Diario Missionario n.35

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M i s s i o n a r i o 35 Ottobre 2010 Foglio di corrispondenza con i missionari Partendo dalle parole di un bramino. «Lo spirito di Cristo è uno spirito universale. Quando voi cristiani riuscirete a vivere questo spirito, diventerete fratelli di tutti, del mondo, e nessuno vi rifiuterà. Sarete rifiutati, invece, e non sarete riconosciuti, quando parlerete troppo nel nome di Cristo, senza rendere trasparente, nelle vostre parole e nelle vostre azioni, il suo spirito. Forse ciò che dovrete fare è proprio questo: parlare di meno in nome di Gesù e vivere di più secondo il suo spirito». G. Ramachandran Ramachandran era un anziano bramino. Disse queste parole lentamente, spiccandole, pesandole, quasi gli costasse sofferenza il pronunciarle. Già il suo maestro e amico, Gandhi, aveva conosciuto la profonda amarezza di non incontrare con la dovuta frequenza e luminosità sul suo cammino di testimone di fraternità i compiaciuti discepoli dell’Unico,Vero, Fratello Universale. Nigrizia ottobre 2010 Suor M. Cristina Pesavento Cairo Egitto P. Emilio Baldin Cali Colombia Indirizzo: Diario Missionario C/O Parrocchia San Lorenzo piazza Prandina – 35010 San Pietro in Gu – (PD) - ITALIA email: [email protected]

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M i s s i o n a r i o

n°35 Ottobre 2010

F o g l i o d i c o r r i s p o n d e n z a c o n i m i s s i o n a r i

Partendo dalle parole di un bramino. «Lo spirito di Cristo è uno spirito universale. Quando voi cristiani riuscirete a vivere questo spirito, diventerete fratelli di tutti, del mondo, e nessuno vi rifiuterà. Sarete rifiutati, invece, e non sarete riconosciuti, quando parlerete troppo nel nome di Cristo, senza rendere trasparente, nelle vostre parole e nelle vostre azioni, il suo spirito. Forse ciò che dovrete fare è proprio questo: parlare di meno in nome di Gesù e vivere di più secondo il suo spirito».

G. Ramachandran

Ramachandran era un anziano bramino. Disse queste parole lentamente, spiccandole, pesandole, quasi gli costasse sofferenza il pronunciarle. Già il suo maestro e amico, Gandhi, aveva conosciuto la profonda amarezza di non incontrare con la dovuta frequenza e luminosità sul suo cammino di testimone di fraternità i compiaciuti discepoli dell’Unico,Vero, Fratello Universale.

Nigrizia ottobre 2010

Suor M. Cristina Pesavento Cairo Egitto

P. Emilio Baldin Cali Colombia

Indirizzo: Diario Missionario C/O Parrocchia San Lorenzo piazza Prandina – 35010 San Pietro in Gu – (PD) - ITALIA email: [email protected]

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Colombia Cali

P. Emilio Baldin Carissimo Giorgio e amici del gruppo missionario, Un cordiale saluto dalla Colombia. Quando arrivai in Sierra Leone i padri anziani mi consigliarono di stare in silenzio durante il primo anno. Dovevo osservare, ambientarmi, imparare e guardare per me le critiche, i progetti, e le mie osservazioni. É quello che ho cercato di fare anche in Colombia. Dopo un anno vi scrivo per raccontarvi come ho vissuto questo mio primo anno. Questo mio primo anno l’ho vissuto quasi sempre nel quartiere dove i saveriani prestano il loro servizio pastorale. Durante i primi mesi per uscire di casa avevo bisogno di qualcuno che mi accompagnasse ora mi muovo solo, e senza paura. Per strada saluto tutti e mi prendo il tempo per scambiare quattro chiacchiere. Di sera usciamo solo se accompagnati. I saveriani sono presenti in questo quartiere da 25 anni. All’inizio gli abitanti erano “desplazados” che fuggivano dall’interno a causa della guerriglia e della violenza. Occuparono queste terre dove si coltivava riso: una laguna di acqua e fango. Oggi los desplazados sono pochi. C’è un gruppo grande di residenti fissi, mentre grande è il movimento della popolazione che viene e che va. Le strade sono quasi tutte cementate e sono illuminate. Dentro le case, anche se umili, si trovano il telefono,la televisione e spesso l’ internet. La comunicazione con la città è buona. Dopo le difficoltà dei primi mesi mi sento ormai inserito e parte della vita di questa comunità anche se mi rimane molto da capire e da imparare.

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Un fenomeno che si è sviluppato in maniera visibile e quasi capillare dagli anni 80 è il moltiplicarsi delle sette e chiese evangeliche. Cominciano nei garage e un poco alla volta si sviluppano e si moltiplicano. Ormai è difficile incontrare una famiglia totalmente cattolica. Nel territorio della parrocchia queste chiese sono molte. Sono comunità senza una tradizione, centrate sulla figura del pastore e con una predicazione che tocca le fibre deboli dell’affettività e della paura esistenziale: malattie, demoni, possessioni, disgrazie... Alcune chiese si presentano bene e attraggono molti giovani. La Chiesa cattolica è una presenza forte nella società colombiana e se da una parte ci sono gruppi di base vivi e dinamici dall’altra c’è una chiesa paurosa, che gestisce la religiosità popolare, o i movimenti neo conservatori. Anche nella nostra comunità parrocchiale è presente sia la religiosità popolare come le comunità di base. Abbiamo tredici piccole comunitá cristiane, che si radunano tutte le settimane per la lettura e la condivisione del vangelo della domenica. Stiamo pensando di aiutarle con un cammino suggerito dal sistema integrale della nuova evangelizzazione. Nel nostro distretto di “Agua blanca” c’è una suora francescana che da anni sta lottando per aiutare i ragazzi di strada, i ragazzi che formano le bande violente, i giovani drogati, le ragazze madri. Ha formato una organizzazione che si chiama “Francesco speranza” Nel distretto hanno dieci case aperte per accogliere chi vuole riscattarsi e inserirsi in un cammino di ristrutturazione della personalità. Ha formato un buon gruppo di giovani, molti di loro ex, che lavorano in strada e vanno nei luoghi di incontro della droga o della violenza. 1500 sono i giovani che hanno lasciato la vita della droga e della violenza e 500 sono in processo. La suora è

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stata minacciata a morte parecchie volte, ma nonostante le minacce la trovi dovunque. Ci sono segni di speranza che anche se piccoli, sono presenza di Cristo in questo quartiere. Questa presenza aiuta noi tutti a continuare a lavorare nella certezza che alla fine la ultima parola é quella della resurrezione. Per celebrare i 25 anni della parrocchia vorremmo ristrutturare la chiesa, cioè renderla un po’ più accogliente e spaziosa. Attualmente é un capannone, non molto alto con il tetto di zinco (puoi capire il calore che tutti patiamo durante le funzioni!) Vorremmo sistemare il presbiterio, cambiare i banchi, mettere un doppio tetto per il caldo, allargare il tetto laterale e, se ci riusciamo ristrutturare, una stanza come luogo dell’adorazione e la preghiera personale. Con umiltà condivido con voi questa mia esperienza con la speranza di aiutarci a vivere con positività la nostra vita semplice di tutti i giorni caratterizzata dalla ordinarietà e sulla semplicità. Ci aiutiamo a lavorare perché Cristo sia conosciuto e amato. Quando ero alle mie prime armi come sacerdote in Spagna cantavamo una canzone con le parole di Tagore (poeta bengalese e premio Nobel della letteratura) che dicevano: “Dormivo..., dormivo e sognavo che la vita era gioia. Mi svegliai e mi resi conto che la vita era servire... e servire era gioia”. Vale la pena servire con amore per dare e ricevere la gioia. Vi saluto con un fortissimo e fraterno abbraccio. Emilio

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Le Suore Missionarie Pie Madri della Nigrizia Dal primo settembre Verona ha ospitato il Capitolo delle suore Comboniane, le «figlie» di San Daniele Comboni, grande missionario veronese, anche se di origini bresciane, poiché tutta la sua opera partì e tenne sempre i contatti con Verona. Si è tatttato di un appuntamento fondamentale per la comunità delle religiose comboniane sparse in tutto il mondo ma unite fortemente nello spirito missionario del loro fondatore. Sono presenti in 29 Paesi di quattro continenti e hanno 219 comunità in 22 circoscrizioni. La madre superiora generale oggi è suor AdeleBrambilla. Il primo Capitolo nella storia dell’Istituto si svolse in Casa Madre a Verona nel 1898. Dopo quasi 50 anni le Missionarie Comboniane sono tornate in città per la celebrazione del XIX Capitolo Generale. LE ORIGINI . Il primo gennaio 1872 Daniele Comboni apriva la prima casa della Congregazione femminile a Montorio. Un mese dopo Comboni dovette recarsi a Roma e rimanervi per qualche mese, ma anche da lì seguiva il nascente Istituto per sostenerlo nei suoi primi passi e per dettare criteri saggi di formazione e di selezione delle candidate. Comboni capì quasi subito che Montorio non era il posto adatto come sede centrale dell’istituto. Fin dall’aprile 1872 pensò di cercare una nuova sede più adatta a Verona. Fu così che il 14 settembre 1872, festa dell’ Esaltazione della Santa Croce, si effettuò il trasloco da Montorio a Verona. Le prime tre postulanti, Maria Caspi, Maria Teresa Scandola,Teresa Caviola e la loro prima formatrice, Maria Pia Galli, giunsero in via Santa Maria in Organo accompagnate dallo stesso fondatore. Nel monastero che aveva una storia secolare, dove si erano avvicendati i monaci benedettini, entrò il primo drappello di giovani pronte a salpare verso il cuore dell’Africa. Così che la sede attigua alla basilica di Santa Maria in Organo divenne ed è dal 23 agosto 1872 ad oggi la Casa Madre delle. Suore Missionarie Comboniane. Per attuare il suo

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piano, Comboni aveva fondato a Verona i propri istituti missionari: l’Istituto per le Missioni Africane il 1 giugno 1867 e l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia il 1gennaio 1872. LA STORIA NELL’800. L’Istituto delle suore comboniane ebbe inizi incerti e difficili. L’entrata di Maria Bollezzoli, il 6 settembre 1874, segnò per l’Istituto un momento decisivo. Ne divenne la prima Superiora Generale: dopo la prematura morte del fondatore (10 ottobre 1881) raccolse nelle sue mani il nascente Istituto incitandolo a seguirne le orme, lo sostenne nel durissimo periodo della Mahdia e seppe guidarlo con fede. Dopo la morte di Madre Bollezzoli (1901), le Pie Madri dall’Egitto e dal Sudan, primi ed unici campi di missione, passano anche in Eritrea e si spingono fino ai grandi laghi dell’Africa centrale, in Uganda, realizzando il grande sogno del Comboni. IL NOVECENTO Negli anni 1930-1960 l’Istituto conosce la massima espansione: si moltiplicano il numero e le opere delle Suore Missionarie Comboniane. La Congregazione si estende in altri Paesi d’Africa; entra nel Medio Oriente; raggiunge gli Stati Uniti e l’America Latina; si estende in Europa. Dall’inizio del 1970 fino ad oggi con nuove aperture, la Congregazione alla luce del carisma riscoperto e riaffermato nel Capitolo speciale del 1970, si impegna soprattutto a dar priorità alla attività di evangelizzazione e di animazione missionaria. Inizia pertanto la cura per la formazione spirituale, professionale e missionaria dei membri. L’ IMPEGNO . San Daniele Comboni fu un missionario appassionato per Cristo e per l’Africa prediligendo sempre e ovunque i più poveri ed esclusi. Sostenuto da una fiducia illimitata nel credere che i popoli africani sarebbero diventati, perla forza del Vangelo, protagonisti di rigenerazione e liberazione nell’Africa, Comboni avvertì l’urgenza e la necessità di integrare la presenza della donna consacrata nella missione

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evangelizzatrice della Chiesa. Questo sua visione rivive oggi nelle missioni nel mondo: nel continente africano dove le origini delle suore sono radicate, in Europa, nelle Americhe e in Asia dove, alla luce dei segni dei tempi, la presenza femminile comboniana si è estesa per evangelizzare ma anche per essere ponti fra le genti. cioè tra popoli, culture e religioni, tra gli esclusi e coloro che escludono, essere donne di dialogo e riconciliazione, azione che non può essere disgiunta da un impegno per la giustizia e la pace.

Due figure straordinarie da ricordare nella Storia delle Pie Madri della Nigrizia

Gli eroismi in Africa di Maria Giuseppa Scandola e Teresa Grigolini Suor Maria offrì la sua vita per salvare un missionario Teresa costretta a unirsi in matrimonio islamico Una è la Serva di Dio Maria Giuseppa Scandola,sulla strada della canonizzazione. L’altra è suor Teresa Grigoni, rimasta prigioniera di guerriglieri che la costrinsero a un matrimonio forzato che le gettò addosso all’epoca l’accusa infamante dell’abiura. Venne poi riabilitata in epoca recente quando si capì che la sua scelta fu mirata a salvare la vita di alcune consorelle. Giuseppa Scandola nacque a Boscochiesanuova il 26 gennaio1849 da Antonio e Giuseppina Leso. Daniele Comboni la incontrò casualmente una prima volta a Erbezzo e poi a Boscochiesanuova. Conquistata all’ideale missionario, Marietta Scandola fu la seconda suora dell’Istituto nascente e una delle prime cinque che raggiunsero l’Africa nel 1877. Consacrò la sua vita all’evangelizzazione degli Africani, in particolare di quelli del Sudan. A Berber, ElQbeid, Khartoum, Schellal, Cairo, Assuan, Lul, si prodigò con grande amore e generosità eroica, fino ad offrire la sua vita in cambio di quella di un giovane missionario, padre Giuseppe Beduschi, il quale grazie al suo sacrificio, poté continuare per molti anni la sua missione in Africa. Mori il primo settembre 1903, a Lul, in Sudan. Teresa Grigolini, nacque alla Mambrotta, frazione di San Martino Buon Albergo il 18 gennaio 1853. Aveva poco più di 20 anni quando il 23gennaio 1874, si

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presentava in via Santa Maria in Organo per diventare Pia Madre della Nigrizia. Fu la prima delle novizie che, per decisione dello stesso Daniele Comboni, venne ammessa alla professione religiosa con Maria Bollezzoli, formatrice e superiora, il 15 ottobre 1876. Lasciò Verona il 12 dicembre 1877. L’anno dopo era a Khartum.Nel 1880 era già superiora provinciale. ll 1881, per Teresa e per i membri della missione comboniana, fu un anno tragico. Il. 10 ottobre, a Khartum, moriva Daniele Comboni. Circa quattro mesi prima Muhammad Ahmad si faceva riconoscere come il «Mahdi», l’uomo scelto da Dio e atteso dal popolo sudanese per liberare il Paese dalle ingerenze straniere e riportare la pratica dell’Islam. In realtà fu un’insurrezione armata e le stazioni missionarie di Delen e di El-Obeid furono occupate e devastate dagli insorti. Missionari e suore venivano fatti prigionieri. Alcuni morirono. Teresa fu costretta a sposare un capo Mahdi, Demetrio Cocorempas. Trascorse quasi 16 anni di prigionia. Dal matrimonio nacquero alcuni bambini, ma solo due sopravvissero. Rimasta vedova nel 1915, solo nel 1918 potè rientrare in Europa. Stabilitasi vicino al fratello parroco nella «sua» Mambrotta, Teresa visse fino alla fine nel silenzio e nella preghiera. Mori il 21 ottobre 1931. Dopo lunghi anni Teresa è stata sepolta nella tomba delle Suore Missionarie Comboniane nel cimitero monumentale di Verona.

(da L’Arena)

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