centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo...

16
A vventurarsi per i sentieri della pa- storale a volte può diventare dav- vero pericoloso. I rovi non si fanno da parte e neppure si riesce a districarsi presi dall’affanno di portare con sé tutto quello che ci appare indispensabile, irrinunciabile. Immagino la fatica di quei poveri vescovi impegnati ad elaborare progetti diocesani, piani pastorali, calendari e tutto quello che può sembrare utile per muovere l’elefante della diocesi e coinvolgere quelle piccole isole che paiono essere le nostre parrocchie. Ho letto giorni fa, accalappiato dal titolo, il programma pastorale di una diocesi. A chiare lettere si dichiarava la tensione pastorale verso la “parroc- chia missionaria”. E dopo aver condiviso tutte le indicazioni “teoriche”, mi sono buttato a pesce sulle proposte d’im- pegno. Ho fatto scorrere due volte l’elenco delle molteplici strategie, pro- poste e iniziative. Bellissime, all’avan- guardia. Non un accenno alle missioni, al gruppo missionario, alla missionarietà. Delusione?! No. Mi sono nuovamente reso conto che, al di là dei proclami e delle belle inten- zioni, diventa sempre più difficile ride- finire il volto delle nostre comunità, sempre più ardua la declinazione di impegni e opportunità capaci di inter- cettare la domanda di fede o anche solo di ricerca, sempre meno scontata la consapevolezza di quei cambiamenti che avvengono senza che ce ne ac- corgiamo e, magari, anche contro la nostra volontà. Ridisegnare il cammino di una co- munità cristiana, sostenere la forza della sua presenza, alimentare la con- sapevolezza della giustizia, coniugare azioni e coscienza su un terreno pre- cario e talvolta inconsistente: queste alcune delle sfide, ma soprattutto delle possibilità. La “parrocchia missionaria” non può rimanere utopia di un documento o buona intenzione, seppur di un ve- scovo pio o di un parroco zelante, ma nasce da una nuova comprensione di chiesa che matura nel cuore di ciascun credente e fa appello, senza alcuna esitazione, ad ogni ricchezza di umanità che si realizza nelle relazioni umane. Il tratto relazionale diventa fonda- mentale in ogni comunità di persone e, con peculiare consistenza, nel vissuto di un gruppo di uomini che vogliono chiamarsi cristiani. Il Maestro anche in questo è Maestro! Gesù non rifiuta, nè spegne, ogni ricerca di relazione con lui. L’altro è sempre occasione di incontro, ascolto, dialogo, condivisione, comunione. L’altro è un dono, un dono del Padre, un dono della creazione. L’altro è la sua missione. Gesù scruta i volti, incontra gli sguardi, accarezza i sorrisi, ascolta le lacrime, raccoglie le inquietudini, conosce i nomi, custodisce il ricordo: Andrea, Matteo, Pietro, Maddalena…Giuda. La nostra pastorale è troppo spesso frettolosa, agendata, impersonale. I nostri rapporti nelle comunità freddi e distaccati. Una piccola impresa del sa- cro, che deve seguire i criteri dell’effi- cienza, della competitività e, per con- Anno VI - n° 32 Maggio-Giugno 2010 centro missionario diocesano, gruppi missionari e missionari bergamaschi in dialogo Sassolini missionari... Angariati dall’evangelizzazione Parrocchia missionaria nel cuore del presbiterio

Transcript of centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo...

Page 1: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Avventurarsi per i sentieri della pa-storale a volte può diventare dav-

vero pericoloso. I rovi non si fanno daparte e neppure si riesce a districarsipresi dall’affanno di portare con sétutto quello che ci appare indispensabile,irrinunciabile.

Immagino la fatica di quei poverivescovi impegnati ad elaborare progettidiocesani, piani pastorali, calendari etutto quello che può sembrare utileper muovere l’elefante della diocesi ecoinvolgere quelle piccole isole chepaiono essere le nostre parrocchie.

Ho letto giorni fa, accalappiato daltitolo, il programma pastorale di una

diocesi. A chiare lettere si dichiaravala tensione pastorale verso la “parroc-chia missionaria”. E dopo aver condivisotutte le indicazioni “teoriche”, mi sonobuttato a pesce sulle proposte d’im-pegno. Ho fatto scorrere due voltel’elenco delle molteplici strategie, pro-poste e iniziative. Bellissime, all’avan-guardia. Non un accenno alle missioni,al gruppo missionario, alla missionarietà.

Delusione?! No. Mi sono nuovamente reso conto che,al di là dei proclami e delle belle inten-zioni, diventa sempre più difficile ride-finire il volto delle nostre comunità,sempre più ardua la declinazione di

impegni e opportunità capaci di inter-cettare la domanda di fede o anchesolo di ricerca, sempre meno scontatala consapevolezza di quei cambiamentiche avvengono senza che ce ne ac-corgiamo e, magari, anche contro lanostra volontà.

Ridisegnare il cammino di una co-munità cristiana, sostenere la forzadella sua presenza, alimentare la con-sapevolezza della giustizia, coniugareazioni e coscienza su un terreno pre-cario e talvolta inconsistente: questealcune delle sfide, ma soprattutto dellepossibilità.

La “parrocchia missionaria” nonpuò rimanere utopia di un documentoo buona intenzione, seppur di un ve-scovo pio o di un parroco zelante, manasce da una nuova comprensione dichiesa che matura nel cuore di ciascuncredente e fa appello, senza alcunaesitazione, ad ogni ricchezza di umanitàche si realizza nelle relazioni umane.

Il tratto relazionale diventa fonda-mentale in ogni comunità di personee, con peculiare consistenza, nel vissutodi un gruppo di uomini che voglionochiamarsi cristiani.

Il Maestro anche in questo è Maestro! Gesù non rifiuta, nè spegne, ogniricerca di relazione con lui. L’altro èsempre occasione di incontro, ascolto,dialogo, condivisione, comunione. L’altroè un dono, un dono del Padre, undono della creazione. L’altro è la suamissione. Gesù scruta i volti, incontra gli sguardi,accarezza i sorrisi, ascolta le lacrime,raccoglie le inquietudini, conosce inomi, custodisce il ricordo: Andrea,Matteo, Pietro, Maddalena…Giuda.

La nostra pastorale è troppo spessofrettolosa, agendata, impersonale. Inostri rapporti nelle comunità freddi edistaccati. Una piccola impresa del sa-cro, che deve seguire i criteri dell’effi-cienza, della competitività e, per con-

Anno VI - n° 32 Maggio-Giugno 2010

centro missionario diocesano, gruppi missionari e missionari bergamaschi in dialogo

Sassolini missionari...

Angariati dall’evangelizzazioneParrocchia missionaria nel cuore del presbiterio

Page 2: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Pagina 2

Sassolini missionari...

seguenza, del mercato. Sono tentazioniimmense e subdole con le quali dob-biamo spesso fare i conti perché, presicome siamo da mille cose, neppurece ne rendiamo conto.

Una stretta di mano, una paccasulle spalle, un interesse per la salute,un saluto ai malati di casa e così viaper arrivare allo scambio di profonditàdavanti alla Parola di Dio, alla condivi-sione di idee ed impegni per darecorpo e stabilità alla “voce” della co-scienza che scaturisce dalla fede.

Una comunità segnata da relazioniquotidiane abitate dalla stima, dal ri-spetto, dalla carità e dalla misericordia,una comunità che sconvolge gli schemidell’interesse, del guadagno a tutti icosti, della sete di potere, dei dirittiacquisiti per meriti di servizio, una co-munità che diventa “segno” e realizzail segno proprio nella relazionalità:questa è la chiesa e di questo, nelsuo piccolo, la parrocchia missionariadeve essere testimonianza.

Una comunità che incomincia pro-prio da noi. In questo caso non possoche parlare dei preti, visto che è la ca-tegoria di cui faccio parte. Si è conclusoda poco l’anno sacerdotale, non sono

mancate preghiere, riflessioni, appro-fondimenti, proposte. Neppure fatichee tradimenti si sono persi per strada,doverosi se abitati dalla giustizia, ac-compagnati talvolta da polemiche, giu-stizieri e ciarlatani.

Il rapporto tra il prete e la comunitàè imprescindibile, perché la comunitàstessa modella il modo di essere delprete e nello stesso è plasmata dalprete e dalla sua spiritualità. Oggi,seppur con qualche limite, il “poteresacro” del presbitero sembra funzionareancora, non fosse altro perché rimaneun ponte tra Dio e l’uomo, o anchesolo perché “ci serve” per i servizi reli-giosi.

Quello che abita nel cuore del pretepoco importa alla maggior parte deiparrocchiani. E’ importante che siasimpatico, che non la tenga troppolunga, che amministri con trasparenza,che organizzi qualcosa di interessante,tenga occupato i bambini ed i ragazzie non parli mai di politica. Che cosaabbia nel cuore, quali speranze coltivi,come affronti fatiche quotidiane è cosapiù per curiosi che per altri.

Raccontare il prete non è possibileperché, al di là di tutto, è un mistero.

Tanti piccoli segmenti sono esperienzeche, tra luci ed ombre, lasciano intrav-vedere qualcosa che neppure il prete,povero lui, riesce a dirsi.

C’è una convinzione che dovrebbefarsi strada tra i preti: non si puòcredere di bastare a sé stessi e neppureilludersi di essere onnipotenti grazieal ministero. E’ la consapevolezza diappartenere ad un presbiterio, ad unafamiglia “speciale”, ad una comunitàdi fratelli segnata non dal sangue co-mune, ma dal Crisma originario, CristoGesù.

Una parrocchia missionaria, unachiesa missionaria, esige fraternitàpresbiterale. Il sacerdote, ordinato peril mondo, cammina sostenuto da unafraternità, che rende il suo ministerocapace di dialogare sempre, profon-damente e nella gratuità.

Preti, dunque, missionari, non per-ché collocati geograficamente chissàdove, ma perché fratelli in Cristo Gesùcon responsabilità. E a quelli chevivono in missione oltre oceano:tanto di cappello!don Giambattista

centro missionario diocesano

Il Vescovo, don Basilio, alcuni superiori del seminario e i sacerdoti novelli

Page 3: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Missione: cammino di Chiesa

Pagina 3

Missione: sacerdoti per il mondo

Èla vigilia di Pentecoste: in Duomotredici giovani uomini vengono con-

sacrati sacerdoti, in un clima di festosasolennità. E il vescovo Francesco liinvita ad avere “il coraggio del Vangeloincarnato in una storia”, a non essere“solo pastori che guidano”, ma anchepescatori che sanno “andare a cercaregli uomini” nell’acqua in cui nuotanooggi. “Eccoci giunti all’inizio - concludeil vescovo - non alla fine”.

È davvero l’inizio di un’avventura,di un viaggio intorno al “mondo”- intutte le possibili accezioni di questotermine - quello a cui si accingono inuovi tredici preti, consacrati per laChiesa che è nel mondo. Non solo perla Chiesa di Bergamo.

Ma loro lo sanno? Lo chiedo provo-catoriamente a don Basilio Bonaldi, ildirettore spirituale che li ha seguiti inquesti ultimi anni di formazione teolo-gica. Con loro ha vissuto la stessaesperienza che, nel Seminario di LaPaz, aveva caratterizzato l’ultimo periododel suo lungo impegno come “fidei do-num” nella missione diocesana di Bo-livia.Il Vento dellA MISSIone

Quale aria missionaria si respira inseminario, è la domanda ‘birichina’,ma legittima.

Quanto soffia sul colle il vento dellamissione?

“La convinzione di fondo da cui par-tire è che, se vivi l’esperienza di un in-contro personale con il Signore Gesù,capisci il tema e la prospettiva dell’uni-versalità della fede: il rapporto conCristo è la base di ogni vocazione, an-che di quella missionaria. Quindi tuttala formazione “spirituale” di un Seminarioè un buon punto di partenza per la for-mazione allo spirito missionario.

Poi ci metto la formazione a coltivareun ideale di prete che ponga al centrodella sua vita l’uscire da sé per vivereil servizio, che sappia mettere al centrodelle sue attenzioni la persona, chesappia lavorare in equipe e che abbiaun desiderio forte che il Vangelo arrivi

ad ogni creatura e cultura. Che abbiala virtù essenziale della pazienza enon la fretta di vedere immediatamentei risultati del suo impegno. Anche questaè formazione alla missionarietà.

Voglio, poi, sottolineare l’importanzadi formare ad uno sguardo sensibilissimoper cogliere l’azione dello Spirito cheopera dentro e fuori la Chiesa, per sa-persi mettere in sintonia con questaazione e non solo con i propri progetti.

Allora vengono come conseguenzaaltre convinzioni ed atteggiamenti daassumere: la capacità di lasciarsi coin-volgere dalla vita delle persone; unosguardo di cura particolare ai poveri ealle situazioni di sofferenza e disagio;un’attenzione speciale verso quellepresenze di persone di culture e ap-partenenza religiosa diverse che po-polano anche il nostro territorio; uneducarsi al dialogo rispettoso e co-struttivo.

E inoltre, la tensione ad adottareuno stile di vita più sobrio e più povero,la ricerca di un servizio che sia umile epaziente, attento allo Spirito; l’aperturaalle forme nuove con cui, nella Chiesadi oggi, si vive l’impegno missionario,sia a livello di Chiesa universale, sianella nostra Chiesa di Bergamo. Lacapacità di guardare le Chiese sorellecon lo spirito dello scambio e dell’ar-ricchimento reciproco, del saper dare,ma anche del saper ricevere. lA forMAzIone : un lAVoro d’equIpe

Queste le convinzioni di fondo sucui credo che tutti in Seminario cer-chiamo di formare i nuovi presbiteri,ciascuno dal suo compito particolare:il Rettore, i Vice-Rettori, i Professori…

Poi vengono le iniziative specifiche,molto belle, utili e stimolanti.Sono momenti forti che permettono aquesti ragazzi di entrare in contattoampio e concreto con la realtà e conle comunità parrocchiali e di svilupparesensibilità e apertura verso il mondomissionario. Fondamentale per lorol’esperienza della vita insieme, dellapreghiera insieme, del leggere i giornali

insieme, per conoscere le varie situa-zioni e i problemi del mondo.

Il primo anno di Teologia tutti i se-minaristi sono inviati a Foppolo, a ser-vizio di comunità parrocchiali numeri-camente sempre più piccole e isolate,quasi a voler invertire il senso di marciarispetto a chi dalla montagna si allontanae sottolineare la volontà di un accom-pagnamento attento di chi resta.

E, negli anni successivi, fondamen-tale e formativa la loro presenza inoratori di parrocchie grandi per un in-contro- confronto con la realtà giovanileodierna.

Per molti di loro, infine, l’esperienzadiretta nelle missioni diocesane, un in-contro che può segnare profondamentee che arricchisce la formazione umanae spirituale di chi la vive. E, qui nel se-minario, una costante attenzione agliarrivi dei missionari, non solo “fidei do-num”, per conoscere, attraverso la lorotestimonianza, la bellezza di un’espe-rienza pastorale che anch’essi potreb-bero vivere in futuro. Non è vero chenon ci siano preti giovani disponibilianche per una missione “ad gentes”;credo anzi che questa sensibilità facciaparte sempre di più della spiritualitàpresbiterale.

È questa, dunque, l’aria che respirachi è docile a un cammino formativo elo prende davvero sul serio. Il nostronon può essere che un lavoro d’equipe,anche se è evidente che ci sono sen-sibilità diverse, ma è questo il presbiteroche si vuole formare. È la Chiesa dioggi che lo vuole così”.

È anche ciò che affermano i vescoviitaliani nei loro recenti documenti, quan-do sottolineano l’esigenza di affrontareil ministero sacerdotale non in terminidi conservazione, ma di missione. E loha ribadito con forza, nel giorno del-l’ordinazione, il vescovo Francescoquando ha invitato i nuovi consacratiad essere pescatori in continua ricercadegli uomini d’oggi, nei mari della storiache stiamo vivendo.

Renza Labaa

Riflessioni sulla formazione missionaria nel nostro Seminario

Consacrati per la chiesa che è nel mondoDon Basilio Bonaldi racconta la sua esperienza di direttore spirituale dei futuri preti bergamaschi

Page 4: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Pagina 4

Missione: sacerdoti per il mondo

Quando ero alle elementari, dalle SuoreOrsoline, tutti gli anni ricevevamo la

visita di un “missionario”. Era un prete,ma era differente dagli altri preti, me lo ri-cordo perfettamente, ma non so se adessosarei ancora capace di distinguerlo subito.I preti missionari avevano la barba, cosache gli altri preti “normali” non potevanoassolutamente, perché era proibito. I mis-sionari vestivano, sotto la tonaca, pantalonilunghi che sporgevano in basso, noncome i preti normali, che vestivano calzonialla zuava che non si vedevano. Io lo sa-pevo, perché avevo uno zio prete el´avevo visto una volta senza tonaca. Fi-nalmente, i missionari, ed era questa lacosa piú importante, prendevano la naveper andare lontano, al di lá del mare, peraiutare i “negretti”. Non so dire qualedelle tre caratteristiche ha alimentato dipiú la mia vocazione missionaria. Proba-bilmente quella della barba, che mi sonolasciata crescere quando ancora era proi-bita ai preti “normali”, che non erano mis-sionari. Da piú di trent’anni sto lontano da Berga-mo, ma non ho mai preso la nave per ve-nire nel nordest del Brasile, dove, di fatto,c´é un buon numero di “negretti”, anchese ormai non c´é piú bisogno di attraver-sare l’oceano per incontrarli; ce ne sonoin abbondanza anche a Bergamo. I pretinon usano piú i calzoni alla zuava, neppuresotto la tonaca. Di diverso dai preti “normali” mi rimanesoltanto la barba, che non é piú tantoproibita e la mia sta già diventando bianca. Sará che, ridotto cosí, posso dire diessere un “missionario” vero? Mi é suc-cesso varie volte di rispondere a chi melo chiedeva, che io no, io non ero un mis-sionario. Questo dubbio venne fin dall´ínizio. Quan-do stavo preparando la valigia per partireper il Brasile, mio padre, un po’ perplesso,già mi aveva avvertito: “Andare lontanonon cambia nulla, ti trasferisci soltantosotto un cielo diverso”. Io sarei rimastoquello che ero, anche dopo essermi spo-stato con il treno, la nave o l’aereo, perandare in un altro posto, vicino o lontanoche fosse. Poi mi sono accorto che mio padre, anchese aveva ragione e come si sa, i genitori

hanno sempre ragione, non mi avevadetto tutta la veritá. Anche lo spostarmiin un luogo diverso, poteva cambiare unbel po´di cose.Prima di partire da Bergamo avevo fatto,a Verona, il corso per imparare la linguadel Brasile e per conoscere la nuovarealtá. Mi ero sforzato al massimo perimparare tutto. Arrivato sul posto, mi eroaccorto che avevo ancora molto da im-parare. Parlavo poco e male, mi manca-vano le parole. Ero obbligato ad ascoltare,in silenzio, quello che gli altri dicevano.Erano gli altri che mi insegnavano e iodovevo imparare un po’ tutto, non solo aparlare, ma, come un bambino piccolo, aimitare gli altri per fare cose che primanon avevo mai fatto: sdraiarmi in unaamaca per dormire, lavarmi nel laghetto,chiedere permesso di entrare in una casabattendo le palme della mano, riconoscerepiante e animali che non avevo mai vistoprima. Oltre ai sapori ed ai profumi nuovi,i modi di reagire cosí differenti, l´intona-zione diversa della voce per fare una do-manda o per esprimere allegria. Anchein chiesa, nonostante tutti sapessero cheil prete ero io, e come tale la persona piú“importante”, le cose non funzionavanocome ero abituato. Ogni sabato scrivevo con difficoltá la pa-ginetta che avrei letto al momento dellapredica nella messa della domenica, madovevo sempre farla vedere prima a qual-cuno, non solo per correggere gli erroridi grammatica, ma anche per sapere sequello che avevo scritto, voleva dire qual-cosa di sensato per le persone che mi

avrebbero ascoltato con pazienza. Non so se sono stato capace di approfittaredi quel tempo in cui fui obbligato a farmipiccolo e nascere di nuovo. Non so sepoi, diventando di nuovo piú grande e in-dipendente, mi sono ritrovato con lestesse caratteristiche ed i difetti che avevoprima. E sí che avevo letto fin da bambinole parole di Gesú a Nicodemo: “Bisognafarsi piccoli e nascere di nuovo”. Comunque i primi tempi sono stati unmomento speciale, in un certo senso do-loroso, come deve essere per una donnail momento del parto. Sentirsi piccoli edover rinascere non é facile. Mi ricordoche in quei momenti avevo fatto una pro-messa: “Questa é l´ultima volta che vadoa vivere in un posto diverso”. Il vescovo-profeta della diocesi di Crateús,Dom Fragoso, che mi ha accolto nellasua chiesa, comunità di poveri, mi ha in-segnato a imparare. Quando partecipavaad una riunione di contadini, rimaneva insilenzio per ore, ascoltando e scrivendonel suo quaderno tutto quello che gliuomini e le donne dicevano nel lorodialetto semplice e pieno di vita. Alla fine,sempre lo invitavano a non rimanere insilenzio e a dire qualcosa e, nella suabocca, le parole dei contadini, che il ve-scovo ripeteva con solennitá e ammira-zione, acquistavano una profonditá e unabellezza evangelica insospettata ancheper coloro che le avevano pronunciateper primi. Quando scriveva una lettera,anche se era una lettera pastorale, (quelleche i parroci leggevano, a puntate, nellemesse della quaresima), sempre usavale parole che aveva ascoltato dalla boccadei contadini del sertão. Le sue lettereparlavano della vita, delle sofferenze,delle lotte, delle conquiste delle personecomuni. Diceva che il Vescovo “non deveparlare al posto dei poveri”. “Deve aiutarea far sì che la voce dei poveri sia ascoltata”.Diceva che: “La missione di Gesú (che éanche la nostra), é fare che tutti abbianovita e vita piena”. Alla fine delle suelettere, si firmava sempre “Il fratello piúvecchio”, traduzione di “presbitero, prete”. Cercava di essere un fratello piú vecchioche si prende cura dei fratellini... É quelloche nostra mamma chiedeva che noi fa-cessimo, quando doveva uscire di casa.

Sacerdote per ogni latitudine e longitudine

Il missionario: quello con la barba?Dal fascino alla realtà, per vivere un’esperienza sacerdotale

Page 5: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Anche sotto cieli differenti, la missionenon cambia molto: farsi fratello, essereresponsabile l´uno dell´altro. La primadomenica in Parambu, avevo battezzato250 bambini. Piú di quanti ne avessi bat-tezzati in 10 anni di prete a Bergamo. Maavevo capito quello che Paolo apostolo,uno dei primi missionari, aveva scritto datempo. Battezzare non é la cosa piú im-portante. Siamo inviati per annunciare eper essere una buona notizia per i poveri,collocandoci, come Gesú, all´ultimo posto,insieme a loro che ci stanno da sempre.In questi anni mi sono convinto che possoe debbo riconoscere che sono un mis-sionario, o per lo meno che dovrei esserlo.Non perché sono andato dall’altra partedel mare, lontano da Bergamo, non perchého la barba (brizzolata), non perché stoaiutando qualcuno che ha necessitá piúevidenti. In missione dovrei stare a Ber-gamo, come in Tauá o in qualsiasi altroposto. Con lo stesso impegno. Fratellopiú vecchio, nella comunitá dei seguacidi Gesú, il figlio del falegname di Nazareth,profeta dei poveri, arrestato e condannato.Quello stesso Gesú che si rallegrava,meravigliato perchè le cose che i grandinon avevano capito erano state rivelateai piú piccoli; che chiamava a lasciaretutto e seguirlo, perché non c´é piú tempo

per aspettare. Bisogna cambiare il cam-mino, adesso! Anche la terra, irritata, sta dando segnaliche il nostro modo di vivere é insoppor-tabile, che non é vita vera, che il nostro“progresso” non ha futuro. Vedere ilmondo da un posto diverso, alle volteaiuta a vedere quello che “dal centro”non si vede bene o non si vede piú.Cambiando di posto, sono stato costrettoa vedere le cose dal posto dove stannocontadini senza terra, con poca acqua,che consumano poco. Ho visto il “pro-gresso” avvicinarsi, distruggere, avvele-nare, dividere, dare speranze e, moltevolte, illusioni... Ho letto una parabola, in un articolo cheparla dei contadini (sono ancora miliardinel mondo!): “quando un esercito cheavanza conquistando sempre nuovi territorié costretto a fermarsi e sconfitto a tornareindietro, quelli che erano la retroguardia,si trovano all´improvviso a essere l´avan-guardia del nuovo cammino”. Non sará che il progresso occidentale,urbanizzato e industrializzato non deveinnestare la marcia indietro e seguire,con umiltá, i passi lenti dei contadini edelle popolazioni indigene per imparareil modo di “ben vivere” e di costruire unasocietá sostentabile?

In questi momenti, vengono ancora piúdubbi su quello che un missionario puóinsegnare e sulla nostra retorica illusionedi esportare progresso e civiltá. Ci si in-contra, ogni giorno, con la meravigliadegli apostoli che scoprivano che lo SpiritoSanto giá stava lá, prima del loro arrivo;con l’ ammirazione dello stesso Gesúche si rallegra perché quello che era ri-masto nascosto ai grandi e agli intelligenti,era stato rivelato ai piccoli.Scusate se quello che ho scritto é un po’confuso. É ancora scuro, ma mi sonosvegliato e non ho ripreso sonno. Misono ricordato della richiesta di scriverequalche riga sulla missione, o qualcosadel genere. Mando lo scritto, cosí comeé venuto. Se lo rileggo, non lo mandopiú.Un abbraccio a tutti. Statemi in pace, manon cercate un posticino tranquillo, nep-pure per guardare in alto o contemplarela bellezza della luce dalla cima dellamontagna. Bisogna scendere in basso,con i piedi per terra e, con molta pace, ri-prendere ogni giorno la missione, di sem-pre, di tutti.

don Maurizio Cremaschi

sacerdote fidei donum in Brasile

Pagina 5

Missione: sacerdoti per il mondo

Da Roit p. Silvano, Giappone Ferrari d. Valentino, Cuba Fratus d. Massimo, BoliviaSalvetti p. Livio, Bangladesh

Scarpellini d. Eugenio Bolivia

Gotti Danilo, BoliviaRota sr. Evelisa, ColombiaGamba Pietro, Bolivia Usubelli d. Luigi, Cuba

Radici p. Giuseppe, BrasilePagani p. Enrico, Brasile Paravisi Francesco, Costa d'Avorio Riva Teresa, Malawi Rondi padre Filippo, Bangladesh

Giavarini Riccardo, Bolivia Lazzari Rosangela, Indonesia

Bassis sr. Rosangela Bolivia Capra sr .Bertilla, India

Hanno fatto visita al CMd...

Page 6: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Qualche tempo fa una suora mi haraccontato un episodio che le è

capitato nell’ospedale della sua missione. Era di pomeriggio e come d’abitudinestava passando tra i letti per visitare ipazienti e sentire di cosa potesseroaver bisogno. Si avvicinò a un signoredi circa quarant’anni e i due comincia-rono a parlare. L’uomo confidò allasuora le difficoltà che la sua famiglia,sua moglie e i suoi figli stavano pas-sando a causa della sua malattia. Lasuora, per consolarlo, gli disse con di-sinvoltura: “Non si preoccupi, vedràche mentre è all’ospedale, alla sua fa-miglia ci pensa Dio”. L’uomo abbozzòun sorriso e le rispose tra il serio e il fa-ceto: “A dire il vero sono preoccupatoanche per Dio. Quando stavo bene,eravamo in due a lavorare, lui ed io, eriuscivamo a malapena a provvedereai bisogni della mia famiglia. Immaginiadesso, che deve fare tutto da solo!”

Dell’uomo di questa storia mi colpiscenon tanto la semplicità o l’ironia, quantoil modo di pensare a Dio e di vederlopresente nella sua vita.

C’è chi Dio lo ha messo fuori dallaporta di casa, forse per paura di doversacrificare la propria libertà; c’è chi sirivolge a lui per tutto, immaginandoseloal proprio servizio; c’è chi lo teme e gliattribuisce la responsabilità di tutti imali di questo mondo; e c’è chi, comel’uomo della storia, guarda a Dio comea un amico, un partner, un collega di

lavoro, uno che si impegna con te finoin fondo, ma che senza di te riesceproprio a far poco.

Di persone così ne ho incontratetante durante il mio impegno missionario.Papà e mamme di famiglia che lavoranoda mattina a sera per provvedere ai bi-sogni dei loro cari; ragazzi e ragazzeimpegnati a rincorrere un futuro chesolo a chi non molla avrà qualcosa daoffrire; ammalati che non possono per-mettersi un giorno in più all’ospedale,perché ne andrebbero di mezzo i lorofigli. Sono uomini e donne di fede e dipreghiera, capaci di affrontare la vita ele sue difficoltà con il coraggio e laforza della loro umanità. Persone checredono nell’aiuto di Dio, ma che donano

tutto e si impegnano in prima personaper il bene loro e degli altri.

Ecco, quando per intrattenermi conpersone così ho cercato nella mia testaalcune delle ricette che noi preti usiamoabbastanza facilmente, ho dovuto prestoo tardi cambiare registro. Il volto genuinoe solare di queste persone, la loroesperienza di vita dura e senza pretese,le loro parole semplici e immediate mihanno sempre disarmato. Con il loromodo di parlarmi e di trattarmi hannofatto appello alla mia umanità, al fondodel mio cuore, là dove posso sceglierechi essere e come aprirmi agli altri.

Queste persone mi hanno insegnatoa tener conto di ciò che vivo e a metterein gioco la mia umanità. Ogni volta chesono stato capace di investirmi così,nessuno mi ha rifiutato. Ho potutospesso anche parlare di Dio e di Gesùa chi non ne voleva sapere, purché ilmio discorso venisse dal cuore e dal-l’esperienza di vita, anche semplice,che potevo condividere.

Negli anni ho imparato che la mis-sione, l’annuncio del vangelo, cominciaproprio dall’incontro di due umanità chesi cercano, si riconoscono, si dannouna mano. Ha ragione D.T. Niles quandodice dell’evangelizzazione: “è come unmendicante che dice a un altro mendi-cante dove trovare il pane”.

padre Luigi Grittimissionario monfortano

Pagina 6

Missione: sacerdoti per il mondo

Anche il prete impara da chi incontra: una ricchezza incalcolabile

Mettersi in gioco con la propria umanitàTre esperienze di missione che fanno dello straordinario ordinarietà

La missione è appassionante!La cosa bella è che ci coinvolge tutti.La ragione dell’impegno

è la missio ad gentes…… l’approdo è alla realtàdella parrocchia missionaria.Una parrocchia capace, oggi, di intercettarele attese dei cercatori di Dio…È l’invito che si fa strada attraverso questosemplice strumento di lavoro:una serie di schede che vogliono aiutarea tracciare un cammino…

+ Francesco Beschi

È il sussidio che il CMD di Bergamo, con tutti iCMD della Lombardia, propone per il camminoformativo dei gruppi missionari e per coloro chevogliono conoscere, sempre di più, il filo rossodella missionarietà che attraversa la pastorale.È per le comunità parrocchiali che desideranofar nascere un gruppo missionario, è per i gruppimissionari che hanno bisogno di ripensarsi e “ri-focalizzarsi”… ma è anche strumento per la for-mazione cristiana e per il cammino dei giovani,perché aiuta a rinnovare l’adesione di fede e, diconseguenza, la testimonianza.

Il sussidio è disponibile presso il CMDe le librerie cattoliche

ITINERARIO PER DARE VITA AD UN GRUPPO MISSIONARIO PARROCCHIALE

Page 7: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Pagina 7

Missione: sacerdoti per il mondo

Dio sa quello che fa.Santa Cruz de la Sierra,

una delle cittá dell´orienteboliviano, la cittá dove vivola mia esperienza pastoralein questa terra di missione.Un’ esperienza calda per ilclima tropicale e per il lavorointenso in questa Chiesa.Un’esperienza che diventasegno nelle fatiche di tutti igiorni, ma anche nelle gioie.

Ho iniziato il mio cam-mino in Bolivia nel lontano1989, come volontario, finoad arrivare ad essere sa-cerdote. Ormai sono passati 21 anni da quell’ inizio che hatrasformato la mia vita.

Un cammino che mi ha portato in questa terra di missione,con disponibilità, con generosità, nel servizio, imparando propriodalla gente e dalle sue esperienze.

Non siamo sempre noi quelli che portiamo, possiamo an-che ricevere da loro. È questa l’esperienza che faccio nel miocamminare come missionario, nel mio impegno a serviziodella Chiesa locale fino al lavoro pastorale nella parrocchiaNuestra Señora de los Angeles en el Quior (una delle zonedella periferia della cittá) dove, come parroco da 8 anni, cercodi collaborare a costruire una comunità che sia segno diquesta presenza di Dio e perché tutti possano essere seminatoridella parola.

É proprio quello che cerchiamo di fare insieme con icatechisti e i gruppi di giovani, in questi ultimi anni, per mezzodella missione permanente che stiamo realizzando in Bolivia.Vincendo ogni paura, ci siamo buttati nella mischia senzapreoccuparci di quanto seme spargere, ma lasciando chequesto seme si perda nelle crepe del terreno e poi inizi acrescere un po’ alla volta, per dare frutti.Tutto questo si accompagna all’impegno come collaboratorenella cattedrale ed economo nella curia dove, tra una celebra-zione e l’altra, tra conti e fatture, sperimento la voglia di an-nunciare la Parola di salvezza ed essere seminatore.

Anche la mia presenza come insegnante nella scuola pub-blica da parecchi anni con i giovani delle superiori: è un’espe-rienza importante e bella per il contatto con le diverse realtàgiovanili, difficile per quello che vivono e sentono Soprattuttotra una pizzata e un lomito (pane con carne alla griglia),ascolto il racconto della loro vita con i problemi familiari chehanno, la realtà della droga, della violenza tra bande peressere segno e portatore di questo seme nell’incontro, nell’as-colto, nel tempo dedicato alla loro speranza. Una piccola sod-disfazione è quella di sapere che non ti dimenticano e quandosei lontano, come adesso che sono in Italia per una breve va-canza, mi scrivono una mail, mi chiamano o ci si trova infacebook e ti senti dire: “Torna presto, abbiamo bisogno di te,ci manchi”.

É in queste esperienze che uno si rende conto che davveroDio sa quello che fa con ognuno di noi e perché ci ha sceltoper essere sacerdoti in terra di missione. Detto tra noi, seguardo il tempo passato, sono davvero contento.

don Alessandro Manenti

sacerdote fidei donum in Bolivia

Già Tertulliano diceva che non si nasce cristiani, maper diventarlo.

Così non si e’ missionari perchè si appartiene ad unistituto missionario o perchè si è mandati in missione,ma si va in missione per diventare missionari, magaricon tante delusioni e cantonate.

Sono partito subito dopo gli studi teologici e conun bagaglio di conoscenze ante Vaticano II°

“Missio”, “plantatio ecclesiae”, convertire e battezzaresecondo il mandato: “Andate in tutto il mondo, insegnate,battezzate…” ma poi la realtà della missione si presentadiversamente. Altra realtà, altre religioni, altre lingue,altra cultura, altri usi e costumiSicchè alla fin fine è il missionario che deve imparare,deve convertirsi, inculturarsi…E la missione di Cristo è iniziata con la Kenosis: nonè redento se non quello che viene assunto.

Imparare una nuova lingua, non saper dire unasola parola… se non diventerete come bambini… im-parare a parlare, ad ascoltare, a vedere, a valutare ecosì via.

Mandato a portare Cristo, mi sono trovato in pienaforesta ad essere incontrato da Lui, che mi aspettavanelle persone che mi ospitavano.Il Regno, i “semina verbi” erano da scoprire, davalutare, da far crescere!

Ancora un pensiero. Stando 10 anni alle isoleMentawai, i suoi abitanti mi avevano rubato il cuore,oltre che le forze. Non vedevo che le necessità dellamia gente ed la ricerca di modalità per dare loro unarisposta, oltre che la fede.

L’elezione a provinciale ed il viaggiare in lungo ein largo per la vasta missione di Sumatra centrale,comprese le isole ad est e ad ovest, ha provveduto aspalancare una finestra sulle altre missioni e gli altrimissionari, con tutte le loro urgenze e difficoltà.

Ma il colpo grosso venne al termine del CapitoloGenerale quando mi venne chiesto un servizio pressola direzione generale a Roma. Questo mi mise a co-noscenza di tutte le missioni saveriane e, negli incontricon altri Istituti, con tutto il mondo missionario e lamissionarietà della Chiesa.

Era l’imperativo: “Andate in tutto il mondo...”Gli apostoli dissero a Gesù: “Vieni c’è tanta gente quiche ti cerca…”Gesù rispose: andiamo in altre città e villaggi, perchèanche loro devono ricevere il Vangelo...per questo iosono venuto!

Questa tendenza c’è sempre, sia nei missionari inmissione, e sia nelle chiese che sostengono le mis-sioni.

Ora a me, quando prego, in particolare nella ado-razione del giovedì sera, viene spontaneo con lamente fare il giro del mondo missionario… e respirarea pieni polmoni!

p. Sandro Peccati

missionario saveriano in Indonesia

Page 8: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Pagina 8

Missione: sacerdoti per il mondo

Nel 1995 una serie di circostanze e ildiscernimento nella mia comunità

mi hanno portato a svolgere il mio lavoromissionario in una zona assai difficiledel Perù, nella selva amazzonica. Uchizaè il nome della cittadina centrale e lazona comprendeva una ottantina di paesilungo un percorso, non sempre facile,di più di 100 chilometri.Parlare di Uchiza in Perù in quei tempiera quasi “proibito” perché la presenzadel narcoterrorismo aveva reso questazona molto violenta e impenetrabile an-che da parte delle forze dell’ordine.Molte morti avevano caratterizzato questaterra durante qualche decennio. Quandoio arrivai, iniziava un periodo di cambio,perché lo stato era riuscito a sradicarein buona parte la coca e lentamente di-minuiva la violenza del gruppo terrorista“Sendero luminoso”.Subito iniziai a percorrere queste stradefermandomi di paese in paese per pren-dere contatto con la gente e cercare difar nascere e formare comunità cristiane.

All’inizio la missione non era tantofacile, soprattutto perché nelle personerestavano ferite di tanta violenza e dimorti che avevano colpito ogni famiglia.Comunque lentamente si andavano for-mando nuclei di cristiani che iniziavanoil loro cammino di fede e di comunità.Ma dopo un anno di presenza ognigiorno più sorgeva nel mio cuore unadomanda: “Cosa posso fare per i giova-ni?”. Molta gioventù era presente, ma ilricordo di un tempo passato nelle festee nel divertimento, con i soldi che lacoca permetteva di procurarsi, non aiu-tava i giovani a pensare in un’altra pro-spettiva. Fu in quel momento che il Si-gnore mi ispirò di chiedere a dei giovanicatechisti della parrocchia della città diHuànuco, dove avevo lavorato prece-dentemente, se accettavano la sfida divenire a collaborare in questa zona peranimare e accompagnare la gioventù. Non solo ebbi una risposta positiva, macapirono bene quale doveva essere lavera motivazione. Dal nome che si sonodati loro stessi: “locos de Cristo”, accet-tavano questo invito alla missione con

me sacerdote, solo per amore a Cristo.Sparsi a vivere nei diversi paesi, questicatechisti hanno saputo far crescerevari gruppi giovanili che diventavanopoi animatori delle loro comunità cri-stiane.Tutto questo ha dato una spinta nuovadi entusiasmo e di profondità alla miavita missionaria. Arrivare in ogni paesee trovare riunita la comunità cristianacon la presenza dei giovani era per meun motivo di gioia, che nutriva ancora dipiù la mia vita sacerdotale missionaria.Non solo, ma gli stessi giovani poi miaccompagnavano nei paesetti più piccoliper fare con me la missione e continuarlapoi loro stessi con fedeltà ogni domeni-ca.Questa esperienza mi ha permesso diandare in profondità e sperimentare labellezza del mio sacerdozio nel poterdare un messaggio di speranza e divita, ma anche nel ricevere da loro en-tusiasmo, creatività e forza nella missione. Quanto cammino fatto! Ed ora che mitrovo fisicamente lontano da questi gio-vani catechisti con i quali ho lavoratoper parecchi anni, la fedeltà da parteloro, che continua anche nelle nuovesituazioni in cui ognuno si trova a vivere,mi procura una serenità e una paceprofonda. Mi scriveva uno di loro tempofa: “Noi ti ringraziamo non per quelloche hai fatto o per quello che ci haidato, ma per quello che sei stato pernoi”. Le parole di Gesù che diceva agli apostoli:chi ha lasciato tutto riceve il centuplo, iole sento avverarsi nella relazione chemi lega a questi giovani e a tanta gentecon la quale abbiamo fatto un camminodi fede e di fraternità.Ringrazio la Vergine fedele che nel-l’ascolto della Parola mi ha insegnato acredere che la Parola si fa vita in me,sacerdote missionario al servizio deglialtri, e in tanta gente che con me havissuto questo cammino di ascolto peravere vita e vita in abbondanza.

P. Santino Brembilla

missionario monfortano

Superiore Generale

La missione che ti porta “altrove”

“Grazie per quello che sei stato per noi”Essere preti con il cuore nel mondo per una passione senza confini

Segno particolare:missionario

Gli atti dell’86° convegno mis-sionario diocesano sono dispo-nibili presso il CMD. La raccoltapermette di poter rileggere edapprofondire gli interventi al con-vegno ed offre possibilità di con-fronto e formazione all’internodel gruppo missionario parroc-chiale.

Alcune proposte per il nuovoanno pastorale, i sostegni a di-stanza e l’invito al “Sassolinonella scarpa” concludono la pre-sentazione del sussidio.

I gruppi missionari presso ilCMD sono invitati a ritirare que-sto strumento per condividere ilcammino dell’animazione pasto-rale della Diocesi.

Page 9: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Pagina 9

Missione: sacerdoti per il mondo

Un po’ alla volta molti si sono fattil’idea che “il missionario” è il “prete

missionario”. Ma non é cosí. Non é stato così all’inizio: missionarioé il semplice cristiano. I primi missionarisono stati dei laici: hanno fondato le co-munità di Antiochia, Alessandriad’Egitto, Roma. Lo si rileva dagli Attidegli Apostoli. E anche dopo, lungo i secoli: monaci,emigranti, viaggiatori cristiani hannodiffuso il Vangelo...È così anche adesso: é vero che  il “vo-lontariato missionario” é una riscopertaabbastanza recente, ma sarebbe belloscrivere una storia della missione por-tata avanti da laici. Sicuramente c’é,ma non ho avuto tempo, nè modo dileggerla. A me, peró, é toccato in sorte, per gra-zia e misericordia di Dio, di essere“prete-missionario”. E devo dire che,come prete-missionario, ho potuto faretante cose che fanno gli altri missionarinon preti: organizzare, costruire, an-nunciare il Vangelo, testimoniarlo conla vita.Ma c´é una cosa che solo io, solo ioprete, ho potuto fare: chiamare Gesú anascondersi nell’Ostia, e da lí offrirlo aifratelli. Ricordo sempre con emozione la miaprima messa nel 1953. Non c’era stataancora la riforma liturgica del Concilio,e durante l’ordinazione non si concele-brava. Lontato dai miei, in una catte-drale in costruzione, fredda e semi-vuota, erano le 7 del mattino. A quel-l’epoca non si facevano molte feste perl’ordinazione, specialmente se l’“italia-nito” ventitreenne, venuto da lontano afare il missionario, era praticamentesconosciuto dalla comunità. E così, laprima messa la celebrai il giorno dopo,nella cappellina del pre-seminario diSalto, totalmente vuota,  assistito soloda un compagno bergamasco, d. An-drea Imberti, che era stato ordinato

l’anno prima. Lui mi dirigeva, mi insegnava... comese fosse una prova, un “ensayo” di-remmo qui oggi: ma non era una prova,era vero!Mi é sempre rimasta nel cuore quellaprima messa, in solitudine, con l’imba-razzo e lo stupore di pronunciare paroledi fuoco e fare gesti fino a poche oreprima totalmente sterili e adesso tre-mendamente efficaci. Penso adesso che é stato meglio cosí,con più concentrazione, meglio chenelle festose - troppo? - prime messedi oggi. Mi é rimasta nel cuore la coscienza chelì incominciava il mio contributo speci-fico alla missione. Solo io avrei potuto continuare a offrirequesto “pane” per la vita del mondo atanti fratelli. Predicare, organizzare, co-struire, viaggiare... tanti altri come mee meglio di me: ma l’Ostia Santa, soloio, solo il prete.Ho poi celebrato in tanti luoghi, in pic-cole chiesette di campagna, in catte-drali, sulle Ande o nella brousse afri-cana e la pampa argentina, in  chieseparrocchiali, nell’anonimato di  un al-bergo di Pechino ai tempi di Mao, inuna trentina di nazioni e in 4 continenti,in San Pietro a Roma e nella bella chie-setta di Casale d’Albino, a Montevideoe a Cochabamba, davanti a assembleenumerose o, il più delle volte, con ungruppetto di cristiani.Paramenti classici o fantasiosi, luoghibelli o inospitali, fedeli di razze diverse,lingue più di una, a volte rifugiandominel vecchio, ma sempre sicuro latino, avolte balbettando qualcosa in inglese oin suhahili  o in quechua. Ma le “paroledi fuoco”: “Questo é il mio Corpo, pren-dete e mangiate” sono state sempre lestesse. E sempre con la stessa inim-maginabile efficacia.Avrò fatto anche tante cose: organiz-zato, costruito, insegnato, avrò fatto

tante cose  inutili, cose che col progre-dire della teologia missionaria  forseadesso si scartano, avrò fatto anchetanti errori, avrò speso forze e paroleche il vento e il tempo portano via, maGesù, Gesù l’ho fatto scendere conme, sulle Ande o a Pechino, nelle pam-pas o nelle favelas, nelle assembleeentusiaste e nei gruppetti sparuti e avolte annoiati. E il miracolo di quelfreddo e solitario mattino del 7 dicem-bre 1953 é andato avanti, offrendo neideserti della vita di oggi un pane mi-gliore che la manna di Mosè. Il Signore mi fa la grazia, dopo tantianni, di sentire ancora l’imbarazzo, lacoscienza della mia inadeguatezza,  lostupore di vedere nelle mie poveremani Colui che muove il mondo. E in quei brevi momenti, nelle quieteore di solitudine o nella stanchezza cheviene con me fra centinaia di persone,nel silenzio di un ospedale o nel fra-stuono di carovane carnevalesche, chestrombazzano davanti alla mia chiesa,risuonano dentro di me, dalle caver-ne della memoria e dal profondo delcuore i sentimenti di quell’ormai lontanoe solitario mattino del 7 dicembre: soloio, solo io posso fare questo!Lo so bene che la  missione é più diquesto, i suoi risvolti sono infiniti, le sueespressioni molteplici, i suoi orizzontisconfinati: forse mi sbaglio, ma penso- o meglio sento - che il centro dellamissione é proprio questo. E’ probabile che presto dovrò farlo nonsulle Ande o nelle Pampas, ma in qual-che infermeria per missionari reduci eabbacchiati. Ma anche lì potrò conti-nuare a essere missionario, attaccatoal “centro della missione” e protagoni-sta dello stesso. Con la Santa Ostia frale dita ormai stanche, ma ancora con lostesso stupore nel cuore.

don Silvano Berlanda

sacerdote fidei donum in Uruguay

Una testimonianza trepidante nella consapevolezza del dono

“Solo io”: meditazionidi un prete in missioneIl prete ed il miracolo continuo dell’Eucaristia

Page 10: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Presbitero: uomo consacrato per unservizio, un ministero nella comunità

cristiana e perché no, per il Regno diDio! L’esempio classico di tutti i servizisi incontra nel Vangelo di Giovanni allalavanda dei piedi: “Mi chiamate Signoree maestro e dite bene, perché lo sono!Se dunque io, Signore e maestro,quanto più voi dovrete lavarvi i piedi gliuni gli altri!”

Ministero chiama pertanto a due poli:Dio, rivelato in Gesù, e la comunità cri-stiana. Seguire l’esempio di Gesù, ser-vire la comunità, l’umanità. E qui é bello riprendere lo slogan di Apa-recida, la 5a Conferenza Episcopaledell’America Latina: “Discepoli e missio-nari di Gesù Cristo, perché in Cristo i no-stri popoli tengano vita”. Presbitero,discepolo e missionario!

E perché non riprendere, per pen-sare il prete, le parole del Concilio Vati-cano IIo: Chiesa popolo di Dio, cheassume le gioie e le speranze, le ango-sce e le tristezze dei popoli, che vivedella parola di Dio e della vita liturgica!

Essere prete é sentirsi parte del po-polo, é credere che la Chiesa é fattacome un’orchestra polifonica di voci estrumenti, ad ognuno il proprio ruolo,senza interferenze, ma cercando di inte-ragire, rispettare, ascoltare, dialogare,spronare...Da qualche parte, non so citare l’autore,

in questi giorni ho letto che il prete noné la sintesi di tutti i ministeri, ma do-vrebbe avere il ministero della sintesi. Equesto per me significa che il presbiteronon deve sapere e orientare tutto, madeve saper cogliere e approfittare dellacollaborazione di tutti, perchè il Regno diDio si costruisca e appaia un poco piùvisibile nel nostro mondo!

E in questi tempi di pluralitá di propo-ste e di progetti di vita, nell’indifferenzache sembra prendere piede e travolgeretutto, è importante il darsi tempo per co-struirsi come cristiani e come ministri delSignore non deponendo fiducia nei moltimezzi, nella tecnologia e nell’attivismo,ma avendo come riferimento Gesù.

Come Vita Religiosa Consacratastiamo preparandoci per un’assembleagenerale e lo slogan che ci é proposto é:“Tenere gli occhi fissi in Gesu, l’autore e

il consumatore della nostra fede”. Fis-sare gli occhi in Gesù non significa illu-sione, ma riscoprire il suo progetto divita, la sua presenza nella situazionereale delle persone: “i ciechi, i sordi, glistorpi, con un’unica certezza: lo Spiritosta su di me, Lui mi unge, mi consacra,mi invia. (cf Lc. 4).

Se questo é per la vita consacrata,penso possa servire anche per la vitasacerdotale: avere lo Spirito della Trinitáper essere inviati a servizio della vita! Ec’é qualcosa di più sacro dell’impegnoper la vita che Gesù ha detto volerepiena e abbondante per tutti?(Gv. 10,10).

Prete, l’uomo sintesi tra contempla-zione e servizio, tra discepolo e missio-nario e questo nella gioia del sapere etestimoniare in chi ha posto la sua fidu-cia.Il Signore morto e risorto sia il nostro pe-renne riferimento, con lui possiamo te-stimoniare l’amore per la vita, per ognivita, soprattutto se questa é minacciatae diminuita.

Insieme, nella diversità e nell’integra-zione dei nostri doni e servizi, possiamo,come Chiesa, manifestare al mondol’amore del Signore, il più grande appas-sionato della vita e dell’umanità.

Suor Isidora Bertoli

suora di “Maria Bambina”

missionaria in Brasile

Quando i conti si fanno con la vita quotidiana si diventa credibili

tra la gente è il ministeroIl racconto appassionato di due religiose riempie di luce la presenza del prete

Pagina 10

Missione: sacerdoti per il mondo

lA GAllInA “CoCCodé”Domenica 9 maggio, giorno della Festa della Mamma, io e altri miei due compagni

missionari del gruppo di Telgate, abbiamo girato il paese vendendo torte, fiori e cartolineper sostenere le mamme malate di AIDS in Uganda. Il progetto è arrivato dal CentroMissionario di Bergamo: l’obiettivo era raccogliere fondi per acquistare le galline per lemamme dell’Uganda ammalate di AIDS. Abbiamo suonato ai campanelli di molte case:zii, parenti, ma anche persone che non ci conoscevano ci hanno accolto e così siamo riuscitiad acquistare ben 30 galline!

Quando ormai non avevamo più cartoline, siamo ritornati dal nostro animatore che era molto pre-occupato perché non sapeva che fine avevamo fatto: siamo riusciti anche a farci sgridare, anche se sottosotto era orgoglioso di noi e del nostro impegno ed entusiasmo.È stata proprio una bella esperienza e spero di riviverla l’anno prossimo.Matteo Ruggeri e tutto il gruppo di Ragazzi Missionari di Telgate.

Page 11: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Pagina 11

Missione: sacerdoti per il mondo

Vivere fino in fondo la propria vocazione

e' sempre possibile la conversioneUn cammino da fare insieme nella missione quotidiana

“Voi mi avete convertito”, diceva unsacerdote alla nostra gente,

dopo un’esperienza missionaria nellenostre comunità distribuite nel sertãodella Bahia, una regione spesso pro-vata dalla siccictà e dai difficili contatticon la cittá.

Era un rettore di seminario. Imme-diatamente dopo l’ordinazione era statoinviato ad aiutare nella formazione dinuovi padri in una delle diocesi del nor-dest brasiliano. E cosi non aveva maiavuto contatti diretti con il suo popolo(era anche lui nordestino).

Era tornato varie volte da noi per al-cune settimane durante il Natale e laPasqua, su invito del suo vescovo. Inuna parrocchia senza sacerdote, cometante della diocesi, il “parroco” eravamonoi suore. Così, almeno due voltel’anno, era una grazia avere un padrecon noi e celebrare insieme i sacra-menti.Andavamo da una comunità all’altra,senza avere molto tempo per respirare.La messa nelle cappelle rurali, tra lapolvere sollevata dalla terra secca cheda tempo non vedeva una goccia d’ac-qua. Le confessioni sotto una pianta dimango, perché l’ombra potesse al-meno rinfrescare un po´. Il pranzo conla gente che condivideva tutto ció cheaveva o non aveva, senza temere chemancasse per sé.

E, nel tempo libero, rimaneva connoi nella nostra piccola comunità di so-relle, condividendo la nostra vita co-mune di preghiera e il nostro lavoro.“Mi avete convertito”, ripeteva ognitanto. La vita della gente, del popolocon cui condividevamo la quotidianità,gli aveva fatto scoprire la bellezza dellasua vocazione sacerdotale: essere conla gente e per la gente, con la sempli-cità del pastore che va in cerca dellesue pecore e ha cura di ciascuna, nonimporta quando sia lontana dall´ovile.

“Anche voi sorelle – aggiungeva - miavete permesso di condividere la sem-plicità della vostra vita, della preghiera,della fraternità. Siete cosi diverse, mavi volete bene e amate la gente e nonvi stancate di divorare chilometri perandare incontro a tutti!”.

Così, prima di ritornare in seminario,ringraziava pubblicamente la gente inparrocchia: “Con voi ho cominciato aconvertirmi. Vorrei vivere qui, restaretra voi... ma un’altra missione mi at-tende. Oggi ritorno dai seminaristi conuna coscienza nuova del mio esseresacerdote: grazie per avermi insegnatocon la vostra vita ciò che sono chia-mato ad essere!”.

Non era diverso a San Paolo, in fa-vela. Immensi agglomerati di case unasull’altra, senza spazio per muoversi,né dentro né fuori!

Il parroco entra raramente nellestrette viette della periferia dove sipassa solo in fila indiana. E ascolta daaltri i racconti delle situazioni incontratelà dentro, tra pareti di case indegne diessere definite tali, sullo scolo dellafogna a cielo aperto, senza nessun di-ritto alla privacy. É un mondo triste-mente conosciuto per la violenza, il

traffico di droga e di armi. Eppure làdentro si nascondono tesori di vita piùtenaci della morte; segni di speranzacapaci di nascere laddove sembra es-serci soltanto posto per la dispera-zione.

Il padre arriva diffidente in una pic-cola comunità che sorge all’entratadella favela. I preconcetti arrivano primadi qualunque disponibilità all’ascolto equasi non lasciano spazio perché lagente possa raccontarsi al nuovo pa-store che da poco è arrivato come par-roco. Qualcuno lo invita ad averepazienza e accettare di ascoltare un po-chino la comunità, prima di definire “re-gole” liturgiche...

Lo fará e pochi giorni dopo anche luisarà là in mezzo per ascoltare, acco-gliere, avvicinarsi alle gioie e al doloredi tanti. E cosi scopre che é bello stareaccanto, che se ne esce più ricchi diprima, che vale la pena “sporcare lescarpe” e celebrare meno “canonica-mente”, ma piú vicini alla sofferenza ealla ricerca di tanti fratelli e sorelle cheattendono una parola di vita dal loro pa-store. “Grazie”: ripeterà tante, tantevolte. La presenza maschile nelle fa-miglie é quasi completamente assenteperché i mariti sono in prigione per traf-fico o sono stati uccisi violentemente.“Tu sei una donna e in questo mondonascosto là dentro é più facile per teavvicinarti e entrare nelle case. Grazieper la tua instancabile sete di incontrocoi fratelli e grazie per avermi coinvoltoin questa avventura.”. E il parroco im-peccabile “in cravatta”, preoccupatodelle norme del diritto canonico si tra-sforma in pastore attento e semprepronto ad andare là dove la vita chiededi essere accolta e aiutata a nascere.Un miracolo!

Suor Sonia Sala

missionaria del PIME in Brasile

Page 12: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

“Ecco, Io sono con voi tutti i giorni”.Nel lontano dicembre del 1985,

un giorno, un sacerdote si trovò ad“ispezionare” il costone sabbioso di unadelle sterminate colline della periferia diLima. Da pochi giorni, assieme ad altrifratelli e sorelle missionarie, tutti italiani,era arrivato in questa terra amata maancora tanto “lontana”, perché ancoradel tutto sconosciuta. Troppo prestoper sentirsi a proprio agio. In quel mo-mento quel sacerdote era, invece, piut-tosto appesantito da tutta una serie di“aggravanti”: lo spagnolo ancora moltotimido e impacciato, il cielo grigio e av-vilente, il tasso di umidità elevatissimoche appesantiva anche le idee, il cuoreche batteva forte per la faticosa salitae per il timore di percorrere per la primavolta quelle “tracce di strade”, tappeti disabbia sporca che si srotolano inmezzo ad un’infinità di case poveris-sime. Non ultima, la preoccupazioneche non fosse “curiosità irrispettosa”quella spinta interiore a guardare ogniangolo e ogni cosa, ogni volto e ognistoria per portarli dentro al cuore....

Proprio in quell’affanno, gli si avvi-cinò una signora: una giovane e poveradonna. Fece lei stessa il primo passo,andando verso quest’uomo ricurvo, cheteneva in mano una piccola valigia:“Scusi, per caso... è un Testimone diGeova? – No, signora, sono un sacer-dote cattolico” rispose stupito e illumi-nato il missionario, che continuò: “Stoandando in cima al cerro (collina) percelebrare la Messa”. “Allora – risposela signora con un volto illuminato – al-lora vuol dire che Dio non si è scordatodi noi!”. Quella donna divenne la suaprima fedele!“Allora, Dio non si è dimenticato dinoi!”... “Ecco, Io sono con voi tutti igiorni”

Sacerdozio e missione, consacra-zione e invio, sacramento e manifesta-zione... Al di là che sia proprio così (èper il mondo che siamo ordinati presbi-teri!), é proprio così che mi pare di ca-pire questa realtà tanto sublime e tantoimpastata di umanità. È una realtà,quella del sacerdozio e di ogni sacer-

dote, che è la stessa del Figlio di Diofattosi uomo: un Dio che, per amore enella gratuità, entra, e quasi si na-sconde, nel nostro limite per farloesplodere di infinito.

“Cosa si va a fare in missione?” è laprima domanda che sempre nascenella gente quando incontra un missio-nario. Certamente, anche se le attesesono di realizzare cose grandi e impor-tanti, in missione, in realtà, non si puòche fare poco, e si farà comunque sem-pre molto poco rispetto ai bisogniestremi in cui ci si imbatte avvicinandola vita dei fratelli più poveri: chi c’èstato, lo sa bene! Ma la stessa do-manda: “cosa si va a fare?” non è cor-retta in sé, perché rischia, ancora unavolta, di far guardare ai volti delle per-sone solo “in superficie”, senza vederviimpressa la sacralità di ogni storia, sto-ria che invece nasce dal Cuore e dal-l’Amore eterno di Dio che, in ogniuomo, vede Gesù: “Tu sei mio figlioprediletto” (Marco 1,11).

“Ecco, Io vi mando ad annunciare aipoveri la lieta notizia”: “Scusa, Gesù –mi verrebbe da chiedergli – ma... sei Tuche ci mandi, o sei Tu che vieni?! Micalo salviamo noi, il mondo!”.

Di fronte alla vastità devastantedella povertà e della miseria, avendovissuto per qualche anno alla periferiadi Abidjan in una serie di quartieri affol-lati come formicai, mi è venuto spesso

da pensare al senso di quello “stare lì”che trovava senso proprio nello “starelì”, nell’“esserci”: essere al tuo fiancoperché c’è un Altro che veramente eprofondamente sta al tuo fianco...

Inviati ai più poveri, consacrati perportare ai poveri la lieta notizia, affer-mare con la semplice presenza al co-spetto dell’altro il valore divino della suaesistenza: cosa volere di più bello dallavita di un sacerdote? Cosa c’è di piùbello nella vita di un sacerdote? Seiquel Gesù che si fa prossimo, vicino,che abbatte le barriere create dalla po-litica e dagli interessi, dalla paura... e “tifai prossimo”. Quell’Eucarestia per laquale sei ordinato, “la diventi” con il tuolasciarti mangiare, magari anche e pro-prio da chi ha solo fame di cibo, e nonpercepisce il valore di quel pezzo dipane che tu sei o gli proponi.

Ripenso ai tempi dei colpi di stato ea quelli più duri della ribellione in Costad’Avorio. Ricordo il rimprovero dell’Am-basciatore d’Italia nei confronti di noi,trecento missionari italiani, perché “sta-vamo disobbedendo tutti, proprio noi, ireligiosi” al pressante invito e richiamoper l’evacuazione. Poi, cambiandotono, aggiunse: “Bene... la mia parte diambasciatore l’ho fatta e dovevo farla.Come persona, devo dirvi però chel’Italia è fiera di voi! Nessuno di voi halasciato il proprio posto, la propriagente! Grazie per questa vostra grandee coraggiosa testimonianza silen-ziosa!”.Niente supera il valore, e la gioia, dellapresenza! “Ecco, Io sono con voi tutti igiorni...”

Ricordo che, giungendo la primavolta in Costa d’Avorio, mi racconta-rono la semplicità serena (= fuori ditesta!) con la quale un sacerdote fran-cese sulla novantina, che viveva an-cora da solo in una serie di villaggi alnord del Paese, durante un incontro af-fermò, a testa alta, che lui, la malaria,l’aveva presa cento volte! Di fronte allerisate e ai mormorii che scoppiarono trai presenti per questa sua affermazione,apparentemente esagerata, l’anzianomissionario riprese con la calma di chi

Un rincorrersi di emozioni nel vivere il dono ricevuto

prete…senza soluzione di continuitàIn punta di piedi per imparare il ministero

Pagina 12

Missione: sacerdoti per il mondo

Page 13: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

sa quello che dice: “Scusate, io, la ma-laria, la prendo in media cinque voltel’anno: è da vent’anni che mi trovo inCosta d’Avorio... !!”. Era una storiellache sapeva di assurdo, sembrava unracconto epico della notte dei tempi...invece era storia vera! Vera come veroera l’esserci gioioso di quel sacerdotemissionario per quella gente, per queivolti. Verità dell’esserci, “aggravata”dalla realtà della malaria che, se in con-dizioni fisiche normali, ogni volta tiblocca dalle attività per almeno 15 – 20giorni, a novant’anni e con tutte quellevolte, non poteva che togliere ogni illu-sorio miraggio del fare: restava propriosolo l’esserci.

Siamo preti per l’Eucarestia, mal’Eucarestia “non si fa”: è Lui che viene“per stare”! E venendo ci fa “eucare-stia”, ci rende “eucaristici”, noi ministriin primis; e proprio a noi presbiteri in-segna e dà l’assurdo coraggio distare... “Stare... perché Io sono con voi

tutti i giorni... voi sacerdoti siete il Miostare nella vita di ogni uomo”.

Rientravo da una cappella, in untardo pomeriggio; c’era ancora luce evenne uno scroscio di acqua dal cielo.Ero in pullmino e, davanti a me, inmezzo alla strada, vidi una bambinetta,una di quelle che vendono frutta aibordi della strada, che trascinava dasola il suo banco di vendita – molto piùgrande di lei – per metterlo al riparo varimetri più in là, dall’altra parte della car-reggiata. La schiena le si inarcava dallosforzo e tirava, tirava. Io scesi dal miobel pullmino bianco, con la mia camiciabianca, io... bianco! In quella situa-zione, mi sentivo, e dovevo apparirle,come un autentico prodotto pubblicita-rio: sembrava fatto apposta, non avevoneanche l’ombrello! Mollato il pullminoin mezzo alla strada, mi avvicinai dicorsa, le presi il banco dall’altra parteper aiutarla a portarlo. Lei bagnata e in-credula, io sorridente e contento! “La-

scia, faccio da sola! – Non ti preoccu-pare, ti do una mano!” Visto che nonmollavo, iniziò a cambiare tono: “In-somma, lascia stare, ti ho detto! – orainiziava a comandare! – Ti bagni tutto!”Mi rimproverò come una madre...! “Etu, non ti sei bagnata tutta anche tu?!”Cedette con uno sbuffo al mio sorrisoinsistente, come a dire: “Non capisceniente, questo qua!”

È uno dei ricordi più belli e simpatici,una delle gioie più grandi che porto nelcuore. Non ci siamo più rivisti, lei nonveniva in chiesa che pure era lì, a pochimetri dal suo banchetto di vendita dellafrutta...

Sacerdoti per l’umanità, preti perogni uomo, consacrati per i più poveri...la gioia di esserci nella vita dell’altro,perché Lui, Gesù, Lui, il Figlio con ilPadre e lo Spirito Santo, c’è nella vitadi Ognuno di noi.

p. Marco Gambardella

missionario della Comunità di Villaregia

Pagina 13

Missione: sacerdoti per il mondo

terre e trameFormazione adolescenti e giovani.

Negli ultimi mesi si è costituita l’equipe terre e trame, un gruppo diricerca e formazione rivolto ai percorsi dei giovani degli oratori e dellescuole.L’equipe è composta da operatori laici che hanno messo in comune le espe-rienze e le proposte formative di realtà che operano per la promozione e latutela dei diritti umani, la diffusione di una cultura della solidarietà, dell’ugua-glianza, dell’integrazione, della cooperazione internazionale e della soste-nibilità ambientale, sociale, economica e culturale.

Fanno parte dell’equipe Terre e Trame: Centro Missionario Diocesano,Celim Bergamo, Cooperativa Ruah, Ufficio per la Pastorale dell’Età Evolu-tiva, Segretariato Migranti, Associazione Websolidale “Cambiare il mondocon un click”.L’equipe propone percorsi di formazione per insegnanti ed educatori, per-corsi didattici, laboratori per ragazze e ragazzi, attività di consulenza perprogrammi di ricerca, attività di scambio e conoscenza tra scuole e gruppiitaliani, europei e del Sud del mondo, concorsi e mostre.Le aree tematiche che si svilupperanno nel 2010/2011 sono: diritti umani,intercultura, multiculturalità e consumo consapevole, media e tecnologiadell’informazione e della comunicazione.

Per avere tutte le informazioni sui tempi, costi e modalità di adesione alleproposte formative, ai percorsi didattici e ai laboratori contattare Michele alcmd tel. 035.4598480; mail: [email protected]

Carissimo Mons. Angelo,

25 anni di generoso, intenso edinfaticabile episcopato. Il grazieunisce la chiesa di Bergamo e laChiesa di Bolivia. Una ti ha gene-rato alla fede ed al sacerdozio,l’altra ha maturato in te il donodella chiamata all’episcopato. Dal29 giugno 1985 ancora più in-tenso è il legame tra questechiese.

Al cuore del tuo ministero lecomunità campesine nel solco diquel tracciato che don Bepo, fon-datore del Patronato, ha scavatoin te nella risposta alla vocazione.

La nostra preghiera si fa in-tensa nel condividere questa ri-correnza che ci impegna ancoradi più nel vivere la missionarietà.

Auguri, mons. Angelo!

Tutto il CMD

Page 14: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

La vita di missione può essereun’esperienza di crescita per un

sacerdote solo se la sua giornata ènutrita della Parola di Dio, dalla pre-ghiera e dall’Eucarestia. Non saràuna vita sterile, solitaria, ma colmatada quella gioia che nasce dal donarsiagli altri.

L’incontro con culture e tradizionidiverse, che a volte si fa fatica a com-prendere e non sempre è facile ac-cettare, chiede di ripensare il propriomodo di essere, pensare, agire. Ed ècosì che la missione “spoglia” il sa-cerdote di tante belle idee e progettiche porta con sè e lo pone nella re-altà quotidiana di un popolo con lesue differenze, con i suoi problemi,insieme ai suoi valori e ad un cuoreche desidera incontrare Cristo.

Non è però sempre facile toglieretutte le scorze per arrivare all’animadelle persone ed è per questo che ilpresbitero deve calarsi nella realtàdel popolo a cui è inviato con tutte lesue contraddizioni ed amarlo cosìcom’è.

È, dunque, una crescita reciproca,uno scambio. Lui accetta la gente ela ama nella sua povertà materiale,ma grandezza di cuore e cresce nellaconsapevolezza che la propria mis-sione, anche se ardua, è importante.La gente coglie nel presbitero quei“segni” che l’aiutano a percepire ilgrande mistero di Dio.I momenti di solitudine ci saranno an-cora, ma non disturbano la sua paceinteriore. Il rimpianto per quello che ha lasciatoscompare. Rimane la voglia di vivereed amare la gente alla quale è statoinviato, non importa se poveri, diven-tando uno di loro, nella condivisionedelle loro semplici gioie e delle lorosofferenze.

Occorre, però, imparare ad ingi-nocchiarsi davanti al Crocifisso, perattingere la sua forza ed allora tuttodiventa esperienza di vita e vita

piena. La povertà, la mancanza ditante cose, non tolgono pace e sere-nità, perchè ce ne sono tante altreche compensano queste: la dignitàcon la quale la gente vive povera, lacapacita di essere solidali con chi e’ancora più povero, la forza con laquale sopportano le sofferenza, il de-siderio di conoscere Cristo e di farloentrare nella vita di ogni giorno, lagioia di accontentarsi del poco e digioire per la pioggia, la luna piena, ilprimo raccolto.

Queste esperienze sono matura-zione per il sacerdote che sperimentanon la carenza di mezzi materiali, mala ricchezza delle relazioni umane,degli incontri, dell’ascolto e del silen-zio.

La missione, certo, chiede tanto,specialmente al sacerdote, ma dà an-cora di più da parte della gente chelo ammira e vuole che sia un uomo diDio nel suo modo di fare, parlare,agire, vivere. Il suo esempio è quelloche attira la gente ad incontrarsi e co-noscere il Signore più profonda-mente. Di certo per il presbitero africano èpiù arduo essere coerente con lo stiledi vita che il suo ruolo comporta. Lacultura africana fatica a capire lascelta di vivere da soli, di non formareuna famiglia. È difficile per loro con-cepire che la famiglia del sacerdotesono tutte le persone della missione

e che questo è sufficiente per daregioia e serenità, per sentirsi uomocompleto in una famiglia “allargata”che non lo lascia mai solo, che lo so-stiene e lo rende “uomo di Dio”,pronto ad aiutare tutti indistintamente.Uomo che ogni giorno celebra l’Eu-caristia, ogni giorno si inginocchia da-vanti al Crocifisso per portargli iproblemi della sua famiglia, che è laparrocchia.

In questo contesto di scambio, ilsacerdote dà e riceve, cresce edaiuta a crescere. Forse questo “stile sacerdotale” haqualcosa da suggerire anche ai pretidelle nostre parrocchie italiane, sem-pre impegnati, con l’agenda elettro-nica che parla da sola, con l’ansia didover rispondere a tanti e reali pres-sioni. Una stretta di mano, un po’ ditempo perso per ascoltare, unapausa per la condivisione deglisguardi, un gesto di prossimità a chivive nella sofferenza. Una “pastoralemissionaria” che davvero realizza ildono del presbiterato.

L’esperienza della missione, chenon ha connotazioni geografiche madi servizio, arricchisce il sacerdote econtemporaneamente arricchisce lasua gente. Le gioie che nascono sonomolte, quando si preparano per i sa-cramenti centinaia di catecumeni,quando si portano all’altare le coppieper ricevere il sacramento del matri-monio, quando si vedono molte per-sone anziane che prima di morirevogliono ricevere il battesimo, quandosi viene chiamati per dare l’ultimo sa-luto. E tutto questo è realtà ovunquevive la Chiesa.

Queste sono le gioie del sacerdoteche lo portano a benedire e ringra-ziare il Signore per il dono della voca-zione sacerdotale, un dono grande da“condividere”.

Suor Graziella Dolci

missionaria comboniana in Uganda

Pagina 14

Missione: sacerdoti per il mondo

Che ci sia una provocazione anche per i preti delle nostre parrocchie?

“Spogliarsi” di tutto ciò che è inutileUn ministero che sceglie di farsi prossimo per vivere l’intensità del servizio

Page 15: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Come “Suore del Bambino Gesú” da18 anni siamo presenti in Bolivia.

Dall’inizio lavoriamo nell’area rurale eda pochi anni anche nella cittá di Po-tosí.

Nel campo ci dedichiamo maggior-mente alla formazione delle “giovanicampesine”, accompagniamo nella for-mazione cristiana nelle scuole e cu-riamo la preparazione ai sacramenti indiversi luoghi della zona di Azángaro.

Questo lavoro ci ha dato sempre lapossibilità di lavorare e collaborare coni sacerdoti della diocesi.

Il clero diocesano ha cambiato fisio-nomia nella diocesi da quando siamoarrivate qui. All’inizio la maggior partedei sacerdoti erano stranieri, poi, pocoa poco, sono nate delle vocazioni. OggiPotosí ha giovani presbiteri locali.Resta il fatto che tuttavia sono pochi,soprattutto per le zone del campo, chenon si riesce a raggiungere. Ci sonoluoghi in cui il sacerdote riesce ad an-dare solo una volta all’anno, oppureuna sola volta nella vita...

La nostra relazione con i sacerdoti

della diocesi é fraterna. Facciamo sìche la nostra casa sia sempre apertaper loro, affinché si sentano accoltiquando vengono a trovarci. Questoaiuta a vivere una buona collabora-zione soprattutto per quanto concernel’individuazione degli impegni e dei luo-ghi dove noi andiamo per preparare aisacramenti, poiché viviamo la nostramissione di suore del Bambino Gesú inunitá con la diocesi, nei differenti modie realtà: Infanzia Missionaria, Pastorale

giovanile, Comunitá di Base, Promo-zione della donna, etc...

Siamo convinte che la nostra colla-borazione e condivisione della mis-sione con i sacerdoti li aiuti nella lorovita sacerdotale.

La vita comunitaria che conduciamoci fa essere attente e vigilanti nei con-fronti della realtá e della missione. Que-sto ci permette di confrontarci esostenerci nel vivere un’unica mis-sione.

Vivere la missione in unità aiutaanche i sacerdoti a sentirsi meno soli,sostenuti, accompagnati. Questo per-mette di vivere la missione con più en-tusiasmo, senza fermarsi all’insuccessonel vedere pochi frutti e sentendo lapresenza di qualcuno nella dispersioneche la missione richiede. Ci sentiamodunque necessari gli uni per gli altri neldono dello Spirito che in ciascunoopera i prodigi della missionarietà.

Suor Giusy Manenti

suora del “Bambino Gesù”

missionaria in Bolivia

Pagina 15

Missione: sacerdoti per il mondo

Una religiosa ed una missionaria laica raccontano il “prete in missione”

Condividere per vivere il ministeroNon si è mai sacerdoti da soli, ma con la comunità, per il popolo di Dio

Anno pastorale 2010-2011Alcuni appuntamenti da ricordare

Sabato 25 settembre

ore 15.00 Incontro d’inizio anno pastorale per i gruppimissionari, presso il cmd:“Parrocchia missionaria e noi cosa ci stiamo a fare?”

Venerdì 1 ottobre

ore 20.30 preghiera missionaria presso il Santuario della Madonna della in occasione del 500° anniversa-rio dell’apparizione della Madonna.

Venerdì15 ottobre

ore 20.30 Consegna del crocifisso ai missionari par-tenti in seminario.

Domenica 24 ottobre

Giornata Missionaria MondialeMartedì 3 novembre

ore 15.30 Messa in ricordo dei missionari e benefat-tori defunti presso il Cimitero di Bergamo.

Fine novembre

“Illumina il mondo! Il tuo Natale al cuore della mis-sione”. Iniziativa di Natale.

Sabato 11 dicembre

ore 21.00 Concerto di Natale e Premio Beato Papa Giovanni XXIII° ai missionari presso la Basilica diS. Alessandro in Colonna.

Giovedì 6 gennaio 2010

Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria.Sabato 8-15-22 gennaio

ore 15.00 Percorso formativo per i gruppi missionaripresso il cmd.

Sabato 29 gennaio-5-12 febbraio

ore 15.00 Percorso formativo per animatori dei “Ra-gazzi Missionari” presso il cmd.

Sabato 19- febbraio-5 marzo- 2 aprile- 16 aprile

ore 17.00 Percorso in preparazione all’esperienza inmissione per i giovani presso il cmd .

Mercoledì 9 marzo

Mercoledì delle Ceneri, giornata di sostegno per lemissioni diocesane.

Giovedì 24 marzo

19^ Giornata di preghiera e digiuno per i MartiriMissionari.

Sabato 18 giugno

h 15 incontro per i gruppi a conclusione dell’annopastorale.

Page 16: centro missionario diocesano, gruppi missionari e ... · centro missionario diocesano, ... del suo lungo impegno come \fidei do - num] nella missione diocesana di Bo - ... cui credo

Pagina 16

Missione: sacerdoti per il mondo

Direttore responsabile:don Giambattista Boffi

Redazione:Via Conventino, 8 - 24125 Bergamotel. 035 45 98 480 - fax 035 45 98 [email protected]@diocesi.bergamo.itpromozionecmd@diocesi.bergamo.itwww.cmdbergamo.org

Aut. Tribunale n° 17 del 11/3/2005

Stampa:

CENTRO GRAFICO STAMPA SNC

A questo numero hanno collaborato:

Renza Labaa, Maurizio Cremaschi, Luigi Gritti,Alessandro Manenti, Sandro Peccati, SantinoBrambilla, Silvano Berlanda, Isidora Bertoli,Sonia Sala, Marco Gambardella, Graziella Dolci,Giusi Manenti, Sara Baroni Franca Parolini, Mi-chele Ferrari, Giambattista Boffi.

Garanzia di tutela dei dati personaliai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n.196/2003: i dati personali comunicati dagliinteressati sono trattati direttamente perl’invio della rivista e delle informazionisulle iniziative del Centro Missionario Dio-cesano di Bergamo. Non sono comunicatio ceduti a terzi.

Finito di stampare il 126 giugno 2010

PER SOSTENERE I PROGETTI:

� direttamente alla sede del CMD� tramite ccp n 11757242� tramite bonifico bancario

Banco di Brescia via Camozzi (Bg)IBAN:IT41G0350011102000000001400

In missione, come missionaria laica,vivo e lavoro sia con sacerdoti missio-

nari di origine europea, sia con preti lo-cali africani.

Penso che l’esperienza missionaria,basata sul “primo annuncio” e sulla dif-ficoltà di far passare il messaggio evan-gelico incarnando nelle tradizionipopolari e nelle diversità culturali,possa arricchire e mettere in discus-sione il “sacerdote” e la sua vocazionedi annunciatore della Buona Novella.

È facile essere testimoni in luoghidove la maggior parte crede, pensa eagisce come te e come ti aspetti chesia. In missione ci si trova di fronte apersone che non hanno ancora cono-sciuto o hanno cominciato da pocosentir parlare di Gesù, ma non sonoatei. Al contrario credono in “dei” di-versi, che vegliano sulla terra, sul cielo,sulla vita. Coloro che seguono la reli-gione tradizionale, chiamati animisti,credono nei riti, nei sacrifici per otte-nere grazie e situazioni propizie.Per un prete non è, dunque, facile!Deve prima di tutto conoscere la gente,le tradizioni, la cultura, per cercare ditradurre il messaggio evangelico inmodo che arrivi a destinazione.

Tradurre non solo nel senso dellalingua materna o locale, ma anche inesempi vicini alle loro storie di vita, per-ché possano essere compresi e vissuti,proprio come Gesù, che utilizzava leparabole che parlavano della vita quo-tidiana della gente.

Penso che “ritornare alle origini”,perché di questo si tratta, essere inviatiad annunciare la Buona Novella come

i primi Apostoli, in luoghi quasi scono-sciuti e in culture diverse, cambi anchela mentalità di un sacerdote, lo stile divita che diventa più essenziale, legatoa cose veramente necessarie per vi-vere e non alle mode del momento.

In modo particolare le sofferenze fi-siche, psicologiche e morali, i fallimenti,le insoddisfazioni portano a valorizzarela preghiera, la relazione intima ed ildialogo con il Signore, a rafforzare e farcrescere la propria fede sotto losguardo e la protezione della Provvi-denza.

In terra di missione il messaggioevangelico passa dapprima attraversoil soddisfare le necessità primordiali,come dar da mangiare a chi non ne ha,curare persone malate che non hannorisorse e mezzi per recarsi all’ospedaleo comperare le medicine, risolvere iproblemi familiari o di vicinato e poi sitraduce in annuncio della Parola di vita.

Non è facile, ma si deve essere coe-renti con ciò che si dice per essere cre-duti e suscitare “conversioni”, altrimentila gente distingue bene il dire dal faree te lo dice chiaramente: “Ma come?Dici che Gesù ci insegna a …. e poi tufai così. Come mai?”.

Questa gente mette alla prova ognigiorno la tua fede, il tuo “credo” e deviessere in grado di sostenerlo, ma so-prattutto di testimoniarlo attraverso leazioni di vita quotidiana, fatte di incontrie scontri, fatte di persone.

A volte ci si avvilisce, ma poi qual-cosa o qualcuno ti dice una piccola pa-rola che ti ridà coraggio e forza percontinuare.

In questo anno sacerdotale anchequi si è riflettuto sulla figura del sacer-dote, sul suo essere testimone. Si ècercato di capire i punti forti e quelli de-boli di questa “responsabilità” nei con-fronti dell’annuncio del Vangelo.

Mi auguro che non restino solo delleriflessioni, ma diventino il punto di par-tenza di un cammino condotto insieme,mano nella mano, sulle strade della vitaquotidiana, dove Gesù, lui stesso perprimo, ha cercato di far passare il mes-saggio di salvezza attraverso la vita diogni giorno.

Allora cari sacerdoti, coraggio! Nonsiete soli, i vostri fedeli cristiani vi so-stengono nella preghiera e collaboranocon voi nelle azioni, cercando di se-guire il vostro esempio. Non deludeteli!

Sara Baroni

missionaria laica in Cameroum

Un'esperienza preziosa di collaborazione

proprio attraverso la vita di ogni giornoUna missionaria laica che "lavora" con i sacerdoti della sua diocesi