Diagnostica strumentale - sunhope.it · La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una...

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1 II Capitolo 13 Esofago S. Tolone, G. Del Genio, L. Brusciano, V. Napolitano, L. Docimo Diagnostica clinica Nell’attuale pratica clinica si distingue la sintomatologia dell’MRGE in tipica e atipica o extraesofagea. I sintomi considerati tipici sono rappresentati dalla pirosi retrosternale e dal rigurgito, sintomi la cui specificità per l’MRGE può raggiunger rispettivamente l’89 e il 95% dei casi. La pirosi è definita dal paziente come sensazione urente (brucio- re) o trafittiva che esordisce in corrispondenza dello stomaco e dalla porzione inferiore del torace a livello del margine inferiore dello sterno e che risale verso il collo come una fiamma. In ogni modo, sarebbe preferibile far descrivere al paziente le sensazioni che sta provando; a volte i sintomi sono più caratteristici per la malattia peptica, la colelitiasi o una malattia coronarica. È im- portante inoltre chiedere al paziente quando insorge la pirosi e se è scatenata da particolari eventi. Infatti, questo sintomo può comparire subito dopo i pasti, a digiuno, in posizione orto- o clinostatica (fornendo ulteriori informazioni dunque sulla tipo- logia e la gravità dell’MRGE) o essere accentuata dalla flessione in avanti del tronco; oppure, può essere elicitata durante l’in- gestione di cibi solidi o liquidi. In quest’ultimo caso, se con gli esami strumentali (vedi oltre) sarà verificata la presenza di tale correlazione e la totale mancanza di associazione della pirosi riferita con i reflussi, si parlerà di pirosi funzionale, sintomo le- gato a un’ipersensibilità esofagea e a una sindrome dispeptica e non all’MRGE. Il rigurgito è definito dal paziente come la percezione di risalita del contenuto gastrico all’interno dell’esofago, anche fino alla cavità orale. Differisce dal vomito poiché non è preceduto da nausea, ma può indurla e non è accompagnato dall’attività muscolare addominale e intestinale. Il rigurgito può essere imme- diato (solitamente dovuto ad alterazioni organiche o funzionali alte) o tardivo (dopo i pasti è suggestivo per l’MRGE; quanto più è lontano dai pasti, invece, tanto più può deporre per una stenosi bassa); inoltre, il rigurgito può essere spontaneo o provo- cato dal paziente con particolari manovre. È utile anche lo studio della qualità del rigurgito; il sapore, per esempio, è l’elemento spesso discriminante per stabilire la provenienza del materiale refluito. Se il paziente lo riferisce come “acido”, è probabile la provenienza gastrica, se è “amaro” sarà possibile la presenza di bile, anche se non deve sfuggire l’evenienza di un sapore ama- ro dato dal fenomeno del ristagno intraesofageo dovuto a un diverticolo o ad acalasia. La presenza di cibo ingerito dovrà far pensare a una stenosi (di natura funzionale, come l’acalasia, o di natura organica, come un tumore) o a un diverticolo, mentre Le malattie dell’esofago possono essere di comune riscontro nella pratica clinica, di elezione e di urgenza; in particolare la malattia da reflusso gastroesofageo e l’ernia iatale hanno un’e- levata incidenza nella popolazione generale. Malattia da reflusso gastroesofageo La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di reflusso di contenuto ga- stroduodenale nell’esofago, con comparsa di sintomi in grado di interferire con la qualità della vita. Si stima che un sintomo correlato all’MRGE possa presentarsi al- meno 1 volta al giorno nel 4-7% della popolazione generale, e nel 34-44% almeno 1 volta al mese. L’incidenza dell’MRGE è stimata in 4,5 casi ogni 100.000 abitanti, con un marcato incremento al di sopra dei 40 anni. I meccanismi fisiopatologici alla base dell’MRGE sono molte- plici; contrariamente a quanto ritenuto un tempo, quello più frequente non è la riduzione del tono dello sfintere esofageo inferiore (Lower Esophageal Sphincter, LES), documentabile ap- pena nel 25% dei pazienti affetti da MRGE, ma la presenza dei rilassamenti transitori del LES (Transient Lower Esophageal Sphin- cter relaxation, TLESr), evidente nel 75% circa dei casi, associati o meno (a seconda della gravità della patologia) a un ridotto clearing esofageo o a un alterato svuotamento gastrico o alla presenza di ernia iatale. L’ ernia iatale si accompagna frequentemente all’MRGE e può dare origine ai classici sintomi del reflusso, contribuendo alla prolungata esposizione al contenuto gastroduodenale. Il mec- canismo con cui l’ernia iatale esporrebbe al reflusso comprende l’esposizione del LES alla pressione negativa della cavità tora- cica, diminuendone la pressione a riposo, con la formazione di un piccolo serbatoio gastrico sovradiaframmatico, che non riesce a vincere la pressione addominale, favorendo i TLESr e i rigurgiti precoci postprandiali. Per fare diagnosi di MRGE non è tuttavia sufficiente né necessaria un’ernia iatale, anzi molti pazienti con ernia iatale non hanno sintomi e non richiedono terapia. Fumo, abitudini dietetiche e comportamentali (pasti abbondan- ti, cibi ricchi di grassi, uso di caffeina, clinostastismo), farmaci, gravidanza e obesità possono esacerbare l’MRGE.

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II

Capitolo 13

EsofagoS. Tolone, G. Del Genio, L. Brusciano, V. Napolitano, L. Docimo

Diagnostica clinicaNell’attuale pratica clinica si distingue la sintomatologia dell’MRGE in tipica e atipica o extraesofagea. I sintomi considerati tipici sono rappresentati dalla pirosi retrosternale e dal rigurgito, sintomi la cui specificità per l’MRGE può raggiunger rispettivamente l’89 e il 95% dei casi. La pirosi è definita dal paziente come sensazione urente (brucio-re) o trafittiva che esordisce in corrispondenza dello stomaco e dalla porzione inferiore del torace a livello del margine inferiore dello sterno e che risale verso il collo come una fiamma. In ogni modo, sarebbe preferibile far descrivere al paziente le sensazioni che sta provando; a volte i sintomi sono più caratteristici per la malattia peptica, la colelitiasi o una malattia coronarica. È im-portante inoltre chiedere al paziente quando insorge la pirosi e se è scatenata da particolari eventi. Infatti, questo sintomo può comparire subito dopo i pasti, a digiuno, in posizione orto- o clinostatica (fornendo ulteriori informazioni dunque sulla tipo-logia e la gravità dell’MRGE) o essere accentuata dalla flessione in avanti del tronco; oppure, può essere elicitata durante l’in-gestione di cibi solidi o liquidi. In quest’ultimo caso, se con gli esami strumentali (vedi oltre) sarà verificata la presenza di tale correlazione e la totale mancanza di associazione della pirosi riferita con i reflussi, si parlerà di pirosi funzionale, sintomo le-gato a un’ipersensibilità esofagea e a una sindrome dispeptica e non all’MRGE.Il rigurgito è definito dal paziente come la percezione di risalita del contenuto gastrico all’interno dell’esofago, anche fino alla cavità orale. Differisce dal vomito poiché non è preceduto da nausea, ma può indurla e non è accompagnato dall’attività muscolare addominale e intestinale. Il rigurgito può essere imme-diato (solitamente dovuto ad alterazioni organiche o funzionali alte) o tardivo (dopo i pasti è suggestivo per l’MRGE; quanto più è lontano dai pasti, invece, tanto più può deporre per una stenosi bassa); inoltre, il rigurgito può essere spontaneo o provo-cato dal paziente con particolari manovre. È utile anche lo studio della qualità del rigurgito; il sapore, per esempio, è l’elemento spesso discriminante per stabilire la provenienza del materiale refluito. Se il paziente lo riferisce come “acido”, è probabile la provenienza gastrica, se è “amaro” sarà possibile la presenza di bile, anche se non deve sfuggire l’evenienza di un sapore ama-ro dato dal fenomeno del ristagno intraesofageo dovuto a un diverticolo o ad acalasia. La presenza di cibo ingerito dovrà far pensare a una stenosi (di natura funzionale, come l’acalasia, o di natura organica, come un tumore) o a un diverticolo, mentre

Le malattie dell’esofago possono essere di comune riscontro nella pratica clinica, di elezione e di urgenza; in particolare la malattia da reflusso gastroesofageo e l’ernia iatale hanno un’e-levata incidenza nella popolazione generale.

■■ Malattia da reflusso gastroesofageo

La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di reflusso di contenuto ga-stroduodenale nell’esofago, con comparsa di sintomi in grado di interferire con la qualità della vita.Si stima che un sintomo correlato all’MRGE possa presentarsi al-meno 1 volta al giorno nel 4-7% della popolazione generale, e nel 34-44% almeno 1 volta al mese. L’incidenza dell’MRGE è stimata in 4,5 casi ogni 100.000 abitanti, con un marcato incremento al di sopra dei 40 anni.I meccanismi fisiopatologici alla base dell’MRGE sono molte-plici; contrariamente a quanto ritenuto un tempo, quello più frequente non è la riduzione del tono dello sfintere esofageo inferiore (Lower Esophageal Sphincter, LES), documentabile ap-pena nel 25% dei pazienti affetti da MRGE, ma la presenza dei rilassamenti transitori del LES (Transient Lower Esophageal Sphin-cter relaxation, TLESr), evidente nel 75% circa dei casi, associati o meno (a seconda della gravità della patologia) a un ridotto clearing esofageo o a un alterato svuotamento gastrico o alla presenza di ernia iatale. L’ernia iatale si accompagna frequentemente all’MRGE e può dare origine ai classici sintomi del reflusso, contribuendo alla prolungata esposizione al contenuto gastroduodenale. Il mec-canismo con cui l’ernia iatale esporrebbe al reflusso comprende l’esposizione del LES alla pressione negativa della cavità tora-cica, diminuendone la pressione a riposo, con la formazione di un piccolo serbatoio gastrico sovradiaframmatico, che non riesce a vincere la pressione addominale, favorendo i TLESr e i rigurgiti precoci postprandiali. Per fare diagnosi di MRGE non è tuttavia sufficiente né necessaria un’ernia iatale, anzi molti pazienti con ernia iatale non hanno sintomi e non richiedono terapia.Fumo, abitudini dietetiche e comportamentali (pasti abbondan-ti, cibi ricchi di grassi, uso di caffeina, clinostastismo), farmaci, gravidanza e obesità possono esacerbare l’MRGE.

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inquadrabili come MRGE non complicata. Al contrario, i pazienti con comparsa di un primo episodio di MRGE dopo i 50 anni o con presenza ab initio di sintomi di allarme (odinofagia, disfagia, anemia, sanguinamento gastroenterico, iporessia, sazietà precoce, calo ponderale) devono essere tenuti in grande considerazione per una diagnosi differenziale. Nei pazienti con malattia avanzata, diverse osservazioni possono aiutare a identificare l’origine del disturbo. Per esempio, notare che il paziente beve continuamente durante la raccolta anam-nestica per facilitare la clearance esofagea può indirizzare verso un’ostruzione distale o un reflusso continuo. In caso di reflusso severo prossimale con rigurgito orale, possono manifestarsi al-terazioni della dentizione con erosioni (denti gialli per perdita della dentina), alterazioni cromiche della mucosa orofaringea o segni di sinusite cronica.

Diagnostica strumentale

Test PPI Un primo approccio diagnostico, in genere ben tollerato dal paziente, ma che tuttavia non può essere considerato di tipo strumentale è il cosiddetto test dell’inibitore di pompa protonica (Proton Pump Inhibitor, PPI), che si intende positivo per l’MRGE se dopo un breve periodo di terapia con PPI segue la riduzione della sintomatologia. Questa semplice valutazione può avere un valore diagnostico solo nei pazienti con sintomi tipici e senza segni di allarme, ma bisogna ricordare che un test PPI positivo non stabilisce con sufficiente sicurezza la diagnosi di MRGE e non esclude la presenza di altre patologie concomitanti.Il razionale per un corretto approccio diagnostico alla patologia esofagea, quindi, e non solo all’MRGE, prevede sempre l’esecu-zione di esami morfologici (come la radiografia dell’esofago con mezzo di contrasto e l’endoscopia) e poi quelli di tipo funzionale (come la manometria o la pH-metria delle 24 ore).

la presenza di muco può far sospettare un’esofagite cronica. Tal-volta (come vedremo in seguito) l’unico segnale della presenza del rigurgito è rappresentato dalla laringite per la comparsa di fenomeni infiammatori, senza che il paziente percepisca un rigurgito acido alto.La più comune presentazione (tipica), dunque, dei pazienti affetti da tale patologia include una lunga storia di reflusso con pirosi e breve storia di rigurgito; la pirosi, quando è tipicamente loca-lizzata nell’epigastrio e nella regione retrosternale, è un sintomo estremamente affidabile per la diagnosi. La presenza di rigurgito indica una progressione di malattia. Al-cuni pazienti non sono capaci di chinarsi senza avere il sintomo e dovrebbe essere fatta una distinzione clinica tra rigurgito di materiale indigerito e digerito, poiché il materiale indigerito è più spesso espressione di un diverticolo esofageo o di acalasia.Altri sintomi, tuttavia meno specifici, che si associano frequen-temente, sono la disfagia (vedi oltre), l’odinofagia (sensazione di dolore durante la deglutizione), il dolore toracico non cardiaco, le eruttazioni, l’aerofagia (eccessiva deglutizione di aria che può cau-sare distensione addominale, eruttazioni e flatulenza), la scialorrea (aumentata secrezione salivare, che assume maggiore consistenza, segno di ostacolo o di esofagite), il dolore epigastrico (epigastralgia), il gonfiore, la difficoltà digestiva. Alcuni di questi sintomi caratte-rizzano la diagnosi di dispepsia funzionale ed è frequente l’overlap sintomatologico nel paziente con MRGE.In aggiunta alla pirosi e al rigurgito, la disfagia è un importante sintomo da accertare, poiché potrebbe essere dovuta alla con-comitante presenza di un’ernia iatale, che rende difficoltoso il passaggio del cibo, o alla presenza (oggi più rara) di un’esofagite grave complicata da stenosi peptica, ma soprattutto potrebbe essere causata da un disordine motorio o da un tumore esofageo. Nei pazienti con MRGE, oltre ai comuni sintomi gastrointesti-nali descritti, possono essere presenti disturbi respiratori, che costituiscono la cosidetta sintomatologia atipica o extraesofagea (o ancora sovraesofagea). Circa il 30% dei soggetti con sintoma-tologia tipica per reflusso può avere anche segni extraesofagei, ma in meno del 10% dei casi. Meno della metà dei pazienti con sintomatologia laringea primitiva ha tipiche manifestazioni di bruciore o di rigurgito. In particolare, i sintomi extraesofagei che possono essere causati da reflusso gastroesofageo sono la tosse (solitamente stizzosa, non produttiva), l’asma notturno, la raucedine, la dispnea, il laringospasmo da aspirazione, il globo farin-geo (la sensazione di costrizione o di corpo estraneo alla gola). Il reflusso gastroesofageo che raggiunge le porzioni prossimali del canale digerente può causare talvolta, per la lesività del suo contenuto (non necessariamente acido, poiché la pepsina e i sali biliari possono ledere i tessuti a pH alcalino), la laringite posteriore, la fibrosi polmonare fino all’erosione dello smalto dentario (Tab. 13.1).L’esame clinico dei pazienti con MRGE non conferma la diagnosi. La scarsità dei segni locali impone infatti un’accurata raccolta di tutti gli elementi anamnestici riferibili ad affezioni dell’esofago. Solitamente i pazienti con sintomi tipici definibili lievi (ricorrenza dei sintomi meno di 3 volte la settimana; sintomi presenti da meno di 6 mesi in soggetti giovani; sintomi che non interferi-scono con le normali attività quotidiane; intensità dei sintomi definibile di grado 1-3 in una scala analogica da 1 a 10) sono

Tab. 13.1. Schema riassuntivo dei sintomi da malattia da reflusso gastroesofageo

Sintomi tipici

PirosiRigurgito

Sintomi atipici ed extraesofagei

Dolore toracicoDisfagiaOdinofagiaEruttazioniScialorreaEpigastralgiaAerofagiaDispepsiaTosseAsma notturnoRaucedineDispneaLaringospasmo

3capitolo 13 Esofago

manometria è considerata l’esame gold standard nello studio delle discinesie esofagee, tuttavia può fornire dati rilevanti anche nel caso di una sospetta MRGE. Fino a pochi anni fa, la manometria era eseguita utilizzando un catetere flessibile con rilevatori pressori (perfuso ad acqua o solido elettronico) e strutturato in due modi: con i rilevatori disposti in senso radiale allo stesso livello vicino all’estremità del catetere oppure disposti a intervalli di 5 cm seguendo la lunghezza del ca-tetere. Attualmente è in uso nella pratica clinica l’evoluzione della manometria tradizionale, la manometria esofagea ad alta risoluzione (High Resolution Manometry, HRM), che si differenzia dall’esame tradizionale in quanto il catetere manometrico presenta sensori di rilevazione pressoria a ogni centimetro, rilevando modificazioni lungo tutto il corpo esofageo, il faringe distale e lo stomaco pros-simale. Il software del dispotivo, in tempo reale, converte il valore pressorio da tracciato ondiforme a tracciato in scala di colori (contour plot), rilevando i dati pressori e dinamici dell’esofago con maggiore risoluzione, precisione e sensibilità; si velocizza inoltre l’esecuzione dell’esame e se ne migliora in maniera significativa la capacità di discriminazione clinica delle sindromi discinesiche di

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoÈ un esame ben tollerato dal paziente, in quanto non è in-vasivo; solitamente è effettuato utilizzando come mezzo di contrasto il bario, associato ad agenti effervescenti (per attuare una metodica a doppio contrasto), ma può essere eseguito con mezzi di contrasto idrosolubili nel sospetto di possibili lesioni di continuità della parete esofagea. La valutazione è frequen-temente di tipo dinamico, grazie alla tecnica cinematografica fluoroscopica, che consente di seguire e registrare l’esame du-rante tutta la sua durata. Per quanto lo studio radiografico possa anche evidenziare, con la posizione di Trendelenburg, alcuni episodi di risalita del mezzo di contrasto dallo stomaco in esofago, lo scopo è in realtà quello di determinare l’anatomia esterna dell’esofago e dello stomaco prossimale e di escludere la presenza di discinesie.Si può, infatti, stabilire la presenza e la taglia di un’eventuale ernia iatale associata, ma soprattutto si possono escludere alterazioni anatomiche, come i diverticoli, lesioni organiche, come stenosi o neoplasie, o patologie motorie. È possibile inoltre verificare la presenza di segni radiologici di esofagite, sebbene l’accuratezza diagnostica sia minore rispetto all’endoscopia.

EndoscopiaL’esofagogastroduodenoscopia (EGDS) è un passo decisionale indi-spensabile nella valutazione dei pazienti con MRGE. È fondamen-tale per escludere altre malattie, specialmente le neoplasie, per documentare la presenza di una lesione esofagea, di alterazioni di carattere anatomico, e soprattutto è in grado di fornire dati istologici relativi alle lesioni identificate, potendo eseguire biopsie. Al di là delle capacità di diagnosi differenziale, la sensibilità dell’endo-scopia nell’MRGE è tuttavia complessivamente scarsa. Infatti fino al 60-70% dei pazienti non presenta alcuna lesione della muco-sa, condizione definita come malattia da reflusso non erosivo (Non Erosive Reflux Disease, NERD). Nei restanti casi, invece, può essere rilevata all’endoscopia la presenza di esofagite erosiva (Fig. 13.1), cioè l’infiammazione della mucosa esofagea indotta dal contat-to ripetuto e prolungato con il reflusso. Il grado della lesione da MRGE è solitamente misurato secondo la classificazione di Los Angeles, che identifica quattro gradi di severità dell’esofagite, in base all’estensione delle lesioni esofagee riconosciute come inter-ruzioni della mucosa (Tab. 13.2). Dovrebbe essere sempre eseguita la biopsia della mucosa per confermare l’eventuale trasformazione metaplasica ed escludere la displasia. Nuove metodiche di imaging associate all’EGDS, come il Narrow Banding Imaging (NBI), con-sentono oggi di ottenere una migliore valutazione della mucosa e di eseguire prelievi bioptici in sedi maggiormente sospette per metaplasia o neoplasia.Come detto, l’EGDS è utilizzata anche per verificare, al pari della radiografia esofagea, la presenza di alterazioni anatomiche, come diverticoli o ernie iatali (si rimanda ai paragrafi successivi per la di-scussione dettagliata dei quadri endoscopici di queste patologie).

Manometria esofagea standard e ad alta risoluzioneQuesta metodica, grazie alla rilevazione pressoria all’interno dell’esofago, valuta la peristalsi e la funzionalità del LES e dello sfintere esofageo superiore (Upper Esophageal Sphincter, UES). La

Fig. 13.1. Esofagite erosiva documentata durante l’EGDS.

Tab. 13.2. Classificazione endoscopica di Los Angeles dell’esofagite

Grado A Presenza di una o più lesioni <5 mm, a livello delle pliche mucose

Grado B Almeno una lesione mucosa, >5 mm, localizzata nelle pliche mucose, ma senza continuità tra gli apici di due pliche mucose

Grado C Almeno una lesione mucosa continua tra gli apici di due o più pliche, ma non circonferenziale

Grado D Lesioni mucose estese fino a coinvolgere almeno il 75% della circonferenza esofagea

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4 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

contenente da 1 a 3 elettrodi, posti a una distanza da 5 a 10 cm e capaci di registrare fluttuazioni del pH tra 2 e 7. Gli elettrodi sono connessi a un registratore portatile che il paziente indossa per il periodo di osservazione (solitamente 24 ore). Quando il paziente ha un probabile evento acido (pirosi, dolore toracico, eruttazione ecc.), ne registra l’occorrenza, per verificare la reale correlazione fra sintomo e reflusso registrato. Un modo semplice per determinare se compare un reflusso anomalo è stimare la percentuale totale di tempo in cui il pH è <4 nel canale prossimale e in quello distale. Nell’esofago prossimale, l’esposizione acida si verifica in meno dell’1% del tempo; nell’esofago distale in meno del 4%. Il diario sintomatologico del paziente dovrebbe essere correlato con gli episodi di reflusso; in relazione alla pirosi o al dolore toracico, il calo nel pH ha un significato clinico, poiché aiuta a confermare la relazione causa-effetto. Quando si interpretano i risultati, si dovreb-be ricordare che i pazienti spesso non eseguono le loro normali attività e i loro schemi nutrizionali perché sottoposti a pH-metria delle 24 ore. Così, i loro sintomi possono non essere predominanti nel periodo di studio. Per questo motivo è stato proposto l’impiego della pH-metria wireless (BRAVOÒ capsule). La capsula, dotata di sensore per la rilevazione di pH viene ancorata alla mucosa esofagea durante l’EGDS o introdotta per via orale e trasmette informazioni al registratore anche per 72 ore, consentendo un’analisi di lunga durata. La capsula BRAVOÒ non offre tuttavia vantaggi diagnostici significativi, se paragonata alla pH-metria tradizionale.La vera innovazione nella diagnosi dell’MRGE è rappresentata dall’associazione della pH-metria con l’HRIM (pH-impedenzo-metria) (Fig. 13.3). Come detto in precedenza, l’impedenzometria valuta i movimenti fisici nella cavità esofagea, che sono poi asso-ciati al grado di pH rilevato dalla pH-metria. È dunque possibile identificare ed escludere tutte le variazioni di pH <4 associate a deglutizioni (riducendo i falsi positivi), registrare solo i veri movimenti retrogradi (reflussi), siano essi associati o meno a pH <4 (determinazione dei reflussi non acidi, quindi riducendo i falsi negativi), e stabilire se un reflusso è di tipo liquido, gassoso o misto. È ovvio dunque come la pH-impedenzometria abbia rivoluzionato la diagnostica, la comprensione e la terapia del-l’MRGE. Con questa metodica, è possibile dunque verificare nella maniera più precisa se il paziente è affetto da MRGE. In particolare la pH-impedenzometria consente di stabilire la correlazione dei sintomi sia con i reflussi acidi sia con quelli non acidi, risultando in particolare molto efficace nella valutazione del paziente non responsivo alla terapia farmacologica con PPI.Ulteriori tecniche diagnostiche, come per esempio la scintigrafia esofagea, hanno indicazioni molto limitate. L’utilizzo della bilime-tria delle 24 ore può fornire informazioni riguardo alla presenza di reflusso biliare in esofago. Altri test, come quello di Bernstein, sono da anni in disuso nella pratica clinica.

Diagnosi differenziale

Un’accurata anamnesi e un corretto approccio diagnostico stru-mentale indirizzeranno in maniera precisa il medico verso una corretta diagnosi di MRGE. Bisogna sospettare sempre la presenza di discinesie esofagee, in particolare dell’acalasia, o di neoplasie, quando il paziente riferisce oltre ai sintomi tipici anche la disfagia. La qualificazione della disfagia (vedi in seguito) aiuterà a indiriz-

più complesso inquadramento diagnostico. All’HRM può essere ulteriormente associata la metodica dell’impedenzometria intralu-minale multicanale (High Resolution Impedance Manometry, HRIM) (Fig. 13.2; Video 1 e 2), la quale, valutando la differenza delle resistenze all’interno dell’esofago a diverse altezze, consente di stabilire il movimento fisico nella cavità esofagea, sia esso ante-rogrado (deglutizione) sia retrogrado (reflusso).Come anticipato, l’HRM esclude la presenza di discinesie esofagee che possono presentare una sintomatologia comune con l’MR-GE (in particolar modo quando è presente una sintomatologia atipica, come il dolore toracico non cardiaco) e di documentare la presenza di possibili alterazioni verosimilmente causate dal reflusso gastroesofageo o che ne possono favorire l’insorgenza. Co-me detto sopra, il meccanismo più frequente con cui si verifica il reflusso è la presenza di TLESr, difficilmente riscontrabili durante l’esecuzione di una manometria standard. Con l’HRM, è possibile, in seguito a un mirato studio postprandiale, verificare e misurare il numero dei TLESr. In alcuni pazienti può essere documentata la presenza di ipotonia del LES (<10 mmHg), situazione in cui sarà molto probabile la presenza di MRGE. Anche il corpo esofageo, in un paziente con MRGE, può mostrare alterazioni peristaltiche di tipo discinetico, anche se la più specifica è la peristalsi inefficace, cioè la presenza di onde peristaltiche di ampiezza ridotta ai due terzi inferiori dell’organo. L’HRM è anche in grado di discrimi-nare, in maniera accurata, la presenza di separazione del LES dal diaframma in senso prossimale, cioè la presenza di ernia iatale, e di darne una misura precisa.L’UES raramente è interessato e conserva la sua normale funzione nell’MRGE, tranne in casi di malattia severa con interessamento prossimale extraesofageo; in alcuni casi è possibile infatti docu-mentare la presenza di un ipertono dell’UES, atto a difendere le vie respiratorie dal possibile insulto del reflusso.Infine, l’HRM è utile per il corretto posizionamento del catetere pH-metrico in rapporto al LES, come vedremo più avanti.

pH-metria esofagea standard delle 24 ore, pH-metria wireless (BRAVOÒ) di lunga durata e pH-impedenzometria esofagea delle 24 oreQuesta metodica rappresenta il gold standard diagnostico nella condizione di reflusso gastroesofageo. Lo studio con pH-metria standard si realizza posizionando nell’esofago un sottile catetere

Transito del bolocompleto (MII)

UES

Esofago prossimale e TZ

Corpo (onda peristalticanormotonica)LES superimposto allo iatoRilasciamento completodel LES

Fig. 13.2. Tracciato HRIM nella norma.

FIGURA IN BASSA qUAlITà

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5capitolo 13 Esofago

un incremento nella frequenza di adenocarcinoma dell’esofago distale e del cardias che supera gli altri tipi di neoplasia. La quota di adenocarcinoma rappresenta un terzo di tutte le neoplasie esofagee diagnosticate nei maschi bianchi. La maggior parte di questi tumori insorge su un esofago di Barrett, dato che sug-gerisce che la prevalenza di metaplasia intestinale predispone all’adenocarcinoma.Secondo alcuni autori, anche le manifestazioni definite “atipiche” o “extraesofagee”, come asma bronchiale, tosse cronica, raucedine, globo faringeo, faringodinia, faringite, laringite, perdita di smalto dentario, devono essere considerate vere e proprie complicanze dell’MRGE.

zare ulteriormente la diagnosi. In caso di dolore toracico, è sempre indispensabile escludere in maniera tempestiva la presenza di una patologia cardiologica, poiché può essere presente un’angina pectoris o peggio ancora un infarto del miocardio. Un sospetto di patologia gastrica sarà fugato facilmente con l’esecuzione di un’EGDS, mentre la calcolosi biliare sarà esclusa con un’ecografia addominale. La presenza di manifestazioni extraesofagee deve pre-vedere l’esclusione di patologie a carico dell’apparato respiratorio.

Complicanze

L’esposizione esofagea al contenuto gastroduodenale refluito può causare un danno della mucosa (esofagite) e a volte complicanze, come ulcere (in circa il 5% dei casi), sanguinamento (<2%) e stenosi (1.2-20%). L’esofago di Barrett (sostituzione del normale epitelio con cellule colonnari metaplasiche) è descritto nel 10% dei pazienti con prolun-gata esposizione al contenuto gastroduodenale. Il reflusso gastroeso-fageo cronico provoca la lesione dell’epitelio squamoso e realizza un anomalo ambiente esofageo che stimola la riparazione attraverso un processo cellulare di metaplasia. Tre differenti tipi di epitelio colon-nare possono trovarsi nell’esofago di Barrett: la metaplasia intestinale specifica, l’epitelio tipo gastrofundico e l’epitelio tipo giunzionale. L’epitelio più comune è la metaplasia intestinale specifica, a cui si associano quasi costantemente la displasia e l’adenocarcinoma. L’esofago di Barrett può riscontrarsi nel 10-15% dei pazienti che si sottopongono a esami endoscopici per MRGE (Fig. 13.4). La maggior parte dei pazienti con esofago di Barrett non assume una terapia per l’MRGE e può non avere sintomi riferibili a questa malattia. L’associazione MRGE/esofago di Barrett spesso è severa, con ulcere esofagee, stenosi ed emorragie. L’estensione della metaplasia inte-stinale è riferita allo stato del LES e al grado di esposizione acida. Il registro nazionale delle neoplasie degli Stati Uniti documenta

Fig. 13.4. Esofago di Barrett documentato durante l’EGDS. (Esecuzione dell’esame con ENDOBASE.)

Fig. 13.3. Tracciato di MII-pH 24 ore che documenta la presenza di un reflusso non acido e di uno acido.

FIGURA IN BASSA qUAlITà

FIGURA IN BASSA qUAlITà

6 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

■■ Ernie iatali

Con il termine ernia iatale si indica la dislocazione intratoracica di una porzione dello stomaco attraverso i pilastri diaframmatici (iato esofageo). Si ne riconoscono tre tipi e il più frequente è il I tipo, l’ernia iatale da scivolamento, che è presente quando la giun-zione gastroesofagea non è mantenuta in addome dal legamento frenoesofageo (membrana di Bertelli); il cardias migra in avanti e indietro tra il mediastino posteriore e la cavità peritoneale. Un’er-nia di II tipo, detta paraesofagea, interviene quando la giunzione gastroesofagea è ancorata in addome ma il difetto iatale, che gene-ralmente è largo, fornisce spazio al fondo gastrico affinché migri nel mediastino; la relativa pressione negativa toracica facilita la migrazione. Un’ernia di III tipo è una combinazione dei primi due tipi, in cui la giunzione gastroesofagea e il fondo (o altri visceri) sono liberi di migrare nel mediastino.

Diagnostica clinica

In caso di ernia da scivolamento la maggior parte dei pazienti è asintomatica e, sebbene la presenza di una piccola ernia da scivo-lamento non implichi necessariamente un cardias incontinente, più grande è la taglia, maggiore è il rischio di un anomalo reflusso con conseguente sintomatologia da MRGE. Talvolta può essere riferita una sensazione di ingombro epigastrico o di air trapping (intrappolamento di aria) o di temporaneo impatto del bolo durante i pasti. Nell’immediato periodo postprandiale i sintomi più frequenti potranno essere la pirosi o il rigurgito, associati a una sensazione di ripienezza, distensione e frequenti eruttazioni. Sono inoltre possibili fenomeni da diminuzione dello spazio toracico (o da compressione), come sindromi dolorose toraciche e disturbi del ritmo cardiaco (come palpitazioni, tachicardia o sindrome vagale).Anche i pazienti con ernia paraesofagea possono essere asintomatici o ricalcare la sintomatologia dell’ernia di I tipo. La presenza di sintomi come la disfagia intermittente per i solidi che proviene da episodi di ostruzione gastrica o esofagea acuta, il dolore toracico e addominale, o un sanguinamento intestinale (per l’ischemia della mucosa), devono far pensare a un possibile strozzamento o a una sofferenza del viscere erniato. Come per l’MRGE, anche per l’ernia iatale l’esame clinico è scarno e si basa per lo più su un’attenta anamnesi. Nel caso di grosse ernie iatali, sarà tuttavia possibile identificare modificazioni dell’esame obiettivo del torace, in quanto il paziente può presentare dispnea eventualmente associata alla presenza di un’area di ottusità alla percussione dei campi polmonari.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago e dello stomaco con mezzo di contrastoSolitamente l’esame radiologico è effettuato utilizzando come mezzo di contrasto il bario, associato ad agenti effervescenti (rea-lizzando una metodica a doppio contrasto). Lo studio radiologico si propone di stabilire la presenza e la taglia dell’ernia iatale e di escludere che ci siano alterazioni anatomiche o neoplasie o pa-

tologie motorie. Purtroppo la radiografia con mezzo di contrasto presenta un’elevata specificità solo quando le dimensioni dell’er-nia superano almeno i 2 cm di estensione nel torace, in modo tale da superare la sovrapposizione con il diaframma (Fig. 13.5).

EndoscopiaL’EGDS è impiegata al pari della radiografia per verificare la pre-senza e cercare di definire le dimensioni dell’ernia iatale; inoltre offre il vantaggio di diagnosticare patologie coesistenti e le loro complicanze, come l’MRGE o l’esofago di Barrett. L’EGDS è impie-gata inoltre per determinare il grado del “meccanismo a valvola” (classificazione secondo Hill) e dell’estensione dell’ernia; il dato si interpreta con l’endoscopio usato in retroversione, a inquadrare la giunzione gastroesofagea. Il meccanismo a valvola è classificato in quattro gradi, dove l’ultimo indica una giunzione completamente beante con il lume esofageo in diretta comunicazione con il corpo gastrico e marcatamente risalita attraverso i pilastri diaframmatici (Fig. 13.6).Questa classificazione, tuttavia, può essere spesso sovradimensio-nata, a causa del possibile marcato ponzamento del paziente du-rante l’esecuzione dell’EGDS e della distensione viscerale dovuta all’aria insufflata all’interno della cavità gastrica.

Manometria esofageaLa manometria esofagea tradizionale ha sempre avuto una bassa specificità diagnostica nel rilevare la presenza di un’ernia iatale. La recente introduzione nella pratica clinica dell’HRM (Fig. 1 web) permette tuttavia di avere a disposizione una metodica per stabilire con maggiore precisione la presenza di un’ernia iatale e di valutarne l’estensione, sia essa minore di 2 cm (quin-di difficilmente rilevabile alla radiografia), senza magnificarla per l’assenza di ponzamento o di insufflazione, come avviene con l’EGDS (Fig. 13.7). Frequenti alterazioni manometriche in presenza di ernia iatale sono l’ipotonia del LES (per l’esposizio-ne alla pressione negativa intratoracica) e la presenza di onde peristaltiche ipotoniche (da danno da reflusso) o, in alcuni casi, ipertoniche (per vincere la forza opposta dal viscere erniato al transito del bolo).

pH-metria esofagea e pH-impedenzometria esofagea delle 24 oreQueste metodiche in realtà non servono a diagnosticare la pre-senza di un’ernia iatale, ma a valutare gli effetti della sua presen-za sui meccanismi antireflusso e quindi a verificare la presenza concomitante di MRGE.Ricordiamo inoltre che nei pazienti con grandi ernie paraesofagee, può essere difficile completare la manometria e la pH-metria; lo studio può essere incompleto, a causa dell’impossibilità da parte del catetere di progredire per l’angolatura dello stomaco che impedisce lo studio dell’esofago distale e della giunzione gastroesofagea.

Diagnosi differenziale

Data la frequente coesistenza con la patologia da reflusso, la diagnosi differenziale con le altre patologie sarà simile a quella per l’MRGE.

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7capitolo 13 Esofago

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c d

Fig. 13.5. Classificazione dell’ernia iatale. a. Giunzione gastroesofagea nella norma. b. Ernia iatale da sci-volamento (tipo I). c. Ernia paraeso-fagea (tipo II). d. Ernia mista (tipo III).

Fig. 13.6. Ernia iatale evidenziata durante lo studio radiografico con doppio mezzo di contrasto.

Fig. 13.7. Ernia iatale rilevata durante l’EGDS (IV grado secondo Hill).

FIGURA IN BASSA qUAlItà

8 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

(discinesie del corpo esofageo, carcinomi, stenosi, diverticoli tora-cici, compressioni ab estrinseco) e retroxifoidea (acalasia, diverticoli epifrenici, ernia iatale, esofagiti, stenosi, discinesie, carcinomi). Le caratteristiche della disfagia spesso possono essere suggestive per la diagnosi: una disfagia ingravescente (all’inizio per i cibi solidi, poi per i semisolidi e in seguito anche per i liquidi, o totale) è indicativa di una progressiva riduzione del calibro del lume esofageo, quindi di una lesione di tipo organico (stenosi o più frequente carcinomi); una disfagia paradossa (all’inizio per i liquidi e successivamente anche per i solidi) è invece tipica delle discinesie esofagee e in particolare dell’acalasia nelle fasi iniziali; una disfagia intermittente è di più dif-ficile interpretazione, potendo essere presente nei disordini motori aspecifici o nei carcinomi a scarsa vascolarizzazione periferica, che vanno incontro a sfaldamento epiteliale, e quindi variano il calibro del lume esofageo. L’evoluzione della disfagia in ingravescente deve sempre far sospettare la presenza di una lesione organica (Fig. 13.8). Infine ricordiamo un tipo particolare di disfagia, la lusoria, dovuta alla compressione esofagea da parte di una succlavia aberrante.Spesso l’acalasia può presentarsi con la classica triade sintoma-tologica (triade di Plummer): disfagia, rigurgito e calo ponderale. Negli stadi precoci i pazienti lamentano una sorta di sensazione viscosa, generalmente localizzata a livello dell’apofisi xifoide, dopo l’ingestione di liquidi e successivamente la provano anche con i cibi solidi (disfagia paradossa); mangiano lentamente accom-pagnandosi con grandi quantità di liquidi per spingere i cibi a livello gastrico e assumono posture atte a facilitare la deglutizione, come per esempio torcere il torace, alzare il mento ed estendere il capo, camminare appena assunto il bolo. Con il maggior volume di liquido ingerito aumenta il peso della colonna fluida endoeso-fagea, incrementando il senso di ripienezza retrosternale, fino a che il LES non si apre con immediato sollievo per lo svuotamento esofageo. La disfagia progredisce lentamente e in alcuni casi può essere tollerata anche per anni. Di conseguenza, questo lento adattarsi fa sì che i pazienti non assumano alcuna terapia fino a che i progressivi fenomeni disfagici non interferiscono con la loro vita di relazione. Il rigurgito di cibo ingerito è comune con la progressione della malattia e si associa a fenomeni di aspirazione (o ab ingestis) pericolosi per la vita; la risalita del cibo senza sforzo dopo aver mangiato, particolarmente in posizione curva o recli-nata, non è associata generalmente all’acidità propria dei pazienti affetti da MRGE, in quanto il LES è chiuso. Appena l’esofago si dilata, compare il rigurgito maleodorante del contenuto stagnante in esofago. Sintomi respiratori ricorrenti, quali polmoniti, ascessi polmonari, bronchiectasie, emottisi e broncospasmo, possono essere fenomeni secondari aspirativi indotti dall’acalasia. In questi casi il paziente può riferire la presenza di saliva o ingesti sul cusci-no al risveglio (segno del cuscino bagnato). La marcata distensione dell’esofago negli stadi finali della patologia (megaesofago) può produrre dispnea per compressione dei rami bronchiali principali e dell’ilo polmonare e una sensazione di ingombro toracico. Il calo ponderale è comune e spesso diventa significativo (>10 kg). Il dolore toracico non cardiaco può essere causato, all’esordio della patologia, dalla contrazione simultanea del corpo esofageo, oppure dal passaggio “a scatto” del bolo attraverso il LES dopo che la pressione della colonna idrostatica ne ha vinto la resistenza. Un’anamnesi accurata e un’attenta qualificazione della disfagia orienteranno verso la possibile diagnosi di acalasia. In presen-

Complicanze

Solitamente le piccole ernie iatali non presentano complicanze, se non quelle causate dalla coesistenza di MRGE. Con l’aumentare delle dimensioni, possono aumentare le complicanze di tipo mec-canico, favorendo l’insorgenza di disfagia ingravescente. Possono essere presenti emorragie, sia sotto forma di stillicidio cronico sia sotto forma più grave (ematemesi e melena). Le complicanze più temibili sono rappresentate dallo strozzamento e dal volvolo, con conseguenti gravi alterazioni vascolari e occlusione, configurando il quadro di un’urgenza chirurgica. L’evoluzione ulteriore potrà essere rappresentata dall’ischemia e dalla necrosi del viscere, dalla perforazione, dalla mediastinite e dalla peritonite.

■■ Acalasia esofagea

Il termine acalasia deriva dal greco (a-calasis, assenza di rilascia-mento) e descrive una delle caratteristiche della patologia, cioè il mancato rilasciamento da parte del LES durante la deglutizione. La corretta definizione di acalasia è tuttavia l’assenza totale di peristalsi (aperistalsi) lungo tutto il corpo esofageo, associata frequentemente all’assenza di rilasciamento del LES. Interessa una vasta fascia di età, dato che si può verificare tanto nella prima infanzia quanto in tarda età, con maggiore prevalenza fra i 30 e i 60 anni, e presenta un’inci-denza di 0,5 casi/100.000 abitanti. L’eziologia è tuttora idiopatica, tranne che per la forma secondaria a infezione da Trypanosoma cruzii (malattia di Chagas), presente in America centromeridionale. Al momento, nonostante siano state formulate diverse ipotesi sull’eziologia di tipo autoimmune o virale, l’unico dato certo è che nell’acalasia esofagea i plessi nervosi intramurali risultano distrutti, riducendo le cellule NANC (non adrenergiche non colinergiche) e determinando così l’aperistalsi e il mancato rilasciamento del LES. L’origine dell’acalasia non è nota, tranne che per la malattia di Chagas che è un’infezione parassitaria leishmaniale provocata da Trypanosoma cruzii caratterizzata dalla distruzione delle cellule gangliari muscolari lisce del plesso mioenterico di Auerbach, con conseguente disfunzione motoria e dilatazione progressiva di esofago, colon, ureteri e altri visceri cavi. Nell’acalasia, le cellule gangliari parasimpatiche, comprese nel plesso mioenterico, tra gli strati muscolari circolari e longitudinali dell’esofago, sono marcatamente ridotte di numero.

Diagnostica clinica

Il sintomo predominante dell’acalasia (in oltre il 90% dei pazien-ti) all’esordio della patologia è la disfagia paradossa, mentre negli stadi avanzati è la disfagia totale.La disfagia è definita come la sensazione di arresto della progressione del bolo a una determinata altezza, solitamente al di sotto del giugu-lo o retrosternale, che sopravviene entro 15 sec dalla deglutizione. È di fondamentale importanza, interrogando il paziente, qualificare la disfagia (sede, caratteristiche ed evoluzione), poiché queste informa-zioni orienteranno verso una corretta diagnosi. Per quanto concerne la sede, la disfagia può essere avvertita a livello cervicale (per alterazio-ni motorie dell’UES, presenza di diverticolo di Zenker, stenosi, barra cricofaringea, carcinomi, voluminosi gozzi), può essere mediotoracica

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frequentemente
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9capitolo 13 Esofago

za di sintomi causati dall’aspirazione, saranno presenti segni e sintomi propri delle alterazioni polmonari. Nei pazienti affetti da megaesofago acalasico, talvolta potranno essere apprezzate alla percussione del torace aree di ottusità in sede paravertebrale.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago e dello stomaco con mezzo di contrastoIl quadro radiologico dell’acalasia varia con il progredire della malattia. L’aspetto caratteristico all’esame radiografico diretto, con l’esofago dilatato, è un doppio profilo mediastinico che attraversa l’intera lunghezza del torace, un livello idroaereo retrocardiaco e la scomparsa della bolla d’aria gastrica. Con l’aggiunta di contrasto baritato l’immagine mostra un’assenza o una contrazione simul-tanea delle pareti esofagee e un transito rallentato, con il bario che scende per gravità lungo la parete esofagea (segno della goccia). Il passaggio del bario attraverso la regione cardiale appare rallentato e filiforme (a coda di topo o a becco di uccello). Negli stadi iniziali si apprezza una lieve dilatazione esofagea, mentre negli stadi avanzati si presenta come una marcata dilatazione a forma di sigma o a calza con tortuosità del decorso (dolicomegaesofago) (Fig. 13.9).

Paziente disfagicoOttenere informazioni cliniche

Radiogra�a con bario

Presenza di neoformazioniverosimilmente benigne

(diverticoli, stenosi regolari)

Presenza di neoformazioniverosimilmente maligne

(tumori)

Presenza di discinesie

EGDS ed eventuale biopsia

Conferma di neoformazion benigna (diverticoli, stenosi)

Conferma di neoformazionemaligna (tumori

con tipizzazione istologica)

Esclusione di neoformazioniValutare se vi sono evidenti

discinesie o esofagite

Valutare se eseguire l’HRMo la pH-impedenzometriaper la caratterizzazionedi alcune patologie su

base motoria (diverticoli)

Esame di stadiazione(ecoendoscopia,

tomogra�a computerizzata)

HRM

Conferma della diagnosidi discinesia (acalasia,

spasmo esofageo distaleo diffuso ecc.)

Assenza di discinesiaEseguire la pH-impedenzometria

per escludere il re�usso

Fig. 13.8. Algoritmo diagnostico in presenza di disfagia.

Fig. 13.9 Megaesofago acalasico evidenziato durante uno studio radio-grafico con mezzo di contrasto.

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10 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

diventano deboli o assenti. Attualmente con l’HRM, in base alla classificazione di Chicago per i disordini motori (Tab. 13.3), si riconoscono tre tipi di acalasia: • tipo I o classica, aperistalsi con contrazioni deboli o assenti;• tipo II o vigorosa, aperistalsi con contrazioni sincrone con am-

piezza compresa tra i 40 e i 90 mmHg; • tipo III o spastica, presenza di un’onda sincrona di ampiezza

elevata con alterato rilasciamento del LES. L’aggiunta dell’impedenzometria all’esame manometrico dell’aca-lasia permette, inoltre, di documentare l’assenza totale del transito del bolo, un’eventuale bassa resistenza elettrica (baseline impedenzo-metrica bassa), dovuta alla dilatazione e al ristagno in esofago (Fig. 13.10; Fig. 2 web) e la presenza del fenomeno dell’intrappolamento dell’aria (air trapping), cioè la formazione di una colonna idrosta-tica distale in esofago e di aria nella zona prossimale.

pH-metria e pH-impedenzometria esofagea delle 24 oreDopo aver eseguito una manometria esofagea che abbia docu-mentato la presenza di acalasia, appare inutile eseguire uno studio per documentare la presenza di reflusso. Inoltre, eventuali studi pH-metrici possono essere falsamente positivi a cuasa dell’aci-dificazione del ristagno fermentato e anche l’esecuzione di una pH-impedenzometria sarebbe di difficile interpretazione per le modifiche citate precedentemente (costante bassa baseline im-pedenzometrica e fenomeno dell’air trapping).

Diagnosi differenziale

La qualificazione della disfagia aiuterà a indirizzare la diagnosi. In caso di dolore toracico, è sempre indispensabile escludere in manie-ra tempestiva una patologia cardiologica, in quanto può essere in atto un’angina pectoris o peggio ancora un infarto del miocardio. La manometria esofagea, in particolare l’HRM associata all’impeden-zometria, consente la differenziazione tra acalasia e altri disordini motori. Fondamentale sarà escludere la presenza di alterazioni che possono mimare l’acalasia, come le neoformazioni del cardias.

EndoscopiaL’EGDS è indicata per valutare la severità dell’esofagite ed esclude-re la possibilità di un carcinoma associato, una stenosi esofagea da esofagite da reflusso o un tumore del cardias che mimi un’acalasia (pseudoacalasia). Il quadro endoscopico dimostra la dilatazione del lume, la presenza di ingesti al suo interno, anche di vecchia data, un decorso tortuoso, la presenza di mucosa fragile ed erosa per il ristagno e il passaggio ottenuto con forza (a scatto) attraverso il cardias; in retroversione il cardias appare ben cingente l’endo-scopio, anche sotto marcata insufflazione. Nell’acalasia avanzata l’esofagite da ritenzione è causata dagli effetti irritativi del cibo putrefatto sulla mucosa esofagea, che inducono un severo edema con alterazione del colore della mucosa, con aspetti eritroidi purpuracei e con marcata friabilità.L’acalasia secondaria, o pseudoacalasia, è causata da una neopla-sia in prossimità o a livello della giunzione gastroesofagea, con conferma diagnostica dell’endoscopia e delle biopsie annesse. L’ecoendoscopia può essere impiegata quando l’esame endoscopico da solo è inefficace a differenziare un’acalasia primitiva da una forma secondaria; l’ecoendoscopia può identificare un’infiltra-zione neoplastica subepiteliale nell’acalasia secondaria quando le biopsie cardiali e della giunzione gastroesofagea sono negative. Le sonde ecografiche ad alta frequenza da 20 MHz forniscono immagini definite delle varie tonache muscolari che compongono la muscolaris propria e conducono all’identificazione dei pazienti con acalasia primitiva.

Manometria esofageaQuesta metodica rappresenta l’indagine con maggiore accuratezza diagnostica per l’acalasia. Il criterio necessario per porre diagnosi è la presenza di aperistalsi in tutte le deglutizioni; anche una sola onda peristaltica deve sempre far sospettare che l’acalasia possa essere secondaria. Quasi sempre vi è un mancato rilasciamento del LES con la deglutizione e si associa anche ipertonia (>45 mmHg). Negli stadi iniziali di acalasia, le contrazioni dopo la deglutizione possono essere sincrone e simultanee con ampiezza compresa tra i 40 e i 90 mmHg (acalasia vigorosa). In seguito, le contrazioni

Tab. 13.3. Classificazione di Chicago dei disordini motori esofagei all’HRM

Disordini motori con rilasciamento normale del LES (integrale di rilasciamento <15 mmHg)

Peristalsi assente (per esempio, scleroderma) 100% delle deglutizioni senza peristalsi

Peristalsi inefficace Moderato (>30% <70% delle deglutizioni con ipotonia di segmenti del corpo), grave (>70%)

Peristalsi ipertonica (esofago a schiaccianoci) Velocità di contrazione normale ma integrale di contrazione >5000 <8000 mmHg ´ cm ´sec

Esofago a martello pneumatico Velocità di contrazione normale ma integrale di contrazione >5000 <8000 mmHg ´ cm ´sec

Spasmo distale o diffuso Velocità di contrazione >8 cm/sec >20% delle deglutizioni

Disordini motori con alterato rilasciamento del LES (integrale di rilasciamento >15 mmHg)

Acalasia Tipo I classica: peristalsi assenteTipo II vigorosa: peristalsi assente con onde pressorie >40 mmHgTipo III spastica: peristalsi assente con spasmo >20% delle deglutizioni

Ostruzione funzionale Velocità di contrazione normale con pressione intrabolo aumentata

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11capitolo 13 Esofago

legato all’ipermotilità, ancora non completamente spiegato, in cui i pazienti riferiscono dolore toracico e/o disfagico che risulta in contrazioni esofagee ripetute e simultanee di grande ampiezza. Anche l’NE fa parte delle ipercinesie, in cui l’esofago si contrae con peristalsi di ampiezza elevata. L’NE è un distur-bo dell’ipermotilità caratterizzato da contrazioni peristaltiche progressive di particolare ampiezza (>225-430 mmHg), spesso di durata prolungata.

•Ipocinesie. I disturbi motori esofagei fanno parte anche della sintomatologia di severe collagenopatie, quali dermatomiosite, polimiosite, lupus eritematoso sistemico, ma soprattutto della sclerodermia.

Diagnostica clinica

Il paziente con disfunzione dell’UES solitamente lamenta la presen-za di disfagia orofaringea, localizzandola tra la cartilagine tiroide e l’incisura giugulare, come un piccolo impedimento in gola o come un dolore occasionale irradiato alla mandibola e alle orecchie. La scialorrea è comune; la raucedine si associa spesso alla disfunzione cricofaringea. Un calo ponderale da scarsa alimentazione com-pleta il quadro. Non è chiaro se il reflusso gastroesofageo possa contribuire o essere la causa scatenante dell’incoordinazione motoria della giunzione faringoesofagea.Il paziente con DES è tipicamente ansioso e lamenta un dolore tora-cico non riferito al cibo, alla posizione e allo sforzo. Il carattere del dolore toracico può mimare il dolore da angina pectoris, spesso descritto come una pressione retrosternale oppressiva, coercitiva a intensità variabile che si irradia alla mandibola, alle braccia e frequentemente si localizza posteriormente in sede interscapolare. La sintomatologia è maggiormente intensa nei periodi di stress emozionale, ma la mancanza di associazione con l’esercizio e l’occasionale presenza della disfagia con il dolore toracico suggeri-scono come causa un’anomalia motoria esofagea anziché cardiaca.

Complicanze

Secondo alcuni autori, l’acalasia può essere considerata una lesio-ne precancerosa, con tardivo sviluppo del carcinoma nell’1-10% dei pazienti affetti da tale patologia da circa 15-25 anni. L’irri-tazione cronica della mucosa, infatti, induce la trasformazione in metaplasia e il carcinoma tende a originarsi nel terzo medio dell’esofago, proprio nella sede in cui il danno della mucosa è più pronunciato.

■■ Discinesie esofagee

Le discinesie esofagee sono disordini funzionali a carico della mo-tilità, che interferiscono sul transito del bolo senza essere correlati a un’ostruzione organica intraluminale o a una compressione estrinseca. A seconda del segmento interessato, si riconoscono diversi tipi di discinesia. •Disfunzione dell’UES. Molte cause possono determinare questa

difficoltà propulsiva: varie alterazioni del sistema nervoso cen-trale e periferico, miopatie metaboliche e infiammatorie, MRGE e complicanze iatrogene.

•Disordini motori del corpo esofageo. Sono distinti solitamente in discinesie con ipomotilità e discinesie con ipermotilità. In numerose patologie di pertinenza non esofagea quali neuropatie periferi-che (diabete e alcolismo), malattie vascolari del collageno (scle-rodermia e dermatomiosite), miastenia grave, sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica, sono presenti disfunzioni motorie aspecifiche esofagee, con peristalsi improvvisa e progressiva e con contrazioni esofagee pressoché assenti. Anche in presenza di un’ostruzione distale, sia da neoplasia sia da stenosi benigna, possono presentarsi contrazioni anomale.

•Spasmo esofageo distale o diffuso (Distal or Diffuse Esophageal Spasm, DES) e disordini riferiti a ipermotilità ì, come l’esofago a schiaccianoci (Nutcracker Esophagus, NE). Il DES è un disordine

Transito del bolo incompletocon massa baseline (MII)

UES

Corpo (aperistalsi)

Rilasciamento assentedel LES Fig. 13.10. Presenza di acalasia du-

rante l’HRIM.

FIGURA IN BASSA qUAlITà

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12 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

In caso di NE, l’HRM documenta la presenza di onde peristaltiche di ampiezza superiore alla norma (anche oltre i 220 mmHg o un’integrale di contrazione superiore ai 5.000 mmHg ‘ sec ‘ cm) associata o meno a una durata aumentata con contrazioni ripetute (esofago jackhammer o a martello pneumatico). Nelle ipocinesie (sclerodermia), l’HRM documenta la perdita di peristalsi al terzo medio e inferiore con marcata ipotonia del LES (scleroderma esophagus) (Fig. 3 web).

pH-metria e pH-impedenzometria esofagea delle 24 oreLa pH-impedenzometria delle 24 ore dovrebbe essere sempre eseguita in tutte le discinesie (tranne, come detto, nell’acalasia) per escludere una patologia da reflusso.

Diagnosi differenziale

Nella disfunzione dell’UES vanno escluse altre cause non motorie di disfagia esofagea alta, come carcinomi, stenosi da caustici, osteofiti da vertebre cervicali, gozzi voluminosi e trauma; il cosid-detto bolo isterico, che indica una base esclusivamente psicologica della disfagia cervicale avvertita dal paziente, è una diagnosi di esclusione che va posta solo dopo aver escluso altre affezioni esofagee importanti.In caso di DES e NE devono essere escluse le patologie cardiova-scolari in presenza di dolore toracico e le patologie organiche in presenza di disfagia. Nelle ipocinesie è da escludere un’MRGE, causa e non conseguenza del disordine motorio.

Complicanze

Le disfunzioni dell’UES possono causare polmoniti ab ingestis per incoordinazione. I disordini motori sono il meccanismo alla base della formazione della maggior parte dei diverticoli esofagei. Le ipocinesie si associano frequentemente a esofagiti erosive e all’esofago di Barrett.

■■ Diverticoli esofagei

I diverticoli esofagei sono protrusioni della mucosa dal lume eso-fageo rivestite da epitelio, quasi sempre acquisiti. Sono classificati in base alla sede, agli strati costituenti la parete e al meccanismo di formazione. I diverticoli si dividono comunemente in: •diverticoli faringoesofagei (di Zenker), alla giunzione faringoe-

sofagea; •diverticoli medioesofagei o iuxtabronchiali, in prossimità della

biforcazione tracheale; •diverticoli epifrenici (sovradiaframmatici), che originano negli

ultimi 10 cm dell’esofago. Il diverticolo è considerato vero quando contiene tutti gli strati della parete esofagea (mucosa, sottomucosa e muscolare), falso invece quando contiene solo la mucosa e la sottomucosa che protrudono attraverso lo strato muscolare. Inoltre i diverticoli sono classificati, in base al meccanismo di origine, come da pulsione (faringoesofagei ed epifrenici), cioè falsi diverticoli causati da un incremento patologico della pressione

I sintomi ostruttivi sono rari. Molti pazienti riferiscono rigurgito di saliva durante gli attacchi di DES; l’ingestione di liquidi freddi o di cibo può aggravare lo spasmo, così come il reflusso gastroesofageo ma la maggior parte dei pazienti affetti da DES non è reflussoria.Nei casi di NE il sintomo riferito è perlopiù il dolore toracico, mentre la disfagia e l’odinofagia sono più rare e anche il transito del bolo difficilmente è ostacolato da questa discinesia.Nella sclerodermia (ipocinesie) l’assenza di peristalsi nel tratto di-stale e l’ipotonia del LES rendono predominante la sintomatologia da MRGE; spesso si associa anche un modico senso di disfagia.Anamnesticamente nelle discinesie è comune un’associazione con la sindrome dell’intestino irritabile, con pilorospasmo, con colonpatia spastica o con altre patologie funzionali gastroesofagee. Non vi sono altre alterazioni evidenziabili all’esame clinico, se non nel pa-ziente affetto da patologia reumatica (per esempio, sclerodermia).

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoNella disfunzione dell’UES, l’esofagogramma baritato può essere normale, particolarmente nei pazienti con sintomi intermittenti, o può mostrare uno spasmo da ipertono dell’UES, con un tipico aspetto a barra posteriore cricofaringea, o un diverticolo di Zenker, o un’incoordinazione motoria. Nel paziente con DES, la radiografia con bario mostra un aspetto a “cavaturaccioli” o a “corona di rosario” o a “pila di piatti”, deter-minato dalle contrazioni segmentarie della muscolatura esofagea, ma può spesso risultare anche normale. In caso di NE, la radiografia con bario solitamente è nella norma; nelle ipocinesie (sclerodermia) lo studio radiologico documen-ta un’ipocinesia delle pareti, con segno della goccia all’esofago mediodistale, associata a beanza cardiale e possibili episodi di reflusso.

EndoscopiaLa disfunzione dell’UES può essere documentata anche con l’EGDS, metodica che soprattutto può escludere la neoplasia e l’esofagite da reflusso. Nei pazienti con DES, l’EGDS è eseguita per escludere una neopla-sia infiltrante, la fibrosi esofagea o l’esofagite, che causa restringi-menti distali visibili con la radiografia; nei pazienti con NE è invece eseguita per escludere patologie organiche. Nelle ipocinesie (sclerodermia), questo esame spesso documenta l’associazione con l’esofagite, talvolta anche grave.

Manometria esofageaNella disfunzione dell’UES, l’HRM può confermare l’incoordina-zione tra la contrazione faringea e il rilasciamento cricofaringeo o la presenza di un ipertono dell’UES. Un ottimo esame per do-cumentare le alterazioni della deglutizione e della coordinazione cricofaringea è sicuramente la videofluoromanometria, tecnica che combina la metodica radiologica con quella manometrica. Nei pazienti con DES, l’HRM può verificare la presenza di con-trazioni sincrone (almeno nel 20% delle deglutizioni); il segno patognomonico del DES è la correlazione della sintomatologia soggettiva con l’evidenza oggettiva dello spasmo alla rilevazione manometrica.

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13capitolo 13 Esofago

Nei pazienti portatori di un diverticolo di Zenker voluminoso, la palpazione del collo, eseguita contestualmente all’ingestione di liquidi, può provocare un caratteristico gorgoglio da svuotamento del diverticolo. Non vi sono altre alterazioni in caso di diverticolo mediotoracico o epifrenico.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoIn caso di diverticolo faringoesofageo (di Zenker) un esofago baritato conferma la diagnosi, mostrando l’estroflessione sacciforme in proiezione laterale (Fig. 13.11). Talvolta può essere apprezzato un livello idroaereo nel diverticolo durante un radiogramma del torace o del rachide cervicale. Nei pazienti con diverticoli medioesofagei la radiografia con bario mostrerà diverticoli spesso a orifizio largo, più comuni a destra e molto spesso singoli; la taglia è variabile ma la maggior parte dei diverticoli è inferiore a 5 cm di lunghezza. Inoltre potranno essere apprezzate eventuali discinesie. Se si sospetta una trasformazione in carcinoma, può esserci l’indicazione a eseguire una tomografia computerizzata (TC).Anche per i diverticoli epifrenici l’esofagogramma con bario è la migliore metodica diagnostica per definirne la presenza che, come detto, spesso caratterizza il sottostante disordine motorio.

EndoscopiaLa valutazione endoscopica e le biopsie sono sempre indicate per escludere la presenza di patologie organiche, sia nei restanti segmenti esofagei sia a carico del diverticolo stesso. Per eseguire un’endoscopia sicura, conviene conoscere prima presenza, taglia e sede del diverti-colo. È frequente riscontrare segni di MRGE associata a diverticoli,

endoluminale, che spinge la mucosa e la sottomucosa attraverso la muscolatura esofagea, e da trazione (iuxtabronchiali) che sono invece diverticoli veri che originano da fenomeni infiammatori degli adiacenti linfonodi mediastinici che trazionano la parete con i loro esiti cicatriziali, fenomeno evidente nelle infiammazio-ni da tubercolosi. Data l’attuale bassa incidenza di tubercolosi, quasi tutti i diverticoli del corpo esofageo sono da pulsione per alterazioni della motilità.

■■ Diverticolofaringoesofageo (diverticolodiZenker). Si tratta del più comune diverticolo esofageo, con un picco di incidenza nei soggetti d’età superiore ai 60 anni; origina solitamente nel triangolo di Killian (punto di transizione delle fibre muscolari del costrittore inferiore del faringe, delle fibre oblique del costrittore posteriore del faringe e del muscolo cricofaringeo). Il diverticolo di Zenker è da pulsione, solitamente secondario a un’incoordina-zione faringoesofagea o a un incompleto rilasciamento dell’UES (acalasia criocofaringea).

■■ Diverticolimedioesofagei.I diverticoli medioesofagei (o iuxta-bronchiali) compaiono nel terzo medio dell’esofago, generalmente entro 4-5 cm prossimalmente o distalmente alla carena tracheale; possono essere congeniti (duplicazione esofagea, rara), da trazione infiammatoria o più comunemente da pulsione da discinesia.

■■ Diverticoliepifrenici. I diverticoli epifrenici (o sovradiafram-matici) sono da pulsione, causati da discinesia del corpo esofageo e spesso da mancato o incoordinato rilasciamento del LES, che compaiono nel terzo distale esofageo entro 10 cm dalla giunzione gastroesofagea, solitamente a destra.

Diagnostica clinica

Il diverticolo faringoesofageo (di Zenker) si presenta inizialmente asintomatico e di solito viene scoperto incidentalmente durante un esame radiografico di routine. I pazienti sintomatici possono riferire un senso di secchezza, tosse intermittente, a causa di feno-meni di polmonite ab ingestis o aspirazione, scialorrea e disfagia intermittente (specie per i solidi). Quando il diverticolo raggiun-ge dimensioni notevoli, in particolare nelle persone anziane, il paziente può riferire disfagia cervicale, gorgoglio cervicale alla deglutizione, rigurgito di cibo non digerito, ma ingerito diverse ore prima, alitosi, disfonia, dolore retrosternale e ostruzione respira-toria. Per aiutarsi durante la deglutizione, molti pazienti mettono in atto varie “manovre”, come pressioni intermittenti, particolari inclinazioni del collo, ponzamento. In rari casi, il diverticolo può addirittura ostruire l’esofago, con conseguente calo ponderale.I pazienti con diverticoli medioesofagei (iuxtabronchiali) spesso sono asintomatici; quando il diverticolo raggiunge dimensioni notevoli, possono manifestarsi sintomi da stasi nella tasca diverticolare oppure la sintomatologia può essere caratterizzata dal disordi-ne motorio alla base e quindi presentarsi con disfagia, dolore retrosternale, rigurgito, dolore epigastrico, eruttazione, pirosi e calo ponderale.I diverticoli epifrenici sono occasionalmente asintomatici; possono esservi disfagia, rigurgito, vomito, dolore toracico ed epigastrico, anoressia, calo ponderale, tosse, alitosi o difficoltà alla deglutizione.

Fig. 13.11 Voluminoso diverticolo di Zenker evidenziato durante la radiografia con bario.

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14 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

I leiomiomi sono tumori benigni intramurali dell’esofago, com-paiono tipicamente tra la seconda e la quinta decade di vita, non hanno una preferenza di genere e possono essere multipli nel 3-10% dei pazienti. Solitamente sono a carico del terzo medio e inferiore dell’esofago, raramente sono presenti nella porzione cervicale. Istologicamente, il tumore consiste di fasci intrecciati di cellule muscolari lisce con o senza calcificazioni, ben delimitati, senza mostrare infiltrazione del tessuto circostante e interessano raramente la mucosa esofagea.

Diagnostica clinica

I leiomiomi possono presentarsi con disfagia e senso di oppressio-ne retrosternale, tuttavia questi sintomi sono per lo più presenti solo in caso di tumori di grossa dimensione (>5 cm) a causa della distensibilità dell’esofago, rimanendo dunque asintomatici nella maggior parte dei pazienti.Non sono presenti alterazioni riguardo all’esame clinico.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoL’aspetto radiologico è distintivo, in quanto la massa non ha sviluppo circonferenziale, si presenta ben localizzata e ha una superficie liscia con margini netti. Molto frequentemente, un le-iomioma ha un riscontro occasionale nel corso di una radiografia del torace, come una massa mediastinica posteriore.

EndoscopiaSpesso il leiomiomia è un reperto incidentale durante l’esecuzione di un’endoscopia: la mucosa è intatta e la massa comprime ab estrinseco il lume esofageo ma è facilmente spostabile e permette il passaggio dell’endoscopio. La biopsia dovrebbe essere evitata in modo che la successiva resezione extramucosa non sia complicata dalla retrazione cicatriziale nella sede della biopsia stessa. L’ecoendoscopia conferma la diagnosi di leiomioma, che appare come un’area omogenea ipoecogena a mucosa intatta, a partenza dallo strato muscolare (Fig. 4 web). L’ecoendoscopia, inoltre, può far distinguere, in base al pattern ultrasonografico, fra un leio-mioma (benigno) e un tumore stromale (GastroIntestinal Stromal Tumor, GIST) con caratteristiche maligne.

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale prevede l’esclusione delle compressioni ab estrinseco dell’esofago e di GIST a comportamento maligno.

Complicanze

Sono possibili, sebbene siano rare, ulcerazioni con conseguente sanguinamento.

■■ Tumori maligni

Le neoplasie esofagee maligne sono relativamente frequenti (circa il 4% dei nuovi cancri diagnosticati) con un’incidenza stimata fra i 3 e i 10 casi per 100.00 abitanti. Inoltre negli ultimi anni si è notato un

in particolare per quello di Zenker. È possibile anche documentare patologie discinetiche, quali l’acalasia associata a un diverticolo epifrenico confermata dal transito a “scatto” attraverso il cardias.

Manometria esofageaUna rilevazione manometrica dell’area cricofaringea non è gene-ralmente necessaria per valutare i pazienti portatori di diverticolo di Zenker, anzi spesso non è nemmeno possibile eseguirla per l’impossibilità di far procedere il catetere manometrico oltre il diverticolo. L’HRM fornisce migliori informazioni riguardo al disordine motorio a carico dell’UES, potendo evidenziare l’inco-ordinazione durante la deglutizione o l’ipertono dello sfintere.Nei diverticoli medioesofagei spesso possono essere riscontrate varie condizioni discinetiche come acalasia, spasmo esofageo diffuso o altri disordini motori esofagei.Anche per i diverticoli epifrenici può essere documentata la presenza di acalasia, spasmo esofageo diffuso o disordini motori aspecifici, che generalmente si associano anche ad alterati rilasciamenti del LES.

pH-metria e pH-impedenzometria esofagea delle 24 oreLo studio ph-metrico/impedenzometrico delle 24 ore dovrebbe essere eseguito nei pazienti con diverticolo di Zenker e nei pazienti con diverticoli medioesofagei o epifrenici in cui non sia stata documentata l’acalasia allo studio manometrico. Spesso, tuttavia, il posizionamento del catetere risulta difficoltoso a causa di una “via preferenziale” verso il diverticolo, per cui in alcuni casi si preferisce differire lo studio del reflusso a un momento successivo all’eventuale intervento chirurgico di asportazione del diverticolo.

Diagnosi differenziale

Il riscontro di disfagia deve far sospettare che siano in corso pato-logie sia organiche sia funzionali. L’associazione calo ponderale/disfagia deve far sospettare l’ipotesi di un carcinoma esofageo. In presenza di sintomi respiratori, devono anche essere escluse patologie primitive delle vie aeree, mentre nel caso di disfagia cervicale occorre valutare eventuali cause vascolari/neurologiche.

Complicanze

La complicanza più severa associata al diverticolo di Zenker è il feno-meno di ab ingestis, cioè di aspirazione, specie notturna, di cibo che può condurre a polmoniti o ad ascessi polmonari. Altre compli-canze includono la perforazione, il sanguinamento e il carcinoma. In caso di diverticoli medioesofagei ed epifrenici, sebbene le com-plicanze non siano frequenti in letteratura, occorre considerare il rischio di rottura spontanea, complicanze aspirative, fistole esofagobronchiali, carcinomi ed emorragie.

■■ Tumori benigni

I tumori benigni esofagei sono piuttosto rari, infatti, costituiscono solo lo 0,5-0,8% di tutte le neoplasie esofagee. Approssimativa-mente il 60% dei tumori benigni è costituito da leiomiomi, il 20% da cisti e il 5% da polipi.

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15capitolo 13 Esofago

EndoscopiaL’EGDS è l’esame indispensabile per confermare la presenza e l’istotipo (grazie alla biopsia che dovrà sempre essere eseguita) del carcinoma esofageo. Endoscopicamente, il carcinoma in situ si presenta molto spesso come una lesione a forma di placca, lievemente sopraelevata, granulare, eritroide (Fig. 13.12), sebbene possano essere riscontrate anche erosioni superficiali o lesioni papillari <3 cm, ben identificate con i coloranti vitali o con tec-niche di magnificazione o con cromoscopia virtuale (NBI; Flexible Spectral Imaging Color Enhancement, FICE). I carcinomi squamosi solitamente appaiono come lesioni aggettanti nel lume, a cavolfiore, erosi in periferia e talvolta sanguinanti o ricoperti di fibrina. Anche l’adenocarcinoma si presenta come lesione aggettante nel lume, ma è fondamentale riconoscerne la sede d’insorgenza, sia per programmare un’adeguata terapia chirurgica, sia per conoscerne la prognosi. A tale proposito, si utilizza la classificazione proposta da Siewert, che suddivide gli adenocarcinomi in tre tipi:• tipo I, a partenza da 5 a 1 cm al di sopra del cardias, quindi

esofageo; • tipo II, compreso tra 1 cm al di sopra del cardias e 2 cm al di

sotto, quindi cardiale vero;• tipo III, a partenza da 2 a 5 cm al di sotto del cardias, quindi

adenocarcinoma gastrico.

EcoendoscopiaL’ecoendoscopia è la metodica di scelta per determinare il grado d’invasione neoplastica nella parete dell’esofago (T), il coinvolgi-mento linfonodale regionale (N) e l’interessamento delle strutture adiacenti (M), raggiungendo un’accuratezza diagnostica superiore al 90% (Fig. 13.13; Figg. 5 e 6 web). Le minisonde ultrasonore assicurano passaggi sicuri attraverso stenosi maligne. L’ecoendoscopia, inoltre, può valutare taglia, margini, forma ed echi interni dei linfonodi come indicatori predittivi di malignità, ma non può differenziare linfonodi iperplastici e linfonodi au-mentati di volume perché metastatici; tuttavia può essere impie-

cambiamento dell’istotipo di questa neoplasia. Tradizionalmente, la neoplasia esofagea ha una rappresentazione cellulare di tipo squamoso; nell’ultimo ventennio invece nell’America settentrionale e in Europa l’incidenza dell’adenocarcinoma è aumentata del 100%.La possibile spiegazione è da ricercare nei fattori nutrizionali e nei potenziali carcinogeni quali alcol, tabacco, nitrosamine, malnu-trizione, deficienze vitaminiche, MRGE ed esofago di Barrett. Una condizione precancerosa è riscontrata nei soggetti con cheratosi palmare e plantare familiare (tilosi). Lesioni precancerose possono invece essere considerate l’acalasia, l’esofagite da reflusso, l’esofago di Barrett, le lesioni da caustici, la sindrome di Plummer-Vinson, la leucoplachia. La neoplasia esofagea maligna è biologicamente molto aggressiva: s’infiltra localmente, si estende ai linfonodi regionali e metastatiz-za diffusamente per via ematogena. La mancanza di sierosa eso-fagea tende a favorire un’estensione neoplastica locale, potendo invadere, a seconda della localizzazione di insorgenza, il tratto tracheobronchiale, l’aorta e il nervo laringeo ricorrente sinistro o ancora il diaframma, il pericardio e lo stomaco.L’esteso drenaggio linfatico mediastinico, che comunica con i circoli collaterali cervicali e addominali, è responsabile della pre-senza di linfonodi metastatici mediastinici, sovraclaveari o celiaci in almeno il 75% dei pazienti con neoplasia esofagea ed è comune una diffusione metastatica al fegato e ai polmoni.

Diagnostica clinica

La sintomatologia del carcinoma esofageo può essere insidiosa, in quanto all’inizio si presenta come un fastidio aspecifico retrosternale o come dispepsia, oppure può insorgere con i sintomi da MRGE. Grazie all’elasticità delle pareti esofagee, solo quando sono ostruiti i due terzi del lume dell’organo compaiono i comuni sintomi riferibili a disfagia ingravescente e calo ponderale. I pazienti spesso riferiscono pirosi in corrispondenza della lesione e dolore toracico (quest’ultimo provocato da spasmi o dall’invasione neoplastica o dalla diffusione metastatica dei linfonodi che circondano l’esofa-go). Con la crescita neoplastica, l’ostruzione esofagea produce un progressivo calo ponderale, rigurgito (con possibile danno polmonare da ab ingestis e quindi tosse e raucedine), fino ad arrivare a sintomi respiratori causati da un’invasione tracheale (fistola tracheoesofa-gea). Il dolore epigastrico e il singhiozzo possono essere suggestivi dell’infiltrazione del nervo frenico e del diaframma.L’esame clinico prevede di individuare i segni di avanzamento della malattia o di interessamento secondario. Potranno essere evidenti segni di un calo ponderale recente o, nei casi avanzati, il paziente apparirà cachettico con la presenza di nodulazioni in sede sopraclaveare (linfonodi metastatizzati). I segni di interesse polmonare dovranno sempre essere valutati per escludere l’even-tuale infiltrazione degli organi delle vie aeree.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoL’esame radiologico offre informazioni riguardo alla localizzazio-ne della lesione e all’estensione longitudinale, ma non consente una diagnosi di certezza. Può essere utile nei sospetti di fistole tra-cheoesofagee, ma utilizzando un mezzo di contrasto idrosolubile.

Fig. 13.12. Carcinoma esofageo documentato con l’EGDS.

FIGURA IN BASSA qUAlITà

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16 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

Complicanze

Oltre al naturale corso della patologia (disseminazione, metasta-tizzazione ed exitus), le complicanze del carcinoma esofageo sono rappresentate dal transito alimentare ostruito, con impossibilità all’alimentazione e dalla possibile invasione delle strutture vicine, con la possibile formazione di fistole tracheoesofagee e fenomeni di ab ingestis.

■■ Varici

Le varici esofagee sono definite come la presenza di vene sotto-mucose ectasiche e tortuose, determinate da un aumento della pressione venosa, a causa di un ostacolo al deflusso ematico a sede solitamente epatica (cirrosi), preepatica (trombosi portale) o postepatica (a livello della vena cava superiore) (vedi Capitolo Ipertensione portale).

Diagnostica clinica

La malattia è per lo più asintomatica, benché talvolta causi una lieve difficoltà al transito del bolo. L’evenienza più grave è ov-viamente rappresentata dal sanguinamento, che a volte può essere lieve con anemizzazione cronica, ma che può essere fatale quando è più grave, manifestandosi con ematemesi e, dopo qualche ora, melena.L’esame clinico prevede la ricerca di segni da correlare a una cirrosi o a un’altra epatopatia, come circoli collaterali superficiali, segni di ittero, epatosplenomegalie, ascite.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoNon è sempre possibile documentare radiologicamente la pre-senza di varici, tuttavia il quadro tipico è rappresentato dall’irre-golarità delle pliche mucose e da immagini pseudopolipoidi che scompaiono con la peristalsi.

EndoscopiaL’EGDS è l’esame indispensabile per confermare la diagnosi e anche per eseguire un controllo dell’emorragia in urgenza (Fig. 7 web). Endoscopicamente le varici sono distinte, secondo la classificazione di Paquet, in rapporto al rischio di possibile sanguinamento: •grado I, varici bianche, sottili, rettilinee, di piccolo diametro; •grado II, varici più tortuose e bluastre; •grado III, varici tortuose e blu, sporgenti nel lume;•grado IV, varici blu-violacee con segni rossi in superficie, occu-

panti gran parte del lume.

Diagnosi differenziale

In caso di ematemesi e melena, la diagnosi differenziale dovrà essere posta con i sanguinamenti di altri organi del tratto digerente alto, come lo stomaco e il duodeno (ulcere peptiche, neoplasie, sanguinanti ecc.).

gata per eseguire prelievi citologici con ago sottile sui linfonodi mediastinici o celiaci a scopo diagnostico. L’ecoendoscopia è spe-cifica per l’identificazione dei linfonodi del tripode celiaco e del lobo sinistro epatico (entrambi considerati metastasi a distanza).

Tomografia computerizzataLa TC del torace e dell’addome permette la valutazione dello spessore della parete esofagea, ma soprattutto è in grado di deter-minare l’invasione mediastinica, la presenza di linfoadenopatie regionali o a distanza e di metastasi.

Tomografia a emissione di positroni (PET) e PET-TC La PET (Positron Emission Tomography) è una metodica che sem-bra migliorare la diagnosi di metastasi a distanza, valutando il metabolismo delle neoplasie. I vantaggi funzionali della PET e i vantaggi strutturali della TC combinati (PET-TC) aumentano la quota di identificazione metastatica a circa l’80-90%.

Risonanza magneticaAttualmente, se comparata con la TC, questa metodica ha una sensibilità e una specificità quasi uguali, ha costi maggiori ed è più lenta, con minore diffusione nella pratica clinica.

Ecografia addominaleNella pratica clinica, lo studio ecografico delle metastasi epatiche si dimostra superiore alla TC.

BroncoscopiaQuesta indagine è indispensabile nel sospetto di infiltrazioni delle vie aeree.

Diagnosi differenzialeIl riscontro di una neoformazione all’EGDS lascia poco spazio alla diagnostica differenziale. È importante però sottolineare che nelle fasi iniziali il carcinoma esofageo può dare sintomi comuni all’MRGE o ai disordini motori, che dunque non devono essere sot-tovalutati, ma indagati in maniera repentina con esami strumentali.

Fig. 13.13. Diagnostica ecoendoscopica di un carcinoma esofageo.

17capitolo 13 Esofago

Diagnosi differenziale

Il dato anamnestico di ingestione di sostanze caustiche lascia poco spazio alla diagnostica differenziale. La presenza di lesioni da caustici da lungo tempo deve tuttavia essere oggetto di follow-up per la possibile insorgenza di un tumore sul tessuto danneggiato.

Complicanze

La complicanza più frequente delle lesioni esofagee da caustici è la formazione di stenosi, che generalmente si sviluppa dopo 3 setti-mane dall’ingestione, anche a localizzazione multipla. Può essere rilevato anche un danno laringeo o faringeo. Come detto, l’esofago lesionato può andare incontro a perforazione con conseguente peritonite o mediastinite. Un’estesa ustione corrosiva può talvolta causare una fistola tracheoesofagea.Un’altra complicanza dell’ustione corrosiva esofagea è lo sviluppo di MRGE per la lesione del LES. Sono stati riportati anche casi di dismotilità come conseguenza dell’estesa fibrosi intramurale. Una complicanza tardiva della cicatrizzazione e della stenosi è la degenerazione in carcinoma esofageo.

■■ Perforazioni e rotture

La perforazione esofagea è un evento drammatico e rappresenta una vera e propria urgenza e una sfida per il chirurgo generale e toracico. La maggior parte delle rotture esofagee è dovuta a cause iatrogene (60%), a traumi esterni (20%) e a perforazioni sponta-nee (15%). L’incidenza così elevata delle perforazioni iatrogene è dovuta al grande sviluppo dell’endoscopia e delle annesse pro-cedure chirurgiche endoscopiche.La sindrome di Boerhaeve (rottura esofagea a tutto spessore indotta dallo sforzo) è la causa più comune di perforazione spontanea. La sindrome di Mallory-Weiss invece consiste in una lacerazione longitudinale limitata alla mucosa e alla sottomucosa, causata da conati di vomito ripetuti indotti dall’eccessiva assunzione di bevande alcoliche.

Diagnostica clinica

La perforazione si manifesta sintomatologicamente con un improv-viso senso di dolore retrosternale, toracico sinistro o dorsale, dopo un episodio di intenso sforzo. I sintomi variano in rapporto alle cause e alla sede (cervicale, toracica e addominale) e sono influenzati dal tempo trascorso tra la perforazione e la diagnosi. In addome, se la rottura comunica con la cavità peritoneale, può comparire un dolore ottuso epigastrico irradiato posteriormente. Spesso è presente vomito frammisto a sangue o franca ematemesi. La sindrome di Boerhaave è caratterizzata da vomito, dolore toraci-co improvviso e violento e collasso cardiocircolatorio, mentre la sindrome di Mallory-Weiss da ematemesi, vomito, dolore toracico e possibile collasso cardiocircolatorio.I pazienti con perforazione o rottura si presentano solitamente tachicardici e tachipnoici; possono insorgere ipotensione e shock ipovolemico. Si riscontrano i segni di un addome acuto o di una mediastinite. L’enfisema sottocutaneo è frequente nelle perfora-zioni cervicali.

Complicanze

Come detto, la complicanza più grave delle varici esofagee è l’e-morragia massiva con conseguente shock ipovolemico.

■■ Lesioni da caustici

L’ingestione da caustici è un rilevante problema sanitario e socia-le; di solito è accidentale nei bambini, mentre è a scopo suicida negli adolescenti e negli adulti, che assumono maggiori volumi di sostanze tossiche aumentandone così il potere lesivo. Le lesioni da caustici ingeriti possono coinvolgere l’orofaringe, il laringe, l’esofago, lo stomaco e raramente l’intestino tenue e il colon. In-fatti, una volta raggiunto lo stomaco, l’acido induce un immediato pilorospasmo che fa ristagnare l’agente lesivo nell’antro; purtrop-po questo meccanismo di difesa fa sì che si produca una severa gastrite che può progredire nelle successive 24-48 ore, provocando la necrosi della parete o una perforazione gastrica. Inoltre, con il vomito l’agente lesivo può risalire in esofago aggravando sia l’ustione esofagea sia quella gastrica.

Diagnostica clinica

Le lesioni da caustici si manifestano con odinofagia, scialorrea, ina-bilità o rifiuto di bere o di ingoiare. Il riscontro di addome acuto, dolore retrosternale e dispnea con raucedine e stridore deve far sospettare una perforazione peritoneale, mediastinica o laringea. L’assenza di sintomatologia con un dato anamnestico positivo per ingestione di caustici non può escludere una lesione esofagea.Come detto, il paziente può presentare i segni dell’addome acuto e dispnea con stridore, fino ad avere quadri di shock, che impon-gono un intervento immediato.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoL’esame radiografico, effettuato obbligatoriamente con mezzi di contrasto idrosolubili, può evidenziare perforazioni, fistole e stenosi (tardive).

EndoscopiaL’EGDS deve essere eseguita entro le prime 12-24 ore dall’evento lesivo, a paziente stabilizzato, a meno che non vi sia il sospetto di una perforazione esofagea o gastrica o un’ostruzione imminente delle prime vie aeree.Le lesioni da caustici del tratto gastrointestinale sono classificate in superficiali o profonde. Le ustioni superficiali della mucosa si manifestano con eritema, edema, formazione di vescicole o ulcere piccole, isolate. Quelle profonde invece si manifestano con ulcere circonferenziali che possono sconfinare nel tessuto mediastinico e penetrare nella cavità pleurica e peritoneale provocando, occa-sionalmente, fistole tracheoesofagee o aortoenteriche.

Tomografia computerizzata La TC del torace e dell’addome può essere eseguita in urgenza per documentare la presenza di perforazioni e versamenti pleurici, mediastinici o addominali.

18 sezione II Semeiotica chirurgica per organo

La maggior parte dei pazienti con anello di Schatzki è asintomatica, sebbene possa comparire una disfagia intermittente quando il diametro dell’anello è <20 mm. Le membrane congenite sono caratterizzate da difficoltà ad ali-mentarsi e rigurgito precoce, sebbene alcuni pazienti non siano sintomatici.Nei pazienti con sindrome di Plummer-Vinson si possono rilevare anemia ipocromica microcitica, atrofia della mucosa orofaringea, glossite, secchezza cutanea e oculare, stomatite delle commissure labiali e splenomegalia.

Diagnostica strumentale

Radiografia dell’esofago con mezzo di contrastoLe membrane esofagee sono viste comunemente all’esofagogram-ma che ne indica la sede; si presentano come stenosi anulari che si proiettano nel lume esofageo.

EndoscopiaLe membrane talvolta possono passare inosservate all’EGDS, che addirittura può romperle durante il passaggio (Fig. 8 web). Spesso si rilevano segni da MRGE o l’associazione di un’ernia iatale.

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale deve essere posta rispetto a tutte le pa-tologie che possono causare disfagia.

Complicanze

Circa il 10% dei pazienti con sindrome di Plummer-Vinson può sviluppare un carcinoma squamoso dell’ipofaringe, della cavità orale o dell’esofago.

■■ Affezioni congenite

Sono causate da errori di sviluppo dell’abbozzo embrionario dell’esofago, con difetto di canalizzazione durante la vita intrau-terina (atresia esofagea). L’atresia è frequentemente associata alla presenza di fistole tracheoesofagee (Fig. 9 web) ed è classificata proprio in base all’associazione con queste ultime: • tipo I, atresia senza fistola; • tipo II, III e IV con fistola tracheoesofagea; • tipo V, fistola ad H senza atresia; • tipo VI, stenosi.

Diagnostica clinica

A poche ore dal parto, il neonato presenta addome globoso, scia-lorrea e crisi dispnoica al primo tentativo di alimentazione, causati da una fistola di tipo I da ab ingestis. Il neonato è disidratato e dispnoico. La diagnosi solitamente è effet-tuata inserendo un sondino nasogastrico che documenta l’assenza di succo gastrico.

Diagnostica strumentale

Radiografia del torace e dell’esofago con mezzo di contrastoLa radiografia del torace è patognomonica per perforazione nel 90% dei pazienti, individuando uno slargamento mediastinico, livelli idroaerei mediastinici, pneumomediastino ed enfisema sottocutaneo. Si può spesso evidenziare un versamento pleurico sinistro con pneumotorace, se la perforazione è a carico del terzo distale dell’esofago. L’esofagogramma deve essere eseguito con contrasto idrosolubile e può individuare la sede primitiva della perdita e confermare l’eventuale estensione della lesione.

EndoscopiaL’endoscopia non è generalmente impiegata per la diagnosi di perforazione, per il rischio di allargare il foro o di non identificare la lesione.

Tomografia computerizzata La TC del torace è usata quando la presentazione è atipica, quan-do i segni e i sintomi sono vaghi o ingannevoli. Un versamento liquido nel mediastino e la presenza di aria nel mediastino o nell’addome sono fortemente suggestivi di perforazione esofagea.

Diagnosi differenziale

L’ematesi deve far sospettare la presenza di varici esofagee o di un’altra patologia erosiva gastroduodenale. Il dolore deve far sospettare un aneurisma aortico dissecato, uno pneumotorace spontaneo o un infarto del miocardio, pertanto assume un ruolo determinante il dato anamnestico.

Complicanze

Come detto, le complicanze sono rappresentate dalla presenza di mediastinite e peritonite, ematemesi grave con conseguente shock ipovolemico e collasso cardiocircolatorio.

■■ Membrane esofagee

Le membrane esofagee sono classificate come superiori, inferio-ri o congenite. Quelle superiori sono presenti nella sindrome di Plummer-Vinson, caratterizzata da una disfagia cervicale nei pa-zienti con anemia cronica sideropenica, glossite ed esofagite. Le membrane esofagee inferiori sono quasi sempre indicate come anello di Schatzki, mentre quelle congenite sono lesioni rare i cui sintomi si manifestano nell’infanzia.

Diagnostica clinica

I pazienti affetti da sindrome di Plummer-Vinson sono generalmente donne sopra i 40 anni, edentule, malnutrite, con atrofia della mucosa orale, glossite e unghie a cucchiaio (colionichia). Sono affette da disfagia generalmente causata da una membrana eso-fagea cervicale, ma può associarsi un’anomala motilità faringea ed esofagea.

19capitolo 13 Esofago

Classen M, Tytgat GNJ, Lightdale CJ. Gastroenterological Endoscopy. Stuttgart: Thieme Publishers; 2010.

DiMarino AJ. Sleisenger and Fordtran’s Gastrointestinal and Liver Disease. 9th ed. Philadelplhia: Saunders; 2010.

Townsend CM, Beauchamps RD, Evers M, MAttox K. Sabiston Textbook of

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Tutuian R. Reflux monitoring: current status. Curr Gastroenterol Rep 2008;10(3):263-70.

Tolone S, Del Genio G, Docimo G, Brusciano L, del Genio A, Docimo L. Objective outcomes of extra-esophageal symptoms following laparoscopic total fundoplication by means of combined multichannel intraluminal impedance pH-metry before and after surgery. Updates Surg 2012;64(4):265-71.

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Diagnostica strumentale

La radiografia dell’esofago con mezzo di contrasto idrosolubile chiarisce il tipo di atresia, tuttavia va eseguita solo in centri spe-cialistici per le temibili conseguenze dell’ab ingestis.

Diagnosi differenziale

La tempistica di insorgenza della sintomatologia favorisce la diagnosi rispetto alle patologie respiratorie.

Complicanze

La complicanza da evitare è ovviamente il prolungato ab ingestis che può portare a exitus il neonato.

letture consigliate

Richter JE, Castell DO. The Esophagus. 5th ed. Oxford: Wiley-Blackwell; 2012.Gore R, Levine M. Textbook of Gastrointestinal Radiology. Philadelphia:

Saunders; 2012.