Dialisi peritoneale

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Dialisi peritoneale

Secondo un’indagine del Censis in Italia circa 39.000 persone soffrono di malattie croniche del rene e ogni anno sono oltre 8.000 i malati costretti a ricorrere a trattamenti dialitici. Dal 1988 al 2000 è stato registrato un aumento del numero di casi di dialisi passando da 86 a 150 per milione di abitanti.1,2

Dialisi La dialisi è un processo artificiale per la purificazione del sangue dalle tossine. I metodi dialitici

sfruttano la diffusione attraverso una membrana semipermeabile e si differenziano in base al tipo di membrana utilizzata. Nel caso dell’emodialisi la membrana è artificiale (filtro di dialisi) mentre nella dialisi peritoneale è naturale ed è il peritoneo.

La dialisi peritoneale consiste nell’introdurre una soluzione ipertonica (liquido di dialisi) all’interno della cavità peritoneale. La soluzione viene lasciata per un certo periodo di tempo e poi viene drenata.

La membrana peritoneale è costituita da 2 foglietti quello esterno che si appoggia alla parete muscolare addominale (peritoneo parietale) e quello interno (peritoneo viscerale) che ricopre completamente i visceri dell’addome (fegato, milza, intestino, utero, ovaie). Il liquido di dialisi viene introdotto tra il peritoneo viscerale e quello parietale. La membrana è molto vascolarizzata, semipermeabile e funziona da filtro. Le sostanze contenute nei vasi sanguigni del peritoneo (urea, creatinina, acido urico) passano per diffusione nel liquido di dialisi attraversando la membrana in base alle dimensioni e alla carica elettrica.

Il liquido di dialisi deve essere sterile e deve avere una composizione nota: acqua, glucosio (75-250 mmol/l), sodio, cloro, potassio, calcio, magnesio e lattato. I soggetti con insufficienza renale cronica vanno incontro a iperfosfatemia e a iperpotassiemia. Per favorire la diffusione di questi elettroliti è importante che siano presenti nel liquido di dialisi in quantità controllata in base alle necessità del paziente. In alcuni casi elettroliti come il potassio potrebbero non essere contenuti nel liquido di dialisi. Il lattato diffonde dal liquido di dialisi al sangue dove agisce da sostanza tampone per regolare il pH. Il glucosio invece richiama acqua dal sangue per osmolarità. Aumentando la concentrazione del glucosio aumenta anche il passaggio di acqua.

Il liquido di dialisi viene lasciato in addome per un intervallo di tempo che va dalle 4 alle 6 ore, tempo necessario perché si raggiunga l’equilibrio tra liquido di dialisi e sangue. Successivamente la soluzione viene drenata e sostituita con altro liquido di dialisi. La manovra viene ripetuta fino 3 o 4 volte al giorno, secondo le necessità dialitiche del soggetto. Gli orari degli scambi possono essere adeguati alle esigenze lavorative e sociali.

L’introduzione e il drenaggio del liquido avvengono attraverso un catetere che viene inserito nell’addome con un intervento chirurgico (in anestesia locale o totale) e tenuto in sede per tutto il

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tempo in cui si utilizza la dialisi peritoneale. Prima di essere infuso il liquido di dialisi deve essere portato a temperatura corporea 37 °C.

La dialisi peritoneale può essere di 2 tipi: • la continuous ambulatory peritoneal dialysis (CAPD) che viene messa in atto di giorno con

tecnica manuale; • l’automated peritoneal dialysis (APD) che viene usata di notte, mentre si dorme, con l’aiuto di

una apparecchiatura apposita.

Continuous ambulatory peritoneal dialysis3 La dialisi peritoneale continua ambulatoriale può essere eseguita anche a casa, da soli o con

l’aiuto di un familiare. Per eseguire la manovra è necessario avere: • un tavolo e una sedia lavabili (plastica o formica) per appoggiare il materiale necessario allo

scambio di dialisi; • un’asta per appendere la sacca con la soluzione di dialisi; • uno scalda sacche; • un cestino per l’immondizia.

Gli indumenti indossati devono essere puliti e comodi, non devono essere stretti ma neppure troppo larghi e vanno evitati i maglioni pelosi. Il sistema CAPD può essere utilizzato anche in vacanza. In tal caso il soggetto deve avere con sé un numero di sacche pari al numero degli scambi. Se si rimane lontano da casa per un periodo lungo, le sacche possono essere recapitate a destinazione direttamente dal servizio o dalla ditta fornitrice.

La CAPD prevede principalmente 3 fasi: 1. carico, cioè l’introduzione per gravità della soluzione di dialisi nella cavità addominale. Per

favorire l’ingresso della soluzione bisogna mettere la sacca più in alto dell’addome del paziente; 2. scarico o drenaggio: la soluzione di dialisi satura viene fatta uscire in una sacca vuota. Per favorire

il drenaggio della soluzione bisogna sistemare la sacca più in basso dell’addome del paziente; 3. lavaggio delle linee.

E’ importante misurare il volume del liquido sia drenato sia introdotto perché dalla differenza si ricava l’ultrafiltrazione cioè la quota di liquido rimosso dall’organismo per ogni scambio; l’ultrafiltrazione giornaliera è la somma dell’ultrafiltrazione ottenuta da tutti gli scambi.

Uno scambio completo dura circa 20-30 minuti. Solitamente il primo si effettua al mattino e l’ultimo la sera prima di andare a dormire. L’orario è abbastanza libero e viene concordato in base alle esigenze lavorative e agli impegni personali del soggetto.

Automated peritoneal dialysis3 Con la tecnica automatizzata lo scambio di dialisi avviene automaticamente grazie a una

apparecchiatura alla quale il soggetto si collega la sera prima di andare a dormire fino alla mattina quando si alza. La durata del trattamento varia dalle 8 alle 10 ore per notte mentre il numero degli scambi effettuati dalla macchina dipende dalla prescrizione medica. Il numero di scambi viene stabilito in base al risultato degli esami ematici di valutazione della funzionalità renale residua, dalle prove di drenaggio del catetere e da prove di funzionalità peritoneali che vengono eseguite dal centro di dialisi all’inizio del trattamento e ogni 6 mesi.

La sera le procedure di montaggio e attacco all’apparecchiatura richiedono circa 25-30 minuti, mentre le procedure di stacco, al mattino al risveglio, richiedono circa 5 minuti. La macchina di dialisi è facilmente trasportabile perché può essere chiusa nell’apposito trolley, garantendo al paziente il massimo grado di libertà.

Criteri di scelta della dialisi Il paziente con insufficienza renale cronica viene seguito periodicamente durante i mesi o gli

anni di progressione della malattia. Giunti alla decisione di iniziare un trattamento dialitico, si stabilisce se esistono controindicazioni cliniche o psicologiche che possono precludere un tipo di dialisi rispetto a un altro (vedi tabella 1).

Se non ci sono controindicazioni cliniche, il paziente viene informato sulle tecniche di dialisi disponibili, sui vantaggi e gli svantaggi di una tecnica rispetto all’altra e viene messo quindi nelle condizioni di scegliere il trattamento da utilizzare.

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Le controindicazioni più frequenti alla dialisi peritoneale riguardano i soggetti con malattie dell’apparato gastroenterico, con obesità grave, BPCO grave (in quanto il liquido in addome spinge verso l’alto il diaframma riducendo ulteriormente l’espansione toracica) e quelli che hanno subito un intervento chirurgico addominale.

Tabella 1. Principali indicazioni e controindicazioni alla dialisi peritoneale3

Indicazioni Controindicazioni assolute Controindicazioni relative • soggetto che dichiara di preferire la

dialisi peritoneale rispetto all’emodialisi • soggetto che non vuole essere sottoposto

all’emodialisi • soggetto con insufficienza cardiaca con-

gestizia • soggetto con cardiopatia ischemica • soggetto con vasculopatia estesa • soggetto nel quale è difficile reperire un

accesso per l’emodialisi • soggetto che ha difficoltà a recarsi al

centro per l’emodialisi

• soggetto con aderenze addominali estese

• soggetto con stomie di tipo diverso, ernie o sventramento inoperabile

• soggetto con incapacità fisica o mentale (per esempio tremori o incapacità cognitiva)

• soggetto con corpi estranei intraddominali (protesi)

• soggetto con malattia intestinale cronica

• soggetto con infezioni estese della cute o della parete addominale

• soggetto con intolleranza all’ aumento di volume dell’addome

• soggetto obeso • soggetto con malnutrizione grave • soggetto con diverticolite frequente

Strumenti per la dialisi peritoneale Cateteri peritoneali

Il catetere peritoneale è in silicone. Ha 2 cuffie in dacron una situata in prossimità del peritoneo (cuffia interna o profonda) e l’altra vicina all’uscita sottocutanea (cuffia esterna o superficiale). Le 2 cuffie immobilizzano il catetere, grazie alla reazione infiammatoria sviluppata nei tessuti circostanti e alla successiva proliferazione di fibroblasti, e bloccano la diffusione batterica sia dalla cute sia dal peritoneo.

Il catetere per dialisi peritoneale è in silicone e può essere suddiviso in 3 segmenti: • esterno (o extra addominale) è la parte di catetere compresa tra l’orifizio cutaneo e il raccordo

di connessione alla sacca; • intramurale è la parte di catetere che attraversa l’addome dalla cute al peritoneo.3 A sua volta è

suddiviso in una parte sottocutanea (sino alla fascia del muscolo retto o alla linea alba) e una parte transparietale che attraversa il muscolo retto o la linea alba;

• intraperitoneale è la parte del catetere posizionata all’interno della cavità peritoneale. Il diametro è di 0,5 cm, mentre la lunghezza è di 45 cm: nella parte peritoneale vengono introdotti 20 cm, all’interno della parete addominale rimangono 10 cm, mentre all’esterno escono 15 cm.

La parte peritoneale oltre al foro terminale è dotata di numerosi piccoli fori laterali per facilitare l’entrata e l’uscita del liquido di dialisi. E’ importante che un accesso peritoneale adeguato: • faccia passare, in un certo intervallo di tempo, volumi importanti di liquidi (fino a 2.500 ml per

ogni scambio) all’interno e all’esterno della cavità peritoneale senza alterare la normale anatomia e fisiologia degli organi circostanti;

• blocchi il passaggio dei batteri (sia dall’esterno sia dal peritoneo); • garantisca la tenuta idraulica del sistema verso l’esterno (nessuno sgocciolamento); • mantenga la posizione inizialmente conferitagli dall’operatore; • abbia una buona stabilità chimica e fisica, non si alteri con l’uso di disinfettanti e resista a

trazioni, clampaggi, sfregamenti, flessioni, dilatazioni eccetera; • sia esteticamente tollerabile; • abbia un basso costo.

A livello dell’uscita cutanea del catetere (exit site), l’epitelio squamoso stratificato risale foderando lo spazio creatosi tra la cuffia esterna e il foro di uscita. Dopo un mese, la ferita chirurgica è guarita e sostituita da una invaginazione cutanea che può penetrare per alcuni centimetri attorno al catetere.

Anche a livello della cuffia interna l’epitelio squamoso semplice cresce attorno al catetere, penetrando attraverso la parete addominale sino alla cuffia interna.

Nella parte intramurale (tra la cuffia profonda e quella esterna) il catetere viene avvolto da uno strato di tessuto connettivo a forma di guaina robusta e biancastra, che avvolge il catetere.

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Il catetere e il liquido di dialisi possono essere fonte di disagio e fastidio. Per far sentire meglio il paziente si può suggerire di indossare una leggera guaina contenitiva o un sacchetto che contiene il catetere. E’ importante ascoltare con attenzione il paziente e cercare di rendergli meno fastidiosa la presenza del catetere.4

Sacche per la dialisi Il liquido di dialisi è conservato in sacche di plastica morbida, trasparente e di volume variabile

da 2 a 5 litri con concentrazioni che vanno da 1,5 a 4 grammi percentuali di glucosio. Sulla superficie esterna della sacca deve essere indicata la scadenza e la composizione della soluzione. Prima di utilizzare il liquido di dialisi si deve controllare che le sacche non siano scadute o rotte, che il liquido sia trasparente, privo di corpi estranei e che il sistema di connessione abbia le protezioni. Le sacche sono collegate al catetere con un sistema di raccordo e hanno un punto per l’iniezione di farmaci o per il prelievo del liquido di dialisi.

Quando si effettua il raccordo tra la sacca e il set bisogna avere la mani pulite, indossare una mascherina di protezione che ricopra il naso e la bocca e mettere sulle ginocchia del paziente un telo sterile, per evitare che il catetere venga a contatto con superfici contaminate.

Ogni mese le sacche vengono recapitate a casa del paziente. La quantità dipende dal numero degli scambi giornalieri effettuati. Le sacche devono essere conservate in un luogo fresco e asciutto secondo le indicazioni date dalla azienda fornitrice.

Assistenza infermieristica del soggetto in dialisi peritoneale

In condizioni di normalità il rene mantiene l’organismo in equilibrio eliminando le sostanze di scarto e garantendo una concentrazione corretta di elettroliti e acqua. Nei soggetti con insufficienza renale in fase terminale invece il rene non riesce più a produrre l’urina e si può avere un accumulo di acqua nell’organismo (iperidratazione). Per questo motivo in caso di insufficienza renale cronica avanzata è importante limitare l’assunzione di liquidi. La quantità consentita va valutata bilanciando la quantità di acqua introdotta con le bevande e gli alimenti e quella eliminata con le feci, la respirazione, la sudorazione e la diuresi residua. Il peritoneo non è in grado di controllare l’eliminazione di acqua come il rene quindi il paziente in dialisi peritoneale deve verificare con regolarità il suo stato di idratazione.

L’aumento della quantità di acqua nell’organismo si rileva con la presenza di edema, aumento ponderale, dispnea, ipertensione; la diminuzione invece si diagnostica in base alla presenza di crampi, stanchezza, ipotensione, polidipsia e rapida diminuzione del peso.

Di solito si definisce per ogni paziente dializzato il peso ideale da cui non bisogna scostarsi di più di 3 o 4 kg. La tolleranza a condizioni di iperidratazione o disidratazione è diversa da individuo a individuo ed è legata anche alle patologie associate (i cardiopatici per esempio hanno una tolleranza minore). La valutazione dello stato nutrizionale del paziente, per definire il peso ideale, viene eseguita dall’équipe e può comprendere diversi metodi: la valutazione dei cambiamenti di peso, il peso attuale, l’indice di massa corporea (BMI) e la valutazione della circonferenza della vita. Si può anche ricorrere alle interviste alimentari o chiedere al paziente di tenere il diario degli alimenti consumati, o descrivere cosa ha mangiato nelle 24 ore precedenti. Vengono utilizzati anche gli esami ematochimici quali l’albumina (che può essere influenzata dallo stato di iperidratazione), la transferrina, la proteina C reattiva (che può aumentare in presenza di infiammazione) e il colesterolo totale. Le indicazioni dietetiche variano in base agli esami di funzionalità renale.

Gestione dell’exit site In condizioni normali la cute che circonda il punto di uscita del catetere è un epitelio mucoso

rosa o scuro, a seconda del colore naturale della pelle. Non ci sono secrezioni (ematiche o purulente), croste, né tessuto di granulazione e alla palpazione il paziente non sente dolore.

Sebbene in letteratura non ci siano indicazioni univoche sul trattamento dell’exit site è consigliabile detergerlo a giorni alterni con soluzione fisiologica, coprire il sito con una garza pulita e tenere il catetere ben fissato all’addome. Alcuni antisettici come l’acqua ossigenata e i preparati a base di iodio possono essere citotossici. E’ preferibile quindi evitare di utilizzarli.3

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Prove di funzionalità peritoneale Per valutare la funzionalità del peritoneo e quindi l’efficacia della dialisi peritoneale, le linee

guida consigliano alcune prove di funzionalità da eseguire almeno una volta all’anno indipendentemente dal tipo di dialisi peritoneale utilizzata (APD o CAPD).

Il peritoneal equilibration test (PET) è utile per valutare la permeabilità del peritoneo sulla base del tempo necessario per ottenere l’equilibrio tra la soluzione di dialisi e il sangue. Conoscendo il tempo di equilibrio si può personalizzare il trattamento dialitico per ottenere la massima efficacia.

Le prove di drenaggio del catetere consentono invece di misurare i tempi di carico e scarico della soluzione di dialisi con l’obiettivo di ridurre i tempi morti e di personalizzare il trattamento.

Dieta7 Lo scopo della dieta in dialisi peritoneale è ottimizzare lo stato clinico dei pazienti mantenendo

un buon apporto nutrizionale. Di solito prima di iniziare il trattamento dialitico la dieta è a basso contenuto proteico (dieta

ipoproteica), ma una volta iniziata la dialisi bisogna modificare completamente le abitudini alimentari perché vengono perse molto proteine (in media 7-9 g al giorno) e nello stesso tempo sono introdotte molte calorie perché parte del glucosio contenuto nella soluzione di dialisi viene riassorbito.

La dieta del soggetto in dialisi peritoneale deve prediligere le proteine ai carboidrati. L’apporto di liquidi deve essere valutato con il medico in relazione alla funzionalità renale residua, cioè alla quantità di acqua che il rene riesce ancora a eliminare. In genere il soggetto che non urina più non deve assumere oltre un litro al giorno di liquidi. E’ importante spiegare al paziente che alcuni alimenti (per esempio frutta, verdure e minestre) sono ricchi di acqua. Se il paziente dovesse avere molta sete può essere consigliata una modica restrizione di sodio consigliando di cucinare senza sale e di aggiungerlo a cottura ultimata. I soggetti che soffrono di insufficienza renale presentano spesso iperpotassiemia e iperfosfatemia. L’aumento della potassiemia (concentrazione superiore a 6 meq/l) può portare ad alterazioni del ritmo cardiaco, talvolta gravi. E’ importante quindi mantenere l’introito entro range controllati (2.000-3.500 mg al giorno) e proibire i sali dietetici perché contengono potassio. In base al valore della potassiemia possono essere consigliati o proibiti cibi come le banane, le verdure e il cioccolato. Anche l’introduzione di fosforo deve essere controllata, quindi devono essere limitati latte, yogurt e formaggi.

Attività fisica L’attività fisica leggera e continuativa riduce il rischio di sovrappeso e di stitichezza, migliora il

metabolismo degli zuccheri e dei lipidi oltre a conferire una sensazione di benessere. In genere sono consigliate la bicicletta e le passeggiate, può essere indicata anche attività fisica di altro genere ma si raccomanda di parlarne prima con il medico.

Un soggetto in dialisi peritoneale può tranquillamente andare al mare e fare il bagno, l’unica precauzione è di rinnovare la medicazione dell’exit site quando si esce dall’acqua.

Educazione del paziente Le persone che devono essere sottoposte a dialisi peritoneale devono frequentare alcuni

incontri con il personale del centro dialisi per prendere confidenza con i dispositivi. Gli incontri possono avere luogo in ospedale o a casa del paziente purché l’ambiente sia confortevole e tranquillo, in modo che il paziente possa concentrarsi. Il training a domicilio può creare più problemi organizzativi, ma è l’ambiente più confortevole per il paziente.

Gli incontri di addestramento possono prevedere programmi diversi in base alle capacità di apprendimento del paziente o della persona che lo affianca nella manovra di scambio (spesso un familiare). In genere si impara a fare lo scambio di dialisi e il controllo dell’apparecchio automatizzato in 4-5 giorni. Vengono anche date informazioni sulla tecnica, il trattamento del catetere, le medicazioni, il sovraccarico idrico, la disidratazione, la peritonite, la dieta, la fornitura delle sacche e la conservazione del materiale. Al termine delle lezioni può essere utile fare una verifica delle nozioni apprese e della reale capacità di gestione pratica della tecnica. Sarebbe preferibile fare una verifica anche scritta (questionario) e conservarlo nella cartella clinica in modo da documentare l’apprendimento del paziente.

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Nei primi 6 mesi di autogestione della dialisi, è buona norma eseguire alcune visite al domicilio del paziente per sostenerlo psicologicamente e verificare che proceda tutto bene. Nel periodo successivo si può ridurre la frequenza delle visite domiciliari (una volta ogni 6 mesi). E’ importante però fare la supervisione durante lo scambio di dialisi e verificare che il paziente ricordi tutta la procedura. Si devono rispiegare le manovre dimenticate o quelle sulle quali il paziente non mostra molta sicurezza.8,9

Complicanze Le complicanze della dialisi peritoneale possono essere precoci o tardive. Il leakage cioè la fuoriuscita di dialisato dall’incisione chirurgica o dall’exit site è la principale

complicanza precoce. Per prevenirla bisogna lasciar trascorrere almeno 2 o 3 settimane dall’inserimento del catetere all’inizio della dialisi peritoneale, per dar modo alla ferita di chiudersi e alle cuffie in dacron di fissarsi ai tessuti.

La peritonite e l’infezione dell’exit site sono le complicanze tardive più frequenti. Il catetere peritoneale può avere problemi di funzionamento per alterazione della peristalsi

intestinale che può spostare la porzione intraperitoneale del catetere. Di solito il problema si risolve con la somministrazione di lassativi.

Peritonite Negli ultimi anni il numero di casi di peritonite è diminuito grazie ai sistemi di connessione

moderni che prevengono la contaminazione dall’esterno proteggendo il punto di connessione. L’incidenza di peritonite nei soggetti con dialisi peritoneale è molto variabile, ma è considerato

accettabile un tasso di 0,5 episodi/paziente anno.10 La peritonite esogena in genere è causata da un errore durante lo scambio.10 L’esecuzione

corretta delle procedure (eseguire il lavaggio sociale delle mani prima di effettuare lo scambio, indossare la mascherina e utilizzare un telino sterile) è la condizione indispensabile per prevenire la contaminazione del liquido di dialisi.

La peritonite può essere causata anche da infezione di una sede diversa dall’addome. I germi migrano nella cavità peritoneale e ne causano l’infezione. In questo caso solo il trattamento precoce dell’infezione originaria può prevenire e curare la peritonite.

Il liquido di scarico torbido è un segno sempre presente in caso di peritonite che può essere rilevata facilmente osservando in controluce il liquido scaricato. Si può ottenere una conferma della torbidità con l’esecuzione del cytur test: si immerge nel liquido da analizzare una striscia reattiva per la determinazione semiquantitativa dei leucociti. In caso di positività la striscia cambia colore in poco tempo. A questo segno principale si associano alcuni sintomi come: dolore addominale, nausea, vomito con rifiuto del cibo e febbre.

In corso di peritonite si può osservare anche una riduzione della capacità di ultrafiltrazione del peritoneo che comporta il rischio di ritenzione idrica e aumento di peso.

La peritonite, viene trattata con una associazione di antibiotici somministrati attraverso il liquido di dialisi o, meno frequentemente, per bocca o per via endovenosa dopo aver raccolto un campione del dialisato per eseguire l’esame colturale.3 Prima di scegliere la terapia occorre raccogliere un campione di dialisato ed effettuare la coltura, la conta cellulare e l’antibiogramma.

Infezione dell’exit site Non ci sono dati precisi sulla frequenza delle infezioni dell’exit site: i dati riportati in letteratura

oscillano da 0,05 a 1,02 episodi per paziente per anno. Tale discrepanza è legata a diversità di classificazione.11

L’infezione dell’exit site può essere acuta o cronica; l’infezione acuta (solitamente successiva a traumi o trazioni del catetere) si manifesta con dolore, edema, eritema, secrezione ematica o purulenta. L’infezione cronica dura più di 4 settimane e causa dolore, edema, secrezione purulenta, presenza di tessuto di granulazione.

E’ importante che il paziente sappia prevenire le infezioni dell’exit site e che in caso di infezione avvisi il personale del centro di dialisi per iniziare le cure tempestivamente.3 Occorre quindi consigliare al paziente di evitare i traumatismi poiché una lesione della cute è la prima porta di ingresso dei germi. I traumi possono essere causati dagli indumenti (cinture, pantaloni stretti), da trazioni accidentali o dalla pressione lieve ma costante della superficie rigida del catetere sulla cute sottostante. Per prevenire queste complicanze è necessario indossare abiti comodi e non

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troppo stretti, fissare il catetere alla cute con cerotti per evitarne la trazione e cambiare la posizione del catetere quando viene effettuata la pulizia, per evitare che si formino lesioni da decubito. Inoltre una buona igiene personale e l’uso di biancheria pulita sono molto importanti.

L’infezione dell’exit site, se trascurata, può estendersi anche al tunnel sottocutaneo, in questo caso può essere presente dolore alla palpazione del tragitto; se poi si estende fino al peritoneo possono comparire i segni della peritonite.

Il personale sanitario qualificato deve valutare la gravità della complicanza per decidere se fare un tampone sull’orifizio per esempio in presenza di pus o secrezioni. Inoltre l’esame del dialisato associato a coltura può stabilire se l’infezione si è estesa al peritoneo.

L’infezione dell’exit site viene trattata con disinfettanti o antibiotici per via topica o con antibiotici per via sistemica. Nell’infezione da batteri Gram negativi la terapia locale prevede l’uso di gentamicina pomata; in caso di Gram positivi le linee guida suggeriscono di utilizzare lo iodopovidone, la mupirocina o l’aureomicina.3 Possono essere somministrate la vancomicina e la teicoplanina per un periodo di 3 settimane, per via sistemica.

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Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 2002;2. 3. Società italiana di nefrologia. Linee Guida per la dialisi peritoneale. Giornale Italiano di Nefrologia

2003;20;109-28. 4. Pegoraro M, Geatti S. Standard europei per la pratica del nursing nefrologico. European Dialysis and

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8. Bernardini J, Price V, Figueiredo A. Peritoneal Dialysis patient training: peritoneal dialysis internationa. Clinical Journal of the American Society of Nephrology 2006;26: 625-32.

9. Castro MJ, Celadilla O, Munoz I et al. Home training experience in peritoneal dialysis patient. European Dialysis and Trasplant Nurses. Association European Renal Care Association Journal 2002; 28: 36-9.

10. De Vecchi A, Corciulo R, Salomone M et al. Strategie correlate al catetere per la prevenzione delle peritoniti in dialisi peritoneale. Linee guida. Giornale Italiano di Nefrologia 2007;24: 136-48.

11. Twardowski ZJ, Provant BF. Exit-site study methods and result. Peritoneal Dialysis International 1996;16:7.

12. Pacitti A, Mangiarotti G, Segoloni GP. Inserzione e gestione del catetere peritoneale. Società italiana di nefrologia 1999. http://www.sin-italy.org/imago/cathdp/cathdp.htm

13. Thomas N, Kuntzle W, Mc Cann M. The european care curriculum for a post- basic course in nephrology nursing. European Dialysis and Trasplant Nurses. Association European Renal Care Association 2004.

Dossier InFad – anno 2, n. 25, settembre 2007 © Editore Zadig via Calzecchi 10, 20133 Milano www.zadig.it e-mail: [email protected] tel.: 02 7526131 fax: 02 76113040

Direttore: Pietro Dri Redazione: Nicoletta Scarpa Autore dossier: Ivana Brizio, Nefrologia e dialisi ASL18 Alba (Cn)