interpretarlo.

Sulla base dei sei connotati del concetto di innovazione didattica possiamo sintetizzare i criteri regolativi

che qualificano un’innovazione efficace:

1. Contrattualità: mandato chiaro che definisca responsabilità, modi e tempi di lavoro

2. Gradualità: progressiva estensione

3. Condivisione

4. Negoziazione: processo dialogico di costruzione comune di significati e decisioni

5. Supporto

6. Praticità: identificazione delle azioni da compiere e delle attività da sviluppare

7. Rivedibilità: il processo migliorativo richiede di essere precisato e riformulato in itinere

Una ricerca senza cambiamento è vuota, ma un cambiamento senza ricerca è cieco.

Riprendendo Hopkins, è possibile concettualizzare i rapporti tra ricerca e miglioramento secondo tre

prospettive:

1. Ricerca sul miglioramento

2. Ricerca per il miglioramento

3. Ricerca come miglioramento: qui si colloca il paradigma della ricerca/azione

La metafora dello specchio sintetizza efficacemente il ruolo della ricerca in rapporto all’azione didattica

come strumento per conoscere e riconoscersi.

4. DOCUMENTAZIONE

Parlare di documentazione significa affrontare la questione della memoria della nostra esperienza, del

passaggio dal vissuto al dato culturale. La trasformazione del fare nel dire pone un problema di

documentazione, richiede di rendere dicibile l’azione, di riuscire a raccontarla e descriverla attraverso le

parole. Paradossalmente la cultura scolastica ha sempre curato poco la documentazione della propria

esperienza didattica. Lo scopo di un archivio dovrebbe essere quello di dare valore al know-how prodotto

dal lavoro scolastico, rendendolo comunicabile e potenzialmente riproducibile in altri contesti. Il valore

della documentazione si può riconoscere anche nel singolo docente come memoria individuale, il gruppo

docente, come tesaurizzazione delle esperienze condivise, il livello regionale e nazionale come raccolta di

esperienze didattiche di qualità.

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Il connubio tra ricerca e azione riconosce proprio alla documentazione un ruolo di intersezione e di

interfaccia tra i due momenti del lavoro didattico.

Ci sono diversi modi per documentare un’esperienza didattica:

1. Regolativa che indirizzi l’azione dell’insegnante, esplicativa che fornisca chiavi di lettura per la

comprensione dell’esperienza didattica; narrativa, cioè raccontare l’esperienza e i suoi significati

2. Fasi temporali: ex ante e una fase ex post, successiva all’azione

L’incrocio dei due criteri permette di individuare 9 combinazioni differenti:

1. I piani: il tentativo di anticipare lo sviluppo di un determinato percorso didattico;

2. Criteri di qualità come forma di documentazione che accompagna l’azione e svolge una funzione

regolativa e di orientamento all’azione

3. Prototipi: forma di documentazione che segue l’azione, costituendo un resoconto strutturato

4. Le teorie come forma di documentazione che procedono l’azione e hanno generalmente una

funzione esplicativa

5. Le categorie di analisi che accompagnano l’azione e mirano a facilitarne la lettura

6. Le tipologie didattiche come forma di documentazione che segue l’azione tentando di riconoscere i

tratti salienti

7. Simulazioni come forma di documentazione che anticipa l’azione e tende a favorire una

comprensione globale dell’azione stessa

8. Protocolli osservati, come forma di documentazione che accompagna l’azione e svolge una

funzione di descrizione a 360°

9. I diari di bordo che seguono l’azione e ricostruiscono il vissuto esperenziale

5. AZIONE DI INSEGNAMENTO

Elio Damiano, nel testo intitolato “L’azione didattica”, considera l’insegnamento un’azione pratico-poietica,

richiamando due attributi del pensiero aristotelico. In primis l’insegnamento è un’azione comunicativa. Lui

richiama la praxis e la poiésis. La praxis è un’azione orientata verso un fine etico; propone l’esempio del

missionario che incarna un determinato ideale morale. La poiésis è un’azione finalizzata alla realizzazione di

un determinato prodotto, tangibile e concreto che acquista un valore in relazione al risultato che produce.

La qualità dell’azione sta proprio nel coniugare e connettere la dimensione pratica e quella poietica.

Possono essere rappresentati come due insiemi uno incluso nell’altro.

Ci sono comunque molti fattori che intervengono nella determinazione dei risultati dell’apprendimento

come la motivazione dell’allievo, le preconoscenze, l’impegno, sintetizzabili nella locuzione: “disponibilità

all’apprendere”.

L’attenzione di Damiano si focalizza soprattutto sulla dimensione metodologica, in rapporto alla quale si

possono riconoscere modalità e codici comunicativi diversi:

- I mediatori attivi, i quali si caratterizzano per la consistenza fisico-percettiva

- I mediatori analogici, i quali trasformano la realtà in contesti simulati

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- I mediatori iconici, i quali privilegiano una rappresentazione della realtà attraverso immagine visive

come disegni, schemi, modelli, ecc.

- I mediatori simbolici, i quali rappresentano la realtà attraverso simboli per esempio verbalizzazioni,

codificazioni, formule, ecc.

Sul piano didattico, è possibile delineare il rapporto di vicinanza/distanza con la realtà. I mediatori attivi

sono quelli più vicini alla realtà; quelli simbolici i più lontani. Da qui è possibile elencare pregi e difetti dei

diversi mediatori; per esempio in relazione al maggiore coinvolgimento del soggetto che apprende proprio

dai mediatori attivi (e quelli analogici) a fronte di maggiore freddezza da parte dei mediatori simboli ed

iconici; i tempi più lunghi dei mediatori attivi rispetto all’efficienza tipica dei mediatori simbolici.

Un elemento di qualità dell’insegnamento sta proprio nella pluralità dei linguaggi comunicativi e

conseguentemente dei mediatori che utilizza.

6. DIMENSIONE METODOLOGICA

Essa gioco un ruolo importante nella mediazione tra lo studente e il contenuto culturale.

Una metodologi didattica è efficace se risponde a diversi parametri:

- Significatività

- Motivazione

- Direzione

- Continuità/ricorsività

- Integrazione tra i diversi saperi disciplinari

- Trasferibilità linguistica

- Negoziazione sociale

- Contestualità

- Riflessività

- Pluralità culturale

Il filone della metacognizione che sposta l’attenzione non solo ai processi cognitivi attivati dal soggetto, ma

anche al livello meta di consapevolezza e controllo dei processi.

La lezione è la metodologia didattica per eccellenza, si qualifica per un’esposizione sistematica dei

contenuti. I punti di forza sono l’efficienza del rapporto informazioni trasmesse/tempo impiegato; punti di

criticità lo scarso coinvolgimento dello studente, l’eccessivo spazio assegnato al codice verbale

L’apprendistato si avvicina molto alla lezione, ma orientato più ad abilità operative ma c’è maggiore

autonomia del soggetto che apprende. I suoi punti di forza sono la concretezza; tra i punti di criticità la

limitatezza d’uso ad alcuni aspetti specifici del sapere.

L’approccio tutoriale, inteso come forma di supporto personalizzato all’apprendimento, si caratterizza per

una piena valutazione del triangolo didattico in virtù della relazione intensa e personalizzata che si viene a

creare tra docente e studente. I pregi sono connessi alla forte interazione che si viene a creare; punti di

criticità il privilegiare una relazione a due e gli alti costi del tutor

La discussione è attenta al ruolo del gruppo e all’interazione reciproca tra i suoi componenti: L’insegnante

assume il ruolo di moderatore e conduttore. I punti di forza sono rappresentati dalla forte interazione

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sociale mentre tra i punti di criticità la difficoltà a garantire una partecipazione attiva di tutti i componenti

del gruppo.

Il problem solving rappresenta una variante della discussione, rafforzando la natura di gruppo centrato su

un compito da risolvere. L’insegnante ha il ruolo di catalizzatore, nel senso di convogliare le energie e le

risorse. Tra i punti di forza l’integrazione sociale, punti critici elevato tempo per risolvere il problema

L’apprendimento cooperativo si configura come una variante del problem solving; l’insegnante si pone

fuori dal gruppo come supporto indiretto. I punti di forza riguardano l’integrazione delle risorse all’interno

del gruppo, il sostegno reciproco tra i componenti; tra i punti di criticità i rischi connessi all’autonomia

affidata ai gruppi.

L’espressione libera o brain storming, sollecita il contributo attivo da parte dei componenti del gruppo,

convogliando creatività ed energia. Il compito del docente è stimolare e animare il gruppo. Punti di forza

sono il coinvolgimento di diversi componenti, i punti di criticità la pertinenza al tema e allo scopo del

confronto.

7. DIMENSIONE RELAZIONALE

Si trova lungo l’asse di collegamento tra l’insegnante e lo studente, a sottolineare che essa si riferisce alla

dinamica relazionale che intercorre tra i diversi attori coinvolti nell’evento didattico.

Si possono riconoscere due tipi di relazioni comunicative, in rapporto alla dinamica che si viene a

determinare tra gli attori: da un lato le relazioni simmetriche, segnate dalla distribuzione del potere

equilibrata tra i due attori; dall’altro le relazioni asimmetriche. Per cui da questo punto di vista la relazione

didattica è asimmetrica in quanto strutturata su ruoli ascritti (insegnante e allievo), differenti per età, status

sociale, livello d’esperienza.

Comunque la qualità della relazione comunicativa tra insegnante e allievo si misura in rapporto al grado di

flessibilità con cui l’insegnante gestisce la dinamica d’interazione strutturalmente asimmetrica con i propri

allievi.

L’ascolto attivo assume un ruolo egemonico: assumere la posizione di mettersi a disposizione dell’altro,

valorizzarlo come interlocutore e sforzarsi di comprenderne il punto di vista. L’attributo attivo richiama il

concetto di empatia. Un approccio di ascolto attivo punta a sviluppare negli allievi la capacità di esternare i

propri vissuti emotivi.

Possiamo prestare attenzione a diverse facce del messaggio del nostro interlocutore, identificandone

almeno quattro:

1. Il piano del contenuto

2. Il piano della relazione

3. Il piano dell’autorappresentazione, che si riferisce a come si presenta il soggetto

4. Il piano dell’appello, che si riferisce allo scopo dell’azione comunicativa.

Bisognerebbe pertanto:

- Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni;

- Sforzarsi si cambiare il punto di vista;

- Mettersi nei panni del proprio interlocutore;

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- Valorizzare il codice delle emozioni;

- Andare oltre la superficie del mondo reale;

- Sfruttare i paradossi del pensiero e della comunicazione come strumenti euristici

- Adottare una modalità umoristica nell’esercizio dell’arte di ascoltare.

Vygotskij ad esempio ritiene che il linguaggio sia uno strumento del pensiero che viene richiamato per

evidenziare la potenzialità dell’interazione sociale.

Si punta, inoltre, a individuare gli indicatori che testimoniano uno sviluppo argomentativo di una

discussione:

- dare elementi

- -relazionare

- Delimitare

- Contrapporsi

- Combinare relazioni

- Generalizzare

- Problematizzare

- Ristrutturare

- Confermare

- Problematizzare

- Riferirsi in modo idiosincratico a una propria esperienza personale.

Oltre la capacità più generali di moderazione di una discussione collettiva, acquistano valore le funzioni di

scaffolding, ovvero la capacità di fornire una natura concettuale e procedurale su cui sviluppare

l’argomentazione sociale e di fading, ovvero la progressiva riduzione del proprio intervento attivo a favore

dell’incremento dell’autonomia del gruppo nel gestire il confronto collettivo.

Ascolto attivo e co-costruzione della conoscenza risultano efficaci nella gestione della relazione

comunicativa, orientata a promuovere apprendimento.

8. DIMENSIONE ORGANIZZATIVA

Si intende per dimensione organizzativa il contesto materiale, culturale, organizzativo, istituzionale entro

cui avviene l’azione.

I fattori che definiscono il setting formativo sono:

- -lo spazio: come contenitore fisico e materiale entro cui si realizza l’insegnamento

- Il tempo: entro cui si verifica l’azione

- Le regole: insieme di norme implicite ed esplicite che regolamentano la vita della classe e lo

svolgimento dell’azione didattica.

- Gli attori: insieme dei soggetti coinvolti nella relazione didattica

- I canali comunicativi, come medium attraverso cui avviene la relazione didattica.

Si tratta, dunque, di predisporre un ambiente per l’apprendimento funzionale ai propri scopi formativi.

Nella ricerca effettuata da Anna Bondioli e Egle Becchi in merito all’organizzazione della giornata educativa

nella scuola dell’infanzia risulta che tra le attività la poliattività costituisce circa il 20%, la routine 53,8% e le

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didattiche il 26%. Per poliattività si intende il momento in cui vengono svolte attività differenti per

aggregazioni libere o modalità di gestione autonoma.

Lo spazio diviene un’opportunità per promuovere lo sviluppo dei comportamenti autonomi e responsabili

negli allievi.

9. PROGETTAZIONE

Il momento della progettazione è strettamente connesso con l’azione didattica, attraverso un dialogo

continuo e incessante che impedisce di stabilire separazioni nette.

Dietro ai diversi modelli di progettazione, si possono riconoscere due logiche progettuali profondamente

diverse, denominate da Cristianini “logica della razionalità” e “logica della complessità”. La logica della

razionalità tecnica presuppone un rapporto lineare tra i momenti del progettare, dell’agire e del valutare,

pensati come fasi in successione di un unico processo; la progettazione, quindi, si caratterizza come

momento ex ante dell’azione didattica ed ha la funzione di anticipare il processo che si intende realizzare.

Da qui un approccio analitico, che mira a scomporre il processo nelle sue componenti elementari, in modo

da poterle individuare, preordinare, controllare in modo rigoroso.

La logica della complessità postula un rapporto di circolarità tra i momenti del progettare, dell’agire e del

valutare, non pensati in sequenza cronologica e logica, bensì in continuo dialogo e interazione reciproca.

Il progetto si adegua al processo, o meglio alle caratteristiche contestuali entro cui si sviluppa l’azione

didattica.

Consideriamo i traguardi formativi a cui è finalizzato il progetto didattico, ovvero i risultati attesi verso cui

tendere: si tratta di un passaggio inevitabile che tende a rispondere alla domanda: “perché insegnare?”.

Un secondo aspetto riguarda i contenuti culturali che saranno affrontati nel percorso didattico, ovvero la

risposta alla domanda “Che cosa insegnare?”.

Un terzo aspetto riguarda la predisposizione dei processi formativi attraverso cui sviluppare i traguardi e i

contenuti culturali che si sono identificati.

Un ultimo aspetto riguarda il momento della valutazione che chiude il circolo, in quanto si riferisce

inevitabilmente ai risultati attesi posti alla base del percorso didattico; la domanda sottesa consiste in

“Come valutare il processo formativo?”.

La programmazione per obbiettivi, diffusasi in Italia a partire dagli anni 70, rappresenta l’espressione più

fedele della logica di razionalità tecnica, in quanto tende a tradurre il momento progettuale in un algoritmo

di passaggi che assume come punto di partenza la definizione degli obiettivi formativi. Sulla base di essi si

tratta di precisare i contenuti, le strategie, le metodologie, le modalità della valutazione in funzione degli

obiettivi che sono stati identificati.

La programmazione per concetti risente dell’influsso delle scienze cognitive e della conseguente necessità

di modelli progettuali. La costruzione del curriculo si basa sull’analisi epistemologica dei contenuti culturali

che si intende trasmettere in rapporto a un determinato ambito disciplinare.

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La programmazione per sfondo integratore, diffusa prevalentemente nella scuola dell’infanzia, richiama un

modello di progettazione più leggero, più strategico e attento alla progettualità degli eventi. Il compito

primario è quello di identificare una cornice progettuale, uno sfondo appunto, che faccia da contenitore a

un determinato percorso didattico orientato allo sviluppo di specifici traguardi formativi.

Mentre la progettazione per obiettivi centra la sua attenzione sul momento della definizione dei traguardi

formativi (perché insegnare?), la progettazione per concetti sposta il focus sui contenuti culturali (che cosa

insegnare), infine la programmazione per sfondo integratore enfatizza la predisposizione dei processi

formativi (come insegnare).

10. VALUTAZIONE

Anche il momento della valutazione è strettamente connesso all’azione didattica. Il rapporto circolare che

si viene a determinare tra il progettare, l’agire e il valutare conduce a considerare i tre momenti come

inseparabili.

Recuperando la lezione di Barbier, possiamo definire l’atto valutativo come “un duplice processo di

rappresentazione il cui punto di partenza consiste in una rappresentazione fattuale di un oggetto e il punto

di arrivo una rappresentazione codificata di questo stesso oggetto”.

La valutazione indica inevitabilmente la soggettività di chi valuta.

Il giudizio di valore costituisce la rappresentazione codificata dell’oggetto, ottenuta attraverso l’intreccio

dei dati di riferimento e i referenti concettuali con cui interpretarli. I referenti concettuali non sono altro

che il quadro valoriale assunto dal valutatore in ordine all’oggetto di indagine.

Le due fasi che caratterizzano un processo valutativo sono:

- La fase rilevativa, caratterizzata dalla raccolta dei dati di riferimento utili alla valutazione

- Fase di espressione del giudizio, nella quale i dati raccolti vengono interpretati alla luce di una serie

di criteri di giudizio assunti dal valutatore.

La valutazione predittiva ed orientativa precede il processo formativo e assolve lo scopo di prevedere le

caratteristiche del percorso formativo più adatte alle caratteristiche di un determinato soggetto; la

valutazione diagnostica si colloca nella fase inziale del processo formativo e assolve lo scopo di analizzare le

caratteristiche d’ingresso di un allievo in relazione al percorso che deve compiere; la valutazione formativa

accompagna diverse fasi del processo formativo e assolve lo scopo di fornire un feed-back all’allievo e

all’insegnante sull’evoluzione del processo formativo; la valutazione sommativa tende a collocarsi nella fase

conclusiva di un determinato percorso formativo e infine la valutazione certificativa segue il percorso

formativo e assolve lo scopo di attestare socialmente il conseguimento di determinati risultati,

Si possono identificare una logica di controllo che corrisponde con la valutazione dell’apprendimento e una

logica di sviluppo che è la valutazione per l’apprendimento.

Nella fase di individuazione dell’oggetto rispondo a cosa significa valutare l’apprendimento dei miei allievi.

Riguardo alla rilevazione dei dati, è utile ricordare che essa avviene sia attraverso l’interazione quotidiana

che l’insegnante ha con i propri allievi, sia attraverso momenti più formalizzati. Si tratta delle cosiddette

prove di verifica, ovvero di situazioni didattiche intenzionalmente predisposte per accertare determinati

risultati di apprendimento raggiunti dagli allievi. Possiamo pensare alla prova di verifica come ad una

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somministrazione di un determinato stimolo all’allievo (una domanda, uno spunto di lavoro). La risposta

dell’allievo dovrà poi essere valutata dall’insegnante. Per cui è possibile classificare le prove in base allo

stimolo, distinguendo tra stimoli aperti e chiusi in funzione dei gradi di libertà consentiti al soggetto, e della

risposta ottenuta, distinguendo tra risposte aperte e chiuse.

- Le prove non strutturate, sono caratterizzate da uno stimolo avente molta libertà e quindi la

risposta non è predeterminabile proprio in virtù dell’apertura dello stimolo.

- Le prove strutturate sono caratterizzate da uno stimolo che riduce o elimina i gradi di libertà e per

questo la risposta è predeterminabile (ad esempio un item a scelta multipla).

- Le prove semistrutturate rappresentano una situazione intermedia tra le due precedenti,

caratterizzate da uno stimolo che presenta un numero limitato di gradi di libertà e da una risposta

non predeterminabile da parte dell’insegnante (per esempio un saggio breve).

Uno strumento di verifica viene apprezzato per:

- La validità: ossia la corrispondenza tra la prestazione rilevata e l’apprendimento che si intende

accertare

- Attendibilità: ovvero la costanza nella lettura della prestazione fornita dal soggetto,

indipendentemente dal momento in cui la si valuta o da chi la valuta

La definizione dei criteri richiama la stretta relazione tra il momento progettuale e quello valutativo. Ci sono

tre diversi modi per arrivare a formale un giudizio scolastico:

1. Lo standard assoluto, ovvero una prestazione ritenuta ottimale o accettabile in base a cui

confrontare la prestazione dell’allievo

2. L’insieme delle prestazioni ottenute da uno specifico gruppo di allievi (la classe) e il giudizio tende a

posizionare il singolo allievo in rapporto alla distribuzione delle prestazioni della classe.

3. Il terzo fa riferimento al progresso dell’allievo e il giudizio tende ad apprezzare l’entità del

progresso o del regresso.

Solitamente il giudizio scolastico viene espresso attraverso:

1. Una scala di aggettivi (insufficiente, sufficiente, buono);

2. Una scala di numeri (5,6,7)

3. Una scala di lettere (E,D,C)

4. Una scala di simboli (rosso, giallo, verde).

La fase di regolazione dell’insegnamento indica la circolarità tra momento valutativo, momento dell’azione

didattica e momento progettuale.

La comunicazione del giudizio richiama la necessità di collocare il momento della valutazione in una logica

formativa.

Riguardo ai ruoli dei soggetti vi sono diversi piani di lettura della dinamica valutativa in ambito scolastico. In

primis la valutazione personale affidata al docente e la valutazione collegiale affidata all’équipe pedagogico

o al consiglio di classe, con lo scopo di privilegiare un punto do vista intersoggettivo.

Le famiglie sono importanti perché fonti di informazioni sulla crescita dell’allievo e potenziali osservatori

privilegiati delle capacità dell’allievo.

Page 12: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

12

Infine, si pone il problema del ruolo dell’allievo nella valutazione. La questione di responsabilizzazione

dell’allievo nel processo valutativo è centrale in quanto riflette una dinamica di potere che porta anche la

relazione didattica, consente uno sguardo più allargato della didattica attraverso la valutazione soggettiva

verso la propria esperienza di apprendimento.

Quindi sarebbe preferibile la disponibilità ad aprirsi al punto di vista dell’altro: genitore, allievo e collega.

PARTE SECONDA: VERSO UNA DIDATTICA PER COMPETENZE

PREMESSA

Lo scopo è quello di approfondire un percorso di sviluppo che sta attraversando la didattica scolastica negli

ultimi anni orientato verso un approccio formativo centrato sullo sviluppo di competenze. Si tratta di una

svolta epocale, di una vera e propria rivoluzione copernicana, in quanto comporta la sostituzione di un

sistema centrato sullo sviluppo di conoscenze (e abilità), che ha sempre caratterizzato l’offerta formativa

della scuola, con uno centrato sullo sviluppo di competenze.

1. UN NUOVO BARICENTRO PER IL CURRICOLO

Si tratta di un cambiamento profondo e globale.

I primi significati del concetto di competenza utilizzati in ambito formativo richiamavano una prospettiva

comportamentista, in base alla quale la competenza si identificava con una prestazione del soggetto

osservabile e misurabile. Per cui è possibile scomporre la competenza in un insieme di prestazioni

empiricamente osservabili, la cui sommatoria consentiva di verificare il livello di padronanza del soggetto

(la matrice job/skill ben rappresenta questo tipo di approccio alla competenza. Nei decenni successivi si

assiste ad un’articolazione progressiva del concetto, che possiamo sintetizzare in tre direzioni evolutive:

1. Dal semplice al complesso: la competenza tende ad essere pensata come un’integrazione delle

risorse possedute dall’individuo;

2. Dall’esterno all’interno: l’analisi delle competenze richiede di andare oltre i comportamenti

osservabili e di prestare attenzioni alle disposizioni interne del soggetto e alle modalità con cui esso

si avvicina allo svolgimento di un compito operativo

3. Dall’astratto al situato: la competenza non è riducibile ad un concetto astratto e generale, bensì

tende a riferirsi alla capacità di affrontare compiti in specifici contesti culturali, sociali, operativi.

Per questo il concetto di competenza si esprime nel passaggio dal saper fare al saper agire:

- La capacità di far fronte a un compito, ad un insieme di compiti come ambito di manifestazione del

comportamento competente

- La messa in moto e l’orchestrazione delle proprie risorse interne, che segnala la natura olistica della

competenza

- L’utilizzo delle risorse esterne in funzione del compito da affrontare e la loro integrazione con le

risorse interne.

Quindi si attivano:

Page 13: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

13

1. Le conoscenze

2. Le abilità

3. Le disposizioni ad agire.

Vi sono diversi riferimenti. Il primo è contenuto nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del

Consiglio sul Quadro Europeo delle Qualifiche e dei Titoli per l’apprendimento permanente, nella quale

vengono proposte le seguenti definizioni:

- Le conoscenze indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le

conoscenze sono insieme di fatti, principi, teorie e pratiche, relative ad un settore di studio o di

lavoro.

- Le abilità indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare a termine

compiti e per risolvere problemi

- Le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali,

sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o

personale.

Bisogna attivare un processo di apprendimento costruttivo, rielaborazione degli schemi mentali e delle

conoscenze pregresse.

Un secondo attributo è quello socio-culturale a denotare il ruolo fondamentale che il contesto relazionale e

culturale gioca nel processo di costruzione della conoscenza del soggetto. A partire da Vygotskij e

l’importanza dei processi interpersonali e intrapersonali, per cui il contesto è quello situato, come contesto

d’azione in cui si genera la conoscenza.

I caratteri che qualificano il processo di apprendimento sono:

- Attivo, a denotare il ruolo consapevole e responsabile del soggetto;

- Costruttivo

- Collaborativo, a denotare la dinamica di interazione sociale;

- Intenzionale, sottolineando i processi motivazionali;

- Conversazionale, a denotare il ruolo del linguaggio nello strutturale il confronto;

- Contestualizzato, a denotare il riferimento a compiti di realtà entro cui situare il processo

apprenditivo;

- Riflessivo, a denotare il circolo ricorsivo tra conoscenza, esperienza e riflessione su essa.

Nel 1993 la OMS (organizzazione mondiale della Sanità) produsse un documento significativo intitolato Life

Skills education in schools. Il termine life skills associa una prospettiva esistenziale al possesso si abilità da

parte del soggetto, ossia delle abilità personali, sociali, interpersonali, cognitive, affettive, universali. Le

dieci abilità individuate sono:

1. Capacità di leggere dentro se stessi (autocoscienza);

2. Capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri (gestione delle emozioni);

3. Capacità di governare le tensioni (gestione dello stress)

4. Capacità di analizzare e valutare le situazioni (senso critico);

5. Capacità di prendere decisioni;

6. Capacità di risolvere problemi;

7. Capacità di affrontare in modo flessibile ogni genere di situazioni (creatività);

Page 14: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

14

8. Capacità di esprimersi efficacemente

9. Capacità di comprendere gli altri (empatia);

10. Capacità di interagire e relazionarsi con gli altri in modo positivo.

Anche l’Europa si orienta in una dimensione analoga con i libri bianchi della Commissione Europea. Si

affaccia qui il concetto di competenza, nell’evidenziare il passaggio da una conoscenza inerte ad una capace

di confrontarsi con le sfide dell’evoluzione sociale ed economica.

Negli anni successivi la sfida viene raccolta dall’OCSE, la quale nel 1997 promuove un progetto di ricerca:

Definition and Selection of Competetencies. C’è il confronto di un’ampia gamma di esperti e di stakeholder

allo scopo di produrre un’analisi coerente e condivisa di quali competenze chiave sono necessarie per la

vita adulta. Alcuni criteri per identificare le competenze chiave sono:

- Fornire un contribuito per il raggiungimento di esiti significativi a livello individuale e sociale;

- Rappresentare uno strumento per rispondere a domande complesse.

A partire da tali premesse vengono identificare nove competenze chiave raggruppate in tre categorie:

Categoria 1 – Servirsi di strumenti in maniera interattiva

1 A. Capacità di utilizzare la lingua, i simboli e i testi in maniera interattiva;

1 B. Capacità di utilizzare le conoscenze e le informazioni in maniera interattiva;

1 C. Capacità di utilizzare la nuove tecnologie in maniera interattiva.

Categoria 2 – Interagire in gruppi eterogenei

2 A. Capacità di stabilire buone relazioni con gli altri e mantenere e gestire relazioni personali;

2 B. Capacità di cooperare e saper condividere la leadership e supportare gli altri;

2 C. Capacità di gestire e risolvere i conflitti.

Categoria 3– Agire in modo autonomo

3 A. Capacità di agire in un contesto complesso;

3 B. Capacità di elaborare e realizzare programmi di vita e progetti personali;

3 C. Capacità di affermare i propri diritti, interessi, limiti e bisogni.

In questo clima nasce il progetto PISA, un’indagine internazionale a cadenza triennale, sulle conoscenze e le

abilità dei quindicenni nei principali paesi industrializzati e le loro competenze nella lettura, matematica e

scientifiche.

Alcuni tratti distintivi sono:

- Focus su una fascia d’età;

- Centratura non sui contenuti dei curricoli scolastici, bensì su in insieme di competenze ritenute

necessarie per la vita adulta e per un inserimento attivo nella società;

- La scansione in cicli periodici a cadenza triennale;

- L’integrazione delle prove sui livelli di apprendimento;

- La gestione coordinata del progetto da parte dei governi dei paesi partecipanti.

Il Quadro di Riferimento europeo delinea otto competenze chiave:

Page 15: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

15

1. Comunicazione nella madrelingua, ossia la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri,

sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale, sia scritta e di interagire adeguatamente e in modo

creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali, quali istruzione e

formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero.

2. Comunicazione in lingue straniere: la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri,

sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale, sia scritta e di interagire adeguatamente e in modo

creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali, quali istruzione e

formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero. Essa richiede anche abilità quali la mediazione e

la comprensione interculturale.

3. Competenza matematica e competenze di base in campo scientifico e tecnologico. Si tratta

dell’abilità di sviluppare e applicare il pensiero matematico per risolvere una serie di problemi in

situazioni quotidiane.

4. Competenza digitale. Consiste nel sapere utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie

della società dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione.

5. Imparare a imparare. È l’abilità di perseverare nell’apprendimento, organizzare il proprio

apprendimento anche mediante un gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello

individuale che di gruppo.

6. Competenze sociali e civiche. Includono competenze personali, interpersonali e interculturali e

riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo

efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa.

7. Senso di iniziativa e di imprenditorialità. Concernono la capacità di una persona di tradurre le idee

in azione.

8. Consapevolezza ed espressioni culturali.

Il DM 22 agosto 2007 propone un quadro di saperi di competenze da assumere come denominatore

comune per i diversi indirizzi del biennio della scuola secondaria superiore e per quelli precedenti:

1. Imparare a imparare: organizzare il proprio apprendimento

2. Progettare

3. Comunicare comprendendo messaggi di genere diverso

4. Collaborare e partecipare: interagire in gruppo, comprendendo diversi punti di vista, valorizzando

le proprie e altrui capacità

5. Agire in modo autonomo e responsabile: sapersi inserire in modo attivo e consapevole nella vita

sociale

6. Risolvere problemi

7. Individuare collegamenti e relazioni tra fenomeni, eventi e concetti diversi.

8. Acquisire e interpretare l’informazione: valutandone l’attendibilità e l’utilità, distinguendo fatti e

opinioni.

2. QUALI SFIDE PER LA DIDATTICA

Possiamo riconoscere alcune differenze strutturali tra l’apprendimento scolastico, fondato su un ordine

logico e l’apprendimento in situazioni di realtà, fondato su ordine pratico:

Page 16: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

16

- La scuola richiede prestazioni individuali, mentre il lavoro mentale all’esterno è spesso condiviso

socialmente;

- La scuola richiede un pensiero privo di supporti, mentre fuori ci si avvale di strumenti cognitivi o

artefatti.

- La scuola coltiva il pensiero simbolico, nel senso che lavora su simboli, mentre fuori dalla scuola la

mente è sempre direttamente alle prese con oggetti e situazioni.

- A scuola si insegnano capacità e conoscenze generali, mentre nelle attività esterne dominano

competenze specifiche, legate alla situazione.

La sfida per l’apprendimento scolastico consiste nel non separarsi dalla realtà, dalle esperienze di vita, nel

non rinchiudersi in se stesso, autolegittimandosi, bensì nel mantenere una relazione costante con

l’esperienza reale, con il vissuto dell’allievo.

Vediamo un esempio di insegnamento-muro e uno di insegnamento-ponte. Il primo si fonda una sequenza

lineare e gerarchica insegnante conoscenza studente apprendimento:

- Lo studente tende ad essere visto come un ricettore passivo;

- La conoscenza rimane inerte, incapace di connettersi alla vita reale;

- L’insegnamento tende a frazionare la conoscenza in componenti elementari per renderlo più

accessibile;

- Il gruppo tende ad essere visto come fattore di sfondo o di disturbo del processo di apprendimento.

L’insegnamento ponte si fonda su una sequenza circolare: studente conoscenza insegnante:

- Lo studente è sollecitato ad elaborare una prestazione complessa e locale, riferita a un problema

completo;

- La conoscenza muove da contesti reali e ritorna su di essi, in una relazione ricorsiva tra esperienza e

conoscenza, teoria e pratica;

- L’insegnamento assume la conoscenza come evento complesso e multidimensionale;

- Il gruppo diventa una risorsa per la risoluzione del problema.

Vengono criticate anche le modalità valutative tradizionali, che si limitano ad accertare i processi cognitivi

più semplici ed elementari, in quanto congruenti con le caratteristiche delle prove strutturate, mentre non

sono in grado di apprezzare abilità più complesse, quali i processi di analisi e sintesi, soluzioni creativi e

originali a problemi aperti, ecc. La valutazione tradizionale impiega quasi esclusivamente prove individuali,

in sintonia con un analogo approccio al processo di apprendimento centrato sul rapporto privato tra lo

studente e il sapere.

Un’altra separazione tipica della valutazione tradizionale è quella tra i ruoli di valutatore e valutato,

relegando lo studente una funzione passiva di mero oggetto del processo valutativo.

- Le modalità valutative impiegate tendono a condizionare pesantemente i modi e i contenuti

dell’apprendimento;

- Le modalità valutative tradizionali si limitano ad accertare i processi cognitivi più semplici ed

elementari;

- Il sapere scolastico tende a rimanere inerte, in quanto incapsulato nel contesto scuola e incapace di

connettersi in situazioni di realtà;

- La valutazione tradizione impiega quasi esclusivamente prove individuali;

Page 17: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

17

- La valutazione scolastica contribuisce alla deresponsabilizzazione dello studente e alla perdita di

significato del momento valutativo.

Pertanto l’insegnante dovrebbe:

- Considerare i sapere come risorse da mobilitare. La conoscenza non deve essere materia inerte,

incapsulata all’interno delle discipline scolastiche, bensì materia viva, da mettere in relazione con le

esperienze di vita e i problemi che la realtà pone.

- Lavorare per situazioni problema, attivando processi euristici in contesti reali;

- Condividere progetti formativi con i propri allievi;

- Adottare una pianificazione flessibile;

- Praticare una valutazione per all’apprendimento;

- Andare verso una minore chiusura disciplinare;

- Convincere gli allievi a cambiare mestiere, cioè essere coproduttore di una conoscenza da costruire

e condividere.

E pertanto:

- Puntare a compiti valutativi più autentici;

- Promuovere una maggiore responsabilizzazione dello studente nel processo valutativo;

- Integrare la valutazione del prodotto della formazione;

- Oltrepassare i confini disciplinari della valutazione;

- Riconoscere e sviluppare la valenza metacognitiva sottesa al processo valutativo.

Lo sviluppo di una competenza presuppone sia il consolidamento di risorse cognitive (ricordare,

comprendere, applicare), sia un’elaborazione di tali risorse in funzione dei compiti da affrontare (analizzare,

valutare, creare).

Quindi, concludendo, occorre caratterizzare un approccio didattico per competenza, declinati in

comportamenti operativi:

Significativo, prevalentemente in relazione alle voci strutturare la conoscenza e integrare;

Attivo, prevalentemente in relazione alle voci agire e costruire significati;

Situato, prevalentemente in relazione alle voci Affrontare situazioni problematiche;

Collaborativo, prevalentemente in relazione alle voci Interagire ed essere accompagnato.

Aperto, prevalentemente in relazione alle voci Gestire risorse diversificate.

Multimediale, prevalentemente in relazione alle voci Trasferire le proprie conoscenze.

Metacognitivo, prevalentemente in relazione alle voci Riflettere e Valutare la conoscenza.

3. PROGETTARE E VALUTARE PER COMPETENZE

Cosa caratterizza un curricolo per competenze?

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18

Massimo Baldacci riconduce i diversi modelli di programmazione a tre tipologie di fondo, distinte in base

alla differente unità di analisi della progettazione che assumono le unità didattiche, o moduli didattici, i

progetti didattici. Propone due parametri per riconoscere i tratti salienti di ciascuna tipologia. Il primo

riguarda la struttura progettuale su cui si fonda, distinguendo tra una struttura molecolare di tipo analitico

che scompone il percorso didattico nelle sue componenti elementari, e una struttura molare di tipo globale

e che assume il percorso didattico nella sua complessità.

Il secondo parametro concerne la strategia progettuale sottesa, distinguendo tra una strategia deduttiva, di

tipo top-down che muove da un’individuazione degli scopi per ricavarne le modalità dell’azione didattica e

una induttiva di tipo bottom-up che muove dalle caratteristiche dell’esperienza didattica per risalire alle

finalità che persegue.

Sulla base dei due parametri Baldacci descrive:

- L’unità didattica, intesa come unità progettuale minima che conserva tutte le caratteristiche di un

progetto complesso (obiettivi, procedure didattiche, modi di valutazione), relativamente

all’insegnamento-apprendimento di un certo argomento

- Modulo didattico, intenso come un percorso d’insegnamento-apprendimento;

- Progetto didattico, inteso come un percorso di insegnamento-apprendimento centrato su una

tematica di una certa ampiezza, per lo più di carattere extracurricolare.

Possiamo provare a definire il progetto didattico come un percorso di insegnamento/apprendimento,

finalizzato allo sviluppo di competenze nel soggetto e centrato su una situazione-problema da affrontare, la

quale rappresenta la cornice di senso entro cui collocare le diverse azioni previste dal progetto stesso.

Oltre al grado di complessità, le diverse attività proposte si differenziano in base ad altri parametri:

- Di carattere individuale o sociale del compito;

- La natura disciplinare o multidisciplinare;

- Dimensione interna o esterna del compito proposto.

Un esempio di situazione-problema è l’attività: Problemi di carattere esplorativo. Chiedere agli allievi di

scrivere una lettera in lingua straniera (per rispondere a un corrispondente) contenente parole/strutture

linguistiche appena studiare; o l’attività produzioni artistiche: produzione di un testo letterario, di un pezzo

musicale, di una scultura, di un dipinto.

Un possibile formato per la costruzione di un progetto didattico centrato sullo sviluppo di competenze è il

seguente:

- Caratteristiche dei contesto classe;

- Competenza da sviluppare;

- Tappe del percorso;

- Modalità di valutazione.

Page 19: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

19

Valutare, ovvero triangolare

La natura polimorfa della competenza impedisce di assumere un’unica prospettiva di osservazione del

fenomeno.

Il principio metodologico sotteso è quello di triangolazione, tipico delle metodologie qualitative, per il quale

la rilevazione di un realtà complessa richiede l’attivazione e il confronto di più livelli di osservazione per

consentire una ricostruzione articolata e pluriprospettica dell’oggetto di analisi.

La triangolazione consente di calcolare distanze tra punti sfruttando le proprietà dei triangoli; in particolare

la triangolazione geodetica è una tecnica basata sulla determinazione. Si propone pertanto una prospettiva

trifocale, un ideale triangolo di osservazione che assuma come baricentro l’idea stessa di competenza su cui

si basano i diversi punti di vista. Le tre prospettive di osservazione sono quella soggettiva, intersoggettiva

ed oggettiva.

La dimensione soggettiva richiama i significati personali attribuiti dal soggetto alla sua esperienza di

apprendimento.

La dimensione intersoggettiva richiama il sistema di attese, implicito o esplicito, che il contesto sociale

esprime in rapporto alla capacità del soggetto di rispondere adeguatamente al compito richiesto.

La dimensione oggettiva richiama le evidenze osservabili che attestano la prestazione del soggetto e i suoi

risultati, in rapporto al compito affidato e, in particolare, alle conoscenze e alle abilità che la manifestazione

della competenza richiede.

Al centro delle tre prospettive, possiamo collocare l’idea di competenza su cui si fonda la valutazione,

l’insieme dei significati condivisi in merito alla competenza che si vuole rilevare da parte dei diversi soggetti

coinvolti e delle molteplici prospettive di analisi.

Le tre prospettive richiedono strumentazioni differenti:

Riguardo alla dimensione soggettiva ci si può riferire a forme di autovalutazione, attraverso cui coinvolgere

il soggetto nella ricostruzione della propria esperienza di apprendimento e nell’accertamento della propria

competenza: strumenti quali i diari di bordo, le autobiografie, i questionari di autocertificazione;

Riguardo alla dimensione intersoggettiva ci si può riferire alla valutazione e all’osservazione degli altri

soggetti implicati nel processo formativo: gli insegnanti, in primis, gli altri allievi, i genitori ed altre figure

che interagiscono con il soggetto in formazione e hanno l’opportunità di osservarlo in azione. Gli strumenti

possono spaziare da protocolli di osservazione strutturati e non strutturati a questionari o interviste intesi a

rilevare le percezioni dei diversi soggetti, da note e commenti valutativi e forme di codificazione dei

comportamenti osservati nel soggetto in formazione;

Riguardo alla dimensione oggettiva ci si può riferire a strumenti di analisi delle prestazioni dell’individuo:

prove di verifica, più o meno strutturate, compiti di realtà richiesti al soggetto, realizzazione di manufatti o

prodotti assunti come espressione di competenza, selezione di lavori svolti nell’arco di un determinato

processo formativo.

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Al centro delle tre dimensioni, si pone la rubrica valutativa, come dispositivo attraverso il quale viene

esplicitato il significato attribuito alla competenza oggetto di osservazione e precisati i livelli di padronanza

attesi in rapporto a quel particolare soggetto o insieme di soggetti.

PARTE TERZA: ANALISI DI ESPERIENZE DIDATTICHE

1. L’APPROCCIO INDUTTIVO

Un approccio della conoscenza di tipo induttivo si centra sulle modalità di processamento delle

informazioni da parte del soggetto, proponendo un insieme di dati empirici come materiale di partenza,

stimolando le elaborazione di concetti organizzatori. Imparare a pensare induttivamente significa

accompagnare lo studente nell’acquisire una metodologia esperienziale, una modalità di esplorazione della

realtà orientata a formare dei concetti utili a leggere la realtà stessa a ordinarla e classificarla.

Il metodo induttivo richiama il metodo scientifico classico, di stampo galileiano : la definizione del problema

da affrontare, l’osservazione della realtà, l’elaborazione di ipotesi, verifica delle ipotesi, formulazione della

regola generale.

Il ruolo del docente si caratterizza essenzialmente come guida allo sviluppo del processo di elaborazione

concettuale, attraverso la preparazione del materiale da analizzare, l’indicazione dei diversi passaggi, la

conduzione del confronto sociale, lo stimolo a trarre delle conclusioni.

Sostanzialmente si tratta di un processo di problem solving assistito.

Sintesi dei passaggi chiavi:

- Identificazione del dominio di contenuto;

- Raccolta, presentazione ed enumerazione dei dati di realtà;

- Esami dei dati: studiare i dati nell’insieme e identificare i loro attributi;

- Formazione dei concetti per la classificazione;

- Generazione e verifica delle ipotesi;

- Consolidamento e trasferimento: cercare nuovi dati a cui applicare i concetti individuati,

consolidare le abilità attraverso la pratica e l’applicazione.

2 L’APPROCCIO NON DIRETTIVO

Richiama una modalità relazionale che rinvia a Carl Rogers e all’approccio non direttivo che è derivato dalla

sua teoria psicoterapeuta centrata sul cliente. Il focus è spostato sulla dimensione comunicativo-

relazionale. La relazione didattica tra insegnante e allievo è strutturalmente asimmettrico, la qualità della

relazione si ritrova nella gestione flessibile di questa asimmetria. I principi sono:

- L’impiego di una comunicazione non autoritaria, orientata a mettere a proprio agio l’interlocutore;

- La trasmissione di calore e confidenza, finalizzata a incrementare una relazione di fiducia;

- Lo sforzo di comprensione e empatia verso l’altro;

- Lo stimolo verso un’assunzione di responsabilità da parte dell’interlocutore.

Page 21: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

21

Sul piano delle analisi bisogna fornire un supporto alla comprensione della situazione personale dello

studente. Sul piano della risposta è necessario sostenere l’autodeterminazione nell’individuare possibili

soluzioni e nel fornire un feedback. La modalità di ascolto attivo simboleggia efficacemente la messa in atto

delle funzioni indicate.

PASSAGGI CHIAVI DELL’APPROCCIO NON DIRETTIVO:

- Identificazione della situazione problematica;

- Esplorazione del problema;

- Assunzione di consapevolezza del problema: supportare lo studente, sostenere lo sforzo di analisi;

- Identificazioni di percorsi risolutivi: chiarificare le possibili alternative;

- Integrazione e assunzioni di decisioni: fornire un feedback allo studente, facilitare lo sviluppo di

azioni positive ed integrate.

3 L’APPRENDIMENTO COOPERATIVO

Vi sono alcuni principi basi:

- Il valore motivazionale dell’integrazione sociale nel gruppo e, in generale, del lavoro collaborativo;

- La maggiore efficacia dell’apprendimento tra pari, in un contesto di interazione dove le distanze di

età, di status e di esperienze culturali sono minori;

- L’incremento di complessità sociale e cognitiva favorito dall’interazione e da modalità di

costruzione sociale della conoscenza;

- Le ricadute positive di esperienze di cooperazione sull’autostima personale, l’assunzione di

responsabilità, l’accettazione dell’altro e la tolleranza verso la diversità;

- Il clima di fiducia reciproca;

- La specializzazione dei ruoli;

- Lo sviluppo della riflessione critica.

L’insegnante è essenzialmente un supporto al funzionamento del gruppo, in una posizione esterna che

salvaguarda l’autonomia del gruppo. Risulta essenziale la considerazione per cui a cooperare si può solo

imparare.

PASSAGGI CHIAVE DELL’APPRENDIMENTO COOPERATIVO:

- Messa a fuoco di situazioni problematiche, riconoscere il problema, esplorare possibili ipotesi di

soluzione, strutturare un percorso di lavoro;

- Organizzazione del compito e del gruppo: definire i ruoli, analizzare i materiali e le risorse

disponibili, organizzare il lavoro dei gruppi;

- Studio autonomo e di gruppo;

- Analisi del progresso e del processo: presentare il lavoro dei gruppi, valutare i risultati del processo;

- Ripetizione del ciclo di attività: definire indicazioni correttive e migliorative, ripetere il ciclo di fasi

precedenti.

4. LA DIDATTICA PER PROGETTI

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22

La didattica per progetti ha attraversato l’intera storia del pensiero educativo e didattico dello scorso

secolo e s’incrocia con l’attivismo pedagogico sin dai suoi albori.

Possiamo considerare la didattica per progetti un processo sistematico di acquisizione e di transfer di

conoscenze nel corso del quale lo studente anticipa, pianifica e realizza, in un tempo determinato, solo o

insieme a dei pari o sotto la supervisione di un’insegnante un’attività osservabile che risulta, in un contesto

pedagogico, un prodotto finito valutabile.

Tali caratteri evidenziano le potenzialità come reazione ai limiti di astrattezza e di demotivazione tipici della

didattica tradizionale, ovvero la connessione tra scuola e vita, il proporsi come ponte tra l’esperienza di

realtà e i saperi formalizzati. L’insegnante ha un funzione ancora più indiretta, di catalizzatore delle risorse

del gruppo.

Di conseguenza cambia profondamente anche il ruolo dello studente, il quale è chiamato a farsi carico della

realizzazione del progetto, fornendo il proprio contributo all’interno di un disegno collettivo.

Sintesi dei passaggi chiave:

- Individuazione di un bisogno condiviso o problema da affrontare;

- Prefigurazione del traguardo atteso, rintracciabile nell’identificare come risultato la stesura di un

progetto di risistemazione del cortile da sottoporre all’amministrazione comunale;

- Stesura di un disciplinare di incarico, rintracciabile nella precisazione dei vincoli e delle risorse entro

cui elaborare il proprio progetto;

- Definizione delle strategie e degli strumenti;

- Gestione delle fasi di lavoro, rintracciabile nella concreta realizzazione delle diverse fasi di

elaborazione del progetto fino alla presentazione del lavoro finito;

- Controllo e valutazione del lavoro, rintracciabile nella valutazione del prodotto e del processo

condotta dall’insegnante insieme alla classe.

5. IL GIOCO DI RUOLO

Il gioco di ruolo si caratterizza come una metodologia centrata sull’impiego di mediatori analogici, ovvero di

modalità di simulazione del contenuto di realtà oggetto del lavoro didattico: consente un’immedesimazione

dell’esperienza che orienta l’attenzione non solo sul piano cognitivo, ma anche su quello sociale, emotivo,

valoriale.

Si sviluppa l’abilità di problem solving. Viene simulato un evento relazionale, in modo da consentire

un’analisi e riflessione sui ruoli sociali agiti nel corso della simulazione; ciò favorisce una sorta di

distanziamento da parte dei soggetti coinvolti che permette di aiutare criticamente le dinamiche di ruolo,

spesso attivate in modo routinario e inconsapevole e ovviamente condizionate sia da fattori interni

(sistema di valori, credenze) sia da fattori esterni (regole e modelli culturali).

Si ha l’opportunità di immergersi a 360° in molteplici piani di analisi (cognitivo, emotivo, relazionale,

culturale, ecc.).

Il ruolo del confronto sociale, di preparazione, di simulazione vera e propria e quello di riflessione sono

gestite all’interno di un gruppo, con la possibilità di confrontare prospettive, sensibilità, approccio

differenti.

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23

Il docente svolge una funzione essenzialmente indiretta, di regia ed accompagnamento del percorso nelle

varie fasi. Un problema potenziale può riguardare la difficoltà a mettersi in gioco da parte degli allievi,

soprattutto se adolescenti o adulti, requisito essenziale per sviluppare il percorso metodologico.

Passaggi chiavi:

- Fase di riscaldamento, finalizzata a creare le condizioni per attivare il gioco di ruolo, spiegando il

role playing;

- Scelta dei partecipanti, rintracciabile nel momento in cui viene stabilito chi parteciperà alla partita

simulata;

- Definizione della scena: definire linee d’azione, specificare i ruoli, entrare nella situazione

problematica;

- Preparazione degli osservatori: decidere cosa osservare, assegnare compiti di osservazione;

- Recitazione, rintracciabile nella prima simulazione della partita

- Riflessione critica

- Ri-recitazione, se necessaria, rintracciabile nella seconda simulazione della partita con

l’introduzione dell’arbitro: suggerire nuove passi o alternative di comportamento;

- Riflessione critica;

- Condivisione dell’esperienza e generalizzazione: l’insegnante invita ad allargare lo sguardo a

problematiche più generali rispetto alla specifica condizione del gioco di gruppo.

6. L’INSEGNAMENTO RECIPROCO

Si tratta di una modalità operativa, con cui Collins e Brown Newman presentano la metodologia didattica

dell’apprendistato cognitivo, ovvero l’apprendimento di competenze cognitive complesse, quali il saper

leggere, il saper risolvere un problema, il saper elaborare un testo. Le caratteristiche peculiari sono:

L’imparare facendo, la possibilità di disporre di un modello esperto, la scomposizione di un compito

complesso nelle sue componenti chiave, la progressiva autonomia del soggetto, il ruolo di feed-back al

modello esperto.

Nell’esperienza proposta questa metodologia viene applicata per promuovere l’apprendimento di alcune

capacità strategiche connesse alla comprensione del testo: formulare domande sul testo, riassumerne i

tratti essenziali, anticiparne gli sviluppi, chiarire le difficoltà linguistiche, utilizzando gli indizi testuali, ossia

abilità di secondo livello.

L’insegnante si pone come modello esperto. L’espressione insegnamento reciproco indica la struttura di

fondo della metodologia: in una prima fase è l’insegnante che offre un modello esperto della prestazione

richiesta; successivamente gli allievi assumo il ruolo di insegnante in cui sostituiscono il modello esperto

nello svolgere una determinata prestazione.

L’insegnante deve:

- in primis fornire un modello esperto di una determinata prestazione: modelling

- fornire un’impalcatura allo studente per esercitare autonomamente la propria competenza

(scaffolding)

- assiste lo studente nella sua prestazione, incoraggiando e fornendo suggerimenti (fading)

- monitora l’attività dello studente e fornisce un feed-back sulla sua prestazione (monitoring).

Page 24: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

24

Passaggi chiave:

- indicazione del compito da svolgere e dei relativi traguardi formativi, rintracciabile nella fase

introduttiva del racconto;

- esecuzione del compito da parte del soggetto esperto;

- esplicitazione dei processi logico-cognitivi e operativi richiesti al compito

- richiesta all’allievo di svolgere il compito richiesto, rintracciabile nell’invito rivolto a un’allieva di

fare l’insegnante;

- assistenza e sostegno allo svolgimento del compito da parte dell’allievo;

- riflessione sulla prestazione svolta;

- prosecuzione del lavoro con gli altri componenti del gruppo;

- consolidamento e trasferimento della competenza agita ad altre situazioni.

7. L’APPROCCIO METAFORICO

La metafora si caratterizza per andare oltre il significato letterale di un determinato termine ed una

determinata espressione ed evocare sensi ulteriori, plurali: da qui il suo valore sul piano didattico, uno

stimolo a rompere gli schemi di risposte abitudinarie, l’uso stereotipato di concetti o di codici comunicativi,

un approccio lineare alla conoscenza.

Le caratteristiche sono:

- Valore della creatività come risorsa cruciale per qualsiasi attività;

- L’insegnabilità del processo creativo.

L’educare alla creatività sollecita una maggiore tolleranza verso l’altro, invitando a considerare una pluralità

di punti di vista e ad accertare anche soluzioni che vanno oltre i propri schemi logici o operativi.

Lo strumento della metafora viene utilizzato come amplificatore della creatività, alla ricerca di rapporti

logici inediti e non banali: i dispositivi metaforici sono di tre tipi:

1. Le analogie diverse, come il confronto tra due concetti o oggetti spesso distanti sul piano

semantico;

2. Analogie personali, come l’identificazione del concetto o oggetto con se stessi;

3. Conflitto semantico, come descrizione di un oggetto o concetto attraverso due parole in tensione

semantica tra loro (incubo bellissimo).

L’insegnante esercita un ruolo animativo. A volte lo stimolo alla divergenza e all’apertura rischia di far

perdere il filo.

Sintesi dei passaggi:

- Analisi e problematizzazione della situazione esistente;

- Uso di analogie dirette, rintracciabile sull’invito dell’insegnante a esprimersi su come sarebbe la

poesia se fosse un’automobile o la giraffa: stimolare e mettere in relazione tra loro i concetti,

valorizzare le proposte degli allievi e selezionare quelle più funzionali al proprio progetto;

- Uso di analogie personali, rintracciabile nell’invito dell’insegnante a esprimersi su come ci si sente

sopra;

Page 25: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

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- Uso del conflitto semantico, rintracciabile nell’invito dell’insegnante a pensare la poesia come

giraffa e lumaca: stimolare conflitti semantici;

- Riesame del compito originale, rintracciabile dell’invito dell’insegnante scrivere poesie alla luce del

lavoro svolto;

8. L’APPROCCIO METACOGNITIVO

È orientato a promuovere nell’allievo una maggiore consapevolezza della sua esperienza di apprendimento,

sia in rapporto a quanto ha acquisito, sia in rapporto a come lo ha acquisito.

Le parole chiave di un approccio metacognitivo sono:

- Consapevolezza

- Memoria

- Responsabilità

- Autonomia

- Condivisione

Consapevolezza, in quanto è proprio della metacognizione andare oltre l’esperienza di apprendimento e

promuovere una riflessione su essa.

La memoria è la condizione per consentire la comprensione più profonda del sapere, la possibilità di

ritornare sul proprio percorso, lo stimolo a tenere traccia dei propri pensieri.

Responsabilità in quanto un presupposto dei processi metacognitivi consiste in un atteggiamento più attivo

da parte del soggetto in merito al proprio apprendimento e quindi l’autonomia.

Condivisione in quanto il senso ultimo di un lavoro metacognitivo è una sorta di alleanza tra insegnante e

allievo, attraverso una comune responsabilità, pur nel rispetto dei ruoli, nello sviluppo del processo di

apprendimento.

L’insegnante lavora sul senso dell’esperienza di apprendimento per l’allievo, deve sollecitare la sua

assunzione di responsabilità e autonomia, promuovere un atteggiamento riflessivo e critico.

Passaggi chiave:

- Chiarezza sul significato e sui traguardi formativi del percorso, rintracciabile nelle istruzioni per

l’apprendimento fornite dall’insegnante nella fase preliminare;

- Sviluppo di modalità di documentazione del lavoro fatto che facilitino una sua rivisitazione in una

fase successiva;

- Sollecitazione di modalità autovalutative sul processo di apprendimento e sui suoi risultati;

- Confronto e condivisione in classe delle riflessioni compiute, rintracciabile nella socializzazione fatta

in classe di alcune autovalutazioni;

- Impulso a impiegare in senso proattivo la riflessione sulla propria esperienza;

- Utilizzo da parte dell’insegnante del processo riflessivo per rivedere la propria azione e per

riprogettare.

Page 26: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

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PARTE QUARTA: SEZIONE ANTOLOGICA

1. David Ausubel, tipi di apprendimento

I ricercatori hanno sempre riconosciuto alcuni tipi di apprendimento come:

- L’apprendimento per prova ed errore

- La discriminazione

- Il processo associativo di comparazione

- La concettualizzazione

- La risposta condizionata.

In realtà è preferibile parlare di apprendimento per scoperta o ricezione passiva. La caratteristica essenziale

dell’apprendimento mediante scoperta è che il contenuto da apprendere non è dato ma è scoperto dallo

studente. Il compito primario e specifico è quindi scoprire qualcosa. Per lo più, la maggior parte delle

materie di studio è acquisita mediante assimilazione, mentre i problemi quotidiani si risolvono con la

ricerca personale. Entrambi i tipi di apprendimento possono essere meccanici o dovuti ad un’elaborazione

concettuale, a seconda delle condizioni in cui si verifica l’apprendimento. L’apprendimento meccanico si

verifica quando si ha un’associazione puramente arbitraria, come per le prove con coppie associate di

elementi, puzzle, labirinti e memorizzazione di elenchi.

2. Massimo Baldacci, Unità di apprendimento

Per un’unità di apprendimento bisogna intendere un’espressione categoriale. È possibile distinguere tra

unità di apprendimento più analitiche o molecolari e unità di apprendimento meno analitiche o molari (o se

si preferisce elementare/complessa). La differenza in questione non è di qualità, ma di grado.

Si può distinguere un duplice percorso di scelta degli obiettivi formativi, il primo va dall’esperienza degli

alunni agli obiettivi, il secondo dagli obiettivi all’esperienza degli alunni. Vengono denominate induttive le

unità di apprendimento la cui scelta degli obiettivi formativi parte dall’esperienza degli alunni e deduttive,

quelle in cui tale scelta decolla dagli obiettivi specifici delle discipline.

3. Jerome Bruner, Caratteristiche fondamentali dello sviluppo intellettuale

1. La crescita è caratterizzata da una crescente indipendenza della risposta dalla natura immediata

dello stimolo;

2. Lo sviluppo è basato sull’interiorizzazione di eventi in un sistema di conservazione che corrisponde

all’ambiente;

3. Lo sviluppo intellettuale implica la crescente capacità dell’individuo di dire a se stesso e agli altri,

attraverso parole o simboli, quello che ha fatto e quello che farà;

4. Lo sviluppo intellettuale dipende da un’interazione sistematica e contingente tra un educatore e un

educando;

Page 27: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

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5. L’insegnamento è enormemente facilitato dal linguaggio, che finisce per essere non solo il mezzo

per lo scambio, ma lo strumento che lo stesso discente può usare in seguito, per organizzare

l’ambiente.

6. Lo sviluppo intellettuale è caratterizzato da una capacità crescente di considerare simultaneamente

diverse alternative, di tener presenti diverse connessioni durante lo stesso periodo di tempo, e di

suddividere il tempo e l’attenzione in modo adeguato a queste molteplici richieste.

4. Paolo Calidoni, Grammatica, sintassi e semantica dell’insegnamento

La linguistica è diventata descrittiva e storica: popone di esplicitare le convenzioni che rendono efficace la

comunicazione. Il livello/la concezione sintattica consiste nell’individuazione di criteri di riferimento di

discorso didattico considerato come itinerario curricolare articolato.

Grammatica, sintassi e semantica dell’insegnamento-apprendimento rappresentano livelli complementari,

tutti necessari nella pratica e nella ricerca didattica.

5. Dino Cristanini, Il progetto didattico

Lavorare per progetti è da tempo una delle caratteristiche didattiche peculiari della scuola dell’infanzia e

della scuola elementare.

Gli elementi fondamentali in relazione al concetto di progetto sono:

1. La trasversalità: il progetto didattico è per sua natura multidisciplinare o pluridisciplinare o

interdisciplinare. Il rapporto tra le discipline scolastiche può riguardare:

- Gli obiettivi didattici;

- I contenuti;

- I concetti;

- I metodi di riferimento;

- I processi mentali e le competenze

2. L’elemento di connessione-integrazione. L’unitarietà del progetto viene garantita da uno o più

fattori di integrazione e connessione:

- Lo sfondo metaforico;

- Lo sfondo narrativo;

- Lo sfondo realistico.

3. La collaborazione tra i docenti. Lavorare per progetti richiede innanzitutto la disponibilità al lavoro

in comune, e quindi la stima reciproca, la capacità di ascolto, di dialogo e di mediazione, la voglia di

realizzare insieme qualcosa di importante.

4. Il protagonismo degli alunni. Il progetto può rappresentare un’importante leva motivazionale per

gli alunni, che diventano protagonisti nella costruzione dei propri percorsi di formazione. Il

progetto, in genere stimola i processi cognitivi di tipo superiore (ideazione, ragionamento, problem

solving.

6. Elio Damiano, L’operatore didattico e i mediatori didattici

L’operatore didattico è l’insieme degli interventi pertinenti all’azione dell’insegnare. Esso agisce come

dispositivo di trasformazione dei contenuti.

Page 28: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

28

I mediatori:

- Si dispongono fra la realtà e la rappresentazione;

- Trasferiscono l’esperienza diretta dal contesto originario esterno all’interno dello scenario

predisposto per l’insegnamento;

- Non valgono per sé, ma per la loro natura rimandano a qualcos’altro;

- Stanno a garantire condizioni di sicurezza alla libera manipolazione degli oggetti culturali;

- Regolano la distanza analogica tra il soggetto in apprendimento e l’oggetto culturale.

I tipi fondamentali di mediatori sono:

- Mediatori attivi, che fanno ricorso all’esperienza diretta;

- Mediatori iconici, che contano sulla rappresentazione propria del linguaggio grafico e spaziale;

- Mediatori analogici, in senso stretto, i quali si esprimono attraverso i giochi di simulazione;

- Mediatori simbolici, infine, che consistono nei codici di rappresentazione più arbitrari,

convenzionali e universali come i concetti.

7. Gérard De Vecchi – Nicole Carmona-Magnaldi, Costruire è evolvere in profondità

Costruire un sapere significa cambiare. Per quanto riguarda il discente, costruire un sapere è prendere

coscienza che si è i soli a poterlo fare. Creare un modello didattico coerente non significa “sotto mettere gli

altri”, come fa l’insegnamento tradizionale, bensì di “sottomettere agli altri”, affinchè ciascuno possa

attraverso un’analisi critica, scegliere quale direzione prendere nel proprio cammino. Pertanto l’insegnante

deve prendersi dei rischi controllati.

8. John Dewey, Se esiste e in che cosa consiste la scienza dell’educazione

La realtà ultima della scienza dell’educazione non si trova nei libri, né nei laboratori sperimentali, né nelle

aule scolastiche dove la si insegna, ma nelle menti di coloro che dirigono le attività educative. È utile

distinguere tra le fonti della scienza dell’educazione e il suo contenuto scientifico. Le pratiche

dell’educazione forniscono i dati, gli argomenti che costituiscono i problemi dell’indagine. Non esiste una

scienza che sia indipendente dall’educazione.

9. Gaetano Domenici, Validità ed attendibilità delle rilevazioni

La validità esprime il grado di corrispondenza fra una rilevazione, una misura, un giudizio e l’oggetto

specifico cui si riferiscono. Uno strumento di misura sarà quindi valido quando gli esiti della rilevazione che

con esso si registrano risultano congruenti con gli scopi che si vogliono perseguire.

Il coefficiente di validità di una prova può essere determinato facendo riferimento a criteri interni

(validazione fattoriale, di costrutto, di contenuto) o a criteri esterni alla stessa.

Una rilevazione è attendibili quando è talmente accurata sul piano metrologico da risultare costante, la

stessa, chiunque sia il soggetto che la rileva e quando.

10. John Elliott, Ricerca-azione come riflessione sulla pratica

Nella ricerca-azione, nel decidere che cosa fare in una data circostanza, gli insegnanti non solo acquisiscono

una maggiore chiarezza sui metodi, ma anche sui valori.

Page 29: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

29

Quando l’insegnante riflette su una propria pratica, non fa solo una ricerca empirica, ma svolge anche

un’attività di tipo filosofico, nella quale cerca di chiarire quali sono gli obiettivi. La pratica migliora con la

riflessione su quanto si va facendo. Nella ricerca-azione è l’insegnante stesso che avvia un processo di

cambiamento in base alle riflessioni sulla propria pratica didattica.

11. Yrjò Engestrom, I limiti dell’apprendimento scolastico

Quando il testo diventa l’unico oggetto di conoscenza, le risorse strumentali dell’attività si impoveriscono.

Questo impoverimento strumentale produce quello che Resnick chiama “il pensiero su simboli distaccati

dal referente”.

12. Herbert Franta – Anna Rita Colasanti, Comprendere il vissuto esperienziale degli allievi: l’ascolto

attivo

Nel relazionarsi agli altri, le persone sono spinte e sostenute da unità motivazionali (bisogni, interessi, ecc.)

e costantemente sperimentano vissuti che influenzano, più o meno consapevolmente, il loro agire e il loro

modo di rapportarsi alle diverse situazioni.

L’ascolto attivo è molto utile all’insegnante. Tramite esso, infatti, è possibile facilitare agli allievi a chiarirsi

cognitivamente ed emotivamente, mettendoli in condizione di affrontare con più consapevolezza le diverse

situazioni.

L’ascolto si presenta come un momento complesso in cui possono distinguersi diversi momenti: ricezione

dei messaggi verbali e non verbali; decodifica e lettura di essi; supporto verbale come segue:

- Ricezione dei messaggi verbali e non verbali e controllo delle proprie esperienze;

- Decodifica e lettura dei messaggi nella loro interezza: comprensione empatica;

- Comportamento di supporto: l’insegnante sostiene e incrementa, con i suoi interventi, la

comunicazione degli allievi.

Le forme di supporto proattive che incrementano la comunicazione degli allievi sono:

- parafrasare: riformulare i concetti essenziali;

- verbalizzare: una forma di supporto verbale;

- chiarificare;

- esplorare le conclusioni: l’insegnante sottolinea la natura delle relazioni che intercorrono tra le

premesse e le conclusioni;

- strutturare la comunicazione;

- personalizzare.

13. Mauro Laeng, Pedagogia

La pedagogia è nata come riflessione sul fatto educativo che presenta aspetti diversi:

- Bio-psichici e psico-sociali

- Antropologico-culturali

- Storici

- Economici

- Giuridici

Page 30: Didattica Generale Milito Castoldi (1)

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- Filosofici

- Teologici.

L’unità del sapere pedagogico presenta l’unità funzionale di diverse discipline.

14. Cosimo Laneve, L’Esperienza didattica

La pratica didattica comprende: i valori dell’azione diretta, dell’intuizione, del buon senso, della capacità

personale di giudizio, del potere di decisione.

Le esperienze della vita insegnativa si configurano come un ricco e fecondo patrimonio da conservare,

tutelare, valorizzare, come beni didattici. Ma la documentazione scolastica presenta spesso limiti di

attendibilità. Il materiale da selezionare dovrebbe, certo, riguardare i diari e i giornali di classe degli

insegnanti, le loro relazioni mensili e annuali, i registri degli allievi.

L’archivio dovrebbe permettere di consolidare l’identità della singola scuola e del suo corpo docente,

inserendo quest’ultimo in una trama di operatività più vasta.

Uscire da limitazioni significherebbe valorizzare il carattere di trasferibilità di un’esperienza.

15. Bruno Losito – Graziella Pozzo, Una strategia per il cambiamento professionale

Con il termine ricerca-azione si indica ciò che succede quando un insegnante decide di condurre una ricerca

nel proprio contesto per cercare di cambiare una situazione data. La dimensione pratica ha un’importanza

fondamentale. Essa si basa sull’osservazione e su una raccolta sistematica dei dati al fine di comprendere

meglio la situazione investigata. Essa è caratterizzata da:

- Coinvolgimento in prima persona;

- Scopo pratico e ricaduta immediata;

- Riflessività;

- Sistematicità: un’osservazione sistematica della situazione all’interno di un piano d’azione

articolato in fasi, tempi e obiettivi;

- Integrazione di teoria e prassi;

- Dimensione collaborativa;

- Doppio ruolo: insenante e ricercatore. L’insegnante attiva un doppio canale: mentre insegna, si

pone obiettivi, svolge un programma, da compiti, interroga e valuta; contemporaneamente

investiga e esplora gli assunti e le motivazioni del proprio agire;

- Unicità del contesto e non generalizzabilità: la ricerca azione studia casi che sono unici.

Nella ricerca azione l’agito viene investigato per essere meglio capito, in quanto studia la natura del

processo di apprendimento nel rapporto pratica-riflessione.

16. Joseph Nowak, Una teoria dell’educazione

L’educazione, in qualsiasi ambito rappresenta una sfida molto complessa. Educare è più che una scienza, è

anche un’arte. Richiede capacità di giudizio, sensibilità e valori. Lo scopo principale dell’educazione è quello

di consentire a chi impara di farsi carico della propria personale costruzione di significato. La costruzione di

significato coinvolge i pensieri, i sentimenti e le azioni, e quindi i tre aspetti vanni integrati all’interno di un

nuovo apprendimento significativo e, in particolare, di una nuova creazione di conoscenza.

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I cinque elementi da considerare sono:

1. L’alunno

2. L’insegnante

3. Le conoscenze

4. Il contesto

5. La valutazione.

Altri due fattori entrano in gioco nella didattica: il denaro e il tempo.

Qualsiasi evento educativo rappresenta un’azione condivisa per cercare uno scambio di significati ed

emozioni tra l’alunno e il docente. Questo scambio o negoziazione diventa emozionalmente positivo e

intellettualmente costruttivo quando gli studenti allargano le proprie conoscenze rispetto a una porzione di

sapere e di esperienza.

L’apprendimento significativo pone le basi per un’integrazione costruttiva di pensieri, sentimenti e azioni,

favorendo l’empowerment finalizzato all’impegno e alla responsabilità.

17. Marco Orsi, La piramide spezzata e la piramide rovesciata

La scelta di considerare l’aula cuore dell’organizzazione scolastica, ci consente di ripensare la struttura e la

rappresentazione organizzativa della scuola. La prospettiva corrente è ancora legata alla configurazione

piramidale che vede il vertice capace di incidere sulla base. Per tale ragione parliamo di piramide spezzata:

al vertice si impartiscono comandi, si danno direttive, si tentano coinvolgimenti progettuali, ma la base

spesso reagisce in termini difensivi, sfuggendo, creando per questo legami deboli che sono una

caratteristica saliente dell’organizzazione- scuola.

Nel Progetto senza zaino, il tentativo è volto a ristabilire canali di comunicazione che tendono a radicare

nuovamente la scuola nei mondi vitali, trovando nella dimensione dell’aula un luogo di centralità. Si parla di

piramide rovesciata, al cui vertice in basso troviamo il dirigente scolastico, visto come leader educativo, il

sto staff di collaboratori, il suo team amministrativo. In questa visione il back office è orientata al servizio

della parte front, dell’aula intesa come cuore dell’organizzazione scolastica. Risorse finanziarie e

professionali, iniziative: tute le energie che l’organizzazione può mettere in campo sono indirizzare all’aula.

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Le questioni da tener presenti sono:

- La dimensione della popolazione

- I tempi

- Lo spazio

- Le modalità del raggruppamento

- Esigenze di controllo, sorveglianza, trasmissività: l’istituzione scolastica moderna nasce anche per

controllare, sorvegliare, trasmettere.

L’aula deve essere pensata come un riferimento identitario, la “casa base” nella quale il singolo alunno e il

gruppo degli allievi trovano un riferimento costante.

18. Michele Pollerey, Le competenze di Michele

È necessario parlare di competenza e/o conoscenza distribuita. La comunità formata dalla classe dovrebbe

permettere un’integrazione positiva tra le risorse interne di ciascuno studente e quelle esterne. Tra le

risorse esterne si possono considerare tutti i riferimenti possibili, sia fisici (cartacei, come libri, dispense,

appunti, oppure multimediali), sia umani (in presenza o mediati da sistemi di comunicazione a distanza). La

competenza si estende ad una capacità di valorizzare non solo il proprio patrimonio ma anche, e talora

soprattutto, tutte le risorse che possono essere raggiunte sia direttamente, sia in forma mediata.

19. Philippe Perrenoud, Concepire l’approccio ai saperi come risorse da mobilitare

Un approccio per competenze chiarisce la funzione dei saperi nell’azione: esse costituiscono delle risorse

per identificare e risolvere problemi, preparare e prendere decisioni. La formazione di competenze richiede

una piccola “rivoluzione culturale”, per passare da una logica dell’insegnamento ad una logica

dell’allenamento (coaching) sulla base di un postulato abbastanza semplice: le competenze si costruiscono

esercitandosi sulla base di situazioni d’insieme complesse.

SI presuppongono importanti cambiamenti di identità:

- Non considerare il rapporto pragmatico con il sapere come un rapporto inferiore;

- Accettare il disordine, l’incompletezza, l’approssimazione dei saperi mobilitari come caratteristiche

proprie della logica d’azione.

- Rinunciare sia al piacere della dimostrazione brillante, sia alla parola ex cathedra

- Avere una pratica personale nell’utilizzo dei saperi nell’azione. Una pedagogia delle competenze

richiede una trasposizione didattica sia delle pratiche sociali, sia dei saperi eruditi contestualizzati.

20. Clotilde Pontecorvo, Pensare insieme nel discorso collettivo: la co-costruzione della conoscenza

Pensare insieme significa co-costruzione del ragionamento. Essa si manifesta con una notevole varietà di

forme conversazionali. È espressa in forma estrema nella sentential cooperation, cioè nel fenomeno di

cooperazione nel completamento dell’asserzione.

Un’altra forma di co-costruzione è data dalle interazioni di tipo ellittico, nel senso in cui Vygotskij parla del

linguaggio interno o del linguaggio tra due interlocutori che condividono l’oggetto del loro pensiero-

discorso.

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Infine, un esempio di co-costruzione è offerto dalla ripresa più o meno esplicita di un tema introdotto da un

altro interlocutore, allo scopo di apportarvi delle piccole aggiunte, variazioni o integrazioni.

21. Lauren Resnick, In cosa differisce l’apprendimento scolastico da altri tipi di apprendimento

La forma dominante di apprendimento e prestazione nella scuola è quella individuale: anche se

occasionalmente si fanno svolgere attività di gruppo di vario genere.

L’uso intensivo di strumenti è solo uno degli aspetti in cui le attività di pensiero extra-scolastiche sono

coinvolte col mondo materiale, più di quelle che hanno luogo a scuola. L’uso di strumenti non è solo un

modo con cui persone con istruzione limitata possono partecipare a sistemi di attività cognitivamente

complessi; è anche un modo di accrescere le capacità di persone molto istruite.

L’apprendimento scolastico, invece, è normalmente basato su simboli, infatti le connessioni con gli eventi e

gli oggetti simbolizzati vanno perdute.

Fuori dalla scuola, le persone sono continuamente impegnate ad agire con oggetti e situazioni che per loro

hanno significato. L’attività mentale ha senso in relazione ai risultati che è in grado di conseguire in una

circostanza specifica; le azioni sono fondate nella logica delle situazioni reali. A scuola, invece, l’attività

simbolica tende a distaccarsi da qualsiasi contesto significativo. L’apprendimento scolastico si riduce al

problema di imparare le regole di trattamento dei simboli e di parlare e scrivere secondo tali regole.

22. Dominique Simone Rychen, Significato di competenze chiava

Le competenze chiave contribuiscono a risultati di grande valore a livello individuale e sociale, in termini di

vita realizzata in tutta la sua durata e di buon funzionamento della società. Ricoprono un ruolo funzionale al

soddisfacimento di richieste importanti e complesse e di sfide in un ampia gamma di contesti e sono

importanti per tutti gli individui.

23. Donald Alan Schon, Riflessione nel corso dell’azione

Il know-how è nell’azione. Vi sono azioni, riconoscimenti e giudizi che sappiamo spontaneamente

effettuare, non dobbiamo pensarci sopra prima o durante lo svolgimento; siamo inconsapevole di averle

imparate. Il conoscere nell’azione è la forma caratteristica della conoscenza pratica comune.

24. Marianella Sclavi, Due tipi di narrazione

Una brava insegnante mentre sempre l’interculturalità tra sé e i suoi studenti. L’unità minima di

osservazione, in questo modo di guardare, non è mai l’azione, ma la reazione all’azione.

Insegnante-studente

25. Cesari Scurati, Discussione

La validità dei modelli formali in didattica appare connessa a tre condizioni fondamentali:

1. Impiego primario nei confronti della teoria, come strumento per la costruzione e il controllo di

elaborazioni fondate, coerenti e congruenti;

2. Impiego prevalentemente critico-analitico nei confronti della pratica e conseguente rinuncia ad un

utilizzo in direzione anticipativo-deterministica;

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3. Impiego sussidiario e non sostitutivo nei confronti dell’azione didattica in quanto evento

relazionale.

È in gioco la concezione stessa della didattica che è il modo di strutturarsi dell’esperienza unitaria e totale

dell’educatore.

26. Paul Weeden – Jan Winter – Patricia Broadfoot, In che modo l’autovalutazione aiuta gli allievi ad

apprendere?

Il processo di autovalutazione può aiutare gli allievi a riflettere sul loro apprendimento e a comprenderlo

meglio. Significa condividere con gli allievi la comprensione degli obiettivi da raggiungere. DI conseguenza

diventa più impegnati ed efficaci: imparano a riflettere sui propri risultati e dunque e a migliorarli.

L’autovalutazione può essere descritto come un processo di revisione che induce lo studente a:

- Riflettere sull’esperienza passata;

- Cercare di ricordare e comprendere ciò che è accaduto;

- Tentare di giungere ad un’idea più chiara di ciò che ha appreso o dei traguardi che ha raggiunto.

È evidente che gli allievi siano più responsabili e coinvolti nel loro stesso apprendimento. Perciò

l’autovalutazione è strettamente legata alla valutazione per l’apprendimento piuttosto che alla valutazione

dell’apprendimento.

Esso serve per individuare il divario tra il rendimento attuale e quello desiderato e di fornire sostegno

all’allievo nel colmare il divario. Gli insegnanti possono essere d’aiuto lavorando con gli allievi per

sviluppare le abilità richieste, accrescendo le capacità metacognitive. La metacognizione implica la

comprensione e la consapevolezza del proprio apprendimento.

L’autovalutazione tende ad essere ipsativa (la valutazione viene confrontata con i precedenti risultati

dell’allievo) piuttosto che normativa (confrontata con i risultati di altri allievi). L’autovalutazione permette

gli allievi di condividere le informazioni con i propri insegnanti in maniera più significativa, e così rendersi

conto di avere un ruolo nel processo decisionale relativo al proprio apprendimento.