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atti del convegno E D I Z I O N I DIAGNOSI E TERAPIA IMMUNO- ALLERGOLOGICA E PNEUMOLOGICA: LO STATO DELL’ARTE Arezzo, 17 settembre 2011

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DIAGNOSI E TERAPIA IMMUNO-ALLERGOLOGICA E PNEUMOLOGICAPATOLOGIE ONCOEMATOLOGICHEPATOLOGIE ONCOEMATOLOGICHEattidel convegno

E D I Z I O N I

DIAGNOSI E TERAPIA IMMUNO-ALLERGOLOGICA E PNEUMOLOGICA: LO STATO DELL’ARTEArezzo, 17 settembre 2011

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DIAGNOSI E TERAPIA IMMUNO-ALLERGOLOGICA E PNEUMOLOGICA

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attidel convegno

e d i z i o n i

DIAGNOSI E TERAPIA IMMUNO-ALLERGOLOGICA E PNEUMOLOGICA: LO STATO DELL’ARTEArezzo, 17 settembre 2011

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Responsabile scientifico

Giovanni ConiglioDirettore Unità Operativa di Immuno-allergologiaUsl 8 Arezzo

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I relatori

GIANNA CAMICIOTTOLISezione di Medicina Respiratoria Dipartimento di Medicina InternaUniversità degli Studi di Firenze

GIOVANNI CONIGLIODirettore Unità Operativa di Immuno-allergologia

Usl 8 Arezzo

LORENZO EMMISOD Immunoallergologia

Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Firenze

ANDREA MATUCCISOD Immunoallergologia

Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Firenze

OLIVIERO ROSSISOD Immunoallergologia

Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Firenze

PAOLA ROTTOLIDipartimento di Medicina Clinica e Scienze Immunologiche

Sezione di Malattie dell’Apparato RespiratorioUniversità degli Studi di Siena

Facoltà di Medicina e Chirurgia

ALESSANDRA VULTAGGIOAllergologia e Immunologia Clinica

Clinica Medica IIIAzienda Ospedaliero Universitaria Careggi Firenze

DIAGNOSI E TERAPIA IMMUNO-ALLERGOLOGICA E PNEUMOLOGICA

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L’allergia è condizione morbosa a diffusione crescente e tra le

cause di questa crescita un ruolo fondamentale è da ascriversi

all’aumento degli inquinanti atmosferici.

Un rilevante capitolo di interesse e sviluppo nella gestione della malattia

è rappresentato dal contributo che l’approfondimento immunologico della

forma morbosa può rappresentare come possibilità di personalizzazione

dell’approccio e della terapia.

Inoltre, la possibilità di individuare fenotipi allergologici e pneumologici,

che individuino in che modo la condizione patologica incontri e determini

il quadro clinico del paziente, consente di accelerare l’iter diagnostico e di

studiare terapie personalizzate.

Prefazione

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n RISVOLTI NELLA PRATICA MEDICA DEI FENOTIPI IN ALLERGOLOGIA MOLECOLARE

Giovanni ConiglioDirettore Unità Operativa di Immuno-allergologia Usl 8 Arezzo

Gli estratti allergenici utilizzati nei comuni test allergologici (prick test) sono miscele proteiniche complesse, composte, da una parte, di al-

lergeni maggiori e minori, dall’altra, di componenti biologicamente inattivi non allergenici. Tali estratti, assai utili per fare diagnosi di allergia, non sono in grado di indicare a quale proteina dell’estratto il paziente sia ef-fettivamente allergico. Il problema della diversificazione delle fonti e della standardizzazione degli estratti allergenici è sempre esistito fino a quando nel 1988, attraverso tecniche di biologia molecolare, non si è ottenuta la clonazione della prima proteina allergenica (Der P1), la proteina presen-te negli escrementi degli acari, di cui si conosce ormai l’intera sequenza amminoacidica. Da allora altre proteine sono state clonate e sintetizzate in laboratorio riducendo progressivamente il problema della variabilità delle fonti.L’impiego della diagnostica molecolare in allergologia, ovvero la sostitu-zione dell’uso di estratti naturali allergenici con quelli ottenuti tramite tec-niche di Dna ricombinante, presenta i seguenti vantaggi:

• standardizzazione: definisce il reale contenuto allergenico, ovve-ro quale sostanza determini la reazione allergica;

• polisensibilizzazione: distingue gli allergeni veri e propri dalle sostanze (panallergeni) che, pur risultando positive, non scate-nano la reazione allergica;

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attidelconvegno• definizione diagnostica: identifica l’entità molecolare responsa-

bile della reazione allergica.

In altri termini, quando si esegue un test allergico, non basta sapere se il

soggetto sia sensibilizzato verso la pesca o il polline, ma quali molecole

della pesca o del polline siano responsabili della sintomatologia. La carat-

terizzazione molecolare degli allergeni di pollini e alimenti ci informa che,

ad esempio, nella pesca ci sono quattro allergeni principali, verso i quali

un soggetto può essere sensibilizzato (Pru p 1,2,3,4). Come si vede in

figura 1, la nomenclatura degli allergeni è definita in questo modo:

• le prime tre lettere indicano il genere;

• lasingolaletterachelesegueindicalaspecie;

• ilnumeroindical’ordinecronologicodipurificazionedell’aller-

gene.

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Figura 1 NomeNclatura delle molecole allergeNiche, iN base a geNere, specie e ordiNe d’ideNtificazioNe

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Negli ultimi anni sono stati caratterizzati a livello molecolare 1783 allergeni

riconducibili a 173 famiglie. Detti allergeni si suddividono in:

• genuini o specie-specifici, indicativi di una sensibilizzazione pri-

maria a una determinata sorgente allergenica;

• panallergeni o allergeni cross-reattivi, presenti in forme omolo-

ghe in specie botaniche tra loro diverse, responsabili di apparenti

polisensibilizzazioni ai test eseguiti con estratti.

Tutti gli allergeni sono costituiti da diversi epitopi, ovvero piccole porzioni

di antigene che legano l’anticorpo specifico, dando luogo alla reazione al-

lergica. Esistono generalmente due distinte classi di epitopi:

• epitopi lineari, coincidenti con la sequenza lineare degli ammino-

acidi;

• epitopi conformazionali, frutto del ripiegamento della struttura

terziaria proteica.

Mentre questi ultimi sono tremolabili e gastrolabili, gli epitopi lineari so-

pravvivono alle alte temperature così come alla proteolisi . Questo spiega

la pericolosità delle Lipid Transfert Proteins (Ltp), localizzate sulle bucce

delle pesche, mele, albicocche, ciliegie, e molti altri vegetali, spesso re-

sponsabili di reazioni allergiche gravi, fino all’anafilassi.

Conoscere con esattezza le molecole responsabili di una data allergia

agevola d’altra parte anche l’approccio terapeutico. L’immunoterapia spe-

cifica consiste infatti nella somministrazione, sublinguale o sottocutanea,

di estratti degli allergeni responsabili della reazione allergica, allo scopo

di indurre nell’organismo sensibilizzato una tolleranza immunologica che

corregga le reazioni abnormi verso uno o più allergeni specifici. L’eteroge-

neità delle fonti, l’impossibilità di isolare gli allergeni e di distinguerli in

genuini e cross-reattivi, rendevano impossibile un approccio standardizza-

to ed efficace. n

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n RISVOLTI NELLA PRATICA MEDICA DEI FENOTIPI DELLA BRONCOPNEUOMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA

Gianna CamiciottoliSezione di Medicina Respiratoria Dipartimento di Medicina InternaUniversità degli Studi di Firenze

Le linee guida Gold (Global initiative for chronic obstrucion lung dise-ase) definiscono la Broncopneumopatia cronica ostruttiva una malattia

respiratoria cronica caratterizzata da ostruzione al flusso aereo associata a rimodellamento delle vie aeree ed enfisema. Si tratta di una patologia prevenibile e curabile, variabilmente correlata a significativi effetti extra-polmonari e comorbilità, che possono incidere sul suo grado di severità. L’ostruzione al flusso aereo è solitamente progressiva e associata a una risposta abnorme del polmone ad agenti nocivi, primo fra tutti il fumo di sigaretta.La limitazione al flusso aereo è la risultante di una commistione di malattie, ovvero una patologia delle piccole vie aeree, come le bronchioliti ostrutti-ve, e una patologia caratterizzata da un aspetto maggiormente distruttivo, ovvero l’enfisema. Il contributo relativo di tali malattie varia da soggetto a soggetto.Se in risposta alla noxa patogena il polmone registra alterazioni prevalente-mente circoscritte alle vie aeree, si svilupperà un quadro di bronchite cro-nica; se le alterazioni sono prevalentemente di tipo distruttivo, si svilupperà l’enfisema polmonare. Un soggetto può presentare entrambe le alterazioni anatomo-patologiche e sviluppare un decorso misto.Già Kerley, nel 1950, aveva fatto un’osservazione interessante. Per ottenere una diagnosi precoce di enfisema, anziché focalizzare l’attenzione sui risul-tati radiologici di danno parenchimale, generalmente tardivi, è opportuno

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soffermarsi sui dati radiologici suggestivi di danno vascolare. Ciò permette di distinguere, in fase iniziale, se il quadro che sottende all’ostruzione aerea è dato da bronchite cronica o da enfisema. Osservando dai dati radiologici le compromissioni vascolari, si può notare che un quadro di bronchite cronica riporta:

• aumentata tortuosità dei vasi sanguigni;• margini sfumati;• segmentazione;• aumentato rapporto del calibro di arterie bronchiali/arterie perife-

riche.L’enfisema, d’altra parte, presenta un quadro totalmente diverso, caratte-rizzato da:

• perdita di sinuosità dei vasi sanguigni;• margini netti;• riduzione delle biforcazioni;• aumento degli angoli di biforcazione.

Figura 1coNdizioNi vascolari

Nella broNchite croNica

e Nell’eNfisema

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attidelconvegnoSono questi segni differenziali di facile riconoscimento anche per il medico di medicina generale, oltre che per lo specialista. Stando dunque alle linee guida, che stabiliscono il grado di severità di ma-lattia soltanto in relazione all’ostruzione al flusso aereo, è possibile che due pazienti vengano considerati uguali pur presentando quadri clinici estre-mamente diversi. Se ci si limita infatti a valutare la capacità vitale di un soggetto (si parla di capacità vitale forzata quando il rapporto fev1/capacità vitale è < 70%), si perdono di vista altri parametri fondamentali in grado di distinguere un soggetto affetto da bronchite cronica da un soggetto affetto da enfisema.

La figura 2 mostra come la malattia possa avere due espressioni molto diverse nei due soggetti. Da una parte, nel paziente A, insieme all’iperdiafa-nia si possono notare l’estrema povertà del letto vascolare polmonare e le caratteristiche vascolari precedentemente associate a un quadro di enfise-ma; d’altra parte, nel paziente B, predominano di gran lunga le alterazioni vascolari flogistiche proprie della bronchite cronica.

Figura 2radiografie del torace di due pazieNti affetti da bpco, coN uguale gravità di ostruzioNe al flusso; soNo eNtrambi pazieNti iN stadio 4 gold, ostruzioNe molto severa

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Anche altri dati rilevabili con le indagini funzionali correlano con il quadro radiologico (figura 3): nel paziente con enfisema polmonare i volumi sono maggiormente incrementati rispetto al paziente con bronchite cronica.

I dati radiologici rilevano anche come la diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio sia assai più ridotta nel paziente con enfisema ri-spetto al paziente con bronchite cronica. La diffusione è infatti direttamente proporzionale alla superficie di scambio, la quale è più ridotta nel paziente enfitematoso per i noti fenomeni distruttivi del parenchima e dei vasi.è evidente come non basti fermarsi al dato funzionale dell’ostruzione, dal momento che la popolazione di Bpco è eterogenea e necessita di terapie personalizzate anziché determinate in base al grado di severità. è altresì auspicabile un metodo standardizzato che permetta di fare le opportune distinzioni tra i pazienti affetti da Broncopneumopatia cronica ostruttiva e di riconoscere sottogruppi di fenotipi che differiscono nella risposta a spe-cifici approcci terapeutici. n

Figura 3correlazioNe

tra dati fuNzioNali e quadro

radiologico

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n FENOTIPI NELL’ASMA BRONCHIALE

Alessandra VultaggioAllergologia e Immunologia Clinica Clinica Medica III, Azienda Ospedaliero–Universitaria Careggi, Firenze

L’asma è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata da un danno polmonare tissutale, indotto da un infiltrato infiammatorio.

Il fenotipo, d’altra parte, è la risultante dell’incontro tra una predisposizione genetica del soggetto e l’insieme dei fattori ambientali che influiscono su di essa. Ne consegue che, dal punto di vista clinico, i fenotipi di asma bronchiale sono rilevanti nel determinare i diversi fattori di rischio, i pro-cessi fisiopatologici coinvolti, il trattamento adeguato a ciascuno di essi e le relative prognosi. La classificazione della patologia in fenotipi è la sud-divisione in categorie sulla base del grado di severità della malattia, ovvero della combinazione tra sintomi e dati di ordine funzionale. Tanto gli specialisti quanto i medici di medicina generale sanno che i pa-zienti con asma bronchiale non sono tutti uguali. Esistono sicuramente aspetti comuni:

• la presenza di ostruzione al flusso aereo;• la tendenza alla bronco-reattività;• il quadro sintomatologico.

Ma vi sono poi una serie di parametri che rendono ragione dell’eterogenei-tà di questa popolazione di pazienti, ovvero:

• la severità in rapporto alle riacutizzazioni;• la funzionalità polmonare;• la risposta alla terapia;

attidelconvegno

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Figura 1i feNotipi cliNici

iNdividuati da sallye. WeNzel, 2006

• eventuali correlazioni a trigger;• l’età d’insorgenza della sintomatologia.

A questo livello si parla dunque di fenotipi clinici, secondo la classificazio-ne fatta da Sally E. Wenzel nel 2006, che li distingueva dai fenotipi cellulari. Da un punto di vista clinico, dunque, l’asma bronchiale può differenziarsi in base ai parametri sopra elencati, ed essere indotta da meccanismi biologici diversi, sia noti che ignoti.Le cellule polmonari dei pazienti asmatici, inoltre, possono avere un infil-trato infiammatorio, o prevalentemente eosinofilo, o prevalentemente neu-trofilo. L’individuazione nel paziente della tipologia di cellule infiammatorie presenti (fenotipo cellulare) è di fondamentale importanza per stabilire una terapia ad hoc. L’impiego di farmaci volti a neutralizzare gli eosinofili pos-sono non variare il quadro clinico e sintomatologico, in quanto non tutte le asme bronchiali sono associate a eosinofilia a livello tissutale. Inoltre uno stesso fenotipo cellulare può essere associato a diversi fenotipi clinici, di modo che il quadro generale si complica.

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attidelconvegnoGli eosinofili sono presenti nelle forme allergiche, in quelle correlate all’as-sunzione di aspirine, nelle forme severe dell’età adulta, o nei pazienti con sindrome di Churg-Strauss. Per il meccanismo di ridondanza del sistema immunitario, gli eosinofili possono essere richiamati da diverse molecole, quali interlochina 5, l’eutassina o altri meditori come il TNF-α e GM-CSF.Le forme neutrofile, d’altro canto, non rispondono per esempio alla terapia con corticosteroidi, in ragione del fatto che i corticosteroidi selezionano in maniera preferenziale la sopravvivenza dei neutrofili nel polmone, ini-bendo la loro morte. I neutrofili non solo creano un danno cellulare ma interagiscono con le cellule infiammatorie concorrendo al mantenimento dell’infiammazione stessa, instaurando così un circolo vizioso. Conoscere le molecole responsabili del reclutamento di eosinofili e neutrofili (fenotipo molecolare) è fondamentale per la somministrazione al paziente di terapie adeguate. Si capisce così l’importanza di individuare dei fenotipi moleco-lari, non solo per utilizzare al meglio farmaci già noti, ma per trovarne di nuovi. n

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n LE INTERSTIZIOPATIE POLMONARI

Paola RottoliDipartimento di Medicina Clinica e Scienze Immunologiche Sezione di Malattie dell’Apparato RespiratorioUniversità degli Studi di SienaFacoltà di Medicina e Chirurgia

Le interstiziopatie polmonari sono un numeroso ed eterogeneo gruppo di malattie che colpiscono l’interstizio del polmone e sono caratterizzate

da un’evoluzione più o meno rapida verso lo sviluppo di fibrosi polmonare, che ne influenza severamente la prognosi. Si tratta di alcune centinaia di malattie, molte delle quali rare, da causa nota come il polmone del conta-dino o ignota, come la sarcoidosi. Il loro denominatore comune è l’interessamento dell’interstizio polmonare, ossia quella parte molto delicata del polmone dedicata agli scambi respi-ratori: lo spazio virtuale tra gli alveoli, in tali malattie, diviene la sede di fenomeni infiammatori che potrebbero condurre il paziente alla formazione di fibrosi polmonare, quindi all’insufficienza respiratoria e, non raramente, anche alla morte. Ne consegue l’importanza di una diagnosi precoce che consenta di intraprendere un percorso terapeutico adeguato, prima che la malattia abbia devastato il polmone al punto tale da comprometterne la funzione respiratoria. Alcune di queste malattie sono attualmente in fase di riconoscimento ufficiale. Il Registro toscano delle malattie rare (Rtmr) ha invece deciso di annoverarle per facilitare il percorso dei pazienti. In figura 1 ne sono riportate alcune di recente registrazione.

Il quadro clinico specifico delle interstiziopatie polmonari presenta:• dispnea inizialmente solo sotto sforzo, con la progressione della

malattia, anche a riposo;

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attidelconvegno• tosse secca;• perdita di peso;• astenia.

All’esame obiettivo, a seconda del momento in cui il paziente si sottoporrà all’attenzione del medico di medicina generale, potranno essere evidenti cianosi, ippocratismo digitale e crepitazioni inspiratorie. A questo punto il percorso assistenziale ideale vorrebbe che il paziente fosse subito indi-rizzato all’attenzione dello specialista per l’effettuazione delle radiografie del torace, necessarie ai fini diagnostici. Inoltre andrebbe predisposta una valutazione funzionale respiratoria, fondamentale per graduare lo stato di severità della patologia e il suo avanzamento. Se l’ipotesi di interstiziopatia polmonare procede, lo pneumologo dovrebbe inviare il paziente presso un centro di riferimento, affinché vengano prese tutte le misure di approfon-dimento diagnostico e terapeutico del caso. Tra queste figura il lavaggio broncoalveolare (BAL), ovvero l’introduzione, in corso di broncoscopia, di una piccola quantità di liquido nei bronchi, che viene poi recuperata

Figura 1eleNco delle malattie rare di iNteresse pNeumologico Nel registro toscaNo delle malattie rare

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e analizzata. Tale tecnica endoscopica consente di conoscere le cellule presenti nella sede della malattia e di caratterizzarle da un punto di vista morfologico, strutturale e funzionale, riuscendo talora, come nel caso della sarcoidosi, ad agevolare l’iter diagnostico. La sarcoidosi è una malattia infiammatoria, sistemica (figura 2), clinicamente molto eterogenea, a ezio-logia sconosciuta, che colpisce giovani adulti.

Per quanto la prognosi sia più favorevole rispetto ad altre forme di intersti-ziopatie polmonari, rimane tuttavia fondamentale l’individuazione precoce di forme croniche che svilupperanno fibrosi grave e ipertensione polmona-re. Un’indagine portata a punto nei laboratori dell’Università degli Studi di Siena mostra l’utilità del lavaggio broncoalveolare nell’identificare le forme a prognosi più sfavorevole, attraverso l’individuazione di un marcatore che risulta correlato con l’attività e la progressione della malattia, la chitotrio-sidasi.Nel numero delle pneumopatie interstiziali, accanto a forme a eziologia nota (polmoniti da ipersensibilità, da inalanti e da farmaci, ecc.) o a eziologia

Figura 2effetti

sull’orgaNismo della sarcoidosi

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attidelconvegnosconosciuta (sarcoidosi appunto), che sviluppano fibrosi in fase avanzata,

esistono forme in cui la fibrosi e le sue conseguenze si manifestano in fase

d’esordio.

Quest’ultima condizione viene definita polmonite interstiziale idiopa-

tica (IIP), e raggruppa più varianti; il criterio classificativo riportato in

figura 3 distingue, in seno alle varie forme di interstiziopatie polmonari a

carattere precocemente fibrosante, rapidamente progressivo e con progno-

si infausta, sette patologie distinte per aspetti clinici e istologici.

Tali forme di IIP presentano marcate differenze evolutive e prognostiche:

la polmonite interstiziale non specifica (NSIP) e la polmonite interstiziale

desquamativa (DIP), per esempio, rappresentano malattie a prognosi ge-

neralmente poco grave. Non così per la fibrosi polmonare idiopatica (IPF),

caratterizzata da:

• fibrosi polmonare diffusa;

• rapida progressione verso l’insufficienza respiratoria;

• sopravvivenza mediana intorno ai 2-3 anni;

Figura 3 classificazioNe cliNica e istologica delle polmoNiti iNterstiziali idiopatiche (trattato di mediciNa iNterNa, g. gasbarriNi, 2012 – verduci ed. roma)

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• scarsa risposta al trattamento.

La fibrosi polmonare idiopatica ha dunque un decorso quasi uniforme-mente infausto. Si tratta di una patologia cronica, progressiva, a eziologia sconosciuta, che interessa esclusivamente il polmone ed è caratterizzata da un quadro istologico di polmonite interstiziale usuale (UIP). Il quadro clinico del soggetto affetto da IPF presenta:

• tosse secca;• dispnea cronica da sforzo;• crepitazioni basali bilaterali;• ippocratismo digitale.

Fondamentale per la diagnosi di IPF/UIP è la tomografia computerizzata ad alta risoluzione (Hrct), il cui valore predittivo, secondo le linee guida del 2011, è del 90-100%.La tomografia potrebbe confermare il quadro istologico caratteristico del-la polmonite interstiziale usuale (opacità reticolari con bronchioectasie da trazione, honey-combing, dilatazioni cistiche degli spazi alveolari, in-teressamento basale e periferico) e condurre così alla diagnosi di fibrosi polmonare idiopatica. Nel caso in cui il quadro di polmonite interstiziale usuale non venisse confermato, in parte o del tutto, è utile predisporre una biopsia polmonare che agevoli l’iter diagnostico nella giusta direzione. è già stato chiarito come la terapia a base di farmaci antinfiammatori non dia risultati. La ricerca clinica si è dunque orientata verso lo sviluppo di nuovi trattamenti in grado di prevenire o bloccare i processi fibroproliferativi e di aumentare la ripitelizzazione alveolare.Attualmente l’unica soluzione per il paziente affetto da fibrosi polmonare idiopatica è il trapianto di polmone. n

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n LE MALATTIE AUTOIMMUNILorenzo EmmiUnità Operativa Immunoallergologia,Azienda Ospedaliera-Universitaria Careggi, Firenze.

Si definisce malattia autoimmune un’alterazione del sistema immunita-rio tale da attivare lo sviluppo di risposte immuni contro componenti

del proprio organismo. Mentre la reazione autoimmune si configura come una risposta fisiologica dell’organismo nell’ambito delle normali funzioni di difesa assolte dal sistema immunitario, in questo tipo di patologia il siste-ma immunitario è incapace di arrestare la reazione autoimmune al termine di una fisiologica risposta infiammatoria, o di prevenirne lo sviluppo al di fuori di essa. All’interno del vastissimo panorama delle malattie autoimmuni sistemiche, il Lupus eritematoso sistemico (Les) può esserne considerato il paradigma, dal momento che può colpire la pelle, i reni, le articolazioni, il sistema nervoso centrale e periferico, il cuore e diversi altri organi del corpo. Fondamentale è poi l’interessamento vascolare, se si considera che di Les si muore più per complicanze vascolari che per veri e propri danni d’organo della malattia, quali l’artrite lupica o le infezioni dovute alle terapie immunosoppressive.Non è facile fare diagnosi di Les. L’infiammazione dovuta alla malattia pro-voca manifestazioni identiche, sul piano clinico, a quelle dovute ad altre ma-lattie infiammatorie. Quindi accade spesso che alla diagnosi di Les si arrivi in un secondo momento, dopo che sono state escluse malattie più comuni. I criteri selezionati dalla American Rheumatism Society , riportati in figura 1, agevolano senz’altro l’iter diagnostico, pur non potendo essere considerati esaustivi.Ovvero, se si fa diagnosi di Les sulla base dei criteri American College of Rheumatology, si fa senz’altro una diagnosi corretta. Ma si corre altresì il rischio di escludere alcune forme lupiche, specialmente in fase iniziale, per-

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ché apparentemente i criteri non sono rispettati. D’altro canto un’attività ab-norme degli auto-anticorpi (ANA), per quanto sia tra i sintomi più frequenti, non è a elevatissima specificità diagnostica.

è utile dunque l’esecuzione di analisi di laboratorio che confermino la dia-gnosi sulla base dei criteri e stabiliscano quali organi siano interessati. Ves (Velocità di eritrosedimentazione) e Pcr (Proteina C reattiva) valutano il li-vello dell’infiammazione. Mentre la Ves è spesso elevata in questo tipo di pazienti, l’aumento dei valori di Pcr può indicare complicanze infettive in corso. Per valutare l’interessamento renale, è importante l’esame delle urine, sia al momento della diagnosi che in seguito. L’esame delle urine può mostrare la presenza di nefrite, ematuria e proteinuria. è consigliabile anche l’esame della proteinuria nelle 24 ore in quanto buon indice di precoce in-teressamento renale. Le analisi immunologiche ricercano la presenza, nel siero del paziente, di anticorpi Ana, anti-Dna, anti-Sm e anticorpi fosfolipidi, tutti indicatori di attività autoimmune. Altre analisi di laboratorio si concentrano sui livelli di complemento nel sangue, ovvero sulla presenza di un gruppo di protei-

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DALLE BANCHE DATI ALL’INFORMAZIONE SCIENTIFICA

Figura 1 criteri acr

per la diagNosi di lupus eritematoso

sistemico

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attidelconvegnone preposte alla regolamentazione di reazioni infiammatorie e immunitarie. Bassi livelli di alcune di queste proteine (C3 e C4) indicano una malattia attiva. Le manifestazioni cliniche del Lupus eritematoso sistemico variano notevol-mente da paziente a paziente, potendosi notare forme più severe con interes-samento di vari organi, e forme più lievi che non alterano significativamente la qualità della vita.

Interessamento della cute e delle mucose. Tipico di questi pazienti, il rash malare, anche detto “eritema a farfalla”, che si configura come un’a-rea di arrossamento a livello del dorso nasale e che si estende lateralmente fino agli zigomi. Lesioni cutanee a forma anulare possono comparire alle estremità degli arti e, in maniera simmetrica, a livello di spalle, braccia e tronco (figura 2).

Interessamento muscolo-scheletrico: la maggior parte dei pazien-ti con Les lamenta dolori articolari sin dall’esordio della malattia. Si tratta spesso di un’infiammazione alle piccole articolazioni di mani e polsi, che tuttavia può estendersi alle articolazioni più importanti di gomito, ginocchio,

attidelconvegno

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Figura 2maNifestazioNi cutaNee del les

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spalla e caviglia. Non è rara la presenza di vera e propria artrite.

Interessamento neurologico: i sintomi possono variare da cefalea, ad ansia, psicosi, disturbi della personalità, deficit di memoria e concentrazio-ne, deficit del linguaggio, dovuti per lo più a disturbi ischemici e a neuropa-tia periferica. Tra gli esami diagnostici, utile è la risonanza magnetica che, in questo tipo di pazienti, mostra atrofia corticale (figura 3).

Interessamento cardio-polmonare: le manifestazioni più frequenti a carico del cuore e del polmone riguardano pleurite e pericardite. In caso di pleurite, il paziente può avvertire dolore toracico che si accentua in conco-mitanza con espirazione e inspirazione. In caso di pericardite, il dolore si può avvertire dolore dietro lo sterno. In entrambi i casi, le terapie ottengono una buona risposta.

Interessamento renale: con i sintomi dei quali si è parlato sopra.La terapia farmacologica del Les ha come obiettivo quello di indurre la ri-soluzione di segni e sintomi. Solitamente vengono utilizzati più farmaci in associazione data la natura multi-sistemica della patologia. n

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Figura 3 NeuroimagiNg di uN pazieNte

coN lupus Neuropsichiatrico

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n ANAFILASSIANDREA MATUCCISOD ImmunoallergologiaAzienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Firenze

L’anafilassi è una reazione sistemica severa, rapidamente progressiva e potenzialmente letale, caratterizzata da un deficit acuto di diversi organi

e apparati. Essa richiede un immediato riconoscimento e trattamento, in assenza del quale la morte sopraggiunge per lo più per collasso cardiocir-colatorio o per ostruzione delle vie aeree.L’anafilassi è altamente probabile quando almeno uno dei tre seguenti cri-teri è soddisfatto:

1) Insorgenza acuta (da minuti a diverse ore) di sintomi cutanei, mucosi o entrambi (orticaria, prurito, sudorazione) e almeno uno dei seguenti: • compromissione respiratoria (dispnea, broncospasmo, stridore,

ipossiemia);• riduzione della pressione sanguigna o sintomi associati (ipotonia,

collasso, sincope).

2) Due o più delle seguenti condizioni che insorgono rapidamente (da minuti a diverse ore), in soggetto con storia di allergia, dopo l’esposi-zione a una sostanza che, assai probabilmente, è un allergene per quel paziente:• sintomi cutaneo – mucosi;• compromissione respiratoria (dispnea, broncospasmo, stridore,

ipossiemia);• riduzione della pressione sanguigna o sintomi associati (ipotonia,

collasso, sincope).

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3) Riduzione della pressione sanguigna (da minuti a diverse ore) dopo l’esposizione a un noto allergene (riduzione della Pas del 30% rispetto al livello basale del soggetto).

La reazione è conseguente all’attivazione del sistema immunitario tramite il rilascio di mediatori da parte di mastociti, basofili e cellule infiammatorie attivate, dopo l’esposizione ad antigeni specifici in individui precedente-mente sensibilizzati. La degranulazione dei basofili e dei mastociti non è sempre indotta da meccanismi IgE mediati (figura 1).

L’anafilassi può infatti essere suddivisa in tre categorie: 1) Immunologica:

• con meccanismo di tipo IgE mediato;• con meccanismo immunologico di altro tipo.

2) Non immunologica:• di tipo fisico;• farmaci o altro.

3) Idiopatica.

Figura 1espressioNe cliNica

di aNafilassi

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attidelconvegnoQualsiasi sostanza può potenzialmente scatenare l’anafilassi, ma la cause

più frequenti di reazione IgE mediata sono:

• veleno d’insetto;

• farmaci, in particolare i miorilassanti, gli anestetici, gli antibiotici

e l’acido acetilsalicilico;

• lattice;

• alimenti, tra cui arachide, frutta secca, pesce e crostacei, latte,

uovo e grano.

Una forma particolare di anafilassi è quella indotta da esercizio fisico as-

sociato ad allergia alimentare, che si manifesta in soggetti che praticano

attività fisica dopo aver ingerito un particolare alimento. Questi soggetti

possono assumere l’alimento senza che si verifichino reazioni avverse se

dopo l’assunzione non praticano esercizio fisico.

Tra le reazioni non IgE mediate, si ricordino quelle da solo esercizio fisico

e quelle idiopatiche, a eziologia sconosciuta.

Figura 2 effetti farmacologici dell’adreNaliNa

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La diagnosi, spesso complicata dall’eterogeneità dei sintomi, può essere agevolata dall’anamnesi, la quale si basa in primo luogo sulla storia di esposizione a un particolare agente scatenante, sull’intervallo di tempo tra-scorso tra l’esposizione all’allergene e la comparsa della sintomatologia, infine sull’evoluzione dei segni e dei sintomi nei minuti successivi. La prognosi dell’anafilassi precocemente trattata è generalmente favorevo-le. Il rischio di morte è maggiore nei soggetti affetti da asma, o in soggetti asmatici che non riescono a utilizzare, o non utilizzano in tempo, l’adrenali-na. La somministrazione intramuscolare di adrenalina (epifrenina) è il gold standard per il trattamento dell’anafilassi grave.

Come schematizzato in figura 2, l’azione α-adrenergica determina un in-cremento della pressione arteriosa, delle resitenze periferiche vascolari, con riduzione di angioedema e orticaria. La sua azione β1-adrenergica de-termina un aumento della contrattilità e della frequenza cardiaca, mentre gli effetti β2 -adrenergici includono broncodilatazione e inibizione del rilascio dei mediatori infiammatori. La via di somministrazione intramuscolare è la più efficace, in quanto ren-de l’adrenalina immediatamente biodisponibile (8-10 minuti) e, rispetto alla via endovenosa, determina una maggiore durata d’azione. La regione corporea più idonea per la somministrazione è rappresentata dal muscolo vasto laterale del quadricipite, a causa della maggior irrorazione rispetto ad altre zone. Esiste una finestra terapeutica per l’utilizzo di adrenalina, ovvero un target di pazienti al di là del quale l’effetto terapeutico diviene reazione avversa, come nel caso di patologie cardiovascolari o di assunzione di farmaci che interferiscono con l’azione dell’adrenalina stessa. Bloccata la reazione sistemica, l’attenzione si deve concentrare sull’adozio-ne di misure preventive nei confronti dei vari fattori scatenanti nuove mani-festazioni e sulle condizioni che predispongono alle reazioni allergiche più gravi o che ne aumentano la gravità. n

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attidelconvegno

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n LA SINDROME DA IPERSENSIBILITà CHIMICA MULTIPLA E TEST DIAGNOSTICI

OLIVIERO ROSSISOD ImmunoallergologiaAzienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Firenze

Ultimamente, nel mondo occidentale in particolare, si fanno con molta leggerezza diagnosi di presunte allergie e intolleranze ad alimenti, far-

maci e ambiente, non senza l’incoraggiamento di certe frange della medi-cina alternativa e degli organi d’informazione che traggono beneficio dalla commercializzazione di prodotti ad hoc. Inoltre, numerosi studi dimostrano che la percezione dei pazienti di avere allergie o intolleranze è altissima. Questo tipo d’informazione, oltre che ignorare le sostanziali differenze tra allergie e intolleranze, descritte in termini di problema mondiale in conti-nuo e rapido aumento, si focalizza altresì su di un eterogeneo gruppo di patologie correlate all’ambiente, tra le quali la sensibilità chimica multipla (Mcs), la fibromialgia, la sindrome dell’affaticamento cronico e altre.La sensibilità chimica multipla venne diagnosticata per la prima volta agli inizi degli anni ’50 da un gruppo di studiosi noti come “ecologisti clinici”. Veniva presentata come “incapacità dell’organismo ad adattarsi a prodotti chimici contenuti in cosmetici, carburanti, fiumi di scarico, additivi presen-ti nei cibi, solventi in piccole quantità contenuti in materiali edili, giornali, mobili, tappeti…” (Randolph T. J. Sensitivity to petroleum including its derivatives and antecedents. J Lab Clin Med 40:931-932, 1952). La defi-nizione che ne dà oggi il National Institute of Environmental Health Scien-ces ridimensiona decisamente il concetto di malattia ambientale acclarata, preferendo piuttosto parlare di una presunta malattia cronica e ricorrente,

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che sarebbe causata dall’impossibilità di una persona a tollerare un dato ambiente chimico o una data classe di sostanze chimiche. L’esistenza del-la patologia e le relative diagnosi sono dubbie e controverse, tanto che è impossibile stabilire un pattern sintomatologico tipico. Non esistono due pazienti che riferiscano gli stessi sintomi o la medesima risposta a una data sostanza. I vari sintomi neuropsicologici sulla base dei quali sono state fatte diagnosi di Mcs sono:

• cefalea/emicrania;• difficoltàdiconcentrazione;• alterazionimnesiche;• carenzadecisionale;• cambiamentid’umore;• astenia;• depressione/ansia;• disturbidelsonno;• disturbidell’equilibrioedicoordinazione;• parestesie.

Se ne aggiungono altri di natura diversa:• oculari;• respiratori;• cardiaci;• gastroenterici;• genitourinari;• cutanei (prurito, rash, orticaria, secchezza); • muscolo-scheletrici.

Gli studi hanno anche consentito di riconoscere le sostanze ritenute re-sponsabili dell’insorgenza della malattia. Tali sostanze non sono in alcun modo correlate né si danno corrispondenze particolari fra tipologia dell’e-sposizione e sintomi indotti. Si noti in figura 1, la differenza intercorrente fra la percentuale del disturbo auto-diagnosticato e quella del disturbo dia-

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attidelconvegnognosticato da personale medico. Anche in questo caso, i media hanno diffuso informazioni mistificate, cre-ando lo stato d’allarme attorno a quella che hanno descritto un’emergenza sanitaria dai risvolti tragici. Questi pazienti sono stati anche definiti malati invisibili, con riferimento alla mancata presa in carico da parte delle autori-tà politiche che rifiutavano alla Mcs una qualsiasi forma di riconoscimento, lasciando i pazienti soli di fronte alla malattia. Nel dicembre del 2004, nel tentativo di fronteggiare situazioni particolari presenti sul territorio, la Giun-ta regionale della Toscana si pronunciò per inserire la sensibilità chimica multipla nel Registro toscano delle malattie rare (delibera 1344/2004).Successivamente, la Giunta regionale della Toscana, nella seduta del 23 maggio 2005, incaricava un gruppo di studio osservazionale coordinato dal Prof. Enrico Maggi dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi di:

• valutare il progresso delle conoscenze scientifiche sulla presunta sensibilità chimica multipla;

• definire una proposta di iter diagnostico;

Figura1 dati epidemiologici relativi alle diagNosi di mcs

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• assicurare l’adeguamento a future linee guida nazionali e interna-zionali proposte da organizzazioni istituzionali;

• tenere i contatti con le associazioni dei malati e con i medici di medicina generale.

Qualche anno più tardi, nella seduta del 23 aprile 2007, la Giunta regionale accoglie la seguente delibera:

• di procedere, in un progetto congiunto con l’Emilia Romagna, alla valutazione dei soggetti che presentano sintomi riferiti all’esposi-zione ad agenti chimici;

• di subordinare la definizione del livello di assistenza relativo alla condizione in questione agli esiti di detta sperimentazione.

Parallelamente, un gruppo osservazionale era stato costituito dall’Istituto superiore di Sanità affinché analizzasse l’insieme delle conoscenza relative alla Mcs e ne desse una definizione univoca. In occasione del secondo incontro, tenutosi a Roma il 9 maggio 2011, si raggiunge il consenso su nomenclatura e definizione della patologia in questione.

NOMENCLATURAn Intolleranza idiopatica ambientale ad agenti chimici (IIA-

AC) denominata anche Sensibilità chimica multipla (MCS).

DEFINIZIONEn Disturbo cronico, reattivo all’esposizione a sostanze chimi-

che a livelli inferiori rispetto a quelli generalmente tollerati in assenza di test funzionali in grado di spiegare segni e sintomi.

n I segni/sintomi ricorrono a seguito dell’esposizione a so-stanze chimiche anche non correlate chimicamente e in ge-nere coinvolgono più organi/apparati.

n I segni/sintomi tendono a regredire a seguito della rimo-zione dell’agente chimico implicato.

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attidelconvegnoLe principali ipotesi patogenetiche si focalizzano su presunti deficit immu-nologici, ma nessuno studio è in grado di provarne la consistenza. Le sole conclusioni rilevanti alle quali gli studi hanno condotto sono l’altis-sima percentuale di soggetti che presentano disturbi psichiatrici, disturbi psicosomatici, o entrambi. Quanto all’approccio terapeutico, data l’eziologia sconosciuta della malat-tia, l’Istituto superiore della Sanità delibera che il solo trattamento che può essere raccomandato è quello sintomatico, da effettuarsi sempre secondo le norme di best practice e di evidence based medicine; qualsiasi tratta-mento farmacologico, non esclusivamente sintomatico, dovrà inoltre esse-re sottoposto a sperimentazione clinica controllata per escludere reazione avverse e stabilirne l’efficacia. L’atteggiamento cui si invita il medico è di non etichettare questi soggetti come psichiatrici, ma di accordare realtà alla sintomatologia descritta, rassi-curandoli circa il fatto che la loro condizione non è progressiva e non è as-sociata a prognosi infausta. Occorre, infine, mantenere una posizione critica e costruttiva e attenersi alla normativa regionale e nazionale già espressasi in merito, per evitare, da una parte, atteggiamenti di chiusura, e dall’altra di sperimentare trattamenti non ortodossi, o di nessuna efficacia. n

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attidelconvegno

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Questo xxxx

n xxxx

xxx Prof. A. Levis

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DIAGNOSI E TERAPIA IMMUNO-ALLERGOLOGICA E PNEUMOLOGICA

Redazione a cura di

Maria Chiara Giglio

© Editrice MAYA Idee

Via Saval, 25 • 37124 Verona Tel (+39) 045 8305000 Fax (+39) 045 8303602 e-mail: [email protected]

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e d i z i o n i

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Con il contributo non condizionato