Diario Missionario n.34

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1 M i s s i o n a r i o 34 Pasqua 2010 Foglio di corrispondenza con i missionari Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò dicendo: «La pace sia con voi». Poi mostrò ai discepoli le mani e il fianco, ed essi si rallegrarono di vedere il Signore. Gesù disse di nuovo: «La pace sia con voi. Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». Poi soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi non li perdonerete, non saranno perdonati». Buona Pasqua Buona Pasqua Buona Pasqua Buona Pasqua Etiopia Gino Mazzillin Suor M. Cristina Pesavento Cairo Egitto Colombia P. Emilio Baldin Patricia Alejandrina Rivera in Marsetti Indirizzo: Diario Missionario C/O Parrocchia San Lorenzo piazza Prandina – 35010 San Pietro in Gu – (PD) - ITALIA email: [email protected]

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M i s s i o n a r i o

n°34 Pasqua 2010

F o g l i o d i c o r r i s p o n d e n z a c o n i

m i s s i o n a r i Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò dicendo: «La pace sia con voi». Poi mostrò ai discepoli le mani e il fianco, ed essi si rallegrarono di vedere il Signore. Gesù disse di nuovo: «La pace sia con voi. Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». Poi soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi non li perdonerete, non saranno perdonati».

Buona PasquaBuona PasquaBuona PasquaBuona Pasqua

Etiopia

Gino Mazzillin

Suor M. Cristina Pesavento Cairo Egitto

Colombia P. Emilio Baldin

Patricia Alejandrina Rivera

in Marsetti

Indirizzo: Diario Missionario C/O Parrocchia San Lorenzo piazza Prandina – 35010 San Pietro in Gu – (PD) - ITALIA

email: [email protected]

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Etiopia Febbraio 2010 Gino Mazzilli Da una piccola esperienza di lavoro e condivisione nella missione delle figlie di s. Anna in Etiopia A contatto con la realtà quotidiana che vivono le suore, con problemi d’ogni tipo che richiedono impegno, anima e corpo, dalla mattina presto prima del sorgere del sole fin dopo il tramonto a sera inoltrata, cercando di essere sempre disponibili ad accogliere e fare il possibile per aiutare tutti e senza distinzione, con serietà ed impegno costante. Quello Etiope è un popolo numeroso ( 75 milioni di abitanti ) terzo come numero dopo Egitto e Nigeria nel continente africano. L’ Etiopia è un territorio vasto tre volte l’Italia. Al sud il clima è tropicale con più verde perché più umido, mentre al centro e al Nord e in particolare nel vastissimo e roccioso altopiano del Tigrai a 2400 metri di quota è semi desertico e il problema principale è l’acqua. Quando piove l’acqua scivola via e così la gente cerca tutti i modi per trattenerla e raccoglierla in cisterne ma basta appena per bere e cucinare, non certo per irrigare i campi. Basti pensare che se non piove quando è il tempo della semina, in Febbraio e Marzo, seminando in ritardo, le piantine non fanno in tempo a maturare prima del caldo estivo e disseccheranno senza dar frutto. Allora sarà fame per tutti, uomini e animali. Addis Abeba la grande capitale (cinque milioni di abitanti censiti ma possono arrivare fino a sette milioni, nessuno lo sa) con un aeroporto nuovissimo, moderno, è una città vasta e caotica, dove convivono ricchezza sfrontatamente esibita e miseria. Mano a mano che ci si allontana nelle varie direzioni, le strade diritte (sono ancora quelle costruite dagli italiani durante l’occupazione imperiale) diventano sempre più disagevoli: asfalto consumato, grosse buche, polvere che si solleva e sembra nebbia. Nei punti di sosta degli autobus che percorrono queste vie, si trovano spesso dei “taxisti”, con calesse e un piccolo cavallo, che offrono il trasporto verso l’interno. Lungo la strada c’è sempre movimento di persone, asini e carretti. Le merci e l’acqua sono trasportate dalle donne, da bambini e da asini. Le donne portano sempre qualcosa sulla schiena: grossi carichi, fagotti, taniche, bambini, anche quando spingono carriole. Molti lavori vengono svolti principalmente dalle donne: ci sono donne muratore e donne netturbine che spingono i grossi bidoni della spazzatura portando sul capo un larghissimo cappello. Lungo la strada principale si trovano spesso pozzi per l’acqua con pompa a mano.

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Si riesce a pescare acqua per mezzo di grandi pompe a mano manovrate da leve enormi, fino a 60 metri di profondità Per raggiungere pozzi più profondi servono pompe sommerse con motore elettrico. Quella della missione di IDAGA HAMUS è ad una profondità di 180 metri e, come dice la Superiora, continua ad andare, ma se si rompe o ha problemi fonda com’è, per capire di che si tratta bisogna tirala su e solo dopo intervenire, fermando l’approvvigionamento per il tempo necessario. Quando si secca un pozzo e la pompa non butta più, si scende a valle dove nel fondo di buche profonde anche alcuni metri si trova un liquido chiamato ancora acqua, si raccoglie quello che si può con una caraffa di plastica e lo si travasa nella solita tanica. Provate davvero ad immaginare….

Dove c’è un pozzo ci sono donne, bambini ed asini tutti con le taniche regolarmente in fila. Per prendere l’acqua, c’è chi fa due ore e più di strada per arrivare, aspetta pazientemente il suo turno, e poi altrettante per tornare a casa. Nei mercati oltre alle solite mercanzie, ceci, fagioli, cereali, spezie, teli, stoffe, vasi, si vedono enormi quantità di taniche di plastica per il rifornimento idrico. Chiaro che se si dispone di un asino il trasporto è più leggero: si possono caricare sul basto due taniche da 15-20 litri e poi lasciarlo libero e lui torna a casa da solo, mentre il padrone può andare dove vuole. È proprio lui, il vero e perfetto SUV a trazione integrale, adatto ad ogni tipo di strada, ecologico, economico, completo di navigatore satellitare integrato. L’asino.

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Una cosa che balza subito agli occhi è la magrezza della gente, (oh, non si riesce a vedere una persona grassa!) e i bambini, tanti bambini, da per tutto e sempre sorridenti. Un’altra sorpresa: un giorno infrasettimanale era giorno di festa, festa nazionale, la Festa della Liberazione, in ricordo della vittoria di Adua che sanciva la fine dell’oppressione italiana. .

La grande maggioranza della gente è cristiano ortodossa-copta, poi ci sono mussulmani, pochissimi cattolici e animisti. La forma di governo sostanzialmente non cambia da secoli, la loro economia e il modo di vivere della popolazione risulta francamente per noi incomprensibile. Il servizio sanitario è a livelli molto bassi. Solo dove operano le missioni, riescono a fornire prestazioni di notevole qualità, lo stesso si può dire per l’istruzione. Diverso dal nostro è il modo di contare le ore cominciando dal sorgere del sole, perché il giorno comincia alle sei del mattino e termina alle sei di sera. Esempio: ore otto del mattino, in Etiopia sono le due. Pure il calendario è diverso. In una pausa dei lavori alla missione, ho potuto visitare la piscina della regina di Saba ad Axum, interamente scavata nella roccia è una cosa imponente come i tre obelischi, compreso quello restituito dall’Italia. Sono stato sulla cima di una montagna dove c’è un santuario ortodosso a 3500 metri di quota. E’ strano trovarsi lassù senza neve o ghiaccio, l’aria fina dell’altopiano ti sorprende, non c’è filtro per i raggi del sole e così le scottature al viso, alle braccia e alle mani si sentono troppo tardi.

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Egitto Suor M. Cristina Pesavento

PER IL DIARIO MISSIONARIO

Carissimi amici,

Eccomi ancora una volta con voi per farvi partecipi delle attività

che la Famiglia Comboniana svolge in Egitto, Paese che una volta veniva chiamato

“Porta dell’Africa”.

Ultimamente vi avevo parlato del lavoro che qui si continua a svolgere in favore

dei Rifugiati Sudanesi per essere fedeli al carisma del nostro Fondatore S.Daniele

Comboni, in particolare nel settore dell’Educazione. Le scuole nel passato sono

sempre state il luogo privilegiato per educare le nuove generazioni e preparare una

società che viva nel rispetto e nell’amore reciproco nonostante le differenze di

razza, cultura e credo. La nostra attenzione, specialmente ora, non si ferma

unicamente al semplice insegnamento educativo e formativo in aula, ma ci porta a

spaziare dal Basso all’Alto Egitto perché i Cristiani della Chiesa Locale, soprattutto

i giovani, si aprano ad orizzonti più vasti uscendo talvolta dall’ambito piuttosto

ristretto in cui vivono. Si cerca quindi di collaborare con il Clero Locale

organizzando incontri formativi che, al dire dei partecipanti vengono vissuti con

entusiasmo e desiderio di crescere nella fede e conoscenza altrui.

Riteniamo che questo sia un modo efficace per costruire ponti, per creare unità,

rispetto e accettazione del diverso, non solo tra Egiziani e Sudanesi, ma anche tra

coloro che spesso, in odio alla diversità di credenze seminano nel Paese rancore e

diffidenza.

Riporto esperienze di giovani e gli echi umani e spirituali in loro.

"Sono molto contenta di aver partecipato alla Giornata Vocazionale organizzata dalla Diocesi in cui è stata presentata la vocazione come risposta al “Sogno di Dio”. Quest'anno l'Equipe Vocazionale della Diocesi di Luxor, ha programmato tre incontri in venerdí consecutivi: 4/12 a Sawaghy – sulla vita e la vocazione del Curato d' Ars. Il

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venerdí 11/12 a Nagaa el Hamadi e il 18/12 ad Asuan, presentando la vita di Mons Oscar Romer. La presenza dei giovani e l'impegno in queste giornate è stato molto positivo. La presenza di Mons Adel Zaky a Sawaghy ha dato molta vita e speranza, ci ha parlato della vocazione come risposta a un progetto di cui noi costituiamo una parte fondamentale, senza la nostra risposta non ne è possibile la sua realizzazione. Infine Mons Adel Zaky ci ha condiviso qualcosa sulla sua vocazione personale. La giornata si è conclusa con la presentazione dell'operetta sulla vita del S. Curato d'Ars. Significativo è stato vedere come una persona così semplice, incapace agli occhi degli uomini, che viveva una relazione molto profonda con Dio, sia riuscito a cambiare la vita di tutto un popolo.

Personalmente ho compreso, come è la mia relazione con Dio che crea cambiamenti in me e attorno a me. Ringrazio Dio per l'opportunità donatami e gli chiedo di accompagnarmi nel cammino della vita all'incontro con Lui per poter rispondere alla sua chiamata qualunque essa sia". Mariana MazakMariana MazakMariana MazakMariana Mazak

Consegnare la vita a Dio è decisione non facile perché richiede l'abbandono di tutto senza paura, dare un senso nuovo alla nostra vita. Mi domando cosa sia un ostacolo al consegnarci nelle mani di Dio. Ritengo che ciò che ci impedisce è il mondo stesso con tutto quello che ci propone: soldi,

prestigio, apparenze e altro, facendoci dimenticare la realtà più importante: l’essere figlio/a di Dio. Abbiamo bisogno della presenza di Dio in noi, perché si realizzi quel cambiamento avvenuto nel Santo Curato d’Ars. Aiutaci o Signore a dare un senso nuovo alla nostra esistenza, per poter camminare con Te. Insegnaci ad essere messaggeri dell'unità e del tuo amore e donaci la forza perché possiamo far divenire realtà il tuo desiderio: "Che siano una cosa solo come Io e il Padre siamo Uno". Manda Signore alla tua Chiesa sante vocazione che portino la tua parola a tutto il mondo". Haná AdelHaná AdelHaná AdelHaná Adel

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† Cairo Giornata Ecumenica

“In cammino insieme.“In cammino insieme.“In cammino insieme.“In cammino insieme.....per costruire l’unit....per costruire l’unit....per costruire l’unit....per costruire l’unitàààà”. ”. ”. ”. "L’incontro ecumenico, del 18 Dicembre 2009, ha visto riuniti rappresentanti di diverse chiese: Ortodossi, cattolici, anglicani ed episcopaliani (Oscufia), giovani e adulti, uomini e donne. La Famiglia Comboniana, in collaborazione con la Commissione Ecumenica dei giovani d’Egitto, ha voluto offrire un momento di comunione e di scambio tra fratelli/sorelle che desiderano guardare al desiderio espresso da Gesù: ‘Che siano una sola cosa, perché il mondo creda’. Le tematiche trattate, ci hanno portato a riflettere sull’Unità come cammino di tutti i credenti, come via per testimoniare l’amore del Signore, come bisogno di crescere nell’accoglienza della differenza vista non come rivalità tra Chiese ma come ricchezza. I partecipanti all’incontro si sono salutati con la domanda: “Come continuare a crescere nell’unità? Proposte di attività ecumeniche sono state condivise, l’augurio è continuare a credere nel sogno di Dio e a vivere abbattendo giorno per giorno muri di separazione in noi stessi e attorno a noi”. Rania WaghíRania WaghíRania WaghíRania Waghí

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Colombia P. Emilio Baldin

Per gentile concessione Lettera a Don Gianni

Carissimo don Gianni, carissime amiche e amici, Un cordialissimo saluto da questa terra latino - americana di Cali dove, oggi per la prima volta, condivido la celebrare la domenica delle Palme e la settimana santa.. Da sei mesi mi trovo in Colombia, nella parrocchia di San Francesco Saverio, alla periferia est di Cali. É stato un tempo di grandi novità, di inculturazione, di adattamento al clima e al quartiere... tempo propizio e profondamente provocatore ed educativo. É stato provocatore, perché mi obbliga a sentirmi piccolo e povero sia a livello di fede come a livello culturale. Molte delle mie sicurezze e ruoli si stanno sfaldando per dar spazio alla misericordia, alla comprensione, alla libertà di spirito. É la conversione y accoglienza positiva di una cultura, di un modo di essere Chiesa e vivere il Vangelo non solamente dalla povertà sociale, ma anche dalla povertà di spirito. Nonostante l’esperienza africana in Sierra Leone non pensavo che la povera gente del mio quartiere “De las orquideas” soffrisse tanto, ma anche avesse tanta fede tanta umanità. A livello culturale a volte mi sento spiazzato perché le mie idee e la mia formazione precisa, logica, europea é molto lontana dalle categorie culturali e dalla vita di tutti i giorni degli abitanti della periferia. I giovani, anche se culturalmente ben preparati e con esperienza, quando cercano lavoro sono gentilmente esclusi per vivere in un quartiere povero. Nonostante le difficoltà e la situazione socio-economica, sono contento di condividere la mia vita con queste persone che mi aiutano ad essere più umano. Mi convinco sempre più che aveva ragione il pensatore spagnolo Miguel De Unamuno quanto scrisse, contemplando il Cristo crocifisso del Velasquez: “Ha sparso fino l’ultima goccia del suo sangue perché imparassimo ad essere più umani”. Se mi lascio convincere ad essere più umano sarò più divino.., spero di essere più fratello e più capace di camminare con semplicità con i fratelli che il Signore mi ha regalato nella parrocchia di San Francesco Saverio a Cali. Un saluto e un augurio fraterno per una esperienza nuova della Pasqua. P. EmilioBaldin s.x.

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Sala del nostro Nuovo Oratorio Sabato 20 Marzo 2010 Patricia Alejandrina Rivera

in Marsetti

24 marzo 1980, monsignor Oscar Romero viene trucidato durante la messa. Troppe volte ha tuonato dall'altare contro le ingiustizie del governo salvadoregno e gli eccidi della Guardia Nazionale. Ma la sua lotta, ci avverte Jon Sobrino, teologo dell'Università Centroamericana che ha diviso con lui la fede e le battaglie, continua per mano di chi lavora a favore dei poveri e contro ogni oppressione. Oggi più che mai.

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Testimonianza di Patricia Alejandrina Rivera in Marsetti.

Quando un Salvadoreño sente il nome di Mons. Romero (così veniva chiamato) si

ricorda degli anni in cui c’è stata la guerra civile, perché tanti come me, siamo

cresciuti in quel clima di caos politico, di bombe, di imboscate, di sequestri di

persone, di stermini di villaggi, infine una guerra crudele e difficile per tutti.

Monseñor Romero di fronte a questa realtà diventò un simbolo di fede e di

coraggio. Diventò il nostro protettore.

E’ incredibile aver potuto vedere come un uomo come Lui, una persona semplice

ma saggia, di umili origini, a portata di mano con adulti, giovani e bambini, una

persona che trasmetteva, con la sua presenza, pace e sicurezza, seguito da tutto un

popolo, perché Lui era stato capace di affrontare con “la verità” le forze militari e

paramilitari, di proclamare il Vangelo, di chiedere ed esigere la conversione e la

pace per tutta la popolazione.

Per noi è simbolo di amore al prossimo e di sacrificio, Lui era consapevole che

soltanto ad esprimere un parere contrario o di dissenso nei confronti della giunta

militare comportava il rischio di essere sequestrato per poi sparire ad opera degli

“squadroni della morte”.

Le sue omelie venivano trasmesse alla radio in tutto il Paese. La domenica per noi

era un appuntamento immancabile con la nostra cattedrale per chiedere a Dio la

pace tanto desiderata.

Le omelie erano il mezzo per denunciare tante ingiustizie commesse in tutto il

Paese, era il portavoce di tutte le persone che chiedevano notizie dei parenti

scomparsi, infine le sue omelie erano un grido alle coscienze per avvicinarsi al

pentimento, alla conversione, alla riflessione, alla libertà, alla democrazia per

cercare di vivere in un clima di pace.

Purtroppo è successo quel che è successo, Monseñor Romero venne assassinato

proprio nel momento in cui stava elevando il Calice dell’Eucarestia e le sue ultime

parole sono state ancora per la giustizia:

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“in questo Calice il vino diventa il sangue che è stato il prezzo della salvezza.

Possa questo sacrificio di Cristo darci il coraggio di offrire il nostro corpo ed il

nostro sangue per la giustizia e la pace del nostro popolo. Questo momento di

preghiera ci trovi saldamente uniti nella fede e nella speranza”.

Da quel giorno tutti lo chiamano Santo, “San Romero d’America”, e la sua profezia

si è realizzata quando a detto:

“Se mi uccideranno, Io risorgerò nel popolo Salvadoreño”.

Patricia Alejandrina Rivera in Marsetti

nata a Nueva San Salvador (El Salvador)

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